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MEMORIE di LUNIGIANA

di

ADRIANA G. HOLLETT

Jera
e le sue pietre

Fotografie di A. G. Hollett

a mio marito Reginald


che condivide lamore per la mia terra.

...Se novella vera


di Valdimagra, o di parte vicina sai,
dilla a me, che gia' grande la' era.
Dante - Purg. VIII

JERA
Le origini di Jera sono molto antiche come per ogni paese della Lunigiana.
Questi borghi, arroccati sulle alture, mostrano ancora i resti delle antiche mura e
degli archi di ingresso sui quali non difficile trovare scolpiti stemmi di potenti
casati o di dominazioni succedutesi nei secoli. Molto pi difficile trovare
documenti che attestino la storia di queste piccole comunit perch, ove la scarsa
documentazione ha raggiunto i giorni nostri, rapaci mani intrise di medioevalismo
si sono impadronite di questi preziosi attestati sottraendoli al rinato interesse per
questa regione povera di risorse ma molto ricca di storia.
Nessuna traccia scritta del passato di Jera, solo poche testimonianze nella
memoria popolare degli anziani e nelle molte e insolite memorie di pietra che
decorano gli antichi muri.
Parlano per noi le lunghe e oscure gallerie che ci introducono da ogni lato
nel centro del borgo; le case costruite su alte mura e allacciate le une alle altre in
una linea ininterrotta, le piccole finestre in basso munite di grosse inferriate, i
portali chiusi da solidi portoni. Stupisce leleganza degli architravi scolpiti nelle
aperture che si affacciano sul borgo principale e ci sorprende una seconda parte,
quasi sotterranea, composta da innumerevoli gallerie, vlti, cantine e ampie zone

coperte destinate con tutta probabilit al ricovero degli armenti, degli attrezzi da
lavoro, dei carri e dei magazzini.
Un portale, di quella che ancor oggi conserva laspetto di una rocca, reca
uno stemma gentilizio, arrivato integro fino ai giorni nostri, che riunisce diversi
interessanti simboli quali le stelle di Lunigiana e artigli di rapace, mentre larme,
racchiusa tra due leoni rampanti, sovrastata dallaquila bicipite imperiale a sua
volta racchiusa in un cimiero con le insegne di Capitano. Gigli fiorentini sono
scolpiti sugli stipiti dellarchitrave mentre un portale di legno (bruciato pochi anni
or sono) riportava incisi gli stessi motivi.
Per arrivare a spiegare queste raffigurazioni necessario riassumere
brevemente la storia delle origini della Lunigiana e successivamente quelle di
Jera, e visto la carente documentazione, (come dichiara Eugenio Branchi nella
prefazione della Sua opera Storia Della Lunigiana Feudale) limpossibilit di
accedere ai pochi documenti rimasti, trattati ormai solo come reperti di
antiquariato, sar necessario attingere allunica fonte autorevole rimasta che
quella soprariferita.
Parlando di Lunigiana si suol definire la Provincia Maritima Italorum, cio
quella parte della Liguria orientale che sub dapprima linvasione longobarda per
poi far parte del dominio obertengo. Quando i possedimenti di questo vennero
divisi in quattro rami, Malaspina, Estensi, Pallicini e Massa, la Lunigiana del XI
secolo dipese dai marchesi di Massa. I Vescovi contrastarono il domino obertengo
ottenendo da Federico I di veder sanciti i loro diritti su tutto il territorio, ma
quando si acuirono i contrasti coi Malaspina, si aggrav la crisi della loro autorit
politica, per cui nel 1288, il Vescovo Gualtieri spost la sua sede a Sarzana e ai
Malaspina venne riconosciuta larga influenza su tutta la Lunigiana.
La storia di Jera segue quella del feudo al quale apparteneva, cio quello di
Treschietto, governato dalla famiglia Malaspina fino al 1722 quando mor
Ferdinando ultimo Marchese di Treschietto.
Questo feudo si form nel 1351 nelle divisioni operate tra i figli di Niccol
il Marchesotto quando, da quello di Filattiera, venne distaccata una parte di
territorio e assegnata a Giovanni il Berretta (1357).
Il nuovo feudo comprendeva le castella di Treschietto, Jera, Vico, Corlaga,
nonch Stazone, Agneta, Finale, Querceto, Palestro, Levigio ed altre ville e casali;
si estendeva per dodici miglia confinando a nord con la sommit degli Appennini
tra il passo del Lagosanto e Rigoso, a sud e ad est col torrente Bagnone e ad ovest
col territorio di Rocca Sigillina.
Giovanni il Berretta cerc ed ottenne subito la conferma dellinvestitura
dallimperatore Carlo IV (successore di Arrigo VI), predilesse Vico per sua
residenza dove eresse poderose fortificazioni arrivate intatte sino al 1765.
Gli succedette il figlio Federico il Todesco (1419), valoroso soldato, il
quale fece reggere le sue terre ai figli, ratific gli antichi Ordini di Vico, fece lega e
concordia coi Malaspina e nel 1413 fece il primo patto di accomandigia colla

Repubblica Fiorentina. Alla sua morte gli successero tutti i figli di comune
accordo e contemporaneamente, mantenedo la comunione dei beni e stabilendo
che il pi antico (seniore) Alberico (1422) ne tenesse il governo. Dopo di lui il
feudo pass a Giovanni (1454) e ai suoi successori. Di Giovanni si conoscono vari
atti di adesione e di accomandigia con la Repubblica Fiorentina. Gli succedette
Andrea (1488) e dopo questi Giovan Lorenzo (1512). E ancora Giovan Andrea II
(1540) e Giovan Lorenzo II (1573), Giovan Gasparo I (1604) e Pompeo II (1636).
Questultimo esord con atti di piet e di giustizia che la savia madre aveva
saputo ispirargli ottenendo lamore dei suoi sudditi ma fu troppo condiscendente
nei confronti della moglie Maria Cleria di Lusuolo che, dedita al lusso, dovendo
sostenere lonere del censo, dovette ipotecare i mulini. Questa notizia ci
testimonia che i mulini, allepoca del feudo, erano di propriet del Marchese, cos
pure il privilegio della pesca.
E di questo periodo (1689) la discordia per ragioni di pascolo tra gli
Uomini di Jera e quelli di Compione, due territori sottoposti il primo al Marchese
di Treschietto ed il secondo al Granduca di Toscana; a seguito di questa
discordia che agli Uomini di Compione venne impedito il transito di merci e
armenti attraverso il marchesato pena la confisca. Colpiti nei loro commerci e nei
loro interessi, gli Uomini di Compione ricorsero al Governo Toscano e il
Granduca, con minacce, fece revocare la nomina del Marchese Odoardo (1696),
ritenuto responsabile della diatriba, che venne sostituito da Ferdinando (1722), il
quale, come gi detto, fu lultimo Marchese di Treschietto.
Costui, prossimo alla vecchiaia, tent di alienare il feudo contravvenendo a
diversi atti imperiali, promossi anche dal Marchese Manfredi di Filattiera, che gli
inibivano, per ragioni di agnazione, per i patti delle antiche investiture e delle
convenzioni, di cederlo ad altri dopo la sua morte. Nel 1700 Ferdinando rinnov,
come gi fatto in precedenza da Pompeo e da Giovan Gasparo II, il patto di
traslazione, dopo la sua morte, del marchesato col Granduca di Toscana Cosimo
III, ottenendo in cambio una provvigione mensuale di venti scudi.
I Marchesi di Filattiera rivendicarono la propriet del feudo al Consiglio
Imperiale e, come accade tra i litiganti, il Fisco Imperiale, abbattendo le ragioni di
tutti, chiese a s la devoluzione del feudo di Treschietto.
Questa lite, a causa della qualit dei litiganti, si protrasse a lungo mentre il
Granduca Cosimo, cominciando a fortificare il castello provvedendo ad armi e
munizioni, si era fatto riconoscere dal Podest di Treschietto Jacopo-Vittorio
Biodini di Pastina, da Francesco Pizzaferri Console, Giovanni Corbellari, Belli,
Alessandro Finali e Giuseppe Franchi Consiglieri.
Tutto ci non piacque a Vienna n ai principati italiani, invidiosi della
potenza fiorentina e sobillati dai Malaspina, per cui il 11 Aprile 1722, il
Plenipotenziario Imperiale dette incarico al Capitano Klein di occupare
Treschietto. Costui, malgrado il ponte levatoio alzato, le porte e le finestre di ferro

