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10/10/1999

La prefazione di Gianni Vattimo a Una sinistra per il prossimo secolo di Richard Rorty
Fonte: Garzanti Libri
Quella che segue la Prefazione di Gianni Vattimo alledizione italiana di Una sinistra per il prossimo secolo. Leredit dei movimenti
progressisti americani del Novecento di Richard Rorty, pubblicato in queste settimane da Garzanti.
Nel presentare al pubblico italiano lopera del filosofo americano, Vattimo sottolinea linteresse della sua proposta anche per il nostro paese:
Se c una possibile definizione della sinistra, oggi, dopo il fallimento delle rivoluzioni che hanno preteso di applicare una rigida filosofia della
storia, essa quella che troviamo qui in Rorty - partito della speranza contro partito della scienza, del dogma, della verit.

Prefazione
di Gianni Vattimo
Il titolo originale di questo libro Achieving Our Country, portare a compimento il nostro Paese o qualcosa del genere potrebbe lasciare
perplessi i lettori italiani, ai quali lopera viene presentata come uno scritto sulla sinistra e il suo significato nel XXI secolo che alle porte.
insomma un libro sulla sinistra o un libro patriottico, che rivendica leredit nazionale americana, certo nei suoi aspetti liberal e progressisti,
ma in definitiva dal punto di vista di una tradizione nazionale? Discutere di questa apparente discrepanza un buon modo, crediamo, per
introdursi alla lettura del testo anche e soprattutto dal punto di vista di ci che promette il titolo italiano. Non che un programma di sinistra, oggi,
possa essere solo un programma nazionale, ovviamente. Ma: una politica di sinistra, secondo Rorty, pu oggi essere solo una politica che si
richiama a una eredit storica, certo ricostruita e interpretata responsabilmente. Non pu pi essere, come a torto si pensato almeno a partire
da Marx, ma forse in sostanza a partire dallIlluminismo, una politica fondata su basi razionali certe, meno che mai su conoscenze scientifiche,
siano esse conoscenze della natura umana o delle leggi delleconomia o della sociologia. Prima ancora che domandarci quanto della tradizione
liberal americana possa valere anche per noi europei e per noi italiani per portare a compimento il nostro paese, questo atteggiamento di
fondo che Rorty ci pone di fronte e rispetto a cui ci invita a prendere posizione. Certo, Whitman e Dewey invece che Marx e Foucault, per
esempio. Ma proprio perch prima di significare la tradizione specifica della cultura politica liberal americana, essi indicano un orientamento
intellettuale che, in termini filosofici, quello del pragmatismo. Una parola che la sinistra italiana ha conosciuto in sensi per lo pi negativi
pragmatismo era, negli anni Ottanta, quella certa spregiudicatezza che caratterizz soprattutto determinati momenti della politica socialista,
sulla quale il giudizio ancora del tutto aperto, e soprattutto sono ancora aperti numerosi procedimenti giudiziari. Ma nel suo senso pi proprio
pragmatismo quella tradizione filosofica americana che risale a Peirce, James, e appunto Dewey, che Rorty predilige in quanto autentica
filosofia della speranza esattamente nello stesso senso in cui, come dice nelle prime pagine di questo libro, la Sinistra il partito della
speranza. Qualcosa di molto diverso dal Prinzip Hoffnung di Bloch, che, nonostante tutte le sue aperture, resta ancora troppo dipendente da
una metafisica della storia per non trovarsi, alla fine, in contrasto con limprevedibilit della libert.
Pragmatismo e sinistra hanno in comune la speranza, insegna Rorty, perch nessuno dei due crede di possedere la verit intesa come
immagine adeguata e fedele delle cose come stanno. proprio rispetto a questa idea della verit che la sinistra tradizionale, potremmo
anche dire la sinistra classica europea di origine illuminista, positivista o marxista, si rivela come un programma, sia filosofico sia politico,
improseguibile e, in definitiva, fallimentare. Rorty non vi insiste molto, ma fin troppo chiaro che per lui il naufragio delle rivoluzioni comuniste
in ultima analisi legato alla rigidezza metafisica delle basi filosofiche su cui hanno creduto di fondarsi. A parte ogni altra considerazione,
proprio la pretesa di avere una visione scientificamente fondata della storia quello che ha dapprima motivato la dittatura sul proletariato (la
classe operaia empirica non ha una attendibile coscienza di classe, ci vuole il Comitato Centrale) e poi il fallimento delleconomia pianificata.
