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N. 246
Collana diretta da Pierre Dalla Vigna (Universit Insubria, Varese)
e Luca Taddio (Universit degli Studi di Udine)
comitato scientifico
XAVIER ZUBIRI:
IL REALE E LIRREALE
Prefazione di Diego Gracia
MIMESIS
Filosofie
INDICE
Prefazione
Introduzione
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75
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a Felice,
mi realidad querida
PREFAZIONE
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Prefazione 11
co europeo e universale. Corre quasi lobbligo di citare i nomi di Unamuno e di Ortega. E tuttavia, esistono molte ragioni per sospettare che
entrambi gli autori siano importanti pi per ci che hanno significato per la
cultura spagnola che per il loro contributo a ci che sintende per filosofia
europea o universale. Una volta situati entro un pi ampio orizzonte, quello proprio della storia della filosofia, esistono molte ragioni per pensare
che i loro nomi non riusciranno a far parte dellelenco degli immortali, e
nel caso ci riuscissero, a loro sarebbero riservati i caratteri minuscoli.
Diverso il caso di Xavier Zubiri. Il percorso di questo filosofo spagnolo non cessa di stupire. La difesa che sin da subito fece del realismo spinse
i filosofi la page degli anni Sessanta e Settanta a catalogarlo come uno
dei tanti scolastici. La pubblicazione, dal 1980 fino a oggi, di venticinque
volumi delle sue opere e limpulso che hanno acquistato gli studi sul suo
pensiero hanno consentito sempre pi di scoprire la sua originalit e, lungi
dal diminuire col passare del tempo, come invece accade nel caso delle
mode, linteresse per le sue idee non ha fatto altro che crescere. Oggi
grande in Spagna e fuori da essa. Una prova di ci il libro di Maria Lida
Mollo che oggi vede la luce. Il lettore potr costatare a un semplice sguardo non soltanto limportanza dei temi affrontati ma anche lampia letteratura citata. Nelle ultime decadi, Zubiri , infatti, passato dalla categoria di
moda a quella di classico. Non per di classico spagnolo ma di classico filosofico, intendendo con ci colui che ha i titoli per entrare a far parte del
grande elenco dei filosofi di tutti i tempi. Ma siccome questa affermazione
pu apparire eccessiva, sento il bisogno di giustificarla.
Se Zubiri si caratterizzato per qualcosa per aver avuto una formazione invidiabile, non soltanto filosofica ma anche scientifica. Ottimo conoscitore della scienza del suo tempo, ha sempre avuto la consapevolezza che
la mente umana incapace di raggiungere una conoscenza adeguata della
realt. La vecchia definizione della verit come adaequatio intellectus et
rei, tipica del cosiddetto realismo ingenuo, non lha mai convinto. Zubiri
passato non soltanto per il criticismo kantiano, ma anche, e soprattutto, per
la crisi della ragione che si verifica nella scienza e nella filosofia occidentali dalla met del XIX secolo in poi. In tal senso, non v dubbio che egli
appartenga allorizzonte qualificato come postmoderno. Allinterno di
esso, diverse erano le possibilit che si presentavano al filosofo. Una era
quella di rinunciare completamente alla metafisica riducendo lambito della filosofia a quello della logica, della teoria della conoscenza e della riflessione sulla scienza. Fu la strada imboccata da molti, forse dalla maggioranza. Ha ragione Maria Lida quando esclude Zubiri da quel gruppo. Altri, pi
vicini alle scienze della cultura che a quelle della natura, optarono per la-
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Prefazione 13
diversa da quella dellanimale, una nuova formalit, la formalit della realt). Lorgano di attualizzazione di questa nuova formalit, la formalit
di realt, chiamato da Zubiri intelligenza. Ma non confondiamoci. Liper specificamente umano scaturisce dalla formalizzazione e avviene
allinterno di essa. Il che vuol dire che se vero che la formalizzazione animale priva di immediatezza, nel senso che sempre mediata, altrettanto
lo liperformalizzazione umana. Con ci si vuol forse sostenere che tutto
mediato, che non esiste nulla di immediato, che non v un punto originario fisso o qualcosa di simile nellintellezione umana? Zubiri, in un
esemplare esercizio di coerenza, dice di no, nel senso che tale punto esiste
e che effettivamente ci pone a contatto immediato e diretto con la realt.
Per ci stesso egli afferma che si tratta di mera attualizzazione, senza artifici n mediazioni di sorta. Ma aggiunge che tale momento ha un carattere puramente formale, poich i contenuti, e non potrebbe essere altrimenti, sono sempre mediati. Non possiamo dire che nellapprensione
primordiale di realt si dia formalit senza contenuti, il che sarebbe assurdo. Piuttosto, nellapprensione primordiale di realt, forma e contenuto
sono dati in modo compatto, dice Zubiri, il che significa che non possibile distinguere i contenuti in quanto contenuti. I contenuti non si danno
in quanto tali se non nel logos, e bench siano di realt, sono sempre e necessariamente mediati. Tale mediazione proprio ci che spiega il percorso del logos e il suo ricorso necessario, inevitabile, allirrealt. Il momento formale ci che Zubiri chiama realt, e la determinazione di
contenuti ci che costringe al giro intorno allirrealt, come Maria Lida
Mollo spiega con precisione nel suo libro.
La filosofia classica contrapponeva lens reale allens rationis. Realt
era ci che aveva esistenza extramentale. La tesi zubiriana completamente diversa: v realt come formalit, o realt formale, e v lirrealt che
esige la determinazione dei contenuti, sotto forma di percetti, ficti, concetti, ecc. Lirreale non meramente attualizzato bens costruito, ma solo nella e a partire dalla realt. Ecco il motivo per cui la realt lorizzonte trascendentale dellessere umano nonch loggetto adeguato della filosofia e,
ancor di pi, della metafisica.
Aggiunge tutto questo qualche elemento di novit agli sforzi portati a
compimento dai filosofi del XX secolo che hanno preteso di fare metafisica?
Credo di s, cos come credo che tale novit cominci a farsi vedere con chiarezza proprio adesso. Gli studi che stanno contribuendo a ci si trovano tutti
citati e analizzati in questo libro di Maria Lida Mollo. Ma non soltanto questo ci che lo dota di valore. Laspetto pi importante che si tratta di una ricerca profonda e innovativa, che chiarisce in modo molto convincente punti
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fondamentali del pensiero zubiriano. Il lettore che entrer in questo libro avr
la certezza di trovarsi di fronte a unesposizione rigorosa, completa e magnificamente elaborata del pensiero di Zubiri. Maria Lida non soltanto fa mostra
di una conoscenza esauriente dellopera zubiriana, ma inoltre capace di situare ogni testo e ogni idea nel contesto adeguato. qualcosa per cui tutti gli
studiosi di Zubiri devono esserle molto grati.
Diego Gracia
Direttore della Fundacin Xavier Zubiri
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INTRODUZIONE
I think; gi: but Im ill of thinking, mormor il figlio, ...I pronomi! Sono i pidocchi del pensiero. Quando il pensiero ha i pidocchi, si gratta, come tutti quelli che hanno i pidocchie nelle unghie, alloraci ritrova i pronomi: i pronomi di persona1. Il pi lurido di tutti quello di io,
quello che non si stacca, tanto pi se si pesta i piedi. Tanto pi se ci si illude di alleviare il prurito sdoppiando quello di persona in un altro scritto con
la i o con la y minuscola e in un aggettivo possessivo, come fa Ortega
quando dice Yo soy yo y mi circunstancia. O com accaduto in altre kenosi dellio, in altri abbassamenti verso la radice immemoriale dello spirito,
in altri svuotamenti e in altre alienazioni, tentati dal di dentro, come quello
di Gentile che distingue tra due Io: lIo-radice e lIo opposto al Non-io che
rampolla dal primo2, e come quelli di Hegel e di Husserl, giusto per fare
tre esempi classici di idealismo che si retrotrae dallio empirico fino a
scontrarsi con la resistenza della strana X del soggetto3.
Zubiri era ben consapevole che lunico modo di superare lidealismo era
fare i conti con esso. Non solo con gli esponenti che, nei termini diltheyani dei tipi di visioni del mondo, hanno un indice di rifrazione dello sguardo compatibile con lidealismo della libert, bens anche con quelli che
rientrano o che sarebbero potuti rientrare nellidealismo oggettivo, il che
spiega, da un lato, linsistenza su due autori-bersaglio quali Kant e Aristo1
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3
C.E. Gadda, La cognizione del dolore, in Romanzi, a cura di G. Brberi Squarotti, Utet, Torino 1997, p. 426.
G. Gentile, Forme assolute dello spirito (1909), in Id., La religione, Sansoni, Firenze 1965, pp. 259-275, p. 260.
Cfr. V. Vitiello, Grammatiche del pensiero. Dalla kenosi dellio alla logica della
seconda persona, Edizioni ETS, Pisa 2009. In particolare la prima parte, in cui
lAutore segue le venature dellidealismo per mostrare l dov fallito il passaggio
dallio al noi (Hegel), l dov stato ripristinato il primato dellio sul non-io fino
ad arrivare alla radice naturale dellio, allIo-sentimento sin dallinizio coinvolto nel dialettismo del pensiero (Gentile) e, ancora, l dove si imposta la trascendenza dellesse del cogito (Husserl).
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Introduzione
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rappresentativa e unaltra direzionale. praticando questultima che Zubiri progetta il riempimento dellAbgrund, cercando un appiglio allessere
che non si traduca in una nuova entificazione, ma che anzi ne mostri lulteriorit rispetto a un concetto non rappresentativo di realt. In un tale contesto, lirreale non appare ancora come abbozzo di realt e per questo di
Dio esclusa lesperienza ma come via che fa del suo telos non un ob-iectum, e neanche un mistero da custodire, bens un ainygma che ha il potere di spingere lintelligenza a intraprendere il cammino del suo scioglimento seguendo gli stadi intellettivi deidad-realidad divina-Dios. Secondo
tappe ben precise, quindi, che se non sono sentieri interrotti perch contano sul vincolo di religacin tra intelligenza e realt.
La tensione reale-irreale inoltre assunta come lelemento che determina la transizione dallontologia alla metafisica della realt. in questultima, finalmente offerta a un pubblico di lettori, non sempre avveduti, nel capolavoro del 62 Sobre la esencia ma anche, a una cerchia pi ristretta di
uditori che non si limitavano a udire, nella costellazione dei corsi extrauniversitari che si estendono fino alla fine degli anni Sessanta, che lirreale, di
cui si mostra leccedenza rispetto alla nozione di ens rationis, esibisce linfondatezza di ogni tentativo di assimilare la posizione di Zubiri a quella di
Surez. Dalla riflessione sullo spettro, che uno dei tre modi di irrealt, ai
quali dedicato, nel 67, un intero corso intitolato El hombre: lo real y lo
irreal, il terzo capitolo coglie il pretesto, e la sfida, di guardare la cosa dal
di dentro, dove il dentro non risponde n a unimmanenza positiva, n a
una materiale e neanche a unimmanenza nel senso della datit diretta, non
trattandosi n di real n di reell4, ma della struttura fisica della realt. Di
quel subsistema di note costitutive, lessenza appunto, nella cui unit di coerenza Zubiri rileva un livello pi originario rispetto a quello scolastico di
sussistenza, ma anche una radicalizzazione dellindividualit dellessenza
in piena indipendenza dal concetto di specie.
Il terzo capitolo anche quello maggiormente incentrato sui neologismi lessicali e semantici, sui solchi nel pensiero, che hanno avuto una
parte per nulla trascurabile nella ricezione di unopera, la cui numerosa
frequenza di ristampe stata pari solo ai fraintendimenti cui ha dato luogo. Certo non era poco quel che Sobre la esencia chiedeva al lettore del
suo tempo. Non che ora chieda molto meno, solo che a mettersi nei panni di chi non poteva conoscere la via analitico-descrittiva della noologia,
con cui Zubiri avrebbe integrato quella esplicativo-metafisica che dal
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Introduzione
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tinuazione delle mie ricerche in piena libert. Al prof. Rosario Diana dico
grazie per lo spirito solidale con cui segue e incentiva ogni impresa culturale. Tutta la mia gratitudine va al mio maestro, il prof. Giuseppe Cacciatore, che mi ha insegnato e mi insegna a leggere e a scrivere anche e soprattutto su ci che non lo trova pienamente daccordo. Mi sia infine
consentito di ringraziare mia madre, mio fratello, Enrico Masi e le amiche
alle quali ho fatto pi volte promesse davanti al calendario: Luda Adamovych, Alba F. Battista ed Eleni Lygerou.
M.L. M.
Nola, autunno 2012.
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I
DALLOGGETTO AL GIUDIZIO
LIRREALE NEI PRIMI SCRITTI
Soy esas cosas. Increblemente
Soy tambin el recuerdo de una espada
Y la de un solitario sol poniente
Que se dispersa en oro, en sombra, en nada.
Soy el que ve las proas desde el puerto;
Soy los contados libros, los contados
Grabados por el tiempo fatigados;
Soy el que envidia a los que ya se han muerto.
Ms raro es ser el hombre que entrelaza
Palabras en un cuarto de una casa.
J.L. Borges, La rosa profunda.
Xavier Zubiri nasce a San Sebastin (Donosti) il 4 dicembre 1898. E anagrafe e destino si intrecciano in quella che Jos Ortega y Gasset avrebbe
chiamato una terribile data, lanno della distruzione della flotta spagnola a
Cuba e della conseguente perdita, sancita dal trattato di Parigi, delle ultime
colonie. Terribile data, anche perch, rappresentando, per alcuni, il compimento di un progressivo quanto secolare decadimento, identifica quegli autori che, nati a met dellOttocento, costituiscono la generazione del 98.
Il concetto di generazione da Ortega inteso come lo strumento pi importante della storia, o meglio di una metastoria, posto che in esso si racchiude tanto la diltheyana connessione vitale come trama delle trame,
come legame storicamente espresso di caso, destino e carattere1, quanto la
categoria in grado di misurare il battito vitale di unepoca, ma anche, e a
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differenza di Dilthey, lo strumento che coniugandosi con un determinato sistema di idee e di credenze riuscirebbe a spiegare il cambiamento storico2
funge qui, in via preliminare, da chiave di lettura del panorama culturale spagnolo, delle sue luci e delle sue ombre, del compiuto e dellincompiuto,
insomma di quelleccedenza che fa del 1898 sia la data del suicidio di ngel
Ganivet3 sia la data di nascita di Xavier Zubiri, filosofo di una generazione di
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Il fatto che sancisce la nascita della generazione del 27 lomaggio a Gngora, a quello per delle Soledades, che aveva liberato la poesia facendola apparire
come scrive Mara Zambrano luminosa y oscura y fuente escondida que se
derrama inagotable por cauce imprevisible en laberintos que aprisionan dando libertad. Cfr. M. Zambrano, Acerca de la generacin del 27, in nsula, julioagosto, 1977, ora in Id., Algunos lugares de la poesa, a cura di J.F. Ortega Muoz,
Trotta, Madrid 2007, pp. 159-162. LAutrice, in apertura dellarticolo, mostra di
non condividere la teoria orteghiana delle generazioni, e lo fa ponendo laccento
sulla spaventosa discontinuit della storia (non di una determinata generazione
belligerante come dice Ortega) in particolare di quella spagnola, che va dallastorico allantistorico.
J. Ortega y Gasset, Vieja y nueva poltica, (conferenza pronunciata al Teatro de la
Comedia il 23 marzo 1914), in OC, vol. I (1902-1915), Taurus, Madrid 2004, p. 710.
Ivi, p. 715.
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Alla generazione del 98 appartengono, tra gli altri, Azorn, Baroja, Maeztu, Antonio e Manuel Machado, Valle-Incln, Benavente, Blasco Ibez, Menndez Pidal, Zuloaga e Ganivet (morto in quella stessa data). Per una ricostruzione dellorigine del dissenso tra il tradizionalismo di Menndez Pidal e lo storicismo
azionistico e quasi futuristico di Ortega non solo in merito allinterpretazione
della storia linguistica della Spagna ma anche riguardo alla visione della Spagna
nella sua storia, dissenso che scaturisce da due distinte scelte di metodo storiografico, cfr. F. Tessitore, Ortega y Gasset su Ramn Menndez Pidal, in G. Cacciatore, A. Mascolo (a cura di), La vocazione dellarciere. Prospettive critiche sul pensiero di Jos Ortega y Gasset, Moretti e Vitale, Bergamo 2012, pp. 465-478. Di
Tessitore vedasi anche Ultimi contributi alla storia e alla teoria dello storicismo,
I, Germania, Italia, Spagna, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2010.
10 E. Nicol, El problema de la filosofa hispnica, cit., p. 123; trad. it. pp. 129-130:
La decadenza minacciosa solo quando rozza lespressione di quelli che per
professione devono coltivarne la bellezza, e quando povero di contenuto e ottuso il loro pensiero. Al contrario, la generazione del 98 e quella seguente erano
cos ricche e feconde che non si comprende come sorsero da un fallimento; a
meno che [] esso non venga interpretato positivamente come una liberazione.
Daltra parte Miguel de Unamuno come sostiene Abelln la figura archetipica di una doppia reazione: Da un lato scrive romanzi e drammi di taglio simbolista che nulla hanno a che fare col precedente naturalismo, al punto che consapevole di ci chiama i suoi romanzi [in spagnolo novelas] nvolas. Dallaltro, tutta
la sua filosofia della maturit e in modo paradigmatico il suo gran libro Del sentimiento trgico de la vida una reazione contro la ragione positivista che aveva ricevuto nella sua fase di formazione universitaria a Madrid nei primi anni ottanta del XIX secolo []. Ragione e vita in chiara contrapposizione antitetica e
dialettica divengono le protagoniste di una lotta agonica, da lui identificata con
il sentimento tragico della vita. la lotta tra il positivismo naturalista e una vita
che si ribella contro ogni tipo di riduzionismo materialista [J.L. Abelln, X. Zubiri: una meditacin desde la posmodernidad, in D. Gracia (a cura di), Desde Zubiri, Editorial Comares, Granada 2004, pp. 15-23; p. 16]. Emblematiche dellistanza antimaterialistica, che per si diparte dallesigenza di concretezza, sono le
pagine dedicate al hombre de carne y hueso: E luomo, questa cosa, una
cosa? Per quanto la domanda sembri assurda, vi chi lha proposta. Non molti
anni or sono ha girato per il mondo una certa dottrina che chiamavamo positivi-
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si contrappone la generazione del 1411. In questultima, daltronde, si trovano i maestri della connessione vitale del 27, della quale fa parte Zubiri. E
se, come suggerisce Cerezo Galn, ci si concentra sullarco di tempo che va
dal 1912 al 1944, allora sul panorama spagnolo si ergono tre opere monumentali quali Del sentimento trgico de la vida, Meditaciones del Quijote e
Naturaleza, Historia, Dios. Queste tre opere di Unamuno, Ortega e Zubiri,
rispettivamente, a loro volta danno vita a tre paradigmi del pensiero spagnolo che, bench in dialogo e, il pi delle volte, in disputa tra loro12, sfuggono a
ogni tentativo di assimilazione, di superamento o di riconduzione delluno
allaltro13. Se, infatti, scrive ancora Cerezo
smo, che ha fatto molto bene e molto male. E tra i mali da essa provocati, vi
quello di averci portato un siffatto genere di analisi, per cui i fatti si polverizzavano, riducendosi a polvere di fatti. La maggior parte di quelli che il positivismo
chiamava fatti non erano se non frammenti di fatti (M. de Unamuno, Del sentimiento trgico de la vida, Ediciones Folio, Barcelona 2002, p. 9).
11 Tra i membri della Liga figurano Amrico Castro, Manuel Garca Morente, Salvador de Madariaga, Federico de Ons, Jos Moreno Villa, Fernando de los Ros,
Ramn Perez de Ayala, Pedro Salinas e Gregorio Maran.
12 La disputa tra Ortega e Unamuno, oltre ad avere una dimensione politica non scevra da alti e bassi nel rapporto di amicizia , si configura come esplicita distanza teoretica intorno al concetto di vita, ma anche come distanza metodologica nel perseguimento di un fine che per resta comune: la rivitalizzazione della societ spagnola.
Basti pensare che alla Defensa, dove Ortega vedeva nellespulsione di Unamuno dal
rettorato di Salamanca avvenuta nel 1914 a opera del ministro dellIstruzione Bergamn Garca un caso tipico di quel fatale meccanismo che tritura i resti della vitalit spagnola [J. Ortega y Gasset, Defensa de Unamuno en Salamanca, in OC, vol.
VII (1902/1925), Taurus, Madrid 2007, p. 400] seguirono delle lettere motivate
dalla circostanza per cui Bergamn era saltato dal Ministero como el corcho de una
botella in cui Ortega non fa altro che defilarsi dalla campagna pro rectorado. Cfr.
L. Robles (a cura di), Epistolario Completo Ortega-Unamuno, Ediciones El Arquero, Madrid 1987, p. 127. Rende bene le luci e ombre del rapporto tra Ortega e le sue
circostanze (Unamuno ne una, unaltra la Spagna) M. Pallottini, Ortega-Unamuno per posta: ermeneutica di circostanze. (Il primo ventennio del Novecento in chiaroscuri), in Rocinante, 1, 2005, pp. 33-40; in part. p. 39.
13 P. Cerezo Galn, Tres paradigmas del pensamiento espaol contemporneo:
trgico (Unamuno), reflexivo (Ortega) y especulativo (Zubiri), in Isegora, 19,
1998, p. 106: Tra questi tre modelli non si d una progressione dialettica, come
se ognuno di essi si alzasse sulle rovine del suo avversario, integrandolo in una
concezione di pi alto livello. Pi che di superamento dialettico bisognerebbe accettare qui lo schema diltheyano della disputa permanente tra plurali visioni del
mondo, che a causa della radicale eterogeneit delle loro premesse e dei loro atteggiamenti non si lasciano riassorbire in ununit superiore. A conferma dellinconciliabilit tra Ortega e Unamuno sul concetto di vita, vedi J. Ortega y Gasset,
La idea de principio en Leibniz y la evolucin de la teora deductiva, in OC, vol.
IX (1933/1948 obra pstuma), Taurus, Madrid 2009, p. 1143; trad. it. a cura di
Unamuno , innanzitutto, un pensatore spirituale, impegnato in una riforma religiosa autoctona, e Ortega un intellettuale, filosofo, senza dubbio, tutto dun
pezzo, ma votato ad una rigenerazione culturale e istituzionale della Spagna,
Zubiri risponde allimmagine del filosofo puro e duro [], filosofo di professione, nel senso pi nobile del termine, con uno stile mentale analitico e sistematico, ad un tempo, e una vocazione decisamente e risolutamente metafisica14.
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ne, abbiano potuto vedere la luce due filosofie e due metafisiche la cui
divergenza essenziale risiede nel principio, ovvero in ci che assumono
come fondamento: la vita per luna, la realt per laltra. Di certo il magistero
di un filosofo nonch organizzatore culturale come Ortega non pu non aver
lasciato delle tracce incancellabili, al punto che per Paulino Garagorri era impossibile concepire unintroduzione migliore al pensiero di Zubiri che non
fosse la conoscenza dellopera di Ortega16. Ma, sebbene non si possa fare a
meno di assumere il capostipite della Escuela de Madrid come il personaggio che si potrebbe dire anticipando una delle tesi zubiriane sulla storia
posibilita litinerario intellettuale del suo allievo, tuttavia bene unirsi allopinione di Pintor-Ramos nel salvare le distanze e, con esse, lo spazio di
originalit di ognuno, per cui il metafisico della ragione vitale e storica non
porta mediante alcun prolungamento o derivazione intrinseca al metafisico
della realt, ed entrambe le posizioni si muovono da un identico punto di partenza verso livelli eterogenei ed incompatibili17.
Se di koinona si deve pur parlare, questa non riguarda un metodo o
ununit di dottrina, come pensa Eduardo Nicol quando contrappone in termini generali la Escuela de Madrid alla Escuela de Barcelona18, ma, come
invece sostiene Diego Gracia, la condivisione di un nuovo orizzonte per il
filosofare19.
C per un elemento nucleare che permette di esplorare non solo le filosofie di Unamuno, di Ortega e di Zubiri, ma anche quella di un discepolo che ben presto sarebbe diventato un altro maestro nel segnare e nello
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capace di arrivare ad una forma o figura sistematica. Il suo valore inestimabile sta
nella fine struttura di tessuti corposi che pu offrire allarchitettura di un sistema. Per questo la fenomenologia non stata per noi una filosofia: stata.una
buona sorte.
P. Garagorri, Unamuno, Ortega, Zubiri en la filosofa espaola, Plenitud, Madrid
1968, p. 195.
A. Pintor-Ramos, El magisterio intelectual de Ortega y la filosofa de Zubiri, in
Cuadernos Salmantinos de Filosofa, X, 1983, pp. 55-78, p. 56.
E. Nicol, El problema de la filosofa hispnica, cit., p. 171; trad. it. p. 171: con
[Escuela de Madrid] non si designa linsieme dei filosofi che hanno insegnato a
Madrid, ma il gruppo di coloro che, formati da Ortega in questa Universit, seguono i suoi orientamenti ideologici. La scuola di Madrid rimarrebbe dunque definita dal pensiero del suo maestro, dal numero esatto dei suoi discepoli e dalle date
in cui il suo insegnamento incominciato e la sua influenza si andata diffondendo. Non possibile applicare allipotetica scuola di Barcellona nessuna di queste
tre forme di delimitazione. Sulla Escuela de Barcelona, cfr. S. Santasilia, Tra
Metafisica e Storia. Lidea delluomo in Eduardo Nicol, pref. di P. Colonnello, Le
Criti, Firenze 2010, pp. 56-69.
D. Gracia, La voluntad de verdad. Para leer a Zubiri, Labor, Barcelona 1986, p. 66.
scandire col proprio percorso intellettuale il risveglio della Spagna alla filosofia: Julin Maras. Lelemento che pu offrire una visione simultanea
di queste quattro diverse filosofie il tema dellirreale, che, daltra parte,
problema, filo conduttore e nucleo di senso della produzione intellettuale
di uno dei pi autorevoli studiosi della filosofia di Zubiri e non solo. Si
pensa qui a Jess Conill e allefficacia con cui ha rinvenuto: 1) in Unamuno, in particolare in Niebla che funge da ermeneutica vitale, la tendenza
a confondere la realt con la finzione nonch il ricorso alla metafora del sogno per mostrare come lirreale costituisca una forma di realt; 2) in Ortega il nesso tra realt virtuale e dimensione prospettica, in un ripensamento
dellapparenza e del valore in linea con Nietzsche; 3) in Zubiri facendo
leva sul corso del 1967 intorno a El hombre: lo real y lo irreal il ruolo
della fantasia, intesa quale libero movimento nella realt, che per condizione umana del senso, per cui lirreale il passo necessario per potere stare nella realt, e infine 4) in Maras il legame tra illusione e speranza e
quindi la funzione strumentale dellimmaginazione nella costruzione della
vita in una dimensione morale, ma anche la funzione strettamente artistica,
propria della fuerza potica creatrice di finzioni20.
Per ora, concentriamoci sulla figura del fondatore della generazione del
14 e sul raggio dazione che egli attribuisce alla sua idea di politica, di
grande politica, giacch non ha per oggetto soltanto il governo della Spagna, ma, pi radicalmente, il fine di rinvigorirne il polso vitale. Un tale
fine si fa uno con labbandono della vecchia idea di politica, intesa come
tattica di governo, a partire da un atteggiamento storico che mira pi alla
societ che allo Stato.
Cosicch arriver il giorno cos promette Ortega in cui, con questi o questi altri uomini, la nuova politica vincer le sue elezioni e persone del suo spirito avranno il bastone del comando; ma ci non avr un pizzico di importanza
in pi rispetto al fatto che si pubblichi un buon libro di anatomia o di elettrici-
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za e di vocazione espressosi nella difficolt di conciliare il sacerdote cattolico con il filosofo non scolastico, eppure non per questo restio ad adottare
concetti di ascendenza tomista, come ad esempio quello di ordinatio. Tra
laltro, allo stesso Pintor-Ramos che, com stato apena visto, non appare per nulla interessato a minimizzare gli esiti della condanna antimodernista preme richiamare lattenzione sulla libert di pensiero e originalit teoretica che Zubiri manifesta sin dal suo esordio filosofico. In effetti, bench
loggettivismo, prima posizione assunta dal giovane Zubiri, sia non solo
lesito di tre coordinate (neokantismo e Scolastica e, soprattutto, pi che
una scuola o una corrente, latteggiamento fenomenologico), ma anche un
percorso di pensiero foriero di alcune conquiste che si sarebbero rivelate
durature, tuttavia, non per questo, tale oggettivismo cessa di costituire un
momento di crisi, di separazione non solo dallantimodernismo ma anche
da alcuni capisaldi della filosofia moderna, e di transizione verso la per
cos dire possibilit ontologica della fenomenologia.
Spia di tale tensione il tentativo di mediazione che appare in un articolo doccasione intitolato Crisis de la conciencia moderna del 192527. In
esso, Zubiri segnala una via diversa di recupero del neotomismo, che non
sia restaurazione della vecchia scolastica, che non miri, per esempio, a
ci cui puntano Nol e Rousselot che chiedono al tomismo non soltanto
formule in grado di risolvere antiche questioni, ma anche la luce per vedere nuovi problemi con una rtina tomista28. Ricorrere alla Scolastica non
pu, dunque, consistere nella proiezione anacronistica delle categorie mecondanna antimodernista di inizio secolo cfr. A. Pintor-Ramos, Nudos en la filosofa de Zubiri, Universidad Pontificia de Salamanca, Salamanca 2006, p. 21: I
documenti pi duri provengono dal pontificato di Pio X (1903-1914); lenciclica
Pascendi si mostra inflessibile nellesigenza di attenersi al tomismo, il che culmina nelle famose XXIV Tesi tomiste, approvate da un decreto della Congregazione
di Studi poco prima della morte del papa. pur vero che il breve pontificato di Benedetto XV (1914-1922) rese un po pi flessibili le esigenze precedenti, ma
proprio in quel pontificato che viene approvato il Codice di Diritto Canonico del
1917 il cui canone 1366 impone ai professori di filosofia e teologia dei centri ecclesiastici di attenersi strettamente al tomismo; in ogni caso, la flessibilit, a partire dal 1922 con Pio XI, mai sembra andare al di l di una certa libert entro le diverse correnti della Scolastica e difficilmente si pu obliare il fatto che la lettura
di questi documenti della pi alta gerarchia stabiliva la neoscolastica come filosofia ufficiale dei cattolici e, in particolare, dei chierici.
27 Loccasione cui si allude la settimana tomista che si inaugur a Madrid il 7 marzo 1925 e che si chiuse il 14 marzo con una massiccia presenza della gerarchia ecclesiastica.
28 X. Zubiri, Crisis de la conciencia moderna (1925), in PE, p. 356.
34
dievali al livello critico del pensiero post-positivista, ma nel tentativo di recupero della sua anima oggettivista.
Del resto, anche nella tesi dottorale Zubiri rinveniva nella Scolastica lorigine degli elementi fondamentali del giudizio, e mostrava di vacillare nello scegliere i termini per evitare sia la credenza degli antichi sia la sintesi trascendentale kantiana: mero ritorno o vera e propria inaugurazione
di una Filosofia delloggettivit pura30?
La mediazione, tuttavia, transitoria. Il superamento del conflitto non
solo interiore, ma anche culturale, e dunque pubblico, avviene con il progressivo allontanamento dai centri ufficiali della cultura ecclesiastica lungo un travagliato processo di secolarizzazione che sarebbe stato direttamente proporzionale al recupero autentico della fede31.
Quel che a Zubiri interessa della versione buona della neoscolastica
il mantenimento del vincolo tra filosofia e scienze, ma non per gettarsi tra
le braccia dello scientismo, bens proprio per neutralizzare i mali della modernit, quella che ha estirpato, non superato, la sua origine medievale e
che per quello stesso motivo incompatibile con la contemporaneit, an-
29 Ivi, p. 355.
30 Ivi, p. 90: Non bisognerebbe tornare [istituire] alla Filosofia delloggettivit
pura? In tal caso la coscienza stessa sarebbe altro da una causazione reale e allora il giudizio, in quanto funzione logica, non potrebbe essere assimilato n ad una
credenza n ad una sintesi trascendentale. Gli elementi primi e fondanti di tale sintesi appaiono nella Scolastica.
31 J. Corominas, Zubiri en el perodo de la Guerra Civil, in D. Gracia (a cura di),
Desde Zubiri, cit., pp. 1-14, p. 4: Xavier Zubiri arriva a Roma a fine novembre
del 1935. Egli vuole sposare Carmen [Castro] ma lo potr fare solo se avr la dispensa papale. Prima dello scoppio della guerra in Spagna si verificano due avvenimenti capitali nella vita di Xavier che segneranno il suo atteggiamento nei confronti della guerra civile. La sua secolarizzazione e la rinascita della fede. L8
gennaio del 1936 il Papa approva la riduzione allo stato laicale sollecitata da Zubiri. []. Proprio quando smette di essere sacerdote si sente pi sacerdote che
mai. Sente che ha restaurato sinceramente di fronte a Dio la verit della sua vita,
sterilmente sacrificata a una finzione per quattordici anni (Lettera di X. Zubiri a
Llus Carreras i Mas, 19-11-1935).
chilosata com in un modello antiquato di scienza: il meccanicismo matematico e idealistico che poggia su una teoria psicologistica32.
Il circolo vizioso che tiene uniti meccanicismo, idealismo e psicologismo trae nutrimento da un pregiudizio intorno allo statuto gerarchico della
realt, che nella tesi dottorale riassunto in questi termini: La realt tanto pi reale quanto pi razionale, vale a dire, pi spirituale []. Soltanto
il mondo meccanico e geometrico ha valore oggettivo. Il meccani(ci)smo
moderno essenzialmente idealista33.
Diamo ora un rapido sguardo alla cornice degli scritti giovanili, a quei
due anni scanditi da un ritmo serrato di riconoscimenti ma anche da maestri dagli orientamenti filosofici e religiosi ben diversi insomma a quel
punto di partenza della riflessione zubiriana che va a coincidere con el
punto de partida de las ideas de Husserl e che trova nelloggettivismo, e
soprattutto nellambito descrittivo apertosi con la fenomenologia, un valido antidoto alla mortifera e antiquata assolutizzazione dei risultati moderni delle scienze positive.
A leggere le pagine della tesi dottorale dedicate allaspetto scientifico
della crisi contemporanea ci si imbatte nella teoria degli insiemi, che determina uno slittamento dalla quantit alla molteplicit nonch la definizione
del numero come specie ideale, e nel concetto di infinito attuale introdotto
da Cantor, che funge da fondamento del sistema dei numeri transfiniti e
32 Si noti la convergenza con il punto di arrivo della filosofia di Husserl, (La crisi
delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, trad. it. a cura di E. Filippini, pref. di E. Paci, Net, Milano 2002, 12, p. 94): Il mondo in s , cos almeno si crede di poter apoditticamente affermare, ununit sistematica razionale,
in cui tutti i particolari devono poter essere determinati razionalmente fino allultimo. La sua forma sistematica (cio la sua struttura essenziale universale) pu essere attinta, anzi gi preliminarmente nota e definita in quanto in ogni modo
puramente matematica.
33 X. Zubiri, Teora fenomenolgica del juicio, in PE, p. 85. Daltra parte, Pintor-Ramos ravvisa nella relazione estensiva tra i concetti, cos com proposta nella dottrina del giudizio di Natorp, secondo cui il giudizio una relazione di estensione,
il risultato di quella concezione tipicamente moderna della realt che ridusse la
natura in termini quantitativi, rifiutando cos ci che era considerato come irreale:
gli aspetti qualitativi. Il che dimostra che, sin dalla sua stessa origine, tale dottrina aveva in nuce una visione idealista della realt (A. Pintor-Ramos, Zubiri y la
fenomenologa, in Realitas, III-IV, 1976-1979, pp. 388-565, p. 534).
36
Central de Madrid dove insegnavano, tra gli altri, Jos Ortega y Gasset,
Manuel Garca Morente37 e Julin Besteiro38, e dove Zubiri non poteva, per
motivi diversi, non essere messo a contatto con il neokantismo, che, come
si detto, costituisce, insieme alla fenomenologia e alla neoscolastica, una
delle tre coordinate del suo periodo di formazione.
La versione marburghese del neokantismo e la fenomenologia coincidevano su un punto che avrebbe rivestito unimportanza capitale nellintera
opera di Zubiri: in Husserl, come in Natorp, c lespunzione della mitologia dellattivit dal termine atto39. A riconferma della presenza del neoza dal titolo Thorie et practique dans la vie de lesprit. La sua opera pi importante Filosofa y vida, CSIC, Madrid 1950-1954, 3 voll.
37 Nel 1917 Garca Morente pubblica La filosofa de Kant. Una introduccin a la filosofa, dove, com frequente negli scritti di questo periodo, non mancano pagine dedicate al problema dello psicologismo. Tra gli autori e le correnti presenti nel
suo periodo formativo ritroviamo Cohen e Natorp, Boutroux, e poi il bergsonismo, pi oltre, essendo ormai titolare della cattedra di Etica, viene per cos dire
folgorato dalla nuova regione doggetti offertagli dalla fenomenologia e dalla
teoria dei valori. Su di lui ebbero enorme influenza Heidegger e Ortega, in particolare lintima compenetrazione con questultimo, la cui filosofia, in uno scritto
del 1935, era considerata un punto di partenza fondamentale, evidenza primaria
e radicale. Si vedano le belle pagine che gli dedica Julin Maras tralasciando
la non tanto felice affermazione che, alludendo alla tardiva conversione, esprime
il rimpianto per una morte che avrebbe stroncato lo que hubiese sido, tras unos
aos de maduracin y esfuerzo, el rendimento intelectual de su mente ya catlica,
pertrechada con los extraordinarios recursos de que dispona ne La filosofa
espaola actual, Espasa-Calpe Argentina, Buenos Aires 1948, pp. 123-131, in
particolare quelle dedicate alla sua preziosa opera di traduttore (Kant, Descartes,
Spengler, Husserl, la Historia Universal di Walter Goetz, Keyserling) che fanno
dire a Maras che se lammirato maestro fosse nato nel XIII secolo, sarebbe appartenuto alla scuola di traduttori di Toledo.
38 Tra le opere di Julin Besteiro spicca Los juicios sintticos a priori desde el punto de vista lgico, Ediciones de La Lectura, Madrid 1927.
39 E. Husserl, Ricerche logiche, 2 voll., a cura di G. Piana, il Saggiatore, Milano
20052, vol. II, Quinta Ricerca, p. 211, n. 17: Noi siamo pienamente daccordo
con Natorp, quando egli obietta allassunzione effettiva degli atti psichici come
attivit della coscienza o dellio: Solo perch la coscienza spesso o sempre accompagnata da una tensione, essa appare come un fare ed il suo oggetto come un
agente [P. Natorp, Einleitung in die Psychologie]. Anche noi rifiutiamo la mitologia delle attivit; noi non definiamo gli atti come attivit psichiche, ma come
vissuti intenzionali. Che invece Natorp non fosse pienamente daccordo con
Husserl lo conferma la recensione al primo volume delle Ricerche logiche che non
solo prende di mira il non risolto rapporto tra la temporalit empirica degli atti di
coscienza e la sovratemporalit ideale dei corrispondenti oggetti logici, ma pronostica altres la soluzione idealistica cui Husserl sarebbe giunto percorrendo la via
del trascendentale kantiano. Sulla recensione di Natorp, ma anche sulla mancata
38
terpretata come linsieme delle conoscenze scientifiche, come legge, come idea e
compito della ragione (ivi, p. 273).
41 PE, p. 300.
42 Ivi, pp. 300-301.
40
Nol43 e dal titolo Le problme de lobjectivit daprs E. Husserl. I. La logique pure. Nello stesso anno egli consegna la sua tesi di dottorato alla Universidad Central de Madrid dal titolo Ensayo de una teora fenomenolgica del
juicio44, di cui una versione rivista (con non poche modifiche di cui si ha notizia grazie al prezioso lavoro di curatela di Antonio Pintor-Ramos) sarebbe
stata pubblicata due anni dopo.
Non certo casuale che il relatore della tesi dottorale sia Ortega45. In un
articolo del 1936 intitolato Ortega, maestro de filosofa, Zubiri ricorda il
primo incontro, nel 1919, con chi avrebbe, sin da subito, posto in primo
piano il realismo e lidealismo come i termini di una gigantomachia impersonata da Aristotele e Kant:
Che non sia casuale che Ortega compaia come relatore della prima tesi
su Husserl facilmente comprensibile se si pensa a testi quali Sensacin,
construccin e intuicin e alla recensione al libro di Hofmann Sobre el concepto de sensacin, che sono i primi scritti sulla fenomenologia in lingua
spagnola. lo stesso Zubiri a ringraziare nel prologo della tesi dottorale il
suo illustre professore, don Jos Ortega y Gasset, introduttore in Spagna
della fenomenologia di Husserl, che ha accettato di presentare la sua tesi
allUniversidad Central e al quale riconosce il debito della propria iniziazione in questo genere di ricerche filosofiche47.
43 Suo il primo articolo su Husserl in lingua francese, Les frontires de la logique,
in Revue Noscolastique de Philosophie, 17, 1910, pp. 211-233.
44 Questo scritto giovanile stato oggetto di indagine di una delle prime opere edite
in Italia sul pensiero di Zubiri: A. Savignano, Psicologismo e giudizio filosofico in
M. Heidegger-X. Zubiri-J. Marchal, La Garangola, Padova 1976, pp. 131-166.
LAutore, nel segnalare lindubbia ascendenza husserliana dellEnsayo, tuttavia
conclude che evidente che Zubiri presenta alcune originali intuizioni concernenti il rapporto tra filosofia e scienza moderna. In particolare sono prese in considerazione le principali acquisizioni in campo matematico, fisico, psicologico
con lintento di delineare una prima sintesi filosofica proprio partendo da quelle
ricerche (ivi, pp. 165-166).
45 Il presidente della commissione era Adolfo Bonilla San Martn e gli altri membri
erano Manuel B. Cosso, Julin Besteiro e Manuel Garca Morente.
46 X. Zubiri, Ortega, maestro de filosofa, in El Sol, Madrid 8 marzo 1936.
47 PE, p. 71.
Se, per, perfettamente comprensibile che il relatore della tesi sia Ortega, diversa la questione se questi sia stato o meno il ponte diretto tra Zubiri e la fenomenologia, dubbio, questo, insinuato da Pintor-Ramos quando afferma che non sicuro n probabile che fosse nei corsi di Ortega che
Zubiri sent parlare di Husserl per la prima volta48, e quando richiama lattenzione su un non trascurabile elemento di lontananza: il punto di vista su
Husserl sarebbe per certi versi, e solo inizialmente, pi affine a quello di
Nol che a quello di Ortega49.
Rimane, almeno a parere di chi scrive, un dato di difficile contestazione che il punto di partenza non solo nella ricezione di Husserl ma anche
nellimpostazione del problema del giudizio, sia costituito, tanto per il
maestro quanto per lallievo, dalle Logische Untersuchungen. Basta, infatti, tener presente il corso tenuto da Ortega da ottobre del 1915 a marzo
del 1916 al Centro de Estudios Histricos dal titolo Sistema de la Psicologa (di cui nel 1916 erano stati pubblicati nel primo volume di El
Espectador dei frammenti estratti dalla quinta e dalla settima lezione)
per capire quanto la primavera delle Ricerche logiche, pi che rinverdire la psicologia del XIX secolo, avesse inaugurato una nuova epoca, un
inusitato modo di guardare e un inesplorato territorio di oggetti50. Daltra
48 A. Pintor-Ramos, Zubiri y la fenomenologa, in op. cit., p. 399: Lagostiniano P.
M. Arnaiz pubblic nel 1914 il secondo volume, dedicato allintelligenza, di un
trattato di Psicologia [Psicologa fundada en la experiencia, vol. II: La inteligencia, Senz de Jubera, Madrid 1914], alcuni paragrafi del quale erano dedicati alla
figura, sconosciuta per la maggior parte dei lettori, di Husserl. Considerata lautorevolezza di cui allora godeva lautore, facile pensare che la sua opera abbia
avuto una notevole diffusione e che siano stati molti gli spagnoli che lessero l per
la prima volta il nome di Husserl, soprattutto se si ha presente che larticolo di Ortega apparve in una pubblicazione poco diffusa. Zubiri, quantomeno, ricorda di
aver visto menzionato per la prima volta il nome di Husserl nellopera di Arnaiz.
49 Occorre precisare che lo stesso Pintor-Ramos condivide laffermazione di Diego
Gracia (Id., La voluntad de verdad, cit., p. 75), che in linea con gli studi di
Germn Marquinez Argote sul periodo lovaniese di Zubiri sostiene che Nol,
pur rappresentando un punto di riferimento nella critica allepistemologia neoscolastica, tuttavia non smise mai di essere uno scolastico aperto alla fenomenologia, mentre Zubiri ci appare, sin dai primi scritti, come un fenomenologo interessato alla scolastica.
50 Per questo stesso motivo qui si crede che vada rivista lindividuazione da parte di
Pintor-Ramos di due diversi punti di partenza: le Idee per Ortega e le Ricerche logiche per Zubiri (Cfr. A. Pintor-Ramos, Zubiri y la fenomenologa, cit., pp. 398401). Per ledizione italiana di Sistema de la psicologa, vedasi il volume da me
curato: J. Ortega y Gasset, Sistema di psicologia e altri saggi, Armando, Roma
2012, che comprende anche la traduzione di Sensacin, construccin e intuicin,
Sobre el concepto de sensacin e i frammenti Para un diccionario filosfico.
42
Ci che Ortega port dalla Germania fu la sua mente attanagliata da problemi. [] Si direbbe che le sue riflessioni nacquero dal malumore che gli causavano, da un lato, lio assoluto dellidealismo e, dallaltro, limpero tirannico
della ragione scientifica, soprattutto nella sua forma fisico-matematica. Fino a
pochi anni fa gli sentivo dire: Adoro disturbare la geometria52.
Ma negli anni in cui, se non certo che Ortega segue Zubiri nei primi
scritti, tuttavia indubbio che rappresenta uno dei suoi pi attendibili interlocutori, la fenomenologia che ancora non oggetto di accuse di
idealismo, ma che invece si mostra come un antidoto efficace contro lo
scientismo neokantiano la vera filosofia, lunica filosofia possibile in
quanto risponde allatteggiamento di risoluta fermezza, che, come detto
prima, il tratto distintivo della generazione del 14. Il radicalismo della fenomenologia strettamente legato allabbandono di ogni presupposto, allimperativo non soltanto metodologico, ma anche etico, di assumere latteggiamento del diseredato, che deve guadagnarsi la vita sin
dalla culla, condizione di rigore per Husserl, situazione disperata per
Ortega, che al IV Congresso della Asociacin Espaola para el Progreso de las Ciencias del 1913 aveva cos dichiarato: la filosofia nasce, di
conseguenza, in una situazione disperata. Essa deve per cos dire guadagnarsi la vita sin dalla culla. Da qui deriva il suo radicalismo. Non le
51 J. San Martn, Ensayos sobre Ortega, UNED, Madrid 1994, p. 245.
52 X. Zubiri, Ortega, (1955), in EM, p. 226. Lo stesso passo era presente nellomaggio tributato al maestro in occasione del suo settantesimo compleanno e significativamente pronunciato nella cornice del corso Filosofa primera tenuto da Zubiri
nel 1952/53.
