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Il patrimonio artistico

di Banca Carige
Monete, pesi e bilance monetali

a cura di
Lucia Travaini
con la collaborazione di
Monica Baldassarri

SilvanaEditoriale

Il patrimonio artistico
di Banca Carige

Continua il viaggio alla scoperta del patrimonio storico-artistico di Banca Carige, percorso iniziato due anni fa dallo studio
della pinacoteca e proseguito con lesame delle sculture, delle opere di grafica e degli arredi darte.
il momento, ora, della collezione numismatica dellistituto.
La raccolta argomento di questo volume, compilato con competenza e passione dalla professoressa Lucia Travaini
dellUniversit Statale di Milano, insieme ad alcuni collaboratori, ognuno per la parte di conoscenza specifica.
A lei e agli altri studiosi il mio pi vivo ringraziamento per aver dato un cos importante contributo allo studio
e alla conoscenza della monetazione ligure e genovese, in particolare.
Linsieme si presenta ampio e variegato, prezioso per qualit e quantit. In esso si comprendono oggetti diversi tra loro
ma accomunati dal legame con laffascinante storia della moneta. Non solo, quindi, tondini di metallo pi o meno
prezioso, battuti con conii pi o meno elaborati (e da qui le diverse descrizioni che troviamo nel catalogo),
ma anche bilance per lesercizio dellattivit di cambia valute e, di conseguenza, pesi monetali che sono stati inventati
per far funzionare tali bilance.
Anche in questo caso Genova protagonista: quasi tutta la raccolta costituita da pezzi usciti dalla zecca di Genova,
durante i suoi quasi sette secoli di vita, e dalle cosiddette zecche minori ovvero dalle zecche situate in localit
che godevano del diritto di produrre moneta, per concessione imperiale alle pi importanti famiglie dellaristocrazia
genovese e ligure. Infine le monete battute nei possedimenti genovesi doltremare, nel Mediterrano orientale
e nel Mar Nero. Al termine, in ordine cronologico, una selezione delle monete prodotte in Italia dagli anni
del Risorgimento nazionale fino al 1950.
E proprio la storia di Genova e della sua regione ci viene restituita da questa collezione e da questo volume perch,
come sottolinea lautrice nel suo saggio di apertura, la moneta espressione della sovranit dello Stato fondato sul diritto.
E le parole lo confermano: numismatica viene da nummus, moneta in latino, e questo da nomos, parola greca,
cio legge.
Con piacere e orgoglio presento, quindi, questo volume che invito a sfogliare per cogliere, anche attraverso le belle
immagini, la voce del nostro passato plurisecolare in cui affondano le radici della nostra identit, solido ancoraggio
per altra crescita verso nuovi orizzonti.

Giovanni Berneschi
Presidente di Banca Carige S.p.A.

Avvincente e sorprendente questo terzo volume dedicato al variegato e preziosissimo patrimonio artistico
di Banca Carige, un tesoro unico che fonte di piacere estetico e di arricchimento culturale.
La nuova pubblicazione della serie ha come oggetto la collezione numismatica di Banca Carige, componente
integrativa sia dei dipinti e dei disegni (primo tomo) sia delle sculture, delle ceramiche, delle stampe e degli arredi
(secondo tomo).
Un libro sulle monete, dunque. Che per molti si riveler una bella scoperta. Perch le monete antiche hanno
un valore ben maggiore di quanto i pi credano: sono oggetti darte, documenti storici, pezzi che rievocano vite,
mestieri, luoghi, epoche.
Grazie alle straordinarie competenze e alla bravura degli autori, questo volume affascina, coinvolge, appassiona;
ci regala emozioni e sapere. Ci conduce sapientemente in un viaggio inaspettatamente interessante, denso anche
di curiosit. , a sua volta, unopera darte. Opera darte e strumento di cultura. Illustrata con notevole maestria,
la collezione numismatica di Banca Carige stimola apprendimenti e ricordi, sentimenti e aspirazioni, scuote lo spirito
e lo eleva.
La collana intitolata al patrimonio artistico di Banca Carige non poteva avere conclusione migliore.
Il nostro orgoglio giustificato, per lopera e per il patrimonio. Da buoni liguri, per, sul compiacimento siamo
abituati a far prevalere la responsabilit dello sviluppo, anche dellarte e della cultura: limpegno della Banca
e della Fondazione Carige continua.

Flavio Repetto
Presidente Fondazione Carige

Questo libro stato realizzato grazie alla attenta e generosa collaborazione di molte persone che desidero ringraziare;
innanzi tutto Monica Baldassarri, il cui paziente lavoro sul materiale nella sede di Banca Carige stato indispensabile;
con lei devo ringraziare tutti gli autori dei testi i quali hanno consegnato i loro scritti e immagini nei tempi previsti:
Marco Bazzini, Maurice Cammarano, Giuseppe Felloni, Walter Ferro, Ernest Oberlnder-Trnoveanu.
Per laiuto bibliografico ringrazio: la dottoressa Rina La Guardia della Civica Biblioteca Archeologica e Numismatica
del Castello Sforzesco a Milano; il dottor Giuseppe Girola della Societ Numismatica Italiana; per il reperimento
di libri introvabili sulle monete di Monaco M. Christian Charlet dellAssemble Nationale de France (Parigi),
M. Francesco Pastrone delle ditions Victor Gadoury (Principato di Monaco) e Umberto Moruzzi (Roma).
Per lo scambio di materiali e altre notizie sulle monete della Corsica sono molto grata a Jean Malbrunot (Bonifacio).
Ringrazio inoltre Dario Ferro, Maila Chiaravalle, Eva Caianiello e Matteo Broggini.
Gli amici del Circolo Numismatico Ligure Corrado Astengo sono stati particolamente accoglienti e generosi di aiuto:
ringrazio, per tutti, il presidente Fabio Negrino e lex presidente Renzo Gardella.
Per informazioni sulla riforma delleuro sono veramente grata allavvocato Salvatore Messina, direttore della sede
di Milano della Banca dItalia.
Per la concessione di immagini riprodotte nel volume sono grata ai seguenti musei:
British Museum di Londra, Department of Coins and Medals, e in particolare al Keeper Dr Philip Attwood
e al Curator of Medieval and Early Modern coinage Dr Barrie Cook;
Fitzwilliam Museum di Cambridge, Department of Coins and Medals, e al Keeper Dr Mark Blackburn
e al suo collaboratore Dr Jonathan Jarrett;
Mnzkabinett und Antikensammlung der Stadt Winterthur, e al conservatore Benedikt Zch;
Museo della Bilancia di Campogalliano (Modena), nelle persone del direttore dottor Maurizio Salvarani e delle dottoresse
Giulia Luppi e Lia Apparuti.
Ringrazio la British Academy che tramite il dottor Mark Blackburn ha gentilmente concesso luso del font Inscription
Numismatic con cui sono state trascritte le legende monetali.
Sono grata allAmministrazione e alla Direzione Generale di Banca Carige che hanno reso possibile la redazione
di questo catalogo che permette di approfondire, per la prima volta, la conoscenza di una collezione tra le pi importanti
dedicate alla monetazione genovese.
Il dottor Stefano Pitto di Banca Carige, con la sua costante presenza e assistenza, ha avuto un ruolo preziosissimo
per la realizzazione di questo libro, assieme al fotografo Mario Parodi, autore della campagna fotografica realizzata
con grande perizia, e con Monica Baldassarri li ringrazio sentitamente.
Infine, ringrazio le dottoresse Natalia Grilli e Annamaria Ardizzi le quali hanno saputo trasformare i misteri
del loro primo grande catalogo numismatico in una comune esperienza davvero piacevole e costruttiva.

