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a cura di
J. FEINER e M. LttRER
QUERINIANA - BRESCIA
L'EVENTO SALVIFICO
NELLA COMUNIT DI GES CRISTO
Azione della grazia di Dio
con la collaborazione di
parte III
QUERINIANA - BRESCIA
Titolo originale dell'opera:
MYSTERIUM SALUTIS
Grundriss heilsgeschichtlicher Dogmatik
.Benziger Verlag Einsiedeln 1967
7 Collaboratori
IO Introduzione
SEZIONE PRIMA
a. Jahwista - Elohista
I Cf. H.W. WOLFF, 'iDas Kerygma des Jahwisten', in: EvTh 24 (1964) 73-98;
ID., 'Zur Thc:matik der elohistischen Fragmente im Pentateuch', in: EvTh 29
(1969) 5!r72; C. WESTERMANN, Der Segen in der Bibel und im Handeln der
Kirche, Miinchen 1968, specie 9-22; H.-P. MiiLLER, Ursprunge und Strukturen
atl. Eschatologie, BZAW 109, Berlin 1969, 129-171.
2 Vedi J. IIEMPEL, 'Die israelitischen Anchauungen van Segen und Fluch im
Lichte altorientalischer Parallelen', in: ZDMG 79 (1925) 25-uo; J. SCHARBERT,
Solidaritat in Segen und Fluch im AT und in seiner Umwelt, BBB,. 14, Bonn
1958 (Bibl.).
STRATI LETTERARI 1_5
b. Gn. 1-II
3 Cf. H. Gaoss, 'Esegesi teologica di Gn. x-3', in: Mysterium Salutis Il/2,
3x-_n.
16 LA GRAZIA NELL'A.T.
c. Deuteronomio
d. Profeti
aa. Come fenomeno unico nel suo genere, va ricordato che Osea,
il pi antico forse dei profeti scrittori, ha presentato in maniera
non comune l'atteggiamento di grazia di Dio, comprendendolo co-
me amore ed illustrandolo nella sua dolorosa esperienza matrimo-
niale (Os. 1-3).5 Egli afferma che tutti i castighi e tutte le pene,
che giustamente colpiscono il popolo che persiste nell'infedelt e
nella ribellione, sono vinti dalla grazia ddla volont divina di sal-
vezza. In Os. 2,21 s., questa grazia presentata come sezionata
nei suoi essenziali elementi costitutivi: Allora ti far mia sposa
per sempre: ti far mia sposa nella giustizia e nel giudizio, nellra
bont (amore) e nella compassione, ti far mia sposa fedele e tu
riconoscerai Jahwe. I quattro attributi ~edeq, mispa!, ~esed, ra~a
min caratterizzano il nuovo rapporto personale tra Dio e Israele:
un rinnovato ed efficace rapporto nell'ordine; rapporto di allean-
za, in cui ad Israele costantemente fatto dono della vicinanza di
Dio e di una particolare posizione tra le popolazioni; bont di
Dio; comunit in cui ad Israele viene assicurato l'affetto materno
del Dio pieno di misericordia. Proprio nella promessa di una nuova
alleanza (Os. 2,16-25), si intravede che la grazia di Dio nell'uomo
si colloca nella sfera della comunione personale di Dio col suo po-
polo, si capisce che la grazia di Dio, annullando la lontananza da
Dio provocata dal peccato, opera necessariamente nel popolo una
intima trasformazione ed un riordinamento, e d a quel popolo la
capacit di entrare in stabile comunit con Dio.
e. Salmi
a. Terminologia veterotestamentaria
8 Cf. H. GROSS, 'Theologische Eigenart der Psalmen und ihre Bedeutung filr
die Offenbarung des AT', in: Bibel und Leben 7 (I967) 248-256.
22 LA GRAZIA NELL'A.T.
bb. Per il significato che ha nella sua radice, il termine flen po-
trebbe essere vicinissimo al concetto di 'grazia'. Non ricorre per
con la medesima frequenza di pesed. Lo troviamo in totale 68
volte, 41 delle quali nell'espressione 'trovar favore (agli occhi di...)'.
Con hen, quindi, viene espressa per lo pi la preghiera ad un
superiore, ad un'autorit ed anche a Dio, perch egli sia ben
disposto e ben intenzionato in una concreta situazione. Qualche vol-
' N. GLUECK, Dar Wort HESED im atl. Sprachf!.ebrauch als menschliche und
gottliche gemeinschaftgemsse Verhaltungsweise, BZAW,. 47, Berlin 1961. Cf.
anche la nuova edizione inglese, che reca un'ampia panoramica sulla recente di-
scussione: HESED in the Bible (ed. E.L. EPS'I'EIN) Cincinnati 1967. La concezione
di Glueck non tuttavia incontestata. H.]. Stoebe discute criticamente le idee
di Glueck nella relazione della sua dissertazione di laurea: 'Die Bedeutung des.
Wortes Hasiid im AT', in: VT 2 (1952) 244-254.
SGUARDO D'INSIEME 23
dd. Rahamim =
'piet' evidenzia di pi la compassionevole
accondiscendenza di Dio nei confronti dell'uomo ed il bisogno di
aiuto dell'uomo, il quale non ha altra risorsa che questa piet. In
tal modo, rapamim pu ritenersi come una motivazione dell'pesed
ed esprime quindi un aspetto dell'amore di Dio: cf. Ps. 25,6;
40,12; 51,3; 69,17 ed altrove.
b. Grazia e salvezza
conduce dal distacco dal peccato alla conversione a Dio per la giu-
stificazione. Questa, a sua volta, ha come conseguenza la disponi-
bilit deN'uomo per l'accoglimento dei doni di salvezza, che gli
derivano, come benevolenza e bont divine, dalla relazione di al-
leanza, cosl che l'uomo giustificato trasformato in uomo conforme
a Dio. Nella concezione veterotestamentaria, l'insieme di questo
processo dinamico della salvezza ne1l'uomo pu essere definito co-
me grazia.
c. Grazia e redenzione
11 J.J. SrAMM, Erfosen und Vergeben im AT, Bcrn I940, ha reso accessibili,
in modo valido tutt'oggi, questi due concetti. Un'esposizione buona e facilmente
comprensibile, a proposito dci termini qui delineati, offerta da H.U. v. BAL-
THASAR, Herlichkeit m/2, I, Einsiedeln 1967, I47-164.
LA GRAZIA NELL'A.T.
d. Aspetto escatologico
daila conoscenza di Dio (ls. 11,9; Ab. 2,14), esso raggiunge eme
l'unione di confidenza e d'amore pi stretta possibile. Persino la
morte, quest'antichissimo tormento della stirpe umana, sar can-
cellata e divorata dalla vita perenne, dono della grazia escatologica
(!s. 25,8; 26,19; Dn. 12,2). Redenzione e benedizione, le compo-
nenti essenziali dell'azione divina di salvezza, affermeranno la loro
vittoria su ogni ribellione di peccato che l'uomo ha portato nel
mondo, provocando come conseguenza la maledizione. Per grazia,
quindi, l'AT intende quel continuo impulso ed intervento di Dio,
con cui si prepara questo compimento finale. Ma grazia anche
l'increata nuova maniera d'esistenza degli uomini uniti a Dio in
strettissima amicizia e comunit; grazia significa la vita nella pie-
nezza divina.
HEINRICH GROS S
BIBLIOGRAFIA
BIBLIOGRAFIA
D.R. AP-THOMAS, Some Aspects o/ the Root ben i11 the OT. Journal
of Semitic Studies 2, Manchester 1957, 128-148.
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N. GLUECK, Das Wort HESED im atl.Sprachgebrauche, BZAW 47,
Berlin 2 1961.
J. HASPECKER, 'Der BegrifI der Gnade im AT', in: LThK, IV (Freiburg
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W.F. LoFTHOUSE, 'Hen and besed in the OT', in: ZAW 'r (1933)
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C.R. SMtTH, The Bible Doctrine o/ Grace, London 19,6.
H.J. STOEBE, 'Die Bedeutung des Wortes Hiisiid im AT', in VT 2 ( 19p)
(244-2,4).
SEZIONE SECONDA
LINEAMENTI FONDAMENTALI
DELLA TEOLOGIA DELLA GRAZIA
NEL NUOVO TEST AMENTO
a. Ges (sinottici)
1 In Le. xcipi.; s'incontra sulla bocca di Ges solo nel senso di 'ringraziamento'
(d. 6,32 ss.; 17,9).
2 Cf., ad esempio, R. ScHNACKENBURG, Gottesherrschaft u11d Reich, Freiburg
lr963, .:16-62 (tr. it., Signoria e regno di Dio, Il Mulino, Bologna); J. BECKER,
Das Heil Gottes, Gottingen 1964, 199-214; F. MusSNER, Die Wunder Jem. Eine
Einfiihrrmg, Miinchen 1967, 48-53 (tr. it., I miracoli di Ges. Problemi prelimi-
nari, GdT 38, Queriniana, Brescia); H. FLENDER, Die Botschaft Jesu von der
Herrschaft Gottes, Miinchen 1968, 3"'1
3 Questo il risultato dell'importante analisi di A. PALOG, Die Christologie der
Logienquelle (Mschr. Diss.) Trier 1968.
30 LA GRAZIA NEL N.T.
4 Cf. ancora M. CAMBE, 'La XAPil: chez s. Luc', in: RB 70 (1963) 193-207.
Per la questione della storicit dell'ultima cena e delle parole esplicative, cf.
5
ultimamente H. Sc:HiiRMANN, 'Le parole di Ges durante la cena alla luce dei suoi gesti,
in: Concilium 10/1968 13I-I37; ID., 'Die Symbolhandlungen Jesu als eschatologische
Erfiillungszeichen. Eine Riickfrage nach dem historischen Jesus' in: Bibel und
Leben u (1970) 29-41; 7J-78.
6 Cf. in proposito anche K.H. SCHELKLE, Die Passion Jesu in der Verkundigung
des Neuen Testaments. Ein Beitrag :rnr Formgeschichte des Neuen Testaments,
Heidelberg 1949, 131-177; H. R1ESENFELD, in: ThW VllJ, 5n-5 r5 (alla voce vittp).
7 ~ predicato di Ges che ricorre raramente nell' AT e nel giudaismo, soprat-
tutto nella forma plurale il Dio delle azioni di grazie: al riguardo, si vedano
ulteriori particolari in R. DEICHGRABER, Gotteshymnus und Christushymnus in der
fruhen Christenheit. Untersuchungen zu Form, Sprache und Stil der fruhchristlichen
flymnen, in: Stud. zur Umwelt des NT 5, GOttingen 1967, 91 s.
TIPI PRINCIPALI DI DOTTRINA DELLA GRAZIA
b. Giovanni
8 Cf. J. JEREMIAS, Abba: ABBA. Studien zur ntl. Theologie und Zeitgeschichte,
Gottingen 1966, 15-67, specialmente 58-67 (tr. it., Paideia, Brescia).
9 Cf. anche E. PETERSON, 'Was ist der Mensch?', in: Theologische Traktate,
Miinchen 1951, 225-238.
10 a. anche F. MusSNER, Die ioanneische Sehweire und die Frage nach dr:m
hirtorischen Jesus, QD 28, Freiburg 196,.
LA GRAZIA NEL N. T.
Il Per il problema che sta dietro la sini;olare espressione xa.pw d:vi:t XOCPL't'O,
d. ad esempio R. Sc:HNACKENBURG, Das Johannesevangelium, 1. Freiburg 1965. 251.
W. ELTESTER, Der Logos und sein Prophet: Apophoreta (Festschr. f. E. HAEN
CHEN) Berlin 1964, 133, ritiene che al posto (d. Q.vi;l) della grazia della legge sia
giunta, secondo l'a11ermazione del prologo, la vera grazia per mezzo di Ges
Cristo in persona; se si intende l'8i:L iniziale del seguente versetto 17 nel senso
di una precisa motivazione, allora quest'interpretazione non allatto errata.
12 In proposito d. soprattutto F. MussNER, ZOH. Die Anschauung vom 'Le-
ben' im vierun Evangelium unter Beriicksichtigung der Johannesbriefe, Mi.inchen
I9'2
TIPI PRINCIPALI DI DOTIRINA DELLA GRAZIA 33
data dalla grazia, di Cristo coi credenti e dei credenti con Cristo e,
per mezzo di lui, col Padre. Non si dice mai per: li Padre () in
voi, ma: li Padre in me ed io in voi; non si dice mai: Voi
nel Padre, ma: Voi in me. Cristo resta sempre tra H Padre ed
i credenti: ogni grazia quindi gratia Christi.
Concludendo, bene accennare ancora alla caratteristica formu-
lazione di r ]o. 3,9: a'ltpa. a.ihou v a.1hw vE~, che sembra suona-
re come gnostica. 18 Sicuramente l'espressione fu provocata in r ]o.
dall:a frase precedente ci yEyEWl']vo x. -tov -&Eo. Siccome la gene-
razione da Dio, nella quale il credente riceve il Seme di Dio,
identica alla generazione dallo Spirito, il ricevere lo a-rtpa. t)Eou pu
equivalere al ricevere il dono di vita del Pneuma, del principio di-
vino de1la vita. 19 Pertanto, I ]o. 3,9 non pu esser compreso in sen-
so naturale, come analoghe affermazioni della gnosi, ma deve essere
inteso nel senso della teologia della grazia. Se chi stato in questo
modo oggetto della grazia non giunge aMa conferma etica, viene
escluso dalla comunione di vita con Cristo (cf. in particolare ]o.
15,5 s.).
c. Paolo
ria di Dio, ora sono tutti giustificati gratuitamente, per sua grazia,
in virt della redenzione compiuta nel Cristo Ges. 21 Qui la grazia
posta in strettissima connessione con il processo della giustifica-
zione (cf. OLX!l.LouE'VOL . 'tfj a.-cov x.<ipL'tL ). Il passo contiene quasi
tutto il quadro teologico delle idee legate al concetto di x<ipLc;, inte-
sa come grazia di giustificazione: 1. 'lta'V'tE<;, tutti senza eccezione,
sia giudei che pagani: viene a galla l'universalismo della grazia; 2.