44
(lesser bianco della carta distinto dalla carta bianca), numeri, disgiunzioni, sistemi, totalit, molteplicit indeterminate e stati di cose55, per Zubiri, che qui non appare interessato a denunciare nessuna svolta, lesempio di unidea.
e conclude facendo una confusa allusione al metodo della riduzione eidetica prima di descrivere e di spiegare bisogna supporre lideare. Il metodo che presuppone la formazione di esempi quello che, in definitiva, costituisce la fenomenologia contemporanea56.
Allora si ritorna allidealismo?57. Nientaffatto. La carica esplosiva
dellintuizione categoriale non quella di aver inteso loggetto come unidea ma lidea come un oggetto e come loggetto di un atto che lo d cos
come esso si d (ferma restando la priorit degli oggetti reali rispetto a
quelli irreali)58. Inoltre, essa ha aperto la via allintuizione eidetica in virt di un ripensamento del ruolo dellimmaginazione che avrebbe risolto
55 Cfr. E. Husserl, Ricerche logiche, vol. II, cit., Sesta Ricerca, 43 I correlati oggettivi delle forme categoriali non sono momenti reali, pp. 439-440.
56 X. Zubiri, Filosofa del ejemplo, in PE, p. 367.
57 Vedi lappendice della Sesta Ricerca inserita da Husserl nella terza edizione delle
Ricerche logiche, ivi, p. 504: Kant non ha mai chiarito il carattere peculiare dellideazione pura, dellafferramento adeguato delle essenze concettuali e delle
validit generali secondo leggi essenziali: a Kant sfuggito dunque il concetto fenomenologicamente autentico della priori. Perci egli non ha mai potuto assumere lunico scopo possibile di una critica rigorosamente scientifica della ragione, lo
scopo cio di indagare le leggi essenziali pure che regolano gli atti come vissuti
intenzionali in tutti i loro modi di donazione oggettivante di senso e di costituzione riempiente dellessere vero. Vedi anche Id., Logica formale e trascendentale. Saggio di critica della ragione logica, a cura di G.D. Neri, Mimesis, Milano
2009, p. 253: [il concetto di eidos] definisce insieme anche lunico dei concetti
dellequivoca espressione a priori che noi riconosciamo filosoficamente. solo
ad esso che ci si riferisce nei passi dei miei scritti dove si parla di a priori.
58 Ivi, pp. 178-179: In un senso diverso da quello di una legittima sussunzione delle idee sotto il concetto delloggetto e quindi del substrato di possibili predicazioni, non assolutamente possibile equiparare oggettualit reali e ideali, come si
pu comprendere del resto proprio a partire dalla nostra dottrina. La realt [Rea-
non pochi problemi, come ad esempio quello posto dal melo innestato o
dal numero delle oscillazioni del suono che sta echeggiando. In altre parole, avrebbe posto rimedio alla mancanza di quei fenomeni in divenire
che, per la propria provvisoria incompiutezza o per la loro doppiezza, non
potevano offrire il primo tipo di perfezione59 che invece si verifica
quando loggettualit vissuta e colta nella percezione cos com almeno finch non vi fosse stato un altrettanto radicale ripensamento della sintesi continua di percezioni non pure, come nelle Lezioni sulla coscienza
interna del tempo, che non a caso rappresentano il punto di transizione
dalle Ricerche alle Idee.
Tornando a Zubiri, occorre segnalare che proprio lopportunit offerta
dalla fenomenologia di prescindere dal momento di realt delloggetto ci
che farebbe di essa larbitro in grado di decretare la definitiva cessazione della lotta tra i giganti, di cui suggestivamente parlava Ortega. Perci
Jess Conill, che propende per mostrare la continuit tra maestro e allievo,
al di l di silenzi eloquenti o sonori e di assenza di citazioni, rintraccia nella fenomenologia la via che entrambi imboccano per uscire dallalternativa
realismo-idealismo. Sicch, pur riconoscendo la specificit dei sentieri che
si biforcano, come quello della noologia e della metafisica, tuttavia egli
rinviene nel percorso in cui per ambedue prende forma il superamento
litt] ha una priorit dessere rispetto a qualsiasi irrealt, in quanto per essenza
tutte le irrealt si possono ricondurre a realt effettive o possibili.
59 E. Husserl, Ricerche logiche, vol. II, cit., Sesta Ricerca, 37 La funzione di riempimento della percezione. Lideale del riempimento ultimo, in particolare pp.
419-420: Dobbiamo distinguere la perfezione delladeguamento rispetto allintuizione (ladeguazione nel senso pi naturale e pi lato) dalla perfezione del riempimento ultimo (ladeguazione rispetto alla cosa stessa), che presuppone il
primo tipo di perfezione []. Se loggettualit qualcosa che viene internamente vissuta e colta nella percezione riflessiva cos com, allora pu associarsi il secondo tipo di perfezione; ad esempio, quando in rapporto ad un giudizio categorico, che abbiamo or ora enunciato, parliamo della rappresentazione del soggetto di
questo giudizio. Di contro manca il primo tipo di perfezione, quando indichiamo
come innestato il melo che sta di fronte a noi, oppure quando parliamo del numero delle oscillazioni del suono che sta echeggiando, e in genere quando parliamo di determinazioni delloggetto percettivo che, anche quando sono co-intenzionate nellintenzione percettiva, non cadono tuttavia nella manifestazione
nemmeno in un modo pi o meno adombrato e conclude poich il riempimento ultimo non pu includere assolutamente nessuna intenzione non riempita, esso
deve realizzarsi sulla base di una percezione pura: ad esso non pu bastare una
percezione oggettivamente completa, che si compia tuttavia secondo una sintesi
continua di percezioni non-pure.
46
la critica alla riduzione, la critica della coscienza, il bisogno di trovare una base
pre-razionale per la ragione, il recupero della realt (ad un livello pre-teoretico), un certo superamento della tendenza ontologizzante della filosofia in vista
di orientarla verso una nuova metafisica (al di l dellessere)60.
Si tenga a mente, per, che la posizione di Zubiri nei confronti dellidealismo , sin dalla tesi dottorale, cos articolata da non consentire facili
contrapposizioni. egli stesso a chiarire di non essere toto coelo contro lidealismo, ma solo contro la declinazione soggettivistica che esso ebbe nella filosofia moderna, cos come, a parer suo, loggettivismo della filosofia
antica poteva essere recuperato a patto di espungervi il difetto dellontologismo61. Daltronde, nel fare esplicita menzione delle Ricerche logiche,
Zubiri utilizza, non senza prima scusarsi, il neologismo arreal per riferirsi
al carattere che assume un oggetto una volta che esso stato isolato dalle sue condizioni di realt e ridotto a quelle della sua pura idealit62. Ma
proprio su questo passo che Zubiri sarebbe in seguito intervenuto in vista
della pubblicazione della tesi dottorale che, come gi detto, avvenne due
anni dopo la discussione, nel 1923 con una nota per mettere in guardia
dalle profonde tracce di soggettivismo63 di cui la fenomenologia che
era stata inizialmente salutata come lalternativa contemporanea sia alla
Psicologia sia alla Cosmologia avrebbe fatto fatica a liberarsi.
Ma rievochiamo, insieme a Zubiri, il momento dellentusiastica ricezione. Nel prologo alledizione inglese del primo e ponderoso libro apparso
per la prima volta nel 1944, Naturaleza, Historia, Dios, Zubiri volge, appena pubblicata Inteligencia y realidad (1980), uno sguardo retrospettivo alle
tappe della sua filosofia e, nel riferirsi alla prima di esse, scrive: la fenomenologia ebbe una doppia funzione. Una, quella di apprendere il contenuto delle cose, laltra, quella di aprire un libero spazio per il filosofare contro ogni servit psicologica o scientifica. E questultima funzione fu per me
60 J. Conill, Ortega y Zubiri, in J.A. Nicols, . Barroso (a cura di), Balance y perspectivas de la filosofa de X. Zubiri, Editorial Comares, Granada 2004, pp. 483497, p. 490. Ma di Jess Conill vedi anche La transformacin de la fenomenologa en Ortega y Zubiri: la posmodernidad metafsica, in Id., Ortega y la
fenomenologa, UNED, Madrid 1992, pp. 297-312.
61 X. Zubiri, El problema de la objetividad segn Husserl, in PE, p. 110, nota 79.
62 X. Zubiri, Ensayo de una teora fenomenolgica del juicio, in PE, p. 112.
63 Ivi, p. 113.
3. Il preambolo: lantipsicologismo
Nella tesi presentata a Lovanio nel febbraio del 1921, intitolata Le problme de lobjectivit daprs Ed. Husserl, Zubiri articola la sua indagine
in tre parti: 1) il punto di partenza delle idee di Husserl, 2) lidea di una riforma della logica, 3) lidea delloggettivit pura. Lultima di queste riservata alla tesi di dottorato, che, come si detto, viene presentata nel maggio dello stesso anno, ma col titolo di Ensayo de una teora
fenomenolgica del juicio. Allora si tratta delloggettivit pura o del giudizio? Che il cambiamento di nome non corrisponda a un cambiamento di
programma, ma anzi a una sua ancor pi decisa messa in opera viene chiarito sin dal Prlogo: labbozzo stesso della definizione del giudizio,
come forma non-psichica della coscienza, diventa impossibile senza prima
precisare le nozioni capitali di coscienza e contenuto, oggetto e soggetto
onde evitare gli equivoci in cui sinciampa nel voler stipare la selva vergine dei dati immediati della coscienza66. Quella che per potrebbe appari64 X. Zubiri, NHD, p. 14. Cfr. anche A. Gonzlez, Xavier Zubiri: vida y obra, in J.A.
Nicols, . Barroso (a cura di), Balance y perspectivas de la filosofa de X. Zubiri, cit., pp. 37-43.
65 Vedi in particolare A. Meinong, ber Annahmen, Barth, Leipzig 1902 e Id., Die
Stellung der Gegenstandstheorie im System der Wissenschaften, Voigtlnder,
Leipzig 1907. Cfr. anche il concetto di proposizione in s che non nulla di esistente che emerge dalla Wissenschaftslehre di Bolzano.
66 X. Zubiri, Ensayo de una teora fenomenolgica del juicio, in PE, p. 70.
48
re come una precipua attenzione per loggetto, per la sua propriet modale
(esistenziale, fantastica o ideale) e per la sua propriet materiale (contenuto quantitativo o qualitativo) temperata dalla consapevolezza che loggettivit non costituita solo dal soggetto del giudizio ma anche dal predicato, e per ci stesso alla distinzione modale occorre affiancare quella tra
giudizi assoluti e relativi, a seconda che alloggetto venga giustappunto attribuita una propriet assoluta o relativa.
A uno sguardo pi accurato, come quello dedicatogli da Pintor-Ramos, la
tesi di Madrid allarga, estende e rafforza lantipsicologismo di quella di Lovanio, offrendo in questo modo una cornice pi adatta alla trattazione
delloggettivit, in quanto indagherebbe sul modo in cui loggettivit ideale
si integra con le componenti reali introdotte dal giudizio. Da ci Pintor-Ramos deduce che, non contento di aver intaccato i capisaldi dello psicologismo logico, Zubiri andrebbe anche oltre Husserl nellintento di mettere fuori uso addirittura lo psicologismo epistemologico 67. Delleventuale
superamento dello psicologismo epistemologico si dir pi avanti. Per ora
bene segnalare che era stata proprio la lettura di Bolzano68 a far avvertire a
Husserl la necessit di gettar luce sul rapporto ideale-reale, sulla forma di
incontro, di teso incontro, tra lato oggettivo (proposizioni in s, proposizioni espresse, verit in se stesse, verit espresse) e lato soggettivo (giudizi
possibili, giudizi reali, conoscenze possibili, giudizi conoscitivi), tra entit
67 A. Pintor-Ramos, Zubiri y la fenomenologa, cit., p. 414: Ogni giudizio ha il fine
di dare espressione alla verit, ma la verit in s, giusto per utilizzare lespressione di Bolzano che a Husserl piaceva usare, non dipende in modo alcuno dal
giudizio, il quale introduce delle componenti reali che non sono affatto incluse
nella verit come adaequatio rei et intellectus. In questo senso, il problema del
giudizio pi complesso di quello della verit, soprattutto per il suo riferimento a
fattori temporali e psicologici che, presupponendo la verit e questo valido anche per il giudizio falso rendono molto pi complicato il problema dello Psicologismo. In questo modo, Zubiri oltrepassa qui la cornice dello Psicologismo logico, su cui si erano concentrati polemicamente Husserl e la tesi di Lovanio, per
opporsi ad uno Psicologismo epistemologico, di maggior respiro. Per la distinzione tra scetticismo metafisico e il pi rigoroso concetto di scetticismo logiconoetico, vedi E. Husserl, Ricerche logiche, vol. I, cit., Prolegomeni a una logica
pura, 32-33, in part. 33, p. 129.
68 B. Bolzano, Wissenschaftslehre (1837), Meiner, Leipzig 1929, I, p. 77 (trad. it. in
V. Costa-E. Franzini, P. Spinicci, La fenomenologia, Einaudi, Torino 2002, pp. 2324): Con proposizione in s io intendo semplicemente una qualsiasi asserzione
che qualcosa sia o non sia, indifferentemente dal fatto che questasserzione sia
vera o falsa, che qualcuno labbia effettivamente pronunciata o no, o anche soltanto che qualcuno labbia o non labbia pensata nella sua mente.
50
espressa nella Logica del 1890 scritta con Hfler e ne Gli oggetti di ordine
superiore72 del 1899. Zubiri annovera Meinong tra coloro che condividono
il terzo pregiudizio psicologistico, quello che, chiamando in causa il sentimento dellevidenza, confonde il piano della logica con quello della psicologia. In piena consonanza con i Prolegomeni husserliani leggiamo che,
nellottica distorcente di tale pregiudizio,
Alla liberazione dal terzo pregiudizio cui non estranea unindebita assimilazione della logica pura a quella che Husserl chiama tecnologia, il
cui scopo quello di farci progredire nella conoscenza della verit74 non
basta per una semplice inversione della linea evidenza-sentimento di evidenza-verit, e ci perch non solo levidenza non condizione del riconoscimento della verit, ma perch c verit che pu o non pu esserci evidenza, visto che ogni giudizio evidente vero, ma non ogni giudizio vero
evidente75. E poi non il sentimento dellevidenza a essere condizione,
nel senso di possibilit empirica, della verit, ma latto di sentire il contenuto ideale a essere condizione dellevidenza del giudizio; in termini strettamente husserliani, lo stato di cose come correlato di un atto identificante e
lidentit come correlato di unidentificazione di coincidenza (verit) a essere la condizione delleffettuazione attuale dellidentificazione adeguata (evidenza). Levidenza, allora, non un sentimento ma vissuto della verit e, di
conseguenza, arriviamo alla verit pura come oggetto della logica76. Di cer72 Cfr. A. Hfler, A. Meinong, Logik, Wien, 1890; A. Meinong, Die Gegenstnde
hherer Ordnung und deren Verhltnis zur innerer Wahrnehmung, in Zeitschrift
fr Psychologie und Physiologie der Sinnesorgane, 21, 1899, pp. 182-272; trad.
it. a cura di E. Melandri, Gli oggetti di ordine superiore in rapporto alla percezione interna, Faenza editrice, Faenza 1979.
73 X. Zubiri, El problema de la objetividad segn Husserl, in PE, p. 55. Ma su questa particolare critica a Meinong cfr. E. Husserl, Ricerche Logiche, vol. I, cit.,
Terzo pregiudizio. La logica come teoria dellevidenza, p. 189.
74 Ivi, p. 187.
75 X. Zubiri, El problema de la objetividad segn Husserl, in PE, p. 55.
76 Ivi, p. 56.
to non come oggetto di una percezione, e nel caso dellevidenza, non come
esito della percezione adeguata della verit, ma come correlato di un atto di
apprensione oggettivante, di un afferramento vero e proprio della verit che
a portata di mano (vorhanden) e che per ci stesso offre la possibilit di
afferrare la concordanza tra linteso e il dato come tale portandola alla coscienza intenzionale in una percezione adeguata77.
La confusione tra il piano della logica e quello della psicologia per derivata, in questo come in altri casi, dalla confusione tra reale e ideale, cos
come appare evidente dallanalisi del primo pregiudizio, riguardante le leggi
del giudizio, e del secondo, che concerne il contenuto del giudizio. Sempre
sulla scia delle Ricerche logiche, leggiamo che il primo pregiudizio, nel qualificare come psichiche le leggi della logica (dacch la logica regola un atto
psichico qual la conoscenza), ci pone di fronte alla necessit di distinguere
tra i termini che determinano lequivocit delle leggi psichiche, nella disamina tra i diversi tipi di leggi: da un lato quelle teoriche e, dallaltro, quelle
normative, a loro volta suddivise in metodologiche e tecniche78. Liberarsi dal
primo pregiudizio diviene quindi possibile non solo una volta che si riusciti a distinguere tra legge psicologica e legge ideale ma anche tra legge ideale
e normativa, che vuol dire non assumere la vocazione naturale delle leggi
logiche e delle leggi puramente matematiche a svolgere una funzione regolativa del pensiero come base su cui fondare la loro assimilazione alla funzione pratica che pure possono avere. Di particolare interesse la confutazione
del secondo pregiudizio, che daltra parte evidenzia il salto che lintuizione
categoriale fa fare a Husserl nelle Ricerche logiche rispetto al livello della Filosofia dellaritmetica. Se, infatti, al suo esordio il numero era stato definito
come un particolare aggregato che poteva essere chiarito solo descrivendo
77 E. Husserl, Ricerche logiche, vol. II, cit., Sesta Ricerca, 39. Evidenza e verit,
p. 423. Vedi le altre definizioni di verit come 2) idea relativa alla forma datto,
cio lessenza conoscitiva, intesa come idea, dellatto empiricamente accidentale
dellevidenza, o lidea delladeguazione assoluta come tale; [] 3) come pienezza ideale di unintenzione, come oggetto verificante (wahrmachend), o come pienezza ideale dellessenza conoscitiva specifica dellintenzione; 4) Infine, dal punto di vista dellintenzione, dallapprensione del rapporto di evidenza si ottiene la
verit come giustezza dellintenzione (e in particolare, ad esempio, giustezza di un
giudizio) come adeguatezza dellintenzione alloggetto vero; oppure come giustezza dellessenza conoscitiva dellintenzione in specie. Da questultimo punto di
vista [] la proposizione si regola sulla cosa stessa, essa dice che le cose stanno cos, e cos esse stanno realmente. Ma con ci si enuncia anche la possibilit
ideale, e quindi generale, che una proposizione di tale materia pu essere riempita nel senso delladeguazione pi rigorosa.
78 X. Zubiri, El problema de la objetividad segn Husserl, in PE, pp. 52-53.
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tale inaugurata dallIdea della fenomenologia, d il colpo di grazia ai concetti ingenui di trascendenza e di immanenza testimoniata da Jos Gaos,
che attualizza cos una passeggiata dautunno del 1921, durante la quale
egli stesso e Zubiri erano diretti alla Residencia de Estudiantes per assistere a una conferenza di Ortega su Don Giovanni:
Daltronde non poi cos facile misurare quanto le Idee abbiano potuto
influenzare Zubiri, tenendo conto solo della scarsit di citazioni presenti
nelle tesi di laurea87 e di dottorato, se paragonate con la numerosit di quelle delle Ricerche logiche. Se, infatti, da un lato non si pu che concordare
con Pintor-Ramos quando segnala che Zubiri lascia da parte le correzioni
inserite nella seconda edizione delle Ricerche logiche che puntano allidea
di un io puro88, dallaltro, pur vero che, in uno scritto anchesso appartenente alla etapa oggettivista, quale Filosofa del ejemplo, Zubiri sembra
fare affidamento pi sullintuizione eidetica che su quella categoriale (e
quindi su una coscienza trascendentale), sebbene egli ne parli in termini
che hanno poco a che fare con quelli husserliani: intuicin intelectual. A
onor del vero, il termine ejemplo, che, riferito a idea, ci ha subito fatto pensare allessenza individuale, residuo della riduzione eidetica, viene da Zubiri riferito anche al mondo reale, che un esempio dellinfinit degli oggetti che contempla la coscienza divina per poi aggiungere in una stretta
quanto inconsapevole consonanza con Vico89 e in seguito a un esplicito riferimento a Scheler che
86 J. Gaos, Confesiones profesionales, in Obras completas, vol. XVII, UNAM,
Mxico 1982, pp. 61-62. Si ricordi che Zubiri fu il relatore della tesi dottorale di
Gaos dal titolo La crtica del psicologismo en Husserl discussa nel 1928.
87 Cfr. X. Zubiri, El problema de la objetividad segn Husserl, in PE, pp. 61-62,
dove Zubiri fa esplicito riferimento allepoch.
88 A. Pintor-Ramos, Zubiri y la fenomenologa, cit., p. 561.
89 G. Vico, De antiquissima italorum sapientia, in Id., La scienza nuova e altri scritti, a cura di N. Abbagnano, Utet, Torino 1996, p. 195: Dio legge tutti gli elementi delle cose, sia esterni che interni, perch li contiene e li dispone; ma la mente
umana, che finita, e ha fuori di s tutte le altre cose che non sono essa stessa,
costretta a muoversi tra gli elementi esterni delle cose e non li raccoglie mai tutti. Bench da ci Vico deduca che alluomo dato solo di pensare le cose, senza
Occorre tener presente che se da un lato questo carattere incorporeo, liberato dalla nostalgia della scultura, come direbbe Ortega91, del vero
umano sembrerebbe richiamare lessenza individuale dellintuizione eidetica, dallaltro il paragone non regge proprio per il riferimento esplicito a
Malebranche. Per rendere pi chiara questeccezione si potrebbe introdurre una considerazione sul rapporto tra Malebranche e il Vico di un testo di
transizione qual il De antiquissima italorum sapientia. Un tale confronto
aiuterebbe a intendere non solo i limiti della prova ontologica, ma anche la
natura delle idee: se esse sono coeterne o create da Dio, se nelluomo sono
robuste come una scultura o piane come unimmagine pittorica, se sono
intenzionate dalla mente umana o se su questa agiscono, come i numeri,
per via causale92. Lasciando, almeno per ora, da parte lidea zubiriana di
poterle intendere possibilit che invece per Zubiri diviene possibile grazie alladozione del metodo husserliano della variazione eidetica laffinit ricompare in
questo paragone: il vero divino limmagine solida delle cose, come una scultura; il vero umano un monogramma o unimmagine piana, come una pittura.
90 X. Zubiri, Filosofa del ejemplo, in PE, p. 369.
91 Cfr. J. Ortega y Gasset, Introduccin a Velzquez, in OC, vol. VI, pp. 909-910,
dove la differenza tra Caravaggio e Velzquez starebbe proprio nella trasformazione delle cose dal punto di partenza italiano del chiaroscuro violento agli oggetti de-realizzati, non pi corpi ma entit visive, fantasmi di puro colore. Il buon
ritratto spagnolo, puro fantasma di luce possiede un potere drammatico dei pi
elementari: il dramma consistente nel passare qualcosa dalla sua assenza alla sua
presenza, il drammatismo quasi mistico dellapparire. Perennemente stanno sulla tela le figure eseguendo la loro propria apparizione, e per ci sono come apparsi. Non giungono mai a istallarsi appieno nella realt e a farsi del tutto patenti, ma
stanno sempre emergendo dal non essere allessere, dallassenza alla presenza.
92 Per lesplicito riferimento a Malebranche vedi G. Vico, De antiquissima italorum
sapientia, in Id., La scienza nuova e altri scritti, cit., p. 231, dove Vico opera una
sorta di inversione della prova ontologica passando da Dio alla mente umana e
non dalla mente umana a Dio: se Malebranche avesse voluto restar coerente con
la sua dottrina, avrebbe dovuto insegnare che la mente umana desume da Dio la
conoscenza, non solo del corpo di cui mente, ma anche di se stessa: sicch non
conoscerebbe neppure se stessa, se non si conoscesse in Dio. La mente, infatti, si
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Dio, e non volendo qui approfondire loscillazione tra universale aristotelico e forma platonica nonch il conflitto tra orizzonte greco del movimento e orizzonte cristiano della creazione, tra anima neo-platonica e cristianoagostiniana che fu prima di Vico93, ci si limita a segnalare che lunica
relazione che Zubiri ritiene possibile con quelle essenze eterne una
partecipazione, secondo la classica formula aristotelica, che non reale ma intenzionale94. A essere intenzionato sarebbe il senso delle cose reali, le quali a loro volta sono esempi delle essenze eterne (cause esemplari?),
con le quali Dio avrebbe creato il mondo.
Si noti come i philotheamones, gli amici del guardare, cos come chiam Platone gli speculativi nella Repubblica, in questo caso Zubiri e Ortega, declinino in due prospettive assai diverse la comune istanza anti-intellettualistica che, pur accogliendo appieno la parola dordine husserliana
intelletto meno che si pu e intuizione pi pura che si pu95, pur lasciando la parola allocchio che guarda, divergono non solo nel modo in cui intendono la purezza dello sguardo, la clara pupila, ma anche nel modo
tragico o fiducioso in cui credono che essa debba essere immessa nel
flusso vitale. Perch se Zubiri senza che a questo livello sia possibile neanche accennare al successivo ripensamento del flusso di coscienza come
rivela pensando: Dio pensa in me, dunque conosco in Dio la mia propria mente.
Sulloscillazione, nellopera di Malebranche, tra unaccezione ontologica e unaccezione epistemica della nozione di idea, e sullintegrazione che tale slittamento
determina nel modo di intendere la teoria dellunione delle menti alla Ratio infinita, cfr. R. Carbone, Metafisica e matematica. Per una teoria delle possibilit
della mente in Malebranche, in ACME, vol. LIX, fascicolo III, settembre-dicembre 2006, pp. 159-198, in part. pp. 163-164. Dello stesso Autore vedi anche Gli infiniti e il finito in Malebranche: dallo smarrimento alla funzionalit della mente,
in ACME, vol. LVII, fascicolo I, gennaio-aprile 2004, pp. 71-110.
93 Cfr. V. Vitiello, Il medio assente. Sul concetto di verit nel De antiquissima, in
Id., Vico. Storia, Linguaggio, Natura, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma
2008, pp. 37-53.
94 X. Zubiri, Filosofa del ejemplo, in PE, p. 369. Mantenendo lanalogia con Vico
rimando ancora a V. Vitiello, Vico. Storia, Linguaggio, Natura, cit., p. 46, n. 25:
Vico attribuisce alluomo qua talis solo le finzioni e le astrazioni della geometria
e dellaritmetica; tutto il resto e cio proprio la sostanza, il conato e, prima di
ogni cosa, se stesso, ma solo in quanto pensiero luomo lo conosce in Dio. A me
sembra che proprio dal riconoscimento dello scacco del conoscere di Dio riguardo alla sua propria natura infinita, delluomo riguardo alla sua corpulenta materia muova la successiva riflessione di Vico sui limiti del linguaggio-significato (= delliconologia della mente), e quindi sullorigine del linguaggio iconologico,
sullorigine, cio, dellintenzionalit.
95 E. Husserl, Lidea della fenomenologia, cit., p. 93.
fluencia del acto sembra qui ricondurre le idee alle cause esemplari, Ortega, invece, assume come tema del proprio tempo lirreversibilit di uninversione che si traduce cos: Malebranche sosteneva che se noi conosciamo qualche verit perch vediamo le cose in Dio, dal punto di vista di
Dio. Mi sembra pi verosimile il contrario; cio che Dio veda le cose attraverso gli uomini, che gli uomini siano gli organi visivi della divinit96. Organi visivi di una realt che si moltiplica in mille facce o aspetti ma che
resta pur sempre reale perch
se la Sierra materna fosse una finzione, unastrazione o unallucinazione, le pupille degli spettatori segoviani potrebbero coincidere con le mie. Ma la realt
non pu essere osservata se non dal punto di vista che ciascuno, fatalmente, occupa nelluniverso. La realt e il punto di vista sono correlativi e cos come non
si pu inventare la realt, non si pu simulare il punto di vista97.
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t delle idee o la contingenza delle esistenze, e la cui ultima parola laffermazione di un essere in cui si confonde lordine reale con quello ideale
e conclude Questessere si chiama Dio100. Cos come sarebbe proprio
di una psicologia positiva il compito di render conto del meccanismo psicologico della conoscenza.
Se vero com vero che questi sono gli anni delloggettivismo, lo sono
in quanto il polo noematico tale nella misura in cui supera laccezione di
contenuto di una coscienza empirica ma anche quella di realt estrinseca.
Com facilmente intuibile, nella ragnatela della critica cade anche lo psicologismo associazionistico, per il quale loggetto non sarebbe altro a rigore non sarebbe che una somma di sensazioni della cui evidenza si pu
parlare soltanto in termini di possibilit reale, mentre per Zubiri, in accordo con Husserl, e utilizzando il linguaggio di Ideen, non pu che trattarsi di
una possibilit ideale per la quale si rende necessario attingere alle sue condizioni noematiche, ai modi dellapparire aventi una loro intrinseca legalit che nulla ha a che fare con la legge psicologica dellassociazione101.
Un argomento a favore della tesi interpretativa che qui si propone e
cio che la tensione reale-irreale sia da considerare come il fulcro non solo
del reismo zubiriano ma anche delloggettivismo da cui aveva preso le
tesi brentaniana del carattere meramente fenomenico dei fenomeni fisici, vedi ancora Cal che propende per linterpretazione debole. Il passo che pu essere oggetto di due interpretazioni cos diverse ma pur sempre coincidenti nellattribuzione
di un senso epistemologico e non esistenziale ai fenomeni fisici rispetto alle sensazioni e alle presentazioni, da un lato, e agli oggetti e agli eventi fisici, dallaltro,
il seguente: gli oggetti dei nostri sensi, quali le nostre sensazioni ce li mostrano, sono meri fenomeni; colore e suono, calore e gusto non sussisterebbero veramente ed effettivamente al di fuori delle nostre sensazioni, nonostante accennino
pur sempre a qualcosa che sussiste veramente ed effettivamente [F. Brentano, La
psicologia dal punto di vista empirico (1874); trad. it. di G. Gurisatti, a cura di L.
Albertazzi, Laterza, Roma-Bari 1997, vol. I, p. 73]. Se linterpretazione forte intende il passo appena citato come unasserzione sulla falsit epistemica della sensazione, quella debole lo assume come unipotesi sulla giustificazione della credenza che accompagna la sensazione (C. Cal, Percezione e qualit gestaltiche.
Saggio sulla scuola di Brentano, in op. cit., p. 191).
100 X. Zubiri, Ensayo de una teora fenomenolgica del juicio, in PE, p. 320.
101 X. Zubiri, El problema de la objetividad segn Husserl, in PE, pp. 60-61: Le condizioni noetiche si fondano sullidea della conoscenza e rimandano alla possibilit
di vedere una verit. Questa visione levidenza. Queste condizioni non sono un
problema perch qui non si tratta di sapere se esiste una coscienza in grado di possedere la verit (possibilit reale), bens qual la condizione affinch la verit si dia
(possibilit ideale); allora, queste condizioni di evidenza differiscono dalla verit
soltanto nel nome. Pertanto, occorre invocare le condizioni noematiche.
60
Tra questi tre ordini vi una rigorosa subordinazione gerarchica. Ogni essere esistente presuppone unessenza individuale e ogni essenza individuale presuppone unidea. Lessere esistente , dunque, lessere pi condizionato e ipotetico; invece, le idee sono lunico vero, assoluto e sufficiente essere; tra i due
ci sono gli oggetti fantastici che partecipano della sufficienza delle idee, ma si
tratta di una sufficienza limitata dai caratteri dellindividualit102.
tastico, che appena apparso nella sua medianit104 rispetto alla condizionatezza degli oggetti reali, da un canto, e lautosufficienza di quelli ideali,
dallaltro, anche quello, che, nellescludere che il luogo da esso occupato sia un posto reale sito, per cos dire, nel fuori della coscienza, rende
evidente la gratuit di una finzione ormai obsoleta: la costruzione del ponte tra oggetto e coscienza che non sarebbe altro che una pura metafora fisica. Tale metafora cede, infatti, il posto alla relazione intenzionale, non
reale dunque, con loggetto espresso nel giudizio che, anche nel caso si
tratti di un centauro, ossia di un oggetto fantastico, preserva la propria differenza rispetto alloggetto del predicato (che solo intenzionale). In questo contesto, quindi, lessere, lente oggettivo, e non la realt, a ricevere
le propriet modali di reale, fantastico e ideale e ad accogliere, nel giudizio, laffermazione della realt di una sua nota che nel predicato era diversamente irreale, o meglio intenzionale.
Il problema del ponte si sarebbe definitivamente risolto con lapparizione della trilogia, una volta esposto a chiare lettere il vincolo di formalit tra
intelligenza e realt, intesi come due termini che si co-attualizzano nellapprensione. bene chiarire sin dallinizio che la soluzione al problema non
sar formulata n in termini gnoseologici n in termini strettamente fenomenologici, ma grazie a una nuova visione della formalit, che dovr
aspettare per assumere una piena consapevolezza teorica il 1962, lanno di
pubblicazione di Sobre la esencia. In questopera, infatti, non solo la formalit si lascia definitivamente alle spalle il bivio immanenza-trascendenza e con esso, quello dellidealismo-realismo (sia questultimo ingenuo,
moderato o critico) ma viene altres ampiamente superata la fase in cui si
riteneva che la riduzione trascendentale (i cui tre momenti fondamentali
dellintuizione, la riduzione e lideazione erano stati assunti come base descrittiva e fondante di una conoscenza assoluta e infallibile) avrebbe messo tutti daccordo, soggettivisti e realisti105. Anzi, la coscienza, intesa quale trascendenza nellimmanenza, viene presa di mira, ma non per il puro
gusto di seguire le diverse eresie come le chiam Ricoeur formatesi
nel rifiuto della cosiddetta svolta di Ideen I, bens per opporvi qualcosa
in Aristotele, cfr. F. Masi, I modi della figura. Tre studi per unestetica eidologica, Guida, Napoli 2011, cap. I Geometria e plastica, in part. pp. 27-28.
104 Una celebre tematizzazione della medianit dellimmaginazione sta in M. Heidegger, Kant e il problema della metafisica, trad. di M.E. Reina, introd. di V. Verra, Laterza, Roma-Bari 2004, in part. p. 114 e ss. Lelemento medio formatore
della conoscenza ontologica: limmaginazione trascendentale.
105 X. Zubiri, El problema de la objetividad segn Husserl, in PE, pp. 127, 129.
62
fatto indiscutibile che siamo in relazione a qualcosa che non parte della stessa coscienza. Il problema critico assume allora una forma ben diversa. Anzich partire
da una definizione precisa delloggetto e del soggetto, per poi tentare di metterli in
relazione mediante un ponte fittizio, occorre partire dal fatto della conoscenza, unico dato immediato della coscienza per dare, in base ad esso, una definizione soddisfacente del soggetto e delloggetto. Il problema critico, dunque, significa innanzitutto unanalisi dei concetti di conoscenza, verit, evidenza, ecc. Questa analisi,
contenuta in germe nella psicologia di Brentano, ha oggi una splendida fioritura in
Germania, nella fenomenologia di Husserl, Pfnder, Lipps, ecc.106.
Lunica cosa importante che la filosofia doggi deve dire proprio che le
cose sono un che di indipendente dalla coscienza. Brentano stato il primo ad
avere avuto laudacia di affermarlo a proposito dellessere intenzionale. Giungere mediante esso allessere reale, allessere in quanto tale, ecco qui lenorme
compito dellanima contemporanea107.
non tutti rinnegati, di certo non furono mai pienamente accettati dallo stesso
Autore gli abbozzi delle critiche che in seguito sarebbero state fatte a partire dallelaborazione della metafisica della realt e dellontologia dellIntelligenza senziente, tuttavia bene porre in evidenza quel che, senza uscire
dalla mocedad che mostra gratitudine verso lo strumento dellintenzionalit,
viene indicato come manchevole, incoerente e fuorviante rispetto allintento
di analisi descrittiva priva di presupposti e di pregiudizi. Gi nella tesi di Lovanio del 1921 vi un significativo avvertimento: dopo aver segnalato linfluenza in Brentano di alcuni concetti fondamentali della Scolastica, Zubiri
allude alle possibili ricadute psicologistiche e idealistiche che minaccerebbero la filosofia di Brentano e di Husserl rispettivamente.
Non voglio esporre qui la parte che Husserl prende di queste teorie nella sua
fenomenologia; forse lo stesso Brentano non sempre ha seguito i passi della sua
stessa teoria dellintenzione, il che lo ha condotto verso un certo psicologismo
e realismo ingenuo. Husserl andr pi lontano su questa strada, spinto dalla
Wissenschaftslehre di Bolzano. Ma accentuer troppo il carattere autonomo
dellintenzionalit, e ci far s che la fenomenologia slitti verso un certo idealismo108.
In proposito non solo continua a essere di giovamento la messa in guardia contro i malintesi suggeriti dalla terminologia, ma lopzione tra oggetto mentale e immanente e la domanda sul punto dunit dellatto e sul
riferimento ( la coscienza o lio che si riferisce alloggetto?) si fanno
chiare e pregnanti proprio quando hanno a che fare con lirreale. Cos Husserl, che, nel servirsi della terminologia de La psicologia dal punto di vista
empirico, mostra come poi avrebbe fatto il suo allievo nel celebre seminario marburghese quando, in opposizione a Rickert e a quanto questi aveva preso da Brentano, immagina di avere lallucinazione di unautomobile
che pericolosamente corre attraverso laula sopra le teste dei suoi studenti109 il limite dellaccezione brentaniana di vissuto di rappresentazione:
108 X. Zubiri, El problema de la objetividad en Husserl, in PE, p. 27.
109 M. Heidegger, Prolegomeni alla storia del concetto di tempo, a cura di R. Cristin,
A. Marini, Il Melangolo, Genova 1999, p. 39: si dir che lautomobile non affatto presente realiter e dunque non c alcuna coordinazione tra fisico e psichico,
ma dato soltanto lelemento psichico. Ma lallucinazione, secondo il proprio significato, non forse allucinazione, percezione presunta di unautomobile? Non
forse anche questo percepire presunto, privo di reale rapporto con un oggetto reale, proprio come tale un dirigersi-a un presunto percepito? Lillusione stessa non
forse come tale un dirigersi-a, anche se loggetto reale non attualmente qui?,
e ivi pp. 44-45: Ci che rende ciechi nei confronti dellintenzionalit lopinio-
64
Io rappresento il dio Giove significa che io ho un certo vissuto rappresentazionale: nella mia coscienza si effettua latto di rappresentare Giove. Per
quanto si possa smembrare analiticamente e descrittivamente questo vissuto intenzionale, naturalmente non si trover mai in esso qualcosa come il dio Giove; loggetto mentale, immanente non appartiene quindi alla consistenza
descrittiva (reale) del vissuto: perci esso non in effetti n immanente n reale. Naturalmente esso non neppure extra mentem: esso semplicemente non
. Ma ci non impedisce che questo rappresentare il dio Giove sia effettivo,
che esso cio sia un vissuto di una determinata specie, uno stato danimo[].
Se daltro lato loggetto intenzionale esistesse realmente, dal punto di vista fenomenologico non muterebbe nulla. Per la coscienza il dato resta quello che ,
sia che loggetto rappresentato esista oppure che esso sia solo immaginario o
addirittura assurdo. Io rappresento Giove cos come Bismarck, la torre di Babele cos come la cattedrale di Colonia, un chiliagono regolare cos come un chiliedro regolare114.
in questo o quel modo, oppure in quanto viene giudicato cos e cos, ricorda questo o quello, ecc., in quanto tale, il paesaggio sollecita, ridesta sentimenti di
questo genere.
113 Ivi, p. 179.
114 Ivi, pp. 163-164.
115 La prossimit, invece, riguarda il riconoscimento della non adeguatezza delle traduzioni intuitive, che sono sempre parziali rispetto al significato. Cfr. E. Husserl, Ricerche logiche, vol. I, cit., Prima Ricerca, p. 332: Gi Descartes si rifece allesempio del chiliagono per chiarire la differenza tra imaginatio ed intellectio. La
rappresentazione fantastica del chiliagono non molto pi adeguata dellimmagine
delle rette chiuse, delle parallele che si intersecano; in entrambi i casi, in luogo di
una esemplificazione esaustiva, troviamo una traduzione immaginativa approssimativa e puramente parziale delloggetto pensato. Noi parliamo di una retta chiusa, e
disegniamo una curva chiusa, rendendo sensibile solo la chiusura. Cos anche, quando pensiamo a un chiliagono, immaginiamo un poligono qualsiasi di molti lati.
66
116 R. Descartes, Meditazioni sulla filosofia prima (1640), in Opere filosofiche, a cura
di E. Lojacono, Utet, Torino 1994, I, pp. 718-719.
117 R. Descartes, Risposte alle seconde obiezioni, in Opere filosofiche, cit., p. 770: La
sostanza cui il pensiero inerisce immediatamente si chiama mente; parlo qui piuttosto della mente che dellanima, perch la parola anima equivoca e spesso la si usa
impropriamente per una cosa corporea, vale a dire nel senso, specifica Manuela
Sanna, del richiamo etimologico a arem, alitum che la rende corporea. Avere distinto una res extensa e una res cogitans induce Cartesio a reclamare unappartenenza pi specifica dellanima evitando le compromissioni che deriverebbero dal legame dellanima con lestensione. Quando non scrive in latino Cartesio preferisce
quasi sempre esprit ad me: il corrispettivo di mens, cio quel termine particolare
scelto da Agostino per indicare la parte intellettiva dellanima, quella non bisognosa dellausilio del corpo. E mens lo stesso, per Cartesio, che intellectus, la mente
pura, cio alla fine la percezione chiara e distinta; cos il termine idea cominci a
sostituire, nelluso filosofico, la parola immagine intesa nel suo senso pi generale (M. Sanna, Immaginazione, Guida, Napoli 2007, p. 33).
118 R. Descartes, Meditazioni sulla filosofia prima (1640), cit., p. 719. Sul nesso immaginazione-rappresentazione vedi M. Sanna, Immaginazione, cit., p. 42.
le della teoria pura delle variet119. Leibniz, che era stato lettore della seconda Scolastica, e che aveva colto un legame tra le cose non riconducibile
n allimmaginazione n al giudizio in virt di un concetto di ordine come
continuit, di certo rappresenta una controtendenza nella modernit, ma
anche un nuovo inizio per la logica pura della contemporaneit120.
Non un caso che lhusserliana neutralizzazione dello psicologismo, oltre ad avvalersi di una pi precisa nozione di rappresentazione121 nonch
della distinzione tra materia e qualit del vissuto, trovi in Bolzano, lettore
di Leibniz, tutto ci di cui la logica ha bisogno: la sottigliezza matematica delle distinzioni, lesattezza matematica delle teorie122. E mentre per
Zubiri linfluenza di Bolzano su Husserl, che inizialmente si era tradotta
nel rilevamento di un nesso tra le verit in s indipendente sia dalloggetto
sia dalla coscienza123, passa poi a essere uno degli elementi che lo porterebbero verso un certo idealismo, allinverso, lautore delle Ricerche logiche cerca proprio nella sobriet, chiarezza e rigore del matematico la via di
uscita dallinflusso delle scuole idealistiche124.
119 E. Husserl, Ricerche logiche, vol. I, cit., 60 Rimandi a Leibniz, p. 228.
120 In uno dei tanti luoghi dedicati a Leibniz, Husserl pone laccento proprio sul nesso tra la geniale fantasia dellautore della Monadologia e il piano metafisico
dellintenzionalit: Discutendo le propriet fondamentali della monade, nei temi
della percezione, del passaggio da percezione a percezione e in particolare della
rappresentazione di qualcosa che non realmente presente ed tuttavia percettivamente cosciente, Leibniz ha colto ed elaborato sul piano metafisico le propriet fondamentali dellintenzionalit (E. Husserl, Storia critica delle idee, a cura di
G. Piana, Guerini e Associati, Milano 1989, p. 210).
121 Vedi lElenco delle equivocazioni pi notevoli dei termini di rappresentazione
e contenuto in E. Husserl, Ricerche logiche, vol. II, cit., Quinta ricerca, in particolare i tredici significati diversi che possono essere attribuiti al termine Vorstellung, 44, pp. 286-292.
122 E. Husserl, Ricerche logiche, vol. I, cit., Appendice, p. 231
123 X. Zubiri, El problema de la objetividad en Husserl, in PE, p. 32: Tra le rappresentazioni e i giudizi vi sono relazioni. interessante notare quanto segue: se la
verit della proposizione permane anche quando varia il suo oggetto, vale a dire
se fondata non su un oggetto, ma su una propriet, allora la verit analitica (ad
esempio: luomo cattivo non merita alcuna stima). Se la verit dipende da un oggetto determinato, sintetica (ad esempio, Dio onnisciente). Queste verit sono
legate tra loro mediante il nesso enunciato nel principio di ragion sufficiente, il
quale non dipende dalla coscienza. Allora arriviamo a certi principi primi; Bolzano ammette diversi principi e ritiene impossibile fare derivare tutto il sapere da un
solo principio: quando di una proposizione si possono dedurre non solo una ma
molte, allora abbiamo il calcolo delle probabilit.
124 E. Husserl, Ricerche logiche, vol. I, cit., Appendice ai Prolegomeni, p. 231 Al
filosofo cresciuto nei pregiudizi e nelle abitudini di linguaggio e di pensiero delle
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Questa riflessione costitutiva dellintentio secunda non psicologica. Questo molto importante. La riflessione pu incentrarsi sullatto a partire da due
punti di vista: come una modificazione di un soggetto umano suscitata da un
oggetto questa la reflexio psychologica , ma pu incentrarsi anche
sullobjectum expressum, che non n la cosa reale esistente, n la rappresentazione psichica, bens una consideratio absoluta, frutto di una reflexio ontologica. In virt di questa riflessione nasce la intentio seconda130.
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go delle scuole un filosofo che vivendo una sola, seppur lunga e operosa,
vita (il terzo volume della trilogia vede la luce nel 1983, lanno della morte di Zubiri, che nonostante la malattia, stava lavorando al libro El hombre
y Dios) ha potuto essere aristotelico, scolastico, hegeliano, heideggeriano, esistenzialista e postmoderno, bene precisare che gi nella
tesi di Lovanio, lopposizione tra antichi e moderni suggeriva la ricerca di
una terza via:
Gli antichi definivano la coscienza, a partire dalla base degli atti percettivi,
come uno scontro. I moderni, che si basano su alcuni atti, come ad esempio
quelli immaginativi, definiscono la coscienza come un recipiente pieno di oggetti. Dobbiamo provare a dare unaltra definizione, prendendo come base gli
atti di intenzione131.
in questi ultimi che si intravede la possibilit di desostantivare il recipiente e di fluidificare lo scontro, ma non per togliere la resistenza delloggetto e neanche per postulare lesistenza di una coscienza per cos dire camaleontica, che diventerebbe dello stesso colore del libro che intenziona132.
