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Ricordiamo la definizione data a suo tempo: un sistema chiuso in equilibrio termodinamico se le sue condizioni permangono
indefinitamente invariate qualora non si abbiano variazioni nelle condizioni dellambiente. Abbiamo anche visto che
lequilibrio termodinamico presuppone lesistenza, contemporanea, dellequilibrio meccanico, chimico e termico.
Abbiamo infatti detto, a suo tempo, che propriet interne (o termostatiche) come la massa, il volume, la temperatura, la
pressione, la viscosit e cos via sono caratteristiche della materia in un sistema chiuso in equilibrio termodinamico
propriet interne anche per i sistemi aperti, per i quali valgono anche tutte le relazioni tra le
propriet interne esaminate per i sistemi chiusi (vale a dire equazioni di stato, relazioni tra calori
specifici, equazioni di Gibbs e cos via).
E QUAZIONE DI CONTINUIT
Cominciamo lanalisi delle equazioni principali, elencate nei paragrafi precedenti, su cui si basa lo
studio termodinamico dei sistemi aperti.
Consideriamo perci il sistema aperto della figura seguente:
1
Il sistema presenta, per semplicit, una sola sezione di ingresso (1) ed una sola sezione di uscita
(2).
Il bilancio di materia relativo al volume di controllo compreso tra le sezioni 1 e 2 e al generico
intervallo di tempo d, si pu effettuare nel modo seguente:
Sistemi aperti
massa (o peso)
massa (o peso)
massa (o peso)
entrante
=
uscente
+
accumulata
nell'intervallo d nell'intervallo d nell'intervallo d
14442444
3 14442444
3 14442444
3
dm1
dm 2
dm V .C .
dove, ovviamente, con dmV.C . abbiamo indicato la massa o il peso del volume di controllo, che in
termini finiti valutabile con la formula
m V .C. =
1
dV
v
V .C.
&1 =m
&2+
m
dm V.C.
d
Ovviamente, nel caso ci sia pi di una sezione di ingresso e pi di una sezione di uscita, la
relazione appena ottenuta pu essere immediatamente generalizzata:
m&
IN
m&
OUT
dm V.C.
d
Questa dunque l equazione di continuit per un sistema aperto avente un numero generico
di sezioni di ingresso e di uscita.
Un caso particolare si ha quando sussistono condizioni di regime stazionario (detto anche
regime permanente): in questo caso, tutte le propriet del sistema sono costanti nel tempo, per cui
nullo laccumulo di massa allinterno del sistema e quindi lequazione di continuit si riduce a
& TOT, IN = m
&i =
m
IN
m&
OUT
Se consideriamo il caso di una sola sezione di ingresso ed una sola sezione di uscita, otteniamo
&1 =m
& 2 e questa relazione, data larbitrariet della scelta delle due sezioni,
evidentemente m
3
Aw
v
dove w e v sono, rispettivamente, la velocit ed il volume specifico del fluido nella sezione
considerata.
& = Aw rappresenta la cosiddetta portata volumetrica, per cui la portata massica si
Il prodotto V
&
V
& = .
pu anche scrivere nella forma m
v
Adesso, supponiamo di essere in regime stazionario, per cui, come dimostrato prima, la quantit
Aw
& =
m
costante qualche che sia la sezione considerata. E evidente che la costanza della portata
v
massica non comporta, necessariamente, n la costanza della portata volumetrica n la costanza della
& costante, pu non esserlo il volume specifico. Possiamo perci
velocit: infatti, anche se m
affermare due cose:
in primo luogo, in regime stazionario, la costanza della portata
volumetrica richiede la costanza del volume specifico, il che si
verifica per le sostanze a comportamento incomprimibile;
in secondo luogo, se volessimo anche la costanza della velocit, ovvio che ci vorrebbe, oltre
alla costanza del volume specifico, anche la costanza dellarea A della sezione: abbiamo
cio costanza della velocit solo nei sistemi a sezione costante
attraversati da fluido a comportamento incomprimibile.
