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Le donne e la Prima Guerra mondiale

Il ruolo delle donne nella Prima Guerra Mondiale


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La violenza sulle donne nella Prima guerra mondiale
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Le donne nella Grande Guerra
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Il femminismo pacifista e la Prima Guerra Mondiale
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La Grande Guerra
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LE CROCEROSSINE
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Il ruolo delle donne durante la Prima Guerra Mondiale


di Daniele Furlan
L'assenza di molti uomini chiamati a combattere contro l'esercito austro-ungarico provoc delle
conseguenze molto pesanti a livello economico e sociale. La gran parte dei nuclei famigliari erano di
origine contadina, legati alle consuetudini e alle tradizioni di un tempo: i membri maschili avevano il
compito di lavorare fuori dalle mura domestiche mentre le donne eseguivano le proprie mansioni
all'interno, accudendo i figli e sbrigando le faccende di tutti i giorni. Le cose non erano molto diverse
nemmeno per le famiglie "operaie" dove l'unica differenza era l'impiego degli uomini nelle fabbriche
anzich nei campi.
Una situazione che mut profondamente nel 1915. I posti di molti contadini ed operai furono lasciati
vuoti e vennero coperti da chi era restato e non sarebbe mai stato chiamato al fronte: le donne. Si tratt
di un momento molto importante per la storia sociale del Paese. Il loro ruolo, per la prima volta, pass
da "angelo del focolare domestico" a membro attivo dell'economia e della societ collettiva. Non che le
donne fossero del tutto nuove a questo tipo di esperienza: molte di loro erano gi abituate a contribuire
al lavoro nei campi mentre, a livello industriale, la loro presenza era gi stata ampiamente registrata nel
settore tessile. Ma in quel periodo il loro numero aument considerevolmente e furono presenti in
settori del tutto nuovi come la metallurgia (riconvertita alle esigenze belliche), la meccanica, i trasporti
e mansioni per loro del tutto inedite, come quelle di tipo amministrativo e burocratico, gli acquisti o le
vendite di prodotti agricoli, la risoluzione di problemi di natura legale, la guida di autobus e tram, e la
consegna della posta. Ovviamente questo processo non fu indolore: non essendo state previste delle
divisioni del lavoro, le donne erano obbligate a compiere gli stessi lavori dei colleghi maschi, anche
quelli pi pesanti. Nei campi era necessario spostare i covoni di fieno o i sacchi di grano, accudire il
bestiame e utilizzare tutte le macchine agricole. Allo stesso modo all'interno delle fabbriche, per lo pi
impegnate nella produzione bellica, le donne erano soggette a turni di lavoro massacranti, a disciplina
militare e a rigidi controlli nei reparti degli stabilimenti ove dovevano sollevare pesi non indifferenti e
compiere gesti ripetitivi e meccanici.
A questa sorta di "emancipazione" lavorativa non corrispose per una maggiore libert a livello
personale: nonostante l'assenza degli elementi maschili in et arruolabile, spesso nelle case rimanevano
gli anziani, i quali, come da tradizione, continuavano ad esercitare il loro ruolo autoritario all'interno
della famiglia. Inoltre non mancavano le diffidenze e gli atteggiamenti di rifiuto da parte dei moralisti e
tradizionalisti, nelle fabbriche metalmeccaniche la presenza femminile era talvolta avvertita,
specialmente dai vecchi operai, come un sovvertimento dell'ordine naturale e un attentato alla moralit.
Un modo di pensare che peggior col tempo, quando le ragazze pi giovani, sempre pi spesso, si
spostarono dalla loro casa per trovare un'occupazione.
Purtroppo per le donne sarebbero state costrette a pagare un prezzo ancor pi caro durante lultimo
anno di guerra, quando a seguito della rotta di Caporetto le zone di confino, come il Friuli e parte del
Veneto, vennero invase ed occupate dall'esercito asburgico. Nel clima di guerra totale, quale fu il
primo conflitto mondiale, in questa parte d'Italia orientale, ben 250.000 civili furono costretti a fuggire
e 900.000 rimasero confinati in un regime di occupazione militare che dur un anno intero e fu
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caratterizzato da saccheggi e violenze in quasi tutti i territori. Fra queste violenze, alcune da sempre
sottaciute da parte della storiografia ufficiale, ovvero gli stupri dei soldati nemici nei confronti delle
donne rimaste, mentre i giovani uomini erano al fronte e i vecchi e gli adolescenti spesso arrestati ed
inviati nei campi di concentramento in Boemia o Austria. Nove mesi dopo Caporetto cominciarono a
nascere i primi bambini ed in molti casi non si sapeva dove metterli, perch i maschi di casa non
volevano tenere il piccolo tedesco. Spesso le donne venivano inviate a sgravare altrove, ma alcuni
orfanotrofi rifiutavano i loro figli perch non erano dei veri e propri orfani.
Nella relazione della Reale commissione dinchiesta sulle violazioni del diritto delle genti commesse
dal nemico, le violenze sulle donne furono qualificate come delitti contro lonore femminile, cos che
gli stupri persero il loro aspetto traumatico e le sofferenze delle vittime passarono in secondo piano. Si
consideri inoltre che lestrema delicatezza dellargomento consigli di non stilare un elenco completo
delle violenze, ma di limitarsi ad una raccolta delle testimonianze divise per categorie: stupri
accompagnati da ferimento od omicidio, o sotto la minaccia delle armi, e compiuti nei confronti di
donne anziane o bambine. doloroso ammettere come sotto questo aspetto cent'anni sembra siano
trascorsi invano, infatti vi sempre pi un parallelismo con la nostra epoca, nella quale violenze e
stupri contro le donne continuano a venir perpetrati in zone di guerra e non, e soprattutto molto spesso
continuano a venir colpevolmente sottaciuti.

La violenza sulle donne nella Prima guerra mondiale

di Michele Strazza
In Belgio e in Francia nelle prime fasi del conflitto si registrarono numerosi stupri da parte
di soldati tedeschi, puntualmente documentati da organizzazioni internazionali e da associazioni
feministe. Nel 1919 a Versailles si decise di procedere contro i colpevoli, introducendo il reato di
crimine contro lumanit. Ma di fatto solo pochi processi furono istituiti.

Volontarie dellAmerican Womens Hospital Drexel University


Nellagosto del 1914, nel corso dellinvasione del Belgio da parte dellesercito tedesco le truppe
germaniche si macchiarono di numerosi episodi di stupro ai danni delle donne belghe, suscitando
allarmate reazioni nellopinione pubblica.
Anche nel nord della Francia vennero denunciati casi di violenza carnale commessi dai reparti
tedeschi, puntualmente registrati da una commissione dinchiesta alleata.
Sulle violenze perpetrate in Belgio e nella Francia settentrionale forniscono informazioni importanti le
testimonianze delle tante donne europee e americane, soprattutto dottoresse ed infermiere, che si
recarono sul posto per assistere le vittime degli stupri.
Tra esse ricordiamo le volontarie dellAmerican Womens Hospital che operarono tra le profughe.
Entrando in contatto con le ricoverate della Matrnit di Chalons sur Marne, un ospedale dei
quaccheri britannici, furono documentate tragiche situazioni, come quella di una bambina di soli 13
anni violentata da soldati ubriachi, poi aiutata da tutte le donne ricoverate durante la gravidanza e il
parto.
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Esther Pohl Lovejoy

Molte di queste volontarie erano anche convinte militanti femministe e colsero


quelloccasione per elaborare importanti riflessioni sul modo di pensare che predisponeva gli uomini
alla violenza e che la guerra andava rafforzando, scrivendo saggi immediatamente censurati dalle
autorit. Cos Ellen Newbold La Motte, infermiera della Croce Rossa in un ospedale militare in Belgio,
nel suo The Blackwash of War (New York-London, Putnam, 1916), sostenne che la violenza sulle
donne non si manifestava soltanto nello stupro, dovendo essere ricercata nella stessa mentalit maschile
che considerava il corpo femminile un bene di consumo e di divertimento, proprio come il cibo e il
vino.
Anche per Esther Pohl Lovejoy, ostetrica e suffragista americana, il problema della degradazione
sessuale non era limitato al solo stupro. Dopo aver diretto in Francia nel 1917 lAmerican Womens
Hospitals, un ospedale condotto da sole donne, e aver operato in una Rsidence Sociale parigina che
accoglieva le profughe della Francia settentrionale, descrisse le sue esperienze in The House of the
Good Neighbor (New York, Macmillan, 1919). Recatasi ad Evian-les-Bains per vedere e conoscere di
pi osserv: E pi difficile resistere alleffetto cumulativo della paura e del bisogno che alla
violenza [] I figli della guerra sono la prova vivente di una forza pi grande della violenza e
delloltraggio deliberato. Sono il risultato della guerra, delle mutate relazioni e condizioni portate dalla
guerra. Sono le conseguenze dei protettorati individuali che si sono stabiliti []. Il soldato brutale che
sfonda la porta di una casa con il calcio del suo fucile non altrettanto pericoloso per lonore e la
felicit di quella casa di colui che arriva con un atteggiamento gentile e con un pezzo di pane per i
bambini e che assicura alla donna protezione da tutti tranne che da se stesso.

Infermiere in prima linea

Su tale linea alternativa le femministe del tempo si opposero alla centralit del dibattito sugli
stupri, proponendo un modo diverso di parlare del rapporto guerra e violenza alle donne. Esse
finivano, in tal modo, per contestare che lo stupro fosse la sola sofferenza femminile ad avere
riconoscimento pubblico mentre i propri cari morti erano visti solo come sacrifici volontari,
generosamente offerti alla patria.
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Pur continuando a battersi per il riconoscimento degli stupri come crimini internazionali, come
richiesto nel 1914 dallInternational Council of Women, esse avevano come obiettivo quello di arrivare
a una radicale condanna contro la guerra in quanto tale. Di qui il sottolineare lo stretto rapporto tra
militarismo e violenza alle donne, in cui la seconda diventava diretta conseguenza del primo. Spiegava
Grace Isabel Colborn nel 1914: Il punto di vista militare quello del disprezzo della donna, la
negazione di qualsiasi valore che non sia la riproduzione. E questo spirito del militarismo, la
glorificazione della forza bruta, che ha tenuto la donna in schiavit politica, legale, economica.