incatenate fatte scalare le mura si impossess del del luogo; interrog il Marchese
e fece arrestare il suo Castellano e il Tenente certi Zona e Santi-Franchi.
Ferdinando accusato di fellonia verso limperatore venne confinato nel
castello finch non riusc, con uno stratagemma, ad arrivare a Mochignano,
appena oltre il torrente Bagnone, ma sicuramente in territorio soggetto al
Granduca di Toscana, per cui, da l, pot riparare in seguito a Fivizzano e restarvi
per il resto della sua vita.
Ferdinando era uomo buono di cuore ma debole danimo per cui, quando i
Franco-ispani nel 1705 occuparono la Lunigiana, fuggendo a Caniparola, sciolse i
suoi sudditi dal giuramentio di fedelt per consentire loro di prestare obbedienza
al monarca spagnolo. Fu amato dai suoi sudditi e sepolto in Treschietto, con tutti
gli onori, nel generale compianto.
Venne aperta la successione del defunto Marchese tra gli eredi Malaspina,
il Granducato di Toscana, il Marchese di Podenzana, il Marchese Piccaluga di
Genova ed altri, finch nel 1747, Treschietto venne assegnato dallimperatore
Carlo VI al Conte Carlo Emanuele di Nay e Richecourt il quale non and mai a
risiedervi ma vi invi il lorenese Francesco Boulanger a sostituire lAuditor del
feudo ovvero il dottor Felice Finali di Treschietto.
Con la rivoluzione francese, Treschietto venne incorporato negli stati della
Repubblica Cisalpina e finalmente, aggregata la Toscana e la Lunigiana
allimpero francese, ogni disputa sulla propriet e possesso di questo feudo ebbe
termine per sempre.
Il territorio feudale, fin da tempi remoti, era diviso in quattro Municipi, e
ciascuno di questi era composto o meglio rappresentato da un Console (che durava
in carica sei mesi), pi Consiglieri (uno ricco, uno mezzano e uno povero), un
Corriere o postino, tre Estimatori e quattro Saltarj o Cursori. Questo corpo
morale aveva uno Statuto o Regolamento che ne determinava le attribuzioni; il pi
antico di cui si abbia documenti quello di Vico del 1408, che a sua volta fu una
pubblicazione dei precedenti Ordini Antichi di quel paese e di cui si rinvenne solo
la copertina e la prima pagina.
Jera e gli altri due Municipi del feudo erano altrettanto importanti ed
avevano gli stessi Ordini. Il Console era eletto dal Comune e la sua persona era
sacra e inviolabile, ed anche indipendente dal potere politico marchionale. Il
Corriere era il portalettere del Comune e gli Estimatori erano i periti o giurati che
determinavano il valore dei danni citati. I Saltarj o Cursori erano i portatori delle
citazioni e degli inviti del Comune ed anche accusatori pubblici dei delitti e delle
trasgressioni.
Ecco alcuni esempi di questi Antichi Ordini: la vendemmia si cominciava
dietro ordine del Console, era proibito tagliare gli alberi sulle alpi, due persone di
ogni famiglia dovevano recarsi in chiesa per le esequie di ogni defunto, le bestie
morte non dovevano essere toccate n mangiate senza il permesso del Comune, le
strade pubbliche dovevano esser larghe tre braccia, nessun maschio, dai 14 ai 70

anni, poteva ricusarsi di andare al lavoro comandato dal Marchese o dal Comune e
chiunque fosse mandato fuori dal Comune per un incarico, entro tre giorni, era
obbligato a dar conto dellesito.
Queste trasgressioni erano punite con pene pecunierie della moneta del
Terziere o locale.
Inoltre: i debitori erano puniti con larresto, la donna convenientemente
dotata era esclusa dalla successione del padre, i crediti si prescrivevano in tre anni,
per i malefizi si procedeva per denunzia e la maggioe et per la pena ordinaria era
di 14 anni.
Le pene erano pecuniarie, i tratti di corda da uno a tre, la frusta pubblica e la
mitera (foglio accartocciato che si metteva sulla testa dei condannati alla gogna)
per una volta fino in tre giorni consecutivi, lesilio e il bando, il servizio alle
triremi da uno a cinque anni, il taglio della lingua e qualunque delle suddette ad
arbitrium boni viri; finalmente la morte da infliggersi col taglio della testa, colla
forca, col fuoco e per alcuni delitti con la squarto delle membra da sospendersi nel
luogo pi eminente del castello.
Nel 1585 fu pubblicato un nuovo Codice di Leggi, pi conforme ai tempi,
dal Marchese Giovan Gasparo, il quale sanzion lAntico Ordine riconoscendone
le varie figure che vennero a costituire il Consiglio Generale con lobbligo di
riferire allautorit marchionale che ne regolamentava anche le riunioni.
Le Magistrature, in tutto il feudo, erano costituite da un Podest eletto dal
Marchese, un Notaro del Podest (che era un giudice civile e criminale), un Savio
che, dopo aver giurato di far giustizia, rimetteva per iscritto il suo voto al Podest,
un Fiscale e un Nunzio.
LAuditore del Marchese era giudice nelle cause civili ma se il suo
giudicato era diverso dal primo si faceva ricorso al Marchese il cui giudizio era
inappellabile.
Da notare che il buoncostume era molto curato, infatti: il ratto delle donne
si puniva con la morte, lo stupro consumato con cinque anni di triremi e se tentato
con un solo anno. Lo stupro semplice si puniva con 10 scudi e se la fanciulla era
vergine il reo era obbligato a dotarla. Ladulterio veniva punito come lo stupro, le
meretrici si esiliavano e la sodomia nellagente come nel paziente veniva
redarguita e il reo arso vivo. Il coito coi preti e coi chierici si puniva nelle donne
con la multa di 25 scudi o con la pubblica frusta. Lincesto era punito con 25 scudi
o con la pubblica frusta e la falsa testimonianza col taglio della lingua. Veniva
altres punito con la multa di 5 soldi il lavoratore in giorni festivi.
Il feudo ebbe anche due istituti di pubblica beneficenza: il Monte Della
Monizione, le pubbliche scuole e lo Stabilimento per sopperire alle doti delle
fanciulle povere. Il primo, fin dallantichit, era un deposito in cui si mettevano le
castagne raccolte nei beni comunali per le spese della comunit e la rimanenza
distribuita alle famiglie bisognose che avevano il dovere di restituirle, nei termini,
con laggiunta di una quaretta per secchia.

I soprastanti dovevano aver cura delle castagne e renderne conto preciso ai


successori al momento di passare le consegne. Il Monte Della Monizione venne
fondato dal Marchese Giovan Gasparo Malaspina nel 1692 per lutilit dei
poveri e del comune.
Le pubbliche scuole di Vico furono fondate e dotate per i fanciulli poveri
del Comune intorno allanno 1606 dal sacerdote del luogo Giovanni
Marchini-Federici e rimasero aperte fino allUnit dItalia, quando vennero
istituite quelle del regno.
In quanto allo Stabilimento per dotare le povere zitelle di Vico, fondato coi
beni lasciati dal marchese Pompeo I Malaspina nel 1580, riferisce il Branchi che
alla fine dellottocento, fosse sempre attivo e amministrato dal cappellano
protempore della chiesa di Vico.
Tutto ci fa parte del passato di un feudo in cui Jera era partecipe al pari
delle altre comunit, Treschietto, Corlaga e Vico, e certamente non meno
importante di loro.
Tuttoggi, risalendo la strada che dalla valle sale verso lAppennino, ci
colpisce la maestosit delle case di Jera che, allacciate luna allaltra su unaltura,
dovevano aver costituito una valida barriera per chiunque avesse voluto violarne
lingresso.
Sempre dal basso possibile notare pi gallerie di accesso che si inoltrano
sotto le case, alcune a ripidi gradini per le persone, altre percorse da strade assai
strette per i carri e le bestie.
Jera ad un primo esame appare costituita da tre nuclei ben distinti: il primo
collega il Sommval al borg e alla Cordlana, il secondo chiamato Smarcanal ddl
sulla sinistra e il terzo Smarcanal ddchi collocato pi in alto sulla collina. Tutti e
tre i nuclei erano raggiunti dallesterno del paese dal sentiero che dal basso-valle
portava all arpa dopo aver incontrato loratorio di San Martino che era fuori del
paese.
Lingresso del primo nucleo era difeso da portali che si chiudevano su
lunghe gallerie che penetravano sotto le case e consentivano di entrare e
percorrere il paese al coperto da un lato allaltro. Le abitazioni erano collegate tra
loro al di sopra di queste e rimanevano facilmente isolate in alto sopra al vicolo
per maggior difesa. Una serie di ampi vlti si distaccavano da queste gallerie per
raggiungere stalle, cantine e magazzini per attrezzi e carri.
Da c dei Duchi si arriva n t l borg; a destra per la Cordlana e a sinistra
ntla fontana. A nord un profondo vlto apriva luscita sul sentiero che portava
allarpa.
Percorrendo la Cordlana incontriamo rovine di archi voltati che univano le
abitazioni dei due lati della strada e anche altri di contrasto pi utili alla fuga da
casa a casa che a reciproco sostegno delle strutture murarie. Un elegante e
poderoso arco, anticamente sbarrato da un portale introduce ad una corte formata
da diversi edifici chiamata c di Belli. Di fronte, un grande complesso, un tempo