Daltra parte, quando in gioco lo stato di cose, quando quindi compare il classico esempio dellesser bianco della carta, Zubiri ribadisce, contro
la confusione che avrebbe fatto Lotze tra ordine reale e ordine intenzionale, la non coincidenza tra soggetto grammaticale e soggetto del giudizio, e
lo fa puntando il dito anche contro gli scolastici i quali dicevano che il
giudizio consiste nellaffermare lidentit materiale di due oggetti che han131 Ivi, p. 25.
132 Una tale posizione non pu essere attribuita neanche a Husserl. Diversamente, Vctor Manuel Tirado lancia una provocazione sulla situazione paradossale che al livello delle Ricerche logiche si creerebbe tra la porzione e, nel caso limite della coincidenza piena, la totalit, in carne e ossa del trascendente immanente allatto
intenzionale e latto intenzionale stesso, per cui conclude intendendo in termini realistici il rapporto intenzionale e contravvenendo per assurdo alla distinzione tra
real e reell che se affermo che la mia copia del libro della vita di Santa Teresa
gialla, la mia vita, il mio flusso interno di tempo divenuto in parte giallo, e un
momento dellessenza intenzionale che anima tale vissuto lo apprende oggettivamente come una propriet della cosa del mondo: la mia copia del libro della vita di
Santa Teresa. Vale a dire che nellintuizione sensibile una parte dellaltro mondano
diverrebbe parte ingrediente (immanente) della mia vita, si renderebbe presente in
persona [persnlich], in carne e ossa [leibhaftig] nel vissuto. E nel caso limite della percezione adeguata ci che diverrebbe parte ingrediente del mio vissuto non sarebbe una parte delloggetto stesso, ma loggetto stesso [V.M. Tirado, Zubiri y Husserl, in J.A. Nicols, . Barroso (a cura di), Balance y perspectivas de la filosofa de
X. Zubiri, cit., pp. 401-418, in part. p. 410].
no una diversa espressione formale nel soggetto e nel predicato. A tale illecita identificazione Zubiri oppone il carattere non reale ma intenzionale
delloggetto del predicato:
Loggetto espresso nel soggetto e loggetto espresso nel predicato non hanno lo stesso essere: [] loggetto del predicato formalmente intenzionale, e
non riceve un essere reale se non tramite la copula: il giudizio propriamente
laffermazione della realt di una nota che, nel predicato, solo intenzionale133.
Nel gi citato articolo del 26, che, pur nella sua brevit, riusciva efficacemente a illustrare i due estremi di irrazionalit verso e da cui il discorso incessantemente sale e scende quasi a percorrere, pi che i due termini dellUrteil U, linsensata pista della lettera di Tarchetti134: da un lato, lineffabile
individuo, oggetto della percezione; e, dallaltro, le ragioni ultime delle categorie e dei principi primi, Zubiri ribadiva con forza lestraneit dellintuizione alla quale pensava tanto rispetto al razionalismo dualistico di Descartes e
Leibniz135, quanto a un altrettanto dualistico empirismo che declinasse intuizione in pura sensazione. In poche parole, non si tratta di far finta che Kant
non sia esistito ma di adottare il giusto atteggiamento nei confronti degli oggetti, che non vedere per guardare, ma guardare per imparare a vedere meglio, in quella forma pi intima che data dallintuizione, e che Zubiri facendo sentire la voce del maestro che sin da Meditaciones del Quijote aveva
esortato ad amare e non a giudicare le cose definisce organo dellintimit
a differenza del concetto che organo della lontananza. Allora lidea
delluomo che guida e alla quale aspira la riforma fenomenologica delledu133 X. Zubiri, Ensayo de una teora fenomenolgica del juicio, in PE, p. 303.
134 I.U. Tarchetti, La lettera U, in Id., Racconti fantastici, E. Treves, Milano 1869, p.
27: Quella linea che si curva e si inforca quelle due punte che vi guardano immobili, che si guardano immobili quelle due lineette che ne troncano inesorabilmente, terribilmente le cime quellarco inferiore, sul quale la lettera oscilla e si
dondola sogghignando e nellinterno quel nero, quel vuoto, quellorribile vuoto
che si affaccia dallapertura delle due aste, e si ricongiunge e si perde nellinfinit dello spazio.
135 X. Zubiri, Filosofa del ejemplo, in PE, p. 366: Secondo Descartes e Leibniz lintuizione intellettuale opera indipendentemente da quella sensibile alla quale per
unita da un vincolo di parallelismo. Lintelletto godrebbe del potere di vedere
ci che le cose sono in se stesse, nella loro intima struttura metafisica, indipendentemente dai sensi. Cos come su questi ultimi agisce la luce, sullintelletto agirebbero, per una via misteriosa ma innata, gli oggetti ideali. Ma qui non si tratta di
questo. Proprio lunit di sensi e intelligenza che abbiamo appena affermato implica formalmente il superamento del dualismo razionalista. Ogni intuizione intellettuale trova il proprio oggetto nei sensi.
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lintelletto, prima di essere conoscenza [entendimiento] (capacit di intendere per ragioni), intelligenza (capacit di vedere, intuire: intus legere), allo
stesso modo che locchio, prima di avere la funzione di guardare, ha la funzione di vedere; ludito, la capacit di udire prima di quella di ascoltare.
Allintelligenza, come ai sensi, gli oggetti sono dati immediatamente. E questa
presenza immediata degli oggetti alla coscienza ci che chiamiamo intuizione. []. Al dualismo classico tra la conoscenza [entendimiento] che giudica e
i sensi che percepiscono occorre opporre energicamente lunit di entrambe le
funzioni. []. E cos come leducazione dei sensi si riassume nel guardare
per vedere bene, allo stesso modo leducazione intellettuale deve incanalare
i suoi sforzi nellinsegnare a contemplare gli oggetti per intuire le loro propriet intelligibili. Questi elementi intuiti sono, nella stragrande maggioranza,
proprio quei dati irrazionali che, alla stregua di quelli individuali, segnalavamo
come punto di partenza di ogni discorso136.
come era pi che legittimo pensare che in parte lo fosse, o meglio che lo
fosse stato da giovane , tuttavia c qualcosa di questo articolo in cui convergono le tre coordinate formative (si applica la fenomenologia al problema della pedagogia, con una riflessione sul valore che mostra infiltrazioni
neoscolastiche) che sarebbe rimasto anche nellopera matura.
Ci che resta la ricerca del fondamento della relazione nella cosa e tra le
cose, non pi affidata allidea divina, ma alla doppia accezione della rispettivit: una interna, che determina la versione intrinseca di una nota alle altre, e
una esterna che si riferisce al mondo come rispettivit tra due o pi realt138.
Ci che resta la radice, pi che irrazionale, a-razionale del giudizio,
che se qui appena apparsa nelloriginariet dellintuizione di due irrazionalit (dati individuali e dati categoriali) rispetto alla ragione, in Inteligencia sentiente sar tematizzata come originariet dellapprensione primordiale di realt rispetto alle ulteriori modalizzazioni del logos e della ragione.
Che tale irrazionalismo non sia iscrivibile nel quadro del vitalismo,
sostenibile a partire da quello che sin dora possibile assumere come la
stella polare dellintero iter zubiriano: il superamento del dualismo tra senso e intelletto, che in nessun modo consente che sia data preminenza o priorit alluno sullaltro139. Daltra parte lirrazionale un carattere positivo,
non un non--razionale, ma un -non-razionale, ossia uno dei modi
che hanno le cose di dare ragione di se stesse140.
In conclusione, si pu senzaltro affermare che cos come appare chiara
listanza anti-psicologistica e poi anche anti-idealistica dei primi scritti,
altrettanto chiaro che per ora la posizione di Zubiri non identificabile n
ste ultime di produrne i propri, e tutto luniverso si trasforma in unarmonia suprema che realizza il piano ideale esistente nella mente divina.
138 Sar cura di chi scrive mostrare nei prossimi capitoli le fasi che attraversa il concetto di rispettivit: da quella che una relazione metafisica di apertura tra ordine trascendentale e ordine talitativo, ma anche intima connessione tra momento del di suo
[de suyo] e momento del da s [de s], alla comunicazione espansiva, in ambito noologico, tra la funzione trascendentale e la funzione talitativa della formalit.
139 Vedi quello che, diversi anni dopo, in una sessione del Seminario del 13 aprile
1978, sarebbe stato il dialogo tra Zubiri e un suo allievo deccezione: Lopera
della ragione lopera di una ragione senziente. E di conseguenza la verit della
ragione sta nel sentire, in quanto questo impressione di realt, certo non nel sentire che ha un cane. I. Ellacura: Questo in nuce gi nella tua tesi dottorale.
X. Zubiri: vero (EM, pp. 337-377, Apndice Dos sesiones del Seminario Xavier Zubiri, p. 377).
140 IRA, p. 80; trad. it. in X. Zubiri, Intelligenza senziente, a cura di P. Ponzio, . Barroso, Bompiani, Milano 2008, p. 997. Nelledizione italiana sono inclusi in un
unico volume i tre libri che formano la trilogia (Inteligencia y realidad, Inteligencia y logos e Inteligencia y razn).
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con il realismo ingenuo, n con il neo-realismo ispiratosi allempiriocriticismo di Avenarius141, e neanche con quello critico di Lovanio, il quale, daltra
parte, finisce per ricevere lestremo saluto di commiato che si riserva a un insigne defunto142. Tale posizione, che Pintor-Ramos ha identificato nelloggettivismo143, e alla quale qui si solamente aggiunta lesplicitazione della tensione reale-irreale, pu anche essere considerata come lindizio di un ritorno a
ci che non mai stato abbandonato e a cui si destinati: la realt. Ma non
nellaccezione che il termine real ha nelle Ricerche logiche, come realt empirica, esterna, bens come la struttura entitativa del reell, ossia di ci che
dato effettivamente nel vissuto e che per Zubiri diviene scaturigine della
domanda sulla cosa. La risposta, o meglio le risposte, le avrebbe cercate sia
nella fisica contemporanea sia in una lettura originale di Heidegger e di Aristotele, che per lo avrebbe portato a intendere lessenza non come senso n
come eidos, ma come momento strutturale della sostantivit.
141 X. Zubiri, Ensayo de una teora fenomenolgica del juicio, in PE, pp. 113-114.
142 Ivi, pp. 220-221: senza nulla togliere al suo alto valore polemico e circostanziale, grazie al quale abbiamo potuto raggiungere altre concezioni, questo sistema ci
si mostra insufficiente, non proprio per i risultati, ma per un vizio di tecnica e di
metodo. In esso sentiamo ancora le abitudini mentali di unepoca ormai superata
e che forse indica il transito verso il pensiero contemporaneo. Salutiamo, dunque,
rispettosi, questo insigne defunto.
143 Si veda ancora larticolo di Pintor-Ramos El joven Zubiri: fenomenologa y
escolstica: penso che oggettivismo non si identifichi con realismo; non perch Zubiri avesse una posizione opposta a quella del realismo, bens perch loggettivismo, cos come il filosofo a volte dice con chiarezza, si mantiene in un ambito pi originario nel quale i problemi che pretende spiegare il tradizionale
realismo (o lidealismo) ancora non si pongono. Per ci loggettivismo anche
una posizione provvisoria fino a raggiungere il livello che consente il passaggio ai
problemi esplicativi. Zubiri sembra mantenersi nellaspettativa di un possibile
cammino che permetta di legare con sicurezza la descrizione degli oggetti dati
nella coscienza allo studio della realt ultima delle cose (p. 316). Dello stesso
Autore sul medesimo argomento vedi Zubiri y la fenomenologa, cit., pp. 388565, in part. p. 537 dove prende le distanze dal realismo moderato di cui parla
Savignano in Id., Psicologismo e giudizio filosofico, cit., p. 135: Alla filosofia
moderna, nel suo complesso, Zubiri muove unobiezione radicale rilevando un sofisma secondo cui tutto ci che non reale, non essere. E tutto ci che non ha
altro che lessere del soggetto, non pu avere altro che un valore soggettivo. Per
combattere tali affermazioni, egli propone un ritorno al realismo moderato. Di
Pintor-Ramos vedi anche lagile libro Gnesis y formacin de la filosofa de Zubiri, Universidad Pontificia de Salamanca, Salamanca 1996, in part. il cap. III
Punto de partida: el objetivismo, pp. 45-80. Ma sulla stessa etapa cfr. J.J.
Garrido Zaragoz, El objetivismo fenomenolgico de los primeros escritos de Xavier Zubiri, in Anales valentinos, 10, 1984, pp. 367-405.
75
II
PRIMA DEL GIUDIZIO:
IL DETTAME DELLE COSE
Nel gi citato Prlogo, che funge da agile incursione a ritroso nella propria filosofia, Zubiri coglie i momenti salienti della progressiva costituzione, entro la cornice della fenomenologia, di un ambito filosofico di carattere ontologico o metafisico la distinzione tra questi ultimi termini sarebbe
divenuta, a sua volta, un nuovo punto di svolta che avrebbe preluso alla terza tappa :
Che cosa sono le cose su cui si filosofa? Ecco qui la vera questione. Per la
fenomenologia le cose erano il correlato oggettivo ed ideale della coscienza.
Ma questo, anche se in modo oscuro, mi sempre sembrato insufficiente. Le
cose non sono mere oggettivit, bens sono cose dotate di una loro propria
struttura entitativa. Questa indagine sulle cose, e non soltanto sulle oggettivit
della coscienza, stata indistintamente chiamata ontologia o metafisica. Cos
la chiamava lo stesso Heidegger nel suo libro Sein und Zeit. In questa tappa della mia riflessione filosofica la concreta ispirazione comune stata ontologica o
metafisica1.
NHD, p. 14.
76
J. Maras, La filosofa espaola actual, cit., p. 135. Vedi anche p. 137, dove
Maras narra della bella scoperta che fanno lui e gli altri pochi studenti che riescono a seguire Zubiri, coloro che sopravvivono al bagno di impressione, quando
la speranza di capire viene finalmente esaudita: Passato un certo tempo, noi discepoli di Zubiri facevamo una scoperta sorprendente: quella della sua chiarezza.
Quando si erano lette le pagine necessarie di filosofia, quando si era acquisito un
certo costume intellettuale e si era raggiunta labilit di scrivere venti pagine di
appunti durante i quaranta minuti delle sue lezioni, si avvertiva fino a che punto
fosse chiaro quel pensiero difficile e profondo, quasi irritante per la concisione,
rafforzato da una celerit verbale inaudita. Questo divenne evidente quando Zubiri cominci a scrivere. Sulla presenza dellinsegnamento e della filosofia di Zubiri nellopera di Maras, in special modo in quella che unantropologia esistenziale che, contando sullidea di religacin, mostra, oltre allindiscussa ascendenza
orteghiana, quella di Unamuno integrata per dalla teoria zubiriana del fondamento, vedi H. Carpintero, Un discipulado filosfico. Zubiri y Maras, in J.A. Nicols,
. Barroso (a cura di), Balance y perspectivas de la filosofa de X. Zubiri, cit., pp.
65-79, in part. p. 75 e s.: si scopre una traccia duratura nella riflessione antropologica di Maras, in particolare per quel che riguarda la struttura aperta del soggetto e la condizione religada. Quellavvicinamento al problema di Dio, sotto la
dimensione dellessere fondamentale, che sarebbe apparso nellanalisi della realt umana concepita come esistenza o vita umana stato uno dei contributi zubiriani pi brillanti e promettenti. Tale contributo costitu un punto di incontro tra
le metafisiche e la concezione teologica cristiana che avrebbero esplorato coloro
che erano stati suoi discepoli: Maras, Lan, Aranguren. [] in modo ancor pi
esplicito c la traccia della concezione dellexistencia religada in diversi saggi
contenuti nel libro giovanile di Maras San Anselmo y el insensato (1944).
nali melodie del Novecento filosofico: il fenomeno, la cosa-realt, e la coattualit tra atto di intelligenza senziente e realt.
Volgiamo ora lo sguardo al periodo formativo che precede e prepara la
etapa metafsica. Zubiri legge con interesse il Duns Scotus di Heidegger
nel 19243 e, tre anni dopo, quando Ortega gli pone tra le mani Sein und
Zeit, inizia unintensa lettura e rilettura che si protende per un anno e che
gli fa ravvisare un uso diverso della fenomenologia, un uso, per cos dire,
metodologico, inteso come via di svelamento dellessere, e non come
scienza di fenomeni. sullonda di tali motivazioni che Zubiri decide di
partire per Friburgo nel 1928. L assiste allultimo corso di Husserl e ai primi di Heidegger finch, deluso per non esser riuscito a intavolare un rapporto pi stretto e un dialogo pi serrato con il brillante allievo di Husserl4,
decide di abbandonare Friburgo nel 1930 per dirigersi a Monaco e poi a
Berlino nellintento di conoscere i protagonisti della rivoluzione scientifica. A Monaco incontra il successore di Heisenberg alla direzione dellIstituto di Fisica, Arnold Sommerfeld; a Berlino frequenta Einstein e Heisenberg e segue le lezioni di Fisica teorica di Planck e di Schrdinger,
quelle del biologo Spemann e del grecista Jaeger5.
Daltra parte, la matematica e la fisica non solo costituiscono una presenza costante nella filosofia di Zubiri, ma anche un momento formativo
negli anni madrileni, che non avrebbe tardato a dare i suoi frutti e che, ancora una volta, trova un promotore deccezione in Ortega tanto nei suoi
interrogativi e nelle sue inquietudini di presta ora6, quanto nel suo essere
3
78
dizi della crisi newtoniana i segni di unimminente rivoluzione: Io mi sono dedicato alla Matematica perch quei problemi della fisica teorica mi inquietano al
punto che non posso non combatterli. Credo con Cohen che la filosofia come
scienza sia funzione della fisica: e pertanto non ci sar una nuova filosofia come
scienza finch non vi sia una nuova fisica. Sulla fisica del Rinascimento e sulla
sua geometria, Descartes fa germogliare la sua trasmutazione filosofica. Leibniz
elabora il suo sistema sullinvenzione infinitesimale; da Copernico, Galileo e
Newton esce Kant con la sua nuova trasmutazione. Questo ci che voglio vedere: diverge la nostra fisica in qualcosa rispetto a quella newtoniana al punto da
rendere possibile e da esigere una nuova filosofia? (L. Robles, Epistolario completo Ortega-Unamuno, El Arquero, Madrid 1987).
Per il testo letto da Ortega in occasione della conferenza tenuta da Einstein alla
Residencia de Estudiantes, cfr. J. Ortega y Gasset, Mesura a Einstein, in Id., OC,
vol. VII, pp. 799-802, in part. p. 800 in cui viene sottolineato il doppio atto di originalit del fisico tedesco, nonch la sua affinit pi con Galileo che con Newton:
Il sistema di Newton il periodo che si scrive con le lettere inventate da Galileo;
la sua analitica del movimento latto intellettuale pi potente che sia mai stato
realizzato prima di Einstein. Ebbene, questuomo che qui abbiamo ora non soltanto ha dato come Newton un nuovo sistema alla fisica, bens, come Galileo, ha creato una nuova analitica del movimento; egli , al contempo, linventore della lettera e il sublime scrittore del paragrafo. Vedi anche pp. 801-802, dove Ortega
individua tre stadi della Fisica, riconducibili al razionalista Descartes, al sincretista Kant e infine a Einstein, grazie al quale lo slittamento della decisione sulla verit pienamente compiuto, giacch se essa in Descartes si fondava sulla pura ragione, in Einstein si fonda sullesperimento. La ragione pura viene ridotta a ci
che : uno strumento intellettuale e nientaltro. Nella storia occidentale volge al
termine il mos geometricus e ha inizio il mos physicus.
Zubiri studia in tutto nove materie. Nel 1924 sostiene due esami di Analisi matematica e due di Calcolo infinitesimale, e lanno dopo altri cinque esami: Fisica
con Julio Palacios, Cosmografia e Geometria metrica, Geometria analitica e Geometria della posizione (Cfr. Documento della Facultad de Ciencias de la Universidad Central, Archivo Histrico Nacional, Madrid).
Vedi quanto scrive Ortega in concomitanza con la partenza per Buenos Aires, nel
1917, del matematico spagnolo, che era stato invitato dalla Institucin cultural
espaola a tenere un ciclo di conferenze sullo stato attuale della matematica e delle lezioni sui Problemas de la geometra superior: Julio Rey Pastor, nato nel
1888, professore di analisi matematica nellUniversit di Madrid. Discepolo di
Partire verso Monaco e Berlino un altro modo di seguire il lemma della fenomenologia alle cose stesse, ma anche per rispondere allesigenza,
ben presto avvertita, di uscire dallimmanenza della coscienza per passare
dal noema alla struttura della materia, con una visione nuova, quella che la
fisica di Heisenberg, Schrdinger e Dirac hanno della meccanica dellatomo, da cui scaturisce unidea diversa di natura. In poche parole, da un nuovo come, il come sono le cose sperimentali, si impone la ricerca di un nuovo che, il che in cui consiste un essere che sempre meno naturale. Il
riconoscimento della duplicit di problemi che pongono le rivoluzioni
scientifiche del primo Novecento spinge dunque Zubiri a cercare uno spazio dincontro del filosofo e del fisico. Laddove questultimo, nellesercizio della propria scienza, continuamente costretto ad andare indietro, verso i principi di cose che non solo non hanno pi nella materia ma nella
legge il loro principio di invarianza, ma che inoltre sembrano raddoppiarsi
a causa della scissione tra verit matematica e realt fisica.
La doppiezza dellambito, quello descrittivo e quello fondativo, si converte, sin dal primo libro di Zubiri, nel compito di gettare luce sul rapporto
di interdipendenza tra le scienze particolari e la metafisica della natura10.
Tra i saggi raccolti in Naturaleza, Historia, Dios troviamo La idea de Naturaleza. La nueva fsica, (apparso per la prima volta in Cruz y raya nel
1934 col titolo La nueva fsica: un problema de filosofa) dove, dopo aver
pregato il lettore di tener conto della data di prima pubblicazione, avvertenSchwarz, di Berlin e di Runge e Caratheodary a Gottinga []. Nel 1910 ha pubblicato un contributo su Correspondencia de figuras elementales, nel 1916 il volume Fundamentos de la geometra proyectiva superior. Nel 1917 Anlisis
algbrico e ora in stampa la sua Teora geomtrica de la polaridad, premiata
dallAccademia delle Scienze (J. Ortega y Gasset, La Prensa, 2 luglio 1917, in
Id., OC, vol. III, pp. 7-8, p. 7).
10 Le scienze seconde, in virt di quella che non una mera provocazione, starebbero, nellottica del fisico Gonzlez de Posada, a fondamento di una scienza prima. Ma, sebbene il fisico spagnolo esponga con competenza i rapporti tra lopera filosofica di Zubiri e la scienza contemporanea, mostrando come questultima
funga da sostrato che motiva la costruzione di una nuova filosofia della natura,
tuttavia bene ricordare che proprio grazie alle scoperte scientifiche della prima
met del Novecento, e non solo grazie a Heidegger, che si rende necessario ricercare non la sorgente dellipotesi teorica, ma il principio fondativo tanto delle
scienze quanto degli oggetti. Per cui la metafisica, non essendo scienza delloggetto neanche di quello supremo non pu come crede Gonzlez Posada
fondarsi sulle scienze. Cfr. F. Gonzlez Posada, La fsica del siglo XX en la metafsica de Zubiri, Instituto de Espaa, Madrid 2001 e Id., La ciencia
contempornea en la obra de Zubiri, in D. Gracia (a cura di), Desde Zubiri, cit.,
pp. 35-55.
80
Nella fisica classica, misura significa la relazione che realmente esiste di per
s tra il metro e ci che misurato; la misurazione era lapprossimazione maggiore o minore a la misura reale, che era lunica che contava. Ora, misurare significa io misuro, vale a dire, realizzo o posso effettivamente realizzare una misurazione. La misurazione non unapprossimazione alla misura, ma la misura
, in se stessa, il valore medio delle misurazioni14.
fatto conseguono sempre soltanto dati di fatto. Ma, se ogni scienza eidetica per
principio indipendente da ogni scienza di dati di fatto, le cose stanno, dallaltra
parte, al contrario nei riguardi delle scienze di dati di fatto []. infatti in primo
luogo ovvio che una scienza empirica, qualora voglia fondare mediatamente i suoi
giudizi, deve procedere conformemente ai principi formali, trattati appunto dalla
logica formale. Inoltre, essendo, come ogni scienza, rivolta a oggetti, in generale vincolata dalle leggi relative allessenza delloggettualit in generale. Essa entra di conseguenza in rapporto con il complesso delle discipline ontologico-formali che abbracciano, oltre alla logica formale in senso stretto, le altre discipline
della mathesis universalis.
13 X. Zubiri, Ensayo de una teora fenomenolgica del juicio, in PE, p. 321: Il carattere di assoluta insufficienza che ha il mondo delle esistenze fa s che nessuna
scienza positiva sia completamente autonoma, e che tutte loro dipendano da un ordine ideale. Cos la Fisica dipende dalla Matematica.
14 NHD, p. 325.
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84
anzi per un suo irrobustimento, in quanto proprio in virt di un potenziamento della sensatezza che viene meno lo scarto tra ente naturale e
fenomeno legalizzato, o in altri termini, con la nuova Fisica non si hanno pi fenomeni da una parte e principi da unaltra, messi in relazione dalla scrittura divina, bens osservabili in base a principi.
Cos Zubiri segna le fasi metamorfotiche del concetto di natura: per
Aristotele, la Natura sistema di cose (sostanze materiali) che arrivano a
essere in virt delle loro cause; per Galileo, Natura determinazione matematica di fenomeni (accadimenti) che variano; per la nuova fisica, Natura
distribuzione di osservabili26 e, correlativamente, la fisica prima eziologia della natura, poi misura matematica di fenomeni e infine calcolo probabilistico di misurazioni su osservabili. Un tale probabilismo sembrerebbe riportare lo scienziato nella situazione pre-galileiana del brancolamento
nel buio, del procedere a tastoni, che Kant deplorava quando nella Prefazione alla Critica della ragion pura esaltava la figura di chi col metodo sicuro della sensata esperienza aveva attribuito alla ragione il ruolo di giudice e alla natura quello del testimone costretto a rispondere27.
ca en la Fsica, in OC, vol. V, pp. 430-431; trad. it. di L. Gallinari, Rissa nella fisica, in Ortega y Gasset, Scienza e filosofia, cit., pp. 74-86, in part. pp. 84-85.
26 NHD, pp. 350-351. Vedi quanto scrive Cassirer (Id., DallUmanesimo allIlluminismo, cit., pp. 184-185) sullinnovazione galileiana rispetto alla fisica aristotelica delle cause, in particolare di quella finale, e rispetto alleterogeneit qualitativa
della materia che era strettamente legata al destino del luogo naturale; ma anche
sullo spazio di certezza che il metodo moderno conquista di contro al probabilismo. Una breve incursione nella storia del concetto di Natura la fa Ortega in Storia come sistema (1935), in Id., Aurora della ragione storica, cit., p. 213: il concetto di natura di puro sangue ellenico: riceve un primo stabile assetto da
Aristotele: modificato dagli stoici, viene introdotto nel Rinascimento e attraverso
quella grande breccia inonda lepoca moderna. Riceve la sua definizione, tuttora
in uso, da Robert Boyle: la natura la regola o il sistema di regole in base al quale si comportano i fenomeni, insomma la legge. Com evidente Ortega, a differenza di Zubiri e di Cassirer rintraccia un legame di continuit nei diversi
concetti di natura che portano su di s non solo il tesoro ma anche il fardello e
la catena delleredit parmenidea, che da idea attuale dellessere identico a s si
trasformerebbe in credenza stratificata nella fissit, stabilit e attualit della natura, al punto che il percorso che porta la natura dellaristotelismo a diventare la
regola o la legge stabile degli instabili fenomeni di Boyle, lungi dallessere una
degenerazione, una depurazione del concetto originario e, per cos dire, la sua
sincera confessione. Cos, in Comte, Stuart Mill, tutto pende, come da un chiodo,
dallinvariabilit delle leggi della natura. La natura del positivismo si palesa
quindi come pura invariabilit, essere fisso, statico, eleatico (ivi, pp. 214-215).
27 Cfr. I. Kant, Critica della Ragion Pura, Prefazione alla seconda edizione, a cura
di P. Chiodi, Utet, Torino 1995, pp. 42-43.
86
Il fisico del XX secolo si troverebbe per cos dire gettato innanzi a una
molteplicit di sistemi di operazioni che si dimostreranno essere non meramente convenzionali, ma in dialogo con un oggetto irreale, e prima ancora
con lesperienza virtuale di esso. Tale esperienza assume il senso della costituzione tanto delloggetto quanto dello sguardo che a esso si rivolge; e
per ci il concetto, da sostituto dellesperienza, diviene il tratto distintivo
di unesperienza che assume lirreale non come strumento o come via daccesso al reale, ma come loggetto stesso di un atto virtuale:
Mostrando quella che in termini orteghiani potrebbe dirsi una certa credenza nel principio di indeterminazione credenza, questa, che si sarebbe
poi incrinata, o che quantomeno sarebbe stata funzionale a riaffermare lidea
dellirreversibilit del tempo29 Zubiri si preoccupa di specificare lo statuto
del principio formulato da Heisenberg partendo dal preliminare chiarimento
di ci che non : non primariamente un principio logico, posto che si tratta
di unaffermazione intorno a una relazione reale tra due termini irreali, quale quella tra il fotone e lelettrone, ma non neanche un principio di ontologia generale che avesse la pretesa di negare lesistenza della causalit30,
giacch il determinismo solo uno dei modi possibili di causalit, e perci la
28 NHD, p. 331. La nozione di esperienza ideale, o concettuale, rappresenta il livello epistemologico comune a due riflessioni, per altro differenti, sulle scienze contemporanee, quella zubiriana, che si indirizza alla delineazione di una metafisica
della natura, e quella bachelardiana, che, a partire dalla definizione di una epistemologia non-cartesiana e dalla nozione di fenomenotecnica, ossia di un procedimento di realizzazione razionale (e non pi solo di conservazione) dei fenomeni
naturali, giunge a una psicoanalisi della conoscenza scientifica. Cfr. G. Bachelard,
Il nuovo spirito scientifico (1934), ed. it. a cura di L. Geymonat, P. Ridondi, Laterza, Roma-Bari 1978, p. 13; cfr. Id., La formazione dello spirito scientifico,
(1938), ed. it. a cura di E. Castelli Gattinara, Cortina, Milano 1995.
29 Cfr. il corso Sobre el tiempo del 1970, dove a Zubiri preme esplicitare la differenza tra la questione della seriazione dei fenomeni fisici secondo antecedenti e conseguenti e la questione della seriazione dei momenti temporali,
proprio per mostrare come la possibile inversione nella successione dei fenomeni fisici non intacchi lirreversibilit del tempo, ma anzi la presupponga
(ETM, p. 227).
30 NHD, p. 337.
negazione di esso non comporta la negazione della causalit in toto31. Piuttosto il principio di indeterminazione uno dei principi di ontologia regionale che vogliono definire il senso primario dei vocaboli naturale e natura, ossia, il senso del verbo esistere allinterno della fisica32.
Esistere come visibilit e non come localizzazione: perci la luce assume le vesti di struttura formale della Natura a partire dal riconoscimento
della sua costitutiva doppiezza, che fonda e precede tanto il soggetto quanto loggetto. La ridefinizione del termine Natura passa quindi per una integrazione dello schema spazio-temporale, sia esso a priori o a posteriori, per
cui Natura lunit compatta di Spazio-Tempo-Materia-Luce (nel senso
di chiarezza)33.
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di fronte al passato razionalista di quattro secoli si oppone genialmente Einstein e inverte linveterata relazione che esisteva tra ragione e osservazione. La
ragione cessa di essere norma imperativa e diviene arsenale di strumenti; losservazione li prova e decide quale di essi il pi opportuno. La scienza dunque il risultato di una reciproca selezione tra idee pure e fatti puri35.
Lequivoco starebbe dunque nel confondere la variabilit di spazio-tempo, intesi come gli ingredienti oggettivi della prospettiva fisica, con la
parzialit delle visioni soggettive. In questo preciso momento della sua riflessione, Ortega sembra ricondurre losservatore alla localizzazione
dellosservazione, lo spettatore alla sua posizione determinata, la finitezza
al mondo e non al punto di vista.
Assai diversa sarebbe stata la nozione orteghiana di prospettiva esposta
in un ciclo di lezioni tenute allInstituto de Humanidades, poi raccolte nel
libro postumo El hombre y la gente. Ebbene, in quel testo sullintersoggettivit, in cui prospettiva e circostanza si intrecciano nel determinare lopacit dellestraneo e la semitrasparenza mai pienamente comunicabile dei
vissuti propri, la riconduzione della prospettiva alla localizzazione del corpo era aspramente criticata come un errore madornale che Husserl avrebbe compiuto nelle sue Meditazioni cartesiane37.
36 Ivi, p. 646.
37 E. Husserl, Meditazioni cartesiane con laggiunta dei Discorsi Parigini, trad. it. di
F. Costa, Bompiani, Milano 19942, Quinta meditazione, 53, p. 136: io posso
mutare la mia posizione nel libero mutamento degli stati cinestetici, e specialmente per la libert che ho di andare intorno, in modo tale che posso assumere una
90
Tornando a Zubiri, occorre segnalare che sebbene anchegli declini losservazione in osservabilit e non in osservatore, tuttavia, e a differenza di
Ortega, considera Einstein come il perfetto continuatore della fisica classica, proprio per il mancato peso di realt che avrebbe losservatore nella misurazione. In poche parole, per Zubiri, la fisica di Einstein il coronamento della fisica classica, in quanto la natura non smette di essere intesa come
misurabilit reale. Laddove reale non si riferisce alle effettive osservazioni di un osservatore ma allosservabilit in generale.
La condizione di invarianza delle leggi fisiche cos egli scrive non si riferisce in prima istanza allimmagine che un osservatore acquisisce delluniverso, bens alla struttura delluniverso, relativamente a un sistema qualsiasi di
coordinate. Mi si dir che ogni osservatore pu essere interpretato come un sistema di coordinate. Ma a ci bisogna rispondere, in primo luogo, che non vale
linverso, e in secondo luogo, che allora il sistema di coordinate non interpretato come un punto di vista di osservazione, ma, al contrario, il punto di vista
di osservazione come un sistema di coordinate. Vale a dire che la misurazione
umana delle grandezze fisiche non rientra affatto nel suo concetto di misura.
La misura una relazione che esiste, ossia, che si trova definita tra unit cosmiche, ma tanto indipendentemente dal fisico quanto la proporzione matematica esiste indipendentemente dal matematico38.
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Diversamente, Zubiri, pur riconoscendo che lopacit un carattere necessario alla percezione delle cose, per cui si potrebbe dire inciampo, dunque percepisco, fa dellassenza di opacit il punto davvio per una visione
daltro tipo, una visione difficile e violenta, la visione propriamente meta-fisica di ci che diafano, alla quale attribuisce una triplice struttura:
ci che diafano non soltanto ci attraverso cui si vede, non soltanto ci che
ci fa vedere, bens, in un modo o nellaltro, ci che costituisce ci che visto.
[] Costituisce ci che visto nel senso che ci che diafano un momento delle cose. Se le cose non fossero accessibili alla diafanit e se ci che diafano non
ce le ponesse nella visibilit [videncia], non vi sarebbe possibilit di vederle41.
3. Mondo e cosmo
Era stato nei termini di mondo e cosmo che Zubiri aveva posto la questione dei rapporti e delle differenze tra scienza ed episteme in un saggio
41 PFMO, p. 20.
42 IRE, p. 129.
43 La distinzione tra mondo e cosmo in questi termini presente sin da SE, pp. 109110 e 427-429.
del 1941, apparso per la prima volta nellEscorial col titolo di Ciencia y
realidad e poi ripubblicato in Naturaleza, Historia, Dios. Ebbene, in quello scritto si faceva questione del movimento, del suo che e del suo come,
cos come erano stati definiti rispettivamente dalla Fisica aristotelica e dalla scienza moderna. Molte e non di grado, ma essenziali, sono le differenze segnalate da Zubiri tra quel che il greco e il moderno intendono per conoscenza e soprattutto per realt. Se lepisteme il possesso dellinterna
necessit delle cose, la scienza invece mira alla precisione oggettiva, per
cui la penetrazione nella cosa cede il posto alla sostituzione concettuale, la
cosa alla misura, lindole causale delle cose al loro percorso di legalit e,
quel che qui pi interessa, che se in Aristotele possibile rilevare una distinzione nella natura doppia della forma, intesa come schema e come eidos44, nella scienza moderna il primo concetto acquista autonomia rispetto
al secondo per ricercare le ragioni della presentazione oggettiva delle cose,
mettendo da parte il problema della loro unit costitutiva. Problema, questo, ritenuto da Zubiri fondamentale, non solo per Aristotele45, ma anche
per Leibniz e Kant, che insistono sul carattere dinamico e operativo dellunum delleidos46, sullunit dellaspetto, del dettaglio delle note, che, in
Kant, riguarderebbe tanto il fenomeno quanto la cosa in s. Laddove la distinzione tra questi ultimi concetti riferita a due modi di procedere da
44
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fuori verso dentro e da dentro verso fuori che appaiono, per, accomunati dal loro potere unificante. Cos Zubiri:
ci che Kant esprime quando afferma che nella sensibilit abbiamo una semplice molteplicit o diversit, e che questa merita di essere chiamata fenomeno
soltanto quando viene unificata. Allo stesso modo, lunum merita di essere
chiamato cosa in s, solo quando considerato come radice di molte note. La
differenza tra fenomeno e cosa in s deriva, pertanto, da due modi di avvicinarsi al dettaglio. Collocandoci, per cos dire, fuori, e guardando verso dentro, il
dettaglio ci appare come qualcosa che manifesta ci che la cosa : il dettaglio
allora fenomeno. Se ci collocassimo dentro il dettaglio e guardassimo verso
fuori, il dettaglio ci apparirebbe come il contenuto della cosa in se stessa:
avremmo la cosa in s.
e poi aggiunge se avessimo il potere di impiantarci radicalmente nellunit della cosa cos credeva Leibniz con la sua intuizione intellettuale non
vi sarebbero fenomeni per lintelligenza: tutto, nel suo stesso dettaglio, sarebbe noumeno47.
Vi inoltre una significativa presa di posizione a favore di Kant, che in
questo contesto dovuta alla condivisione del modo di intendere il concetto di impressione, in linea con quella che Zubiri chiama la buona tradizione aristotelica, e che sarebbe racchiusa nellespressione le impressioni
che le cose producono in noi. Pi avanti si vedr come sia proprio a partire dalla valorizzazione del concetto di impressione che Zubiri elabora la
sua teoria dellintelligenza senziente e come lo faccia col tono rivoluzionario di chi vuole rompere con una tradizione filosofica che in fondo la storia di un declassamento, appunto quello della sensibilit, che per pu essere superato solo se si passa dal dualismo delle facolt del conoscere
allunitariet dellatto di apprensione di realt.
Ma quel che in questo saggio interessa a Zubiri il soggetto della frase
kantiana: le cose. Cos come il riferimento agli aisthet di Aristotele che
solo in parte possono essere ritenuti affini a quelli che nel primo volume
della trilogia vengono chiamati sentires motivato dal bisogno di distinguere tra affezione e presenza della cosa.
A partire da Aristotele, laffezione sensibile, il pathos sensibile, non significa quella peculiare commozione umana che indica il vocabolo nel suo senso
usuale, piuttosto laggettivo sensibile viene ad indicare che nellimpressione
47 Ibidem.
di qualcosa, si rende sensibile questo qualcosa e, pertanto, limpressione consiste in primo luogo in una presenza o manifestazione48.
E solo in secondo luogo limpressione si riferisce al sentire limpressione. Cos continua Zubiri, facendo un esempio che si sarebbe mantenuto anche quando lattualit avrebbe riguardato non la qualit della cosa ma la
formalit della realt: trattandosi del calore, sento caldo e nello stesso
tempo sento la temperatura della cosa calda. A questa doppia attualizzazione si riferisce Kant quando tratta i fenomeni come impressioni sensibili49.
Quello che in questo preciso punto dellitinerario zubiriano indicato
come una doppia attualizzazione, vale a dire della qualit della cosa e del
sentirsi affetto, avrebbe poi trovato una concettualizzazione definitiva col
termine co-actualidad. Il che diviene possibile non solo in seguito a un ripensamento della forma e della realt, ma anche del rapporto unit-pluralit, che, in questo saggio di Naturaleza, Historia, Dios, dove convivono
lanima aristotelica e quella kantiana ancora affidato al potere unificante della sintesi, evidenziando cos di essere ancora pensato in funzione
delloggetto, nonostante questo sia riconosciuto nella doppiezza di fenomeno (il come del suo unificato apparire esterno) e di cosa (il che della sua
unit interna). Viceversa, in Inteligencia sentiente opera che conta sulla
precedenza di Sobre la esencia, che per Zubiri vuol dire contare sulla realt come prius trascendentale il problematico rapporto tra luno e il molteplice appare risolto nella congenerit e coattualit tra atto e formalit di
48 Ivi, p. 113. Zubiri sembrerebbe riprendere unargomentazione del De anima di
Aristotele ( 425 b 12-426 a 27; trad. it. di G. Movia, Rusconi, Milano 1996, pp.
193-195) a proposito della coscienza della percezione: Poich noi percepiamo di
vedere e di udire, o con la vista si deve percepire che si vede, o con un altro senso. Ma allora il medesimo senso percepir la vista ed il colore che ne costituisce
loggetto, e di conseguenza o due sensi avranno il medesimo oggetto oppure un
senso avr per oggetto se stesso. Inoltre se fosse un altro il senso che percepisce
la vista, o si andr allinfinito oppure un dato senso avr s per oggetto, e quindi
sar meglio riconoscere tale capacit al primo. Ma vedasi anche Id. Metafisica
XII, 1074 b 34-1074 b 36 (trad. it. di G. Reale, Bompiani, Milano 2000, p. 577)
dove a proposito dellatto puro si legge: Se, dunque, lIntelligenza divina ci
che c di pi eccellente, pensa se stessa e il suo pensiero pensiero di pensiero.
Tuttavia, sembra che la scienza, la sensazione, lopinione e il ragionamento abbiano sempre come oggetto qualcosa di altro da s, e che abbiano se medesimi come
oggetto solo di riflesso. Che laffinit tra i brani aristotelici e il concetto zubiriano di noergia quale apparir nella trilogia sia solo apparente , come si avr
modo di vedere, dovuta al carattere triplice che possiede la nozione di atto per il
filosofo spagnolo.
49 NHD, p. 113.
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realt. Per cui, per riprendere lesempio del calore, il sentire della temperanza che, come gli altri dieci atti di formalizzazione analizzati da Zubiri, un sentire intellettivo o, meglio ancora, unintellezione senziente
presenta la realt nella forma del calore, di un calore che riscalda in quanto
di suo caldo e altro rispetto al sentire, che al sentire si impone in una
forma che per una (coattuale) col restar presente della realt riscaldante
e della realt del me che si riscalda.
Questa solo unanticipazione di quella che sar la riflessione zubiriana
su senso (non come organo ma come atto e perci pi che senso sentire) e
forma, ma anche sulla propriet e alterit di questultima, stretta dal legame di coattualit, nellultima fase della sua speculazione. Ora ritorniamo al
punto in cui viene individuato nel misconoscimento della doppiezza della
forma la quale imponeva, ancora a Kant, la distinzione tra due tipi di unit lorigine dellautonomizzazione della molteplicit dei dettagli, o delle
note, a scapito della loro unit, che, a sua volta, cede il posto alla convenzionalit dellapparire.
Con la scienza moderna, dunque, e con la via che essa ha imboccato prediligendo lo schema alleidos, sarebbe emersa una forma specifica di compimento della doppia natura non solo del pensiero ma anche del suo oggetto, il
quale avvertiva allora Zubiri per il solo fatto di esserlo, presenta quel
sottile e vitreo sdoppiamento tra el que es e lo que es50, o in altri termini
tra il suo essere fenomeno e il suo essere cosa51. Ma non sono questi ultimi
termini quelli che segnano la differenza di fondo tra scienza ed episteme,
bens qualcosa di pi radicale: la differenza tra cosmo e mondo. Mondo
struttura oggettiva di fenomeni; cosmo, ordine reale di realt52. Fenomeno,
allora, come essere che accade nel mondo, e cosa, da parte sua, come un
modo dessere che sempre nellordine, di cui una cosa suprema, il Theos, gerarca, ovvero cosa dotata di un modo di apparire necessario, di un
50 NHD, p. 115.
51 Il problema laveva gi posto Ortega nel parlare di una irrazionale dualit: La
fisica offre un dualismo che irrazionale. Da una parte, ci dice che cosa ci che
esiste, costruisce una realt pura, la si chiami atomo o come si vuole. Poi, dallaltra, ricerca sperimentalmente come si comporta quella realt. evidente che la fisica non sar una disciplina sufficientemente razionale, finch queste due parti di
essa non giungano ad unit, fino a quando cio non si arrivi a dedurre razionalmente il comportamento delle cose dalla loro realt o struttura (J. Ortega y Gasset, Conversin de la fsica en geometra. Observacin o invencin. Grecia o
Egipto, in OC, vol. V, p. 426; trad. it. in Scienza e filosofia, cit., p. 81).
52 NHD, p. 118.
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be specificato anche il senso della durata come durezza di essenza, per cui
l stato, l e il sar, pi che come articolazioni del divenire, si sarebbero
configurati come i punti di non cedimento di una realt dura a dissolversi nellirrealt del tempo, eppure aperta a esso nella forma della refluencia.
Nel gi citato corso del 1967, dal titolo El hombre: lo real y lo irreal,
avendo come riferimento la bella metafora bergsoniana della vita come un
punto elastico che si distende lungo il tempo, che si distende finch non si
rompe e che si rompe proprio per lusura del tempo, Zubiri si sarebbe chiesto cos la durata? la distensione elastica o qualcosa di diverso? la
durata stessa che si oppone al fatto che in quella distensione si possa rompere la gomma. La durata sarebbe cos lesser duro, essere durus, non lo
stare dispiegato nella durata e pi avanti
concetto di oggetto e di fenomeno che avrebbe inoltre determinato un ridimensionamento del ruolo attribuito alla sintesi, tanto a quella trascendentale
quanto a quella materiale altrettanto vero che la ridefinizione dei concetti di mondo e cosmo ha, nellopera del 62, una ricaduta immediata sulla distinzione tra il temporale e leterno. La parola chiave per cogliere le trasformazioni subite da mondo, cosmo, essere e tempo rispettivit. in
questultima che Zubiri rintraccia il fondamento di ogni relazione e connessione, e, si potrebbe aggiungere, anche la via di superamento del correlativismo noetico-noematico. A questultimo, infatti, si cerca di opporre qualcosa
di pi originario, qualcosa che precede la determinazione stessa dei poli relati: il momento intrinseco e formale della costituzione di una cosa reale, secondo il quale questa cosa funzione delle altre58.
