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Manuale

di letteratura
italiana
Storia per generi e problemi
a cura di

Franco Brioschi e Costanzo Di Girolamo

II.

Dal Cinquecento alla met del Settecento

Bollati Boringhieri

I.

II genere dialogo tra latino e volgare


Nuccio Ordine

Il dialogo umanistico

Gi utilizzato nel Medioevo come rigido contenitore di dispute e contrasti, poi da Francesco Petrarca come rappresentazione narrativa di un
tormentato dibattito interiore (si pensi alla solitaria conversatio del Secret11m) il dialogo raggiunge il suo momento di grande diffusione tra xv
e xvr secolo. Nel Quattrocento, approdando a nuovi modelli, il dialogo
in latino il genere preferito dagli umanisti. La sua natura polifonica
risponde alle nuove esigenze degli uomini di lettere, al bisogno di creare
liberi scambi di opinioni e occasioni d'incontro.
La discussione a pi voci, insomma, diventa espressione della ribellione ai generi scolastici, ponendosi come elemento propulsore del dibat- ,
tito culturale, poht1co e civile. Ma accanto all'immagine della conversazione, che net cenacoli, nei circoli, nelle accademie si offre come modello reale dello scambio di opinioni (Il dialogo quattrocentesco - scrive
Garin - spesso il ritratto fedele di questi incontri e ne rievoca idealizzate le inflessioni) 1 convive un uso del dialogo come puro strumento
di aggressione, attraverso un linguaggio costruito sul doppio registro del
serio e del comico. La letteratura dialogica, combattuta tra Platone,
Luciano e Cicerone, si ripropone anche in questo periodo nella sua abituale dimensione di mobilit.
Se non possibile parlare di un unico modello dialogico, pi facile
individiare dellecomponentt che ritornano con una certa insistenza in
numerosi dialoghi. Al primo posto appare una presenza diffusa della pole~
mica che caratterizza l'intero svolgersi dello scambio dialogico. Un soo
tio dialogico, e questo potrebbe essere un altro tratto omogeneo, che

..
l
1,i

' E. Garin, La letterat11ra degli umanisti, in SLI, III, 1966, p. r 40.

490

La letteratura ml comportamento e la trattatistica .

tica

punta essenzialmente a individuare contrasti, rinunciando a qualsiasi pre


tesa di risolverli. I dialoghi di Poggio Bracciolini rivelai1oTa1ranrmenta
rie"t1 d1 una "ricerca che non approda mai a soluzioni finali, mentre l
De voluptate e il De libero arbitrio di Lorenzo Valla evidenziano i limiti
di un certo uso dei procedimenti dialettici.
Pi legati al modello lucianeo appaiono alcuni dialoghi di Leon Batti
sta Alberti (/ntercoenales), di Giovanni Pontano (Charon, Asinus), Antonio
De Ferrariis detto il Galateo (Eremita). La scelta di situazioni comiche,
/da parte di questi autori, non coincide con la rinuncia a uno spessore
problematico. Nell'Asinus di Pontano, per esempio, anche gli scambi dia
logici pi esilaranti rinviano a riflessioni di natura morale.
Ben altre questioni pone, invece, il lucianesimo di Lauro Quirini (Dia
logus Gymnasiis Florentinis), Giorgio Valagussa (Deorum dialogus) e Maffeo
Vegio (Dialogus Veritatis): questi dialoghi si presentano come frutto di
/ una curiosit erudita, di un puro esercizio accademico.
Di notevole interesse, per la diffusione che avr tra la letteratura dia
logica cinquecentesca, il dialogo che si svolge all'interno di u1~~
vito. E al di l delle allusioni al modello platonico del Simposio, i Comi
1001i F r~~cesco 1 File! fo te. le. Intercoenales dell '~l~ert]si ricollegano alla
v1s1one up1came!i?e umanistica del banchetto,
ceptto come momento
di esaltazione della vita in comune.
Altri dialoghi ancora potrebbero essere raggruppati per nuclei tema
tici a partire dal dibattito intorno a problema~iche civili, politiche e morali:
la disputa sulla nobilt, strettamente legata a questioni che investono la
concezione stessa dell'uomo e il suo ruolo nella societ, vede coinvolti
diversi autori, tra cui Bracciolini (De nobilitate), Cristoforo Landino (De
nobilitate), Bartolomeo Sacchi detto il Platina (De vera nobilitate); !'or
ganizzazione dello Stato e la lotta ai tiranni occupano un posto centrale
nel Dia!ogus de libel'tate di Alamanno Rinuccini e nel De comparatio11e
reipub!icae et regni cli Aurelio Brandolini; il valore della vita umana
discusso da Giannozzo Manetti (De dignitate et excellentia hominis) e dallo
stesso Brandolini (De humanae vitae conditione).
Al tema del rapporto tra antichi e moderni sono dedicati i Dialogi
ad Petrum llistrum di Leonardo Bruni, mentre le Disputationes Cama/.
du!enses del Landino affrontano, da un punto di vista platonico, il dibat
tito sul primato dell'azione o della pura contemplazione. Nel De homt
nibus doctis di Paolo Cortesi, invece, ritroviamo un'importante rassegna
di scrittori del XIV e ciel xv secolo, analizzati alla luce del modello cicc."
romano.

Il genL

dialogo tra latino e volgare

491

Vanno ricordati, anche per la significativa scelta del volgare, i quattro libri Della famiglia dell' Alberti, dove la struttura dialogica pone a
confronto posizioni teoriche diverse ed esigenze pratiche in relazione
all'organizzazione e allo svolgersi della vita familiare.

