Escolar Documentos
Profissional Documentos
Cultura Documentos
tornava verso il grande muro del Pcile, e vicino al vascone attorno al quale
correvano i cocchi bardati, conversava con la guardia che camminava su e gi,
lo sguardo rivolto alla vallecola, e pi lontano alle vaghe luci dellUrbe, che non
si vedeva, ma sintuiva da un flebile chiarore. Oppure, se desiderava un silenzio
ancora pi alto, poteva portarsi a contemplare le statue dei sette savi, i filosofi
greci, posti nei sette nicchioni della Sala omonima, statue da molti secoli
scomparse, inghiottite dal tempo. Aristotele, Platone, Sesto Empirico, Epitteto,
Eraclito, Parmenide, Talete, cos, in ordine sparso. Non sappiamo, lelenco
arbitrariamente mio. Margherite Yourcenar scrive Les mmoires dHadrien
pensando (o ritenendo di poterlo fare) con la testa dellimperatore: ()
Qualsiasi costruzione umana che pretenda leternit costretta ad adattarsi al
ritmo mutevole dei grandi eventi della natura, conformarsi al mutare degli
astri. () La nostra Roma non ormai pi la borgata pastorale dei tempi di
Evandro, culla dun avvenire che in parte gi passato, la Roma predatrice
della Repubblica ha gi svolto la sua funzione, la folle capitale dei primi Cesari
tende gi a rinsavire da s; altre Rome verranno e io non so immaginarne il
volto; ma avr contribuito a formarlo. () (Op. cit., Einaudi, Torino 1965, p.
106). E ancora: () Nel momento in cui ti scrivo io so esattamente quali stelle
passano qui, a Tivoli, sopra questo soffitto ornato di stucchi e di pitture
preziose, e altrove, laggi un sepolcro. Qualche anno dopo la morte doveva
diventare oggetto delle mie meditazioni costanti, il pensiero al quale ho
dedicato tutte quelle forze del mio Spirito che lo Stato non assorbiva. E chi
dice morte esprime anche quel mondo misterioso al quale forse per suo mezzo
si accede. Dopo tante riflessioni ed esperienze, talora condannabili, ignoro
ancora quello che accade dietro quella buia cortina. Ma la notte siriaca
(dedicata interamente alla contemplazione degli astri, ndr) rappresenta la mia
parte consapevole dimmortalit. () (Ibidem, p. 142).
Ce ne andiamo quando il sole declina verso Roma, la nuvolaglia allorizzonte di
un lucore iridescente, mentre verso lAppennino gi comincia a scendere la
sera.
La lode e il biasimo
Sia a Dio la lode, si dice da millenni. Ma anche alluomo. La lode grazia come dono e
benevolenza. Il biasimo un rilievo del male che si fa, ma anche una sottolineatura
e unesortazione per indurre le azioni umane libere verso il bene. La lode e il biasimo
sono collegati. Non vi deve essere un biasimo senza la lode per un qualcosa di buono
che anche il peggiore di noi fa, n una lode senza che si lasci trasparire una
sospensione di giudizio, tale da mettere in guardia chi viene lodato dal rischio
costituito dal montare in superbia.
Lodare e biasimare sono una modalit comunicazionale difficile. La lode non deve
essere sperticata, smisurata, senza un richiamo allesigenza dellumilt, allesercizio
della virt somma della pazienza. Le due virt proposte sono la via maestra per
lesercizio della lode e del biasimo, perch proiettano in una prospettiva di verit e di
equilibrio il giudizio stesso.
Il biasimo deve lasciare la porta del dialogo sempre aperta, deve valere come
correzione, come richiamo ad una dirittura morale che non pu assopirsi dietro le
scelte facili o furbesche, o truffaldine.
Quante lodi esagerate, invece, si sentono correntemente nellambito mediatico, e
soprattutto politico.
Lalleato, lamico, talvolta il complice, sempre una specie di eroe, un divino fanciullo,
un condottiero.
Di contro, quanto disequilibrio, se si criticano gli avversari, i nemici, i rivali! Essi sono
sempre dei reprobi, dei ribaldi, ovvero dei reietti, dei falliti, dei perdenti.
