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Necessit della Scrittura per l'edificazione dell'esistenza cristiana

di Luciano Manicardi
in Servizio della Parola n. 460 del settembre 2014
Che la conoscenza delle Scritture sia utile per la formazione pratica ed esistenziale del cristiano,
rendendolo completo e ben equipaggiato per le opere buone (1 Tm 3,17), la Scrittura stessa che
lo afferma. Che la Scrittura sia il libro destinato al popolo cristiano, a tutti i battezzati, e non
riservato a un gruppo particolare, a una casta, stato pi volte ripetuto dai Padri della Chiesa: nella
Scrittura il Signore parla a tutti quelli che sono nella sua Chiesa (Cipriano, L'unit della chiesa,
12); Il Verbo di Dio venne per tutti e raccolse insieme senza distinzione colti e incolti di ogni sesso
ed et e a tutti diede i precetti della salvezza (Cipriano, La preghiera del Signore, 28). Pertanto,
possiamo dire con Agostino: Eccovi, fratelli, nelle vostre mani, le Scritture di Dio (Commento
alla prima Lettera di Giovanni, 7,5). Che dunque l'accesso alle Scritture e la loro fruizione da parte
dei credenti siano necessari sostenuto con vigore dal concilio Vaticano II: necessario che i
fedeli abbiano largo accesso alla sacra Scrittura (DV 22; cfr. DV 17); Il santo concilio esorta tutti i
fedeli... ad apprendere "la sublime scienza di Ges Cristo" (Fil 3,8) con la frequente lettura delle
divine scritture (DV 25). La motivazione di fondo della necessit delle Scritture chiara:
L'ignoranza delle Scritture ignoranza di Cristo (DV 25; citando Girolamo, Commento a Isaia,
Prologo).
Se tutto questo vero, e se inoltre vero che le Scritture fondano la fede cristiana stessa, che nasce
dall'ascolto (Rm 10,17: La fede viene dall'ascolto e l'ascolto riguarda la parola di Cristo), se
vero che strutturano la liturgia cristiana, che nutrono e regolano la predicazione (DV 21) e che
costituiscono come l'anima della teologia (DV 24), tuttavia occorre riconoscere che il loro utilizzo
per la concreta esistenza cristiana incontra numerose difficolt, ostacoli e resistenze. Sappiamo bene
che anche dopo il rinnovamento conciliare, dopo gli entusiasmi iniziali e in mezzo a riuscite
esperienze di catechesi e pastorale biblica in diverse diocesi, ora tra l'affermazione della necessit
della Scrittura per l'edificazione dell'esistenza cristiana del semplice credente e la sua concreta
attuazione resta, per dirla con Luca, un grande abisso (Lc 16,26). Propongo pertanto una
riflessione che cerchi di fuggire la retorica e cerchi di declinare realisticamente questa "necessit"
della Scrittura.
il realismo biblico
Non la Scrittura essenziale per la vita cristiana, ma la parola di Dio; non la Bibbia, ma Ges
Cristo. E tuttavia Ges non lo conosciamo se non attraverso i vangeli e la parola di Dio la riceviamo
in particolare dalle Scritture interpretate nello Spirito santo. N si d atto sacramentale senza la
parola di Dio. Credo dunque che la Scrittura sia necessaria al fine di costruire una vita cristiana
sana, nutrendola e sostenendola alla sorgente pura e perenne della vita spirituale (DV 21), cio la
parola di Dio. Dalla frequentazione delle Scritture e dall'assimilazione del loro spirito, che lo
Spirito stesso di Dio, nasce una vita cristiana non asservita al devozionalismo, non sedotta dal
miracolismo e dall'apparizionismo, non svenduta a battaglie ideologiche, non ridotta a moralismo,
ma attenta a discernere la presenza di Dio nella storia e nell'umano.
quale Scrittura?
Dobbiamo tuttavia chiederci: quale Scrittura? La domanda non maldestra o inadeguata, ma
realistica. Se sono importanti le Scritture nel loro insieme, il Primo Testamento nel suo legame con
il Nuovo, se vero che la Scrittura tutta conduce a Cristo, tuttavia per la vita cristiana di uomini e
donne che vivono una vita di lavoro e famiglia, che non hanno particolari competenze bibliche o
esegetiche, occorre suggerire il primato dei Vangeli. Come ricorda il concilio: A nessuno sfugge
che tra tutte le Scritture, anche del Nuovo Testamento, i Vangeli meritatamente eccellono, in quanto