Il Cinquecento
Questi modelli quattrocenteschi troveranno nuovi sviluppi, in altre
direzioni, nel secolo successivo. Proprio nel Cinquecento, infatti, il genere
dialogo diventer uno strumento privilegiato all'interno di qualsiasi sfera
del sapere~n._tutffT-ai'Dattitr sulle questioni pi importanti dell'epoca
rlfrOviamo autori che intervengono utilizzando la forma del dialogo.
Le discussioni linguistiche ne offrono un significativo esempio: Pierio Bembo \Prose delta volgar lingua), Pierio Valeriano (Dialogo della volgar
lingua), Giangiorgio Trissino (Il Castellano), Niccol fv1achiavelli (Discorso
o dialogo), Sperone Speroni (Dialogo delle lingue), Claudio Tolomei (Il
Cesano), Giovan Battista Gelli (Il dialogo sopra la di/ficult dello ordinare detta lingua), Benedetto Varchi (L'Ercolano) e tanti altri autori scri\'Ono dialoghi. Cosl come in forma dialogica si svolge buona parte della
trattatistica politica (Guicciardini, Dialogo del reggimento di Firenze'
Macntavelli, Dell'arte della guerra; Paolo Paruta, Della perfezione della
tita politica), d'amore e di comportamento (Bembo, Gli Asolani; Castiglione, Il Cortegiano; Tullia d'Aragona, Dialogo dell'infinito amore; Leone
Ebreo, I dialoghi d'amore; Stefano Guazzo, La civil conversatione; Tasso,
Il Malpiglio overo de la Corte).
E del resto dialoghi non mancano anche nel dibattito teorico sui generi
letterari (Scipione Ammirato, Il Dedalione aver del poeta; BernardO.Cl
Daniello, Della poetica; Girolamo Frachetta, Dialogo del furor poetico;
Alessandro Lionardi, Dialoghi dell'invenzione poetica; Camillo Pellegrino
il Vecchio, Il Carra/a o vero della epica poesia, 1584) e sulle arti in generale (Alessandro Allori, Il primo libro dei ragionamenti delle regole del disegno; Gregorio Comanini, Il Figino overo del fine della pittura; Vincenzo
Galilei, Dialogo della musica antica et della moderna; Paolo Pino, Dialogo della pittura; Oto Lu pano, Torricella. Dialogo ... nel quale si ragiona
,ft.l/e statue ... ). Mentre vere e proprie raccolte di dialoghi vengono realizzate da autori come Aretino, Antonio Bruciali, Giordano Bruno, Anton
Francesco Doni, Niccol Franco, Speroni, Tasso.
Proprio questo uso diffuso del dialogo in volgare negli ambiti pi
-r---~~-----

492

La letteratura sul comportamento e la trattatistica !-

fica

diversi rivela la na~ fluida di un genere che sfugge facilmente a qualsiasi rigida definizione. S1 tratta prnttosto di un macrogenere aperto alle
interferenze con gli altri generi, sempre pronto al dialogo con la novella,
con l'epistola, con la commedia, con l'egloga. In effetti chi scrive dialoghi pu spaziare all'interno cli confini molto vasti, dove non mancano
interrelazioni tra filosofia e letteratura, serio e comico, docere e delectare.
E per le stesse ragioni un dialogo pu essere utilizzato con scopi divl!rsi:
come rappresentazione della ricerca collettiva del sapere o, al contrario,
come vuoto contenore per mascherare verit gi CFate sin 'dall'inizio;
'Orn strumento trasgressivo da opporre alla rigida struttura del trattato o come strategia narrativa per sfuggire al rigore dell'Inquisizione.
Molti di questi temi che abbiamo anticipato ritornano con chiarezza
nel dibattito cinquecentesco sul genere dialogo. Un dibattito che si svolge
dopo la met del secolo, quando ormai la produzione dialogica ha raggiunto significativi traguardi sia in termini di quantit che di qualit.
E non un caso che la riflessione teorica abbia luogo proprio in questi
anni contrassegnati da un forte interesse per la teoria della letteratura.
Al centro di questo processo di normalizzazione e codificazione dei generi
letterari c' la Poetica di Aristotele, volgarizzata per la prima volta da
Bernardo Segni nel 1549.
Ma questo bisogno di ordine e razionalit si inserisce in un contesto
storico dove ogni sfera (da quella politica a quella sociale) tende a orga
nizzarsi in rigide gerarchie. L'omologia dei processi di istituzionalizzazione spiega perfettamente l'esplosione non casuale di grammatiche,
manuali, dizionari, rimari, di tutta una serie di strumenti funzionali a
una logica basata sulla prescrizione. 2
Nello stesso tempo la creazione di modelli assoluti implica la neces
saria presenza di antimodelli , di poli aggregativi pronti a neutralizzare i canoni ufficiali. Al tentativo di racchiudere in griglie rigorose qualsiasi aspetto dell'attivit umana fa da contrappeso una Weltanschauung
aperta alla pluridimensionalit.
. Il dibattito cinquecentesco sulla poesia e le arti, e sul dialogo in par
tlcolare, non sfugge a questo doppio movimento contraddittorio, a un11
realt segnata da spinte e controspinte. La dominante tendenza centri
peta deve fare i conti con una forza centrifuga che corrode i contorni,
che affatica la linearit dei percorsi.
' Cfr. A. Quondam, Nascita della grammatica. Appunti per u11a descrizione analitica, Qu~
derni storici, 13, 1978, pp. 555-92.

