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Mario Tronti, il comunismo e la libert

umana
- Pasquale Serra, 11.02.2017

Il saggio. Un itinerario intellettuale e politico dove non si privilegia "Operai e capitale" come
esclusivo momento di verifica. In occasione dell'Abecedario Mario Tronti edito da DeriveApprodi

1. Come tutti i grandi autori, anche Mario Tronti si occupato, nellarco della sua vita,
sostanzialmente di due o tre idee fondamentali, ritornando continuamente su di esse, secondo
approfondimenti e prospettive via via diverse. Anzi, ad essere pi precisi, Tronti ha costantemente
riflettuto, sin dagli anni della sua giovinezza, su un solo tema (il tema del comunismo nei suoi
rapporti con problema della libert umana), costruendo attorno ad esso la propria speculazione
come possibile soluzione del problema medesimo. Questo lo sfondo problematico della sua ricerca,
ed uno sfondo sufficientemente ampio sul quale far risaltare i diversi aspetti del suo pensiero, i
quali e questo un punto particolarmente importante possono realmente, e finalmente, risaltare,
restituendoci cos per intero il senso e il significato complessivo del suo itinerario intellettuale e
politico, solo se si opera una storicizzazione integrale delloperaismo. Perch nel privilegiare la
filosofia di Operai e capitale, considerata come esclusivo campo di verifica e, insieme, come
momento terminale della sua intera filosofia, si finisce per non comprendere non solo il movimento
complessivo del suo pensiero, ma anche lo stesso Operai e capitale, il quale, a mio modo di vedere,
fuori dal contesto di questa storicizzazione rimane sostanzialmente incomprensibile. E questo perch
prima delloperaismo non c il nulla, o un vuoto, ma una filosofia della libert molto determinata,
che si innerva poi nelloperaismo, e che trova poi vari sviluppi, e diverse manifestazioni, nei
quarantacinque anni successivi alla fuoriuscita da quella esperienza. Nel caso di Tronti questo
itinerario pu dirsi fulmineo per rapidit e intensit, se quattro anni (1958-1961) bastano a
racchiuderlo, dal primo, temerario, scritto su Gramsci apparso nel 1958 ad un saggio del 1961
scritto per Societ, nei quali Tronti, muovendosi tra Ugo Spirito e Galvano Della Volpe, si pone
lobiettivo di guadagnare uno spazio di libert, per ricominciare a pensare dopo Gramsci, perch
Gramsci, facendo coincidere pensiero ed essere, il pensiero con la realt, impedisce di guardare il
mondo fuori dalla tradizione, per spingere il presente oltre di s. Questa la forma di azione che
trapassa nelloperaismo, ed una forma di azione che rappresenta una radicalizzazione della teoria
socialista allinterno del movimento operaio, per dare come dir lo stesso Tronti in Noi operaisti
alle lotte operaie uno sbocco politico, e non, invece, una forma di pensiero-azione che si colloca
fuori e contro di esso. E tutto questo, dice Tronti, spiega bene perch quello che venuto dopo, nei
primi anni Settanta [] non ha nulla a che fare con questi precedenti, tanto che, quando
lentamente, ma inesorabilmente, dal 68 al 77, anche lazione si assolutizza (diventando sempre pi
smaterializzata, e indeterminata), Tronti prende risolutamente le distanze da essa, fino ad ergere,
con lautonomia del politico, una sorta di muro rispetto ad essa.

