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Bentham vuole commentare ci che la legge alla luce di ci che dovrebbe essere,

facendosi guidare dalla tendenza o divergenza delle azioni rispetto al fine della felicit, ossia
dall'utilit e dal danno: con utilit possiamo indicare un principio, che pu servire a
presiedere e a ed a dirigere, per cos dire, quella sistemazione che sar fatta di alcune
istituzioni, o combinazioni di istituzioni, che compongono la natura di questa scienza; ed
questo principio ed esso solo che pu rendere soddisfacente e chiara ogni sistemazione che
pu essere fatta di esse. L'utilit l'unico criterio empirico e immediatamente chiaro per
giudicare della bont delle leggi.
Il primo capitolo della Introduction fornisce un'esposizione un poco pi ampia dell'etica
utilitarista. Osserviamo che Bentham presenta l'utilitarismo come il sistema che riconosce
questa verit fondamentale e, anzich cercare di spacciare rumori per suoni sensati,
capriccio per ragione, oscurit per la luce, si propone di innalzare l'edificio della felicit per
mezzo della ragione e della legge. Utilit, chiarisce ancora Bentham, e sinonimo di
beneficio, vantaggio, piacere, bene e felicit, come danno lo di dolore, male e infelicit.
Nell'edizione del 1789 Bentham parla di principio di utilit, anche se, in due note aggiunte
nel 1822, dichiara di preferire la dizione principio della massima felicit, perch la parola
utilit non si riferisce cos chiaramente alle idee di piacere e dolore, come invece le parole
felicit ed eudaimonia e inoltre non ci porta a considerare il numero degli interessi toccati,
che la circostanza che contribuisce in proporzione maggiore alla formazione del criterio
qui in questione, cio il criterio del giusto e ingiusto. Osservazioni analoghe sono riprese
nell'articolo sull'Utilitarismo: utilit sembra suggerire l'approvazione di qualunque cosa
contribuisca a un qualunque fine, mentre l'approvazione va riservata a ci che contribuisce
alla felicit umana considerata in maniera aggregata, al massimo di felicit goduta
dall'aggregato composto dai molti membri di cui si compone la comunit in questione;
inoltre, preferibile parlare del principio della massima felicit, perch aggiungere del
massimo numero pu portare a privilegiare la felicit della maggioranza a scapito della
minoranza, con il risultato che, nei casi in cui le sofferenze di quest'ultima siano consistenti,
la felicit totale non viene affatto massimizzata. Occorre perci tenere conto del benessere
di tutti, mirando a produrre la massima felicit aggregata possibile di maggioranza e
minoranza. Va osservato che, pur enfatizzando l'obiettivo della massima felicit, Bentham
non sembra implicare che un'azione vada approvata solo se produce una quantit di felicit
almeno pari a ogni altra disponibile; il principio di utilit, egli dice, approva o disapprova
qualunque azione a seconda della tendenza che essa sembra avere ed aumentare o diminuire
la felicit della parte il cui interesse in questione e un'azione conforme a esso quando la
sua tendenza ad aumentare la felicit della comunit maggiore di ogni sua tendenza a
diminuirla. Sembra di poterne evincere che, a differenza di quanto si sostiene nella
discussione contemporanea, Bentham non ritiene semplicemente sbagliato ogni atto che non
promuova la felicit complessiva al massimo grado; sbagliato solo un atto la cui tendenza
complessiva contraria alla felicit generale. Bentham non offre alcuna prova del suo
principio, sia perch pensa che non possa essere provato da nulla di pi fondamentale, sia
perch darne una prova inutile, dato che tutti lo abbracciano. Esso ammette soltanto la
prova indiretta che consiste nel mostrare l'inanit dei principi che vi si oppongono. Bentham
distingue tali principi in due classi: quelli che si oppongono costantemente all'utilit, come il
principio dell'ascetismo, e quelle che vi si oppongono solo in parte, come il principio della
simpatia e dell'antipatia. Sotto la prima classe, Bentham critica la posizioni che approvano
le azioni in base alla loro tendenza a diminuire la felicit umana; in ci, le etiche religiose si
sarebbero spinte fino a rendere meritoria la ricerca del dolore, quelle filosofiche solo fino a
respingere il piacere, sostituendolo peraltro con sinonimi come onore, gloria o convenienza.

