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Questo libro raccoglie un certo numero di contributi forniti da J. Piaget alla sociologia.
Ciò che emerge da questi scritti, come da tutta l’opera piagetiana, è il valore interdisciplinare o
- come Piaget stesso direbbe - transdisciplinare della riflessione.
I saggi qui pubblicati sono apparsi in diverse occasioni e variamente datati (dal 1928 al 1963),
raccolti nel 1977 in un unico volume (la prima parte era già stata raccolta nel 1966). Come tale il
libro non richiede necessariamente di essere letto dalla prima all’ultima pagina. Si può procedere
in vario modo: ordine cronologico, di argomento - in questo caso sono possibili diversi ordini di
classificazione e priorità -, incisività, ecc..
Dovendo dare un'indicazione sul tema fondamentale di quest’opera, si potrebbe dire che si tratta
di una riflessione sui rapporti tra individuo e società: sia in senso sincronico che diacronico, usando
una nota distinzione della terminologia strutturalista. Alla luce della opposizione/complementarità
individuo/società, possono essere lette tutta una serie di altre opposizioni/complementarità
trattate da Piaget in questi saggi: morale/diritto, sviluppo/educazione, cooperazione/coercizione,
ecc.. seguiremo perciò questo percorso di lettura.
2 J. Piaget, Le jugement moral chez l'enfant, Puf, Paris, 1932 (tr. it. Il giudizio morale nel fanciullo, Giunti Barbera,
Firenze, 1972).
3 L. Kohlberg, From in to Ought: How to Commit the Naturalistic Fallacy and Gel away with it in the Study of Moral
Development, in T. Mischel (a cura di), Cognitive Development and Epistemology, Academic Press, New York, 1971.
4 B. Inhelder e J. Piaget, Procedures et structures in «Archives Psychol». XLVII, 181, pp. 165-176, 1979.
5 J. Piaget, Introduzione all'epistemologia genetica, vol. I Il pensiero matematico, Emme, Milano, 1983.
6 B. Inhelder e J. Piaget, op cit., tr. nostra.
7 J. Piaget, Le structuralisme, Puf, Paris, 1968 (tr. it. Lo strutturalismo, II Saggiatore, Milano, 1968).
contraddizione nei termini?
Questo paradosso è posto dall'autore allorché sviluppa una serie di considerazioni verso la
filosofia pratica kantiana. Lo psicologo ginevrino rivolge a Kant obiezioni di «legalismo». Tuttavia,
sostiene Piaget, di questo «legalismo», va salvaguardata almeno un'esigenza: quella della coerenza.
Se pure la morale si basa sui sentimenti, tuttavia, per essere tale, essa deve sottoporsi ad un
giudizio di coerenza ideale riguardo alle condotte. Come tale la morale non si può fondare solamente
nell'interazione sociale. Se da un lato è il soggetto concreto, e non il soggetto epistemico, che si pone il
problema morale, perché ogni giudizio di coerenza delle condotte non si può dare al di fuori della
relazione Ego/Alter in senso generalizzato, tuttavia la coerenza nelle condotte impone anch'essa un
riferimento alla logica: la morale, pur caratterizzandosi come procedura, è a sua volta sottoposta a
vincoli strutturali.
Cercheremo perciò di addentrarci nell'argomentazione logica fatta valere da Piaget interpretando
tale argomentazione come un tentativo di costruzione di una struttura della moralità 8 : siano A, B e C
tre individui, allora si possono dare, dal punto di vista di ognuno di loro, un certo numero di
rapporti personali (o morali) e, sempre dal punto di vista di ognuno, un certo numero di rapporti
traspersonali (o giuridici). I rapporti morali saranno quelli che coinvolgono personalmente l’osservatore,
ad esempio: dal punto di vista di A, questi saranno A-B e A-C; i rapporti transpersonali saranno,
secondo Piaget, quelli che l'osservatore può prendere in considerazione pur senza esserne direttamente
coinvolto, in cui cioè egli è un osservatore esterno, dal punto di vista di A il rapporto B-C.
Naturalmente questi rapporti cambiano (considerando un universo di solo tre individui) a
seconda del punto di vista dell'osservatore: per B i rapporti morali saranno B-C e B-A e il
rapporto giuridico sarà A-C, e così via. Verranno così a crearsi prospettive di relazioni diverse tra di
loro, anche se parzialmente sovrapposte, ma con la medesima struttura.
