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di
ADRIANA G. HOLLETT
Jera
e le sue pietre
Fotografie di A. G. Hollett
JERA
Le origini di Jera sono molto antiche come per ogni paese della Lunigiana.
Questi borghi, arroccati sulle alture, mostrano ancora i resti delle antiche mura e
degli archi di ingresso sui quali non difficile trovare scolpiti stemmi di potenti
casati o di dominazioni succedutesi nei secoli. Molto pi difficile trovare
documenti che attestino la storia di queste piccole comunit perch, ove la scarsa
documentazione ha raggiunto i giorni nostri, rapaci mani intrise di medioevalismo
si sono impadronite di questi preziosi attestati sottraendoli al rinato interesse per
questa regione povera di risorse ma molto ricca di storia.
Nessuna traccia scritta del passato di Jera, solo poche testimonianze nella
memoria popolare degli anziani e nelle molte e insolite memorie di pietra che
decorano gli antichi muri.
Parlano per noi le lunghe e oscure gallerie che ci introducono da ogni lato
nel centro del borgo; le case costruite su alte mura e allacciate le une alle altre in
una linea ininterrotta, le piccole finestre in basso munite di grosse inferriate, i
portali chiusi da solidi portoni. Stupisce leleganza degli architravi scolpiti nelle
aperture che si affacciano sul borgo principale e ci sorprende una seconda parte,
quasi sotterranea, composta da innumerevoli gallerie, vlti, cantine e ampie zone
coperte destinate con tutta probabilit al ricovero degli armenti, degli attrezzi da
lavoro, dei carri e dei magazzini.
Un portale, di quella che ancor oggi conserva laspetto di una rocca, reca
uno stemma gentilizio, arrivato integro fino ai giorni nostri, che riunisce diversi
interessanti simboli quali le stelle di Lunigiana e artigli di rapace, mentre larme,
racchiusa tra due leoni rampanti, sovrastata dallaquila bicipite imperiale a sua
volta racchiusa in un cimiero con le insegne di Capitano. Gigli fiorentini sono
scolpiti sugli stipiti dellarchitrave mentre un portale di legno (bruciato pochi anni
or sono) riportava incisi gli stessi motivi.
Per arrivare a spiegare queste raffigurazioni necessario riassumere
brevemente la storia delle origini della Lunigiana e successivamente quelle di
Jera, e visto la carente documentazione, (come dichiara Eugenio Branchi nella
prefazione della Sua opera Storia Della Lunigiana Feudale) limpossibilit di
accedere ai pochi documenti rimasti, trattati ormai solo come reperti di
antiquariato, sar necessario attingere allunica fonte autorevole rimasta che
quella soprariferita.
Parlando di Lunigiana si suol definire la Provincia Maritima Italorum, cio
quella parte della Liguria orientale che sub dapprima linvasione longobarda per
poi far parte del dominio obertengo. Quando i possedimenti di questo vennero
divisi in quattro rami, Malaspina, Estensi, Pallicini e Massa, la Lunigiana del XI
secolo dipese dai marchesi di Massa. I Vescovi contrastarono il domino obertengo
ottenendo da Federico I di veder sanciti i loro diritti su tutto il territorio, ma
quando si acuirono i contrasti coi Malaspina, si aggrav la crisi della loro autorit
politica, per cui nel 1288, il Vescovo Gualtieri spost la sua sede a Sarzana e ai
Malaspina venne riconosciuta larga influenza su tutta la Lunigiana.
La storia di Jera segue quella del feudo al quale apparteneva, cio quello di
Treschietto, governato dalla famiglia Malaspina fino al 1722 quando mor
Ferdinando ultimo Marchese di Treschietto.
Questo feudo si form nel 1351 nelle divisioni operate tra i figli di Niccol
il Marchesotto quando, da quello di Filattiera, venne distaccata una parte di
territorio e assegnata a Giovanni il Berretta (1357).
Il nuovo feudo comprendeva le castella di Treschietto, Jera, Vico, Corlaga,
nonch Stazone, Agneta, Finale, Querceto, Palestro, Levigio ed altre ville e casali;
si estendeva per dodici miglia confinando a nord con la sommit degli Appennini
tra il passo del Lagosanto e Rigoso, a sud e ad est col torrente Bagnone e ad ovest
col territorio di Rocca Sigillina.
