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FILOSOFIE DEL 900

LEZIONE 1
La filosofia nasce per comprendere se quellarco di tempo ,compreso tra ci che stavo facendo ieri e che ora
non sto facendo pi , pensabile o dicibile e se intorno a questa pensabilit e dicibilit noi possiamo
produrre una conoscenza. Nel Sofista la domanda fondamentale : come penso ci che non c? Questo il
punto, la filosofia non nasce per pensare lEssere , per fare ci basterebbe Parmenide. La filosofia nasce per
verificare la possibilit della pensabilit di ci che non c. La filosofia nasce come prassi nichilistica. La
critica al platonismo che occuper tutto il corso comunque un lavoro che ha occupato gran parte degli studi
compiuti da Heidegger sul Sofista di Platone. Lipoteca parmenidea che non si deve mai perdere di vista :
lEssere , ma soprattutto lEssere semplice. LEssere non mai molteplice , non si differenzia al proprio
interno. Il Non Essere non n pensabile ,n dicibile perch non oggetto. Non c possibilit di un
pensiero del divenire , le cose non mutano , se mutano non sono : questa lipoteca parmenidea. Per
Parmenide questa la natura della verit , una verit che tautologica. Non esiste il falso , il non vero non
esiste. Nella dimensione della filosofia elatica gi dire del non essere che non dicibile fin troppo perch
lo oggettivo e lo qualifico. Non c movimento dellessere. Per tenere insieme Essere e Divenire nasce la
filosofia. Platone fa ci operando il parmenicidio; egli comunque intriso di filosofia parmenidea per egli
ci permette di pensare al non essere. La dialettica in Platone nasce per rendere pensabile ci che non c,
essa ha un carattere del tutto negativo perch ci permette di pensare ci che non c. Parmenide non un
filosofo perch non si pone il problema di pensare alla trasformazione. Non c pi una conoscenza
immediata delle cose. La filosofia pone come domanda fondamentale il che cos .Bisogna educarsi alla
verit , un cammino attraverso la caverna platonica. La verit in greco ALETHEIA cio senza
nascondimento , vi quindi un primato del velato sul disvelato. La dialettica platonica inserisce nella
dottrina eleatica il problema chiave per Platone cio quello riguardante il tempo. Noi secondo Parmenide
possiamo conoscere solo lE, cio leternamente presente. Non c quindi conoscenza perch la conoscenza
parte da una crisi e ce lo insegna bene Socrate e il suo so di non sapere , nasce dalla crisi delluomo pi
saggio. Per Platone le cose si trasformano , ci danno solo una doxa , ma esistono. Egli introduce dentro la
questione della verit la questione del tempo , lo fa per in maniera negativa per dimostrarci che quel tempo
non ci insegna niente. La doxa per fa comunque parte della conoscenza. Rendere pensabile il non essere
non cosa da poco , vi una curiosa complicit tra il pensiero di Parmenide e il pensiero contemporaneo
antidialettico. Platone il nome della consegna del non nellessere; ci che implica , eventualmente per
superarlo , ci che non . Lessere sa cogliere il negativo. Platone ci dimostra come con le regole della
dialettica possiamo arrivare alla definizione di ci che non c. Il concetto per Platone deve essere
dialettico , non la dialettica ad essere la verit come lo era per Hegel. Di fronte alla dottrina eleatica di
Parmenide Platone mette in risalto la possibilit della pensabilit del non ente. Il non ente non assume
carattere positivo , ma viene introdotta la possibilit che le cose siano corrotte perch mutevoli. Per
Parmenide il mondo non esiste perch esso non ci dice nulla , ci che ,la nostra stessa esistenza, una ; il
fatto che ci siano tante esperienze non ci dice nulla secondo Parmenide ma perch secondo lui non ci sono le
idee. La filosofia ci serve per pensare il rapporto uno-molti. Un altro problema fondamentale la pensabilit
del movimento. Come penso il divenire nellessere? La filosofia il tentativo di coimplicare la stabilit
dellessere , sempre presente , al movimento della realt sensibile a cui noi siamo consegnati. Parmenide non
trova nessun modo per operare questa conciliazione. E necessario dare un ordine al divenire , perch senza
ordine non vi pu essere conoscenza , in questo Platone parmenideo. Il mutamento esiste ma sottomesso
a delle regole: sottomesso alla conoscenza. Il fenomeno del mondo in quanto soggiorno di ci che diviene
per Parmenide non esiste , Parmenide adialettico. Platone riabilita il dato fenomenico pur giudicandolo poi
in maniera dura. Si creano le condizioni per la pensabilit di ci che non c. La verit dicibile seppur a
diversi gradi pedagogici;Platone concepisce una teoria che renda pensabile ci che non c. Si arriva alla
fine del monismo eleatico , il mondo diventa improvvisamente pi ricco. Il Sofista non si misura solo con

Parmenide , ma discute anche con posizioni che si trovano agli antipodi rispetto a Parmenide. Il linguaggio
riesce a far esserci ci che non c e per questo viene aspramente criticato da Platone. Solo nel linguaggio
possiamo pensare una molteplicit senza unit, esso il luogo per eccellenza del non essere. Il superamento
per operato da Platone nei confronti di Parmenide avviene proprio nel linguaggio , non usa il linguaggio
come i sofisti cio per dire che il falso sia vero ed pure convinto che sia la dimora del non essere per
pure convinto che in esso si avverta il timbro del movimento. La volont di Platone nel sofista di superare
lo scontro polare tra la dottrina eleatica(uno) e la sofistica(molti). Questo superamento ha un nome: la
dialettica ,essa la pensabilit del rapporto uno-molti. Il mondo di parmenide da un lato dominato
dallarmonia tra uomo e cosmo : lessere parmenideo divino. Da parte di parmenide vi una condanna
radicale di quello che diventer il grande problema della filosofia moderna : come posso conoscere ci che
fuori di me? Per parmenide non lo posso proprio conoscere perch non esiste, mentre platone almeno si pone
il problema. Se lo pone perch il mondo di platone un mondo disertato da dio , contrassegnato dalla
mancanza costitutiva dellessere . Il nichilismo inscritto nelle maglie della nascita della filosofia. Il
pensiero decostruttivo ha stilizzato un po la nascita della filosofia ; nasce la filosofia a partire da questa
voragine del senso , ma soprattutto la filosofia nasce per dare risposte. Si esce dalla cultura sapienziale con
Socrate , la filosofia nasce come critica per dare risposte , senn ci basterebbe un qualsiasi oracolo. La
filosofia deve dare la risposta pi grave cio ad un mondo che ha perso il divino, cio ha perso lessere , ha
perso il senso dellessere. Deve fare quindi le domande pi stupide cio che cos quello che vedo. Bisogna
ripartire da zero per dare risposte, risposte vere nellottica platonica. Si comprende come si possa pensare il
molteplice salvaguardando lessere. Tutto nella nostra esistenza non , la ferma coscienza del negativo
accompagna Platone lungo il suo percorso speculativo ; senza distanza non c conoscenza , la conoscenza
filosofica nasce da questa separazione. Questa separazione , questa ferita ci che Platone vuole sanare ,
cio quel rapporto tra ci che stabile e ci che apparente. Platone dir che quello che apparente falso
ma esiste e non solo esiste ma quella corruzione serve a concepire la possibilit di un pensiero dellessere.
Lessere ci che io devo pensare quindi ci da cui devo essere fuori. In Parmenide la verit tautologica
sterile , non permette di conoscere niente. Il sapere si mette in gioco con il non sapere. Platone accetta la
sfida del non essere , accetta la sfida della sua pensabilit. Platone deve dimostrare come lessere sia in
grado di cogliere il negativo , il divenire , il movimento. La doxa , la non verit ecc. non sono pi annullate
come in Parmenide ma sono in grado , pur infimo , di conoscenza. Tutti gli uomini sono schiavi della
caverna, bisogna compiere il cammino per uscire da essa. Non devi essere un sapiente , ma devi metterti a
studiare per compiere questo cammino che ti porter ad esserlo. Se si rompe con lessere parmenideo si
incontra il mondo. E necessario perdere qualcosa per poi rendere pi ricco il mondo e pi complesso , senza
perdere la verit. Lessere coinonia , cio relazione. Nellidentit si implica un elemento relazionale ,
dentro lidentit esistono le differenze. Si concepisce la verit schiusa alla relazione. La verit si deve
conquistare , necessaria la distinzione tra ci che vero e ci che non lo , per questo si sviluppa lattacco
platonico ai sofisti. Non devono sorgere equivoci riguardo a chi sia il filosofo e chi il sofista.
LEZIONE 2
La semplicit ed unicit dellente parmenideo implica che il non ente sia impensabile ed indicibile ( gi dire
indicibile dire troppo in quanto implica dargli una consistenza negativa). Heidegger da una precisa
interpretazione di Platone : in Platone si consuma la dimenticanza dellEssere , tale dimenticanza la
metafisica. Contro ogni idea che noi potremmo avere della metafisica , essa il luogo della rimozione del
vero problema dellessere. Ci dovremmo chiedere cos essere? Cos la verit e in generale che cos
metafisica per Heidegger. Essere e metafisica per Heidegger sono due cose separate. Dietro il termine
metafisica ,al di l delle varie interpretazioni date nel corso dei secoli, risiede il problema della verit.
Quando in gioco la metafisica sempre in gioco il concetto di verit. Un altro elemento preliminare che
in Heidegger vi sia una coincidenza tra filosofia e metafisica e non scontato che sia cos in quanto vi sono
autori che pongono la filosofia in opposizione alla metafisica. La rilettura che Heidegger fa del mito della

caverna identifica la caverna come luogo della torsione del problema dellessere in una vicenda di natura
metafisica. Heidegger sostiene che Platone elimini il problema dellessere fondando la metafisica. Platone fa
tutto ci operando un certo maneggiamento del concetto di verit. Heidegger dir che tutta la storia della
metafisica fino a Nietzsche implicita in questo gesto di Platone. Gli interrogativi che dovremmo analizzare
sono quelli fondativi riguardanti la nascita della filosofia. Il problema centrale come sia possibile pensare
ci che non si da, cio la pensabilit del non essere. Per sfuggire dalle maglie della tautologia parmenidea
lerrore di Platone secondo Heidegger stata lesagerazione. Con Platone nasce la metafisica come
dimenticanza del problema dellessere, si perde la differenza ontologica tra essere ed ente. Con queste
affermazioni Heidegger mette in evidenza come Platone inizi quel processo che arriver fino a Nietzsche che
tende a pensare lessere non come un essere ma come un ente. Ci significa che inizia a pensarlo come
qualcosa di stabile e oggettivo. Questo passaggio di Platone a fondamento della scienza moderna : lessere
diventa oggettivabile. Sar pure un ente sommo , ma rimane comunque un essere stabile. Platone da un
contributo che ancora oggi si ripercuote su come noi intendiamo la verit. Platone riporta lEssere dentro le
maglie dellente. Per i greci ALETHEIA non ha nulla di oggettivo se viene da qualcosa che si ritrae : la
verit qualcosa che si d ritraendosi. Heidegger imputa a Platone un travisamento del problema della verit
in grado di produrre una rimozione del problema dellessere. Alla base della nascita della metafisca
platonica ci sarebbe la rimozione della differneza ontologica . Differenza ontologica significa perdere lo
scarto tra ente ed essere , cio lessere viene concepito come proveniente dagli altri. Un ente ci che ha un
principio di stabilit oggettivo. La metafisica pensa lessere come eternamente presente, ci avviene perch
sempre pi lidea in platone diventa mera rappresentazione dellessere. Si ha bisogno di una
rappresentazione perch si parte sempre da unassenza. Si blocca qualcosa che non c, la conoscenza una
forma di rappresentazione. La rimozione del problema della differenza ontologica avviene perch sempre
pi lidea platonica diventa mera rappresentazione dellessere dal momento che lessere diventa un oggetto
presente. Quando Heidegger sostiene che la metafisica platonica il luogo aurorale del problema dellessere
ha a che fare con una concezione delle idee platoniche come mera rappresentazione dellessere. Per produrre
una conoscenza mi devo rappresentare le cose non per come sono. La verit non si produce tramite una
conoscenza , la verit ci che disponibile , ci che non si ritrae , che sempre presente. La differenza
ontologica la prestazione che Heidegger attribuisce negativamente a Platone. Platone e la metafisica sono
il luogo della perdita della differenza ontologica. La differenza ontologica la salvaguardia della
separazione tra essere ed ente. Come posso salvaguardare questa differenza? E necessario per fare ci quel
tipo di verit intesa come aletheia, devo avere quella verit che si ritrae , non disponibile quindi ad essere
un ente. Platone nel mito della caverna opererebbe in direzione di una concezione dellessere che ha al suo
fondo un tipo di verit che comporta un pensiero dellessere come un ente tra gli altri , solo grazie a
questoperazione pu nascere la filosofia platonica perch solo se lessere un oggetto la metafisica pu
diventare una scienza. Per produrre una scienza si deve produrre un sapere certo , insegnabile ecc. La
filosofia nasce grazie alla possibilit di poter fare un discorso certo sullessere. Nella nascita della filosofia
inscritta la rimozione del problema dellessere, la filosofia il luogo della cultura greca dellabbandono di
quella concezione dellaletheia come primato del nascondimento, come salvaguardia dellessere. Nel
Teeteto Platone dice che quando si conosce si ha un rapporto diretto con la verit . Si deve distinguere la
conoscenza dal sapere, in questo sta anche la distinzione tra filsoofo e sofista. Il Sofista si apre
raccordandosi esplicitamente al Teeteto, il sofista chi minaccia il rapporto tra lessere e la verit , tra la
conoscenza e la verit. Il sofista rappresenta questa minaccia perch rende radicalmente autonomo il
linguaggio : il linguaggio assume una pure ed esclusiva valenza retorica. Con la sofistica i discorsi non
possono pi venire valutati in termini di verit e falsit , siamo al lato opposto rispetto a Parmenide. Siamo
davanti allo scioglimento di linguaggio , pensiero ed essere. Nella sofistica viene a mancare il principio di
qualsiasi ragionamento filosofico in quanto tale, viene a mancare la contraddizione. Nessun discorso di un
sofista che sia ben fatto puo venire contraddetto. Il risvolto la mancanza di un criterio che distingua ci che
giusto da ci che non lo . Platone ci dice che il non essere si pu dire e che quindi si pu pensare ma non

si deve cadere in ci che dicono i sofisti. Per uscire da Parmenide si deve essere in grado di dire il non essere
ma questo dire del non essere deve avere un rapporto con lessere non come fanno i sofisti che questo dire
del non essere puro arbitrio senza alcun rapporto con lessere. La retorica nellottica di Platone ancora
peggio della doxa. Platone ha bisogno di dire il non vero , per poterlo dire e non diventare dei sofisti devo
poter dire che falso. Questa la strada in cui nasce la metafisica , per fare questo Platone tende troppo ad
oggettivare lessere secondo Heidegger. Questo il punto di collisione. Il Sofista schiude un transito tra
lessere e il discorso. Riconsegna al discorso la sua abilit ontologica contro la declinazione retoricopragmatica dei sofisti. IL filosofo a differenza degli altri sfrutta la dialettica , colui che per raggiungere la
verit passa attraverso il negativo , passa attraverso la fondazione della dialettica. Protagonista del dialogo
lo straniero di Elea e parlando a socrate si chiede perch tutti confondano i sofisti con i filosofi. Si tratta
quindi di comprendere come il sofista riesca ad imitare il filosofo. Sar la differenza tra nome e cosa a
sciogliere la confusione che ci fa percepire il sofista come il filosofo. La differenza tra il nome e la cosa che
nomina : il nome indica esclusivamente la dimensione privata , il mero verbalismo , la mera apparenza.
Allaltezza del nome non c differenza tra il filosofo e il non filosofo. Bisogna comprendere cosa quel
nome realmente indichi per distinguere il sofista dal filosofo. Il problema del Sofista il confronto tra parola
e cosa, il compito che si da lo straniero di Elea conoscere il terreno del logos. IL compito dello straniero di
Elea quello di andare a caccia del sofista , dimostrando come i suoi discorsi non abbiano alcuno
ancoraggio rispetto alla cosa di cui vogliono parlare. Il discorso del sofista non ha nessun legame tra mondo
dei fenomeni e mendo delle idee. Platone vuole dimostrare che la sofistica non altro che una tecnica e che
non ha nulla a che fare con la verit o con il problema dellessere. Si tratta di un continuo dividere questo
il pensiero dialettico. Bisogna tenere presente quello che loggetto fondamentale della filosofia
heideggeriana cio una concezione della verit come conformit. In platone sarebbe inscritto il germe che
configura la cultura occidentale. Questo il problema fondamentale , Platone il primo a fare questa
operazione fondamentale ed solo grazie a questo che la filosofia pu essere una metafisica che concepisce
il problema dellessere in termini scientifici e rigorosi. Ci che io esprimo intorno ad un fenomeno si da
perch domina una concezione della verit come adeguazione tra loggetto e il pensiero. Il pensiero in
grado di produrre una conoscenza logica. La cosa me la devo rappresentare , devo farmene un oggetto. Io
mi devo fare soggetto di quelloggetto , devo produrre una conformit , una relazione logica, devo stabilire
un legame dialettico tra logos e on. In questo legame tra logos e on si pu stabilire se c questo legame una
concezione della verit come conformit, una verit che si da sempre disponibile, perch sempre presente.
Ora questa verit me la posso solo rappresentare perch nulla si da veramente cos , cio nella disponibilit
delloggetto da conoscere. Il pensiero metafisico un pensiero della violenza appropiativa , io mi approprio
del molteplice ,del mondo differente ,lo riporto alluno dialetticamente per renderlo pensabile e conoscibile.
La verit si d ritraendosi. La filosofia nasce dalla capacit di dare risposte anche alla domanda che
cos?, questa la domanda della violenza. Tutto questa torsione del problema della verit una
dichiarazione di guerra ai fenomeni .
LEZIONE 3
Platone cerca di rendere complessa la verit parmenidea , inserendo il diverso nellessere perch senn tutto
ci che si muove non sarebbe essere, non esisterebbe perch non conoscibile. C un grave problema di
povert nel mondo parmenideo. Platone pone la filosofia come rapporto tra il non e lessere, se vero questo
la metafisica platonica si inscrive con un indice nichilistico che la struttura. Il primo stadio del mito della
caverna quello degli uomini incatenati che vedono le ombre. Platone perverte il problema dellessere e
questo Heidegger lo spiega bene. Platone aveva intuito il niente nel problema dellessere e attraverso la
teoria delle idee rappresenta questa infrazione e rappresentandola ne prende le distanze cio la chiude. Per
Heidegger questa chiusura il problema occidentale. Platone alla fine pensa il completo venire allo scoperto
, il carattere di ci che il logos pensa. Con Platone lessere tende a diventare loggetto. Il primo stadio la
situazione delluomo nella caverna sotterranea (p.46). Gli uomini si trovano nella caverna fin dallinfanzia ,

