Escolar Documentos
Profissional Documentos
Cultura Documentos
Premessa
Nella prima versione della biografia che ho dedicato a Galeotto Tarlati di
Pietramala (1356-1398), pubblicata sul web nel maggio 2014, manca
una notizia fondamentale che ho presentato successivamente
(novembre 2015), e che riguarda la fuga di Galeotto da Avignone sul
finire del 1397, prima a Valence e poi a Vienne, dove scompare l'8
febbraio 1398.
Galeotto scappa da Avignone perch quell'ambiente gli era diventato
ostile, di pari passo all'ascesa politica dei Malatesti nel mondo pontificio
romano, quando Pandolfo III (fratello di sua madre Rengarda)
nominato comandante supremo delle armi della Chiesa, e mentre un
cugino di Pandolfo III, Leale, vescovo di Rimini (1374-1400).
La fuga da Avignone, ricalca quella precedente di Galeotto stesso da
Urbano VI verso la stessa Avignone, nel settembre 1386.
E sembra completare un doppio profilo, quello biografico di un Cardinale
"ribelle" per restare legato al dettato evangelico; e quello storico
generale, in cui si inserisce il dato personale, per cui abbiamo scelto di
intitolare queste pagine appunto "Profilo di una crisi".
La prima stesura dei miei scritti su Galeotto Tarlati di Pietramala (aprile
2014), conteneva una dedica ad Ezio Raimondi, scomparso il 18 marzo
di quellanno. Dedica che qui voglio ripetere, unendo il suo ricordo a
quello degli altri miei Maestri allAteneo bolognese, come Paolo Rossi,
Gina Fasoli, Giovanni Maria Bertin, Luciano Anceschi, Enzo Melandri.
1. Da Avignone a Costanza
Galeotto Tarlati di Pietramala (1356-1398) nominato Cardinale
diacono l'11 settembre 1378.
Egli vive in uno dei periodi pi tragici della storia della Chiesa di Roma,
tra la cattivit avignonese (1305-1377) ed il Grande Scisma (13781417), sfociato nei roghi del Concilio di Costanza (1414-1418), quando,
in nome della Croce, si uccidono Giovanni Huss (1415) e Girolamo da
Praga (1416).
Huss, professore a Praga, ammazzato nonostante il salvacondotto
imperiale di cui era munito. I particolari dell'esecuzione sono terribili: lo
attaccano ad un palo e gli danno fuoco. I soldati che rinvengono il suo
cuore, lo bruciano separatamente. Suo scolaro era stato Girolamo da
Praga.
Quelle fiamme ricordano quanto accaduto a Roma nel 1354 al corpo di
Cola di Rienzo, eliminato con una stoccata nel ventre. Fu prima mutilato
del capo, poi appeso per i piedi alle forche e colpito per due giorni dalle
sassate di scherno dei giovani, ed infine bruciato dai Giudei davanti al
mausoleo di Augusto [F. Papencordt, Cola di Rienzo e il suo tempo,
Pomba, Torino 1844, p. 289].
Nell'esperienza di Galeotto come uomo di Chiesa ed intellettuale
formatosi sui classici della sua biblioteca, c' un elemento costante, il
suo rimettere in discussione tutto, con uno spirito saldo di ribellione che
lo porta a fuggire prima da Urbano VI verso Avignone, nel settembre
1386; e poi dalla stessa Avignone, nel settembre 1397, verso Valence e
Vienne, dove muore l'8 febbraio 1398.
Papa Urbano VI (Bartolomeo Prignano, successore di Gregorio XI) fa
uccidere il Vescovo dell'Aquila Stefano Sidonio (1385) e cinque Cardinali
(1386): Marino del Giudice, Giovanni d'Amelia, Bartolommeo di
Cogorno, Ludovico Donati e Gentile di Sangro, personaggi tutti de' pi
dotti e cospicui del sacro Collegio, scrive Ludovico Antonio Muratori
[Annali, 8, p. 411]. Un altro Cardinale arrestato, l'inglese Adam Easton,
si salva grazie all'intervento del suo re Riccardo II.
Cette conduite d'Urbain alinoit de lui ses plus affidez. Le Cardinal Pile
de Prat Arcivque de Ravenne, et Gouverner de Corneto, et le Cardinal
Galeot Tarla de Pietra Mala l'abandonnrent alors, pour aller joindre
Clement Avignon [J. Lenfant, Histoire du Concile de Pise, I, Le
Febvre, Utrecht 1731, p. 55].