Secondo Bentham, questi sistemi nascono dal tentativo di difendersi dalle conseguenze
spiacevoli di taluni piaceri e non sono che cattive applicazioni del principio di utilit. Il
principio della simpatia e dell'antipatia, invece, approva o disapprova le azioni sulla base
dell'innata tendenza umana ad approvare e disapprovare. Non si tratta di un vero e proprio
principio, ma dell'affermazione che non necessario alcun principio: infatti, quello che ci si
aspetta di trovare in un principio qualcosa che dia qualche indicazione esterna per
giustificare e guidare i sentimenti interni di approvazione e disapprovazione. Questa attesa
mal corrisposta da una proposizione che non fa altro che presentare ciascuno di quei
sentimenti come motivazione e criterio in se stesso. Secondo Bentham, quasi tutti i sistemi
etici moderni si possono considerare varianti di questo principio: non solo la teoria del senso
morale ma anche quella del senso comune, l'intuizionismo razionale e la teoria della legge
di natura. Queste teorie non indicano dei criteri, ma chiedono semplicemente che ci si affidi
ai loro verdetti; perci tanto varrebbe dichiarare di essere degli eletti, detentori della
rivelazione divina sulla morale. Il principio teologico, invece, non un principio
indipendente, perch, se si esclude che la volont di Dio sia tutta contenuta nella
rivelazione, l'unico modo per determinarla adottare l'uno o l'altro dei sistemi che
pretendono di spiegare che cosa sia giusto. Piacere e dolore sono quindi le cause finali
dell'agire, ci che rende giuste e doverose le azioni; ma essi sono anche le uniche forze che
spingono ad agire, per cui sono al tempo stesso cause efficienti. Ci sono quattro fonti
principali di piacere e dolore, che Bentham chiama sanzioni in quanto forniscono forza
vincolante alle leggi: la sanzione fisica, ossia i piaceri e dolori derivanti dal corso naturale
delle cose; la sanzione politica, ossia quelli che dipendono dal magistrato civile; la sanzione
morale o popolare, che nasce dal giudizio degli altri uomini; la sanzione religiosa, che
deriva da un essere superiore. Bentham individua poi sette tipi di circostanze che
contribuiscono a determinare la quantit di piacere. Quattro fanno riferimento al valore del
piacere in s e sono la sua intensit, la sua durata, la sua certezza o incertezza, la sua
vicinanza o lontananza; se si considera poi il piacere in rapporto con altre sensazioni, vanno
aggiunte la sua fecondit e la sua purezza, ossia la probabilit di produrre sensazioni
ulteriori del medesimo tipo e il non essere seguito da sensazioni di tipo opposto; infine,
occorre aggiungere l'estensione del piacere, ossia il numero di persone che ne partecipano.
Il calcolo aritmetico della felicit complessiva realizzabile attraverso ogni singolo corso
d'azione, e quindi la misurazione cardinale dell'utilit di ogni atto, il modello di
deliberazione razionale cui dovrebbe ispirarsi il legislatore, anche se Bentham ammette
l'impossibilit di operare in ogni caso tutti i calcoli. Tale impossibilit ancora pi chiara se
si tiene conto che Bentham distingue ulteriormente tra piaceri semplici e piaceri complessi e
solo dei primi enumera 14 tipi, procedendo poi a successive classificazioni.
Gli esseri umani, poi, presentano diverse disposizioni circa il modo in cui la loro mente
stimolata al piacere e al dolore da una medesima causa.
Parlando di tipi di piaceri Bentham non intende riferirsi a qualche differenza nelle loro
qualit fenomeniche, ma solo alla diversa fonte da cui traggono origine. Egli concepisce
piacere e dolore come stati mentali semplici, non ulteriormente analizzabili,
immediatamente conoscibili attraverso l'introspezione. In questo senso, tutti i piaceri e tutti i
dolori sono dotati della medesima piacevolezza e dolorosit, perch vi un'unica unit di
misura della loro intensit: piaceri e dolore sono nomi di entit reali omogenee.
La presentazione benthemiana dell'utilitarismo si presta a varie considerazioni critiche, in
primo luogo, la sua confutazione delle teorie morali precedenti lungi dall'essere
convincente e a tratti pare rivolta contro obiettivi artificiali e caricaturali. Soprattutto la
discussione dell'ascetismo decisamente tendenziosa. Da un lato, dubbio che l'obiettivo

