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Marco Ercoles

Dalla lirica al dramma (e ritorno).


A proposito di un recente volume sui cori sofoclei

Abstract
Notes on the relationship between choral melic and dramatic choral forms on the margins of A.
Rodighieros study on Sophoclean choruses (Tbingen, Narr, 2012).

Osservazioni sul rapporto tra melica corale e forme meliche drammatiche a margine del volume
di A. Rodighiero sui cori sofoclei (Tbingen, Narr, 2012).

Soprattutto a partire dallinfluente studio di Herington (1985) sul rapporto tra la tragedia
e la precedente tradizione poetica, lindagine sul tema si andata vieppi intensificando
in parallelo con un rinnovato interesse per la melica, le sue forme espressive, i suoi
contesti esecutivi con il risultato di illuminare sempre meglio i legami (e gli scarti)
esistenti tra i lyrica drammatici e le forme meliche extra-drammatiche1. Contributi
importanti e rappresentativi di questo indirizzo critico sono quelli raccolti nelle
miscellanee curate da H. Golder S. Scully (1994-1995) e da F. Perusino M.
Colantonio (2007), nonch la lucida sintesi di G. Hutchinson (2001, 427-39) e la
monografia di L. Swift (2010)2.
Spetta a Herington (1985, 39) il merito di avere rimarcato con forza che vi no
unbridgeable gap between the poetry and the drama of the Greeks, as there is between
our poetry and our drama, in quanto both were performing arts. Con riferimento
specifico alla melica corale, lo studioso ha osservato come essa non solo impiegasse le
stesse modalit artistico-espressive del dramma il testo poetico, la musica e la danza
ma anche (notably in Alcmans hands) had a strong tendency to become a kind of
drama itself (p. 40); le stesse occasioni della melica, inoltre, erano in parte coincidenti
con quelle della poesia drammatica: the tragedies, like [] several kinds of choral
lyric, were performed in officially organized contests, ag nes mousikoi (p. 40).
Reagendo ai tentativi, compiuti da pi parti, di connettere la tragedia e le sue strutture
formali a determinate pratiche rituali3 e muovendosi sulla scia di G. Else4, Herington

1
Tra gli studi precedenti ad Herington meritano di essere ricordati almeno i lavori di impostazione tra
loro differente di ADAMI (1900), KRANZ (1933, 13-266), DAVISON (1968), PANAGL (1971) e FLEMING
(1977).
2
I riferimenti forniti non intendono essere in alcun modo esaustivi, ma meramente indicativi; ulteriore
bibliografia reperibile nei volumi indicati.
3
Si vedano le teorie passate in rassegna da ELSE (1965, 26-31).
4
Cf. soprattutto ELSE (1957 e 1965, 1-8, 26-31). Per usare le parole dello studioso, la novit del suo
approccio consiste fondamentalmente nel ritenere che tragedy was not the end-result of a gradual

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(1985, 79-81, 123s.) ha preparato il terreno per i successivi studi sulla presenza e sulla
funzione di ben riconoscibili tipologie di poesia melica in mbito tragico, mostrando
limportanza della tradizione poetica non-drammatica non solo (e non tanto) per la
preistoria e la protostoria del genere tragico, ma anche (e soprattutto) per la fase a noi
meglio nota, cio a partire dai Persiani di Eschilo unimportanza, del resto, gi
riconosciuta dagli antichi, se vero che nelle Rane (vv. 1280-95) Euripide accusa
Eschilo di avere ripreso i suoi dalla tradizione del canto citarodico5.
Il limite maggiore nellimpostazione dello studioso inglese peraltro
comprensibile alla luce della sua reazione allapproccio ritualistico alla tragedia
consiste nellavere trascurato completamente la dimensione rituale della performance
corale nella Grecia arcaica e classica, riconosciuta e valorizzata dalla critica soprattutto
a partire dagli studi di B. Gentili e C. Calame6. Tale dimensione centrale non solo per
comprendere appieno la melica corale extradrammatica, composta in vista e in funzione
di precise occasioni pubbliche o semipubbliche, ma anche per apprezzare linserzione di
(o il riferimento a) forme meliche corali in uno stasimo, come hanno mostrato, tra gli
altri, P.E. Easterling, A. Bierl, lo stesso C. Calame e A. Henrichs7: se un Coro tragico
esegue un inno a Zeus ([] per esempio, quello, grandioso, che apre e chiude, a
cornice, il primo stasimo delle Supplici di Eschilo, vv. 524-99), quellinno, oltre ad
assecondare un evento del dramma, veniva percepito da chi stava a teatro con le stesse
emotivit e finalit che provava nelle cerimonie di culto reali8. In altri termini, il forte
legame tra un certo tipo di canto e loccasione per cui era composto, cos caratteristica
della song culture, faceva in modo che la trasposizione di quel canto nel mondo della
finzione drammatica comportasse il parallelo trasferimento delloccasione stessa, della
sua atmosfera e delle attese ad essa connesse attese che il poeta tragico poteva
rispettare o, come spesso accade, violare per ottenere un effetto distonico e conseguire
un forte impatto emotivo9. Lefficacia di una simile operazione era garantita dal fatto
che il pubblico della tragedia era lo stesso che partecipava alle diverse occasioni delle