Lucia Travaini
Dipartimento di Scienze dellAntichit
Universit degli Studi di Milano

a p. 4: Zecca di Genova, Dodici doppie e mezza, oro,


1641, particolare del dritto (cat. Monete n. 583)
a p. 6: Zecca di Genova, Tallero per il Levante, argento,
1677, particolare del rovescio (cat. Monete n. 719)
a p. 8: Zecca di Genova, Otto reali, argento,
1666, particolare del rovescio (cat. Monete n. 649)
a p. 25: Zecca di Genova, Otto lire, argento,
1798, particolare del rovescio (cat. Monete 1003)
a p. 375: Bilancia monetale fabbricata a Milano
nei primi dellOttocento (cat. Bilance n. 7)
a p. 411: Zecca di Genova, Otto reali o scudo dellUnione,
argento, 1715, particolare del rovescio (cat. Monete n. 822)

SOMMARIO

12

La collezione numismatica di Banca Carige:


arte e storia, economia e segreti, simboli e politica
in sette secoli di monetazione

304

Lucia Travaini

306

La zecca di Savona
Walter Ferro

Le zecche dei feudi imperiali liguri


Marco Bazzini

324

Lucia Travaini

MONETE
26

Monete, economia e finanza: il caso genovese

328

Le monete della Repubblica di Genova


dal 1139 al 1814
Monica Baldassarri

48

Illustri liguri nello Stato Pontificio


Lucia Travaini

Giuseppe Felloni
34

Corsica e Monaco

330

Dal Regno di Sardegna alla Repubblica Italiana


Marco Bazzini

366

Appendice
a cura di Lucia Travaini

La monetazione degli insediamenti genovesi


nellEgeo e nel Mar Nero
Ernest Oberlnder-Trnoveanu

60

Walter Ferro
66

78

376

Le monete dei feudi imperiali liguri


Marco Bazzini

La collezione di pesi e bilance monetali


di Banca Carige
Maurice Cammarano

Le monete della Corsica e di Monaco


Lucia Travaini

82

PESI E BILANCE MONETALI

Monete di Savona

381

Illustri liguri al potere nello Stato Pontificio:


il riflesso sulle monete

LA COLLEZIONE DEI PESI MONETALI


E DELLE BILANCE
a cura di Lucia Travaini

Lucia Travaini
84

Pesa di pi un chilo di paglia


o un chilo di ferro?
Lucia Travaini

382

Pesi monetali
Maurice Cammarano

400

Bilance
Maurice Cammarano

89

LA COLLEZIONE delle monete


a cura di Monica Baldassarri

90

296

APPARATI

La Repubblica di Genova dal 1139 al 1814


Monica Baldassarri

413

Indice dei nomi di persona

Gli insediamenti genovesi nel Levante

416

Indice dei nomi di luogo e di zecca

Ernest Oberlnder-Trnoveanu

418

Bibliografia

La collezione numismatica di Banca Carige:


arte e storia, economia e segreti, simboli
e politica in sette secoli di monetazione
Lucia Travaini

Arte, design e produzione di massa: le monete


Le monete posso essere definite in molti modi:
mezzi di scambio, riserva di valore... oppure strumenti di uno scambio ideale tra luomo e la divinit quando le troviamo offerte nella tomba di un
santo o nella testa dorata di un reliquiario, infilate
a forza da un fedele devoto giunto dopo un lungo
viaggio alla meta del suo pellegrinaggio 1. Le monete sono certamente documenti storici praticamente indistruttibili (diversamente dagli archivi di
carta!) e sono documenti ufficiali, in quanto sono
prodotte dallo Stato. Ma le monete sono anche oggetti artistici: unarte detta minore, per le piccole
dimensioni dei manufatti prodotti, e forse per la
loro ripetitivit (le monete sono i primi prodotti di
massa della storia, e un monetiere con una coppia
di conii in un solo giorno normale di lavoro poteva
battere almeno 2500 pezzi2), ma arte senza dubbio
(figg. 1-2).
Larte della moneta unarte complessa e per comprenderla si deve pensare sia al design e alla tecnologia di
zecca, sia alle cancellerie regie o comunali che sapevano scegliere con cura i simboli essenziali destinati a uno
spazio molto piccolo su cui porre il marchio dello Stato
per garantire la bont del prodotto3.
La zecca era un luogo di alta tecnologia: gli incisori
sapevano riprodurre complicati disegni su un campo
tanto piccolo, e gli esperti fonditori e pesatori, con
precisione estrema di calcolo matematico, sapevano
produrre esattamente le monete alla lega e al peso voluti dallo Stato (e si deve ricordare che pesi e misure
erano diversi in tutte le citt prima della diffusione
del sistema metrico decimale, frutto della Rivoluzione
francese).
Le monete sono quindi tante, piccole, difficili da
musealizzare e da far capire, ma sono arte e storia
oltre che economia e valore di mercato per il collezionismo: giustamente questo libro dedicato alle
monete fa parte delle edizioni pregiate che Banca
Carige dedica alle sue raccolte darte, pubblicando con rara sensibilit la sua intera grande collezione.
12

La collezione numismatica di Banca Carige


La collezione numismatica di Banca Carige si formata a partire da unesigenza di arredo dei locali della
nuova sede dellallora Cassa di Risparmio di Genova
e Imperia, inaugurata il 26 marzo 1966. Le prime
monete, circa una cinquantina, furono acquistate
da numismatici o orafi genovesi e rappresentavano
una piccola antologia, del tutto casuale, della produzione della zecca di Genova. Seguirono altri piccoli acquisti sporadici di monete provenienti sempre
da privati, sotto la guida del dottor Giovanni Pesce
(1910-1995) il quale segu fino alla morte la raccolta
della banca. Lacquisizione pi importante e omogenea fu fatta nel 1973 quando la Cassa di Risparmio
comper una parte della collezione del dottor Carlo
Gavazzi di Milano. Il lotto comprendeva 925 pezzi battuti dalla zecca di Genova, a esclusione delle
monete dei duchi di Milano quali signori della citt
in quanto, per questioni ereditarie, erano state destinate al lotto che riguardava la citt di Milano: dalla
collezione Gavazzi provengono i pezzi pi importanti della raccolta, quali le 25 doppie col castello
del 1636, i multipli doro con la Madonna del 1641,
il tallero del Levante del 1677, lo scudo dellUnione
del 1713, e altri ancora. Allinizio degli anni ottanta
del secolo scorso si aggiunse limportante acquisto
della collezione Ferralasco di Genova, dedicata alle
monete battute dalle zecche delle colonie orientali
genovesi e dalle zecche dei feudi imperiali liguri o
comunque legati a importanti famiglie genovesi. Dei
primi acquistieffettuati nella met degli anni sessanta fa parte anche il nucleo di circa 160 monete del
Regno di Sardegna e del Regno dItalia, fino alle lire
battute dalla Repubblica italiana nel 1950. Seguirono pi recentemente, infine, gli acquisti delle 14 bilance pesamonete e della collezione Cammarano di
pesi monetali genovesi.
Banca Carige ha dimostrato nel tempo un particolare
interesse verso questi materiali, riconoscendone, accanto al valore venale, tutto il valore storico per la citt
e per la regione alle quali la Banca legata; un interesse
che ha portato gi nel 2004 a un primo catalogo foto-

grafico di tutte le monete, curato da Giovanni Battista


Barbieri, riproposto nel 2006, e ora a questo volume.
Solo lo studio approfondito di una collezione pu farne risaltare e accrescere il valore, identificando pezzi di
particolare importanza. Oltre a quelli gi segnalati in
scritti precedenti, il presente lavoro di catalogo ha rilevato molti altri esemplari unici o molto rari. Desidero
qui elencare queste rarit, prendendo a confronto principalmente il Corpus Nummorum Italicorum (CNI) di
Vittorio Emanuele III, monumentale riferimento per
tutte le monete italiane4:
i genovini e grossi per Nicol Guarco doge VIII (cat.
Monete nn. 168-171) senza confronti puntuali nel CNI;
il raro genovino doro per Carlo VI con legenda IANVA
(cat. Monete n. 181); il mezzo scudo del sole, senza data
(cat. Monete n. 348), unico esemplare noto fino al 1975; il
dieci doppie del 1628 (cat. Monete n. 534) non presente
nel CNI e conosciuto solo con questa data; il venticinque
doppie del 1636 (cat. Monete n. 565) riportato dal CNI in
un unico esemplare della collezione Becchi di Savona, che
potrebbe essere lo stesso pezzo confluito poi nella collezione di Banca Carige; il venti denari del 1645 (cat. Monete
n. 596), pezzo di transizione, inedito: sul dritto ha la figura
della Vergine e sul rovescio ha ancora la legenda anteriore
al 1637-1638; il tallero per il Levante del 1677 (cat. Monete n. 719) conosciuto solo in tre esemplari (due dello stesso
conio e un terzo con leggere varianti); il pezzo da otto reali
o scudo dellUnione dargento del 1715 (cat. Monete n.
822), raro; il mezzo zecchino del 1723 (cat. Monete n. 838),
conosciuto in soli tre esemplari nel 1975; le rare prove uni-

face delle 100 e 50 lire (cat. Monete nn. 890-891); il pezzo


da tre denari del 1802 (cat. Monete n. 1016), conosciuto
in solo due esemplari, in questa collezione e in quella di
Vittorio Emanuele III; il raro ducato doro della zecca di
Pera (cat. Monete n. 1042); la rara doppia doro del 1668
di Giovanni Centurioni Scotti della zecca di Campi (cat.
Monete n. 1090); il raro scudo della galera di Giovanni Andrea Doria I della zecca di Loano (cat. Monete 1093) e della stessa zecca la mezza doppia doro del 1667, unica finora
(cat. Monete n. 1098); il quarto di ducatone del 1647 di
Filippo Spinola della zecca di Ronco (cat. Monete 1115).
Le monete della zecca di Tassarolo sono per gran parte
rarissime e in alcuni casi veri pezzi unici: questa collezione
contiene una straordinaria documentazione sullattivit di
questa zecca (cat. Monete nn. 1124-1168).
Di estrema rarit la bilancia n. 9, fabbricata a Modena, e rilevante anche la bilancia n. 10, un oggetto che,
per le scritte e inserimenti successivi, ci parla della sua
storia e delle tante mani che la usarono (fig. 3).
Anche tra i pesi vi sono pezzi molto rari, segnalati nel
capitolo relativo; di particolare interesse sono quelli che
portano impresso il marchio di fabbrica dei bilanciai, tra
i quali i milanesi furono i pi importanti5 (fig. 4).
Zecca e monete a Genova:
tradizione, potenza... e qualche segreto
Non vi moneta senza diritto: il termine nummus e da
questo numismatica derivano dal greco nomos, legge,
vale a dire che la legge, lo Stato, a fondare la moneta.
La moneta quindi massima espressione di sovranit

1. Il tagliatore o affilatore
della zecca qui raffigurato
nellatto di ritagliare con
le forbici i tondelli di metallo
destinati alla coniazione
(da un rilievo con scene di
coniazione della fine del XII
secolo sulla facciata della
chiesa di Santiago di Carrin
de los Condes, Spagna:
si veda Torres 2007).
2. Il monetiere o coniatore,
dallo stesso rilievo,
raffigurato mentre tiene
il martello sotto il braccio
destro, nellatto di collocare
il tondello sul conio di
incudine per appoggiarci
sopra il conio superiore: subito
dopo prender il martello
e conier la moneta.