Sistemi aperti
&
Vogliamo calcolare lenergia connessa ad un generico elementino di fluido di massa dm = md
che, nellintervallo di tempo d, entra nel sistema o esce dal sistema. Questo elemento di fluido
possiede energia legata a vari fattori:
in primo luogo, possiede una energia interna dipendente dal suo stato termodinamico:
& ;
nellipotesi di moto unidimensionale, tale energia valutabile come de INT = umd
in secondo luogo, possiede una energia potenziale dovuta allesistenza del campo
gravitazionale: se indichiamo con z la quota del baricentro della sezione attraversata, misurata
rispetto ad una superficie equipotenziale di riferimento, possiamo valutare tale contributo come
& , dove g chiaramente laccelerazione di gravit;
de POT = zgmd
abbiamo anche una energia cinetica dovuta alla sua velocit: sempre nellipotesi di moto
w2
& ;
unidimensionale, possiamo valutare questo contributo come de CIN =
md
2
infine, c anche una energia di pulsione (o anche energia di pressione), ossia energia
dovuta al lavoro compiuto dal fluido che segue lelemento di fluido considerato, per spostarlo di
un tratto infinitesimo dx tale che dx = wd : indicata ancora una volta con A larea della
sezione attraversata dallelemento di fluido, questa energia espressa dalla relazione
& = pvmd
&
de P = L P = Fdx = ( pA )( wd) = pAwd = pVd
Premesso questo, vediamo di effettuare un bilancio di energia, sul volume di controllo, riferito
allintervallo di tempo d:
in primo luogo, dato il sistema aperto caratterizzato da una sola sezione di ingresso ed una di
& 1d
uscita, nellintervallo di tempo infinitesimo d prevista limmissione (sezione 1) di m
2
w
chilogrammi di fluido, cui competono le energie specifiche u 1 , gz 1 , 1 , p 1 v 1 , e la fuoriuscita
2
& 2 d chilogrammi di fluido, cui competono le energie specifiche
(sezione 2) di m
w 22
u 2 , gz 2 ,
, p2 v2 ;
2
in secondo luogo, il sistema scambia con lambiente una quantit di calore Q ed una quantit
di energia meccanica L (che, nei sistemi aperti, rappresenta generalmente lavoro di elica).
w 12
w 22
&
& 2 d + L + dE V.C .
+
+
+
=
+
+
+ p2 v2 m
u
gz
p
v
m
d
Q
u
gz
1
2
1
1 1
1
2
2
2
dove, in analogia a quanto visto per lequazione di continuit, il termine dE V.C . rappresenta lenergia
accumulatasi nellintervallo d: indicata con E V.C . lenergia totale del volume di controllo, essa
valutabile mediante la relazione
w2 1
E V .C . = u + gz +
dV
2 v
V .C.
Se ora dividiamo ambo i membri del bilancio di energia per d, otteniamo
w 12
w 22
Q
L dE V.C .
&1+
&2+
+ p1v1 m
= u 2 + gz 2 +
+ p2 v2 m
+
u 1 + gz 1 +
2
d
2
d
d
L
& = Q la
la potenza meccanica scambiata dal sistema, mentre Q
Il termine L& =
d
d
potenza termica scambiata: con queste posizioni, il bilancio diventa
w 12
w 22
dE V.C.
&
& 1 + Q = u 2 + gz 2 +
& 2 + L& +
+ p2 v2 m
+ p1v1 m
u 1 + gz 1 +
d
2
2
w 12
w 22
dE
&
h 1 + gz 1 +
m
& 1 + Q = h 2 + gz 2 +
m
& 2 + L& + V.C.
2
2
d
Tutti i termini che compaiono in questa equazione rappresentano delle potenze e quindi si
misurano, nel Sistema Internazionale, in W (o in kW).
Osserviamo immediatamente che dallequazione appena ottenuta possibile ottenere, come caso
particolare, la formulazione del primo principio per sistemi chiusi: infatti, se il sistema chiuso,
&1 =m
& 2 = 0 e quindi lequazione si riduce a
non ci sono flussi di massa, per cui m
moltiplicando
nuovamente
per
d,
questa
& = Q = Ld
& + dE V .C. = L + dE V .C. , cos come abbiamo gi trovato a suo tempo.