Proprio con Urbano VI s'inaugura la lunga stagione d'intolleranza che
sfocia nei roghi "conciliari" di cui s' detto. Urbano VI, Arcivescovo di
Bari, l'ultimo Pontefice eletto, l'8 aprile 1378, al di fuori del collegio
cardinalizio. Il 24 maggio 1384 da Napoli, dove era giunto a fine
settembre 1383, egli si trasferisce a Nocera, rifugiandosi presso suo
nipote Francesco Prignano detto Butillo (che in spagnolo significa
pallido).
Urbano VI teme che il re di Napoli Carlo III d'Angi Durazzo stia
cospirando contro di lui, con l'aiuto dei sei Cardinali gi ricordati, che fa
imprigionare l'11 gennaio 1385.
Dopo l'elezione, Urbano VI pronuncia una furibonda requisitoria contro
la corruzione di Cardinali e di prelati [F. Gaeta, Il tramonto del
Medioevo, ne La crisi del Trecento, Bergamo 2013, pp. 280-397, p.
286]. Li insulta pubblicamente con epiteti violentissimi, e li colpisce
mediante provvedimenti che intaccano i loro privilegi e le loro entrate.
Minaccia di scomunica i simoniaci. Richiama i Vescovi al dovere di
risiedere nelle loro diocesi. Tenta di abbassare l'autorit del collegio
cardinalizio nel governo della Chiesa. Tutti questi elementi di rottura
preludono al Grande Scisma.
Il soggiorno avignonese dei Papi dura dal 1305 al 1376, iniziando con
l'elezione dell'Arcivescovo di Bordeaux, Bertrand de Got (Clemente V,
1305-1314), rimasto in Francia dove allora si trovava.
Clemente V si fa incoronare il 14 novembre 1305 a Lione, alla presenza
di Filippo il Bello. Soggiorna prima in Guascogna, sua terra d'origine, e
poi dal 1309 ad Avignone, citt che apparteneva ai conti di Provenza,
cio agli Angi, sovrani di Napoli, citt governata allora da Carlo II re di
Sicilia (1248-1309). Ecco perch solitamente si fa iniziare la cattivit
avignonese nel 1309, saltando la premessa del soggiorno francese di
Clemente V sino a quell'anno.
Sono sei i successori di Clemente V che restano ad Avignone: Giovanni
XXII, Benedetto XII, Clemente VI, Innocenzo VI, Urbano V e Gregorio
XI.
Nel 1334 Giovanni XXII (in carica dal 1316), poco prima di morire il 4
dicembre dello stesso anno, concepisce il piano di tornare in Italia e
trasferirvi la Curia, se non a Roma, citt ritenuta insicura, almeno a
Bologna, riscuotendo l'opposizione sia di guelfi sia di ghibellini [A. M.
Voci, Il papato avignonese, ne Il Medioevo. 7, Roma 2009, pp. 98107, pp. 102-103].
Il contesto internazionale europeo, dal settembre 1396 a tutto il 1397,
caratterizzato dalle missioni politiche a Roma di inviati dei Re di Francia,
Inghilterra, Castiglia, Navarra ed Aragona: Essi esortarono Bonifacio, e
lo pregarono, che, per far cessar lo scisma, volesse rinunziare a tutt'i
diritti, che pretendeva avere al pontificato; affermando che Benedetto
farebbe il medesimo [C. Fleury, Storia ecclesiastica, XIV, Cervone,
Napoli 1771, p. 325].
Bonifacio IX risponde ch'egli era il vero, e indubitabile Papa, che non ve
n'erano altri, e che non pretendea di rinunziarvi in niuna forma [ib.].
Nell'aprile 1397 alla Dieta di Francoforte dei Principi di Alemagna, durata
dodici giorni, sono presenti anche de' Deputati della Universit di
Parigi, e degl'Inviati di molti Re e di altri Principi: si mand a
Bonifacio, per esortarlo alla cessione. Bonifacio tiene a bada gl'Inviati
con le parole, senza dar loro decisiva risposta, anzi cercando di
corromperli accordando loro contra le regole alcune grazie, che
desideravano essi, e per gli amici loro [ib.]. Per cui quegli Inviati non
poterono avanzar nulla per la cessione, ch'era il motivo del loro
viaggio.