Emmeline Pethick-Lawrence
La guerra rappresentava essa stessa un oltraggio alla maternit e la degradazione del
corpo femminile. Temi, questi, che vennero riproposti, il 10 gennaio 1915, al Congresso di
Washington al quale parteciparono 3.000 donne in rappresentanza dei movimenti femminili americani.
Cos si espresse Emmeline Pethick-Lawrence, femminista e socialista britannica: Pensate a quegli
uomini impregnati del sangue dei loro fratelli, pensate alla donne profughe prive di riparo che portano
nel loro grembo violato i figli della generazione futura, pensate a quelle madri che cercano di soffocare
i lamenti dei bambini tra le loro braccia, che si nascondono nei boschi, nelle fosse di qualche villaggio
desolato, pensate a quei treni che riportano a casa i mortiSe gli uomini possono tollerare tutto questo,
le donne non possono!
Ma pur accettando un obiettivo generale come la condanna della guerra nella sua totalit, non si poteva
rinunciare alla battaglia di far dichiarare lo stupro come un crimine internazionale. Il 10 marzo 1919 tre
associazioni femminili, la Union franaise pour le suffrage des femmes, il Conseil national des femmes
franaises e la Confrence des femmes suffragistes allies inviarono una petizione alla Conferenza di
Pace per listituzione di una commissione interalleata per la ricerca e la liberazione delle donne
deportate e per la punizione dei colpevoli degli stupri. La petizione, firmata da ben 5 milioni di donne
americane, affermava: Tali crimini, oltre a rappresentare un mostruoso insulto alla dignit della donna,
colpiscono il cuore stesso della societ, la famiglia [] e pongono la societ nellalternativa seguente:
o accettare la propria distruzione, tollerare il fatto che stuprare le donne e le ragazze, mutilarle, ridurle
in schiavit, costringerle alla prostituzione, diventi attraverso la forza del precedente una consuetudine
ammessa dalle leggi di guerra, oppure condannare senza appello un tale precedente.
Le richieste delle associazioni femminili non avrebbero per trovato accoglimento. Infatti,
nonostante la Commissione sulla violazione delle leggi di guerra della Conferenza avesse proposto
listituzione di un Tribunale supremo internazionale e nonostante allinterno degli episodi di violazione
delle leggi di guerra, dellumanit e della coscienza pubblica avessero trovato spazio gli stupri
commessi in Belgio nel 1914 e quelli di massa perpetrati in Serbia, venendo contemplato
espressamente il reato di stupro, le conclusioni della Commissione non vennero accettate per la ferma
opposizione dei rappresentanti degli Stati Uniti, i quali contestarono la definizione stessa di crimine
contro lumanit, ritenendo il concetto di umanit un principio vago e giuridicamente infondato.
Stigmatizzando, infine, una netta distinzione tra lecito e illecito, dichiararono che la misura
dellammissibilit di una pratica di guerra risiedeva nel vantaggio militare.
Si tenga presente che nonostante, alla fine della guerra, il Trattato di Versailles del 28 giugno 1919
avesse previsto per lex Kaiser un giudizio internazionale, non se ne fece niente per il rifiuto dei Paesi
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Bassi di estradare limputato e per la stessa opposizione degli Stati Uniti, dubbiosi sulloperativit di
una Corte internazionale. Solo alcuni processi vennero svolti in Germania, a Lipsia, ma si conclusero
con un nulla di fatto: 888 dei 901 imputati per crimini di guerra non vennero neanche processati mentre
solo gli altri 13 furono condannati, ma non scontarono le pene.
Per saperne di pi
Askin K.D., War Crimes Against Women. Prosecution in International War Crimes Tribunals The
Hague (LAia), Kluwer Law International, 1997.
Bianchi B., Militarismo versus femminismo. La violenza alle donne negli scritti e nei discorsi
pubblici delle pacifiste durante la Prima guerra mondiale, in DEP. Deportate, esuli, profughe, n. 10,
2009.
Gaultier P., La barbarie allemande Paris, Librairie Plon, 1917.
Hartman Morgan J., German Atrocities: An Official Investigation London, Fisher Unwin, 1916.
Strazza M., Senza via di scampo. Gli stupri nelle guerre mondiali Potenza, Consiglio Regionale della
Basilicata-CRPO, 2010.
Toynbee A. J., The German Terror in Belgium New York, George H. Doran, 1917.
Toynbee A. J., The German Terror in France London, Hodder & Stroughton, 1917.

Le donne nella Grande Guerra

Per le donne di inizio 900 la prima guerra mondiale rappresent una preziosa occasione: quella
di sovvertire davvero, per la prima volta, i ruoli di genere. Lallontanamento degli uomini dai loro ruoli
quotidiani costrinse infatti la societ civile (non senza una buona dose di ostilit e diffidenza) ad
affidare compiti significativi alle donne rimaste a casa, assegnando loro attivit tipicamente maschili.
La guerra si trasform cos in un ottimo contesto per dimostrare le capacit femminili anche in campo
lavorativo e per consentire alle donne di abbandonare, anche se momentaneamente, il focolare
domestico.
Naturalmente si trattava di una situazione di necessit: nessun uomo avrebbe altrimenti
concesso il proprio posto di lavoro a delle donne. Ma, come disse il ministro Antonio Salandra: Chi
alla Patria non d il braccio deve dare la mente, i beni, il cuore, le rinunzie, i sacrifici.
Di fronte a questa importante evoluzione della condizione femminile in tempo di guerra, i
movimenti femministi non rimasero a guardare.
Se infatti allalba della guerra nessuna organizzazione rosa si dichiar apertamente contro il
conflitto mantenendo un approccio neutralista o piuttosto ambiguo, le associazioni in gonnella non
aspettarono molto per approfittare della grande occasione che la guerra stava concedendo loro.
Con lo scoppiare delle ostilit infatti molte femministe che inizialmente non avevano
appoggiato lentrata in guerra cominciarono ad impegnarsi in attivit di supporto al conflitto.
Lorgoglio e la soddisfazione che provavano nel sentirsi, per la prima volta, socialmente utili fecero
infatti dimenticare i primi istinti neutralisti. Alcune donne appartenenti ai movimenti femministi si
spinsero oltre, supportando apertamente il conflitto con attivit di informazione politica, propaganda e
iniziative patriottiche e, addirittura, alcune femministe interventiste chiesero al governo di rendere
obbligatoria la mobilitazione sul fronte interno per le donne dai 14 ai 48 anni ma, naturalmente, la
risposta politica fu negativa.
Il cedimento del femminismo al patriottismo fu quindi evidente in Italia cos come in molti altri
Stati (anche in Gran Bretagna, per esempio). La ragione, decisamente opportunista, di facile
intuizione: molte donne speravano che i compiti svolti durante il conflitto potessero essere mantenuti
anche una volta ristabilita la pace e, soprattutto, che le nuove responsabilit assunte si tramutassero in
diritti civili e politici riconosciuti. Un desiderio che, sebbene ebbe qualche riscontro significativo nel
primo dopoguerra, svan per la maggior parte dei casi con la dittatura e il ventennio fascista.
Le attivit in cui le donne furono coinvolte durante la prima guerra mondiale furono comunque
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numerose, di forte rilevanza sociale ed economica.