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unito e oggi frazionato era costituito da c di Pretari. In un vicolo allacciato al


borg troviamo c di Berni dal bellissimo portale sovrastato da uno stemma su cui,
oltre la data 1750, troviamo il solito protome dangelo e un insolito e originale
pesce; insolito nellaraldica ma ben conosciuto nella simbologia cristiana. E in
questa abitazione che nel primo novecento era stata aperta una pluriclasse alla
quale affluivano anche bambini dalle frazioni limitrofe.
In nti cemteri la c di Baldi mostra importanti finestre e un portale con un
architrave in pietra finemente scolpita a motivi floreali, e sulla piccola piazzola di
riscontro a questa importante costruzione, appare quasi maestoso il settecentesco
portale della chiesa, decorato da un ricco ed elegante festone con fiori e frutti
abilmente scolpiti nella pietra e dagli spigoli modanati con un motivo identico,
apparentemente coevo del portale di c di Baldi.
Uniscrizione sopra il portale, riporta il motivo per cui la chiesa era stata
voluta dal popolo nel 1665 dopo che la precedente, quella denominata ora di
S.Biagio, fatta erigere nel 1662 nel cimitero, nelle campagne di Iera, dal Vescovo
Cherubino, al secolo Ferrante Aniceto Malaspina, figlio del Marchese Giovan
Gasparo I (1573-1604), fratello del Marchese Pompeo Malaspina (1584-1636) e
zio del famigerato Marchese Giovan Gasparo Felice II (1636-1678), di cui
rimasta grande traccia nella cronaca scritta dei tempi e nella memoria locale per la
dissolutezza di costumi, era stata abbandonata, perch dissacrata da questultimo
con un nefando omicidio perpetrato ai danni di Pietrino di Antonio Malatesta da
Palestro.
Si narra ancor oggi che le donne del paese solevano invecchiarsi e tingersi
la faccia per non destare la concupiscenza del Marchese uso a violare qualsiasi
donna avesse desiderato e a commettere omicidi e stupri sia nel suo feudo che nei
territori vicini.
Sempre nella memoria popolare si asserisce che Jera sia stata fondata da
una donna chiamata Irene venuta da Virgoletta e c Brunelli, la casa delle
epigrafi, sia stata la prima costruita nel paese.
Infatti, la prima porzione di questo edificio, quello prospiciente ntla
fontana, appare come una costruzione dal basamento a scarpa e in tutto
somigliante ad una casa torre, mentre i due successivi ampliamenti, con
lintonacatura affrescata e decorata, potrebbero riferirsi al 1700, data che appare
anche incisa nel portale daccesso situato nellultimo tratto edificato.
Curiose epigrafi, per lesattezza sei (quelle rimaste), sono state affisse
molto in alto su due prospetti del palazzo un tempo circondato da un fossato con
un canale recentemente coperto. Queste epigrafi sono poco leggibili perch
volutamente collocate molto in alto rispetto al piano stradale e in seguito
deteriorate dal tempo e dallincuria.
Proseguendo verso la collina, oltrepassato il canale che d il nome alla
zona, ci appare Smarcanal ddl , un gruppo di costruzioni alte, sicuramente una
rocca, alla quale si accede da un ripido sentiero pedonale.

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Attraverso un arco, un tempo munito di portale, uno stretto vicolo collega


tutte le abitazioni, mentre una galleria apre a sud luscita verso i campi. Ad ovest,
un portale ormai distrutto, consentiva lingresso ai carri provenienti dal sentiero
che, passando davanti alloratorio di S.Martino collegava il fondovalle allarpa.
Queste costruzioni, sicuramente forte borgo murato altomedioevale,
appartengono tuttoggi alla famiglia Santi, una delle pi potenti del feudo di
Treschietto, come riporta il Branchi e come testimonia il bellissimo portale in
pietra, gi menzionato, che reca un arme con le insegne di capitano, laquila
bicipite imperiale austriaca, le stelle di Lunigiana e i gigli della Repubblica
Fiorentina.
Tornando verso Smarcanal ddchi, si sale al terzo gruppo di case che
sovrastano alte il borgo; due portali ci introducono attraverso lunghe e profonde
gallerie in direzioni diverse: ripidi vicoli scendono lungo la vta aperte sotto le
case, mentre ripide scale, sempre coperte dalle costruzioni, conducono allin s
verso larpa.
Piccole feritoie ci spiano da sotto quella arcate ampie e buie dove ancor
oggi troviamo le fascine di legna riposte al coperto. Vecchi attrezzi da lavoro
ormai abbandonati, pendono inerti dai muri. Finestre ferrate aperte nel buio di
antiche stanze dove non difficile ricreare le immagini di coloro che secoli
addietro vi hanno vissuto la loro vita grama fatta di fatica e sudore, di fame e di
freddo, di tristezza e dolore, di semplici gioie e di speranze.
E da quelle case di pietra che ancora sfidano il tempo con la
perpendicolarit dei loro muri, con la maestosit della loro altezza e la bellezza
degli architravi scolpiti possiamo ancora immaginare la lenta teoria di uomini e
armenti che salgono allarpa e che si scoprono il capo davanti alla piccola maest
costruita ai margini del sentiero.

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Jera and its stones


Jera's origins are very old just like all villages in Lunigiana. These villages
located on heights, still exhibit the remains of ancient walls and arched entries on
which it is not difficult to find sculptured coats of arms of powerful nobles or
successive dominations throughout the centuries.
No written trace of Jera's past remains, only the testimony of folk memory
and in numerous and remarkable "memories of stone" affixed on ancient walls.
The past speaks to us from the long and dark galleries ( pages 17-18) which
introduce us, from various sides, to the village centre. It speaks from the abodes
built on high walls (page 7) connected together in an uninterrupted line, the small
windows with impressive gratings, the portals ( pages 38-39) closed by solid
doors.
The visitor is astonished by the elegance of sculptured architraves ( pages
36-40-43, etc.) in the openings that face on to the main street and is surprised by a
second part of the village, almost underground, consisting of many galleries
(pages 18-19), cellars and taverns (pages 19-20-22, etc.) for cows and ather
animals, stores and rooms for tools and carriages.
But, above all, the visitor is astonished by the great quantity of iscriptions
(pages 48-56-57) which from the height of the walls recount Jera's past.
However, before descibing the history of Jera, it is important to briefly
outline that of Lunigiana.
This region, situated between Liguria and Tuscany, was historically a land
subject to invasion by the Longobards, up to 945, when Oberto I became first
count of Luni. Oberto's territories included the Appennino Ligure-TortonesePiacentino, the valleys of Trebbia and Staffora and the family seat was established
in the castle of Oramala. His son, Oberto Obizzo I, became the ancestral head of
the Malaspina family in Lunigiana.
Geographially, the river Magra divided the Malspina dominion into two
parts: on the right the "spino secco" and the left the "spino fiorito".
Jera, originally part of the feud of Treschietto, has in its coat of arms the "
spino fiorito".
The Malaspina family divided the Lunigiana into many small feuds, one
for each son, and Jera constituted, together with Corlaga, Vico and Treschietto, in
1351, a feud for the marquis Giovanni Malaspina, known as " il Berretta", son of
Niccol "il Marchesotto", marquis of Filattiera.
The history of Jera followed that of its feud for 400 years, up to the death of
the last marquis Ferdinando Malaspina in 1722.
An important chapter in the village's history is inscribed in a coats of arms
on a large and interesting portal (page 68), part of a house belongimg to the Santi

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family, which appears like a fortress. In this coat of arms there appear some
interesting symbols: a white rampant lion, three stars, an eagle with two heads, a
crest with the insignia of a captain, and Florentine fleur-de-lis.
The white rampant lion was granted by Louis IX King of France to the
marquis Corrado Malaspina, known as "l'antico", when he partecipated in the
Egyptian campaign of 1248-54, at the time of the Crusades.
The eagle with two heads was inserted in 1355 when the Malaspina family
obtained the feudal investiture of the Emperor Charles IV.
The fleur-de-lis symbol of the Florentine Republic was inserted in 1413,
when the marquis Federico "il Todesco" requested and obtained an "
accomandigia" from the Grand Duke of Tuscany.
The three stars represent (together with the moon) the symbol of Lunigiana.
The house has belonged from the very beginning to the Santi family, one of
the most powerful in the Malaspina feud of Treschietto and Captain Antonio Santi
sculptured in his own coat of arms these symbols of the three powerful factions
which governed the Lunigiana.
The village itself is located on the right bank of the river Bagnone and
exhibits high walls forming a valiant bulwark against any type of attack. The
origins of its first settlements are lost in time as well as those of its castle beyond
the river of which there remain the ruins of a great installation (pages
98-99-100-101). The village is divided in three small agglomerates: Sommval
(pages 16-17 etc.), Smarcanal d d'chi ( pages 72-73) and Smarcanal d d'l (pages
58-59; etc.). All were similar to strongholds, closed by portal's in which the
inhabitants shut themselves in during the night.
On the right bank of the river Bagnone, a water-mill (pages 90-91) ground
chestnuts produced by the community. The mills were owned by the marquis
Malaspina and the population owed him dues for grinding the precious chestnuts,
the only sustenance for a population which survived by raising stock.
In the village centre, there now exists a church (pages 30-31) dedicated to
saint Matthew Apostle, whereas, in former times, the village church was to be
found in Jera's cemetery.
Nowadays the church in the cemetery is called Saint Biagio (pages 30-31).
The history of the churches dates back to 1662, when the bishop Cherubino, in the
world Ferrante Aniceto Malaspina (1602-1667), who was first son and then uncle
of the marquis Malaspina of Treschietto, wanted to consacrate a church for his
home village. At that time, his nephew, the marquis Giovan Gasparo II Malaspina,
during his rule from 1637-1678, used to ravish every woman in his feud and in the
cemetery's church he had ordered the assassination of the father of three maidens
whom he wished to possess. History recounts that when the father, Antonio
Spaggiari, hid his daughters, the marquis' bravos captured and threw him in a
sepulchre of the church of Saint Biagio in the cemetery. When after three days, the