sono incatenati e proprio per questo possono guardare solo verso ci che sta di fronte a loro. Hanno ci solo
che possono maneggiare. A causa delle catene non hanno percezione perch non possono neanche girare la
testa. La condizione dei prigionieri quella dellesistenza umana, incatenati , impossibilitati a guardare la
luce. Essi vedono solo ombre proiettate dalla luce del fuoco, delle cose quindi vedono solo le ombre. Ci
che ci che loro vedono , necessariamente. Anche ci che loro ascoltano credono che provenga dal fondo
della caverna. Ci che che cos? Dobbiamo definire limmediatezza: ci che per luomo limmediato.
Nella caverna non vi alcuna mediazione logica rispetto a ci che . Nello stadio delluomo della caverna ,
incatenato e senza rapporti con altri ,luomo ritiene che ci che ( laletheia , lo svelato) sono le ombre della
caverna, ma vero che sono le ombre della caverna? Per luomo incatenato s , questo il punto di rottura
con Parmenide. La condizione delluomo della caverna che lui non pu fare le differenze, le ombre per lui
sono tutto lo svelato , non vi mediazione; solo una mediazione logica permetterebbe di fargli comprendere
che le ombre sono tali. Quello svelato tutto lo svelato. Nella caverna lo svelato (aletheia, lo svelato ci
che immediatamente sta davanti) ci che sin dallinfanzia per questi uomini della caverna quindi le
ombre. Per quanto possa essere strana una qualsiasi situazione in cui si trova lessere umano , essere uomini
significa essere in rapporto con ci che svelato. Esserci significa avere un rapporto con lEssere. Il primo
stadio platonico ci sta dicendo che essere uomini , cio esseri che si trasformano e quindi in movimento ,
vuol dire in ogni caso al di l di quale sia lo statuto dello svelato avere un rapporto con lo svelato. Essere
uomini vuol dire avere un rapporto con la verit , che sia pure un rapporto negativo. Verit qui non nulla di
oggettivo , qui ci interessa il rapporto delluomo con lo svelato. Luomo ha questo rapporto proprio in
quanto esiste. Solo grazie a questa precomprensione logica luomo potr fare il percorso che gli permetter
di conoscere lo svelato. Luomo nella sua stessa esistenza ha un rapporto con il proprio essere che la sua
stessa esistenza. Non fuori di me la verit , io ho un rapporto, lessere relazione non identit. Il rapporto
delluomo con lo svelato una condizione ontologica esistenziale. Sin dallinfanzia esiste una relazione
prelogica con il vero. Lo schiavo non ha la verit , lesistenza delluomo in quanto tale stabilisce
prelogicamente una relazione con ci che svelato. La verit si da ritraendosi , lerrore degli schiavi
pensare di poterla possedere, per loro la verit sono le ombre. Platone inizia ad iniettare il virus
delloggettivit e della rappresentazione in una parola Platone prepara la traduzione di aletheia come verit ,
la prepara concettualmente. Io come uomo mi pongo il problema dello svelato , pure se sto in una caverna
incatenato (->p.51 punto 5 ->) Per quegli uomini della caverna le ombre sono lo svelato , sono ci che .
Luomo prende ,in maniera immediata e non dopo varie riflessioni , per ente ci che di volta in volta
svelato, ci che gli si offre davanti. Luomo non nientaltro se non quellente che si rapporta a ci che per
lui lente. Noi siamo quellessere che si pone il problema dellente; gli altri animali non si pongono il
problema dellente , non si pongono il problema della cosa. Esistere per noi porci il problema della nostra
esistenza. Il nostro essere il nostro esistere, qui non c una dinamica teoretica in ballo. Rispetto a
Parmenide noi stiamo dicendo che c un rapporto con lo svelato anche al livello delle ombre , anche a
livello del non essere. Anche la doxa , anche il non essere pi vicino allessere che al nulla , perch
integrato : qui inizia la dialettica. Noi esistenzialmente abbiamo un rapporto con lessere delle cose. Lo
schiavo non sa che quelle sono ombre , ma anche lui ha un rapporto con lo svelato seppur non conosca la
differenza tra svelato e velato perch non ha prodotto un sapere, eppure hanno un rapporto con lo svelato
cio laletheia. Luomo prende automaticamente per ente ci che di volta in volta disvelato. (->p.51 punto
7->) Per lo schiavo ci che gli sta davanti laletheia. Dopotutto anche qui dobbiamo aggiungere che questo
svelato non si fa incontro agli incatenati in quanto svelato, perch loro non sono esseri dialettici per questo
non possono pensare che esso sia lo svelato o meno , per questo ci troviamo al grado zero , al grado della
totale ignoranza ; gli schiavi non fanno distinzione tra svelato/velato. AI prigionieri non concesso
concepire la differenza: lo svelato solo ci che gli sta davanti , hanno con ci che gli sta davanti un
rapporto immediato. Loro non vedono la luce e per questo non conoscono la differenza tra svelato e velato.
Questo disvelato lo chiamiamo noi cos perch per gli schiavi esso un essere davanti allente , non si
produce una differenza. Ad Heidegger interessa mostrare che con limmagine del mito della caverna , gi

quindi al primo grado , siamo nel dominio della svelatezza. La svelatezza ci appartiene. Il primo stadio
rappresenta come luomo viva quotianamente, si pone il problema del vero non logicamente ma solo come
problema della sua esistenza. (-> p. 52 -> ) Nel primo stadio non sappiamo niente della svelatezza ,in questo
stadio siamo in qualche modo al cospetto della svelatezza. La svelatezza di qualcosa , la svelatezza
dellente , cui luomo si rapporta appartiene allesserci delluomo. Lesserci ,DASEIN ,lesistenza umana
questo rapporto , vivere questo rapporto con il disvelato. Non so nulla dellessenza dello svelato se non
quando diventer filosofo. LO schiavo non sa cosa sia la verit ma riconosce un rapporto con essa. IL
prigioniero davanti a s ha lo svelato, che non uno svelato mediato dialetticamente . Esistere vuol dire
avere un rapporto con la svelatezza, esiste un rapporto strutturale con laletheia cio un rapporto ontologico.
Strutturalmente io ho un rapporto con il problema dellaletheia. Se non fosse cos non ci potrebbe mai essere
ci che non nellente e avrebbe ragione Parmenide. In Heidegger lapriori strutturale fondamentale
lessere nel mondo : esistere significa essere nel mondo. Io ,come Dasein, come esserci, vivere significa io
nella mia stessa esistenza. Luomo , il dasein , ha come struttura della sua stessa essistenza porsi il problema
del proprio essere. Ma qual lessere dellesistenza? Lesistenza stessa. (->p.53->) Lo svelato viene preso
automaticamente. Il rapporto dello schiavo in catene con lente lesito di unimmediatezza , non c
mediazione concettuale. Se ci limitiamo al primo stadio , non possiamo stabilire una connessione tra il
problema dellente e dellaletheia , siamo presi e limitati da ci che si svolge nella parete e non abbiamo
occhi per altro. Quello che c sulla parete il mondo puro e semplice. Il prigioniero non sarebbe mai in
grado di saper descrivere la sua situazione anzi lui non saprebbe neanche di essere in tale situazione ,
parlerebbe solo delle ombre. Per luomo della caverna le ombre sono la svelatezza; non c qui una
rappresentazione sbagliata , non c neanche una rappresentazione , c unesistenza. La situazione degli
schiavi imparagonabile a qualsiasi definizione della verit come adeguazione, resta anche per lo schiavo il
problema dello stare davanti a qualcosa che ha in s la svelatezza. La conclusione dellultimo stato sono una
spia fondamenta del vero nemico di Platone e di Heidegger. Il problema sar proprio il passaggio
dellaletheia in uneconomia concettuale che perde il doppio gioco svelato/disvelato e pensa la verit come
una conformazione , unadeguazione a qualcosaltro , cio qualcosa che posso conoscere oggettivamente :
non qualcosa che si sottrae ma qualcosa che si adegua, che si pu rappresentare. Nella dimensione
dellaletheia , nel senso originario per Heidegger, la verit irrappresentabile, cio il rapporto con laletheia
unesperienza non un atto conoscitivo. Il rapporto con laletheia unesperienza che struttura
essenzialmente lesistenza , cio la critica di H. a Platone di fare dellessere ci che rende possibile la
conoscenza, cio la conoscenza in questa maniera disperde completamente quel carattere che H. definisce
automatico, cio il fatto stesso di esistere mi consegna a unesperienza dellaletheia. Non si pu essere se
non in relazione ad altro questa la critica fondamentale che muove Platone a Parmenide : lessere viene
trasformato in senso dialettico. Il dialogo del Sofista fa proprio questo: ci fa perdere quella visione della
verit tautologica ed identitaria. Per rendere dialettico lessere bisogna inserire il negativo, il non essere.
Parmenide pensa la natura immobile , tutto ci che mobile non esiste. Parmenide non ci permette di
pensare la trasformazione , il movimento quindi si deve assimilare il non essere allinterno della struttura
dellessere. Platone sostiene nel Sofista la coinonia dellessere , cio lessere si d ed attua i suoi generi
sommi nella relazione, eterotopico.
LEZIONE 4
La filosofia nasce con questo problema di matrice parmenidea, cio lingiunzione parmenidea della
impensabilit e indicibilit di ci che non , quindi un carattere della verit esclusivamente tautologico.
Questa dimensione parmenidea nellottica della prospettiva che abbiamo avanzato non unottica filosofica.
La dimensione parmenidea dellessere una dimensione non filosofica ma sapienziale. Parmenide non dice
che nel mondo in cui abitiamo non ci siano il movimento, il tempo ecc dice che tutto questo per non esiste
rispetto alla verit, cio non ci dice nulla rispetto alla verit degli enti. Dove nasce la filosofia con Platone?
Nasce quando si comprende come il non ente in quanto forma negativa gi implicato con il problema della

svelatezza. Platone il nome dellinizio della filosofia come metafisica, cio una determinata interpretazione
dellessere dellente , ma quellinizio della metafisica nella storia del problema dellessere per Heidegger
una rimozione del problema dellessere. Platone inventa la dialettica , metodo della sua filosofia. Tutta la
teoria delle idee , cio quindi tutta la filosofia , una teoria del vedere, infatti il mito della caverna si basa
proprio su questo. Il problema dellessere riguarda proprio il vedere. Bisogna vedere com fatto lessere per
potervi inserire dentro il non essere. La filosofia muove sul fatto che si possa dire lessere della cosa. Tutto il
problema dellessere in realt in Platone viene pervertito , cio la storia del problema dellessere trova nella
metafisica platonica un luogo delloccultamento, questo luogo la riduzione del problema dellessere al
problema dellente. In Platone si consuma in maniera inaugurale ci che sar il destino di tutta la cultura
occidentale. La modernit non rappresenta una rottura ma un approfondimento radicalizzato di ci che gi si
consuma in Platone, cio il fatto di pensare lessere come un ente tra gli altri cio come mera presenza.
Questa la distruzione della differenza ontologica. La metafisica secondo Heidegger la perdita della
differenza ontologica tra essere ed ente. La differenza ontologica aperta da Platone ma non compiuta ,
Platone apre solo il problema chi compir ci sar Nietzsche e il luogo di tale avvenimento sar il periodo
del progresso tecnologico. Dobbiamo capire perch con Platone la metafisica sia la rimozione del problema
del non essere. Platone inaugura una certa visione che noi abbiamo ereditato. La teoria delle idee una
soluzione al problema concettuale del niente, lidea che gli albori della nostra si fondino sul nichilismo. La
verit si ritrae perch la sua struttura che implica una forma di latenza. Il problema dellessere sempre un
problema collegato al molteplice, luno non mai uno ma nel senso che molteplice , si d in molti modi.
Luno , lessere , contiene il diverso. Lessere quindi relazione, pu stabilire delle relazioni. Bisogna
tenere presente che la verit ha dei gradi e proprio questo ci permette di prendere le distanze da Parmenide.
La verit ha dei gradi , quindi si inserisce dentro la verit la dimensione del tempo , del moto. Su questo
punto si ritrae Platone: la verit ha una storia , si ritrae e poi esce fuori e cos via. Solo cos si possono
stabilire delle relazioni. Rompere con lidentit tautologica parmenidea che ci da la verit ma ci da un
mondo povero e misero , questo elemento nel mito della caverna. Platone inventa che la verit ha dei gradi
finch si arriva alla conoscenza suprema. Il molteplice lo stabilisco stabilendo il non essere quel non essere
che partecipa della verit allora se partecipa della verit perch essa ha dei gradi che sono gradi interni; ha
dei gradi perch essa non si d una volta e per tutte ma si ritrae. Bisogna salvaguardare questa ritrazione,
Platone non avrebbe fino in fondo nel principio della dialettica salavaguardato questa ritrazione della verit.
Non salvaguardo questa ritrazione quando inizio a pensare lessere come un ente quando lo faccio oggetto di
una domanda, qualcosa io non la devo sapere , qualcosa si deve ritrarre della verit. Platone non tollera la
concezione della verit come evento. Con Platone nasce la metafisica come dimenticanza del problema
dellessere perch tende a concepirlo come un ente tra gli altri. In heidegger filosofia e metafisica
coincidono. Platone nelleconomia della cultura occidentale rende impraticabile la riproposizione del
problema dellessere. Il Problema dellessere in questo caso quindi in termini non metafisici significa
riproporlo in termini non dialettici. La metafisica non secondo H. il problema dellessere , fa parte della
questione del problema dellessere. Heidegger colui che vuole riproporre il problema dellessere alla fine
della metafisica, dandogli una storicit. La potenza di H. fa dire a Platone ci che lui non ha detto , lo
interpreta a partire dal suo problema. Heidegger imputa a Platone un travisamento del problema della verit
in grado di promuovere la rimozione del problema dellessere. Ogni volta che si dice metafisica si sta
parlando sempre del problema della verit, bisogna sempre chiedersi quale statuto abbia la verit. La verit
nella grecit e nella cultura ebraica era legata allascolto (ascoltare un oracolo). Sempre pi nella filosofia di
Platone lidea diventa una forma della rappresentazione , l dove nellottica della filosofia heidegerriana ma
non solo , in gioco una teoria della rappresentazione siamo immancabilmente inscritti nella rimozione
dellessere. Se io rappresento lessere lo sto rimuovendo , cio mi sto occupando di altro. Lidea diventa
mera rappresentazione dellessere dal momento che lessere quando viene rappresentato diventa un oggetto
presente. Quando io mi rappresento una cosa me la rappresento perch assente ma ovviamente non mi sto
rappresentando lassenza ; concepisco quella cosa che sto rappresentando come sempre presente cio come

immobile. La rappresentazione rappresenta ci che non c perch rappresenta un qualcosa che sempre lo
stesso , la sostanza aristotelica. Heidegger sta consegnando una tipica nozione moderna , la rappresentazione
, alla teoria delle idee platonica. Lidea una cosa che non c ma che sempre presente. Il tratto
fondamentale della metafisica ,nellinterpretazione heideggeriana, la presenza , lessere presente il modo
in cui la metafisica platonica si pone il problema dellessere. Per H. c coincidenza tra filosofia e
metafisica, come dimenticanza del problema dellessere ; una dimenticanza che si basa sulla
sovrapposizione tra filosofia e metafisica. In questa coimplicazione tra filosofia e metafisica si stabilisce una
determinata concezione dellessere infatti secondo H. la metafisica concepisce lente preso nel suo
complesso in riferimento allessere. La metafisica prende un ente e non gli basta , si chiede che cos quindi
lo riferisce alla sua essenza. Essere metafisico significa porsi di fronte ad un ente in riferimento al suo stesso
essere. Non mi interessa la contingenza dellente ma io domando che cos? Questa la domanda della
filosofia. Pensare un ente , qualsiasi tipo di ente , in riferimento al suo essere questa metafisica. E la logica
celeberrima sia in Platone che in Aristotele del taumazein , della meraviglia di fronte allente che . Io mi
meraviglio che qualcosa sia , in nome di questa meraviglia implica la domanda per eccellenza del che cos.
Porsi la domanda per eccellenza heideggeriana perch lessere e non il nulla? significa riferire lente
allessere immancabilmente , questa la metafisica. Il tentativo platonico/aristotelico contro i sofisti , una
fondazione scientifica della metafisica un voler sfruttare il linguaggio per ancorarsi alla verit. La
metafisica quel sapere , sia per Aristotele che per Platone, che guarda lente e non lo mette in relazione ad
un altro ma lo guarda e si chiede quale sia il suo essere. Che cos lessere in riferimento allente? Lessere
diventa fondamento dellente. Lunica cosa sempre presente lessere. Il problema di H. quello di far
notare come lessere sia concepito come fondamento dellente e lo si pu comprendere gi dalla domanda
fondamentale che cos. Lessere il principio che giustifica lente, nella metafisica secondo
linterpretazione H. possiamo dire che lessere si riduce a giustificazione dellente. Lessere tutto ridotto al
problema dellente, cio lessere ci che permette a ci che diviene di essere. Lessere nella metafisica
concepito come ci che da lessere a ci che diviene. La metafisica concepisce lente nel suo complesso in
riferimento allessere.
Quindi in questo modo lessere non altro che il fondamento dellente.
Dunque lessere non altro che il principio giustificativo dellente. Permette a ci che diviene ,lente, di
avere un essere. Lessere si d totalmente nella presenza , si d totalmente nella logica dellente, questo
significa pensare lessere nelleconomia della presenza come fondamento, significa concepire il problema
dellessere nellottica del problema dellente. Lessere diventa una necessit. La metafisica ha un ente
davanti e si chiede che cos il suo essere, fa un riferimento ad altro dallente , va oltre lente stesso per
capire cosa esso sia.