13

3. Scatola con bilancia


pesamonete (cat. Bilance n. 10):
fu fabbricata a Lione nella
prima met del Settecento
per un cliente genovese
e se ne possono ricostruire
diverse fasi duso e perfino
il nome di un proprietario,
Scrivanis Giuseppe, il quale
aggiunse il suo nome
sul coperchio e inser nel
cassettino originario per i pesi
lamellari un nuovo peso per
la lisbonina doro, scrivendoci
sopra in inchiostro nero
una lisbonina
4. Particolare del rovescio
di un peso monetale per
pesare un quarto di scudo
genovese con il castello;
raffigura il santo vescovo
Eligio, patrono degli orafi,
ed il marchio di fabbrica
del bilanciaio Ambrogio
Bozzo in Milano, 1652
(cat. Pesi n. 21).

14

e lo Stato vi rappresenta i suoi simboli: limmagine


impressa dal conio garantisce la qualit del metallo e
lo standard del peso nel sistema monetario locale, che
variavano nel tempo seguendo le leggi del mercato dei
metalli preziosi e le diverse situazioni economiche, delle quali in questo volume Giuseppe Felloni offre importanti indicazioni.
Non possibile qui trattare tutte le vicende riflesse
nelle monete della ricca collezione di Banca Carige:
tanti secoli di storia, di produzioni monetarie, di
mercati locali e internazionali, di economie, potere
e tecnologie. Posso per introdurre almeno alcuni di
questi temi, trattati pi diffusamente da altri autori
nello stesso volume, e sottolineare alcuni aspetti che
pi riguardano lidentit cittadina di Genova e il suo
legame con la moneta, e che permettono di riconoscervi i segni della sua gelosia repubblicana, della sua
potenza economica, e della sua flessibilit mercantile.
La gelosia repubblicana
La zecca di Genova, aperta nel 1139, fu una delle prime aperte nellItalia comunale intorno al 1140, anno
cruciale per la storia monetaria italiana, con linizio di
un fiorire di zecche nellItalia centro-settentrionale e la
riforma di Ruggero II nel Regno di Sicilia: lincremento
della monetarizzazione dellItalia medievale pu essere
segnato da questa data.
Gi lo storico Peter Spufford nel 1988 osserv che, su
tutta la documentazione europea da lui studiata, la zecca di Genova risultava la pi antica ad avere un edificio
permanente acquistato dallo Stato per essere destinato
alla zecca: il Comune acquist nel 1164 a tale scopo
lhospitio del giudice Conone6; era un segno forte del
controllo pubblico, anche se agli inizi la zecca fu affidata in gestione a societ di mercanti di cui conosciamo

i termini contrattuali (anni 1141 e 1149). Il sistema di


gestione diretta, con soprastanti eletti, documentato
poi dal 1303.
Per le prime monete emesse dal Comune nel 1139
fu scelto un logo semplice e di grande efficacia: su
un lato la porta urbica fortificata a due arcate (da
molti ritenuta una immagine di porta Soprana7), detta tradizionalmente castello genovese8, e sullaltro
una croce. La produzione fu senza dubbio notevole
fin dallinizio e molto presto i denari genovesi si diffusero nei territori controllati dalla citt e ovunque i
Genovesi avessero relazioni commerciali. Tutta limponente produzione di moneta genovese viene trattata oltre9 ed ben rappresentata nella collezione,
ma qui in particolare ricorder un momento iniziale
significativo del successo monetario genovese.
Nel medioevo e nellet moderna le zecche producevano monete con largento portato anche, se non essenzialmente, da mercanti o altri. Nel 1194 a Genova
arriv in zecca largento dellimperatore Enrico VI di
Svevia: prima di imbarcarsi per la spedizione diretta
alla conquista del Regno di Sicilia, dovendo disporre
di molta moneta per tutte le spese necessarie nellisola, limperatore aveva ottenuto il permesso, grazie
alla buona volont dei Genovesi, di far coniare il suo
argento nella forma di denari di Genova (de argento
nostro moneta cudatur in forma ianuensium)10. Perch
non monete dargento battute in Germania con limmagine imperiale? Se limperatore era disposto a presentarsi in Sicilia carico di denari genovesi per le sue
prime ingenti spese di guerra e di gestione significa
che in Sicilia i denari genovesi dovevano gi essere accettati e ben noti (e molto frequenti ne sono ovunque
i ritrovamenti, e altrettanto diffuse sono le monete siciliane citate nelle fonti genovesi)11.

Quella genovese fu cos molto presto una solida


moneta internazionale, e tale rest a lungo, in varie
forme.
La potenza economica e la flessibilit mercantile
Da questi inizi felici i denari genovesi non solo si diffusero ma furono anche imitati in altre zecche del Mediterraneo orientale (Regno di Cipro, fine XII secolo;
Rodi e Grecia franca, XIII secolo).
La potenza marittima della citt si espandeva e si
consolidava, stabilendo basi commerciali che, pur
non potendo definirsi colonie, rispondono certamente al carattere di empori, nei quali si produsse
moneta sotto autorit genovese o legata a famiglie
genovesi; non vi fu tuttavia lo stesso imperialismo
monetario12 che Venezia impose ai territori che passarono sotto il suo controllo. Cos, mentre a Genova
i tipi delle monete cittadine continuavano a evolversi grossi dargento, genovini doro e altri nominali sempre coniati con lo stesso logo della porta
urbica senza mutamenti fino al 1637, nelle zecche
lontane le monete prodotte ci mostrano quale fosse la grande flessibilit di visione di una mentalit
mercantile: si produssero infatti monete che imitavano il tipo pi diffuso localmente, introducendo
solo variazioni nelle legende o in alcuni dettagli, secondo il caso. Per queste monetazioni si rinvia oltre
al testo di Ernest Oberlnder-Trnoveanu, ma vale
la pena subito ricordare che le monete doro battute nel Levante nel XIV e XV secolo ebbero i tipi
del ducato doro della nemica Venezia, ducati che,
battuti dal 128513, divennero rapidamente la moneta doro standard in tutto il Mediterraneo orientale,
sostituendo loro bizantino, e poi il fiorino doro di
Firenze che per breve tempo era riuscito a penetrarvi. I ducati doro imitativi genovesi erano gi conosciuti ma i recenti studi e ritrovamenti ne hanno
permesso una conoscenza e attribuzione pi certa,
con importanti riflessi sulla ricostruzione storica del
Levante genovese. Si trattava per, in generale, di
emissioni imitative dichiarate, vale a dire firmate
dalle autorit emittenti. Ma non sempre questo era
il caso con altri tipi di monete.
I segreti delle zecche e dei mercanti
La zecca impresa e il mercato poteva suggerire
lutilit di produzioni semilegali dietro le quinte
dellattivit corrente. Lo studio su larga scala delle
zecche medievali e moderne ha rivelato che anche
le zecche ufficiali, organismi dipendenti strettamente dal governo dello Stato, si potevano macchiare di
attivit di falsa moneta o quasi, tenendola nascosta
in contabilit separate, e spesso in officine distaccate
se non anche nella stessa zecca di Stato. Tutto ci
non era raro in quanto a volte, invece di cambiare le