OWpEa'V; in forma di dono, gratis, perci indipendentemente dalle
opere della legge (cf. Rom. u,6: E se lo per grazia, non lo
allora in base alle opere; altrimenti la grazia non sarebbe pi gra-
zia; si veda inoltre anche 4,4). La giustizia di Dim> una giusti-
zia donata, non acquisita per merito proprio (cf. anche Phil. 3,7 ss.);
3. OL. 'tfjc; ct'lto.u-.ppw1nwc; 't'ijc; 'V XpLO''t'@ 'IT]o-ov: la cruenta morte in
croce di Ges per Dio lo strumento ( OL6.) con cui egli giustifica il
peccatore; non si tratta, tuttavia, di un evento meccanico-magico,
poich il perdono del peccatore si verifica solo quando da parte sua
vi la fede (cf. anche Rom. 4,16): quindi solo dalla fede, onde sia
a puro titolo di grazia; 5,2). Ma qui la 'ltlO"t'L<; non pu essere inte-
sa come opera autonoma, perch altrimenti il xa:t. x.6.pLV sarebbe
nuovamente reso illusorio. In siffatto contesto, la x<ipLc; la benigna
volont di salvezza di Dio, la sua profondissima volont di miseri-
cordia verso tutti, per cui il concetto di x.6.pLc; appartiene al quadro
teologico del concetto di itEoc;.22 Poich Ia giustificazione si verifica
gratuitamente, la dottrina paolina della grazia mette contemporanea-
mente in risalto anche la libert di Dio: il perdono avviene x11't' '
tx)..oyi)'V del Dio sovrano (cf. Rom. 11,5). 4. Poich la giustizia di
Dio si rivelata ora ('Vwt), cio nell'opera di redenzione di Ges
Cristo, ci significa che a partire da Cristo il tempo - in senso
particolare, mai esistito sinora - tempo di grazia per tutti coloro
che credono.
211 Per l'attuale discussione sulla o~xo.~c<TVV!] (l!f:oii) cf. ad esempio P. STUlILMA-
CHER, Gerechtigkeit Gottes bei Paulus, FRLANT 87, Gottingen 1965; J. BE-
CKER, Das Heil Gol/es, cit., 238-279; K. KERTELGE, 'Recht/ertigung' bei Pa11/us, cit.,
63-109; H. CoNZELMANN, Grundriss der Theologie des Neuen Testaments, Miinchen
1967, 227-243 (tr. it., Teologia del N.T., Paideia, Brescia).
LA GRAZIA NEL N.T.
sua dottrina della legge e della morte. Paolo non intende tanto la
grazia come il ripristino della situazione d'origine, ma come la vit-
toriosa, dd tutto immeritata ed inadeguata (itEptcraEvEL'll!) salvez-
za che Dio ha operato nei confronti dell'universale condizione di ro-
vina. La superiorit della grazia istituisce il nuovo eone, che ha gi
fatto irruzione con Cristo; grazie ad essa, questo un eone di vita
(cf. Rom. 5,23}; grazie ad essa, l'umanit ha un futuro.
Il luogo concreto del gratuito perdono del peccatore il batte-
simo (Rom. 6,1-u; Col. 2,u-14; Eph. 2,4-IO}, nel quale Dio dona
al credente il suo Pneuma salvatore. Tuttavia, neBa teologia paoli-
na, grazia e Pneuma non si identificano, ma, in quanto divino do-
no di vita ai giustificati, il Pneuma fa parte della iustificatio impii.
La grazia della giustificazione include la santificazione (oggettiva)
dell'uomo. I cristiani sono santificati in Cristo Ges (I Cor. l ,2;
d. anche 6,11; Rom. 15,16}.29 Infatti, i cristiani sono iytoL non per
natura, ma per vocazione di Dio; essi devono la foro appartenenza
alla santa comunit di culto alla chiamata dellii grazia divina in Cri-
sto (0. Procksch).30
Due fatti rivestono particolare importanza per la dottrina paolina
della grazia: I. l'apostolo parla della x<iptc; sempre al singolare. Egli
non si orienta quindi alle singole dimostrazioni, ma all'unica azione
di salvezza che, mediante il concetto di xaptc;, caratterizzata come
puro dono (H. Conzelmann); 31 quest'azione di salvezza la reden-
zione per opera di Ges Cristo. 2. La xO.ptc; primariamente un even-
to,32 quell'evento escatologico di salvezza in Cristo, grazie al quale
d. Deuteropaoline
11 I bid., 289.
34 A proposito della grazia intesa come aver parte (prender parte) in Paolo,
vedi anche le nostre argomentazioni p. 46 s.
35 Sul problema delle Deuteropaoline d. ad esempio W.G. KiiMMEL, Einleitung
in das Neue Testament, Heidelberg ' 4 1961. Alcuni rappresentanri della scienza del-
l'introduzione al Nuovo Testamento, attribuiscono la leuc:ra agli Efcsini ad una
prigionia dell'Apostolo prcccdc:ntc: a quella romana, e ci sembra provato anche
proprio dalla sua dottrina della grazia, che: ~ pi vicina a quella delle: prime: lei
tere paoline, che non alle pi tardive.
TIPI PRINCIPALI DI DOTI"RINA DELLA GRAZIA
2,1-10: E voi che eravate morti per le vostre colpe e per i vostri
peccati, nei quali camminavate un tempo secondo il costume di que-
sto mondo, alla sequela del principe della potest dell'aria, dello spi-
rito che opera in coloro che non obbediscono ... Tra questi anche noi
tutti vivemmo un tempo secondo le nostre passioni carnali, seguendo
i desideri della carne e dei malvagi pensieri, ed eravamo cosl, a cau-
sa delle naturali inclinazioni, oggetto dell'ira alla stessa guisa degli
altri. Ma Dio, ricco di misericordia, per la grande carit con cui egli
ci ha amati, morti com'eravamo per le nostre colpe, ci ridon la
vita con Cristo - per la grazia siete stati salvati - e con lui ci ri-
suscit e ci fece sedere nelle regioni celesti, in Cristo Ges; per
dimostrare nei secoli avvenire la sovrabbondante ricchezza della
sua carit, per la sua bont verso di noi in Ges Cristo. Poich per
la grazia siete stati salvati, per mezzo della fede; e questo non da
voi, ch dono di Dio; non per le opere, affinch nessuno abbia a
vantarsi. Noi siamo, infatti, opera di lui, creati in Cristo Ges in
vista delle opere buone, predisposte da Dio perch noi le praticassi-
mo. In questo testo la teologia della grazia esposta tematica-
mente: il termine x6.pL appare tre volte (vv. 5.7.8.) in un contesto
concettuale ad esso attinente (E.Eo: v. 4; ciy1i-itT): v. 4; !;wo11:0LE~v:
v. 5; c;w~tCT&ciL: vv. 5.8; XPTJCT"t6"tTJ<;: v. 7; Swpov: v. 8; 11:olT)a,
x"tlSELV: v. 10). Inoltre, questa teologia della grazia si presenta con
teologumeni e formulazioni tipicamente paolini: nei vv. 5.8, tro-
viamo l'espressione per la grazia siete stati salvati (puntualizza-
zione del principio della grazia); 36 nel v. 8 aggiunto il SL. 1tLa"tEW<;
e nei vv. 8b.9 si pone l'accento sul fatto che la salvezza non av-
viene per le opere, ma dono di Dio, cos che noi tutti sia-
mo creazione sua, creati in Cristo Ges.
La cornice, in cui contestualmente inserita questa dottrina del-
la grazia, ancora una cornice storico-salvifica: si guarda indie-
tro al passato pagano dei destinatari della lettera (11:o"tE: vv. 3.11 );J6o
36 ("tTI) xcip~"t~ ~ dativo di modo: la salvezza avviene per la via, con l'aiuto della
grazia.
3'o. A proposito dello schema temporale un tempo - oru, d. i dettagli in P.
TACHAU, Einst und ]et:t.I im Ntutn Testament. Beobacbtungen :z:.u einem ur-
LA GRAZIA NEL N.T.
41 Per i problemi introduttivi della lettera agli Ebrei, cf. W.G. KiiMMEL, op. cit.,
281-291.
42 Vedi, a questo riguardo, soprattutto F.]. SCHIERSE, Verheiuung und Heilsvoll-
endung. Zur theologischen Grundfrage des Hebriierbriefes, MThSt. 1/9, Miinchen
1955.
42a Oltre al lavoro di Schierse, per l'escatologia vedi in particolare B. KUPPERT,
Die Eschatologie des Hebriierbriefes, Theol. Exist. beute, 156, Miinchen 1969.
TIPI PRINCIPALI DI DOTTRINA DELLA GRAZIA 45
44 Cf. W.G. KtiMMEL, Einleitung in das NT, 313-317; H. SaiELKLE, Die Petrus-
brie/e. Der Judasbrief, Freiburg 1961, 179-181; 245-248.
45 Das Bild des Menschen im Neuen Testament, AThANT, Ziirich 1948, 54
(cf. specie ,n5).
46 Cf. a questo proposito le indicazioni di K.H. SCHELKLE, Die Petrusbriefe. Der
Judasbrief, 187-189.
47 La forma sostantivata 'f l>E!ov si uova in At. 17,29. Cf. anche H. KLEINK
NECHT, in ThW Ili, 122 s.
48 lbid., III, 801.
49 Per questa uaduzione di qiaopci depone giustamente a favore W.G. KtiMMEL,
Das Bild des Menschen, cit.; .')I, nota 97.
TIPI PRINCIPALI DI DOTTRINA DELLA GRAZIA
47
56 Cf. anche F. MusSNER, 'Gottcshcrrschaft und Scndung Jcsu nach Mie. 1,14 s.
Zuglcich cin Bcitrag iibcr dic inncre Struktur dcs Markuscvangcliums, in: Praesentia
salutis. Gesammelte Studien zu Fragen und Themen des NT, Diisscldorf 1967, 81-98.
LA GRAZIA NEL N.T.
50
FRANZ MUSSNER
BIBLIOGRAFIA
PRESENTAZIONE STORICO-DOGMATICA
DELLA DOTTRINA DELLA GRAZIA
L'ORIENTE CRISTIANO
e. Avvertenze semantiche
9 Cf. T. F. ToallANCE, op. cit. (nota 3), prefazione e 133-141, e R. BllEWERY, op.
cit. (nota 6), 63-65 e 201-207. Per il medesimo complesso di problemi, con riferi
mento per ad un'epoca pi antica, cf. Wort und Mysterium. Der Briefwechsel iiber
Glauben und Kirche 1573158r iwischen den Tubinger Theologen und dem Patriar
chen von Konstantinopel, pubblicato dall'Aussenamt della chiesa evangelica in
Germania, Witten 1958.
L'ORIENTE CRISTIANO
soprannaturale, per lo meno non nel senso che queste parole hanno
nella moderna teologia dell'Occidente. Per essi la finalit fondamen-
tale dell'uomo era necessariamente Dio. La presenza della trascen-
denza divina nell'immanenza umana fu da essi evidenziata con la
dialettica del creato/increato.'0 Indubbiamente, gi molto presto
si possono indicare termini nuovi, i quali suggeriscono l'idea che la
grazia sia stata aggiunta. 11 Si tratta di vocaboli composti con le
preposizioni TtL, Ttp e VTtEpcivw. Ma queste preposizioni agiscono
all'interno della dialettica creato/increato, la quale del resto ha
fortemente influenzato il pensiero patristico, dal momento che gli
ariani confondevano nelle loro discussioni il YEVVT)"t"oc; 0E6c;, da una
parte, e il yEVTJ"t"6c; o TtOLTJct dall'altra.
Va notato come la dottrina, che comprende la grazia come <(divi-
nizzazione, ha raggiunto il suo punto culminante proprio durante
l'aspra discussione cristologica e pneumatologica con gli ariani. Per
Atanasio e Gregorio di Nissa, l'argomento decisivo la considera
zione che non si pu parlare di un'autentica <(divinizzazione, se il
Logos e lo Spirito del Padre, che sono i diretti intermediari della
divinizzazione, non sono veramente Dio: <(Luce da luce, Dio vero
da Dio vero, generato, non creato, un essere col Padre. I cappadoci
hanno sottolineato ancor pi risolutamente la trascendenza divina,
quando fecero distinzione tra l'oulct di Dio, imperscrutabile per lo
spirito umano, e le divine vpyELctL. Essi dovettero quindi essere
consapevoli che, nell'interpretazione della grazia come iMwuL, risie-
de il mistero della presenza e dell'attivit di Dio in noi, nd senso
di una tensione quasi insostenibile tra la trascendenza radicale della
divinit rispetto al mondo ed all'umanit creata, da una parte, e la
sua presenza celeste nella celebrazione dei divini misteri dall'altra.
In Occidente, dimentichiamo troppo facilmente quale importanza
dogmatica riveste, per la retta concezione della divinizzazione, la
concezione celeste della liturgia orientale, quella soprattutto del-
1'eucaristia.
2. La tradizione bizantina
14 MANSJ xxvr, 127-199; edizione migliore in: I. KAPMIPll:, Tc1 lioycn~xc1 xat
crv~o.~xd:'lll}Eitt 1, 'Atij'Va~ 1952. 310-342.
1S B. K!t1vosi1E1NE, Asketiceskoe i bogoslovskoe ucenie sv. Gregortia Palamy, Se-
minarium Kondokovianum' VIII, Praha 1936, 99-154 = 'The Ascetic and Theological
Teachings of Gregory Palamas', in: The Eastern Churches Quarterly, Reprint n. 4,
London 1938; in tedesco: Das ostliche Christentum, vm, Wiirzburg 1939 Una buo-
na introduzione si trova in J. MEYENDORFF, St.Crgoire Palamas et la mystique or-
thodoxe, Paris 1959; Io., Introduction l'tude de Grgoire Palamas, Patr. Sorb.
LA TRADIZIONE BIZANTINA
Ili, Paris 1959 (Bibl.). Cf_ anche C. KtRN, 'Les lments <le la thologie de Grgoire
Palamas', in: lrenikon 20 ( 1947) 6-n; i64-193.
16 L'autore pi noto W. LossKY, Essai sur la thologie mystique de l'Eglise
d'Orient, Paris 1944; lo.. A l'lmage et la Ressemb/ance de Dieu, Paris 1967.
17 Le difficolt riguardano soprattutto i rapporti esistenti tra la dottrina della di-
scesa dello Spirito dal Padre e le conseguenze che ne derivano per la comprensione
della Chiesa. Le obiezioni sono esposte da Meyendorll, Lossky e da un ex anglicano
che ha studiato sul monte Athos: PH. SHERRARD, The Greak East and the Latin West.
A S11uly in the Christian Tradttion, London 1959, 61-107.