development but the product of two successive creative acts by two men of genius. The first of these men
was Thespis, the second was Aeschylus (ELSE 1965, 2). A ci si unisce la convinzione che il legame fra
tragedia e Dioniso (e dionisiaco) si riduce fondamentalmente al fatto che le tragedie erano presentate nel
corso di feste per il dio (there is no solid evidence for tragedy ever having been Dionysiac in any sense
except that it was originally and regularly presented ad the City Dionysia in Athens []. There is no
reason to believe that tragedy grew out of any kind of possession or ecstasy (Ergriffenheit), Dionysiac or
otherwise, p. 7).
5
Aristofane cita, a tale proposito, alcuni versi cantati dellAgamennone (vv. 109, 111s.) e di altre tragedie
pervenute solo in forma frammentaria (frr. 84, 236, 282 R.2).
6
Cf. ad es. GENTILI (1965; 20064); CALAME (1977a; 1977b).
7
Cf. EASTERLING (1988); BIERL (1991 e, con riferimento al coro comico, 2001, in part. 300-61); CALAME
(1994-1995 versione riveduta: 1997 1999, 2007); HENRICHS (1994-1995 e 1996). Ulteriore
bibliografia in HENRICHS (1994-1995, 56s.) e nel volume di Rodighiero qui recensito (p. 10 n. 6).
8
Cos VETTA (2007, 216s.), sulla scorta degli studi di BIERL (1991 e 2001).
9
Cf. e.g. RUTHERFORD (1994-1995, 124-27). Lespressione song culture, oggi largamente impiegata
con riferimento alla cultura greca arcaica e classica, si deve a HERINGTON (1985, 3-5).

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performances corali e che partecipava, dunque, dello stesso orizzonte religioso e rituale
del poeta tragico, il quale, del resto, poteva essere compositore di canti per tali
occasioni: si pensi a Sofocle, autore di un peana per la vittoria di Salamina (PMG 737b
= Pae. 32 Kppel), o ancora ai peani di Frinico menzionati da Timeo di Tauromenio
(FGrHist 566 F 32, 6-13). A tale proposito, bene tenere presente anche che la tragedia
era parte integrante del summenzionato orizzonte religioso e rituale, situata comera nel
contesto di precise occasioni festive e considerata dagli Ateniesi come una particolare
forma di performance corale, come ha posto in evidenza Wilson (2000, 2, 6 e nn.
19s.)10.
Entro queste coordinate si pone il recente volume di A. R(odighiero) dedicato
allesame dei generi lirico-corali nella produzione drammatica di Sofocle (cos recita
il titolo), in particolare nel secondo stasimo dellAiace (vv. 693-718), nel primo stasimo
delle Trachinie (vv. 497-530), nella parodo, nel terzo e nel quinto stasimo dellAntigone
(vv. 100-61, 781-800, 1115-54).
Lo studio muove da un duplice presupposto, come R. chiarisce nellIntroduzione:
(1.) la centralit del testo dei corali sofoclei e del loro stile, inteso come somma di
componenti formali e lessicali che ne determinano la struttura e ne assicurano lefficacia
allinterno del contesto di cui sono parte, vale a dire il genere della tragedia di V secolo
a.C. (p. 7); (2.) la particolare posizione della tragedia nel sistema dei generi poetici
det classica, allinterno del quale essa si colloca idealmente e cronologicamente al
crocevia ma anche al vertice della storia della poesia lirica greca di et arcaica e
classica (p. 7). Ci fa s che la trattazione prenda le mosse da unattenta analisi dei
passi sofoclei, considerati in s e nelleconomia dellopera drammatica, prima di cercare
di riconoscervi coloriture di genere, il che evita quel rischio di eccessiva rigidit o di
parzialit dellanalisi che potrebbe invece derivare dal procedimento opposto (unanalisi
dei passi alla luce del genere poetico in esso ravvisabile); lo mostra con chiarezza un
caso come quello del primo stasimo delle Trachinie, in cui si riscontra una Kreuzung di
pi forme meliche (vd. infra). Resta tuttavia da chiarire che cosa debba intendersi per
genere con riferimento alla poesia greca arcaica e classica: R. pensa, sulla scia di
Calame (1974, 124) e Swift (2010, 16s.), ad unistituzione in grado di orientare [] le
pratiche di composizione e di scrittura attraverso una serie di competenze e di regolarit
formali riconosciute e condivise da poeta e comunit in maniera pi o meno
esplicita (p. 11). In altri termini, nella definizione del genere sono tenuti presenti sia il

10
P. 2: well into the later classical period, drama was conceived of as a choral form. Si vedano, sulla
stessa linea, FOLEY (2003, 2-12), KOWALZIG (2007, 221-26) e KITZINGER (2012, 385). Vd. inoltre VETTA
(2007, 220s.), il quale evidenzia come proprio nella composizione delle parti cantate il poeta mettesse
maggiormente in gioco la propria vocazione artistica. Si pu ricordare, a questo proposito, la critica dei
lyrica di Eschilo e di Euripide nelle Rane di Aristofane (su cui cf. ora DI MARCO 2009 e 2011). Sul
quadro delle occasioni ateniesi di performances corali si veda, da ultimo, il quadro tracciato dalla SWIFT
(2010, 35-60).

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criterio (esterno) del tipo di occasione e della funzione del componimento allinterno di
esso, sia il criterio (interno) della struttura del discorso e delle sue caratteristiche formali
(si veda in part. p. 10 n. 9).