Considerando un gruppo di 100 individui e solo rapporti di coppie (gruppi di due) sono possibili, per
ogni individuo, 99 rapporti personali (ogni individuo in coppia con gli altri 99 forma 99 coppie). I
rapporti transpersonali, dal punto di vista di un individuo qualsiasi del gruppo, invece saranno dati
dai gruppi di due, presi una solo volta, che si possono ottenere da 100 individui. Tale
procedimento viene così formalizzato da Piaget.
Cn>k = [n (n - 1) (n - 2) ... (n - k + 1) / k!
con:
n: numero degli individui considerati (in questo caso 100);
k: numero degli individui che formano la relazione (Piaget parla di coppie perciò nel nostro
caso k = 2);
Cnk: numero delle possibili combinazioni di n (=100) elementi a gruppi di k (= 2);
k!: si legge «k fattoriale» (ad. es. 4! = 4. 3. 2. 1).
Avremo così
C100, 2 = 100 (100 - 1) / 2! = 4950
a 4950 vanno poi sottratti gli n - 1 (= 99) rapporti personali, ottenendo così per ogni elemento
4851 rapporti transpersonali.
Tuttavia l'esempio portato da Piaget ha un significato, per così dire, ristretto, infatti sembra
suggerire una riduzione alle sole relazioni di coppia dei rapporti morali e giuridici. Generalizzando
questo medesimo procedimento logico alle possibili relazioni tra un numero variabile di individui, la
struttura combinatoria può essere reiterata, determinando, in questo modo, oltre alle relazioni di primo
livello: relazioni di relazioni, e così via. In questo caso al crescere del numero degli individui presi in
considerazione si ha una crescita delle difficoltà di rappresentazione formale. Ci limiteremo perciò ad
un insieme di tre individui A, B e C.
Le relazioni (tra parentesi graffe) possibili tra i tre individui sono:
{A-B}, {A-C}, {B-C}
8 Si cerca qui di costruire un modello formale per le argomentazioni svolte da Piaget in questo volume
(cioè le relazioni di coppia già menzionate),
(che possono essere considerate relazioni intrapersonali o relazioni di un individuo con le stesso),
{O}
(ciò che i matematici chiamano «insieme vuoto», che per noi potrebbe essere la possibilità che tra i tre
individui non sì diano relazioni di alcun tipo),
{ }
B
A
C
9 Una struttura formale analoga a questa da noi proposta si trova il Piaget, Biologie et connaissence, Puf, Paris, 1968 (tr.
it. Biologia e conoscenza, Einaudi, Torino, 1980). In quel caso Piaget la utilizza per spiegare i meccanismi di
formazione degli schemi di azione attraverso i concetti di assimilazione-accomodamento-equilibrazione maggiorante.
Come cioè procedure di azione, che si determinano in modo aleatorio, possano giungere alla costruzione di schemi
stabili e logicamente strutturati. È importante notare come anche in questo caso Piaget ponga l'accento, nello spiegare il
realizzarsi di tali strutture, non sull'azione in sé, bensì sulle relazioni tra azioni.
10 L'interesse di Piaget per la teoria generale dei sistemi è noto, così come i suoi notevoli contributi in questo ambito.
In questo contesto il termine sistema è usato per definire sia il sistema psichico dell'osservatore (in questo caso A)
coinvolto nel sistema di relazioni che osserva, sia lo stesso sistema di relazioni osservato. O, per meglio dire, la
stessa relazione tra questi due sistemi è un sistema le cui capacità (le relazioni sono aperte alle circostanze delle
contingenze procedurali) e i cui limiti (il sistema ha una identità definita che si mantiene nonostante le perturbazioni
procedurali) sono definiti dalla struttura.
Fig.1
Il problema delle procedure è invece connesso al meccanismo secondo il quale avviene ogni singola
interazione, ovvero all'ambito entro cui la selettività si manifesta come decisione. Dunque se la
struttura è l'insieme delle possibilità che sono alla portata del sistema, le procedure sono le decisioni
concrete nell'ambito di queste possibilità.