66 L'ORIENTE CRISTIANO
L'OCCIDENTE CRISTIANO
Sul piano del pensiero tematico, del parlare e delle forme di vita
coscientemente assunte, in Occidente si profila comunque uno svi-
luppo che ~o distacca sempre pi dall'Oriente. L'umanesimo di Ago-
stino, il senso civico e la morale stoica della cultura romana, le
concezioni antropologiche dei popoli germanici,9 l'introduzione so-
prattutto dell'aristotelismo e la sua dissoluzione nel nominalismo
7 Tbid., 137-147. \'<7algrave analizza anche le posi?.ioni del filosofo bolognese Pie
tra Pomponazzi (1462-1524), un amico di studi del Caictano, a proposito dell'im-
mortalit dell'anima, in quanto queste posizioni toccano il problema del desiderio
naturale della visione di Dio. Cf. a questo riguardo H. DE LuBAC, Augustinisme et
thologie moderne, Thologie 63, Paris 1965, 136 s.
8 Y.M. CoNGAR, op. cii., 104-127 e 249-307, come pure P. FAYNEL, 'L'Eglise', in:
Le Myslre cbrtien 11, Tournai 1970, 101-228 (Bibl.).
9 Y.M. CoNGAR, op. cii., 308-317.
72 L'OCCIDENTE Cl.ISTIANO
10 os 1921 e 1923. Cf. H. DE LuBAC, 'Aux origines du mo1 surna1urel' in: S11r
nat11rel, cit., 325428.
11 A. LANG, 'Der Bedeutungswandcl dcr Bcgriffc 'fides' und 'haercsis' und die
dogma1ischen Wertung der Konzilsentscheidungen von Vicnne und von Trient', in:
MThZ 4 (1953) 1n-146; P. FRANSEN, 'Rflexions s11r l'anatbme au co11cile de
Trent,,', in: EThL 29 (1953) 657-672.
TEJ\.11 DELLA TEOLOGIA OCCIDENTALE DELLA GRAZIA 73
14 T. BoHLIN, Die Theologie des Pelagius und ihre Genesis. Uppsala 1957. Cf.
G.I. BoNNER, 'How Pelagian was Pclagius? An Examination of thc Contcntions of
Torgny Bohlin', in: Studia Patristica IX = TuU10 94, Berlin 1966, 350.358; G. DE
PuNVAL, Points Je vue rcenls sur la th~o/ogie de Plage, in: RSR 46 (1958)
227236.
ts R.F. EvANs, Pelagius: Enquiries and Reappraisals, l..ondon 1968.
16 Ibid., 109-II3.
11 Ibid., 109 e i63 s.
AGOSTINO E IL PELAGIANESIMO
77
b. Agostino
che ci stata donata dalla grazia e che ci deve liberare dal domi-
nio del male, un dono di Dio, poich <<nemo habet de suo nisi
mendacium atque peccatum.33 Quest'assoluto primato della grazia
della redenzione, che ci viene comunicata da Cristo e ci integra
nel 'Christus totus', la Chiesa, non include per per Agostino, al-
cun determinismo nel senso vero e proprio del tennine. Per spie-
gare questo punto difficile, egli usa schemi di pensiero propri della
psicologia descri-ttiva. Egli parla dell'interiore forza d'atltazione del-
la delectatio di grazia, che ci restituisce la nostra libert, poich
essa non altro che l'amore. 34
Indubbiamente, vi qui un'intuizione teologica, che conserva
ancor oggi il suo eccezionale valore. Ma Pelagio e Giuliano di Bela-
no costringono Agostino a fare un passo pi avanti e questo passo
discutibile. La sua intenzione chiara: egli vuol salvare il pri-
mato totale della grazia nell'opera della redenzione. Ma nel ten-
tativo di cogliere concettualmente questo pensiero, introduce una
espressione che, gi a causa della sua etimologia, era sempre stata
ambigua, il concetto cio di predestinazione. Se, in conseguenza
del peccato di Adamo, l'umanit divenuta una 'massa damnata',
unicamente Dio la pu salvare in Cristo. Ora, per, in quest'argo-
mentazione sembra insinuarsi un supposto piuttosto antropomorfico.
Agostino ha senza dubbio avuto l'impressione che se un dono vie-
ne offerto di fatto a tutti gli uomini, senza alcuna eccezione, perde
il suo carattere determinante di gratuit e di misericordia. Ad uno
spirito che ragiona in termini metafisici, una grazia offerta a tutta
l'umanit pu realmente - dal punto di vista umano - far pen-
sare che esista su quella grazia una pretesa di diritto, per cui ne
sarebbe minacciato il puro carattere di dono. Sulla base di questa
considerazione, Agostino, specialmente nelle discussioni coi pela-
giani e coi semipelagiani, sembra aver ammesso che la predestinn-
zione si riferisce unicamente agli eletti. Occorre per far attenzio-
ne alla visione di fede che si nasconde dietro questa posizione teo-
48 DS 222230.
49 Ci sono rimasti solameme alcuni estratti: MARIUS MERCATOR. Commonilorium
1,5 e 3.1: PL 48,n-83 e 90-9~ e AuGUSTINUS, Ep. 190, 23: PL 33, 693. Cf. ns 231
e 244. infondata la supposizione espressa da A. Schonmetzer, secondo In quale
l'intero cap. 7 dell'lndirnlus 'verisimile ... ad hanc cpistolam pertinct' (os 244, nota r).
lO De 11.ralia Chrisli el de peccalo originali 1,2: PL +h36o; Retr. 2,50: PL 32, 650.
SI DS 267 S.
AGOSTINO E IL PELAGIANESIMO
52 e.rec. 1323, s
3.
si F. FtOERI, 'Le Papc Zosime et la doctrine du pch origincl', in: Au11.11stinus Ma-
gister Il, Paris I9H, 755 s.; lii ( t956) pp. 261 ss. La tradizione letteraria di que-
sto concilio presenta una strana anomalia. Il canone, che originariamente era il
terzo, indubbiamente autentico, ma scomparso moltu presto dalle raccolte di
canoni. Cf. J. VAN NutAND, 'Ecn dogmatische canon verdwijnt uit hc1 gcloofsgoed
van dc Kerk', in: Biidra11.en 25 ( 1964) 378-409. Van Nuland fonda la sua arho
mentazione sugli eccellenti lavori di W. PEITZ, Dionysi11s Exi}l,tllls als Kanonist
Ne11e l.osung alter Probleme der Forschung, estratto della Scbweizer R1mdschau 4~
(194~-46) e su Dionysius Exi11.uusSt11ditn. Ne11e We)!e der pl!l/ol. tmd hist. Texl-
und Qul'llenkritik, cArbei1en zur Kirchengeschichte 33, Berlin 1960.
54 ns 231 e 244. Cf. noia 49.
55 Per qirnnto riguarda l'Occidente non esiste alcun duhhio. A proposito dd-
l'Ori<'nie, va notalo che i canoni d Carta11in< furono assai presto inseriti nel
S~ntaypta cannnum di Antiochia, che era tenuto in onore anche a Bisanzio. Furono
pubblicati da r.A. 'PHMH xal IIOTAll, l:vvt11y~L11 "tWV 8Ei.wv xal. :pwv xav6vwv
lii, 'AtijvaL T8p-~9. I grandi manuali moderni dell'ortodossia citano Cartagine seniu
alcuna riserva. Per quanto concerne la teologia russa, cf. MAt.AIRF., Thnln11.e dogma
tique orthodoxe li, Paris 1860, 295 ss. e wll s.; per 1" teologia grec1 d. PANAGIOTIS
N. TREMBELAS, Dogmalique de l'E11.lise Orthodoxe Catholiq"e Il, Chvetogne 1967,
252.
86 L'OCCIDENTE CRISTIANO
c. Il semipelagianesimo
59 Agostino aveva gi scritto due lectere a Valentino: Ep. 214 e 2r5: PL 33,968-
978 e De gratia et libero arbitrio ad Va/entinum et cum i/lo monachos: PL +1.881
912, come pure De correptione et gratia ad e1mdem Vale11/inum et cum ilio monachos
(4r7): PL 44,915-946.
60 PROSPER AQU., Ep. ad Aug. 7: PL 33,1006 o 51,72
61 De praed. sane/.: PL 44,959-993 e De dono persev.: PL 44,993-1034), composti
tra il 428 e il 429, mentre Agostino redigeva il suo Op. inc. c. fui. e le sue Retr.
62 Cf. la lettera di Celestino II dcl 15 marzo 431 (os 237) e l'lndiculus gratiae, una
raccolta di testi attinti agli archivi romani, che fu composta probabilmente da Pro-
spero o dal diacono Leone, se non addirittura sotto il pontificato <li questo Leone at-
torno al 442 (os 238-249). Cf. M. CAPPUYNS, 'L'origine des capitula ps.-clestins
contre le smi-plagianisme'. in: RBn 41 (1929) 156-170.
63 PL 58,783-836.
88 L'UCCIDF.NTE CRISTIANO
64 Quod est ergo meritum hominis ante gratiam, quo merito percipiat gratiam,
cum omne meritum nostrum non in nobis faciat nisi gratia; et cum Deus coronat
merita nostra, nihil aliud roronat quam munera sua: Ep. r94,5,19: PL 33,880. Cf.
DS .248 e 1548.
AGOSTINO E IL PELAGIANESIMO
tare alla fine l'autore del peccato, mentre invece la Scrittura affer-
ma chiarissimamente: <(apud Deum non est personarum accepta-
tio. Con un certo anacronismo, si potrebbe paragonare questa
visione delle cose al moderno atteggiamento dello spirito che ri-
fiuta ogni 'discriminazione', sia da parte degli uomini che da parte
di Dio. Ma io r1tengo che qui, attraverso i secoli, incontrillmo un
ulteriore problema nella cultura occidentale, problema che solo
oggi diventa estremamente acuto: si tratta dell'illusione della radi
cale ed assoluta uguaglianza degli uomini tra di foro e dinanzi a
Dio.
Per quanto concerne 11a dottrina cattolica, formulata in questa
storica controversia dei secoli v e vr, si 1pu ritenere il concilio
di Orange come buona descrizione di ci che abitualmente si de-
finisce l' 'agostinismo mitigato', predicato da Cesario di A-rles e
confermato dalla Chiesa di Roma e dalle altre Chiese. Orange non
un concilio nel senso comune del termine, neppure per l'antichit
cristiana. In occasione della consacrazione della basilica di Oran-
ge, Cesario radun quaranta vescovi ed otto laici, uno dei quali
era il luogotenente del re dei Goti, e li invit a sottoscrivere un
testo moho complesso, senza far precedere nessuna discussione. Per
porre fine alla opposizione di Letino, Cesario aveva antecedente-
mente mandato a Felice III, a Roma, una raccolta di Capitula
Augustini. Non si sa chi sia stato a comporre questi capitula, se
Giovanni Massenzio o Cesario stesso. Questi canoni condannano
alcune idee di Pelagio a proposito del peccato originale 68 e di Fausto
di Reji drca la grazia. 69 Cesario stesso vi aggiunse una scelta dei
Capitula Prosperi,10 una breve introduzione 71 ed una professione di
fede. 72 Pi tardi, Cesario pubblic a
tutto come una specie di sil-
labo dottrinale con una raccomandazione personale ed un'ulteriore
serie di Capitula Sanctorum Patrum. Si tratta qui, come diT papa
61 DS 371-373.
69 DS 374-378, sono tutte citazioni o Iiassunti degli scritti di Agostino. L'ultimo
canone risale a Prospero.
i.i DS 379-395, citazioni dall'opera di PROSPER AQu., Se11tentiae ex operibus S. Au-
gurtini delibatae: PL 51,427-496.
71 DS 370.
72 DS 396 S.
AGOSTINO E IL PELAGIANESIMO 91
7l G. MoRIN, Caesarii opera varia Il, Marcdsous 1942, 66 e 79"85. Cf. M. CAP
PUYNS, 'L'origine dcs Capitula d'Orange', in: RThAM 6 ( 1934) 121-142. Cf. P.
FRANSEN, 'Die sog. 11. Synode von Orange', in: LThK vn (1962) 1188 s.
74 os 400.
7s PETRUS CRABBEUS, Concilia omnia I, Coloniae 1.53.5
92 L'OCCIDIONTE CRISTl\NO
d. Osservazioni conclusive
a. Le forme di pensiero
uno di questi numerosi prodotti della potentia Dei absoluta, che venivano enume-
rati dalle nuove scuole. Qui non si tratta specificamente del dogma della grazia ( 1bid.,
105. Cf. anche J. AUER, Entwicklung der Gnadenlehre in der llochscholastik l: Das
Wesen da Gnade, Freiburg i. Br. 1942, 46-65.
86 Alla fine dd secolo Xli, la Politica (di Aristotele) era gi stata pi volte com-
mentata e numerosi trattati diffondevano tra il popolo i suoi insegnamenti. Tuttavia,
come abbiamo visto, questo sfruttamento della filosofia aristotelica aveva ispirato due
orientamenti cli pensiero molto diversi: da un lato, si sottolineava che l'ordine della
societ qualcosa di naturale, di assolutamente necessario, e che il bene comune ha
il primato sul bene dcl singolo; d'altro lato, si affermava la convinzione che l'universo
cos1ituisce necessariamente un'unit e che tutte le attivit umane dovrebbero con-
nettersi dentro un ordine rigoroso (D. DE LAGARDE, La nairsance de l'esprit lalque
au dclin du Moyen Age 111: Le Defensor Pacis, Louvain 1970, 305 s.; cf. anche 11,
2" ed., cap. VI. r2.~ s. Trad. it., Alle origini dello spirito laico, Morcelliana, Brescia).
1.'ocCIDEJl.'TE CRIST!ANO
tesi alla grazia 'in nobis curo nobis'),87 costituisce, come vedremo,
il principio di attualit o, secondo una vecchia terminologia, il prin-
c1p10 di un 'movimento', che realizza ci che noi gi siamo di-
nanzi a Dio.
93 ns 621-624. Cf. INCMARUS, De praed. Dei et libao arbllrio post. Ji;r.: PL 125,
129 S., 183, 2II, 282.
94 ns 625-633, specie 627 e 629.
95 DS 633.
96 Il concilium Tullense secundum secondo le collezioni del concilio: MA:-;sr xv,
'57-590. Cf. E. AMANN, L'poque carolgienne, in A. Fuorn - V. MARTIN, Histoi-
re de l'Eglise VI, Paris 1937, 315-344 (tr. it. Storia della Chiesa, Ed. Paoline, Turino).