Giovanni il Berretta cerc ed ottenne subito la conferma dellinvestitura
dallimperatore Carlo IV (successore di Arrigo VI), predilesse Vico per sua
residenza dove eresse poderose fortificazioni arrivate intatte sino al 1765.
Gli succedette il figlio Federico il Todesco (1419), valoroso soldato, il
quale fece reggere le sue terre ai figli, ratific gli antichi Ordini di Vico, fece lega e
concordia coi Malaspina e nel 1413 fece il primo patto di accomandigia colla
Repubblica Fiorentina. Alla sua morte gli successero tutti i figli di comune
accordo e contemporaneamente, mantenedo la comunione dei beni e stabilendo
che il pi antico (seniore) Alberico (1422) ne tenesse il governo. Dopo di lui il
feudo pass a Giovanni (1454) e ai suoi successori. Di Giovanni si conoscono vari
atti di adesione e di accomandigia con la Repubblica Fiorentina. Gli succedette
Andrea (1488) e dopo questi Giovan Lorenzo (1512). E ancora Giovan Andrea II
(1540) e Giovan Lorenzo II (1573), Giovan Gasparo I (1604) e Pompeo II (1636).
Questultimo esord con atti di piet e di giustizia che la savia madre aveva
saputo ispirargli ottenendo lamore dei suoi sudditi ma fu troppo condiscendente
nei confronti della moglie Maria Cleria di Lusuolo che, dedita al lusso, dovendo
sostenere lonere del censo, dovette ipotecare i mulini. Questa notizia ci
testimonia che i mulini, allepoca del feudo, erano di propriet del Marchese, cos
pure il privilegio della pesca.
E di questo periodo (1689) la discordia per ragioni di pascolo tra gli
Uomini di Jera e quelli di Compione, due territori sottoposti il primo al Marchese
di Treschietto ed il secondo al Granduca di Toscana; a seguito di questa
discordia che agli Uomini di Compione venne impedito il transito di merci e
armenti attraverso il marchesato pena la confisca. Colpiti nei loro commerci e nei
loro interessi, gli Uomini di Compione ricorsero al Governo Toscano e il
Granduca, con minacce, fece revocare la nomina del Marchese Odoardo (1696),
ritenuto responsabile della diatriba, che venne sostituito da Ferdinando (1722), il
quale, come gi detto, fu lultimo Marchese di Treschietto.
Costui, prossimo alla vecchiaia, tent di alienare il feudo contravvenendo a
diversi atti imperiali, promossi anche dal Marchese Manfredi di Filattiera, che gli
inibivano, per ragioni di agnazione, per i patti delle antiche investiture e delle
convenzioni, di cederlo ad altri dopo la sua morte. Nel 1700 Ferdinando rinnov,
come gi fatto in precedenza da Pompeo e da Giovan Gasparo II, il patto di
traslazione, dopo la sua morte, del marchesato col Granduca di Toscana Cosimo
III, ottenendo in cambio una provvigione mensuale di venti scudi.
I Marchesi di Filattiera rivendicarono la propriet del feudo al Consiglio
Imperiale e, come accade tra i litiganti, il Fisco Imperiale, abbattendo le ragioni di
tutti, chiese a s la devoluzione del feudo di Treschietto.
Questa lite, a causa della qualit dei litiganti, si protrasse a lungo mentre il
Granduca Cosimo, cominciando a fortificare il castello provvedendo ad armi e
munizioni, si era fatto riconoscere dal Podest di Treschietto Jacopo-Vittorio
Biodini di Pastina, da Francesco Pizzaferri Console, Giovanni Corbellari, Belli,
Alessandro Finali e Giuseppe Franchi Consiglieri.
Tutto ci non piacque a Vienna n ai principati italiani, invidiosi della
potenza fiorentina e sobillati dai Malaspina, per cui il 11 Aprile 1722, il
Plenipotenziario Imperiale dette incarico al Capitano Klein di occupare
Treschietto. Costui, malgrado il ponte levatoio alzato, le porte e le finestre di ferro
incatenate fatte scalare le mura si impossess del del luogo; interrog il Marchese
e fece arrestare il suo Castellano e il Tenente certi Zona e Santi-Franchi.
