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Dinamiche della ragione, Michael Friedman

Cap. 3 " Razionalit e rivoluzione",


Cap. 4 Il ruolo della filosofia
Michael Friedman riprende l'analisi di Thomas Kuhn sulla critica del relativismo concettuale e la
analizza sulla base della nozione di razionalit comunicativa tratta da Habermas.
Ci sembra che questa razionalit comunicativa sia in questo contesto il presupposto e lo spazio
minimo possibile di comunicazione e comprensione.
Uno "strumento-per", come direbbe forse Heidegger, declinando un mondo di essere che come
ricorda il filosofo tedesco sempre e necessariamente un "con essere nel mondo" e l'approccio
strumentale sempre quello effettivo.
Questa divagazione ci serve a proporre una riflessione che ci sembra inserirsi nella scia delle
critiche di Friedman a Kuhn, sottolineando per come a nostro avviso un grado maggiore di
razionalit comunicativa sia da ricercarsi in un rapporto pi stretto non solo con il dialogo
interscientifico e interparadigmatico favorito dalla filosofia, ma in un nesso inscindibile dei
paradigmi col piano della realt materiale, delle discipline e degli approcci che la studiano e del
processo di trasformazione continuo che lo stesso Friedman accetta in chiusura del quarto capitolo.
Il problema individuato da Friedman risiede nella contraddizione individuata nel rapporto tra
paradigmi scientifici che si succedono attraverso rivoluzioni e mutamenti.
Secondo Kuhn paradigmi precedenti e successivi sono tra loro incommensurabili e non
intertraducibili e li paragona per ci a "lingue profondamente separate che appartengono a
tradizioni culturali radicalmente diverse".
La contraddizione risiede nel fatto che ogni paradigma si sviluppa necessariamente dopo un altro
che logicamente riesce a comprendere, ma quello precedente come riesce a produrre o concepire il
successivo se al tempo del suo essere in atto non esistono ancora i concetti costituenti futuri?
"Prima che la nuova cornice costitutiva fosse effettivamente disponibile, la nuova teoria della
gravitazione di Einstein non rappresentava neppure una possibilit empirica, e non era perci
assolutamente possibile alcuna giustificazione o alcun test empirico che la riguardasse - neppure
uno dal risultato controverso".
Nessun oggetto possibile per la razionalit comunicativa, insomma; al massimo una sorta si scatola
nera con funzione puramente predittiva.
La domanda che ci poniamo con questo testo quindi : come si rende traducibile e possibile la
comunicazione e la pensabilit tra differenti paradigmi?
A nostro avviso uno spunto interessante in questo senso pu venirci in aiuto dai tre mondi di Karl
Popper: il mondo 1 degli enti reali, il mondo 2 delle loro rappresentazioni che esistono
effettivamente in tutta la materialit dei processi mentali e celebrali umani, il mondo 3 dei valori e
degli ideali astratti.
Il paragone ci sembra interessante nei termini in cui questi tre mondi popperiani sono in costante
dialogo reciproco a partire dal nodo dellespansione. In ognuno di questi casi il prodotto
emergente ha uno straordinario effetto feedback, un effetto di ritorno, sul mondo da cui emerge
leffetto feedback TRA il mondo 2 e il mondo 3 particolarmente importante. Le nostre menti sono
le creatrici del mondo 3; il mondo 3, dal canto suo, non si limita a informare le nostre menti, ma in
buona misura le crea.(K. Popper i tre mondi) Non vogliamo qui considerare la dimensione
temporale (contemporanea in Popper, storicizzata in Friedman), ma quella ontologica: Il mondo 1