Qd
diventa
Sistemi aperti
Tornando ai sistemi aperti, vediamo che succede nellipotesi di regime permanente: in questo caso,
risulta ancora una volta nullo il termine di accumulo dE V.C . e risultano inoltre uguali le portate
massiche di ingresso e di uscita, per cui lequazione si riduce a
w2
h 1 + gz1 + 1
2
& = h + gz + w 2
& +Q
m
2
2
2
& + L&
m
& : con
& vengono chiamati portate entalpiche e indicati con il simbolo H
Talvolta, i prodotti mh
questa posizione, lequazione appena riportata diventa
w 12
w 22
&
&
&
&
& + L&
H 1 + gz 1 +
m + Q = H 2 + gz 2 +
m
2
2
Inoltre, spesso si preferisce far riferimento allequazione che si ottiene, da questultima, dividendo
&:
per la portata massica m
w 12
w 22
h 1 + gz 1 +
+ q = h 2 + gz 2 +
+l
2
2
Questa dunque una relazione tra energie specifiche, per cui tutti i suoi termini si misurano, nel
Sistema Internazionale, in J/kg (o in kJ/kg).
E bene per osservare che, mentre h , gz,
w2
rappresentano energie specifiche del fluido nelle
2
sezioni di ingresso e/o di uscita del sistema, i termini q ed l rappresentano invece il rapporto tra le
energie (termica e meccanica) scambiate3 (tra sistema ed ambiente) e la portata massica di fluido che
attraversa il volume di controllo. Questo vale, ovviamente, solo per sistemi aperti, in regime
permanente, con un unica sezione di ingresso ed un unica sezione di uscita.
Un altro caso particolare quello in cui il sistema aperto, in regime permanente, presenta una
velocit del fluido uguale allingresso ed alluscita e presenta inoltre baricentri delle sezioni di
ingresso e di uscita alla stessa quota: in questo caso, lequazione di prima si riduce a
h1 + q = h 2 + l
Se poi il sistema possiede pareti rigide e fisse e non presenta organi in movimento, risulta anche
l = 0 e quindi lequazione diventa semplicemente h = h 2 h 1 = q : in base a questa equazione, il
calore scambiato, per unit di massa fluente, pari alla variazione di entalpia specifica del fluido tra la
sezione di ingresso e la sezione di uscita. La cosa interessante che quella stessa relazione vale, per i
sistemi chiusi, solo nel caso di trasformazioni a pressione costante, mentre abbiamo appena visto che,
per i sistemi aperti, essa vale qualunque siano le pressioni nelle sezioni di ingresso e di uscita.
Consideriamo ora il caso di un sistema aperto, sempre in regime permanente, ma con scambi di
energia e di massa nulli: lequazione da usare
w 12
w 22
h 1 + gz1 +
= h 2 + gz 2 +
2
2
3
Ricordiamo che lo scambio di energia termica avviene, in questo caso, attraverso le superfici del sistema che sono impermeabili
alla materia
w2
w 12 w 22
h =
=
2
2
2
il che significa che, in un condotto orizzontale energeticamente isolato, in
condizioni di regime permanente, eventuali aumenti di energia
cinetica avvengono a spese dellentalpia o viceversa.
Infine, osserviamo che, quando sono nulli gli scambi termici, spesso le variazioni di energia cinetica
e di energia potenziale sono trascurabili, per cui lequazione da usare diventa semplicemente
q = (h 2 h1 ) + l
Se, adesso, consideriamo un sistema aperto avente pi sezioni di ingresso e pi sezioni di uscita, il
1 principio della termodinamica va scritto estendendo il bilancio a tutte le portate in ingresso e in
uscita: si ha in tal modo che
w2
w2
& = h + gz +
& + dE V.C.
m
m
h + gz +
&
&
+
+
Q
L
i
j
2
2
d
IN
OUT
i
j
Ovviamente, non avendosi pi ununica portata di fluido, non pi possibile scrivere il primo
principio in termini di energie specifiche.
Sistemi aperti
S& fl.ter .
s2 s1 =
S& V .C .
&
m
inoltre, nel caso di un sistema aperto adiabatico (cio S& AMB = 0 ), la presenza degli effetti
dissipativi implica che S& V.C. > 0 , il che si traduce, nel caso di una sezione di ingresso e una
sezione di uscita, in S& S& = S&
> 0 , ossia S& > S&
2
V .C.
S& S&
i
IN
= S& V .C .
