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Santi Quaranta (Benevento)

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Coordinate: 410802.55N 144603.8E (Mappa)

Santi Quaranta

I resti del corridoio longitudinale, visti da ovest


verso est

Civilt Romana

Utilizzo area commerciale (?)

Stile romano

Epoca I secolo a.C.-I secolo d.C. (?)

Localizzazione

Stato Italia

Comune Benevento

Altitudine 127 m s.l.m.

Dimensioni

Altezza 8 m circa

Larghezza 60 m (parte di un complesso


lungo oltre 600 m)

Amministrazione

Ente Soprintendenza Archeologia


della Campania

Responsabile gestito da volontari

Visitabile s

I Santi Quaranta sono i resti di un lungo criptoportico di et romana situati a Benevento, fra il rione San
Lorenzo e l'area rurale di Cellarulo, in corrispondenza di un dirupo sulla sinistra della basilica della
Madonna delle Grazie. L'edificio consisteva in un sistema di gallerie coperte a volta, di datazione ed
utilizzo incerti; pi precisamente, vi erano almeno un lungo corridoio cui si connettevano due
trasversali, pi corti.
Il monumento fu riutilizzato nel medioevo per impiantarvi una chiesa dedicata ai quaranta martiri di
Sebaste che, bench scomparsa, gli d ancora oggi il nome. stato seriamente danneggiato dai
bombardamenti che interessarono Benevento durante la seconda guerra mondiale. Attualmente
curato da un gruppo di volontari.

Indice
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1Collocazione

2Datazione

3Storia dal medioevo in poi

o 3.1La chiesa ed il culto dei santi Quaranta

o 3.2Il declino dell'edificio

4Ipotesi sulla funzione originaria

5Descrizione

o 5.1Corridoio principale (ambiente A)

o 5.2Corridoio trasversale intermedio (ambiente B)

o 5.3Corridoio trasversale orientale (ambiente C)

o 5.4Livello superiore

6Note

7Bibliografia

8Voci correlate

9Altri progetti

10Collegamenti esterni

Collocazione[modifica | modifica wikitesto]


Il criptoportico e le sue immediate vicinanze. Sono segnati con una linea tratteggiata i prolungamenti del
criptoportico ipotizzati da Meomartini, e con una linea puntata quelli suggeriti da ritrovamenti pi recenti.

L'edificio sorge lungo l'orlo di un dislivello naturale, inclinato in salita da Cellarulo verso il centro
cittadino; ed effettua quindi una funzione di contenimento. La zona si trova fuori dalla cinta
muraria tardoantica e longobarda, ma era parte integrante della citt romana, anche se la topografia di
quest'ultima ancora in discussione[1]. Forse il dislivello fungeva da limite naturale per la colonia
romana che fu stabilita nell'insediamento irpino nel 268 a.C., e quindi il complesso potrebbe aver preso
il posto delle mura primitive[2].
L'epoca di costruzione e la funzione del criptoportico non sono documentate da fonti di et romana, ma
si ritiene che fosse un edificio di grande rilievo, a causa della sua mole e della sua posizione
scenografica: esso infatti collocato di fronte al ponte Leproso, il quale costituiva l'ingresso della via
Appia a Benevento provenendo da Roma. L'accesso al complesso si trova in un vicolo in discesa, oggi
chiamato via Ursus, forse nato come variante al percorso originario della via Appia [3].
L'architetto Almerico Meomartini poteva riconoscere dietro l'edificio, sopra il terrapieno naturale dove
ora sorge la basilica della Madonna delle Grazie, un'altra strada importante, parallela al corridoio
principale dell'edificio. Essa, dopo aver scavalcato il Pons Maior lungo il fiume Calore (i cui resti sono
oggi noti come ponte Fratto), lambiva il quartiere di lavorazione della ceramica stabilito sul lungofiume e
procedeva verso est, in direzione dell'arx della citt romana[4]. Alcuni autori affermano che questa
strada fosse una diramazione della via Latina passante per Teano, Alife e Telesia[5]; altri invece
ritengono che sia parte della via dell'Alto Sannio, che conduceva a Saepinum[6].

Datazione[modifica | modifica wikitesto]


La datazione dell'edificio romano, complicata dal fatto che fu costruito in 3 o 4 fasi distinte, viene
dedotta da vari autori sulla base della tecnica muraria predominante: due paramenti costituiti da fasce
di opera quasi reticolata alternate con file di laterizi, e riempiti a getto[7]; ma i loro pareri sono
discordanti.
Almerico Meomartini, autore del primo studio dettagliato dell'edificio alla fine del XIX secolo, sostenne
che esso sorse in un periodo di poco precedente all'impero di Traiano (I secolo), e i due successivi
complessi di modifiche ed espansioni possono essere stati effettuati, rispettivamente, sotto Traiano
ed Adriano[8]. Poco dopo di lui Esther Boise Van Deman sugger l'epoca triumvirale o augustea (I secolo
a.C.)[9]. Un parere simile a quest'ultimo quello di Carlo Ebanista, archeologo medievalista, almeno per
quanto riguarda il nucleo primitivo[10]; mentre Mario e Marcello Rotili, storico ed archeologo
rispettivamente, sono anch'essi orientati sul I secolo d.C.[11]. Werner Johannowsky credette invece che
il criptoportico sia da attribuire al tardo II, o III secolo[9].