CO~TRlllUTl DEL MElllOEVO 101
Facienti quoJ est in se, Deus non dcnegat gratiam.97 Tra l'al-
tro, il principio poneva il problema della preparazione alla grazia;
si parlava aMora di disposizione. Il concetto di initium fiJei
scomparso e, probabilmente, erano intanto andate perdute an-
che le dichiarazioni del concilio di Grange. Non basta tuttavia
questa scomparsa per spiegare l'indecisione del sec. XII nel nostro
problema. Si possedeva allora un sicuro concetto della gratia
gratum faciens (grazia ddla giustificazione), mentre il concetto
di grazia attuale non esisteva ancora. In Alberto Magno, l'e-
sipressione gratia gratis data allude ancora a tutta una serie di
significati: in certo qual modo, era un'etichetta molto indetermi-
nata, che raccoglieva sotto di s parecchi significati ancora molto
disparati.98 Fu Tommaso d'Aquino che, nel corso della sua vita,
elabor lentamente in termini pi precisi il concetto di grazia at-
tuale, nel senso di una disposizione alla grazia della giustifica-
zione che ci fa meritare il cielo. La chiamava per lo pi auxilium
Dei moventis, e nella Summa precisa che operans e coo-
perans .99
Di quest'evoluzione ci interessano soprattutto gli influssi che
operarono su Tommaso e lo sostennero nell'elaborazione del suo
pensiero. Essi hanno la loro importanza per la comprensione dei
problemi d'oggi. Tommaso fu colpito dagli argomenti filosofici di
c. La prima giustificazione
105 J. SCHUPP, Dii." Gnadenll."bre des Petrus Lombardus, Freib. Theol. Stud.,., 35,
Freiburg i. Br. 1932, 216-242. L'idea di Pietro Lombardo fu difesa soprattutto da
R. Fishacre. Fishacre interessante anche per un altro motivo. Per primo egli ha
paragonato ln nostra unione di grazia con Dio all'unione ipostatica. Cf. A.M. LAND-
GRAP, 'Anfiinge einer Lehre vom concursus simuhaneus im q. Jh.', in: RThAM 1
(1929) 350-353. Il testo agostiniano tolto da De Trin. Vlll, 8, 12: PL 42,'J~' lsta
contextio satis apcrteque dcclarat, eamlem ipsam fratcrnam dikctionem ( ... ) non so-
lum ex Deo, sed etiam Deum esse tanta auctoritate pracdicari. Cum ergo dc dilcctione
diligimus fratrem, dc Deo diligimus fratrem, de Deo diligimus fratrcm ... . a. anche
De Trin. xv, 17, 27 e 18, 32: PL 42,1080 c 1083.
106 A. AuER, Die Entwicklrmj/, der Gnadeniehre, cit., 1, 86-123; A.M. L\NT>GRAF,
Dogmenj/,eschichte, cii., 1/ 1, 220-2 37.
1117 A.M. LANDGRAF, op. cir., 287-302.
CONTRIBUTI DEL MEDIOEVO
molto semplici, presenti m forma vivace anche tra il' popolo cri-
stiano. Se per la nostra giustificazione occorrono la fede e l'amore,
che cosa si deve pensare dei bambini appena nati? Ricordiamo
che, proprio in quel tempo, catari e valdesi contestavano la neces-
sit del battesimo dei bambini. Un'altra serie di questioni girava
attorno al problema di sapere quale differenza esistesse tra le
virtutes ethnicorum e l'e virtutes christianorum. La qualifica
di donum gratuitum non sembrava bastare}()I) Si profila lentamen-
te l'idea che nelle virtutes christianorum si debba distinguere un
aspetto pi stabile e pi profondo, che costituisce il vero e pro-
prio principio della nostra attivit meritoria. Nacque cosl il con-
cetto di habitus. Fu soprattutto Filippo il Cancelliere ad daborare,
dopo l'introduzione dei concetti aristotelici, una sintesi che nelle
sue grandi linee acquist un valore classico in Occidente.uo
In questo sviluppo si possono trovare parecchie e differenti
impostazioni, a seconda dei diversi orientamenti di pensiero. Tro-
viamo, anzitutto, lo stile psicologico d'interpretazione, dove la vir-
t considerata come un movimento che rende pi facile, pi
spontaneo e pi dilettevole il nostro operare per la salvezza. 111
Abbiamo poi l'idea agostiniana del donum gratuitum, che ci
donata sine nostris meritis, ed agisce come informando un nuo-
vo <~esse spirituale. 112 L'ontologia aristotelica non fa che sistema-
tizzare questi elementi, integrandoli sotto l'idea di un principio
immanente, dinamico, donato da Dio e spirituale dell'agire meri-
torio per la salvezza. 113 Non scordiamoci che, prima della scoperta
t()I) Di fatto, di distingue costantemente tra virtu1es naturales e virtutes gratui-
1ae, quae sunt ex De0>: A.M. LANDGRAF, Dogmcngeschichte, cit., 1/r, r6r-183.
110 A.M. LANDGRAF, op. cit., 214-219. J. Aucr nota giustamente che Filippo va visto
come precursore solamente della corrente tomista, poich concepisce l'hahil11S come
principio delle virt teologali. Ugo di s. Caro, Odo Rigaldo, Alessandro. di Hales e
forse Bonaventura sostengono la tesi che la grazia abituale non pu esser distinta
dall'amore di Dio (lbid., 125 ss.) - una tradizione che fu accolta in seguito da Duns
Scoto e dalla sua scuola.
111 Quo datur facilitcr, prompte et delectabiliter opernri (espressione desunta del
resto da Aristotele)_
112 Virtus est bona qualitas mentis, qua rcctc vivitur, qua nemo male utitur, quam
Deus solus in homine operatur. Pietro Lombardo ha dato questa definizione sulla
base cli citazioni da Agostino (Retr. I, 8, 6: PL 32,598; De lih. arb., 11, 18 s.: PL
32,1266),
m La dispositio stabilis ad operandum di Tommaso: S. Th. I-II, q. I ro, a. 2, ad. 3.
CONTRIBUTI DEL MEDIOEVO 107
11s Ibid., 5 s., 40-47, 53-58. Si deve di conseguenza distinguere tra le pi lontane
e le pi vicine disposizioni dcll'uhima disposizione. Nel caso di questa, si traila
di un concetlo strettamente ontologico, mentre le altre disposizioni si riferiscono al-
la salvezza pi1 su un piano psicologico.
119 Ibid., 146 ss., 155-158 e 166-171.
120 Il testo determinante S. Th. I-Il, q. 113, a. 8.
121 H. BouILLARD, op. cit., 145-172. a. I 58: L'infusio gratiae non si riferisce
perci alla grazia attuale, come spesso si pensato. Per tutta la problematica cf. an
che OH. PESO!, Die Theo/ogie der Recht/erligung bei Martin Luther und Thomas
von Aquin, Mainz 1967, pp. 628-669.
122 a. nota n6.
110 L'UCCIDENTE CRISTIANO
In tutti i casi, Tommaso ritiene che per ogni atto meritorio, di-
retto al fine della salvezza, noi abbiamo bisogno di una disposi-
zione abituale, opera della grazia e delle virt. Quindi, la grazia
attuale non pu essere meritoria per lui. Questi habitus, per, so-
no sempre visti come movimento prodotto da Dio ed accolto dal-
l'anima. Appare cos, un'altra volta, che originariamente il concet-
to di habitus, persino nella pi ontologica teologia di Tommaso,
ssenzialmente dinamico e si rapporta, per sua essenza, all'agire di
Dio o aH'operare dello Spirito santo. In altre parole, una realt
di relazione. In questo senso, il Tommaso della Summa si avvicina
a sua volta alla tesi di Pietro Lombardo e di altri teologi, tesi che,
nel suo Commentario alle Sentenze, aveva respinto; 123 o meglio an-
cora; egli ricava da guelfa tesi il positivo messaggio di fede. 124 Solo
cos la grazia abituale pu diventare il principio di meriti. 125 Si
potrebbe quasi dire che Tommaso ebbe una concezione attualisti-
ca della grazia abituale; alcuni teologi lo affermano anche di Ago-
stino.
Pi difficile descrivere nei particolari l'evo!uzione della meno
compatta tradizione francescana. Dobbiamo limitarci ad alcuni tratti
comuni, significativi per la comprensione del mistero della grazia. Si
tenga presente che questa scuola possiede un orientamento meno
metafisico, per lo meno fino a quando l'influsso aristotelico non
prende il sopravvento, e si ricordi che persino allora questa meta-
fisica rimane pi concreta, pi esistenziale, poich pi sperimen-
tale e quindi pi spirituale.
Sotto l'influenza di Alessandro di Hales, Odo Ripaldo e Bona-
ventura portano avanti un primo tentativo di spiegazione. Impie-
gano ancora pochissimo il concetto di habitus; del resto, esso si
riferisce piuttosto ad una presenza della luce dello Spirito,
concepito cio in senso mistico. In fondo, il rnncetto di habitus,
inteso come una <~forma actualiter movens, si avvicina di pi al
concetto di atto. La grazia intesa come reale perfectio della na-
tura umana. Essa conduce l'uomo verso una mta di salvezza, che
esso viene staccato dalla sua sorgente viva, dalla diretta e continua
azione salvifica di Dio - comunque si voglia intendere quest'azio-
ne: come movimento, luce, presenza o amore - , perde molto dcl
suo significato teologico e spirituale. Persino quando applicato al
concetto di grazia creata in senso stretto - come effetto, cio,
della potenza dell'azione divina - esso serve al massimo a con-
validare la realt di quest'amore di Dio, a confermare che l'amore
di Dio in Ges Cristo, grazie allo Spirito santo, ci afferra realmente
nel nostro cuore.
A.M. Landgraf osserva giustamente che nello studio del nucleo vero
della teologia della grazia non ci si deve dar pensiero delle contro-
versie successive, se si vuol sapere ci che il medioevo ha insegnato
e pensato. 131 La maggior parte deHe ricerche storiche, soprattutto
su Tommaso d'Aquino, pubblicate durante la prima met del sec.
xx, spesso convincono poco, perch sono troppo preoccupate di
difendere le posizioni tradizionali della scuola teologica, a cui ap-
partengono. Si vuol ad ogni costo trovare in Tommaso l'interpreta-
zione di un Vasquez, di un Suarez o di un Giovanni di s. Tomma-
so.132 Come gi abbiamo visto, i grandi maestri del medioevo non
sono cosl piccoli e limitati. Inohre, il mistero dell'inabitazione di
Dio in noi non era ancora diventato un corollario del trattato sulla
Trinit o del capitolo sulla grazia abituale. Tale mistero abbracciava
tutta la vita cristiana e la sua esposizione costituiva, anche se in
forme diverse, un momento fondamentale della maggior parte dei
grandi trattati di dogmatica e persino di morale.
Il fatto dell'abitazione di Dio in noi non era un problema per
l'alto medioevo. Il NT vi accenna ed Agostino, il grande maestro
deUa fede dell'Occidente, ne ha parlato con amore. Le espressioni
tecniche sono quindi plasmate secondo il vocabolario biblico: ha-
13 3 A.M. LANDGRAF, op. cii., 1/2, 21, cita Aimone di Auxerre (morto nel1'855).
134 I bid., 41-56.
135 A.M. Landgraf cita Bruno il Certosino (lbid., p. 43) e Gilberto Porretano
(lbid., 51 ).
136 TH. DE REGNON, Etudes de Tho/ogie positive sur la sainte Trinit, n: Tho-
ries scolastiques, Paris 1892; H. WATKINJONES, The Hol}' Spirit in the Mt'diaeval
Church, London 1922; L. CHAMBAT, Les misrions des Personnes de la Trinit se/on
St-'fhomas, Fontenelle 1943
CONTRIBUTI DEL MEDIOEVO
4. L'agostinismo e la Riforma
151 H.A. BERMAN, The Harvest of Mediaeval Theolog)'. Gabriel Biel and th1r
Late Mediaeval Nominalism, Cambridge, Mass. 1963, 50-56; 361-428.
152 H.A. OeERMAN, 'Some notes on the Theology of Nominalism with Atten-
tion to its Relation to the Renaissance', in: Har~ard T heological Review 53 ( 1960}
47-76, distingue nel nominalismo quattro correnti: quella di centro con Ockharn e
Biel, l'ala sinistra in Inghilterra con Robert Hokot e Adam Woodham, l'ala de-
stra attorno a Gregorio da Rimini e una tendenza sincretista, la quale domina s~
prattutto a Parigi e cerca di collegare Scoto con Ockham.
l5J F. CLARK, Eucharistic Sacri/ice and the Re/ormation, London 1960, enumera
AGOSTJKJSMO E RIFORMA
1S'1 In questa sezione, prescindiamo perci dai lavori di quegli autori protestanti,
che trattano di quest'epoca senza aver esaminato prima la scolastica o la mistica
come tali, anche se talvolta sono studi molto dotti. A questo proposito, si dichia-
ra dcl nostro parere H.A. 0BERMAN, 'Simul gemitus et raptus: Luther und die
Mistik', in: I. AsHEIM (a cura di), Kirche, Mystik, Heiligung und dar Naturliche
bei Luther. Vortriige des Dritten Internationalen Kongrerrer fur Lutherforrchung.
Gottingen 1967, 20-83; cf. 22. Tralasciamo parimenti di considerare quegli autori
cattolici, che guardano a quest'epoca quasi unicamente nella luce (successiva) del
Tridentino.
151 K.A. Meissinger osa addirittura affermare che, per il momento, questi studi
non vanno tenuti presenti, perch~ mancano edizioni di testi e monografie suffi-
cienti (Luther: Die deutsche Tragodie, Bcm 1953, 63-66).
AGOSTINIS!\IO E RIFORMA 12I
159 H.A. 0BEllMAN, The Horvest, cit., 30-36, dove l'autore si richiama alla ri
cerca di P. V1GNAUX, J11stsificotion et prMestinatzon au XIV sicle, Paris 1934,
127140; A. LANG, Wege der Glaubensbegrundung bei den Scbolatikan des 14. ]h.
Miinster 19w.
160 H.A. 0RF.RMAN, op. cii.; P. VIGNAUX, op. cit., 127-140.
1" 1 E. Bo11C11ERT, Der Ein/luss des Nomznol1smus ouf die Christologie der Spiitscho-
lastik narh Jem Traktal De communicotione idiomatum des Nicolc1u.r Oresme, l\.liin-
ster 1940, 46-74; H.A. OeERMAN, Some Notes, cit., 56-69; ID., 1'he Ilarvest, cit.,
30-56. Su Duns Scoto cf. W. DETTLOFF, Die Lehre, cit., 72 ss.; 152 ss.; 208 ss. Cf. an
che E. lsF.RLOH, Gnade und Eucharistie in der pbilosopbiscben Theologie dcs \Vii
helm 11011 Ockham. Ihre Bedel41ung fur die Ursachen der Refomr,uion, Wicsbadcn
1956, 7377 e 109.
