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Ammortizzatori – Parte 1
Le mie prime conoscenze approfondite del bacino risalgono a circa 3 anni fa quando mi infortunai
all’articolazione sacroiliaca sinistra: una lama conficcata a lato della “sporgenza” ischiatica a
sinistra e un chiodo infilato davanti a destra, sul pube. Niente di grave, in fondo: un po’ di
scrocchiate nei punti giusti e 3 mesi di riposo, ma che esistesse una articolazione… lì… mah… mai
ci avrei pensato!
Sotto la spina dorsale
Nei precedenti articoli ci siamo fatti veramente due palle (io a scriverli, voi a leggerli) sulla spina
dorsale e se andate a rivedere un po’ di disegni, troverete frecce e concetti sulla reazione vincolare
dell’osso sacro: le vertebre sotto caricano “premono” sull’osso sacro che “resiste” impedendo alla
colonna di collassare.
Ok, bello! Ma l’osso sacro fa parte sempre del vostro corpo e se non si muove significa che da
qualche parte esiste qualcosa che lo inchioda lì! Questa struttura è il bacino.
Linea arcuata Cresta iliaca Cresta iliaca
Ilio
Cresta iliaca Osso sacro
Osso sacro
Spina iliaca
Spina iliaca
posteriore superiore
anteriore superiore
Spina iliaca anteriore
superiore Spina iliaca Osso sacro
anteriore inferiore
Spina iliaca
posteriore inferiore
Acetabolo
Spina iliaca
anteriore inferiore Spina ischiatica
Acetabolo Ramo pubico
Foro otturato superiore Tuberosità
Pube
Ischio ischiatica
Sinfisi
pubica
Ramo pubico
inferiore Acetabolo
Il bacino è uno spesso anello osseo composto da tre ossa: l’osso sacro e le due anche: queste si
raccordano anteriormente tramite la sinfisi pubica, per quanto ci riguarda un insieme di legamenti e
cartilagini robustissimo, e posteriormente tramite l’osso sacro che si articola con le anche tramite le
due articolazioni sacroiliache. Le varie spine e tuberosità costituiscono dei saldi e robusti punti di
aggancio per legamenti e tendini.
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Ogni anca è a sua volta formata dalla fusione di tre ossa, l’ileo, l’ischio e il pube. Il punto di
contatto di tutte e tre le strutture forma l’acetabolo, la cavità dove alloggia la testa del femore che
sarà oggetto della seconda parte del “trattato”.
Sebbene i disegni precedenti siano abbastanza pietosi, è possibile notare come l’ileo formi una
ampia superficie concava che, insieme al pube, forma il circolo pelvico: queste superfici servono da
appoggio a tutti gli organi della cavità addominale quali l’intestino e la vescica.
Riciclando un disegno visto nella prima parte della trattazione della spina, il bacino umano
femminile è molto più largo di quello delle corrispettive ladies di altre specie di primati: mentre la
posizione e l’inclinazione dell’osso sacro sono strategie evolutive per la postura eretta, la larghezza
delle ali iliache e principalmente il diametro del circolo pelvico sono dettati esclusivamente dalla
necessità di partorire cuccioli con la testa grande.
In altre parole, la discesa dagli alberi, l’acquisizione di una postura eretta e di un pollice opponibile
ha permesso di dedicarci a compiti sempre più impegnativi da cui la selezione naturale di individui
con un cervello sempre più grande e un bacino più largo per poter perpetrare questa caratteristica.
Ok, magari sono tutte cazzate, ma io ho letto così ah ah ah e ci vedo un filo logico. Almeno, ce ne
vedo di più dell’altra teoria alternativa, seguita da quei tizi che se non sei d’accordo con loro ti
prendono a fucilate, che vede l’Architetto pensare un pochinino e poi sussurrare “che ci sia la luce”.
Spina dorsale
Osso sacro
Articolazione
sacroiliaca
Osso iliaco
Form closure Force closure
Acetabolo
Testa del
femore
Reazione vincolare
del suolo
Il bacino è il punto di raccordo fra la parte superiore e inferiore del corpo ed ha il compito di
trasmettere i carichi presenti sul tronco alle gambe come avviene in uno squat, e la reazione
vincolare del terreno al tronco come avviene nell’atterraggio di un esercizio pliometrico.