Storia dal medioevo in poi[modifica | modifica wikitesto]


La chiesa ed il culto dei santi Quaranta[modifica | modifica wikitesto]
Le prime righe del manoscritto della Translatio Sancti Heliani[12]

Secondo Almerico Meomartini, la costruzione della chiesa dei Santi Quaranta, che usava un corridoio
minore del criptoportico come fondazione, dovrebbe risalire all'epoca del ducato longobardo a
Benevento[13]. In effetti, il culto dei quaranta martiri di Sebaste a Benevento potrebbe avere un nesso
con la traslazione di Sant'Eliano, narrata nel tomo IV. degl'Atti de' Santi della biblioteca
Beneventana[12] in questi termini: nell'anno 763 Gualtari, gastaldo del duca Arechi II, fu inviato per una
missione diplomatica a Bisanzio ma fu sorpreso da una tempesta in mare. Le preghiere di Gualtari, che
temeva che la sua imbarcazione fosse spacciata, furono esaudite da un'apparizione di sant'Eliano, uno
dei quaranta martiri di Sebaste uccisi e cremati nell'anno 320. Sant'Eliano, prevedendo che
l'imperatore Costantino V avrebbe offerto un dono a Gualtari, chiese a quest'ultimo di farsi dare le sue
reliquie. Il gastaldo beneventano avrebbe dovuto poi custodirle in una chiesa che aveva gi costruito a
Benevento. Gualtari accett e, al suo ritorno in citt, le ceneri di Eliano furono accompagnate da una
folla in festa verso l'edificio di culto.[14] La chiesa in questione non sarebbe quella costruita sopra il
criptoportico, ma la sede della Parrochia Sancti Heljani, citata nel 1198 nella prima stesura del
Necrologio della Confraternita di Santo Spirito, e situata ove ora si apre Piazza Roma. [15]
In realt mancano attestazioni esplicite che consentano di fissare l'origine della chiesa dei Santi
Quaranta all'et longobarda: nelle fonti pi antiche, incluso il Chronicon Sanctae Sophiae del 1119, non
se ne trova traccia. Solo nel 1180 si parla si una permuta effettuata da Elia, custode della chiesa[16]; in
tempi successivi viene annotato, ancora nell'Obituarium S. Spiritus, il decesso di Raymundus, abate dei
Santi Quaranta[17]. A dirigere Meomartini verso una datazione anteriore furono, fra l'altro, gli archi di et
longobarda presenti nel criptoportico, che sembrano costruiti insieme alla chiesa che vi insisteva sopra.
Anche la venerazione dei santi Quaranta, che nel XII secolo erano festeggiati il 9 marzo con grande
partecipazione, riscontata in calendari locali di epoca longobarda; e il racconto
della Translatio potrebbe risalire all'IX secolo[18].
In ogni caso, a partire dal XIII secolo il culto dei santi Quaranta cominci a perdersi, per essere infine
dimenticato del tutto: nacque addirittura una leggenda popolare secondo cui nel criptoportico stesso
perirono quaranta martiri cristiani[19]. La chiesa ebbe una sorte simile: l'edificio sacro nel XVII secolo era
quasi del tutto perduto[20]; e Meomartini ne pot discernere solo degli informi ruderi[13]. Non vi pi
alcuna traccia neanche delle ceneri che venivano considerate appartenere al corpo di sant'Eliano;
nel XVIII secolo Stefano Borgia ne ipotizzava la presenza nella chiesa di Santa Sofia e nell'abbazia di
San Vittorino[21].
Il declino dell'edificio[modifica | modifica wikitesto]
Dettaglio della mappa di Benevento redatta da Liborio Pizzella nel 1763. I Santi Quaranta, simili a come erano alla
fine del XIX secolo, sono raggiunti lateralmente dall'attuale via Ursus. Nel dettaglio si vedono anche il convento di
San Lorenzo e l'omonima porta, entrambi scomparsi, ed il bue Apis.

Travi poggiate all'interno della galleria principale nel 1909. La foto fu scattata all'altezza dell'ingresso del corridoio
orientale, e mostra sulla destra qualche segno di un varco murato, meglio visibile in disegni precedenti.

Fotografia del 2015, scattata all'incirca dallo stesso punto.