Rigidezza metafisica e pretese di verit e rigore scientifico costituiscono anche i limiti della Nuova sinistra americana che il principale
bersaglio polemico di questoscritto. Il rigore scientifico significa anche, e prima di tutto, volont di non transigere mai sui principi, che si
ritengono dati in una chiarezza di tipo cartesiano. Cartesiana la mentalit di un Foucault, che si sforza di collocare gli eventi storici in un
quadro teoretico, producendo sofisticate analisi degli eventi che sono persino pi inutili alla sinistra di quanto lo fosse il materialismo dialettico
di Engels. questo punto di vista che conduce a considerare la sinistra riformista, quella che nella tradizione americana si lega al
pragmatismo di Dewey e a Whitman, come espressione di un screditato umanismo liberale.
Sentiamo echeggiare in questa polemica rortyana molti motivi del dibattito tra sinistra riformista e sinistra estrema, ma meglio sarebbe dire
dogmatica, che tiene il campo anche da noi. La nostra sinistra dogmatica ha anchessa dalla sua la sofisticatezza delle analisi, la pretesa di
mostrare con evidenza le ragioni per cui il capitalismo non pu che produrre crisi ricorrenti, il disprezzo per i compromessi a cui si piegano i
riformisti. E, quel che pi conta, per tutte queste ragioni condivide latteggiamento fondamentalmente contemplativo della nuova sinistra
americana. Per giunta, potremmo aggiungere noi, senza nemmeno le relativamente buone ragioni che i liberal americani hanno avuto e hanno
per volersi chiamare fuori dal loro sistema, che si macchiato dei crimini della guerra del Vietnam e che anche in anni pi recenti ha
sostenuto le pi svariate dittature in molte parti del mondo.
Soprattutto la guerra del Vietnam ha spinto molti militanti della sinistra americana degli anni Sessanta a condividere la tesi espressa
emblematicamente da Sartre, secondo la quale gli anticomunisti sono gentaglia. Mentre avevano ragione di lottare contro la guerra del
Vietnam, questi liberal di sinistra sbagliavano e sbagliano nel credere che la guerra fredda contro Stalin e i suoi epigoni non andasse
combattuta. Lerrore stato denso di conseguenze per la politica americana, poich ha indebolito lazione della sinistra riformista senza
produrre alcun risultato di altro genere, se si escludono appunto le analisi, davveo interminabili, di cui vive tuttora lintellighenzia accademica
americana che si richiama a maestri francesi come Foucault, Lyotard, Derrida.
Ci troviamo qui di fronte a un complesso gioco di specchi. Giacch anche la sinistra dogmatica europea vissuta a lungo nella convinzione che
limperialismo americano, e specificamente la guerra del Vietnam, giustificassero un atteggiamento di totale sostegno per le rivoluzioni
comuniste di varie zone del mondo; prima quella russa, ovviamente, ma poi, negli anni Sessanta, quella cinese e quella cubana. Tramontato il
mito dellURSS (e sfasciatasi lURSS stessa), dissoltosi negli orrori della piazza Tien An Men anche il mito della Cina, rimane ancora in piedi,
almeno presso una parte dellestrema sinistra europea , il mito della rivoluzione cubana. Ma resta il fatto, oggi certo meno rilevante di un
decennio fa, che lestremismo di sinistra europeo derivava molte delle sue legittimazioni dai motivi della sinistra americana, per una specie di
imitazione. vero che anche lEuropa poteva ritenere di soffrire dellimperialismo statunitense; ma nessun soldato europeo morto in
Vietnam, e la lotta anticapitalista era per lo pi assunta da noi come per delega per i cubani, per i cinesi, per i vietnamiti... Non che si vogliano
criticare queste nobili intenzioni internazionaliste. Ma molto verosimile che il fallimento delle rivoluzioni europee degli anni Sessanta e
Settanta, compreso il terrorismo italiano e tedesco, sia alla fine da motivare anche con lastrattezza e il carattere importato dei valori per i
quali esse si battevano. Noi, insomma, importavamo le ragioni antisistema della Nuova sinistra americana, e questa utilizzava gli strumenti di
analisi forniti da una sinistra dogmatica europea che aveva come referente politico proprio questi movimenti antiimperialisti di importazione.