monete sulle piazze estere in cui fiorivano le attivit


commerciali della citt, si cerc di produrre in casa
la moneta straniera da utilizzare allestero, di qualit simile o quasi a quella originale ma non sempre,
e qui il confine tra imitazione e contraffazione pu
essere molto difficile da tracciare.
In Sicilia e in Italia meridionale nella prima met del
Quattrocento non si battevano monete doro e si usavano preferibilmente ducati di Venezia: cos, preparando la sua spedizione in Italia meridionale nel 1438, il re
di Sicilia Alfonso il Magnanimo fece produrre in Sicilia
ducati doro di Venezia da portare con s, ma non nella
regia zecca di Messina, bens in una casa presa in affitto
nella citt di Palermo14.
Allo stesso modo possiamo attribuire alla zecca di
Genova una serie di produzioni monetarie imitative
non firmate destinate ai commerci internazionali.
Il caso pi antico quello dei miliarenses dargento,
nome con cui i documenti scritti francesi e italiani
indicarono i dirhem quadrati almohadi nel XII e
XIII secolo. Questi dirhem sono chiamati melgliaresi di Tunissi in una lista di monete del 1280 circa
contenuta in un trattato di algorismo italiano (si
pu ricordare brevemente che nei trattati di aritmetica medievali si trovano molte informazioni
sulle monete in uso e sul loro contenuto metallico
espresso in carati o once: questi trattati erano rivolti in buona parte ai mercanti i quali dovevano imparare a contare con i numeri arabo-indiani e con lo
zero, e a fare complessi calcoli tra le diverse monete
in circolazione 15).
Molte imitazioni di questi dirhem, utilizzate dai mercanti nelle esportazioni, furono prodotte tra il 1250
e il 1270 circa non solo in piccole zecche feudali defilate in castelli o piccoli centri in Francia e in Italia,
ma anche nelle grandi zecche ufficiali di Pisa e Genova; cos, il 6 ottobre 1253 un mercante piacentino
e un altro di Siena cercarono di ottenere licenza dai
Fieschi conti di Lavagna per attivare una zecca nella
localit di Savignone al fine di produrvi per due anni
miliarenses come quelli di Genova16. E i Fieschi
avevano diritto di zecca17!
Non dobbiamo stupirci della diffusa produzione
dei miliarenses anonimi in Europa, e anzi possiamo compararla con quella dei luigini dargento che
dal 1664, dopo il successo di quelli francesi, furono
imitati massicciamente non solo nei feudi imperiali
liguri ma nelle stesse zecche di Genova e Lucca per
lesportazione nellImpero ottomano. Di una produzione segreta di luigini da parte di Genova si ha
notizia da una lettera scritta nel 1668 dal vescovo di
Tortona Carlo Settala a papa Clemente IX. Il vescovo, nel momento di piena produzione di luigini da
smerciare nellImpero ottomano, definiva tale traffico una inventione deplorabile al Cristianesimo
15

5. Luigino della zecca


di Loano, dritto, attribuibile
alla reggenza di Violante
Lomellini Doria (1654-1670)
(cat. Monete n. 1108)
6. Gianuino della zecca
di Genova battuto a
imitazione dei luigini:
sul rovescio raffigurata
una testa bifronte con Giano
che guarda verso sinistra e la
personificazione di Genova
che guarda verso destra
(tra le varie ipotesi per
lorigine del nome di Genova
fu proposto anche un legame
con Giano). La legenda
bonitatis unciarum quinque
si riferisce al contenuto
argenteo (cinque once pari
a 416,667 millesimi)
(cat. Monete n. 661).

e forniva una indicazione sui quantitativi prodotti,


giornalieri (a suo dire!), nelle diverse zecche. Si trascrive qui parte della lettera:
Nella Diocesi di Genova sono:
La citt di Genova secretamente con tre torchi ciascuno dei quali
ne stampa quatordicimilla al giorno operatione da me vista in
alcune di queste zecche che al giorno sono 42 mila;
Tassarolo di Filippo Spinola due torchi, 28 mila;
Ronco di Napolione Spinola due torchi, 28 mila;
Lovano di Gio. Andrea Doria Sig. di Lovano due torchi, 28 mila;
Nella Diocesi di Tortona:
Rocchetta di Napolione Spinola tre torchi, 42 mila;
Campi di Gio.Batt. Centurione quattro torchi, 56 mila;
Arquata del Marchese Filippo Spinola, con tre torchi, 42 mila;
Torriglia di Gio. Andrea Doria, co[nte] desso luogo torchi due,
28 mila;
Grondona hora si piantano due torchi, feudo del detto, 28 mila;
Diocesi di Luni e Lucca:
Fos di Novo di Malaspina torchi 3, 42 mila;
La Republica di Lucca tre torchi, 42 mila.
Si che ogni giorno se ne stampano quattrocentoseimila et un
tal soccorso giornale si manda al Turco, inventione deplorabile
al Cristianesimo.

Con successiva lettera del 18 marzo 1669 il vescovo informava il papa che erano state attivate altre sette zecche e che una nave carica di luigini era salpata in quei
giorni da Genova diretta a Costantinopoli18. La produzione giornaliera testimoniata dal vescovo Settala incredibilmente elevata (per stampare quattordicimila
pezzi al giorno si deve supporre una produzione di 20
pezzi al minuto per una giornata lavorativa di 12 ore),
ma la testimonianza comunque valida: essa porta luce
sullinteresse mercantile in unimpresa tanto redditizia
quanto ai limiti della frode, che ben giustificava lattivazione di cos tante officine e i costi per limpianto di
torchi.
Molti dei diversi feudatari imperiali liguri, quindi,
produssero luigini sollecitati da imprenditori disposti
a organizzare piccole ma ben attrezzate officine che
avevano bisogno soltanto della base giuridica per produrli, vale a dire il diritto di zecca di questi signori,
16

alcuni dei quali del resto erano gi attivi di per s in


produzioni imitative di diverso genere (e la collezione
di Banca Carige offre una splendida panoramica sulla zecca di Tassarolo, con i tanti ducati doro di tipo
nordeuropeo).
I luigini dei feudi imperiali liguri sono ben noti. Si conoscono anche i tipi simili ai luigini emessi dalla zecca
di Genova, noti come gianuino (cat. Monete n. 661),
ligurino (cat. Monete n. 665), giustino (cat. Monete n.
664) e giorgino (cat. Monete n. 660)19: ma non sappiamo veramente quali fossero i luigini genovesi che il
vescovo di Tortona diceva prodotti per Genova secretamente con tre torchi, forse fuori dalla citt. Anche
in questo caso solo pi espliciti documenti darchivio
potrebbero precisare quale fosse il ruolo dello Stato e
quale il ruolo di privati mercanti in questa produzione
(figg. 5-6).
Liconografia delle monete genovesi:
identit e tradizione di un logo di successo
Le monete genovesi sono state spesso definite monotone (monotona successione, monotona rappresentazione), perfino da un grande studioso genovese come
Giovanni Pesce20. In realt, proprio la conservazione
rigorosa dei tipi un segno di forte identit cittadina
tramite la moneta, sulla quale lo Stato rappresenta i suoi
segni garantendo la bont del metallo e del peso. Vale
la pena quindi osservare attentamente liconografia delle
monete, anche di quelle che sembrano monotone.
La gelosia dei propri tipi monetali una caratteristica
che si ritrova spesso nella documentazione delle zecche
comunali italiane, e non di rado vi si precisa la necessit
di produrre monete belle, ben coniate, rotonde, regolari, anche quando la produzione manuale spesso risultava in manufatti irregolari. Le zecche, quindi, ricercavano personale altamente specializzato, fonditori abili e
incisori accurati, spesso artisti di grande qualit.
Quella degli incisori era una categoria specialmente

7. La porta urbica genovese,


anche detta castello
(da cat. Monete n. 64).
8. Bratteato dargento
di re Corrado III (1138-1152),
prodotto in Turingia, forse
nella zecca di Mhlhausen
(Kluge 2007, n. 389);
diametro originale 34 mm.
Hannover, Kestner Museum.

importante: la zecca di Firenze nel 1332, invece dei


due previsti, aveva un solo incisore il quale, vecchio e
quasi cieco, produceva conii cos brutti che, secondo il
libro della zecca fiorentina, sembravano quasi simili a
quelli di Genova (similatur florenis Ianuensibus)21! La
rivalit tra citt si rifletteva cos nei giudizi sulle monete altrui, dispettosamente e falsamente denigrate con
accuse di parte (e pi avanti si dir di altre false accuse
da parte di Venezia).
La monotonia presunta delle monete genovesi in realt la prova del successo di un logo famoso nel mondo
immutato dal 1139 al 1637, la porta urbica: nessun designer oggi potrebbe vantare, n mai sperare di creare,
un marchio di simile successo (fig. 7).

9 a-b. Ducato doro di Galeazzo


Maria Sforza della zecca
di Milano, dritto e rovescio;
diametro originale 24 mm.
Cambridge, Fitzwilliam
Museum, collezione Philip
Grierson 8315.