Ma a essere messa in discussione anche la torsione ontologica che Heidegger imprime allintenzionalit e con essa, com stato gi anticipato, lassunzione del mondo come esistenziale. La mondanit non ha nulla a che vedere con luomo59. Con tale icastica affermazione Zubiri non avrebbe fatto
altro che mostrarsi coerente con lobiettivo principe del suo primo vero libro,
vale a dire con uno studio sullessenza come momento costitutivo della realt. Allora il mondo, e lessere, vengono desostantivati. Il sostantivo mondo
diventa mondanale [mundanal], aggettivo dellunica autentica sostantivit, ossia della realt. La nozione di mondo come mondo in cui sto e come
orizzonte di possibilit desistere possono essere conservati per Zubiri sebbene, come pi oltre diverr pi chiaro, questi non possa non neutralizzare la
gettatezza solo se presuppongono il concetto primario e fondamentale di
mondo. Soltanto perch luomo una realt costituita qua realt in rispettivit alle altre, vale a dire, soltanto perch luomo gi mondanale come realt, pu fare suo il mondo, nel senso esistenziale e vitale, nel modo del progetto [bosquejo, Entwurf]60.
Quel che avrebbe separato per sempre Zubiri da Heidegger non solo la
diversa nozione di mondo che il primo avrebbe esibito in Sobre la esencia,
ma anche e soprattutto la diversa nozione di essere. Il concetto cardine
dellontologia sarebbe stato per cos dire declassato a momento ulteriore
della realt. Declassato, intendiamoci, solo per quel che concerne loriginariet, la sostantivit e lultimit, che sono tutte caratteristiche esclusive della realt. Di una realt che tuttavia . E lessere attualit mondana
del reale, avente una propria modalit: il tempo. A questo punto sebbe58 SE, p. 427.
59 Ivi, p. 428.
60 Ibidem.
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na, al fine di situarsi, al di qua di ogni presupposto ontologico, nella semplice apprensione della realitas in essendo. probabile che Zubiri avesse
esposto a Heidegger la necessit di trovare un fondamento allessere, sin
dal gi richiamato breve ma intenso incontro privato che rappresentava lepilogo di quattro semestri friburghesi spesi nellossessione di trovare una
risposta al che delle cose.
Da qui sarebbe sorto il bisogno di denunciare, per poi finalmente liberarsene, quelle che allo Zubiri maturo appaiono come quattro sostantivazioni
che avrebbero scandito il tempo della filosofia a partire da Kant: Spazio e
tempo, coscienza ed essere. Questi diventano nelle sue mani concetti da desostantivare nellintento di trovare nella metafisica della realt, di una realt sostantiva e perci lontana da ogni rapporto col nulla, il fondamento ultimo dellontologia. Lessere diviene cos un derivato della realt, lo spazio e
il tempo i caratteri delle cose che gi sono reali, mentre la coscienza viene abbandonata o come ammoniva Ortega mandata al Lazzaretto63 per far
posto allintelligenza senziente, intesa come atto che attualizza la realt.
Tralasciando le inesattezze, affidiamoci pure al gi citato testo tardo,
scritto a mo di prologo alledizione inglese di Naturaleza, Historia, Dios,
in cui Zubiri, che ha appena pubblicato il primo volume del suo trittico
(1980), traccia, con tono polemico e senza il rigore che contraddistingue i
suoi testi, per la prima e lultima volta, gli orizzonti problematici che hanno segnato le tappe, caratterizzate da unispirazione unitaria e intese come
le qualit di un lasso di tempo64:
63 Cfr. J. Ortega y Gasset, Prlogo para alemanes, cit., p. 255; trad. it. cit. p. 61: La
fenomenologia, nel sospendere lesecutivit della coscienza, la sua Weltsetzung,
la realt del suo contenuto, ne annienta la caratteristica fondamentale. La coscienza proprio ci che non pu essere sospeso: lirrevocabile. Per questo realt e non coscienza. Il termine coscienza deve essere mandato al Lazzaretto.
64 NHD, p. 13, dove dopo aver distinto le quattro unit strutturali del tempo (misura, et, durata, accadere) senza, per, tralasciare la temporeit [temporeidad], intesa come concetto modale del tempo e di cui tratta pi distesamente in altri suoi
lavori, egli si sofferma sullaccadere, che nel caso in cui si coniughi con i termini
progetto e ispirazione d origine alla tappa [etapa]: Quando i progetti umani
allinterno di un lasso di tempo rispondono a ci che possiamo chiamare unispirazione comune, allora il tempo dellaccadere ha un aspetto temporale proprio:
la tappa. La tappa una qualit di un lasso di accadimenti. Il cambiamento dellispirazione comune linizio di una nuova tappa.
102
pensava Kant (seguendo Newton), ma, piuttosto, le cose reali sono spaziali e
temporali [...]. Lintellezione non un atto di coscienza, come pensa Husserl.
La fenomenologia la grande sostantivazione della coscienza che ha circolato
nella filosofia moderna a partire da Descartes. Tuttavia, non c coscienza; ci
sono soltanto atti coscienti65.
Anche nei confronti di Heidegger, Zubiri muove la stessa accusa di sostantivazione, in questo caso mirante allessere:
dunque a dissolvere tali storiche sostantivazioni che mira la ricerca zubiriana di unidea del reale che preceda e fondi lessere, lo spazio e il tempo, ma
anche che risponda alla crisi dei principi delle scienze a partire dalla ricerca di
qualcosa di pi originario delloggetto. In questo preciso punto possibile ravvisare uninversione di marcia rispetto alla fase fenomenologico-statica, che
vedeva nella descrizione delloggetto il piano originario al quale sarebbe poi
seguito quello esplicativo della realt. Litinerario zubiriano, che si mostrato
suscettibile di essere scandito secondo le parole chiave oggetto, cosa e realt,
evidenzia, nel passaggio da Husserl a Heidegger, un cambio di rotta coincidente con la maturazione della consapevolezza di rompere con la stratificazione in
gradi dellesperienza. Non c, per, da illudersi sulla linearit del percorso,
dacch anche lermeneutica fenomenologica di Sein und Zeit non tarder a mostrare la sua incompatibilit con lapprensione di realt alla quale pensa Zubiri. Senza, tuttavia, anticipare future divergenze, possibile affermare che di
non poco conto sono gli elementi che dividono Zubiri da Heidegger forse sin
dallinizio, basti pensare a quelli espressamente denunciati dal primo, come
linfondatezza dellessere e lentificazione della realt. Eppure c qualcosa
che resta: lesigenza di superare la crisi dei principi attraverso unidea di metafisica che, rinunciando allaccezione di scientia prima, liberi lessere nel caso
di Zubiri la realt dalloggettivazione67.
65 Ivi, p. 15. Cfr. anche SE, pp. 436-437.
66 NHD, p. 16.
67 Sulla necessit prioritaria della metafisica, il cui carattere fondativo assunto
come terreno di radicamento della vita come della scienza, vedi P. Cerezo Galn,
Idea y mbito de la metafsica de Ortega y Zubiri, in J.J.E. Gracia (a cura di),
Concepciones de la metafsica, Trotta/CSIC, Madrid 1998, p. 264: Prima di es-
il pensiero scientifico attuale tende vertiginosamente alla perdita del suo oggetto: le cose. [] Si finisce per non sapere cosa si sa e cosa si cerca. Ma se si considera la scienza come una penetrazione sempre pi profonda ed estesa in un
mondo di oggetti in cui siamo costitutivamente immersi, tutto cambia improvvisamente aspetto. Il positum non una mera impressione sensibile; la semplicit nella trattazione dei fenomeni non una cieca utilit biologica; la situazione storica in cui ci troviamo non una mera forma oggettiva dello spirito. In
ognuno di questi tre aspetti, il pensiero e luomo non possono concepirsi se non
nelle e con le cose68.
Daltra parte, nello scritto del 1935 sul quale si dovr tornare intitolato Qu es saber?, si trovano dei preziosi riferimenti al logos che, oltre a
evidenziare forti affinit con Heidegger (in linea con gli scritti della controversa svolta, ove, daltra parte, tali riferimenti zubiriani, nel loro falso
carattere anticipativo, costituiscono un possibile indizio a favore della continuit nella Kehre che Heidegger avrebbe ossessivamente rivendicato), riconfermano il filo rosso di formalit che, dallapprensione muta della palpitante attualit delle cose, si rivolge in virt di ci che allora, e
preludendo alla trilogia, viene chiamato luminoso sentire verso la voce
delle cose, ovvero la voce a loro dovuta. Scriveva allora Zubiri:
Nel parlare, diciamo cose. Ma diciamo questo e non unaltra cosa, perch
una specie di nostra voce interiore ci dice ci che sono le cose. Quando qualcosa ci sorprende perch insolito, rimaniamo senza parole. Il logos fondamentalmente una voce che detta ci che c da dire. In quanto tale, esso qualcosa che fa parte dello stesso sentire, del sentire intimo. Ma a sua volta,
questa voce la voce delle cose, di esse; ci detta il loro essere e ce lo fa dire.
Le cose trascinano luomo in virt del loro essere. Luomo dice ci che dice per
la forza delle cose. In quanto voce delle cose, il logos come diceva Eraclito
la loro sostanza69.
sere scienza, la metafisica , dunque, una prassi vitale. La necessit della metafisica, considerata nella sua radice, equivale alla necessit vitale della verit.
68 NHD, p. 48.
69 Ivi, pp. 78-79. Si noti laffinit col commento heideggeriano al frammento B 50 di
Eraclito (Se non me, ma il Senso avete inteso, allora saggio dire nello stesso senso: Tutto uno); cfr. M. Heidegger, Saggi e discorsi, Mursia, Milano 1991, p. 150.
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Questo passo sarebbe stato richiamato nella cornice della trilogia, in particolare nel secondo volume, come lattimo in cui il dire mostr di essere
esatto, di scaturire da un dettato cui impossibile non porre prima lorecchio
e poi la voce che, alla stregua di un debito, sono le tacite fisionomie delle
cose a riscuotere, o nei termini noologici, lapprensione primordiale di realt a esigere, fondandola, dallapprensione semplice del logos:
Ricordiamo che gi per Eraclito il logos qualcosa che il sophs, il sapiente, deve ascoltare. Da questo punto di vista da molti anni sono solito interpretare il logos di Eraclito come la voce delle cose. Laffermazione un verdetto; proprio ci che esprime la parola giudizio. Non c vocabolo adeguato
per esprimere questo che chiamo il dettare la verit. Se per amore di simmetria, e senza voler riutilizzarlo fuori da questo luogo, mi si permette di forgiare
un vocabolo, il verbo verodettare [veridictar], dir che il reale ha codesto
modo di veritare [verdadear] nel giudizio che chiamo essere verodettante
[veridictante]70.
chi ascolta la voce delle cose sveglio ad esse, vigile. la veglia. Quando si
scopre una cosa, come se ci si svegliasse ad essa. E il primo logos del risveglio , perci, un es-clamare. Ad ogni cosa va aggiunta una voce, e questa voce,
a sua volta, riunisce tutte le cose in una voce unitaria. Per questo tutti gli uomini svegli hanno uno stesso mondo: il cosmos. Il porre insieme o riunire si dice,
in greco, lghein, per questo tale vociare si chiam logos72.
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plarmente assunti da Diego Gracia come i tre concetti cardine che padroneggiano il filosofare zubiriano88.
Vi un altro testo in cui risuona leco di Heidegger. Si tratta di una conferenza intitolata Hegel y el problema metafsico, pubblicata per la prima volta in Cruz y raya nel 1933, e che riveste particolare importanza, in quanto
in essa possibile rilevare una pluralit di motivi critici a partire dai quali il
groviglio di temi, che vanno tessendo la trama della vicinanza-lontananza del
filosofo spagnolo nei confronti dellautore di Sein und Zeit, si carica di senso e di esigenza di compimento nella forma di una nuova metafisica della
luce. Il ventaglio di possibilit aperto da questo scritto davvero ampio: la
messa a tema del concetto aristotelico di physis come arch e telos dellessere delle cose, assimilato al movimento; la critica allidealismo tedesco e la relativa formulazione del problema dellunit tra essere, spirito e verit che
raggiunge la massima espressione di maturit proprio con Hegel89; la ripresa
del dilemma idealismo-realismo che poneva Ortega con Las dos grandes
metforas; lespressione di ci che ora appare come pi di una semplice riserva rispetto al concetto husserliano di intenzionalit, che in questo preciso
momento , daltra parte, legata a unistanza ontologico-esistenziale90 intonata secondo la modalit patica della malinconia, ma specificata come esuberanza di salute, kat physin, secondo i termini aristotelici; e, infine, laffermazione del vincolo tra metafora fotica e metafisica, che, nel meditare
zubiriano sulla realt, mai perder in saldezza, bench sia specificato di volta in volta da molteplici e diversi significati, ma che pur sempre appare volto a cogliere il nesso tra realt e formalit.
Cos come Ortega aveva introdotto la metafora degli Dii consentes in
contrapposizione a quelle della tabula rasa e della coscienza come continente91, allo stesso modo Zubiri, facendo un esplicito riferimento al mera88 D. Gracia, La voluntad de verdad, cit., pp. 85-94.
89 NHD, p. 269: La maturit intellettuale dEuropa Hegel. E non soltanto per la
sua filosofia, bens per la sua storia e per il suo diritto. In un certo senso, lEuropa
lo Stato, e forse soltanto con Hegel apparsa unontologia dello Stato.
90 Sulla critica heideggeriana allintenzionalit di cui com noto si fa unoriginale rimodulazione sin da quando nel corso marburghese del 25 Heidegger analizza le tre scoperte fondamentali della fenomenologia (M. Heidegger, Prolegomeni
alla storia del concetto di tempo, cit., pp. 34-60) vedi CLF, p. 218 e 271.
91 Cfr. Jos Ortega y Gasset, Prlogo para alemanes, cit., p. 256; trad. it. p. 61:
Quello che realmente c ed dato la mia coesistenza con le cose, quellassoluto avvenimento: un io nelle sue circostanze. Il mondo ed io, luno di fronte
allaltro, senza possibilit di fusione n di separazione, siamo come i Cabiri e i
Dioscuri, come tutte quelle coppie di divinit che, secondo i greci e i romani, dovevano nascere e morire insieme e alle quali davano il bel appellativo di Dii con-
viglioso saggio del maestro (Las dos grandes metforas) si augura che
una terza metafora, quella della luce, imponga [] la sua felice tirannide92
nella speranza che la Spagna, paese della luce e della malinconia, si decida un giorno a elevarsi a concetti metafisici93. La chiave per capire che lesortazione non punta a un pensiero dellessere ma della realt sta nella stessa metafora della luce, che a rigore non terza n strettamente
heideggeriana94: ogni luce ha bisogno di una fonte di luce, e lessere della
luce non consiste, in definitiva, che nella presenza della fonte di luce nella
cosa illuminata. Da dove parte, in cosa consiste [] lultima ragione
dellesistenza umana come luce delle cose?95.
Zubiri non intende rispondere alla domanda, la lascia cos, la lancia
come una freccia o la pianta come un paletto che traccia un segno su un territorio tanto antico quanto inesplorato, quello in cui il primo problema
coincide con lultimo e che non pi formulabile nei termini di Cos
92
93
94
95
sentes, gli di unanimi. La terza metafora appare ben presto e persiste in tutta lopera di Ortega. Basti pensare alla sesta lezione del corso Sistema de la Psicologa
datato 1915/1916 dove si pu leggere: dovremo pur cercare un regime equo per
il soggetto e loggetto, e forse dovremo vederli come quelle divinit che gli etruschi chiamavano Dii consentes, di congiunti, dei quali dicevano che non potevano se non nascere e morire insieme (J. Ortega y Gasset, OC, vol. VII, p. 476; trad.
it. in Id., Sistema di psicologia e altri saggi, cit., p. 87).
NHD, p. 286: Forse giunto il tempo in cui una terza metafora, anchessa antica, imponga, non sappiamo per quanto, la sua felice tirannide. Non si tratta di considerare lesistenza umana, n come un pezzo delluniverso, n come un avvolgente [envolvente] virtuale di esso, lesistenza umana, invece, non ha altra
missione intellettuale che quella di illuminare lessere delluniverso; non consisterebbe luomo nellessere un pezzo delluniverso, n in un essere avvolgente,
bens nellessere lautentica, la vera luce delle cose. Pertanto ci che esse sono, lo
sono alla luce dellesistenza umana. Ci che (secondo questa terza metafora) si
costituisce nella luce non sono le cose, bens il loro essere; non ci che , bens
il fatto che sia; ma, reciprocamente, questa luce illumina, fonda il loro essere,
quello delle cose, non dellio, non le trasforma in miei pezzi. Fa soltanto che siano; en phot, dicevano Aristotele e Platone, il luogo in cui le cose acquisiscono
attualmente il loro vero essere.
Ivi, p. 287.
Cfr. R.A. Espinoza Lolas, Sein und Zeit como el horizonte problemtico desde
donde se bosquej el pensamento de Zubiri, in op. cit., pp. 480-481: Heidegger
tace dopo Sein und Zeit qualcosa che Zubiri prevedeva e il suo dire diventa silenzioso, mentre il filosofo spagnolo propone una quarta metafora alternativa a quella che regnava dopo il libro del celebre filosofo tedesco. Quella metafora quella
che inaugura il pensiero proprio di Zubiri, il pensiero della realt che dialoga lungo molti anni con la metafora della luce.
NHD, p. 286.
112
oggettivo, ma nellorizzonte greco del cambiamento, in quello post-ellenico (che per inizierebbe con San Tommaso e finirebbe con Hegel) del nichilismo e, infine, in quello post-cristiano, o post-moderno, che pi difficile da tematizzare ma in cui si resa possibile una nuova visione
dellumano e della realt: lintelligenza senziente98.
Lasciando almeno per ora da parte la dimensione della storia, vediamo
cos ci che ci impedisce di uscire da Naturaleza Historia Dios e che sposta ancora un po in avanti lingresso nel vivo di Sobre la esencia. La necessit di indugiare sui due brevi scritti Introduccin al problema de Dios
e En torno al problema de Dios strettamente connessa a quello che sin da
subito stato individuato come il punto di non coincidenza tra Heidegger
e Zubiri, che, daltra parte, istituisce una sorta di bivio tra ontologia e metafisica: da un lato, linfondatezza dellessere di una ontologia fenomenologica che fa dellabisso lorizzonte estatico-temporale di ogni apparire e,
dallaltro, lesigenza di trovare un appiglio allessere, abbandonando in
questo modo il concetto di Abgrund, e accogliendo invece quello di religatio. Ma ancor prima che il bivio apparisse in termini nitidi, Zubiri, per sua
stessa ammissione, attraversava una fase ontologico-metafisica99, che non
poteva non avere a che fare oltre che con lo sdoppiamento tra ci che c
[lo que hay] e ci che [lo que es], come acutamente segnala Antonio
Gonzlez col modo ambiguo ed equivoco in cui interpretava la filosofia
di Heidegger. Al riguardo si rivela preziosa la testimonianza di Gaos:
Zubiri interpretava Heidegger, almeno negli anni in cui lho studiato sotto la
sua guida in questo senso: il nucleo della sua filosofia era la verit come essenza delluomo concepito come lumen naturale, lui, non Dio. Non ricordo che
Zubiri avvertisse in Heidegger il nichilismo che in lui si generalmente scorto,
anzi, lo contemplava a partire dalla sua idea di religacin delluomo, che ave-
114
o della trascendenza, vi la consistenza del rapporto, per cui luomo consiste nella religazione, che al di qua di ogni religione positiva non e
Zubiri prende in prestito lespressione scolastica di religio naturalis nulla di naturale ma la dimensione formale delluomo inteso come persona,
ossia come natura personalizzata104. Invece che di una idealistica anti-natura
e pi che di una storicistica sopra-natura, Zubiri preferisce parlare di persona nei termini di natura che si autopossiede. Natura che non possiede n
assoggetta ma che assoluta proprio in quanto legata a ci verso cui
aperta, natura che non proviene dal nulla ma che anzi pu errare proprio in
quanto conta su un terreno di radicamento, che ha poco a che fare con linnocenza che precede la svolta umana del logos, essendo invece capacit,
destinata esclusivamente alluomo, di sentire il peso della formalit.
A questo punto manifesta tutta la sua fecondit un confronto con Heidegger che pu essere ricondotto al parallelismo tra i termini mistero ed
enigma. Com noto, il mistero una delle oscurit tra cui sospesa lessenza della verit, laltra lerrore. La positivit del mistero rispetto
allerrore, o meglio il suo essere propiziatore per levento dellessenza
della verit, sta nella salvaguardia del nascondimento dellessere dalla
minaccia dellerrore, dalla minaccia dellerrare tra gli enti, dalla minaccia delloblio cui luomo sottomesso. Ebbene, se nel contesto di Sullessenza della verit105, la missione delluomo quella di custodire laltra potenza cui sottomesso, ossia il mistero, in Introduccin al problema de
Dios, invece, loriginaria manifestazione del carattere ultimo della realt,
la mostracin della deidad, ha il potere obbligante di spingere lintelligenza a sciogliere lenigma, quello stesso ainygma che pongono le cose
quando esigono dalluomo di rispondere alla domanda cos la deit?106.
Zubiri allora non sembra imboccare un sentiero interrotto, ma anzi segna
delle tappe che rimandano luna allaltra: deidad, realidad divina, Dios.
Si tratta di stadi nella scoperta intellettiva di Dio, dove il primo per
ostensivo e non dimostrativo e dove i concetti sono direzionali e non rappresentativi. Non si riesce a sottolineare mai a sufficienza linestimabile
valore di un passaggio che, indipendentemente dalle chiavi di lettura che
si intenda adottare e dai loro orientamenti (in avanti o indietro, a partire
dalla metafisica della realt o dallontologia dellintelligenza) sancisce in
termini inequivocabili lapolidia di Zubiri rispetto a qualsiasi forma di
104 X. Zubiri, En torno al problema de Dios, in NHD, p. 430.
105 M. Heidegger, Sullessenza della verit, a cura di U. Galimberti, La Scuola, Brescia 1985, in part. p. 34.
106 NHD, p. 412.
116
metafisica dogmatica nonch il ruolo che in tale estraneit gioca lo strumento della figurazione, in particolar modo tenendo presente la distinzione tra concetti rappresentativi e direzionali:
Anche nella pi comune esperienza, lintelligenza ha, rispetto ai suoi concetti, due dimensioni diverse: quella di uno stare di fronte ad alcune cose e
quella di uno stare in direzione verso altre. Se nella prima dimensione luomo acquisisce concetti rappresentativi delle cose, nella seconda acquisisce
concetti direzionali verso altre, trova nei concetti vie concettuali. Per quel
che riguarda il nostro problema, le cose non ci danno concetti rappresentativi di Dio, ma ci danno da scegliere diverse vie attraverso cui porci in direzione verso di Lui. Lopera dellintelligenza consiste nel discernere le vie possibili da quelle impossibili. Con ci si vuol dire che vi sono vie che se
riuscissimo a portarle a termine, vi troveremmo la realt di Dio, infinitamente debordante da ogni concetto rappresentativo, eppure una realt che giustificherebbe in modo eminente, per elevazione, ci che in modo soltanto direzionale ha concepito di essa lintelligenza. Diversamente, altre vie sono vie
morte o ab-erranti, per il semplice fatto che al loro termine non giungeremmo mai a trovare la realt di Dio. tutta la differenza che intercorre tra lintraprendere un buon cammino oppure errare107.
Lavvertimento vale anche per chi non ponga per s il problema di Dio,
ma quello della realt e per chi, memore della lezione della Lettera sullumanismo, voglia lasciare aperto quello che la metafisica tradizionale ha
chiuso nella gabbia della soggettivit rappresentante, che pi che ri-presentare lAltro, sia esso il mondo, lessere, Dio o la realt, si scoperta rispecchiante, nel senso di insaziabile duplicazione di s. Passiamo quindi
ad analizzare laltro polo del rapporto, e andiamo pure incontro, senza altri
temporeggiamenti, a un concetto assai scivoloso.
Il concetto di persona cui pensa Zubiri sembra avere a che fare pi con i
verbi che con i sostantivi, pi con gli atti atti orientati, nel senso che non
smarriscono la vicinanza a un concetto non rappresentativo di origine, per
cui la provenienza non detta nulla di determinato che con il presupposto
dello spirito.
118
esperienza delle cose reali; ma la realt stessa non oggetto di una o di molte esperienze. qualcosa di pi: la realt, in un certo senso, la si ; la si nella misura in
cui essere stare aperti alle cose. Parimenti, non vi , a rigore, esperienza di Dio,
come se si trattasse di una cosa, un fatto o qualcosa di simile. qualcosa di pi. Lesistenza umana unesistenza religata e fondata. Il possesso dellesistenza non in
alcun modo esperienza, e di conseguenza, non lo neanche di Dio.
112 Come ad esempio quello intrattenuto da Cerezo Galn con il suo discepolo Barroso. Se, infatti, il primo trova che la posizione espressa in uno scritto rientrante
nellultima tappa, e per ci stesso riconducibile alla cornice problematica della trilogia, quale El hombre y Dios (p. 92) secondo cui di Dio v esperienza in quanto la religacin linsieme delle forme di sentire il fondamento della realt reazionaria e regressiva, nel senso che costituirebbe un passo indietro rispetto a
questo scritto di met degli anni Trenta di cui ci si sta qui occupando; il secondo,
invece, richiama lattenzione sulla trasformazione subita dal concetto di esperienza, non solo allinterno della trilogia, ma sin da Sobre la esencia, ovvero sin da
quando viene affermata la necessit per luomo di compiere un giro intorno
allirrealt. Cfr. P. Cerezo Galn, Idea y mbito de la metafsica en Ortega y Zubiri, in op. cit., pp. 288-289. Cos Barroso, nel commentare il concetto di esperienza di Inteligencia y razn: Esperienza si riferisce adesso alle diverse forme
con cui la ragione accerta i suoi abbozzi razionali, quali lesperimento, la compenetrazione, la con-probazione, lesperienza di se stesso o confermazione. Allora,
quando Zubiri afferma ne El hombre y Dios che abbiamo esperienza di Dio si riferisce allesperienza razionale che fa, ad esempio, la teologia naturale o allesperienza basata sullautorit dei testi sacri (. Barroso, Zubiri: antdoto contra el
nihilismo o disimulo de la melancola?, in P. Pealver, J.L. Villacaas (a cura di),
Razn de Occidente. Textos reunidos para un homenaje al profesor Pedro Cerezo,
Biblioteca Nueva, Madrid 2010, pp. 387-413, in part. p. 401).
113 V. Vitiello, Vico. Storia, Linguaggio, Natura, cit., p. 52: Ma al tramonto, quando
il sole basso sullorizzonte e lombra avanza, il profilo delle cose si fa per un
tempo breve pi netto e preciso. Lombra dello sfondo d loro risalto. In quel tempo breve la luce si mostra pur essa finita, limitata. C dellaltro oltre la luce, \
che la luce non pu illuminare. Illuminato che fosse scomparirebbe.
119
III
LA METAFISICA DELLA REALT
E se ci sia qualcun altro che io ritenga capace per sua natura
di volgere lo sguardo verso luno e sui molti, lo seguo dietro
alla sua traccia come a quella di un dio.
Platone, Fedro, 266b.
Concepito nel corso di numerosi seminari, dato alla luce in modo traumatico, o quantomeno intempestivamente in un ambiente ostile perch
disabituato allo stile analitico e al rigore terminologico propaggine monumentale di un progetto non portato a termine (una monografia mancata
sul concetto di persona)1, recepito da buona parte della critica, finanche da
quella pi avveduta, come il certificato di nascita di un nuovo scolastico2,
emerso apparentemente senza connessioni con la terra ferma di una Spagna
il cui ultimo capolavoro metafisico risaliva al 15973, e per ci e per altre ragioni denominato da un acuto interprete come un libro isla4, il primo libro
di Zubiri, per il cui avvenire non mancarono espressioni di preoccupazione
gi a un anno dalluscita alle stampe5, presenta, tra le altre cose, i frutti di
1
2
3
4
I. Ellacura, Introduccin crtica a la Antropologa filosfica de Zubiri, in Realitas, II, 1976, p. 75.
Cfr. G. Marqunez Argote, En torno a Zubiri, Studium, Madrid 1965, pp. 77-78.
F. Surez, Disputationes metaphysicae, Salamanca 1597.
Cos Pintor-Ramos motiva liniziale impossibilit di stabilire connessioni tra lappena apparsa Sobre la esencia e il resto del pianeta filosofico: ci appariva come
unopera chiusa in se stessa, autosufficiente e autoreferenziale, testimonianza di
una straordinaria impresa individuale, insolita nella vita intellettuale spagnola, e,
tuttavia, nessuno si azzardava ad utilizzarla come una risorsa. [] Questo ci
che intendo per un libro isla: un libro allinterno del quale possibile muoversi
con una certa chiarezza, ma da cui pericoloso uscire (A. Pintor-Ramos, Nudos
en la filosofa de Zubiri, cit., pp. 183-194, in part. p. 192).
J.L. Aranguren, La aparicin del libro de Zubiri, in Revista de Occidente, 1,
1963, p. 246: Cosa penser di questo libro un fenomenologo, un neopositivista,
un filosofo analitico del linguaggio? Qual il peso che avr allinfuori della Scolastica e della Spagna? Che ascolto avr un libro che privo di attrattive letterarie, come quelli di Ortega, o iberiche come quelli di Unamuno, scritto in questo
povero paese, la Spagna?.
120
quello che senza esitazioni possiamo chiamare un laboratorio linguisticoconcettuale. E non solo per limportanza dei vocaboli coniati, ma anche per
il ripensamento di parole castigliane di uso comune, come ad esempio tal,
e ancora per il rinvenimento, nella lingua madre basca6, di un concetto cardine quale quello di suidad7, senza che con ci sia minimamente possibile
tralasciare lo slittamento dei verbi da un piano operativo a uno entitativo.
A tutto ci bisogna, inoltre, aggiungere i frequenti giochi di preposizioni
che scandiscono le analisi zubiriane, e che, giusto per motivare sin dora la
scelta dellepigrafe platonica, si rivelano preziosi al momento di definire il
carattere delle note che costituiscono la sostantivit di ogni cosa reale e il
carattere dellunit, ovvero del loro momento essenziale: le note sono delle altre note e lunit nelle note8.
Che la messa a tema della problematicit dei termini sia un aspetto determinante di Sobre la esencia, emerge con chiarezza sin dallinizio, sin da
quando viene esplicitato il modo in cui deve essere inteso lesergo aristotelico. Si tratta dellincipit del libro XII della Metafisica: per tes ousas e
theora9. Se , infatti, vero che la speculazione sullousa questione comune a Aristotele e a Zubiri, allora come prima cosa bisogna intendersi sul
significato del termine, laddove il titolo spagnolo mette subito in chiaro
che a essere in gioco non la sostanza ma lessenza. Cos come sin dallintroduzione, Zubiri avverte che nulla impedisce di applicare la frase del libro XII a una ricerca sullessenza della sostanza quale appare nel libro VII
della Metafisica. E ci nellintento di porre il problema che si annida nei
termini sostanza ed essenza, ossia il problema della struttura radicale della realt e del suo momento essenziale10.
Ancor prima di passare ad analizzare i termini di ci che stato appena
caratterizzato come problema, occorre soffermarsi su un elemento che evi6
Fino ai sei anni Zubiri si esprimer in euskera e, a detta sua, la nozione di de suyo ha
un equivalente soltanto nellespressione basca berez. Per le radici basche del pensiero zubiriano cfr. I. Ellacura, Una nueva obra filosfica del vasco Xavier Zubiri, in
Deia, Bilbao, 27-XII-1980 e J. Corominas, J.A. Vicens, Xavier Zubiri. La soledad
sonora, cit., p. 710, nota. 6: In margine alla sua copia del Diccionario vasco-castellano di P. Bera-Lpez Mendizbal, Zubiri fece due piccole annotazioni: una dove
sta il termine berez tradotto con de suyo, e unaltra dove sta il termine gai, tra le cui
accezioni troviamo il quid, il motivo, il fondamento, lessenza.
7 Il termine, che Zubiri stesso sostiene di essere solito usare nei suoi corsi orali da
tantissimi anni, appare a opera inoltrata, per la precisione a p. 394 di Sobre la
esencia.
8 SE, p. 327.
9 Aristotele, Metafisica, 1069 a 18.
10 SE, p. 6.
denzia quanto lo studio dellopera aristotelica non rientri in un mero interesse archeologico n tanto meno monumentale. Lelemento che getta luce
sul perch Zubiri frequenti con tanta insistenza un filosofo che, tuttavia,
non cessa mai di criticare sta nel nesso di inseparabilit che lo Stagirita istituisce tra la struttura radicale della realt e il suo momento essenziale. In
poche parole, ci che per lautore di Sobre la esencia bisogna mantenere
la conquista della concezione dellessenza come momento della struttura
radicale della realt e bisogna farlo contro le dissociazioni moderne di Descartes e di Leibniz, fino ad arrivare a quella squisitamente fenomenologica tra dati di fatto ed essenze.
Sebbene il confronto tra la concezione zubiriana e quella husserliana di
essenza non possa in alcun modo essere esaurito con fin troppo facili contrapposizioni, tuttavia dobbligo lasciare in chiaro che cos come il filosofo basco intende respingere le suddette dissociazioni tra fatti ed essenze
e di conseguenza il ricorso al pregiudizio morale della veracit di Dio con
cui Cartesio ricomporrebbe ci che egli stesso scompose nel separare la res
dalla chose, o, nei termini con cui Zubiri decide di tradurre, il qualcosa
[algo] o lessenza dalla cosa o sostanza allo stesso modo non pu accettare che lessenza venga confusa con loggetto ideale. Lessenza non unit eidetica ma al massimo eidos strutturale sostiene Zubiri contro Husserl , struttura, questultima, che si realizza nelle cose reali e che non
assimilabile a un oggetto ideale, quale un colore percepito in quanto percepito o un cerchio geometrico, che pure sono dotati di essenza. Con ci si
vuole segnalare che la via verso lessenza non pu essere la riduzione del
carattere di realt, dacch tale riduzione non trasforma il fatto in unessenza, ma la cosa reale in un oggetto fenomenico11. Strettamente legata a questa nozione fisica di essenza, vale a dire a una nozione che pretende di
aderire pi alla cosa che al suo modo di darsi alla coscienza, la nozione di
impossibilit. Una volta che lessenza stata identificata non col modo indubitabile in cui la cosa si d alla coscienza, ma con ci che alla cosa non
pu mancare perch sia tale, non, dunque, con un a priori materiale, ma con
ci che la cosa possiede intimamente, ne consegue che limpossibilit di
violare le leggi essenziali non risponde a unimpossibilit meramente logica (contraddizione), ma neanche a un controsenso, bens a qualcosa di
pi profondo: allimpossibilit reale che, violando quelle leggi, la cosa
continui a essere fisicamente la stessa di prima12.
11 Ivi, p. 31.
12 Ivi, p. 30.
122
La violazione delle leggi di essenza, come ad esempio quella posta in essere da un quadrato rotondo, che per Husserl unoggettualit che pure si
d seppure in modo diverso, ossia con un grado di evidenza inferiore rispetto a come si d san Giorgio a cavallo e che si d nonostante di principio escluda qualsiasi intuizione corrispondente13, ancor prima di costituire un controsenso, costituisce per Zubiri una contro-realt, una
distruzione radicale e primaria della cosa14. Una distruzione della sua essenza, laddove lessenza non legge che regola il congiunto apparire di
parti non indipendenti, bens sistema unitario, coerente e chiuso di note costitutive. Ma se lessenza non combacia pi con il senso, se essa non pi
identificabile con un polo ideale, con la meta del dirigersi a della coscienza, allora a esigere un ripensamento radicale quel concetto di intenzionalit che tanta parte ebbe negli scritti del giovane Zubiri, e che, come
stato gi visto, aveva cadenzato il mai compiuto n compibile sincretismo
tra Husserl e Brentano. La coscienza cos viene definitivamente esibita
la finitezza di una figura del pensiero che ha un ruolo centrale in tutto liter
zubiriano non consiste formalmente nellessere-intenzione-di, bens
nellessere attualizzazione del suo oggetto15. Se cos , allora lintenzionalit cede il posto allattualizzazione. In altre parole, il correlativismo tra
polo noetico e polo noematico cede il posto a una remissione fisica in
virt della quale la coscienza spinta dalla cosa reale stessa verso ci che
la cosa indipendentemente dal senso, e dalla coscienza.
Ma indipendentemente anche dal concetto. Vale a dire al di qua di quella rappresentazione, o seconda presentazione di ci che la cosa, che
nellorientamento razionalista e Zubiri pensa innanzitutto a Leibniz fa
coincidere lessenza con il concetto oggettivo. Limportanza del passaggio
e del paragrafo intitolato La esencia como concepto objetivo non risiede
solo nellefficacia e nel rigore analitico con cui vengono puntualmente decostruite le nozioni di essenza come 1) misura della realt della cosa; 2)
possibilit interna; e 3) cosa ideale in se stessa, ma risiede altres nelle ripercussioni che tali decostruzioni hanno e avranno nel vincolare la messa
in discussione dellintenzionalit alla nuova modulazione che ricever la
nozione di irrealt.
Soffermiamoci pure sul luogo in cui la nozione di essenza come possibilit interna a passare per il setaccio della critica. Questo secondo punto , a sua volta, analizzato in altri punti, che per appaiono stretti, sin dal13 E. Husserl, Lidea della fenomenologia, cit., lezione V, p. 101.
14 SE, p. 30.
15 Ivi, p. 29.
124
plicazione tra le note in virt del quale le une sono dedotte dalle altre, ma anche e soprattutto quello che pone un limite alla deduzione, e allintenzione,
ovvero quello di co-implicazione. Un tale rapporto, su cui fa leva il teorema
di Gdel, unulteriore conferma del fatto che non sar mai possibile dimostrare positivamente la non contraddizione di un vero sistema di note o concetti oggettivi, neanche sul piano della matematica20.
Un altro passo su cui non lecito sorvolare e che rappresenta uno dei
tanti elementi di novit rispetto a testi giovanili quali Filosofa del ejemplo
che, tra le altre cose, ci aveva indotto a esplorare i punti di contatto, del resto assai scivolosi, tra la Scolastica e la fenomenologia, in quel caso particolare tra la causa exemplaris di Surez e la Wesenschau di Husserl, quello in cui lidea viene sganciata dallessenza, ma non senza prima
abbandonare la via della causalit intelligente. Vale a dire quella via che
porta a scoprire le Idee come anteriori alle cose e come canone individualmente esaustivo della loro realt individuale. Ma ci obietta Zubiri deviare la
questione, perch lIdea divina paradigma di ogni cosa, ma soltanto paradigma, o come si suol dire, causa esemplare; in nessun modo lessenza della
cosa, perch la cosa possiede unessenza come suo momento intrinseco solo
quando realizza nel suo seno lIdea. Nel confondere lessenza con il paradigma
intellettuale, si pone il problema dellessenza su una falsa via, poich al riparo
delle Idee, si evita di dire cosa sia lessenza in se stessa come momento reale
della cosa21.
126
fermato da Ortega riguardo alla finzione24, e tuttavia cozza con uno slittamento allinterno del periodare zubiriano di non poco conto: non
lintenzionato il non fisico da cui distinguere il fisico ma lintelligito.
Lo inteligido, in quanto tale cos scrive Zubiri ventanni prima della trilogia
non una parte fisica dellintelligenza; viceversa, latto stesso di intelligere [inteligir] qualcosa di fisico. Qui, dunque, il fisico si contrappone allintenzionale. E da qui fisico diviene sinonimo di reale, in senso stretto25.
Natura non significa qui physis, il principio intrinseco da cui nascono o scaturiscono le cose, vale a dire un principio ad esse originario, bens il loro modo
di esistere e di agire, una volta che sono state prodotte. Siano esse naturali o artificiali in senso greco [] le particelle elementari, linsulina, gli acidi nucleici, ecc., una volta prodotti agiscono formalmente in virt delle propriet che
possiedono31.
di essere di pietra o di terra: per Aristotele si tratta qui di mostrare che nella motilit della produzione, e perci nella quiete dellessere prodotti, che gli artefatti
sono ci che sono e come sono, e soprattutto che questa motilit ha unaltra arch,
e che gli enti cos mossi hanno un rapporto diverso con la loro arch (M. Heidegger, Sullessenza e sul concetto della Physis. Aristotele, Fisica, B, 1, in Id., Segnavia, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1987, p. 205).
29 In proposito, cfr. A. Gonzlez, La reflexin de Zubiri sobre la tcnica, in Rocinante, 5, 2010, pp. 33-62; in part. p. 57. Ma si vedano altres le pagine finali in cui
Gonzlez insiste sul vincolo tra tecnica e verit appellandosi alla capacit di indagare la struttura profonda del reale, cos com tematizzata in Inteligencia y razn.
30 Aristotele, Metafisica 1014 b 18; trad. it. p. 199: natura significa il principio
del movimento primo che in ciascuno degli esseri naturali e che esiste in ciascuno di essi, appunto in quanto essere naturale. E si dice che crescono quelle cose
che ricevono un aumento ad opera di qualcosaltro per contatto con esso e costituiscono una unit o unorganica continuit come gli embrioni.
31 SE, p. 106.
32 M. Heidegger, Sullessenza e sul concetto della Physis. Aristotele, Fisica, B, 1, in
Id., Segnavia, cit., p. 214.
128
degli enti reali (siano essi naturali o artificiali) determinato dalle loro propriet, per Heidegger, invece,
la questione circa la physis dei physei onta non cerca le propriet che sono reperibili presso lente di questa specie, ma si pone il problema dellessere di
questo ente, e, a partire da tale essere, si determina in anticipo in che modo
lente che ha un tale essere pu avere in generale delle propriet33.
Certo, a questo punto occorre fare un po di chiarezza su quanto il parallelismo Zubiri-Heidegger circa il concetto di physis non possa in nessun
modo concludersi col sospetto che il retrotrarsi verso le propriet fisiche
della cosa sia indice di una sia pur vaga affinit tra il metafisico spagnolo e
i presocratici, ossia, coloro ai quali come scrive Aristotele nella Fisica
sembra che la natura e la sostanza degli enti per natura siano ci che, [essendo] per s informe, la cosa prima presente in ciascuno: per esempio,
la natura di un letto il legno, quella di una statua il bronzo34. No. Non
il dato empirico la prova di Antifonte35 richiamata da Aristotele che da
un letto sotterrato, nel caso spuntasse un germoglio, da questo si genererebbe del legno e non un letto, ci che induce Zubiri a identificare lessenza
con le propriet naturali (o meglio costitutive). E ci perch la questione
della motilit slittata dallorigine della cosa al modo di esistere e di agire. Che poi il modo di agire possa in alcuni casi configurarsi come generazione, e come generazione dessenza, una questione ulteriore che riguarda soltanto le essenze quiddificabili, le specie, ma non lessenza in senso
stretto36. Daltra parte, questultima per Zubiri una struttura costitutiva,
un insieme chiuso e coerente di note, che non ha nulla dellarrthmiston, di
ci che privo di costituzione e che, in quanto tale, sarebbe, secondo il sofista Antifonte, pi ente del costituito (rythms).
In poche parole, il concetto zubiriano di fisico non assimilabile n
allarch dei presocratici, n allarrthmiston di Antifonte, n alla materia
che per prima funge da sostrato e neanche alla forma e alla specie con33 Ivi, p. 216.
34 Aristotele, Fisica, B, 193 a 9-12; trad. it. a cura di M. Zanatta, Utet, Torino 1999,
p. 160.
35 D. K. 87 B 15.
36 SE, p. 234: non solo non evidente a priori che tutte le realt abbiano unessenza costitutiva moltiplicabile, ma di fatto vi sono, da un lato, classi naturali, vale a
dire, essenze costitutive meramente ripetute, che non si costituiscono in specie, e
dallaltro, essenze costitutive che non sono speciabili [especiables], che non sono
quiddificabili, proprio perch sono uniche.
forme alla definizione37. Questultimo punto meriterebbe maggiore spazio, anche perch rappresenta non solo una consapevole mossa di allontanamento dalla posizione aristotelica in base a cui v conoscenza soltanto
delluniversale, ma anche loccasione, per Zubiri, di tracciare lo spazio antepredicativo per un logos nominale costrutto, per un logos, cio, che ha a
che fare con costellazioni di note e non con generi prossimi e differenze
specifiche, con nomi e non con definizioni, ma che non per questo trova
sbarrata la via della conoscenza; anzi un tale logos si spinge fino allultimit dellindividuale. Di certo non con una definizione, per cui la correzione
ad Aristotele dovrebbe suonare cos: del particolare non v definizione,
eppure v conoscenza.
In attesa di raggiungere completamente laccezione non empirica di fisico cui prima si fatto cenno, bene liberare il termine dalla sinonimia
con naturale e, per incidens, mostrare come non sia allartificiale che si oppone, ma allirrealt del senso. Questultima una modulazione della realt che pu poggiare tanto su cose naturali quanto su cose artificiali: le cose-senso non sono per forza artificiali: il campo come tenuta o la caverna
come dimora non sono artificiali, e, tuttavia, sono soltanto cose-senso38.
Con lespressione cose-senso prende forma in termini inequivocabili la
distanza assunta da Zubiri rispetto ad unaltra assimilazione oltre quella
husserliana di essenza a senso. Con cose-senso Zubiri si riferisce alle
cose aventi un significato costrutto nella vita umana, che non sono altre
che quelle che in Sein und Zeit appaiono come utilizzabili, ma delle quali, secondo il metafisico spagnolo, non pu esservi essenza bens soltanto
concetto. E il concetto non lessenza. L dove c un concetto c unessenza implicata, cos come l dove c una cosa-senso c una cosa sostantiva sulla quale essa poggia: il coltello poggia sulle note del ferro, la caverna come dimora poggia sulla concavit della roccia39.
37 Aristotele, Fisica, B, 193 a 29-32; trad. it. p. 161. Si rimanda nuovamente a Heidegger, che segnala come la distinzione arrythmiston-rythmos sia solo in apparenza mantenuta nella declinazione aristotelica hyle-morph, e ci a causa dellintroduzione, da parte di Aristotele, della questione del carattere di kinesis della physis
(Id., Segnavia, cit., pp. 228, 236).
38 SE, p. 106.
39 La priorit delle cose-realt sulle cose-senso sarebbe stata ripresa in un corso del
1964 su El problema del mal, in SSV, p. 229: Alla nuda realt del ferro o del
legno totalmente estraneo lessere un coltello od una porta; alla caverna come
struttura geologica completamente estraneo lessere dimora ma, se la caverna
non avesse la struttura che ha, non potrebbe essere una dimora. Vedi il mantenimento della stessa argomentazione circa la priorit della realt sul senso in IRE,
pp. 59-60; trad. it. pp. 119-120.
130
Come ha esaurientemente mostrato Antonio Gonzlez40, le cose di Zubiri in origine non sono Zuhanden, non sono strumenti che servono a scopi e
che valgono nel loro familiare rimando alla totalit di significati del mondo dellEsserci, ma non sono neanche opere darte che moltiplicano il
mondo nella poiesis di possibili mondi di senso, i quali sono preservati dal
logoramento e quindi dalla chiusura, in virt del conflitto tra disvelatezza,
lesposizione di un mondo, e nascondimento, la pro-duzione, messa avanti
della terra come riserva inestinguibile di significati41. Infine, le cose di Zubiri non sono caratterizzate dal loro potere di riunire, come la brocca [Krug]
che, coseggiando, fa permanere il Geviert42.