Ferdinando accusato di fellonia verso limperatore venne confinato nel
castello finch non riusc, con uno stratagemma, ad arrivare a Mochignano,
appena oltre il torrente Bagnone, ma sicuramente in territorio soggetto al
Granduca di Toscana, per cui, da l, pot riparare in seguito a Fivizzano e restarvi
per il resto della sua vita.
Ferdinando era uomo buono di cuore ma debole danimo per cui, quando i
Franco-ispani nel 1705 occuparono la Lunigiana, fuggendo a Caniparola, sciolse i
suoi sudditi dal giuramentio di fedelt per consentire loro di prestare obbedienza
al monarca spagnolo. Fu amato dai suoi sudditi e sepolto in Treschietto, con tutti
gli onori, nel generale compianto.
Venne aperta la successione del defunto Marchese tra gli eredi Malaspina,
il Granducato di Toscana, il Marchese di Podenzana, il Marchese Piccaluga di
Genova ed altri, finch nel 1747, Treschietto venne assegnato dallimperatore
Carlo VI al Conte Carlo Emanuele di Nay e Richecourt il quale non and mai a
risiedervi ma vi invi il lorenese Francesco Boulanger a sostituire lAuditor del
feudo ovvero il dottor Felice Finali di Treschietto.
Con la rivoluzione francese, Treschietto venne incorporato negli stati della
Repubblica Cisalpina e finalmente, aggregata la Toscana e la Lunigiana
allimpero francese, ogni disputa sulla propriet e possesso di questo feudo ebbe
termine per sempre.
Il territorio feudale, fin da tempi remoti, era diviso in quattro Municipi, e
ciascuno di questi era composto o meglio rappresentato da un Console (che durava
in carica sei mesi), pi Consiglieri (uno ricco, uno mezzano e uno povero), un
Corriere o postino, tre Estimatori e quattro Saltarj o Cursori. Questo corpo
morale aveva uno Statuto o Regolamento che ne determinava le attribuzioni; il pi
antico di cui si abbia documenti quello di Vico del 1408, che a sua volta fu una
pubblicazione dei precedenti Ordini Antichi di quel paese e di cui si rinvenne solo
la copertina e la prima pagina.
Jera e gli altri due Municipi del feudo erano altrettanto importanti ed
avevano gli stessi Ordini. Il Console era eletto dal Comune e la sua persona era
sacra e inviolabile, ed anche indipendente dal potere politico marchionale. Il
Corriere era il portalettere del Comune e gli Estimatori erano i periti o giurati che
determinavano il valore dei danni citati. I Saltarj o Cursori erano i portatori delle
citazioni e degli inviti del Comune ed anche accusatori pubblici dei delitti e delle
trasgressioni.
Ecco alcuni esempi di questi Antichi Ordini: la vendemmia si cominciava
dietro ordine del Console, era proibito tagliare gli alberi sulle alpi, due persone di
ogni famiglia dovevano recarsi in chiesa per le esequie di ogni defunto, le bestie
morte non dovevano essere toccate n mangiate senza il permesso del Comune, le
strade pubbliche dovevano esser larghe tre braccia, nessun maschio, dai 14 ai 70
anni, poteva ricusarsi di andare al lavoro comandato dal Marchese o dal Comune e
chiunque fosse mandato fuori dal Comune per un incarico, entro tre giorni, era
obbligato a dar conto dellesito.
Queste trasgressioni erano punite con pene pecunierie della moneta del
Terziere o locale.
Inoltre: i debitori erano puniti con larresto, la donna convenientemente
dotata era esclusa dalla successione del padre, i crediti si prescrivevano in tre anni,
per i malefizi si procedeva per denunzia e la maggioe et per la pena ordinaria era
di 14 anni.
Le pene erano pecuniarie, i tratti di corda da uno a tre, la frusta pubblica e la
mitera (foglio accartocciato che si metteva sulla testa dei condannati alla gogna)
per una volta fino in tre giorni consecutivi, lesilio e il bando, il servizio alle
triremi da uno a cinque anni, il taglio della lingua e qualunque delle suddette ad
arbitrium boni viri; finalmente la morte da infliggersi col taglio della testa, colla
forca, col fuoco e per alcuni delitti con la squarto delle membra da sospendersi nel
luogo pi eminente del castello.