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Spaggiari family decided to look for him, the marquis sent his bravos to
assassinate the man, as he was still alive.
The local population wished to restore to sacredness the church fallen into
dacadence and rebuil tit in the village centre in 1665.
In the facade of this second church, above a portal, an inscription
commemorates the consecration by the bishop Cherubino (page 32).
The village also exibit the oratory of Saint Martin (pages 70-71), very old
and nowadays reduced to a ruin, placed outside the walls in front of the Santi
family's house in the path leading from the bottom of the valley to the alps.
The first known settlement on the site of Jera consisted of a tower house (
page 44) owned by the Santi family and later, enlarged, it became the seat of the
Brunelli family. On the walls of that property, placed very high up, there are
numerous remarkable inscriptions, which time is degrading, and which describe
the history of the family which lived therein.
Joseph Brunelli, rector, in 1809, in these inscriptions, recounted his life, the
names of his three sons and five daughters, the age of his wife and the death of his
father.
In one such inscription, he asks "to take care of that house and its walls,
laboriously preserved and guarded as he, not only for himself, so others, not for
themselves, rather for posterity.

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L' arpa innevata che sovrasta Jera. Era severamente punito tagkiare alberi
sull'arpa. Queste leggi hanno risparmiato da sempre il prodursi di frane nel territorio.

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Le leggi del marchesato punivano il colpevole col taglio della mano.


Era anche proibito deforestare il bosco per creare campi coltivati. Erano
privilegiati per la sopravvivenza il pascolo e il castagneto.

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Il torrente Bagnone- nasce dal monte Sillara m. 1861

18

Dal fondovalle per raggiungere Jera il sentiero costeggiava il torrente Bagnone.

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L'ultima casa del paese sulla strada che la va d dla bora.

20

Questi maestosi portali, sbarrati nei momenti di pericolo rendevano le


case di questa stradina quasi dei fortilizi.

21

Per questi vlti scendevano gli armenti alle stalle.

22

Sui corridoi a strapiombo si aprono le cantine.

23

Vicoli in discesa portavano alle stalle...

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... altri ancora ad abitazioni e cantine.

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Gli edifici di questa strada appartenevano all'antico ceppo dei Pretari; e'
curioso notare che tutti i portali dei Pretari, per tutto il paese,siano scalpellinati a
rombi.
26

Strada d la bora che portava all'antico mulino.

27

La strada carrozzabile percorre l'abitato di Jera lungo l'asse meridionale

28

del paese in quelli che anicamente dovevano essere gli orti.

29

La civilta' moderna e la moda hanno trasmormato gli orti in prati.

30

Bassi muri in pietra delimitano le proprieta'.

31

Una casa dai ruderi ricoperti dal verde.

32

Il paese sembra guardarci dall'alto dei suoi palazzi.

33

Il sentiero da fondovalle raggiunge Sgropal l'ingresso sud del


paese

34

Una delle gallerie del borgo.

35

Quasi tutto il borgo era percorso da gallerie.

36

Dal vicolo per un vlto si scende verso i sotterranei e le stalle.

37

Uno degli ingressi a est del paese.

38

Uno stretto passaggio unisce due vicoli nel borgo. Qui ritroviamo le antiche
case dei Duchi, dei Baldi, dei Restori e dei Vicini.
39

Salendo dal fondovalle e


possibile entrare nel paese da
diversi ingressi; alcuni piu
agevoli per il transito dei carri,
altri molto piu ripidi e a gradini
per il passaggio degli uomini.
Sicuramente gli ingressi erano
sbarrati da portali dei quali solo
alcuni cardini murati nella pietra
sono arrivati sino a noi.
Percorrendo questi vicoli coperti
da ampie volte incontriamo
discese e sotterranei che
portavano a stalle e cantine e
dovevano servire da ricovero, in
tempi duri e difficili, agli armenti
e agli animali da lavoro. Ampi
spazi coperti erano destinati al
riparo di raccolti, legna da ardere
e carri.

40

Uscita dalla Cordlana a nord per larpa.

41

Resti di una galleria che sovrastava la Cordlana sulluscita del paese


verso il mulino. La Cordlana era la strada principale del paese e il nome
sussiste ancora.

42

Ca Brunelli ntla Cordlana. Da notare larco di contrasto che, se


autorizzato, era costruito da colui che temeva per la stabilit del proprio edificio
ma la propriet e luso passavano alledificio di fronte.

43

Portale di ca Brunelli ntla Cordlana.

44

Ca Brunelli: il vlto sottostante laia era utilizzato per il ricovero dei


carri e degli attrezzi. Da notare lantica copertura a piagne del tetto. Questa
copertura era comune a tutte le case del paese e tuttoggi ancora in uso.

45

Poderoso arco sulla Cordlana. La terrazza soprastante era collegata, a


monte, alla ca del Molinar e serviva a riparare attrezzi e depositi di provviste.

46

Portale dingresso a ca di Belli n tl borg.

47

Chiesa di S.Matteo Apostolo n tl borg.

48

Chiesa di S.Matteo Apostolo: timpano, campanile e particolare del portale.

49

O
M
LABENTEM POPULUS INSTAURAVIT 1662
INSTAURATAM [ PRESS SPEN M ] IN PAROCH
EREXIT 1665
ERECTA CHER MALAS CONSACRAVIT
CONSACRATAE POP HAC PORTA
DECORAVIT 1674

Liscrizione documenta che il popolo volle riportare alla sacralit la


chiesa che nel 1662 stava rovinando, rinfrancata in parrocchia nel 1665
con la consacrazione dal Vescovo Cherubino Malaspina. Nel 1764 venne
collocato lattuale portale.

50

Questa pietra con il graffito murata ad altezza duomo sul lato


nord, quasi sullangolo, del fabbricato della Chiesa di S. Matteo n tl
borg al centro del paese. Vi si legge: IL DI 8 di MAGIO 1627 ed
credenza popolare che si riferisca alla data di costruzione della chiesa.
Ci non e possibile poich nel portale dingresso della chiesa stessa,
unepigrafe riporta chiaramente la data di costruzione, il nome del
Vescovo Cherubino Malaspina che la consacr e la volont del popolo
che la volle erigere in parrocchia in sostituzione di quella, ora dedicata
a S . Biagio posta nel cimitero del paese. Il Vescovo Cherubino, al
secolo Ferrante Aniceto Malaspina (1602 -1667), era figlio del
Marchese Giovan Gaspero Malaspina e zio del famigerato Marchese
Giovan Gaspero Felice II Malaspi na. Questultimo ebbe grande
notoriet per le sue efferatezze, una delle quali port alla rovina la
chiesa di S. Matteo Abate inizialmente fatta erigere nelle campagne di
Jera dallo zio vescovo Cherubino e in seguito qua ricostruita.

51

Interno della Chiesa di S. Matteo ntl borg.

52

Nellanno 2001 la comunit di Jera si


adoper con grande impegno per restaurare la
Chiesa parrocchiale e riportarla al suo antico
splendore.

53

Ca di Baldi n tl borg.

54

Ca di Baldi n tl borg. Particolare del portale e dellarchitrave


della finestra. I proprietari della casa ne hanno fatto dono alla comunit
di Jera che la utilizza a scopi sociali e ricreativi.

55

Portale di c di Duchi n tl borg.

56

Altro portale di c di Duchi.

57

Ca Pretari n tl borg.

58

Ca Pretari ntl borg; con


tutta probabilit questa doveva
essere luscita secondaria della
casa ntla fontana.( oppure la
stalla) Limmagine di S. Antonio
sul portale del borgo era
anticamente murato su questaltro
ingresso.
Curiosamente anche nel
borgo portali e architravi dei
Pretari sono scalpellinati a rombi .

59

Ca di Berni.

60

Ca di Berni: situata lungo un percorso che si allaccia al borgo, questa


casa si presenta con un importante portale sormontato da uno stemma con
protome
dangelo e un insolito pesce. Insolito nellaraldica ma ben
conosciuto nella simbologia cristiana. Porta la data del 1750 incisa sullarco e
un graffito con le lettere B T R e due E E rovesciate. Sotto lo stemma un
protome di demone cornuto dalla bocca feroce a guardia della casa. Della
famiglia si ricorda il Notaro Giovanni Berni da Canale dOrturano (1635) per
un Atto di costituzione di censo e successivamente il Notaro Maria-Antonio
Berni(1662) per un Atto di pagamento di censo.
In questa casa, con lavvento della Unita dItalia e listituzione della
scuola pubblica, venne aperta una pluriclasse che riuniva ragazzi anche del
circondario.