Nel frattempo gli spazi davanti e sopra al criptoportico venivano coltivati, e cos esso fu impiegato come
rimessa per attrezzi e materiali agricoli; con il tempo sub alcune modifiche ed aggiunte per meglio
servire allo scopo. Per qualche periodo il portico ospit anche un'attivit di funai. [22]
Fino alla met del XIX secolo l'interesse degli studiosi di storia ed archeologia verso i Santi Quaranta
era stato scarso. Nel 1878 era stata considerata la possibilit di insediarvi il museo provinciale (poi
accantonata a causa della posizione periferica del monumento): per l'occasione era stata istituita una
commissione archeologica, presieduta da Saverio Sorda, che effettu uno studio del monumento e dei
saggi di scavo, risultati sterili. Circa vent'anni dopo, finalmente, arriv la minuziosa analisi
dell'architetto Almerico Meomartini; all'epoca il complesso era di propriet del sacerdote Nicola
Collarile.[23]
Fra agosto e settembre 1943 il complesso dei Santi Quaranta sub ingenti danni dovuti ai
bombardamenti alleati su Benevento; in particolare le volte dei corridoi crollarono quasi del tutto. Dopo
decenni di abbandono, durante i quali i resti del criptoportico subirono qualche ulteriore manomissione,
nel 1985 esso fu sottoposto ad un restauro conservativo. In questa occasione furono anche rinvenute
delle sepolture longobarde, probabilmente collegate alla chiesa[24].
In seguito il monumento fu per di nuovo abbandonato, insieme all'adiacente via Ursus. Una parte del
monumento fin per essere utilizzata come discarica abusiva, e l'intera zona fu progressivamente
avvolta dalla vegetazione spontanea[25].
Un gruppo di volontari, radunati dal giornalista Felice Presta tramite il suo sito di inchiesta Sannio
Report, ha chiesto ed ottenuto l'affidamento dell'area. A partire dal 29 maggio 2015 il gruppo ha ripulito
il monumento e riaperto via Ursus; ed attualmente tiene regolarmente degli eventi pubblici attorno al
criptoportico[26].

Ipotesi sulla funzione originaria[modifica | modifica wikitesto]

I Santi Quaranta visti da sud nel 1909. In alto a sinistra la basilica della Madonna delle Grazie.

Nel 1845 l'archeologo Raffaele Garrucci, menzionando i Santi Quaranta, li chiam reliquia grandiosa
di magnifiche terme, ma probabilmente senza fondamento[27]. L'ipotesi non stata considerata valida
negli studi successivi[28]. invece ampiamente accettata l'interpretazione proposta inizialmente da
Saverio Sorda nel 1878[29]: i Santi Quaranta sarebbero stati un criptoportico, ovvero un passaggio
pedonale coperto (e probabilmente pubblico)[30].
Curiosamente Almerico Meomartini, nel suo studio del monumento, rifiut questa opinione. Egli
riteneva, piuttosto, che l'edificio fosse un emporio per lo stoccaggio e lo smistamento delle merci
importate, essenzialmente derrate alimentari. Tali edifici, in realt, sono in genere posizionati in aree
portuali; ma Meomartini sugger che ce ne potessero essere anche in importanti snodi commerciali,
come doveva essere l'ingresso dell'Appia a Benevento.
Da un lato infatti, l'architetto sostenne che il corridoio principale fosse troppo angusto per un passaggio
pubblico; inoltre, se lo scopo di un criptoportico era proteggere i passanti dalla calura estiva, dal freddo
e dai venti invernali, le finestre dei Santi Quaranta erano posizionate in maniera ben poco conveniente,
ed aeravano gli ambienti in maniera scarsa. Dall'altro, la opinione di Meomartini fu condizionata dal
fatto che il monumento doveva includere, originariamente, un numero imprecisato di corridoi secondari:
questi per lui potevano essere dei cellari per le varie merci. Ci avrebbe spiegato anche perch la zona
dove si trova il monumento chiamata Cellarulo, fin dall'XI secolo[31]. L'idea di Meomartini fu accolta
con scetticismo gi dai suoi contemporanei[19].
Sebbene, in un manoscritto del 1656[32], lo storico Alfonso De Blasio avesse individuato l'etimologia del
toponimo Cellarulo in una maniera simile, questi non aveva identificato l'emporio con i Santi Quaranta:
a suo parere l'edificio era un portico facente parte di una basilica[33]. Mario Rotili sottolineava che tale
parere, poich espresso prima del grande terremoto del Sannio del 1688, era da tenere in
considerazione[34].
Le interpretazioni attuali sembrano pi vicine a De Blasio che a Meomartini. Nel 1985 ricerche
archeologiche portarono alla scoperta che i Santi Quaranta avevano un secondo piano colonnato [35], e
soprattutto che non lontano da essi si trova un anfiteatro[36]. Ci ha accresciuto la sensazione che in
epoca romana la zona fosse un centro di attivit pubbliche, ed in particolare che davanti al criptoportico
fosse ubicato un foro, magari il forum commune menzionato in un'iscrizione; esso si affiancherebbe a
un altro foro cittadino, cui si accedeva tramite l'arco del Sacramento[37].
Secondo Daniela Giampaola, il colonnato sovrastante i corridoi dei Santi Quaranta infatti un elemento
comune ad altri edifici pubblici situati in fori romani; la studiosa ha anche avanzato l'ipotesi pi precisa
che questo fosse un foro boario, poi ripresa da Marcello Rotili[38]. Comunque pi studiosi ritengono che i
Santi Quaranta ebbero una funzione di tipo commerciale, come un mercato coperto [39].
Si distacca parzialmente da questo filone l'interpretazione di Mario Torelli. Questi ha accolto l'esistenza
del secondo foro[40], ma ha suggerito che il criptoportico, posizionato in modo da attirare l'attenzione di
chiunque arrivasse dal ponte Leproso, possa essere stato l'importante santuario di Minerva Berecyntia,
collegato ad un culto attestato da pi iscrizioni di et imperiale ma probabilmente pi
antico. Berecyntia un appellativo che rimanda alla Frigia, e quindi a Troia. Benevento, infatti, prima di
essere sannitica, era stata una citt ai confini occidentali della Daunia che, come altre in tale regione,
vantava di essere state fondate dall'eroe troiano Diomede, protetto dalla dea Atena (cio Minerva). I
Romani, dopo aver conquistato tali citt, avevano instaurato un legame con esse tenendo acceso il
ricordo della comune discendenza dagli eroi della guerra di Troia[41].
Non ci sono prove archeologiche a supporto dell'ipotesi di Torelli, come egli stesso ammette. Tuttavia la
sua idea ha indotto a pensare anche che, ai tempi dell'imperatore Domiziano, al culto di Minerva sia
stato affiancato quello di Iside, e che il tempio cittadino dedicato alla dea egizia sia quindi anch'esso da
identificare con i Santi Quaranta.[42]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