Nel 1585 fu pubblicato un nuovo Codice di Leggi, pi conforme ai tempi,
dal Marchese Giovan Gasparo, il quale sanzion lAntico Ordine riconoscendone
le varie figure che vennero a costituire il Consiglio Generale con lobbligo di
riferire allautorit marchionale che ne regolamentava anche le riunioni.
Le Magistrature, in tutto il feudo, erano costituite da un Podest eletto dal
Marchese, un Notaro del Podest (che era un giudice civile e criminale), un Savio
che, dopo aver giurato di far giustizia, rimetteva per iscritto il suo voto al Podest,
un Fiscale e un Nunzio.
LAuditore del Marchese era giudice nelle cause civili ma se il suo
giudicato era diverso dal primo si faceva ricorso al Marchese il cui giudizio era
inappellabile.
Da notare che il buoncostume era molto curato, infatti: il ratto delle donne
si puniva con la morte, lo stupro consumato con cinque anni di triremi e se tentato
con un solo anno. Lo stupro semplice si puniva con 10 scudi e se la fanciulla era
vergine il reo era obbligato a dotarla. Ladulterio veniva punito come lo stupro, le
meretrici si esiliavano e la sodomia nellagente come nel paziente veniva
redarguita e il reo arso vivo. Il coito coi preti e coi chierici si puniva nelle donne
con la multa di 25 scudi o con la pubblica frusta. Lincesto era punito con 25 scudi
o con la pubblica frusta e la falsa testimonianza col taglio della lingua. Veniva
altres punito con la multa di 5 soldi il lavoratore in giorni festivi.
Il feudo ebbe anche due istituti di pubblica beneficenza: il Monte Della
Monizione, le pubbliche scuole e lo Stabilimento per sopperire alle doti delle
fanciulle povere. Il primo, fin dallantichit, era un deposito in cui si mettevano le
castagne raccolte nei beni comunali per le spese della comunit e la rimanenza
distribuita alle famiglie bisognose che avevano il dovere di restituirle, nei termini,
con laggiunta di una quaretta per secchia.
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family, which appears like a fortress. In this coat of arms there appear some
interesting symbols: a white rampant lion, three stars, an eagle with two heads, a
crest with the insignia of a captain, and Florentine fleur-de-lis.
The white rampant lion was granted by Louis IX King of France to the
marquis Corrado Malaspina, known as "l'antico", when he partecipated in the
Egyptian campaign of 1248-54, at the time of the Crusades.
The eagle with two heads was inserted in 1355 when the Malaspina family
obtained the feudal investiture of the Emperor Charles IV.
The fleur-de-lis symbol of the Florentine Republic was inserted in 1413,
when the marquis Federico "il Todesco" requested and obtained an "
accomandigia" from the Grand Duke of Tuscany.
The three stars represent (together with the moon) the symbol of Lunigiana.
The house has belonged from the very beginning to the Santi family, one of
the most powerful in the Malaspina feud of Treschietto and Captain Antonio Santi
sculptured in his own coat of arms these symbols of the three powerful factions
which governed the Lunigiana.
The village itself is located on the right bank of the river Bagnone and
exhibits high walls forming a valiant bulwark against any type of attack. The
origins of its first settlements are lost in time as well as those of its castle beyond
the river of which there remain the ruins of a great installation (pages
98-99-100-101). The village is divided in three small agglomerates: Sommval
(pages 16-17 etc.), Smarcanal d d'chi ( pages 72-73) and Smarcanal d d'l (pages
58-59; etc.). All were similar to strongholds, closed by portal's in which the
inhabitants shut themselves in during the night.
On the right bank of the river Bagnone, a water-mill (pages 90-91) ground
chestnuts produced by the community. The mills were owned by the marquis
Malaspina and the population owed him dues for grinding the precious chestnuts,
the only sustenance for a population which survived by raising stock.
In the village centre, there now exists a church (pages 30-31) dedicated to
saint Matthew Apostle, whereas, in former times, the village church was to be
found in Jera's cemetery.
Nowadays the church in the cemetery is called Saint Biagio (pages 30-31).