61

Ca Brunelli; la memoria popolare la definisce la pi antica di Jera.

62

Ca Brunelli come appare ancor oggi in tutta la sua maestosit di


casa torre. Si noti il basamento a scarpa e le ampie arcate che dovevano
servire per il passaggio alle stalle degli animali da soma e da lavoro nonch
i depositi degli attrezzi e dei magazzini della casa. Certamente era
possibile un collegamento interno tra le cantine e il terzo piano poich
notorio che il palazzo era circondato sul fronte principale da un fossato
coperto solo in epoca recente. Osservando la struttura evidente che alla
primigenia costruzione di carattere altomedioevale, ne sono state aggiunte
almeno due e a giudicare dalla cornice del tetto e dei decori agli architravi
delle finestre, di possibile epoca rinascimentale. Il tetto appare ancora
coperto da piagne e sostegni metallici per torce sono ancora murati sul
prospetto nord. Durante lultimo ampliamento stato aperto un elegante
portale che riproduce nellarme un delicato leone rampante, le tre stelle di
Lunigiana e due gigli fiorentini. Un protome dangelo sovrasta lo stemma
ingentilito da fiori e nappe con ai lati riportata la data del 1788. Attraverso
questo portale non si accede allabitazione bens, per una frabetga, si
arriva al terzo piano dietro la casa dal lato verso i campi. Due ampie aie,
una solatia e laltra coperta da un pergolato, si aprono davanti allingresso
dellabitazione. Sempre sulle aie troviamo un gradile per il seccatoio delle
castagne e una curiosa stanza, dal soffitto con grossi travi coperti ancora
dalle piagne che apre due bellissime finestre verso il centro del paese e a
fianco delle quali, Joseph Brunelli, ha voluto lasciare delle epigrafi con le
sue ultime volont.

63

Casa Brunelli -

64

I vecchi del paese ripetono che casa Brunelli sia stata la prima casa
costruita a Jera. Si dice inoltre che Jera sia stata fondata da una donna chiamata
Irene che proveniva da Virgoletta.
La strada che vediamo scorrere lungo la casa non c'era sino a qualche
tempo fa, si ricorda invece che la casa era delimitata da un corso d'acqua.
A fianco delle due aie ( in alto a sinistra della foto), la casa si apriva su bei
campi seminati e vignati. Era la propriet pi ricca e meglio esposta del paese.
L'ultimo piano era adibito ad abitazione, quello intermedio, raggiungibile
anche da una breve scala aggiunta dopo che il fosso era stato ricoperto, costituiva
i magazzini della casa; la porta in vista al piano terreno era usato ultimamente
come stalla.

65

Da notare l'epigrafe murata e i fori sotto il tetto per i colombai.

66

I ferri ai lalle finestre per appoggiare i legni sui quali stendere i panni.

67

Le epigrafi sono collocate irregolarmente su due facciate della casa.

68

A sinistra dell'ingresso resti di intonaco affrescato

69

Portale di ca Brunelli.

70

Portale di ca Brunelli e particolare dello stemma: un protome dangelo


sovrasta un leone rampante con ai lati le tre stelle simbolo di Lunigiana e due
gigli fiorentini.
Unincisione ai lati del fregio porta la data del 1788.

71

Le due epigrafi collocate sulla prima parte delledificio.

72

FAELIX MEA DOMUS MODICO ASSUETA JUVE~TUS


PANEM [
] FERCULA~ BLANDA SIBI
QUOD [
]
IN CIELO AETERNAS TOT CUMULABIS OPES
[PHLSTAE LLETITUDO] EST QUOD NO [
]
ILLA EST QUAE MUROS VERTIT ET ILLA DOMOS
JOSEPH BRUNELLI RECTOR EDIFICANDO~ O~ POSTERI
AN MDCCCIX

POSTERI SISTITE LOCO


HAEDES HAS ET MAENIA
LABORIOSE CONSERVATAS
SUSTINETE EGOMET NO~
MIHI SIC VOS NON VOBIS
[AD OMNES] CALAMIT~ MDCCCIX

73

Prospetto nord di
ca Brunelli e portale
dingresso.
Si noti la strada a
frabetga all'interno del
portone, che reca al terzo
piano della casa.
Sul prospetto nord
vi sono state incastonate
quattro
pietre,
con
iscrizioni diverse dalle
due collocate nella prima
parte delledificio che
appaiono di epoca pi
recente.

74

Strada a frabetga che dal portale arriva alle aie davanti allabitazione.

75

Ca Brunelli: una delle aie al terzo piano.

76

Angiolina Borcalli nella


loggia della sua casa

Angiolina Borcalli non era nata a Jera ma a Treschietto nel maggio del 1916.
Crebbe bella e gentile; aveva lunghi capelli neri e occhi di un azzurro incredibile.
Divenuta adulta sposo' Azeglio Ricchetti che aveva tre anni pi di lei e con lui and a
vivere a Jera in casa Brunelli.
Nella casa delle epigrafi trascorse tutta la vita; lavor nei campi a zappare e
seminare, accud gli animali nella stalla e nell'aia, cosse il pane e le focaccine nel
grande forno della vecchia casa, essic nellaia scoperta il grano, il granturco,i legumi
e la frutta per l'inverno e stese i panni alle finestre tra le epigrafi.
Durante le ore pi calde dell'estate sost all'ombra della vigna sull'aia coperta
dalle frasche assieme al suo Azeglio.
Angiolina, cos veniva chiamata, ma il suo nome era Isolina, non conobbe mai
la gioia della maternit. Soleva dire che il Signore cos aveva voluto e si era
rassegnata. Col trascorrere degli anni, quasi settanta, il suo Azeglio divenne
gravemente invalido; giaceva in una sedia a sdraio senza potersi alzare e Angiolina,
pur essendo divenuta molto vecchia e con poca forza riusc da sola ad accudirlo sino
alla morte.
L'autricebbe il piacere di conoscerla sul finire dell'estate del 2002 quando
circondata dalle sue memorie e da una dignitosa riservatezza Angiolina le consent di
fotografare la sua casa e le epigrafi delle quali non ebbe mai consapevolezza.

77

Il tetto sconnesso della casa.

78

Forno della cucina di ca Brunelli. I fuochi che costituivano il


feudo di Treschietto nel 1717 erano 145 di cui: Treschietto 45, Jera
45 e Vico 55.

79

Questi ampi vlti sotto


la
prima
parte
della
costruzione di ca Brunelli
testimoniano
larchitettura
altomedioevale di questo
bellissimo palazzo fortificato
arrivato inalterato sino a noi.
Queste altissime volte
coprono grandi ambienti
internamente collegati tra loro
su diversi livelli a seconda
della
loro
utilizzazione.
Cantine, granai, fienili, stalle,
ovili. Rimesse al coperto per
legna, carri e attrezzi agricoli.

80

Fondamenta di ca Brunelli. I vlti sotto le aie.

81

82

Il piano intermedio di Ca' Brunelli.


Ampi volti aperti verso il paese e comunicanti fra di loro a diversi livelli.
Ampi locali raggiungibili e chiusi tra loro da solide aperture costituivano
uno snodarsi di ambienti, un tempo magazzini e cantine, appartenuti a una grande
e ricca famiglia.

83

Due delle epigrafi, appena leggibili, di ca Brunelli.

84

Altre due epigrafi poco leggibili;.L'ultima e'stata distrutta dai soliti vandali.
Ecco giustificato il motivo per cui Joseph Brunelli pose le altre cosi' in alto.

85

Difficile parlare di questo complesso


maestoso, dallaspetto di una rocca, che si
erge sulla sommit della collina, senza poter
consultare documentazione alcuna. Il
complesso stato chiamato da sempre
smarcanalddla perch sorge sul lato destro
di un canale che separa labitato di Jera in due
parti. Ad un attento osservatore non pu
sfuggire la geometria quadrilatera degli
edifici che lo rendono simile ad un castello.
Queste case allacciate tra loro con una muraglia unica, avevano tre ingressi
difesi da portali; uno al sommo di un ripido sentiero, un altro dotato di una profonda
galleria utilizzato per luscita nei campi ed un terzo davanti a ca di Santi, ahim
scomparso, per lingresso alla rocca dei carri che entravano passando davanti
allOratorio di S.Martino sul sentiero che dal fondovalle portava allarpa. Il
complesso, allinterno delle mura, era percorso da uno stretto vicolo sul quale si
affacciano tuttora belle finestre dalle architetture in pietra scolpita ai piani superiori
e strette finestre inferriate al pianterreno. Snelli portali dai quarai ancora intatti si
aprono sul piccolissimo borgo di fianco alle porte delle stalle dalle mangiatoie
coperte di ragnatele. Gli archi di contrasto allacciano tra loro le abitazion; alcuni
molto ampi erano delle vere e proprie terrazze che sostituivano spesso le aie. Queste
bellissime costruzioni sono totalmente in abbandono; attraverso i portali socchiusi o
le finestre spalancate contro il cielo possibile vedere le belle travi coperte dalle
piagne mentre sui muri esterni delle case trionfano curignoi e rampicanti.
Belle scale dai gradini di pietra scolpita portano ai primi piani dove, davanti ad
un ingresso possibile sostare sotto una veranda o un porticato. A capo di un
ingresso, vi era ledificio pi importante: ca di Santi. Di questa casa si sa che
apparteneva ad una delle pi importanti e potenti famiglie del feudo allepoca
malaspiniana e imperiale. Uno stemma con le insegne di capitano, laquila bicipite
imperiale austriaca e i gigli fiorentini incorniciano unarme con rostri e stelle stretta
da due leoni rampanti. Addolora sapere che le travi intagliate dei soffitti e il portone
autentico, scolpito, sul quale troneggiava lo stemma di famiglia circondato da gigli e
da una corda sempre in legno, era arrivato integro fino ai giorni nostri e
malauguratamente bruciati, pochi anni addietro, col rifacimento della casa che da
sempre rimasta propriet della famiglia Santi.