Questa rappresentazione formale perciò, si specifica, nel caso della relazione morale, attraverso
procedure di decisione che si presentano come gratuite, la struttura cioè non è costituita da un insieme di
norme che vincolano in maniera esterna la liceità delle azioni del soggetto. La struttura in questo caso
definisce solo il dominio delle relazioni, ma la qualità di queste dipende solamente dal singolo
individuo: il dover essere della morale differisce da quello del diritto per la sua mancanza di
coercitività esterna; le procedure però determinano in parte la differenziazione strutturale, il che
significa che ogni struttura si costituisce attraverso la storia concreta delle esperienze quotidiane di
ognuno e queste esperienze si connettono in un orizzonte che determina i gradi di libertà con cui i
rapporti interindividuali possono essere organizzati, di qui l'esigenza di una interna coerenza di
condotta. Ma di una coerenza dinamica: se non interpretiamo male le opinioni piagetiane su questo
punto, esse sembrano suggerire una coerenza del cambiamento. L'individuo che agisce in base alla
morale, per mantenere la propria coerenza, deve riconoscere le situazioni in cui ha agito diversamente
mantenendo i medesimi principi o sentimenti (continuando a seguire l'esempio del testo: disobbedienza
al padre nonostante l'affetto o proprio per affetto verso di lui 11 ) dalle situazioni in cui ha agito di-
versamente perché ha mutato i propri sentimenti o valori (disobbedienza al padre perché viene a cadere
l'affetto verso di lui); così come riconosca le situazioni in cui ha agito in modo analogo pur avendo
cambiato i propri valori (obbedienza al padre con perdita di affetto, solo perché ne riveste il ruolo)
da quello in cui ha agito in modo analogo perché i sui sentimenti o principi non solo sostanzialmente
mutati. Questa interpretazione delle posizioni piagetiane intende sottolineare la vicinanza di queste
considerazioni con quelle marxiane, relative alla falsa coscienza. Posizioni che si riscontrano anche nel tema
sartriano della mala fede e nelle considerazioni di R. Laing intorno alla mistificazione 12 .
Ma una attenta lettura di questi saggi suggerisce ancora qualche domanda: come è possibile dare un
giudizio di questa coerenza dinamica?
A questa domanda cercheremo di dare una risposta, nel senso di Piaget, quanto tratteremo più
esplicitamente il tema della cooperazione. Ciò che sembra riemergere invece, a questo livello della
trattazione, è l'aporia, alla quale sopra abbiamo già fatto cenno, tra condotta e giudizio. Al
termine del cap. IV , a proposito di un fenomeno di grande rilevanza giuridica, ma anche psicologica,
quale il parricidio, Piaget afferma:
Ma, lo rileviamo accuratamente , per quanto simili possano apparire le considerazioni penali e le considerazioni
morali, resta sempre questa differenza essenziale della non sostituibilità dei valori morali: giudicando un
parricidio, il giurista partirà da questo dato essenziale che si tratta di un padre e di un figlio per ricercare
11 E qui non può non venire alla mente l'atteggiamento di Cordelia verso il padre nel Re Lear di Shakespeare.
12 Riguardo alle posizioni marxiane si veda: K. Marx, Manoscritti economico-filosoftci del 1844, Einaudi, Torino, 1968.
Riguardo a Sartre: J.P. Sartre, L'essere e il nulla, II Saggiatore, Milano, 1965. Riguardo a Laing: R.D. Laing,
Mistificazione, confusione e conflitto in Aa.Vv. Il doppio legame, Astrolabio, Roma, 1979.
solo in seguito quali circostanze individuali abbiamo potuto attenuare questo mostruoso crimine, mentre il
moralista, prima di giudicare, si domanderà soprattutto di quale padre e di quale figlio si tratta e forse che,
proprio dovendo pervenire a penetrare mentalità incomprensibili e poste alla frontiera del normale e del
patologico, non si sentirà di poterlo giudicare fino in fondo.
L'esigenza qui posta sembra essere quella di uno sforzo di comprensione ermeneutica delle coerenze o
delle incoerenze altrui, non in base a norme esterne e codificate, ma alle molteplici logiche
provvisorie che ognuno di noi cotinuamente ricostruisce e spesso perde. Il riconoscimento della
possibilità del cambiamento (tema centrale di tutta la teoria piagetiana) diventa qui il riconoscimento
della possibilità di lacerazioni delle coerenze altrui, ma anche delle proprie. Nelle parole di P. Valery:
«... chi era colui che ha fatto quello che tu adesso rifiuti di aver fatto, come l'atto di estraneo?» 13 .