Il gene

dialogo tra latino e volgare

493

Le riflessioni teoriche sul genere dialogo si svolgono all'interno di tre


spazi diversi: a) quello dei trattati specifici; b) quello dei commenti alla
Poetica di Aristotele: c) quello dei dialoghi stessi, dove talvolta qualche
autore inserisce nel testo considerazioni sul genere.
a) Abbiamo tre trattati specifici, pubblicati a partire dagli anni sessanta: il De dialogo liber (1562) di Carlo Sigonio, l'Apologia dei dialogi
(1574) di Sperone Speroni e il Discorso dell'arte del dialogo (1585) di
Tasso. Nel caso di Speroni e di Tasso, venendo a coincidere le figure
del critico e dello scrittore, si manifestano chiaramente i segni di una
pressante preoccupazione (siamo gi nell'ultimo trentennio dcl Cinquecento) per gli esasperanti precetti di natura morale e contenutistica, elaborati dalla Chiesa dopo il Concilio di Trento. E se son ben noti i dolorosi travagli teorici dell'autore della Gerusalemme, in un clima di autodifesa dalle accuse dell'Inquisizione nasce I' Apologia di Speroni.
Questi trattati, fatte salve alcune posizioni del Sigonio, si pongono
all'interno cli una logica descrittiva pi che normativa. Fin dall'inizio
infatti gli autori non nascondono difficolt e insofferenze nell' affrontare una materia sfuggente e spigolosa. Gi questo dato costituisce di
per s un primo elemento di riflessione, se si tiene conto della generale
tendenza alla codificazione letteraria.
L'altro dato rilevante riguarda, invece, la compresenza della Poetica
e della Retorica cli Aristotele come modelli teorici di riferimento. Siamo
di fronte a uno dei pochi casi dove la relazione tra poetica e retorica
viene mantenuta salda, nonostante il netto predominio, a partire dalla
met del secolo, della prima sulla seconda. Il dibattito sul genere dialogo, infatti, si svolge attorno alla teoria dell'argomentazione (questioni
di retorica) e al principio d'imitazione (questioni di poetica).
Aristo~JlQn si occupa nella Poetica del genere dialogo, cos come
non nentrano nella sua trattazione tanti altn generi diffusi nel Cinquecento. Solo un passaggio rinvia alla Retorica l'analisi del pensiero
(o dianoia), cio la parte ragionativa e strutturale del racconto poetico o del dialogo scenico. 1 Un segnale eloquente che relega la specificit degli aspetti argomentativi del discorso al di fuori della sfera poetica. Ma i trattatisti, e i commentatori della Poetica come vedremo in
seguito, non avrebbero potuto ignorare comunque l'esistenza del dialogo nella pratica letteraria del loro tempo. Cos, prendendo a pretesto
un fugace accostamento avanzato da Aristotele tra i Mimi di Sofrone
'Aristotele, Dell'arte poetica, a cura di C. Gallavotti, Milano 1978', p. 69.

494

La lelleratura sul comportamento e la trattatistica p

li ge11

xa

495

La cosa questa, che nel dialogo non pur si imitano le persone, che s~no ~n esse
introdotte ma nelle cose che vi si dicono disputando, la vera e certa soenzta, che
si pu d'e;se acquistare, non espressa in ~ffetto ~uale ~.nel m.etodo Aris,tot~lico,
ma imitata e ritratta ... cos ancor la dottrina che 111 ess11mpanamo, non e scienza
7
dimostrativa, ma di scienza ritratto, il quale ad essa si rassimiglia.

e Senarco e i Dialoghi socratici di Platone, concentrano la loro attenzione attorno a due interrogativi: in che misura il dialogo in rapporto
con l'elemento drammatico? e se il dialogo appartiene alla sfera delle
opere mimetiche pur essendo in prosa, potr essere definito poesia ci
che non scritto in versi?
Sigonio, Speroni e Tasso, utilizzando argomentazioni talvolta diverse,
insisto'i)o slll rapporto poesi~9!_aj_<:J_go, attr~ve!SO la mediazione dell'imitazione: Due saran, dun9.!:_1e, i generi dell'imitazione: l'un dell'azione,
nel
quale_ son
rassornig!iad_llrroperantf'aftro"dlleparo1e;n1
quale sono
introdotti
i ragionanti.
_________ .............._ _ _ ..______________

Ma se il dialogo si pone sulla sponda opposta a quella della dimostrazione, viene spontaneo interrogarsi sui reali destinatari della lett~ratura
dialogica: per quale pubblico si scrive? Il Sigonio offre una sua rtsposta
ponendo l'accento sulla utilitas del dialogo:
in dialogis vero, ut qui popularem utilitatem intueantur, easdem res !llas r~tioni?us
simplicioribus quibusdam, et imbecillioribus et quibus vulgus assenttatur tmpentorum, probare. 8

E adoperando lo scfiema clei generi elaborato da Platone nella Repubblica (dove al genere mimetico o drammatico corrispondono tragedia e

[nei dialoghi, invece, trattandosi di opere che mirano all'utilit popolare, prova le
medesime tesi con ragioni pi semplici e che possano essere comprese dalla folla
dei non dotti.]