La distinzione tra criterio esterno (funzionale) e criterio interno (formale) di individuazione del genere
poetico ricalca, in buona sostanza, quella tra la classificazione dei generi propria dellepoca arcaica (e
ancora di buona parte del V sec. a.C.) e quella affermatasi a partire dalla fine del V sec. a.C.: cf. Gentili
(1967, 39ss.; 20064, 64-66); Gentili Cerri (1983, 103-109); Ford (2002, 8-22), che cos sintetizza: the
archaic contextual meanings were typically replaced by rhetorical ones that defined song types according
to content and form. The paean affords an example of this reduction. For the Hellenistic critic, the paean
could be defined formally as a choral song and thematically as devoted to Apollo (or his sister Artemis)
(p. 11). ovvio, tuttavia, ed stato da pi parti osservato11, che il criterio interno era implicitamente
presente al poeta nellatto compositivo, quando sceglieva di utilizzare determinati tratti formali codificati
dalla tradizione (e di escluderne altri) allo scopo di perseguire al meglio la propria strategia comunicativa
nel contesto di una certa occasione. Tale criterio, peraltro, non poteva non essere presente al poeta
drammatico nel momento in cui innestava determinate costanti formali nei propri corali per suggerire al
pubblico una precisa associazione con una certa occasione e con la tipologia di canto che
tradizionalmente la caratterizzava: alloccasione reale (lagone in occasione della festa di Dioniso) se ne
assommano, in questo caso, altre di secondo livello (rappresentate o anche solo evocate).
Sia permessa ununica riserva sullutilizzo del termine genere: la scelta di qualificare il peana, il
ditirambo, liporchema, etc., come generi lirico-corali, che R. condivide con una parte della critica,
rischia forse di oscurare quella sostanziale unit della produzione melica, individuata dal termine
onnicomprensivo di inno (Gentili Cerri 1983, 107). Whatever discriminators we use verse form,
civic or individual, solo or group, spoken or sung, religious or secular we find overlaps and
imprecisions. Paeans are most commonly performed by groups but are sometimes performed by
individuals; hymns to the gods can be performed in large civic celebrations but also at symposia.
Secular forms such as the victory ode inevitably have a religious content in a society where sacred and
secular always to some degree coexist (Carey 2009, 22). E si pensi ancora ai cinque motivi tematici
individuati da H. Frnkel come caratteristici dellepinicio e comuni, nondimeno, alla maggior parte delle
composizioni della lirica corale (Calame 1977b, XXII), oppure alla struttura del componimento
costituita da proemio con invocazione alla divinit, sezione mitico-narrativa e conclusione centrata
sullhic et nunc della celebrazione festiva, comune a tutte le forme di melica cultuale (cf. Pulleyn 1997,
46; Carey 2009, 28). Ci si pu chiedere, pertanto, se non sia preferibile la scelta di designare come
genere la melica nel suo complesso e come specie (o forme o sottogeneri) le sue articolazioni,
particolari declinazioni di un comune patrimonio poetico-musicale (fatto di dizione, miti e motivi
tematici, ritmi, melodie e figure orchestiche) determinate, in maniera comunque flessibile, dai contesti
esecutivi (cos Cingano 1998, 101-104 e Neri 2010, 34-38)12. In questo modo, il cosiddetto criterio

11
Cf. e.g. ROSSI (1971); CALAME (1974, 124); CERRI (2007, 179s.), che critica lidea dellesistenza di
vere e proprie leggi del genere; CAREY (2009, 33); SWIFT (2010, 16s.); NICOLAI (2013, 373-76).
12
Il termine genere richiama inevitabilmente la moderna categoria del genere letterario, ma occorre
precisare che questa (inevitabile) sovrapposizione impropria e possibile solo per approssimazione. La
melica appare, nel suo complesso, una somma di forme poematiche dai confini sfumati (per via dei tratti
tematici e formali in comune) ed individualizzate soprattutto dal legame con una precisa occasione e
funzione (da cui dipende la strategia comunicativa adottata dal poeta). Riservare alle singole forme
poematiche la designazione di genere rischia di assegnare loro contorni pi netti di quelli che in realt
possedevano. Per uninformata e stimolante discussione sulla categoria di genere letterario con
riferimento alla poesia greca arcaica cf. IANNUCCI (2011, 75-77), che perviene alla seguente conclusione:
la poesia greca arcaica esametrica, melica, elegiaca e anche corale si profila come un genere unitario,
prodotto di ununica dizione comune che si articola su diversi codici linguistici e metrico-musicali; per
comodit e continuit rispetto a una terminologia tradizionale possiamo anche continuare a chiamare
generi tali codici, ma occorre sempre tenere nella dovuta considerazione il fatto che almeno per quanto

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esterno o funzionale non viene meno, ma opera piuttosto come elemento distintivo delle diverse forme
della melica.

Lesame dei corali sofoclei occupa i quattro capitoli di cui si compone il volume.
Segue unappendice sul reimpiego sofocleo della formula epica +
idionimo al genitivo.