Se si tengono presenti considerazioni come queste, si vede agevolmente quanto siano legati i destini della sinistra riformista americana e di
quella europea. Nel passato recente, come appare dalle vicende della lotta antiimperialista ai tempi del Vietnam e negli anni successivi; e nel
presente, giacch lestraneit al sistema che professa lestrema sinistra europea si richiama bens a temi e problemi pi specificamente
autoctoni, ma si giova pur sempre di un apparato concettuale che quello del decostruzionismo in voga nelle universit americane. Il
bilancio della Nuova sinistra sia americana sia europea abbastanza chiaramente fallimentare perch si debba insistervi molto. Rorty ha
lindubbio merito di aver condotto unanalisi approfondita che conferma limpressione epidermica di molti europei che sono in contatto pi o
meno costante con universit e intellettuali statunitensi: limpressione, cio, che il radicalismo di molte analisi letterarie, filosofiche, sociologiche,
politiche che ci provengono da quegli ambienti, e che applicano spesso anche in modo creativo (si pensi allutilizzazione femminista di molti

temi derridiani) strumenti concettuali di origine nietzscheana e heideggeriana, via Foucault e Derrida, corrisponda alla accettazione tranquilla,
quando non addirittura compiaciuta, di una posizione di marginalit politica da parte di una larga parte degli accademici americani.
Resta il problema per Rorty e per noi di una pars construens. In che senso pu valere qui il richiamo al pragmatismo, e poi quello ai
contenuti specifici della tradizione riformista americana? Abbiamo gi accennato che c un nesso stretto fra il rifiuto di una sinistra dogmatica,
scientistica, e per ci stesso antidemocratica, e il richiamo patriottico che risuona nel titolo originale del libro di Rorty. Il fatto che una
politica che voglia rappresentare il partito della speranza non pu che fondarsi su motivazioni di tipo storico-culturale. Si potr subito obiettare
che questo vale anche e soprattutto per la destra, che tanto spesso si appellata ai valori della nazione, della tradizione, eccetera. Anche la
destra sarebbe dunque un partito della speranza? Non sembra dubbio che proprio quando ha utilizzato il richiamo alla storia e alla cultura di un
popolo, la destra lo ha fatto in termini sostanzialmente dogmatici, che del resto sono evidenti dalla facilit con cui il suo nazionalismo diventa
cos spesso razzismo, xenofobia, culto del suolo e del sangue. Persino quello che la destra spesso presenta come il proprio pragmatismo, e
cio la considerazione e il rispetto delle leggi delleconomia, del mercato, eccetera, non pu davvero fregiarsi di questo nome, perch
rispecchia una pretesa di realismo che estraneo al pragmatismo nel suo senso proprio e alla sinistra riformista. Anche e soprattutto la destra,
nelle sue varie sfumature, un partito realista, che pretende di fondare la propria politica su strutture date, stabili, sottratte alla stipulazione
tra singoli e gruppi. Rorty critica la Nuova sinistra americana certo in nome di considerazioni politiche mostrandone la futilit rispetto alle
concrete trasformazioni della societ. Ma al fondo del suo discorso, un fondo che, di l da tutte le differenze e dalle stesse analogie di fatto,