2. E la stessa cosa, ovviamente, si potrebbe dire anche per il dopo, nel senso che dopo loperaismo,
tra il Poscritto di problemi, pubblicato nel 1971, nella seconda edizione di Operai e Capitale, e
lAutonomia del politico, esposto nel 1972, emerge, in modo eclatante, il nuovo programma di
ricerca di Tronti, che, tra salti e sviluppi, giunge fino ai giorni nostri. Il punto che Tronti, in questo
breve giro di anni, intuisce precocemente che il capitalismo stava inglobando il movimento operaio,
e che, proprio per questo, occorreva radicalizzare la critica, completare, per cos dire, la critica del
capitalismo con la critica della borghesia, perch il capitalismo, assorbendo dentro di s lintera
civilt, il mondo delluomo, le nostre forme di vita, ha prodotto, scrive Tronti, una mentalit
borghese di massa, che , oggi, il nostro grande, vero, avversario. Da qui, per Tronti, la necessit
della critica della forma borghese dominante, e quindi anche (a livello teorico, ovviamente) della
democrazia politica, perch la democrazia, come scrive in Dello Spirito libero, chiudendo tutto
dentro i propri confini, soffoca, appunto, le condizioni stesse della libert. In questione, per Tronti, ,
dunque, lhomo democraticus, perch grazie allegemonia dellhomo democraticus, che la
democrazia non solo ha sconfitto il movimento operaio, ma ha distrutto anche il popolo, e questa
distruzione rappresenta il vero tragico nel politico, di oggi. E infatti, la novit del pensiero di
Tronti non sta (o non sta solo) in questa radicale critica della civilt, ma nel fatto di aver introdotto
nel cuore di questa critica, non ai suoi margini, la questione del popolo e, insieme ad essa, la
necessit di una politica realistica. Ecco la novit: Tronti accosta e fonde due temi o due esigenze
(critica della civilt e politica realistica, pensiero aristocratico e politica popolare) mai accostati
prima dora, facendoli diventare gli assi portanti di un medesimo pensiero critico. Il punto che
dentro questo universo borghese abita anche il popolo, un paesaggio, dice Tronti, puresso devastato,
e se la critica ha come referente il popolo, e non semplicemente un modo tutto sommato
surrealistico di aprire conflitti e vertenze senza avere pi neanche il desiderio di chiuderle, essere
utilmente presenti nella congiuntura, cercare di contare quello che volta per volta possibile
contare, e, dunque, durare, necessario, perch i bisogni dei pi deboli durano, e ci saranno anche
domani, ed esattamente in questo durare che si gioca, forse, la sostanza etica di ognuno di noi, e la
credibilit della sua filosofia critica. Tra i nostri principi e il nostro agire ci sono gli altri, e questi
altri o li sopprimi o, in qualche modo, li devi riconoscere, e fare i conti con essi. Ne risulta, su un
piano pi strettamente filosofico, che i principi devono sempre fare i conti con quello che in quel
momento possibile, per produrre gli effetti migliori possibili. Questo il realismo per Tronti, un
realismo politico popolare, perch il popolo ha bisogno di ogni cosa, e quindi anche di poco, e
sottovalutare e disprezzare questo poco cosa che possono fare solo i ricchi, o coloro che fanno
della critica una attivit totalmente smaterializzata, completamente separata da un soggetto
reale-materiale. Ma noi, ripete spesso Tronti, tutto questo lo sappiamo, ne abbiamo esperienza,
perch noi non abbiamo bisogno di andare verso il popolo, perch noi veniamo dal popolo.

3. Marxismo, autonomia del politico, teologia politica, filosofia della tragedia, e poi, sempre pi,
filosofia della trascendenza, costituiscono la costellazione fondamentale del pensiero di Tronti, per
introdurre, ecco il punto cruciale, come nei suoi scritti pre-operaisti, un passaggio di
discontinuit. Si tratta, dunque, di una formidabile autocritica del marxismo immanentistico per
rapporto alla teologia politica e per rapporto alla filosofia della trascendenza. Autocritica rispetto
alla teologia politica, innanzitutto, perch la teologia politica va intesa come la dimensione base
dellumano, e il marxismo si dimostrato incapace di comprendere questa base e, di conseguenza,
anche le paure, le fragilit, e il bisogno di sicurezza della maggioranza degli uomini, e poi autocritica
rispetto alla trascendenza, perch, al contrario di quello che il marxismo ha sempre pensato, la
storia non tutto, e non si comprende senza la presenza del male, e del mistero, e la rivoluzione
marxista si dimostrata incapace di comprendere e di riconoscere, questo dato fondamentale,
ontologico, dellesistenza umana. E senza queste due autocritiche, che non sono mai state fatte, il
marxismo non sar mai in grado di afferrare il presente, e di prospettare agli uomini un diverso
avvenire. Qui lanomalia di un pensiero, come quello di Tronti, il quale, se ha messo in questione
alcuni assunti fondamentali della linea dominante del marxismo italiano (la critica di tutte le filosofie
moderno-trascendentali, innanzitutto, Hegel vs. Kant, come massima esemplificazione di questo
orientamento, e del teologico-politico, da Hobbes a Schmitt), lo ha fatto al solo fine di rafforzare la
critica, una critica che porta diritti, ancora una volta, alla filosofia della libert, ad una filosofia della
libert tuttavia molto diversa rispetto a quella che abbiamo visto allopera negli scritti pre-operaisti,
e, cio, al nesso tra spiritualit e libert. In una conversazione molto bella con Micaela Cuesta,
giovane e raffinata studiosa argentina di filosofia, Tronti lo dice con molta chiarezza: c un buco
antropologico nella nostra tradizione teorica, perch non siamo mai riusciti a tirar fuori da essa una
figura alternativa di essere umano. Di qui limportanza dellhomo religiosus. Una societ/civilt fatta
di finanza, tecnica, consumo e comunicazione, non si limita allo sfruttamento della persona che
lavora, e quando lavora, ma della persona che vive, e quando vive. La forma di vita borghese del
capitalismo va ad occupare ormai il foro interno. La dimensione religiosa, non in quanto
appartenenza a una istituzione chiesa, o a un fondamentalismo di fede, ma in quanto libera cura
inquieta della propria interiorit, pu costituire, e di fatto costituisce, un muro su cui si infrange
laggressione del mondo esterno, tutto oggi nelle mani di chi comanda. Ecco perch, in un mondo
tutto desacralizzato, una pratica di alleanza da sperimentare tra antagonismo e spiritualit. Non
questo certo il problema centrale della rivoluzione, oggi, ma un punto nuovo, strategico, per una
necessaria svolta del pensiero critico.

2017 IL NUOVO MANIFESTO SOCIET COOP. EDITRICE

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