I corridoi dei Santi Quaranta. La pianta riporta schematicamente la cronologia delle varie porzioni e l'entit dei
danni bellici.

Quando, a fine Ottocento, Almerico Meomartini condusse il suo dettagliato studio, i Santi Quaranta
consistevano di tre corridoi, gli stessi di cui sono visibili i resti oggi. Ad ovest dei corridoi sono i resti di
piccoli vani di carattere rurale, costruiti forse a partire dalla dismissione della chiesa dei Santi Quaranta
fino al secondo dopoguerra[43]. Meomartini era ignaro dell'esistenza di un livello superiore ai corridoi,
scoperto solo con i restauri del 1985.
Il corridoio longitudinale, lungo 60 metri, orientato in direzione WNW-ESE (ma per semplicit verr
considerato semplicemente W-E); i due corridoi minori si innestano quasi ortogonalmente nel fianco
settentrionale di questo, quindi penetrando nel terrazzo naturale su cui sorge la basilica della Madonna
delle Grazie. Uno di essi ubicato all'estremit orientale del corridoio maggiore, mentre l'accesso
all'altro si trova a circa 1/3 della lunghezza del maggiore a partire dall'estremit orientale.
Tale ambiente principale, anche se doveva essere gi nel XVIII secolo simile a come lo descrisse
Meomartini[44], era una rimanenza di una galleria ben pi lunga. Sostruzioni che proseguono lungo la
stessa direttrice (ancora parzialmente visibili) furono individuate dall'architetto ad entrambe le
estremit; in totale, insieme al corridoio rimanente, coprivano 546 m[45]. Se a queste si aggiunge un
ambiente coperto a volta osservato, negli anni 1980, sotto un'abitazione di via Luca Mazzella nel centro
storico[46], si pu ipotizzare che il manufatto avesse superato i 600 m di lunghezza.
Corridoio principale (ambiente A) [modifica | modifica wikitesto]
All'epoca di Meomartini, i 60 m rimasti della galleria principale erano chiusi con due mura alle estremit;
in quella orientale si apriva la porta di accesso[47]. La galleria si suddivide in tre bracci, costruiti in tempi
diversi. Quello costruito per primo quello centrale, fra gli innesti dei due corridoi minori. Era piuttosto
degradato gi ai tempi dello studioso, tanto che vi era stato costruito un pilastro esterno di sostegno. Il
secondo braccio ad essere costruito quello ad ovest del primo mentre il terzo, il pi breve entro i limiti
del corridoio analizzato da Meomartini, si trova ad est, in corrispondenza dell'accesso al corridoio
trasversale orientale[48].
I primi due bracci furono costruiti seguendo quasi lo stesso schema. La parete esterna, meridionale,
era costruita sopra un masso sporgente che si appoggiava sul conglomerato roccioso naturale;
originariamente questi ultimi due dovevano essere sepolti dal terreno, ma l'utilizzo agricolo dell'area ha
provocato l'abbassamento del livello alla base del criptoportico. La parete era costituita da 6 fasce
con paramenti in opera quasi reticolata riempiti a getto; ciascuna si esse innalzata sopra una fascia a
filari di laterizi. La fascia a getto pi alta presentava tale paramento quasi reticolato solo sulla faccia
esterna, mentre l'interno fungeva da estradosso per la volta a botte della galleria. L'estremit orientale
del braccio pi antica terminava con un'intera cantonata in laterizio, mentre la sua parte occidentale fu
asportata per impiantarvi la muratura del secondo braccio. Sopra la terza e la quinta fascia di laterizi la
parete si restringeva con due riseghe, visibili su entrambi i lati.[49]

Disegni del corridoio principale inseriti da Meomartini nel suo trattato. Il disegno a sinistra il paramento esterno
del braccio occidentale, quello a destra rappresenta la giunzione fra i bracci centrale ed orientale. Al centro
una sezione del braccio occidentale.

Vista esterna del braccio ovest del corridoio principale. A sinistra si vede il vano in cui era costruita la scala fra il
piano del corridoio e le campagne. Verso il centro il tratto di parete esterna conservata. In basso a destra sono i
blocchi crollati da tale parete.