Si pensi in particolare al linguaggio della politica, recentissimo. Di questultima,
infuocata, ma arida di contenuti profondi, campagna elettorale.
Per criticare qualcuno che modifica i propri assetti ricomponendo schieramenti politici,
lo si accusa di mero maquillage (Veltroni vs Popolo della Libert). Maquillage una
diminutio, e quindi unoffesa.
Per banalizzare le scelte di un altro gli si d del patetico (Fini vs Veltroni). Il pathos di
patetico non ha pi la grave accezione classica di sofferenza, ma quasi uno
scadere nel ridicolo.
Per convincere un popolo che si ritiene incolto si caricano i toni, dicendo scelleratezza,
l dove si dovrebbe dire accordo non condiviso (Diliberto vs Veltroni e Berlusconi,
nellipotesi di unintesa su una nuova Legge elettorale). Ah, Diliberto, professore di
Diritto romano! Un consiglio: consulti il Vocabolaro Latino-Italiano Campanini-Carboni,
Ed. Paravia, p. 630, alla voce scelus, sceleris, della terza declinazione: scelleratezza,
crimine, delitto, misfatto, assassinio, ribalderia, empiet, etc.. Addirittura, oh,
Diliberto.
Si stracciano i programmi degli avversari con gesto plateale, invece di leggerli e di
controdedurre altre proposte (Berlusconi vs Partito Democratico).
Occorre il rispetto sia per lodare, sia per biasimare. Senza rispetto la barbarie, cio il
farfugliamento, il bar-bar ancestrale, di prima della formazione dei linguaggi, come
dicevano i Greci, che se ne intendevano di barbari.
E a livello locale, regionale? Le conosciamo le mascherine. Che dire di chi proprio non
riesce a fare a meno della politica? Che non saprebbe fare altro? Ma almeno potrebbe
imparare a parlare, mehercules! Il teatrino continua imperterrito. Le situazioni
cambiano, il tempo scorre, ma le facce restano ad occhieggiare dai fogli locali. Ogni
tanto qualcuno (o qualcuna) resta fuori gioco, facendo finta di prenderla bene.
Come considerare il biasimo e la lode in politica? Come fidarsi di chi ti loda? E, se ti
meriti un biasimo, chi ha il coraggio di fartelo, se sei potente?
Chi dei potenti si d il tempo per la lode e per il biasimo con la ponderatezza della
riflessione radicale sui comportamenti propri e degli altri?
Quaestiones pusillae, direbbero gli antichi Romani, sapendo bene che si tratta di
domande retoriche.
Lesigenza mediatica di pronunziare sempre frasi brevi, apodittiche, icastiche, induce a
semplificazioni terminologiche inaccettabili, a sciatterie espressive e a inganni
discorsivi. Quasi nessuno si sforza (non essendo in grado di farlo, forse, in molta parte
dei casi) di operare la comunicazione della lode o del biasimo utilizzando il flusso della
logica formale, che la stessa logica grammaticale, sintattica e semantica.
questione di onest intellettuale e di scelta eticamente finalizzata, quella di usare un
linguaggio chiaro, rigoroso, rispettoso dell'altro anche nella critica, con il quale
esprimere la lode e il biasimo secondo il fine buono della correzione e del rinforzo.
Individuo e persona
L'individuo l'indivisibile, l'uno, ci che individuabile come unit concettuale
e reale. Individuo l'uomo, l'animale, un albero. Beninteso sempre a livello di
pensiero naturale, ch anche un individuo umano divisibile in parti,
composto di organi e sostanze chimiche e biologiche differenti. Tralasciamo qui
anche la distinzione metafisica fra anima e corpo, che serve alle discipline
filosofiche e teologiche per spiegare la spiritualit dell'essere umano, ma che
non inficia la sostanziale unit dell'uomo, "composto umano" come dice san
Tommaso. La persona altro. Non l'albero, non l'animale. E' un uomo.