In primis, naturalmente, le attivit assistenziali (ovvero le attivit in linea con le aspettative
dellepoca): molte donne fecero parte e diressero comitati di assistenza alle vedove e alle famiglie dei
soldati al fronte e svolsero attivit assistenziali di supporto alla guerra come arrotolamento di bende,
raccolta della lana, confezionamento di indumenti per i soldati, assistenza alle famiglie dei militari,
informazione per facilitare i contatti tra gli uomini al fronte e le famiglie, punti di ristoro per le truppe
in transito, mense gratuite per i poveri, assistenza agli orfani e raccolte fondi.
Le donne, tuttavia, non si limitarono a compiere servizi assistenziali: il vuoto di manodopera
lasciato dagli uomini spediti al fronte doveva essere colmato, per non interrompere lo sviluppo
industriale che fior in Italia nel secondo decennio del Novecento. Ecco perch la manodopera
femminile impiegata negli stabilimenti aument vertiginosamente: dalle poche migliaia censite
allinizio della guerra, le lavoratrici diventano 23.000 alla fine del 1915, 89.000 alla fine del 1916,
175.000 alla fine del 1917 e circa 200.000 al termine del conflitto.
Molte di queste lavoratrici diventarono operaie tessili: circa 600.000 lavoranti in gonnella
producevano infatti divise e uniformi per le forze armate nei laboratori o anche ( e soprattutto) a
domicilio nelle proprie abitazioni, con un salario davvero irrisorio.
Un altro ruolo svolto dalle donne durante la prima guerra mondiale, divenuto poi una delle
immagini pi riconosciute nel dopoguerra, quello delle infermiere volontarie della Croce Rossa: nel
1915 gi 4.000 donne avevano seguito un corso di formazione organizzato dalla CRI per offrire
assistenza ai malati e ai feriti negli ospedali locali, nei treni-ospedali o negli ospedali da campo allestiti
presso le stazioni ferroviarie. A partire dal 1916 inoltre le infermiere vennero mandate anche al fronte.
Nonostante lutilit del loro lavoro riconosciuta da pi parti, le donne infermiere dovettero combattere
(neanche fosse una novit) con critiche, resistenze e ostilit da parte del personale medico maschile.
Limmagine della donna infermiera che si trovava in diretto contatto con uomini e soldati feriti o
personale medico maschile sollevava infatti discussioni aperte sul decoro e sulla moralit del lavoro
femminile.
Ci fu un altro settore in cui le nuove lavoratrici si dimostrarono assolutamente allaltezza dei
loro colleghi uomini, destando altre ostilit: lagricoltura. Le donne si trovarono infatti per la prima
volta ad usare le macchine agricole per svolgere un lavoro duro, pesante, tipicamente maschile cos
come si videro costrette a occuparsi della contabilit. Impieghi ben lontani dallemancipazione dei ruoli
ma che dimostrarono leffettiva forza delle donne contadine, infondendo a tutto il mondo femminile
dellepoca una nuova sicurezza ed un rinnovato orgoglio di genere.
In generale, il dibattito pubblico sulla legittimit del lavoro femminile si scatenava ogni
qualvolta le donne assumevano ruoli lavorativi che, fino ad allora, erano stati concepiti come
esclusivamente maschili. Impieghi nelle fabbriche, nei trasporti pubblici o perfino negli uffici (le
cosiddette camicette bianche), insomma impieghi moderni fino ad allora appannaggio degli uomini
creavano particolare malcontento: in realt si trattava di un numero piuttosto esiguo di casi (un esempio
su tutti: le donne impiegate nelle fabbriche che producevano munizioni costituivano solo poco pi del
21% della forza lavoro totale ) ma fondamentale.
infatti da questo numero esiguo di donne e dalla rivoluzionariet del loro ruolo che scatur il
dibattito fondamentale allinterno della societ civile per definire le nuove posizioni sulloccupazione
femminile nel dopo guerra.
C anche un altro ruolo che le donne ricoprirono durante il primo conflitto mondiale. La guerra
rappresent infatti, per tutti, un grande periodo di fame e carestia e furono le donne a portare avanti una
vera e propria rivolta sociale contro le condizioni dellepoca. Furono le manifestanti in gonnella le
principali (quasi uniche) protagoniste dei pi grandi scioperi di quel periodo: alle donne infatti poteva
essere inflitta solo una multa mentre gli uomini scioperanti rischiavano linvio al fronte. Le donne
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furono protagoniste soprattutto negli scioperi industriali (nel 1917 costituivano pi del 64% dei
scioperanti delle fabbriche ausiliarie) ma anche le contadine diedero vita a numerose proteste.
I nuovi ruoli, il coraggio dimostrato, la visibilit nella sfera pubblica e la nuova centralit
assunta dalle donne durante il primo conflitto mondiale crearono il fermento necessario per ottenere
una riforma giuridica importante (la prima in assoluto) a loro favore. La riforma di Ettore Sacchi del
1919 abrog finalmente listituto dellautorizzazione maritale e legittim le donne ad esercitare tutte le
professioni, incluse quelle pubbliche (eccezion fatta per i magistrati, per le diplomatiche e gli agenti di
polizia). La legge del 1919 inoltre si spinse oltre questo provvedimento: garant infatti piena capacit
giuridica alle donne coniugate (anche se gli uomini mantenevano ancora la patria potest), il ch
significava consentire lavvocatura.
Nonostante limportanza (soprattutto formale) di questa riforma, la legge non suscit grande
interesse nel mondo politico e nella societ civile: a molti sembr infatti un modo dovuto per ripagare
le donne degli sforzi e sacrifici compiuti durante la guerra.
Il fermento, le novit e la nuova importanza che la donna rivest durante la prima guerra
mondiale purtroppo non continuarono nel periodo successivo alla guerra. Molte le donne che persero il
posto di lavoro (tutte coloro che lavoravano nei laboratori di confezionamento delle uniformi cos come
le operaie addette alla fabbricazione di munizioni) e le donne che invece riuscirono a conservare la
professione dovettero combattere contro una forte ostilit e opposizione, sia ideologica che effettiva, da
parte di lavoratori maschi e da parte di una stampa fortemente maschilista. I giornali sottolineavano
legoismo delle operaie, accusate di sperperare i loro guadagni in vestiti e frivolezze mentre gli uomini
andavano a morire in guerra.
In conclusione la prima guerra mondiale diede alle donne loccasione di sperimentare e
sperimentarsi, di uscire anche solo momentaneamente dal focolare domestico per rivestire nuovi ruoli,
nuove mansioni, nuove professioni, spesso appannaggio della sfera maschile. Le prospettive
cambiarono, la rigidit dei costumi si allent (tanto che le gonne si erano accorciate e in generale
labbigliamento femminile diventato pi pratico).
tuttavia vero che questa sovversione di ruoli e di genere ebbe effetti temporanei e mut, per la
maggior parte, subito dopo il termine delle ostilit: per molte donne infatti la fine della guerra signific
un ritorno ai vecchi ruoli.
Ma la rivoluzione ormai era iniziata: le prospettive erano cambiate, la consapevolezza delle
donne mutata.
Purtroppo il periodo del ventennio mussoliniano, fino alla fine della seconda guerra mondiale,
non aiut lemancipazione: ma questa nuova forza delle donne non svan. Rimase solo in attesa di
compiere la rivoluzione culturale che si scaten subito dopo la caduta del fascismo.
.
Sara Venchiarutti
Note:
1 Perry Willson, Italiane. Biografia del Novecento, Laterza, 2011
2 Perry Willson, Italiane. Biografia del Novecento, Laterza, 2011

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Il femminismo pacifista e la Prima Guerra Mondiale

di Giannarosa Vivian
Il Congresso dellAja
Dal 28 aprile al 1 maggio 1915 si svolse allAja il Congresso Internazionale delle Donne per la
Pace. LEuropa era in guerra da poco meno di un anno, e di l a un mese sarebbe entrata in guerra anche
lItalia. Il Congresso, organizzato da donne provenienti tanto da Paesi belligeranti quanto da Paesi
neutrali, rappresenta un momento importante della storia del femminismo pacifista e del pacifismo in
generale , perch fu il primo a essere organizzato a livello internazionale con la guerra in corso, e
dopo che i partiti socialisti tranne quello italiano si erano schierati a fianco dei rispettivi governi.
Bench fosse un momento di angoscia, e per molte delle donne presenti di profondo dolore personale,
lincontro port un segnale di speranza in un futuro in cui le guerre sarebbero state messe al bando:
espresse la convinzione che la barbarie poteva essere contrastata dallimpegno di donne e uomini di
pace, e ribad la fiducia che alla fine la violenza e lingiustizia non lavrebbero avuta vinta sullumanit
e sulla civilt.
Le fotografie del congresso, conservate presso la London School of Economics, si trovano in
parecchi siti. Alla serata dapertura erano presenti 1136 donne. I Paesi Bassi erano rappresentati da oltre
mille delegate, a cui si aggiunsero 6 austriache, 5 belghe, 2 canadesi, 6 danesi, 28 tedesche, 3 inglesi,
10 ungheresi, 1 italiana, 12 norvegesi, 16 svedesi e 47 americane. Nei giorni successivi se ne
aggiunsero altre 914, facendo salire il numero delle partecipanti a pi di duemila.
Il Palais de la Paix dellAja, che in origine avrebbe dovuto ospitare il Congresso, non era
abbastanza grande, per cui si rese necessario allestire il salone dingresso del giardino zoologico.
Questo spiega la presenza delle alte palme che si vedono dietro il palco (come appare infra, ill. 4).
Le attiviste olandesi si assunsero tutti gli oneri di ordine pratico, e in poco meno di otto
settimane riuscirono a raccogliere i fondi necessari a coprire le spese richieste dallorganizzazione.
Particolarmente costosa risult la spedizione degli inviti: i tempi stretti e la necessit di contattare
persone in tutto il mondo imposero linvio di telegrammi, i cui costi erano superiori a quelli della posta
ordinaria. Questo mezzo tuttavia rese possibile la diffusione del programma preliminare redatto dal
comitato organizzatore, e favor la nascita di comitati di propaganda in Austria, Danimarca, Germania,
Gran Bretagna, Islanda, Ungheria, Norvegia e Svezia.
Una tale capacit operativa non sarebbe stata possibile senza la solida rete di relazioni
femminili intessuta nel corso degli anni dalle organizzazioni internazionali.
Di certo disse Emily Hobhouse, una di loro questa era la dimostrazione che lIWSA
(International Woman Suffrage Alliance) non aveva preparato invano le donne, per anni e anni e in ogni
parte del mondo, a tenersi informate e a collaborare luna con laltra.

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1. Jane Addams, 1915


Fonte: http://en.wikipedia.org/wiki/Jane_Addams
La presidenza del Congresso fu affidata a Jane Addams (1860-1935). Sociologa e femminista,
nel 1889 Jane Addams aveva fondato con una ex compagna di scuola, Hellen Starr, un social settlement
in uno dei quartieri pi degradati di Chicago (Hull House). Dieci anni dopo aveva fatto visita a Tolstoj
nella sua casa di Jasnaja Poljana, spinta dal desiderio di discutere con lui le cause della povert e i modi
per combatterla. Lo scrittore russo aveva dimostrato scarso interesse per il suo impegno sociale, e lei ne
era rimasta umiliata.
A partire dalla prima guerra mondiale Jane Addams divent una delle figure pi rilevanti del
pacifismo internazionale.
Nel gennaio 1915, assieme a Carrie Chapman presidente dellIWSA presiedette a
Washington la conferenza da cui sarebbe nato il Womans Peace Party. Il nuovo partito esprimeva
posizioni femministe: nel suo statuto si faceva riferimento alla peculiare passione morale di rivolta
delle donne contro la crudelt e la devastazione della guerra, causati da uomini in posizione di potere e
chiedeva che le donne fossero incluse e pesassero al pari degli uomini tanto nella vita pubblica come
nella vita privata. Le sue posizioni di netta condanna nei confronti della guerra la portarono a inimicarsi
lopinione pubblica americana, tanto da essere additata come una delle donne pi pericolose
dAmerica. Nel 1931, pochi anni prima della morte, le fu conferito il premio Nobel per la pace.
Torniamo al Congresso. Completati i preparativi, restava da risolvere il problema di come
raggiungere lOlanda.
A causa degli ostacoli burocratici incontrati per ottenere i permessi di viaggio, ma anche per via
della chiusura del mare del Nord al transito di navi passeggeri, il viaggio verso lAja non fu affatto
facile e non tutte le delegate riuscirono a raggiungere la citt. Alle inglesi per esempio fu impedito di
imbarcarsi, e solo 3 delle 180 delegate attese furono presenti allincontro. Non meno difficoltoso fu il
viaggio della delegazione americana rimasta bloccata per dieci giorni nel porto di Dover, tanto che a un
certo punto le delegate temettero di essere considerate quasi prigioniere di guerra.
Ma la causa della pace non poteva essere rifiutata afferm Aletta Jacobs della quale
parleremo tra poco e i lavori del Congresso furono inaugurati regolarmente.

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2. Delegate americane a bordo della Noordam


Fonte: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/b6/Noordam-delegates-1915.jpg
Chi non pot partecipare invi messaggi di simpatia e di sostegno: erano omaggi da parte
dellassociazionismo femminile e del pacifismo organizzato. Si sa che dallItalia e dallEgitto, allora
protettorato britannico, arrivarono ventimila telegrammi. Tutti i messaggi sottolineavano i legami di
sisterhood e di motherhood che univano le donne lontane e quelle vicine.
Aletta Jacobs, presidente della sezione olandese dellIWSA e, al suo interno, del Comitato per
gli Affari Internazionali, aveva creduto fin dallinizio allimportanza di organizzare un incontro
internazionale che doveva essere espressione della differenza delle donne sulla scena politica
internazionale: Le donne dichiarava devono dimostrare che almeno noi conserviamo il sentimento
di solidariet e che siamo capaci di mantenere la reciproca amicizia.
Ci che in tempo di pace sembrava a tutti naturale, quasi ovvio mantenere viva la solidariet
e i rapporti di amicizia in tempo di guerra si era dimostrato impossibile, eccettuati pochi casi, e il
congresso dellAja fu uno di questi.
Le partecipanti al Congresso si opponevano alla guerra. Chi invece decise di appoggiare
lazione dei governi e vengono in mente le suffragette inglesi, ma lo stesso vale per le francesi
giustific tale scelta con la convinzione che la guerra avrebbe aperto alle donne possibilit nuove in
termini di autoaffermazione, soprattutto con laccesso a lavori fino ad allora appannaggio esclusivo
degli uomini. Oltretutto era abbastanza diffusa lidea che questa adesione avrebbe accelerato il
cammino verso la concessione del voto alle donne.
Nellaprire i lavori, Aletta Jacobs disse che a causa della gravit della situazione le era
impossibile dare un benvenuto gioioso alle convenute. Per questo motivo si era deciso di escludere dal
programma delle tre giornate tutte le iniziative mondane: non erano previsti infatti n ricevimenti, n
serate con concerti, n spettacoli teatrali. Era convinzione di tutte che lo stare insieme avrebbe
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contribuito pi di ogni altra cosa a creare legami di amicizia e di cooperazione.