Passando attraverso il discorso morale si può giungere perciò ad una nozione di sviluppo più
orientata sulla storia degli eventi: una sorta di narrazione del cambiamento, ricostruttiva e
individuante perché in essa l'aleatorio ha un peso determinante. Tale concezione sembra contrapporsi
ad ogni improbabile filosofia della storia dell'ontogenesi: il riconoscimento del possibile cambiamento in
qualsiasi momento della vita dell'individuo permetterà di leggere la psicogenesi e la sociogenesi non
più come un passaggio da un meno a un più 14 . Cade la concezione di un'infanzia povera, mancante.
Pur non esplicitata, questa visione traspare, da questo testo di Piaget, soprattutto nei capitoli V e VI,
ove l'autore mostra apertamente le sue riserve verso ogni tipo di intervento educativo di tipo
istruzionalista esprimendo l'opinione che: «il bambino si accultura nonostante l'autorità adulta e non
grazie alla presenza di questa autorità».
Secondo Piaget la coercizione educativa non si esprime solo nella modalità dell'autoritarismo classico,
con le sue forme di violenza più o meno manifesta sui bambini, essa, nella sua forma moderna o scien-
tifica, consiste oggi in una esigenza dell'ambito adulto di forgiare l'infanzia a propria immagine; a questo
proposito è stata recentemente usata la pertinente immagine di corruzione dell'infanzia 15 .
La «coercizione educativa», dice Piaget, è «un rapporto fra una mente non ancora socializzata e
una mente che esercita il proprio prestigio non per l'intrinseca verità di ciò che afferma ma con il prete-
sto dell'età o del potere». Qui l'autore fa l'esempio di un bambino secondo il quale gli astri: «come
esseri viventi ... viaggiano non intorno alla terra ma sopra di noi all'altezza delle nuvole». Spiegare a
questo bambino l'eliocentrismo, indipendentemente da ogni osservazione e indagine sui suoi reali
centri di interesse e sulle sue capacità di astrazione, non modifica affatto la sua mentalità. Egli,
coerente-mente al sistema di credenze che già aveva, modificherà la sua concezione convincendosi
allora che «le nuvole non si muovono perché è la terra che ruota».
Questo non è che un esempio di come la coercizione educativa, fatta di verità pre-confezionate
dal mondo adulto, nasconda, sotto la scorza istruzionalista, un programma di manipolazione
comportamentale e di trasformazione del carattere irrispettoso della maturazione, dell'insieme delle
attitudini e degli stili cognitivi individuali. Programmi educativi di questo tipo di mancano di moralità,
almeno nell’accezione che questo termine ha in Piaget.
In quanto esterne agli individui le realtà sociali possono imporsi con la sola autorità, senza che l'individuo che le
subisce partecipi alla loro elaborazione. Avviene questo quando il bambino ricava dall'adulto regole e opinioni
completamente precostituite ... Questa coercizione educativa e sociale implica quindi l'ineguaglianza tra gli
individui: gli uni sono rivestiti di autorità e di prestigio perché più vecchi ... e gli altri sono sottomessi a questa
autorità.
Questo è quanto Piaget intende quando parla la coercizione: essa è fonte di eteronomia in
13 P. Valery, Cahiers, vol. MI, Gallimard, Paris, 1973. Citato in E. Baumgartner, L'identità nel cambiamento, «Quaderni
Infatti, da una parte non si comanda a individui egocentrici se non con una coercizione esterna ... Mentre, d'altra
parte, la coercizione esercitata su un individuo rinforza il suo egocentrismo: invece di condurlo a livello di
personalità.
Come uscire? Questo libro sembra suggerire una revisione dei rapporti tra cognitivo e sociale,
distinguendo i due ambiti laddove sono confusi e introducendo possibili connessioni laddove ad esse
non si pensa.