polemico costruito da Bentham non sia il mero frutto della sua immaginazione; dall'altro,
negare che il piacere costituisca l'unico valore intrinseco, o anche negare che sia un valore
tout court, non significa accettare che la ricerca del dolore sia un bene: le due tesi sono del
tutto diverse, mentre Bentham le identifica esplicitamente affermando che chiunque biasimi
anche la minima particella di piacere in quanto tale, qualunque ne sia l'origine, pro tanto
un seguace del principio dell'ascetismo.
In secondo luogo, vari problemi affliggono l'idea di un calcolo edonistico. In particolare, la
tesi dell'omogeneit di piaceri e dolori sottovaluta radicalmente le preferenze soggettive.
In un manoscritto databile attorno al 1782 Bentham propone il denaro come unit di misura:
il prezzo che si disposti a pagare per un certo bene sarebbe un indice affidabile della
soddisfazione che se ne trae.
molto dubbio, per, che i piaceri siano tutti cos facilmente monetizzabili e lo stesso
Bentham parla di valori idiosincratici che sarebbero appunto irriducibili a un'unit di misura
soggettiva. Inoltre, sebbene alcuni fattori del calcolo edonistico, come la durata e
l'estensione, siano facilmente misurabili e bilanciabili, per altri ci implica scelte soggettive.
Inoltre, la vicinanza o la lontananza di un piacere sembrano avere rilievo solo in ordine alla
sua certezza, dato che la lontananza lo rende pi incerto; una volta ammesso che un piacere
sia certo, si potrebbe negare che la sua vicinanza o la sua lontananza posseggano un valore
indipendente. L'impossibilit di stime oggettive di questi fattori sembra rendere
impraticabile il calcolo edonistico.
Un terzo aspetto controverso della conversazione benthemiana che il suo ideale
imparzialista ed egualitario presuppone la confrontabilit interpersonale delle utilit, la
quale per sembra esclusa dalla soggettivit degli stati mentali di piacere e dolore.
Un ultimo elemento problematico l'enfasi unilaterale sulla massimizzazione dell'utilit
aggregata, a scapito dell'equit distributiva. Ma l'obiettivo della massima felicit non
implica ancora alcuna idea di equit distributiva: uno stato finale dotato di maggiore utilit
aggregata andrebbe comunque preferito a uno che ne contiene di meno, anche se nel primo
vi fossero enormi differenze nei livelli di felicit o benessere individuali; e a parit di
felicit totale non ci sarebbero ragioni per preferire una distribuzione equa a una iniqua.
Bentham non esclude affatto il rilievo di imparzialit, non solo perch gli interessi di
ciascuno contano allo stesso modo, ma anche perch la distribuzione deve essere il pi
possibile equa. In effetti, l'equit espressamente citata, assieme alla sicurezza, la
sussistenza e l'abbondanza, tra i fini secondari che il governo deve perseguire in vista della
massima felicit; il che significa che la massima felicit aggregata tende a identificarsi con
il godimento di un'eguale quantit di felicit da parte di ogni membro della comunit.
Ci non toglie che, data la diversa capacit di godere delle fonti di piacere, la
massimizzazione della felicit complessiva possa talvolta comportare una distribuzione
ineguale, che sacrifica il benessere di qualcuno. Tale sacrificio per limitato, da un lato,
dall'asimmetria tra piacere e dolore che fa s che gli esseri umani avvertano con pi forza
dolori anche minimi, mentre sono meno sensibili a minimi incrementi di piacere; dall'altro
dall'asimmetria tra piacere dell'acquisizione e dolore della perdita, dove quest'ultimo risulta
nuovamente superiore. Questa duplice asimmetria, unita all'enfasi prioritaria sulla sicurezza
tra i fini secondari, limita i sacrifici individuali in vista dell'utilit aggregata, ma vincola
anche l'intervento redistributivo del governo. Bentham riteneva una piena uguaglianza
irrealizzabile e pericolosa per la sussistenza del corpo sociale, la produzione di ricchezza e
la difesa della propriet. Anche nella sua fase democratica, perci, concep la democrazia
politica come un mezzo per poter proteggere la propriet dai pochi che governano piuttosto
che per redistribuirla. D'altro canto, il suo interesse prioritario per l'etica pubblica lo porta a

sottolineare l'importanza di norme stabili che definiscano le reciproche attese da parte dei
cittadini e predispongano le condizioni di sicurezza e di fiducia che consentono a ciascuno
di massimizzare il proprio benessere.

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