sono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro
salvatore (DV 18). I Vangeli infatti donano la conoscenza di Ges e plasmano il discernimento di
ci che conforme al suo volere. Come riconoscere nella storia, nel quotidiano, ci che
evangelico e ci che non lo , se non mediante una frequentazione assidua dei Vangeli fino ad
assimilarne lo spirito?
come le Scritture?
L'ascesi che le Scritture chiedono al cristiano quella dell'ascolto. Leggere le Scritture significa
attivare la capacit di ascolto, scavare uno spazio in s per accogliere il messaggio e la presenza che
ci vengono da esse. Cos la lettura biblica diviene esercizio dialogico, forma essenziale di preghiera.
Un approccio esistenziale alle Scritture, e in particolare ai Vangeli, richiede poi che esse siano colte
come specchio: Impara dalla Scrittura. La Scrittura sia lo specchio del tuo volto. Impara l
(Basilio, Omelia in Lacizis, 3). L'idea dello specchio non significa certo che nella Bibbia vediamo
solo noi stessi, ma che vediamo come siamo e come potremmo diventare. L'idea patristica della
Bibbia come specchio finalizzata a una lettura trasformativa delle Scritture.
La Scrittura si presenta agli occhi della nostra anima come uno specchio, in cui possiamo conoscere
ci che in noi c' di bello e di brutto, possiamo verificare il nostro progresso e quanto siamo lontani
dalla meta. La Scrittura racconta le imprese dei santi e stimola i cuori fiacchi e deboli ad imitarli. E,
mentre richiama alla memoria le loro azioni vittoriose, rafforza le nostre deboli membra per affrontare
la lotta contro il male. Le sue parole rendono meno trepidante nel combattimento il nostro spirito, che
si vede posti di fronte i trionfi di tanti valorosi. Qualche volta, poi, non solo ci descrive le
loro vittorie, ma ci rende note anche le loro sconfitte, affinch possiamo ricavare dalla vittoria dei forti
l'esempio da imitare e vedere nella sconfitta ci che dobbiamo temere (Gregorio Magno, Commento
a Giobbe, 2,1,1).

Si tratti di lettura personale o comunitaria, bene ricordare che la Bibbia non parla soltanto a noi,
ma anche di noi. Mentre la leggiamo essa ci legge; mentre interpretiamo il testo, il testo interpreta
noi, mentre esaminiamo il testo, scopriamo che il testo ci ri-guarda (cfr. Eb 4,12-13). E scopriamo
che la nostra esperienza esistenziale criterio ermeneutico per una migliore intelligenza della
Scrittura che parla della vita e alla vita.
Occorre accostare il testo come testimone di una vita che l'ha preceduto e prodotto e che tende a
orientare e mutare la nostra vita oggi. La centralit della vita come elemento ermeneutico del testo
ci porta a riprendere i tre momenti individuati da Paul Ricoeur in Tempo e racconto (prefigurazione,
configurazione, rifigurazione) e a coglierli come i momenti del passaggio dalla vita al testo, della
vita nel testo e dal testo alla vita.
che cosa nelle Scritture?
Centro delle Scritture Cristo. Ed di Cristo che danno testimonianza i Vangeli. Credo che per
porre le basi di un'esistenza cristiana sia essenziale cercare, discernere e mettere a fuoco la pratica
di umanit di Ges attestata dai Vangeli, per assumerla come bussola per il proprio vivere.
L'umanit di Ges rivela Dio e educa la nostra umanit. Il passaggio da operare nella lettura dei
Vangeli da Dio nell'uomo Ges Cristo a Dio nella nostra umanit. Una fede che mettesse al suo
centro l'ascolto delle Scritture e massimamente dei Vangeli, aiuterebbe la conversione della vita
cristiana conducendola a porre al suo centro l'umano e a farne un'arte di vivere. Non dice forse la
lettera a Tito che Cristo venuto per insegnarci a vivere in questo mondo (Tt 2,12)? Se la Bibbia
una riserva di senso, questo senso trova la sua concentrazione pi eloquente per l'esistenza del
cristiano nell'umanit di Ges di Nazaret. Ascoltare i Vangeli porta a scoprire che non il religioso e
nemmeno il sacro, non lo straordinario e nemmeno il ritualistico, ma l'umano ci che narra Dio e
che la presenza di Dio testimoniata da condotte e gesti, da parole e relazioni umane, da persone
umanizzate, che hanno come forma e guida del loro vivere lo stesso Ges Cristo. Come ha
splendidamente affermato il teologo Joseph Moingt: Ci che Ges ha di straordinario non si situa

