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La razionalit sostanziale finita in Cina

di CARLO AUGUSTO VIANO


Tra mezzi, fini e conseguenze non possibile promuovere una sistemazione
valevole universalmente. Ed anche la razionalit sostanziale pu avere
solo un campo locale di incidenza. La Cina come ultima scena dellutopia
della perfetta congiunzione fra razionalit sostanziale e strumentale.
Abbiamo letto tutti migliaia di parole spese per criticare la razionalit
strumentale, quella che sembra consistere nella selezione dei fini in base ai
mezzi. Se fini e mezzi costituissero un sistema ben ordinato, in cui i fini pi
importanti avessero sempre a disposizione i mezzi per realizzarsi, razionalit
strumentale e sostanziale coinciderebbero. Se i mezzi obbedissero a una
gerarchia di disponibilit e i fini a una di importanza, e le due gerarchie non
coincidessero, la razionalit strumentale consisterebbe nel far valere la
gerarchia dei mezzi, per selezionare i fini. Se lordine dei mezzi consentisse
una scelta tra fini diversi, le connessioni tra mezzi e fini potrebbero essere
ulteriormente valutate in base alle conseguenze che generano. Il primato dei
mezzi sui fini di solito attribuito allutilitarismo, mentre quella che
vagamente si intende con etica della responsabilit sembra consistere
essenzialmente nel rilievo accordato alle conseguenze.
difficile immaginare un sistema in cui mezzi e conseguenze determinino
completamente i fini. Era un tipo di razionalit appena adombrato da Max
Weber, che interpretava cos leconomia marginalistica, considerandola per
come un tipo ideale. Il livello elementare dei mezzi che condizionano la scelta
dei fini pu essere identificato con la natura. Per i filosofi antichi si trattava di
un livello assai vicino a quello dei fini. Per Aristotele avrebbe avuto senso dire
che non si pu deliberare di volare o di andare sulla luna, cio che non ci si
pu seriamente porre un fine del genere, mentre oggi volare alla portata di
molte persone e non impossibile andare sulla luna. Si messa di mezzo
la tecnica, che pu essere vista in due modi: come obbedienza alla natura,
secondo la formula baconiana, o come sfruttamento della natura. Secondo la
prima formula la tecnica avvicinerebbe luomo alla natura, sostituendo
allimmagine fittizia dei mezzi naturali, costruita dai filosofi antichi, un
sistema autentico di mezzi disponibili, con una pressione sempre pi alta dei
mezzi sui fini, via via che crescono le conoscenze tecnologiche. Questa la
prospettiva disegnata dai filosofi ossessionati dai progressi della tecnica,
alimentata dalla forte crescita della conoscenza scientifica. Se la si considera
uno sfruttamento della natura, si tende a vedere nella tecnica un
allontanamento dalla natura, che condurr alla sua distruzione, almeno come
ambiente ospitale per la specie umana. Anzich essere uno strumento utile
per arricchire il novero dei mezzi disponibili e metterli in ordine, in modo da