OUT
Facciamo, sin dallinizio, lipotesi di regime permanente: sotto questa ipotesi, abbiamo visto che il
primo principio della termodinamica, scritto in termini di energie specifiche, assume la forma
w 12
w 22
h 1 + gz 1 +
+ q = h 2 + gz 2 +
+l
2
2
Adesso utilizziamo la 2 equazione di Gibbs al fine di legare tra loro le entalpie specifiche degli
dh
dp
stati 1 (ingresso) e 2 (uscita): lequazione ds =
v , ossia anche dh = Tds + vdp , e pu essere
T
T
facilmente integrata, in modo da ottenere
2
h 2 h 1 = Tds + vdp
q
e quindi il primo integrale diventa
T
immediato, visto che rappresenta il calore q scambiato durante il processo:
Se il processo considerato reversibile, sappiamo che ds =
h 2 h 1 = q + vdp
1
10
Sistemi aperti
Sostituendo adesso questa espressione del h nellequazione del primo principio, otteniamo
2
w2
w2
gz 1 + 1 + q = q + vdp + gz 2 + 2 + l
2
2
1
che pu anche essere riscritta nella forma
2
vdp + g( z
z1 ) +
1 2
w 2 w 12 = l
2
vdp + g(z 2 z1 ) +
1
1 2
w 2 w 12 + R = l
2
Questa equazione nota come equazione di bilancio di energia meccanica. Essa permette
di ricavare il lavoro di un sistema aperto, a patto a) di conoscere le propriet del fluido nelle sezioni
di ingresso (1) e di uscita (2) b) di poter integrare il termine vdp c) di poter calcolare la perdita di
carico (della quale ci occuperemo pi avanti).
Lequazione di prima viene anche usata per approssimare il comportamento reale di alcuni sistemi,
immaginando che il fluido si sposti da 1 a 2 secondo la politropica che passa per tali due stati
termodinamici. Facciamo allora lipotesi generica che la suddetta politropica abbia esponente n1 e
proviamo a risolvere lintegrale di vdp: ricordando che, per una politropica, risulta pv n = cos tan te ,
possiamo differenziare in modo da ottenere npv n 1 dv + v n dp = 0 e quindi anche che
npdv = vdp
Allora, lintegrale da risolvere risulta essere
2
vdp = n pdv
11
Lintegrale di pdv, per una politropica, stato gi risolto a suo tempo: infatti, se lequazione di
una generica politropica pv n = cos tan te , deve sicuramente risultare
pv n = p 1 v 1n = p 2 v n2
da cui segue che p = p1v1n
1
e quindi, sostituendo nellespressione dellintegrale, si ottiene
vn
2
v2
v1
n
pdv = p1v1
2
1
1
n
=
dv
p
v
1 1 n dv
n
v
v
v1
=
1
quando n1, si ha che pdv = p v
=
p
v
p
v
1 1
1 1
n 1 v n2 1
n 1 v n2 1 v1n 1
n 1 v n 1 v1
1
v
n
1 1
pdv = p v
1 1
ln
v2
v1
n 1
vdp = p1 v1
1
n v1n 1
1
n 1 v n2 1
vdp = p1 v1 ln
n = 1
1
v2
v
= p1 v1 ln 1
v1
v2
Se poi facciamo anche lipotesi che il fluido considerato abbia comportamento da gas perfetto,
possiamo porre pv = RT e quindi
2
n 1
vdp = RT1
1
v n 1
n
1 1n 1
n 1
v2
n =1
vdp = RT1 ln
1
v1
v2
12
Sistemi aperti
bilancio dellenergia (cio nel primo principio della termodinamica): il motivo che R
rappresenta energia meccanica che, nel volume di controllo, si
trasforma in energia interna (a causa degli attriti) e non
rappresenta perci energia in transito attraverso i confini del
sistema.
Come ultima considerazione, facciamo notare una differenza tra lequazione di bilancio di energia
meccanica e le equazioni di bilancio dellenergia (primo principio) e di bilancio di massa (equazione di
continuit): per queste due ultime equazioni, in caso di regime permanente, le ipotesi di moto
unidimensionale e di equilibrio termodinamico sono state necessarie solo nelle sezioni di ingresso e di
uscita, mentre non necessario che siano verificate in tutto il volume di controllo; al contrario, per
lequazione di bilancio dellenergia meccanica, sia a causa dellintegrale sia a causa del termine R,
necessario che quelle due ipotesi siano verificate in tutto il volume di controllo. In modo del tutto
analogo, mentre lequazione di bilancio di energia meccanica richiede la conoscenza del processo che
avviene nel volume di controllo, le altre due equazioni non necessitano di tale informazione.