122 L'OCCll'ENTE CRISTIANO
162 A. LANG, 'Dcr Bedeutungswandel der Begriffe 'fides' und 'haeresis' und die
dogmatische Wertung der Konzilsentscheidungen von Viennc und Tricnt', in: MThZ
4 (1953) 133-146; cf. 134 s.
163 W. DETl'LOFF, Die Entwicklung, cit., 365.
AGOSTINIS~O E RIFORMA 123
IM P. V1GNAllX, op. cii., 43-95. Cf. W. DETTI.OH, op. cit., 22-94. Pumoppo il
Detdoff si preoccupa pi di prendere le difese di Duns Scoto, nei confronti delle
asserzioni di Pietro Aureoli, che di interpretare qu.,sto teolog< entrando nel suo
contesto di pensiero.
AGOSTINISMO E RIFORMA l25
mo che i decreti del concilio di Orange non erano ancora stati ritro-
vati. Solo i teologi d'orientamento agostiniano, come Gregorio da
Rimini e Tommaso Bradwardin, i quali si battono acremente con
tro ogni pelagianesimo, rinvengono nelle opere di Agostino ci
che gli altri dimenticano a causa di questa perdita dei decreti di
Orange. Inoltre, la teologia non possiede ancora una terminologia
lissa per parlare della grazia attuale. Questa situazione durer fino
a dopo il concilio di Trento. 168 Le questioni riguardanti la 'gratia
prima il concetto viene comunemente usato, in questo pe-
riodo, per designare l'a giustificazione - sono congiunte di solito
al famoso assioma: Facienti quod est in se, Deus non denegat
gratiam. 169 Ponendo sullo stesso piano il peccato e l'atto infor-
mato dalla grazia abituale per quanto riguarda la predestinazione,
Pietro Aureoli provocava una confusione concettuale che si ritro-
ver in Ockham. Va aggiunto che questa viene ora ulteriormente
aggravata per il fatto che i teologi non distinguono chiaramente
neppure tra il' 'concursus divinus', da tutti ammesso, e la 'motio
gratuita Dei'. 17 Ci appare con particolare evidenza in Durando
168 F. HilNERMANN, Wesen und Notwendigkeit der aktuellen Gnade nach dem
Konzil von Trient, Paderborn 1926, 7-12.
169 J. AUER, Die Entwicklung, cit., I, Freiburg i. Br. 1942, espone lo sviluppo
avvenuto prima del sec. XVI (229-262).
17o Fin a che punto si era sviluppata in questo periodo la scienza ecologica a
proposito di una distinzione tra la natura ed il soprannaturale? Secondo H. de
Lubac, la distinzione esisteva gi presso i nominalisti, ma pi come un concetto
puramente speculativo, collegato con la 'potentia absoluta' (Surnaturel, cit., 105 s.).
J. Auer, il quale sostiene che tale distinzione presente anche nei grandi autori
dell'alto medioevo, afferma per decisamente che l'idea del 'soprannaturale' fu of-
fuscata tra Olivi ed Ockham, poich si identific la grazia con la carit e I' 'ac-
ceptatio divina' fu introdotta nel processo della giustificazione (op. cit. 11, 247-250).
\'Yl. Dettloff accoglie quest'interpretazione per quanto riguarda Duns Scoto ( Die
Lehre, cit., 225). H.A. Oberman presenta un'interpretazione molto sfumata, basata
su di una duplice comprensione della 'potentia absoluta'. La 'potentia absoluta' di
Dio pu liberamente e direttamente intervenire nell'ordine delle cause seconde
poste dalla 'potcntia ordinata'. Con ci, l'ordine soprannaturale, vale a dire l'or-
dine di sakczza di fatto esistente nella chiesa, diveniva radicalmente contingente.
L'ordine di fatto viene trasceso dall'assoluta libert da parte di Dio e da una
fondamentale autonomia dell'uomo. Cf. Some Notes, cit., 56-69. - Queste conclu-
sioni, comunque, non ci soddisfano completamente. Abbiamo trovato in G. Biel
una precisazione concettuale che inaugura indubbiamente tempi nuovi: Scd per
pura naturalia intdligitur animae natura seu substantia cum qualitatibus et ac!o-
nihus consequcntihus naturam, cxdusis habitibus ac donis supernaturaliter a solo
L'OCCIDENTE CRISTIANO
176 Oberman non classifica G. Biel tra i veri discepoli di Ockham, anche se si
sforzato, a suo avviso, di essere tale. Lo considera piuttosto come un 'teologo
di mediazione', poich ha introdotto il nominalismo nelle universit tedesche, neu-
tralizzando per le posizioni estremiste dell'ala sinistra del nominalismo (lbid., 55,
e nota 12).
177 K.A. MEISSINGER, Luther. Die deutsche Tragiidie r52r, Bern 1953.
178 Un'esposizione per il resto chiaramente obiettiva di queste opinioni si trova
nell'introduzione ('Lutero e l'ockhamismo') a L. GRANE, 'Contra Gabrielem. Luthers
Auseinanderset2ung mit Gabriel Bici in der Disputatio contra Scholasticam Tbeolo-
giam, 1517, in: Acta tbeol. danica 1v, Gyldendal 1962, 9-48, e in: 'La Rforme
luthrienne, ses origines historiques et son caracrre thologique', in: Position.r
/111hriennes 20 (1972) 76-96. Si legp:ono con profitto i saggi di Oberman riportati
nel corso di questa sezione. K.A. MEISStNGER, Der katholiscbe Luther, Miinchen
1962, offre un'eccellente visione storica, che vuol essere indipendente da posizioni
confessionali. Il suo giudizio cauto, data la mancanza di informazioni sulla si-
tuazione della teologia nel sec. xv. Tuttavia, anch'egli respinge le interpretazioni
che si trovano in Denifle e negli autori cattolici che lo seguono (Op. cii., 7 ss.).
Cf. anche B. LoHSE (a cura di), Der Durchbruch der reformatorischen ErkenntniJ
bei L11ther, Wege der Forschung 123, Darmstadt 1968.
L 00CCJDEJ\o"l'E CRISTIANO
134
119 Cf. il recen11ss1mo studio di H.J. McScoaLEY, Luthers Lebre vom unfreien
\Villen, Beitriige zur okum. Thcol... 1, Munchen 1967. Cf. anche ]. W1cKs, Ca-
tbolic Scbolars Dialogue with Luther, Chicago 1970, una raccolta di importanti
saggi di teologi tedeschi ed americani.
180 Cf. la discussione tra H. Jedin, W. v. Loewenich, W. Kasch, E. Iserloh e
P. Mann, in A. FRANZEN (a cura di) Um Reform und Reformation. Zur Froge, nach
dem Wesen des 'Reformatorsichen' bei Martin Luther, Miinster 1968, 33-~2 (Po-
diumsdiskussion). E. Iserloh esprime il medesimo pensiero in 'Gratis und donum.
Rechtfertigung und Heiligung nach Luthcrs Schrift Wider den Lowener Tbeolo-
gen Latomus (r521)', in: Cath. 24 (1970) 67-83, dove concludendo aflerma: Se
guardiamo alla questione in oggetto al di fuori della formulazione teologica, le
differenze teologiche controversie divengono spesso irrilevanti, in ogni caso molto
minori di quanto faccia pensare il linguaggio polemico (p. 83 ). Su tutto questo
problema vedi il profondo lavoro di O.H. PEsCH, Die Theolo/l.ie der Rechfertigung
bei Martin Luther und Thomas von Aquin, Mainz 1967, soprattutto la sintesi
delle pagine 949 ss.
lii a. in proposito G. RUPP, The Righleousners of God Lutber Studies, Lon-
don 1953, 81-258; G. EBF.l.ING, Luther. Ein/iihrung in sein Denken, Tubingen 1964,
219-238 (tr. it., Lutero. Un nuovo volto, Morcclliana, Brescia). Gi Agostino usa
nelle Confessioni questa formula: Concilium ergo nostrum erat coram te, coram
hominihus autcm nisi nostris non crat ... (ix, 2,2: CSEL 33, 97 s.). Si tratta del
resto di un modo di parlare del tutto naturale. In Lutero, la distinzione acquista
AGOSTINISMO E RIFORMA 1 35
1ik, Berlin 1951, 77-83, specialmente p. 82. Nei suoi Loci communes, Melantone
descrive i tre usus legis, da allora divenuti classici: Primus usus est paedagogicus
seu politicus. Vult enim Deus coerceri disciplina omnes homines, etiam renatos,
ne cxtema delicta committant... Est igitur alius usus Legis divinae et praecipuus
estendere peccatorem, accusare, pcrterrcfacere et damnare omnes homines in hac
corruptione naturae. Est enim Lex perpetuum iudicium damnantis peccatum in toto
genere humano, patefactum hominibus ... (Rom. I,I8) ... Quatenus autem renati et
iustificati fide sint liberi a Lege, dicendum est suo loco. Sunt enim liberati 3 Lege,
id est a maledictionc et damnatione seu ab ira Dei, quae in Lege proponitur ...
Interim tamen docenda est Lex, quae tcliquias peccati indica!, ut crescat agnitio
peccati et pocnitcntia, et simul sonet Evangelium Christi, ut doceat certa opera,
in quibus Deus vult nos exercere oboedientiam ... (Loci communes: CR, 21, 40' s.).
Calvino riprende le divisioni di Melantone, ne muta per la successione e ripone
tutta l'importanza sul 'tertius usus Legis': Tertius usus, qui et praccipuus est,
et in proprium Legis finem proprius spectat, erga fidcles se habct, quorum in cor-
dibus iam vigct et regnai Dei Spiritus Unsi. Chml. Rl'i., ed. 15'9 ultima, 11,
7, nn. 6-12; Opera selec/a, Miinchen 1957, 332-338, cf. 3_37). Va notata l'inversione
dei capitoli nell'edizione del 1559, che Calvino considerava definitiva, dove il ca-
pitolo 'De vita hominis Christiani' p1ecede il capitolo 'De iustificatione'. Per l'im-
portanza che Calvino assegnava all'ordine dei capitoli, cf. Opaa selecta, cit., 111. XL.
Da parte cattolica si afferma sovente senza ragione che la 'santific12ione' interiore
operata dallo Spirito santo non fu conosciuto dai riformatori. Non affatto ignota
a loro, per essa non pu essere obbligatoria ~r Dio. Per quanto riguarda la di-
scussione sul lrip/ex usus lexis. cf. tra l'altro G. EBELING, n;e Lehre vom lriplex
usu.1 /egis in der reformalorischen Theologie', in: Worl 1111d Glaube 11, Tiihingen
21962, 50-68; 0.H. PESCH, op. cii., 66-74.
185 Cf. E. ISERLOH, op. cii., (nota 180).
AGOSTINISMO E RIFORMA 137
187 Nella sua prefazione alla completa edizione di Eyn deutsch Theologia, Lutero
scrive: E io sono pazzamente contento, alla mia vecchia maniera, che, <lopo la
Bibbia e s. Agostino, non mi si sia presentato altro libro dal qllalc abbia imparato
e voglia imparare meglio quello che sono Dio, Cristo, uomo e tutte le cose (WA
I, 378, 21-23).
1118 H.R. PosT, The Modcrn Devotion. Confrontation with Reformation and Ht1
manism, Leiden 1968.
12'1 I teologi seguenti sono stati colpiti soprattutto dal concetto della 'unio essen-
tialis' o addirittura 'superessentialls' con Dio. La sua lontana origine nello
Pseudo.Dionigi, il quale usa quest'espressione solamente per definire l'assoluta tra-
AGOSTl1'1S.MO E RIFORMA 139
in the Context o/ their Theologicaf Thought, Leiden 1969; K.H. ZUR MtiHLDI, NoJ
extra nos. Luthers Theologie zwischen Mystik und Scholastik, Tiibingen 1972;
I. AsHEIM, Kirche, cit. 20-94. Eccellenti riflessioni su 'Taulero e Lutero' si tro~
vano in B. MoELLl!R, La mystique rhnane, Paris 1963, 157-168.
191 Cf. B. HAGGLUND, in: I. AsttElM, op. cit., 84-88, il quale cita il famoso detto
di Harnack Un mistico che non diventa cattolico un dilettante (Lehrbuch der
Dof!.mengeschichte 3111, 393 s.).
194 B. l!XGGLUND, op. cit., 88 s., scrive: Se studiosi cattolici e protestanti po-
tessero accordarsi su Taulero, allora non sarebbe pi distante anche il giorno in
cui ci si accorderebbe su Lutero.
195 Oberman chiama questo metodo 'la dimensione sic et non'. Egli scrive a
conclusione: <~ inadeguato perci, sulla base di uno o due richia'lli posiriv; o ne-
gativi, rirare delle chiarissime linee di collegamento o di dipendenza op. c.': .. 2 >'
Un tipico esempio in proposito E. OzMENT, Homospiritua/is, cit. (nota 192), il
quale non giudica rettamente Taulero.
196 B. Mol!LLER, La mystique rhnane, cit., 158 e nota 3. Moeller scrive a con-
clusione: e tra le menzioni - per quante ne conosco: 26 - a noi giunte di
Taulero nella letteratura luterana, non ve n' una in cui lo critichi; non una in
cui si avverta una certa riserva, una certa distanza (Ibid., 158 s. Nel 1516 Lutero
segna i suoi appunti all'edizione delle prediche di Taulero del 1508. Cf. J. F1cKER,
'Zu den Bemerkungen Luthers in Taulers Sermones (Augsburg 1508)', in: Theol.
Studien und Kritiken 107 ( 1936) 46-64.
AGOSTINISMO E RIFORMA 143
191 A. LANG, Der Evangelienkommentar Bucers und die Grund:.uge seiner Theo-
Jogie, Leipzig 1900, 141.
198 B. MoELLER, La mystique rhnane, cit., 16o-163. Cf. H.A. OaERMAN, 'Wir
sein Pettler. Hoc est verum, Bund und Gnade in dcr Theologic des Mittelalters
und der Reformation', in: ZKG 78 (1967} 2322,52.
199 B. MOELLER, op. cii., 161.
200 E. IsERLOH, 'Luther und die Myslik', in: I. AsHEIM, Kirche, 60-83, e H.A.
OaERMAN, 'Iustitia Christi' and 'Iusticia Dei', in: I. AsHEIM, op. cii., 22-26, so-
prattutto nelle note. Cf. anche D.C. STEINMETZ, Misericordia Dei. The Theology o/
]ohannes Staupitz in its Late Mediaeval Setting, Lciden I968, 160-164, e l'afferma-
zione di F. LAu, Luther, London 1963, 60: In S1aupitz incontr il mondo della
mistica tedesca, della mistica dei secoli XIV e xv". Per una visione generale della
spiritualit agostiniana, cf. A. ZuMKELLER, 'Die Lehrer des geistlichen Lcbens unter
den deutschen Augustinern vom. 13. Jh. bis zum Konzil von Trient', in: Sancl11s
Aug11stinus vitae spiritualis magister (Settimana internazionale di spiritualit ago-
stiniana} II, Roma t9,56, 239-337; su Giovanni Staupitz cf. 2u-330.