Per ottimizzare la trasmissione delle forze il bacino è strutturato come un arco, con l’osso sacro
elemento di volta. In questo modo la Natura cerca di trasmettere sui femori le forze gravanti sulla
colonna utilizzando una struttura intrinsecamente: è ciò che viene chiamata form closure, la
struttura rimane compatta grazie alla sua forma, struttura.
Tutto questo non è però sufficiente a tenere insieme tutti i pezzi in qualsiasi condizione: durante lo
shopping con la fidanzata a 200 metri all’ora, con le lumache vi sfrecciano a destra, in ogni passo
state sottoponendo il vostro bacino a forze asimmetriche quando sollevate o riappoggiate una
gamba. E’ necessario un sistema di stabilizzazione più robusto e, principalmente, adattabile
dinamicamente alle esigenze imposte dall’ambiente: è la force closure, la struttura rimane compatta
grazie a forze esterne che la tengono insieme.
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Monoammortizzatore
P P
Forza Forza
peso peso
Zona a forte
compressione
R R
Reazione Reazione
vincolare del vincolare del
suolo suolo
Negli studi scolastici il bacino è sempre descritto guardandolo davanti e mai lateralmente: in questo
modo lo studente assimila il concetto sbagliato che i femori e la spina dorsale si trovino sulla stessa
retta se visti di lato.
A sinistra la situazione appena descritta, a destra quella reale: quanti di voi la sapevano questa
cosetta? Il problema del bacino a sinistra è che… non funziona bene: il peso del tronco schiaccia
verso il basso, le reazioni vincolari del suolo che impediscono che trapassiate il pavimento premono
verso l’alto, ma entrambe comprimono la stessa zona del bacino.
Ok, l’arco e tutto il resto per una robustezza superiore, però in questa zona le forze compressive
sarebbero molto elevate: immaginate lo sfortunato tizio con un bacino del genere che fa un saltello
da un muretto e atterra al suolo!
Inaspettatamente, la realtà è quella del disegno a destra: il peso del tronco e la reazione del suolo
che agisce sui femori non si trovano sulla stessa retta. Quale è il vantaggio?
A sinistra nel disegno seguente l’ovale tratteggiato evidenzia la zona in cui agiscono lateralmente le
forze in gioco, a destra una rappresentazione assolutamente di concetto del funzionamento, mi
raccomando non è reale: piuttosto che contrastare le forze tramite la “semplice” rigidità dei
materiali usati, l’Architetto ha preferito una diversa soluzione in cui è la struttura stessa che,
deformandosi, assorbe le sollecitazioni.
L’articolazione sacroiliaca è infatti mobile quanto basta per “ruotare” come una specie di
ammortizzatore: invece di opporsi al nemico, il bacino arretra per sopportare al meglio l’attacco!
L’osso sacro perciò ruota e trasla per sopportare al meglio le forze: stiamo parlando di meno di due
gradi di rotazione e meno di 2 millimetri di traslazione, movimenti impercettibili ma assolutamente
fondamentali per l’integrità del nostro corpo e che sarebbero impossibili se il bacino fosse costituito
da un unico pezzo.
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P
Forza
P
Forza
peso peso L’osso sacro
ruota
P anteriormente…
R
R Ry … e il bacino
Reazione ruota
Ry R posteriormente
vincolare del
suolo
Componente Reazione vincolare
verticale della del suolo trasmessa
reazione vincolare attraverso il femore
L’articolazione sacroiliaca resiste alle sollecitazioni grazie a:
La sua forma, che permette di resistere agli sforzi compressivi – frontalmente l’osso sacro è
la pietra di volta dell’arco pelvico e più aumenta la compressione dovuta alla spina, più
l’articolazione diventa stabile dato che le facce a contatto si schiacciano. Per aumentare la
stabilità entrambe le facce sono “rugose”.
I legamenti, che permettono di resistere alle forze tensili – questi sono dei robustissimi
intrecci di fibre che fermano saldamente l’osso sacro resistendo alle forze di tensione dovute
alla rotazione dell’osso sacro stesso.
I muscoli che agendo sull’articolazione la rendono rigida.