L AMINAZIONE
Consideriamo un condotto (rigido e isolato) nel quale fluisce
condotto viene praticata una brusca strozzatura,
un setto poroso, si riscontra sperimentalmente
pressione tra la sezione 1 e la sezione 2, dovuta
strozzatura o dallostacolo:
sezione 1
sezione 2
w 12
w 22
h 1 + gz 1 +
= h 2 + gz 2 +
2
2
Se poi le sezioni 1 e 2 vengono anche scelte in modo da realizzare, in loro corrispondenza,
luguaglianza della velocit del fluido (w1 =w2) ed anche luguaglianza delle rispettive quote (z1 =z2 ),
quella relazione si riduce semplicemente a h 1 = h 2 , il che significa che lentalpia iniziale e quella
finale sono uguali. E bene sottolineare che questo non significa che il processo di
laminazione isoentalpico, per il semplice motivo che non si tratta
di un processo reversibile (visto che il movimento del fluido avviene a causa di un
gradiente di pressione).
13
Autore: Sandro Petrizzelli
E FFETTO J OULE-THOMSON
Abbiamo detto prima che un gas a comportamento ideale, che subisce un processo di laminazione,
rimane a temperatura costante (mentre la pressione diminuisce) prima e dopo il processo.
Sperimentalmente si osserva invece che i gas reali, in seguito ad una
laminazione, raggiungono una temperatura finale T2 che pu essere
maggiore, minore o uguale della temperatura finale T1 e che la
relazione tra T1 e T2 dipende dallo stato termodinamico iniziale e
dalla pressione finale p2.
14
Sistemi aperti
Un indice del comportamento della sostanza dato dal cosiddetto coefficiente di JouleThomson, definito dalla relazione
T
=
p h = cos t
Questo coefficiente pu essere determinato, in ogni stato, sul diagramma T,p. Si procede nel
modo seguente: si fissano arbitrariamente i valori T1 e p1 caratteristici dello stato iniziale;
successivamente, si attribuiscono via via valori diversi alla pressione finale p2 e, per ciascuno di essi,
si misura la corrispondente temperatura finale T2; si ottiene, in tal modo, una successione di punti
P2 ( p 2 , T2 ) che, rappresentati sul diagramma e uniti, costituiscono una linea passante per P1 ( p 1 , T1 ) :
dato che il processo di laminazione implica che h 1 = h 2 , tale linea costituisce lisoentalpica passante
per il punto 1.
T
Successivamente, si varia il punto P1 (e quindi anche h1) e si individua, con lo stesso procedimento,
lisoentalpica passante per tale punto. Iterando il procedimento, si individua, nel piano T,p, una
famiglia di curve ad entalpia costante: fissato un qualsiasi stato e individuato il corrispondente punto
del piano T,p, linclinazione della linea isoentalpica passante per tale punto misura proprio il
coefficiente di Joule-Thomson in quello stato.
Per le sostanze di maggiore interesse, il diagramma appena descritto disponibile in manuali
specialistici ed ha laspetto di quello riportato nella figura seguente:
15
Si osserva, nel diagramma, che, a partire da un certo valore di entalpia, le isoentalpiche presentano
un punto di massimo (tale cio che =0). La temperatura di questo punto di massimo prende il nome
di temperatura di inversione e la curva che collega i punti di massimo delle varie isoentalpiche
T
, a
prende il nome di curva di inversione: il motivo che, chiaramente, essendo =
p h = cos t
sinistra di essa risulta >0, mentre a destra risulta <0.
Se,
allora,
avviene
un
processo
di
laminazione,
c
una
diminuzione di pressione, cui consegue un aumento o una diminuzione
di temperatura a seconda che ci si trovi nella zona a >0 oppure in
quella a <0.
Ci sono poi particolari linee isoentalpiche che non intercettano la curva di inversione: in questo
caso, la laminazione non comporta mai un raffreddamento.