commedia; al genere espositivo o narrativo il ditirambo e la poesia lirica;


al genere misto l'epopea), individuano tre tipi di dialogo: quello rappresentativo o mimetico, dove si imitano li nostri alterni ragionamenti non
introdotti, n interrotti dallo scrittore, ma alla maniera delle commedie; 5 quello narrativo o diegetico, in cui conservando l'autore la sua
persona narra quel che disse il tale e 'l cotale; 6 quello misto che si avvale dell'una e dell'altra tecnica. Alla luce di questa tipologia potremmo
inserire i dialoghi dell'Aretino e di Bruno all'interno del dialogo rappresentativo, i dialoghi di Bembo e Castiglione all'interno del dialogo nar
rativo o diegetico, e alcuni dialoghi del Tasso all'interno del dialogo misw.
Ma il discorso si fa ancora pi interessante quando dalle questioni di
poetica si passa alle questioni di retorica. I tre trattatisti, facendo proprie
alcune categorie aristoteliche, distinguono tra argomentazione e dimostra
zione, tra due procedimenti opposti che dominano sfere differenti: mentre
la dimostrazione basata su premesse certe da cui si possono inferire
verit oggettive ed eterne (qui la verit una propriet delle proposizioni,
indipendente dall'opinione degli uomini), l'argomentazione si avvale
invece di opinioni, di verit relative valide solo in determinati contesti.
Sigonio, Speroni e Tasso non hanno nessuna esitazione ad ascrivere
il dialogo all'interno dello spazio dell'argomentazione. Sanno bene di
avere a che fare con un genere che trova la sua specificit nell'offrirsi
come teatro delle opinioni, come luogo privilegiato della doxa. La descrizione formulata da Speroni fin troppo eloquente:
Torquato Tasso, Discorso dell'arte del dialogo, in Prose, a cura di E. Mazzali, Milan<'
Napoli 1959, p. 33 3.
' Sperone Speroni, Apologia dei dialogi, in Opere ... , I, Venezia 1740, p. 275 (rist. anai
Manziana 1989).
6
Tasso, Discorso dell'arte del dialogo, p. 334.

lialogo tra lati110 e 110/gare

E per essere pi chiaro riferisce l'opinione di Ammonio, sec.on~o cu~


Aristotele avrebbe scritto dialoghi essoterici proprio con l'ob1etttvo di
rivolgersi a interlocutori non in grado di afferr.ar~ pienamente. gli_ insegnamenti esoterici. Il vulgus imperitorum comc1derebbe, qumd1'. con
un pubblico comunque in grado di cogliere il significato delle opere divulgative dello Stagirita, un pubblico non identificabile con i filosofi di professione.
Il Tasso specifica ancora meglio questo tema sostenendo che 'l diaf!ogo sia imitazione di ragion.amen~o .sc~it_t~ in prosa, s~~za/appresental_;ione, per giovamento degh uomm1 c1vd1 e speculativi.
.
Ma il dibattito sul pubblico strettamente legato alla questione della
teleologia del dialogo: docere o delectare? Ancora una volta questioni di
retorica e questioni di ~laano. Alle critiche del Sigonio per
la degenerazione del comico nei dialoghi, si contrappone l'atteggiamento
dello Speroni favorevole al delectare.
b) Molti d1 questi elementi, che abniamo sin qui schematicamente
sintetizzato li ritroviamo in alcune osservazioni avanzate da diversi commentatori clella Poetica. Nei trattati di Francesco Robortello, Vincenzo
Maggi e Bartolomeo Lombardi, Pietro Vettori, Giulio Cesare Scaligero,
Ludovico Castelvetro, Alessandro Piccolomini si parla del dialogo in margine al brano in cui Aristotele accosta i Mimi di Sofrone e Senarco ai

I
J

I
i

' Speroni, Apologia dei dialogi, p. 280.


'Carlo Sigonio, De dialogo liber, a cura di F. Pignatti, Roma 1994, pp. 134-36.
'Tasso, Discorso dell'arte del dialogo, p. 336.

/..a lclfcrc1trm1 wl comportamento e la trattatisti

~otitica

Dialoghi socratici Ji Platone. Le pagine del Castelvetro e del Piccolomini risultano le pi interessanti sia per lo spazio che dedicano alle varie
questioni, sia per le loro posizioni totalmente contrapposte.
Il Castelvetro, da parte sua, non esita a condannare le irregolarit
del genere dialogo, in nome di una interpretazione rigida della Poetica.
Innanzitutto la questione del pubblico, legata in particolare al dialogo
rappresentativo:
Se adunque [i dialoghi] montano o possono montare in palco ... seguita di ne<:essit
che abbiano il commune popolo per veditore e per ascoltatore, per cagione del quale
commune popolo e per diletto solo della moltitudine rozza stato trovato il palco
e la maniera rappresentativa. 10