A questo punto non pi possibile rimandare oltre la questione di cosa
sia quella sostantivit che a Zubiri preme cos tanto distinguere sia dalla
physis come svelatezza che si vela43, sia dal concetto aristotelico di sostanzialit, sia dalla nozione scolastica di perseitas44. Prima, per, deve rimanere chiaro che Zubiri, almeno per ora, non ha alcuna intenzione di espungere il termine sostanza, cos come non si sogna minimamente di
assimilarlo a quello di sostantivit. Anzi, sostanzialit e sostantivit sono
due momenti della realt che non solo sono distinti ma che possono altres
essere dissociati. Altrimenti non si capirebbe perch, nellaffrontare il carattere formale dellunit del reale, Zubiri parli degli elementi di un composto come di sostanze insostantive. Un esempio di queste lo zucchero, che cessa di essere sostanza sostantiva, pur rimanendo sostanza, nel
momento in cui entra a far parte di un organismo45. Se, in quanto sostanza,
lo zucchero lo stesso sia quando contenuto in un becher sia quando ,
per cos dire, parte non-indipendente di un organismo, una tale stessit
viene meno riguardo alla sostantivit. Questultima, infatti, un momento
di realt che, nel passare dallelemento al sistema, evidenzia di essere stret40 A. Gonzlez, Las cosas, in Rocinante, 3, 2007-2008, pp. 33-49.
41 M. Heidegger, Lorigine dellopera darte, in Id., Sentieri interrotti, a cura di P.
Chiodi, La Nuova Italia, Firenze 1997, pp. 3-69.
42 Cfr. M. Heidegger, La cosa, in Id., Saggi e discorsi, cit., pp. 109-124, in part. p. 115.
43 M. Heidegger, Segnavia, cit., p. 255.
44 SE, p. 154: Per Aristotele, la ragione propria della realt simpliciter la sostanzialit, intendendo per sostanza il soggetto di quelle note che sono gli accidenti.
La sufficienza sarebbe sostanzialit, soggettivit. I medievali fecero notare che, a
rigore, la sufficienza della sostanza si trova formalmente nella linea dellesistenza
e non in quella della soggettivit; sarebbe la capacit per esistere. Ebbene, ci che
ho chiamato sostantivit una sufficienza in un ordine che non si identifica n con
la soggettivit n con la capacit per esistere.
45 SE, p. 156.
132
per dire casa di Pietro si dir domus Petri, che letteralmente casa di-Pietro; il di interessa morfologicamente Pietro e non la casa. In alcune lingue
semitiche, invece, ad essere posto in genitivo (diciamolo pure cos) la casa,
perch ci che sintende esprimere formalmente soltanto la sua appartenenza
a Pietro; ed cos che si dir casa-di Pietro50.
n in funzione della sostanza o soggetto assoluto, n in funzione della definizione, e neanche in funzione relazionale, bens in funzione della costruttivit
intrinseca. Lessenza costitutiva , infatti, un sistema di note, e questo sistema
non una concatenazione aggiuntiva o flessiva di note, ma un sistema di note
intrinsecamente costrutto52.
Che il sistema sia costrutto significa che ogni nota nota dellaltra, che
ogni nota vincolata allaltra da un legame di coerenza che non se non
lunit cui appartiene. Il quid allora non ci in cui la cosa consiste e non
neanche la sua attitudine a esistere. Se v consistenza e sussistenza perch in primo luogo c coerenza. proprio questa la via zubiriana di fissare lo sguardo sulluno e molti, dove i molti sono i contenuti che fanno s
che ogni cosa sia a modo suo una, che la rendono tale nella sua essenza
nelle note costitutive dunque, ovvero l dov la radice dellindividualit ,
che talificano il sistema, che specificano il modo che la cosa ha di essere reale. Ma le cose sono reali per la loro unit di formalit, per la loro trascendentalit, ed questultima a esigere la modulazione del contenuto.
Transcendentalidad e talidad appaiono a questo punto come i termini chiave per capire come in un nome possa essere racchiuso limprescindibile, la
dotazione iniziale, il segreto che precede la tacita fisionomia delle cose,
51 Ivi, p. 290.
52 Ivi, pp. 355-356.
134
se esistere fosse essere esistente. Fu lorigine dellespressione esse existentiae e di altre simili56.
Unaltra espressione di cui Zubiri non mancher di evidenziare il carattere derivato esse essentiae. Non perch egli rinunci alla ricerca dellessenza ma perch non nellattitudine ad avere lesistenza a se (aseitas) n
per se (perseitas) che bisogna ricercare ci che, a parer suo, precede tanto
lesistenza quanto lessenza. Ci imbattiamo allora in due concetti di essenza, di cui luno precede laltro? Per ora limitiamoci a fissare che si tratta di
unessenza che non eidos, perch qualcosa di pi originario della manifestativit, e che non perseitas, perch non definita dallattitudine a esistere. Si tratta di unessenza che s un principio costituente, ma che a
differenza del rasa- delle Upaniad non necessariamente attivo.
A questo punto unaltra lingua, altre parole e un altro concetto di essenza diventano oggetto desame e termine di un confronto non pi solo linguistico ma anche interculturale. La lingua il sanscrito, il testo di riferimento la Chndogya Upaniad, il tema quello del Principio universale
e il plesso di concetti che interessa Zubiri incentrato sulla nozione di rasa-57: bhta-, svabhva-, svarpa-. Per capire che non si tratta di mero gusto per lesotico, di sfoggio di erudizione o, peggio ancora, di un impulso a
fuggire dalla cosa del pensiero, conviene affidarsi al passo in cui il canto
indiano viene letto con gli strumenti concettuali della filosofia greca, proprio per mostrarne la differenza: La species (svarpa-) la manifestazione fisionomica dellindole propria (svabhva-) della cosa (bhta-), indole
che opera del rasa-; il quale, tuttavia, privo di tale fisionomia58.
Ci che distingue una cosa dallaltra non dunque la specie ma il principio da cui la cosa trae vigore (sra-) per avere la sua propria indole. Diviene poi del tutto comprensibile che non sia la visione ma il gusto la via
indiana per discernere tra le cose. Tra laltro, basterebbe confrontare lincipit della Metafisica di Aristotele con le ultime pagine di Inteligencia y
razn per capire quanto poco condivisibile possa apparire al metafisico
spagnolo il convincimento secondo cui, pi di tutte le sensazioni, gli uomini amano la sensazione della vista, la quale sarebbe, a sua volta, segno del56 Ivi, p. 407.
57 Upaniad, a cura di Raphael, Bompiani, Milano 2010, p. 293: Di questi enti la
terra lessenza, della terra lacqua lessenza, dellacqua le erbe sono lessenza,
delle erbe luomo lessenza, delluomo la parola lessenza, della parola il g
[Veda] lessenza, del g [Veda] il Sma [Veda] lessenza, del Sma [Veda]
lUdgtha lessenza.
58 SE, p. 180.
136
63 EDR, p. 39; trad. it. Struttura dinamica della realt. Il problema dellevoluzione,
a cura di A. Savignano, Marietti 1820, Genova-Milano 2008, pp. 36-37: il divenire non qualcosa che accade al soggetto, bens qualcosa che si iscrive nelle
strutture stesse, essenziali della sostantivit, della sostantivit reale. [] ognuna
di esse a modo suo una. E il divenire qualcosa che si trova iscritto proprio in
quellunit strutturale, in quel sistema strutturale e costrutto di note, che costituiscono la sostantivit di qualcosa. Il momento del divenire che si iscrive in quelle
strutture, il momento del cambiamento? In termini generali non pu dirsi che il
divenire sia un cambiamento.
138
140
Se poi vero che sar lo stesso Zubiri a dichiarare una certa asimmetria
tra due termini pur coattuali secondo una parola chiave della trilogia
quali sono latto di intelligenza senziente e la realt, asimmetria, questa,
che inclinandosi verso il termine realt, giustificherebbe altres la precedenza cronologica di Sobre la esencia rispetto alla trilogia sullIntelligenza senziente, non pu non essere significativo che il termine suidad compaia proprio al momento di distinguere tra apprensione di stimoli, che
quella che luomo condivide con lanimale, e apprensione di realt, che il
modo propriamente umano di avere a che fare con le cose.
A contrapporsi al reale dunque non lirreale ma la-reale. Cambiano i
termini della contrapposizione e nello stesso tempo viene meglio chiarito
non solo il rapporto che intrattiene lirreale con il reale nel modo di esiste70 Occorre a questo punto ricordare come fa Di Vona che nei trattati dellepoca
si trova anche una dottrina concernente la possibilit che si diano termini di generalit superiore allente reale e che si estendono anche allente di ragione. Codesti
termini vennero, perci, chiamati astrattissimi (Francisco Surez), comunissimi
(Martin Meurisse), trascendentissimi (Bartolomeo Mastri), o ancora supertrascendenti (Antonio Bernaldo de Quirs) (P. Di Vona, Lontologia dimenticata.
Dallontologia spagnola alla Critica della ragion pura, prefazione di G. Cacciatore, postfazione di G. DAnna, La Citt del Sole, Napoli 2008, p. 24).
71 SE, p. 394.
Lesempio quello di una figura ambivalente, che godr di una certa fortuna nella riflessione zubiriana sui modi di irrealt, in particolare sul modo
di irrealt costituito dallo spettro: Giove che appare come auriga. Laddove
laspetto di auriga non appartiene di suo a Giove, eppure un modo
dapparire come se fosse reale, che si tiene a una certa distanza, la distanza propria dellapparizione, rispetto alla realt di Giove e si badi che in
gioco la formalit di realt e non lindole naturale.
Realt non formalmente natura afferma Zubiri in apparente contraddizione con quanto aveva scritto riferendosi al modo di agire degli artefatti della tecnica contemporanea. La novit consiste nel fatto che il termine reale esibisce la propria eccedenza rispetto a ci che dotato di un
principio intrinseco di movimento. In altri termini, non in virt della natura ma della realt intesa come suidad che il reale agisce sulle altre cose
o su se stesso in virt, formalmente, delle note che possiede73. Ma la novit riguarda anche il modo in cui Zubiri ripensa il rapporto tra essenza ed
esistenza contro ogni tentativo di anteporre un termine a un altro. Anzi, se
v un concetto che gode di anteriorit, questo non pu essere che quello di
esistenza. Il punto che v un concetto pi originario di quelli di esistenza e di essenza, un concetto pi ampio e inclusivo, eppure per nulla vago:
72 Ivi, p. 398.
73 Ivi, p. 104.
74 Ivi, p. 400.
142
proprio questo il passo in cui viene sciolta lambiguit che stata prima segnalata a proposito dei due concetti di essenza di cui luno precedeva
laltro. Il concetto di essenza che beneficia di tale precedenza non coincide
per con quello classico e ci per il motivo non tanto semplice che
al di qua della distinzione tra essenza ed esistenza. Per questo non pu
trattarsi di unattitudine a esistere come in Surez, n di unanteriorit
dellesistenza sullessenza del tipo si ci che si fa come in Sartre, ma
neanche dellaccezione estatica di esistenza per cui il senso dello star fuori dellek-sistere risiederebbe nello stare dentro la verit dellessere che
reclama lesser-ci, come in Heidegger.
Lanteriorit di questo pi esteso concetto di essenza che Zubiri sta adoperando intimamente legata a una nozione di oquedad, di cavit della forma, che solo nella trilogia sarebbe stata sviluppata esaurientemente. Eppure, nel contesto propriamente metafisico di Sobre la esencia, tale oquedad
pu agevolmente essere rintracciata in una distinzione allinterno della trascendentalit stessa tra carattere e funzione, tra realt, da una parte, e
specifico e connotato modo di essere reale, dallaltra, tra lunit non specificata che pur esige la specificazione e la molteplicit esatta, tra lesser di
suo di ogni cosa e lesser sua (appartenere a se stessa e non essere comunicabile ad altro) e a modo suo (secondo le note che modulano lappartenenza a se stessa)75.
Sono questi i termini in cui la trascendentalit viene distinta dalla doppia
funzione trascendentale-talitativa in virt della quale si realizzano le cose:
Realt significa il carattere di essere di suo; , dunque, la propriet, o, meglio, il carattere trascendentale della cosa: la trascendentalit stessa. Essenza,
invece, il quid reale, il contenuto determinato della cosa in funzione trascendentale. [] La differenza tra realt ed essenza formalmente solo una differenza tra propriet o carattere trascendentale e funzione trascendentale76.
75 Ivi, p. 486: Talitativamente, le note talificano lunit coerenziale primaria; trascendentalmente modulano lappartenenza a se stessi. Ogni realt di suo sua,
ma a modo suo. Questa appartenenza a se stessi secondo un modo proprio ci
che chiamiamo costituzione trascendentale []. Ecco qui lunum trascendentale completo. Non mera propriet bens struttura trascendentale di due momenti: luno, il momento di appartenere a se stessi, laltro il momento di appartenersi
in un modo proprio.
76 Ivi, p. 460.
le. Eppure, di una tale realt anteriore, che, com stato detto pocanzi aspecifica, Zubiri vuole mostrare la differenza rispetto allinsufficienza e
alla vaghezza di ci che la Scolastica chiam inclusione della positiva
entit nellindivisione trascendentale. Il modo escogitato per porre riparo a
tale insufficienza mettere laccento sul trascendentale non come unum,
bens come costituzione trascendentale, vale a dire sullindole positiva
dellindivisione e sul modo preciso di inclusione del positivo nella struttura dellunum77. Il che rappresenta unulteriore occasione per ribadire loriginariet della coerenza sulla sussistenza, e ci perch loggetto dellinclusione la coerenza ciclica nel senso che ogni nota nota di tutte le
altre, pur avendo una propria posizione allinterno del sistema, cio a dire
un proprio modo di dipendere dalla totalit delle altre note nellindivisione trascendentale che la esige e che, per cos dire, detta coerenza nella
costituzione delle cose reali.
Non il caso qui di addentrarsi nella ancora una volta triplice articolazione della struttura trascendentale dellessenza nei momenti costituzione individuale, sistema dimensionale e tipicit. Ci basti solo segnalare che le note costituzionali appartengono alla cosa nelle sue tre
dimensioni (ricchezza, solidit ed effettivit), nel suo ricco e solido
star essendo e cos facendo la misurano nella sua intrinseca individualit.
Il che non vuol dire altro che vi sono gradi trascendentali secondo i quali il reale , nei diversi sistemi di note, nelle diverse sostantivit, nelle diverse cose, pi o meno perfetto, stabile e duraturo. A Zubiri preme inoltre
mantenere ben distinto il grado trascendentale da quello talitativo. E ci
perch non si tratta di un grado di intensit, del tipo pi o meno caldo, ma
di un grado di realt: le cose reali sono di suo reali in diversa misura [e
tuttavia] le essenze non sono gradualmente diverse, dacch non hanno una
misura fisicamente comune: fisicamente sono incommensurabili78.
La perfezione, la stabilit e la durata sono, poi, presentate come le
propriet trascendentali dellessenza responsabili della consistenza reale e
sostantiva delle note. Ecco finalmente quel concetto pi originario della
consistenza, ma anche della sussistenza, che Zubiri aveva annunciato come
unit di coerenza. Ci si trova qui innanzi a un concetto di individualit posto al di qua della specie e che inoltre indissolubilmente legato alla funzione strutturante svolta dallessenza costitutiva nellindividuo79.
77 Ivi, p. 488.
78 Ivi, p. 498.
79 Su questo punto vedasi C. Baciero, Zubiri y su dilogo con la Escolstica y
Surez, in J.A. Nicols, . Barroso (a cura di), Balance y perspectivas de la filo-
144
Che Zubiri non tema di riconoscere la vicinanza tra uomo e animale non
significa, per, che non riconosca la differenza, che essenziale e non graduale, tra luno e laltro. E anche se non appare interessato a stigmatizzare
la definizione animal rationale, questi ultimi termini hanno ben poco della
chiusura che Heidegger aveva imputato allumanismo metafisico. Piuttosto, i termini animal e, pi che rationale, intelligente81, da genere e differenza specifica, diventano nelle sue mani due note costrutte dellessenza
uomo82. Di unessenza che s intesa come aperta e dinamica (secondo il
sofa de X. Zubiri, cit., pp. 323-335, in part. p. 332, dove lAutore espone in questi termini il motivo per cui Surez non port a compimento la sua intuizione
dellindividualit dellessenza: Lindividualit , dunque, intrinseca ed essenziale ad ogni individuo. E tuttavia, pressato dalla tradizione, Surez sostiene che ci
non significa che gli individui siano essenzialmente diversi, bens soltanto che
hanno essenze diverse: affinch la distinzione sia essenziale cos egli afferma
occorre inoltre che la distinzione interessi la stessa specie, che sia specifica. Ci si
potrebbe chiedere: perch? Semplicemente per il peso della tradizione.
80 SE, pp. 413-414.
81 Sulla netta distinzione, sia a livello filogenetico che ontogenetico, tra intelligenza
e ragione dove la seconda un modo della prima, che , daltronde, minimo in due
animali pur intelligenti quali il pitecantropo e un bambino appena nato, cfr. EDR,
p. 211; trad. it. p. 202.
82 Dire nota costrutta significa nello stesso tempo negare la possibilit di ricavare
un uomo aggiungendo la nota di intelligenza alle strutture di questo o di
momento trascendentale di tipicit)83, ma non nel senso di circostanziale, situazionale o storica, dacch tale apertura e dinamismo appaiono inscindibili dallappropriazione di s nellattualizzazione senziente-intelligente della realt e non nella lotta contro un termine eterogeneo quale
quello di circostanza o mondo (come in Ortega). Vero che solo con lapparizione della trilogia, una tale non eterogeneit avrebbe trovato una formulazione esaustiva nel concetto di congenerit. Eppure, nel contesto di
Sobre la esencia, l dove lesistenziale essere-nel-mondo viene totalmente
ripensato a partire da un concetto fondante ogni forma di relazione, vale a
dire quello di rispettivit, che Zubiri mette in forma quella metafora fotica
che aveva da sempre abbozzato nellintento di invenire il fondamento
dellessere: La realt come di suo (brillantezza) il fondamento della realt come illuminante (luce); e lattualit della cosa reale in questa luce, nel
mondo, lessere. Mondo la realt in funzione rispettiva, e lattualit della realt in quel mondo lessere84.
Nella riconduzione del concetto di mondo e di essere a quello pi
originario e fondativo di realt, ritroviamo non solo una via metafisica per
salvare i fenomeni, quella cio che risale dalle cose in direzione delle
loro essenze individuali, ma anche il terreno su cui poggia ogni dato e ogni
ricercato: la formalit di realt. questultima lunica a essere sostantiva,
a essere rispettiva, a esserlo attualmente come essere, e a essere rispettiva in modo speciale a quella cosa intelligente che il nous85.
solo in questo senso che pu essere compreso il mantenimento dei termini animalit e intelligenza, che per hanno cessato di essere duali per
slittare verso la doppiezza non di una cosa ma dellatto:
Il che significa decidere di prenderla come atto e non come facolt. Alla
rilevanza di una tale decisione e alla rottura che essa comporta con la tradi-
146
zione, Zubiri avrebbe dedicato, pi che unaltra opera, unaltra via, parallela e complementare a quella esplicativa di Sobre la esencia: la via analitico-descrittiva della trilogia sullIntelligenza senziente, quella cio che
non va dal dato al ricercato ma dal primordiale allulteriore87.
L per dove ancora non arrivata la teoria dellintelligenza senziente
rispetto alla quale, per ora, Zubiri temporeggia nel trattarla in modo esclusivo e sistematico, invece arrivata la pi volte annunciata quarta metafora, quella della brillantezza (realt), di cui la luce (essere) un momento
ulteriore:
Ogni cosa ha una doppia attualit luminosa []: una, lattualit in quanto brillante di suo, e senza perdere questa attualit ne possiede unaltra, quella di essere visibile sotto la chiarezza della luce. E siccome questa chiarezza
proviene dalla cosa stessa, ne consegue che questultima chiarezza come una
riattualizzazione della prima: la brillantezza vista alla luce che da essa stessa
scaturisce88.
La sfida alla lettura data da una profonda ambiguit, dal fatto cio che
se, da un lato, appena apparsa lidea di doppia attualit che sarebbe stata
un concetto nucleare della trilogia, dallaltro, manca il concetto di noergia.
E non perch in un testo ribelle come Sobre la esencia si senta la mancanza di ancora un altro neologismo lessicale, ma perch al momento di
presentare il termine noergia in Inteligencia y realidad, Zubiri avrebbe mostrato di essere in grado di render conto dellindole unitaria dellapprensione di realt, ossia dellunit di affezione reale, alterit di realt, e forza di
realt. Il che avrebbe reso del tutto obsoleto lo strumento concettuale
dellintenzionalit, finanche nella versione scolastica di modo dessere
irreale. Il fatto che poi sia proprio grazie a un ripensamento della nozione
di irrealt, che diviene possibile non solo ribadire la gi argomentata eccedenza dellirreale rispetto alla nozione scolastica di ens rationis, ma anche
il riconoscimento del peso di realt delle finzioni oggetto del prossimo
paragrafo.
91 Ibidem.
92 M. de Unamuno, Niebla, a cura di M.J. Valds, Ctedra, Madrid 1993, p. 275.
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neanche per un momento si domanda se una tale esuberanza di note sia in qualche modo legata al fatto che quel ficto giunge a noi delineato attraverso capolavori dellarte di tutti i tempi [] El burlador de Sevilla di Tirso de Molina (o
chi per lui), Don Juan di Molire, e il geniale spartito che Mozart scrisse per il
suo Don Giovanni a partire da un testo, mediocre dal punto di vista letterario, di
L. da Ponte94.
93 M. de Unamuno, Una entrevista con Augusto Prez, in La Nacin, Buenos Aires, 21 novembre 1915 in M. de Unamuno, Niebla, cit., p. 81.
94 A. Pintor-Ramos, Nudos en la filosofa de Zubiri, cit., p. 246.
Lobiezione perfettamente calzante, anche perch il richiamo al personaggio fittizio di Don Giovanni95, il cui orientamento sessuale, col cambio di
rotta che comporta rispetto alle intenzioni dellautore, sarebbe, nellottica di
Zubiri, il segno del fatto che non tutto pu essere risolto nel dirigersi a della coscienza senza contare che a rigore qui non di ens rationis che si tratta
sembra lasciare in ombra la fondazione (nel senso husserliano di Fundierung e non di Begrndung) di un oggetto la cui molteplicit e imprevedibilit
di note strettamente legata allo stratificarsi dellesperienza intersoggettiva in
un atto di frontiera tra reale e irreale qual quello della lettura.
Che Zubiri abbia espunto laspetto storico-culturale dalla ricezione
dellopera, troverebbe unulteriore conferma nel fatto che a quello di Don
Giovanni viene accostato un altro esempio per ribadire limpotenza dellintenzionale rispetto alla forza di imposizione dellirreale. Si tratta del lavoro pubblicato da Gdel nel 1931 Sulle proposizioni formalmente indecidibili dei Principia matematica e di sistemi affini96 secondo cui, se si stabilisce
un sistema finito di assiomi per definire una disciplina matematica e si deducono con questo sistema e con le regole della logica formale tutte le conseguenze che da essi derivano, ci si imbatte in problemi posti da quegli
stessi assiomi che con quegli assiomi soltanto non possibile risolvere. Da
ci deriva che se limplicazione intenzionale, la co-implicazione un che
di non meramente intenzionale97.
Il riferimento a Gdel era gi apparso in Sobre la esencia, nella per cos
dire pars destruens, quella cio dedicata a decostruire la nozione di essenza come concetto oggettivo, che inoltre faceva leva sulle difficolt di applicazione del principio di non contraddizione tenendo conto delleccedenza
della cosa rispetto alle note concepite. In poche parole, richiamandosi a
Gdel e al concetto di co-implicazione, Zubiri intendeva allora mostrare
limpossibilit metafisica di applicare un principio logico su delle note che,
per cos dire, irrompono determinando uno scacco, se non di sorpresa, di
imprevedibilit nellorizzonte dattesa posto dagli assiomi.
Prima di vedere se e fino a che punto Zubiri abbia effettivamente escluso la dimensione storica dallesperienza degli oggetti irreali, manteniamo
pure lanalogia rintracciata tra i due oggetti irreali scelti, Don Giovanni e il
teorema di Gdel, la cui diversit si dispiega, a ulteriore conferma che non
di ens rationis che si tratta, ma di irrealitas qua ficta, sia nellessenza sia
95 HRI, p. 17: Questa una finzione, un esse intenzionale. Ma in quanto ens rationis io posso discutere su quali siano le sue propriet.
96 Cfr. E. Nagel e J.R. Newman, La prova di Gdel, Bollati Boringhieri, Torino 1992.
97 HRI, p. 63.
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nellesistenza. Daltra parte, gi il maestro Ortega aveva rinvenuto nellirreale il modo umano di passare dal mondo instabile, pi che del pressappoco, del dubbio campo di battaglia di credenze contrastanti e per ci
stesso momento assai pericoloso in cui la vita rischia di annegare alluniverso della precisione; e aveva cos affermato il legame di parentela tra
il punto matematico, il triangolo geometrico, latomo della fisica e i personaggi poetici: fuori di dubbio: il triangolo e Amleto hanno lo stesso pedigree. Sono figli della matta della famiglia, sono fantasmagorie98.
Zubiri, invece, pur servendosi anchegli di unanalogia tra lambito della letteratura e quello della matematica, non appare tuttavia interessato a ricercarne lorigine comune nella fantasia, sia essa intesa come facolt o
come attivit. Il che fa imprimere a questo corso sulla tensione reale-irreale in prima battuta assunta come oscillazione e infine come refluencia
il tono dialogico del confronto con uno dei suoi interlocutori prediletti, Aristotele, in particolare prendendo le mosse dal De anima e dalla Retorica,
vale a dire da quei testi in cui il concetto di irreale scaturisce dalla contrapposizione tra phainomenon e phantasma.
Scrive Aristotele nel De Anima: se non si percepisse nulla non si apprenderebbe n si comprenderebbe nulla, e quando si pensa, necessariamente al tempo stesso si pensa unimmagine. Infatti le immagini sono
come le sensazioni, tranne che sono prive di materia99. La prima caratteristica dellimmagine cos quella di essere immateriale. Le immagini
[phantasmata], dunque, pur essendo il contenuto oggettuale del pensiero,
cos come le sensazioni lo sono della sensibilit, si contraddistinguerebbero in virt della loro distinzione dai fenomeni sensibili. Distinzione che
privazione, essendo le immagini caratterizzate dalla mancanza di quella
corporeit reale, propria della materia sensibile.
Altra definizione dellimmagine che mostrerebbe lincapacit di intendere lirreale in se stesso quella che si trova nel primo libro della Retorica a proposito del piacere: poich il provare piacere risiede nel percepire
una certa affezione, e limmaginazione una sorta di sensazione debole
[asthens], in chi ricorda e spera far sempre seguito una sorta di immaginazione di ci che si ricorda e spera100. Ancora una volta, quindi, limma98 J. Ortega y Gasset, Idee e credenze, in Id., Aurora della ragion storica, cit., p. 265.
99 Aristotele, De anima, III, 432 a 9-10; trad. it. p. 229.
100 Aristotele, Retorica, I, 11, 1370 a 27; trad. it. a cura di M. Zanatta, Utet, Torino
2004, p. 197. Per una ricognizione sistematica dei luoghi ove compare il nesso
fantasia-sensazione debole, cfr. F. Piro, Immaginazione e profezia. Riflessioni su
uno strano legame, in V. Gessa Kurotschka, C. De Luzenberger (a cura di), Immaginazione Etica Interculturalit, Mimesis, Milano 2008, pp. 251-273, in part. p.
152
154
109 J. Ortega y Gasset, La deshumanizacin del arte, in OC, vol. III, p. 865; trad.
it. La disumanizzazione dellarte, a cura di L. Arcella, introd. di L. de Llera,
Settimo Sigillo, Roma 1998, p. 78.
110 HRI, p. 69.
111 Ivi, p. 29. A questo riguardo diviene possibile rintracciare pi di una consonanza
con la teoria non intenzionalista della finzione di Jocelyn Benoist a patto di sostituire la parola monde con la parola realidad per cui il mondo della finzione
non un mondo a parte ma un modo diverso di funzionare di quello stesso mondo come se fosse di finzione o, in altri termini, il problema non solo riferirsi a
degli oggetti, ma piuttosto costituire una forma di riferimento pi complesso, della quale si potrebbe affermare che consista in un certo modo di usare il mondo:
modalit prescritta dal testo e che il lettore non per nulla obbligato a adottare
(non nemmeno sicuro che lo scrittore la consideri giusta e ne prenda le difese),
ma che per lo meno invitato a prendere in considerazione (proprio come accade
in un gioco: Facciamo finta che io sia il re e tu la regina). Ci su cui il testo di
finzione si appoggia (Goodman ha ragione) un mondo, ma non un mondo a parte, distinto e realmente separabile dal nostro mondo reale, quanto piuttosto questo stesso mondo rivestito di un certo aspetto con il quale siamo lucidamente chiamati a interagire e che dobbiamo far funzionare in questo o quel modo (J.
Benoist, I confini dellintenzionalit. Ricerche fenomenologiche e analitiche, a
cura di L.M. Zanet, Mondadori, Milano 2008, pp. 77-78).
156
Ma allora che ne della critica al concetto aristotelico di aphairesis?115 La critica rimane, cos come rimane il concetto, solo che diviene oggetto di una correzione che strettamente connessa alla necessit di trovare un uno verso cui orientare lastrazione, vale a dire ununit che non meramente astratta, ma che, anzi,
, in ognuna delle cose reali, qualcosa che si realizza a modo suo. Ognuna reale a modo suo ed una a modo suo. Ogni uomo uno a modo suo. E questo
modo di essere uno ci che io ho concettualizzato come costituzione. Ed evidentemente, senza avere la mente diretta verso quelluno costituzionale mai
potremmo elaborare per astrazione, per pura aphairesis, il tipo delleidos che
vogliamo ottenere116.
Limportanza del passo non riguarda solo la chiarezza con cui viene tematizzato il terzo tipo di irrealt. Nel riprendere il concetto di costituzione, con la radicalizzazione dellindividualit dellessenza che esso aveva
comportato anche in riferimento alla V Disputazione metafisica di
Surez, Zubiri lascia chiaramente intendere che la teoria sullessenza
esposta nellopera del 62, ossia il libro a cui ha affidato lesposizione
della sua metafisica della realt, il risultato irreale di un processo di irrealizzazione dei contenuti reali che per poggia sullapprensione della
trascendentalit della realt. In poche parole, il corso sul reale e lirreale
svela lo spazio entro cui si dispiegata la speculazione zubiriana sullessenza. Unessenza che, com stato ripetuto pi volte, individuale ed
al di qua del concetto di specie. Per cui, la figura del poiets che emerge
dal corso del 67 non si identifica n col bravo macellaio del Fedro117,
vale a dire con il dialettico che sa tagliare per specie in quanto capace di seguire le venature del discorso, n con il metafisico che fa riferimento al primo nesso predicativo (il dirsi di un soggetto distinto
dallessere in un soggetto), e ci per la semplice ragione che le note di
cui parla Zubiri non devono come altrimenti sostiene Aristotele veri115 Si veda il libro XI di Aristotele, Metafisica, 1061 a 30; trad. it. pp. 495-497: Il matematico svolge la sua indagine intorno a nozioni ottenute per astrazione [exaphairseos]. Egli, infatti, studia le cose prescindendo da tutti i caratteri sensibili: per esempio
dal peso e dalla leggerezza, dalla durezza e dal suo contrario e, ancora, dal caldo e dal
freddo e da tutte le altre coppie di contrari che esprimono caratteri sensibili. Il matematico mantiene soltanto la quantit ed il continuo []. Ebbene, lo stesso vale anche
per lo studio dellessere: tutte le propriet che si riferiscono allessere in quanto essere e le contrariet dellessere in quanto essere rientrano nelloggetto di indagine di
nessunaltra scienza se non della filosofia.
116 HRI, p. 57.
117 Platone, Fedro 265 e.
non cre lidea della curvatura dello spazio, cos come non cre lidea dello
spazio non euclideo, n il calcolo tensoriale. Eppure, ebbe la geniale intuizione
che era nella linea della curvatura che bisognava cercare la soluzione al problema della gravitazione, enunciato in equazioni tensoriali. Questa la questione.
Di fronte alla moltitudine di cose reali, bisogna rivolgere lo sguardo verso luno, ma in una determinata linea119.
Le cose [] cos si fa strada lidea del fisico restare della formalit che
tanta parte avrebbe avuto nella trilogia lasciano unimpronta retrospettiva, in
virt della quale quelle cose fisiche, esse, il sole che appare, le pareti che mi
circondano, la sedia che mi sostiene, imprimono caratteri sul mio io, sulla mia
realt, sul mio io sostantivo, sul mio essere sostantivo120.
118 Sulla distinzione tra i due tipi di nessi e sul superamento delle incongruenze della
divisione platonica che esso comporterebbe, cfr. M. Zanatta, Introduzione alla filosofia di Aristotele, Bur, Milano 2010, pp. 91-92.
119 HRI, p. 58.
120 Ivi, pp. 123-124.
158
proprio da questo concetto di re-fluencia che Zubiri ricava lidea secondo cui forgiare lirreale il passo obbligato per figurarsi il reale, cio a
dire per figurarsi come sono le cose, ma anche per figurare il proprio S,
ovvero per auto-configurarsi. Luomo, in questo modo, si figura, in quanto ha la necessit di figurarsi come sono le cose per poter poggiare la propria vita su di esse; ma, inoltre, non solo ha la necessit di figurarsi come
sono le cose, bens di figurarsi nel senso medio del vocabolo. Si figura,
vale a dire, si autoconfigura121.
Il che comporta che la figurazione, per quanto irreale possa essere la sua
mira, lascia unimpronta reale dellirreale nella sostantivit dellio. Tale
impronta il come se del parere. Se le cose non rifluissero, non solo non vi
sarebbe modo di forgiare dei pareri su come le cose appaiono, ma non vi
sarebbe neanche modo di vivere, laddove la vita intesa sin da Sobre la
esencia come atto che si auto-possiede122. Insomma, luomo senza refluencia non vivrebbe, ma si lascerebbe vivere senza alcuna possibilit di
trattenere le cose che vive, o meglio le cose in cui sta nella fluencia.
Un tale concetto di fluencia e refluencia, insieme al convincimento che
le cose figurate dallatto poietico lascino impresse delle orme su un io
che com stato appena visto qualificato come sostantivo, non
pu che affermarsi in contrasto con lidea husserliana di flusso di coscienza. Sebbene Zubiri non si soffermi sulla compenetrazione di vissuti
che conformano il Fluss della coscienza, mancando in questo modo loccasione di riflettere sul nesso motivazionale che scandisce la corrente,
in cui una ritenzione fa da sfondo a unimpressione originaria, la quale a
sua volta unanticipazione protensionale di una nuova impressione123, e
sebbene debba ricorrere a Bergson per trovare conferma dellidea secondo cui uno stato il prolungamento dellaltro124, tuttavia, resta vero che
non a partire da una nozione di temporalit come struttura costitutiva
della coscienza che il filosofo spagnolo ammette una forma di costituzione degli oggetti. E ci perch, nella sua ottica, non per la via delle associazioni teleologiche125 che gli atti trovano conferma, ma in virt della
121 Ivi, p. 125.
122 SE, p. 504.
123 E. Husserl, Metodo statico e metodo genetico, a cura di M. Vergani, pref. di C.
Sini, Il Saggiatore, Milano 2003, p. 56 e ss.
124 HRI, p. 94.
125 E. Husserl, Lidea della fenomenologia, cit., V lezione, p. 103: gli atti di conoscenza e, in una concezione pi larga, gli atti di pensiero in generale, non sono individualit sconnesse, che sconnesse vengono e vanno nel flusso della coscienza.
Essi mostrano, in essenziale riferimento reciproco, solidariet teleologiche e op-
fisicit della forma che si impone negli atti lasciando delle tracce incancellabili nella vita del poiets.
Una tale torsione realista impressa alla fenomenologia non in alcun
modo indice di una sia pur vaga coincidenza teorica con un filosofo nei confronti del quale i biografi raccontano che Zubiri non nutrisse molta stima, nonostante fosse stato amico e compagno di stanza del suo maestro Ortega a
Marburgo. Trascurando i dettagli di un non felice incontro tra Zubiri e Nicolai Hartmann a Berlino126, bisogna piuttosto fare chiarezza su quale potrebbe
essere la posta in gioco in un loro confronto. Nonostante, infatti, possano, di
primo acchito, risaltare con maggiore evidenza le affinit tra due filosofi che
pur essendo entrambi influenzati dalla fenomenologia e dal neokantismo
nella versione marburghese si sono lungamente impegnati a superare lidealismo nel triplice fronte della critica al correlativismo husserliano, al trascendentale kantiano e alla nozione coheniana di Erzeugen (con il riassorbimento dellEstetica nellAnalitica che essa comportava), rivendicando il
peso della realt, tuttavia le loro posizioni sono completamente diverse
come possono esserlo il realismo ingenuo, da una parte, e la metafisica della
realt, dallaltra. Con ci sintende ribadire la non coincidenza non solo tra
Gegenstand e cosa real, ma anche il diverso modo in cui viene progettato il
tentativo di superamento del trascendentale kantiano. Se, infatti, listanza anti-trascendentalista spinge Hartmann verso il soggetto empirico come correlato di un accadimento127, per il quale ben si addice la parola dordine diltheyana Empirie nicht Empirismus128, Zubiri, invece, riconduce la
portuni contesti di riempimento, di convalida, di prova, e dei loro contrari. E ci
che interessa sono questi contesti, che rappresentano lunit intelligibile. Sono appunto essi che costituiscono loggettualit; essi collegano logicamente gli atti che
danno impropriamente e quelli che danno propriamente [die uneigentlich gebenden Akte und die eigentlich gebenden] []. E solo in questi contesti si costituisce,
non in un sol colpo ma in un processo ascendente, loggettualit della scienza obbiettiva, e anzitutto loggettualit della realt positiva spazio-temporale [Traduzione leggermente modificata].
126 Cfr. J. Corominas, J.A. Vicens, Xavier Zubiri. La soledad sonora, cit., pp. 228 e 267.
127 N. Hartmann, Ontologia e realt, a cura di G. DAnna, R. Pettoello, Morcelliana,
Brescia 2009, p. 82: Il fare esperienza, di cui si parla qui, non deve essere confuso con lempiria, in senso scientifico o gnoseologico; non ha nulla in comune
con il percepire, losservare, lo sperimentare. Vi un esperire di tipo diverso, pi
elementare di quello e pi profondamente radicato nella vita, pi umano e pi fondamentale nel contempo, pi corrente, nelluso linguistico, di quello della conoscenza empirica. lesperire come atto correlativo dellaccadimento.
128 W. Dilthey, Philosophie der Erfahrung: Empirie, nicht Empirismus, trad. it. in Per
la fondazione delle scienze dello spirito. Scritti editi e inediti. 1860-1896, a cura
di A. Marini, Franco Angeli, Milano 1985, pp. 86-96. Sulla critica diltheyana
160
trascendenza della realt alla sua trascendentalit, a quella suit, che invece
di porsi come limite dellomogeneizzazione, sempre parziale, della conoscenza o come accadimento che colpisce il soggetto negli atti emozionali trascendenti, possiede forza di imposizione proprio per essere congenere non
eterogenea dunque agli atti di intelligenza.
Ferma restando la distanza tra questi due modi di intendere il peso della realt, come duro termine di uno scontro quali possono essere le mura
di un carcere129 o come apertura e incolumit della fisicit della formalit, la pi volte richiamata suit che si impone proprio grazie alla presa di
distanza dai contenuti reali, impossibile non notare laccordo che appare
sia nella formulazione del concetto di esperienza sia nel suo legame con la
vita. Se, infatti, Hartmann definisce la vita come un solo, grande e mai eliminabile fare-esperienza, dove lesperto colui che ci passato in
mezzo, che ha conosciuto la vita, non da spettatore, bens standoci dentro
ed essendo capace di orientarvisi130, Zubiri, da canto suo, avrebbe cos illustrato il significato etimologico di esperienza in Inteligencia y razn, non
senza richiamarsi al concetto di probacin131 cos comera stato presentato
nel corso del 67 di cui ci si sta qui occupando: Attraversare si dice in greco peiro, in latino perior []. Da qui deriva il vocabolo porto. Questo
attraversare il porto, in cui consiste la probacin, perci ex-perior, experienciar132.
129
130
131
132
Daltronde, proprio in riferimento al concetto di vita che il corso sul reale e lirreale slitta verso la nozione di uomo come essenza aperta e dinamica che si autopossiede, attraverso un confronto, non sempre equilibrato, con
Dilthey, Bergson e Ortega y Gasset e a partire dalla messa a tema della fluencia come modo primario di stare nella realt, modo, questo, caratterizzato
dalla direzione, lorientamento e la selezione e, in quanto tale, modo in virt
del quale si costituisce un campo di realt di cui lio centro133.
Della ripresa e della rielaborazione della metafora bergsoniana della vita
come un punto elastico che si distende nel tempo134 stato gi detto a sufficienza, cos come pi oltre si dir del concetto orteghiano di vita in un
confronto tra laggettivo possessivo mia riferito al sostantivo circostanza e
il pronome personale me, oggetto dellattualizzazione. Per ci qui il caso
di limitarsi a segnalare quei passaggi in cui Zubiri si sofferma su Dilthey, il
filosofo al quale si deve un neologismo semantico di non poco conto, mostrando, inoltre, il legame tra i concetti di Erlebnis e di Zusammenhang,
vissuto e connessione, dunque, anche se per questultimo termine il filosofo spagnolo fa sfoggio di metafore tessili quali trama, ordito, intreccio. Altrettanto degno di nota , se non un difetto di lettura, quantomeno
un modo del tutto peculiare di interpretare la funzione che Dilthey attribuisce allio come unificazione del senso del vissuto. In poche parole, il non
aver riflettuto esaurientemente sulla categoria reale di medesimezza [Selbigkeit] e sulla distanza che con essa il filosofo renano volutamente prende
133 HRI, p. 130: Stando fluentemente nella realt, lintelligenza si trova immersa in
quella fluenza, in primo luogo, in una certa direzione, secondo cui la vita fluisce;
ma, in secondo luogo, lintelligenza vedente, vale a dire: vede effettivamente la totalit del campo di fluenza del campo della realt nel quale orienta in un modo o
nellaltro il suo movimento, la sua fluenza. E, in terzo luogo, selezionando in una
misura o nellaltra in modo attivo o in modo passivo alcune delle direzioni di
questo orientamento. Cos si costituisce un campo di realt, in cui luomo sta fisicamente e del quale luomo, fisicamente, costituisce il suo stesso centro.
134 Cfr. H. Bergson, La pense et le mouvant, Flix Alcan, Paris 1934; trad. it. a cura
di F. Sforza, Pensiero e movimento, Bompiani, Milano 2002 e Id. Matire et
Mmoire, Flix Alcan, Paris 1917; trad. it. Materia e memoria, a cura di A. Pessina, Laterza, Roma-Bari 20043. Per un confronto tra due esperienze metafisiche
ineffabili, cos come appaiono lintuizione in Bergson e lapprensione primordiale in Zubiri, ma anche per una messa a tema delle divergenze riguardanti il rapporto conoscitivo, cfr. G. Marqunez Argote, Bergson y Zubiri, in J. A. Nicols, .
Barroso (a cura di), Balance y perspectivas de la filosofa de X. Zubiri, cit., pp.
419-435, in part. p. 435. Per lassimilazione bergsoniana dellintuizione alla simpatia per cui ci si trasporta allinterno di un oggetto, diversamente dallanalisi che
consiste nellesprimere una cosa in funzione di ci che essa non , cfr. H.
Bergson, Introduzione alla metafisica, in Pensiero e movimento, cit., pp. 151-152.
162
da quella formale di identit, tradirebbe la mancata considerazione da parte di Zubiri della contraddizione e tragicit della conoscenza di s e del non
facile sicuramente non statico, come invece egli insinua ruolo dellio
nellatto di cogliere il senso della molteplicit dei vissuti, dove questi ultimi sono parti non indipendenti di una totalit connettiva135.
Tale rapporto quello tra il tutto e le parti per discernere il senso dellunit della vita, ovvero il senso in quanto capace di fornire unit al vissuto
trova in due autori, che hanno molto rilievo nella biblioteca ideale di Zubiri, una formulazione decisiva rispetto alla storia della filosofia occidentale dal V libro della Metafisica aristotelica in poi: il Dilthey, appunto, di
Leben und Erkennen, e lo Husserl della Terza Ricerca Logica. In ambedue
i casi, in questione la riscrittura delle forme categoriali, in un caso come
categorie della vita o categorie reali136, nellaltro come oggettualit eidetiche passibili di intuizione. Inoltre, in un caso come nellaltro, tutto sta
nellintendere lintero come una parte non indipendente, il che, da un lato,
sarebbe stata per Dilthey occasione di intensificare limmaginazione
135 Cfr. W. Dilthey, Progetto di continuazione per la costruzione del mondo storico
nelle scienze dello spirito. Abbozzi di una critica della ragion storica, in Scritti filosofici (1905-1911), a cura di P. Rossi, Utet, Torino 2004, p. 294.
136 Su questo punto cfr. G. Cacciatore, Storicismo problematico e metodo critico, cit.,
in particolare il cap. VIII, Il fondamento dellintersoggettivit tra Dilthey e Husserl, p. 253: I grandi saggi diltheyani sulla psicologia analitica e descrittiva del
1894 e sullo studio dellindividualit del 1896, pongono a loro obiettivo essenziale la determinazione di una nuova scienza psicologica che, continuando a muovere dallimprescindibile dato fondante dellErlebnis, fornisca, altres, gli strumenti
di indagine della vita storica delluomo attraverso leggi, norme generali del comportamento individuale, tipi. Una psicologia come Grundwissenschaft delle scienze dello spirito non pu, per, assumere in s i caratteri duna scienza esplicativocostruttiva che ponga un nesso causale che pretende di rendere comprensibili
tutti i fenomeni della vita psichica. Nelle scienze dello spirito la connessione
della vita psichica sta dovunque a fondamento come data originariamente [Die
Natur erklren wir, das Seelenleben verstehen wir]. Ma sul rapporto DiltheyHusserl si veda anche G. Cacciatore, Scienza e filosofia in Dilthey, tomo II, cap.
V, pp. 74-101 Il confronto col neo-criticismo e il rapporto con Husserl. Per
unanalisi dei motivi che Husserl avrebbe mutuato da Dilthey, quali lidea di una
psicologia libera dai vincoli metodologici del positivismo e, quindi, capace di tenere uniti il momento descrittivo e quello apriorico, cfr. R. Cristin, Fenomeno Storia. Fenomenologia e storicit in Husserl e Dilthey, Guida, Napoli 1999, in part.
le pagine dedicate al principio di fenomenicit, che tematizzano il concetto diltheyano di Erlebnis nel duplice senso di decorso nel tempo e coscienza di questo fluire per poi passare ad enucleare gli elementi che determinano lo slittamento dalla scienza storica dello spirito alla filosofia trascendentale dellesperienza
(p. 71 e ss.).
137 Cfr. E. Husserl, Esperienza e giudizio, a cura di F. Costa, L. Samon, Bompiani, Milano 2007, pp. 305-353. Cfr. G. Piana, La tematica husserliana dellintero e della
parte, introduzione a E. Husserl, Lintero e la parte, il Saggiatore, Milano 1977.