Legamento Legamento
ileolombare ileolombare
Faccetta Legamento
articolare sacroiliaco
Legamento
sacroiliaco
Legamento Legamento
sacrotuberoso sacrospinoso
Legamento Legamento
sacrospinoso sacrotuberoso
Nutazione e contronutazione
L’osso sacro si articola sulle due ossa iliache tramite una superficie di contatto fatta a ”C” e
rivestita di cartilagine. Tanto per dare un’idea della complessità, questa semplice frasetta che ho
scritto nei testi di anatomia equivale ad una pagina fitta fitta che descrive la forma di questa “C”, le
dimensioni, la crescita, il tipo di cartilagine da ambo le parti: necessariamente sono costretto a
condensare, per spazio e competenza carenti, e ad essere giocoforza superficiale.
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L’osso sacro ruota
in avanti
L’estremità craniale
Le creste iliache
dell’osso sacro ruota
flettono in avanti e si
avanti e in basso
avvicinano
L’osso sacro si
“avvita” intorno Le tuberosità ischiatiche
alle ossa iliache flettono indietro e si
allontanano
I legamenti sacrotuberoso e
sacrospinoso entrano in
tensione La sinfisi pubica è sollecitata
L’estremità caudale
in queste direzioni
dell’osso sacro ruota
indietro e in alto
Il disegno a sinistra descrive il movimento di flessione in avanti dell’osso sacro rispetto al bacino,
detto nutazione (il termine significa cenno del capo ed è appropriato visti i valori di rotazione e
traslazione in gioco): sotto l’azione delle forze esterne l’estremità craniale dell’osso sacro ruota in
basso e si sposta in avanti, mentre l’estremità caudale ruota in alto e si sposta indietro. I legamenti
sacrotuberoso e sacrospinoso entrano in tensione per limitare il movimento.
A destra una rappresentazione bidimensionale di una deformazione che è tridimensionale, perciò vi
chiedo un piccolo sforzo di immaginazione, qualità di cui il palestrato medio è assolutamente
carente dato che il suo cervello è settato su comportamenti semplici quali “massa, interessante, no
massa, cazzata”.
L’articolazione sacroiliaca non è mobile come un gomito ma quasi rigida, perciò la rotazione in
avanti dell’osso sacro comporta la deformazione delle ossa iliache: le creste iliache flettono in
avanti seguendo l’osso sacro, mentre le tuberosità ischiatiche flettono indietro seguendo le creste,
dato che l’ischio è saldato all’ileo.
Infine, la sinfisi pubica viene sollecitata secondo le linee di trazione indicate dato che la struttura
del bacino è circolare e tutti gli elementi collegati fra loro.
L’osso sacro ruota
indietro
L’estremità craniale
Le creste iliache
dell’osso sacro ruota
flettono in avanti e si
indietro e in alto
allontanano
L’osso sacro si
“svita” dalle ossa Le tuberosità ischiatiche
iliache flettono indietro e si
avvicinano
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Queste deformazioni, ricordo minimali, rendono il bacino ben più robusto a resistere alle
sollecitazioni rispetto ad una struttura rigida.
E’ interessante notare che la conformazione delle articolazioni sacroiliache è tale per cui durante la
nutazione il sacro si “avvita” intorno alle ossa iliache mentre si “svita” nella contronutazione.
L’avvitatura rende l’articolazione più resistente e vedremo a breve come massimizzare questo
effetto.
Le creste iliache si Le creste iliache si
avvicinano allontanano
Le tuberosità ischiatiche si
allontanano Le tuberosità ischiatiche si
avvicinano
L’adattabilità del bacino è sorprendente: quando stiamo seduti il nostro peso corporeo è sostenuto
dalle tuberosità ischiatiche: per sopportare meglio lo sforzo il sacro va in nutazione, le creste iliache
tendono ad avvicinarsi e le tuberosità ischiatiche si allontanano. Viceversa in posizione eretta.
Anca in contronutazione
Anca in nutazione
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Contemporaneamente la forza dei carichi sul tronco mette in nutazione l’anca relativa al
piede sospeso.