Il braccio centrale della parete meridionale si apriva in 3 finestre ad intervalli regolari, e quello
occidentale in 6. La spaziatura fra le finestre era lievemente diversa nei due bracci. Tutte le finestre
erano interamente cortornate in laterizi, con un disegno dentato sulla faccia esterna, ed erano ad arco.
Gli archi erano tutti impostati sopra la fascia di laterizi pi alta della parete; ma, se questa fungeva
anche da davanzale per le finestre del braccio pi antico, quelle del braccio occidentale erano aperte
fino alla fascia di laterizi inferiore.[50] La finestra pi ad ovest era stata trasformata in un'ulteriore porta di
accesso alla galleria, e collegata alle campagne sottostanti con una scala esterna [51].
Secondo Meomartini, l'imponente spessore delle mura alla base era un elemento a favore
dell'identificazione dell'edificio come un emporio. A dire dello studioso, l'accorgimento era dovuto alla
necessit di sostenere le spinte impresse alle pareti dalle merci stoccate [52]. Ebanista, invece, ritiene
che esso sia stato necessario per poter sostenere il peso del livello superiore dell'edificio, oltre che
contrastare le spinte dovute al dislivello naturale[10].
La parete settentrionale del braccio occidentale simile a quella meridionale, ma non include le due
fasce in opera quasireticolata pi basse, perch pu contare su una sostruzione rocciosa pi alta.
Inoltre pi sottile, ed risegata solo sul lato prospiciente l'interno del corridoio; non presenta finestre,
come del resto nessuna delle pareti adiacenti al terrazzo naturale.[53] All'estremit occidentale della
parete si apre un canale di scolo[54].
La parete settentrionale del braccio pi antico, quello fra gli accessi ai due corridoi trasversali, era stato
alterato: la parte pi vicina al corridoio minore intermedio era stata ingrossata con un muro in laterizi
(Meomartini sosteneva che il muro originario fosse ancora presente dietro di esso), mentre quella pi
vicina al corridoio minore orientale era stata tagliata via ed arretrata, con un nuovo paramento in opera
mista[55]. Alla fine del XVIII secolo entro quest'ultimo muro era riconoscibile un'apertura murata, forse un
ingresso ad un ulteriore corridoio minore, parallelo agli altri due[56].
Probabilmente il piano di calpestio del corridoio era poco al di sotto della risega pi bassa, cosicch il
filare di laterizi pi alto delle due pareti era collocato ad un'altezza di circa 3,30 m. Tale filare fungeva
da imposta per la volta della galleria, ampia 3,25 m. Questa era realizzata con un getto di malta e tufo;
due archi in laterizi la delimitavano in corrispondenza dell'estremit occidentale e dell'intersezione con il
corridoio minore intermedio.[57]
La parte meno antica del corridoio, quella ad oriente, presentava diverse differenze dalle altre due. Fu
costruita quando venne realizzato, in corrispondenza, il corridoio minore orientale; in quest'occasione
venne anche realizzato il tratto sbieco di parete in opera mista sopra menzionato [16].
La parete meridionale di tale tratto innestata, piuttosto che sulla roccia naturale, su un masso di
muratura a getto che segue un andamento in salita verso est, mimando quello del terreno. La parete
spessa quanto la base della parete meridionale nel resto del corridoio, ma a differenza di questa non
presentava riseghe. Inoltre, anche se essa aveva una suddivisione in fasce analoga al resto delle pareti
del corridoio, tali fasce erano in numero maggiore e non corrispondevano a quelle gi costruite. Anche
l'unica finestra che poteva vedere Meomartini in questo braccio aveva l'arco impostato pi in alto di
tutte le altre, forse per assecondare la salita del piano di calpestio. In aderenza al tratto centrale, tale
parete presenta anch'essa una cantonata in laterizi; sono visibili in essa tracce di fori circolari, in cui
probabilmente erano iserite le travi del ponteggio durante la costruzione. [58]
Proseguendo verso est si trova, integrato con tale parete, un ulteriore tratto costruito a ciottoli e laterizi,
che raggiunge via Ursus. Tale tratto, costruito nel periodo in cui l'edificio ospitava attrezzi agricoli,
delimitava un portico, visibile nelle raffigurazioni dell'edificio del XIX secolo, in fondo al quale si trovava
l'accesso alla galleria.[59]
La volta del corridoio crollata ovunque. La parete settentrionale del braccio occidentale conservata
per intero, compreso l'intradosso della volta. Tuttavia durante i restauri del 1985 si resa necessaria
qualche integrazione.
La parete meridionale in corrispondenza inclinata di qualche grado e conserva, nel tratto pi alto, 5
fasce in opera quasi reticolata e parte di una finestra. Tale tratto stato consolidato con un sostegno
esterno in cemento. Ad est di esso, i brandelli pi consistenti di un ampio segmento di muro crollato
sono stati lasciati ai piedi dell'edificio. Ancora oltre, la parete meridionale conservata per circa met
della sua altezza originaria, anche se la parte pi antica ha perso quasi del tutto il suo paramento. La
parete settentrionale sbieca, fra i due corridoi trasversali, in precario stato di conservazione, e il
corridoio in questo tratto sepolto dal terreno.[60]
Corridoio trasversale intermedio (ambiente B)[modifica | modifica wikitesto]

La giunzione fra il braccio occidentale del corridoio lungo ed il corridoio trasversale intermedio