144 L'OCCIDEN'l'E CRISTIANO
2Cll Ibid.
AGOSTINISMO E RIFORMA
'ZlTI Quarto argumentor ex absurdo... Quorum prim11m est, quia contra omnem
rectam rationem et philosophiam est, rem esse aut denominari talem per causam
meritoriam seri per formam extri11secam, quae rei non inbaereat. Hoc enim ut
Pla!o11irnm i11ven/11111 confutai non semel Arisloteles, et omnes, quolqttot bene phi-
losophantur. ST. EHSES, 'Zwei Tridentiner Konzilsvota', n: Geschichte, in: Rom.
Quartalschrift 27 (1913), 162. a. E. STAKEME.IER, Der Kampf., cit., 61 ss.
lll8 E. STAKEMEIER, op. cii., 63-66.
209 A.V. MiiLLER, Luthers tbeologische Q11ellen, Giessen 1912. Per gli altri suoi
saggi d. E. STAKEMEIER, op. cii., 241, nota 15 s.
210 Cf. le osservazioni di J. PAQUIER, in: Revue de Philosopbie 30 (1923) 198;
ID., 'Le commentaire de Giles de Viterbe sur le premier livre des Sentences', in:
RSR 13 (1928) 293-312; 419-436; ID., 'Luther', 11: Thologie; m: lnfluencc de
l'Augustinismc, in: DThC 1x/1 (1926) 1195-1206.
L'OCCIDENTE CRISTIANO
211 Certum est enim Modernos, quos vocant, cum Scotistis et Thomistis in
hac re (id est libero arbitrio et gratia) consentire, exccpto uno Gregorio Ariminense,
quem omnes damnant, qui et ipse eos Pelagianis dcteriores esse et recte et effi-
caciter convincit. ls enim solus inter scholasticos recentiores cum Carolosta<lio, id
est, Augustino et Apostolo Paoulo consentit. (Resolutiones ltitherianae super pro.
pos. Lipsiae disp., 1519: W A 2, 394 s.).
lll H.A. 0BERMAN, 'lustitia Christi' and 'lustitia Dei', cii., 21. Cf. B. LcmsE,
'Die Bedeutung Augustins fiir den jungen Luther', in KuD rr (1965) 116-135.
213 H.A. 0BERMAN, op. cit.; Io., 'Luther and the Scholastic Doctrines of Justifica-
AGOSTINISMO E. RIFORMA
149
216 Citiamo un unico testo caratteristico: De bis duobus B. Augustinus lib. trin.
c. 4 dicit, quod vita Christi est simul sacramencum et exemplum, sacramentum primo
modo, dum nos iustifu:at in spiritu sine nobis, exemplum, dum nos similia facere
monet etiam in carne, et operatur cum nobis (Disp. contra J. Eck de I5I8: WA 1,
309, 18-21 ). In questo modo di parl11e troviamo una risonanza delle vecchie formu-
lazioni scolastiche sulla grazia nel suo duplice aspetto di gratia in nobis sine nobis
e di gratia in nobis cum nobis.
211 H.A. BERMAN, Iusttia Christi.,, and "1ustitia Dei, cit., 22.
218 Extra nos esse est ex nostris viribus non esse, et quidem iustitia nostra, quia
donata est ex misericordia, tamen aliena est a nobis, quia non meruimus eam.,, (Disp.
de Iust. del 1536: WA 39, 1, 109). Oberman spiega il concetto di possessio, che
si trova nella nostra citazione, opponendolo a quello di proprietas, richiamandosi
alla terminologia del diiitto romano. Qui proprietas significa dominium: habere
est iure possidere, mentre possessio si riferirebbe piuttosto al godimenco, special
mente nell'unione matrimoniale (Ibid., 21 s.). Con lserloh noi aspettiamo una prova
pi convincente che Lutero qui si sia realmente ispirato al diritto canonico.
219 Ibid., 25. a. P_M. MoRE - F.L. Gaoss, Anglica:tism, London 1957, 296-306.
Questa dottrina particol11mente cara ai teologi carolini del sec. XVII. a. ad esem-
pio, R. HooKER, The Laws of Ecclesiastica/ Polity v, 56, II, un'opera pubblicata a
Londra negli anni 1594-1597.
2211 H.A. BERMAN, op. cit., 24. Oberman ritiene che secondo tutti gli scolastici e
secondo il concilio di Trento la iustitia Christi ci viene donata quaggi, alla fine
della nostra vita, in considerazione della iustitia Dei. Questo forse vero, ma esi-
152 L'UCCllJt:N'ff. <:RlS rIANO
tiamo a servirci di un modo di parlare che, per quanto noi sappiamo, non era mol-
to usato nella scolastica.
221 H. Kiing ha compiuto un primo tentativo di analizzare criticamente, a ques10
AGOSTINISMO B RIFORMA
tal punto nei due gruppi confessionali, che non si poteva sperare
in una sollecita riconciliazione. I pochi tentativi di riunione, in-
trapresi nell'anno 1546, mostrano nella loro tragicit quanto pro-
fondo fosse divenuto ormai il fossato. 241
Affrontando ora il problema della dottrina della grazia al Tri-
dentino, vorremmo anzitutto sottolineare alcuni punti particolari
che ci sembrano importanti, perch sono spesso semplif<:ati nei
manuali di dogmatica. Seguendo una regola di procedimento fer-
mamente concordata,242 il Tridentino non volle prendere posizio-
ne n per i tomisti n per gli scotisti, che in quel tempo erano
in leggera maggioranza. 24? Adott con imparzialit ambedue le in-
terpretazioni sostenute: la grazia intesa come habitus in/usus,
dal quale derivano le virt teologali ed i doni dello Spirito, op-
pure la grazia abituale che s'identifica con l'amore cristiano. 244
Verso la fine dei dibattiti, si discusse brevemente se intito1'are De
actibus il capitolo vr e De habitibus il capitolo vrr, ma la pro-
posta non fu accettata. 245 Da ci risulta chiaramente che nella
chiesa romano-cattolica nessun decreto ufficiale del magistero ob-
bliga un teologo cattolico a definire lo stato di grazia come ha-
bitus creato infuso.
241 H. JllDIN, Geschichte, cit., u, r6517, riferisce dcl secondo colloquio religioso
tenuto a Regensbmg nell'estate del r 546, parla dell'atteggiam,1lto di Lutero nei
confronti dcl concilio poco prima della sua morte e descrive l'a~canita polemica tra
cattolici e protestanti in occasione dell'assassinio del protestanti:- Juan Diaz il 27
mar7.o 1546. L'atmosfera non era favorevole ad una riconciliazione, si pensava solo
alla guerra smalcaldica.
242 H. LENNERZ, 'Das Konzil von Trient und die theologischen Schulmcinungcn',
in: Scholastik 4 (1929) 38-53.
m Secondo Jedin, al concilio non vi era alcun vero nominalista. Egli dubita anche
che in esso gli agostiniani abbiano formato un gruppo chiaramente determinabile. Cf.
E. STAKEMEIER, Die theologisdJen Schulen auf dem Trienter Konil, cit.
244 Nel cap. vm, ad esempio, la formula tomista gratia et dona si alterna con !2
formula scotista caritas diffunditur ... atque ipsis inhaeret: ns 1528 e 1530. Cf. an
che il canone 1 r, dove ora si parla di gratia qua iustificamur e ora di gratia et
caritas: ns r 56r.
m H. }llDTN, Geschichte. cit., n, 246 s.
160 L'OCCIDENTE CRISTIANO
246 Ci accadde nel dicembre del 1546. Cf. H. JEDIN, Gescbichte, cit., n, 248 ss.
Durante questo dibattito, Seripando si lament pubblicamente il 28 dicembre dicen
do: Tutta questa difficolt ci procurata dalla filosofia, quando vogliamo parlare
dei misteri divini servendoci delle sue parole (lbid., 250).
m (causa) instrumentalis item sacramentum baptismi, quod est 'sacramentum fi.
dei', sine qua (quindi non: sine quo!) nulli umquam contingit iustilicatio (os
1529). Cf., inoltre, sopra la nostra nota 215, ed anche G. GEENEN, 'Fidei sacra-
mentum. Zin, waarde, bronnenstudie van de uitleg ener patristische doopselbenaming
bij S. Thomas van Aquino', in: Bijdragen 9 (1948) 245-270.
248 DS 1532.
249 Rom. 3,24.28; Eph. 2,9; ]e 2,24.
Gratia autem iustificari ideo dicimur, quia nihil eorum, quae instiftcationem
ZlO
praccedunt, sive fides, sive opera, ipsam iustificationis gratiam promeretur (noi in
tendiamo quest'espressione nel senso di un meritare in senso stretto; 11 concilio la-
sci aperta la questione di un merito de congruo): si enim gratia est, iam non
ex operibus; alioquin (sicut idem Apostolus inquit) gratia iam non est grmia (Rom.
tt,6): DS 1532.
AGOSTINISMO E RIFORMA 161
:!t>I DS IH1
262 Serip3ndo s'accorse presto che ci che egli voleva esprimere mcdianc la dottri-
na della doppia giustizia lo doveva spiegare nel senso che la nostra ~iustitit consi-
ste in una panecipuionc al!a iustitia Christi. H. Jedin scrive a questo prnposiw:
Seripando cerca <1u:ndi di chiarire il rapporto tra 1u.<li!ia Christi e iu<tiha i11haec11
con l'aiuto di due conceui: quello dell'accidente c. cosa molto signiiicntil'a. quell,1
della par:ecipazionc, il quale ci introduce nella sfera neoplatonica del suo pensiero.
Alla base .li questi ragionamenti vi , tulta\ia, un'idea religiosa, 4uclla dd corpo
di Cristo. Egli fa di quest'idea il punto di partem.a di un nuovo ragionamento. Il
giusto un membro del corpo di Cristo e si trova in cost.1111e rnpporto cli vira col
r66 L'OCCIDENTE CRISTIANO
cosl possiamo dire, afferma che, all'interno del primato divino del-
la salvezza, le nostre opere, anche le pi piccole, ottengono un va-
lore eterno dinanzi a Dio.263 L'originaria dialettica tra grazia e me-
rito viene riassunta nella sublime espressione di Agostino, secondo
la quale Dio corona nei nostri meriti i suoi doni.264 La realt del
peccato non viene per trascurata. Essa genera un'altra tensione
esistenziale. In un terzo ragionamento viene riconosciuto quan-
to profondamente si radichi in noi il peecato, malgrado la iusti-
tia inhaerens, poich persino il giusto, durante tutta la sua vita,
deve avere davanti agli occhi la maest e la santit di Dio, che solo
render a ciascuno secondo le sue opere.265 In questo senso ogni
gioia vanitosa per opere che si compiono fermamente respinta
e negata.
A nostro giudizio, unicamente questo metodo dialettico ed esi-
stenziale pu servire come base per una teologia della grazia: in
una vivente unit, esso rispetta sia il primato di Dio come pure la
effettivit della nostra giustificazione, che si testimonia nei nostri
meriti, e, al tempo stesso, asserisce che fino alla fine dei nostri
giorni conserviamo la nostra indegnit.2'6 In fondo, era questa ve-
rit che la dottrina della doppia giustizia voleva esprimere, ma lo
faceva in una sistematizzazione teologica e concettuale che minac-
ciava di distruggere il .pensiero dell'unit della creazione e della
salvezza. Quest'unit ha la sua sorgente .profonda nell'unit dell'a-
more del Padre nel Figlio suo mediante la forza dell'unico Spirito.
Concludendo, si pu dire che, secondo la sua profondissima ispi-
razione, il Tridentino rispose alla questione fondamentale dei ri-
formatori circa la realt della salvezza. Ci non vale per in rappor-
to ad alcuni particolari punti di dottrina. L'esempio pi noto di
un fraintendimento reciproco si trova nel capitolo IX Contra ina-
capo.. (Girolamo Seripando, cit., 1, 419). Cf. E. StAKEMEIER, Der Kamp/ um Augu-
stin, cit., I.52-160.
:W DS I.548,
2164 cuius totatanta est erga omnes homines bonitas, ut eorum vclit esse merita,
quae sunt ipsius dona (ns I.548). Cf. il can. 32: ns I.582, cd anche AuGUSTINUS,
De gratia et libero arbitrio, 8,20: PL 44,893.
265 DS I .549
W Cf. P. FRANSEN, The new Life of Grace, London 1971, Indice, m, 2,69, 361.
AGOSTINISMO E RIPOR.MA
21>7 ns 1533 s. Cf. per tutto questo problema ST. PPiiRTNER, Luther und Thomas
im Gespriich, Heidelberg 1961; OR. PESCH, op. cit., 748-757.
268 Secondo J. AuER, Die Entwicklung der Gnadenlehre 1, 312-330; cf. 322, Pietro
Olivi pu esser ritenuto l'iniziatore di questo modo di vedere. Egli non crede che
Scoto abbia trattato questo problema: Ibid., 319. Anche H. ]EDIN, Geschichte, cit.,
11, 2n, pensa che in relazione con l'assoluzione Scoto abbia parlato di questa cer-
tezza come di una pura possibilit. Come iniziatori di quest'indirizzo terminologico
e teologico, egli nomina Anselmo di Laon, Pietro Lombardo e, dopo il r300, Pietro
de Palude, Durando di san Porciano, W alther von Chatton ed Anfredo Conteri. Se-
condo J. HEPNER, Die Entstehungsgeschichte, cit., 301 s., probabilmente G. Biel ha
indotto in errore conoscitori di Duns Scoto come Andrea de Vega, E. Castro e tut-
ta la frazione scotista del concilio, poich scrisse: Sed diceres, homo potest scire
de seipso, quod facit, id quod in se est; et per consequens ex principio !idei (quod
certissimum est, se!. quod Deus dat gratiam facicnti quod in se est) certitudinaliter
nosse se habere gratiam, licei non evidenter. Item quis potest sci re se non ponete
obicem per propositum non peccandi mortaliter, accipere gratiam absolutionis, quod
conferi gratiam ex opere operato, etiam non concurrente alia dispositione confiten-
tis nisi non positione obicis, quae est cessatio ad actu et proposito peccandi, ut vult
Scotus in quarto. Potesi autem quis scire se actu non peccare, etiam si non haberet
propositum non peccandi, quia aclus suos anima intuitive et evidenter cognoscit et
se suscipere sacramentum poenitentiae, et sic scire se habere gratiam (In II Seni.,
d. 27, q. unica). Come si vede, questa posizione non aveva nulla a che fare con
Scoto, ma aveva la sua origine nella concezione estrinsecistica dell' opus operatum
dei sacramenii nella via moderna. Purtroppo, sembra che gli scotisti, appoggiati dal
cardinal Del Monte, non se ne siano accorti.