In questo modo spinte su direzioni differenti vengono assorbite senza danni. Sull’osso sacro e sulla
sinfisi pubica agiscono perciò forze torsionali notevoli. Immaginate cosa possa provocare una
specialità assolutamente asimmetrica e violenta come il salto triplo!
Dynamic Force Closure
Il bacino è intrinsecamente stabile: se lo estraete da un cadavere rimane assemblato nella sua
posizione senza ulteriori contributi esterni. Questo non accade nel caso della spina dorsale che,
come abbiamo visto, “collassa” (cioè perde la sua forma pur rimanendo assemblata) con solo 9Kg
applicati sulla prima cervicale.
Analogamente alla spina, però, il bacino non potrebbe reggere le sollecitazioni della vita quotidiana
senza il supporto dei muscoli che lo circondano, creando un sistema di forze dinamico.
Retto addominale
Obliquo esterno
Retto Obliquo
addominale esterno
Obliquo interno
Trazione legamento
Obliquo sacroiliaco
interno Fleg
Inserzione destra
delle fibre dell’obliquo
interno sinistro Inserzione
tendinea di
•Adduttore breve Adduttori
Inserzione destra •Adduttore lungo Fob
delle fibre dell’obliquo •Gracile Reazione
esterno sinistro •Pettineo Trazione obliquo
articolazione
interno
Espansione destra
dell’inserzione
tendinea sinistra
Se pensate che questo sia complicato, aspettate il prossimo! A sinistra sono rappresentati i muscoli
che agiscono anteriormente sul bacino:
Il retto addominale “tira” verso l’alto le ossa pubiche.
L’obliquo esterno e l’obliquo interno sinistri si inseriscono sul pube sinistro e sulle creste
iliache sinistre ma hanno una parte delle fibre connesse con il pube destro. In questo modo
la trazione di questi muscoli agisce anche sull’altro lato del bacino. Specularmente accade
per i muscoli a destra.
Il comparto sinistro degli adduttori si inserisce sul pube sinistro con robusti tendini che si
uniscono fra loro e che proseguono parzialmente anche sul pube destro. In questo modo la
trazione degli adduttori agisce anche sull’altro lato del bacino.
Al centro l’effetto complessivo dell’azione di questi muscoli: una rete di tensioni che compatta le
anche contro le rispettive articolazioni sacroiliache che risultano perciò fortemente compresse,
aumentando la resistenza alle forze esterne.
Ragazzi ecco il Gran Casino: nel disegno seguente i muscoli che agiscono posteriormente sul
bacino! A sinistra una schematizzazione dei principali erettori spinali che risultano, come indicato
nel disegno centrale, sempre “coperti” dal grandissimo dorsale (in latino, ribadisco, latissimus dorsi
da cui lat-machine che non significa lateral machine ma latissimus dorsi machine).
Se osservate un culturista squartato dell’Olympia noterete, in basso rispetto agli enormi dorsali, due
colonne che scorrono ai lati della spina dorsale: è l’unica porzione visibile degli erettori spinali. Ciò
che non si nota è che questi sono “avvolti” dalla fascia toracolombare, una rete fibrosa ed estesa
che su cui si inseriscono molti muscoli, come nel disegno a destra.
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Erettori
spinali
Grandissimo del
dorso
Retto
addominale
Linea alba Obliquo esterno
Obliquo interno
Vertebra
lombare Trasverso
Fascia
Gluteo massimo Psoas
anteriore
Grandissimo
del dorso
Fascia
toracolombare Erettori Multifido
Fascia mediana spinali
(profonda) Fascia posteriore
(superficiale)
Quadrato
dei lombi
La fascia è una aponeurosi, una specie di “tendine esteso”: i muscoli fusiformi come il bicipite
terminano alle estremità con delle “corde” che si agganciano alle ossa, molti muscoli piatti
terminano invece con delle “fasce” in modo da distribuire la tensione su un’area più vasta. La fascia
toracolombare è composta da tre “fogli” biancastri di cui a noi interessano i primi due, quello
posteriore o superficiale e quello mediano o profondo.
La fascia avvolge gli erettori spinali e su di essa si inseriscono superiormente il grande dorsale, gli
obliqui e il trasverso, mentre inferiormente una parte delle fibre del grande gluteo.