86

Uno degli ingressi di Smarcanal ddl.

87

Questa costruzione,
quasi del tutto distrutta, si
erge a sud con una terrazza
esposta ad una delle pi
incantevoli vedute di tutta la
valle. E tuttora affiancata
da una delle tre uscite della
rocca, una galleria profonda
nella quale si aprivano le
stalle, le cantine e il ricovero
degli attrezzi agricoli.
Una poderosa vigna
tenta ancora di arrivare alla
terrazza dove sicuramente in
altri tempi arrivava a coprire
un pergolato.

88

Il passaggio pedonale, per sicurezza, non passava allaperto attorno


alla casa bens sotto queste arcate.

89

Ancora un ampio vlto coperto e un portale di accesso a


magazzini e cantine.

90

Archi di contrasto che, per mancanza di spazio a terra,


venivano utilizzati come terrazze e aie.

91

Il vicolo traversava il paese passando sotto gli archi e le


piccole aie.

92

Piccola veranda davanti ad una soglia.

93

Portoni sbarrati ed erbe infestanti invadono il vicolo.

94

Luscita a est di Smarcanal ddla.

95

Portale di ca di Santi. Da notare le insegne di Capitano, laquila


bicipite imperiale austriaca, i gigli della Repubblica di Firenze, le stelle di
Lunigiana.

96

Della famiglia Santi ci riferisce Eugenio Branchi nel terzo volume


di La Lunigiana Feudale nel feudo di Treschietta, il dottor Felice
Finali coi suoi aderenti, fra i quali primeggiava il Capitano Antonio
Santi di Jera, altra potente famiglia del feudo...
...Non appena questi Editti furono in Treschietto pubblicati, che,
capi il Finali e il Santi, si eccitarono i Consoli delle tre Comunit e il
popol stesso a ricusar obbedienza...
...E tutte le principali famiglie del feudo vi si leggevano
compromesse, i nomi degli inquisiti ( perch il processo si port fino
allinquisizione) essendo stati i seguenti: G.Maria Orsi di Vico e Pietro
Gabrielli-Santi di Jera, Consoli, G.Battista Corbellari,
Jacopo-Antonio Fornesi-Franchi, Pietro-Giovanni Malatesta,
Stefano Masini-Franchi e Michele Masini tutti di Treschietto, Jacopo
Pini, Francesco Sarti, Carlo Sarti, Capitano Giuseppe Bianchi,
Giovanni Simonetti, Sante Dosi di Vico, Giovanni Pretari, Giovanni
Zampini, Domenico Martini e Antonio Zecchini di Jera, infine, il
Dottor Felice Finali di Treschietto e il Capitano Jacopo-Antonio Santi
di Jera, che, come capi del subbuglio e primi eccitatori di esso erano
riguardati.

97

Davanti a c di Santi un sentiero raggiungeva loratorio di S. Martino.

Restano in piedi tre muri perimetrali; il lato sud,


infragilito dalle aperture dellingresso e forsanche dalle
finestrelle, crollato.
98

Oratorio di S. Martino: la parte di muro che d sul vecchio


cimitero si conservata meglio delle altre.

99

Lingresso di Smarcanal ddchi. Qui ritroviamo ancora le


antiche case dei Franchi, dei Vicini e degli Aguzzi.

100

Smarcanal ddchi: il lungo vlto che introduce al vicolo di mezzo.

101

Smarcanal ddchi: un portale del borgo; da notare laspetto di


fortezza resa dagli architravi.

102

Smarcanal ddchi: non ci sono notizie della famiglia che fece scolpire
il monogramma P. I. A. M. nel giglio nellanno 17[ ]7. Lo stesso
monogramma P. I. A. M. -FECIT stato scolpito sullarchitrave del portale.

103

Smarcanal dd chi: questo vlto scende verso il vicolo in basso. Da


notare che tutto questo agglomerato di case, posto in alto sulla collina,
attraversato in ogni direzione da queste ampie gallerie che ne consentono la
percorribilit al di sotto delle abitazioni.

104

Smarcanal ddchi: scala per larpa.

105

Smarcanal ddchi: questa scala, oggi rifatta, consente a chi percorre la via
per larpa di attraversare il paese passando sotto le case.

106

Smarcanal ddchi: una delle piccole feritoie che si aprono sotto queste
lunghe gallerie.
In questi vicoli sotto le case non troviamo porte che consentano di penetrare
negli edifici e tantomeno ingressi di stalle o cantine.
Si potrebbe pensare che queste costruzioni, cos difficili da realizzare in
relazione ai mezzi di cui si disponeva allepoca, fossero volutamente costruite in
modo che le abitazioni rimanessero collegate al di sopra delle vie di transito per
una maggior difesa da scorrerie e assalti; al tempo stesso, il passare da una casa
allaltra al di sopra del vicolo rappresentava una pi veloce via di scampo per la
fuga.
Certamente osservando queste stupefacenti creazioni di pietra non possiamo
non sentire un sentimento di stima e rispetto per coloro che vi hanno lavorato da
sole a sole con fatica e umilt, posando pietra su pietra con maestria e impegno.

107

Smarcanal ddchi: c di Franchi, lultima verso larpa.

108

Smarcanal dd chi: discesa dallarpa verso valle.

109

Smarcanal dd chi: le gallerie talvolta si biforcavano in veri e


propri labirinti coperti.

110

Uscita a est da Smarcanal dd chi.

111

Chiesa di S. Biagio.

112

Per parlare dellattuale chiesa di S.Biagio nel camposanto di Jera sar necessario
fare una piccola premessa ricordando il domenicano Fra Cherubino al secolo Ferranre
Aniceto Malaspina figlio del Marchese Giovan Gasparo I (1573-1604).
Ferrante Aniceto era nato in Treschietto nel 1602; mostr fino da fanciullo
ottimi costumi ed ingegno, laonde fu dalla madre mandato a Firenze posto nel
convento dei Domenicani di S. Maria Novella, ove si applico con indefesso amore
allo studio, divenuto dottissimo ,fattosiSacerdote e Professo, avendo unito al sapere
lesemplarit della vita, fu in quel Chiosco Dottore Teologo, Priore e poi
Provinciale, ed in Roma Vicario dellOrdine, finch venne dal Granduca
Ferdinando II di Toscana nel 1655 fatto promuovere alla Cattedra Vescovile di S.
Sepolcro nellUmbria, onde pel suo candore e prudenza amato e compianto dai suoi
diocesani mor nel 1667.
...Fu sempre memore della sua famiglia e del suo paese, compose e concili
molti interessi e discordie fra i suoi congiunti, biasim altamente le scelleraggini
della sua casa e specialmente quelle commesse dal fratello Pompeo e dal nipote
Giovan Gasparo II.
Promosse questo Vescovo nelle sue terre natali la religione, sicch nel 1655
col consenso dellOrdinario di Sarzana vi consacr due Chiese dei Santi Rocco e
Giovan Battista nella Villa di Finale, e di S. Matteo Apostolo nelle campagne di Jera,
oggi di S. Biagio.
Don inoltre le relquie di S. Demetria vergine e martire che furono collocate
nella Chiesa di Finale.
Per parlare di una delle scelleraggini attribuite al Marchese Giovan Gasparo II,
riporter alcune notizie storiche e lepisodio che indusse (probabilmente) il popolo, ad
abbandonare la chiesa di S. Matteo, voluta nel 1662 dal Vescovo Cherubino nel
cimitero di Jera e a riconsacrata poi, con lo stesso nome, dallo stesso nel 1665 ntl
borg.

113

Il fosco castello del marchese Giovan Gasparo II.