138 W. Dilthey, Esperienza vissuta e poesia, trad. it. a cura di N. Accolti Gil Vitale, Il
Melangolo, Genova 1999, p. 198: Lopera darte non ha lintenzione di essere
espressione o rappresentazione della vita. Essa isola il suo oggetto dal nesso reale
della vita e gli d una totalit in se stessa. Vedasi anche p. 264, dove dopo aver
pi volte ribadito il nesso tra la trama immateriale dei vissuti e la melodia, mostra
in questo modo la fluidit che il sentimento lirico tedesco acquista grazie alla produzione poetica di Goethe: Anche i personaggi che egli rappresenta sono come
affrancati dalla rigidit della rappresentazione che delluomo aveva fatto fino allora la poesia tedesca. Essi vivono in una nuova libert e in una mobilit interiore. La loro definitezza risiede in una legge dello sviluppo, propria di ogni singola
esistenza, in una regola del decorso di questo sviluppo. Ogni qualit sostanziale si
risolve nella melodia della vita.
139 Sullelaborazione diltheyana delle categorie fondamentali della vita e sul loro nesso con gli esistenziali di Sein und Zeit, cfr. lintroduzione di E. Mazzarella a M.
Heidegger, Interpretazioni fenomenologiche di Aristotele. Introduzione alla ricerca fenomenologica, Guida, Napoli 1990, in part. p. 12.
140 W. Dilthey, Vivere e conoscere. Progetto di logica gnoseologica e di dottrina delle categorie (1892-1893, GS XIX 333-388), in Id., Per la fondazione delle scien-
164
145 Allinterno di una ricognizione sul richiamo nel pensiero contemporaneo di elementi di una sorta di gnoseologia teologica, potrebbe essere interessante un confronto tra il riferimento zubiriano alla nozione loyoliana di probacin con quello
che invece Heidegger compie nella sua storia del concetto di verit, ovvero nella
storia della metafisica occidentale sub specie veritatis, riguardo al concetto luterano di giustificazione [Rechtfertigung], quale assicurazione del legame tra correttezza e salvezza. Si veda al riguardo, M. Heidegger, Vom Wesen der Wahrheit
(1930), in Wegmarken (1919-1961), Gesamtausgabe, Abt. I, Bd. 9; trad. it. di F.
Volpi, Dellessenza della verit, in Segnavia, cit., pp. 133-157; Id., La metafisica
come storia dellessere (1941), in Id., Nietzsche, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1994, pp. 882-883. Cfr. inoltre S. Poggi, La logica, la mistica, il nulla. Uninterpretazione del giovane Heidegger, Edizioni della Normale di Pisa, Pisa 2006.
146 HRI, p. 156.
147 Ivi, p. 158.
148 Vedasi il vocabolo nostreidad, appositamente coniato per distinguerlo da quello
orteghiano di nostridad, con cui Jos Antnez Cid intende riferirsi non a un si impersonale, ma a un plurale concreto e prossimo di realt personali che gravitano
intorno al centro della mia persona (Id., La intersubjetividad en Xavier Zubiri,
Editrice Pontificia Universit Gregoriana, Roma 2006, p. 433).
166
149 X. Zubiri, Tres dimensiones del ser humano: individual, social, histrica, a cura
di J. Corominas, Alianza, Madrid 2006, p. 69.
150 SE, pp. 516-517: Unessenza chiusa come principio strutturale res mere naturalis; e unessenza aperta, come principio strutturale non soltanto res naturalis,
ma res eventualis. Non la chiamo res historica, perch non ogni avvenimento ha
carattere rigorosamente storico; per ci necessario che lavvenimento sia sociale in un modo o nellaltro []. Lapertura soltanto un modo dellin s, e pertanto lavvenimento soltanto un modo del fatto. Senza questa struttura positiva
dellin s, non vi sarebbero n avvenimenti biografici n storia; e soprattutto, la
storia non sarebbe una storia formalmente umana.
siede leccedenza della verit rispetto alla mera conformit e, con essa, la
sua apertura a nuove possibilit di compimento151.
Per quel che concerne la tesi della storia come trasmissione, la formalit di realt a segnare, ancora una volta, la differenza non solo tra loggetto di
trasmissione degli animali, costituito appunto dalle note, e quello degli uomini, che, invece, costituito da forme di vita nella realt, ma anche tra i rispettivi luoghi di destinazione: ambiente per gli animali e mondo per gli uomini152.
Eppure, nella definizione delluomo come animale di realt, un interprete
e continuatore dellopera di Zubiri del calibro di Ignacio Ellacura, che lha
radicata in ben altri lidi e che lha radicalizzata nella praxis della Filosofa de
la liberacin, ha trovato pi di una ragione per parlare di una storicizzazione
della natura e di una naturalizzazione della storia153.
Loriginalit delloperato di Ellacura non riguarda solamente la sua lettura della filosofia zubiriana, che significativamente denominata come un
realismo materialista aperto154 un realismo, quindi, che non ingenuo
perch prende le mosse dalla formalit e non dalla definizione dei contenuti, che non critico perch la sua via non quella della conoscenza che
dallimmanente passa al trascendente, e che, inoltre, non pu essere in al151 HV, p. 99.
152 SH, p. 201: Lanimale, collocato nel suo ambiente, sopravvive per ripetizione []
o, per mutamento di note naturali: levoluzione. Luomo, istallato nel mondo sopravvive per la consegna e linvenzione delle forme di vita nella realt: la storia.
153 Su questo punto cfr. P. Cerezo Galn, La idea de la historia en X. Zubiri, in Ciudad
de los hombres, ciudad de Dios, 1999, pp. 106-107: la contrapposizione classica
tra natura e storia tende a dimenticare il fatto basilare che la storia spezzata [desgajada], ma nel contempo, sottesa o possibilitata dalla trasmissione genetica. Proprio
perch luomo appartiene fisicamente a un philum o specie, dotato di un triplice carattere pluralizzante, continuante e prospettico possibile la storia. Soprattutto, tanto la prospettivit della specie quanto la sua capacit di replica genetica consentono
di comprendere, non il prolungamento, ma s la prosecuzione storica, nel nuovo elemento o formalit del reale, di questa prospettivit filogenetica nella forma della
consegna sociale di forme di vita. proprio in virt dellimplicazione reciproca di
entrambi i momenti che si pu parlare di una relazione mediatrice, per ri-fluenza reciproca, che , cos come ha sottolineato a ragione Ignacio Ellacura, storicizzazione della natura e naturalizzazione della storia. Da qui deriva la necessit di segnare
nel processo il momento della trasmissione tradente. Ma ci che proprio e specifico , in ogni caso, la tradizione. Luomo , sotto questo aspetto, un nato doppio:
generato biologicamente e in-corso storicamente in una eredit di umanit, dalla
quale procede; egli appartiene ad una tradizione, che non sceglie, ma nella quale si
trova gi immerso. Per la citazione di Ellacura vedi Id., Filosofa de la realidad histrica, Trotta, Madrid 1991, p. 140.
154 I. Ellacura, Aproximacin a la obra completa de X. Zubiri, in Estudios Centroamericanos (ECA), 421-422, 1983, p. 914.
168
limpossessamento implica un momento dinamico anteriore allimpossessamento in quanto tale, che la proiezione, il progetto. Ogni possibilit un progetto iniziale. Orbene, in un progetto sussiste alcunch di non reale, qualcosa
di irreale. Dire che luomo una forma di realt che non pu essere il medesimo, che pu essere suo come persona solo personalizzandosi, equivale di conseguenza a dire che luomo, in molte dimensioni della sua vita, pu essere realmente ci che , solo facendo un giro intorno allirrealt160.
159 X. Zubiri, DHSH, pp. 50-51, ora in X. Zubiri, Tres dimensiones del ser humano:
individual, social, histrica, cit., pp. 105-168.
160 EDR, p. 238; trad. it. pp. 227-228.
170
Come appare evidente, nel riflettere sulla storia, Zubiri non abbandona
la cornice teorica di Sobre la esencia, ma per certi versi la arricchisce insistendo sul dinamismo della forma. E perci per lui agevole riferirsi a un
concetto modale di storia, quello appunto che Pintor-Ramos con parola
strettamente zubiriana chiama piano talitativo della realt storica161. Che il
parallelismo trascendentale-talitativo dimensionale-modale non sia affatto
peregrino trova conferma nel seguente passo:
Il concetto di storia doppio. Innanzitutto vi un concetto modale della storiaLa storia come modo di affettare impersonalmente la persona. Modalmente, la storia si oppone cos alla biografia personale. Un altro concetto modale anche quello di biografia personale. Ma questi due modi (impersonale e
personale) sono modi diversi secondo i quali la tradizione affetta un soggetto.
Da ci emerge che sono iscritti in una stessa linea, in un certo modo previa a
quella differenza modale: nella linea della tradizione come una dimensione del
soggetto filogeneticamente determinata da quella162.
Si delinea cos unidea di storia dimensionale come eccedenza, ma nello stesso tempo piano di radicamento e spazio di accoglimento della storia
modale. La storia dimensionale cos la storicit stessa in cui si iscrive
ogni contenuto storico. Ove i contenuti sono possibilit, alcune trovate altre inventate, di stare nella realt e luomo, animale iperformalizzato, costretto a fare il giro intorno allirreale163, deve di volta in volta fare quello
che, con metafora fabbrile, pu dirsi forgiare il proprio modo di farsi
carico della realt164.
161 A. Pintor-Ramos, Realidad y sentido, Universidad Pontificia de Salamanca, Salamanca 1993, p. 275.
162 DHSH, p. 33.
163 SE, p. 108.
164 Sulla fantasia come facolt radicata nella sensibilit che per parte costitutiva della complessit delle forme mentali e degli stili pratici di vita riconducibili a una
struttura allargata della conoscenza umana che, proprio per questo, accresce la sua
presa sullesperienza del mondo, cfr. G. Cacciatore, Immaginazione, identit, interculturalit, in Postfilosofie, II, 3, 2006, pp. 119-133, in part. pp. 120-121. Sullingegno come primo impulso delluomo alla storia e allazione tra figurazione e formalit, cfr. G. Cacciatore, Formas y figuras del ingenio en Cervantes y Vico, in
Quaderns de filosofia i cincia, 37, 2007, pp. 39-56. Ma sullingegno come rerum
commensus, ossia come facolt di scorgere i rapporti di somiglianza tra le cose, impiegabile tanto nelle operazioni cognitive quanto in quelle morali, cfr. M. Sanna, La
fantasia che locchio dellingegno. La questione della verit e della sua rappresentazione in Vico, Guida, Napoli 2001, in part. p. 79.
171
IV
DALLA GIGANTOMACHIA
ALLINTELIGENCIA SENTIENTE
Come abiti vuoti e stanchi,
sdruciti, su panchine e muri
rotolati nei cunicoli segreti di questa citt
appesi in vecchi armadi,
come abiti che nei loro cilindri hanno consumato
due o anche tre corpi, aspettiamo di avvolgerci ancora su un
nuovo corpo,
di assumerne la forma, camminare di nuovo.
Come abiti vuoti allineati
aspettiamo che ci indossino.
T. Patrikios, Abiti vuoti.
172
tura di ci che ora merita uno spazio a s, per consegnare, negli ultimi e lucidissimi anni di una vita che ha saputo far fronte alla lunghezza dellarte,
pi che unaltra filosofia, un nuovo orizzonte del filosofare. La novit,
per, non ha i caratteri di una mossa isolata n tanto meno esiliata dalla
storia dimensionale, bens si iscrive, seppur operandovi dei cambiamenti per nulla trascurabili, nello spazio di radicalit apertosi proprio con la fenomenologia di Husserl, con quella buena suerte, che mentre per Ortega
aveva significato la neutralizzazione del neokantismo ma anche il bersaglio rispettato e ammirato contro cui far valere la teoria dellio esecutivo
per Zubiri si traduce nellelaborazione di una ontologia dellintelligenza,
intesa come ambito descrittivo complementare a quello esplicativo della
metafisica della realt. E con ci assistiamo allevento che, da un lato,
inaugura una nuova etapa nellitinerario filosofico di Zubiri, che finalmente pu esibire un concetto inequivocabile per riferirsi al legame di rispettivit tra intelligenza e realt e, che, dallaltro, determina un chiaro e definitivo congedo da quello che sin da Naturaleza Historia Dios aveva mostrato
la sua finitezza, proprio da quello che Husserl aveva fatto assurgere a lex
regia della coscienza. In poche parole, ed espungendo ogni residuo di idealismo dalla nozione di ambito descrittivo, lintenzionalit viene oltrepassata con la coniazione del concetto di coattualit.
Da quella che, come abbiamo visto, era stata una timida allusione al pericolo insito nella fenomenologia di slittare verso un certo idealismo, la
posizione nei confronti della svolta trascendentale assumer sempre pi nitidamente i caratteri di una critica, che, gi presente in Sobre la esencia, diviene nella trilogia un programma di lavoro mirante a desostantivare la coscienza. Nel prologo al primo volume leggiamo:
la coscienza non ha alcuna sostantivit e, pertanto, non qualcosa che pu eseguire atti. Coscienza non se non la sostantivazione dello stesso rendersi conto. Ma lunico fatto che abbiamo non il rendersi conto, o la coscienza,
bens gli atti coscienti di indole molto diversa. Col pretesto di non ricorrere a
una facolt, stato sostantivato il carattere di alcuni atti nostri, e questi atti
sono diventati atti di una specie di super-facolt che sarebbe la coscienza. E
questo non un fatto, soltanto uningente teoria1.
173
coscienti quanto non coscienti2. Intendere latto come parte non indipendente della coscienza, sarebbe come istituire un falso stato di cose, nulla di
pi lontano da un a priori materiale, ma, anzi, il pi grave errore della filosofia moderna che, secondo Zubiri, si estenderebbe fino a Husserl. Identificare lintellezione e limpressione con la coscienza quindi falso perch
vi coscienza solo perch c attualit comune, quellattualit che il carattere formale costitutivo dellintellezione senziente3.
Lattualit comune, che tra cosa e intelligenza, proprio ci che mostrerebbe il carattere derivato della Bewusstsein-von. La coscienza di pu
costituirsi solo in virt di una coscienza in, che vuol dire il sentirsi stare
nella cosa. E cos il concetto di co-attualit mira a render conto di quella attualizzazione comune in cui il con attualizza qualcosa di anteriore rispetto allattualizzazione stessa, ovvero quellalterit della cosa che una col
suo essere iscritta nella realt e per ci stesso rispettiva a ogni me che la attualizza e che, attualizzandola, si attualizza, sta nella cosa e solo in quanto
sta in essa pu averne coscienza. Ecco riapparire il di della coscienza4,
ma solo dopo che ne stato mostrato lintreccio con la coscienza con e
la coscienza in:
questi tre caratteri di con in e di non sono che tre aspetti di una stessa attualit comune; pi ancora, sono ci che formalmente costituisce la comunanza stessa dellattualizzazione. E in quanto aspetti, ognuno sta fondando il seguente. Il con con di un in, e lin un in essendo di5.
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dobbiamo prenderli in e per se stessi, e non a partire da una teoria, di qualunque ordine essa sia6.
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a due modi di coscienza invero non implica soltanto il mancato riconoscimento della vera indole dellatto, che ha una struttura doppia e non duale (e
come vedremo pi avanti una virtualit triplice), ma anche unindebita neutralizzazione dello stare presente, sia della cosa che [est] presente, sia
dellio che sta rendendosi conto della cosa. A essere doppio, dunque, anche
lo stare, ed tale doppiezza a motivare lintreccio di sostantivo e gerundio
non solo per render conto del dinamismo della presenza ma, ancor pi originariamente, per rinvenire latto di presentazione della realt, per porre gli occhi alla scaturigine della formalit cos come essa si attualizza: formalit in
proprio (suit) che altra dallatto che la presenta.
La decisione di prendere le mosse dallo stare nella realt indice del fatto che neanche Zubiri pu prescindere da una neutralizzazione, da una
messa fuori gioco, riguardante niente meno che lessere. Questultimo
compare a un livello ulteriore rispetto allapprensione primordiale di realt, che lapprensione del logos, non pi primordiale ma semplice.
pertanto pacifico affermare che cos come lapprensione semplice del logos si fonda sullapprensione primordiale, allo stesso modo lessere si fonda sulla realt. Perci, pi che parlare di un essere reale o intenzionale da
una parte, e di un intelletto potenziale o coscienza intenzionale dallaltra,
Zubiri parla di uno stare della cosa nellapprensione di realt e, co-attualmente, dellintelligenza nella realt: Nellintellezione mi sta presente
qualcosa di cui mi sto rendendo conto. Lunit indivisa di questi due momenti consiste, quindi, nello stare. Lo stare un carattere fisico e non
soltanto intenzionale dellintellezione11.
Spunta cos un particolare modo di intendere lapprensione della realt.
Un modo che pretende di liberarsi delle rigide maglie del realismo ingenuo
da un lato, e dellidealismo, dallaltro, ma che, nello stesso tempo, di questi condivide i problemi, pur se riformulati a partire da una diversa nozione, in primo luogo, della formalit, che, facendosi una con il concetto di realt, appare connotata dagli attributi di fisicit, di apertura, di rispettivit.
Ma a cosa rispettiva la realt? La realt rispettiva allintelligenza che la
attualizza. Non si tratta dunque n di contenere la realt, n di lasciare che
essa imprima la sua orma nellintelletto, ma neanche di irrealizzarla
nellessere intenzionale. Si tratta di preservare la sua alterit facendo leva
sulla sua forza di imposizione nellatto. Si tratta, in poche parole, di coglieuna vera pars corporis); queste facolt appartengono anche agli animali, ma soltanto nelluomo sono presenti come funzioni mentali, per lappunto come facolt
della mente.
11 IRE, p. 22; trad. it. p. 73.
178
re il legame fisico cui si riferisce il concetto di coattualit, quella congiunta attualit di realt e intelligenza senziente, dove lattualizzato non solo
resta, ma, proprio perch resta in una forma che si impone in modo irreversibile, ha la virt di rifluire, di avvolgere e, per cos dire, di essere coinvolto nelle ulteriori modalizzazioni. Cos Zubiri ribadisce il carattere fisico della formalit di realt, la forza di imposizione della cosa attualizzata
e la conseguente impossibilit di ridurla alla spettrale, seppur concretissima, carne e ossa del fenomeno: Lo stare in cui consiste fisicamente latto intellettivo uno stare in cui sto con la cosa e nella cosa (non della cosa), e in cui la cosa sta rimanendo [quedando] nellintellezione12.
Quello che lintellezione apprende la realt formalizzata, la realt in
proprio o di suo; ed questo di suo a indicare lanteriorit trascendentale della realt, che funge da prius formale e strutturale della coattualit tra
realt appresa e intelligenza senziente. Scrive Zubiri in uno dei passi dedicati al concetto di precedenza:
Alluomo presente la nota come reale, proprio ci che presente qualcosa che appreso in quanto precede il suo presentarsi [...]. Questo momento di
anteriorit ci che sono solito chiamare momento del prius. un prius non
nellordine del processo bens nellordine dellapprensione stessa13.
179
Nel prologo al primo volume della trilogia appare svelato il motivo che
si celava dietro la tardiva pubblicazione di Inteligencia y realidad:
Certamente lindagine sulla realt necessita di una concettualizzazione di
ci che il sapere. Ma questa necessit, unanteriorit? Non lo credo, poich
non meno certo che unindagine sulle possibilit del sapere non pu essere
portata a termine, e di fatto non mai stata portata a termine, senza ricorrere a
una concettualizzazione della realt. Lo studio Sobre la esencia contiene molte affermazioni intorno alla possibilit del sapere. Ma daltro canto pur vero
che lo studio intorno al sapere e alle sue possibilit include molti aspetti intorno alla realt15.
180
poche affinit, nonostante le pur molte differenze, con il concetto di verisimiglianza di quella che Pietro Piovani defin come lalba dello storicismo:
la Scienza nuova di Giambattista Vico.
Che la teoria dellintelligenza senziente non sia frutto del capriccio e
dellarbitrio del filosofo, ma neanche del suo atteggiamento, della sua prospettiva, della sua irriducibile forma di radicamento nella vita, o della posizione della sua pupilla, lo garantisce un semplice fatto: la virtualit
fondante del momento primordiale e compatto dellapprensione di realt a
determinare il superamento del dualismo tra sensibilit e intelletto. In questo modo, obsoleta si rivela anche lassunzione dellimpressione sensibile
come prima tappa di un processo culminante nellintelletto, cos come recita la nota legge tomista secondo cui nihil est in intellectu quod prima non
fuerit in sensu.
Il superamento del dualismo non avviene, dunque, nella cornice di una
teoria gnoseologica o metafisica, che renda labile la differenza tra visione
e mondo, ma nellanalisi dellergon del nous, e perci quella zubiriana non
una Weltanschauung, ma una noologia17, intesa come descrizione di un
atto unitario.
17 Per il termine noologia cfr. N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, Utet, Torino
1971, p. 622. Per il senso che tale termine assume in Ortega vedasi J. Conill, El
sentido de la noologa, in J.A. Nicols, . Barroso (a cura di), Balance y perspectivas de la filosofa de X. Zubiri, cit., pp. 120-121: In Spagna Ortega y Gasset lo
usa per designare la prima parte dei fondamenti della psicologia (accanto allOntologia e alla Semasiologia) nellannuncio di un corso nellautunno del 1915, il
cui proposito era il superamento dellidealismo o soggettivismo (nel quale si diffida della realt). La noologia non psicologia, bens filosofia come scienza prima e fondamentale che si occupa del pensiero nella sua forma pi pura e primaria. In un primo momento sembra che questa possibile filosofia prima in forma di
noologia nasca di fronte al problema della verit: ma Ortega avverte che verit,
falsit e dubbio non sono loriginario. Le citazioni di Ortega sono tratte da J. Ortega y Gasset, Sistema de la psicologa, in OC, vol. VII, pp. 452, 508; trad. it. pp.
57, 125. Per luso fenomenologico che del termine fa Zubiri cfr. D. Gracia, Voluntad de verdad, cit., p. 111: Zubiri utilizza il termine nel senso strettamente etimologico, come studio sullintelligenza. Uno studio che non vuole essere esplicativo,
bens meramente descrittivo []. Per descrizione Zubiri intende lanalisi dei fatti attualizzati nellapprensione, in quanto in essa attualizzati. Vedi inoltre le riserve che riguardo alluso di tale termine esprime Antonio Pintor-Ramos, in Id., Nudos en la filosofa de Zubiri, cit., p. 124: Se si vuole sottolineare adeguatamente
quella priorit del reale in quanto dinamizza la vita umana, appare pi utile insistere su ci che Zubiri chiama il carattere noergico dellintellezione [] perch
quella noergia immediatamente spiega la modalizzazione interna dellintelligere
e, allo stesso tempo, evidenzia il carattere originariamente intellettivo (nous)
dellattualit del reale. Invece, il termine noologia, che se non erro Zubiri uti-
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tono polemico, come la falsa, secondo quanto lo stesso Heidegger ad ammettere, interpretazione della filosofia kantiana presentata in Kant e il problema della metafisica non costituisca in alcun modo un passo avanti nel superamento del dualismo sensibilit-intelletto, ma anzi mantenga e riconfermi
linveterata tradizione di concepire la sensibilit come residuo iletico20. Senza contare il fatto che nella per cos dire pars destruens della trilogia zubiriana rientrano proprio la desostantivizzazione del tempo nonch lespunzione
del concetto di intenzionalit anche nella versione heideggeriana di trascendimento del Dasein nel mondo21.
Inoltre, il superamento della dualit si converte in Zubiri nella ricomposizione dellunit di iletico e noetico. Perci, e a differenza di quanto afferma Husserl in Ideen I riguardo alla funzione della fenomenologia trascendentale, quella zubiriana una noologia e non una noetica che agisce
intenzionando il sostrato oscuro delliletica: nellanalisi stessa degli atti
del nous che diventa impossibile distinguere, anche solo per la via fittizia
del metodo, le sensazioni pure dai vissuti intenzionali. Anche se a rigore,
per Zubiri non lecito parlare di vissuti intenzionali ma di coattualit, che
appare molto pi adatta, rispetto allintenzionalit, non solo relativamente
al metodo statico, ma anche e soprattutto in riferimento a quello genetico,
ovvero l dove si pone la questione del passaggio dal Vor-Ich allIch, o
come avverte Tirado San Juan quando il momento quello della passivit esperienziale che accende lintelligenza e dove questa nasce ab initio
inserita nella realt22.
E, tuttavia, il metodo dellanalisi comporta non pochi rischi e difficolt,
che, daltra parte, hanno determinato una proficua diversificazione di posizioni nella letteratura critica, che sostanzialmente si dibatte sullopzione
dilemmatica posta dal concetto stesso di co-attualit: ha pi peso la realt
o latto? Il rischio strettamente legato al limite dellanalisi, ossia al limiprimato per Zubiri inaccettabile dellantropologia filosofica (A. Pintor-Ramos,
Nudos en la filosofa de Zubiri, cit., p. 165).
20 SR, p. 34.
21 Per un confronto Zubiri-Heidegger giocato sulla lettura di Kant e imperniato sulla questione del tempo, vedi P. Colonnello, Rileggendo il nesso sentire/comprendere in Intelligenza senziente di Xavier Zubiri, in Rocinante, 5, 2010, pp. 109118, in part. p. 116 dove lAutore, facendo riferimento alle Interpretazioni
fenomenologiche di Aristotele, cit. p. 169, offre validi spunti per una decostruzione della critica zubiriana al concetto di tempo mostrando come la reinterpretazione della teoria aristotelica dei pathe porti Heidegger ad assimilare lesistere al
tempo nel senso di rovinoso mutamento.
22 V.M. Tirado San Juan, Zubiri y Husserl, in J.A. Nicols, . Barroso (a cura di),
Balance y perspectivas de la filosofa de X. Zubiri, cit., p. 418.
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te insito nella difficolt di sciogliere una modalit dellatto, quella primordiale, che, bench sia caratterizzata da tre momenti (affezione, alterit
nellaffezione, forza di imposizione), tuttavia unitaria. In pi, solo per via
analitica si pu distinguere tra apprensione primordiale, apprensione semplice e conoscenza. Infine, e questo non un rischio, ma la croce e delizia
di ogni filosofia, il problema quello di non poter prescindere dal logos
nella descrizione di ci che fonda il logos stesso. Se vero, infatti, che intenzione di Zubiri non elaborare una teoria della conoscenza ma, pi originariamente, analizzare latto di intelligenza senziente a partire dal momento fondante dellapprensione primordiale di realt, che non solo
prescientifico ma anche prelogico, tuttavia, egli non pu fare a meno di ricorrere allobliquit e mediatezza del linguaggio proprio per parlare del
compatto, del diretto e dellimmediato.
Risulta strano, a questo riguardo, che lo Zubiri noologo, che pure esibisce in pi di un luogo le orme di quel sentiero interrotto che fu la sua fase
heideggeriana, non abbia preferito il termine analitica a quello di analisi.
Com noto, la preferenza di Heidegger per il termine analitica, di ascendenza kantiana23, era motivata dalla ricerca di una definizione di indagine
mirante a un tutto articolato nelle sue parti e non alla divisione in parti di
un tutto. E per questo Heidegger indugiava sulla tela di Penelope e sul verbo utilizzato da Omero per indicare quel fare consistente nel disfare:
analyo24. probabile che insieme al termine analitica Zubiri avesse voluto evitare laccezione criticista che lo connota, ma anche la funzione trascendentale del Verstehen heideggeriano. Merita qui menzione laggettiva23 I. Kant, Critica della ragion pura, cit., p. 136: Per analitica dei concetti, non intendo la loro analisi, o labituale procedimento delle ricerche filosofiche, consistente nello scomporre [zergliedern] i singoli concetti in base al contenuto, per
fornir loro chiarezza, bens la ancora poco tentata scomposizione [Zergliederung]
della facolt stessa dellintelletto, per cercare la possibilit dei concetti a priori
attraverso il loro reperimento nel solo intelletto, quale loro luogo dorigine, e per
analizzarne luso puro in generale. questo infatti il compito specifico di una filosofia trascendentale.
24 Cfr. M. Heidegger, Seminari di Zollikon, a cura di E. Mazzarella, A. Giugliano,
Guida, Napoli 1991, p. 166: Luso pi antico della parola analisi si trova in Omero, e precisamente nel secondo libro dellOdissea. L viene usata per ci che Penelope fa nottetempo, cio per il suo sciogliere [Auflsen] il tessuto che ella aveva tessuto durante il giorno. Analyein significa qui lo sciogliere un tessuto nelle
sue parti che lo compongono. In greco, significa anche sciogliere da un vincolo
[loslsen], per esempio allentare [lsen] le catene ad un incatenato, liberare qualcuno dalla prigionia; analyein pu anche significare scomporre le parti solidali di
una costruzione, per esempio levare le tende.
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mantenimento dellambiguit del termine non comporta per una confusione tra la realt che si fa altra nellatto e la realt in proprio che lo precede, bens lasintotica rimonta e la libera concentrazione sul principio, che
per Gonzlez latto come principio di tutti i principi, quella terraferma a
partire dalla quale si rende visibile la realt come prius trascendentale e
non come presupposto.
Non cos per Pintor-Ramos, che dal canto suo interpreta lalterit della
realt (che nessuno si mai sognato di negare) non nei termini hyparchologici della scaturigine dallatto, ma in quelli pi marcatamente metafisici della non coincidenza tra contenuto di realt e atto30.
Si comprende allora come a partire dallenfasi posta sulla diversit tra
prius trascendentale (nella sua costitutiva apertura al modo di essere reale,
ossia alla talit, ossia ai contenuti formali) e atto, Pintor-Ramos esorti a invertire la via maggiormente praticata dalla letteratura secondaria, quella
30 Cfr. A. Pintor-Ramos, Nudos de la filosofa de Zubiri, cit., p. 123: la formalit
sentita sempre in qualche contenuto concreto e, sebbene tale contenuto sia in realt diverso da ci che dato come di suo, sembra che debba essere qualcosa che
non latto stesso, anche qualora si trattasse di una forma di realt tenue e problematica come quella che Zubiri definisce spettro. Credo che questa sia la ragione
ultima che porta A. Gonzlez a proporre una mera analisi dellatto che, stranamente, prescinde dal momento di alterit e che prescinde anche, almeno a mio
giudizio, dal momento di forza di imposizione; orbene, lautore sa molto bene
che non pu attribuire a Zubiri tale posizione, posizione questa che Gonzlez fa
slittare verso la sua peculiare praxeologia, non senza correre il rischio di porre
le basi per interpretazioni idealistiche e persino soggettivistiche. Tuttavia, lo
stesso Gonzlez segnala in questo modo lalterit della realt rispetto allatto:
lattualizzazione di Zubiri attraversata da una costitutiva alterit. Unalterit radicale, in cui le cose, come un di suo, sebbene siano attualizzate nellatto apprensivo, non rimandano allatto. La co-generit, pi che unappartenenza, innanzitutto lapertura co-radicale della differenza (Id., Ereignis y actualidad, in
D. Gracia (a cura di), Desde Zubiri, cit., p. 185). Nella stessa linea la conclusione di Id., El principio de todos los principios: acto en Husserl y en Zubiri, cit., p.
683: vi negli atti un momento dinamico che il farsi presente delle cose. Proprio questo momento dinamico quello che ci consente di parlare di essi come
atti. Non lintenzione, n lesecuzione da parte di un soggetto ci che conferisce loro dinamismo. []. Si noti che dal concetto di atto espunta ogni forma di
soggettivismo. Lattualizzazione non appare come un processo realizzato da un
soggetto. Nellimmediatezza originaria, e senza eludere tutte le presenze personali che possibile trovare nellanalisi, lattualizzazione unattualizzazione delle
cose, e non unattivazione del soggetto. Dal punto di vista della filosofia della coscienza, sarebbe una passivit originaria. Ma, paradossalmente, questa passivit
non assenza di dinamismo. Lattualizzazione un farsi presente delle cose.
Alla radice dellattivit o passivit del soggetto, c un costitutivo dinamismo.
Sono gli atti nel loro carattere proprio ed essenziale.
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che assumeva lultima opera (Inteligencia sentiente) come chiave di lettura della prima opera in senso stretto (Sobre la esencia).
Occorre per ribadire che lintegrazione che si parta da un termine o
dallaltro tra lontologia dellintelligenza e la metafisica della realt non si
lascia iscrivere nellorizzonte di una metafisica della conoscenza. Con ci si
intende segnalare lulteriore differenza che possibile rilevare tra il reismo
zubiriano e altri realismi, come ad esempio quello hartmanniano31, nella cui
cornice la realt appare come il telos di una metafisica della conoscenza che,
seppure fortemente anticorrelativistica, non riesce a intendere la realt se non
come eterogeneit e trascendenza pi o meno forte delloggetto [Gegenstand] rispetto allobietto [Obiekt] dellatto conoscitivo, ovvero di un atto
preliminarmente articolato secondo il polo del soggetto e il polo delloggetto, senza parlare del mantenimento del presupposto aprioristico dello spazio
e del tempo, sebbene corretto, rispetto alla versione kantiana, con un terzo a
priori, vale a dire, quello della realt naturale32.
31 Nel gi citato Crisis de la conciencia moderna del 1925, Zubiri, parlando della rinascita della metafisica, aveva mostrato in questi termini la per cos dire eterogenesi dei fini del neokantismo: la nostra situazione tale da permetterci di contemplare senza stupore un neokantiano di professione, N. Hartmann, scrivere un
libro sulla Metafisica della conoscenza in cui si pretende di elaborare, non una
metafisica il cui fondamento sia una teoria della conoscenza, ma tutto il contrario,
una teoria della conoscenza il cui fondamento la metafisica; e un discepolo di
Cohen, Heimsoeth, intraprende lopera pi inverosimile per un neokantiano: vincolare lopera di Kant alla metafisica medievale (PE, p. 351). La presa di distanza, nei primi anni dieci, dalla scuola marburghese, con la traduzione da parte di
Hartmann dellinfinit del problema nellirrazionale e del sapere finito nel
razionale, ricostruita da Giuseppe DAnna proprio attraverso la comunicazione epistolare tra Hartmann e Heimsoeth [F. Hartmann, R. Heimsoeth (a cura di),
Nicolai Hartmann und Heinz Heimsoeth im Briefwechsel, Bouvier, Bonn 1978].
Cfr. G. DAnna, Nicolai Hartmann. Dal conoscere allessere, Morcelliana, Brescia 2009, pp. 35-37. Per quel che concerne linversione di marcia rispetto al criticismo denunciata da Zubiri, conviene affidarsi direttamente al testo di Nicolai
Hartmann, Grundzge einer Metaphysik der Erkenntnis, Walter de Gruyter & Co,
Berlino 1949, p. 5: La tesi di Kant: nessuna metafisica senza critica rimane valida. La metafisica della conoscenza di cui si alla ricerca non intende essere acritica. Soltanto che alla tesi si deve contrapporre la sua naturale antitesi: nessuna
critica senza metafisica.
32 Ivi, p. 135: Il realismo naturale non astratto dallesperienza, la sua tesi non a
posteriori, bens una tesi eminentemente a priori che sta gi alla base di ogni
esperienza delloggetto. Essa a priori nello stesso senso in cui lo sono lintuizione dello spazio e quella del tempo. Come non conosciamo se non percezioni localizzate spazialmente, cos non conosciamo nemmeno alcuna cosa che non esista
fuori di noi e indipendentemente da noi. Il realismo naturale pu senzaltro valere come la forma a priori in generale della coscienza delloggetto concreto.
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Il real si fa reell direbbe Husserl distinguendo tra trascendente e immanente, tra positivo e materiale secondo la prima accezione di unimmanenza che deve essere ancora ridotta34.
La contraddizione tra montagna e osservatore, volendo superare lo storico
impasse su cui gioca Ortega, impone di far chiarezza sul modo di quella presenza delloggetto nel soggetto, impone cio di abbandonare laccezione comune e dossica di presenza, proprio per rendere possibile il superamento del
para-dosso o, per restare nella metafora, la cessazione della lotta tra i giganti. Uno di loro , com stato anticipato, Aristotele. Basti pensare al passo del
De anima in cui, daltra parte, appare chiara la traccia del Teeteto di Platone
nelladozione della metafora della tabula rasa. Lintelletto scrive Aristotele in un certo modo potenzialmente gli intelligibili, ma in atto non nessuno di essi prima di pensarli. Diciamo potenzialmente allo stesso modo di
Mette in guardia dallassimilare la posizione hartmanniana a quella kantiana, in
particolare facendo leva sullintreccio di intentio recta e apriorismo della tesi di
realt, che, aprendo la via allinseit del reale, determinerebbe una controtendenza rispetto alla retroflessione sul soggetto, Giuseppe DAnna, in Nicolai Hartmann. Dal conoscere allessere, cit., p. 106.
33 J. Ortega y Gasset, Las dos grandes metforas (1924), in OC, vol. II, p. 514.
34 E. Husserl, Lidea della fenomenologia, cit., p. 71.
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una tavoletta per scrivere, sulla quale non ci sia attualmente nulla di scritto35.
Ma nota Ortega riferendosi in termini generali al realismo in virt del quale la relazione soggetto-oggetto intesa come un accadimento reale accettare la possibilit che una cosa materiale si imprima su unaltra cosa immateriale trattare questa come se fosse della stessa condizione di quella,
prendere sul serio il paragone tra la cera e il timbro. Il soggetto cos maltrattato a favore delloggetto36. Quel che allora in gioco non soltanto lasservimento del soggetto alla legge delloggetto ma anche, e soprattutto, il riassorbimento ontologico del soggetto nelloggetto. Da qui deriva, inoltre, che
latto conoscitivo assuma la forma di un incontro o, piuttosto, anche considerando leterogeneit dei termini, uno scontro tra due enti che difficilmente
potrebbe avvenire se non per caso.
Alla casualit e fisicit dellatto conoscitivo secondo il realismo si oppone la libert del soggetto, e nello stesso tempo la problematicit delloggetto, di cui si fa portatore lidealismo. Kant fa cos irruzione nellarena sotto
le vesti di un gigante del soggetto che si iscrive in una lunga tradizione che,
inauguratasi con Descartes, cui Ortega attribuisce la morte delle cose
come realt e la loro rinascita come cogitationes, sostituisce la metafora
della tabula con quella del continente.
Continente e contenuto appaiono come due metafore volte a sciogliere
lantinomicit della coscienza, che acquista lo statuto di una res sui generis, di una sostanza i cui natali Ortega riconduce a un illegittimo atto di sostantivazione: quello del rendersi conto [darse cuenta] che, a sua volta,
comporta una desostantivazione: lo squartamento delloggetto. E cos la
sierra de Guadarrama perde la sua sostantivit, la sua entit fisica, per divenire ci di cui mi rendo conto, in quanto mi rendo conto o, in altri termini, per trasformarsi in uno spettrale contenuto di quel continente onnicomprensivo e senza luogo che la coscienza. Lutopia del continente e
lalchemica multiformit della coscienza fanno pensare alluomo moderno
35 Aristotele, De anima 429 b 30- 430 a; trad. it. p. 217. Platone, Teeteto, 191 c e, trad. it. a cura di G. Cambiano, Utet, Torino 1981, p. 296: Ammettimi allora ai
fini dellargomentazione che nelle nostre anime sia insito un blocco di cera, in uno
pi grosso, in un altro pi piccolo, e in uno di cera pi pura, in un altro pi sozza,
e pi dura, ma in alcuni pi umida e in altri invece di giusta consistenza/Lo ammetto/Diciamo dunque che esso sia un dono della madre delle Muse, di Mnemosine, e che in esso, sottoposto alle sensazioni e ai pensieri, si imprima qualsiasi
cosa noi vogliamo ricordare di quelle che abbiamo visto o udito o pensato da noi
stessi, come quando imprimiamo segni di sigilli; e che ci che vi sia impresso, lo
ricordiamo e lo sappiamo finch la sua immagine resti impressa.
36 J. Ortega y Gasset, Las dos grandes metforas, in OC, vol. II, p. 515.
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non pi, o almeno non soltanto, come un legislatore della natura uscito dallo stato di minorit. Daltra parte, nellopera di Kant, Ortega aveva scorto
i segreti decisivi dellepoca moderna, le sue virt e i suoi limiti ma anche
le estremizzazioni costruttiviste e scientiste dei neokantiani e dei positivisti, in poche parole, la vasta vita occidentale degli ultimi quattro secoli,
semplificata in un apparato di orologeria. In un ordine che, non essendo
pi affidato alla gerarchia degli elementi, alla tassonomia della physis, diviene meticoloso artefatto, arte dettata dallurgenza e dalla diffidenza, posto che se
luomo antico parte da un sentimento di fiducia nel mondo, che per lui, di primo acchito, un Cosmo, un Ordine, luomo moderno parte dalla sfiducia, dalla
diffidenza, perch Kant ebbe la genialit di confessarlo con rigore scientifico
il mondo per lui un Caos, un Disordine37.
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Spia della smisurata poieticit della coscienza sarebbe la preferenza, tipica dellet moderna, per la facolt immaginativa: Con limmaginazione
creiamo e distruggiamo gli oggetti, li componiamo e li squartiamo. Ebbene: i contenuti di coscienza, non potendo venirci dal di fuori come pu la
montagna entrare in me? dovranno emergere dal fondo soggettivo. Coscienza creazione40.
sintomatico oltre che pacifico per chi conosca le avventure e disavventure fenomenologiche orteghiane41 che per ora Ortega non includa
Husserl tra i giganti affetti da hybris idealistica. In effetti, ricorrere al concetto husserliano di intenzionalit poteva, almeno fino ad allora, essere un
modo possibile poi rivelatosi suscettibile di essere corretto di far luce
su quella forma di presenza delloggetto nel soggetto che non si riduce n
alla relazione tra continente e contenuto, n tanto meno a unappartenenza
di tipo fisico tesa a togliere lalterit delloggetto in unimmanenza ontologica in virt della quale laltro da me che in me diverrebbe una mia parte costitutiva.
39 J. Ortega y Gasset, Kant, in OC, vol. IV, pp. 274-275.
40 J. Ortega y Gasset, Las dos grandes metforas, in OC, vol. II, pp. 516-517.
41 In proposito diventata una lettura imprescindibile quella del recentemente apparso libro di Javier San Martn, La fenomenologa de Ortega y Gasset, Biblioteca Nueva, Madrid 2012, vedasi in part. p. 169 dove San Martn parla di uno slittamento, nella lettura orteghiana di Husserl, dallidealismo metodico che gli
attribuiva nel testo del 1913 Sul concetto di sensazione (trad. it. in Sistema di psicologia e altri saggi, cit., p. 171) allidealismo reale o metafisico, la cui accusa
inizia a comparire nel 1929 in Qu es filosofa?.
191
Zubiri, che ben conosceva la critica orteghiana alla concezione della conoscenza come rendersi conto [darse cuenta], come parimenti nota gli
era la metafora degli Dii consentes si era servito di tale critica in un saggio di ispirazione heideggeriana, del quale ci si gi occupati: l auspicava
la felice tirannide di una terza metafora, quella della luce, che cinquantanni dopo, nel contesto della trilogia, abbandona laccezione ontologico-esistenziale con la quale mostrava la propria eccedenza rispetto al concetto
husserliano di intenzionalit ma anche il motivo orteghiano che riecheggiava nella missione di chiarezza per trasformarsi in uno strumento in
grado di rivendicare il carattere fisico dellintellezione senziente, al punto
che c chi, com stato gi segnalato, ha parlato di una quarta metafora.
Con la conquista del concetto di coattualit, Zubiri fa, per cos dire, pacificare i giganti con larmistizio di una nuova idea di formalit che, se da
un lato sembra soddisfare lesigenza del maestro Ortega di porre fine allinclusione delloggetto nel soggetto, dallaltro, assume lo strumento kantiano del trascendentale e quello aristotelico dellatto come il punto davvio
di molteplici trasformazioni. Il trascendentale non condizione e limite del
conoscere ma va a insediarsi nella duplicit della formalit di realt, che si
affaccia e si espande fino a coincidere con la sua determinazione contenutistica, con la sua talit secondo un altro concetto coniato da Zubiri. Latto,
dal canto suo, subisce una trasformazione ancora pi radicale di quella
consistente nello slittare da un piano operativo a uno entitativo: in primo
luogo perch il concetto di atto ha a che fare originariamente con la realt
che , e non con enti reali, e poi perch pi che precedere la potenza, esso
lorizzonte che rende congiuntamente possibile laffezione, lalterit e la
forza di realt.
Quanto a quello che era apparso al giovane Zubiri come il primo compito da assolvere, vale a dire il riconoscimento dellindipendenza delloggetto rispetto al soggetto, esso cessa di essere un presupposto per convertirsi
nellesito di un salto in un campo pi originario rispetto a quello degli oggetti anche pi originario della cosa-senso di unontologia ermeneutica
quale quella heideggeriana che appunto il piano della cosa-realt. E per
quel che concerne ci che tradizionalmente ha rappresentato la controparte delloggetto, ovvero, il soggetto e la sua degenerazione nel soggettivismo, esso ridotto e ridimensionato al rango di presupposto teorico derivato da quello che in termini husserliani potremmo chiamare io originario
[Ur-ich], e in termini strettamente zubiriani me, che il modo in cui il preio resta attualizzato nellatto di intelligenza senziente. in questultimo
che soggetto e oggetto trovano il loro fondamento. Una tale riconduzione
alla scaturigine dellatto crea una cesura nella tradizionale tendenza a im-
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Lintellezione senziente non si d nella soggettivit, ma al contrario lintellezione senziente come mera attualizzazione del reale la costituzione stessa
della soggettivit, lapertura dellambito del me. Pertanto, ambedue i termini, soggetto e oggetto, non si integrano nellintellezione senziente, ma in un
certo modo questa che si disintegra nel soggetto e nelloggetto. Soggetto e
oggetto si fondano nellattualit comune dellintellezione senziente e non il
contrario42.
2. N soggettivismo n oggettivismo
Al tramonto della mentalit antica, provocata dalla crisi della fisica qualitativa, si fece avanti nella palestra filosofica unaudace concezione, il cui fondamento era essenzialmente psicologico: il soggettivismo moderno. Tale teoria
oggi in completa e definitiva bancarotta43.
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Per Zubiri, invece, si tratta del me, del complemento oggetto indicante
lo stare di un io attualizzato nella sua stessa apprensione di realt. Se, come
ha gi affermato Antonio Gonzlez, latto el principio de todos los principios48, e se altres vero che latto la fonte sorgiva di una doppia attualizzazione, allora ci che radicale del mio apprendere non tanto il fatto
che lapprendere sia mio come gi per Husserl e Schlick in linea su questo punto con Mach49 quanto piuttosto che nel fluire dellapprendere, non
per in quello mistico della vita n in quello immanente della coscienza, io
apprendo me stesso apprendendo la cosa.
Sentire la realt equivale per Zubiri a sentire la formalit, potente alterit
che, co-attualizzando il me, anche coscienza di me. Il concetto di autocoscienza, dunque, non appare come lesito di un ritorno a s preceduto da un
necessario abbandono del mondo e del proprio s naturalmente atteggiato.
Ragion per cui il detto delfico gnothi seauton non scaturisce da un previo in
te redi, o, meglio, se di ritorno si deve pur parlare non per stare in me, dacch non sto in me perch torno, ma torno perch sto gi in me [] Sto gi
in me per il fatto di stare intelligendo senzientemente la cosa50.