Naturalmente, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, se il fluido che subisce la laminazione
(si parla di fluido laminato) ha comportamento da gas perfetto, risulta =0 (in quanto, se h=0,
risulta anche T=0) e quindi le isoentalpiche, nel piano T,p, sono delle linee orizzontali.
r
F
superficie mobile
dw
dy
superficie fissa
r
Una forza costante F viene applicata parallelamente ad una delle
r superfici (quella mobile) e d
luogo ad un moto uniforme di tale superficie nello stesso rverso di F e con velocit dw rispetto alla
superficie fissa. In condizioni di regime, la forza esterna F bilanciata da una uguale forza interna
16
Sistemi aperti
r
dovuta alla viscosit del fluido: lintensit di questa forza tangenziale , per unit di area, risulta
dw
secondo un coefficiente detto viscosit dinamica del fluido:
proporzionale al termine
dy
r F
dw
= =
A
dy
Concludiamo dicendo dunque che il moto laminare di un fluido a viscosit
non nulla caratterizzato dallo scorrere del fluido stesso lungo
vene fluide ciascuna dotata di una velocit diversa da quella ad
essa adiacente.
Se il moto del fluido avviene, anzich secondo filetti regolari e
paralleli, seguendo traiettorie irregolari, casualmente variabili
nel tempo, si parla di moto in regime turbolento: in questo caso, le particelle di
fluido sono dotate di movimenti irregolari che si sovrappongono alla direzione principale del moto;
esse assumono velocit istantanee con componenti sia parallele sia perpendicolari allasse del
condotto.
E abbastanza intuitivo comprendere, in base a quanto detto, come in un moto a regime turbolento,
non sia possibile realizzare le condizioni di moto permanente. Tuttavia, estendendo losservazione ad
un intervallo di tempo sufficientemente esteso, si pu constatare che, mentre le componenti
perpendicolari allasse del condotto hanno un valore medio nullo, la componente lungo lasse ha un
valore medio non nullo, il che garantisce che il fluido si muova nella direzione voluta. Allora, se
questo valore medio risulta costante nel tempo e, inoltre, se risulta costante nel tempo anche il valore
medio di ogni grandezza interna, si pu parlare di moto in regime mediamente permanente.
Si potr, quindi, parlare propriamente di moto in regime permanente
solo se il moto laminare e risultano costanti nel tempo sia la
velocit sia tutte le propriet interne.
Osserviamo che, in generale, tutte le volte in cui, nel moto turbolento mediamente permanente, si
parla di propriet del fluido in un punto, ci si riferisce al valor medio, nel tempo, di quella propriet
in quel punto,
Numero di Reynolds
Dato un fluido in regime turbolento, se ci sono dei vortici significa che c trasporto di quantit di
moto, di massa, oltre che eventualmente di calore, che si sovrappongono al trasporto che si svolge su
scala molecolare (detto trasporto diffusivo).
Gli sforzi tangenziali del fluido, dovuti alla viscosit, tendono a stabilizzare il moto laminare,
mentre si oppongono a tali sforzi le forze di inerzia, legate alla densit ed alla velocit del fluido.
Sono dunque queste forze a determinare lesistenza del regime laminare o di quello turbolento nel
moto del fluido: avremo regime laminare se prevalgono le forze viscose,
mentre avremo regime turbolento se prevalgono le forze di inerzia4.
E stato anche verificato sperimentalmente che linstaurarsi, in una sezione di un condotto percorso
da un fluido, di uno dei due regimi di moto dipende dai valori assunti, nella sezione considerata, dai
seguenti parametri:
Di questo aspetto ci si occuper con maggiore dettaglio nel capitolo sulla trasmissione del calore per convezione, in cui si danno
dei cenni abbastanza significativi di fluidodinamica
17
velocit media w;
densit media ;
viscosit media ;
diametro equivalente del condotto: questo parametro tiene conto del condotto entro il quale
4A
scorre il fluido ed definito come D EQ =
, dove A larea della sezione e P il cosiddetto
P
perimetro bagnato (che nei tubi circolari completamente riempiti coincide con il diametro
reale).