ha in s le condizioni del mondo 2, che a sua volta ha le caratteristiche del mondo 3 e al contrario,
in un processo di contaminazione continua tra astrazione e materialit. Questultimo elemento ci
sembra costituire una chiave di lettura interessante per approcciarsi al problema. Ci soffermiamo su
questo punto proprio perch ci sembra suggerito da Friedman e nonostante lautore non faccia che
accennarlo, potrebbe essere IL punto (non a caso Popper elimina la problematica della retrospezione
facile e dello sguardo in avanti assai problematico).
Anche sul tema della meta-scienza Popper attribuisce un ruolo attivo a ci che non scientifico in
senso stretto: Questa crescita, questa sorta di trascendenza da s, ha una componente razionale e
una non-razionale. La creazione di nuove idee e di nuove teorie , in parte, non-razionale. E
materia della cosiddetta intuizione o immaginazione, ma lintuizione fallibile come tutto ci che
umano. Lintuizione deve venir controllata mediante la discussione critica razionale, il prodotto
principale del linguaggio umano. Questo controllo attraverso la discussione critica laspetto
razionale dellincremento della conoscenza. Ci sembra interessante lattribuzione dello status di
agente attivo anzich quello di contesto fertile alla discussione critica, che in qualche modo forse
aiuta a dinamicizzare la razionalit comunicativa di Friedman (e soprattutto lincomunicabilit di
Kuhn), rendendone meno rigidi gli aspetti problematici.
La matematica pura per Friedman capace di preservare nelle sue transizioni rivoluzionarie la
razionalit comunicativa retrospettiva, ci vuol dire che uno stadio successivo sempre nelle
condizioni di comprendere e giustificare razionalmente almeno nei propri termini- tutti i risultati
degli stadi precedenti.
FORMULE a titolo di esempio.
Nel passaggio alla fisica matematica per sorgono i problemi derivati dallingresso della
materialit: la ricomprensione approssimata, non esatta; dobbiamo considerare la possibilit
empirica e reale, oltre a quella logico-matematica.
Inoltre nella misura in cui lo spazio di possibilit reali o empiriche si espande in maniera
continua (ma non del tutto monotona), i principi che contano come costitutivi ad uno stadio, in uno
stadio successivo possono passare ad avere lo status di leggi meramente empiriche.
Notiamo lelemento del carattere continuo dellespansione descritta e ci convince molto, nonostante
ci sembri stonare in seguito.
Non ci sembra da disprezzare nemmeno lelemento dellimperfezione empirica, perch non
possiamo non pensare hegelianamente che proprio nella contraddizione risieda la possibilit del
mutamento progressivo.
Friedman concede a Kuhn la non traducibilit di un paradigma posteriore nei termini di un altro
anteriore, assumendo il dato che i concetti usati per formulare il primo citato non sono ancora sorti
nel secondo (ad esempio prima delle invenzioni delle geometrie non euclidee non cera neppure
modo di formulare lidea che lo spazio-tempo possa avere una curvatura variabile).
Parallelamente una cornice pre-esistente perde il proprio ruolo definitorio della possibilit in uno
spazio di possibilit pi ampio.
A questo punto per secondo Friedman per accettare la sfida di Kuhn bisogna interrogarsi sulla
motivazione razionale per compiere passaggi radicali nellambito dei paradigmi, come una teoria
diviene una possibilit razionale e ragionevole?
Come diviene per la prima volta unopzione viva?