LEZIONE 5
Quando noi diciamo metafisica con H. stiamo dicendo che il problema dellessere viene ridotto al problema
dellente. Lessere viene pensato come fondamento. Se io penso lessere come fondamento cio lo riduco
esclusivamente al suo rapporto con lente perdo ci che sta pi a cuore ad H. cio quella possibilit di
nominare la verit dellessere come aletheia , cio lessere come ci che si ritrae. Platone immette gi
concettualmente elementi per cui aletheia non pi il disvelato ma tende a diventare la verit. La metafisica
concepisce lente preso nel suo complesso in riferimento allessere. La metafisica ha innanzitutto un
rapporto con lente senn siamo sapienti. La metafisica si domander che cosa sia lessere ma non
Parmenide; la metafisica nasce perch vuole interrogare lente per vedere se si pu dire qualcosa in pi della
verit vista come tautologia. La metafisica parte da ci che abbiamo sotto mano, lente per come mi si d ,
per questo nasce dal taumazein . Il sapiente non si meraviglia di niente. Lente viene guardato in riferimento
al suo che cos , non lo vedo attraverso la mia sensibilit ma attraverso il mio intelletto , quindi lo vedo

sempre in riferimento allessere. Questo movimento ci dice tanto dellessere ma ancora non abbastanza
dellente. Lessere il principio che giustifica lente. QUellente tanto criticato e condannato da Parmenide
la metafisica lo recupera grazie allancoraggio che ha con lessere. Lessere come fondamento significa che
lessere si d nella presenza , lessere ci che sempre presente . Questo evidentemente contraddice la
concezione della verit come aletheia , cio che aletheia quel tipo di verit che si d ritraendosi , che si d
nellassenza. La metafisica impone una violenza , impone allessere delle cose una presenza , una piena
disponibilit. Tutta la storia della metafisica sar la tendenziale ricongiunzione dellessere con lente , non
sono su due piani ontologici separati proprio per questo si possono ricongiungere. E tutto ente , tutto
disponibile , non c nulla che si ritrae. Nulla si ritrae nellessere delle cose. Il fondamento dellessere
dellente la presenza, la sostanza leternamente presente. Lessere esiste solo perch funziona come
fondamento. La filosofia innanzitutto nasce come crisi, un pensiero del tragico , il nome di una
impossibilit di tollerare la tautologia parmenidea. Lamore , il sapere filosofico , il nome di una crisi.
Lamore ci espone al fatto che non possediamo ci che vorremmo. LA filosofia una rottura in nome della
crisi della verit, si pone il problema a livello ontologico del non essere. Questa crisi il nome problematico
che Platone attribuisce al tentativo di superare la sentenza parmenidea. IO non posseggo la verit devo
cominciare un percorso , il mito della caverna, per riconquistarla. Il logos umano non possiede la verit , non
ha accesso immediato allessere delle cose. La filosofia mettere in luce questa frattura della verit e
insieme il momento pi alto secondo Platone dellesigenza di stabilire unamicizia con la verit , tentativo
di stabilire un rapporto tra il logos e lon. Il problema di Parmenide che il non essere non n dicibile n
pensabile se dimostro il contrario entro in tuttaltra struttura ontologica. Il sapiente sa e sa la verit per
quella tautologica per questo Socrate non un sapiente. Parmenide con la sua verit tautologica non ci
permette la socializzazione perch lidentitario verit tutto il resto condannato perch fuori dalla verit.
LA filsofia invece un sapere storico , sempre un conflitto proprio perch non possiede la verit. Solo
Socrate pu inziiare il cammino della verit perch ne totalmente escluso. Socrate colui che rifiuta ci
che gli viene detto dalloracolo , inizia unindagine , inizia una filosofia. La filosofia una teoria
dellautonomia, dato che non accetto la legge delloracolo devo darmene una mia per darmi quella legge ,
visto che non sono loracolo ,devo inziiare la ricerca della verit , devo dare delle risposte. La verit
oracolare un ordine indiscutibile perch nella logica sapienziale non accettata lottica socratica del
dubbio. Nellottica heideggeriana Parmenide non un filosofo perch una verit tautologica non una verit
filosofica perch non implica il negativo cio la dialettica. Il logos sapienziale ha una corrispondenza
immediata con lessere tutto ci che escluso da questa corrispondenza , cio il non essere, non esiste. E da
questo punto di vista H. interroga Platone; solo da questa prospettiva possiamo comprendere perch lintera
sintassi filosofia delle origini si coaugula nella domanda del che cos. La domanda del che cos una
domanda di separazione , una domanda di scarto, una domanda che sovverte lintenzione parmenidea. La
domanda che cos ci che . Io devo imparare a vedere con la filosofia, io sono separato dalla verit e per
riconquistarla devo stabilire le coordinate per una nuova visione della visione , cio per imparare a vedere.
Perch la filosofia un teorein, una visione , innanzitutto perch la filosofia proprio perch separata dalla
verit parte da ci che vede , non ha altro. Poter dire che cos la sostanza , lousia, poter nominare la verit
della sostanta per il filosofo implica necessariamente una teoria del vedere. La differenza radicale tra Platone
e Parmenide che il vedere sensibile che pure Platone condanna radicalmente comunque coimplicato con
la teoria della verit , perch comunque non ho altro perch mi manca la corrispondenza sapienziale tra il
mio logos e lessere delle cose. La filosofia la costellazione di un sapere che pone la sua domanda
fondamentale, che cos, a partire da ci che vede . E quel sapere che pone la propria domanda
fondamentale per vedere pi chiaro su ci che gi vede. Le ombre fanno parte dellaletheia , perch fanno
parte della visione , perch mi permettono di iniziare a vedere. Un sapiente non ha niente da insegnare
perch non pu dire ci che sa. Il filosofo chi vuole vederci pi chiaro su ci che vede , ci implica che ci
che vede non la verit di quello che si vede , ci che si vede non la verit di ci che si vede devo
chiedermi che cos per porre il problema della verit. Dunque il fenomeno pu ingannare sulla natura stessa

del fenomeno, devo dire che cos proprio perch il fenomeno pu ingannare sulla sua stessa essenza. E il
fenomeno che pu ingannarci sulla natura del fenomeno. Il fenomeno stesso , da cui il filosofo costretto a
partire , pu sviarci dal cammino della verit, per questo il filosofo costretto ad un doppio gioco intorno
allente per domandarsi per qual la sua verit che fondamento di quellente di cui lente non partecipa.
Parmenide come Eraclito non sono filosofi per H. perch in Parmenide il logos e on sono in armonia
assoluta , domina una radicale consonanza. Nellessere si raccoglie tutto lessente cio tutto ci che esiste
per questo non pu esserci il non essere. La filosofia sorge quando affiora lo stupore rispetto a ci che ,
rispetto a ci che mi domando che cos. La meraviglia mi impone di vederci pi chiaro rispetto a ci che
vedo facendomi domandare lessere dellente. Il taumazein filosofico non una condizione idilliaca ma un
trauma il segno della separazione. Questa meraviglia non lesito di un movimento logico , la nascita della
filosofia non un universo logico. La meraviglia ci che mi attraversa involontariamente , la miccia di un
pensare filosofico qualcosa che non lesito di una volont , non ha radici razionali. Lesistenza dellente
una sorpresa e proprio questa sorpresa mi induce ad interrogarmi sulla sua entit , sullessere della cosa. Il
sapere per antonomasia razionale della nostra cultura secondo i suoi padri avrebbe un movente tuttaltro che
logico. Da questo scatto del meraviglioso nascerebbe una tensione verso lon , la filosofia ha un carattere
erotico , lorigine della filosofia questa tensione erotica verso ci che non possediamo.
LEZIONE 6
La filosofia nasce come teoria del vedere , come capacit dello sguardo di sondare lessente in vista di ci
che esso . Avevamo sintetizzato questo gesto filosofico per eccellenza evocando il taumazein, ovvero sia
una modalit di vedere lente , ci che , che vuole vedere meglio. Anche per Platone lente in quanto
immerso nelle dinamiche del divenire non ci garantisce la validit del nostro sapere. Stiamo parlando di un
sapere che pretende di nominare la verit a partire dal riconoscimento del fatto che non possiede la verit ,
cio che non c una corrispondenza tra il logos e lon. A differenza di quanto ritiene Parmenide per
possibile stabilire questo nesso. Questo rapporto con lente, un rapporto che nomina una visione non
sensibile di ci che si vede , ma pur sempre un vedere, implica in realt una determinata concezione
dellessere. Lessere, pensato come fondamento, cio in Platone come unidea , come una rappresentazione
possibile a partire da questo sguardo che lanciamo sullente ; il fatto che noi guardiamo un ente e ci
chiediamo che cos implica gi un riferimento allessere come un ente , cio la differenza ontologica. Tutta
loperazione di Heidegger , cio individuare Platone come inizio della metafisica ossia come inizio della
dimenticanza del problema dellessere , qui dimenticanza del problema dellessere significa sostanzialmente
che Platone colui che distorce lo statuto della verit. Platone non allaltezza del suo stesso gesto nei
confronti di Parmenide. Platone porta la svelatezza dentro il dominio delloggettivit. Il problema dellessere
ha sempre una storia , una storia delle sue interpretazioni. Ogni volta che diciamo metafisica sappiamo che
abbiamo da affrontare il problema della verit. Il sapiente non ha il problema della verit , un problema
prettamente filosofico. Il problema dellaletheia il problema dellinizio . Tale problema non appartiene a
Parmenide , Parmenide non ha il problema della verit. Laletheia la svelatezza , dunque lessenza della
verit legata ad un togliere , alla rimozione del velo. I greci con Platone secondo H. pensano la verit
intrecciata con il negativo , la verit una forma di annientamento della velatezza, la verit un
annichilimento di ci che velato , una sospensione di ci che velato. Aletheia il negativo di lethe ,cio
ci che velato. Laletheia non un processo di adeguazione , un conflitto tra il velato e lo svelato , questo
continuo darsi e ritrarsi. Io devo togliere il velato per avere il disvelato , perch il disvelato si ritrae. La
verit come aletheia non ci che presente , laletheia non concepisce lessere presente della verit della
presenza ma al contrario come ritrazione. La verit ci che va conquistata perch ci che sempre si ritrae.
IO non posso produrre un sapere certo della verit. In questa dimensione dellaletheia siamo in una
condizione completamente a-dialettica , viviamo in una condizione di coimplicazione di velato e disvelato.
La torsione platonica del problema dellaletheia verso i temi dellesattezza e della rappresentazione
romperanno questa coimplicazione quindi implicheranno la necessit di una dialettica. In Platone il tema

della verit subisce una metamorfosi cruciale, se laletheia la verit dellessere nella sua illatenza quindi
non un fondamento , qualcosa che si ritrae non pu fondare , siamo in una posizione antimetafisica quindi
nellottica heideggeriana. Platone invece tende a concepire la verit a partire dal suo totale venire allo
scoperto. In questo romanzo di formazione che il mito della caverna lobiettivo far emergere la verit
come ci che pu stare sempre sotto i riflettori della luce. Lobiettivo platonico creare le condizioni
dialettiche affinch non si spenga mai la luce. La verit dellessere non pu darsi ritraendosi.
(->p.140>) Heidegger ilprimo a porre , cos come non lo aveva fatto nessuno prima , il problema dellessere. Il
problema posto chiedendosi e valutando lessere non pi come oggetto quindi non si risponde pi alla
domanda che cos ma ci si interroga su chi si pone la domanda dellessere. Noi siamo quellessere che nel
suo proprio stesso essere si pone la domanda dellessere. E un cammino molto complicato perch indaga
lessere a partire anche dalle sue azioni pi banali. Nel primo stadio si prendono le distanze da Parmenide,
ma c anche altro. Il non comunque dicibile e pensabile. Abbiamo a che fare con una prospettiva
ontologica , quindi abbiamo a che fare con il problema della verit. H. pensa che il problema della verit in
termini ontologici viene alla sua essenza nellesserci storico delluomo stesso , che cos la caverna? Essa
la vita quotidiana ; lo schiavo ha un rapporto con lessere nella sua vita quotidiana. Siamo sempre consegnati
a vedere il problema dellessere. Il problema dellessere ha una sua storicit. Il problema ontologico allora
dipender sempre dalluomo storico che io sono, mi devo porre il problema dellessere collocandolo
storicamente. Il problema dellessere non passa attraverso il soggetto ma passa attraverso ci che mi colpisce
dallesterno. Abbiamo un rapporto con la verit che di natura storica. Platone rispetto agli schiavi vede
meglio le cose. Il tradimento di Platone sarebbe quello di separare il problema : separa dalla situazione
storica determinata lontologia. Lontologia storicit , laletheia nasconderebbe quel principio di storicit
dellontologia, questo venir fuori. Nellottica di H. lo schiavo pi vicino allautentico perch pi vicino
alla quotidianit , cio a quel passaggio necessario che io devo sempre fare per pormi il problema dellessere
, devo cio essere sempre immischiato dellinautentico della vita. Il problema dellessere resta vivo fin
quando riesco a tenere la differenza ontologica, se la filosofia con Platone la separazione di esistenza e di
essenza con H. vi il tentativo il luogo dellindistinguibilit di queste dimensioni. Con una sintesi
vertiginosa il mito della caverna dovrebbe mostrarci tutta loperazione che fa H. da un lato il superamento di
Parmenide dallaltro assicurazione del problema dellessere , cio renderlo disponibile socialmente. Il mito
della caverna contenuto nel settimo libro della Repubblica , chi conosce il bene cio i filosofi non nascono
filosofi non sono sapienti devono percorrere tutte le tappe. Questo mito ci dice che la verit la si conquista
attraverso una paideia non sapienziale e ci dice pure che qualcosa che si pu conquistare la verit. La
verit viene alla sua essenza nellesserci , quindi non nelluomo che non significa niente per H. ,storico cio
nel darsi storico dellesistenza, non c altro modo. Sar questa la critica a Platone cio questo perdere
questo darsi storico della verit in questo Platone sarebbe alla base di una definizione teologico-cristiana
della verit in questo platone sarebbe linizio di una certa tradizione. La domanda sullessenza della verit
come svelatezza non altro che la domanda sulla storia dellessenza delluomo il mito della caverna un
mito dedicato allessenza della storicit umana come dasein cio essere situato storicamente. Questa la
vera forzatura di H cio interpretare il mito della caverna totalmente nel prisma teorico schiuso
dallontologia esistenziale di essere e tempo , cio interpretare il venire dellente alla presenza , un venire
che si ritrae che dipende dalla storicit dellinterpretazione. Quando noi parliamo degli stadi come li
giustifichiamo? Cosa cambia se passo da uno stadio allaltro? Essi sono i movimenti dellaletheia , un
progressivo venire dellente alla presenza. Evidentemente la scoperta del mito della caverna il fatto che la
verit ha dei gradi . Laletheia ha dei gradi ma lo si pu pensare solo nella logica della svelatezza. Socrate
un ottimista ontologica perch lignoranza non esiste solo un grado che pu essere superato. I passaggi da
uno stadio allaltro si giustificano per i movimenti dellaletheia. ALetheia significa venire dellente alla
presenza , questo venire fuori sono i 4 stadi che sono indipendenti dalle mie capacit conoscitive. La caverna
la vita quotidiana. Luomo schiavo ritiene che lo svelato sono le ombre della caverna, solo noi che siamo
esterni sappiamo che sono ombre per lui sono lente . Nella caverna lo svelato ci che immediatamente sta

davanti , il venire alla presenza dellente. Il primo stadio registra una condizione ontologica essenziale , un
rapporto da parte delluomo con lo svelato. Anche luomo pi infimo ha un rapporto con lo svelato. Il
rapporto con lo svelato non un rapporto legato al logos . Gli incatenati non vedono la luce e neanche il
fuoco eppure hanno un rapporto con lo svelato, certo un rapporto insufficiente. Il prigioniero non un
pensatore della differenza. Il prigioniero nel secondo stadio capisce che il suo rapporto con lo svelato non
sono cose ma solo ombre , siamo ad un livello infimo eppure quelle ombre nominano una forma di
svelatezza. I prigionieri non conoscono la differenza tra velato e disvelato eppure a prescindere dal
contenuto hanno un rapporto con la svelatezza. Il non non escluso dallente, la svelatezza ci appartiene
strutturalmente esistere vuol dire avere un rapporto con la svelatezza. Servir un trauma affinch mi renda
conto di questo rapporto. Questo rapporto c anche quando non me ne rendo conto. Lo schiavo non ha
nessun rapporto cosciente con il disvelato. Nelle ombre vi una traccia della velatezza , ma la velatezza ha
un rapporto con lo svelato. E chiaro che lombra velatezza ma nellaletheia la verit viene fuori dalla
velatezza. Nella velatezza c un principio di svelatezza , nella vita inautentica di tutti i giorni non c quello
che pensa solo Parmenide cio il non essere , c una traccia negativa che il prigioniero neanche sa del
disvelato. La velatezza una forma di ritrazione della verit che implica la verit. Le ombre sono una forma
della svelatezza perch la velatezza e la svelatezza si coimplicano non c separazione n sapienziale n
scientifica. E una coimplicazione immediata.
LEZIONE 7
Quando noi studiamo il mito della caverna dobbiamo pensare a due operazioni con H. molte precise : la
prima che la caverna la vita quotidiana , quindi il problema della verit affiora nella vita quotidiana ; il
secondo elemento , per chi conosce la politeia , che H non tiene conto dellarticolazione dellintera opera
,considerata il primo trattato politico della nostra tradizione, egli guarda al mito della caverna come il
sintomo pi eclatante di quel passaggio del problema dellessere da una connotazione legata al valore
dellaletheia al tema dellortotes ovvero dellidea come rappresentazione. Partendo dal primo stadio
comprendiamo come questo primo stadio abbia una sorta di doppia anima : da un lato sintomo della distanza
platonica da Parmenide dunque le ombre fanno parte dello svelato ( con svelato si intende uneconomia
concettuale che rientra nel problema della verit), cio possibile pensare che le ombre partecipino del
problema dellessere; inoltre per H importante sottolineare che il rapporto con lo svelato non ha nulla a che
fare con la coscienza con la volont, proprio la trasformazione dello statuto logos verso unidea di
coscienza, cos come verr percepito dopo i greci, il luogo della massima crisi della differenza ontologica. Il
rapporto con le ombre ,cio con lo svelato, strutturale. Tutta la filosofia moderna da Cartesio a Hegel ,
tutto il dispositivo logico che fondamento di questa filosofia , ha un fondamento logico , quindi ha un
fondamento di coscienza. H. dice invece che il porci il problema della verit un problema che nasce
quotidianamente. H. ci dice che Platone ha coscienza dellassenza di coscienza per venire fuori da
Parmenide per daltro canto non allaltezza di questa apertura della verit ,cio del fatto che lessere sia
coimplicato radicalmente con il non essere. Tutta la filsoofia da Platone ad Hegel sarebbe sempre un
tentativo di mediazione del rapporto con lo svelato , cio come pensiamo il non essere. (p.47->) Il dato
strutturale che si legge allinizio del mito la condizione degli schiavi che quella sin dallinfanzia. Lo
schiavo parte da ci che ha davanti; ci che ha davanti lunica cosa che ha disponibiile. LO schiavo vede
limmediato. Quello che loro vedono immediatamente ci che . In questo caso questo ci che si
riferisce alla cosa che si d come verit , nella caverna non c mediazione con ci che mi sta davanti per
questo H pu dire che gi nel primo stadio c una coimplicazione tra uomo e svelatezza. C una relazione
prelogica con ci che , questo il punto di passaggio oltre Parmenide. Per separarsi da Parmenide, per
rendere dicibile il non essere , per rendere la verit molteplice, coimplicata con il non essere deve dire che
questa dimensione prelogica cio non ha una dimensione razionale. E questo il passaggio chiave sia dalla
separazione da parmenide sia del rovesciamento allinterno della visione platonica stessa, quando platone
porter la verit nel logico infatti le dovr cambiare statuto. La filosofia con Platone fino ad Hegel la