The history of the churches dates back to 1662, when the bishop Cherubino, in the
world Ferrante Aniceto Malaspina (1602-1667), who was first son and then uncle
of the marquis Malaspina of Treschietto, wanted to consacrate a church for his
home village. At that time, his nephew, the marquis Giovan Gasparo II Malaspina,
during his rule from 1637-1678, used to ravish every woman in his feud and in the
cemetery's church he had ordered the assassination of the father of three maidens
whom he wished to possess. History recounts that when the father, Antonio
Spaggiari, hid his daughters, the marquis' bravos captured and threw him in a
sepulchre of the church of Saint Biagio in the cemetery. When after three days, the
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Spaggiari family decided to look for him, the marquis sent his bravos to
assassinate the man, as he was still alive.
The local population wished to restore to sacredness the church fallen into
dacadence and rebuil tit in the village centre in 1665.
In the facade of this second church, above a portal, an inscription
commemorates the consecration by the bishop Cherubino (page 32).
The village also exibit the oratory of Saint Martin (pages 70-71), very old
and nowadays reduced to a ruin, placed outside the walls in front of the Santi
family's house in the path leading from the bottom of the valley to the alps.
The first known settlement on the site of Jera consisted of a tower house (
page 44) owned by the Santi family and later, enlarged, it became the seat of the
Brunelli family. On the walls of that property, placed very high up, there are
numerous remarkable inscriptions, which time is degrading, and which describe
the history of the family which lived therein.
Joseph Brunelli, rector, in 1809, in these inscriptions, recounted his life, the
names of his three sons and five daughters, the age of his wife and the death of his
father.
In one such inscription, he asks "to take care of that house and its walls,
laboriously preserved and guarded as he, not only for himself, so others, not for
themselves, rather for posterity.
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L' arpa innevata che sovrasta Jera. Era severamente punito tagkiare alberi
sull'arpa. Queste leggi hanno risparmiato da sempre il prodursi di frane nel territorio.
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Gli edifici di questa strada appartenevano all'antico ceppo dei Pretari; e'
curioso notare che tutti i portali dei Pretari, per tutto il paese,siano scalpellinati a
rombi.
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Uno stretto passaggio unisce due vicoli nel borgo. Qui ritroviamo le antiche
case dei Duchi, dei Baldi, dei Restori e dei Vicini.
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O
M
LABENTEM POPULUS INSTAURAVIT 1662
INSTAURATAM [ PRESS SPEN M ] IN PAROCH
EREXIT 1665
ERECTA CHER MALAS CONSACRAVIT
CONSACRATAE POP HAC PORTA
DECORAVIT 1674
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Ca di Baldi n tl borg.
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Ca Pretari n tl borg.
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Ca di Berni.
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Casa Brunelli -
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I vecchi del paese ripetono che casa Brunelli sia stata la prima casa
costruita a Jera. Si dice inoltre che Jera sia stata fondata da una donna chiamata
Irene che proveniva da Virgoletta.
La strada che vediamo scorrere lungo la casa non c'era sino a qualche
tempo fa, si ricorda invece che la casa era delimitata da un corso d'acqua.
A fianco delle due aie ( in alto a sinistra della foto), la casa si apriva su bei
campi seminati e vignati. Era la propriet pi ricca e meglio esposta del paese.
L'ultimo piano era adibito ad abitazione, quello intermedio, raggiungibile
anche da una breve scala aggiunta dopo che il fosso era stato ricoperto, costituiva
i magazzini della casa; la porta in vista al piano terreno era usato ultimamente
come stalla.
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I ferri ai lalle finestre per appoggiare i legni sui quali stendere i panni.
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Portale di ca Brunelli.
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Prospetto nord di
ca Brunelli e portale
dingresso.
Si noti la strada a
frabetga all'interno del
portone, che reca al terzo
piano della casa.
Sul prospetto nord
vi sono state incastonate
quattro
pietre,
con
iscrizioni diverse dalle
due collocate nella prima
parte delledificio che
appaiono di epoca pi
recente.
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Strada a frabetga che dal portale arriva alle aie davanti allabitazione.
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Angiolina Borcalli non era nata a Jera ma a Treschietto nel maggio del 1916.
Crebbe bella e gentile; aveva lunghi capelli neri e occhi di un azzurro incredibile.
Divenuta adulta sposo' Azeglio Ricchetti che aveva tre anni pi di lei e con lui and a
vivere a Jera in casa Brunelli.