Spieghiamo, onde evitare le confusioni lessicali e nominalistiche, che spesso
sono responsabili di incomprensioni e di chiusura al dialogo. Severino Boezio
nel VI secolo dopo Cristo diceva: "Persona est rationalis natura individua
substantia", cio "La persona una sostanza individuale di natura
intellettuale". E' quindi escluso che siano persone esseri che non appartengono
al genere umano, in quanto privi di intelletto razionale, di volont capace di
agire in base a un giudizio elaborato dall'intelletto, e quindi di coscienza
riflessa. Con ci non volendo significare che gli animali, specie quelli superiori,
non abbiano significative attivit che potremmo definire, se pure
traslatamente, psicologiche: infatti, sappiamo che l'istinto geneticamente dato
una specie di vis aestimativa, di capacit di estimo, che essi hanno anche in
misura notevole. Ma tale facolt non deve essere confusa con la facolt,
solamente umana, di percepirsi per ci e per come si (coscienza riflessa), e
di formulare tutti i gradi dell'astrazione concettuale, dal grado della percezione
sensibile e quindi delle scienze sperimentali, a quello degli enti matematici, a
quello, infine, dei principi primi delle scienze dell'essere (identit, non
contraddizione, principio di causa efficiente, di causa finale, etc.). Bisogna
quindi mettersi d'accordo sul significato delle parole, pena la Babele delle
lingue. Diciamo anche che "persona" in lingua latina significa "maschera", in
quanto era un attrezzo usato dagli attori del teatro, appunto, "per-sonre",
cio "per suonare", affinch la loro voce rimbombasse in una sorta di prima
cassa armonica, per diffondersi poi meglio negli ampi spazi del teatro. Quindi
9
10
12
14
Tempo ed eternit
Tempo ed eternit stanno insieme. L'eternit, che preesiste al tempo, al tempo
ha dato inizio, e a un certo punto segner la sua fine, del tempo. Ma l'eternit
d al tempo anche il suo proprio Fine, il suo tlos (in greco), cui tende per
necessit. Cos dice la grande filosofia della Tradizione occidentale, che i teorici
del cosiddetto "pensiero debole" oggi tendono a sminuire, se non a
dimenticare. E' interessante notare come la nostra lingua preveda due modi
per dire fine, una con l'articolo femminile "la", per significare una
"conclusione", l'altra con l'articolo maschile "il", per intendere una finalit, uno
scopo. La questione del tempo stata una delle domande prime e
fondamentali che l'uomo si fatto, tentando di darsi risposte plausibili.
Nell'induismo, che per legato da sempre ad una visione "circolare" del
tempo, con il ciclo delle reincarnazioni, fino al ricongiungimento dell'Atmn
(l'anima sensibile e spirituale dell'uomo) al Brahmn, la divinit, il Dio
assoluto, indicibile (Nirgna); nel buddhismo con il concetto del khrma
personale (una specie di "retribuzione" in qualche modo analoga a quella
giudaico-cristiana e islamica, che prevede il premio per i giusti o il castigo per i
peccatori) e del raggiungimento del Nirvana, dopo un lungo esercizio delle virt
umane, nella cessazione del desiderio e quindi del dolore. Nel nostro occidente,
invece, il problema del tempo stato inizialmente questione studiata, non solo
dalle "teologie", ma anche dalla filosofia naturale, cio da quelle discipline che
oggi noi chiamiamo scienze naturali o fisiche. Tra i filosofi pre-socratici, vi fu
Anassimandro di Mileto, discepolo di Talete, che addirittura consider l'infinito
(peiron) come categoria immisurabile del tempo e dello spazio, come arch,
cio come principio di tutte le altre cose. Platone attribu all'iperuraneo mondo
delle Idee e al Sommo Bene la qualit dell'eternit. Gli Eleatici (filosofi attivi
nell'attuale Salernitano, dove vi era l'antica citt di Ela), con Parmenide, e
soprattutto con Zenone, sostenevano che il moto nel tempo solo apparente,
perch l'unica realt vera l'Essere. Quindi il tempo sarebbe una categoria non
reale. Fu poi Aristotele nella sua Fisica a trattare del tempo come di una
categoria dove si realizza l'essere delle cose tramite il moto e l'estensione, non
15
16
La parola e lo sguardo
Logos, verbum, korn: greco, latino, arabo per dire la parola, cio l'insieme di
suoni cui attribuiamo da migliaia di anni un significato, segno che rinvia a
senso e significato, sia nel contesto di un'espressione, che nel mutare delle
accezioni. Perch la parola ci distingue da ogni altro animale, quale evidenza
esterna di un pensiero razionale, come particolarissimo esprimersi dell'umano
nell'ambito del vivente. Anche gli animali comunicano, ma con suoni le cui
articolazioni non hanno nulla a che fare con il pensiero che sorge dalla
coscienza riflessa. Anch'essi possono avere un sistema di comunicazione
interno alle varie specie molto complicato, fatto di suoni vocali, o fonemi, e di
gesti, ma nulla che somigli se pure lontanamente all'universo relazionale e
concettuale insito nel linguaggio umano. Basterebbe pensare alla metafora,
all'analogia, alla capacit di menzogna o a quella di sapere distinguere le cose
dalle loro immagini, la concettualizzazione, per dire che l'uomo
assolutamente altro dagli animali.