114

Il Marchese Giovan Gasparo II ebbe la prima investitura del feudo di


Treschietto il 14 luglio 1637 da Ferdinando II e laltra dallImperatore Leopoldo I
il 11 giugno 1660. Questo marchese fu recalcitrante ad ogni istruzione onde poco
e mal seppe scrivere; la sua vita fu un complesso di scelleraggini, fu irreligioso in
modo che, come consta dai libri parrocchiali, non rese la Pasqua che sole cinque
volte, che fu immorale e nefario, essendosi reso debitore di stupri, omicidi, rapine

115

ed
estorsioni.
Si narra di
lui
che
essendo in
Parma ten
lo scasso di
un
sacro
ritiro
di
vergini a
fine
di
avere alle
sue voglie
una
novizia,
per cui fu
condannato
nel bando:
che
fece
balli
angelici nel
suo castel
di
Treschietto
obbligando
le donne tra
le
piu
pudiche ad
intervenirv
i; e che
relativame
nte a tre
giovanette
bellissime essendosi opposto il padre, certo Pietrino di Antonio Malatesta da
Palestro, onesto legnajolo appellato Seggiari cui per le donne era stato mandato
linvito, ebbe la casa visitata dagli sgherri di lui, e, trovate le vittime, involate al
suo libidinoso furore, tanto si sdegn che, fatto arrestare il misero genitore, lo fece
cacciar vivo in una sepoltura nella Cappella di S. Biagio nelle campagne di Jera,
ove sti vivo due giorni, il secondo dei quali il tiranno mand ad ucciderlo. Ma si
era sparsa la voce che lo sparito Pietrino potesse trovarsi overa di fatto perch
alcuni pastori, che da una contigua selva passavano, avevano udito voci
sotterranee presso la chiesa, e niuna novella nei paesi convicini si era saputa di lui;

116

per cui i congiunti e specilamente il fratello del misero avevan fatto risoluzione di
recarsi sul luogo per verificare il sospetto:scoperse il Marchese il progetto, ed
ordin ai suoi sgherri che nella prossima notte prevenissero la visita dei parenti;
laonde si recarono eglino al luogo del supplizio, e fatto credere allinfelice di
volergli salvare la vita, calatagli una pertica si il fecero salire fino a mezza vita
alla bocca della sepoltura, che ghermitolo e forte tenuto da due per le braccia, altri
col coperchio stesso dellavello il cranio miseramente gli schiacciarono e gi
dentro il fecero cadere cadavere. Questo ed altro fu detto di lui... Questo mostro
mor in Bagnone il 22 settewmbre 1678 alleta di 62 anni.
Dal ritratto di un cronista del tempo e delle sue scelleratezze danno
conferma i documenti e nella tradizione popolare tuttora esistente in
Treschietto, la quali ai balli lubrici da lui ordinati e compiuti aggiunge, che
nella sala ove questi si davano esistevano pitture analoghe, ed un camino
scolpito in pietra il cui architrave era sostenuto da due ninfe e da satiri nudi, ed
ornato da altri corrispondenti fregi, che ancora esiste in Bagnone, ne fa
autentica fede.
Le parti evidenziate in corsivo sono state riportate testualmente da Storia
Della Lunigiana Feudale di Eugenio Branchi.

Parte absidale della chiesa di San Biagio nel cimitero di Jera.

117

Alcune antiche sepolture della famiglia Brunelli.

118

Lapidi, simili a fiori di marmo, dove il tempo si affanna a


cancellare i nomi e la memoria.

119

Tranquillo e la di lui sposa Giacinta...

120

e lAngelo della Resurrezione che veglia su tutti...

121

Lantico mulino di Jera sul Bagnone.

122

Il mulino di Jera con la sua macina in pietra tuttora funzionante.


I mulini del feudo di Treschietto erano tre, ma uno solo era
esclusivamente di Jera.
Il mulino era usato dalla popolazione di Jera ma di propriet del
Marchese Malaspina come riferito nei cenni storici dellintroduzione.
Le castagne erano un bene inestimabile per la sopravvivenza della
popolazione locale che doveva contenere i terreni coltivabili a cereali,
ortaggi e pascoli per la conservazione dei castagneti. Per sfamare gli armenti
era necessario chiedere al Marchese il permesso di usare i terreni sullarpa.
Al tempo del feudo era stato voluto dal Marchese Giovan Gasparo
Malaspina (1692) un istituto di beneficenza chiamato Monte della
Monizione: questo era un deposito in cui si mettevano le castagne raccolte
nei beni comunali per le spese della comunit e la rimanenza era distribuita
alle famiglie bisognose che avevano il dovere di restruirle nei termini con
laggiunta di una quaretta per secchia.

123

Uno dei mulini ancora funzionanti a macine di pietra. In primo piano


una secchia che riempita a grano pesava 75 libbre toscane, e a farina dolce 50;
la quaretta era lottava parte della secchia.

124

La parte del mulino alla quale veniva indirizzata la corrente del fiume.
Le pale, spinte dalla corrente, azionavano lasse che faceva rotare le macine.

125

La macchina da pistar la castagna, la pala, la vassora e sul pavimento il


lucher.

126

sopra: val con i persghi

sottoLarad.

127

La cavagnada veniva usata dai contadini per trasportare erba, fieno e


frasche.

128

San Rocco:sui muri e lungo i sentieri di Lunigiana troviamo sempre


piccole maesta e oratori dedicati a questo santo.

129

Il sentiero che scende verso il torrente Bagnone.

130

Il monte oltre il Bagnone. E' stato necessario perlustrare il monte in un periodo


invernale per meglio scoprire, tra gli alberi scheletrici e senza foglie, lediverse epoche
in cui l'uomo lo abito'.

131

Un massiccio edificio si distingue tra gli alberi.

132

A meta' costa, sfiorato da una palificazione elettrica, possiamo intravvedere i


resti maestosi di una costruzione che durante l'estate rimane nascosta dal fogliame.
Cerchiamo di raggiungerla attraversando il torrente e cercando di risalire il
ripido pendio. Sorprendentemente ncontriamo diversi tipi di costruzioni che ci
fanno capire come, nei diversi secoli che ci hanno preceduto, il monte sia stato
abitato in modo diverso da molteplici popolazioni.
Appena attraversato il torrente incontriamo resti di costruzioni appena
distinguibili dal resto della vegetazione. Altri ricoperti da rampicanti si
confondono con le rocce circostanti. Subito dopo una costruzione semidiroccata
dove riconosciasmo i resti di un mulino alimentato ad acqua condotta da gore non
piu' visibili e lunghi cunicoli costruiti con pietreper condurre l'acqua alla pale.
Cercando un percorso per risalire il monte troviamo i resti di una vecchia
frabetga che percorre la base del monte ma non porta in alto.
Tentando di risalire tra grossi castagni abbattuti dal tempo, strati di foglie e
sterpi intravvediamo resti di costruzioni seminascoste dai rovi sparse tutt'attorno
nel castagneto. Sono muri di pietre di dimensioni diverse unite a malta forse
appartenenti ai secoli scorsi.
Improvvisamente dal terreno appaiono camminamenti di pietre stondate di
fiume, antiche trincee difese da muri delle stesse pietre ricoperte dascuri muschi.

133

Un vecchio muro costeggia il sentiero che conduce al torrente.

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Un ponte di legno, mai piu' usato e forse inagibile, scavalca il fiume.

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Resti di una costruzione ricoperta dai rovi.

136

La costruzione si confonde con le rocce.

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Pietre e rovi si mescolano tra di loro.

138

I resti di un mulino...

139

... e le sue condotte sotterranee.

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Le condotte erano sostenute da


colonne costruite con pietre
sovrapposte.

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Resti di una costruzione sopra le gore.

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Fantasmi nel bosco.

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La natura fagocita il lavoro dell'uomo.

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Edere e rovi attaccano le costruzioni.

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Improvvisamente nel terreno senza piu' rovi compaiono grosse pietre di fiume,
ricoperte dal muschio, che delimitano un percorso.

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148

Questi percorsi, chiaramente trincee, circondavano un perimetro che


comprendeva buona parte del monte. All'interno di questo perimetro ritroviamo
diverse fondamenta di piccoli edifici ,Sulla sommita' del monte e a meta' del pendio
ma sempre all'interno del perimetro della trincea, troviamo i resti di due grandi edifici
costruiti con mura possenti; quello in alto senza ingressi al piano terreno ( forse una
casa torre?) e quello in basso che conserva, aperto su un piccolo piazzale quasi a
perpendicolo del monte, un bel portale d'ingresso costituito da un arco a tutto sesto.
All'interno il portale mostra i fori per le travi di sbarramento.

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Fondamenta in pietre semplicemente sobrapposte.

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Costruzioni in pietra lungo le trincee.

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Solo foglie e muschio sulle pietre di queste costruzioni,

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All'interno di un grande semicerchio di pietre ne troviamo uno piu' piccolo per


il fuoco. Le pietre del focolare, un tempo sicuramente annerite sono state ripulite
dalla pioggia e dal tempo.

Si notino l e pietre piu' grandi per il sedile di chi accudiva il fuoco.

153

Quando dal fondovalle si attraversa il fiume immediatamente ci appaiono


gli sbarramenti di pietra costruiti chisss quando e da chi..
Alla base del monte sono state costruite delle trincee semicircolari al di
fuori del perimetro castellano.
Non dobbiamo dimenticare che nei secoli passati i sentieri risalivano il
fondovalle, quindi gli sbarramenti difensivi erano costruiti a valle e ai guadi.