vale anche per la sinistra italiana ed europea, sta lidea che una politica di sinistra non pu che essere non-fondazionale. Non pu cio
argomentarsi con evidenze metafisiche, naturali, scientifiche o di qualunque altro genere. Non solo la speranza che cos viene messa fuori
gioco, soprattutto la libert e la democrazia. Se c una verit conoscibile alla base di una politica giusta, allora la democrazia non ha
senso, n ha senso la storia, giacch le situazioni storiche si distinguono solo in base alla loro maggiore o minore approssimazione al vero
dato, che bisogna saper riconoscere, per lo pi lasciandosi guidare da chi ne ha titolo Papa, comitato centrale, filosofi, esperti, scienziati,
tecnici... Rorty pensa giustamente alla tradizione nazionale americana; ma solo nel senso che una tradizione nazionale per lappunto un
patrimonio alla portata di tutti soprattutto non qualcosa di definito in modo rigido, a cui ci si possa riferire come a un dato (questa sarebbe la
Tradizione nelle ideologie di destra). La tradizione riformista americana un deposito a cui si attinge solo arrischiando una interpretazione, che
si argomenta in termini ragionevoli, richiamando alla memoria autori, eventi, dottrine, che tuttavia devono essere scelti, estratti dallinforme e
generico lascito dal passato. Anche la destra americana ha ovviamente una tradizione culturale: Rorty le preferisce il pragmatismo di Dewey e
lumanismo di Whitman. In modo del tutto arbitrario? Il libro argomenta mostrando che lAmerica di oggi diventata ci che pi in virt di
questa tradizione che non per forza della destra. Non c una ragione ultima, un argomento apodittico per preferire la tradizione liberal a quella
reazionaria. Se si vuole, di nuovo, proprio il fatto che essa d luogo a una interpretazione aperta per esempio, a istituzioni democratiche
largomento convincente per preferirla. Rorty non lo dice, e forse non se ne rende conto pienamente, ma la ragione per preferire il pragmatismo,
sia come contenuto di una proposta teorico-politica, sia come modo di mettersi in rapporto con il passato, ripete un giro di pensieri che si
incontrano, forse per la prima volta in modo esplicito e compiuto, in Essere e tempo di Heidegger. L, nella seconda sezione dedicata a
Esserci e temporalit, Heidegger distingue due modi di rapportarsi al passato un modo inautentico, che lo intende come Tradition, come
dato immutabile che si tratta di accettare come una necessit naturale; e un modo autentico (secondo la terminologia esistenzialista di
quellopera), che lo riceve invece come Ueberlieferung tramandamento di appelli, possibilit ancora sempre aperta allinterpretazione e a
nuove applicazioni. Anche senza voler esagerare limportanza di un tale riferimento che si pu tuttavia supporre legittimamente in quanto
Rorty un ottimo conoscitore del pensiero heideggeriano ci sembra per che esso chiarisca bene il significato della posizione
antifondazionalistica di Rorty e anche la sua portata politica. Un discorso di sinistra pragmatista, ma si potrebbe anche dire, ormai,
ermeneutica in quanto implica la decisiva funzione dellinterpretazione pu solo argomentarsi riferendosi alleredit culturale, assunta come
patrimonio che richiede di essere responsabilmente (e cio rischiosamente, senza garanzie apodittiche) interpretato e ricostruito.