Il pi lungo dei due corridoi minori ha un'ampiezza oscillante fra i 3 e i 3,30 m. All'epoca di Meomartini
era lungo circa 17 m, ma pi di 4 metri in fondo ad esso sono, attualmente, completamente coperti:
l'attuale fondo del corridoio segnalato da un muro a secco eretto sopra materiale di crollo[61].
Il corridoio appare delimitato da due pareti laterali in laterizi ma, a dire di Meomartini, questi sono
soltanto dei paramenti, aggiunti come rinforzo sulla facciata di pareti in opera quasi reticolata, analoghe
a quelle del corridoio maggiore (rinforzo che viene suggerito anche dalla parete sbieca che delimita una
parte di quest'ultimo)[62]. Tali pareti originarie non sono distinguibili attualmente (tranne forse una piccola
chiazza[63]) ma, ammesso che esistano, esse potrebbero essere parte del nucleo originario dei Santi
Quaranta; mentre le pareti o rivestimenti in laterizi sarebbero coeve all'espansione occidentale della
galleria maggiore[64].
Le pareti poggiano su un masso di muratura a getto, che digrada dal fondo del corridoio verso il suo
innesto con il corridoio principale, seguendo l'andamento naturale del terreno. L'elevazione della parete
est sopra tale masso forma una risega che segnalerebbe, secondo Meomartini, il piano di calpestio;
l'altezza totale del corridoio in fondo sarebbe stata di 3,55 m. In corrispondenza della parete orientale, il
masso si eleva per 90 cm sopra la roccia sottostante; mentre, a causa della configurazione naturale
della zona, la controparte occidentale pi profonda. Due canaletti di scolo, situati immediatamente
sotto la base delle pareti, si trovavano in fondo al corridoio e nella parete orientale rispettivamente.
[65]
Tuttavia nulla di ci risulta visibile: il corridoio si andava gi riempendo di terreno alla fine del XIX
secolo, ed allo stato attuale lo ancora di pi[66].
La volta del corridoio stata costruita in due periodi diversi. Quella frontale, che da quel poco che
rimane sembra impostata in laterizi, fu realizzata insieme alle pareti visibili; mentre quella in fondo, in
conci calcarei e laterizi, frutto di un intervento successivo. Quest'ultima l'unico tratto di volta che
sia rimasto integro in tutto l'edificio.[67]
Circa a met della lunghezza della galleria in questione erano probabilmente innestati due ulteriori
ambienti a volta, uno di fronte all'altro, paralleli al corridoio maggiore. Indizi di ci sono il fatto che il
tratto di volta crollato in questo punto era a crociera, e sotto di esso la parete presenta segni di aperture
murate: quella ad ovest in laterizi, quella ad est in muratura moderna di et imprecisata. Il corridoio
obliterato ad est sopravvisse forse pi a lungo dell'altro, e la sua altra estremit potrebbe essere stata
collegata con il corridoio minore orientale tuttora visibile. Un tratto di muro trasversale visibile
attualmente presso l'ingresso otturato di tale corridoio.[68]
Meomartini ritenne che ci potessero essere ulteriori corridoi obliterati paralleli ai due di sopra: presso il
fondo della galleria esistente (nella zona ora inaccessibile), dietro una fenditura del muro orientale, egli
aveva individuato un tratto di un ulteriore muro in laterizi. E anche il muro di fondo della galleria, da lui
considerato recente, coprirebbe un pilastro antico che lasciava aperto un passaggio verso nord.
Un ulteriore elemento nel tratto ora inaccessibile sono due lunette aperte sui fianchi della volta, le
uniche aperture della galleria verso l'esterno.[69]
La parete nordorientale in laterizi presenta una risega, spessa 30 cm ed alta 1,30 m, che parte dal
fondo del corridoio e fa un angolo come per seguire il corridoio murato. Secondo Meomartini, questo
poteva essere un piano d'appoggio per vasi contenenti liquidi, relativo all'utilizzo del corridoio come
cellario.[70]
Corridoio trasversale orientale (ambiente C)[modifica | modifica wikitesto]