Il re Corrado
Nel dicembre 1138 Corrado III di Svevia concesse il diritto di zecca alla Repubblica di Genova e subito furono
emessi i primi esemplari di una monetazione destinata
a un successo secolare: su un lato mostravano la porta
urbica con il nome IANVA22, e sullaltro la croce con il
nome del re Corrado. Tutte le monete genovesi dal 1139
fino al 1636 indicano il nome di Corrado re. Tale perseveranza da parte di una Repubblica sembra un paradosso, ma in effetti la superba Genova usava il nome del

re come un sigillo di garanzia, affermando il suo pieno


diritto a battere moneta. Se poi altri sovrani arrivavano
a dominarla, Genova ne moderava le prerogative affiancando alle loro semplici iniziali, e pi raramente al loro
nome, anche quello di Corrado, sempre per esteso.
Ma chi era Corrado re? Lui stesso si intitolava secundus e lo troviamo indicato con il numerale secondo
sulle monete genovesi ed anche sulle monete di Asti e
Piacenza che ricevettero da lui il diritto di zecca; il suo
numerale viene oggi corretto in terzo. Corrado III fu
il primo re tedesco della dinastia Hohenstaufen, e zio
di Federico Barbarossa: nel marzo 1138 fu nominato
re dei Romani, titolo che precedeva lincoronazione
imperiale, che per non ebbe mai luogo. Corrado continu quindi a intitolarsi re dei Romani fino alla morte
nel 1152. Per onorare qui anche Corrado re, mostriamo la sua immagine su un bratteato dargento di una
zecca in Turingia (fig. 8).
I dogi e altri sovrani
Nel 1339, con i dogi a vita, comparve lindicazione del
numerale del doge (cat. Monete n. 143).
La prima iniziale di un nome personale fu quella del
re di Francia Carlo VI, signore di Genova dal 1396 al
1409, e poi di altri a seguire, che posero le loro iniziali
ai lati della porta cos Teodoro II marchese di Monferrato (cat. Monete n. 188) o nella legenda Giorgio
Adorno doge XVII dal 1413 al 1415 (cat. Monete n.
189). I re di Francia Luigi XII e Francesco I impressero il loro nome per esteso sulle monete genovesi (cat.
Monete nn. 294, 301, 309); il doge Antoniotto Adorno
(1522-1527) ne segu lesempio (cat. Monete n. 319)
ma tanta manifestazione individuale fu fermata con le
riforme del 1528.
La presenza di individui al potere si manifest sulle
monete anche tramite le insegne familiari: il biscione
per i duchi di Milano, il compasso aperto per i Campofregoso a partire da Paolo doge XXVIII (1463-1464), il
17

10. Dritto di un aspro


dargento della zecca di Caffa,
con il nome della citt (Cafa)
e con il biscione milanese;
sul rovescio raffigurato
un santo a cavallo con scudo
crociato, identificabile
in san Giorgio con lo scudo
di Genova; la moneta databile
al 1464-1475; diametro
originale 12 mm (disegno
di Dario Ferro, dalloriginale
nel Museo Storico della Citt
di Feodosia-Caffa, Crimea).
11. Testone dargento di Luigi
XII re di Francia della zecca
di Milano, dritto; diametro
originale 29 mm. Cambridge,
Fitzwiliam Museum,
collezione Philip Grierson
8756.
12. Multiplo doro, forse
da 10 scudi, di Giano II
di Campofregoso, dritto;
diametro originale 37,5 mm.
Collezione privata.

cappello cardinalizio per Paolo di Campofregoso cardinale doge XXXI (1483-1488) (cat. Monete n. 284).
Il biscione milanese comparve sulle monete genovesi
per la prima volta con la signoria del duca Filippo Maria Visconti, dal 1421 al 1435. Pi tardi, Francesco I
Sforza fu signore di Genova dal 1464 al 1466: nel 1462
egli aveva introdotto il suo ritratto di profilo sui ducati
della zecca di Milano, ma era impossibile per lui, come
per Galeazzo Maria dopo di lui, replicare liniziativa a
Genova, e dovette accontentarsi, come i suoi successori, delle sole iniziali con lemblema del biscione (cat.
Monete nn. 270-272) (fig. 9).
La visibilit del potere comunque non passava solo
attraverso un ritratto. Ben maggiore per i duchi di
Milano fu la rilevanza di Genova come porta sul Mediterraneo e sul lontano Levante; grazie al dominio
su Genova, infatti, essi furono in grado di diffondere
il loro potere e il loro emblema fino agli estremi del
Mar Nero: un aspro dargento della zecca di Caffa recentemente scoperto mostra su un lato a tutto campo
il biscione con intorno il nome della zecca e sullaltro
limmagine di san Giorgio a cavallo23 (fig. 10).
Inizialmente, le monete genovesi del re di Francia
Luigi XII, come quelle dei suoi predecessori, mostravano soltanto liniziale del suo nome e il giglio
di Francia sopra la porta urbica; dopo la riconquista
della citt in seguito alla rivolta, tuttavia, il re fece mutare i tipi delle monete, imponendo il suo nome per
esteso24: non arriv tuttavia a imporre il suo ritratto,
ma questo soprattutto a causa della forza economica
delle monete genovesi, forti nella loro tradizione e immutabile qualit, ricercate per ci che valevano con il
loro ben noto marchio (fig. 11).
Un doge e il suo ritratto sorprendente:
Giano II di Campofregoso
Un multiplo doro, da 10 scudi (pesa 34,41 grammi),
mostra uno straordinario ritratto del doge di Genova

18

Giano II di Campofregoso (1512-1513), con un riferimento esplicito allimperatore Massimiliano I (14931519) al quale Giano doveva molto (fig. 12).
Un simile ritratto individualizzato per un doge
della Repubblica di Genova davvero sorprendente, considerata la fortissima tradizione della
monetazione genovese nel mantenere immutati i
suoi segni: la porta urbica e il nome di Corrado re.
Nessuno dei sovrani stranieri che furono signori di
Genova, come si visto, sfid questa tradizione e
quindi il multiplo aureo stato finora considerato
una medaglia, estranea alla rigida normativa della
moneta. Le medaglie, tuttavia, sono generalmente
svincolate dai sistemi monetali, mentre il pezzo in
questione pur sempre legato al sistema monetario
genovese (multiplo da 10 scudi). Anche altri signori
dellItalia settentrionale, nello stesso periodo, fecero produrre multipli celebrativi sui quali far incidere con pi ampio spazio di rappresentazione le proprie immagini: non medaglie vere e proprie, quindi,
ma tecnicamente medaglioni; si trattava, tuttavia,
di signori con pieno diritto individuale di battere
moneta e non era cos per un doge di Genova. Questo esemplare con ritratto si pu giustificare pertanto solo come medaglione di celebrazione, forse
prodotto nella stessa zecca di Genova, senza i segni
della moneta genovese ma seguendone lo standard
metrologico: un multiplo celebrativo, battuto in
pochissimi esemplari non destinati alla circolazione bens utilizzati come doni per limperatore e la
sua corte 25. Potremmo confrontare il medaglione
di Giano con il medaglione del re goto Teodorico
(493-526): multiplo aureo da tre solidi, ma scandaloso come moneta perch mostrava il nome e il
volto di Teodorico, quando allora le monete doro
erano prerogativa assoluta dellimperatore bizantino, e i re goti ne producevano limitandosi a imitare
quelle di Costantinopoli 26.

13. Raffigurazione della


Madonna con il Bambino,
poggiata sulle nuvole
e con lo scettro in mano,
su una moneta doro
da novantasei lire del 1795
(cat. Monete n. 972).
14. Rappresentazione di una
galera dallo scudo della zecca
di Loano per Giovanni
Andrea I Doria del 1600
(cat. Monete n. 1093).

La Regina
Non fu un altro re a cacciare infine re Corrado dalle
monete genovesi, bens una regina: la Madonna, eletta regina di Genova nel 1637. La nuova iconografia
si diffuse sulle diverse denominazioni e la Madonna
con il Bambino in braccio fu raffigurata con dettagli diversi; sui nominali pi grandi essa incoronata
da angeli, e sul rovescio la croce fiorita ha cherubini
negli angoli, questi ultimi gi introdotti sul tipo da
uno scudo e mezzo dargento del 1570 (cat. Monete n.
407); queste monete tanto diffuse nel XVII e XVIII
secolo vennero popolarmente definite crosazzi o
genovine. Varie altre tipologie si presentarono sporadicamente nel corso del tempo, come i testoni della
Benedizione (cat. Monete n. 386) ispirati alle monete
veneziane, e altri ancora, ma il carattere delle monete
genovesi si manifesta ovunque con due tipi, la porta
urbica prima, e la Madonna pi tardi (fig. 13).

15. Raffigurazione del doge


genovese con alto copricapo
a pendenti su una moneta
della zecca di Chio
(cat. Monete n. 1049).