Circa poi l'importanza dei tre termini sopra citati, essa evidente per la stessa
storia umana dell'occidente e del vicino oriente. Il lgos la ragione filosofica
greca, e anche, ma in ambito teologico, il pensiero creatore del Dio biblicocristiano, con un punto d'incontro nella visione di san Giovanni evangelista,
ambiguamente ripreso dal pensiero gnostico antico (Marcione) e moderno
(dalla Massoneria e dalla New Age). Il verbum non soltanto il termine latino
che indica l'azione umana, ma lo stesso lgos creatore, che diventa la seconda
persona dell'unica Sostanza divina nel Mistero trinitario del Cristianesimo.
Korn la parola creatrice, il libro di Dio secondo l'Islm. Direttamente e
letteralmente dettato dall'angelo Gabriele al profeta Mohmed. Il Corano.
Parliamo quindi della Parola al singolare, non delle tante, talora troppe, parole
che si proferiscono.
Eidon, idolum, vista, vedere: ancora, greco, latino, italiano per dire ci che
concerne la vista, l'immagine di ci che si vede. La vista considerata il
maggiore dei sensi esterni, insieme con l'udito, che nei ciechi la pu in qualche
modo supplire. Vi l'etimo di idea in eidon e quello di idolo, come se fosse
17
18
De laccidia
LAccidia una freddura,/ ce reca senza mesura,/ posta n estrema paura,/ co
la mente alienata. (Jacopone da todi, Laudi Trattato e Detti, a cura di Franca
Ageno, Ed. Le Monnier, Firenze 1953).
Cos il Tuderte, frate matto e geniale, autore dello Stabat Mater (dolorosa,/
iuxta crucem lacrimosa,/ dum pendebat filius,/ etc.), parla del vizio dellaccidia,
il pi controverso, il meno citato, il pi arcaico dei vizi capitali classici. Di per s
laccidia (dal greco a-kdion, dove lalfa privativo sta per senza, mentre
kdion significa cura), unindolenza, una specie di contrariet alloperare,
una noia, uno stato di indifferenza. Dante, nel Convivio, seguendo in questo
San Tommaso dAquino, ritiene laccidia un vizio per difetto dellira, poich
nella dottrina classica lira s un vizio, ma anche una passione, la quale, se
governata, spinge luomo al combattimento spirituale, anche per superare
ostacoli ardui. Il Poeta, poi, tratta molto male gli accidiosi, collocandoli, al
Canto VII dellInferno, nella palude dello Stige insieme con gli iracondi, e in ci
vi una specie di contrappasso, mentre nel Purgatorio li colloca nel Canto
XVII, dove si comportano da veri penitenti, invocando la sollecitudine come
virt contraria al loro vizio.
Correntemente, dunque, laccidioso colui che si fa prendere dalla noia, che
declina ogni entusiasmo e perci si presenta incline alla depressione.