Con Friedman rispondiamo che lanalogia di Kuhn tra incommensurabilit di paradigmi scientifici e
lingue assolutamente diverse sia da rigettare, perch la nuova cornice di riferimento
consapevolmente articolata avendo sullo sfondo il retroterra della vecchia cornice di riferimento
da questo punto di vista le cornici concettuali che si succedono in una rivoluzione scientifica sono
pi simili a stadi differenti nello sviluppo interno ad una comunit linguistica, o a una tradizione
culturale.
Questo elemento ci sembra andare di pari passo con la continuit del flusso temporale di cui
parlavamo prima. Lelemento della storicizzazione senza salti nel vuoto ci sembra la pi lineare. Ci
sembra strano sottrarre la dimensione del progresso scientifico da quella complessiva dello sviluppo
materiale e intellettuale, due faccia della stessa medaglia.
Un esempio banale: Galileo non avrebbe mai messo a segno la sua rivoluzione scientifica se un
complesso di discipline non avesse costruito il cannocchiale, se non ci fosse stata la contaminazione
culturale col mondo arabo, dovuta a sua volta dalla produzione di uno spazio di pensiero comune,
permesso a sua volta da precisi interessi commerciali, inseriti in un contesto economico e politico e
cos via.
Sicuramente la filosofia, intesa come produzione di spazio culturale di pensiero, determinante
nellelaborazione del reale e nella creazione delle possibilit di sincretismo costante tra pensiero e
materialit, quella discussione critica razionale gi indicata come garanzia necessaria in Popper.
In questo senso pensiamo anche a Marx, al Marx scienziato e al Marx filosofo (guarda caso tanto
quanto il Galileo scienziato e il Galileo filosofo sono la stessa persona!). Leconomista che elabora
le formule di plusvalore, profitto ecc. si serve della filosofia per la costruzione di un discorso
complessivo che lega la teoria al mondo materiale per dare ad entrambi le condizioni di possibilit
nel paradigma.
Pensando anche al materialismo storico ci convince lidea secondo cui ogni paradigma ha in s le
condizioni del suo superamento, anche se queste non sono sempre visibili nella cornice in atto, che
sia una fase storica o una teoria scientifica.
E lo stesso Friedman a sostenere che i concetti e i principi della nuova cornice costitutiva non
solo generano concetti e principi della vecchia cornice di riferimento come caso speciale, ma si
sviluppano a partire dai vecchi concetti e dai vecchi principi, e come loro continuazione naturale.
In questo modo la nuova cornice costitutiva rappresenta una trasformazione o una modificazione
del tutto intenzionale della vecchia cornice costitutiva, sviluppata avendo sullo sfondo un insieme
condiviso di problemi, apparati concettuali, interessi.
Nonostante poi si parlino lingue diverse, aggiunge, chi opera nella nuova cornice proprio per
quella condivisione in grado di fare appello ai colleghi della vecchia, usando le risorse comuni gi
disponibili nel precedente contesto.
Approfittando delle metafore antropologiche di lingua e cultura messe in campo con intenti
antitetici da Kuhn e da Friedman, aggiungiamo che proprio lantropologia a suggerire il valore del
metodo comparativo tra modelli apparentemente senza alcuna comunanza.
Nelle parentesi su Popper e Marx abbiamo abbozzato prima alcune ipotesi sul ruolo della filosofia;
analizziamo ora il capitolo che Friedman dedica nello specifico a questo argomento:
Ho avanzato la tesi che la riflessione propriamente filosofica giochi un ruolo peculiare e
caratteristico nella transizione tra cornici concettuali radicalmente distinte durante le rivoluzioni
scientifiche.
A questo proposito, ai due livelli intrinseci ai singoli paradigmi (leggi empiriche e principi a priori)
ne aggiunge un terzo, un meta livello meta scientifico nel quale ha luogo la riflessione

filosofica, che gioca un ruolo indispensabile nel mediare la trasmissione di razionalit


(comunicativa) tra cambiamenti rivoluzionari di paradigmi, facendo appello alla comprensione del
nuovo.

