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Cimabue

Non si hanno notizie certe della sua giovinezza e difficile risulta ricostruire la
cronologia delle opere da lui realizzate, ma dalle quali possibile
disegnare un chiaro profilo della personalit di questo artista.
Cimabue opera in una corrente artistica ancora legata al
classicismo bizantino, elaborando per un suo personale
linguaggio nel quale la rappresentazione degli eventi sacri avviene
in maniera pi vicina al mondo reale.
Tra le prime opere da lui realizzate abbiamo il Crocifisso di San
Domenico ad Arezzo probabilmente dipinto tra il 1265 e il 1268
e il Crocifisso di Santa Croce a Firenze, entrambi ancora legati alla
rappresentazione bizantina delle immagini sacre, nei quali per vi gi un'intento
di rappresentazione drammatica della scena che supera gli schemi bizantini.
Nel 1270 circa, dipinse la Maest che oggi si trova al Louvre, nella quale ancora
chiaro appare l'intento di superare l'astrazione formale delle immagini bizantine,
anche se la figura della Madonna appare come sospesa pi che seduta
sul trono, avvolta in panneggio a pieghe sottili.
Tra il 1277 e il 1280 lo troviamo ad Assisi dove esegue nella basilica
superiore, gli affreschi delle volte e delle pareti del transetto; pi
precisamente: Evangelisti nella volta della crociera, Storie della
Vergine nel coro, Scene dell Apocalisse, Giudizio e Crocifissione nel
braccio sinistro del transetto,Storie di S. Pietro nel braccio destro.
Coevi sono l'affresco della Madonna, San Francesco e angeli, che si
trova nella Basilica inferiore e il San Francesco che si trova al museo della Basilica
di Santa Maria degli Angeli.
Probabilmente datata al 1279 la Maest di Santa Trinit che oggi si trova agli
Uffizi. La composizione del dipinto frontale e simmetrica, la figura della
Madonna per assume un aspetto pi umano perdendo il valore astratto tipico
delle rappresentazioni bizantine.
Posteriore a questo dipinto la Maest della chiesa dei Servi a Bologna e il
mosaico del San Giovanni del Duomo di Pisa eseguito nel 1301.
Cimabue mor a Pisa nel 1302.
Cimabue
Credette Cimabue nella
pittura
tener lo campo, ed ora
ha Giotto il grido,
si che la fama di colui scura

(Dante
Alighieri, Purgatorio XI, 94-96)
Dante lo cit come il maggiore della generazione antecedente a quella di Giotto,
parallelamente al poeta Guido Guinizelli e al miniatore Oderisi da Gubbio.
Secondo il Ghiberti e il Libro di Antonio Billi fu al contempo maestro e scopritore
di Giotto. Vasari lo indic come il primo pittore che si discost dalla "scabrosa
goffa e ordinaria [...] maniera greca", ritrovando il principio del disegno
verosimile "alla latina".
A Cimabue spetta per un passo fondamentale nella transizione da figure
ieratiche e idealizzate (di tradizione bizantina) verso veri soggetti, dotati di
umanit ed emozioni, che saranno alla base della pittura italiana e occidentale. Fu
un pittore di spregiudicata capacit innovatrice (si pensi agli espedienti con cui
rese drammatica come mai prima di allora la Crocifissione ad Assisi, oppure
all'incredibile inclinazione del Crocifisso di Santa Croce), che pur senza staccarsi
mai dai modi propriamente bizantini, li port alle estreme conseguenze, a un
passo dal rinnovamento gi perseguito in scultura da Nicola Pisano e in pittura
poi da Giotto[1].
Studi recenti hanno dimostrato come in realt il rinnovamento operato da
Cimabue non fosse poi assolutamente isolato nel contesto europeo, poich la
stessa pittura bizantina mostrava dei segni di evoluzione verso una maggiore resa
dei volumi ed un migliore dialogo con l'osservatore. Per esempio negli affreschi
del monastero di Sopoani, datati 1265, si notano figure ormai senza contorno
dove le sfumature finissime evidenziano la rotondit volumetrica. D'altronde lo
stesso Vasari, cui tanto si deve nell'attribuzione a Cimabue dell'avvio della
rinascenza della pittura italiana, afferma che egli ebbe "maestri greci".
Biografia
Priva di riscontri la menzione di Giovanni Villani che l'artista si chiamasse
"Giovanni" e Cimabue di cognome.
La ricostruzione della cronologia delle opere basata su dati stilistici dalla recente
e rigorosa analisi di Luciano Bellosi pone l'artista al lavoro a Firenze, Pisa e
Bologna alla fine degli anni settanta e all'inizio della decade successiva. In questo
periodo avrebbe realizzato, tra le altre opere, il crocifisso di Santa Croce,
la Maest del Louvre e i mosaici del battistero di Firenze.
Gli anni ottanta dovettero essere il momento di massima popolarit dell'artista,
con l'incarico di decorare transetto e abside della Basilica superiore di San
Francesco, impresa realizzata tre il 1288 e il 1292 circa. Gi dagli anni novanta il
suo astro dovette iniziare ad essere oscurato da quello dell'allievo Giotto, come