Scoraggiamento, negligenza, prostrazione, indebolimento psicologico e
spirituale, sono sintomi e nello stesso tempo effetti dellaccidia, in un circolo
che si pu rivelare, molto spesso, vizioso. Probabilmente le neuroscienze ci
possono e ci potranno spiegare qualcosa di pi circa eventuali origini di tipo
organico-genetico individuale, ma ci non inficia in alcunch la connotazione
anche morale di quello stato danimo. Si deve piuttosto fare attenzione a non
scambiare per accidia latteggiamento di chi non ritiene di dover dedicare tutto
il proprio tempo ed energie ad unoccupazione lucrativa o alla ricerca di un
sempre maggiore potere. Cio di un amor, una libido sui (amore di s) smodati
e devastanti. In questo caso si tratterebbe di un attivismo smodato, e
paradossalmente fomite un tipo particolare di accidia, quella di chi crede di
19
potere fare qualsiasi cosa, anche al di l delle proprie forze, finendo per
crollare, sia sul piano psicologico, sia, molto spesso, sul piano fisico.
Laccidia porta con s dolore, senso di spaesamento, disequilibrio nelle scelte
quotidiane, facendo talora apparire i problemi e le difficolt come ostacoli
insuperabili. In questo senso veramente una carenza di ira, nel senso di
una mancanza di forza vitale.
Bisogna dunque rifuggire sia lozio sia lattivismo smodato, ambedue
comportamenti estremi che possono favorire laccidia. invece opportuno
scoprire o riscoprire il senso creaturale di s, cio la nozione del limite e della
finitudine esistenziale, che riguarda, senza eccezioni, ognuno di noi. Ho
conosciuto in vita mia molti padreterni, ma ho sempre pensato che dietro la
loro onnipotenza stava in agguato il tempo, con i suoi corollari
dellinvecchiamento, dellindebolimento, della perdita di un qualcosa.
Affinch questa condizione non sia solo di perdita, bisogna attrezzarsi per dare
valore anche ad altro, agli aspetti pi interiori, spirituali, disinteressati della
propria esperienza.
Un altro suggerimento pu essere quello di dare spazio a virt morali, che
fanno parte della fortezza, come la pazienza e la perseveranza, le quali
possono vaccinare la psiche umana da un eccesso di aspettative,
dallimpazienza, dallansia, le quali, a loro volta, se frustrate, possono originare
accidia, e poi depressione, e poi..
Laccidia unespressione antica e, nel contempo, una malattia
contemporanea, ma anche un peccato, o, laicamente, un venire meno a se
stessi, perch implica responsabilit personale, e dunque possiede una
rilevanza morale. Bisogna quindi essere indaffarati, ma per dei fini buoni,
positivi, costruttivi, solidali, evitando le esagerazioni. Il lavoro un valore in
s, ma anche un equilibrato riposo lo , cos come anche la consapevolezza (=
coscienza sapiente) dei propri limiti, del senso di opportunit nellagire,
dellascolto attivo degli altri.
LApocalisse di Giovanni al capitolo terzo, recita cos: Io conosco le tue opere,
che tu non sei n freddo n caldo. Oh, fossi tu freddo e caldo! Cos, perch sei
tiepido e non sei n freddo n caldo, io sto per vomitarti dalla mia bocca.
20
Poich tu dici: io sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di nulla e non
sai invece di essere disgraziato, miserabile, povero, cieco e nudo. Ti consiglio
di comperare da me delloro affinato col fuco per arricchirti, e delle vesti
bianche per coprirti, e non far apparire cos la vergogna della tua nudit, e di
ungerti gli occhi con del collirio, affinch tu veda ().
Si tratta di un passo della lettera alla chiesa di Laodicea (Anatolia), che San
Paolo aveva fondato nel corso del suo secondo viaggio missionario, verso il 52
- 54 d. C..
Anche allora luomo era come adesso, cosicch deve (e dovr) sempre
emendarsi.
21
22
tipicamente legata allo sviluppo della logica e della metafisica filosofica greca.
Nel mondo hindu l'analogia stemperata nel concetti di attrazione o
somiglianza: l'atman personale (l'anima umana) attratto verso il brahmn
(l'assoluto, Dio), cui somiglia ma non analogamente. Nel mondo semitico,
ebraico ed islamico, l'analogia, specie quella relativa allo spirito (anima
razionale umana e Spirito di Dio-l'Eterno-Jahw-Allh), una bestemmia, la
pi grave bestemmia.