necessit di superare limmediatezza. La nascita della filsoofia con platone nasce come tentativo di superare
limmediatezza di ci che c davanti sapendo che questo superamento non dipende dal contenuto. Secondo
H. , che legge Platone ,esistere vuol dire avere un rapporto con la svelatezza. Questo rapporto con ci che
lo posso avere perch strutturale , non lo decido. Il filosofo colui che non fa pi ritrarre nella verit
perch in grado di vedere ci che non si vede in quello che vede.
SECONDO
STADIO. La liberazione al secondo stadio un fallimento perch lo schiavo liberato ma continua a
sostenere che la verit siano le ombre. Il secondo stadio da un lato cambia le cose perch entriamo in un
altro spazio, dallaltro non apre ad uneffettiva liberazione. Il passaggio chiave del secondo stadio il fatto
che passiamo alle cose , non pi ombre di cose. Le cose non cambiano perch il prigioniero liberato , per
eccesso di luce , si rifiuta di vedere le cose. Il prigioniero non si d da solo la legge , quindi la libert , ma
viene liberato. Il passaggio e il superamento della doxa non si pu operare da soli , un atto violento. Lo
svelato ha dei gradi questa la scoperta che viene qui compiuta. Il secondo stadio ci dice che la verit ha dei
gradi; errato pensare che nella filosofia non sia cos concepita la verit. Non tutti possono accedere agli
stessi gradi per questo necessaria uneducazione. La verit non stabile. Le cose sono uno svelato pi
profondo rispetto alle ombre. Avvicinarsi allente significa vedere meglio, vedere non solo con i sensi. H.
inizia a criticare Platone proprio nel secondo stadio. Allontanarsi dalle ombre vuol dire vedere meglio ,
vedere pi correttamente ed qui che Platone gi tradisce laletheia, sta incominciando a dire che vedere
bene significa rendere sempre pi disponibile lo svelato, nel momento in cui ancora per vediamo cose.
(p.58->) Vedere meglio vuol dire una maggiore corrispondenza tra ci che vede(lidea) e la cosa stessa. Nel
secondo stadio succede che di fronte alla cosa vi lattitudine di chiedere quale sia il suo fondamento. Si
pone quindi il problema della luce , essa permette di vedere. Il corretto vedere ha un fondamento , non
immediato. Nel secondo stadio il riferimento alla luce del fuoco , il riferimento alle cose cambia e si
mostrano i gradi dello svelato che si materializzano con un corretto vedere. Quello che vedo ha un
fondamento , io so che vedo perch c la luce, mentre prima non si sapeva perch si vedessero le ombre. So
che c la luce e che si vede grazie ad esse. La correttezza di questo vedere la svelatezza. Si sta perdendo il
primato del negativo. Platone sta rimuovendo il problema dellessere , sta cominciando a concepire lessere
come ente , sta preparando gi la strada per Cartesio. Nel mito della caverna la verit come correttezza si
fonda sulla verit come svelatezza. Nel secondo stadio per quanto ci sia pi vicinanza allessere ancora non
si fuori dalla caverna per cui la liberazione in qualche modo fallisce, il liberato non comprende la sua
liberazione. Pur imbattendosi con una forma superiore di svelatezza, non perviene ad essa , non ha coscienza
non ha un logos adeguato. Il liberato non perviene a questo grado superiore di svelatezza perch non la
comprende, in questo senso la libert fallisce.(p.61-62->) Lo schiavo pur senza catene rimane prigioniero
perch crede ancora alle ombre. Il prigioniero liberato vuole ma quello che vuole tornare in catene. La
liberazione non valida perch lo schiavo non comprendendo se stesso non la comprende. Lincatenato
liberato dalla catene si imbatte nella svelatezza in quanto tale ma non perviene ad essa, ma non c in questo
una contraddizione dato che lo svelato strutturalmente legato allumano ? H. dice che s luomo ha questo
rapporto ma non di fronte allo svelato in quanto tale. La liberazione del secondo stadio inautentica , il
rapporto con lo svelato c ma non il mio in quanto io non lo comprendo. Io sono messo di fronte alla
svelatezza in maniera impropria. Nel secondo stadio il liberato non sa nulla dello svelato in quanto tale
LEZIONE 8
Le due grandi novit del secondo stadio nel quadro della liberazione inautentica che si consuma in questo
stadio , ci troviamo ancora dentro la caverna quindi dentro la vita quotidiana , ci troviamo ancora in un
luogo dove il vedere legato alla mera sensibilit. Questa la dimensione dellinautenticit della liberazione
, vi per una grande novit in quanto sono state abbandonate le ombre e siamo affacciati alle cose. Ci siamo
liberati dalle immagini , grande nemico platonico, ci siamo liberati di una visione esclusivamente estetica. Il
secondo stadio importante perch prepara nellermeneutica heideggeriana del mito della caverna il punto
centrale cio quel punto centrale per la storia complessiva della metafisica che avr un epicentro nella

rappresentazione cartesiana ma a partire esattamente dal processo che si instaura nel secondo stadio cio lo
schiavo liberato, che non si liberato da solo, tende naturalmente a tornare alle ombre. Il percorso verso la
verit un percorso complesso e violento. La scoperta fondamentale del secondo stadio che laletheia ha
dei gradi e non stabile e proprio per questo posso produrre una conoscenza della verit ci che era esclusa
nella dimensione sapienziale proprio perch non vi un grado della verit o sono dentro o sono fuori. Per la
prima volta Platone nellottica di Heidegger introduce nelleconomia del discorso dellavvicinamento
allente lidea di un pi corretto vedere rispetto allente , introduce il grande tema del mito della caverna
cio lortotes. Heidegger vuole dimostrare che nel mito della caverna si consuma quella torsione concettuale
nellimpiego della nozione di aletheia , cio la verit si d occultandosi. Platone gi nel secondo stadio ci fa
comprendere che il vedere un elemento associato alla maggiore correttezza. Heidegger sottolinea che
Platone introduce il tema chiave per il problema del destino dellessere della correttezza. Qui si sta
consumando una radicale trasformazione della nozione di verit cio io sto implicando la visione di un ente
a ci che lo fonda, lente, lesistenza perde la propria autonomia , ha bisogno di una giustificazione. Nel
secondo stadio si comprende in maniera embrionale come la metafisica occidentale tende a rivolgersi
allente. (p.58->) La verit come correttezza. La statuetta , la cosa , pi svelata dellimmagine questa forma
di verit dellente si fonda sulla verit come svelatezza cio la verit dellessere. Qui Heidegger sta
puntando il dito sul fatto che Platone sta concependo lessere della cosa cio sta concependo lente sempre
in riferimento ad un essere. Noi sappiamo che proprio questa idea di aletheia come fondamento della
correttezza implicher che lessere sia pensato come un ente.
Qui gi si sta consumando la perdita della
differenza ontologica , gi qui sto sottoponendo lente ad una giustificazione ad esso estranea. La liberazione
fallisce perch il liberato non la comprende. Nel primo stadio si consuma la separazione da Parmenide
perch il rapporto con lo svelato strutturale , luomo in quanto vivente ha un rapporto con ci che ed
anche con ci che non . Allora perch nel secondo stadio si pu parlare di fallimento? Perch non vi una
consapevolezza della svelatezza? Perch non si perviene ad essa? Nel primo stadio abbiamo scoperto che la
svelatezza strutturale per luomo se questo vero come si pu dire che nel secondo stadio non si perviene
ad essa? Heidegger risponde che bench lo svelato sia strutturale non si ha coscienza di questo rapporto.
Non si riconosce nel fenomeno della cosa una traccia della manifestazione del problema dellessere. Nel
secondo stadio il liberato dalle catene non sa nulla dello svelato in quanto tale. Con lespressione in quanto
tale si intende landare alla struttura della cosa , alla cosa in quanto tale. Nel secondo stadio non si
comprende quale sia la struttura ontologica della cosa , lo schiavo nella svelatezza ma non comprende
questa relazione. Nel primo stadio quello che mi sta davanti, limmediatezza tutto per questo non posso
comprendere lo svelato in quanto svelato perch non ho nessuna concezione del velato , non ho nessuna
concezione di qualcosa che si possa ritrarre. Non si pu elaborare nessuna dimensione conoscitiva. Nel
secondo stadio pure se in esso si consuma il passaggio alla cosa quindi al pi svelato e per quanto il
prigioniero potrebbe comparare la cosa alle ombre in realt resta ancorato ad un vedere di natura sensibile ,
resta ancorato alla sensibilit dellesistenza. Non siamo ancora entrati nella dimensione delle idee. Dal
secondo al terzo stadio si cambia panorama quando il prigioniero esce dalla caverna. Lessenza della verit
come svelatezza si consuma nella triade libert ( lo schiavo che perde le catene) , la luce ( che il grande
tema della critica di Heidegger a Platone , cio consegnare lessere al rendere possibile , cio che cos
lessere? Ci che rende possibile gli enti ) e lente. Quando passiamo al secondo stadio , quando passiamo
alle cose , per quanto siamo ancora nella caverna abbiamo gi tutti gli elementi dobbiamo solo cambiarne il
peso cio uscire dalla caverna. Dal punto di vista concettuale nel secondo stadio c gi tutto. Questa
dimensione della pistis , della credenza, condannata da Platone , ma nella dimensione cristiana-paolina
gi il primo grado della verit perch abbiamo perso il rapporto con il falso cio con le ombre.
IL
TERZO STADIO lo stadio fondamentale perch qui dentro si d la verit. Qui nellottica di Heidegger
nasce la metafisica occidentale. (p.64->) Anche fuori dalla caverna passiamo attraverso le ombre, Platone
sta stilizzando il pensiero occidentale. Nel terzo stadio si esce fuori dalla caverna con violenza e qui avviene
la liberazione , il prigioniero liberato e pu avere un rapporto con ci che libera cio la luce. Io vedo

perch c la luce. Lautentica liberazione avviene nel terzo stadio. Autentico in Heidegger significa la
propria liberazione , non vi una dimensione etica , lautentico ci che ha la propriet di essere se stesso.
E una liberazione legata alla luce. Che cosa io vedo? Vedo la luce. Bisogna abituarsi alla luce e poi potr
vedere i vari elementi. Nella metafora della luce sto abbandonando la luce artificiale della caverna cio il
fuoco, per questo la liberazione era inautentica , era un artificio legato alla mera sensibilit. Dalla caverna si
esce grazie ad uno strappo , grazie ad un trauma; la liberazione autentica sempre il luogo di un conflitto.
Non si accede alla libert senza un conflitto. E traumatico il fatto che si debbano abbandonare le proprie
certezze. Platone non abbandona la vita quotidiana , la pensa meglio. Lo svelato vi anche nelle ombre e
nelle cose il problema che un grado di verit insoddisfacente. Quelli che vanno fuori e che fanno il
percorso fuori sono pochissimi , sono i filosofi. Laccesso a questo visione per pochi , i filosofi sono cos
pochi che poi possono diventare re, ma non vogliono fare i re. Il buon filosofo per non lo vuole fare il re,
cio non vuole governare la luce. E una scrematura ontologica rarissima. IL passaggio da un rapporto
strutturale con lo svelato al fatto di comprenderlo non necessario, ci deve essere un trauma , un punto di
rottura in cui si diventa ci che si abbandonando ci che si . Se siamo tutti corrotti chi il primo a
portarci fuori, chi il primo a rompere , chi il primo a fondare una citt giusta se stato educato in una
citt che non lo era? Lelemento violento fondamentale. Il pensiero metafisico al suo fondo ha il pensiero
della violenza. Bisogna perseverare , il filosofo deve avere coraggio ma senza dimenticare che il coraggio
nasca da una spinta che sorge dallabisso , labisso che la quotidianit. Si stanno via via perdendo le
certezze , la doxa un grado dello svelato. I luoghi comuni non sono falsi sono un grado dello svelato. Gli
elementi preliminari del terzo stadio che diventa chiaro per intero tutta la simbologia della caverna. Ora
avremo a che fare con il sole vero ; il sole simbolo dellidea suprema. Il compito che si d Heidegger
questo : Platone nel terzo stadio svela tutta la simbologia ontologica della caverna perch qui che siamo
chiamati allesercizio teoretico essenziale cio stabilire il senso delle connessioni cio il rapporto idealuce(il sole),luce-libert ( la luce che fa essere le cose quelle che veramente sono)e libert-ente(lente
libero di essere ci che ). Idea-luce: finalmente vedo ci che mi permette di vedere. Il grande filosofo
colui che riuscir a vedere anche ci che fa vedere. Luce-libert : la luce che mi permette di vedere come
effettivamente sono le cose. Nella caverna non capivo lo statuto della cosa in quanto tale e volevo tornare a
vedere le ombre. La libert significa che lente grazie alla luce veramente ci che , dunque non
unimmagine. Nel terzo stadio avviene leffettiva liberazione e per questo motivo Platone pone un
problema : Platone spiega il mito della caverna come luogo in cui per accedere al pi svelato ci occupiamo
di qualcosa di cui non ci occupiamo quotidianamente eppure abbiamo sotto i nostri occhi quotidianamente,
cio le idee. Nel terzo stadio si presenta la teoria delle idee. Chi governer la citt giusta deve conoscere le
idee, deve avere a che fare con la cosa quotidiana ma deve occuparsi di ci che non vede quotidianamente.
Una delle formulazioni della teoria delle idee si trova proprio allinterno di questo mito. Una teoria delle
idee il vedere. Lo statuto di questo vedere non lo statuto di come vediamo nella caverna , non un vedere
sensibile , non un vedere di cui io faccio esperienza sensibile eppure riguarda ci che quotidiano. Ci che
viene visto finalmente la cosa in quanto cosa , vedo lessere della cosa , vedo la cosa come . Questa
durevole presenza lessere. (p.66-67->) La concettualit filosofica vita , non c nulla di astratto , il
concetto vita. Lidea dunque la veduta dellin quanto che cosa qualcosa che si presenta. Io vedo in
quanto che cosa , lessere della cosa , che presente nella cosa ma che non posso vedere attraverso i sensi,
lousia , lessere. Presenza cio ousia per i greci significa essere, questo il concetto , ci che presente.
Una cosa si presenta, una cosa il suo essere. Nellidea sto dicendo lessere della cosa. In questa teoria delle
idee si sta consumando la separazione da Parmenide , nella cosa che si presenta cos maltrattata riesco a
vedere lessere. Nel negativo vedo una presenza , vedo lessere. Si parte sempre dalle ombre , per poi
potermi sottrarre ad esse. Di fronte a quello che sto toccando secondo Parmenide non posso vedere niente ,
Platone dice il contrario. La filosofia una palestra della visione , imparare a vedere. Il filosofo vede
quello che nessuno vede in tutto quello che tutti vedono, insegna lessere della cosa. (p.77->) Io posso anche
nel divenire catturare com lessere della cosa. Soltanto vedere lidea cio la comprensione del che cos ,