Proprio in quel settembre 1397 in cui principia la fuga di Galeotto da
Avignone, il giorno 10 il Re di Castiglia risponde al Re d'Aragona (che gli
aveva mandato due Ambasciatori), di essere favorevole come lo la
Corte di Parigi, alla via della cessione, approvata da' cardinali, e
desiderata da' Fedeli, rifiutando la via del compromesso che a
Bonifacio poteva apparire non una via di Diritto e di Giustizia, ma una
scelta volontaria.
3. Lepistola Ad Romanos
La notizia della fuga da Avignone che leggiamo in Garimberti, non per
accettata da Stefano Baluzio (tienne Baluze, 1630-1718) che nelle sue
Vitae Paparum Avenionensium (Muguet, Parigi 1693) osserva: Illum
Hieronymus Garimbertus, scribit mortuum esse in monte Alvernae in
summis Apennini jugis ibique sepultum in ecclesia fratrum Minorum.
Errat sane dum scribit illum rediisse in gratiam cum Urbano sexto. Nam
id falsum esse manifeste patet ex epistola ejus ad Romanos supra
commemorata, et ex eo quod mortuus est Viennae (col. 1364).
La falsit della notizia sulla fuga dedotta in Baluze da quella epistola
Ad Romanos, di cui lui stesso parla alla col. 1363: Galeotto scripsit
gravem epistolam ad cives Romanos; in qua eos primo redarguit quod
ipsi fuerint auctores schismatis, deinde hortatur ut eidem Benedicto,
quem multis laudibus ornat, obedientiam prestent.
Se la fuga del 1397, l'epistola Ad Romanos risale per a periodo di
poco anteriore al dicembre 1394 [cfr. E. Ornato, Jean Muret et ses
amis: Nicolas de Clamanges et Jean de Montreuil, Genve-Paris 1969,
p. 28].
Il titolo completo della lettera : Deflet horrendum schisma,
hortaturque eos, ut adhaerendo Benedicto XIII, ipsi finem imponant.
Benedetto XIII il Cardinale Pietro da Luna, eletto il 28 settembre 1394
con i voti di venti dei ventuno cardinali presenti ad Avignone. Era stato
fatto Cardinale da Gregorio XI nel 1375. Sino al 1390 fu Legato
pontificio nella penisola iberica.
Sul ruolo di Galeotto da Pietramala ad Avignone, stato osservato che
egli, per quanto fosse giovane, exerait une grande influence sur ses
collgues et il avait mme essay de jouer un rle de modrateur entre
les deux papes [cfr. B. Galland, Les papes d'Avignon et la Maison de
Savoie (1309-1409), cole Franaise de Rome n. 247, Roma, 1998, p.
334. In nota si rimanda a G. Mollat, Dictionnaire d'histoire et de
gographie ecclsiastique, 19, coll. 759-760].
Circa i rapporti fra Galeotto e Benedetto XIII, leggiamo in Franceschini:
Lo legava al nuovo pontefice una profonda stima e un'amicizia nata fin
da quando aveva potuto riconoscere nel cardinale de Luna specchiata
rettitudine e profonda cultura e il comune amore per gli studi di umanit
e la ricerca degli antichi testi [cit., p. 395].
Sono Pierre de Monteruc (11 giugno), e Stefano Aubert (18 giugno), due
cugini, figli di fratelli di papa Innocenzo VI (tienne Aubert, 1282-1362),
che viaggiano separatamente.
Assieme invece giungono il 25 giugno altri due cugini, Nicole de Besse,
cardinale di Limoges, ed il nostro Pierre Roger de Beaufort, un cui zio fu
Clemente VI, Pierre Roger, quarto papa d'Avignone, dal 1342 al 1352.
Pandolfo II, figlio di Malatesta Antico, il 16 ottobre 1367 a Roma
partecipa con lo zio Galeotto I (il nonno del nostro Cardinal Galeotto), al
corteo per il rientro di Papa Urbano V.
Circa la citt di Vienne, va ricordato che suo Arcivescovo era Thibaud de
Rougement, nominato da Benedetto XIII il 17 settembre 1395. Resta a
Vienne sino al 1405, quando trasferito dal Papa a Besanon, dopo che
le truppe di Thibaud hanno avuto pesanti scontri (con vari castelli
bruciati), durante la guerra tra lo stesso Thibaud ed i fratelli Guy et Jean
de Torchefelon che avevano rifiutato di rendergli omaggio.
Thibaud de Rougement nel 1398 provoca un grave scontro con gli
ufficiali reali di Santa Colomba, colpendo con interdetto e scomunica
questo antico sobborgo di Vienne. Ne nasce una forte tensione che
arriva a coinvolgere Papa e Re.