La moltitudine rozza non pu percepire dispute di scienze n d'arti,


. per cui sbagliano-gliscrittori he-ii0t1.pr0pongo0o-iiei dialoghi temi di
!/soggetto popolesco. Cos come si cade in errore quando si scrivono
in prosa dialoghi che sono irfru.fiod_[.!ii.!l..t:asiaJ_P-erch:J1verisfrniJe~-l112par
tiene-solaaraonun~jkl1a posi!l. Insomma il Castelvetro sconsiglia di
ricorrere arlialogo, per evitare di trovarsi impelagati in spinose questioni teoriche.
Di ben altro parere il Piccolomini, che rintuzza punto per punto
tutte le critiche avanzate dal Castelvetro. Egli riconosce al dialogo in
prosa, come alla commedia, il diritto di ricorrere al verisimile, all'imitazione. E non esclude che i destinatari del dialogo possano coincidere
con un pubblico colto. Un pubblico che il dialogo rappresentativo pu
immaginare in quanto lettori, e non necessariamente ascoltatori che assistono in piazza alla mise en scne del dialogo stesso:
Onde appar primamente non esser sicuramente detto che i soggetti dei dialoghi
non poss'in essere cose scientifiche e recondite, ma solamente volgari e accomo
date alla moltitudine; perci che le persone etiamdio fuor del volgo, e atte alle scienze,
possono, mentre che leggono li dialoghi, immaginarsi d'essere ascoltatrici in quelle
camere e in quei ... segreti luoghi nei quali le persone s'introducono nei dialoghi
a ragionare. 11

Qui il dialogo, sganciato dallo spazio angusto in cui lo aveva relegato


il Castelvetro, viene inserito all'interno di un orizzonte piL1 vasto, dove
anomalie e difetti diventano espressione della pluridimensionalit di un
genere ricco e complesso.
"' Ludovico Castelvetro, Poetica d'Aristotele volgarizza/a e sposta, a cura di W. Honrnni.
Roma-13ari 1978, p. 36.
11
!111notazioni di M. !llcHandro l'iccolomi11i ... nel libro della Poetica d'Aristotele, Vinegia 1575, p. 32.

li g

-e dialogo tra latino e volgare

497

e) Altre indicazioni sulle peculiarit del dialogo vengono offerte dagli


stessi autori tra le righe dei loro testi. Si tratta perlopi di allusioni meta foriche capaci di evidenziare alcuni aspetti costitutivi del genere.
tema della varietas del dialogo strettamente legato all'immagine
/della cena, del banchetto. La molteplicit di cibi offerti sulla tavola, oltre
ad alludere anche a una necessaria-dimensione di convtvtalit tra gli interlocutori, rinvia alle infinite possibilit offerte dallo scambio dialogico.
In un brano del-De-la-c-a-uszr;G---m-rdatT"o-Bruno, gi autore C!eI!acenaJe
le Ceneri, cosl descrive il rapporto dialogo-cena:

tll

Qual dunque pu essere la cena materiale e corporale, tale conseguentemente succede la verbale e spirituale; cossl dunque questa dialogale ha le sue parti varie
r diverse, qual varie e diverse quell'altra suol aver le sue; non altrimente questa
ha le proprie condizioni, circostanze e mezzi che come le proprie potrebbe aver
quella. 12

Ma se in Bruno il rapporto dialogo-cena gravido di molteplici implicazioni filosofiche, in relazione anche al Simposio di Platone, in altri autori
del Cinquecento la metafora del convito si presta a usi pi circoscritti:
negli Asolani di Bembo serve a Gismondo per invitare gli interlocutori
a soffermarsi sugli argomenti principali del dialogo; nel Dialogo dcli' Aretino si presta ad allusioni oscene; nel Dialogo della retorica di Speroni esemplifica il chiasmo cibo-verit/intelletto-stomaco.
Un altro tema frequente riguarda l'accostamento dialogo-pittura, che
illumina la parzialit delle descrizioni offerte nello scambio dialogico.
Il Castiglione definisce il suo Cortegiano come un ritratto di pittura della .
I corte d'Urbino, non di mano di Rafaello o di Miche! Angelo, ma di pit-/
~ \ tor ignobile e che solamente sappia tirare le linee principali (Ded. 1), 0
! mentre l'Aretino nel Dialogo, invocando Tiziano, allude alla rapidit della
' sua scrittura fatta di figure abbozzate. Ma il discorso si fa ancora pi
interessante nel Dialogo della retorica di Speroni (dove chi scrive dialoghi ritrae solo verit relative, alla stessa maniera dei pittori che riprodu' cono nelle loro tele immagini parziali della realt) e nella Cena de le Ceneri
di flruno (dove la frammentariet del dialogo rinvia alla inevitabile impreisione dei ritratti).
Alla luce di queste indicazioni teoriche appare ancora pili difficile trac(are una tipologia del dialogo nel Cinquecento. Ci limiteremo, quindi,

"Giordano Bruno, De la causa, principio et

11110,

in Dialoghi italiani. Dialoghi mtta/hici

< cl1aloghi morali, a cura di G. Gentile e G. Aguilechia, Firenze 1972, p. 197.

"Baldassarre Castiglione, Il Libro del Cortegiano, a cura di G. Preti, Torino 1960.