3. Aletta Jacobs
Fonte: http://nl.wikipedia.org/wiki/Aletta_Jacobs
Parlando della morte di migliaia e migliaia di giovani uomini, noi donne disse
giudichiamo la guerra differentemente dagli uomini. Per gli uomini si trattava di una perdita
calcolabile in termini economici e di potere, per le donne era invece una perdita descrivibile in termini
di umanit: era la perdita degli altri mariti e figli, padri e fratelli , ma anche di se stesse. Si trattava
di un concetto condiviso da tante donne e in Paesi diversi, se troviamo nel giornale delle donne
socialiste italiane di pochi mesi prima lespressione: La guerra annienta lanima prima di distruggere il
corpo (La difesa della donna, 6 dicembre 1914).
Per Aletta Jacobs era centrale che la voce delle donne si facesse sentire proprio in quel
momento, affinch esse con le loro intrinseche doti di conservazione e di pace potessero avere
lopportunit di assistere gli uomini nella condotta degli affari del mondo. Per questo, per la santit
della vita umana, le donne dovevano avere voce in capitolo nelle decisioni dei governi di tutti i Paesi.
E ribad che la questione del suffragio era centrale, nonostante le critiche di quanti pensavano
che un Congresso di pace giudicato comunque inopportuno con la guerra in corso non avrebbe
dovuto occuparsi della questione. Al contrario sosteneva lei un incontro internazionale che si
proponeva di discutere modi e mezzi per impedire guerre future non poteva prescindere dalla questione
del suffragio femminile: fintanto che non avessero fatto sentire la loro voce nei parlamenti, le donne
non avrebbero avuto la possibilit di prevenire eventi catastrofici come la guerra, e di promuovere la
risoluzione dei conflitti con i mezzi diplomatici della conciliazione e dellarbitrato.

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4. Il palco del Congresso


Fonte: http://www.vrouwenbelangen.nl/cms/wp-content/uploads/2012/12/WILPF-1915-platformjokeS2.jpg
Al tavolo della presidenza (fotografie sono disponibili in parecchi siti) erano sedute 13 leader
del movimento femminista. Da sinistra: Mme Thoumaian (Armenia), Leopoldina Kulka (Austria),
Laura Hughues (Canada), Rosika Schimmer (Ungheria), Anita Augspurg (Germania), al centro seduta
la presidente del Congresso Jane Addams (Stati Uniti), alla sua sinistra Eugnie Hamer (Belgio), Aletta
Jacobs (Olanda), Chrystal Macmillan (Gran Bretagna), Rosa Genoni (Italia), Alla Kleman (Svezia),
Thora Daugaard (Danimarca), Louise Keilhau (Norvegia).
Di Jane Addams ho fatto una rapida presentazione. Di Aletta Jacobs anche. Vorrei ora dire
qualcosa sullunica delegata italiana, Rosa Genoni.

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Rosa Genoni (1867-1954) nativa di Tirano, in provincia di Sondrio, era una giovane ragazza di
montagna quando a diciotto anni si era trasferita a Parigi per seguire da vicino le sfilate di moda,
copiare i modelli degli abiti e poi, tornata a Milano, confezionarli per la sartoria presso cui lavorava. Si
mise a lavorare in proprio e divent una modista di successo. Era convinta della necessit di fondare
una tradizione originale italiana, svincolata dalla sartoria francese che fino ad allora aveva dettato legge
in fatto di moda. Scriveva per il giornale socialista Avanti!. Insegn presso la Societ Umanitaria di
Milano, e in qualit di attivista contro la guerra partecip al Congresso dellAja (la vediamo sul palco,
la quarta partendo da destra). In seguito, fece parte della commissione capeggiata da Jane Addams e
Aletta Jacobs che incontr i ministri degli esteri di numerosi Paesi europei, per proporre che fosse
istituita una commissione di esperti per la cessazione negoziata del conflitto. La prospettiva naufrag
nel 1917 con lentrata in guerra degli Stati Uniti: su questo punto torneremo pi avanti.
Terminati i tre giorni di lavori, il discorso conclusivo che doveva presentare i punti salienti
emersi dalla discussione tocc alla presidente del Congresso.
Il discorso di Jane Addams
La presidente espresse anzitutto la propria ammirazione per le donne giunte allAja da paesi in
guerra un atto di eroismo e ricord le difficolt affrontate nel viaggio anche da quelle che
provenivano da paesi neutrali. Era una ferita aperta per tutte aver dovuto dissentire dallidea imperante
che sosteneva lintervento in guerra, tanto pi se questa era lopinione di persone care, e dover vivere
una specie di lotta interiore tra sentimenti patriottici e adesione allinternazionalismo.
Nonostante i precedenti tentativi di creare una forte organizzazione internazionale al di sopra
delle parti e si riferiva alle precedenti Conferenze dellAja che, prima nel 1899 e poi nel 1907,
avevano discusso il principio della risoluzione negoziata dei conflitti una sorta di congestionamento
emotivo aveva portato allesasperazione dei sentimenti nazionalistici e alla conseguente esaltazione
della guerra. Il presente Congresso si ricollegava idealmente a quei tentativi messi in atto nel recente
passato, e sperava di contribuire ai lenti progressi verso relazioni internazionali pi giuste, nel solco del
pensiero di Grozio, Kant e Tolstoj, i quali in epoche diverse avevano cercato di sostituire la legge alla
forza.
La guerra in corso era spietata: tutti ormai erano a conoscenza dei dettagli pi raccapriccianti.
Quegli stessi strumenti di civilt che per decenni erano serviti a unire i popoli commercio, canzoni e
romanzi, giornali fotografie e cinema erano ora impiegati per rivelare al mondo lorribile realt della
guerra.
Allombra di questa conoscenza intollerabile continu Jane Addams noi donne del
Congresso Internazionale ci siamo riunite per esprimere la nostra solenne protesta contro ci che
veniamo a sapere.
Lorganizzazione del mondo lungo percorsi di pace aveva fatto troppo affidamento sulla
ragione e sul senso di giustizia: ma la ragione solo una parte della natura umana. Esistono, a
completarla, anche i sentimenti, gli impulsi profondi. Si tratta di quelle sollecitazioni umane
primitive che sostengono la vita e inducono a proteggere i deboli, istinti di aggregazione sociale che
gli uomini condividono con gli stessi animali: aspetti della sfera emozionale che avrebbero dovuto
espandersi anche nella sfera politica, e di cui gli studiosi pi preparati avrebbero dovuto servirsi a
scopo di pace, anzich impegnarsi nellelaborazione di sempre pi sofisticate tecniche di guerra.
Il discorso si conclude con limmagine dei giovani soldati feriti che, indifesi e disperati,
invocano la loro madre. Alle infermiere dicono: noi non possiamo fare altro che guarire e aspettare di
essere rimandati in trincea, ma voi? perch non fate qualcosa per fermare la guerra? Le donne
dovevano affermare quindi con chiarezza e coraggio la santit della vita umana, la realt dello spirito,
cos da non essere accusate, un giorno, di inerzia e vilt per aver rifiutato la sfida, in un momento in cui
la devozione agli ideali del patriottismo avevano spinto gli uomini a impugnare le armi.
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Quasi a voler dar corpo allaffermazione di una funzione femminile materna, di cura intesa
come antidoto al veleno della violenza, le donne olandesi decisero simbolicamente di inviare un carico
di tulipani ai soldati feriti ricoverati negli ospedali da campo. Le duecento scatole di fiori che a causa
della distanza non raggiunsero mai lAustria-Ungheria, n la Russia e neppure altri fronti a est e a sud
dellEuropa, arrivarono negli ospedali di guerra di Gran Bretagna, Germania e Paesi Bassi.
Le Risoluzioni
Anche se tra le delegate erano emerse diversit di opinione talvolta profonde, il Congresso si
concluse il primo maggio 1915 con lelaborazione di una piattaforma da cui il presidente Woodrow
Wilson avrebbe tratto ispirazione per il discorso che tenne al Senato degli Stati Uniti dAmerica l8
gennaio 1918, noto come i Quattordici punti, un discorso in cui esponeva i suoi propositi riguardo il
futuro ordine mondiale a guerra conclusa.
Le delegate al Congresso dellAja votarono 20 Risoluzioni, che ruotano intorno a tre punti
focali.
Primo punto. Sotto il titolo Women sono raccolte le risoluzioni nelle quali si rivendica la
volont delle donne di essere presenti e contare nella vita pubblica, e di vedere riconosciuto un proprio
posto nei governi per condividerne la responsabilit. Non era pi sufficiente che le donne si
accontentassero di esercitare sugli uomini e quindi, indirettamente, sulla politica la propria
influenza, per quanto forte. Era tempo che le donne esercitassero direttamente il potere di gestire affari
nazionali e internazionali. Questa esigenza si avvertiva ora pi che mai: le donne si sentivano
responsabili della guerra in atto, ma non potevano intervenire nelle scelte politiche che avrebbero
potuto fermarla.
Secondo punto. Il titolo Peace Treaties (Peace Settlement), Arbitration mette in evidenza il
binomio donne-pace. Assieme al riconoscimento alla cittadinanza, le donne rivendicavano un posto
nelle future trattative di pace, e si battevano per la promozione della pace, fondata sul concetto di
giustizia e sulla creazione di un organismo internazionale al di sopra delle parti.
Anche se con difficolt erano presenti in sala delegate provenienti da Paesi ritenuti aggressori
e anche da Paesi ritenuti vittime il Congresso chiese di fermare la guerra e di aprire un negoziato che
conducesse a una pace magnanima e onorevole senza vincitori n vinti.
Perch si potesse lavorare alla costruzione di una pace duratura, vennero riaffermati alcuni
principi.
Una pace giusta doveva prevedere che nessun territorio dovesse essere trasferito senza il
consenso di chi lo abitava, e perci nessun diritto di conquista fosse riconosciuto; che a tutti i popoli
fosse riconosciuta lautonomia di governo e un parlamento democratico; che le dispute internazionali
fossero risolte attraverso larbitrato o la conciliazione; che sui Paesi che in futuro avessero comunque
fatto ricorso alle armi dovevano essere esercitate pressioni economiche, sociali e morali; che la politica
estera fosse soggetta al controllo democratico e non lasciasse spazio ad accordi segreti tra governi e
diplomazie.
Terzo punto. Oltre a una proposta di lungo periodo sulla necessit di educare le giovani
generazioni alla pace, era urgente uniniziativa immediata: i paesi neutrali dovevano indire una
Conferenza e offrire una mediazione continua, al fine di accogliere le richieste dei paesi belligeranti e
avanzare proposte ragionevoli per la pace. La delegazione statunitense prefigur la nascita di
quellorganizzazione internazionale che in seguito avrebbe preso il nome di Societ delle Nazioni
con il ruolo di garante. Per ottenere una pace costruttiva, tale organismo avrebbe dovuto favorire
listituzione di una Corte internazionale permanente di giustizia con il compito di risolvere le
controversie relative ai trattati e alle divergenze scaturite dalle leggi nazionali , e di una Conferenza
internazionale permanente avente lo scopo di indire incontri periodici, aperti anche alle donne, al fine
di promuovere la cooperazione tra gli Stati, nel riconoscimento dei diritti dei grandi come dei piccoli
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Paesi.
Accanto alle risoluzioni di carattere politico, il Congresso adott una risoluzione volta a
definire le future attivit pubbliche delle delegate dellAja. Anzitutto un nuovo Congresso di donne
(venti delegate e dieci supplenti per ciascun Paese) da tenersi contemporaneamente alla Conferenza di
pace. In vista dellorganizzazione del futuro incontro, e per promuovere le Risoluzioni votate allAja, si
decideva di formare un comitato internazionale lInternational Committee of Women for Permanent
Peace e, accanto a questo, comitati nazionali impegnati nella diffusione dei principi fondamentali del
Congresso dellAja (voto parlamentare alle donne e soluzione dei conflitti attraverso mezzi pacifici) e
nella raccolta di fondi necessari per le iniziative future.
Nei primi mesi di attivit, il risultato pi importante e visibile dellICWPP fu quello di
preparare una missione diplomatica presso i governi dei Paesi sia neutrali che belligeranti. Compito
delle inviate era portare a conoscenza dei capi di Stato le risoluzioni votate allAja e sottoporre loro un
piano per far cessare il conflitto.
Nellarco di due mesi, tra il 7 maggio e l8 luglio 1915, una delegazione composta da sette
delle principali protagoniste del Congresso dellAja (Jane Addams e Aletta Jacobs in testa) fu ricevuta
dai primi ministri in 13 capitali europee. In un Manifesto steso a conclusione del viaggio si rendeva
noto che le visite ufficiali erano state 35, e numerosissimi i contatti non ufficiali con parlamentari,
leader politici, giornalisti, senza contare gli incontri pubblici e i seminari organizzati dalle sezioni locali
aderenti allICWPP.
Terminata la missione, le protagoniste tornarono in patria e ripresero ognuna la propria attivit,
incontrando sempre maggiori difficolt sia che il Paese fosse neutrale sia che fosse in guerra.
Le donne ritratte nelle foto del Congresso dellAja sembrano vecchie ma viste da vicino non lo
sono poi tanto. la moda del tempo lacconciatura dei capelli e la foggia dei vestiti e la
preoccupazione che si legge nei loro occhi per la gravit del momento, a farle sembrare pi nonne che
mogli, madri, sorelle. una generazione di donne che far in tempo ad assistere negli anni a venire
allascesa del fascismo e del nazismo e, alla fine degli anni Trenta, allo scoppio di unaltra guerra
mondiale.
Nel 1935, ventanni esatti dopo il Congresso Internazionale delle Donne per la Pace tenutosi
allAja, il segretario di unassociazione antifascista inglese chiese a Virginia Woolf di fare qualcosa per
prevenire la guerra e per contrastare lavanzata del fascismo in Europa. Nellarco di due anni, tra il
1936 e il 1938, lormai famosa scrittrice londinese pubblic un pamphlet in cui, sotto lartificio retorico
di voler contribuire alla causa dellantifascismo e del pacifismo donando tre ghinee, dimostra il legame
inseparabile esistente tra opposizione alla guerra e libert femminile.
Letture
Maria Grazia Suriano, Donne, pace, non-violenza fra le due guerre mondiali. La Womens
International League for Peace and Freedom e limpegno per il disarmo e leducazione, tesi di
dottorato, tutor Maria Malatesta, Universit di Bologna, Bologna 2007, cap. I (senza indicazione di
pagine), accessibile online allindirizzo http://amsdottorato.unibo.it/623/1/SurianoTesi_Dottorato_XIX_ciclo.pdf (ultimo accesso 26 febbraio 2015).
Bruna Bianchi, Militarismo versus femminismo. La violenza alle donne negli scritti e nei
discorsi pubblici delle pacifiste durante la Prima guerra mondiale, DEP. Deportate, esuli, profughe.
Rivista telematica sulla memoria femminile, numero monografico Genere, nazione, militarismo. Gli
stupri di massa nella storia del Novecento e nella riflessione femminista, 10 (2009), pp. 94-109;
accessibile online allindirizzo: http://www.unive.it/media/allegato/dep/n102009/Ricerche/BianchiB.pdf (ultimo accesso 26 febbraio 2015).
La guerra e la degradazione delle donne. Intervista a Jane Addams, aprile 1915, a cura di
Bruna Bianchi, ivi, pp. 189-198, accessibile online allindirizzo:
18