grazie allidea posso distinguere gli enti e li distinguo a partire dal loro principio essenziale. La differenza
tra fuori e dentro la caverna che penso lente come ente perch non so nulla del suo essere, quando vado
fuori ho un rapporto con lente ma sono in grado di pormi il problema della sua presenza. Solo se io vedo
lessere so effettivamente che cos quellente. Con gli occhi del corpo non vediamo mai lente. I prigionieri
della caverna vedono solo ente e pensano ci siano solo enti, non c una penuria morale nei prigionieri , essi
riescono a vedere solo quello perch non c la luce che gli permetta di vedere altro, per questo devono
essere allontanati dallente e devono essere condotti fuori dalla caverna, devono affrontare unascesa. Non
falso quello che vedono , ente. Nella caverna ci sono enti, io non ho la disponibilit nella vita quotidiana
della domanda sul che cos lente. Non ci sono le condizioni ontologiche , non c la luce , non c il
trauma , non c qualcuno che mi ha portato fuori. Lidea in Platone ci che ci fa vedere lente. La
differenza tra dentro e fuori la caverna che quelli che sono dentro vedono lente per come si d non per
come che cos , vedono con il loro corpo. Essi si fermano allente. Lidea in Platone ci che ci fa vedere
lente , fa passare la luce , ma vedere nella luce la libert. La libert di vedere ci che questo la luce.
(p.85-86->) Lente in quanto tale significa vedere lessere dellente , ci fa vedere lessere come presente.
Non unintuizione ce la da attraverso la luce , lidea fa passare la luce , vedere nella luce la libert. La
libert di vedere al di l di ci che vediamo. La libert poterlo fare. La libert potere, la luce mi rende
libero , ci che mi rende la possibilit dellessere della cosa. La libert la potenza. Lidea ci permette di
entrare nella luce. Questa libert non ce lho per natura, per liberare lente da se stesso in nome della
presenza mi devo educare al vedere. Lidea ci che rende possibile lente. Solo ci che mi rende possibile
lente lidea. Vedere lente con lidea significa in quanto tale. Non falso quello che vedo con il corpo ma
non in quanto tale , non la presenza. Lidea ci che fa passare la luce nellente. Lidea come luce ci
che rende possibile.
LEZIONE 9
Nel terzo stadio siamo di fronte ad una delle formulazioni platoniche della teoria delle idee: il vedere. Ci
che viene visto la cosa in quanto cosa. Vedere la cosa in quanto cosa significa vedere ci che presente ;
dellente tramite la luce vediamo ci che sempre presente cio la sua sostanza. In Platone il vedere delle
idee non un vedere sensibile (aistesis). Una visione filosofica della verit si contrappone allestetica. Larte
svia rispetto alla giusta visione dellessere della cosa. Lidea ci che ci fa vedere lente ci fa vedere la
verit dellente, ci fa vedere il massimamente ente. Lidea il vedere , ci fa vedere la cosa in quanto cosa ,
lessere della cosa , il massimamente ente. (p.92->) Lidea ci fa vedere un libro in un ammasso di carta ad
esempio. Heidegger sta gi insinuando che in questo essere della cosa stiamo gi vedendo il massimamente
ente, lente nella sua forma pi pura. La metafisica nasce proprio rimuovendo il problema dellessere ,
perch pensa lessere nella logica dellente , lo pensa nella logica della stabilit. Concepisce lente come
giustificazione di s , come sempre presente. Dal punto di vista della sensibilit questa presenza si mostra
come assenza, per questo necessario educarsi a vedere. La sensibilit pura e semplice non mi fa vedere
lessere della cosa. Lidea in Platone ,in quanto ci fa vedere la cosa in quanto cosa, la luce , un rendere
possibile lessere in quanto cosa. La luce la libert. La libert dellessere di essere ci che ; lidea fa
essere ci che . La verit dellente non come si mostra come fenomeno. La verit della cosa stessa non si
d nel fenomeno ma si d nellente. Le idee rendono lente libero di essere ci che . Nel terzo stadio
dunque non sono pi le ombre non sono pi le cose ma lo svelato sono le idee. IL prigioniero arrivato a
comprendere lo svelato. Linautenticit della liberazione causata dalla non comprensione da parte del
prigioniero di essere davanti allo svelato. Quando comprendo di avere di fronte lo svelato perch sono
nelleconomia delle idee. Ci sono diversi gradi dello svelato come sappiamo, ragioniamo basandoci sul
quanto pi ci avviciniamo allessere dellente. Le idee sono il massimamente svelato , sono ci che rende
possibile la visibilit. (p. 92->) Le idee sono ci che svelato per la sua stessa natura originariamente
perch in quanto in esse scaturisce finalmente la svelatezza dellente. Lente finalmente svelato per quello
che , e quello che non quello che noi vediamo con la sensibilit. In Heidegger la verit della cosa si

esaurisce nella sua funzione. Massimamente svelato significa essere svelato per quello che si , le idee sono
la luce. La teoria delle idee il vedere delle idee. Questa concezione in gradi massimamente lontana dalla
visione parmenidea perch se fosse la verit parmenidea si darebbe senza ritrarsi ma si darebbe
immediatamente. Nella citt giusta , la politeia , c coincidenza tra essere e ente. Il non essere si pu dire ,
anche ci che ho perso mi dice qualcosa di me , anche il negativo partecipa dello svelato. Ci che svelato
nel primo stadio , per quanto sia ombra , gi in un certo senso on, c qualcosa che ha che fare con ci che
. I prigionieri in buona fede pensano che sia lessere , le immagini sono il ci che . Le immagini devono
essere eliminate dalla citt giusta perch finch ci sono immagini continuo a fare fantasie in buona fede
perch partecipano dellon. Il mio rapporto con lon spontaneo , strutturale , inizialmente un rapporto
negativo con lon ( nel primo stadio). Nel secondo stadio troviamo il pi ente rispetto alle ombre cio
troviamo la cosa , che ci dice qualcosa di pi rispetto a quello che ci dicono le ombre. Anche il pi ente
manchevole di qualcosa perch manca di coscienza. Nel terzo stadio prendo coscienza non solo dello svelato
, ma comprendo che c anche qualcosa di velato. Dentro la caverna mi manca che quello svelato in
relazione a un non svelato , la teoria delle idee ci permette di comprendere questo. In questa visibilit del
terzo stadio quello che comprendo alla luce del sole che c una caverna quindi che c qualcosa di velato.
Quando si dentro la caverna non si comprende lesistenza di essa. Nel terzo stadio lo svelato sono le idee.
Si ha lidea dellente , del massimamente svelato. Anche nel terzo stadio a ci che svelato deve
corrispondere qualcosa , nel senso in cui deve corrispondere qualcosa che ente e che dobbiamo chiamare
per massimamente ente perch questo ente quello che rende possibile tutti gli altri enti , lessere della
cosa. E massimamente ente perch sempre presente; esso non pu avere contenuto ma la visibilit ,
lessere della cosa non ha una dimensione sensibile , non lo vedo con gli occhi ma lo vedo dialetticamente
cio tramite le idee. Leidos la risposta filosofia per eccellenza cio che cos. Quando sono al di fuori
della caverna ho qualcosa di pi proprio perch comprendo lo svelato, comprendo che lente pu ritrarsi. Le
idee sono lautenticamente svelato , ci che autenticamente svelato deve essere anche autenticamente ente.
Lautenticamente svelato lessere. Il massimamente svelato lente della cosa stessa , ricomprende tutto.
Per essere sempre presente necessario non avere sensibilit. Lessere viene pensato a partire dalla presenza
e questa la pista che apre Platone. Si inizia con lidea che lessere della cosa sia sempre presente proprio
perch pensabile. Lente cos essente da essere presente lessere. Lidea in platone ci che ci fa vedere
lente , la visibilit. Lo schiavo finalmente liberato chi si abitua alla luce. E la luce il cuore del problema
del terzo stadio. La luce la libert del poter essere della cosa. Nel terzo stadio mi devo fermare proprio
perch ho compreso il massimamente ente, mi devo fermare proprio perch esso massimamente presente.
Lidea delle idee il massimamente del visibile. Dalle idee scaturisce la svelatezza dellessere. Io finalmente
vedo lente per come grazie alle idee. Le idee sono un metodo della visione. Ho gli occhi per vedere la
cosa legata alla sua sensibilit e le idee per vederla oltre essa. La critica di H a Platone che lessere in
platone si possa definire attraverso lente , cio attraverso il massimamente svelato. Le idee rimuovono la
velatezza, rimuovono la velatezza dellente. Le ombre hanno un rapporto con lo svelato: lo velano. Le idee
intervengono per farmi vedere meglio la cosa che veniva velata dalla cosa stessa , cio che veniva velata
dalla nostra sensibilit. La luce mi rende possibile la rimozione del velato , il velato non che non partecipi
della cosa il problema che per gli uomini della vita quotidiana quel velato che io devo rimuovere con le
idee lo svelato , non c altro per loro. Le idee rimuovono tutto ci che dostacolo per la verit. La novit
del terzo stadio che solo le idee hanno un rapporto con il velato cio lo distruggono e noi grazie a ci
possiamo accedere allessere della cosa. Nel primo stadio non c un rapporto con la velatezza per questo
non la posso rimuovere , l tutto svelato. (p.95->) Le idee sono lessere dellente. La luce ha sempre un
primato ontologico perch mi permette di vedere. In Platone c un primato ontologico radicale dellessere
della cosa, questo primato si deve comprendere senn saremmo Parmenide devo quindi passare attraverso
gli stadi. Soltanto lessere offre il passaggio allente , solo la visibilit del sempre presente mi permette di
comprendere la cosa altrimenti non capiremmo neanche che essa c. Lessere offre il passaggio allente
grazie alle idee. Le idee rimuovono la velatezza. La svelatezza dellente scaturisce dalle idee. Le idee

contribuiscono a far scaturire la svelatezza dellente. Le idee non sono lunica forma di svelatezza sono il
massimamente svelato , ma sono ci perch lo sono originariamente. Le cose andavano male nella caverna
perch non cera la luce , ma grazie alla luce che comprendo il valore della caverna. La critica di H ha
platone di aver eliminato il problema dellessere perch lo ha connesso allente. La verit come momento
epifanico della svelatezza resa una manifestazione permanente. La verit sempre permanente , sempre
presente sta a noi conoscerla. Una volta usciti dalla caverna a quel punto la verit disponibile. Qua secondo
H. c il grande tradimento di Platone del problema dellaletheia e quindi dellessere : consegnando alla
visibilit la teoria delle idee sta facendo dellessere qualcosa che io posso rappresentare , qualcosa che io
posso sempre vedere allora produrr un sapere in grado di farmi accedere a ci che semrpe visibile cio
lessere della cosa. Lessere diventa un oggetto , una cosa che mi sta di fronte nella sua piena disponibilit.
Platone ci ha detto che la verit disponibile alla visione della presenza. La luce ci che viene prima per
questo in grado di rimuovere il velato. La luce ha una funzione liberatrice ci libera dal velato , ci libera
dalla latenza della cosa. Lo svelare la natura pi intima di vedere la luce. (p.98-99->) le idee ci liberano da
una concezione sbagliata dello svelato. Il divenire liberi , la condizione autentica rispetto allo svelato , lo
scorgere le idee, questo comprendere anticipatamente lessere svelativo. Lo svelare la natura pi intima
del vedere nella luce. Lo svelare non altro che vedere la luce, le idee svelano lessere della cosa. Lo statuto
delle idee avere un rapporto con lessere della cosa. Il problema dellinautentica liberazione la mancanza
di comprensione del fatto che ci fosse rispetto ad uno svelato un velato. La luce pu anche non esserci e ci
lo si comprende solo quando si esce dalla caverna. Il negativo quindi sempre necessario. Il liberato
diverso dagli altri perch capisce che alla fine di tutto ci sono le idee. Laccesso allorigine passa attraverso
la dialettica quindi attraverso il negativo. Il problema di Platone che una volta arrivato allorigine il
negativo viene rimosso. La luce ci libera, lo svelare lintima natura del vedere. Vedere significa rimuovere
il velato. Ci che falso sempre svelato ( le ombre ad esempio ) tutto visibile nel falso. Il velato non
necessariamente falso, il ritrarsi di qualcosa non implica il fatto che sia falso.
LEZIONE 10
(p.105->) Vengono messe in luce le difficolt di trasmettere lesperienza della verit. Dobbiamo indagare le
ragioni filologiche nel mito della caverna che spingono H. ad una cos severa condanna di Platone nella
metafisica ed anche che nelleconomia di questa interpretazione platonica non si consuma solo la vicenda
della teoria delle idee ma si consuma lintero destino delloccidente : qui sta nascendo la metafisica e con
essa sta sorgendo una certa concezione dellessere dellente per come lo maneggia la nostra cultura aldil
delle epoche storiche attraverso cui si definisce. Linterpretazione heideggeriana del mito della caverna ha
un obiettivo fondamentale mostrare che lo svelato tale non perch mostra lente ma perch lo occulta ,
questo vuole mostrare Heidegger, le ombre del primo stadio sono lesteriorit dellente. Lo svelato ci che
occulta lente, pi gradi dello svelato raggiungo pi lente mi si disocculta. Lo svelato il temo del quarto
stadio. Il filosofo nella caverna rivela limpotenza della filosofia di fronte a una forma di svelatezza che non
implicata con una forma di velatezza. Il problema della caverna che sia nel primo che nel secondo stadio
vi una liberazione inautentica perch non c da parte del prigioniero nessuna comprensione del problema
della svelatezza , perch in realt non ha nessuna comprensione del problema della velatezza. Non ha
nessuna comprensione delloccultamento, non produce nessuna teoria delle idee perch non ha nessun
rapporto con il negativo. Lo svelato il vero tema del quarto stadio. Lo svelato lesito di un conflitto
proprio perch emerge da ci che si ritrae. Lambizione dellinterpretazione heideggeriana di mostrare
come la svelatezza sia riferita al velato, ossia che il nome aletheia definisce lessenza della verit come parte
della non verit. Lo svelato una lotta contro la velatezza. Il quarto stadio mette in scena che lo svelato
una lotta contro la velatezza. Nella dinamica dellaletheia lasciare emergere la svelatezza , nel senso di
essere fuori dalla caverna , lesito di un conflitto radicale. La verit conflitto , non oggettivazione , non
un problema di chi interpreta la verit , la natura stessa della verit che si da in maniera conflittuale cio
non si d. La verit lesito di rapporti di forza perch la verit si ritrae. Per quanto sono in grado di

renderla disponibile essa si ritrae. Gli schiavi uccidono chi ritorna nella caverna perch mettono in
discussione che tutto ci che si vede non lo svelato. Nella caverna tutto disponibile non c un conflitto
non c uneccedenza della latenza. Il filosofo mette laccento sul fatto che c qualcosa in cui lo svelato ci
consegna allessere dellente , alla cosa , ci avvicina alla verit come svelatezza. Nel quarto stadio tutto il
tema dello svelato come ci che occulta lessere intollerabile perch l nella caverna lo svelato tutto ci
che si mostra. Noi sappiamo , essendo usciti dalla caverna , che lo svelato ha dei gradi. Chi dentro la
caverna non ha un rapporto con la veletezza , con la dimensione delloccultamento dello svelato. Quando si
dice occultamento non c nulla di negativo perch la verit si d per gradi senn saremmo Parmenide. Gli
schiavi non comprendono il peso della velatezza. Lessenza della verit come parte della non verit, ci
significa che lo svelato una lotta contro la velatezza, questo mette in scena il quarto stadio , lotta che gli
schiavi non vogliono affrontare proprio perch non hanno coscienza di questa lotta. Tutto ci che io vedo
con i miei occhi sensibili tutto ci che , non c una dimensione da disvelare interiormente questo il
punto di vista degli schiavi. Tutto svelato perch tutto disponibile, tutto si vede. (p.116-117->) La verit
non un quieto consenso, bens la svelatezza accade solo nella storia della continua liberazione. Non ci si
libera una volta e per tutte dalle catene perch la verit per natura una lotta. Laletheia un tipo di verit
che implica lintollerabile , cio che la storia implicata con la verit. Abbiamo mostrato con il mito della
caverna questo problema cio il problema antiparmenideo di platone : la verit un conflitto perch si
determina in una continua liberazione storica. La verit contiene una dimensione legata alla storicit. La
realt stessa dialettica. Il filosofo torna nella caverna per sollecitare la differenza tra essere e parvenza
mostrando anche la coappartenenza di entrambi. Solo una liberazione autentica mi permette di vedere ci
che non si vede, la separazione tra svelato e velato , si vedr che lessenza della verit come svelatezza
consiste nel superamento del velamento. Soltanto in una condizione che non quella del prigioniero , dopo
che ho separato il vero dal non vero , si pu vedere che lessenza della verit superare il velato, solo se io
vedo il velato posso pormi il problema del suo superamento. Gli schiavi della caverna non possono porsi il
problema di superare lethe, la svelatezza per sua stessa essenza riferita al velamento. Nella dimensione
della svelatezza diciamo che lessenza della svelatezza la velatezza una coimplicazione ontologica. Lo
statuto dello svelato implicato con la velatezza e lo posso comprendere solo una volta uscito dalla caverna.
Soltanto in base alla separazione del vero dal non vero si pu vedere che lessenza della verit come
svelatezza consiste nel superamento del velamento ,il che significa che la svelatezza per sua stessa essenza
riferita al velamento e al velare. Io non devo semplicemente dunque separare completamente come fa il
metodo cartesiano che esclude dal metodo logico lerrore quindi ci che noi chiamiamo velato. Nel logos
classico legato allaletheia , superare la velatezza significa coimplicare che nel logos coimplicata la
velatezza , un superamento che non mai definitivo. Lessenza della verit il suo non darsi. La verit in
se stessa una divergenza. Nella manifestazione dellaletheia coimplicata la sua storicit, il suo essere
conflitto. E in se stessa che divergente. Lessere di ci che vedo non era in mio possesso , non era lente ,
lo posso vedere se sono un filosofo ma non lo posso vedere perch si ritrae. Questa ritrazione non ha nulla di
negativo perch la stessa natura della verit. La verit non , si d. La verit sempre altrove , diverge da
se stessa. Dellessenza della verit fa parte la non verit. Per manifestare la verit devo lottare contro la sua
stessa essenza cio la sua stessa velatezza. E la verit che coimplica la lotta. E la lotta della verit che
produce il suo stesso nemico. Lessere perch non presente , perch si d ritraendosi quindi non
fondamento di niente neanche nel niente . Platone spezza la coimplicazione originaria tra la manifestazione
dellente e la sua ritrazione , per questo fonda la metafisica occidentale : massimamente ente ci che
indisponibile. Loperazione che fa non mettere aletheia in contrapposizione a lethe , fa di aletheia un
sostantivo che perde il carattere negativo e ci che gli contrappone pseuds , facendo cos cambia lo
statuto di aletheia: questo fa Platone. (p.118-119->) Il mito della caverna ci fa perdere lessenza della verit.
Lidea del bene il pervertimento di aletheia. Heidegger individua nel mito della caverna il gesto con cui
platone schiaccia laletheaia sullidea di bene. Schiaccia laletheia sul sole. Sar il sole stesso a fondare, ci
che d vita ,non ci che permette la vita o che permette di vedere. Platone maneggia il sole come ci che fa