I greci, invece, hanno costituito come struttura fondamentale del ragionamento
l'analogia, suddividendola in generale in due tipologie: l'analogia di
partecipazione e l'analogia di attribuzione. Ora vedremo come ci aiutano nella
riflessione radicale. Se diciamo "bianco" tutti sappiamo che si tratta del colore,
e siamo in grado di "attribuirlo" ad ogni oggetto che sia di colore bianco: quindi
possiamo dire che "una parete bianca come un lenzuolo" senza scandalizzare
nessuno, come potremmo dire che "lo spirito, o l'anima umana assomigliano
allo spirito divino per l'immaterialit e per l'immortalit, non per l'eternit",
sempre senza scandalizzare nessuno. Se diciamo "vita" possiamo pensare, sia
alla vita dei batteri e dei virus, magari esitando se attagliarla al regno vegetale
o a quello animale, sia alla vita delle piante (la vegetativa), sia alla vita degli
animali (la sensibile), sia alla vita dell'uomo (la razionale), sia alla vita di Dio
(eterna, perfetta, felice, assoluta, impassibile - nel senso di non-raggiungibiledal-dolore, ecc...), se crediamo in Dio. Abbiamo quindi la possibilit di
concepire le cose in modo pi ricco e vario, operando comparazioni e richiami
di significato per migliorare la comunicazione e completare, per quanto
possibile, le relazioni umane.
23
perch delle cose e dei fenomeni ha bisogno, per la sua stessa possibilit di
operare, di giungere ad un punto, principio, causa delle cause, ad un causa
prima. Annche stnai (gr. bisogna fermarsi) sostenevano, pena lo sfaldamento
dei principi primi che rendono sano l'intelletto dell'uomo. Quindi, seguendo il
principio di ragione che impone di chiedersi il perch (propter quid) delle cose,
possibile giungere all'esigenza, alla necessit di una causa prima. Ma la
causa prima come opera? Pu la causa prima fare il mondo e l'uomo usando
materia esistente? Qualcuno lo pensava, Plotino ad esempio, che riteneva che
l'Uno (Dio) avesse utilizzato la materia bruta e oscura per dare vita e luce al
mondo e alle creature superiori. Anche i dualisti di ogni tempo, gli gnostici, i
manichei, monisti come Spinoza, e in fondo anche l'idealista Hegel (e quindi, a
contrario, Marx), hanno in qualche modo ipotizzato una specie di "creazione
dialettica" nel corso della quale si sono scontrati il Bene e il Male.
Epper si tratta di una visione che non regge. Non pu, infatti, darsi una
doppia origine delle cose e dei viventi: dalla partenogenesi alla gemmazione,
dalla riproduzione vivipara ai mammiferi, si nota un solo principio causale, che
sia o meno sessuato, quindi sintesi di due differenze. I genitori umani sono
due, ma lo zigote uno. Ecco: lo zigote la cellula originaria che nasce dalla
fusione di uno spermatozoo nell'ovulo. Prima che tale fusione avvenga vi sono:
uno spermatozoo e un ovulo, cio materiale biologico. Dopo la fusione vi lo
zigote, cio materiale biologico dotato di potenza di essere. Qui sta la
questione. Un attimo prima della fusione quella potenza di essere era nulla, era
nel nulla; un attimo dopo la fusione quella potenza di essere c'. Dal nulla
all'essere assumendo l'essenza umana, e la "potenza" (potenzialit) di un
essere umano. Sappiamo inoltre che ci che distingue l'uomo dagli animali
superiori la coscienza morale e l'autocoscienza psicologica. Pu quindi
tranquillamente esserci stata un'evoluzione dei grandi primati antropoidi, in un
fascio dei quali, a un certo punto, si accesa una luce (Qualcuno ha acceso
una luce, perch non pu darsi effetto senza causa, o no?). Il concetto biblico
di Adm (uomo fatto di terra, traduzione elementare dall'ebraico che sta per
"materiali") di carattere "corporativo" e pu benissimo essere inteso come
ceppo umano originario. Chi crede afferma che, a questo punto Dio infonde
25
26
Ma, fatta salva una certa teatralit del "marinettismo", quel movimento serv
pure a svecchiare la cultura da alcuni accademismi.