Nella casa delle epigrafi trascorse tutta la vita; lavor nei campi a zappare e
seminare, accud gli animali nella stalla e nell'aia, cosse il pane e le focaccine nel
grande forno della vecchia casa, essic nellaia scoperta il grano, il granturco,i legumi
e la frutta per l'inverno e stese i panni alle finestre tra le epigrafi.
Durante le ore pi calde dell'estate sost all'ombra della vigna sull'aia coperta
dalle frasche assieme al suo Azeglio.
Angiolina, cos veniva chiamata, ma il suo nome era Isolina, non conobbe mai
la gioia della maternit. Soleva dire che il Signore cos aveva voluto e si era
rassegnata. Col trascorrere degli anni, quasi settanta, il suo Azeglio divenne
gravemente invalido; giaceva in una sedia a sdraio senza potersi alzare e Angiolina,
pur essendo divenuta molto vecchia e con poca forza riusc da sola ad accudirlo sino
alla morte.
L'autricebbe il piacere di conoscerla sul finire dell'estate del 2002 quando
circondata dalle sue memorie e da una dignitosa riservatezza Angiolina le consent di
fotografare la sua casa e le epigrafi delle quali non ebbe mai consapevolezza.
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Altre due epigrafi poco leggibili;.L'ultima e'stata distrutta dai soliti vandali.
Ecco giustificato il motivo per cui Joseph Brunelli pose le altre cosi' in alto.
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Questa costruzione,
quasi del tutto distrutta, si
erge a sud con una terrazza
esposta ad una delle pi
incantevoli vedute di tutta la
valle. E tuttora affiancata
da una delle tre uscite della
rocca, una galleria profonda
nella quale si aprivano le
stalle, le cantine e il ricovero
degli attrezzi agricoli.
Una poderosa vigna
tenta ancora di arrivare alla
terrazza dove sicuramente in
altri tempi arrivava a coprire
un pergolato.
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Smarcanal ddchi: non ci sono notizie della famiglia che fece scolpire
il monogramma P. I. A. M. nel giglio nellanno 17[ ]7. Lo stesso
monogramma P. I. A. M. -FECIT stato scolpito sullarchitrave del portale.
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Smarcanal ddchi: questa scala, oggi rifatta, consente a chi percorre la via
per larpa di attraversare il paese passando sotto le case.
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Smarcanal ddchi: una delle piccole feritoie che si aprono sotto queste
lunghe gallerie.
In questi vicoli sotto le case non troviamo porte che consentano di penetrare
negli edifici e tantomeno ingressi di stalle o cantine.
Si potrebbe pensare che queste costruzioni, cos difficili da realizzare in
relazione ai mezzi di cui si disponeva allepoca, fossero volutamente costruite in
modo che le abitazioni rimanessero collegate al di sopra delle vie di transito per
una maggior difesa da scorrerie e assalti; al tempo stesso, il passare da una casa
allaltra al di sopra del vicolo rappresentava una pi veloce via di scampo per la
fuga.
Certamente osservando queste stupefacenti creazioni di pietra non possiamo
non sentire un sentimento di stima e rispetto per coloro che vi hanno lavorato da
sole a sole con fatica e umilt, posando pietra su pietra con maestria e impegno.
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Chiesa di S. Biagio.
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Per parlare dellattuale chiesa di S.Biagio nel camposanto di Jera sar necessario
fare una piccola premessa ricordando il domenicano Fra Cherubino al secolo Ferranre
Aniceto Malaspina figlio del Marchese Giovan Gasparo I (1573-1604).
Ferrante Aniceto era nato in Treschietto nel 1602; mostr fino da fanciullo
ottimi costumi ed ingegno, laonde fu dalla madre mandato a Firenze posto nel
convento dei Domenicani di S. Maria Novella, ove si applico con indefesso amore
allo studio, divenuto dottissimo ,fattosiSacerdote e Professo, avendo unito al sapere
lesemplarit della vita, fu in quel Chiosco Dottore Teologo, Priore e poi
Provinciale, ed in Roma Vicario dellOrdine, finch venne dal Granduca
Ferdinando II di Toscana nel 1655 fatto promuovere alla Cattedra Vescovile di S.