scaturire la svelatezza dellente , la partorisce. La svelatezza dellente non coimplicata con la notte ma
tutta inscritta nel sole. Rendere possibile la svelatezza , creare lente. In platone assistiamo alla fine della
caverna allo smarrimento secondo lottica heideggeriana della differenza ontologica perch lidea somma
considerata da Platone come la mera figura del fondamento, il potere, ci che rende possibile. Lo statuto
della luce esattamente ci che cambia le carte in tavola, la luce nel mito della caverna non emerge
dalloscurit , non c notte fuori la caverna , la luce ci che rende possibile lente e qualsiasi relazione tra
gli enti. Tutto ci che possibile perch c il potere dela luce. Lidea somma in Platone ci che fa
scaturire la svelatezza dellente , questa svelatezza dellente smarrisce qualsiasi legame con il velato , la
svelatezza dellente nasce proprio grazie a questa radicale lacerazione. Il punto fondamentale per noi
concepire il sole come ci che fonda e rende possibile. La connessione tra il vedere e il visto ci permessa
dalla luce che non ha nulla di veramente sensibile , non il fuoco. La manifestaizone dellessere dellente
la luce ,il sole. Lidea delle idee invece di rendere disponibile lente nel suo ritrarsi (aletheia) lo connette alla
presenza di ci che lo fonda. Il problema la tradizionale traduzione di agatn con bene , questa traduzione
gi preparata concettualmente da Platone. Il sole ci che conferisce il problema di essere. Il vero
tradimento la traduzione di aletheia con verit perch verit non ha pi nulla a che fare con qualcosa che si
ritrae.
LEZIONE 11
Nella seconda parte dellEssenza della verit Heidegger cerca di tirare le somme per concludere il
commento al mito della caverna. Con la parte che va da pag 121 si apre quella sezione del commento che
tratta del sole come immagine del bene , entriamo in una sfera del tutto esclusivamente dedicata
allimmagine del sole nel mito della caverna ; noi sappiamo che limmagine del sole lessere. Si
schiuderebbe tutta una certa teoria dellessere a partire dalla quale si caratterizza il fondo essenziale della
cultura occidentale. Noi ci occupiamo di questa torsione decisiva del problema dellessere che si avrebbe
con Platone. Platone quel luogo che apre alla filosofia, proprio lavorando intorno a Parmenide, e lo fa
chiudendosi al problema dellessere. Platone intromette il non essere dentro il problema della verit e
dallaltra parte inizia a pensare lessere indipendentemente dal problema del non ente. Ora ci occuperemo
sistematicamente di come nasce la metafisica secondo linterpretazione heideggeriana. Con Platone ci
stiamo attrezzando per comprendere come la metafisica abbia letto il problema dellessere. Il problema
dellessere pu essere ridotto al problema dellente perch lessere viene pensato come valore. Lessere
anche se non esplicitamente viene traghettato in una costellazione di matrice etica. Il nichilismo occidentale
un nichilismo di matrice etica. (p.121->) Siamo fuori della caverna e si d una rilettura del terzo stadio alla
luce dellidea somma. Siamo usciti dalla caverna ma per uscire dalla caverna abbiamo combinato una nuova
trasfigurazione del problema dellessere. Platone maneggia lidea somma come ci che fa scaturire la
svelatezza dellente, lidea somma ci che rende possibile lente. Dentro la caverna non c questo
problema di velare la svelatezza perch mi appare tutto svelato. Pi si svela lente pi ho il problema del
velarsi. Siccome ho sempre bisogno della luce dico che essa sia un valore e non un mezzo che mi permette
di vedere , Platone ne cambia lo statuto. (p.125-126->) Lidea somma rende possibile la svelatezza , rende
possibile lessere delle cose. Attraverso la svelatezza dellente comprendo lessere. Svelo lente grazie a
questa svelatezza comprendo lessere. Se io svelo la natura che ho di fronte una volta uscito dalla caverna
grazie alla svelatezza che si d grazie alla velatezza metto in luce lessere della cosa. Lidea somma
qualcosa di a malapena scorgibile, che in generale concorre a rendere possibile essere e svelatezza. Da un
lato lidea somma ci aiuta a rendere possibile la svelatezza , mi fa vedere le cose ma daltro canto essa
stessa in Platone che sta diventando lessere stesso. Quella stessa luce diventa lessere della cosa , la luce
non mi serve per vedere perch lei stessa ci che io vedo. Lidea somma fa essere le cose ci che sono. Il
sole fa essere le cose ci che sono , grazie al sole vedo le cose come sono effettivamente , vedo il loro
essere, vedo la loro identit , vedo ci che in esse non si trasforma. Il sole mi fa vedere la verit della cosa.
Stiamo assistendo alla trasformazione della cultura occidentale. Non pi una possibilit ma come essere in

quanto essere. Invece di guardare la cosa mi metto a guardare la luce. Ora il momento di affrontare questa
difficolt: il momento cruciale che lessere della cosa un poter essere , il potere di essere ci che sono , io
mi posso mostrare anche per ci che non sono. Lessere dentro la dinamica dellaletheia pu anche non
venire mai al suo essere. Lidea somma dunque questo qualcosa che mi conferisce potere, lidea somma fa
si che lessere si dia in quanto tale , cio in quanto essere. Lidea mi permette di accedere alla cosa in s cosa
che Kant reputer impossibile. Nelle idee platoniche vi laccesso allin quanto tale. Per Kant ci si ferma al
fenomenico , vi sono dei limiti che sono imposte dalla sensazione. In Kant si separa filosofia e metafisica ,
mentre qui c una coincidenza radicale. Con lidea somma c la possibilit che lessere si dia in quanto
tale. Lidea somma evidentemente costringe lessere nella mera figura del fondamento , questo rendere
possibile si trasforma in una necessit. Lagatn ha il carattere di ci che pu ossia di ci che porta con s il
potere primo e ultimo. Ci che interessa ad Heidegger mostrare la connessione che Platone instaura tra il
vedere e il visto. (p.132-133) Sappiamo che Platone come in generale i greci concepisce il conoscere
autentico come un vedere composto di idea vista, lautentico conoscere vero dellessere simboleggiato dal
vedere. Questo la filosofia : una teoria del vedere. Il vedere si d per natura come un visto , prevede
qualcosa di visto. Sempre nellimmagine simbolica questa stessa luce ha come fonte il sole. Limmagine
simbolica della luce che permette la relazione tra il vedere e il visto il sole. Il sole in quanto fondamento
della luce non solo ci che rende possibile questa connessione ma anche ci rende possibile il fatto che
questente sia , che qualcosa sorga , cresca ecc. Il sole fonda ci che d vita. Qui il doppio gioco di
Platone. Io per vedere ho bisogno della luce , questa luce fondata su una luce che fonda la luce. A ci
corrispondono il noein e lente conosciuto come noumeno. Al chiaro , alla luce corrispondono le idee. Le
idee sono la luce , c unidea di ogni idea. E necessaria quindi unidea che rompa del tutto con il sensibile ,
per questo la dialettica la scienza delle idee , cio quellidea che metto a fuoco a partire dalle idee. Lintera
corrispondenza simbolica si svolge in modo tale che come la luce ha bisogno di una fonte ulteriore cos
anche le idee stesse presuppongono unidea ulteriore che sta al di sopra che lagatn. C un fondamento
delle idee , c un fondamento della luce. Lidea somma il sole sta diventando fondamento di ogni altra
luce , c un fondamento della relazione cio il rapporto della luce con il vedere e il visto . questa relazione
giustificata da un qualcosa che la fonda , questa relazione diventa necessaria perch c un fondamento
questa la novit , qui che si sta realizzando il pervertimento di aletheia. La verit cos non potr mai ritrarsi
perch sar fondamento delle relazioni. Il significato originario di agatn in greco ci che rende idoneo
non ha niente a che vedere con il bene in senso morale, letica ha corrotto il significato originale di questa
parola. IL BENE per i greci ci che valido. Il problema di heidegger la sostanza concettuale della
tradizionale traduzione occidentale di agatn , il problema la trasmigrazione etica della questione. Ogni
volta che si stabilisce un valore automaticamente si stabilisce anche un nonvalore, si crea un conflitto dei
valori. Noi con Platone con questa operazione del bene stiamo inscrivendo ai capisaldi della cultura
occidentale una metafisica etica in cui sto producendo Il nichilismo che viene introdotto con la creazione
della metafisica un nichilismo etico. Qualsiasi critica della metafisica diventer quindi critica dei valori.
Nel non ente c una corruzione radicale. Il vedere il visto rendono possibile il bene. Ci che conferisce il
potere di essere alle cose lidea somma come valore. Le cose sono grazie al loro valore. E questa la
ipostatizzazione metafisica dellessere dellente cio concepire lessere come valore , come qualcosa che
sempre presente. (p.135->) lessere sta prendendo distanza dalla mera svelatezza. Lidea di bene sovrasta sia
lessere della cosa che la svelatezza. Questo sovrastare che viene attribuito allidea somma non tuttavia un
mero stare in alto e al di sopra ma un sovrastare nel senso dellidea , dellessere idea ,inteso come potere di
essere , questo sovrastare proprio dellidea del bene significa che esso sovrasta il bene e lessere. Sovrasta
anche aletheia, rende possibili le stesse idee. Venire alla propria essenza il bene , ci che conferisce il
potere di essere. Ci che conferisce il potere di essere un bene che non semplicemente valore. Platone
concepisce una concezione dellessere come mera presenza questa per Platone lidea somma.
LEZIONE 12

(p.148->) Si domanda Heidegger se laletheia non gi in Platone slegata dallesperienza fondamentale da


cui scaturisce. Tutta limmagine del sole concepita come quellimmagine che fonda il fondamento. Lidea
somma fondamento di tutte le altre idee, in Platone si pervertirebbe quella dimensione del poter rendere
visibile della luce , nellidea somma con la traslitterazione nella dimensione del valore tenderebbe a
concepire il problema dellessere nella dimensione dellessere dellente quindi dellente sommo. Il problema
che stiamo arrivando al punto in cui Platone conduce la verit in una dimensione inedita per la filosofia
greca. Come misuro la verit di un ente non rispetto a ci che di esso si mostra autonomamente (aletheia) ma
misuro la verit rispetto alla conformit , misuro la verit di un ente rispetto allessere dellente , non un
problema di gradi di svelatezza ma lente stesso cio quanto di esso si mostra. Platone nella sua
interpretazione dellagatn si prepara la traduzione latina e la trasposizione etica del sole non solo ci che
mi fa vedere ma anche ci che giustifica lente : lente vero se conforme al suo essere. Per essere
conforme al suo essere il problema che lessere dovrebbe essere sempre uguale ; lessere sta l una volta e
per tutte ,gli enti si trasformano e il loro grado di verit consegnato rispetto alla capacit di osmosi di
conformazione di misurazione rispetto allessere dellente. Tutto ci presuppone che la svelatezza sia
inchiodata a qualcosa che la fonda. Il mito della caverna modifica lo statuto naturale dellaletheia cio che
un ente si mostra per quello che , si mostra e poi si ritrae , si svela per quello che . La verit appartiene
allente stesso, Platone perverte il fatto che il vero non pi un carattere dellente stesso ma qualcosa che
si stabilisce in conformit con qualcosaltro. Si crea un legame tra lente e lessere della cosa che mi fa
perdere la differenza radicale dellessere , il suo darsi nella ritrazione , la sua alterit. Nellesperienza
autentica dellaletheia ci che si mostra ci che vero per quel che , vero riguarda lente stesso.
Platone tenderebbe a distruggere la dinamica dellaletheia. (p.146-147->) ci che originariamente vero ,
cio svelato, non affatto lasserzione di un ente ma lente stesso. Ci che vedo non un mio giudizio ma
lente stesso che lo svelato , non c unalterit che giudica lente nella dinamica originaria di aletheia. E
lente stesso che si d ritraendosi. Un ente vero in senso greco se si mostra per quello che e in quello che
. Nella velatezza , la velatezza partecipa della svelatezza. Le ombre partecipano della svelatezza nella
forma della velatezza. Vero dunque un carattere dellente stesso. La svelatezza inscritta in ci che
velato. La verit di ci che riguarda lente stesso. Il rovesciamento platonica cambia la visione della verit
nella cultura occidentale. Il vero c sempre anche se sta da unaltra parte. La verit unadeguazione a
qualcosa che presuppone lente. Il problema riguarda sempre linterpretazione che si d del sole. La verit
intesa come questa conformit presuppone la svelatezza quindi lente presuppone la svelatezza , non si d in
essa ma presuppone il sole. La svelatezza non sta pi nellente ma nel sole, la luce che c sempre ,
passiamo da una svelatezza che riguarda lente stesso e nel suo rapporto coimplicato e adialettico tra velato e
disvelato. Secondo Heidegger nel terzo stadio si consuma una concezione della svelatezza slegata dallente
ma consegnata allessere. Il problema che c unambiguit perch Platone continua ad usare il termine
aletheia nonostante sia la svelatezza il fondamento. Il sole come agatn diventa lidea di bene. Questa
trasposizione etica diventa unontologia , lontologia della metafisica occidentale concepisce lessere come
valore. Lente di per s non vale niente ecco perch si pu gi parlare di nichilismo. Nella parola valore
dobbiamo pensare sempre che lessere ci che d valore allente. Lessere poich legato allente diventa
egli stesso mera presenza quindi mero ente , dovendo dare valore allente non si pu mai sottrarre la verit
ma deve essere sempre disponibile. Lessere come valore : qui la torsione. Platone linizio della
metafisica occidentale ed essa rappresenta la rimozione del problema dellessere cio la riduzione
dellessere allente. La verit qui il fondamento. Stiamo perdendo pian piano il carattere negativo
dellaletheia, qui negativo significa che la verit si d insieme alla sua ritrazione. Laletheia il negativo ,
perch solo attraverso lente possiamo avere a che fare con la verit e lente si d sempre negativamente
perch si d sempre trasformandosi. Lessere dellente sempre coimplicato con il divenire questa
lintuizione di Platone che usa per uscire da Parmenide ma non sembra esserne allaltezza perch alla fine la
tradisce. (p.159->) la verit gi in se stessa una negazione, la verit nel senso originario dellaletheia non
fondamento. Il mito della caverna ha tutto sia una liberazione da Parmenide ma in cui si consuma anche il

tradimento. La verit per natura una negazione , nella disvelatezza si dice no alla velatezza, tutto
capovolto: la verit negazione , la non-verit lethe affermazione. Platone non consegna la giusta
attenzione proprio al problema della velatezza, Platone non resta fedele al problema di quello che diventer
il falso. Nel carattere negativo e privativo di aletheia troviamo il cuore di una forma di verit che ci impone
necessariamente la domanda sulla non verit. Il problema dellaletheia secondo Heidegger che quando mi
interrogo su essa devo pensare innanzitutto alla coimplicazione tra positivo e negativo. Langoscia di Platone
cio che lui vuole stabilire con aletheia quello che non si pu stabilire con certezza. La verit altrove. Il
problema che non si riesce ad avere a che fare con il positivo del negativo , con ci che si ritrae ; il
problema che il velato di per s non falso , Platone lo rende tale. Lente si manifesta nellaletheia , il
positivo il ritrarsi , lessere quella ritrazione , laletheia quella manifestazione dellessere nella
dimensione dellente. Platone si perde lethe , grazie a quellidea del fondamento del sole essa diventa
oscurit. Tant che lethe verr tradotto e sostituito da pseuds. La non verit affermazione , non
bisogna ragionare per come siamo abituati in quanto il non fondamento precede ogni fenomeno. (p.153-154>) La svelatezza tematizzata da Platone, ma non si perviene ad un esplicito chiarimento della velatezza
dellente. Per i greci la verit ha originariamente un carattere negativo e privativo , per capire lessenza
originaria di aletheia dobbiamo mettere in questione questa negazione e cercare di coglierla in modo
originario. Il primo passo necessario a tal fine porre la domanda su ci che avverso alla verit ,
sullassenza della non verit. La cultura occidentale con Platone avrebbe lavorato al fine di eliminare il
lethe , cio di eliminare il problema della velatezza associandola alla semplice falsit. Tutto ci che si
ritrae diventa ambiguo ed intollerabile. La teoria delle idee un modo di vedere ci che abbiamo davanti
andando alla dimensione non sensibile della visione. Il problema di heidegger proprio il vedere : io non
posso pensare lessere dellente a partire dalla visione perch non si vede. Noi abbiamo delle tracce di
aletheia ma non ce lho disponibile, non posso farne oggetto di conoscenza, non posso farne una metafisica
come far Aristotele. Posso fare scienza dellessere solo se ho un oggetto. Aletheia il nome della verit
perch la verit un conflitto. Lopera di Platone ci far concepire la non verit solo come semplice non
verit. Il nemico di Platone voler far fuori qualsiasi ambiguit di lethe. Il rapporto conflittuale esiste solo
tra aletheia e lethe. Nella semplice falsit non c rapporto di inimicizia tra vero e falso perch non c
rapporto. Quando si penser lethe come falsit la verit non avr pi la sua natura agonica, non avr pi
ambiguit. La verit semrpe altrove per questo non la posso conoscere perch si d ritraendosi , il
problema di Heidegger che Platone spesso inizia a nominare la non verit come pseuds. La non verit
inzia quasi sempre , ambiguamente , ad essere chiamata pseuds quindi aletheia perde ogni rapporto con la
velatezza perch viene rapportata con la falsit. Quello che Heidegger vuole dire che si sta perdendo
laletheia. Pseuds il nome che nasconde , cos Platone comincia a pensare la non verit. Piano piano
perderemo anche aletheia che diventer apseuds. Lessere della cosa non si manifesta storicamente ma ha
un carattere del tutto legato alla latenza , ci che dellessere si manifesta un evento. Ci che salvaguardava
aletheia proprio la velatezza , il carattere non storicizzabile dellessere. (p.161-165->) Aletheia e pseuds
non hanno la stessa radice , cio non sono pi coimplicate per natura. Per fare riferimento alla non verit non
ho pi nessuna esperienza di aletheia. La verit intesa come ci che va contro la non verit allora concepita
come non pseudos , assistiamo qui al fatto che lo pseudos e il suo significato guidano al significato di verit.
E il nome che nasconde il fatto che lethe ha un rapporto con aletheia. Contrapporre aletheia a pseudos il
motivo per cui nel terzo stadio il vero non pi ci che si da ritraendosi ma diventa esattezza. Ci che si
contrappone ad aletheia una sua distorsione. Quando noi cominciamo a dire che la non verit uno
pseuds diventa un velato che non pu venire alla disvelatezza. Perdendo il carattere del velato il problema
diventa la verit che non sar mai costretta a velarsi , perder il suo carattere conflittuale. Qui il problema :
pensare la velatezza traducendola con pseudos significa negare la possibilit della velatezza. Qui non stiamo
dicendo il falso , stiamo dicendo uno psueudonimo quindi una forma di nascondimento diversa. La
differenza tra pseudos e lethe che il primo non prevede nessun passaggio al disvelamento.
LEZIONE 13