Gli archi longobardi interrati

Il corridoio orientale, largo all'incirca quanto quello intermedio ma pi corto, fu realizzato insieme al
braccio del corridoio principale situato davanti ad esso. Il Meomartini lo descrisse come interamente
costruito in opera quasi reticolata.[71] Attualmente il terreno ingombra i resti di tale ambiente quasi per
intero, e se ne possono vedere solo la parete occidentale e un tratto di quella di fondo, che sono
conservate per l'intera loro altezza e delimitano il terrapieno. Tre pilastri, costruiti in aderenza alla
parete occidentale, sostengono due archi, e lo stesso avveniva nella parete orientale. Un ulteriore arco
si trovava in corrispondenza dell'accesso dal corridoio principale[72]. Meomartini notava anche un
pilastro in laterizi, di epoca romana, a sinistra dell'ingresso, in corrispondenza del punto dove la parete
originaria del corridoio longitudinale era stata tagliata via.
Gli archi, che risalgono molto probabilmente all'epoca longobarda, sostenevano una volta a botte che
sostituiva quella originaria; sopra di essa era costruita la chiesa dedicata ai Santi Quaranta. Tali archi
sono costituiti da conci in tufo, alternati a laterizi di reimpiego, simili a quelli dell'ex chiesa di Sant'Ilario
a Port'Aurea sempre a Benevento.[73]
L'unico tratto di mura romane distinguibile quello al di sotto dell'arco pi vicino all'ingresso. Sotto
l'altro arco, infatti, una muratura in opera incerta, che potrebbe essere servita a chiudere il vano
obliterato di cui si vede l'altro accesso nel corridoio trasversale intermedio. Di opera incerta, in ciottoli e
laterizi, sono anche tutti i tratti di muratura nella parte alta.[74]
Meomartini segnal la presenza, sotto il primo arco nella parete orientale, ora sepolta o crollata, di un
ingresso al corridoio, aperto in tempi successivi alla realizzazione del vano. L'architetto ipotizz che tale
ingresso servisse per comunicare con la chiesa sovrastante. Gi Stefano Borgia aveva ipotizzato,
infatti, che questo corridoio fosse stato riutilizzato come la Carniera dove, secondo il resoconto
di Falcone Beneventano del 1128, fu trasportato il corpo del rettore Guglielmo dopo la sua esecuzione.
Sebbene Meomartini affermasse di aver riconosciuto dei resti umani, non ci sono elementi concreti a
sostegno di tale proposta.[75]
Livello superiore[modifica | modifica wikitesto]
Il secondo livello dell'edificio, all'incirca alla stessa quota della basilica della Madonna delle Grazie,
conserva pochi resti di alcuni vani. Uno di questi ricalcava il corridoio trasversale intermedio; un altro,
pi grande, era ad ovest di questo. Tale ambiente maggiore occupava buona parte del braccio
occidentale del corridoio longitudinale, e si spingeva pi indietro, sul piano del terrapieno. Conserva
alcuni brani di pavimento in opera spicata, e un paio di basi di colonne, resti probabilmente di un
colonnato che sorgeva sopra la parete settentrionale del corridoio principale del criptoportico.
Ovviamente tale ambiente deve essere stato realizzato non prima del braccio occidentale del corridoio
longitudinale; forse risale all'epoca di costruzione del corridoio orientale.
In una fase successiva il colonnato fu inglobato in un muro continuo, di cui rimane qualche resto. Alcuni
scalini conducevano ad una porta entro tale muro, situata nel mezzo delle due basi di colonne
superstiti. Si vedono resti di un ulteriore ambiente ancora pi ad ovest, realizzato forse in questa stessa
occasione.[76]
Nella parte occidentale dell'ambiente maggiore sono tre tombe tardoantiche o altomedievali, due con
cassa in tufo ed una in conci calcarei. Le sepolture dovrebbero essere collegate all'esistenza della
chiesa dei Santi Quaranta.[77]

Note[modifica | modifica wikitesto]


1. ^ Giampaola 1994, p. 658; Cellarulo e Benevento, pp. 9-32

2. ^ Giampaola 1991, pp. 123, 129

3. ^ M.R. Torelli, p. 105

4. ^ Meomartini, p. 250; Ebanista, p. 205; Cellarulo e Benevento, pp. 22 segg.; Giampaola 1994, p. 658

5. ^ Fra cui Meomartini; cfr. anche Giampaola 1994, p. 659

6. ^ Cellarulo e Benevento, p. 26

7. ^ Meomartini, pp. 313 segg.

8. ^ Meomartini, p. 335

9. ^ a b Giampaola 1990, p. 286

10. ^ a b Ebanista, p. 204

11. ^ Mario Rotili, p. 36; Marcello Rotili, p. 55

12. ^ a b Borgia, p. 193

13. ^ a b Meomartini, p. 308

14. ^ Borgia, pp. 199-206 e Benevento Longobarda.


15. ^ Obituarium, p. 234 (c. 100 b); Borgia, p. 197; Alfredo Zazo, Le chiese parrocchiali di Benevento del XII-
XIV secolo, in Samnium, XXXII, Benevento, 1959.

16. ^ a b Ebanista, p. 206

17. ^ Obituarium, p. 23 (c. 11 a)

18. ^ Ebanista, p. 207

19. ^ a b Isernia, p. 127

20. ^ Meomartini, p. 334 riporta le parole di Alfonso De Blasio del 1656, in cui la chiesa descritta come
diruta; vedi anche Borgia, p. 197

21. ^ Borgia, p. 198

22. ^ Meomartini, p. 309; Ebanista, pp. 200, 207-208

23. ^ Meomartini, pp. 307-309, p. 336 in nota; Ebanista, pp. 181-182

24. ^ Ebanista, p. 208; Giampaola 1986, p. 537

25. ^ Ellenews

26. ^ Sannio Report; Ottopagine; Beneventoforum.it

27. ^ Raffaele Garrucci, Antichit dei Liguri Bebiani, Napoli, Stabilimento tipografico di Gaetano Nobile, 1845,
p. 46. URL consultato il 10 ottobre 2015.