Le fonti storiche riferiscono di aspri conflitti sorti fra Thibaud (che
aveva anche il titolo di Conte di Vienne) e Charles de Bouville,
governatore del Delfinato, per i diritti temporali che gli sono restituiti
soltanto nel 1401, dopo un intervento regio dell'agosto 1399.
Il 23 gennaio 1397, a Parigi, l'Arcivescovo Thibaud battezza Luigi, figlio
del re di Francia Carlo VI e della regina Isabella, figlia di Stefano II, duca
di Baviera, e di Taddea Visconti di Milano (figlia di Barnabo).
7. Notizie italiane
Nel frattempo nata (1396) la lega di Carlo VI con Firenze, Ferrara,
Mantova e Padova contro i Visconti.
Capitano nominato Carlo Malatesti (fratello di Rengarda, la madre del
nostro Cardinale), che nel 1397 a Mantova fa rimuovere un'antica statua
di Virgilio, con un gesto ritenuto da Coluccio Salutati oltraggioso verso la
poesia, e da Pier Paolo Vergerio indegno d'un principe che pretenda di
amare gli studi e la storia.
Quello di Carlo soltanto un atto politico per segnalarsi al potere
ecclesiastico, credendo un delitto che i cristiani venerassero un uomo
non cristiano, come si legge nella biografia di Vittorino da Feltre scritta
(1474 ca.) dal suo allievo mantovano Francesco Prendilacqua (De vita
Victorini Feltrensis, Typiis Seminarii, Patavii 1774, p. 93).
Circa i Visconti, abbiamo ricordato che Galeotto Tarlati nella sua fuga dal
Papa romano Urbano VI aveva trovato rifugio proprio a Milano presso
Gian Galeazzo Visconti. Ed al Visconti Galeotto resta legato, se nel 1390
da Avignone gli scrive auspicando che il vessillo della vipera sventoli
sulle sponde dell'Arno, e nel 1391 gli indirizza una lettera tutta
vibrante d'odio contro Firenze scrive Francesco Novati [Due lettere del
cardinale di Pietramala a Gian Galeazzo Visconti (1390-91), Archivio
storico lombardo, a. XLIII, 1916, 1-2, ser. V, fasc. IX-X, pp. 185-191,
pp. 185-186].
Il nome di Carlo Malatesta va infine legato alle nozze fra la sua nipote
Antonia e Giovanni Maria Visconti.
Galeotto combattendo Firenze colla penna intendeva venir in soccorso
de' congiunti suoi che l'assalivano colla spada, commenta Novati [p.
187].
Florentiam ipsam, valido exercitu circumdate: l'invito (anzi una
specie di ordine di etica politica, pi che un piano di strategia militare),
che la penna di Galeotto indirizza al Visconti nella prima lettera: Illa,
illa urbs petenda est, unde pecuniarum auxilia prodeunt, unde erumpunt
fraudes, unde armorum gentibus subvenitur: nichil erit impossibile eis,
dum eorum ager sine hoste erit, dum nudus agricola solvet ad occasum
boves quos ad solis ortum ligaverat; dum lanarum colos trahent ruricole
mulieres; dum lucrum diei avarus sed quietus mercator numerabit ad
vesperum [Novati, pp. 189-190].
Nella seconda lettera, Galeotto ribadisce che necessario attaccare la
Toscana: in Tusciam cum reliquis est vertenda manus. Illic bellum
extinguatur ubi ortum habuit; illic victoria habeatur, ubi sunt hostes; illic
pena infligatur, ubi scelera sunt patrata [Novati, pp. 190-191].
La cronaca politica resta sullo sfondo del giudizio che Francesco Novati
compone di Galeotto (Adorno di belle doti morali ed intellettuali),
partendo proprio da quelle due lettere del 1390-91, le quali a suo parere
dimostrano come i contemporanei avessero ragione di lodar l'ingegno e
la dottrina del porporato aretino [p. 188].
Novati osserva pure che la lettera del 1391 era anche vibrante di gioia
per la morte del conte Giovanni d'Armagnac, ucciso alle porte
d'Alessandria mentre combatteva ingaggiato dal doge di Genova
ond'annientare la potenza di Gian Galeazzo Visconti [p. 185].