Nel capitolo I (pp. 19-60) preso in esame il secondo stasimo dellAiace (vv. 693-718), tradizionalmente
considerato uno stasimo iporchematico, se non un iporchema posto in sostituzione dello stasimo (cos,
ad es., R. Jebb e G. Perrotta). R. corregge questo tipo di approccio e propone giustamente di riconoscervi
uno stasimo nel quale Sofocle ha innestato elementi evocativi delliporchema, primo fra tutti il rapporto
di reciproca interdipendenza fra parola, canto e danza di cui le fonti sulliporchema informano (p. 60),
evidente soprattutto ai vv. 693 ( ) e 701 (
), nonch il carattere frenetico dei movimenti orchestici, indicato sia dai verbi e
che dal riferimento alle concitate danze frigie e cretesi (v. 699) in onore della Gran Madre
Cibele e dei suoi mitici seguaci (Cureti e Coribanti). Ulteriori tasselli che connotano la fisionomia dello
stasimo come espressione melica sono la possibile imitazione di una danza in armi favorita dal contesto
epico della fiction drammatica e lintrusione di elementi innodici con imitazione del refrain peanico
(p. 60). Pi di una tipologia melica/orchestica risulta pertanto presente nello stasimo, che appare una
forma di canto insieme nuova e antica: antica perch tali sono i suoi elementi costitutivi, ma nuova perch
nellassetto formale di tali elementi traspare una massiccia presenza autoriale che regola sapientemente i
registri (p. 53) in funzione del canto stesso e del resto del dramma. La gioiosa concitazione e lurgenza
della performance corale sono in contrasto con la gravit della situazione drammatica, ma, in fondo,
anche con la misurata e simmetrica struttura dello stasimo, pi che mai evidente nei parallelismi metrico-
verbali tra strofe e antistrofe, che si aprono con analoghe invocazioni (vv. 693s. ~ 707s.) e presentano ai
vv. 699-701 (str.) e 712-14 (ant.) un identico word-pattern. Leffetto musicale risultante da tali
parallelismi doveva essere quello di un forte legato (p. 55). Sul piano del contenuto, invece, particolare
pregnanza assume la costruzione simmetrica della strofe, articolata in due sezioni innodiche
strutturalmente analoghe (vv. 694-700 e 702-705), separate da una cerniera (v. 701): le due divinit
invocate, Pan e Apollo, appaiono strettamente associate e limpressione rafforzata dal refrain
peanico del v. 694 (vd. pp. 49s.) come figure favorevoli allattivit corale e capaci,
con la loro partecipazione alla performance in atto, di costituire un sigillo di convenienza e [una]
garanzia di opportunit per la gioia in eccesso (p. 51). Di pi, R. (pp. 47s.) suggerisce cautamente, sulla
scorta di Mazzoldi (1999, 182), che la presenza di Pan possa richiamare il rituale panico della danza
convulsa ed estatica che serve a liberare dalla follia indotta dal dio: la danza del Coro assumerebbe
pertanto valore catartico nella vicenda scenica e sancirebbe la (presunta) avvenuta guarigione del
protagonista.
Di particolare interesse la discussione sullespressione ! (vv. 699s.), in
cui R. riconosce un costrutto di invenzione sofoclea, una cercata e metonimica variante della liaison
Frigia-Creta, [], dove di Misia rinvia alla Frigia e di Cnosso allisola: le danze in onore della Gran
Madre frigia, assimilata ad un certo punto (probabilmente gi a partire dalla prima met del V sec. a.C.:
vd. p. 34) con la Rea venerata a Creta, sarebbero qui denominate, con variatio, misie per rifuggire
lequivalenza frigio = troiano non inusuale in mbito drammatico che costituirebbe una stonatura
se riferita alle danze di truppe greche durante lassedio di Troia. A questa R. unisce una seconda
motivazione per giustificare limpiego di : la possibilit che Sofocle abbia inteso inserire nel brano
una connotazione trenodica, quale era associata alle melodie misie in et classica (cf. Aesch. Pers. 106,
Tim. PMG 791,100-106), facendo cos risaltare laleatoriet della gioia del Coro allinterno dello stesso
corale.
Argomento del capitolo II (pp. 61-101) il primo stasimo delle Trachinie (vv. 497-530), la cui
analisi stilistico-retorica, lessicale e metrica porta R. a parlare di una vera e propria confluenza di generi

riguarda let arcaica e classica si tratta di declinazioni di una stessa, comune e unitaria forma di
comunicazione letteraria: la performance poetica (p. 89).