Sull’addome, invece, troviamo un’aponeurosi che piace a tutti: la linea alba che crea la tassellatura
del six pack tanto ambito. Questa aponeurosi avvolge il retto addominale e lo suddivide negli
agognati quadrati, ma costituisce anche il punto di aggancio degli obliqui e del trasverso.
Gli addominali costituiscono pertanto una rete che avvolge l’addome: questa rete si inserisce
anteriormente sulla linea alba, posteriormente sulla fascia toracolombare, superiormente sulle
costole e inferiormente sul bacino.
Trazione grandissimo
… la fascia è dorsale
messa in Fd
tensione Fa Reazione
articolazione
Il dorsale si
contrae… Trazione
…insieme agli addominali
addominali, “tirando” la R
fascia
Fg
Trazione gluteo
massimo
Gli erettori spinali
si contraggono e
si “gonfiano”…
…”spingendo” la
fascia
La contrazione dei muscoli menzionati mette in tensione la fascia che reagisce con una
controtensione per non strapparsi. In questo modo viene creata una rete di tensioni centrata sul
bacino con enormi vantaggi per stabilità di questo e la resistenza alle forze esterne dell’intero
organismo.
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La fascia permette un trasferimento di forze in tutto il corpo, dalla parte superiore a quella inferiore
e da destra a sinistra: in questo modo tutte le forze asimmetriche vengono “simmetrizzate” il più
possibile. Il bacino viene compresso in tutte le direzioni, rendendo più rigide le articolazioni
sacroiliache e, come vedremo nel prossimo articolo, le articolazioni dell’anca.
Come per la spina, i muscoli permettono un controllo dinamico della rigidezza delle strutture ma, a
differenza della spina, questi non agiscono direttamente sulle articolazioni sacroiliache per causare
dei movimenti quanto per renderle ancora più rigide.
Grande
gluteo
Semimembranoso
Semitendinoso
Trazione dei
femorali
Un ulteriore modo di dare robustezza alla struttura è dato dalle inserzioni tendinee dei femorali che
si uniscono al legamento sacrotuberoso che costituisce il prolungamento di queste. In questo modo
parte della trazione dei femorali viene ad agire direttamente sull’osso sacro.
Retto
Grande
addominale
dorsale
Trasverso e
obliqui
Grande gluteo
Adduttori
Ogni muscolo che agisce sul bacino ha una sua funzione locale svolgendo una azione mirata (ad
esempio, il retto addominale avvicina lo sterno al pube e il grande gluteo estende il femore) ma
principalmente globale in sinergia con tutti gli altri.
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Si viene così a costituire un vero intreccio di mutue interazioni che si esplicitano secondo i rami
principali indicati dalle frecce del disegno. Compattezza, stabilità e resistenza alle sollecitazioni in
tutte le possibili direzioni derivano da questa rete di forze dinamica ed adattativa.
Non solo, la ridondanza muscolare che rende così difficile modellare matematicamente il corpo
umano permette di sopperire ad infortuni cambiando l’assetto del corpo e trovando un nuovo
equilibrio.
DCSS – Duro Co Sta Schiena!
Negli articoli sulla spina dorsale vi ho ossessionato con la storiella della schiena “tesa”, “dura”,
“compatta” cioè in estensione con i muscoli assolutamente contratti. In questa trattazione dovrebbe
essere già chiaro che la contrazione della schiena, mettendo in tensione la fascia toracolombare,
abbia dei benefici anche sul bacino. Dettagliamo ancora di più questo aspetto con degli esempi
relativi a ciò che ci interessa: stare a gambe piegate con un carico sulle spalle.
Gli erettori spinali
sono contratti…
… la spina è
estesa…
… l’osso sacro
va in
nutazione…
… l’estremità caudale
dell’osso sacro è
sollevata…
… I legamenti sacrospinoso e
sacrotuberoso sono in
tensione…
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Gli erettori spinali
diminuiscono la
contrazione…
… la spina
si flette…
… l’osso sacro va in
contronutazione…
… il legamento
ileolombare entra
…solitamente in queste in tensione…
situazioni il bacino ruota
… l’estremità caudale
posteriormente…
dell’osso sacro è
abbassata…
… I legamenti sacrospinoso e
sacrotuberoso perdono
tensione…
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Il front squat può essere un vero complementare per apprendere la compattezza della
schiena in una situazione molto più instabile del back squat.