(p.146-147->) Secondo Heidegger , Platone traghetterebbe lintera vicenda del problema della verit
dellesperienza greca dellaletheia in unaltra costellazione concettuale : la verit come indice della
misurazione , della conformit. In Platone questo un inizio e Heidegger lascia vedere tutte le tensioni
linguistiche che tendono a distorcere il significato di aletheia. Questo elemento decisivo nella politeia
perch evidentemente solo se la verit smarrisce quel carattere strutturalmente ambiguo tende e diventare
conoscibile. Noi stiamo maneggiando un tipo di sapere, che abbiamo letto in contrapposizione alla sapienza
parmenidea e in parte con la sofistica , che in parte nasce ed legato allinsegnamento , un sapere che si
insegna. Anche i saperi astratti , sono insegnabili perch la verit tende a diventare disponibile. La verit
diventa disponibile quando diventa misurabile, laletheia negava proprio la possibilit di legare la verit a
qualcosaltro che non fosse la verit stessa. Nellaletheia la verit si ritrae cio non ho un modo per
misurarla. Il problema della trasfigurazione dello statuto di aletheia non si pu che dare nel dialogo pi
espressamente politico , dove bisogna ancorare la vita sociale di Atene alla verit. La verit dellaletheia
che la verit non sta mai fuori ma coimplicata fin dal primo stadio con la struttura dellesistenza. Noi
siamo partiti dalla critica di Heidegger a tutta la dimensione della teoria delle idee che sarebbe
quellincipiente iniziale trasfigurazione del problema dellessere nelle idee come rappresentazione del
problema dellessere. Il momento di trasfigurazione nel mito della caverna quando la luce non solo ci
che mi rende possibile la visione ma ci che a fondamento stesso della visione. La verit intesa come
conformit presuppone la svelatezza ; c una svelatezza che precede ogni esperienza della svelatezza ,
quindi la svelatezza non unesperienza; lesperienza dellente presuppone una verit , una verit pi vera
dellesperienza della verit. C una scienza della verit. Il nostro problema la traduzione di alehteia con
verit ,questa traduzione ci fa perdere il carattere negativo di aletheia. La perdita del negativo nichilismo
perch ci consegna ad una logica del fondamento che conosciamo e in cui lidea delle idee ci che non
mai negativo, cio lessere valore. E la perdita del negativo ci da cui eravamo partiti nel quarto stadio ma
che si consuma nel terzo che ci apre al nichilismo e quindi alla metafisica. Lipotesi di Heidegger che la
nascita della metafisica nichilismo , perch essa riduce lessere dellente allente , cio riduce lessere ad
ente sommo , riduce lessere a mera giustificazione del problema dellente, dunque un fondamento
eternamente presente. Riduce lessere ad oggettivit. Perch la storia della metafisica occidentale
nichilismo? Da un lato perch vi la rimozione del problema dellessere o perch il radicale discredito del
mondo degli enti. Quando ci renderemo conto che tutta la storia della metafisica nichilismo? Quando non
solo lente non vale niente , ma anche quando lessere varr come niente. Ci sar una storia per cui anche la
verit non varr pi niente, perch sar resa del tutto disponibile alla manipolazione dellente. In questi 4
stadi del mito della caverna , nel progetto di liberazione a cui stiamo assistendo , ci rendiamo conto che
questo progetto un progetto di liberazione che ci libera dal puramente svelato ,cio dalla doxa perch ci
mette davanti al problema del velato ma ci mette davanti ad un problema ancora pi grande : ci sottrae
allesperienza della verit , ci sottrae al rapporto tra svelato e velato. Heidegger nel mito della caverna
individua il gesto con cui Platone corrode dallinterno laletheia. Questoperazione si consuma tutta nel terzo
stadio , l dove inizia a darsi la possibilit di una liberazione autentica perch il teorein si separa dal semplice
vedere con i sensi , dove emerge la teoria delle idee cio la scienza dialettica per antonomasia , cio laddove
il negativo viene sussunto al positivo , l emerge il problema del bene , una definizione possibile di aletheia.
E qui che Heidegger fa del potere di essere , il sole , lidea somma cio il fondamento. Il problema per
Heidegger che Platone maneggia lidea somma , cio il principio generale dellessere delle cose , come ci
da cui scaturisce la svelatezza dellente. La svelatezza dellente quindi non dipende dallente stesso , non
una dinamica del mostrarsi e del ritrarsi della cosa. La svelatezza dellente quindi non unesperienza , cio
lessere della cosa non dipende dalla cosa stessa. E tutto ridotto ad ente, tutto ridotto ad un sempre
presente. Lidea delle idee fa scaturire la svelatezza dellente , rende possibile la svelatezza , la fonda , la
giustifica. Si perde ci da cui siamo partiti cio la differenza ontologica cio essere ed ente per preservare la
differenza ontologica non devono avere nulla in comune , due nature incommensurabili , qui invece la
filosofia li tiene insieme tramite unidea. Il legame reso possibile dalle idee perch rimuovono a livello

ontologico il problema della negativit. La velatezza che gli schiavi non vedevano perch erano immersi
nella doxa , nel terzo stadio sia emersa e quel non sussunto nellidea, cio il divenire. Sto facendo
unoperazione teorica in cui tutte le trasformazioni sono incluse nellorigine. Lo smarrimento della
differenza ontologica attraverso la possibilit di costringere lessere a diventare il principio dellente. Ci
che interessa molto ad Heidegger che vi una costrizione allessere. Lessere stesso in quanto ente
diventer esso stesso disponibile a questo potere di essere. La filosofia un rapporto tra vedere e visto una
teoria del vedere. Il filosofo non Tiresia , perch importante una teoria delle idee? Se io posso vedere ,
posso vedere anche male , il saggio non vede niente per questo non siamo sbagliati. In questa teoria tra il
vedere e il visto interviene la filosofia tramite un processo di illuminazione aletheia venire fuori allo
scoperto , un venire che si mostra. Platone prende le distanze dal carattere ontologico del fenomeno: separa
ontologia e fenomenologia. Il fenomeno non ha nulla di vero , il suo mostrarsi non ci dice nulla della verit
del fenomeno , il fatto che io lo possa vedere non mi dice nulla della sua verit. Chi ha reso possibile la
manifestazione di alehteia? Ci che rende possibile la relazione tra il vedere e il visto la luce . Il problema
ancora una volta il fondamento come luce. Tutto si consuma nel terzo stadio quando la disponibilit di
aletheia emerge. La grande novit del primo stadio che si dimostra che luomo ha un rapporto strutturale
con lo svelato, lo schiavo non capisce lo svelato ma comunque in rapporto con esso. Mi devo domandare
chi quellessere che si pone il problema dellessere. E il dasain cio luomo inteso storicamente. Il dasain
quellesserci , qui e ora, quellessere in cui nel suo stesso essere si pone il problema dellessere. Lessere
del Dasain quellessere differente dagli altri esseri viventi, ci che costuisce il dasain che si pone il
problema della sua stessa esistenza. Esistere essere al mondo , lesistenza nel suo stato elementare significa
poter essere , esistere una possibilit. Lessere di questo essere che nel proprio essere si pone il problema
dellessere. Carattere dellesistenza la possibilit, vivere una possibilit. Lessere stesso si d come
possibilit, tutta la tradizione occidentale lha pensato invece , gi con Aristotele , come necessit. Nel terzo
stadio avviene la ritrazione della verit. Heidegger dice che in Platone emerge un rapporto potenzialmente
libero con lessere eterno perch nel terzo stadio la luce una relazione che ci consegna alla disponibilit
dellessere. Noi a differenza degli animali possiamo dire no agli stimoli naturali, noi non siamo storditi
dallambiente in cui siamo. Noi possiamo uscire fuori dalla nostra esistenza. Secondo Heidegger siamo liberi
quando rompiamo con la nostra stessa esistenza , quando rompiamo con il dato effettuale della nostra
esistenza. La filosofia heideggeriana lassenza di qualsiasi definizione. Lessere del dasain aver da
essere , unassenza di fissit e apertura alla possibilit. Nel terzo stadio viene meno la libert di aletheia,
viene meno quel carattere indefinito di aletheia , il carattere indefinito di aletheia significa che lente nel suo
manifestarsi non si conforma a nessun principio. La possibilit di venire fuori alla visione non garantita da
alcun supporto ontologico. Non c pi un progetto libero e autonomo , non c pi il dasain , ma luomo
quindi un idea. Avr fissa unidea e a partire da questa idea posso come fa la dialettica tracciare distinzioni
prendere decisioni , posso iniziare a stabilire cosa sia la verit. (p.161ecc->)
qui si prepara il tradimento
di platone. La preparazione che fa Platone di questo movimento lutilizzo del termine pseudos per indicare
la non verit. Verit e non verit non sono pi coimplicate ontologicamente. Quindi il negativo che
positivo non ha nulla pi a che fare con la non verit. Dentro il problema linguistico si inscrive anche il
problema ontologico. La verit sar qualcosa che si contrappone a questo pseudos , il rapporto con lente
non sar pi unesperienza con il negativo. Non ci sar pi un rapporto libero con la verit ma solo un
rapporto di sottomissione. (p.166->) Aletheia si sposta collocandosi in opposizione ad un velare siffatto che
un occultare nel senso di contraffare . questo occultamento un distorcere. La svelatezza caratterizza
lente stesso.
LEZIONE 14
Il problema dellessenza della verit il problema riguardante anche lessenza della non verit. (p.170->)
Lethe ha il significato fondamentale di velatezza, ma in una particolare variazione che avviene quando
aletheia perde il carattere di velatezza, quando avviene questa variazione siamo di fronte ad un logoramento,

dellessenza della verit non messo in luce lessere avvolto , lessere misterioso. Platone fa smarrire questo
senso, la velatezza ridotta a semplice non essere presente ,a semplice assenza, non pi un ritrarsi ma un
mancare alla presenza. Il velato sar una forma di non verit. Laletheia in questo senso viene intesa come
contrapposizione al non distorcimento dello pseudonimo , il sole come fondamento ci fa concepire la verit
come contrapposta alla non verit ci che non distorce , ci che si conforma. Grazie a questo
indebolimento del significato dalehteia derivato da una ripercussione sul concetto di essere ; grazie a
questa traduzione concettuale di aletheia perdiamo il problema dellessere ed inizia la metafisica. Ci che
inizia a diventare ci che conforme. Le ultime due pagine dellinterpretazione heideggeriana del mito della
caverna sono esplicitamente dedicate ad una ricapitolazione. Un carattere fondamentale della svelatezza
consiste nellessere ci che accade allente stesso; lesperienza fondamentale di aletheia quella che tradisce
la metafisica. La svelatezza un carattere dellente qua cambia tutto quando sar il soggetto a concedere la
svelatezza allente. Se lente contiene la svelatezza ha un rapporto con lessere del tutto diverso da quello
della metafisica in quanto non dipende dallessere il suo fondamento. La svelatezza consiste nellessere in
ci che accade allente stesso per abbiamo scoperto che questa dimensione il primo stadio del mito
delluomo in quanto esistente cio la svelatezza ci che ci appartiene in quanto esserci, quindi stiamo
dicendo che la svelatezza ci appartiene storicamente, laletheia ha quindi una dimensione storica. Fin quando
ci sar questa dimensione storica laletheia pu riferirsi allente. Lo svelare quindi una lotta. La verit in s
un elemento conflittuale. La verit sempre altrove rispetto a se stessa. Laletheia si d nel conflitto con
lethe, lo svelato nel momento in cui si d , si d ritraendosi. La domanda sullessenza della verit si
trasforma nella domanda sulla non verit e qui si comprende il carattere ambiguo dellaletheia. Il disvelato
sempre coimplicato con loscurit. (p.174->) La domanda sullessenza della verit nel senso della svelatezza
dellente una domanda sulla storia delluomo in quanto sistema. Interrogare il problema della verit
significa interrogare il problema delluomo in quanto esserci che esiste. Esserci che esiste significa avere un
rapporto con lente. La domanda sullessenza della verit una domanda in realt sullesistenza umana
secondo Heidegger. Heidegger sta dicendo che Platone tradisce questo cambiando lesperienza di aletheia
rompe il nesso esistenza-essere cio il fatto che nel mio stesso essere cio la mia stessa esistenza ne va del
problema dellessere. Non facendo pi di aletheia unesperienza storica la sottrae al rapporto con la verit.
Solo nel caso di aletheia ci poniamo anche il problema dellessenza della velatezza.
IL SOFISTA
il punto pi avanzato nella filosofia platonica dove il tema essenziale la non verit , noi ci poniamo il
problema di che cos il non essere della cosa. Il Sofista parte con unanalisi di cosa sia aletheia, partendo da
una critica a Parmenide. Si affronta il problema del non essere e quindi il problema della verit. Con
Parmenide abbiamo il problema di una verit tautologica da cui non ricavo nulla. Platone a fondamento del
problema ontologico del logos vede il logos come necessario per la pensabilit del non essere. Il pensiero
in grado di accedere al non essere questa la differenza sostanziale con Parmenide. Il primo dispositivo in
cui cambiano le cose rispetto a Parmenide nel Sofista la possibilit di concepire il logos come ci che
coimplica il non essere. Platone compie rispetto alla scuola eleatica che divide il mondo in due tra verit e
non verit unopera unificatrice. La sfifa quella contro il principio di non contraddizione , cio io posso
pensare il non essere. La dialettica la coimplicazione ontologica del non essere. Il corso heideggeriano un
corso dedicato al non essere attraverso il Sofista di Platone , si mette in discussione ci che . Questa
operazione si avvia interrogandosi sulla filosofia o pi precisamente su chi si pone il problema dellessere.
Chi si pone il problema dellessere il filosofo, il filosofo colui il quale chiamato a sciogliere
lindisponibilit del non essere in Parmenide. Il metodo dialettico platonico si interroga soprattutto su chi
non sia il filosofo, cio bisogna distinguerlo dal sofista. La sofistica fa un cattivo uso della non verit perch
non ha nessun rapporto con la verit. Per verificare il rapporto che il logos pu stabilire con lessere e con il
non essere bisogna prima escludere qualsiasi ambiguit. (p.274-275->) Dobbiamo riuscire a distinguere chi
il filosofo da chi non lo . Dovremo comprendere per fare ci tutte le pieghe del logos. Chiedersi come
determino la cosa il problema del sofista. Non era ovvio per i greci che tra la cosa e il suo potersi dire ci
fosse uno scarto. Platone nel Sofista cerca di fare qualcosa che per la cultura greca era tuttaltro che

scontato. Nel Logos stesso c quello scarto tra la nominazione e la cosa. Tutta questa distinzione la sofistica
la consuma nel nome , la cosa si perde , tutto si consuma nel nome della cosa. La sofistica interroga il nome
della cosa. I sofisti restano alla superficie, per questo la verit si consuma nel linguaggio e questa la
degenerazione. Nellinterno della caverna il nome la cosa perch non c nessun rapporto con la cosa
stessa. Il problema del sofista di Platone quello di non denominare il ghenos del filosofo. (p.232-233->) Il
logos ha a che fare come prima cosa con il dire. Il dire del logos ci fa vedere qualcosa dellente. Il Logos
lavora anche come eidos cio non come idea ma come si mostra. Leidos pi parente della sensibilit. Il
logos si d anche come relazione , questa accezione si comprende a partire dal significato di leghein.
Lessere della cosa lo diciamo nominandola. Quando io dico la cosa dico quello che lessere non , la
relazione rappresenta proprio il non essere. Logos innanziutto la capacit di mettere in relazione pi
elementi. Il problema di Platone capire che rapporto ha il nome con ci che esso indica, ovvero che tipo di
relazione vi tra il nome e loggetto che viene nominato. Il mestiere del filosofo riuscire a nominare la
cosa in modo tale che tra essa e il suo nome vi sia una relazione. Nel nominare si vedrebbe che al logos
appartiene la capacit di manifestare lessere della cosa. Il logos ha la capacit di manifestare lessere della
cosa ma lo sa fare solo quelluomo che filosofo e che sa usare il logos.
LEZIONE 15
I sofisti sono irrealistici perch separati totalmente dal problema dellaletheia. Il Sofista un testo in cui la
presa di posizione decisiva contro Parmenide in realt un espediente per prendersela con i sofisti. Il
problema del Sofista il Logos. Il problema del Logos il problema del non essere , il problema del Sofista
il rapporto tra logos e non essere comprendere questo rapporto permette di uscire dalla dimensione
eleatica. (p.222-223 ->) Tutte le difinizioni di Logos . Logos innanzitutto come leghein quindi come dire ma
non nel senso del verbo dire come lo intendiamo noi. Il Logos EIDOS cio ha la capacit di farci vedere
qualcosa dellente che dice , questa la novit qua si comincia a porre il problema della sofistica. Quando
nomino una cosa non ti sto dicendo lessere della cosa , quello il ghenos, ma ti sto dicendo qualcosa sulla
sua visibilit , ti sto dicendo qualcosa che appartiene alla cosa , la sua immagine. Il problema della
filosofia ,e pi ancora del ghenos che io posso dare per scontato , leidos perch se la mia dicibilit non
dice nulla delleidos la partita gi chiusa gi o sofistica o parmenidea. Il dire ci fa vedere qualcosa
dellente , il nominare tutto per la filosofia. Lente come appare , come mostrato nel logos questo il
fenomeno. Nel fenomeno la cosa stessa nel suo apparire. Unaltra identificazione del logos quella con il
nous quello che noi traduciamo con ragione. Il logos innanzitutto per Platone relazione. Dire la cosa
sempre in relazione alla sua differenza , a ci che non . Io non implico nel nome nessuna relazione alla
cosa , questa la sofistica. Heidegger ritiene che la filosofia serva a rischiarare lessenza delle cose a partire
dalleidos, la sofistica invece solo uneducazione a parlar bene una tecne. (p.260->) Il realismo della
sofistica va inteso come una non curanza della realt, quindi un irrealismo. La filosofia non ha altro
problema se non quello del logos. Nel sofista lintroduzione spiega quale sia il problema da affrontare cio
la definizione del sofista , del politico e del filosofo. Lo straniero di elea per descrivere il sofista lo paragona
al pescatore con la lenza. (p 293->) si deve partire dalla quotidinit per definire il sofista. Heidegger
riguardo questa scelta del pescatore con la lenza dice che nel fenomeno c la cosa quindi questo il
problema delleidos, io devo individuare leidos , la posta in gioco vedere leidos per questo la filosofia
sar sempre una teoria del vedere. Heidegger mostra che nel sofista il punto di partenza sia una tecne per
questo la lenza e il pescatore. Una tecnica in senso classico ci che manifesta qualcosa, la tecne la
potenza di far essere qualcosa. Dice Platone secondo Heidegger che la sofistica una tecne , la tecna si
mostra secondo Platone in due modi uno produttivo e uno appropiativo. La tecne il ghenos. Il primo
problema teorico che incontriamo nel sofista il perch la tecne abbia a che fare con il ghenos. Il ghenos
ci che indica lessere dellente. (p. 533->) Il ghenos rende pi chiare le interconnessioni ontologiche
formative. Quando noi parliamo del ghenos , del genere di una cosa , stiamo dicendo qualcosa dellessere di
quella cosa, stiamo dicendo qualcosa che non si trasforma. La tecne ha quindi a che fare con il genere , la