registr la celebre menzione dantesca[2]. Ci fu comunque spazio per un'opera


celebre come la Maest di Santa Trinita.
Come gi accennato, il 1 e il 5 novembre 1301 era a Pisa, dove firm per
l'esecuzione di una grande Maest con storie sacre per la chiesa dell'ospedale di
Santa Chiara, da eseguire in collaborazione col lucchese Giovanni di
Apparecchiato, detto "Nuchulus": opera perduta o forse mai eseguita per la morte
dell'artista. Il 19 marzo 1302 infatti, appena quattro mesi dopo, un documento
fiorentino parla degli "eredi" di Cimabue riguardo a una casa nel popolo di San
Maurizio a Fiesole. Il 4 luglio di quell'anno al camerlengo di Pisa vengono
consegnati alcuni oggetti (i guanti di ferro, una tovaglia e altro) appartenuti al
pittore, che quindi doveva essere morto mentre attendeva a un lavoro per
il Duomo di Pisa, ovvero i cartoni per il mosaico nella calotta absidale[2].
Opere principali
Il Crocifisso di Arezzo
Probabilmente la sua formazione si svolse a Firenze, tra maestri di cultura
bizantina. Gi con la Crocifissione della chiesa di San Domenico di Arezzo,
databile attorno al 1270, segn un distacco dalla maniera bizantina.
In questa opera Cimabue si orient verso le recenti rappresentazioni della
Crocifissione con il Christus patiens dipinte verso il 1250 da Giunta Pisano, ma
aggiorn l'iconografia arcuando ancora maggiormente il corpo del Cristo, che
ormai debordava occupando tutta la fascia alla sinistra della croce. Inoltre
esasper il pittoricismo basato sull'uso di sottilissimi filamenti distesi con la punta
del pennello per la resa degli incarnati, realizzando un vigore muscolare e una
volumetria mai visti prima. Sempre ai modelli di Giunta rimandano le due figure
nei tabelloni ai lati dei braccio della croce (Maria e San Giovanni raffigurati a
mezzo busto in posizione di compianto) e lo stile asciutto, quasi "calligrafico" della
resa anatomica del corpo del Cristo.
La somiglianza con il modello giuntesco si spiega anche con un'esplicita richiesta
dei domenicani aretini, essendo uno dei crocifissi di Giunta conservato nella
chiesa principale dell'ordine, la basilica di San Domenico a Bologna.
Un'altra novit rispetto al modello fu l'uso delle striature d'oro (agemina) nel
panneggio che copre il corpo di Cristo o nelle vesti dei due dolenti, un motivo
derivato dalle icone bizantine.
Il Crocifisso di Santa Croce
Poco dopo il viaggio a Roma del 1272, alla fine degli anni settanta, esegu
ilCrocifisso per la chiesa fiorentina di Santa Croce, oggi semidistrutto a causa
dell'alluvione di Firenze del 1966. Quest'opera si presenta dall'apparenza simile al
Crocifisso aretino, ma a un'analisi attenta lo stile pittorico molto cambiato.