Il ritorno a se stessi, cui Husserl riserva il posto donore di conclusione
delle sue meditazioni cartesiane51, rivelerebbe cos il suo carattere derivato
e a ogni modo innecessario per quel che concerne una eventuale conquista
dellassoluta datit: se infatti il legame di rispettivit tra intelligenza e realt non pu mai spezzarsi, mai pu comparire lesigenza di ripristinarlo nel
regresso a s. La comune attualit di realt e intelligenza significa altres
che il s non solo non deve, ma anzi non pu uscire dalla realt. E se vero
che il s pu essere oggetto di osservazione, lo solo in quanto apprende
se stesso nella realt in cui gi sta. Da ci emerge il carattere derivato
dellintrospezione, come daltro canto derivata lestrospezione, rispetto
alla comune attualit di realt.
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Cfr. A. Gonzlez, El principio de todos los principios: acto en Husserl y en Zubiri, cit.
49 Ci si riferisce qui allespressione di Schlick di Erlebnisse senza padrone che
egli stesso ammette di usare pi nel senso di Mach che in quello di Kant (Id., Meaning and Verification, in Philosophical Review, XLV; trad. it. in A. Pasquinelli (a cura di), Il neoempirismo, Utet, Torino 1969).
50 IRE, p. 157; trad. it. p. 241.
51 E. Husserl, Meditazioni cartesiane, cit., pp. 171-172: Il detto delfico gnthi seauton [conosci te stesso] ha ottenuto un significato nuovo. La scienza positiva
scienza nellabbandono al mondo. Si deve prima perdere il mondo mediante lepoch per riottenerlo poi con lautoriflessione universale. Noli foras ire, dice Agostino, in te redi, in interiore homine habitat veritas.
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Fu questa scrive Zubiri la concezione della riflessione nella filosofia medievale (reditio in se ipsum), ed nella concezione della filosofia moderna ci
che si chiama introspezione, guardarsi in se stesso. Devo entrare in me, nella
mia propria realt, e questa realt sar un ritorno. Ma questo falso. In primo luogo, questo ritorno sullatto stesso sarebbe un processo indefinito: nel
tornare su me stesso dovrei tornare sul mio proprio ritorno []. Non si deve
entrare, ma si sta gi in me. E si sta, per il mero fatto di stare sentendo la
realt di una qualunque cosa52.
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Un altro punto fondamentale segna ancor pi profondo il divario tra Zubiri e lidealismo: proprio ci che dovrebbe essere loggetto della percezione chiara e distinta, ovvero quellessere primo o principio radicale che, in
virt della sua originariet, fungerebbe da base sulla quale costruire ledificio del sapere. Non un caso che nel rimeditare le meditazioni di Cartesio, Husserl richiami in scena quello stesso essere primo anche se a onor
del vero non lo stesso, pur restando primo, in quanto questa volta appare
come trama di articolazioni intermonadiche : Lessere in s primo che
precede ogni oggettivit mondana e la comprende in s, lintersoggettivit trascendentale, la totalit delle monadi che si articola in diverse forme di
comunit56. Lautocoscienza universale, prima monadica e poi intermonadica, per Husserl la via che, sostituendo lego cogito cartesiano con
lautoriflessione universale, in grado di fornire il fondamento ultimo delle scienze. Lautoriflessione universale conserva dellego cogito il dovere
metodologico ed etico della riflessione ma lo integra con una teoria dellintersoggettivit in cui la tensione opacit-trasparenza, non fungendo pi da
tonalit di armonie o disarmonie siano esse prestabilite o, viceversa, meccanicamente regolate , diviene lorizzonte di moltiplicazione della
Einfhlung, dellimmaginazione dellAltro, e della creazione di comunit
fondata su una comune donazione di senso, resa possibile da una coscienza intermonadica sustruita sullapparire del primo profilo dellAltro.
Eppure, quellessere in s primo, quel noema o objectum privilegiato da
cui scaturirebbe il senso di tutti gli altri oggetti, non ha per Zubiri nulla di
fondativo, in quanto appare sin da quegli scritti che mirano a desostantivare lesse reale in nome della realitas in essendo non come il fondamento, bens come un momento della realt. Questo essere non pi fondamentale altres ci che si manifesta temporalmente (tempreamente) in un
peculiare intreccio tra reale e irreale. Ed a partire da ci che il tempo definito come un modo di essere, a sua volta fondato sullessere come un momento della realt si configura come il meno reale dei caratteri della realt. Il tempo, pur essendo privo di sostantivit, ricopre il carattere fisico
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ci che chiamiamo cose non costituirebbero altro che nodi di relazioni. Il cosmo sarebbe come una trama, come una fitta rete di fili, i cui nodi sono ci che
chiamiamo cose. il relazionismo oggettivo. La cosa non sarebbe altro che un
fascio di relazioni con altre cose. E proprio per essere qualcosa di relativo a tutte le altre, alcune cose possono agire sulle altre. Ogni azione si fonderebbe su
questa relazione, lo ripeto, non consecutiva alle cose reali, ma costitutiva di
esse. In questo senso si sono scritti lunghi capitoli, come per esempio su cosa
sia latomo e le leggi fisiche. Tutti questi relazionismi sono un correlazionismo,
e inoltre un correlazionsimo talitativo. Queste relazioni costituiscono, infatti,
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ci che sono le cose. Ma si tratta pur sempre di una relazione, perch il riferimento di una cosa ad unaltra. La relazione costitutiva costitutiva alterit talitativa59.
Si gi accennato alla centralit delloggetto nella prima fase delliter zubiriano, e quello era infatti un modo possibile, poi abbandonato, di neutralizzare il soggettivismo della modernit. Nella cornice definitiva della trilogia,
preceduta non lo si dimentichi dalle cose-realt di Sobre la esencia, la critica al soggettivismo si fa una con la critica alloggettivismo, il che porta Zubiri a non parlare pi delloggetto come di un primum della descrizione che
precede la spiegazione della cosa, ma di realt, intendendo con essa la formalit delle cose attualizzata nellintelligenza senziente. Lanti-oggettivismo, per, non comporta il mancato riconoscimento del carattere di realt
agli oggetti. Piuttosto, quel che emerge il loro carattere derivato rispetto
alla realt, ma anche il loro vincolo con la costruzione di un metodo, e quindi con lirreale, tornante inevitabile di ogni esperienza che, nella conoscenza
della cosa nel mondo, segue la via della trasformazione della cosa reale in
oggetto [objeto] reale in virt dellattualizzazione del suo ob, cui Zubiri dedica la bella metafora di un porto da salvare.
Ritornando al primo volume, in particolare al punto in cui viene segnalata la novit della filosofia moderna rispetto a quella medievale, ritroviamo un altro riferimento alloggettualizzazione dellente, che si evidenzia
come modificazione subita dallesse objectivum (teorizzato da Enrico di
Gand60) nel procedere di Descartes, per cui ci che concepito, [] non
formaliter reale, bens realitas objectiva. Ma la medesima tendenza
alloggetto riguarderebbe ancora Kant e Fichte per i quali essere essere
oggetto, esser posto come oggetto61. Un tale spostamento dallessere
alloggetto , per, inammissibile per Zubiri, il quale sostiene che, anche
59 X. Zubiri, Respectividad de lo real, in EM, pp. 173-215, p. 181.
60 Cfr. Enrico di Gand, Quodlibet, V, 2. Ma sullesse objectivum vedi anche J. Duns
Scoto, Ordinatio, I, d. 36.
61 IRE, pp. 226-227; trad. it. p. 323. Cfr. anche SE, p. 379: In cosa consiste la rivoluzione [copernicana]? Di certo non nella trascendentalit. Lidealismo chiama trascendentale lio o la coscienza in quanto determinazione a priori degli oggetti [].
Questa determinazione non trascendentale per il fatto che posta dallio, bens
perch ci che posto, indipendentemente dal fatto che sia posto, determinazione
a priori di ci in cui tutti gli oggetti devono convenire non per essere in un modo o
nellaltro [tales o cuales] bens per essere oggetti. Questo a priori potrebbe essere
soggettivo come pretende lidealismo, ma non questa soggettivit a costituire la
trascendentalit, bens lessere qualcosa di comune a ogni oggetto in quanto oggetto. E, ancora una volta, questo il concetto classico di trascendentale.
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qualora si accettasse lindebita assimilazione dellessere alloggetto, tuttavia, il proprium delloggetto non la sua posizionalit, ma la sua attualit nellintellezione. E lo stesso deve dirsi dellessere come posizione intenzionale o come disvelamento62. Da quanto appena citato emerge che
lessere intenzionale, cos come lessere svelato, lungi dal costituire il
modo dessere originario, un modo dellattualit della realt fondato su
uno stare che solo in quanto stare uno stare primo, fisico ed eccedente
pu essere posto, inteso, svelato.
Qui si tocca il limite relativo alle difficolt insiste nella, talora, impossibile traduzione italiana del estar zubiriano. Se vero, infatti, che da un lato
quello della correttezza grammaticale senza dubbio illecito tradurre estar
puesto con stare posto, dallaltro quello della fedelt concettuale la corretta traduzione (esser posto) insidiosamente fa dileguare la priorit e originariet della realt sullessere che a Zubiri preme cos tanto segnalare, per cui
lessere sta allo stare come il fondato al fondante, come il modo dessere allo
stare strutturale e costituente o, in altri termini, alla realt fisica. Daltronde,
nellaffermare lanteriorit dello stare sullessere, Zubiri compie un consapevole atto di irriverenza verso quelle grammatiche spagnole che sostengono
che mentre lo stare legato al superficiale e al momentaneo, lessere qualcosa di profondo e di permanente. Lesempio, che vale per la lingua spagnola, la differenza che intercorre tra un uomo affetto da influenza e un altro affetto da tisi. Se il primo est enfermo, il secondo, invece, es un enfermo. Il
punto, sul quale si dispiega non solo laccezione che il termine stare assume
nella filosofia di Zubiri, ma anche la sua nozione dessenza come un sottosistema coerente di note costitutive su cui si fondano le note costituzionali,
quello che segna la differenza non tra il permanente e il momentaneo, ma tra
il costituente e il costituito. La malattia del tisico cronica in quanto strutturale (non il contrario) e linfluenza, da parte sua, non smette di essere una
realt fisica, bench circostanziale.
La vera opposizione nellesempio citato lopposizione tra realt fisica costituente, strutturale (e perci cronica) e la realt fisica circostanziale. sempre
vero che stare pi profondo di essere, e non per ragioni di permanenza. Da qui
deriva che il carattere forte dellesse proprio il carattere di realt fisica. E questo ci che in modo diretto significa stare. Nellinfluenzato, la realt fisica sta
avvenendo; nel tisico, la realt fisica sta costituendo. In entrambi i casi stare
realt fisica63.
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Lapertura delle intellezioni anche lapertura che caratterizza ogni singolo libro della trilogia, grazie alla quale ciascuno di essi teso e conduce
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verso laltro, cos come ogni attualizzazione rifluisce sullaltra. Uno dei
tanti momenti che testimoniano la coerenza interna che caratterizza lintera opera Inteligencia sentiente il finale del terzo libro che, a riconferma di
quanto era stato detto nel primo sul rifluire degli atti, si conclude con una
doppia istanza anti-idealista: nei confronti della fenomenologia, che scioglierebbe il mondo nella stratificazione dei gradi dellesperienza che si ha
di esso, e nei confronti dello storicismo, in particolare il relativismo delle
visioni del mondo di matrice diltheyana.
Appare quindi evidente la distanza che Zubiri prende da ogni tipo di prospettivismo, compreso quello orteghiano, secondo cui, stando alla dottrina
del punto di vista, per vedere la realt occorre articolare quel che io vedo
con quel che vedono gli altri. Per Zubiri, invece, si tratta di un continuo e
reciproco rifluire della dimensione sociale in quella individuale, che sono
appunto dimensioni della realt e non prospettive su di essa. Vero che la
divergenza rispetto alla nozione orteghiana di esbozo, scorcio, si complica
nel momento in cui lautore di El tema de nuestro tiempo assimila la prospettiva alla dimensione. Tra laltro anche in Meditaciones del Quijote la
realt aveva, alla stregua del bosco, una dimensione prospettica. Assimilazioni di questo tipo che, giocando sullambiguit tra prospettiva, dimensione e oggetto, mostrano il ruolo che svolge lirreale nella volont orteghiana di salvarsi nelle cose, pur con qualche infiltrazione se non
soggettivistica, quanto meno trascendentalista appaiono sia a livello estetico, si pensi a Ensayo de esttica a manera de prlogo, in cui vengono individuati tre oggetti o dimensioni dellirreale66, che al livello, pi che di
unetica, di unontologia dei valori.
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sovrapposizione tra dimensione gerarchica e prospettiva compare al momento di distinguere tra le cose che, in quanto oggetti, ci appaiono ordinate in
serie spaziotemporali di cause ed effetti e quelle stesse cose, che in quanto
valutate, appaiono sistemate [acomodadas] in una amplissima gerarchia costituita da una prospettiva di ranghi valutativi70. La qualit (a differenza delle cose, ogni valore sempre o positivo o negativo) e il rango (leleganza
inferiore alla bont come quattro minore di cinque) sono dimensioni che
Ortega riconduce alla materia, ultima struttura estimativa, irriducibile a
ogni altra determinazione71 e, di conseguenza, indefinibile se non per mezzi indiretti, pur restando oggetto di una percezione diretta. Quel che s possibile individuare la classe di oggetti che possono fungere da sostrato del
valore ma anche il tipo di reazioni soggettive che gli si addicono. E cos,
mentre possono essere belli e suscitare piacere ed entusiasmo gli animali, le
pietre e le piante, viceversa pu essere definito buono e suscitare rispetto soltanto un essere capace di azioni, vale a dire, un soggetto che sia causa dei
suoi atti. Questo ci che chiamiamo persona72.
Che nella cornice di unontologia del valore, che si conclude con il tono
entusiastico di chi vede apprestarsi la fine del relativismo e del soggettivismo proprio innanzi alla possibilit di restaurare le norme trascendenti
dellemozionale73, Ortega trovi nellattivit dello spirito il tratto distintivo
della persona ci che ci consente di ritornare a Zubiri per affrontare stavolta la questione dellinteleccionismo.
Il passaggio dalla facolt estimativa orteghiana allinteleccionismo impone un chiarimento preliminare che mostri quanto lontano sia Zubiri da
ogni forma di intellettualismo. Per ora basti affermare che con inteleccionismo non ci si riferisce a una preminenza dellintelletto sulla sensibilit,
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74 Lintellettualismo consiste nellassegnare ai concetti la funzione primaria e radicale. Ma qui non si tratta del fatto che il concetto sia il determinante delle altre
strutture. []. Qui si tratta dellintelligenza senziente. E ci che questa intelligenza realizza non sono concetti bens lapprensione del sentito come reale. [].
qualcosa toto caelo diverso; ci che io chiamerei un intellezionismo (IRE, pp.
283-284; trad. it. pp. 391, 393). Daltronde in Sobre la esencia, in un passaggio
conclusivo riguardante il rapporto tra essenza e tipicit, Zubiri si sofferma sulle essenze aperte, su quelle essenze che sono aperte al loro carattere di realt
qua realt, ossia sulle essenze intelligenti e volenti, e nel farlo riconduce questultima nota alla prima: siccome il volente fondato [] sulla nota di intelligenza,
possiamo limitarci a questultima e parlare senzaltro dellessenza intellettiva o
intelligente (SE, p. 500).
75 IRE, p. 283; trad. it. p. 391.
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Bench Scheler, Ortega e Zubiri, abbiano tutti e tre trovato un modo proprio di riformulare laudace conquista kantiana di contravvenire al detto
popolare De gustibus non disputandum81, le divergenze, com facile capire, sono notevoli. Basta riferirsi alla distanza tra loggettivismo assiologico di Scheler, che nella sua Introduccin a una estimativa Ortega accoglie
in pieno, rispetto alla terza critica di Kant82. Questultima, infatti, riguardando il giudizio, non si lascia ricondurre a un piano intuitivo, oltre al fatto che a essere in gioco il soggetto e non loggetto83. Ma la divergenza diviene inaggirabile soprattutto nel confronto con chi, come Zubiri, non solo
pone la questione del valore per cos dire al di qua tanto del soggetto
quanto delloggetto, non solo prende definitivamente congedo dallintuizione, ma distingue altres tra i valori e i trascendentali del verum, del pulchrum e del bonum. Laddove i primi sono costruiti e ognuno dei secondi
rispettivamente appreso, sentito e voluto.
Cerchiamo ora di porre un po dordine, anche a costo di andare incontro a complicazioni e nodi non pi districabili. Il breve scritto orteghiano
81 O. Hffe mostra la svolta riguardo alla Critica della ragion pura, in cui, ancora
nella seconda edizione, Kant condivide, in opposizione a Baumgarten, lopinione
secondo cui sui gusti non si discute. Id., Immanuel Kant, il Mulino, Bologna
1986, pp. 247- 248: Ed perci sorpreso quando pi tardi scopre anche per i giudizi del gusto una condizione a priori, quindi non solo una universalit, ma la forma pi rigorosa di essa, quella valida indipendentemente dallesperienza. Con ci
Kant non afferma di certo che i giudizi del gusto sono sintetici a priori. Essi divengono s possibili soltanto attraverso un momento a priori, ma sono, in quanto giudizi concreti su un paesaggio o unopera darte, di natura empirica.
82 I. Kant, Critica del giudizio, a cura di A. Bosi, Utet, Torino 1993, 7, p. 188: Egli
dice perci: la cosa bella; nel giudizio con cui esprime la soddisfazione, non fa
affidamento sulla ripetuta esperienza della concordanza con il giudizio altrui per
aspettarsela anche in questo caso, ma la esige. Biasima gli altri se giudicano diversamente, e nega loro il gusto, pur pretendendolo da loro come dovuto; di conseguenza non si pu dire qui: ad ognuno i propri gusti. Questo equivarrebbe a negare lesistenza del gusto, cio dun giudizio estetico in grado di esigere
legittimamente il consenso universale.
83 M.T. Catena, Sentire. Una riflessione sulla Ragion pura, il Giudizio (e oltre),
Giannini, Napoli 2010, p. 83: Nella terza Critica la direzione che il sentimento
prende sar centripeta, diretta al senziente, cio a quel rapporto soggettivo delle
sensazioni nel quale non viene designato nulla nelloggetto, essendo esclusivamente del soggetto e dello stato auto-affettivo che accompagna larticolazione tra
le facolt che si tratta. Per una lettura classica della questione si rimanda a L.
Pareyson, Lestetica di Kant. Lettura della Critica del Giudizio, Mursia, Milano 1984, in part. p. 40 e ss.
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84 J. Ortega y Gasset, OC, vol. III, p. 537: il compiacimento [complacencia] certamente uno stato soggettivo, ma non nasce dal soggetto, bens suscitato e nutrito da un qualche oggetto. Ogni compiacimento un compiacersi in qualcosa. La
sua origine non pu stare in se stesso, o, detto in modo grottesco, il piacevole non
tale perch piace, ma, al contrario, piace per la sua grazia o virt oggettiva.
85 J. Ortega y Gasset, El tema de nuestro tiempo, cit., p. 88; trad. it. p. 101.
86 Ivi, pp. 87-88; trad. it. pp. 100-101.
87 Daltronde in Introduccin a una estimativa. Qu son los valores?, Ortega ricorre ai due sensi che il termine desiderabile assume in von Ehrenfels (System der
Werttheorie, 1898) in risposta a Meinong, e in opposizione allidea secondo cui
solo gli oggetti esistenti sarebbero dotati di valore (posizione, questa, che lo
stesso Meinong avrebbe poi rettificato): 1- la possibilit di essere desiderato.
Qualcosa tollera, permette, offre il pretesto o loccasione di farcelo desiderare, di
eseguire verso di esso un atto di inclinazione, interesse o appetito; 2- meritare di
essere desiderato, essere degno di ci anche quando nessuno mai lo desideri n
possa desiderarlo. Il meritare, lesser degno di qualcosa , in tal senso, una
qualit delle cose indifferente agli atti reali di piacere o desiderio che il soggetto
esercita di fronte ad esse o a causa di esse. Si tratta, al contrario, di unesigenza
che pone loggetto. Cos come la giallezza del limone ci esige di giudicare che
esso giallo e non blu, allo stesso modo la bont di unazione, la bellezza di un
quadro ci appaiono come imperativi che da quegli oggetti discendono verso di
noi, in virt dei quali i nostri desideri e sentimenti acquisiscono un certo carattere
virtuale di adeguati o inadeguati, di retti o erronei (OC, vol. III, p. 540).
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di Proust88. Ma a piacergli, per le stesse ragioni di inversione di prospettiva vitale, di deshumanizacin in grado di portare in primo piano i bassifondi dellattenzione, erano anche Las hilanderas di Velzquez e las pinturas negras di Goya. Opere che hanno inventato un nuovo indice di
rifrazione dello sguardo e, con esso, una insolita forma apprensionale di ci
che non mai pienamente presente, ma che sta perennemente eseguendo la
propria apparizione di puro fantasma lumnico.
Il carattere atmosferico che Ortega attribuisce in pi di un luogo allirreale, e a cui lega unidea di fruizione estetica che indissolubilmente congiunta alla metafisica della vita come tensione tra reale e irreale, profondit e superficie, tra lato visibile e lato intimo, come indugio sul vitreo
confine opacit-trasparenza, per certi versi ritorna in Zubiri, anche se
come sempre accade ogni volta che riappare un motivo del maestro sotto
una nuova veste che ha a che fare con i caratteri di fisicit e gravit che
assume la formalit della realt. Zubiri, come si visto nel capitolo precedente, impone peso alle islas ingrvidas dellimmaginazione, in virt di
unidea di finzione concepita come una variazione dei contenuti reali che
mai cessano di poggiare sullincolumit e durezza della realt.
Allora atmosferico non il tratto costitutivo dellirreale, ma il modo
in cui il sentimento avvolge [envuelve] la realt, temprandola89. Sono questi i termini in cui il pi volte richiamato antisoggettivismo si estende al
sentimento e alla fruizione estetica senza per questo negare i condizionamenti culturali e storici:
Il sentimento e la fruizione estetici non sono affatto soggettivi. Sono soggettivi per altre ragioni: nel senso che vi sono molti sentimenti estetici, nel senso
che possono variare a seconda degli individui, delle mentalit e delle epoche,
ecc., ecc. Ma ogni sentimento avvolge formalmente una sfaccettatura del reale:
il reale come temprante in quanto reale [] e in contrasto con Hegel lessenziale, secondo il mio modo di vedere, dellopera dArte non essere espressione della vita dello Spirito, ma espressione dellattualit della realt in me
come realt90.
88 J. Ortega y Gasset, Tiempo, distancia y forma en el arte de Proust, in OC, vol. II,
pp. 794-795.
89 Vedi V.M. Tirado San Juan, La dimensin esttica de la realidad Cmo puede
pensarse lo esttico desde Zubiri?, in Rocinante, 5, 2010, pp. 63-78, in part. p.
74: Di certo, il sentimento avvolge atmosfericamente la realt, ma esso non
una specie di facolt colorante del soggetto che tinga gli oggetti dellintelligenza secondo il proprio colore soggettivo, la sua condizione avvolgente rivelante
perch unattualit di una dimensione della realt.
90 X. Zubiri, Reflexiones filosficas sobre lo esttico (1975), in SSV, p. 350.
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Antisoggettivista, dunque, ma anche antioggettivista. Se allaltezza degli anni Sessanta, Zubiri ha ben chiaro che la questione del valore non sia
da declinare nei termini di un oggetto che vale ma in quelli di una realt dotata di valore, se ancora negli anni Settanta riconosce al sentimento la virtualit di avvolgere una sfaccettatura del reale in quanto reale, distinguendo altres tre strati nella fruizione delle cose (nella loro realt, per
essere reali e in quanto realt) che per unitaria come attualizzazione91; nel contesto della trilogia diviene poi del tutto chiaro loltrepassamento sia della posizione soggettivista sia di quella oggettivista (ma anche di
quella raziovitalista) guadagnato grazie a un peculiare concetto di costruzione. Scrive in proposito Diego Gracia:
Di fronte alloggettivismo secolare della storia della filosofia, Zubiri afferma tassativamente il carattere costruito di ogni contenuto mentale. Ma nel contempo reagisce contro il soggettivismo di buona parte della cultura moderna,
mostrando come non tutto sia costruito. Affinch la costruzione divenga possibile occorre che qualcosa permanga fisso, [] ci che denomina formalit di
realt, ci che si rende presente nellapprensione primordiale di realt. Senza la
formalit di realt non sarebbe possibile costruire nulla, neanche i contenuti92.
La svolta dallunit delloggetto allunit del reale il sintomo di uno slittamento pi originario, quello che dal dualismo implicito nellintelligenza
sensibile conquista lunit fondamentale dellintelligenza senziente e, analogamente, dal dualismo fenomeno-noumeno passa alla fisica trascendentalit
del reale. Laddove questo passaggio consente il superamento dellistanza antimetafisica kantiana in virt di una nuova concezione della metafisica, resa
possibile da un diverso modo di intendere, da un lato, il meta della fisica e,
dallaltro, la fisica del meta. O, in altri termini, la preposizione meta cessa di
indicare ci che oltre il fisico, quellombroso e spettrale spessore delle cose
che pu essere solo pensato e, da parte sua, il sostantivo fisica smette di essere il sensibile legalizzato, e solo in quanto legalizzato conosciuto, per divenire il luogo dellunit del reale. Metafisica non sta quindi a indicare ci
che al di l del reale fisico, ma la stessa realt fisica nella distensione
(met) di ci che appreso unitariamente.
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Il reale non solamente una tale realt bens anche realt tale. Il contenuto la determinazione della realt stessa. [il reale] la funzione trascendentale. Ricopre anche il contenuto, e non soltanto in modo astratto, bens facendo
di esso una forma e un modo di realt. Realt non qualcosa di vuoto, bens
una formalit molto concretamente determinata. Non solo vi sono molte cose
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reali, ma anche molte forme di essere reale. Ogni cosa reale una forma di essere reale100.
Un tale nesso tra cosa, forma e modo dessere reale determina limpossibilit di attribuire la forma al trascendentale, da una parte, e il contenuto
alla talit [talidad] dallaltra, giacch la realt in quanto tale una con la
formalit determinata e dunque specificata dal contenuto reale, vale a dire
che la forma una col modo in cui il contenuto reale.
Rievocando la contrapposizione kantiana tra i nostri pensieri senza
contenuto in quanto vuoti e le nostre intuizioni senza concetti, in quanto
cieche101, Zubiri riesce a strappare la radice del dualismo tra sensibilit e
intelletto in virt di una nozione di trascendentale che, abbandonando i
concetti di vuoto categoriale e di cecit sensibile102, fa appello alla nudit
avvolgente della forma aperta alla specificit del contenuto.
100 IRE, pp. 124-125; trad. it. p. 201.
101 Cfr. I. Kant, Critica della ragion pura, cit., pp. 125-126. La ripresa del brano kantiano su vuotezza e cecit un luogo cruciale nella rilettura e nella ricomposizione
dellidea di una logica trascendentale; a riguardo vedasi un contributo di segno evidentemente contrario a quello zubiriano, tratto da H. Cohen, La teoria kantiana
dellesperienza, cit., p. 171: Ma ora scrive Cohen si potrebbe obbiettare: a che
scopo tutte queste fonti del conoscere? Perch la categoria non pu essere contenuta anche nella sensibilit, come unica fonte del conoscere? Senza voler esaurire qui
questo problema, si deve riconoscere soltanto questo: la categoria appunto il concetto di un oggetto in generale. Per ottenere una realt obbiettiva, necessario che
la categoria sia precedentemente connessa allintuizione, con ci alla sensibilit. Se
ora si pone semplicemente la categoria nella sensibilit, si rompono gli argini della
Critica, si perde la pietra di paragone dellesperienza e si ricade nel fantasticare
dellontologia! Questo il motivo trascendentale per lassunzione della percezione
pura accanto al senso interno. Il senso interno pu dare, nella molteplicit delle sue
percezioni, soltanto una coscienza mutevole e, di conseguenza, solo giudizi soggettivi di percezione. Lunit trascendentale dellappercezione per realizza una obbiettiva unit dellautocoscienza, in quanto mediante essa tutto il molteplice dato
da unintuizione unito in un concetto di oggetto. Questa equivalenza delle sue
condizioni per la possibilit dellesperienza deve essere provata in tutte le direzioni:
che il concetto senza intuizione vuoto, e che lintuizione senza concetto cieca. Nella giustapposizione del senso interno e dellappercezione trascendentale viene spiegato nel modo pi netto il rapporto tra le due condizioni formali dellesperienza e viene spiegato nel modo pi chiaro.
102 A questo proposito si veda il suggestivo dialogo tra Juan de Mairena e il signor
Rodrguez, in A. Machado, Juan de Mairena, I, Ctedra, Madrid 2006, p. 166:
Ricorda lei, signor Rodrguez, ci che abbiamo detto delle intuizioni e dei concetti?/ R. Che sono vuoti i concetti senza intuizioni, e cieche le intuizioni senza
concetti. Vale a dire che non vi modo di riempire un concetto senza lintuizione,
cos come non si pu porre occhi allintuizione senza farla combaciare con il con-
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Verde non talit in quanto mero contenuto; talit il modo secondo il quale il verde consiste in verde reale. A sua volta la realt avvolge il contenuto in
un modo anchesso molto preciso. Non che il contenuto sia un semplice caso
particolare di realt, bens la realt avvolge il contenuto in una maniera molto
precisa: trascendendolo. La trascendentalit non potrebbe darsi senza ci di cui
trascendentale. Talificazione e trascendentalizzazione sono i due aspetti inseparabili del reale. Costituiscono lunit strutturale dellimpressione di realt103.
217
Come vedremo, la differenza tra uomo e animale non risiede nellaggiunta del possesso della realitas e per questo non si tratta di una ripresa
dellumanismo metafisico o della metafisica umanistica che avesse la
pretesa di avanzare una nuova definizione precostituita, sostituendo lanimal rationis con lanimal realitatis; per ora basti ricordare che la realt a
possedere luomo e non viceversa. Daltra parte, lidea zubiriana di uomo
difficilmente potrebbe rientrare tra quelle definizioni soggettivistiche alle
quali nella Lettera sullumanismo Heidegger imputava in primo luogo la
colpa di aver chiuso ci che costitutivamente aperto.
Nella definizione delluomo come animale di realt, pur non potendovi
trovare quel che in termini scheleriani la libert, determinata dalla sua specifica posizione nel cosmo, di negare la vita, tuttavia leggiamo un motivo
comune a quella tradizione dellantropologia filosofica che ha inteso in diversi modi la forma delluomo, sia quella di cui fatto che quella di cui capace: simbolica, eccentrica, incompleta, aperta, dinamica105.
Tale motivo da ricercare proprio nel ruolo che gioca lirreale. In poche
parole, nel rilevare la virtualit positiva della negazione della realt, Zubiri
mostra di non poter prescindere da unidea di indugio, di distanza, di rottura,
di ritrazione, di resistenza, di oscillazione, che nel suo caso distanza dal
contenuto reale e indugio nel momento formale di realt; ritrazione dalla
compattezza dei momenti individuali-campali e quindi rottura della compattezza, attraverso quella forma di de-realizzazione che egli chiama de-disuizzazione che non altro che il pi volte richiamato giro intorno allirrea105 Sulle analogie e le differenze tra il metodo comparativo zubiriano, che presuppone una metafisica della realt, e quelli antropologico-filosofici di Cassirer, Merleau-Ponty, Scheler, Plessner e Gehlen, cfr. P. Cerezo Galn, El hombre, animal de
realidades, in Aa. Vv., La filosofa de Zubiri en el contexto de la crisis europea,
Universidad de Santiago de Compostela, 1996, p. 56: Mi riferisco fondamentalmente ai lavori di Ernst Cassirer nel suo Saggio sulluomo e di M. Merleau-Ponty
in La structure du comportament, intorno alla specificit della forma simbolica
del comportamento, in cui il segno cessa di essere un segnale organico per divenire per se stesso portatore di significato. Lanimale iperformalizzato di Zubiri affine allanimale eccentrico di Plessner, slegato, a causa della sua mancata specializzazione organica e indeterminazione funzionale, dalla pressione inesorabile che
esercita lambiente sulla vita animale, dallaccentramento nel qui e nellora immediati, per sperimentare strategie di aggiramento che lo aprono, non soltanto alla
realt, bens anche alla possibilit; oppure allanimale in-completo di Arnold
Gehlen, che in virt dello iato biologico o distanza originaria tra le sue tendenze e
i suoi modi di soddisfazione, aperto al mondo (Weltoffen) e ha bisogno di esonerarsi (Entlastung) dalle inondazioni che lo assalgono in questo spazio aperto e di
canalizzarle mediante la rete delle creazioni simboliche in atti di condotta di vita
(Lebensfhrung).
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le per poi tornare alla realt; resistenza della realt allirrealt del tempo,
che sulla realt rifluisce; oscillazione delluomo dal reale allirreale.
Partire dalla definizione delluomo come animale che, spezzando lunit del segno, conquista lunit della realt, non significa, conviene ripeterlo ancora una volta, intendere luomo come fondamento della realt.
lo stesso Zubiri ad avvertire che il metodo comparativo tra animale di stimoli e animale di realt complementare allanalisi di quello che potremmo chiamare lUrfaktum: lapprensione di realt. Non si tratta di partire
dallanimale come fondamento, bens di chiarire lintellezione umana in
contrasto con il puro sentire animale106. Daltronde, tale chiarimento
affidato a una delle appendici di Inteligencia sentiente, che, come si gi
detto, costituiscono lo spazio riservato ai momenti esplicativi, che a loro
volta presuppongono una teoria metafisica e che indagano sullintelligenza
senziente in quanto facolt, a differenza dellintento principale cui lintera
trilogia dedicata: analisi descrittivo degli atti in quanto atti e non in quanto facolt. Inoltre, anche volendo considerare solo i momenti esplicativi,
nellappendice non compaiono segni di un particolare interesse a tracciare
le linee per unantropologia filosofica volta a ricercare il proprio delluomo
rispetto agli altri animali, ma, piuttosto, lintento di segnalare che il modo
di fare delluomo, che appare diverso non per grado ma per essenza e che
costituisce un salto rispetto al vicino della scala evolutiva, tale in quanto attualizzazione di realt, ovvero di ci cui gli atti umani sono legati con
un vincolo ancor pi stretto di quello di parentela: la congenerit.
Com noto, gi Heidegger aveva richiamato lattenzione sul fatto che la
difficolt di pensare il vivente, e in particolare luomo come animale dotato di logos, secondo la ancor pi nota definizione aristotelica, era strettamente legata alla vicinanza, alla parentela fisica con lanimale che, al posto di far luce, rendeva oscura la differenza ontologica, quella lontananza
essenziale che invece lessenza del divino offrirebbe giustappunto in ragione della propria indisponibilit.
Tra laltro era stato proprio sulla difficolt di pensare il vivente e sulla
necessit di farlo senza il filtro delle scienze date, che Heidegger, nel corso marburghese del 25, al cospetto della crisi delle scienze e dei loro modi
manchevoli di retro-trarsi verso i loro stessi principi, avvertiva lurgenza di
un balzo nei campi cosali dappartenenza, al di qua degli oggetti natura
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220
A ogni modo, vediamo pure fin dove regge il parallelismo. Se per Heidegger era la ricchezza di formare mondo, di contro alla privazione e alla
povert di mondo rispettivamente del regno minerale e animale, a essere il
tratto distintivo delluomo110, per Zubiri, invece, il privilegio delluomo rispetto allanimale risiede in un atto che, prima di realizzare figure delle
cose, cos come esse sono nel campo, e abbozzi del loro fondo, cos come
esse sono nel mondo, attualizzazione della formalit di realt.
Quel che accomuna le analisi comparative di Heidegger e di Zubiri
limpossibilit di elaborare una genealogia a partire dal non umano, posto
che la forma, forma del mondo e formalit della realt, appaiono per entrambi come una differenza essenziale che inibisce ogni intento di ricostruzione rigidamente evoluzionistico111, riproponendo per luno la questione
dellessere e per laltro quella della realt.
Eppure, proprio a partire dalla considerazione dello stretto nesso che reciprocamente lega la metafisica della realt allontologia dellintelligenza
stato possibile basti pensare alla figura di Ignacio Ellacura enucleare
unantropologia filosofica che, per, non pu che ricevere lo statuto di disciplina ulteriore rispetto alla pi radicale analisi descrittiva. Daltronde,
il precipuo interesse zubiriano per luomo confermato da diversi corsi e
lezioni extra-universitarie, che ricoprono ben trentanni di carriera, dagli
anni Quaranta fino ai Settanta112. In uno di essi, alluomo stata attribuita
tuente [] tutto sta nel considerare le note psichiche specificamente umane come
note sistematiche e non come note elementari. Il sistematismo sorge come risultato del processo morfogenetico. In questo modo Zubiri ha sempre sostenuto che
lintelligenza senziente non una potenza ma una facolt. Orbene, la facolt il
risultato della morfogenesi, e per tanto lintelligenza senziente non esiste se non
al termine di quel processo (ivi, p. 113).
110 Cfr. il corso friburghese del 1929-30 Die Grundbegriffe der Metaphysik. Welt
Endlichkeit Einsamkeit, trad. it. I concetti fondamentali della metafisica. Mondo Finitezza Solitudine, a cura di C. Angelino, Il Melangolo, Genova 1999.
111 Non che Zubiri neghi levoluzione, solo che articola il problema dellevoluzione
nella questione genetica e nella questione dello psichismo. Secondo questultimo
aspetto: Ogni evoluzione , in qualche senso, innovazione. E linnovazione (che
innegabilmente tale) dellintelligenza nella scala biologica univocamente determinata dalle trasformazioni di tutta la serie. Perch, effettivamente, lintelligenza non solo non entra in gioco, ma non appare come realt se non nel momento in cui un animale iperformalizzato non pu sussistere senza farsi carico della
realt (EDR, p. 213; trad. it. p. 203).
112 Tres definiciones clsicas del hombre (1946-47), El problema del hombre (19531954), Sobre la persona (1959), El hombre y la verdad (1966), El hombre: lo real
y lo irreal (1967), El hombre y el problema de Dios (1968), El hombre y Dios
(1973), Tres dimensiones del ser humano: individual, social e histrica (1974).
221
proprio nella tripartizione della struttura dellatto di apprensione di realt che appare chiara la svolta realista che assume la fenomenologia nella
noologia zubiriana; anche se il termine fenomenologia non va inteso neanche stavolta nellaccezione datagli dal suo fondatore come scienza di essenze, bens come un ambito descrittivo radicale che punta a gettar luce finanche sulloscura regione che a Husserl si apriva al momento di
formulare la Domanda di ritorno, quella che interrogava sul come del passaggio dal pre-io allio e che, ponendolo di fronte allurgenza di affiancare
il metodo genetico a quello statico, lo spingeva allavventurosa incursione
nellintreccio originario tra iletico e anonimato116.
113 SH, p. 79.
114 E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, cit.,
p. 95: luomo diventa veramente limmagine di dio. In un senso analogo a quello in cui la matematica parla di punti infinitamente lontani, di rette, ecc. si pu
dire, ricorrendo a una similitudine, che dio luomo infinitamente lontano. Il filosofo, infatti, matematizzando il mondo e la filosofia, ha correlativamente idealizzato se stesso e insieme dio.
115 HD, p. 129. In proposito vedi A. Gonzlez, El lugar geomtrico de la realidad,
in J. San Martn, T.D. Moratalla (a cura di), Editorial Biblioteca Nueva, Madrid
2010, pp. 171-180, in part. pp. 179-180: Forse la differenza essenziale tra il corpo vivo (Leib) e il mero corpo fisico (Krper) non sta nel fatto che il primo il
luogo della vita intenzionale, ma nel fatto che esso il luogo geometrico di ogni
realt in quanto realt. In tal senso, la vita del corpo vivo non sarebbe estranea
alla realt delle cose, ma lambito stesso di attualizzazione di quelle realt.
116 Cfr. il Saggio introduttivo di M. Vergani a E. Husserl, Metodo statico e metodo
genetico, cit., in part. pp. 30-31 che ricostruisce il contesto genetico facendo leva
sullintroduzione della tematica delle sintesi passive (corsi del 1920-26) e sulla
loro applicazione nellambito della logica genetica in opere quali Logica formale
e trascendentale, i paragrafi 37 e 39 della quarta delle Meditazioni cartesiane, ed
Esperienza e giudizio.
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223
Nel manifestarsi, una cosa rimanda ad unaltra, secondo un ordine ed un certo rapporto di connessione. E ci che dato singolarmente in questa struttura di
rimandi reciproci non il mero contenuto vissuto, ma loggetto (o una sua parte, una sua propriet, ecc.) che si manifesta e questo oggetto si manifesta per
il solo fatto che lesperienza conferisce ai contenuti un nuovo carattere fenomenologico, in quanto essi non valgono pi di per se stessi, ma esibiscono un
oggetto da essi differenti119.
Allo stesso modo, il vissuto, proprio per il suo carattere bifronte, che fa di
esso ununit concretissima ma nello stesso tempo doppia e votata alla moltiplicazione, suscettibile di essere dissezionato in hyle sensibile e morph
intenzionale120, solo che, non bisogna confondere il risultato dellanalisi,
lastratto, con lesperienza concreta. Sarebbe come ritenere che per Kant lio
conosca prima sensibilmente e poi categorialmente!121.
In verit, neanche per Zubiri lapprensione primordiale di realt viene
prima delle riattualizzazioni del logos e della ragione. La differenza rispetto al posto che Husserl riserva ai contenuti iletici da notare che largomentazione di Zubiri vale fintantoch non si tenga conto dellintegrazione tra metodo statico e genetico sta nel fatto che quel che si impone
nellimpressione non necessita di essere animato dal vissuto intenzionale.
Inoltre, il dato cromatico, che Husserl distingue dal momento cosale della
colorazione , per Zubiri, determinazione contenutista della formalit di realt tale quale essa . Labbiamo gi visto con lesempio del colore verde
al momento di affrontare la questione del trascendentale: il verde era ivi
119 Ibidem.
120 Vedi E. Husserl, Idee I, cit., 85, p. 213 dove si distingue tra due gruppi di vissuti, i vissuti del primo gruppo, che nelle Ricerche logiche erano indicati come contenuti primari, e i vissuti del secondo gruppo, o momenti appartenenti ai vissuti,
che hanno la propriet dellintenzionalit. Appartengono al primo gruppo certi
vissuti sensoriali [] Essi sono contenuti di sensazione, per esempio dati cromatici, acustici, tattili e simili, che ci guarderemo dal confondere con i momenti cosali che si manifestano, come colorazione, ruvidezza, ecc., che al contrario si presentano dal punto di vista del vissuto tramite i contenuti di sensazione. Che la
separazione tra i due gruppi di vissuti sia un artificio dellastrazione confermato
da quanto segue: troviamo tali dati concreti appartenenti ai vissuti quali componenti in vissuti concreti pi comprensivi che, presi come un intero, sono intenzionali, nel senso che al di sopra di quei momenti sensoriali c uno strato che, per
cos dire, li anima, che conferisce il senso (o che implica per essenza il conferimento di senso), grazie al quale dallelemento sensoriale, che non ha in s alcuna
intenzionalit, si realizza appunto il concreto vissuto intenzionale.
121 V. Vitiello, Alla radice dellintenzionalit: Husserl e Heidegger, in E. Mazzarella
(a cura di), Heidegger a Marburgo (1923-1928), Il Melangolo, Genova 2006, pp.
127-154, in part. p. 129.
224
considerato come talit, ma non nel senso di mero contenuto iletico, bens
come il modo in cui il verde consisteva nellessere verde reale.
Limpressione di un colore, alla stregua di ogni altra impressione come
quelle che Husserl chiama sensazioni sensoriali del piacere e del dolore
lattualizzazione della trascendentalit della realt che aperta e rispettiva
alla specificit del contenuto reale tale quale esso . Si riconferma in questo
modo il nesso tra la funzione trascendentale e la funzione talificante, da intendere, pi che come due funzioni, come due momenti costitutivi dellunit
dellimpressione di realt. Unit, questa, che rende superfluo il dualismo, anche quello non vero ma rispondente alla finzione del metodo, tra iletica
pura, da un lato, e fenomenologia della coscienza trascendentale dallaltro,
come superflua appare la subordinazione della prima alla seconda122.
Del resto, il successivo abbandono da parte di Husserl della nozione di residuo fenomenologico come morta materia non risponde a una riabilitazione della sensazione, ma anzi allesplicito intento di neutralizzare il sensualismo dei dati di Ideen I le quali pure ne avevano determinato un
ridimensionamento rispetto alle Ricerche logiche che in una appendice alla
Filosofia prima avrebbe dovuto portare alla soggettivit trascendentale123.
La critica diretta a chi, secondo Zubiri, aveva, in un modo o nellaltro,
contribuito al declassamento della sensibilit era gi apparsa nel corso
del 1966 dal titolo Sobre la realidad. L Zubiri che gi aveva preso di
mira Husserl in Sobre la esencia esponendo una critica allidentificazione
di essenza e senso che invece voleva la prima come struttura e non come
senso delle cose124 mirava a decostruire il concetto di intuizione in favore di quello di impressione e in particolare esprimeva cos la legittimit di
una provocazione sulla presenza delloggetto in carne e ossa:
122 E. Husserl, Idee I, cit., 86, p. 220: Naturalmente liletica pura si subordina alla
fenomenologia della coscienza trascendentale. Essa ha del resto il carattere di una
disciplina in s conclusa, e come tale ha il suo valore in se stessa. Daltra parte, dal
punto di vista funzionale, ha importanza in quanto imprime possibili pieghe al tessuto intenzionale e fornisce possibili materie per le messe in forma intenzionali.
Non solo per la difficolt dei problemi, ma anche per il loro rango dal punto di vista
dellidea di una conoscenza assoluta, liletica sta molto al di sotto della fenomenologia noetica e funzionale (che del resto non sono da tenere veramente separate).
123 V. Costa, Lestetica trascendentale fenomenologica. Sensibilit e razionalit nella filosofia di Edmund Husserl, Vita e Pensiero, Milano 1999, p. 196. Cfr. anche
E. Husserl, Lezioni sulla sintesi passiva, a cura di P. Spinicci, trad. it. di V. Costa,
Guerini, Milano 1993, p. 205.
124 SE, cap. III: La esencia como sentido, p. 29.
225
Legare il concetto di sensibile a quello di impressione significa per Zubiri salvaguardare lalterit della cosa reale, dove tale alterit si d in affezione. E se, da un lato, laffezione riguarda colui che affetto, dallaltro
riguarda ci che appare come altro nellaffezione e, proprio in quanto altro, possiede forza di imposizione. La forza di imposizione, per, non da
considerare come una mera propriet del sentito, bens come un momento
dellatto di apprensione, che risponde alla struttura della co-attualit e non
dellintenzionalit. Il che vuol dire che la forza di imposizione il momento in cui il sentito si impone al senziente nella modalit formale del
restare fisico, a differenza della presenza intenzionale delloggetto nella
coscienza, ma a differenza anche dello stimolo che, pur essendo dotato di
una formalit, la estimulidad, tuttavia si esaurisce nellinvio di note-segno
impossibili da trattenere come alterit di realt ma soltanto come indipendenza oggettiva. Quando Zubiri parla di senziente non bisogna mai dimenticare che si riferisce a un atto che non soltanto senziente ma anche
intellettivo e, in quanto intellettivo, formale nella stessa misura della realt che attualizza.