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lirici (pp. 61, 101): lesordio, con la celebrazione della potenza di Afrodite, laretalogia costruita per
exempla e il ritorno alla dea a conclusione dellantistrofe rievocano linno cletico; landamento narrativo
del canto e la mancanza di riferimenti espliciti al momento in cui si svolge la performance, unitamente
allalta percentuale di termini composti, ricordano il ditirambo bacchilideo; la presenza di lessico agonale
(lo scontro tra Eracle e Acheloo descritto come un agone alla presenza di Afrodite, giudice della gara ed
ella stessa vincitrice di contese: cf. v. 497) e delleroe-atleta per eccellenza, Eracle, nonch il ricorso ai
katenoplion-epitriti e a stilemi e movenze ricorrenti negli epinici pindarici (ad es., ai vv. 503-506,
linterrogativa che introduce lidentificazione di qualcuno/qualcosa nominato subito dopo) richiamano,
per lappunto, i canti in onore degli atleti vittoriosi; la seconda parte dellepodo (vv. 523-30),
caratterizzata da un ritmo pi rallentato rispetto alla prima (vv. 517-22), presenta infine termini che
rinviano allunione coniugale ed una chiara metafora di questultima (la sposa aggiogata come una
giovenca), nei quali si scorge un rinvio allepitalamio.
Nel contesto della suddetta analisi si inscrive un tentativo, invero attraente, di ricostruzione della
performance orchestica che poteva accompagnare lo stasimo (pp. 79-89). Partendo dalle considerazioni di
Davidson (1986, 40), secondo cui sarebbe irragionevole ritenere che riferimenti di una certa ampiezza a
danze fuori scena fatti dal Coro non siano in qualche modo messi in atto dai coreuti e resi cos visibili al
pubblico, R. propone che lesecuzione dello stasimo potesse prevedere una fusione tra emmeleia tragica
e altri movimenti di natura mimetica (p. 86) che rappresentassero visivamente lo scontro tra Eracle e
Acheloo descritto ai vv. 507-22 (antistrofe e prima parte dellepodo) una coreografia che probabilmente
riprendeva figure e movenze proprie delle danze ginniche (come lanapale) o guerresche (come la
pirrica). Sul piano della disposizione del Coro, R. propone che, per meglio realizzare lazione descritta nei
suddetti versi, esso potesse dividersi in due parti simmetriche (6 o 7 elementi)13, con un elemento isolato
(il corifeo? Il corodidascalo?) che rimaneva al centro dellorchestra: mentre le due met del Coro
marciavano a passo di danza verso il centro, [v. 514], riproducendo lapprocciarsi dei due
contendenti, lultimo elemento personificando Afrodite sarebbe rimasto immbile nel ruolo di giudice
e di arbitro (p. 87).
Il capitolo III (pp. 103-37) dedicato alla parodo dellAntigone (vv. 100-61), che si configura
come una struttura unitaria nonostante larticolazione in blocchi (strofe e sistemi anapestici) ben scanditi:
le varie parti risultano tra loro connesse sia sul piano fonico che sul piano lessicale e metrico (si veda
lanalisi condotta nel 4). Lattacco del brano presenta chiare movenze innodiche che richiamano
lintonazione di un peana di vittoria e che, pi specificamente, ricalcano allusivamente (p. 109) lincipit
del Peana 9 di Pindaro (fr. A1 Rutherford), non solo verbalmente ma anche sintatticamente (presenza di
due apostrofi al Sole, una delle quali ampliata da unapposizione). Segue una sezione eulogica,
coincidente con la seconda met della prima strofa (vv. 106-109), quindi la connotazione innodica si
interrompe e lascia il posto alla narrazione dello scontro tra Argivi e Tebani, per riemergere poi nella
seconda e ultima antistrofe (si vedano, ai vv. 148-51, il nesso , che interrompe la narrazione e
riporta allhic et nunc della performance, laggettivo e il participio riferiti
alla Vittoria, linfinito iussivo , giustamente preferito da R. al facilior [in proposito vd.
infra]). Nella stessa antistrofe, peraltro, ai richiami al peana di vittoria sono mescolati elementi
ditirambici, con una conflazione tuttaltro che estranea a Sofocle (R. richiama Tr. 205-24): il Coro si
autoesorta a danzare e invoca Dioniso come proprio (vv. 152-54); verrebbe da pensare che la
proiezione del Coro faccia riferimento a una danza ditirambica (p. 119 si ricordi, peraltro, che i casi
sofoclei di choral projection sono connotati proprio dalla presenza di Dioniso: cf. Henrichs 1994-1995,
60, 75s.). Lintenzione di celebrare gli di con danze, tuttavia, ben presto deposta: lultimo sistema
anapestico introduce, al posto dellatteso Dioniso-corego, Creonte e, con lui, lincombere funesto degli
eventi. Proprio alla luce di questo scarto tra il clima lirico [] peanico (p. 121) e la vicenda
drammatica, R. propone persuasivamente per lo stasimo uno statuto da falso peana, o meglio da peana
che di volta in volta non riesce compiutamente a realizzarsi, fallendo (ibid.). Questo statuto ambiguo
confermato da vari elementi della parodo, bene messi in luce nel 3; tra questi spicca la connotazione
negativa assunta tanto dal peana di vittoria intonato da Capaneo (Zeus colpisce con il fulmine leroe
" # , v. 133) quanto dallatto rituale di erigere il trofeo compiuto da Eteocle e

13
La duplice possibilit si deve al fatto che non noto a che altezza del quinto secolo Sofocle avrebbe
portato il Coro da 12 a 15 membri (p. 87).