2H1 Per la posizione comune dei tomisti e per i primi grandi francescani del sec.
168 L'OCCIDENTE CRISTIA~O
logi d'allora anJar oltre il punto di vista della loro scuola, per co-
gliere il contenuto stesso della fede. Questo fatto ci ha colpiti spesso
nello studio degli atti del concilio.rn Scorgiamo in ci una confer-
ma ddla nostra tesi che il concetto di fidcs era inteso allora in un
senso orizzontale, corporativo, come un corpus di dottrine della
Chiesn, al quale i secoli seguenti dovevano necessariamente ap-
pon.ire .Jelle specificazioni pi dettagliate.
Va pure detto che in questa questione i teologi cattolici non com-
pre:;ero b posizione protestante. La fi(frs specrlis, come pi tardi
l'ortodossia luterana chiamer questa fede, non ha nulla in s di
una fdttcia presuntuosa.rn In fondo, i cattolici avrebbero dovuto
aff ern1are con altrettanta decisione ci che volevano sostenere i
riformatori. Lo fanno anche, ma in un diverso contesto teologico,
in con:iessione ciel: con la virt della speranza. Anche secondo la
concezione cattolica il cristiano deve riporre tutta la sua fiducia e
tutta la sua speranza nei meriti di Cristo, come ci si esprime nel-
l'atto delk siperanza. Anche oggi i protestanti si scandalizza:10, tal-
volta, quando incontrano in cristiani cattolici un profondo senti-
n'ento di insicurezza della salvezza. Quest'insicurezza non si colle-
ga a Cristo, ma alla conoscenza della profonda inclinazione al pec-
cato, deJla quale soltanto Dio pu giudicare. Tutta la controversia,
che al Tridentino tir indebitamente per le lunzhe le discussioni,
insegna quindi che non si pu mai giudicare l'intenzione dell'av-
versario trasferendola nelle proprie categorie di pensiero. estre-
mamente utile far attenzione a questo fatto per ogni d:alogo ecu-
rnenico.2n
Per l:i Controriforma il Tridentino fu di importanza fomlamen-
XIII, cf. J. AuER, Die Entwicklung, cit., 1, 3n336; por la posiiionc dci tomisti al
concilio cf. II. }EDIN, Geschichte, cit., n, 210 ss.
!IO Il segretario del concilio l\fassarclli scri\c l'u.1.1H: Et ita cum nrn~no gau-
dio rcccssemnt: J. HEF~F.R, Die Entstehu11gs7pch1chte, cit., 323, nota 3. In que-
sta nota Hcfncr cita il commentario pi sopra ricordato di Andrea dc Vega 1~dla sua
opera sulla giustificazione.
m I'. senz'altro chiaro che questa 'certezza Ji fede' clcllo stato di gra7.ia (degli
~rntisti) non ha nulla a che fare con la fetlc !ducialc luterana (H. Jr.01N, G">. bichlc,
cit., Il, 212); per tutto il prob!ema cf. ST. PriRTNER, Luther und Tho11111i in Gcs
priicb, cit.
m C. :\. HASLCR, Lutber in der ke1tholidJet1 Dof!.nJlllik, cit., 29-H15
AGOSTl:>;ISMO E RIFORMA
tale. Dopo di esso s'inaugura per la Chiesa rnttolica una nuova era.
Tanto pi strano allora il fatto che il decreto della giustificazio-
ne abbia esercitato solo un influsso moderato sulla successiva teo-
logia della grazia. La colpa di questo va ascritta soprattutto alla sin-
golare decisione di Pio rv, contenuta nella bolla Bencdictus Dcus
del 24 giugno 1564, nella quale egli promulgava finalmente i de-
creti del concilio. Qui egli vietava ogni commento ai testi del con-
cilio e riservava unicamente a s la competenza di interpretare tali
decreti. 211 Questo costitu l'inizio della Congregazione del conci-
lio. L'Istoria del Concilio di Trento, basata su di una profonda
indagine degli archivi vaticani e pubblicata dal cardinal Pa!lavicino,
nel 1617, giunse sfortunatamente troppo tardi per poter cambiare
qualcosa nelle interpretazioni della teologia della scuola. Tale teo-
logia si interess ben poco degli studi storici e si svilupp sempre
pi nella direzione di un razionalismo teologico, che trascurava com-
pletamente le preoccupazioni teologiche del concilio, cos come da:
parte protestante l'illuminismo influenz profondamente la via im-
boccata dalla Riforma.
Anzitutto, la dottrina dell' <<Unica causa formale fu presto in-
terpretata in completa opposizione alla sua intenzione originaria.
In questo come in altri punti si deve dar ragione a E. Stakemeier,
quando afferma: Al concilio e 'per opera del concilio la via anti-
qua diventata la via moderna.r14 Ma questo non dur molto. Nel
quadro della polarizzazione, da parte cattolica la grazia creata ve-
niva accentuata sempre pi fortemente, se non addirittura esclusi
vamente, quanto pi i protestanti difendevano una iustificatio
impii imputata, externa et forensis. Le accanite dispute nella que-
stione De auxiliis e nella discussione con Baio e con Giansenio si
282 Per una completa panoramica riguardante lo stllllio dcl concilio di Trento, cf.
G. A1.BERIGO,'Das Konzil von Trient in n::ulr Sicht', in: Concilium 1 (1965) .574.58J.
L'ERA POST-TRIDENTINA 173
286 DS 1529.
287 Un riferimento a questa supposta evidenza si trova ancora in J.P. KELLY, The
Supernatural, Staten Island N. Y. r972, 85.
288 S.J. V1LLERS, Tractatus de Grafia HS, L:iwen 1930 (?).
L'OCCIDENTE CRISTIANO
grare, Paris r969, rro-T26; H. BARRI\ Trinit, que j'adore, Paris r966, 81, nota r 12
(Bihl.).
29 1 Un tipico esempio al riguardo l'introduzione di John Bolland alla traduzione
ingk-se di Giovanni Ruusbr<><.-c, The seven Steps of tbe Ladder of Spiritual Love,
London 1944, 1-vm. Riesce a dimostrare che la teologia della Trinit di Ruusbroec
una pura appropriazione!
292 J. TRiiTSCH, S. Trinitatis inhabitatio, cit.; L.B. CuNN!NGHAM, The Indwelli11g of
the Trinily. A Historical-Doclrinal Study o/ the Theory o/ St. Tbomas Aquinas, Du-
buque 1955 (Bibl.); R.W. GLEASON, Grace, New York r962, 135-163; Cu. BAUM
GARTNER, La grace du Cbrist, Le Mystre chrtiem>, Tournai 1963 [Bibl. 181 s.]
(tr. it. La gra;z;ia di Cristo, Dcsde, Roma).
L'OCCIDENTE CRISTIANO
296 Cf. i lavori di M.J. Donnelly e P. de Letter, riassunti in R.W. GLEASON, Grace,
cit.
2'TI Cf. specialmente i saggi di G. Philips, soprattutto 'De ratione instituendi trac-
tatum de gratia nostrae sanctificationis', in: EfbL 19 (19_53) 355-373, inoltre I.
W1LL1G, Gescbaflene und ungescbafjene Gnade. Bibeltbeologiscbe Fundierung und
rystematiscbe Eriirterung, Miinster i. W. r964 (Bibl.).
298 E. MERsCH, Le Corps m}stique du Cbrist, cit.; In., La tbologie du Corps my-
stique, cit.
180 L'OCCIDENTE CRISTIANO
m P. TEILHARD DE CHARDIN, Le milieu diuin, Paris 1957 (tr. it. L'ambiente di-
vino, Il Saggiatore, Milano).
300 D. BROWN - R.E. ]AMES - G. REEVES, Process Philosophy and Christian Thou-
ght, New York 1971; E.H. CousINs, Process Theology, New York 1971 (Bibl.). Su
Teilhard de Chardin cf. Ibid., 229-350. Sebbene J.P. Kenny rimanga fedele alla sco-
lastica, accetta un'apertura nel senso di Teilhard de Chardin: Tbe Supernatural, Sta-
ten Island N. Y. 1972, rn7-144. La medesima reazione si trova in Cn. R. MEYER,
A Contemporary Theology of Grace, Staten Island N. Y. 1971, ro2-113.
301 Gi nel 1934 H. DE LUBAC pubblic 'Remarqucs sur l'histoirc du mot sur-
naturel', in: NRTh 61 (1934) 225-249; 350-370. Nel 1946 segul Surnaturel. Etuder
hirtoriquer, Paris 1946; cf. anche H. RoNDET, 'Nature et surnaturcl dans la tholo-
gie de saint Thomas d'Aquin', in: RScR 33 (1946) 51-91 In., 'Le problme de la
nature pure et la thologie du XVI sicle', in: RScR 35 (1948) 481-521, in parte
inserito in De gratia Christi. Esrais d'histoire du dogme et de tbologie dogmatiq11e,
Paris 1948, 200-234.
L'ERA POST-TRIDENTl:"{A 181
b. Il suarezianesimo o molinismo
J08 Il suarezianismo, che, per qdanto riguarda il tra1tato della grazia, influenzato
anche da Luiz de Molina, anzitulto una tradizione della scuola. Pertanto, citiamo
a questo proposito i due trattati moderni, rappresentativi di questa tradizione dello
tarda scolastica: H. LANGE, De gratia, Freiburg i. Br. 1929 e S. GoNSALEZ, 'De gratia
in: Sacrae Theologiae Summa, Ili, Madrid 41962, 483-706. Quando sottolineiamo
il carattere antiagostiniano di questa tradizione teologica, ci riferiamo soprattutto
alla sua tesi che la libert umana non rovinata cd alla sua interpret12ione della
grazia atruale, nel senso che questa sopraggiunge dall'esterno. Si deve per riCO
noscere che, nella descrizione dell'azione della grazia, i suareziani mostrano una
preferenza per concetti e modi di pensare agostiniani. Ci suscita in loro un cere<>
psicologismo, che li avvicina alla tradizione francescana e tomista. Cf. F. SrEGMiiLLER,
Zur Gnadenlehre des iungen Suaret, Freiburg i. Br. 1933; S. CASTELLOTE CuBELLS,
Die Anthropologie des Suaret, Miinchen 1962; L. MAHIEU, Franois Suare:r:. Sa phi-
/osophie et les rapports qu'elle a avec sa thologie, Paris 1921. Una breve pano-
ramica storica ed una buona bibliografia offerta da M. GRABMANN, Geschichte der
katho/ischen Theologie, Frciburg i. Br. 1933, 168-172; 329-331.
L'F.RA POST-TIUDENTINA
309 Cf. M. HAY, Failure in the East - Why and How the Brearh between /ne
W,stem Wor/d and China firsl be/l,an, Wetteren 19~6. Hay si basa sulla corrispon
denza di un sacerdote scozzese, William Leslie, che lavorava alla congr~gazione di
Propaganda fide, fondaa nel 1622, e denuncia l'influsso dei giansenisti e dei loro
amici su Ila curia romana.
186 L'OCCIDENTE CRISTIANO
verso dallo stato astratto della 'natura pura', in quanto essi sono,
di fotto, privi dell'integrit originaria di Adamo. La perdita dello
stato di integrit viene intesa per nel senso di una pura '<lenu-
datio' (homo in statu naturac vulneratae difiert ab ho;ninc in
statu naturae purae tamquam spoliatus a nudo!) e non nel senso
di una 'corruptio' (positiva) della natura. Ci dimostra quanto si sia
concepita la vita soprannaturale come qualcosa che viene aggiunto
(supetadditum) dal di fuori alla natura. Certo, in questa concezione
si riflette anche la preoccupazione umanistica di difendere la dignit
umana contro la tesi, sostenuta dalla Riforma e dai giansenisti, della
radicale corruzione della natura umana. Ma difficilmente si potr con-
testare che l'interpretazione suareziana gener un clima semipelagia-
no su di un piano morale e spirituale, anche se essi non furono semi-
pelagiani in senso specifico. Abbiamo sempre sostenuto l'idea rhe il
semipelagianesimo pi un'atmosfera di pensiero e di vita che una
dottrina sistematica. Quando fatta sistema, questa dottrina svela ra-
pidamente le sue <:antraddizioni filosofiche e teologiche, poich
il risultato di un antropomorfismo grossolano, basato sul 'sano in-
telletto dell'uomo'. Come clima di pensiero, nascosto dietro un
sistema pi o meno ortodosso, il semipelagianesimo si manifesta
anzitutto sul piano della vita cristiana. Il propagarsi del raziona
lismo, in una teologia che su di un terreno morale troppo spesso
cadeva in una specie di stoicismo, ispirato dal pensiero del di-
ritto naturale, non poteva che rafforzare ancora di pi questo 'na-
turalismo della grazia'. Causa fondamentale di questo fu il fatto
che il soprannaturale era considerato come qualcosa che si aggiun-
ge dal di fuori.
Abbiamo detto che il suarezianismo ricevette, in certo qual mo-
do, l'eredit del nominalismo. 314 Sl, i suoi rappresentanti si ser-
vono ampiamente della distinzione tra la 'potentia absoluta' e
'ordinata' di Dio e tentano sovente di risolvere un dato problema
314 K. WF.RNER, Fra11z Suarez und die Scholastik der letzten ].ibrh1111d,1:c, Rc-
gensburg 1861, 221-234. Cf. anche J. AUER, 'Um <len Begriff <ler Gnadc'. in: Zk.Th
70 (1948) 314-368, dove con riferimento a F. STF.GMULLER, Geschichle dcs Moli11i-
.1m11s 1, Wiirzburg 1933, il molinismo classificato nella scuola francescana. Cf. an-
che L. MAHIEU, Frrmois Suarez, cit., 498-588.