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Trincee semicircolari e parallele disposte su tutto il pendio sotto il recinto


castellano.

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Le trincee erano situate a poca distanza tra loto.

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Non e' facile immaginare l'ampiezza e l'altezza ( il muro esistente supera i


due metri) di questa trincea che nei secoli si e' riempita di foglie, legni e terra.
Osservando attentamente possiamo vedere al centro della fotografia il foro scuro,
riquadrato da pietre scheggiate all'interno, che era stato costruito apposta per
nscondere i difensori e consentire loro di avvistare il nemico senza essere visti o
colpiti.
A questo punto il pendio diventa troppo difficile da risalire per cui sembra
preeribile discendere dall'alto del monte dove la civilta' attuale ci consente di
arrivare con l'automobile.

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Scendendo un ripidissimo sentiero raggiumgiamo il castello.

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Rimangono le rovine di due lati dell'edificio.

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Un tappeto di foglie ricopre le fondamenta. Si intravvede un podtale.

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All'interno sono cresciuti alberi e rovi. L'edificio aveva finestre al primo


piano.

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Un arco a tutto sesto per ingresso. Non vi sono gangheri per sorreggere un
portale, solo fori per la trave di sbarramento.

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Un piccolo sedile di pietra a sx del portale. Il piazzale antistante il portale


e'piccolo e quasi a perpendicolo sul vuoto.

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Il castello era quasi sprovvisto di finestre; avrebbe potuto appaire quasi una
torre se non si vedessero chiaramente le pietre nella foto a destra che testimoniano
una piu' grande dimensione dell'edificio.
164

Questo e' il lato sud del castello. Non possiamo stabilire quale fosse stata la
copertura e l'epoca in cui fu costruito. Certamente premalaspiniano nessuno ne ha
rintracciato l'origine.
165

Questo e' invece l'edificio costruito dentro il perimetro sulla sommita' del
monte. Un edificio a pianta quadrata, dagli spigoli netti, senza finestre al
pianterreno.Forse una casa torre come tante altre distribuite sul territorio di
Lunigiana.
166

La casa torre sulla sommita'. Il foro scuro non e' un portale ma una delle
tante distruzioni di cui e' stata fatta segno negli anni,

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Resti della torre quadrangolare e il foro praticato dai devastatori.

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Lantica fortificazione che copre quasi tutto il monte, per quasi tutto
l'anno e' nascosta dalla vegetazione.

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Queste rovine vengono comunemente chiamate il castello di Jera.

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I castagni, crescendo,
fagocitano le pietre di questi
antichi ruderi. La natura prende
il
sopravvento
sull'opera
dell'uomo, la copre e la distrugge
inserendosi tra i muri di pietra
demolendoli.
Nessuna notizia storica i
pervenuta
su
questa
fortificazione che si estende
lungo Iutta la collina.
In basso, per un piccolo
ponte romano che scavalca il
Bagnone, un' antica frabetga,
praticata fino a qualche tempo
addietro, aggirava la base del
monte per arrivare a Cmpione.
Nessuno si curo' maidei
ruderi e della loro storia.

171

Lantico ponte in pietra che scavalca il torrente Bagnone.

172

Questo ponte con la strada a frabetga collegava anticamenti due territori


confinanti: il Marchesato di Treschietto e i territori del Granducato di Toscana. In
tempi pi recenti era il sentiero che da Jera raggiungeva Compione.

173

Il ponte sul Bagnone.

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In questo punto il torrente Bagnone forma un ampio bozo dove le acque


correnti e profonde consentivano limmersione di innumerevoli tronchi dalbero a
stagionare.
In alto, sulla sponda sinistra del torrente si trovano ancora i resti di una
imponente costruzione che ancoroggi viene chiamata fabbrica, dove veniva
lavorato il legname.

175

NOTE DELLAUTRICE
Le notizie sulle propriet e i soprannomi delle
antiche strade del borgo di Jera, nonch la rievocazione
di memorie popolari, sono state riferite da Quinto
Pretari e Ivana Pretari, entrambi appartenenti ad una
delle pi antiche famiglie del luogo. Le notizie riferite
da Quinto fanno riferimento alla sua infanzia quando,
da un antico libro mancante della copertina e molto mal
ridotto, un vecchio prete gli leggeva episodi che
riguardavano il paese.
Impossibile ritrovare quel libro andato perduto e
stabilire se fosse stato una stampa o un manoscritto.
Per gli episodi riferiti e riportati fedelmente in corsivo e grassetto, lautrice
si valsa dei volumi di Eugenio Branchi Storia Della Lunigiana Feudale, unica
e poderosa opera che dovette costare molto tempo e impegno allautore. Ogni
notizia viene da lui corredata dai testi ufficiali e dai luoghi in cui la reper e che
sommariamente viene riportata:
Memorie della famiglia Finali di Treschietto ms esistente presso il sig.
Dott. Lorenzo Cortesini di Bagnone;
Repertorio del prete Francesco Finali di Treschietto, e Scrittura a stampa
senza data concernente la discendenza dei marchesi Malaspina di Filattiera,
esistenti presso la famiglia Franchi di Treschietto;
Finali: Memorie istoriche della famiglia Malaspina di Treschietto ms
esistente presso la famiglia Finali di Treschietto;
Albero genealogico della famiglia Malaspina di Treschietto redatto
dallabate Giuseppe Antonetti di Tavarnelle esistente presso la famiglia Noceti di
Bagnone;
Repertorio o Zibaldone del Prete Francesco Finali di Treschietto. Opera
reperibile a livello antiquario;
Editti e lettere dellAuditor Boulanger e del Conte Naj di Richecourt
concernenti limperial feudo di Treschietto in originale tutti esistenti presso il
Dottor Francesco Raffaelli di Bagnone;
Dichiarazione di rinuncia del Marchese di Richecourt esistente presso i
fratelli sigg. Bianchi di Vico;
Fede di nascita del conte Stefano Noceti di Bagnone nel di 6 Marzo 1697
esistente tra gli Spogli del Conte Chiodini che si conservano presso il sig .Gerali
Pellegrino di Scorcetoli;
Documenti vari su Treschietto esistenti presso il sig.Eleonoro Uggeri di
Pontremoli;
Archivio Mediceo, Affari di Lunigiana;
Archivio Centrale di stato di Firenze;

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Statuti editi in Parma nel 1586 esistenti nellarchivio Comunale di


Treschietto;
Testamenti ed atti rogati dai Notari Ser Daniele Castellini e Ser Bagnone
Raffaelli (1601), esistenti nel Codice diplomatico della Lunigiana di Emanuele
Gerini.
In quanto al lavoro fotografico da premettere che lautrice, per la passione
che la spinge a documentare le antiche pietre di Lunigiana, quando ha avuto modo
di visitare Jera, le stato giocoforza occuparsi subito di questo bellissimo borgo
che pareva aver conservato il fascino del periodo in cui venne eretto. I suoi
contrafforti, le lunghe, buie gallerie, le possenti inferriate, i portali istoriati, le
numerose epigrafi e i graffiti avevano immediatamente catturato il suo interesse.
Le epigrafi in special modo, testimoni mute di un passato, che dallalto
hanno sfidato i secoli per tramandarci la storia e la volont di colui che le volle,
Joseph Brunelli (1809) furono subito oggetto di lettura.
Di lui nulla si sa e, malgrado le epigrafi siano molte, poco si riusciti a
leggere perch la prima andata completamente rovinata dalle intemperie e
lultima dalla mano delluomo. Nelle quattro epigrafi poste a nord sul prospetto
principale di quella che viene definita la prima casa costruita a Jera, possiamo
intuire, pi che tradurre, la storia di una famiglia. Un primogenito, padre fecondo
di otto figli, tre maschi, Francesco, Pompeo e Germano, e cinque figlie, visse in
buona salute con la moglie venuta da Treschietto, in quella casa dove il padre gli
mor di male pleurico. Quando, dopo aver ampliato pi volte la casa, Joseph
Brunelli, con le due ultime epigrafi affisse molto alte e molto in vista, esort i
posteri a difendere quel tempio e quelle mura da lui laborisamente costudite,
saggiamente disse: POSTERI SISTITE LOCO HAEDES HAS ET MAENIA
LABORIOSE CONSERVATAS SUSTINETE EGOMET NO~ MIHI SIC VOS
NON VOBIS. -O POSTERI ASSISTETE QUESTA CASA E QUESTE MURA
LABORIOSAMENTE CONSERVATE SOSTENETE IO NON PER ME COSI
VOI NON PER VOI.
E in quasi tutto il paese, tranne qualche eccezione, le case sono state
conservate nel rispetto del contesto, per cui lautrice, nella riproduzione
fotografica, ha cancellato tutti i segni che la modernizzazione e lavvento della
tecnica e dei servizi hanno lasciato sulle belle facciate e attorno agli splendidi
portali per esaltarne il fascino e lantica bellezza.

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