Ci diviene chiaro se si pensa alla triplice struttura dellimpressione: 1)
impressione come affezione del senziente a opera del sentito; 2) impressione come alterit nellaffezione; e 3) impressione come momento strutturale noergico, che la forza con cui ci che presente nellimpressione si impone in essa. Si comprende allora come Cerezo Galn possa parlare di
impressione di realt come di unespressione tremendamente potente in
quanto evita ogni tipo di malinteso o di contaminazione con il linguaggio
trascendentalista, che invece possibile ritrovare nelle espressioni heideggeriane quali proiezione e comprensione di senso o in quelle orteghiane
di compito [quehacer] e di interpretazione126.
125 SR, p. 21.
126 P. Cerezo Galn, Del sentido a la realidad. El giro metafsico en X. Zubiri, in D.
Gracia (a cura di), Del sentido a la realidad. Estudios sobre la filosofa de X. Zu-
226
Lintento di Zubiri, quindi, quello di rendere conto dellatto di apprensione nella totalit dei suoi tratti, superando in questo modo le posizioni
che hanno privilegiato luno a scapito degli altri. In effetti, se asserire il primato dellaffezione ha spesso comportato una concezione della percezione
come mera rappresentazione soggettiva, viceversa, sottovalutare la forza di
impressione di realt porta a una teoria della percezione come giudizio, ossia come mera costruzione del logos; infine, porre in primo e ultimo piano
il momento dellalterit porta a unidea della percezione come semplice
apprensione non apprensione di realt dunque che toglie carattere di
realt a ci che dato per attribuirlo al percepito come noema127.
Che Zubiri parli di sentiri e non di sensi ha una sua intrinseca necessit che risponde a quella differenza essenziale, alla quale ci si gi richiamati, tra animale e animale di realt. Quel che a Zubiri interessa non lorgano di senso che consente di sentire la ricchezza e pluralit delle qualit
ma la forma in cui i sentiri presentano la realt. Lunit dei sentiri risponde dunque alla formalit della realt, al fatto, cio, di trattarsi di modi di
presentazione di ununica formalit.
in questultimo termine che risiede una significativa divergenza riguardo al metodo comparativo tra uomo e animale, proprio dellantropologia filosofica. Una divergenza che concerne in primo luogo il riconoscimento da parte di Zubiri di un ambito di formalit per lanimale che supera
di gran lunga la conquista del fondatore dellecologia, Jakob von Uexkll,
che tanto peso avrebbe avuto nella concettualizzazione di circostanza e di
mondo in autori come Ortega e Agamben128, ad esempio. Vale a dire, Zubibiri, cit., p. 234.
127 IRE, pp. 66-67; trad. it. pp. 127, 129, 131.
128 Cfr. G. Agamben, Laperto. Luomo e lanimale, Bollati Boringhieri, Torino 2002, pp.
44-59. J. Ortega y Gasset, Sistema de la psicologa, in OC, vol. VII, pp. 521-522; trad.
it. pp. 140-141. Vedi il commento di Ortega ai testi di Uexkll (Die Schwimmbewegungen von Rhizostoma pulmo. Comunicazioni della Stazione Zoologica di Napoli,
vol. 14, 1894 e Umwelt und Innenwelt der Tiere, Berlino, 1911) inizialmente apparso
ne El Espectador, III, 1920 col titolo El medio vital e ora disponibile in OC, vol. II,
Biologa y pedagoga, pp. 421-423. Vedasi in particolare p. 423, dove per Ortega parla di oggetti anche per gli animali: Vi un mondo per luomo e un altro per laquila, e un altro ancora per il ragno. Non solo lorganismo si adatta al medio, ma il medio
si adatta allorganismo, fino al punto che costituisce una vera e propria astrazione parlare di un essere vivente riferendosi soltanto al suo corpo. Il corpo soltanto la met
227
ri, pur ricorrendo allanimale solo come argomento strumentale per laffermazione della realt, si spinge ben oltre linversione della legge di dipendenza organismo-ambiente con la conseguente attestazione di una
pluralit di ambienti per quanti sono gli organismi e lo fa individuando
una formalit che se non pu essere di realt, come per luomo, lo invece
di estimulidad. Ma allora lindipendenza oggettiva cessa di essere una prerogativa delluomo secondo il principio di Uexkll in base al quale nessun animale pu entrare in relazione con un oggetto come tale ma solo con
i propri portatori di significato bench resti pur sempre vero che le conseguenze a doppio taglio di un tale privilegio non riguardino lanimale in
senso stretto, giacch difficilmente questultimo potrebbe cadere nella
tentazione di falsificare i dati sensibili isolabili129, pericolo, questo, che
non pu che essere umano.
Gli undici sentiri individuati da Zubiri sono ulteriormente articolati secondo il senso, il momento specifico, il momento formale e il carattere intellettivo. E cos la vista, analizzata nel suo momento specifico, rende presente leidos, la configurazione della cosa e del suo colore; considerata nel
momento formale, presenta la cosa l davanti e il suo carattere intellettivo la videncia. Ma, avverte Zubiri, non accade lo stesso con ludito in
quanto nel suono, la cosa sonora non inclusa nelludito, ma il suono ci
rinvia a essa. Questa remissione ci che secondo il significato etimologico del vocabolo chiamer notizia. Il reale del suono un modo di presentazione propria: presentazione notificante130. La realt cos appresa in
una pluralit di modi di presentazione: in corrispondenza con lolfatto v
la realt nella forma di traccia, col gusto la realt nella forma di fruizione,
col tatto la realt nella sua nudit, con la cinestesi la realt nella forma
dellessere vivente: la sua altra met sono gli oggetti che esistono per lui, che lo spingono a muoversi, a vivere. Da qui deriva che per comprendere una vita, sia essa umana o animale, occorre prima fare linventario degli oggetti che conformano il suo medio proprio o, come preferisco dire io, il suo paesaggio. Vedasi anche lo sguardo a
ritroso su questa stessa questione in Prologo per i tedeschi, in op. cit., p. 65: nella
serie di saggi che ho scritto in quegli anni, portando sul piano filosofico le idee biologiche di von Uexkll, combattevo lidea secondo cui luomo vive nellambiente. Perch lambiente non luogo determinato, lubiquit. E per me era essenziale la non
ubiquit delluomo, la sua servit della gleba. Lambiente, nel trasformarsi in circostanza [] diviene paesaggio. Il paesaggio, a differenza dellambiente astratto, una
funzione di un determinato uomo. Uno stesso pezzo di terra si moltiplica in tanti paesaggi quanti sono gli uomini o i popoli che vi passano.
129 H. Plessner, Antropologia dei sensi, a cura di M. Russo, Raffaello Cortina, Milano 2008, p. 17.
130 IRE, p. 101; trad. it. p. 169.
228
la presentazione del reale nella forma della visione ha avuto una preponderanza tale che ci che non si vede si dichiara eo ipso inintelligibile. E questo assurdo non solo filosoficamente, ma anche scientificamente. In effetti, le particelle elementari sono realt, al punto che di esse d una splendida descrizione
matematica la meccanica quantistica. Eppure, esse non sono visualizzabili
come se fossero onde o corpuscoli [], lidentificazione del visibile e dellintelligibile filosoficamente falsa: ogni intellezione senziente e, pertanto, ogni
modo di apprensione del reale, anche quando non visivo n visualizzabile,
vera intellezione, e ci che in essa appreso gode di intelligibilit131.
229
presentazione della realt come di fronte a me e come nuda realt, ovvero il ricoprimento di quel che rimane nel vedere e nel toccare. Ma il ricoprimento riguarda tutti gli altri sentiri che sono tutti formalmente presenti
in tutti, avendo una struttura che pu essere qualificata come e-statica.
La pluralit dei sentiri rimanda, come si gi anticipato, a ununit e questa unit proprio quella della realt. Da ci si evince che per unit di sentiri Zubiri non intende una loro sintesi, n il telos di una loro connessione,
del tipo tocco quel che vedo, bens la realt, che precede la molteplicit
dei modi di presentazione. I sentiri, in tal senso, sono analizzatori dellapprensione di realt135. Gli atti di vedere, di toccare, e di assaporare, danno
la realt come presente di fronte a me, nella sua nuda realt e come qualcosa in principio fruibile.
La trattazione zubiriana del sentire del gusto come modo di presentazione della realt nella forma della fruizione richiama alla memoria la centralit che tale senso ha nella filosofia di Tommaso Campanella. Viene infatti
da pensare allidea di conoscenza come immutazione di cui metafora il
gusto, inteso non quale assimilazione dellalterit, bens quale conoscenza
di s divenuto altro, o meglio immutato nella cosa assaporata. Lo stesso
Zubiri, soffermandosi sul gusto, scrive: nel gusto, la cosa presente ma
come realt posseduta, de-gustata. Il sapore pi della notizia o della
traccia: la realt stessa presente come fruibile136.
il rumore di un tram. Io considero questi fenomeni, di cui fino a poco tempo fa ci
si cos poco curati, di unimportanza decisiva per la riforma psicologica e, in un
certo senso e per ragioni che ora non espliciter, per la fisiologia. Io sono giunto
a credere che occorra stabilire una legge fondamentale, la quale cela uno dei problemi fondamentali della psiche: questa legge, che io chiamo legge di contaminazione sensibile, recita cos: in ogni atto di coscienza in cui si d un elemento
sensibile accanto ad elementi insensibili esiste la tendenza originaria di estendere
e di versare sui secondi il carattere di sensibilit proprio dei primi. In questo
modo, ci che delloggetto strettamente visivo fornisce il carattere di visto alla
totalit delloggetto.
135 IRE, p. 111.
136 Ivi, p. 101. Per quel che riguarda Campanella si veda un passo in cui il gusto appare come senso ricoprente e ricoperto, seppure nella cornice di una metafisica
naturalistica fondata sui principi del caldo e del freddo, che solo con un salto molto acrobatico potrebbero essere messi accanto al trascendentale zubiriano, inteso
come formalit fisica, cfr. T. Campanella, Del senso delle cose e della magia, a
cura di G. Ernst, Laterza, Roma-Bari 2007, p. 58: non dubbio che il gusto sia
tatto pi intrinseco, poich toccando si fa, e nella lingua vi sta una spongia di molti pori, i quali ammettono al senziente spirito la sostanza del cibo, la quale, se
muove bene, buona a tutto il corpo, perch non la parte tenue sola, che sovente
buona, come il naso, sente lo spirito della lingua, ma la grossa ancora, mista con
230
8. Attualizzazione e riattualizzazione
Pi volte, nel corso di questo lavoro, stata ribadita la centralit che assume
il concetto di atto nella cornice dellintelligenza senziente, facendo particolare
riferimento allapprensione primordiale, intesa quale prima e fondamentale
modalit dellattualizzazione di realt. Ci si inoltre soffermati sui caratteri distintivi dellapprensione primordiale che e in linea con, pi che la tendenza,
lo stile di Zubiri di sciogliere i concetti in tre elementi caratterizzanti appare
connotata secondo tre aspetti: compattezza, unitariet e immediatezza. Ebbene,
su questa prima nel senso strutturale del termine apprensione, si fonda una
seconda apprensione che anzitutto caratterizzata dalla dualit. Laddove il
concetto di dualit, che, come si vedr fra poco, strettamente connesso a quello di medialit, oltre a connotare lapprensione del logos cui Zubiri dedica il
secondo volume della trilogia concerne non soltanto latto, che appunto definito duale, ma anche la realt. Questultima riattualizzata dalla stessa intelligenza senziente della prima apprensione, ma secondo un modo non solo
diverso, bens anche ulteriore, come ulteriore la ragione, con la differenza che
nel caso del logos si tratta di una intellezione campale.
quella, e il suo calor nativo, onde sa se allo spirito e al sangue ed alli vasi nutrire
atta. Sente anco la natura estrinseca, poich il caldo strano della vivanda e il
freddo strano del vino sente, e insieme il nativo calor dambi, che esso sapore,
ma quando lo strano caldo o freddo molto, come nel gelato vino e caldissime vivande, non pu discernere il sapor coverto, prevenuto dalla potenza aliena. Talch
si vede che sola mutazione, e non informazione, sia il senso, poich nulla forma
il sapore, se non il caldo in mole comunicato.
231
E, in effetti, bench lo stesso Zubiri dedichi le prime pagine di Inteligencia y logos a una meticolosa analisi del concetto di campo, questultimo ,
come tutto ci che non sia stricto sensu realt, destinato a essere deprivato
di ogni sostantivit e per ci stesso funge, piuttosto che da sostantivo indicante uno spazio vuoto, o un pelago ove galleggiassero le cose, da aggettivo della realt e della verit nella loro riattualizzazione e da avverbio
dellapprensione semplice. Realt e verit campale, dunque, che lintelligenza senziente apprende campalmente137.
La riattualizzazione dellapprensione primordiale comporta una rottura
della compattezza di quello che con unespressione tratta dal linguaggio
giuridico Zubiri aveva tematizzato come pro indiviso momento individuale-campale ma anche una modulazione della verit reale in verit duale o verit-via (non via verso la verit) da cui si biforcano il sentiero della
verit e quello dellerrore. La rottura della compattezza, allora, il margine delle de-realizzazioni dei contenuti e delle realizzazioni dei pareri, che
sono i tracciati dei sarebbe della cosa, una volta ritiratisi da essa per riferirla al campo. Il movimento non finisce qui perch dal campo si ritorna
alla cosa alla ricerca dellidentit perduta e mai del tutto recuperabile, giacch ora non pi compattezza di momenti, ma obliqua apprensione di ci
che la cosa in realt, nel medio delle altre cose. I pareri sul questo (il contenuto della cosa), sul come (il modo in cui le note sono sistemate nella
cosa) e sul che (ci che la cosa, configurata dai suoi contenuti e dal modo
in cui i contenuti sono sistemati, ), vengono quindi sottoposti al vaglio del
reale, il punto zero dei diversi gradi di approssimazione dei sarebbe allessere in realt. La via della verit la via secondo cui il reale ci che fonda il sembrare. La via dellerrore la via secondo cui il sembrare fonda la
realt: la realt sarebbe ci che ci sembra138.
La verit duale, pur non possedendo lo stesso grado di inappellabilit
della verit reale, conta per su delle credenziali di tutto rispetto: sono le
tacite fisionomie delle cose, come direbbe Ortega, bisognose dellaccettazione del loro dono139, non dellelargizione di un raggio dellio. Accettare
137 Dora in avanti riprendo alcuni passaggi gi sviluppati in Lirreale in Ortega e Zubiri, in Archivio di Storia della Cultura, 2010, pp. 191-229 e Tastare la realt
senza brancolare nel buio. Lantidoto zubiriano allontofobia, in Rocinante, 5,
2010, pp. 133-151.
138 IL, p. 289; trad. it. p. 759.
139 J. Ortega y Gasset, Meditaciones del Quijote, in Id., OC, vol I, p. 754: Le cose mute
che sono nel nostro contorno prossimo! Molto vicino, molto vicino a noi alzano le
loro tacite fisionomie con un gesto di umilt e desiderio, come bisognose che accettiamo la loro offerta e nel contempo vergognose per la semplicit del loro dono.
232
le cose assumere il debito di ospitalit nei confronti della realt con una
obbligata presa di distanza, retraccin, dal pro indiviso individuale-campale dellapprensione primordiale, non per trasformare i sostantivi in verbi in
una ritirata ensimismada, ove il senso delle cose coincidesse con il loro valore vitale, ma per percorrere la loro distinzione, una distinzione che esatta dal momento campale del reale primordialmente appreso. Il verso della ritrazione dalla compattezza il confine, la delimitazione della cosa tra
le altre cose del campo e per questo quella del logos unapprensione campale che, con un giro intorno allirreale, dalla forma sfumata trae la figura
definita, che non altro che il contenuto della cosa ridotto a reale principio
di intelligibilit di unaltra o di altre cose.
E cos,
233
ri, invece, la positivit del negativo sta nel ruolo che svolge lirreale.
Questultimo de-realizza, nel senso che un de- del di suo. De-disuizza potremmo dire, ma non lo diciamo per non esagerare con i neologismi, di cui
Zubiri era accusato di avere una sorta di mania.
Lirreale ci che nellapprensione semplice del logos de-realizza i contenuti e realizza i pareri, i quali, una volta passati al vaglio del reale, articolano lesperienza in percepto, ficto e concepto. Certo, questi ultimi sono irreali, ma poggiano pur sempre sulla realt, su una realt per la quale non
v pi tema di cadere in presupposti dogmatici, anche perch Zubiri ha
fatto molta strada da quando in quel crocevia di Scolastica e fenomenologia in cui aveva concepito i suoi primi scritti, i perceptos, i fantasmas e i
conceptos erano stati definiti come esseri di seconda intenzione. Lintenzionalit ha ceduto il passo alla coattualit, e lirreale, alla stregua del reale, stato ricondotto allapprensione primordiale di realt, che il punto archimedico di ogni ulteriore attualizzazione.
La realt, dunque, come punto di partenza, ma anche come punto darrivo, nel senso che il giro intorno allirrealt dei perceptos, dei fictos e dei
conceptos ha una destinazione inaggirabile: la realt nella forma dellaffermazione, vale a dire nel giudizio. Di questultimo Zubiri ha rilevato la triplice consistenza come realizzazione, costruzione e postulazione. proprio questo il punto in cui la mai abbandonata riflessione sulla realt
dellirreale raggiunge, nella stazione noologica, il livello di maturit necessario per fornire una risposta definitiva allinterrogativo che poneva la forza di imposizione di Don Giovanni, ma anche lo scarto tra assioma e problema di cui si era fatto carico Gdel. Ferma restando la differenza tra la
costruzione fittizia, propria di unopera letteraria, che avviene secondo perceptos e fictos, e quella matematica che avviene secondo conceptos, v
una coincidenza che riguarda la postulazione costruttiva: il reale, quando
realizzato come postulato, sebbene lo sia attraverso concetti o ficti o percetti determinati, una volta realizzato ha pi note proprie di quelle che sono
comprese formalmente nei concetti, nei ficti e nei percetti144.
Con lespressione postulazione costruttiva, il noologo, che ha pi volte affermato la non immediatezza dellintuizione, non solo non si sottrae ad
affrontare nel dettaglio i termini del dibattito tra platonisti ontologici145 e in144 IL, p. 131; trad. it. p. 553.
145 Cfr. G. Lolli, Filosofia della matematica. Leredit del Novecento, il Mulino, Bologna 2002, pp. 83-109, in part. le pagine dove si mostra la demolizione, da parte
di Gdel, della caratterizzazione della percezione sensibile come qualcosa di interamente materiale, ma anche che tatto e vista sono coerenti solo in virt di unidea
234
conoscere il verde non consiste solo nel vederlo, n nellintelligere cosa sia in
realt un colore molto ben determinato tra altri, ma intelligere il fondamento
stesso della verdezza nella realt, intelligere, per esempio, che unonda elettromagnetica o un fotone di una determinata frequenza. Soltanto avendolo intelligito cos conosceremo realmente ci che il verde reale: abbiamo intelle-
di oggetto che li collega (pp. 91-92). Infine vedasi p. 95: Le assunzioni matematiche sono gli assiomi. Le verit matematiche sono di almeno due tipi, gli assiomi
e i teoremi. Per far posto alle dimostrazioni, una possibilit sarebbe quella di confinare il ruolo dellintuizione alla conoscenza degli assiomi, e quello delle dimostrazioni alla conoscenza di verit derivate. Gdel per lo meno parla dintuizione
sempre a proposito degli assiomi della teoria degli insiemi.
146 IL, p. 142; trad. it. p. 567.
235
Alla ragione fisicamente consustanziale la realt. Non si tratta di una consustanzialit intenzionale bens fisica, e inoltre formale e rigorosa. Intelligere
razionalmente non pretendere che sia reale il contenuto di questa intellezione, perch realt non una pretesa della ragione e ancor meno una pretesa libera di essa. La realt che la ragione intellige fisicamente una e identica con la
realt intelligita in ogni intellezione previa allintellezione razionale. La ragione non ha pretesa di realt bens sta gi nella realt stessa. Ci che la ragione
pretende che questa realt abbia un contenuto determinato, e che, pertanto,
questo contenuto liberamente scelto sia fondamento. Potremmo chiamarlo contenuto fondamentale. [] La ragione non creazione di realt bens il contrario: creazione del contenuto fondamentale nella realt149.
Nellelencare i diversi modi della creazione razionale (limmagine formale o modello, lipotesi e il postulato), Zubiri indugia sulla geometria, ossia sullintellezione razionale della realt spaziale del campo percettivo
nella sua realt profonda150 consistente in un sistema libero di postulati.
La rilevanza del brano legata alla chiarezza con cui si afferma la distin-
236
zione e la relazione tra realt campale e realt in profondit, tra lunit dello spazio pre-geometrico e la molteplicit, nonch indipendenza, dei contenuti fondamentali postulati nello spazio geometrico, quale quello
euclideo, per nulla intuitivo, ma libera creazione che, avendo a che fare con
postulati indipendenti, ha evidenziato nel corso della storia della scienza la
dissociazione degli aspetti strutturali dello spazio di ragione. La diversit
dei sistemi di postulati, quindi, mostra che la congiunzione, la direzione e
la distanza sono aspetti separabili. E allora
Topologia, affinit, metrica, tanto nella loro totale indipendenza quanto nella loro possibile unit condizionale in alcuni casi, cos come lindipendenza di
strutture postulabili allinterno di ognuna di quelle geometrie, tutto questo mostra che lintrinseca intelligibilit razionale della realt profonda dello spazio
accade in una libera costruzione151.
Se, com stato gi rilevato, Sobre la esencia aveva risposto allesigenza di passare dal dato al ricercato, dalle cose reali alle loro essenze individuali, passaggio, questo, in cui lo sforzo creativo si era dispiegato in
uninnovazione linguistico-concettuale senza precedenti nel panorama filosofico spagnolo, diversamente, nella cornice della trilogia, Zubiri non
spiega ma descrive, certo, continua a coniare neologismi, ma la creativit
del logos e della ragione viene per cos dire sorpresa nello scaturire attraverso prese di distanza, ritorni e approfondimenti dallapprensione primordiale. In Inteligencia sentiente, quindi, Zubiri fa suo il compito fenomenologico di render conto degli intrecci tra il dato e il costruito152, e lo
pu fare grazie ai nuovi caratteri di dualit, medialit e dinamismo guadagnati dal logos. Riguardo a questultimo c ancora un altro motivo daccordo con la fenomenologia husserliana: unestensione del logico allante151 Ivi, p. 131; trad. it. p. 1065.
152 Per il ripensamento di tale rapporto nella fenomenologia di Husserl vedi lIntroduzione di Vincenzo Costa a E. Husserl, I problemi fondamentali della fenomenologia. Lezioni sul concetto naturale di mondo (1910-1911), Quodlibet, Macerata
2008, pp. 11-34, in part. p. 22: si capisce, dunque, come Husserl, se da un lato intende investigare i processi che dallesperienza conducono al pensiero (analogamente allempirismo), dallaltro non dissolve il pensiero, le funzioni di ordine superiore nelle sensazioni, ammette anche una certa discontinuit tra lordine del
pensiero e quello dellesperienza, forse persino, per dirla con Bachelard, una certa rottura epistemologica. Chiarire questi processi, allo stesso tempo la loro continuit e la loro discontinuit, diventa allora uno dei compiti principali che la fenomenologia in quanto disciplina filosofica fa suoi, cosicch essa diventa anche
uninterrogazione dei rapporti e degli intrecci tra il dato e il costruito.
237
238
per una scelta fatta a monte: quella a partire dalla quale Zubiri decide di
evitare la stratificazione in gradi dellesperienza155.
Se riuscissimo a installarci nella cosa e guardarla da dentro, non solo
nel suo schema ma anche nel suo eidos, se riuscissimo a cogliere lunit del
vitreo sdoppiamento delloggetto entre el que es y lo que es156, cos lattento studioso di Kant e di Aristotele aveva progettato la via intramondana
allessenza individuale, che avrebbe potuto finalmente praticare solo nel
capolavoro del 62. Nella cornice della trilogia, la dualit della forma ricondotta non solo alla doppiezza che pure le era gi stata riconosciuta in
Sobre la esencia di carattere trascendentale e funzione trascendentale-talitativa, ma anche alla vocazione dellatto alla riattualizzazione.
nella continuit tra attualizzazione e riattualizzazione che gli elementi di discontinuit introdotti dallirreale non si traducono in esiti relativistici, ma neanche, allopposto, nella ricaduta in un idealismo della libert
come quello che assume il giudizio come fondamento. Tuttaltro: lassidua
frequentazione di Aristotele porta Zubiri a congelare il momento in cui era
ancora il triangolo e non il principio di non contraddizione a dettare legge157,
e ci per iscrivere e scrivere una nuova teoria dellintelligenza ma anche una pi radicale, rispetto a quella orteghiana, strategia di salvataggio
nelle e delle cose.
Inteligencia y razn, libro che, pur essendo noologico nella stessa misura degli altri due che lo precedono, analizza, a differenza dei primi, latto
nella sua dimensione extra-apprensiva158, assume quasi la forma di un diario
155 IRA, p. 321; trad. it. p. 1313: Apprensione primordiale, logos e ragione non sono
tre strati dellintellezione.
156 Infra.
157 IRA, pp. 50-51; trad. it. p. 957: Aristotele chiamava principio del noein la cosa
intelligita stessa; cos, ci dice, il principio della trigonometria il triangolo. Ma
dopo poco tempo questo principio si trasform in un giudizio primo, in buona parte per Aristotele stesso che fece del principio della metafisica, del suo arch, quel
giudizio fondamentale chiamato principio di contraddizione. E cos lo incontriamo nella filosofia moderna, soprattutto in Leibniz e in Kant, che intendono per
principi uno o diversi giudizi primi. Sono primi perch enunciano qualcosa in cui
si fonda ogni ulteriore intellezione. Invece del triangolo, abbiamo ora un giudizio
fondamentale. Con questo, la funzione del principio si trasforma in regola o norma prima di ogni intellezione []. falso quello che Kant pretende, che la ragione sia ragione non delle cose ma soltanto delle nozioni che ho di esse.
158 Ivi, p. 31; trad. it. pp. 931, 933: Il pensare innanzitutto pensare verso il reale
al di l. Ebbene, saltano agli occhi tre direzioni del verso determinanti il cammino [marcha] verso lal di l. Al di l , in primo luogo, quello che sta fuori dal
campo della realt. Pensare innanzitutto andar intelligendo, secondo questa direzione, ci che fuori delle cose che apprendiamo. Il pensare , in questa dire-
239
di bordo che descrive la pi libera ma anche meno sicura marcha nella ricerca della realt in profondit.
Se il logos nel contesto della trilogia forgia la figura di ci che la
cosa in realt, la ragione, invece, quella struttura superiore di unintelligenza, che mai cessa di essere senziente e che appare destinata alla ricerca della misura della realt, alla attualizzazione del fondo delle cose, ovvero alla ricerca di ci che la cosa nella realt, che per Zubiri vuol dire nel
mondo159. Si profila cos lelaborazione di un metodo della conoscenza sensibilmente diverso da quello orteghiano, per il quale la verit non si misura con la realt, come se fosse una moneta che, una volta stabilita la sua autenticit, doterebbe di valore la conoscenza160. Viceversa, Zubiri pone
nellinveramento [verdadear] della realt a partire da se stessa, ovvero
nellattualizzazione del suo fondo (del fotone rispetto alla luce per fare un
esempio) lesito logico-storico di un processo di verificazione reso possibile dalloriginario intreccio di verum et factum161. Occorre per tener presenzione, unattivit verso fuori. In secondo luogo, pu trattarsi di andare al reale
come mera notizia, e da essa verso ci che nel reale si notifica: lal di l ora un
verso il notificante. In terzo luogo, pu essere un andare da ci che appreso gi
come reale verso ci che questo reale allinterno come realt: un cammino
[marcha] delleidos verso lIdea []. Al di l qui un verso dentro.
159 Su questo punto vedi D. Gracia, La voluntad de verdad. Para leer a Zubiri, cit., pp.
153-154: La ragione il terzo modo dellattualit intellettiva umana. Questo modo
si caratterizza, primo, per essere intellezione in profondit. Per esempio la teoria
elettromagnetica e quella dei fotoni sono lintellezione in profondit del colore [].
Il secondo momento della ragione il suo carattere misurante []. Ci che misura
non la ragione ma la realt. E la misura in una direzione molto precisa, come realt-fondamento. []. Inoltre ha un terzo carattere, quello di essere intellezione ricercante [en bsqueda]. La ragione intellectus quaerens. Il che vuol dire che ha una
struttura formalmente dinamica, direzionale e provvisoria.
160 J. Ortega y Gasset, Ideas y creencias, in OC, vol. V, p. 667; trad. it. in Aurora della ragione storica, cit., p. 248: non possibile contrastare unidea alla maniera
di una moneta, sbattendola cio direttamente sulla realt e facendo di questa una
pietra di paragone. La verit suprema quella dellevidenza, ma il valore dellevidenza , a sua volta, mera teoria, idea, combinazione intellettuale.
161 IRA, p. 292: verificare incontrare il reale, un compimento di ci che abbiamo
abbozzato che il reale potrebbe essere: in questo incontro e in questo compimento si fa attuale (facere) il reale nellintellezione (verum). Per laffinit elettiva di
questo passo con la teoria vichiana della convertibilit tra vero e fatto cfr. G. Vico,
De antiquissima italorum sapientia, in Id., La scienza nuova e altri scritti, cit., pp.
194-195: Dai latini verum e factum sono usati scambievolmente o, come si dice
comunemente nelle scuole, si convertono luno con laltro; e per essi la stessa
cosa intelligere e leggere perfettamente e conoscere chiaramente. Ma dicevano
cogitare ci che in volgare diciamo pensare e andar raccogliendo. Ratio, per
essi, significava sia il calcolo degli elementi dellaritmetica sia la dote propria
240
te che il factum di cui ora parla Zubiri lesito di un fare che, pur basandosi sulla necessit umana di creare irrealt, si pone al di qua sia del concetto
di poiesis (apparso nel corso del 67) sia di quello di praxis, essendo un facere che un agere, ma un agere che non attuazione, bens attualizzazione del fondamento162. La decisione di istallarsi su un piano pi originario si
fa una con laccento antistoricistico in chiusura di unopera che, tuttavia,
appare ben lungi dal rigettare la storicit della conoscenza, a patto, per, di
non considerarla come decorso, ma come un carattere formale dellintellezione radicato nella struttura stessa della ragione, che, come detto prima,
ha il duplice carattere dellincontro e del compimento. O in altri termini, la
ragione intesa come incontro della realt e come compimento di abbozzi
forgiati secondo una libert per cos dire necessaria che, testando i potrebbe essere del fondo delle cose, tasta la realt in unattivit che rende possibile lattualizzazione del fondamento del campo secondo una pluralit di
direzioni, di ampiezza e di livelli. Da qui acquista un nuovo senso la maturazione del sapere, inteso non come atto, ma come restare dinamico della
comprensione della struttura della realt, come una sorta di degustazione
della sua pienezza o strutturazione.
Oltre allevoluzione-conservazione del sapere nel tempo, acquista un
senso nuovo anche la pluralit di teorie su uno stesso fenomeno, come nel
caso paradigmatico della luce. Viceversa, lo storicismo scrive Zubiri
consiste nel concepire la conoscenza e la sua verit come un momento pi
o meno relativo, come una verit pi o meno relativa alla storia intesa come
decorso163.
A questo punto dovrebbe essere oltremodo chiaro che listanza anti-storicistica di Zubiri non ha nulla a che fare con una metafisica dogmatica,
con una filosofia della storia o con una filosofia del soggetto. Zubiri non
solo ha fatto leva su un concetto allargato di esperienza, ma ha altres prestato fede allintento fenomenologico di descrivere lo scaturire delle cose e
del senso a partire dallatto e dai suoi modi, primo fra tutti quello infallibile di apprensione primordiale che offre molto ma che esige di pi: lassundelluomo, per la quale differisce dagli animali bruti ed superiore: descrivevano
comunemente luomo come partecipe di ragione, non possessore di essa. Dallaltro lato, come le parole sono simboli e note delle idee, cos le idee sono simboli e
note delle cose: perci come il leggere proprio di chi raccoglie gli elementi dello scritto dai quali le parole sono composte, cos lintendere il raccogliere tutti
gli elementi di una cosa dalle quali espressa lidea perfettissima di essa.
162 IRA, p. 264.
163 Ivi, pp. 312-313.
241
164 D. Gracia, La voluntad de verdad, cit., p. 152: Rare volte possiamo essere certi
di conoscere una cosa reale in tutta la sua profondit. Certamente il realismo zubiriano molto poco ingenuo e alquanto scettico. Esso afferma energicamente
soltanto una cosa: abbiamo sempre il bastione inespugnabile del di suo. Il di
suo il filo rosso che permane inalterato nellapprensione e al di l dellapprensione, e che ci consente di realizzare la marcia da un ambito allaltro.
165 Sulla provvisoriet della ragione, vedi P. Ponzio, Verit e attualit. La filosofia
dellintelligenza in Xavier Zubiri, Pagina, Bari 2007, in part. p. 161.
166 Infra.
167 F. Nietzsche, La gaia scienza, in Id., Opere filosofiche, a cura di S. Giametta, Utet,
Torino 2002, p. 251: I miei pensieri, disse il viandante alla sua ombra, devono
indicarmi dove mi trovo; ma non devono rivelarmi dove vado. Amo lincertezza
circa il futuro e non voglio rovinarmi per limpazienza di gustare in anticipo le
cose promesse.
242
limita a indicare ci che si sottrae168. E ci proprio perch pu fare assegnamento su un dato per il pensiero, su un combustibile che lo fa accendere,
che lungi dallessere un pensiero pensato di stampo gentiliano, un dato
della realt. Di una realt previamente attualizzata secondo il canone della
realt campale, che come la canna che fungeva da unit di misura per gli
antichi, il metro concreto che sostiene e nello stesso tempo esige il modo
non un determinato contenuto del suo oltrepassamento in profondit:
una marcia che non motivata dallautotrasparenza, dalle cose promesse o
dal dover essere, che non si radica in un atto puro, ma, e tenendosi ben lontana da ogni forma di idealismo e immanentismo sia esso del soggetto (anche di quello de-soggettivante) o della coscienza, attivata dallattualit
delle cose. Allora si pu volere la verit solo se si sa stare nella realt.
La sapienza dello stare diviene cos la stella polare del viandante della
forma, quellanimale che solo dopo aver fatto il giro intorno allirreale pu
lanciarsi alla conquista dellesperienza, per risarcire, attraverso il logos e la
ragione, il debito di ospitalit contratto con la realt.
Le finzioni patiscono e le idee sono patite: patisce la finzione che non
vuole morire ed patito lideale di liberazione. C chi, come Augusto
Prez, ha messo ordine, e logica e coerenza volendo agire la propria morte e c chi, come Ignacio Ellacura, ha pagato con la vita laver forgiato
una figura che non fosse n quella del servo n quella del padrone.
168 Cfr. M. Heidegger, Che cosa significa pensare?, in Id., Saggi e discorsi, cit., p. 90:
Se, in quanto siamo cos attratti, siamo in marcia verso ci che ci trae, la nostra
essenza porta gi limpronta di tutto ci, ed caratterizzata da questo essere in marcia verso. Con questa impronta che portiamo, noi stessi additiamo ci che si sottrae. In generale, noi siamo noi stessi e siamo quelli che siamo solo in quanto additiamo ci che si sottrae. Questo additare (Weisen) la nostra essenza (Wesen).
243
Abbagnano N. 54 n, 180 n
Abelln J.L. 27 n
Accolti Gil Vitale N. 163 n
Agamben G. 226
Agostino dIppona 55, 66 n, 194 n
Albertazzi L. 59 n
Ales Bello A. 108 n
Angelino C. 220 n
Anselmo dAosta 76 n
Antnez Cid J. 165 n
Aranguren J.L. 76 n, 119 n
Aristotele 10, 18, 40, 47, 60, 61 n, 74,
85, 93, 94, 95 n, 97 n, 108, 109,
111 n, 112, 120, 123-125, 126 n,
127-129, 130 n, 135, 136 n, 146,
150, 151 n, 152, 155, 156, 157 n,
163 n, 176 n, 182 n, 187, 188 n,
230, 238
Arnaiz P.M. 41 n
Auerbach E. 93 n
Auletta G. 106 n
Aureolo P. 58 n
Avenarius R. 74
Azorn 27 n
Babolin A. 24 n, 77 n
Bachelard G. 86 n, 236 n
Baciero C. 143 n
Ban J. 178 n, 184
Brberi Squarotti G. 15 n
Baroja P. 27 n
Barroso . 46 n, 47 n, 70 n, 73 n, 76
n, 100 n, 107 n, 118 n, 143 n, 161
n, 168 n, 180 n, 182 n, 198 n, 202
n, 219 n
244
Campanella T. 229
Cantillo C. 24 n, 203 n
Cantillo G. 24 n, 52 n, 106 n
Cantor G. 35
Caravaggio 55 n
Carbone R. 56 n
Carpintero H. 76 n
Carreras i Mas LL. 34 n
Cassirer E. 83 n, 85 n, 217 n
Castelli Gattinara E. 86 n
Castro Al. 106 n
Castro Am. 28 n
Castro C. 34 n, 77 n
Catena M.T. 208 n
Cellucci C. 82 n
Cera A. 84 n
Cerezo Galn P. 28, 29, 38 n, 102 n,
118 n, 167 n, 217 n, 225
Chiodi P. 85 n, 108 n, 130 n
Cohen H. 29 n, 37 n, 38 n, 39, 78 n, 186
n, 215 n, 234
Colonnello P. 30 n, 114 n, 118 n
Comte A. 85 n
Conill J. 21, 31, 45, 46 n, 180 n
Copernico N. 78 n
Corominas J. 34 n, 77 n, 120 n, 159 n,
166 n
Cosso M.B. 40 n
Costa F. 89 n, 163 n
Costa J. 32
Costa V. 48 n, 49 n, 80 n, 224 n, 236 n
Cristin R. 63 n, 162 n
Crovetto P.L. 26 n
DAnna G. 140 n, 159 n, 186 n, 187 n
da Ponte L. 148
Della Terza D. 93 n
de Llera L. 26 n, 154 n
De Luzenberger C. 150 n
Demarta G.B. 164 n
Derrida J. 230
Descartes R. 10, 37 n, 49, 65 n, 66, 71,
78 n, 102, 121, 139 n, 176, 188,
190, 197, 200
De Toni G.A. 164 n
Dilthey W. 23 n, 24, 52 n, 112, 113 n,
Ghinassi G. 84 n
Giametta S. 241 n
Gigliotti G. 38 n
Giugliano A. 84 n, 183 n
Gdel K. 124, 149, 233, 234
Goethe J.W. 163 n
Goetz W. 37 n
Gngora L. de 25 n
Gonzlez A. 47 n, 98 n, 113, 127 n, 130,
176 n, 181 n, 184, 185, 194, 221 n
Gonzlez de Posada F. 77 n, 79 n
Goodman N. 154 n
Goya F. de 210
Gracia D. 21, 27 n, 29 n, 30, 34 n, 41 n,
77 n, 79 n, 110, 113 n, 175, 180 n,
184 n, 185 n, 207, 211, 219 n, 225
n, 232 n, 239 n, 241 n
Gracia J.J.E. 102 n
Guidetti L. 38 n
Gurisatti G. 59 n
Hartmann F. 186 n
Hartmann N. 159, 160, 186 n, 187 n
Hegel G.W.F. 10, 12, 15, 24 n, 38 n, 62
n, 105, 109, 110, 113, 124, 166,
173 n, 181, 210
Heidegger M. 10, 12, 16, 19 n, 37 n,
40 n, 49 n, 53, 61 n, 63 n, 74, 75,
77, 79 n, 99, 101-106, 108, 110,
111 n, 113-115, 117, 126 n, 127 n,
128, 129 n, 130 n, 142, 144, 163
n, 165 n, 173 n, 181-183, 189,
198, 199, 217, 218, 219 n, 220,
222, 223 n, 232 n, 242 n
Heimsoeth H. 186 n
Heimsoeth R. 186 n
Heisenberg W. 16, 77, 79, 80 n, 82, 83
n, 86, 87, 91
Heyting A. 82 n
Hidalgo Serna E. 107 n
Hffe O. 208 n
Hfler A. 50
Hofmann H. 40, 42, 43 n
Hogrebe W. 83 n
Holzhey H. 38 n
Hornborstel E.M. 228 n
Hume D. 164 n
Husserl E. 10, 12, 15, 16, 17 n, 35, 37,
38 n, 40-43, 44 n-46 n, 47-51, 52
n, 53, 54 n, 56 n, 57-59, 61 n, 62,
63, 64 n, 65, 66, 67, 68 n, 69, 70
n, 77, 80, 89, 90 n, 102, 106, 108,
121, 122, 124, 158 n, 162-164,
171-173, 181 n, 182, 185 n, 187,
190, 193 n, 194, 195, 197, 221225, 230, 236 n, 237 n
Hussey E. 60 n
Infantino L. 90 n
Jaeger W. 77
Jammer M. 90 n
Kant I. 10, 15, 37 n, 38, 40, 44 n, 61 n,
62 n, 71, 78 n, 82, 85, 93-96, 101,
102, 137, 164 n, 171, 178 n, 181,
182, 183 n, 186 n, 187-190, 194
n, 200, 208, 212, 215 n, 223, 238
Kern I. 52 n
Kern S. 90 n
Keyserling H. 37 n
Klein C.F. 36, 80 n
Kobau P. 138 n
Lacki J. 83 n
Lagrange J.L. 36 n
Lan Entralgo P. 76 n
Laino L. 83 n
Landsberg P.L. 72 n
La Rocca C. 52 n
Lasaga Medina J. 29 n
Lask E. 214 n
Leghissa G. 52 n
Leibniz G.W. 28 n, 29 n, 67, 71, 72, 78
n, 93, 94, 106 n, 121-123, 190,
195 n, 238 n
Limone G. 31 n
Lipps Th. 62
Llano F. 106 n
Lobatchevsky N.I. 36, 88
Locke J. 164 n
Lojacono E. 66 n
246
Lolli G. 233 n
Lpez Pic J.M. 203 n
Lotze H. 49 n, 70
Lozano Maneiro A. 29 n
Luzuriaga L. 43
Mach E. 90 n, 194
Machado A. 27 n, 215 n
Machado M. 27 n
Madariaga S. de 28 n
Maeztu R. de 27 n
Maj B. 90 n
Malebranche N. 55, 56 n, 57
Mangione C. 52 n
Maran G. 28 n, 148
Marbach E. 52 n
Marchal J. 40 n
Maras J. 31, 37 n, 76, 112, 193 n
Marini A. 63 n, 159 n
Marqunez Argote G. 21, 41 n, 119 n, 161 n
Martnez J.A. 21
Mascolo A. 24 n, 27 n, 32 n
Masi F. 61 n, 214 n
Mastri B. 140 n
Mazzarella E. 104 n, 105 n, 108 n, 163
n, 183 n, 223 n
Meinong A. 47 n, 49, 50, 209 n
Melandri E. 50 n
Menndez Pidal R. 27 n
Mercier D. 36
Merleau-Ponty M. 217 n
Meurisse M. 140 n
Mill J.S. 85 n
Milne E.A. 84 n, 88
Molire 148
Molina T. de 148, 152
Monet C. 209
Moreno Villa J. 28 n
Morison B. 60 n
Moscati A. 104 n
Mozart W.A. 148
Nagel E. 149 n
Nancy J-L. 104
Natorp P. 29 n, 35 n, 37, 38 n, 49
Neri G.D. 44 n
Piovani P. 180
Piro F. 150 n
Planck M. 16, 77
Platone 10, 38, 56, 83 n, 97, 108, 109,
111 n, 112, 117, 119, 155, 156 n,
187, 188 n, 204, 206
Plessner H. 217 n, 227 n, 228 n
Pggeler O. 84 n
Poggi S. 165 n
Ponzio P. 73 n, 241 n
Porciello M. 26 n
Proust M. 210
Raphael 135 n
Razza C. 132 n
Reale G. 95 n
Reina M.E. 61 n
Ricci M. 84 n
Rickert H. 63
Ricoeur P. 61
Ridondi P. 86 n
Riehl A. 38 n
Riemann G.F.B. 36, 88
Ros F. de los 28 n
Robles L. 28 n, 78 n
Rocco A. 84 n
Rocco C. 29 n
Rosso M. 17 n
Rossi P. 162 n
Rousselot P. 33
Runge C.D.T. 79 n
Russo M. 227 n
Sala A. 90 n
Salinas P. 28 n
Samon L. 163 n
Samour H. 168 n
Snchez Cmara I. 193 n
San Martn J. 42, 190 n, 195 n, 203 n,
221 n
Sanna M. 66 n, 170 n, 176 n
Santasilia S. 30 n
Sartre J-P. 10, 142, 222
Savignano A. 29 n, 31 n, 40 n, 74 n, 137 n
Scheler M. 54, 106, 205 n, 206, 208,
217 n
Schlick M. 194
Schrdinger E. 77, 79, 80 n
Schwarz P. 79 n
Scocozza G. 24 n
Semerari G. 52 n
Serafini A. 26 n
Severino E. 19 n
Sevilla J.M. 106 n
Sforza F. 161 n
Sigwart C. 50
Sini C. 158 n
Sommerfeld A. 77
Spemann H. 77
Spengler O. 37 n
Spinicci P. 48 n, 224 n
Spinoza B. 10
Staudt K.G.C.V. 36
Surez F. 17, 72 n, 119 n, 124, 138, 139
n, 140 n, 142, 143 n, 144 n, 156
Tarchetti I.U. 71
Telesio B. 230
Tessitore F. 27 n
Tirado V.M. 70 n, 182, 202 n, 210 n
Todorov T. 26 n
Tommaso dAquino 10, 60 n, 69 n, 112,
113, 138
Torricelli E. 16, 84 n, 88
Transtrmer T. 75
Uexkll J. von 226, 227
Unamuno M. de 11, 24 n, 27-31, 76
n-78 n, 119 n, 147 n, 148
Valds M.J. 147 n
Valle-Incln R.M. del 27 n
Vanni-Rovighi S. 57 n, 58 n
Vasa A. 17 n, 58 n
Vattimo G. 19 n
Velzquez D. 55 n, 210
Vergani M. 158 n, 221 n
Verra V. 24 n, 61 n
Vicens J.A. 77 n, 120 n, 159 n
Vico G. 54-56, 107 n, 118 n, 170 n,
180, 239 n
Villacaas J.L. 118 n
248
Zambrano M. 25 n
Zanatta M. 128 n, 150 n, 157 n
Zanet L.M. 154 n
Zarageta J. 36
Zuloaga I. 27 n
FILOSOFIE
Collana diretta da Pierre Dalla Vigna e Luca Taddio
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129. Grigenti Fabio, Giacomini Bruna, San Laura (a cura di), La passione del pensare. In dialogo con Umberto Curi
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