coordinare sempre meglio fini e mezzi, la tecnica diventa limposizione dei


fini ai mezzi naturali, che non tiene conto della loro conservazione.
Queste sono drammatizzazioni, perch, quando si prendono decisioni, si
cercano compromessi tra fini, mezzi e conseguenze. Lesortazione a essere
ragionevoli si riferisce talvolta ai mezzi, talvolta alle conseguenze, talvolta
anche alla tolleranza verso il perseguimento di fini improbabili. Lo schema
mezzi-fini, che locale, perch spesso un termine mezzo e anche fine, mal si
presta alle generalizzazioni alle quali la teoria filosofica della ragione mira ad
arrivare. Localmente i rapporti tra mezzi e fini si sistemano, ma i filosofi
hanno sempre cercato di usare quello schema per costruire una sistemazione
globale. Essi hanno spesso cercato la natura, che sembra costituire il limite
delle scelte umane, ma anche la suggeritrice delle scelte che mettono in
pericolo lordine naturale. Aristotele, pur ritenendo che mezzi e fini
rientrassero in un ordine naturale ben costruito, in cui cera spazio anche per i
piaceri dovuti alla soddisfazione dei desideri, pensava che quellordine
potesse essere turbato, se i desideri non stavano al loro posto.
Platone e Aristotele sapevano come si coordinano i mezzi ai fini, per esempio
per costruire un tempio o per fare un calcolo, Aristotele sapeva che certe
grandezze fisiche hanno tra loro un rapporto proporzionale e che, se in questi
rapporti compare il nulla (lo zero), compare anche linfinito e la situazione
diventa indeterminata. Essi pensavano che questi schemi si applicassero
anche in generale, dove non ci sono templi da costruire o calcoli da fare. Si
chiamava logos tanto un rapporto quanto un discorso ed espressioni come
sii ragionevole, ho ragione, una buona ragione per, un buon
ragionamento potevano essere ricondotte al logos, la facolt per cui, a
differenza degli animali, siamo capaci di parlare. I filosofi volevano trovare
qualcosa di comune tra tutti questi usi, qualcosa che avesse la sicurezza e la
generalit del calcolo o dellordine naturale, che essi credevano di riscontrare
negli astri, regolatori delle stagioni e dei giorni, fondamento del calendario,
punti di orientamento nella navigazione. A questo scopo occorreva tener
lontane le situazioni nelle quali una componente della natura umana, quella
in cui si generano i desideri e si godono i piaceri, possa turbare lordine
generale della natura.
Platone vedeva nellindeterminazione dei processi naturali la vera ragione per
cui, come avrebbero detto gli gnostici, la natura intrinsecamente cattiva;
poi, quando la meccanica ne propose unimmagine in cui lindeterminazione
era fin troppo assente, ai filosofi, che continuavano a pensarla come un
sistema di mezzi offerti alle azioni umane, la natura parve qualcosa di
estraneo. Allora i filosofi si sentirono liberi di dichiarare che le norme sono
del tutto svincolate dallordine delle cose, il dover essere dallessere. Lo fece
Hume, che dellordine naturale dava unimmagine debole, ma anche Kant,
che ne dava unimmagine forte. Hume pensava che le regole dovessero

favorire la socialit; per Kant, che considerava la storia lo scenario nel quale si
collocano le regole, in una storia infinita gli uomini si sarebbero diretti
sempre di pi verso lobbedienza a regole non dettate da interessi. Se la
natura non pu suggerire nulla che determini troppo strettamente le norme
da seguire, non sar la ricerca dei mezzi disponibili a costituire la razionalit,
perch la realizzabilit di ci che ci si propone assicurata dalla validit della
norma stessa. Lo spostamento della razionalit dalla natura alla storia,
suggerito da Kant, ha avuto seguito: le ideologie ottocentesche e
novecentesche sono state tutte fondate su filosofie della storia e sono state
tutte progetti che pretendevano di essere autogarantiti, cio di avere in se
stessi le condizioni per la loro sicura realizzazione. Liberalismo, socialismo,
democrazia, nazionalismo, comunismo sono state dottrine di questo genere.
La pi emblematica la versione marxista del comunismo, per la quale il
naufragio dei sistemi economici, costruiti per il miglior sfruttamento delle
risorse, conduce allinstaurazione della miglior societ possibile.
Quando diceva che la razionalit puramente strumentale un tipo ideale,
mentre la razionalit reale subordina la ricerca dei mezzi alla scelta di valori
da realizzare, Weber teneva presenti le ideologie, che sono pacchetti di mezzi
e fini preconfezionati. Con la dissoluzione delle ideologie ricomparsa la
libera articolazione, humiana e kantiana, tra lordine naturale delle cose e
lordine morale dei fini, e i filosofi hanno ripreso a criticare i tentativi di
vagliare le proposte di fini in base ai mezzi, considerati forme di strategia
conservatrice, che mira a respingere qualsiasi correzione di una situazione
storica o sociale. Cos, negli anni sessanta e settanta del Novecento, si
riabilitato il concetto di utopia, intesa come un programma realizzabile per
mezzo di una rivoluzione, che, nel mondo economicamente progredito, non
avrebbe neppure bisogno di essere violenta, perch si tratterebbe soltanto di
abolire le limitazioni sui mezzi, non pi giustificate, dopo che essi sono
diventati abbondanti, per lalta produttivit delle societ industriali.
Le ideologie non si lasciano mescolare facilmente, perch ciascuna di esse
pretende di inglobare le istanze positive presenti nelle altre. Gi Weber, con
limmagine del politeismo dei valori, aveva preso atto dellinconciliabilit
delle ideologie e dellimpossibilit di scegliere tra esse, se non facendo
intervenire la considerazione delle conseguenze: era questo il contenuto
delletica della responsabilit, che egli aveva proposto senza entrare nei
particolari. Invece John Rawls arrivato a proporre un compromesso tra le
ideologie, dopo essere partito dal confronto delle ideologie con le loro
condizioni di possibilit economiche. Leconomia rappresenta il punto in cui
la natura si incontra con la cultura e ne fa sentire i limiti. La poca fortuna di
cui gode oggi la scienza economica, dopo le promesse del keynesismo,
delleconomia del benessere, del neoliberismo e del monetarismo, ha fatto
dimenticare che la crisi delle ideologie stata anche in parte dovuto alla loro
incapacit di rispondere ai problemi economici. Le utopie degli economisti