È forse il caso di mettere in dubbio, ad esempio, il pregiudizio secondo cui lo sviluppo cognitivo è
condizione necessaria, anche se non sufficiente, per lo sviluppo della socializzazione e della
coscienza morale, infatti, secondo questo modo di vedere, vi sarebbe un’acquisizione formale ed
universale della moralità, così come della competenza interattiva, che richiederebbe capacità cognitive di
tipo ipotetico-deduttivo, indipendentemente da ogni contesto e dalle specifiche situazioni: una sorta di
predica urbi (il pensiero occidentale e la sua Cultura) et orbi.
Recentemente C. Gilligan, J.M. Murphy e N. Hann e collaboratori 18 hanno discusso questo assunto
teorico mettendone in evidenza alcune conseguenze pratiche inaccettabili quali l'inferiorità morale delle
popolazioni del terzo mondo e degli strati sociali marginali.
Queste ricerche mettono in discussione, in particolare, un approccio lineare e monodimensionale delle
relazioni tra il cognitivo ed il sociale, evidenziando come sia possibile pensare ad una pluralità di
percorsi tale da definire indentità morali tra loro differenziate ma non commensurabili, semmai
complementari: la complessità delle relazioni tra cognitivo e sociale limiterebbe fortemente le possibilità
di fornire una spiegazione dello sviluppo morale fondata su un percorso universale, si tratterebbe
invece di spostare l'interesse della ricerca, da un lato sulla comprensione delle esperienze che
hanno condotto ognuno di noi a maturare un determinato stile della condotta morale, dall'altro sulla
costruzione di una fenomenologia delle condotte che permetta di pensare la differenza interna al
soggetto e tra i soggetti quale elemento determinante per la configurazione e lo sviluppo dell'identità.
3. La cooperazione
Già nel Giudizio morale 19 Piaget aveva definito il concetto di cooperazione opponendolo a quello di
coercizione:
16 B. Bettelheim, La fortezza vuota, Garzanti, Milano, 1976, nell'ultima parte del volume Bettelheim sottolinea le
profonde influenze del pensiero piagetiano sul suo lavoro.
17 B. Bettelheim, Sopravvìvere, Feltrinelli, Milano, 1981.
18 C. Gilligan e J.M. Murphy, Moral Developtnent in Late Adolescence and Adulthood: a Crituque and Reconstruction of
Kohlbrg's Theory, «Human Development»,1980. C. Gilligan, Con voce di donna, Feltrinelli, Milano, 1987. N. Haan, Two
Moralities in Action Context, «Journal of Personality Social Psychology», 36, 1978. N. Hann, R. Weiss e V. Johnson,
The Role of Logic in Moral Reasoning and Development «Develpmental Psychology», 2, 1982.
19 J. Piaget, op. cit p. 41, tr. parzialmente modificata.
Bisogna distinguere, entro i diversi campi, due tipi di rapporti sociali: la coercizione e la cooperazione. La prima
implica un elemento di rispetto unilaterale, di autorità di prestigio; la seconda un semplice scambio tra individui
eguali.
La coercizione della tradizione impone delle opinioni o delle usanze e tutto finisce lì. La cooperazione non
impone nulla se non i processi stessi dello scambio intellettuale e morale 20 .
Ma è nel primo capitolo di questo volume che egli precisa la cooperazione come relazione
interpersonale che:
consiste in un sistema di operazioni, tali che le attività del soggetto che si esercitano sugli oggetti e le attività dei
soggetti allorché agiscono gli uni sugli altri si riducono in realtà ad un solo e medesimo sistema di insieme, nel
quale l'aspetto sociale e l'aspetto logico sono inseparabili nella forma come nel contenuto.
È significativo inoltre che, nel sintetizzare il rapporto tra il suo pensiero e le scienze sociali, in una
nota autobiografica, Piaget scriva:
Per soddisfare il mio bisogno di una spiegazione in termini di totalità, studiavo l'aspetto sociale del pensiero (che è,
ne sono sempre convinto, un aspetto necessario della formazione delle operazioni logiche in quanto tali). L'equili-
brio ideale (la conservazione reciproca del tutto e delle parti) dipende dalla cooperazione tra individui che diventano
autonomi proprio in virtù di questa cooperazione21 .
Sono dunque possibili, ad avviso di Piaget, diverse forme di equilibrio: in presenza di un equilibrio in
cui la totalità prevale sulle parti siamo di fronte alla coercizione sociale; quando la mancanza di decen-
trazione delle parti le pone l'una di fronte all'altra come giustapposte si ha un egocentrismo
incosciente.