http://www.unive.it/media/allegato/dep/n10-2009/Documenti/Bianchid.pdf (ultimo accesso 26 febbraio


2015).
Jane Addams, i miti della madre nutrice e la pace (1922), a cura di Bruna Bianchi, DEP.
Deportate, esuli, profughe. Rivista telematica sulla memoria femminile, 20 (2012), pp. 163-170,
accessibile online allindirizzo: http://www.unive.it/media/allegato/dep/n202012/Documenti/13_Addams_Pane_e_pace.pdf (ultimo accesso 26 febbraio 2015).

19

La Grande Guerra

Anche nella Prima Guerra Mondiale, pi che nel passato, il prezzo pagato dalle donne fu
altissimo, in un conflitto che lo storico Hermann Sudermann defin la pi gigantesca imbecillit che il
genere umano abbia compiuto dal tempo delle Crociate.

trauma bellico di lunga durata ha certamente significato lutto, sofferenza e ansia materna, ma
ha causato senza dubbio anche una frattura dell'ordine familiare e sociale. Mentre la memoria e
l'immagine maschile, che sono in gran parte memoria e immagini dei campi di battaglia, sono
caratterizzate generalmente dal senso dellorrore della violenza gratuita, della sofferenza e della
tragedia, alcune testimonianze orali di donne, raccolte da numerosi studiosi, lasciano intravedere
piuttosto un senso di liberazione e di orgoglio retrospettivo, nonch di accresciuta fiducia in se
stesse. Nelle fotografie dell'epoca le donne ritratte nelle mansioni un tempo riservate agli uomini (per
esempio quelle adibite ai trasporti, come conduttrici o bigliettaie di tram) e nelle relative divise
appaiono generalmente fiere, sorridenti e contente. Lo sguardo rivolto da queste donne agli orrori della
carneficina di massa , almeno in questa particolare angolazione, diametralmente diverso.

Generalizzare tuttavia, dimenticando diversit regionali e sociali, sarebbe sbagliato. Una cosa
era la condizione delle donne di classi popolari, costrette a subire ristrettezze economiche e alimentari,
il peso di nuove responsabilit e il superlavoro derivante dall'accumulo di compiti per l'assenza dei
maschi; un'altra quella delle giovani operaie da poco entrate nel lavoro di fabbrica, esposte a lavori
pesanti e pericolosi, ma pronte ad approfittare di qualche spazio di liberta dalla tutela maschile e in
particolare paterna che cosi gli era offerto; un altro aspetto, infine, era quello delle donne appartenenti
alla classe media, che trovarono per la prima volta il modo di uscire dall'ambito familiare, di sentirsi
valorizzate in compiti socialmente utili e pubblicamente riconosciuti. Ma vi fu anche il caso estremo di
quelle donne che dovettero subire le violenze sessuali degli eserciti occupanti. Non tutte le donne,
quindi, vissero il tempo di guerra allo stesso modo, ma almeno per alcune la memoria di quel tempo
felice appare oggi comprensibile, perch rinvia al senso di liberazione da un mondo chiuso
nell'ambito privato e domestico, nel ruolo di madri e spose, nel quale si trovavano comunque
prigioniere ancora in quel tragico agosto del 1914.
A dire il vero non mancano buoni argomenti anche alla tesi contraria, secondo cui 1'effetto della
guerra, specialmente all'inizio, fu precisamente l'opposto: quello di tarpare le ali ai movimenti
femministi, restituendo una drammatica preminenza al ruolo maschile come ruolo combattente e
ridandogli una sicurezza ormai posticcia.
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Al scatenarsi delle ostilit, la guerra sembr ristabilire ordine e distinzione tra i sessi, proponendo da un
lato il mito dell'uomo difensore della patria e della casa, dall'altro l'immagine della donna angelo e
custode, allo stesso tempo, del focolare domestico.
Il prolungarsi della guerra stravolse questo effetto. A parte i rischi e i disagi, gli uomini percepivano la
permanenza al fronte come una sorta di segregazione, di emarginazione dal proprio mondo: fare la
guerra richiedeva molto spirito di sopportazione e adattamento a una sostanziale, rischiosissima
passivit, mentre le donne a casa vedevano moltiplicati i loro compiti e le relative responsabilit.
L'enorme consumo di energie umane innescato dalla guerra, il bisogno crescente di manodopera
in tutti i settori (specialmente nella produzione bellica), provocarono chiaramente una specie di
invasione di campo femminile nelle pi diverse realt professionali.
Le donne si scoprirono tranviere, ferroviere, portalettere, impiegate di banca e dell'amministrazione
pubblica, operaie nelle fabbriche di munizioni. Si arriv pertanto alla rimozione di tab e confini tra
compiti e ruoli canonici, con una nuova confusione e mescolanza dei sessi. Il risultato di tale drastica
rimozione della repressione sociale femminile, fu dunque un inedito anelito di libert: vivere sole,
uscire da sole, assumersi da sole certe responsabilit erano cose che ora divenivano per molte
finalmente possibili, anche se non sempre accettate senza riserve dagli altri.
LO SCENARIO