Alto tre metri e 90 un crocifisso grandioso, con la posa del Cristo ancora pi
sinuosa, dove la figura intera ancora pi grave e sprofonda verso il basso
trascinata dal suo stesso peso, con un'inarcatura ancora pi marcata che deborda
oltre il margine della croce.
Ma soprattutto la resa pittorica delicatamente sfumata a rappresentare una
rivoluzione, con un naturalismo commovente (forse ispirato anche alle opere
diNicola Pisano) e privo di quelle dure pennellate grafiche che si riscontrano nel
crocifisso aretino. A differenza della precedente opera aretina il corpo non
diviso in aree circoscritte e ben distinte come fossero i pezzi di un'armatura
scomponibile: i passaggi tra le varie aree del corpo avviene sempre con passaggi
graduali, modulazioni charoscurali sempre sfumate, mai nette. La luce adesso
calcolata e modella con il chiaroscuro un volume realistico: i chiari colori
dell'addome girato verso l'ipotetica fonte di luce, ad esempio, non sono gli stessi
del costato e delle spalle, sapientemente rappresentati come illuminati con un
angolo di luce diverso. Ci permette di imprimere volumetria all'intera figura e
alle singole parti del corpo, dotando i muscoli di un vigore ed possanza, come del
resto era gi avvenuto nel precedente crocifisso, ma a differenza di prima si ha un
maggiore realismo.
Vengono anche superati molti dei retaggi dell'arte bizantina, come la separazione
netta tra i muscoli di braccio e avambraccio, adesso fusi a livello dei gomiti.
Un vero esempio di virtuosismo poi la resa del morbido panneggio,
delicatamente trasparente. Dopo secoli di aspri colori pastosi Cimabue fu quindi il
primo a stendere morbide sfumature.
La Maest del Louvre
Cimabue anche nell'iconografia tradizionale della Madonna col bambino stabil un
nuovo canone con il quale si dovettero confrontare i pittori successivi,
soprattuttoGiotto.
Verso il 1280 esegu la Madonna con il Bambino o Maest del Louvre, proveniente
dalla chiesa di San Francesco a Pisa. In questa opera amplificata la maestosit,
tramite un pi ampio campo attorno alla Madonna (si pensi alla Madonna del
Bordone di Coppo di Marcovaldo), e migliore la resa naturalistica, pur senza
concessioni al sentimentalismo (Madonna e bambino non si guardano e le loro
mani non si toccano). Il trono disegnato con un'assonometria intuitiva e quindi
collocato precisamente nello spazio, anche se rimane poco profondo e gli angeli
sono disposti ritmicamente attorno alla divinit secondo precisi schemi di ritmo e
simmetria, senza interesse ad una reale disposizione nello spazio, infatti levitano
l'uno sopra l'altro (non l'uno dietro l'altro).
Viene riproposto il pittoricismo tipico dei crocifissi che permette di articolare il
chiaroscuro in maniera morbida, sfumata e realistica. Molti tratti arcaicizzanti

scompaiono in quest'opera, come quella spaccatura profonda, a forma di cuneo,


nel punto in cui il sopracciglio incontra la radice del naso, che troviamo ancora
nella Vergine dolente sia del Crocifisso di San Domenico ad Arezzo (1270 circa)
che delCrocifisso di Santa Croce (di poco anteriore al 1280). O anche le linee
bianche sovrapposte sopra il labbro superiore che producevano un "effetto di
sdoppiamento" e che ancora troviamo nelle due precedenti opere. scomparso
anche il caratteristico solco che partiva dall'angolo dell'occhio e che attraversava
tutta la guancia, che Cimabue aveva ereditato dal crocifisso bolognese di San
Domenico diGiunta Pisano.
Molto fine il modo con cui i panneggi avvolgono il corpo delle figure, soprattutto
della Madonna, che crea un realistico volume fisico. Non vi usata l'agemina (le
striature dorate).
Questa pala ebbe un'eco immediata, ripresa per esempio verso il 1285 dal
senese Duccio di Buoninsegna, nella sua aristocratica Madonna Rucellai - opera
per lungo tempo erroneamente attribuita allo stesso Cimabue -, gi in Santa
Maria Novella e oggi agli Uffizi.
Anni '80 del Duecento
In questo periodo vengono collocate una serie di opere in varie collocazioni: oltre
alla gi citata Maest del Louvre (1280 circa), la Flagellazione della Collezione
Frick, la piccola Maest della National Gallery di Londra (entrambi intorno al
1280), i mosaici per il battistero fiorentino (le ultime due scene della vita del
Battista e le prime scene della Genesi), la Maest diSanta Maria dei
Servi a Bologna (1281-1285 circa) e la Madonna della Pinacoteca di
Castelfiorentino, forse in collaborazione con Giotto (1283-1284 circa).
Le opere di Assisi
Non chiaro sotto quale papato Cimabue lavor ad Assisi, probabilmente entro
quello di Niccol IV, nel 1288-1292. L'arrivo di Cimabue nel grande cantiere
segn l'ingresso nella prestigiosa commissione papale di artisti fiorentini e la
scelta del maestro fu dettata quasi certamente dalla fama che aveva acquistato
a Roma nel1272, anche se non sono conosciute opere di Cimabue del periodo
romano.
Nel transetto destro della basilica inferiore affresc la Madonna col Bambino in
trono, quattro angeli e san Francesco, dipinto palesemente decurtato dal lato
sinistro dove si suppone fosse presente un Sant'Antonio di Padova a pendant del
Poverello d'Assisi. L'affresco, infatti fu incorniciato alcuni decenni dopo dai
maestri giotteschi che affrescarono il resto del transetto. L'opera stata oggetto
di pesanti ridipinture avvenute in epoca pi tarda. Il San Francesco che vi
compare simile a quello ritratto in una tavola conservata nel Museo di Santa
Maria degli Angeli. L'autenticit di quest'ultima tavola (riconosciuta dal Longhi)

