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LA PREGHIERA NELLA VERITA

Dopo aver parlato della fede per diverse domeniche ed averne descritto alcune
caratteristiche Ges passa a parlare della preghiera da domenica scorsa. La
fede pu anche venire meno, essere messa alla prova dalla vita e dalle
condizioni della vita. Da situazioni che la fede aiuta a risolvere ma con le quali
ci scontriamo in momenti di fragilit che ci fanno apparire gli ostacoli
insormontabili. Come se la vita sarebbe meglio che finisse in quel momento.
Come devono essersi sentiti gli apostoli ed ancor di pi la madonna la sera del
venerd santo? Avevano lasciato tutto, si erano giocati la vita per uno fallito,
morto, ripudiato come blasfemo da coloro che erano a capo della religione.
Ges morto come un reietto, come uno schiavo, come un blasfemo, come un
nemico dellordine pubblico, nudo sulla croce fuori dalle mura della citt per
non contagiarla con il suo peccato. Quasi fosse un lebbroso, un appestato, un
rifiutato da Dio. Gli apostoli, come molti di noi, gli gridano Signore aumenta la
nostra fede. Ne avevamo poca, non abbiamo mai avuto il coraggio di
modellare su di lei la nostra vita, ma lavevamo. Adesso troppe circostanze
negative ci nascondono il tuo volto. Aiutaci! Aumenta la nostra fede!
Trasformala in carne, sangue, vita!. La domenica dopo con la parabola del
ricco che mangia e beve e del povero Lazzaro steso alla sua porta, e del quale
hanno compassione solo i cani, Ges ci insegna due cose: che viene lora del
giudizio su di noi e sulla nostra vita e che il giudizio sulla carit. Parabola dura
che parla del giudizio ma anche dellinferno. Indipendentemente dallesistenza
e dal fatto che sia pi o meno pieno una cosa certa e cio che abbiamo gi
reso il mondo un inferno. Basta riguardare i filmati sulla battagli di Aleppo, sui
lager, sui morti nel Mediterraneo, sui bambini di otto anni costretti a fare i
guerriglieri, su quelli ancora pi piccoli costretti a prostituirsi. Basta guardare
queste immagini non mentre stiamo mangiando e versando una lacrimuccia di
compassione. Tutto il male che c nel mondo colpa nostra se continuiamo a
restare in silenzio per il quieto vivere o peggio ne siamo complici per interesse.
Non necessario andare lontano sappiamo tutti della prostituzione, del
capolarato, delle bustarelle, della corruzione, del magna magna che
coinvolge anche, purtroppo politici che si professano cattolici. Ges ci dice che
la vera fede, la vera giustizia, la vera carit, il vero essere suoi discepoli non
garantito da una etichetta che ci stata appiccicata col battesimo, che
ostentiamo pubblicamente (quanti politici a Messa sotto le lezioni!...). Ges ci
parla della gratitudine di uno straniero. Di un lebbroso purificato con altri nove
che non sono tornati a ringraziare. Domenica scorsa siamo andati avanti sui
due binari della fede e della preghiera. Iniziava il vangelo proprio con la frase
Ges disse ai suoi discepoli una parabola sul dovere di pregare sempre,
insistentemente, con costanza la parabola parlava di una vedova fastidiosa e
di un giudice cattivo con Dio e con gli uomini che dopo qualche tempo da
ragione alla vedova per togliersela di torno. Ges ci rivela una verit che
purtroppo anche noi uomini di chiesa non abbiamo il coraggio di annunciare
per non perdere alcuni privilegi cio che Dio fa giustizia per i suoi poveri che
gridano a Lui. In questa domenica Ges ormai ha imboccato la strada della
descrizione della preghiera e delle sue condizioni. Ci racconta la parabola dei
due uomini che salgono al tempio a pregare. Levangelista Luca introduce con
una frase molto dura e purtroppo che descrive una realt non solo del suo
tempo fra gli ebrei ma presente oggi e qui nelle nostre chiese, durante le
nostre Messe ed i nostri rosari. Disse ancora questa parabola per alcuni che
avevano lintima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri. Quanti
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fra di noi commettiamo questo peccato. Ancora una volta sottolineo la triste
esperienza delle confessioni di coloro che non hanno nessun peccato da
confessare perch non hanno mai ucciso n rubato. Di coloro che ritengono
come unici peccati quelli legati al sesso. Poi rubano sul lavoro, sono corrotti,
sono avari ed egoisti, sono carichi di odio, portano avanti da avanti da anni
rancori e liti. Non si parlano coi genitori e con i fratelli. Hanno portato al
fallimento le loro famiglie. Anche fra i sacerdoti ci sono quelli che hanno rubato
nelle chiese per i loro famigliari (fratelli, sorelle, cognati, nipoti..). fenomeno
talmente diffuso che il Papa Francesco ci ha dedicato una riflessione marted in
santa Marta. In tutto il mondo, in tutta la Chiesa. Il peccato pi diffuso quello
dellattaccamento al denaro. Tutti lo sappiamo. Sappiamo nomi e cognomi ma
tacciamo. Papa Francesco ha posto profeticamente la causa del rubare,
dellattaccamento ai soldi, del dimenticare il dovere della giustizia, nella
mancanza di fiducia in Dio, molti rubano nelle chiese e danno ai familiari per
garantirsi una assistenza nel futuro, nella vecchiaia perch hanno paura e non
si fidano n di Dio, n della Chiesa, n dei vescovi, n degli altri preti allora
comprano pagando un gratitudine che spesso, quasi sempre, viene poi negata.