Dalla fine del 1915 i salari , che aumentavano in modo irrisorio rispetto allaumento dei prezzi,
vedevano dimezzarsi il potere dacquisto di ogni famiglia europea. Molti generi di prima necessit,
come scarpe e indumenti, sebbene sottoposti a calmiere, in realt erano inaccessibili. Donne e bambini
raccoglievano persino lerba dei giardini pubblici, inventandosi addirittura gustose ricette per cucinare
in modo appetitoso le bucce dei legumi! I prezzi della lana, del pane, della carne, del latte, dei fagioli
secchi erano non solo quintuplicati, ma spesso le merci risultavano introvabili.
Anche le donne che lavoravano in fabbrica, guadagnando chiaramente di pi di molte altre
rimaste a casa, non riuscivano a sfamare i figli con il loro stipendio. Le donne organizzarono allora veri
e propri scioperi, per aumentare i salari e per porre fine alla guerra. Ad esempio, nel maggio del 1914 si
astennero dal lavoro le operaie delle industrie tessili di Como, Vigevano e Borgosesia, nellagosto del
1915 le operaie tessili di Torino; a settembre e a novembre lagitazione si estese dal Milanese al
Novarese e nel 1918, sebbene sul finire della guerra, riuscirono ad ottenere qualche aumento di salario
e alcune categorie anche lorario ridotto a otto ore.
Mobilitate negli eserciti le classi giovani e requisita militarmente la restante forza lavoro maschile, le
necessit produttive dello sforzo bellico rimanevano insoddisfatte. Fu cos che ampie sacche di
manodopera femminile furono utilizzate nelle fabbriche, negli uffici, nell'assistenza.
Comunque,
si registrarono marcate controtendenze, volte a ristabilire i confini di un tempo e a ricondurre le donne
al loro interno. Un piccolo, ma significativo indizio linguistico di tutto questo consiste nel fatto che,
alle lavoratrici delle fabbriche di munizioni venisse affibbiato il termine diminutivo, ma anche
vezzeggiativo di munitionnette, in Francia, e di canaries (canarini) in Inghilterra - quasi a ribadire
che esse rimanevano sempre donne, avevano cio qualcosa di specifico che le distingueva: la grazia
femminile non veniva meno anche nella fabbricazione di ordigni letali.

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C comunque da sottolineare che, nel caso inglese, il soprannome derivava perlopi dalla
colorazione gialla, assunta dalla pelle delle operaie, in seguito al contatto con la polvere pirica e le
sostanze chimiche, evidentemente nocive, adoperate in fabbrica. A migliaia morirono le giovani
operaie, a causa di ci.
L'ICONOGRAFIA

I compiti in cui la donna pi frequentemente rappresentata al tempo della Grande Guerra,


sono quelli pi tradizionali dell'infermiera e della dama di carit, che sottolineano il ruolo
tipicamente femminile di angelo consolatore, di custode, assistente e supplente dell'uomo. Giornali e
riviste si occuparono, in seguito, di rappresentarne le altre realt professionali. Mentre ai medici
professionisti erano affidate diagnosi e terapia, le infermiere venivano quasi sempre relegate al compito
materno della cura e della consolazione dei pazienti. Come scrisse un medico francese: Ai medici la
ferita, alle infermiere il ferito.
Gli sforzi compiuti dalle donne in questa direzione risalivano allet pionieristica dell'inglese Florence
Nightingale, durante la guerra di Crimea. In Italia il volontariato femminile, sotto legida della Croce
Rossa, sorta nel 1864, venne successivamente incentivato da donne del ceto medio-alto come Rita
Camperio Meyer, figlia di un ufficiale che aveva svolto una missione in Manciuria al tempo della
guerra russo-giapponese del 1904-1905 e aveva avuto modo di apprezzare il contributo delle donne
all'organizzazione sanitaria dell'esercito russo. La Croce Rossa aveva permesso alla Camperio Meyer
di fondare a Milano nel 1908 la prima scuola italiana per infermiere. Allo scoppio della Prima Guerra
Mondiale l'organizzazione della Croce Rossa mobilit moltissime infermiere volontarie, che trovarono
impiego immediato nelle opere di assistenza sanitaria nelle immediate retrovie, nei treni-ospedale e
negli ospedali pi grandi, lontani dal fronte. Nel 1917 le infermiere della Croce Rossa erano quasi
10.000, e altrettante quelle organizzate da altre associazioni di soccorso.
Il racconto dal fronte di guerra: la versione delle donne
(tratto da "Giornalismo e Storia")

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Anche la figura dell'infermiera concretizzava l'impegno femminile avvalendosi dello stereotipo


dell'angelo consolatore e donando alla tragica dimensione della guerra e dello sterminio di massa una
nota di indiscutibile grazia e di dolcezza. Nella promiscuit degli ospedali militari, dove le donne erano
quotidianamente in contatto con gli uomini (medici e pazienti), il ruolo angelico e materno delle
infermiere serviva anche a rimuovere idealmente quello sessuale, evitando i rischi e le tentazioni
della convivenza coatta e quindi del disordine morale che poteva scaturirne.
Alle infermiere volontarie ad esempio, venivano affidati i soldati semplici, i quali, essendo di
estrazione popolare, non avrebbero osato concepire e meno che meno manifestare pulsioni erotiche nei
loro confronti. A riprova di ci basti consultare le molte lettere indirizzate dai soldati alle infermiere e
alle madrine questi documenti appaiono pervase da una deferente gratitudine che raramente si
abbandona ad atteggiamenti di affettuosa confidenza. Dunque, appartiene forse pi alla letteratura
romanzesca e alla fervida immaginazione degli scrittori dellepoca, pi che alla realt del conflitto, il
tema ricorrente dellamore in guerra, di cui Ernest Hemingway ci ha regalato il suo capolavoro di
Addio alle armi, al centro del quale c' appunto la relazione tra un ufficiale ed un infermiera sul
fronte italiano.

Nella realt le tinte di un vero rapporto sentimentale durante quegli anni, si rivelarono quasi
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sempre sbiadite prematuramente dallimmenso dolore per la perdita del compagno al fronte, anche e
soprattutto per le infermiere, come testimonia, ad esempio, la tragica odissea di Vera Brittain, aiuto
infermiera britannica, che nel corso della guerra perse il fidanzato, il fratello e molti amici dinfanzia.
In ultima analisi, non si devono trascurare gli immensi rischi e le estenuanti fatiche che
caratterizzavano il lavoro e la vita stessa delle infermiere, soprattutto di quelle impegnate in zona di
guerra. Infezioni mortali, avvelenamento dal contatto con soldati gassati, turni massacranti e un
inumano stress psicologico, lasciavano poco spazio alle relazioni sentimentali e a qualsiasi tipo di
svago o passatempo.
L'OPINIONE PUBBLICA
Con un atteggiamento fin troppo paternalistico, lo scrittore Ugo Ojetti, gi corrispondente di
guerra del Corriere della Sera, cos si esprimeva nel 1917: La fiumana di donne penetra,
gorgogliando e frusciando, nei luoghi degli uomini: campi, fabbriche... Talune, vero, assomigliano ai
bambini, specie quando ancora non ne hanno di propri: si stancano, si distraggono, sospirano,
litigano, s'impuntano, scioperano, minacciano, strillano. Ma le pi, insomma, lavorano e sono
preziose, e s'ha bisogno di loro... La donna prima di tutto un essere pratico il cui lavoro sociale
utilissimo.

A colpire maggiormente limmaginario collettivo fu soprattutto la comparsa delle donne in


occupazioni tradizionalmente inconsuete, in una specie di mondo alla rovescia. Spesso quotidiani e
riviste dellepoca sfoggiavano clamorose fotografie di donne italiane o straniere impegnate come
spazzine, tranviere, barbiere, direttrici d'orchestra, boscaiole, ecc., apparendo tanto insolite, quanto
preoccupanti nei confronti della normalit dettata dalle secolari tradizioni precedenti.
Del resto, quando i conduttori dei tram furono sostituiti dalle donne ci fu una levata di
scudi perbenista, in quanto questo lavoro poneva le donne a diretto contatto degli uomini e solo donne
di scarsa levatura morale potevano accettare tali rischi, sebbene lamministrazione pare che avesse
avuto laccortezza di scegliere per la bisogna ragazzone robuste dallaspetto alquanto virile. Alla fine
per anche questa novit fin per essere accettata per amor di patria, ma quando una mattina videro
delle donne realmente impegnate a guidare i tram, lopinione pubblica si scaten: i tram sarebbero
deragliati e si sarebbero contati i morti, previsione che si rivel priva di fondamento, perch il numero
degli incidenti non alter le statistiche precedenti tuttavia continu a suscitare viva disapprovazione il
fatto che le tranviere al capolinea si accendessero spesso una sigaretta.
Va da s che le donne, di fatto, dovettero soprattutto accettare questo genere di responsabilit ed
oneri tradizionalmente mascolini, senza poter spesso n scegliere, n godere appieno dei
potenziali e presunti benefici che tali posizioni comportavano.
Un tipico esempio quello delle giovani ragazze impiegate nelle fabbriche di proiettili, il cui
sangue venne letalmente inquinato e la salute gravemente compromessa, dopo gi pochi mesi di lavoro
a contatto con pericolosissime sostanze chimiche (vedi i Canarini di cui si parlava pocanzi).
Dal confronto tra i dati censuari del 1911 e del 1921 risulta che, tranne nell'industria, in tutti gli
altri settori (trasporti e comunicazioni, commercio, banche e assicurazioni, amministrazione pubblica e
privata, professioni e arti liberali) la presenza di manodopera femminile aument in cifre assolute,
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ma - a causa della crescita complessiva dell'occupazione - solo in alcuni di essi si verific un aumento
anche in percentuale: i trasporti, e soprattutto le banche e assicurazioni (dove pass dal 3,5%
all'11,4%), 1'amministrazione (dal 4,7% al 12,9%) e le professioni. Ci era l'indizio di una linea di
tendenza innescata dalla guerra, che il ritorno alla normalit nel dopoguerra non fu sufficiente a
invertire.
ASSISTENZIALISMO PATRIOTTICO FEMMINILE
Gli inni patriottici, invitando le donne ad esporre bandiere su balconi e davanzali e ad
applaudire le truppe che si recavano al fronte, furono strumentali per far uscire in qualche modo
dallombra luniverso femminile. Per chiari ed ostentati scopi assistenzialisti, le donne della
propaganda militare tenevano in mano, legata al collo con un nastro tricolore, una cassettina per fare la
questua per i regali da inviare ai soldati al fronte e in premio appuntavano un nastrino sul bavero dei
donatori. Analogamente, soprattutto in Gran Bretagna e in Francia, specie allinizio del conflitto, le
donne davano la caccia agli aitanti giovanotti in abiti civili che, durante il passeggio, venivano
facilmente adescati e convinti ad arruolarsi o a fuggire a gambe levate, in qualit di presunti
imboscati, crudelmente esposti al pubblico ludibrio!
La tradizione di regalare la piuma bianca, simbolo di codardia, di chiara memoria ottocentesca,
a tutti coloro che non vestissero la divisa, veniva dunque ripresa per rimpolpare le file degli eserciti.
Infaticabili, le donne della propaganda organizzavano balli, lotterie e pesche di beneficenza, e
vendevano persino, a ben cento lire, un bacio patriottico. Una maestrina, Luigia Ciappi, divent
simbolo delle virt guerriere delle donne, perch si travest da soldato e tent di partire per il fronte.
Ci fu anche un volontariato espresso esclusivamente dalle donne di estrazione borghese e
aristocratica. Le cosiddette Dame visitatrici e quelle che si mettevano a disposizione dei vari Uffici
Assistenza e Uffici Dono, avevano il compito di recare aiuto, sostegno e conforto alle famiglie dei
mobilitati nonch agli stessi soldati quando si trovavano in licenza, nelle retrovie o negli ospedali.