Le altre zecche liguri


Un cenno meritano le tipologie monetali delle zecche
liguri ampiamente rappresentate nella collezione di
Banca Carige. Splendido il fiorino doro di Savona,
e molte altre monete dei feudi imperiali su cui si osserva una elevata qualit incisoria: cos per lo scudo
di Loano per Giovanni Andrea I Doria del 1600 con
il disegno di una galera (cat. Monete n. 1093), o per
le monete della zecca di Tassarolo, attivissima anche
in una quantit di prodotti di contraffazione, realizzati con grande finezza di incisione, anche per meglio favorire laccettazione dei prodotti nelle piazze
alle quali erano destinati. La doppia doro del 1668 di
Giovanni Battista Centurioni Scotti (1663-1715) della
zecca di Campi mostra i busti accollati del principe
e della moglie (cat. Monete n. 1090). In queste zecche spesso decisamente minori troviamo attivi anche
grandi artisti: nel 1669 lincisore Giovanni Hamerani,
della famiglia dei grandi incisori e zecchieri attivi a

Roma, fu chiamato da Napoleone Spinola per le produzioni imitative delle zecche di Ronco e Rocchetta,
e certamente gli si pu attribuire il conio del tallero
dargento (cat. Monete n. 1118)27. La bellezza esteriore era ancora pi importante dove si doveva mascherare la qualit intrinseca carente (fig. 14).
Le monete dei Genovesi nel Levante:
imitazioni... ma san Lorenzo non ha la barba!
I denari di Genova ebbero fin dallinizio una grande
diffusione ma non cos i genovini doro. Genova fu
la prima citt italiana a battere monete doro, prima
di Firenze, ma perch i suoi genovini doro non si
diffusero come i fiorini di Firenze o pi tardi i ducati di Venezia? Questa mancata diffusione non fu
comunque un impedimento allo sviluppo della citt,
e loro dei Genovesi conquist in altre forme le rotte
del Levante: i Genovesi infatti entrarono nel grande
gioco delle imitazioni, che ebbe una parte importante nelle strategie della produzione e della circolazione monetaria internazionale.
Dopo la Quarta crociata del 1204 gli imperatori
latini produssero a Costantinopoli perperi latini,
ovvero imitazioni delle correnti monete bizantine
doro; alcuni ritrovamenti in Romania lasciano supporre che anche i Genovesi ne avessero prodotti
nella seconda met del Duecento per utilizzarli nel
Mar Nero 28.
Nel Levante i Genovesi imitarono poi certamente i ducati doro di Venezia, divenuti dalla fine del Duecento
le monete doro pi diffuse nel Mediterraneo orientale:
gli abili mercanti sapevano adattarsi agli usi e sistemi
locali, ma sapevano introdurvi anche segni distintivi.
Nellisola di Chio, sotto dominio genovese con la signoria degli Zaccaria e poi con la Maona, si produssero monete dargento, su cui si raffigur anche il doge
genovese con alto copricapo con pendenti (cat. Monete
n. 1049) (fig. 15).
19

16. Ducato doro di Giacomo


Gattilusio della zecca di
Mitilene, circa 1409-1428:
particolare del santo (non
nominato) raffigurato con
la barba (cat. Monete n. 1068)
17. Ducato doro di Pietro
di Campofregoso della zecca
di Chio, particolare di san
Lorenzo raffigurato senza barba
e con i capelli lunghi; la lettera S
sotto lasta del vessillo liniziale
del nome della zecca (Scio =
Chio) (cat. Monete n. 1054)
18. Particolare dellimmagine
di Francesco I Gattilusio
signore di Mitilene su un ducato
doro, finora lunico conosciuto,
dal tesoro ritrovato a Dudasu
Schelei, Romania. DrobetaTurnu Severin, Romania,
Museo della Regione delle Porte
di Ferro del Danubio.
19 a- b. Composizione
del tesoro di Vigevano,
occultato intorno al 1500:
le fasce in grigio indicano
la quantit proporzionale
delle presenze.

Savoia 6
Milano 86
Genova 148
Firenze 79
Venezia 33
Bologna 5
Ferrara 2
Lucca 11
Siena 5
Roma 54
Napoli 11
Ungheria 95
Austria 1
Losanna 1
Colonia 1
Dombes 1
Spagna 3
Portogallo 3
Rodi 2

86
Milano
148
Genova

20

313

I ducati doro di Venezia mostrano sul dritto il


doge inginocchiato di fronte a san Marco che gli
porge il vessillo della citt, e sul rovescio il Redentore in una mandorla. I ducati veneziani furono
imitati dai Genovesi in molte zecche inserendo sui
conii di volta in volta legende o segni identificativi
diversi. Nelle imitazioni genovesi la figura di san
Marco con la barba dei ducati doro di Venezia si
trasformava in altri santi, spesso senza nome, ma in
genere con la barba anche questi; tuttavia, quando
a Chio e Pera Tommaso di Campofregoso volle raffigurare san Lorenzo, patrono di Genova, al posto
di san Marco, lincisore lo mostr propriamente
con il volto senza barba, e cos anche i suoi successori (cat. Monete n. 1054): anche in una imitazione
veniva riprodotta correttamente limmagine di un
santo la cui iconografia non prevedeva una barba;
questo un dettaglio non insignificante e, ancora
una volta, segno di precisa ricerca dellidentit genovese (figg. 16-17).
Del tutto straordinaria limmagine di Francesco
I Gattilusio signore di Mitilene su un ducato doro
scoperto in un grande tesoro trovato a Dudasu Schelei, nella regione delle Porte di Ferro del Danubio.
Sul dritto, di fronte al santo, Francesco Gattilusio
in ginocchio, abbigliato in vesti militari con un elmo
e una cotta di maglia, in modo ben diverso dal doge
di Venezia, e identificato chiaramente dalla legenda
con il suo nome e titolo (fig. 18). Questa moneta
una imitazione molto libera del ducato veneziano e
di ottima qualit, e mostra la grande autocoscienza
del signore di Mitilene, sovrano con pieno diritto di
zecca per concessione imperiale del 1355: si tratta di

una emissione di valore politico pi che economico


e la sua buona qualit aurea dimostra che le accuse
di Venezia contro di lui, ritenuto autore di cattive
contraffazioni, erano ingiustificate, sproporzionate,
e manipolavano la realt come strumento nella guerra larvata che opponeva Genova e Venezia29.
La circolazione delle monete genovesi
Le monete doro di Genova divennero veramente importanti in Italia a partire dal Trecento, come dimostrano molti tesori. La presenza in Lombardia fu particolarmente rilevante. In un tesoro scoperto a Vigevano,
occultato intorno al 1500, composto da 547 monete
doro di diverse zecche, il 27% risulta prodotto dalla zecca di Genova, ma gli esemplari con il segno del
biscione sia di Genova che di Milano rappresentano il
30% del totale; le pi numerose sono quelle di Galeazzo Maria Sforza per entrambe le zecche: la potenza
economica di Genova e Milano insieme qui chiaramente visibile30 (figg. 19 a-b).
Il grande tesoro di monete doro ritrovato nel greto del
torrente Polcevera (Genova), occultato dopo il 1541,
era composto prevalentemente da scudi doro del sole
di Francia e di Genova, ma conteneva anche alcuni genovini doro del primo tipo31.
A Ronago (Como), sotto il pavimento di una casa colonica, fu ritrovato un tesoro composto da nove monete
nascoste intorno al 1615, di cui lunica moneta doro
era una doppia di Genova del 1595 mentre le altre
erano monete dargento di Filippo III di Spagna come
duca di Milano e una sola era di Venezia32.
Sarebbe impossibile accennare qui a tutti i ritrovamenti
di monete genovesi o a tutti i documenti che ne attesta-

20. Una pagina del primo


libro giornale del banco
istituito per la circolazione
dei pezzi spagnoli da 8 reali.
Genova, Archivio di Stato,
Banco di San Giorgio,
registro n. 17,10161.
Nel secondo e terzo decennio
del XVII secolo laggravarsi
delle condizioni erariali
indusse la Corona spagnola
a rivalersi sui creditori
decurtando gli interessi
dovuti. I finanzieri genovesi
decisero allora di liquidare
gran parte dei loro
investimenti spagnoli e di
trasferire in patria il denaro
realizzato. La massa di pezzi
da 8 reali che si rivers
a Genova nel 1625 fu tale
che per facilitarne la
circolazione la Casa di San
Giorgio istitu un banco
che operava unicamente
in tali monete.
21. Lettera del ministro
dellInteriore e delle
Finanze del 9 ottobre 1799
che sollecita il pagamento
del compenso dellincisore
Gerolamo Vassallo da parte
della Banca di San Giorgio.
Genova, Archivio di Stato,
Zecca antica, n. 109 A.
Nel 1791 il governo genovese
decise di fondere e riconiare
tutto il circolante genovese
e affid alla Banca di
San Giorgio lesecuzione
dellopera. Allincisione
dei conii e dei punzoni
partecip dal 1796
Gerolamo Vassallo,
i cui compensi non furono
sempre corrisposti
puntualmente dalla Banca
ma dovettero essere sollecitati
pi volte, come dimostra
la lettera qui riprodotta.

no la presenza in Europa tra Cinquecento e Settecento,


con i corsi che nel tempo venivano fissati nelle diverse
piazze.
Le attivit bancarie e commerciali facevano di Genova
un mercato monetario importantissimo anche perch
Genova era un grande centro di smistamento dei metalli monetabili nobili. Molte monete internazionali vi
affluivano e tra queste enormi masse di pezzi spagnoli
da 8 reali (fig. 20). Diverse potevano essere le fonti di
approvvigionamento del metallo necessario alla zecca e
tra queste proprio la fusione di monete straniere, oppure, per lintroduzione di una nuova monetazione, la
fusione di tutte le monete precedenti, come avvenne
nel 1791 quando loperazione fu affidata alla Banca di
San Giorgio (fig. 21). Nel 1798, invece, le argenterie e
loro lavorato ricavato in seguito alle confische dei beni
ecclesiastici furono convertiti in gran parte nelle nuove
monete della Repubblica Ligure33.
I falsari
Il problema della falsa moneta antico quanto la moneta, affliggendo i governi costretti a prendere provvedimenti ricercando sistemi di verifica sempre pi
accurati e ingannando la gente.
Fin dallinizio della monetazione genovese si conoscono falsificazioni, gi segnalate da Giovanni Pesce34.
Innanzi tutto va ricordato che spesso proprio tra il personale della zecca si trovano falsificatori, e che la gestione
delle zecche richiedeva sempre una sorveglianza speciale.