La letteratura sul comportamento e la trattatisi

Il

politica

a offrire una sintetica descrizione di alcuni tratti significativi del genere


che ritornano con una certa insistenza. --------La suddivrsione tra dhlto-ght-diegetici dialoghi mimetici rappresenta
un utile punto di partenza. Innanzitutto balza subito agli occhi del le~
tore il ruolo diverso che nell'uno e nell'altro modello assume la descrl
zione dei luoghi, delle circostanze e dei personaggi del dialogo. I dialoghi diegetici, infatti, sono pi ricchi di informazioni: negli Asolani (1505~
il Bembo dedica alcune pagine alla corte di Asolo e al giardino dove SI
svolge la conversazione, cos come nel Cortegiano (1528) il Castiglione
offre un dettagliato resoconto del meraviglioso palazzo di Urbino.
In questi due dialoghi, che costituiscono il modello diegetico per ~ccel
lenza, gli autori si soffermano su luoghi, circostanze e personaggi ~ro
prio per relegare lo scambio dialogico all'interno di una realt sociale
ben definita. Siamo di fronte a opere dove i cortigiani sono nello stesso
tempo protagonisti e destinatari ideali del dialogo. Lo scambio dialo
gico si concretizza nell'immagine della conversazione cortigiana, offren
,. dosi come modello di comportamento per disciplinare la comunicazio(l(
sociale all'interno delle corti europee.
Il quadro di riferimento cambia negli ultimi due decenni della prima
met del Cinquecento. La realt cortigiana vive una crisi politico-culturik
molto forte che si avverte immediatamente all'interno della produzione
letteraria. L~ corte comincia a perdere la sua centralit, mentre altre realt~.
come la tipografia o l'accademia, diventano poli di aggregazione per gb
uomini di lettere.
In questi anni la letteratura dialogica caratterizzata esclusivamente
dal modello mimetico. Qui la presenza di interlocutori eterogenei,~
pi1 espressione di un'unica realt sociale e culturale, dissolve la spcr1h
cit della cornice, rende impossibile l'individuazione di uno spazio ide.a.k
che possa configurarsi come luogo privilegiato dello scambio dialogi(o.
Nei dialoghi di Speroni, per esempio, soltanto in alcuni casi, att~~
~ verso allusioni indirette, possibile ricostruire il luogo del dialogo C~
che importa, invece, lo scambio di opinioni, lo scontro tra le difl('
renti posizioni dei diversi personaggi.
Nei dialoghi di Bruno, in un momento storico caratterizzato d.l
l'oscurantismo della Controriforma, luoghi e personaggi assumermw
r1
significati ciel tutto astratti e simbolici. Cos come il rapporto dia!.:.~
utopia, sulla scia del famoso Utopia di Thomas More e dei Mondi di Ant\.ll
Francesco Doni, trover pi tardi, siamo gi nel 1602, sviluppi aft.uo
nanti nella Citt del Sole di Campanella.

i
.~

re dialogo tra latino e volgare

499

Ma se la rinuncia alla descrizione omogenea di luoghi, circostanze e


personaggi, costituisce un comune denominatore del dialogo mimetico,
altri clementi contribuiscono a creare divergenze all'interno dello stesso
modello. L'assoluta mancanza di un referente sociale e culturale specifico rende, in questo caso, ancora pi difficile l'identificazione di un
rigido statuto.
E abbandonando la suddivisione verticale tra mimetico e diegetico,
utili indicazioni si possono trarre dall'analisi di altre componenti del dialogo. L'avventura dei personaggi, per esempio, potrebbe essere un affascinante punto di partenza. Nel corso delle varie riedizioni dei dialoghi,
o delle varie stesure manoscritte, capita frequentemente la sostituzione
degli interlocutori. Il caso del Cortegiano di per s molto eloquente:
il Castiglione nella redazione finale dell'opera sopprime alcuni personaggi
per dare spazio a nuove figure emergenti. Cos come le vicende politiche e religiose di Antonio Bruciali spiegano i continui cambiamenti dei
personaggi e dei luoghi nel corso delle tre edizioni dei suoi dialoghi. Nell'ultima edizione, infatti, i suoi amici fiorentini antimedicei vengono sostituiti con interlocutori veneziani, proprio in coincidenza del suo passag~io dalla causa repubblicana a quella cortigiana di Cosimo de' Medici.
Altre indicazioni ancora si possono trarre dall'analisi degli interlocu!ori dei dialoghi. Talvolta possibile ritrovare personaggi gi morti che a.
mtervengono nel dialogo (Il Ficino, overo de l'arte di Tasso), personaggi
contemporanei dell'autore che sono morti mentre l'opera stava per essere
pubblicata (Il Cortegiano), personaggi mitologici, personaggi che parlano
10tto spoglie animali dopo aver vissuto da uomini (si pensi alla Circe di
Gelli o alla Cabala del cavallo pegaseo di Bruno), personaggi che alludono a personaggi di altri testi letterari. In alcuni casi il tema stesso
'):getto dcl dialogo chiama in causa interlocutori particolari: si u discu:m della morte con la morte (Dialogo e morte di Speroni) o,. sott;
1poghc fittizie, con un amico morto di recente (Che non da temere la
,;rte di Brucio li).
Ma il dialogo pu anche svolgersi tra il corpo e l'anima come entit
i..mc di un medesimo personaggio. Nei CapnccraeTirottaio di Giovan
!attista Gelli, i due interlocutori sdoppiati dialogane; ffoo all'alba;q-uando
1: ncong1ungono nuovamente per dar vita a Giusto Bottaio. A trascrimi ragionamenti sar il nipote dell'artigiano, ser Binda Notaio, nascoito nella camera accanto. Mentre nel Messaggiero di Tasso, l'autore stesso
iKute della sua pazzia co.~-~~~'2.~E!_~iy_?._,_'!PP.~E~.<?~~!~~.3.~~lje di un_gio 1