Quanto queste due situazioni rappresentino le due facce di una stessa medaglia, è sin troppo
facile da intuire.
Si potrebbe allora dire che la cooperazione è una situazione di sinergia entro le parti e tra la totalità e
le parti. Questo tipo di equilibrazione trova i suoi fondamenti nella ricerca di una teoria dell'azione
volta a spiegarne le regole come invarianti logici. Regole a partire dalle quali, attraverso processi
psico e socio genetici, vengono a costruirsi le stesse regole del pensiero.
Tuttavia il termine cooperazione caratterizza una relazione interindividuale: si tratta cioè di passare
dalla relazione soggetto-oggetto, così come è tipicamente tematizzata nelle opere piegetiane più
conosciute, ai sistemi di relazione Ego-Alter-Oggetto e di studiarne le forme di coordinazione
interindividuale al fine di cercare di coglierne gli aspetti essenziali. Questa intenzione è da Piaget così
espressa: «La cooperazione costituisce il sistema delle operazioni interindividuali cioè dei rag-
gruppamenti operatori che permettono di adeguare le une alle altre le operazioni degli individui:
d'altra parte le operazioni individuali costituiscono il sistema delle operazioni decentrate e suscettibili di
coordinarsi le une alle altre in raggruppamenti che inglobano le azioni dell'altro così come le
operazioni proprie», quindi «la cooperazione e le operazioni raggruppate sono una sola e
medesima realtà vista sotto due aspetti differenti».
Piaget pone, di fatto, il rapporto tra logica e società sotto la luce, molto particolare, della
cooperazione che costituisce, in questo modo, un possibile (anzi auspicabile) modello dell'interazione
sia dal punto di vista micro sociale che da quello macro. Cooperazione diventa una norma alla quale si
deve adeguare l’agire morale: il fondamento ultimo di quella coerenza cui sopra abbiamo accennato e al
contempo il principio critico al quale riferirsi nella formulazione del «giudizio morale».
Si pongono a questo punto tre fondamentali questioni:
1) qual è la logica che regge la comunicazione tra i cooperanti?
2) qual è il sistema delle aspettative di Ego verso Alter (come pure il contrario)?
3) in quale contesto i soggetti individuano e sviluppano i termini della loro cooperazione?
Tutte le interazioni che specificano in modo indipendente lo sfondo di riferimento di ciascun interlocutore
costituiscono il contesto nel quale ha luogo una data interazione linguistica. Ogni interazione linguistica è così
necessariamente dipendente dal contesto e questa dipendenza è strettamente deterministica.
22 J-B. Grize, Logica piagetiana e logica del discorso in Aa.Vv., L'altro Piaget strategie delle genesi, Emme, Milano,
1983.
23 J-B. Grize, op. cit.
24 A. Bonomi, Introduzione a J. Piaget, Lo strutturalismo, cit.
25 J. Habermas, Etica del discorso, Laterza, Bari, 1985. Tuttavia Habermas vede questa condizione dell'«agire orientato
all'intesa» come una condizione evolutiva che può essere raggiunta solo a partire dall'adolescenza, in ciò segue
Kohlberg nel dare un'interpretazione restrittiva e lineare dello sviluppo morale.
26 Cfr. J. Smedslund, Les orìgines socìales de la decentration in Aa.Vv, Psychologie et epistemologie genetique, Puf,
è il problema di riuscire a raggiunger nei rapporti fra gli uomini quel riconoscimento intersoggettivo che arriva al
massimo grado possibile di reciproca comprensione 30
Ci si pone quindi la questione se sia possibile osservare un dominio di intese in cui gli individui si
orientano l'uno e verso l'altro, in base a condotte che sono già determinate da questo stesso
orientamento, attraverso interazioni specificate dalla storia dei loro vissuti e dalle condizioni socio-
culturali entro le quali coloro che interagiscono sempre già sono. Si configura così una complessa
costruzione del contesto, entro la quale gli elementi della storia culturale ed individuale si intrecciano alle
condizioni esistenziali ed alle mappe cognitive di ognuno dando luogo a strutture provvisorie eppure
caratteristiche. Tra quelle la cooperazione ha, in Piaget, un valore particolarmente significativo perché
intrinsecamente orientata alla reciprocità ed alla decentrazione.