stata oggetto di accese controversie probabilmente anche a causa dalle sue


peculiarit tecniche. In particolare essa priva del consueto strato preparatorio
in gesso, n ha camottatura. Procedimenti preparatori, specie il primo, pressoch
immancabili nella pittura medievale su tavola. Sulla base di queste circostanze vi
chi ha ipotizzato possa addirittura trattarsi di un falso moderno. Da ultimo
tuttavia ha conciliato l'autenticit della tavola con queste eccezioni
tecniche Luciano Bellosi (2004), assumendo che il dipinto in questione sia stato
originariamente creato per essere posto sul primo sepolcro di Francesco,
destinazione che avrebbe reso incongrua la consueta preparazione della tavola.
Fu forse proprio per l'alta qualit pittorica dell'affresco della Basilica inferiore
che Cimabue fu chiamato a realizzare le pitture nell'abside e nel transetto
della basilica superiore di San Francesco, negli stessi anni in cui forse maestranze
romane cominciavano ad affrescare la parte superiore della navata.
difficile avere un'idea degli affreschi assisiati di Cimabue e della sua bottega,
perch oggi sono i pi danneggiati dellabasilica Superiore, avendo subto un
processo di ossidazione della biacca (bianco di piombo) che ha reso i toni chiari
scuri (per cui sembra di essere di fronte a un negativo fotografico).
La scena pi interessante quella della Crocifissione nel transetto sinistro, dove
le numerose figure in basso con i loro gesti straziati fanno convergere le linee di
forza verso il crocifisso, attorno al quale si dispiega un seguito di angeli. La
drammaticit quasi patetica della rappresentazione viene considerato il punto di
arrivo della riflessione francescana sul tema della Croce in senso drammatico.

La Crocifissione

Un dettaglio come si presenta oggi

Lo stesso dettaglio al negativo

Cristo apocalittico
La Maest di Santa Trinita
Nella chiesa di Santa Trinita a Firenze era conservata un'altra Maest di
Cimabue, ora conservata agli Uffizi, della quale non si conosce la data, ma che
viene attribuita a un momento pi tardo, tra il 1290 e il 1300. La principale novit
di questa pala il maggior senso tridimensionale del trono di Maria, che crea un
vero e proprio palcoscenico al di sotto del quale si apre un loggiato che per un
effetto illusionistico appare al centro come un'esedra: qui trovano posto i busti
di Geremia, Abramo, Davide e Isaia che sembrano affacciarsi in uno spazio
realisticamente definito. Pi tendenti alla disposizione in profondit sono anche le
figure degli angeli ai lati del trono.
Le espressioni sono anche pi dolci, come nel mosaico del Duomo di Pisa, per cui
si pensa che sia verosimile collocare l'opera in un periodo in cui Giotto era gi
attivo e le sue novit influenzavano anche il maestro.
Gli ultimi anni a Pisa
Dal 2 settembre 1301 al 19 febbraio 1302, anno della morte, fu a Pisa dove
realizz il mosaico absidale del duomo: di questo rimane la figura di San Giovanni
Evangelista, servita alla critica moderna per ricostruire il suo catalogo: si tratta
infatti dell'unica opera di Cimabue per la quale sia possibile un'attribuzione
basata su fonti documentali certe.
Recentemente stato attribuito al pittore un dittico, formato da due tavole con
laMadonna in trono col Bambino e santi e la Flagellazione, conservate

rispettivamente alla National Gallery di Londra e alla Frick Collection di New


York.
Opere
L'attribuzione e cronologia delle opere elencate qui segue l'analisi recente e
rigorosa di Luciano Bellosi