I dati sperimentali hanno evidenziato, in particolare, che il regime di moto che si determina nella
sezione, funzione dei 4 parametri prima elencati, dipende dalla seguente particolare combinazione dei
4 parametri:
N Re =
wD EQ
A proposito del numero di Reynolds e della sua funzione, bene osservare una cosa: abbiamo
detto prima che i dati sperimentali mostrano che linstaurarsi di uno tra il regime laminare e
quello turbolento dipende dai valori assunti, nella sezione considerata, da velocit media, densit
media, viscosit media e diametro equivalente. Ci significa, a rigore, che dovremmo considerare
il valore di tutti e 4 questi parametri e quindi che ci interessiamo a tutte le grandezze che li
definiscono, vale a dire la lunghezza, la massa ed il tempo. Allora, per semplificare il problema ed
arrivare al numero di Reynolds, noi sfruttiamo un particolare teorema in base al quale
possibile affrontare il problema in esame, anzich usando i parametri
fisici, utilizzando degli opportuni parametri adimensionali, quale appunto
Concludiamo il paragrafo osservando che le equazioni presentate in questo capitolo sono state
ricavate nellipotesi di moto unidimensionale. Questa ipotesi non mai verificata rigorosamente, ma,
mentre risulta accettabile nel caso del moto turbolento, diventa molto meno accettabile nel caso di
moto laminare, dove landamento delle propriet variabile con continuit dalle pareti allasse del
condotto (risentendosi, in tutta la sezione, leffetto delle pareti).
18
Autore: Sandro Petrizzelli
Sistemi aperti
Abbiamo detto, a suo tempo, che il termine positivo R (detto perdita di carico) rappresenta la
potenza meccanica, rapportata alla portata massica di fluido, dissipata a causa della viscosit del
fluido. Vogliamo allora vedere come si pu calcolare il valore di R.
Consideriamo il caso di moto in condotti: questi sono generalmente costituiti da tronchi di sezione
costante ad asse rettilineo, tra i quali sono inseriti brevi tratti nei quali la vena fluida subisce
variazioni brusche di sezione o di direzione per la presenza di valvole, raccordi, gomiti, diramazioni,
ecc. Possiamo allora distinguere di tipi di perdite di carico:
sono perdite di carico continue o distribuite quelle che si determinano nei tratti a sezione
costante e ad asse rettilineo;
sono perdite di carico localizzate o accidentali quelle che si verificano nei tratti in cui ci
sono variazioni brusche di sezione o di direzione.
R=
L w2
D EQ 2
Sistema Tecnico
R=
L w2
D EQ 2g
dove L rappresenta la lunghezza del tronco di condotto in esame, D EQ il suo diametro equivalente e
un coefficiente adimensionale detto coefficiente di attrito. Questo coefficiente
risulta essere funzione della viscosit, della densit e della
velocit del fluido oltre che delle caratteristiche geometriche del
condotto e dello stato superficiale delle superfici interne del
condotto stesso. E possibile esprimere questa dipendenza in funzione di due soli parametri
adimensionali, che sono il numero di Reynolds N Re precedentemente introdotto e la scabrezza
19
64
(cio inversamente
N Re
proporzionale ad N Re ), mentre invece, per il regime turbolento (cio N Re > 4000 ), ci sono
espressioni diverse (e pi complicate) a seconda del valore di N Re e a seconda che si tratti di tubi lisci
oppure di tubi scabri.
20
Sistemi aperti
Ricordiamo che labaco di Moody usa scale logaritmiche su tutti e 3 gli assi.
Dallesame dellabaco di Moody si osserva una interessante propriet del coefficiente : risulta
infatti inversamente proporzionale a N Re alla prima potenza nel regime laminare e ad una potenza
compresa tra 0.25 e 0.35 in zona di transizione; esso invece non dipende da N Re nella zona di
completa turbolenza.
wD EQ
L w2
In base alla relazione R =
, e ricordando anche che N Re =
, ci accorgiamo che le
D EQ 2
perdite di carico R risultano proporzionali a w (velocit media del fluido) nel regime laminare, dove
64
1.651.75
abbiamo detto che =
, a w2 nel regime completamente turbolento ed a w
nella zona di
N Re
transizione.
L w2
Lultima considerazione da fare la seguente: la relazione R =
vale per tratti di
D EQ 2
condotti nei quali la velocit del fluido e il coefficiente sono costanti; in particolare, la costanza di
richiede la costanza di N Re e di
. Allora, se non ci si dovesse trovare in tali condizioni, basta
D
utilizzare le nuove relazioni
1 w2
Sistema Internazionale
R =
dL
D EQ 2
L
Sistema Tecnico
R=
L
21
1 w2
dL
D EQ 2g
Sistema Tecnico
w2
2
w2
R' =
2g
R' =
L EQ w 2
w2
=
= R'
D EQ 2
2
R=
L EQ w 2
w2
R=
=
= R'
D EQ 2g
2g
D
.