Tornando alla parabola ci vengono presentati due uomini, due atteggiamenti
per stare nella preghiera. Il fariseo (non oggi ma nel prossimo futuro voglio
scrivervi due righe sul movimento buono dei farisei) qui descritto non viene
condannato a non essere ascoltato ed esaudito da Dio non perch fariseo ma
per il suo modo di stare di fronte a Dio. Presumeva di essere giusto! Dopo un
inizio buono della preghiera nel quale ringrazia Dio poi si mette di fronte a se
stesso e parla solo di s a s. Si loda, si adora, presume di essere giusto e
condanna gli altri a cominciare da quello l. Luso di quello al posto del
nome , in italiano, una forma di disprezzo, di mala educazione. Luca usa il
greco prs che non significa in se stesso ma di fronte a se stesso. Si
prostra cio adorante a se stesso. Infatti dal tu dellinizio rivolto a Dio passa
allio col quale si descrive come troppo buono. Lesattore delle tasse invece
sta lontano e non osa alzare gli occhi al cielo (Padre nostro che sei nei cieli!)
e si considera indegno, chiede perdono a Dio. Ha bisogno della misericordia
dellAltissimo. Ges finisce dicendoci che lesattore delle tasse se ne va
innalzato da Dio perch ha riconosciuto la sua povert. Il fatto di non poter
pretendere niente perch non ha niente da dare in cambio. Chiede un regale
perch sa di non poterlo restituire. Chiede il dono del perdono, della
misericordia. Il fariseo invece se va reso povero, tapino dice san Luca.
Pensava di comprare Dio, pensava di vantare un credito col Padre, si faceva
grande delle sue virt (taceva tutti i suoi peccati parlando solo delle sue alte
qualit). Presumeva di essere giusto. Pensava di poter presentare il conto a Dio.
Si credeva ricco delle sue opere buone. Come dire oggi che poich io sono
sempre andato a Messa, ho sempre detto il rosario, ascolto padre Livio su radio
Maria, vado a Medjugorje, non ho mai tradito, non ho mai rubato, non ho mai
ucciso allora Dio mi deve quello che chiedo, quello che voglio. Altrimenti a cosa
serve essere buoni.? A che serve non peccare? A che serve accumulare meriti,
dolori, fatiche, pene se non riceviamo la ricompensa gi qui sulla terra in
questa vita. Quanti, anche preti, dei dieci comandamenti, delle opere di
misericordia corporale e spirituale, delle beatitudini, di tutto quelle che Ges i
ha insegnato ricordano e pensano solo al non rubare (non pensando oltretutto
che ci sono molti modi di rubare anche le offerte fatte alla Chiesa e finite in
case, appartamenti, lusso, croci doro, anelli, quadri mobili e quantaltro). Il
premio di scegliere la povert per Dio, di fondare sulla sicurezza del rapporto
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con lui e del suo amore la forza di poter affrontare anche l morte delle piccole
cose che ci fanno patire nella vita. La fede un dono eterno s ma che comincia
qui e oggi.
Padre Valter Maria Arrigoni
Monaco della Diocesi di Foggia

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