Crocifisso di San Domenico, 1268-1271 circa, tempera e oro su tavola,


336x267 cm, Arezzo, chiesa di San Domenico
Crocifisso di Santa Croce, 1275-1280 circa, tempera e oro su tavola,
448x390 cm, Firenze, Museo di Santa Croce
Maest del Louvre, 1280 circa, tempera e oro su tavola,
424276 cm, Parigi,Museo del Louvre
Maest con due angeli, 1280-1285 circa, tempera e oro su tavola,
25,6x20,8 cm,Londra, National Gallery
Flagellazione (attr. incerta), 1280-1285 circa, tempera e oro su tavola,
24,7x20 cm, New York, Frick Collection
Partecipazione ai mosaici del battistero di Firenze, 1280-1285
circa, Firenze, battistero di San Giovanni
Madonna di Castelfiorentino, 1283-1284 circa, tempera e oro su tavola,
68x47 cm, Castelfiorentino, Museo di Santa Verdiana
Maest di Santa Maria dei Servi (bottega), 1281-1285 circa, tempera e oro
su tavola, 218188 cm, Bologna, basilica di Santa Maria dei Servi
Maest di Assisi, 1288 circa, affresco, 320x340 cm, Assisi, basilica inferiore
di San Francesco
Affreschi nella basilica superiore di San Francesco ad Assisi, 1288-1292
circa

Volta dei quattro Evangelisti con costoloni decorati da fogliami e


faccine di putti;

Storie della Vergine (abside)

Annuncio a Gioacchino e sua offerta

Madonna tra due angeli (bottega)

Nativit e sposalizio della Vergine

Madonna col Bambino, Vergine leggente, Santo che colpisce un


legno (bottega di Cimabue)

Trapasso della Vergine

Dormitio Virginis

Assunzione della Vergine

Cristo e la Vergine in gloria

Due clipei con Busti di santi (bottega)

Scene apocalittiche (transetto sinistro)

Crocifissione

Cristo in gloria

Visione del trono e libro dei sette sigilli

Visione degli angeli ai quattro angoli della terra

Cristo apocalittico

Caduta di Babilonia

San Giovanni e l'angelo (bottega)

San Michele e il drago (bottega)

Angeli a figura piena

Storie dei santi Pietro e Paolo (transetto destro)

Crocifissione

San Pietro guarisce lo storpio

San Pietro guarisce gli infermi e libera gli indemoniati

Caduta di Simon Mago

Crocifissione di san Pietro

Decapitazione di san Paolo

Angeli a figura piena (molto danneggiati, ai lati della quadrifora


del lunettone alla testa del transetto)
Maest di Santa Trinita, 1290-1300 circa, tempera e oro su tavola, 385x223
cm, Firenze, Uffizi
San Giovanni Evangelista, 1301-1302, mosaico (disegno), Pisa, Duomo

Opere di attribuzione incerta o della bottega[modifica | modifica


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Maest Kress (attr. incerta), 1290 circa, tempera e oro su tavola,


34,3x24,4 cm, Washington, National Gallery of Art
San Francesco (attr. incerta), tempera su tavola, 107x57 cm, Assisi, Museo
di Santa Maria degli Angeli
Tavolette con storie di Ges (attr. incerta, forse del Maestro di Badia a
Isola), tempera e oro su tavola

Nativit, 17x19 cm, Firenze, Fondazione Longhi

Ultima Cena, 17x18 cm, New Orleans, New Orleans Museum of Art

Cattura di Cristo, 18x16 cm, Portland, Portland Art Museum

Crocifissione, 17x18,2 cm, Barcellona, monastero di Pedralbes

Giudizio Universale, 17x19 cm, Milano, collezione Bagnarelli


Crocifissione (attr. incerta, forse di scuola veneta), 1300 circa, tempera e
oro su tavola, 93x58 cm, Kreuzlingen, collezione Kisters