A questo punto si presenta una nuova difficolt: se la filosofia non riesce a raggiungere un consenso
razionale univoco, come pu essere lo strumento per modellare un simile consenso durante le
rivoluzioni scientifiche? Friedman propone tre soluzioni:
1. Il consenso scientifico che si richiede per un nuovo paradigma relativamente debole, deve solo
diventare unopzione viva, ragionevole e responsabile
2. Il consenso non deve necessariamente essere sui risultati di un dibattito filosofico, ma sulla scelta
dei contributi ritenuti interessanti
3. la riflessione filosofica interagisce con quella propriamente scientifica in modo tale che i temi
filosofici controversi risultino proficuamente intrecciati con realizzazioni relativamente non
problematiche
Il risultato secondo Friedman quello per cui la filosofia pu facilitare linterazione tra aree
scientifiche in modo da agevolare lintroduzione di nuovi paradigmi, che devono essere concepiti
come possibili.
Nonostante tutte le considerazioni siano condivisibili, ci rimane il dubbio che lintreccio dei temi
filosofici con quelli scientifici sia importante, ma limitato: non sono solo filosofia e scienza a
intrecciarsi in termini puri, ma tutta la complessit del reale ad essere coinvolta.
Sempre per citare Galileo, assumendolo qui come simbolo di ogni rivoluzione scientifica,
smettendo di far girare il sole intorno alla terra, non ha semplicemente cambiato un paradigma di
pensiero, ma ha messo radicalmente in discussione un intero paradigma anche storico, sociale,
politico ed economico stravolgendo di l in avanti lintero modo di vita allinterno di uno spazio
culturale di pensiero e forse oltre in un processo di contaminazione.
Limpegno di Einstein rispetto alla riflessione filosofica o meta scientifica ottocentesca sui
fondamenti della geometria illustra un aspetto in pi di estrema importanza circa il ruolo di una
simile riflessione nel corso delle transizioni scientifiche realmente rivoluzionarie. vi
necessariamente uno stadio intermedio, uno stadio nel quale ci troviamo sempre nel processo di
trasformazione (continua) della cornice di riferimento precedente, ma non abbiamo ancora
articolato chiaramente quella successiva. Giungiamo qui necessariamente a un punto nel quale,
per cos dire, non stiamo operando n nelluna, n nellaltra e in effetti ci siamo venuti a trovate in
uno stadio profondamente problematico.
Noi non siamo scienziati, quindi non azzardiamo confutazioni, ma dubbi s, ce li permettiamo.
Se come abbiamo detto in precedenza comprendiamo perfettamente il carattere processuale di
trasformazione continua della cornice di riferimento precedente, non ci sentiamo del tutto a nostro
agio con la descrizione di sospensione problematica e meta paradigmatica in cui si relega la
filosofia e di fatto il mutamento stesso del reale.

Ci vengono in mente a questo proposito due nodi da proporre: la distinzione aristotelica tra atto e
potenza e il dibattito sulla concezione del medio evo.
Atto e potenza:
Un paradigma s stesso in atto e il successivo in potenza, che sar a sua volta atto di quella
potenza. Questo esplicita ulteriormente il carattere profondamente comune tra paradigmi e i loro
ampio margine di riflessione comune. Certo, non esiste margine per la problematizzazione storica o
filosofica in questo Aristotele, ma il processo dialettico incessante ci sembra ben esemplificato.
Dibattito sulla concezione del medio evo:
Concepire la scienza in paradigmi stagni congiunti da meta livelli in cui non si opera in nessuna
dimensione effettiva ci sembra straordinariamente simile ad una concezione appartenente ad
unaltra scienza, quella storica, che vede nel medio evo un periodo buio e oscuro, non ben definito,
situato ad intermezzo tra due epoche splendide e compiute.
Ormai sono ben rari gli storici che propongono questa opzione, il Medio Evo considerato oggi
assolutamente paritetico a qualsiasi altro stadio (per riprendere un termine che lo stesso Friedman
ha usato per esplicare la sua concezione dei paradigmi), in cui si opera al pari degli altri in quel
processo di trasformazione continuo con cui concordavamo prima.
In sintesi, Friedman costruisce la sua concezione della scienza come un processo storicizzato di
paradigmi differenti ed endogami mediati da alcuni meta livelli filosofici, respinge le
estremizzazioni di Kuhn di estraneit assoluta linguistica e culturale, ma ne accoglie le tesi di
intraducibilit, abbozza un legame tra scienza e filosofia, tra mondo speculativo della matematica
teorica e mondo materiale della fisica imperfetta, ma ci sembra utilizzare davvero eccessiva
prudenza in questa operazione.

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