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La letteratura sul comportamento e la trattatistica ,

tica

Il dialogo con gli animali offre diverse possibilit. Nella Circe di Gelli
si affronta il tema del rapporto humanitas//eritas tra Ulisse e le nume
rose bestie che abitano l'isola della maga. Nel quinto dialogo una cerva
rinuncia alla possibilit di ritornare tra gli uomini perch alle donne viene
concesso solo un ruolo di assoluta subalternit. In una prospettiva pili
specificamente filosofica, invece, si muove la Cabala del cavallo pegaseo
di Bruno. Qui Onorio (asino pegaseo) afferma la comune radice mate
riale di tutti gli esseri viventi: la superiorit dell'uomo rispetto agli altri
animali non decretata da astratte gerarchie, ma si concretizza su basi
naturali, sulla capacit degli organi del proprio corpo di compiere ope
razioni proibite ad altre specie.
Allo scambio dialogico partecipano anche personaggi che non figu""- rana tra i presenti. il caso del dialogo nel dialogo, dove un personag
gio riferisce il dialogo avvenuto tra altri personaggi assenti, oppure rac
conta un sogno in cui si d la parola a un interlocutore di rilievo (Aretino,
Bembo, Franco).
La necessfr=c!_~-~-12_te_ne~~JL9.i~?go -~!'interno ..9J regole _ben precise
spinge talvolta gli interTocutori a stipufare dei patti. Nel corpus dialogico
di SpefofiTCio accade frequentemente: per abolite l'autorit dei personaggi
pili potenti, per ribadire l'importanza del silenzio e dell'ascolto, per accet
tare il contrasto e l'interruzione, per rinunciare al ruolo di chi insegna.
Ma patti si stipulano anche in alcuni dialoghi di Aretino, Guazzo, Tasso.
Un altro tema importante riguarda le interferenze tra il dialogo e gli
altri generi. In alcuni casi una lettera (Sul p~ar5p-eroru) ouna vera
e propna orazione (Il Ni/o overo del piacere di Tasso) vengono ascritte
al genere dialogo dagli stessi autori, mentre frequente ritrovare all'in
terno della struttura dialogica la presenza di novelle (Il Cortegiano), di
testi poetici (Gli Asolani), di aneddoti (Sei giornate dell'Aretino).
Un ruolo particolare giocano le epistole dedicatorie, le avvertenze indirizzate ai lettori, le premesse, che in genere precedono i dialoghi. Molto
spesso esse contengono utili indicazioni cifrate dove si allude alla natura
della stessa struttura dialogica e dove si indicano alcuni possibili per
corsi per l'interpretazione dei testi.

Il Seicento
La fine del xvr secolo segna il tramonto di uno straordinario successo
della letteratura dialogica. Il dialogo perde lentamente la sua caratteri
stica di genere onnipresente. E sebbene anche in questo periodo non

Il gene.

,'a/ago tra latino e volgare

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manchino autori che ne facciano uso, esso trova una sua significativa
specificit nell'ambito del milieu scientifico. La scelta operata da Galileo costituisce, senza dubbio, un interessante tentativo di fondere assieme
letteratura e scienza all'interno di un progetto strategico ben preciso.
Nel proemio del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1624),
indirizzato al discreto lettore, Io scienziato pisano cos giustifica il suo
interesse per il dialogo: Ho poi pensato tornare molto a proposito lo
spiegare questi concetti in forma di dialogo, che, per non esser ristretto
alla rigorosa osservanza delle leggi matematiche, porge campo ancora a
digressioni, tal ora non meno curiose del principale argomento. 14 Un
interesse che affonda le sue radici gi nella forma epistolare del Saggiatore (1623), dove, al di l della storica contiguit tra i due generi (la lettera pur sempre pars altera dialogi), la forma dialogica affiora in molteplici occasioni.
Galileo pone innanzitutto l'accento sulla struttura aperta del dialogo
(il non esser ristretto alla rigorosa osservanza delle leggi matematiche),
alludendo alla contrapposizione dialogo/trattato, su cui, da punti di vista
diversi, si erano gi soffermati alcuni autori cinquecenteschi. Lo scienziato rifiuta con chiarezza l'uso di un genere sistematico che si identifica proprio con l'atteggiamento dogmatico degli aristotelici. Alla natura
monologica del trattato, egli contrappone la polifonia del dialogo, la messa
in scena di un percorso conoscitivo esposto a dubbi e contraddizioni.
L'altro elemento su cui Galileo si sofferma riguarda la possibilit di
abbandonarsi a digressioni. La varietas che anima il dialogo, infatti, autorizza deviazioni dall'argomento inizialmente proposto, favorendo I' approdo verso altri temi. Cos come, nello stesso tempo, consente variazioni di colore attorno a un concetto, attraverso l'uso di un linguaggio
fortemente figurato.
Ma la ricerca galileana di un equilibrio tra docere e delectare, scrittura scientifica e scrittura letteraria, si spiega anche in funzione del pubblico. A quali lettori si rivolge il Dialogo? Non certamente al chiuso universo degli aristotelici, completamente impermeabile a qualsiasi sorta
\ di novit estranea ai volumi dello Stagirita. Galileo, invece, guarda con
interesse alle nuove figure di intellettuali, al clero pii1 tollerante, ai nuovi ricchi, a coloro che guardano alla cultura non per interessi profes: sionali. Jj

'.
i

" Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano,
cura di L. Sosia, Torino 1970, p. 9.
11 Cfr. A. Battistini, Letteratura e scienza in Galileo, Classense, lJ, 1982, p. 4.