Molte di queste nobildonne, dopo brevi periodi di volontariato, decisero di


occuparsi ancor pi da vicino dei soldati al fronte, diventando loro stesse infermiere o
fondando/finanziando unit mediche di supporto al fronte.
Nel sostegno allo sforzo bellico venivano indiscutibilmente alla luce quell'inventiva e quella
capacit di risparmio e riciclaggio che erano considerate virt tipicamente femminili e che
costituiscono, da sempre, una risposta alle proverbiali vacche magre e ai razionamenti: preludio a
quanto succeder su scala anche pi larga sia nell'Italia degli anni Trenta, colpita dalle sanzioni
economiche internazionali per la sua aggressione all'Etiopia, sia nel periodo della seconda guerra
mondiale. Si utilizzarono, per farne cappotti, parti di pellicce prelevate da indumenti usati, si promosse
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allo stesso scopo l'allevamento dei conigli, si inventarono forme di riuso della carta di giornale per
riscaldare il rancio nelle gavette, o speciali superfici compresse detti coltroni (grandi coltri) che
proteggevano i soldati dal vento e dal freddo. Si inventarono speciali indumenti antiparassitari,
contenenti miscele per tener lontani i pidocchi che tormentavano i fanti in trincea. Si provvide anche ad
organizzare la raccolta dei noccioli di vari frutti (pesche, albicocche e prugne) per vari usi
farmacologici e di saponificazione. Persino la maschera antigas, simbolo di una guerra combattuta coi
mezzi pi terrificanti, fu inventata, a quanto pare, dalle donne di un comitato bolognese, prima di essere
perfezionata da esperti di chimica e di essere prodotta in scala industriale dai militari.
MODA FEMMINILE E GRANDE GUERRA
(Di Massimiliano Italiano)
Agli inizi del 900, anche l'arte della modellistica sartoriale inizi ad assumere un qualche
aspetto industriale. Il sarto o i primi stilisti sono ancora prerogativa di une lite esclusiva, ma le
prime forme di produzione di massa, specie dopo il primo decennio del secolo, impongono la
creazione di abiti da fatica dal costo contenuto e soprattutto comodi. Questo sincronismo tra

sviluppo industriale ed evoluzione della moda sottolineato anche da


alcuni sociologi, come ad esempio Benjamin, che vede tale cambiamento come necessario adattamento
della societ moderna al mondo meccanizzato, frenetico e dalla nuova mentalit del prestissimo della
vita contemporanea.
Si ancora lontani dalla partecipazione in massa delle donne nelle fabbriche, ma la moda
sembrava gi adeguarsi al nuovo mondo dell'efficienza. La scomparsa del sellino dai vestiti femminili,
appena dopo il 1890, era stato il primo segnale di un irreversibile cambiamento di rotta. Verso la fine
del secolo, comparve il tailleur, allora composto da tre pezzi. Per la prima volta nella storia, con
l'adozione della giacca, la moda femminile si avvicinava a quella maschile; ed ancora, nel 1910, si
poneva in disparte il busto. La donna, tuttavia, riprendeva la sua femminilit con gonne sempre pi
strette, che evidenziavano le sue rotondit.
Con la grande guerra, questo processo di semplificazione destinato ad una pi rapida
accelerazione. Con l'ingresso delle donne nelle fabbriche, le gonne lunghe e strette si presentano
fastidiose nel lavoro quotidiano, lasciando il posto a quelle pi corte e pi comode. I colli sono pi

scesi e spesso assumono la forma delle giacche militari, quasi come voler uniformare, su un
unico fronte, militari in trincea uomini e donne a lavoro. Perfino i colori assumono spesso maggiore
uniformit sui vestiti, abbandonando la sfarzosa fantasia e il lusso degli anni precedenti, in nome del
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rigore della guerra. Il bustino, quando ancora presente, posto pi in basso, in maniera comoda, in
modo da non intralciare i movimenti del corpo. Anche le pettinature sono pi sbrigative, con capelli
tirati indietro e pi corti. Sul finire della guerra, la moda cerc di restituire una nuova eleganza anche
alla donna che lavora, ma senza perdere quel carattere di praticit di cui si parlava, anzi, per risparmiare
tessuto, si propongono gonne pi corte e vestiti pi semplici, con maggiore scollatura e con meno
accessori. Finita la guerra, il tentativo di ripristinare gli ingombranti abiti che avevano vestito le
donne qualche anno prima fall miseramente. Anche quel naturale atteggiamento egocentrico, tipico
di tutte le donne nella scelta dei propri abiti era stato vittima della modernit e della massificazione
sociale.
LE REAZIONI
La presenza femminile era percepita, specialmente dai vecchi operai, come un
sovvertimento dell'ordine naturale se non un vero e proprio attentato alla moralit. Le nuove
assunte venivano paragonate agli imboscati e considerate oggetto di favoritismi interessati da parte
dei dirigenti maschi. Nelle lettere di protesta indirizzate dal personale ai dirigenti delle fabbriche, si
parlava spesso delle donne come di sgualdrine che vivevano nel lusso, approfittando della loro nuova
condizione sociale ed economica.
Come afferma il contemporaneo Antonio Gibelli (La Grande Guerra degli Italiani 19151918) non meno importante, fu la dilatazione dei compiti e dei ruoli delle donne nelle campagne:
secondo calcoli attendibili, su una popolazione di 4,8 milioni di uomini che lavoravano in agricoltura,
2,6 furono richiamati alle armi, sicch rimasero attivi nei campi (a parte le scarse licenze) solo 2,2
milioni di uomini sopra i 18 anni, pi altri 1, 2 milioni tra i 10 e i 18 anni, contro un totale di 6,2
milioni di donne superiori ai 10 anni. Inevitabile fu l'occupazione femminile di spazi gi riservati agli
uomini, e contemporaneamente lo straordinario aggravio di fatica e di responsabilit. Le donne videro
ancora dilatarsi i tempi e i cicli abituali del lavoro (col coinvolgimento delle pi piccole e delle piu
vecchie), e dovettero coprire mansioni dalle quali erano state tradizionalmente esentate.

Scompariva dunque la divisione del lavoro che voleva affidati agli uomini i compiti pi
pesanti e impegnativi, compresa la manovra delle macchine agricole.
Malgrado tutto questo, i rapporti familiari non subirono particolari trasformazioni. Rimaneva
pressoch inalterato il primato maschile e quello di genitori e vecchi. La donna giovane doveva
rimanere sottomessa, e poich la fonte dell'autorit - ossia il marito - era lontana, essa passava
spesso ai suoceri. A dispetto della maggiore severit delle leggi e del tentativo di imporre abitudini
austere conformi alla gravit del momento, anche e soprattutto nelluniverso femminile, questi primi
germogli di emancipazione diedero il via ad un inarrestabile rimescolamento della vita sociale e,
contemporaneamente, l'affermazione di nuovi costumi. Le donne iniziarono a bere alcolici, a fumare,
ad uscire di sera e a frequentare locali di divertimento, che prima erano considerati prerogativa
dei maschi adulti. Tale prosaica emancipazione venne chiaramente percepita come irriquietezza
diffusa e indisciplina preoccupante, in contrasto con la tradizione di attaccamento al mestiere, di ricerca
della stabilit e di etica della perseveranza che le classi dirigenti avevano sempre prediletto e cercato non senza successo - di inculcare nelle classi lavoratrici.
GRANDE GUERRA, DONNE, CULTURA E POLITICA
Durante la guerra aument il numero delle donne che frequentavano gli istituti superiori;
nellanno accademico 1917-1823.000 maschi e circa 2.000 femmine frequentarono le 17 universit
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governative e le 4 libere. Nel 1917 si laurearono 108 dottoresse in lettere, 4 in scienze economiche e
commerciali, 81 in matematica, 7 in farmacia, 6 in medicina, 1 ingegneria e 1 in agraria, ma nel
1918 ci fu una flessione, sebbene il numero rimanesse superiore a quello di prima della guerra. Nacque
unAssociazione di laureate e diplomate in magistero e altre cominciarono ad organizzarsi.