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Polinice (fuor di metafora, si tratta della reciproca uccisione dei fratelli mediante la lancia, unico trofeo
eretto dai due figli di Edipo).
Per quel che concerne la performance, R. ipotizza, sulla scorta dei pochi elementi noti
relativamente alle modalit esecutive del peana (cf. in part. H.Ap. 516s., Pind. Pae. 6, 15-18 [fr. D6, 15-
18 Rutherford], Tim. PMG 791, 199-201), che la coreografia potesse prevedere fragorosi battiti dei piedi
a terra; ci suggerito anche dai vari termini della parodo esprimenti lidea del percuotere o quella dello
strepito. Lipotesi, come avverte lo studioso (p. 137), indimostrabile e destinata a rimanere un
interrogativo; nondimeno, essa appare degna di attenzione, nella misura in cui prospetta una scenario
plausibile e conferisce realt orchestica ai performatives insiti nella parodo14. Un problema rimane quello
dellingresso del Coro: dal momento che la parodo inizia con una strofe lirica, eseguita a scena vuota alla
fine del prologo, il Coro non poteva cominciare il suo canto sulle parole finali degli attori: so it seems
probable that when there was no anapaestic prelude the chorus entered with the opening words of the first
strophe. In what respects, if any, the choreography of the antistrofe responded to the entry we cannot
say (pp. 103s.)15. La questione ovviamente impossibile da risolversi in maniera sicura, ma mi pare
che si possa quantomeno prospettare lipotesi che i coreuti entrassero nellorchestra marciando al suono
dellaulo e che iniziassero il canto solo dopo avere guadagnato il posto al centro dello spiazzo. Se,
peraltro, si tiene conto della struttura metrica della parodo, costituita da sezioni in anapesti intercalate alle
strofi meliche, si pu ipotizzare che questa sorta di (o ) fosse in ritmo anapestico
(viene in mente l $ # menzionato in Poll. IV 78: gli $ , com noto, avevano
tradizionalmente andamento anapestico)16. Ci bene si armonizzerebbe con lipotesi di unandatura
marziale e di marcia prospettata da R. (p. 105) almeno per il primo sistema anapestico, di argomento
guerresco.
Il capitolo IV (pp. 139-65) si occupa del terzo e del quinto stasimo dellAntigone (vv. 781-800,
1115-54), due corali che presentano marcati caratteri innodici: luno si rivolge a Eros-Afrodite, laltro a
Dioniso. In essi [] si percepisce una sorta di astratto ascendente formale che sembra rispondere
piuttosto al tentativo di rifarsi a un corredo tradizionalissimo di modi dellinno celebrativo e della
preghiera impetrativa, quasi a voler rendere pi efficace la preghiera stessa negandole qualsivoglia
procedimento di emancipazione dalla fissit di una struttura data (p. 146). Lo mostra chiaramente
lanalisi dei tratti lessicali e sintattici (pp. 150-56) e il confronto con altri brani sofoclei dalle movenze
innodiche (pp. 142-50): si osserva una distanza da canti come la parodo delle Trachinie (in part. vv. 94-
102), con la sua inconsueta struttura incipitaria, o come linno a Pan di Ai. 693-701 (vd. supra), con i suoi
riferimenti allo stato danimo del Coro; i paralleli pi prossimi appaiono linvocazione a Poseidone del fr.
371 R.2 (dal Laocoonte) e il cosiddetto inno al Sonno nel Filottete (vv. 837-32), con le loro strutture
semplici e aderenti alla morfologia tradizionale dellinno cletico. Tra laltro, osserva R., i due stasimi (o
perlomeno il canto a Dioniso) sono cantati a scena vuota [], favorendo probabilmente in questo modo
una pi netta percezione, da parte del pubblico, della loro intonazione innodica e sacrale (p. 164). A
fronte di questa scelta di Sofocle, lo studioso prospetta la possibilit che, come linefficace consolatio per
exempla del quarto stasimo segna la messa in crisi di questa pratica17, diffusa in tragedia, anche la
paradigmaticit delle due sezioni esplicitamente innodiche riveli nella funzione e soprattutto nella forma
del canto un non dissimile effetto di chiusura e distanza tra i personaggi e il Coro [], sancendo anche in
questo caso lincapacit di una condivisa (p. 165).
Per quel che concerne specificamente linno a Dioniso, R. pone giustamente in discussione la
tradizionale etichetta di stasimo iporchematico, che rinvia a canti gioiosi e accompagnati da vivaci
movimenti di danza, in netto contrasto con la gravit della situazione drammatica in cui si inseriscono
segno dellincapacit del Coro di comprendere e giudicare gli eventi. Il canto per Dioniso, in realt, non
ha nessuno di questi tratti: non vi alcun esplicito riferimento del Coro alla propria danza (non sono tali
gli accenni alle coreografie degli astri e delle menadi ai vv. 1146-54), n si osserva limpiego di un
lessico gioioso da parte dei coreuti, ben consapevoli della $ da cui Tebe afflitta (vv. 1140s.),

14
Sui performatives, cf. LEY (1998), con bibliografia.
15
La citazione allinterno della pericope riportata tratta da TAPLIN (1977, 64).
16
Cf. Carm. pop. PMG 856s. = frr. 10s. Neri. Per la struttura metrica, cf. WEST (1981, 53s.) e GENTILI
LOMIENTO (2003, 108-10).
17
Per la questione R. rinvia a NICOLAI (2011).

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a sanare la quale invocano appunto il dio. Anche la perfetta formalizzazione della preghiera [] fa
piuttosto pensare a una controllata coscienza, e gli stessi ingredienti eleusini mantengono il tono entro un
grado di moderata, non infiammata, speranza (pp. 161s.). Meno cogente appare invece lobiezione
relativa alla posizione dellinno nel dramma: anche se vero che nei drammi superstiti (sette sugli oltre
cento composti) le esecuzioni iporchematiche non sono mai lultimo canto dispiegato dallorchestra ma
sono sempre seguite da altri interventi del Coro, quasi che Sofocle fornisse loccasione per ricredersi
rispetto a pregresse false aspettative (p. 160), ci non esclude la possibilit di variazioni rispetto a questo
schema strutturale.
Con lAppendice (pp. 167-75) si torna al primo stasimo delle Trachinie (esaminato nel capitolo II:
vd. supra), ed in particolare ai vv. 497 e 507, che aprono rispettivamente la prima strofe e la prima
antistrofe. In essi, la formula epica + gen. di un idionimo (%&" in Il. XVIII 607 e
XXI 195, ma anche nel ricostruito Orph. fr. 16, 2 Bern.) appare scomposta nella frase nominale
#! (v. 497) e nel nesso (v. 507), riferito questultimo allideale rivale
mitico del Oceano [i.e. lAcheloo]: soprattutto a lui [i.e. lOceano] che la tradizione ha
assegnato di essere dotato di grande forza (p. 174). Sofocle rielabora pertanto materiale formulare
tradizionale operando un vero e proprio smontaggio (p. 174); nondimeno difficile stabilire, conclude
R., se il tragediografo stia solo rielaborando la lingua epica o se stia importando [] anche almeno una
parte del precedente e probabilmente ormai ordinario contesto mitico-religioso (p. 175).