Cimabue

Un grande pittore conosciuto come il maestro di Giotto. Cimabue, soprannome di


Cenni di Pepo, rinnova nel Duecento la sua pittura a contatto con le novit
dell'ambiente artistico di Firenze ed elabora con gli anni uno stile personale e
innovativo, che lo porta a essere considerato nel Rinascimento uno dei padri della
pittura italiana
Un maestro famoso
Secondo la tradizione Cimabue maestro di Giotto, che egli sceglie come allievo
dopo averlo visto disegnare delle pecore sulla pietra, con estrema bravura.
Cimabue un artista molto noto presso i suoi contemporanei, tanto da essere
citato da Dante Alighieri nell'11 canto del Purgatorio. Poco sappiamo della sua
vita: non conosciamo con precisione la sua data di nascita n quella di morte;
certo solamente che nel 1272 si trova a Roma e nel 1302 a Pisa, per lavorare al
mosaico nell'abside del duomo.
L'evoluzione artistica di Cimabue si pu ricostruire attraverso uno dei soggetti
preferiti

della

sua

pittura:

il

crocifisso

dipinto

su

tavola

di

legno.

Nel Crocifissodella chiesa di San Domenico ad Arezzo rimangono ancora molti


caratteri dell'arte bizantina, come la linea netta e incisiva che disegna la figura, le
parti anatomiche molto poco definite, gli occhi 'a esse' e la doratura della fascia di
stoffa intorno ai fianchi (perizoma). La figura di Ges fatta di forti contrasti di
colore: dal grigio-verde del corpo morente al rosso violento del perizoma.
Nel Crocifisso di Santa Croce a Firenze, purtroppo molto rovinato dall'alluvione
del 1966, Cimabue dimostra invece uno stile pi personale e un graduale
abbandono degli elementi bizantini, tanto che alcuni studiosi dicono che con
quest'opera nasca la pittura italiana dopo il Medioevo. Pur rimanendo alcuni tratti
bizantini, come gli occhi o il naso, il Cristo del Crocifisso fiorentino presenta le
parti anatomiche realizzate in maniera pi naturale, pi voluminosa e meno
piatta; il perizoma non pi rosso con luccichii dorati, ma un velo trasparente,
che fa intravedere il corpo di Ges; il volto assume un'espressione molto pi
dolce. I personaggi di Cimabue iniziano insomma ad avvicinarsi molto di pi alla
realt!

Gli affreschi di Assisi


Nell'arco di tempo che intercorre tra i due crocifissi, Cimabue lavora a una della
sue opere pi importanti: gli affreschi della basilica superiore di San Francesco
ad Assisi, dove dipinge storie della Vergine, una serie di Apostoli e storie
dell'Apocalisse.
Anche in questo caso il pittore realizza uno straordinario Cristo sulla croce,
stavolta per ad affresco. Bench molto rovinata per l'alterazione chimica dei
colori, la Crocifissione di Assisi conserva una forza drammatica incredibile. Il
corpo del Cristo si inarca come la vela di una barca spinta dal vento, il perizoma
pare volare e gli angeli sembrano sbattere con violenza contro la croce, mentre
intorno regna la disperazione, con il pianto silenzioso della Madonna e le braccia
drammaticamente alzate della Maddalena.
Un altro dei temi preferiti di Cimabue, come di molti altri pittori dell'epoca, la
cosiddetta 'maest', ossia la rappresentazione in trono della Madonna col
Bambino, circondata da angeli. Cimabue dipinge una delle pi famose maest (ora
conservata agli Uffizi di Firenze) per la chiesa fiorentina di Santa Trinita. Nella
raffigurazione della Madonna rimangono ancora dei legami con la tradizione
bizantina, come il fondo d'oro e le strisce dorate delle vesti, ma ci sono anche
moltissime novit importanti: il trono una costruzione robusta e tridimensionale
e la Vergine non un'immagine astratta, piatta e bidimensionale, ma una figura in
carne e ossa.
Il grande merito di Cimabue nella storia della pittura italiana quello di avere
stabilito un rapporto pi diretto rispetto alla tradizione bizantina tra l'immagine
sacra e la figura umana reale; ma, come ebbe modo di scrivere Dante, la fama di
Cimabue viene ben presto oscurata da quella del suo grande discepolo Giotto.

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