sul piano religioso, ma umano. La lettura, personale o di gruppo, del vangelo, potr dunque
assumere questa domanda di fondo: come Ges vive l'umano? come declina la sua umanit? quale
umanit mostra in ogni episodio che i Vangeli trasmettono di lui? E possiamo specificare: Che
umanit abita colui che osa scacciare dal Tempio i venditori degli animali per i sacrifici e rovesciare
i tavoli dei cambiavalute? Che pratica di umanit esercita l'uomo che rimprovera i suoi discepoli
che allontanano i bambini, e che abbraccia questi ultimi con tenerezza? Che umanit manifesta
l'uomo che accoglie pubblicani e peccatori, mangia con loro, si lascia avvicinare scandalosamente
da una prostituta durante un banchetto in casa di un fariseo e riesce a vedere l'amore l dove tutti i
commensali vedono il peccato (cfr. Lc 7,36-50)? Che uomo colui che pronuncia parole potenti
come quelle beatitudini (Mt 5,1-12) che sono uno squarcio sulla vita interiore di Ges? Che pratica
di umanit vive colui che non esista a entrare in conflitto con le autorit religiose se si tratta di
difendere il primato della volont di Dio e il diritto dei poveri? Che uomo colui che non esita a
rivolgere parole dure e di rimprovero ai propri discepoli, vedendo la loro poca coscienza, la loro
incapacit di ascolto e di comprensione? Che forza abita nell'uomo di cui si arriva a dire: Mai un
uomo ha parlato cos (Gv 7,46)? Che uomo colui che sa osservare i movimenti delle nuvole in
cielo per comprendere il tempo che far il giorno dopo, e che sa osservare la natura traendone
insegnamento e consolazione? Che umanit abita l'uomo che incontra tanti malati nel corpo e nella
psiche mostrando capacit di con-sofferenza con loro e curandoli con dispendio di tempo ed
energie? Che umanit abita colui che non esita a criticare ferocemente pratiche e tradizioni religiose
e usanze sacrali come il qorban (Mc 7)? Che uomo colui che sa leggere e interpretare con estrema
libert la Tr circa l'adulterio e la lapidazione dell'adultera? Che osa controbattere a scribi e farisei,
a esperti della Legge, a uomini autorevoli sul piano religioso con parole anche di fuoco? Che uomo
che sa mostrare una libert cos profonda, cos distante dalle paure, dalle adulazioni, dai timori
riverenziali di tanti ecclesiastici oggi?
Si potrebbe continuare a lungo. Sempre operando il dialogo tra umanit di Ges attestata nei
Vangeli e la propria umanit oggi, tra la vita di Ges testimoniata e trasmessa dai Vangeli e la nostra
vita oggi. Il vangelo appare come scuola di umanit. E la sensazione che nella Chiesa si sia ancora
molto distanti dal percepire la conversione radicale che esige questa presa sul serio della pratica di
umanit di Ges come cuore dell'esistenza cristiana. La parola di Dio riplasma l'umanit del
credente a immagine dell'umanit di Dio narrata da Ges di Nazaret.
Se la narrazione evangelica l'offerta di una visione del mondo, essa anche l'offerta di una pratica
di umanit, l'indicazione di una via da percorrere per divenire pi umani. Ges colui che, nella sua
umanit, ha narrato Dio e che, in quanto centro e cuore dei Vangeli, lo continua a narrare anche oggi
ai lettori del vangelo.
per chi e per quale fine le Scritture?
Ovvero: quale esistenza cristiana si vuole costruire? Quale immagine di cristiano adulto abbiamo?
O pi diffusa nella pastorale? La semplicit e la radicalit della testimonianza evangelica possono
operare una salutare destrutturazione dell'immagine del credente adulto che spesso viene
identificato con il laico impegnato nelle attivit ecclesiali. Alcune parole pronunciate nel 1990
dall'allora card. Ratzinger esprimono bene quanto sto dicendo:
diffusa oggi qua e l, anche in ambienti ecclesiastici elevati, l'idea che una persona sia tanto pi
cristiana quanto pi impegnata in attivit ecclesiali. Si spinge a una specie di terapia ecclesiastica
dell'attivit, del darsi da fare; a ciascuno si cerca di assegnare un comitato o, in ogni caso, almeno un
qualche impegno all'interno della Chiesa. In qualche modo, cos si pensa, ci deve essere sempre
un'attivit ecclesiale, si deve parlare della Chiesa o si deve fare qualcosa per essa o in essa... Pu
capitare che qualcuno eserciti ininterrottamente attivit associazionistiche ecclesiali e tuttavia non sia
affatto un cristiano. Pu capitare invece che qualcun altro viva solo semplicemente della Parola e del
Sacramento e pratichi l'amore che proviene dalla fede, senza esser mai comparso in comitati
ecclesiastici, senza essersi mai occupato delle novit di politica ecclesiastica, senza aver fatto parte di
sinodi e senza aver votato in essi, e tuttavia egli un vero cristiano.

Ovvio che dietro a questi due "tipi" stanno due impostazioni pastorali divergenti. E solo nel secondo
caso la Scrittura colta nella sua vitale importanza per la formazione della fede.
Il fine cui mira la conoscenza delle Scritture di creare la competenza del cristiano, cio la sua
capacit di vivere il vangelo nell'oggi, di fare dell'esistenza cristiana l'arte di vivere la fede con
libert, responsabilit e creativit, attuando un discernimento alla luce del vangelo. Ma anche di
convertire la vita cristiana a quella essenzialit e semplicit verso cui, mi pare, la sta guidando, con
dolce risolutezza, papa Francesco.

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