28. ^ Meomartini, p. 325; Mario Rotili, p. 36

29. ^ Meomartini, p. 326

30. ^ Mario Rotili, p. 36; Giampaola 1990, p. 286

31. ^ Meomartini, pp. 327-334

32. ^ Alfonso De Blasio, Memorie Istoriche della citt di Benevento, Benevento, 1656., conservato presso la
Biblioteca Storica Provinciale

33. ^ Meomartini, p. 334

34. ^ Mario Rotili, p. 36

35. ^ Ebanista, p. 199

36. ^ Giampaola 1994, p. 658

37. ^ Marcello Rotili, p. 55; Giampaola 1990, pp. 286-287; Ebanista, p. 205; era stato suggerito gi
in Meomartini, p. 334 e in Mario Rotili, p. 36

38. ^ Giampaola 1986, p. 537; Marcello Rotili non parla di criptoportico: Marcello Rotili, p. 55

39. ^ Ebanista, p. 204; Giampaola 1994, p. 658

40. ^ M.R. Torelli, p. 113


41. ^ M.R. Torelli, pp. 97-102; M. Torelli, p. 173

42. ^ (EN) Kristine Blow Clausen, Domitian between Isis and Minerva: the dialogue between the Egyptian
and Graeco-Roman aspects of the sanctuary of Isis at Beneventum, in Mythos. Rivista di storia delle
religioni, 3, supplemento, Caltanissetta, Salvatore Sciascia Editore, 2012, pp. 112-113. URL consultato il 10
ottobre 2015.

43. ^ Ebanista, p. 208

44. ^ cfr. Ebanista, p. 180

45. ^ Meomartini, p. 309

46. ^ Giampaola 1990, p. 284

47. ^ Meomartini, p. 310

48. ^ questa la datazione proposta in Ebanista, pp. 200-201; Meomartini, pp. 334-336 invece consider la
seconda e la terza fase invertite.

49. ^ Meomartini, pp. 310-314, 317-318 e Tav. XLV

50. ^ Meomartini, pp. 313-314 e Tav. XLV

51. ^ Ebanista, p. 184

52. ^ Meomartini, p. 330

53. ^ Meomartini, p. 317-318 e Tav. XLV

54. ^ Ebanista, p. 193

55. ^ Meomartini, p. 319; Ebanista, p. 193

56. ^ Ebanista, pp. 181, 201; Meomartini, p. 320. Vedi anche figura pi in alto.

57. ^ Meomartini, p. 325 e Tav. XLV; Ebanista, p. 193

58. ^ Meomartini, pp. 314-317 e tav. XLV; Ebanista, p. 195

59. ^ Ebanista, pp. 182, 195, 208

60. ^ Ebanista, pp. 192-195

61. ^ Ebanista, p. 196

62. ^ Meomartini, p. 319

63. ^ Ebanista, p. 195

64. ^ Ebanista, pp. 202, 206

65. ^ Meomartini, pp. 319-320

66. ^ Ebanista, p. 185

67. ^ Ebanista, pp. 196, 206


68. ^ Meomartini, p. 319; Ebanista, pp. 197, 202

69. ^ Meomartini, pp. 319-321

70. ^ Meomartini, pp. 319, 330

71. ^ Meomartini, p. 321

72. ^ Ebanista, p. 197

73. ^ Meomartini, p. 321; Ebanista, p. 207

74. ^ Ebanista, p. 202

75. ^ Stefano Borgia, Memorie istoriche della pontificia citt di Benevento, II, Roma, Salomoni, 1764. URL
consultato il 12 ottobre 2015.; Meomartini, p. 321

76. ^ Ebanista, pp. 199, 203, 206

77. ^ Ebanista, p. 199; Giampaola 1986, p. 537

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]


Stefano Borgia, Memorie istoriche della pontificia citt di Benevento, I, Roma, Salomoni,
1763. URL consultato il 7 ottobre 2015.

Almerico Meomartini, I monumenti e le opere d'arte della citt di Benevento, Benevento,


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Enrico Isernia, Istoria della citt di Benevento dalla sua origine fino al 1894, I, Benevento,
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Mario Rotili, L'arte nel Sannio, Benevento, Ente Provinciale per il Turismo, 1952.

Alfredo Zazo, L'Obituarium S. Spiritus della Biblioteca Capitolare di Benevento, Napoli, Fausto
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Daniela Giampaola, Benevento, in Neapolis. Atti del venticinquesimo convegno di studi sulla
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(EN) Mario Torelli, Tota Italia. Essays in the Cultural Formation of Roman Italy, Oxford,
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Carlo Ebanista, Il complesso archeologico dei Santi Quaranta. Archeologia e storia,


in Benevento nella Tarda Antichit. Dalla diagnostica archeologica in contrada Cellarulo alla
ricostruzione dell'assetto urbano, Napoli, Arte Tipografica Editrice, 2006. URL consultato il 7 ottobre 2015.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]


Benevento

Criptoportico

Quaranta martiri di Sebaste

Anfiteatro romano di Benevento

Terme di San Cristiano

Ponte Leproso

Basilica della Madonna delle Grazie (Benevento)

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]


La traslazione delle reliquie di Sant'Eliano (Benevento
Longobarda), beneventolongobarda.it. URL consultato il 7 ottobre 2015.

Ciro Vallone, Degrado ambientale ai Santi Quaranta, in Ellenews, 14 giugno 2010. URL consultato
il 13 ottobre 2015.

Cultura, cosa ?, su Sannio Report, 3 giugno 2015. URL consultato il 16 gennaio 2016.

Mariateresa De Lucia, Gli Angeli dei Santi Quaranta "mettono in mostra" il lavoro, in Ottopagine
Benevento, 30 giugno 2015. URL consultato l'8 ottobre 2015.

Cosimo Calicchio, I "Santi Quaranta": un gioiello recuperato grazie ai cittadini attivi,


in Beneventoforum.it, 1 luglio 2015. URL consultato il 13 ottobre 2015.
Portale Antica Roma Portale Archeologia
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