tecnica mi dice qualcosa di fondativo. Si manifesta con la tecne lessere della cosa , il genere. La sofistica
una tecne del genere non lo la filosofia. Noi abbiamo il genere e leidos che non dice nulla riguardo
lessere dellente , dice solo che lente deve essere affermato nel suo aspetto nella sua presenza prima di
essere afferrato nel suo ghenos. Il movimento dialettico tiene insieme le 3 dimensioni : lessere dellente , la
sua presenza e la sua sintesi tra essere dellente e presenza. Il procedimento dialettico che alla base del
sofista un movimento che ci deve fare tagliare , che ci deve fare separare un genere in pi segmenti. Si
prende lessere della cosa e mi metto a studiare come si mostra , il suo divenire. Il Logos deve poter dire
leidos, cos alla fine avr lidea. Lidea la posso avere solo dopo un lavoro molto faticoso di separazione.
Lidea si limita a ricondurre il molteplice del ghenos allunit. La conoscenza dellidea. La tecnica
appropiativa dei sofisti tente a catturare discorsi. Sia il pescatore che il sofista sono capaci di catturare ci
che gli interessa dentro la rete. La preda del sofista sono i logos , la sofistica la tecnica di appropiazione
del logos. (p.314->) la posta in gioco con la dialettica quello che stiamo facendo con lente lo dobbiamo
fare sulle idee solo cos arriveremo allidea delle idee. Il sofista una figura ambigua perch si d in maniera
molteplice per questo si deve usare il metodo dialettico. (Primo tentativo di una definizione vv 223 ) sono 5
le definizioni del sofista. 1. Persuasore 2. Venditore di virt. Heidegger dice che la sofistica lingresso nella
polis della definizione di verit come utile. La verit della sofistica non una verit 5. E la definizione della
sofistica come eristica. Non vuole esprimere la verit ma vuole incantare. Il sofista un parolaio , qiando
parla non ha nessun rapporto con la verit. La sofistia quellirrealismo del tutto materialistico. Per questo
la sofistica il male perch del tutto diseducativa. La sofistica in grado di far apparire giusto lingiusto ,
vero il falso ecc. qua riemerge parmenide. La potenza della prima parte del dialogo nei termini di una critica
radicale nella gestione del logos da parte dei sofisti pone il problema eleatico per eccellenza: la sofistica
lunica via duscita da Parmenide oppure possibile inscrivere il non essere da unaltra parte?
LEZIONE 16
(p.223-224->) Punto centrale resta il problema della pensabilit del non essere che Platone concepisce nella
doppia tensione tra Parmenide e i sofisti. Proprio il carattere ingannevole del linguaggio sofistico ci permette
di porre il problema del non essere. La vita stessa del sofista del tutto incarnata negli inganni ci dimostra
lesistenza del non essere per questo definire che cos il sofista ci consegna allesistenza e alla pensabilit
del non essere. Lesistere del sofista secondo Heidegger ci d accesso al non essere, lesistere del sofista
getta luce anche sullessere del non essere. Lesistenza del sofista ci fa fare i conti con Parmenide. Il non
essere pensabile a partire dallesistenza. Dalla concretezza dellessere sofistico il non ente . Platone per
superare Parmenide si occupa dellincarnazione del non . Lesistenza divenire. Tutta la prima parte del
Sofista di Platone cerca una definizione del sofista. Quando Platone si occupa del sofista in realt non fa
altro che cercare di pensare lessere del non . Non sta cercando il divenire ma lessere del non essere.
Platone cogliendo lessere del non ente pi radicale di Parmenide. Platone nel Sofista scopre che il non
essere implicato nellessere e fa questo attraverso lo studio della sofistica e lo fa tramite il metodo
dialettico. Platone grazie allesistenza del sofista legge pi approfonditamente di Parmenide lessere perch
vi coglie implicato in esso il non essere. Il tipo di logos che permette questo tipo di interpretazione il
logos-relazione. Protagonista del sofista lo straniero di Elea , un eleatico un po speciale perch non
aderisce totalmente alla dottrina di Parmenide. La parte centrale del dialogo ha a che fare con il tema
dellalterit e del movimento ; lo straniero di Elea porta nel dialogo un differenziale. Dir Heidegger che lo
straniero di Elea il vero filosofo , lo xenos , lo straniero , lalterit. Quando si deve trattare che cos la
filosofia non si pu non trattare la definizione del sofista perch la filosofia nasce laddove riesce a rendere
pensabile il non essere. Per certi versi c una preminenza del sofista rispetto al filosofo, si entra nella
filosofia a partire dal primo stadio del mito della caverna. Il problema del Sofista , il grande problema che
Platone ha davanti questa divisione tra filosofo e sofista , la definizione difficile perch il sofista sa
imitare il filosofo. Il problema il rapporto tra nome e cosa , il sofista ci inganna perch confonde il nome
con la cosa. Consuma lentit della cosa esclusivamente nel territorio dellapparenza. E sul terreno del logos

che si gioca tutta la partita del sofista e la possibilit di definire il non essere. Secondo Platone lopera da
fare quella di racchiudere il sofista in una tecnica specifica , in una competenza specifica ; il sofista non
filosofo perch ha una tecne specifica , il sofista determinato a differenza del filosofo che indeterminato.
Per capire del sofista si parte a ragionare dal pescatore con la lenza che ha una tecnica acquisitiva
Heidegger dice che quello che sta facendo Platone funziona per noi perch ci colloca subito nellontologia
del sofista ci fa capire lontologia della sua tecne. Il pescatore con la lenza e il sofista hanno la stessa
ontologia , hanno una tecne non produttiva non c un elemento creativo. Il filosofo invece chi crea. Hanno
una tecnica acquisitiva che viene subito dopo la sostanza della cosa stessa quindi subito dopo la non
produttivit. Lelemento caratterizzante di questa tecnica acquisitiva il logos perch parlare significa
impossessarsi di qualcosa. Il leghein della tecnica acquisitiva cattura leidos , il leghein non pu avere
accesso allidea quindi alla verit. La lenza del sofista il leghein , il linguaggio. Il sofista tale perch ha
a che fare solo con leidos dellente. Pure la filosofia ha a che fare con leidos cio per come lente si
mostra. La difficolt di portare ad unit le definizioni di sofista mostrerebbero che le apparenze cio gli
eidos di cui ci occupiamo non hanno nulla a che fare con la verit. La differenza tra sofista e filosofo: questo
eidos sofistico non ha nulla a che fare con la cosa, nel sofista leidos solo nome. Il sofista pu essere
definito in moltissimi modi senza arrivare ad una definizione unitaria. La dialettica filosofica tende a svelare
lunit cio che invece il sofista non pu mai fare. Non c principio logico nella sofistica perch non c
mai unit. Lo straniero di Elea deve svelare il carattere illusiorio della pretesa universalit del nominalismo
sofistico. Si tratta di decostruire la filosofia del linguaggio sofistico , si tratta di decostruire limpossibilit
della pesca con la lenza di portare il molteplice allunit, bisogna mostrare il carattere illusiorio della
sofistica a partire dallo scarto che produce tra apparenza e realt. Leidos sofistico si riduce ad unimmagine
della cosa , in Platone la separazione tra immagine e cosa radicale. Larte della sofistica con le parole
imitare la cosa e la imita producendo unimmagine. Lultima definizione del sofista sar poi colui che imita,
il sofista un artista della parola , produce una realt che esiste solo nelle parole che usa. Nel primo stadio lo
schiavo ha davanti unimitazione della realt , ma questo primo stadio sappiamo che partecipa della verit
seppur in maniera negativa, un grado dentro la stessa natura ontologica. Attraverso luso performativo del
linguaggio riesce ad indurre i giovani a credere di avere la conoscenza delle cose. Il linguaggio non rivela
aletheia ma costituisce universi fittizzi. Platone agli occhi di Heidegger un iper-realista. Il sofista un
appello alla prassi. Il sofista si nasconde in un luogo inespugnabile cio nel non essere. Poich il sofista il
nome dellapparenza , lapparenza il nome di qualcosa che non c. Lessere del sofista non stabile
contraddittorio. Il dire pu dire il non essere, i sofisti ci fanno vedere proprio questo. I sofisti dimostrano che
il logos pu dire il falso quindi consentire che il non essere sia. La confutazione delluno parmenidea
corrisponde anche alla confutazione che ne fa la sofistica. Il leghein il limite invalicabile contro cui si
infrange Parmenide il fatto che io possa dire il non essere rompe lassolutezza della posizione parmenidea ,
dire semrpe dire qualcosa. Nel leghein si d sempre una traccia dellessere. Parlare sempre e comunque
porre un tipo di essere. La critica platonica a parmenide tutta una critica intorno agli utilizzi del logos , il
problema come concepiamo il logos. E sul piano del logos che io posso dire che il non essere .
Dichiarare il non essere attribuirne lesistenza. E la struttura stessa del non essere che impone il suo essere
, la nominazione che da essenza necessaria al non essere. Il non essere eiste perch pu essere detto. Il
linguaggio si d per far esistere il non ente. Quando il niente viene ontologgizato dice esattamente il
contrario di quello che sta dicendo. Il linguaggio ci permette di capire che nel essere coimplicato il niente.
Parmenide non pensava dialetticamente.
LEZIONE 17
Il non ente coimplicato nellessere, non c una dipendenza il non essere pu esistere secondo Platone
nellessere. Il problema dellesistenza del non essere non il non essere in quanto tale ma leghein , il
logos il problema. Per Parmenide il non essere non pensabile o dicibile. In questo dialogo vi il tentativo
di concepire una determinazione ontologica della differenza del diverso. Sul piano logico la contraddizione

non pu darsi sul piano ontologico s. Noi dobbiamo iniziare a comprendere cosa rende pensabile il diverso
nellessere, cio la possibilit di pensare il negativo, noi dobbiamo cercare di comprendere la dialettica. Nel
sofista vi laccoglienza dialettica del negativo. I sofisti rendono il logos nel senso del leghein del tutto
autonomo dalla verit. Il linguaggio sofistico dichiarato irrealistico perch totalmente slegato dalla realt
di cosa. Dire il falso vuol dire consentire che il non essere sia. La filosofia ha il ruolo di far esistere il falso
al livello dellessere. Confutare parmenide vuol dire gi confutare i sofisti. Lo straniero di elea elabora una
dialettica in grado a livello ontologico di non escludere il non essere dallesistenza. Solo se questo pu
accadere posso rendere pensabile il divenire e quindi il movimento. La critica platonica a parmenide non
unindagine diretta del non essere come pensa di fare parmenide ma bisogna capire come funziona il logos
per non rimanere bloccati. Logos in greco contiene tutto ci che noi poi traduciamo con discorso,
ragionamento , parola, pensiero. Il logos greco una macchina di complessit. Negare il non essere produce
la contraddizione dellessere. Lintenzionalit del linguaggio lessere nella forma del non essere.
Parmenide incapace di concepire lintenzionalit ontologica del linguaggio. Quella capacit del linguaggio
di nominare ci che non . Il linguaggio la casa del divenire in quanto casa dellessere. Non dobbiamo
perdere il legame tra il linguaggio e la verit perch senn diventiamo sofisti. Dobbiamo interrogare secondo
lo straniero lo statuto ontologico dellimmagine , eidolon, questo il nostro problema. Esiste la realt
dellimmagine che senza verit , non non vera , non non esistente per. Limmagine una realt senza
verit , rinvia sempre al concetto di somiglianza, in Platone per non ha nessuna autonomia. Le immagini
hanno sempre un corrispettivo nel vero, assomigliano al vero. Limmagine lo stesso ma anche altro dallo
stesso , non propriamente vero ma si riferisce al vero. Platone la condanna perch ambigua. Limmagine
un oggetto assimilato a vero grazie alla nozione di somiglianza. Fino a Cartesio la cultura occidentale
ragioner cos. Si conosceva tramite la somiglianza ; la somiglianza un elemento implicito , strutturale
,contraddittorio, si riferisce sia allunit che alla diversit , non propriamente vero ma si pu riferire al
vero. La somiglianza non lessere della cosa ma somiglia ad esso. Limmagine contiene il non essere pur
assomigliando allessere. Limmagine secondo Platone un diverso che lo stesso , la differenza
dellimmagine implicata al vero. Per i sofisti limmagine non ha nessuna relazione, altro dallessere che
somigliante allessere. Stiamo superando la contraddizione parmenidea. Ponendo laltro dallessere
limmagine diversa dallessere ma non si oppone a lui. C qualcosa che , che non lessere questo il
risultato strabiliante che raggiunge Platone. Limmagine perch ha un rapporto con lessere ma non
lessere. Limmagine ha una sua specificit. Limmagine lessere di ci che non , lessere di ci che
diverso. Il non essere grazie allimmagine assume una sua determinatezza. Costituisce ci che diverso da
un certo essere e parallelamente anche lessere sempre determinato. Incarnare una certa determinazione
vuol dire non essere unaltra cosa. Dal punto di vista dialettico stiamo ottenendo la coppia ontologica
identit-differenza. Qui si consuma la separazione tra filosofo e sofista, questa duplicit ontologica ci
salvaguarda dallessere sofisti. Limmagine partecipa dellessere ma non lessere. Il logos parmenideo un
logos del tutto logico , non impregnato da altro se non da se stesso. Il logos platonico nel sofista si apre alle
immagini quindi un logos che si rende complesso. Questo processo del partecipare avviene per lintreccio
tra essere e non essere congiunti. Lessere antinomico strutturalmente porta dentro di s ci che ne eredita
lo statuto di essere, questa antinomia radicale ci fa superare parmenide. Platone ci svincola
dallimmobilismo radicale. Fino al sofista Platone un immobilista non riusciva a pensare il movimento.
Nel sofista entra in scena per la prima volta il non essere. Con la comparsa del non essere io posso negare il
vero ma non dire il falso perch sul piano ontologico il falso in quanto non essere partecipe dellessere.
Linterrogazione sullo statuto ontologico dellimmagine cruciale perch vi sono entrambi i problemi : i
sofisti e Parmenide. Tale interrogazione fa includere ledificio eleatico perch limmagine porta il diverso
nel vero ma dallaltra parte scardina linnaccessibilit del luogo in cui si nasconde il sofista , questo luogo
il linguaggio come mero strumento comunicativo. Linterrogazione ci permettere di prendere le distanza da
Parmenide che nega il falso, il falso esiste perch lessere produce una sua immagine, lessere non
immobile , produce qualcosa che gli somiglia. Il falso legato su un altro piano anche ai sofisti.

Riconoscendo la presenza di fatto del non essere nel linguaggio , si pu attribuire al logos un valore
significativo. La presenza del non essere nel logos, la prensenza di una somiglianza d al logos la possibilit
di distinguere il vero dal falso. La sofistica produce un piano di menzogne, il filosofo permette di
comprendere come ci sia un rapporto con la cosa. La sofistica una mera menzogna nel caso in cui non
consapevo delleidos (dellimmagine). I sofisti fanno una separazione tra eidolon ed eidos. A platone
interessa difendere la verit dai sofisti. Si deve riuscire a dimostrare che ci che non , questo non non
quello dei sofisti. Il compito difendere aletheia. Si costringe il non essere ad essere pensando il rapporto tra
immagine ed eidos. Si deve recuperare il negativo dellessere e per fare ci si deve consegnare allimmagine
uno statuto ontologico. Limmagine dellessere nega lessere ma gli appartiene. Limmagine ha una sua
realt , partecipa allessere ed occorre il filosofo affinch non vi sia confusione. Platone stesso si preoccupa
dellabisso che ha spalancato cio che non esista una verit ultima perch essa sempre insidiata da un suo
scarto.
LEZIONE 18
La dialettica la pensabilit del negativo, il negativo sta dentro le idee anche le idee si trasformano. Tutta la
questione dellimmagine ci consegna un dominio dellintelligibile ad un piano del logos che apre alla
questione delle idee che apre quindi alla dialettica. La dialettica in platone pu essere letta come una teoria
delle idee quindi come una teoria dellimmagine. Parmenide non riesce a pensare veramente lessere , c
una sovrapposizione tra logos e on. Il Sofista rompe con la tradizione classica proprio con questo tema delle
immagini con questo eidolon. Limmagine ha a che fare con lessere , quindi ha a che fare con ci che vero
, limmagine della cosa non separato dalla cosa. Il nominare sofistico separa attraverso il nome leidos con
la cosa non ha nulla a che fare. Le immagine per Parmenide non hanno nessun carattere di verit non
possono per dire nemmeno il falso. Lapparenza per i sofisti dicibile. Lesistenza sofistica la
dimostrazione della presenza del me on , ora noi dobbiamo superare la sofistica e lo facciamo ad un livello
pi alto , lo facciamo a livello ontologico dello statuto delle immagini della cosa. Solo al livello del pensiero
possiamo stabilire un rapporto tra il logos e lon. Limmagine qualcosa da cui ci si deve liberare per
arrivare allessere e lessere non il pensiero senn saremmo ancora parmenidei. Limmagine che ci
permette di accedere allessere gi una dimunuzione. Limmagine una differenza , lessere pu essere
pensato solo a partire dalla differenza. Io posso pensare il movimento. La dialettica il metodo utilizzato da
tutta la filosofia moderna che serve per comprendere il movimento , la trasformazione delle cose. Nella
dialettica il principio del negativo ci che fa muovere lessere. Limmagine ci che rompe lequivalenza
allinterno dellessere e essere vero che non ammette sfasature della logica parmenidea. Limmagine in
Platone rinvia sempre al concetto di somiglianza. Limmagine tiene insieme lo stesso e laltro , lessere e il
nulla , non il vero ma si riferisce al vero , non lessere ma in quanto somiglianza. Noi siamo giunti nel
sofista ad individuare qualcosa che altro dallessere eppure . In qualche modo il non essere . Gi nel
sofista grazie al tema delle immagini si elimina il problema della differenza ontologica. Il divenire una
forma dellessere. il non essere pu essere determinato solo se me lo rappresento, cio limmagine da un lato
vera dallaltro non lo .

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