Forse la questione un'altra, l'origine di questo estetismo decadente deriva
dalla debolezza del pensiero contemporaneo. Mi veniva da dire "debolezza di
mente", quasi parafrasando i filoni di pazzia che si percepiscono in giro.
Intendo per la "debolezza di pensiero" come una situazione della ricerca
filosofica attuale, che deriva in toto dalla perdita del senso dell'essere. Il
pensiero contemporaneo fondato, non tanto sull'apparire mediatico, che
solitamente si oppone all'essere, memorando l'antico detto latino "Melius esse
quam videri", "Meglio essere che apparire", quanto sulla negazione della
possibilit di conoscere il reale.
Cartesio, quando spost il punto di osservazione dell'uomo, dal mondo degli
objecta all'autocoscienza, apr la strada al fenomenismo e all'idealismo (Kant,
Hegel, Husserl, Heidegger, Sartre). L si posero le basi alla non ammissione
delle condizioni di conoscibilit del mondo, lasciato, a quel punto, alla sua sola
manifestazione fenomenica.
Da allora l'essere stato sempre pi fondato sul nulla. L'uomo diventato
"L'essere-per-la-morte" di Martin Heidegger, per il quale la conoscenza
metafisica dell'essere impossibile, non possedendo l'essere, di per s,
valenza ontologica, ma solamente "ontica", esistenziale. L'uomo diventato
colui che pu conoscere solo se consapevole che il suo "esistere" appeso al
"nulla" (L'etre et le nant, I. P. Sartre).
Risulta dunque di immediata evidenza come, se il propter quid (il perch
radicale) della "domanda sull'uomo" non fondato su qualcosa d'altro, di
metafisicamente dato, resta l'essere appeso al nulla (Padre Cornelio Fabro,
L'uomo e il problema di Dio, Coletti, Roma, 1950), il nichilismo, la lode delle
rovine, il belato di un uomo oramai incapace di prendere in mano la propria
vita.
28
Le diverse libert
La greca parresa, cio la "libert di dire tutto", come libert umana e civile
primaria, e la latina libertas, forse anche derivata dall'etimo liber (libro, ma poi
nell''accezione di "libero" come aggettivo), un tema che avvince e fa
discutere da sempre. La eleuthera, invece, sempre termine greco per dire
libert, appartiene piuttosto all'ambiente stoico, ed ha principalmente
un'accezione morale, in quanto "libert di agire". I classici greci, da Socrate in
poi ne hanno trattato: la libert costituisce uno dei temi principali della
Repubblica (libro X) di Platone, dell'Etica Nicomachea (libri I e X) e dell'Etica
Eudemia di Aristotele, ed poi trattata da Agostino nello scritto De gratia et
libero arbitrio. E' l'eterna questione se l'uomo sia essenzialmente libero o
prevalentemente condizionato. Tra questi due estremi si gioca la vita umana,
tra la grandezza dell'intelletto e la condizionatezza della struttura psico-fisica e
socio-storica individuale e collettiva.
San Tommaso ha trattato lungamente nella Summa teologica (I-II) della libert
come attuazione del fine dell'ente, sostenendo che ogni ente agisce per un
fine, e dunque la libert deve essere concepita e usata dentro il percorso
verso il fine proprio: per l'uomo la beatitudine eterna. Si tratta della libertas
major, quella che consiglia le scelte giuste per diventare-ci-che-si-. (La
libertas minor invece quella che pu consentire anche le scelte sbagliate)
Lutero, estremizzando i le diadi agostiniane di libert umana e prescienza
divina, come conoscenza previa ex parte Dei (che egli, come molti altri,
confondendo la questio difficillima, identifica con predestinazione, come
decisione divina circa il destino eterno di un'anima, che non si d poich l'uomo
sufficientemente libero di decidere di s) polemizza con Erasmo parlando di
"servo arbitrio", cio di sostanziale impossibilit di darsi della libert umana.
Kant, nella seconda Critica, ne ha dato una dimensione deontologica: l'uomo
deve fare ci che il suo dovere perch suo dovere, cosicch la norma del
suo agire possa essere considerata norma universale. E qui si nota un'influenza
forte dell'empirismo inglese di Hume.
31
32