Sepolcro nellUmbria, onde pel suo candore e prudenza amato e compianto dai suoi
diocesani mor nel 1667.
...Fu sempre memore della sua famiglia e del suo paese, compose e concili
molti interessi e discordie fra i suoi congiunti, biasim altamente le scelleraggini
della sua casa e specialmente quelle commesse dal fratello Pompeo e dal nipote
Giovan Gasparo II.
Promosse questo Vescovo nelle sue terre natali la religione, sicch nel 1655
col consenso dellOrdinario di Sarzana vi consacr due Chiese dei Santi Rocco e
Giovan Battista nella Villa di Finale, e di S. Matteo Apostolo nelle campagne di Jera,
oggi di S. Biagio.
Don inoltre le relquie di S. Demetria vergine e martire che furono collocate
nella Chiesa di Finale.
Per parlare di una delle scelleraggini attribuite al Marchese Giovan Gasparo II,
riporter alcune notizie storiche e lepisodio che indusse (probabilmente) il popolo, ad
abbandonare la chiesa di S. Matteo, voluta nel 1662 dal Vescovo Cherubino nel
cimitero di Jera e a riconsacrata poi, con lo stesso nome, dallo stesso nel 1665 ntl
borg.
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ed
estorsioni.
Si narra di
lui
che
essendo in
Parma ten
lo scasso di
un
sacro
ritiro
di
vergini a
fine
di
avere alle
sue voglie
una
novizia,
per cui fu
condannato
nel bando:
che
fece
balli
angelici nel
suo castel
di
Treschietto
obbligando
le donne tra
le
piu
pudiche ad
intervenirv
i; e che
relativame
nte a tre
giovanette
bellissime essendosi opposto il padre, certo Pietrino di Antonio Malatesta da
Palestro, onesto legnajolo appellato Seggiari cui per le donne era stato mandato
linvito, ebbe la casa visitata dagli sgherri di lui, e, trovate le vittime, involate al
suo libidinoso furore, tanto si sdegn che, fatto arrestare il misero genitore, lo fece
cacciar vivo in una sepoltura nella Cappella di S. Biagio nelle campagne di Jera,
ove sti vivo due giorni, il secondo dei quali il tiranno mand ad ucciderlo. Ma si
era sparsa la voce che lo sparito Pietrino potesse trovarsi overa di fatto perch
alcuni pastori, che da una contigua selva passavano, avevano udito voci
sotterranee presso la chiesa, e niuna novella nei paesi convicini si era saputa di lui;
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per cui i congiunti e specilamente il fratello del misero avevan fatto risoluzione di
recarsi sul luogo per verificare il sospetto:scoperse il Marchese il progetto, ed
ordin ai suoi sgherri che nella prossima notte prevenissero la visita dei parenti;
laonde si recarono eglino al luogo del supplizio, e fatto credere allinfelice di
volergli salvare la vita, calatagli una pertica si il fecero salire fino a mezza vita
alla bocca della sepoltura, che ghermitolo e forte tenuto da due per le braccia, altri
col coperchio stesso dellavello il cranio miseramente gli schiacciarono e gi
dentro il fecero cadere cadavere. Questo ed altro fu detto di lui... Questo mostro
mor in Bagnone il 22 settewmbre 1678 alleta di 62 anni.
Dal ritratto di un cronista del tempo e delle sue scelleratezze danno
conferma i documenti e nella tradizione popolare tuttora esistente in
Treschietto, la quali ai balli lubrici da lui ordinati e compiuti aggiunge, che
nella sala ove questi si davano esistevano pitture analoghe, ed un camino
scolpito in pietra il cui architrave era sostenuto da due ninfe e da satiri nudi, ed
ornato da altri corrispondenti fregi, che ancora esiste in Bagnone, ne fa
autentica fede.
Le parti evidenziate in corsivo sono state riportate testualmente da Storia
Della Lunigiana Feudale di Eugenio Branchi.
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La parte del mulino alla quale veniva indirizzata la corrente del fiume.
Le pale, spinte dalla corrente, azionavano lasse che faceva rotare le macine.
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sottoLarad.
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I resti di un mulino...
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Improvvisamente nel terreno senza piu' rovi compaiono grosse pietre di fiume,
ricoperte dal muschio, che delimitano un percorso.