Sulla scorta di una nota di Novati [p. 185, n. 2], troviamo nelle
Memorie spettanti alla storia di Milano (curate da Giorgio Giulini
[1714-1780], vol. 5, Colombo, Milano 1856, p. 764): Alcuni scrittori,
col nostro annalista milanese, dicono ch'egli [Giovanni d'Armagnac] era
ferito; ma i cronisti di Piacenza e di Bergamo, e l'Estense, pi
giustamente affermano che la grande stanchezza e il caldo sofferto in
quel cocentissimo giorno lo ridussero a morire.
Nota bibliografica.
F. Novati, Due lettere del cardinale di Pietramala a Gian Galeazzo
Visconti (1390-91), Archivio storico lombardo, 43, 1916, pp. 185-191.
(a. XLIII, 1916, 1-2, ser. V, fasc. IX-X)
La lettera di C. Salutati presente alle pp. 190-191 di P. Durrieu, La
prise d'Arezzo par Enguerrand VII, sire de Coucy, en 1384,
Bibliothque de l'cole des chartes, 1880, tome 41, pp. 161-194; ed alle
pp. 233-234 di U. Pasqui, Documenti per la storia della citt di Arezzo
nel medio evo, III, Firenze 1937.
8. La visita a Valence
Galeotto di Pietramala resta per pi di tre mesi a Valence [R. Brun,
Annales avignonnaises de 1382 1410, extraites des archives de
Datini, Mmoires de l'Institut historique de Provence, 12 , Marsiglia
1935, p. 40]. Il Vescovo di Valence dal 1390 Jean Grard de Poitiers
(ca. 1368-1452), succeduto a Amedeo di Saluzzo (1361-28.6.1419).
Amedeo di Saluzzo era legato a Galeotto di Pietramala dallo stesso
interesse verso la cultura, appartenendo a quel cenacolo umanistico
formato dai chierici ed intellettuali, i quali ruotavano attorno a
Benedetto XIII ed alla sua celebrata biblioteca ricca di opere giuridiche e
stupefacente per i testimoni della classicit che vi venivano custoditi
[A. Bartocci, Il cardinale Bonifacio Ammannati legista avignonese ed un
suo opuscolo contra Bartolum sulla capacit successoria dei Frati Minori,
Rivista internazionale di Diritto Comune, 17, Roma 2006, pp. 251297, p. 267].
Coville osserva: le cardinal qui Avignon attirait le plus volontieri
crivains et humanistes tait Galeotto [La vie intellectuelle, 1941,
p. 403].
Degli episcopati di Valence e di Die, Amedeo di Saluzzo
amministratore tra novembre 1383 e giugno 1388. Il 23 dicembre 1383
Amedeo creato Anticardinale da Clemente VII, il cui padre era cugino
della madre di Amedeo, Beatrice, figlia di Ugo conte di Ginevra [P.
Rosso, Cultura e devozione fra Piemonte e Provenza. Il testamento del
cardinale Amedeo di Saluzzo (1362-1419), Cuneo 2007 Rosso, p. 13].
Il nuovo Antipapa Benedetto XIII, eletto il 28 settembre 1394, invia poi
Amedeo di Saluzzo in legazione a Ferdinando re di Aragona.
Successivamente (1390) Amedeo lascia il partito di Benedetto XIII e
s'accosta a quello di Bonifacio IX (eletto nel 1389), il quale lo nomina
cancelliere della Chiesa di Roma. Nel 1403 Amedeo diventa Camerlengo
e Protodiacono del Sacro Collegio.
Insomma, l'itinerario di Amedeo di Saluzzo rassomiglia molto a quello di
Galeotto di Pietramala. Il quale, come abbiamo gi visto, con l'epistola
Ad Romanos (1394) propone pubblicamente il percorso di risoluzione
dei contrasti tra Roma ed Avignone, con la via cessationis o via
cessionis, consistente nelle dimissioni del Pontefice di Avignone, quel
Benedetto XIII presso cui si era rifugiato lo stesso Galeotto.
Poi Galeotto giustifica lo stesso Pontefice per la sua risposta negativa
alla sua proposta contenuta nell'epistola Ad Romanos.
Va ricordato pure il ruolo del re di Francia Carlo VI che intendeva
riunificare la cristianit (come scrive Franco Gaeta, Il tramonto del
Medioevo, cit., pp. 289-291), partendo proprio dalla via cessionis
della rinuncia di entrambi i Papi. Il rifiuto che esprimono, porta la
Francia a sottrarsi (1407) alla loro obbedienza, e provocano la crisi
dell'autorit papale, poi risolta soltanto al Concilio di Costanza.