L’overhead squat è fantastico per enfatizzare ancora di più le caratteristiche del front squat.
Gli stacchi ad una gamba con manubrio (alternando le mani e mantenendo la stessa gamba)
e con bilanciere.
Gli affondi frontali e sagittali.
Tutti gli esercizi “per gli addominali” che fanno i saltatori in alto simulando l’infilata sopra
l’asticella.
Il turkish get up con bilanciere, manubrio, kettelbell, sacco di sabbia o quello che vi pare.
Probabilmente molti di voi non hanno idea di cosa sia questa roba (perciò www.google.com e via),
ma il punto è che non è che bastano due o tre sedute da un quarto d’ora l’una per ottenere risultati:
per mettere sotto stress un sistema complesso di movimenti servono esercizi complessi, perciò
questa roba necessita di una dedizione assoluta e costante di tempo d’allenamento: deve piacervi,
solo in questo modo potrete diventare bravi ed arrivare a spostare carichi interessanti che
sottopongono il vostro corpo allo stimolo corretto.
Altrimenti, lasciate perdere perché magari vi fate anche male: allenate i muscoli facendo al meglio
gli esercizi che vi interessano! Inutile dire che chi ha 200Kg di stacco non trae benefici da un front
squat con 50Kg perché a 60Kg le mani fanno male e con 150Kg di squat sotto il parallelo
difficilmente si può ottenere qualcosa con torsioni e controtorsioni varie a carico naturale.
Solitamente la consapevolezza della necessità di questo tipo di allenamenti specifici matura dopo un
infortunio: solo allora si capisce quanto gli squilibri muscolari possano essere pericolosi. Nel mio
caso, sicuramente in uno squat pesante ho perso un po’ la curvatura e ho scaricato il peso del
bilanciere sui legamenti dell’articolazione sacroiliaca sinistra. In uno scenario in cui il bacino era
già sotto stress per un tipo di stacco a lui non congeniale, l’articolazione ne ha risentito.
Del resto, io non sono un vecchio artritico sedentario, perciò ho una muscolatura sicuramente
sufficiente per la vita quotidiana ed infatti non sentivo assolutamente dolore nelle normali attività,
solo che l’infortunio mi ha tolto la possibilità di fare squat per qualche mese!
Inserendo il front squat ho ottenuto ottimi benefici sul mio back squat, con sensazioni di “durezza”
e controllo migliorate assolutamente. Solo, ho dedicato a questo esercizio circa sei mesi mettendolo
come prioritario anche se il carico iniziale è stato 70Kg a fronte di allenamenti di back squat con
150Kg-160Kg. Adesso sto provando l’overhead squat, sono a 60Kg con obiettivo il mio peso
corporeo, 80Kg, che è considerato un buon risultato. Sono partito da 20Kg, stazionando sui 30-35
per molte sedute.
Credo che solamente questo tipo di approccio permetta di ottenere risultati e rimango sempre
perplesso quando leggo di schede con una valanga di esercizi per il “core”, per gli stabilizzatori, con
nomi in inglese assurdi: per come la vedo io, questa roba ha bisogno del rispetto che si merita e di
sicuro paccate di roba non servono a niente.
Volete allenare il “core”? Imbustate un sacchetto di cemento di 10Kg, fate una ricerca su Google
con “sand bag training” o cose del genere, scegliete UN esercizio nuovo incasinato che vi piace fra
quelli che trovate e praticatelo alla morte fino a che non siete almeno al livello “rookie”. A quel
punto aggiungete altri 5Kg di cemento.
Conclusioni
Se volete ottenere uno squat/stacco sicuro e potente, cioè “funzionale”, dovete stare DCSS. Dietro
questa parolina c’è una risma di carta di spiegazioni, perciò interiorizzatela studiando e praticando.
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Se dovete ricordarvi un particolare prima di una alzata massimale, se volete focalizzare un solo
punto dell’esercizio, se avete bisogno di un mantra da recitare per ipnotizzarvi… DCSS. Punto.
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