Li letteratura sul comportamento e la tratt,. .>ica politica

genere dialogo tra latino e volgare

E pensando proprio a questi interlocutori, egli scrive il suo Dialogo,


che si pone come uno dei momenti centrali del suo programma di pro
paganda scientifica. Lo scambio dialogico si avvale, quindi, di tutti gli
strumenti letterari per mantenere vivo l'interesse dei lettori. E, in que
sta direzione, si parlato di commedia filosofica, dove il comico e
il meccanismo teatrale del mascheramento giocano un ruolo fortemente
dissacratore. 16
Tre personaggi sono protagonisti del Dialogo, ambientato in un palazzo
di Venezia: il peripatetico Simplicio (acritico cultore di dogmi aristote
lici), Filippo Salviati (gentiluomo fiorentino, sostenitore delle tesi di Galileo) e Giovan Francesco Sagredo (gentiluomo veneziano, introdotto come
giudice imparziale della contesa). Al centro della scena resta Simplicio.
su cui si polarizza l'aggressivit verbale di Galileo. L'immagine negativa del personaggio investe l'intero milieu a cui esso appartiene. Qui
l'uso della maschera, e del dialogo in generale, risponde anche a delle
ragioni prudenziali, alla necessit di rendere anonimo il bersaglio della
satira.
Le preoccupazioni strategiche di Galileo, infatti, non erano per nienre
infondate. La pubblicazione dell'opera scatena le reazioni della Chiesa.
che vede nella scelta galileana del dialogo un pericoloso stmmento--dt-

Il rapporto tra letteratura dialogica e scritture scientifiche ritorna a


pi riprese nell'unico testo teorico secentesco sul genere dialogo: Consi-

{{f:;i~tro~~1~~~:r:~~~PJY~~:~:-~!r::o~~~~~~-~ffdi;di scrivefeda:L'Alt ieri Biagi attribuisce proprio al clima di questi anni la decisione
da parte di alcuni autori di abbandonare la forma letteraria del dia
logo. l Il matematico Bonaventura Cavalieri, per esempio, rinuncia alla
scrittura dialogica di una sua opera, progettata come dibattito a tre voci.
E un dialogo avrebbe anche voluto scrivere Marcello Malpighi, come
si evince da un carteggio epistolare.
Ma agli episodi di autocensura, si aggiungono anche scelte coraggiose.
Tommaso Cornelio giustifica l'utilizzazione della forma del dialogo nelle
materie scientifiche in un Dialogus, anteposto ai suoi Progymnasmata
(1663), dove appaiono tra i protagonisti Bruno e Stelliola. Mentre Giu
seppe Ferroni, in un dialogo anonimo dall'ingannevole titolo Dialof!,o fi5ico
astronomico contro il sistema copemicano (1680), si schiera a favore dellr
teorie eliocentriche.
11
' Cfr. C. Muscetta, Simplicio e la commedia filosofica dei massimi sistemi, in RrJl1
smo, neorealismo, controrealismo, Milano 1976, pp. 161-213.
17
Cfr. M. L. Alt ieri Biagi, Fanne della comunicazione scientifica, in UE, III, 2, i'lS~

pp. 920-22.

derazioni sopra l'arte e lo stile del dialogo, con occasione di esaminare questo problema: se alle materie scientifiche convenga qualche eleganza di stile
e quale (1646) di Sforza Pallavicina. L'autore, che nel 1644 aveva gi
sperimentato la scrittura dialogica col De Bene, dedica nel suo trattato
un capitolo specifico alla delicata questione dell'uso dell' elocutio nell' ambito delle scienze: Si spiega qual maniera siasi introdotta nel trattare
le scienze la frase barbara e con quali ragioni si difende. Le riflessioni
contenute nelle Considerazioni saranno riprese e rielaborate successivamente nel Trattato dello stile e del dialogo ( r 662).
Il Pallavicina, che riprende nei capitoli xxx-xxxvm una serie di temi
iti dibattuti dai tre trattatisti cinquecenteschi, riconosce al dialogo, attraverso la fusione di dottrina e di imitazione, una naturale predisposizione
alla maniera insegnativa:
I Dialoghi vogliono come primo loro obietto l'insegnamento; n vi aspergono il piacere se non quanto il conoscono profittevole a mantener l'attenzione, ad imprimere la dottrina nella memoria, ali' acquisto e all'aumento delle scienze.18

Esebbene l'autore utilizzi il termine scienza in un'accezione del tutto


generica, dove non mancano allusioni anche alla fisica descritta in versi
da Lucrezio nel De rerum natura, comunque significativo il fatto che
egli dedichi tanto spazio a questi temi.

Il Settecento
. ~ella prima met del Settecento, in un clima certamente pi disteso,
dialogo conosce un momento di ripresa in diversi ambiti. Per alcuni
autori italiani diventano un punto di riferimento gli scrittori francesi
Bernard de Fontenelle (Dialogues des mortes, 1683) e Franois Fnelon
Wialogues des mortes, 1712-18), che contribuiscono con successo a rilanciare temi lucianeschi. Proprio al dialogista di Samosata, tradotto nuov_arnente da Gasparo Gozzi, si deve il modello del dialogo dei morti,
npreso da Parini nel Dialogo sopra la nobilt: qui un nobile e un poeta
plebeo, capitati per caso accanto nel cimitero, discutono animatamente,
da punti di vista contrapposti, limiti e privilegi della nobilt.
Il dialogo ritorna anche nelle dispute linguistiche: Onofrio Branda
nei Dialoghi della lingua toscana esalta il toscano e vitupera il milanese,
11

"Trattato dello stile e del dialogo, del padre Sforza Pallavicina, Modena 1819, p. 222.

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