E SEMPI NUMERICI
Attraverso un recipiente fornito di agitatore fluiscono 1000 kg/h di fluido; in condizioni di
regime permanente, nella sezione di ingresso, posta a 30 cm dal piano di riferimento,
lentalpia del fluido di 32 kcal/kg e la velocit di 3.8 m/s. Nel recipiente, il fluido viene
riscaldato con una potenza termica di 180 kcal/min; nella sezione di uscita, posta a 2.5 m
dal piano di riferimento, lentalpia di 50 kcal/kg e la velocit di 2.4 m/s. Determinare la
potenza meccanica somministrata al fluido.
Per risolvere questo esercizio dobbiamo effettuare un bilancio energetico per il fluido in esame, il
che significa che dobbiamo applicare il primo principio della termodinamica, ovviamente per sistemi
aperti. Abbiamo allora visto che lespressione pi generale di tale principio la seguente:
22
Sistemi aperti
2
w2
& = h + gz + w 2 m
& + dE V.C.
&1 +Q
&
h 1 + gz 1 + 1 m
+
L
2
2
2
2
2
d
La prima semplificazione che possiamo fare deriva dallipotesi di regime permanente, cio
dallipotesi che tutte le propriet del sistema siano costanti nel tempo. Questa ipotesi, come abbiamo
visto prima, comporta due conseguenze fondamentali:
la prima deriva dallequazione di continuit e ci dice che la portata massica costante per tutte
&1 =m
& 2 =m
& ;
le sezioni di ingresso e di uscita: quindi m
la seconda , invece, che
dE V.C.
= 0 , dove dE V.C. rappresenta lenergia che si accumula nel
d
volume di controllo.
Sotto queste condizioni, la relazione da applicare si semplifica: usando le
2
w2
& = h + gz + w 2 m
&
h 1 + gz 1 + 1 m
& +Q
2
& +L
2
2
2
E bene per precisare che questa relazione vale solo se si usano le unit di misura del Sistema
Internazionale. Al contrario, la traccia ci fornisce i valori numerici espressi secondo il Sistema
Tecnico: in questo sistema di misura, il primo principio della termodinamica leggermente diverso e,
precisamente, ha espressione
2
w2
& = h + z + w 2 m
& +Q
& + L&
h 1 + z 1 + 1 m
2
2
2g
2g
Tutti i termini di questa relazione sono ancora delle potenze, per cui si misurano in kcal/s oppure
anche in kpm/s.
In questa relazione, lunica incognita la potenza meccanica scambiata dal fluido, che quindi pu
essere calcolata:
2
w2
& h + z + w 2 m
& +Q
L& = h1 + z1 + 1 m
2 2 2g & =
2g
2
2
2 m
2 m
(
(
3.8) 2
2.4) 2
kcal
1
s 1000kp + 180 kcal 50 kcal + 2.5m + 1
s
= 32
+ 0.3m +
kp
m
m
2
h
min
kp
2
9.8 2
9.8 2
s
s
1000kp =
3600 s 60 s
3600 s
kpm
10 kp
10 kp
= (1366m + 0.3m + 0.74m)
+ 3 4.27 102
(21350m + 2.5m + 0.3m)
=
36 s
36 s
s
kpm
kpm
kpm
kpm
379
+ 1281
5930
= 4270
s
s
s
s
Essendo di segno negativo, questo lavoro stato somministrato al fluido in esame.
23
Osserviamo che, nei calcoli appena svolti, stata molto importante lanalisi dimensionale delle
singole grandezze, al fine di usare gli opportuni fattori di conversione: in particolare, si fatto ampio
uso del fattore di conversione 1 kcal = 4.27 * 102 kpm.
Notiamo infine come i termini cinetici e potenziali siano decisamente trascurabili rispetto alle
entropie specifiche in ingresso ed in uscita.
w2
& = h + gz + w 2 m
& +Q
& + L&
h 1 + gz1 + 1 m
2
2
2
2
24
Sistemi aperti
Note le pressioni iniziali e finali e nota la temperatura iniziale, risulta immediatamente individuato
anche lo stato finale del processo: leggendo i valori di s1 ed s2 direttamente sul diagramma, si
determina s: nel nostro caso, risulta 0.526 kJ/kgK. Moltiplicando questa quantit per la portata
massica, otteniamo la variazione oraria di entropia:
(s )oraria
& = 0.526
= s m
kJ
kg
kJ
1000
= 526
kgK
h
Kh