Ristagnarono invece i progressi nella situazione politica e giuridica della donna, mentre in Gran
Bretagna il 28 marzo 1917 venne varato il progetto di legge che concedeva il voto alle donne che
avessero compiuto trentanni.
Nel 1912 Giolitti decise dinstaurare il suffragio universale, riservato per solo agli uomini che
avessero compiuto il trentesimo anno di et, anche se analfabeti; nello stesso anno finalmente, dopo
laceranti discussioni, il partito socialista, soprattutto su istanza di Anna Kuliscioff, present un
emendamento a questo progetto di riforma elettorale chiedendo il voto alle donne. Lemendamento fu
respinto con 263 no e 48 s. Giolitti che riteneva il voto femminile un salto nel buio si rallegr che
fosse stato respinto con tanta forza, ma stava maturando un ben altro salto nel buio.
Le classi dirigenti, nel momento in cui chiamavano a raccolta le energie del paese, non
potevano non mostrarsi pi benevole, o almeno pi attente, anche alle aspettative femminili. Il
dovere dell'impegno richiamava per forza di cose il diritto di cittadinanza. La questione del voto
alle donne, amministrativo se non politico, comincio dunque a imporsi nel dibattito. della potenzialit
femminile in Italia come in tutta Europa, che diventa un problema degnissimo di considerazione quello
della maggiore importanza della posizione sociale che dovr essere riconosciuta alla donna dopo la
guerra. Da molto tempo convinto che alla donna spetti fin d'ora il voto amministrativo, ritengo la
manifestazione delle molteplici attivit femminili durante la guerra, abbia fatto fare un passo innanzi
verso la conquista del voto politico. Pi o meno nello stesso senso e con analoghe cautele si esprimeva
il presidente del Consiglio Borselli:

Per il voto amministrativo non credo vi possano essere dubbi o ritardi e si dovr
immediatamente consentire e consentirlo con assoluta parit rispetto al suffragio maschile. Quanto al
voto politico, sono ancora incerto meco stesso fra uh consenso immediato ed una applicazione
successiva all'elettorato amministrativo, per guisa che questa valga come di preparazione e di prova.
Ma non v'e dubbio che, o subito o poi, anche nell'elettorato politico il voto della donna dovr essere
ammesso.
Ma c'era anche chi continuava a rimanere diffidente, e chiedeva alle donne un'ulteriore prova di
pazienza e di buonsenso consistente nel soprassedere per il momento alle loro rivendicazioni. Ad
esempio il parlamentare nazionalista Luigi Federzoni dichiarava:
Sono convinto che le donne italiane, da che e scoppiata la guerra, abbiano dato un esempio
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meraviglioso di patriottismo, di abnegazione e di intelligente energia. Confido che alle molte


benemerenze acquistate vorranno aggiungere quest'altra, non meno degna delle loro virt: di non
complicare i gia numerosi, urgentissimi e gravissimi problemi della guerra e del dopoguerra
risollevando inopportunamente e prematuramente la questione dei diritti della donna.
Se le donne inglesi alla fine della prima guerra mondiale ottennero il voto, quelle degli Stati
Uniti dovettero contentarsi di partecipare al voto solo alle elezioni locali di pochi Stati dellUnione.
DOPO LA GUERRA
Una volta deposte le armi, tutti sentirono il bisogno di pace e di sicurezza; il rientro nei ruoli
tradizionali, da tempo agognato, sembrava contribuire a questo senso di sicurezza, specialmente per
quanto riguarda i maschi, che si erano visti soppiantati e minacciati nella loro tradizionale supremazia.
L'esigenza di trovare un lavoro per i reduci spinse talvolta al licenziamento rapido e completo
delle donne dalle occupazioni che avevano ricoperto, anche se in alcuni settori, per esempio nel
terziario, la loro presenza continu nonostante tutto a crescere.

La difficolt di trovare lavoro scaten la guerra dei sessi che naturalmente fu perduta dalle donne, che
solamente per un breve periodo ebbero diritto al sussidio di disoccupazione. La sconfitta
delloccupazione femminile fu rilevata solo nel 1921, data in cui risultarono occupate
nellagricoltura 3 milioni di donne, nellindustria un milione e 173.000 in meno rispetto al 1913,
mentre le donne inattive erano 14 milioni. La retorica dominante fu infatti quella che prescriveva alle
donne il rientro nei ranghi, nei ruoli familiari, nei compiti procreativi e materni.
La morte di milioni di uomini il relativo fortissimo calo della natalit, alimentarono dovunque
politiche di sostegno di incremento demografico, che in Italia furono fatte proprie e sviluppate con
particolare forza dal fascismo, cercando di reprimere ulteriormente qualsiasi velleita demancipazione
femminile.
Per le donne, a guerra finita per non sempre segu l'integrazione e la promozione fatte balenare dalla
propaganda fatta per la mobilitazione alla guerra. Tuttavia, in conclusione, la Grande Guerra
incrin modelli di comportamento, le relazioni tra generi e classi di et, nonch tra le varie classi
sociali, mettendo in discussione gerarchie, distinzioni e autorit ritenute immutabili: un effetto che contenuto per il momento dalla legislazione repressiva - sarebbe emerso pi ampiamente nel
dopoguerra, contribuendo a conferire alle lotte sociali, comprese quelle per i diritti delle donne,
quell'impronta di stravolgimento radicale dell'ordine esistente che avrebbe fatto per un momento
tremare le classi proprietarie.
Fonti di riferimento:
ALESSANDRO GUALTIERI, "La Grande Guerra delle Donne", Mattioli 2012
GIBELLI ANTONIO, "La Grande Guerra degli Italiani 1915-1918", Rizzoli
P. BARONCHELLI GROSSON, "La donna delta nuova Italia. Documenti del contributo
femminile alla guerra (maggio 1975 - maggio 1917)", Quintieri
A. BRAVO," Donne contadine e prima guerra mondiale", in Societa e storia.
ANNA RITA ZARA - "Le donne nella prima guerra mondiale"

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LE CROCEROSSINE

Gli angeli
della Grande Guerra

di Sara Foti Sciavaliere


Ricorrono i 100 anni dellentrata dellItalia nella Prima Guerra Mondiale e si ricordano le vite
sacrificate durante il conflitto, i molti soldati costretti a lasciare le loro case per combattere al fronte.
Non va tuttavia dimenticato anche il grande coraggio di chi assisteva i feriti, le infermiere volontarie,
tra esse le crocerossine.
Numerosissime furono le donne che negli anni del confitto si mobilitarono per lassistenza sul
campo ai feriti in battaglia. Secondo le stime pi attendibili furono, solo nel caso italiano, circa
diecimila le volontarie nella Croce Rossa che popolarono i tanti ospedali e i punti di soccorso sorti
durante la guerra, che si imbarcarono su navi e treni ospedale e che con le loro preziose e attente cure
riuscirono ad alleviare almeno in parte le profonde piaghe -corporee e psichiche- dei soldati feriti al
fronte
Breve storia della Croce Rossa Italiana
Fondata durante le campagne di guerra risorgimentali, la Croce Rossa Italiana, come organizzazione
umanitaria, non mancata neanche nelle successive. A pochi anni dal riconoscimento giuridico in
Corpo Morale (L. 30.5.1882), la Croce Rossa Italiana disponeva nelle sue strutture centrali di tredici
treni ospedale, due ospedali da guerra da duecento posti e dieci minori con cinquanta posti. Durante la
Grande guerra la Cri svolse un'attivit di enorme valore umanitario in parte sconosciuta.
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Anche se la prima infermiera volontaria era donna, laccesso femminile a questa specialit fu
lungamente rinviato: di fatto, solo nel 1908 allospedale del Celio di Roma veniva inaugurata la prima
scuola infermiere volontarie. Gi con la Guerra di Libia le crocerossine partecipano ai soccorsi sia in
Africa che a Rodi, per con la Grande Guerra che lorganizzazione viene messa alla prova, con oltre
mille infermiere e tutto lo staff degli ospedali da campo che partecipano al conflitto.
A guidare le crocerossine la duchessa DAosta col grado di generale. Alle infermiere volontarie
della C.R.I., infatti, per dotarle di autorit e di difesa, in un mondo prettamente maschile, vengono dati
gradi da ufficiale. Nel resto del paese per curare i settecentomila feriti vengono allestiti ovunque
ospedali, in cui prestano servizio altre seimila volontarie.
Al di fuori della retorica esaltante la tenacia e leroismo del campo di battaglia, per le
crocerossine l'aspetto meno piacevole della guerra costituito dalle desolanti scene di cadaveri,
mutilati, e dai ricoverati per effetti del gas ed altri traumi compresi quelli psichici. Per poter intervenire
con efficacia era necessario operare in zone vicine al fronte, per le strade battute dall'artiglieria,
installandosi in case semidistrutte spesso senza medicinali o isolandosi nei lazzaretti con i malati
infetti. La C.R.I. aveva mobilitato circa 9500 uomini, 8200 crocerossine e 1200 ufficiali e alla fine del
conflitto anche le crocerossine contarono i loro morti: 44 per ferita o cause di servizio (malattie
contratte), 3 prigioniere.
Le sorelle Marinaz: un esempio di coraggioso servizio
Queste due donne durante il primo conflitto mondiale si prodigarono presso lospedale della Croce
Rossa austriaca che si trovava nei locali del Seminario Arcivescovile di Gorizia, dedicandosi, tra il
1915 e il 1916, alla cura dei soldati austro-ungarici feriti durante i combattimenti nei dintorni della
citt. Lospedale venne bombardato pi volte ed esse rischiarono la vita per salvare i soldati l
ricoverati. E and avanti cos fino allagosto del 1916 quando dopo la conquista della citt da parte
degli italiani esse si trasferirono presso lospedale militare di Aidussina (nellattuale Slovenia) e dato
che era distante dalla linea del fronte esse conobbero finalmente un po di pace senza pi la minaccia
dei continui bombardamenti. In tutto quel periodo Virginia, la sorella maggiore, tenne un diario, scritto
in lingua tedesca, che racconta le vicende e gli stati danimo non solo di suoi e della sorella Enrica, ma
anche della popolazione e dei soldati feriti costretti a letto.
Grazie allopera umanitaria prestata anche durante la Seconda Guerra Mondiale come
volontarie della Croce Rossa Italiana, le Marinaz ottennero alte onorificenze da parte della stessa Croce
Rossa, dal governo austriaco e da quello italiano. Anche nel dopoguerra si mantennero al servizio della
Croce Rossa locale e per ben venticinque anni insegnarono gratuitamente presso le caserme del
Presidio Militare di Gorizia, permettendo a moltissime giovani leve di conseguire il diploma della
scuola dellobbligo. Nellambiente della Croce Rossa goriziana e tra alcuni studenti che le ebbero come
insegnanti sono ancora ricordate per amore per il prossimo, il gran senso del dovere e della precisione
nello sbrigare qualsiasi incarico.
Non si sposarono e vissero sempre insieme anche dopo la morte dei genitori. Ambedue vissero
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molto a lungo: Virginia mor nel giugno del 1975 ultranovantenne, mentre Enrica la segu quasi un
anno dopo allet di ottantotto anni. I funerali delle due goriziane, che vennero sepolte nella tomba di
famiglia a Lucinico, furono celebrati in gran pompa alla presenza delle pi alte autorit cittadine.

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