Il soggiorno di Galeotto a Valence va collegato anche a quanto si
prepara appunto in Francia: la corona fece deliberare la sottrazione
d'obbedienza dall'assemblea del clero tenutasi a Parigi tra il maggio e
l'agosto 1398 [Rosso, p. 18].
Scomparso Clemente VII il 16 settembre 1394, Galeotto da Pietramala si
trova (il 28 settembre) al conclave per l'elezione del nuovo Antipapa
Benedetto XIII, l'aragonese Pedro Martnez de Luna (1328-1423).
Poco dopo, comunque prima di dicembre [Ornato, p. 28], Galeotto
scripsit gravem epistolam ad cives Romanos; in qua eos primo
redarguit quod ipsi fuerint auctores schismatis, deinde hortatur ut eidem
Benedicto, quem multis laudibus ornat, obedientiam prestent, come
leggiamo in Stefano Baluzio [col. 1363].
Schiavo dei Papi, egli sottopose a loro non soltanto i suoi progetti ma
pure i suoi atti amministrativi. Il Papa avignonese lo porta a poco a poco
a spogliarsi d'una sovranit che avrebbe poi rimpianto [pp. 166-167].
Anche se il delfino sperava di salire in alto nelle dignit ecclesiastiche.
Ma poi si sposa con Jeanne de Bourbon [p. 168].
Nel 1389 Carlo VI andando da Parigi ad Avignone si ferma a Vienne,
desiderando d'esser considerato come vicario dell'impero [p. 179].
Ritorniamo a Thibaud de Rougement che, come si gi visto, nel 1398
provoca un grave scontro con gli ufficiali reali di Santa Colomba,
colpendo con interdetto e scomunica questo antico sobborgo di Vienne
[p. 195]. Ne nasce una forte tensione che arriva a coinvolgere Papa e
Re. [Cfr. pure Histoire de la Sainte glise de Vienne, II, p. 341.]
Thibaud de Rougement, nominato da Benedetto XIII Arcivescovo di
Vienne il 17 settembre 1395, entra solennemente nella citt l'8
dicembre dello stesso anno. Resta a Vienne sino al 1405, quando
trasferito dal Papa a Besanon, dopo che le truppe di Thibaud hanno
avuto pesanti scontri (con vari castelli bruciati), durante la guerra tra lo
stesso Thibaud ed i fratelli Guy et Jean de Torchefelon che avevano
rifiutato di rendergli omaggio.
Le fonti storiche riferiscono di aspri conflitti sorti fra Thibaud (che
aveva anche il titolo di Conte di Vienne) e Charles de Bouville,
governatore del Delfinato, per i "diritti temporali" che gli sono restituiti
soltanto nel 1401, dopo un intervento regio dell'agosto 1399. [Cfr. A.
Devaux, Essai sur la langue vulgaire du Dauphin septentrional au
moyen ge, Parigi-Lione 1892, p. 82]
Thibaud accusa gli ufficiali regi di averlo privato della sua giurisdizione
temporale, e li scomunica.
Thibaud protagonista nel 1402 di un terribile scontro con Guy e Jean
de Torchefelon, su cui rimandiamo a questa scheda, tratta da
http://empireromaineuropeen.over-blog.org.
Thibaud de Rougemont, prince-archevque de Vienne de 1395 1405,
devenu ensuite archevque de Besanon (1405)
Famille illustre dans le comt de Bourgogne. En 1382, le dauphin
Charles II devient roi sous le nom de Charles VI. Par un arrt de 1400, il
rtablit l'archevque Thibault et son chapitre dans leurs prrogatives
temporelles sur Vienne. En 1402 les archevques de Vienne deviennent
abbs perptuels de l'ordre de Saint-Chef et seigneurs du bourg et de
ses dpendances, le chteau de Saint-Chef est pris et ruin dans la
guerre acharne que se font Thibaud de Rougemont et les frres Guy et
Jean de Torchefelon, ceux-ci ayant refus de faire hommage
l'archevque de leur chteau de Montcarra. Le fougueux prlat attaque
brusquement ce chteau et le brle. Les Torchefelon prennent et
incendient celui de Saint-Chef, en font autant de celui de Seysseul et
ravagent tous les environs. Lorsque le gouverneur du Dauphin
intervient pour chercher arrter ces dsordres scandaleux, Thibaud
excommunie les officiers du roi. L'anne suivante, les Torchefelon
brlent le chteau de Mantaille. Les troupes de l'archevque incendient
leur tour le chteau de Torchefelon. Le pape Benot XIII saisit avec
empressement l'occasion de transfrer de Rougemont Besanon.