Il volume chiuso da un esaustivo Index locorum e da una corposa sezione di


Riferimenti bibliografici. Manca, invece, un indice dei notabilia, che avrebbe potuto
giovare al lettore nel fruire in modo pieno di un volume cos ricco di documentazione e
di osservazioni su varie, dibattute questioni.
Alcune osservazioni di dettaglio. (I.) P. 38 e n. 67. Sullarte musicale di Sofocle si veda ora Power
(2012). Il contributo contenuto nel Brills Companion to Sophocles, apparso in contemporanea con
luscita del volume di R., che pertanto non ha potuto tenerne conto: ad esso si rinvia per un quadro
aggiornato dei diversi aspetti della " sofoclea (a tale proposito si segnalano, oltre al citato articolo
di T. Power, i contributi di L. Battezzato, R. Kitzinger, R. Rehm). Pp. 53-56. Alle considerazioni svolte
da R. sulla struttura metrica dello stasimo dellAiace garantita anche dal riscontro con la colomeria
antica18 si pu forse aggiungere che limpiego degli eolici sembra assecondare la struttura tematica e
retorica del canto, ed in particolare della strofe: allinvocazione rituale a Pan corrispondono tradizionali
gliconei (vv. 695s.), preceduti da un solenne ia + sp e seguiti da un faleceo (= glyc + ba); alla menzione
delle danze che il dio deve guidare, invece, corrispondono meno uniformi sequenze giambo-coriambiche
caratterizzate dal martellante ricorrere del pentemimere giambico (reizc) di chiusura (vv. 698-701
/ / / ); levocazione di Apollo, infine, caratterizzata
19
da una maggiore presenza del ritmo giambico (vv. 702-705 / / /
) e da un graduale ritorno alle movenze della prima sezione (il telesilleo o gliconeo
acefalo [v. 704] e il trimetro ia cho ba [v. 705] richiamano il gliconeo ed il faleceo dei vv. 696s.). Alla
luce delle indicazioni fornite da tale struttura si pu suggerire, con molta cautela (sfuggono le effettive
modalit di esecuzione, in particolare lagoge), che i movimenti orchestici si facessero pi concitati in
corrispondenza della sezione centrale della strofe (e forse anche dellantistrofe, i cui vv. 712-14
presentano persino lo stesso word-pattern dei corrispondenti vv. 699-701, come mostra R. a p. 55).
(II.) Su questo coro delle Trachinie (e sui cori sofoclei in generale) si pu vedere ora Kitzinger
(2012, 404-407). Pp. 61ss. Vale forse la pena di sottolineare che la struttura strofica triadica costituita da

18
Per la colometria antica dei brani corali dellAiace si veda PARDINI (1999, in part. 116s., Ai. 693-718).
Lunica, parziale, divergenza tra tale sistemazione colometrica e quella delledizione di H. Lloyd-Jones e
P. Wilson (Oxonii 1990), ripresa da R., riguarda i vv. 699s.: hemiascl.II hemiascl.I / reizc nelle edizioni
antiche, hemiascl.II / hemiascl.I reizc nelledizione oxoniense, dove peraltro le due sequenze sono intese
come parti di un unico verso.
19
Poich il v. 702 appare corrotto (cos lo giudicano Lloyd-Jones e Wilson nella loro edizione del
tragico), per la struttura metrica si tenuto conto del corrispondente verso dellantistrofe (v. 714).

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una sola coppia antistrofica seguita dallepodo non molto frequente in tragedia (unaltra celebre
occorrenza quella di Aesch. Ag. 104-59 [parodo]) e richiama la strofica della melica arcaica e tardo-
arcaica, in particolare di quella corale: sia il ditirambo che lepinicio forme poetiche rievocate nello
stasimo delle Trachinie presentano frequentemente tale struttura (un riferimento alla questione si trova
solo a p. 63 n. 9, ove si cita Zimmermann 1992, 75s.: Sofocle sowohl sprachlich [] als auch formal im
triadischen Strophenbau ein Epinikion anklingen lt). Pp. 64s. A proposito della competenza del
pubblico teatrale rispetto al riuso puntuale della produzione melica precedente si pu utilmente consultare
Swift (2010, 43-55), che si concentra sul livello di familiarit dellAteniese medio con la cultura elitaria
di cui espressione la melica arcaica e classica. Pp. 66s. Condivisibile appare la preferenza accordata
allinterpretazione sintattica del v. 497a come una frase nominale ( #! ' seguita da
pausa. Bench priva di paralleli nella produzione superstite di Sofocle, tale soluzione trova adeguata
giustificazione nellintonazione solenne del canto, come mostra lesordio di Pind. Ol. 1, 1 e quello, invero
meno vicino (la frase nominale " # " preceduta da una frase in Du-Stil), di Eur. PMG 755, 1s.
Per lattacco con frase nominale seguita da pausa sintattica si pu segnalare anche Pind. Nem. 6, 1s. (
( ' " / . Pp. 69-71. Poco convincente appare
laccostamento della praeteritio che segue immediatamente lincipit del coro (vv. 499-502 "
/ $ " ) ! / *+ / ,
" ) con le programmatiche praeteritiones della poesia simposiale (Senofane, Ibico,
Anacreonte)20: laffermazione del Coro di non volere raccontare gli inganni amorosi subiti da Zeus,
Poseidone e Hades sembrerebbe piuttosto accostabile secondo la proposta di Jebb (1892, 77 ad l.) a
casi come Pind. Ol. 1, 35 e 9, 40, in cui la voce narrante desiste dal racconto per . Ci in piena
armonia con landamento innodico che caratterizza lapertura dello stasimo ed , nel contempo,
funzionale allaretalogia di Afrodite (come nota R. a p. 70, la ritrosia ellittica ha una funzione
amplificante). P. 80 n. 60. Sulla figura del # $ come giudice di campo in un agone atletico si
pu consultare il documentato studio di Mancuso (2009, 152-56). Pp. 81s. Sulla relazione tra la melodia
della strofe e quella dellantistrofe si veda la discussione di Ley (2007, 169ss.), che delinea un aggiornato,
ma parziale, status quaestionis: sulla scorta dellanalisi della posizione degli accenti di parola in alcuni
canti strofici, W.D. Anderson e J.C. Landels prospettano la possibilit che la melodia fosse
sostanzialmente la medesima, ancorch si rendessero necessari alcuni aggiustamenti per adeguare
melodia verbale e melodia musicale. Questo quanto risulta anche dagli studi compiuti da Wahlstrm
(1970) sulla melica extradrammatica e da Comotti (1989) sulla melica del dramma. Landels, tuttavia,
enuclea altre due possibilit che ritiene egualmente probabili: (1) che lantistrofe avesse una propria linea
melodica; (2) che la melodia rimanesse identica e che si verificassero casi di mancata coincidenza tra
linea melodia verbale e vocale. Le due ipotesi erano invero gi prospettate dalla Dale (19682, 204),
opportunamente citata da R. (p. 82 n. 64): since strophe and antistrophe pay no attention to
correspondence of word-accent, either the melody here must also have ignored word-accent or the melody
of the strophe was not repeated in the antistrophe. P. 92. A conferma dei giusti rilievi metrici sul
mutamento di ritmo a met dellepodo, con il passaggio dallhemiepes femminile del v. 522 alla sequenza
molosso + baccheo (ripetuta per due volte ai vv. 523s.), si pu ricordare la funzione clausolare (fine
epodo) di questultima associazione in Stesich. PMGF 222(b), in un contesto di katenoplion-epitriti. Ci
conferma leffetto di arresto del ritmo che la sequenza doveva produrre.
(III.) P. 110. Per il frammento di Ione di Chio (PMG 745 = fr. 84 Leurini) menzionato si pu
vedere la recente edizione commentata di Valerio (2013, fr. *12). P. 117. La scelta della lezione
al posto di argomentata in modo convincente. Si pu forse aggiungere, sul piano metrico, che il
dimetro coriambico libero con dispondeo iniziale ( ) riprende e amplia la sequenza precedente
( ), inserendosi quindi in un preciso disegno ritmico-musicale, e si attaglia molto bene alla
solennit del contesto innodico (si pensi, ad es., alla serie di spondei che caratterizza lincipit innodico di
Terp. fr. 3 Gostoli [= PMG 698] o alle sequenze di dodici lunghe del Pae. 38 Kppel, del II/III d.C., su
cui si vedano Phlmann West 2001, 168s.). P. 118. Che Ar. Pax 775-77 non sia solo probabile
Anspielung a un frammento stesicoreo pare garantito dallo schol. vet. ad l., non smentito da altre
testimonianze antiche. Gli elementi di incertezza riguardano lesatto wording delloriginale e la