Al di l di questo, falsificazioni erano prodotte in luoghi


defilati, spesso per iniziativa di insospettabili signori, che
avevano il capitale per impiegare personale esperto e per
acquistare materiali e metalli, e poi, sempre insospettati,
far immettere nella circolazione le false monete35.
Nella met del Quattrocento il doge di Genova scrisse al
duca di Milano denunciando la produzione nel castello
della Preoxa di fiorini doro della stampa di Genova e chiedendo la fine di questa cosa vergognosa. Per
contro, Francesco Sforza nel 1459 inform i Genovesi
che nel castello di Cremolino presso Acqui il marchese
Rolando Pallavicino faceva produrre gran quantit di
moneta falsa tedesca, zenovese et de Savoia, facendola poi portare in Germania per acquistare merci36.
Nel 1474 si verific il caso particolarmente interessante
del falsario Gian Battista Grillo, le cui attivit furono
scoperte a Tunisi, mentre egli si trovava gi a Genova:
la citt non concesse lestradizione richiesta dal re di
Tunisi e lo condann a morte commutando poi la pena
nellergastolo; secondo Giovanni Pesce le autorit di
Genova avrebbero cos voluto coprire una complicit
nellopera di questo falsario37.
La falsa moneta era un grande affare, e contraffazioni
pi o meno legali, anche da parte di signori con diritto di zecca, infestavano la circolazione monetaria degli
Stati, che cercavano in ogni modo, con gride e bandi,
di limitare i danni, ma con successo incerto.
Longaro doro del 1612 battuto nel feudo imperiale di
Tassarolo dal conte Agostino Spinola pesa 3,34 g ed
21

22. Ongaro doro del 1612


battuto dal conte Agostino
Spinola nella zecca di
Tassarolo, rovescio: raffigura
il conte stante, volto a destra,
in armatura completa e a testa
nuda, con la mano destra
appoggiata al fianco, mentre
con la sinistra tiene un
fascio di frecce con la punta
rivolta verso il basso
(cat. Monete n. 1131).

23. Bilancia per pesare ongari


doro, prodotta a Norimberga
nel XVIII secolo:
su uno dei piatti impressa
la figura armata stante tipica
di queste monete, simile a
quella della figura precendete
(cat. Bilance n. 12).

24. Denaro minuto


di Genova del doge Ludovico
di Campofregoso (1447-1450):
un esemplare simile
stato ritrovato negli scavi
archeologici a La Isabela
(Repubblica Dominicana),
che fu la prima colonia
europea nel nuovo mondo,
fondata da Cristoforo
Colombo nel 1493
(cat. Monete n. 250).

22

una delle tante contraffazioni prodotte da questa attivissima zecca (fig. 22): i mercanti avrebbero probabilmente saputo individuarne la qualit inferiore rispetto
agli originali, ma qualcuno ne sar stato ingannato; la
bilancia per pesare ongari della collezione di Banca Carige, fabbricata oltre cento anni pi tardi, mostra come
lo stesso tipo monetale fosse ancora in circolazione,
con un peso ufficiale di 3,48 g (fig. 23).
Un ecclesiastico e un marchese, falsari impuniti
Lecclesiastico. Le carte di un processo nellArchivio
di Stato di Milano illustrano la pittoresca storia di un
singolare e abilissimo falsario, che tra i suoi prodotti
principali aveva genovine e crosazzi dargento, doppie
di Spagna doro, e diverse altre specie in argento. La
storia documenta allo stesso tempo il successo della
moneta genovese nel milanese, i metodi della falsificazione (fusione a getto) e lambiente sociale in cui la
falsa moneta si spendeva. Giovanni Giacomo Folchi,
prete di Mondov e falsario tra Lodi, Pavia e Crema,
fu processato nel 1717 a Milano, ma restando protetto

dalla giustizia ecclesiastica nelle carceri del vescovo di


Lodi riusc a sottrarsi alla giustizia dello Stato, mentre
furono torturati e condannati i suoi complici. Nel borsellino che il falsario aveva con s allatto dellarresto
borsellino di seta celeste con fermaglio dargento
furono trovate doppie false di Spagna e un ducatone
dargento detto genovina. Il compilatore degli atti
cos descrisse la genovina, esibita quale corpus delicti:
un denaro detto genovina col stampo di Genova con
limpianto da una parte della beata Vergine col Bambino e dallaltra una croce a quattro stellette in mezzo.
Lanalisi peritale della moneta, effettuata dagli orefici
Agustinus Vigorerius e Ioseph Castilionis, ne dichiarava
senza dubbio (potentissimamente) la falsit. Costituiva prova dello spaccio di genovine false anche la deposizione di due giocatori di unosteria frequentata dal
prete falsario in vesti civili38.
Il marchese. Con il marchese Carlo Spinola (1687-1736)
la zecca di Ronco divenne responsabile della produzione di falsi ducati di Venezia, denunciati in uninchiesta
per falsa monetazione ordinata nel 1722 dal tribunale
della Plenipotenza Cesarea in Milano. Le indagini convalidarono i sospetti rivelando che il marchese aveva
avuto alle dipendenze due abili falsificatori francesi
subito scomparsi allavvio delle indagini; i conii erano
stati prodotti da un certo maestro Giacomo Vitale armarolo di Villavecchia, homo assai virtuoso e prattico
di fare qualsivoglia strumento di ferro o daltra cosa e
capace anche di fare li orologi da tasca perch lavorava
assai bene il bulino; le verifiche svolte sugli zecchini
sospetti misero in luce il minor titolo delloro. Anche
in questo caso linchiesta fu chiusa e il marchese del
quale altre monete ci mostrano il ritratto , dopo una
prudente assenza e dietro pagamento di una oblazione
conciliatoria, ottenne perfino la conferma del diritto di
zecca da parte dellimperatore39.
Conclusione
Sulle monete genovesi e non solo genovesi rappresentate in questa ricca collezione si scritto molto, e si potrebbe scrivere tanto ancora. Per il momento possiamo
fermarci e riflettere sui tanti mondi e modi della produzione delle zecche, della circolazione, uso e comunicazione iconografica delle monete: monete che viaggiano
con gli uomini e nel tempo anche molto lontano.
Cristoforo Colombo (1451-1506) era genovese: part
dalla Spagna per le Indie nel 1492 e nel dicembre arriv a San Salvator, poi a Santo Domingo e Haiti. La
prima colonia europea nel nuovo mondo fu La Isabela,
fondata da Colombo nel 1493, suo secondo viaggio,
sulle coste nord della Repubblica Dominicana. Lo scavo archeologico qui condotto ha restituito 78 monete,
specialmente di zecche spagnole e portoghesi, ma anche un denaro minuto di Genova del doge Ludovico di
Campofregoso (1447-1450)40 (fig. 24).