Pu una politica di sinistra definirsi con questo metodo e intorno a questi contenuti? Qui metodo e contenuti si identificano quasi
completamente: si tratta di formulare programmi e scelte politiche attraverso il ripercorrimento critico della tradizione culturale che ci accomuna,
interpretandola senza pretese di verit definitiva ma in relazione alla possibilit di generare un consenso. Confessiamo pure che una simile
base non sembra molto ricca e promettente. Rorty del resto non la presenta in termini cos scarni e astratti, ma la sostanzia con espliciti
riferimenti ad autori, avvenimenti, realizzazioni riformiste e fallimenti. Qualcosa del genere si deve poter fare anche per lItalia, se vogliamo
ragionare in termini nazionali, o forse meglio ancora per lEuropa. Un buon esempio di contenuti specifici della tradizione europea recente per
esempio il Welfare di cui tanto si discute negli ultimi tempi, e che rappresenta sicuramente una eredit caratteristica delle democrazie
progressiste europee e le differenzia dalla tradizione nazionale politica americana. Il richiamo di Rorty alla tradizione tuttaltro che un appello
a conformarsi alleredit della cultura liberal americana; tutto al contrario, vale come un invito a riconoscere differenze e specificit che la
politica di sinistra nelle varie aree culturali ha il compito di far valere per costruire il consenso. Il senso nazionalistico del libro certo anche
un implicito rifiuto delle pretese universalistiche della sinistra dogmatica. A esse linternazionalismo progressista pu solo opporre lo sforzo di
riconoscere contenuti aperti e possibilit di democrazia interpretativa come esse si presentano nelle varie situazioni nazionali, o nelle diverse
aree culturali. Anche questo un punto molto importante per evitare che una politica di sinistra si presenti, o sia comunque vissuta in certi paesi
e in certe culture, come limposizione di un modello occidentale sulle culture locali. Non ci nascondiamo qui un altro problema: di fronte a
questioni come le mutilazioni rituali che in certe culture si continuano a infliggere alle bambine, dovremo far prevalere il principio del consenso
informato (la cui applicazione complicata dal fatto che si tratta di minori, che tuttavia potrebbero forse sentirsi meglio integrati nella loro
comunit solo avendo subito la mutilazione) o quello della difesa dellintegrit fisica da rispettare a ogni costo e verso tutti? Di fronte a questioni
come queste, molto spesso anche la sinistra tende a manifestare una certa nostalgia per le soluzioni universali, da imporre erga omnes
anche contro il principio del consenso (nel caso in questione, la volont delle famiglie e delle comunit). Non sappiamo che cosa risponderebbe
Rorty. Noi citiamo qui tali problemi unicamente per non nasconderci la difficolt con cui una politica di sinistra non dogmatica anche solo nel
senso che non crede alla possibilit di definire diritti umani universali una volta per tutte si trova a confrontarsi. Non bastano per simili
difficolt a dissolvere la forza delle ragioni che Rorty fa valere contro le pretese di una sinistra metafisica, razionalista, scientifica o comunque
fondazionale. Se c una possibile definizione della sinistra, oggi, dopo il fallimento delle rivoluzioni che hanno preteso di applicare una rigida
filosofia della storia, essa quella che troviamo qui in Rorty partito della speranza contro partito della scienza, del dogma, della verit. Non si
tratta forse tanto di accettare la proposta, provocatoria, che Rorty fa nelle ultime pagine, di stabilire una sorta di moratoria della teoria. Una
proposta che ha probabilmente una sua legittimit per la cultura americana, in cui limpegno politico concreto soffocato dal rivoluzionarismo
apparente delle decostruzioni di ogni tipo. Per noi in Italia, la situazione del dibattito teorico nella sinistra sembra piuttosto potersi descrivere
negli stessi termini in cui si presenta la questione della rinascita della vita politica di base, e degli stessi partiti. Bisogna avere il coraggio di
ricominciare dal pochissimo che ci rimasto: nel caso dei partiti, dallimpegno dei pochi che non si sono lasciati fagocitare del tutto dalla
politica-spettacolo della tv; nel caso della teoria, dalla presa datto che, per quanto sia poco, ci che sappiamo della sinistra che essa pu
costruirsi (rifondarsi?) davvero solo rinunciando, in nome della speranza, e cio della libert e del rispetto per tutti gli interlocutori del dialogo
sociale, a qualunque pretesa di verit, di oggettivit, di validit provata. Tuttaltro che una moratoria della teoria, quel che ci occorre uno
sforzo, insieme filosofico e politico, per costruire finalmente teorie e programmi che accettino di farsi valere nel gioco delle interpretazioni invece
che pretendere di parlare in nome dellEssere, della Natura, di Dio.

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