non hanno retto alla prova pi di quelle degli ideologi, ma della teoria
economica rimasto almeno il lascito negativo, cio la sua utilit nel mettere
in luce il costo delle utopie sociali o politiche, spesso taciuto da chi le
proponeva.
possibile riprendere lantinaturalismo di Hume e More, cui spesso i filosofi
si rifanno, per celebrare lautonomia del piano normativo, in un senso diverso
da quello solito. La considerazione delle condizioni di fatto, quali per esempio
le teorie economiche illustrano, non danno indicazioni positive sulle ideologie
possibili, ma ne danno di negative, cio non offrono ci che la ragione
sostanziale pretendeva di dare e tolgono credibilit alle sue finzioni. Per
esempio, gli eredi di ideologie, anche di quelle che un tempo avrebbero
respinto come un inganno intellettuale il concetto scolastico di bene comune,
oggi lo hanno riscoperto; ma, se si richiede alleconomia di dare un contenuto
a quellidea, si scopre che il sapere economico, che non voglia essere
ideologico o utopistico, ci da delle certezze asimmetriche, quelle per le quali
possibile indicare di volta in volta gli interessi particolari promossi o
sacrificati, ma senza poter individuare un interesse comune. Gi la razionalit
strumentale, pi si fa particolareggiata, pi si fa locale, ma le proposte fatte in
nome della razionalit sostanziale, proprio perch sono costituite da un fitto
intreccio di mezzi e fini, sono ancora pi locali, e il farne un prodotto della
ragione serve soltanto a nascondere la loro modesta estensione
Chi ha ripreso a coltivare le ideologie, messo di fronte alla rivolta dei mezzi
contro i fini e alla loro anarchia, ha riscoperto lidea, sempre cara ai filosofi,
che esiste una classificazione di beni e di desideri. Lideale platonico dello
stato commerciale chiuso, sorvegliato da guardiani, insieme intellettuali e
soldati, capaci di sopprimere sul nascere i desideri inferiori e di bloccare la
circolazione dei beni che li possano soddisfare, ritorna come modo per
riproporre la ragione sostanziale. Quando anche i suoi nemici pensavano che
la societ industriale fosse una societ opulenta o potenzialmente opulenta,
bisognosa soltanto di una riorganizzazione, nella razionalit sostanziale, come
instaurazione di una gerarchia corretta di desideri e di beni, si scorgeva
unoperazione di libert. Oggi, che lopulenza sembra minacciata, ritorna il
sogno platonico della societ commerciale chiusa, in cui vanno repressi i
bisogni fittizi e vietati i beni che servono a soddisfarli; e ritorna spesso con i
tratti del sogno cinese. Un tempo coloro i quali vedevano nella Cina di Mao
qualcosa di simile alla societ naturale di Rousseau ammiravano la capacit,
imprudentemente attribuita ai cinesi, di prevedere i terremoti, di fronte ai
quali lambiziosa scienza occidentale deve arrendersi. Adesso la Cina
efficiente dei capitalisti comunisti dipinta come quella in cui sviluppo e
sensibilit ecologica vanno finalmente insieme. Che i tirannici burocrati
cinesi, dopo i soldati filosofi e inquisitori di Platone, siano diventati gli ultimi
sacerdoti della razionalit sostanziale?

Carlo Augusto Viano Professore emerito di Storia della filosofia


allUniversit di Torino. Fra i suoi contributi pi recenti Laici in
ginocchio (Laterza, 2006) e Stagioni filosofiche. La filosofia del
Novecento fra Torino e l'Italia (il Mulino, 2007).
(17 gennaio 2013)

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