20
A tali casi si potrebbe accostare Stesich. PMGF 210, se coglie nel segno linterpretazione propostane
da VOX (1999).

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pertinenza del frammento allOrestea (lo scolio non fornisce il titolo del carme da cui la citazione
tratta). Pp. 134s. Forse da ridimensionare appare limportanza annessa alla giuntura a distanza che
Sofocle istituisce tra il principio del primo sistema anapestico (vv. 110-111) e lapertura della strofe $
(v. 134). Ancorch vi siano, senza dubbio, alcuni elementi in comune tra i due brani, sul piano del
significato (in particolare, lenfasi sulla terra tebana) e del significante, questi non sembrano cos marcati
da tradire una precisa volont da parte dellautore di istituire un rapporto stretto tra i due passi: il valore
rimico dei due participi e , luno a inizio e laltro a conclusione di verso, e
lassonanza dei due isometrici # -e - non paiono invero segnali molto forti, una volta
che si consideri la distanza di ventidue versi che li separa. Ci nulla toglie, tuttavia, allipotesi sulla
performance peanica dello stasimo.
(IV.) Pp. 156ss. Di particolare interesse sono le considerazioni svolte da R. sulla tradizionale
etichetta di stasimo iporchematico, di cui si ripercorrono le tappe a partire da Mller (1840), e sulla sua
inapplicabilit al quinto stasimo dellAntigone. P. 163. Laffermazione secondo cui nella parodo, nel
secondo e nel quinto stasimo dellAntigone la molla del canto scatta pi che per gli altri corali a
partire dalle circostanze presenti potrebbe invero includere anche il quarto stasimo, nel quale il Coro
cerca di volgere in paradigma consolatorio la vicenda mitica di Niobe, che poco prima la stessa Antigone
aveva impiegato per amplificare la miseria della propria sorte.

In definitiva, il volume di R. costituisce un notevole contributo alla problematica


del rapporto tra forme meliche extradrammatiche e lyrica del dramma. La lezione pi
importante del libro risiede, a mio avviso, nellavere mostrato come non si possa
trascurare, in questo tipo di studi, la forte componente di rielaborazione cui il poeta
drammatico (nello specifico, Sofocle) sottopone le tipologie meliche della tradizione
arcaica e classica, contaminandole tra loro e riutilizzandone in maniera originale gli
stilemi e le movenze in funzione delle esigenze drammaturgiche.
Un aspetto particolarmente interessante limportanza assegnata alla realizzazio-
ne musicale e orchestica dei corali sofoclei. Il pregio delle ricostruzioni delle modalit
esecutive proposte nei vari capitoli quello di poggiare su una serrata e minuziosa rico-
gnizione di tutti gli indizi testuali, lessicali, metrici, musicali, orchestici che possano
fornire indicazioni utili in tale senso; ci consente altres di apprezzare meglio le solu-
zioni formali adottate dal poeta-compositore, lefficacia delle quali va sempre valutata
alla luce delle concrete modalit di pubblicazione orale dei drammi.

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