1
Gli usi rituali delle monete sono molto numerosi: per uno sguardo dinsieme si veda Travaini 2009.
2
Si vedano alcuni esempi di dati quantitativi desunti da fonti francesi in
Bompaire, Dumas 2000, pp. 490-491.
3
Non sempre oggi siamo in grado di identificare il pieno significato delle
iconografie monetali, ed necessario un lavoro di ricerca molto ampio e
comparativo per ricostruire il lessico iconografico delle monete; il progetto per realizzare un Lexicon Iconographicum Numismaticae classicae
et mediae Aetatis (LIN) stato avviato da alcuni anni, diretto da Maria
Caccamo Caltabiano dellUniversit di Messina, con la partecipazione di
chi scrive e di altri studiosi.
4
Si veda oltre alla nota 9.
5
Per la produzione dei pesi monetali e il rapporto con le zecche si veda in
particolare Zavattoni c.s.
6
Spufford 1988a, p. 21.
7
Secondo alcuni da considerare una riduzione iconografia per rappresentare lintera cinta urbana, piuttosto che la traduzione visiva del termine
ianua, porta: Petti Balbi 1991, p. 315.
8
Nel catalogo delle monete si preferisce qui la terminologia porta urbica,
mentre nel suo testo e nel catalogo delle bilance e dei pesi monetali Maurice Cammarano ha preferito utilizzare il termine castello.
9
Si veda il testo di Monica Baldassarri, la quale cita tra laltro gli studi
fondamentali di Cornelio Desimoni, Pier Francesco Casaretto, Roberto
Sabatino Lopez, Giovanni Pesce e Giuseppe Felloni, che in vario modo
hanno trattato della monetazione di Genova. La storia degli studi di
grande importanza ed sempre utile risalire alle origini quando si avvia
la ricerca su qualsiasi tema; per le monete italiane medievali e moderne si
deve ricordare lopera di re Vittorio Emanuele III per il quale la collezione
e lo studio delle monete furono la pi grande passione della sua vita;
egli realizz il Corpus Nummorum Italicorum, i cui venti enormi volumi
pubblicati tra il 1910 e il 1943 sono tuttora un riferimento, usato anche in
questo volume sulle monete di Banca Carige: per la biografia numismatica
del re si veda Travaini 1991/2005 e per un quadro della storia degli studi
sulle monete italiane si veda L. Travaini, Le zecche italiane, in Travaini c.s.
10
Per il documento si veda Libri Iurium 1996, p. 19 n. 1194 (...cum autem
ad expedicionem nostram pro regno Siciliae et Apulie obtinendo, multis indigeamus sumptibus, de bona voluntate ipsorum ianuensium ordinavimus, ut
in civitate eorum de argento nostro moneta cudatur in forma ianuensium).
11
Per i ritrovamenti in Sicilia, Travaini 1995 e Baldassarri 2009, p. 95; per
le fonti genovesi relative a tar doro siciliani, Abulafia 1991.
12
Termine utilizzato da Mller 1980.
13
La coniazione del ducato doro di Venezia fu decretata il 31 ottobre
1284 e la produzione inizi nel marzo 1285, e levento fu celebrato con
una iscrizione su marmo nella zecca: Stahl 2008, pp. 68-69.
14
Trasselli 1959, pp. 33, 140-141; Travaini 2003, p. 33.
15
Per i rapporti tra mercanti e matematica nel medioevo si veda Travaini
2003.
16
Il documento dice: miliarenses bonos et iustos et iusti et boni ponderis, eo
modo et pondere quo fuerit in civitate Ianue: citato da Lopez 1955; secondo
Lopez e altri studiosi (da ultimo Saccocci 2010), i miliarenses sarebbero identificabili con i grossi dargento di zecche italiane, secondo altri si
trattava invece di imitazioni dei dirhem quadrati almohadi: cfr. Spufford
1988b, pp. 171-174; Watson 1967, p. 11 ss.; Travaini 1992 e 2003, p. 33
nota 40.
17
I Fieschi detenevano il diritto di monetazione dal 1249, quando lanti-re
dei Romani Guglielmo dOlanda concesse ai conti di Lavagna e ai loro
discendenti primogeniti lo status di conti Palatini con il diritto di battere
moneta: sul diritto di moneta nelle zecche italiane si veda Matzke c.s.
18
La lettera del 1668 riprodotta pi avanti nel saggio di Marco Bazzini,
il quale offre maggiori dettagli sui luigini. Questo passo della lettera trascritto diversamente da Tacchella 1990, pp. 56-58 (si veda anche Tacchella
1996, pp. 42-46), dal quale lo cita Girola (Ronco) c.s., citato a sua volta
(quando era in corso di stampa) da Travaini 2007b, p. 506. La foto della
lettera permette di verificare leffettiva trascrizione. Entrambe le lettere del
vescovo di Tortona meritano un approfondimento che non possibile in
questa sede. Tacchella proponeva di leggere le cifre prodotte da ciascun
torchio come il valore in scudi, rendendo cos i quantitativi prodotti ancora pi elevati. La produzione dei luigini testimoniata anche da un altro
documento riportato da Olivieri (1864, pp. 64-65) dagli archivi di Tortona
(forse appunti dello stesso vescovo Settala), che qui riporto:

Partiti fatti alli zecchieri dalli infrascritti Signori che hanno facolt di
battere moneta, e questi in ordine al battere luigini.
Il signor principe DOria per li due torchi di Torriglia laffitta 1400
crocioni lanno, oltre luno per cento.
Il signor marchese Napoleone affitta 1400 crocioni la sua Rocchetta
pagando anticipatamente di tre mesi.
Il signor conte di Tassarolo lha affittata crocioni 2000 con dargli tal
moneta sicura in San Pier dArena.
Il signor marchese dArquata affitta la sua 1800 crocioni lanno, con
facolt se gli battino per esso 3200 onze dargento lanno, quale facolt
lha venduta 57 crocioni al mese.
Non essendovi molini a proposito lavorano con due molini a cavallo
pei quali tengono otto cavalli. Lavorano circa 28 o 30 persone. Il
motto Pulchrior sed non prima [legenda dei luigini di Arquata], Deus
protector meus [legenda dei luigini di Loano].
Le zecche diconsi 17 in Italia ed ora ve ne sono molto di pi. Tassarolo
torchi 4, Ronco 2, Torriglia 3, Montebruno 2, Carrega 2, Rovegno 2,
Grondona 2, Rocchetta 2, Laccio vicino Torriglia 2, Campi 3, Arquata
3, Loano 2, Fosdenovo 2, Lucca 4, Roccaforte 3, Bavastro 2.
Si stampano lire 100 e pi al giorno da un solo torchio ed ogni libbra
far pi luigini e pi delli piccoli che ora usano. Per ogni libbra vi
pongono 4 oncie dargento ed otto di rame. In Torriglia vi un
imbiancatore che fa resistere questa materia nel fuoco.
In Montebruno si lavora da Avanzino ed di Giorgio Rallero. In
Grondona vi figura Picchinotti ed del conte Massimiliano di
Tassarolo. In Carrega Mons Santi quale ha quella di Genova. In
Laccio Paris Tasca.
Il documento citato da Cammarano 1998, p. 27. Per queste zecche, e per
altri documenti, si vedano le rispettive voci, e la voce Santo Stefano dAveto, in Travaini c.s. Sui luigini si vedano anche Cipolla 1994 e Tucci 1979.
19
Felloni (1975, pp. 315 e 319) ne ha indicato i quantitivi emessi dalla
zecca di Genova in base ai conti delle uscite della zecca allArchivio di
Stato di Genova: nel 1668 furono emesse lire 50.441 di gianuini, e nel
1669 lire 60.187 di gianuini, lire 62.019 di giustini e lire 148.833 di ligurini:
una produzione davvero notevole; si vedano anche Pastine 1952 e Pesce
2005, p. 63.
20
Pesce 2005, pp. 45, 54
21
Bernocchi 1974, p. 53.
22
Sulle diverse etimologie del nome della citt si veda Petti Balbi 1991,
pp. 311-326.
23
Ferro D. 2006-2007.
24
Pesce 2005, p. 96.
25
Su questo multiplo aureo si veda ora Travaini, Prokisch c.s.; di questo doge stato identificato anche un tipo di denaro di Genova: Ferro
D. 2010.
26
Per il medaglione di Teodorico si vedano il disegno e la ricca bibliografia in Travaini 2007a, pp. 229-230.
27
Girola (Ronco) c.s.
28
Oberlnder-Trnoveanu 2000; Travaini 2006.
29
Si veda il testo di Oberlnder-Trnoveanu sulle coniazioni genovesi nel
Levante; per Caffa si vedano da ultimi Balard 2009 e Basso 2009.
30
Dati desunti da Arslan 1975; grafico riprodotto da Travaini 2007a, p. 123.
31
Per le intricate vicende del ritrovamento si veda Vajna 2001a.
32
Chiaravalle 1991.
33
Tucci 1986, p. 97.
34
Pesce 2005, pp. 49-51, 181-183.
35
Una sintesi dei metodi e problemi della falsa moneta in Travaini 2007a,
capitolo 9. Un falso depoca probabilmente lesemplare cat. Monete n.
1152, contraffazione del quarto di tallero di Agostino Spinola per la zecca
di Tassarolo.
36
Pesce 2005, p. 184.
37
Pesce 2005, p. 50: questa vicenda merita uno studio pi approfondito.
38
Tesi di laurea di Paola Oldrini, Un prete falsario tra Piemonte e Lombardia agli inizi del Settecento: i complici, le vittime, il processo e la storia monetaria, Universit degli Studi di Milano, Facolt di lettere e filosofia, relatore
Lucia Travaini, correlatore Silvia Pizzetti, anno accademico 2004-2005.
39
Si veda pi avanti il testo di Marco Bazzini per la zecca di Ronco. Restelli
1975, pp. 383- 392; Girola (Ronco) c.s.
40
Stahl 1993-1994: tra i ritrovamenti anche un soldo della zecca di Aquileia del patriarca Ludovico di Teck (1412-1437).
23

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