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Un arco a tutto sesto per ingresso. Non vi sono gangheri per sorreggere un
portale, solo fori per la trave di sbarramento.
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Il castello era quasi sprovvisto di finestre; avrebbe potuto appaire quasi una
torre se non si vedessero chiaramente le pietre nella foto a destra che testimoniano
una piu' grande dimensione dell'edificio.
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Questo e' il lato sud del castello. Non possiamo stabilire quale fosse stata la
copertura e l'epoca in cui fu costruito. Certamente premalaspiniano nessuno ne ha
rintracciato l'origine.
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Questo e' invece l'edificio costruito dentro il perimetro sulla sommita' del
monte. Un edificio a pianta quadrata, dagli spigoli netti, senza finestre al
pianterreno.Forse una casa torre come tante altre distribuite sul territorio di
Lunigiana.
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La casa torre sulla sommita'. Il foro scuro non e' un portale ma una delle
tante distruzioni di cui e' stata fatta segno negli anni,
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Lantica fortificazione che copre quasi tutto il monte, per quasi tutto
l'anno e' nascosta dalla vegetazione.
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I castagni, crescendo,
fagocitano le pietre di questi
antichi ruderi. La natura prende
il
sopravvento
sull'opera
dell'uomo, la copre e la distrugge
inserendosi tra i muri di pietra
demolendoli.
Nessuna notizia storica i
pervenuta
su
questa
fortificazione che si estende
lungo Iutta la collina.
In basso, per un piccolo
ponte romano che scavalca il
Bagnone, un' antica frabetga,
praticata fino a qualche tempo
addietro, aggirava la base del
monte per arrivare a Cmpione.
Nessuno si curo' maidei
ruderi e della loro storia.
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NOTE DELLAUTRICE
Le notizie sulle propriet e i soprannomi delle
antiche strade del borgo di Jera, nonch la rievocazione
di memorie popolari, sono state riferite da Quinto
Pretari e Ivana Pretari, entrambi appartenenti ad una
delle pi antiche famiglie del luogo. Le notizie riferite
da Quinto fanno riferimento alla sua infanzia quando,
da un antico libro mancante della copertina e molto mal
ridotto, un vecchio prete gli leggeva episodi che
riguardavano il paese.
Impossibile ritrovare quel libro andato perduto e
stabilire se fosse stato una stampa o un manoscritto.
Per gli episodi riferiti e riportati fedelmente in corsivo e grassetto, lautrice
si valsa dei volumi di Eugenio Branchi Storia Della Lunigiana Feudale, unica
e poderosa opera che dovette costare molto tempo e impegno allautore. Ogni
notizia viene da lui corredata dai testi ufficiali e dai luoghi in cui la reper e che
sommariamente viene riportata:
Memorie della famiglia Finali di Treschietto ms esistente presso il sig.
Dott. Lorenzo Cortesini di Bagnone;
Repertorio del prete Francesco Finali di Treschietto, e Scrittura a stampa
senza data concernente la discendenza dei marchesi Malaspina di Filattiera,
esistenti presso la famiglia Franchi di Treschietto;
Finali: Memorie istoriche della famiglia Malaspina di Treschietto ms
esistente presso la famiglia Finali di Treschietto;
Albero genealogico della famiglia Malaspina di Treschietto redatto
dallabate Giuseppe Antonetti di Tavarnelle esistente presso la famiglia Noceti di
Bagnone;
Repertorio o Zibaldone del Prete Francesco Finali di Treschietto. Opera
reperibile a livello antiquario;
Editti e lettere dellAuditor Boulanger e del Conte Naj di Richecourt
concernenti limperial feudo di Treschietto in originale tutti esistenti presso il
Dottor Francesco Raffaelli di Bagnone;
Dichiarazione di rinuncia del Marchese di Richecourt esistente presso i
fratelli sigg. Bianchi di Vico;
Fede di nascita del conte Stefano Noceti di Bagnone nel di 6 Marzo 1697
esistente tra gli Spogli del Conte Chiodini che si conservano presso il sig .Gerali
Pellegrino di Scorcetoli;
Documenti vari su Treschietto esistenti presso il sig.Eleonoro Uggeri di
Pontremoli;
Archivio Mediceo, Affari di Lunigiana;
Archivio Centrale di stato di Firenze;
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