L'ERA POST-TRIDENTINA
316 L. DE MoLINA, Concordia Liberi arbitrii, q. I4, a. I3, disp. 38, Paris I876,
2u-222. Lo seguono De Lugo, Ripalda e L. Billot. Cf. H. LANGE, De l!.ratia, cit.,
nn. 304-310. Con toni pungenti Lange si sforza di dimostrare contro Garrigou-La-
grange che questa forma della soprnnnaturalit 'entitativa' e non puramente 'mo
dale' nel senso scolastico del termine. Su Suarez si pu consultare la sua opera
De gratia II, cap. II. Cf. SALMANTICENSES, Cursus theo/ol!.ict1s v, Lugduni I673,
243-266 ( = Tract. XIV, De gratia, disp. 3, dub. 3). Tutti questi autori trattano
la questione nel contesto dell'interpretazione dell'atto soprannaturale della fede. Cf.
R. AUBERT, Le problme de l'acte de /oi, cit., e soprattutto E.G. MORI, Il motivo
della fede da Gaetano a Suarez, Roma 1953.
317 J.M. PALMA, La potencia obediencial activa en el plano metafisico segtin Sua-
rez, Granada 1955.
L'ERA POST-TRIDENTINA
llB H. LANGE, De gratia, cit., nn. 488536 e S. GoNSALEZ, De grafia, cit., nn.
265-284.
319 K. RM!NER, 'Natur und Gnade', in: Schrrften IV, Einsiedeln 1961, 209-236
(tr. it. in: Saggi di antropologia soprannat11rale, Ed. Paoline, Roma, 79-r22); P.
FRANSEN, Christian Humanism, cit., m, 101-II4; Grace. Theologit.ing and The
Humanizing of Man, Proceedings of the 27th Annua! Convention of the Cath.
Theol. Society of America, voi. 27, New York 1973, 55-77.
L'OCCIDENTE CRISTIANO
c. L'agostinismo post-tridentino
Michel de Bay, detto Baio, nacque il l 513 a :V1lins I 'Eveque nei Pae-
si Bassi spagnoli. Come successore ed avversario di R. Tapper e J.
Driedo, era professore molto ascoltato a Lovanio. I suoi piccoli libri
sono d'esemplare chiarezza, precisione ed eleganza.323 Era anche una
persona ben disposta verso la Chiesa. Dopo essersi ripetutamente dife-
so, soprattutto nella sua Apologia, alla fine si sottomise al giudizio del-
la Chiesa. Dalle sue opere si ha oggi l'impressione che la sottomissio-
ne sia avvenuta pi per ubbidienza alla Chiesa che per convinzione in-
teriore. Considerando le cose in base a quanto oggi conosciamo, diffi-
cile affermare che tutte le 79 proposizioni, che furono tolte dalle sue
opere e condannate da Pio v, esprimano giustamente le sue idec. 324
Cornelius Jansen, detto Giansenio, nacque il r 58 5 a Arquoy presso
Lcerdam (Paesi Bassi). Morl nel 1638 come vescovo di Ypern. Studi
a Lovanio e poi in Francia; nel 1617 torn a Lovanio. Nel 1628 inco-
minci la sua opera principale Augu.stinu.s, dove cerc di approfondire e
di sfumare le posizioni di Baio. In seguito alla controversia De auxilii.s,
suscitata da Molina circa la natura della grazia, e grazie alle discussioni
sulla scientia media molinista e la praedeterminatio physica baiie-
ziana, l'orizzonte teologico si era frattanto mutato e, per cos dire, po-
larizzato. La Congregatio de auxiliis, istituita da Clemente vm nel
1597, non era riuscita a risolvere il problema discusso tra gesuiti e do-
323 X. LE BACHELET, in: DThC li (1905) 38-II1; F.X. }ANSEN, Baius et le Baia
nisme, Louvain 1927; F. L1TT, LA question des rapporls entre la nature et la gr.ice
de Baius au Synode de Pistoie, Fontaine L'Eveque 1934; H. DE LUBAC, Augustinisme,
cit. Preferiamo tuttavia le interpretazioni, pi preoccupate della verit storica, di
P. SMULDERS, 'De oorsprong van de thcorie der zuivere natuur', in Biidragen 10
(1949) 105-127 e di J.H. WALGRAVE, Geloof, cit., 159-177.
324 Si conoscono le discussioni sull'importanza delle censure, che sono indicate nel-
la conclusione della bolla di Pio v, nel tanto discusso 'comma pianum': os 1980 e
nota r. I seguaci di Baio asserivano che il testo andava letto cos: quamquam non-
nullae aliquo poeto sustineri possunt in rigore et proprio verborum sensu ab as-
sertoribus intento. Qualche tempo dopo, i gesuiti ed i loro amici sostenevano che
alcune proposizioni potrebbero esser prese in un senso assoluto, ma in nessun
caso sensu ab assertoribus intento. La prima versione sembra esser starn tacita-
mente accettata dal magistero, dal cardinal Granvelle, ufficialmente incaricato della
esecuzione della bolla e coautore della clausola, e dal cardinal Bellarmino. La
seconda versione, tuttavia, si afferm di pi nel corso del sec. XVII. Cf. E. VAN
EiJL, 'L'interprcation de la Bulle de Pie V portant condamnation contre Baius', in:
RHE 50 (1955) 499-542. Dopo un preciso esame delle testimonianze L'Ontempora-
nee, van Eijl conclude che la Santa Sede volle condannare queste proposizioni 'in
sensu ut iacent'. In base alla moderna linguistica, ci sarebbe da dire che le propo-
siZ'ioni furono condannate in quel senso ovvio che era dctl"rminato dal dima e
dal contesto di pensiero di quell'epoca. Per l'interpretazione non basta leggere Baio
con gli occhiali delle proposizioni condannate, senza preoccuparsi del senso origi-
nario, come risulta dal contesto del pensiero agostiniano che Baio ben conosce\'a.
L'ERA POST-TRIDENTINA 195
menicani. 325 Giansenio si decise per una lotta su due fronti. Da una
parte combatt contro i calvinisti olandesi, dall'altra contro il pelagia-
nesimo scolastico ed umanistico dei gesuiti. Le sue fonti furono la Scrit-
tura ed i padri della Chiesa, specialmente Agostino. Dietro questo lavo-
ro vi era il sogno di una vera Controriforma. Pare che egli abbia
concepito il suo piano a Bayonne, insieme col suo amico l'abate di
Saint-Cyran, Jean du Vergier de Hauranne. Nel 1635, questi assunse
la direzione di Port-Royal, che dopo la morte di Giansenio divenne il
centro dcl giansenismo. 316
Un terzo gruppo agostiniano, costituito da membri dell'ordine degli
eremiti agostiniani, era guidato da Enrico Noris, che nel 1695 fu fatto
cardinale da Innocenzo XII. Tuttavia, Fulgenzio Belleli, presto generale
dell'ordine, e G.L. Berti scrissero pi dettagliatamente del Noris sia a
proposito della grazia abituale che attuale. Essi furono ripetutamente
accusati dall'Inquisizione, ma mai furono condannati dai papi.327
Tutti morirono come figli fedeli della Chiesa. Giansenio era un vescovo
zelante delle anime ed un lavoratore instancabile. Gli agostiniani ita
liani mantennero fedelt al loro maestro Agostino, malgrado i veementi
attacchi. La complessit del movimento ideologico e la forza dell'in-
flusso personale, presenti in quel periodo, appaiono nell'unione della
corrente agostiniana con la scuola francescana, che fu iniziata da Fran
cesco di Sales e sistematizzata dal cardinale de Brulle e da Charles
de Conclren e port ad un profondo rinnovamento della spiritualit.
Saint-Cyran s'incontr con Brulle e conobbe gli oratoriani italiani. Fu-
rono questi, del resto, come pure alcuni abati benedettini, ad introdurre
il giansenismo in Italia. II movimento port al sinodo di Pistoia, che
ebbe lungo nel 1786, poco prima dello scoppio della rivoluzione fran-
cese.m Francesco di Sales incontr la simpatia dei molinisti, mentre B-
m La Commissione 'De auxiliis' si raccolse sotto i papi Clemente vm, Leone
XI e Paolo v. Parecchie volte una maggioranza si trov pronta per la condanna di
certe tesi di Molina, meno spesso per la condanna delle tesi di Baiiez. Il 2 5 set-
rembre 1607, Paolo v pose fine a queste discussioni, proibendo ad ambedue i
partiti di censurare le posizioni della parte opposta. Cf. F. ST1!GMULLER, 'Gna-
denstreit', in: LThK IV (1960) 1002-1007. Purtroppo, la polarizzazione teologica
fu 'congelata' dal fatto che i capitoli generali dei rispettivi ordini obbligarono i
loro teologi ad attenersi alle tesi sostenute dai capi eminenti dcl loro ordine.
326 Per la storia del giansenismo cf. i lavori di ricerca di L. Willaert, J. Orci
bai e L. Ceyssens e soprattutto N. ABERCROMllTF., The Origins of Janseni.m1, Oxford
1936, e A. AllAM, Du mysticisme la rvolte. Les jansnistes du XVII sicle,
Paris 1968.
327 F." L1TT, La q11estion des rap(l<>rfs entre la nature et la grace, cit., 75-102.
E. PoRTALI, 'Au~s1inisme', in: DThC I (1903) rimane troppo scolastico e moli-
nista per poter valutare con comprensione il problema.
328 Ch. A. BoLTON, Cburch Reform in 18th Century Italy. Tbc Synod of Pistoia,
Ti116, The Hague 1969.
L'OCCIDENTE CRISTIANO
329 J. Laporte ha dimostrato una volta per sempre che non si pu separare Pascal
da Port-Royal. a. il suo studio: Pascal et la doctrine de Port Ro)al: Etudes
d'histoire de la philosophie franaise au XVII sicle, Paris 1951, 106-152.
lJO Walgrave ha letto l'intera opera dei due teologi di Lovanio e- si sforza di
comprenderli dentro la tradizione agostiniana e non secondo lo schema di pensiero
che essi hanno rifiutato.
m DS 1545-1549. Ammesso, il concilio presenta quest'aspetto della giustificazione
come 'fructus iusti/icationis'. Per Agostino, Seripando e Baio sta qui l'essenza della
giustificazione. In fondo, incontriamo a questo punto la caratteristica opposizione
occidentale tra un pensiero essenziale ed un pensiero esistenziale.
L'ERA POSTTRmENTIN/I 197
to, si trova persino nei 'santi', una debolezza di cui Dio tien
conto nel suo misericordioso giudizio e la perdona.iii Non as-
surdo chiamare giusti coloro che poi (al giudizio finale) sono tro-
vati giusti secondo il giudizio del giusto giudice.m La vera giu-
stizia possiede quin<li una dimensione escatologica, che si riper-
cuote gi nel presente. Si comprende meglio questa dottrina, se
si riflette a due cose: la remissione dei peccati fa parte della
giustificazione, ma un atto che sta al di fuori dell'uomo che
viene giustificato. In secondo luogo, va sottolineato che, proprio
sul piano di una progressiva giustificazione, che si estende per tut-
ta la nostra vita fino al giudizio finale, diversamente da quanto
di solito si pensa, Baio accetta la distinzione tra peccati gravi e
pi lievi. Egli sostiene che gli stessi peccati veniali secondo la
loro natura meritano la morte eterna - una visione che egli as-
sume da Agostino 334 - , ma nel giudizio divino tali co1pe non so-
no calcolate per coloro che perseverano nella Chiesa fino alla
morte. Il sommo giudice accorda il perdono non tanto in base
ai loro meriti, ma in virt della loro unione con la vera vite. 3' 5
Ci imbattiamo cos in pensieri che erano stati cari ad Agostino e
ll2 BAJUS, De charitafe, 111st1t1a et iustificatione, libri tres 11, cap. 8: Baii Opaa,
Coloniae Agrippinac i696, io8-110, sotto il titolo: Cur in Scriptom Sacris recte
iusti nuncupentur qui sine peccato non feuerinl.
Dl cNam quicumque talcs fuerint [cio si trovano in peccato veniale] in exm-
mo iudicio, uhi pro bonorum operum mcritis etiam ipsa misericordia divina tri-
buetur, qua fiet bcatus cui non imputavi! Dominus peccatum, non fraudabuntur
praemio iustitiae, nec absurde iusti nuncupantur, qui tunc a iusto iudicio (Dci)
iusti fuisse iudicahuntun (lbid., 108 s.).
l.l4 Del resto, Baio presenta questa concezione come puro opinione: Ii:itur non
est improbanda opinio, qua dicitur, quod etiam levia peccata, secluso Christi san-
guine, ex natura sua sec\udunt a regno Dei (De meritis operum 11, 8: Opera, 42 ).
D5 Le nostre huone opere non ci possono meritare il perdono dei '!e\'iR peccata',
in quanto Dio giudica i nostri meriti in s e per s, cio tamquam a Christi cor-
pore et meritis alieni. In considerazione dei nostri 'levia peccata' l'unica ragione
della nostra giustificazione questa: quia in vite tamquam palmites vi,i usuuc
in finem permansenint, ct huius permansionis mL"rito a vite immobi\es efkcti sunt.
Baio conclude: Non igitur tam ex propriis meritis. quam ex societate vitis. iri
futuro sacculo iusto Dei indicio sanctis datur leviomm pcccatorum remissio (//>id,
43). Come si pu allora asserire che Baio avrebbe considerato priva d'importam.a la
nostra unione con Cristo? Egli non ha mai negato il mistero dell'inabitazione di
Dio, ma ha solo contestato che questo mistero abbia importanza nella produzione
dei meriti.
L'OCCIDENTE CRISTIANO
336 Nel cap. XVl sul merito, troviamo la medesima ragione: Cum enim ille ipse
Chrisrus tamquam 'caput in membra' et tamquam 'vitis in palmites' in ipsos iusti-
licatos iugiter virtutem influir ... et sine quo nullo pacto Deo grata et meritoria esse
possunt (Ds 1546).
337 Cf. De cbaritate, iustitia et iusti/icatione n, 9: Opera IIO s.
338 lbid., I, 2: Opera 90 ss. Baio distingue lo Spirito santo dell'amore e l' 'animi
motus' dell'amore. Che questo 'animi morus' presupponga un habitus, ha per lui
poca importanza. Non nega tale verit, ma afferma che per lo Spirito santo al-
trettanto possibile non tantum animi motus, sed etiam conformem aliquem ha-
bitum diffondi posse in cordibus nostris. L'unico motivo, per cui non assegna im-
portanza all'habitus, sta nel fatto che nella Scrittura non si parla di una cosa dcl
genere. Quest'atteggiamento caratterizza il suo metodo teologico. Baio accetta una
filosofia pi o meno aristotelica, ma essa non ha nulla da fare nella teologia.
339 J.H. Walgrave si meraviglia che le proposizioni 63 e 64 si trovino tra le pro-
posizioni condannate di Baio. Cf. Geloof, cit., nota 110. Esse non si possono tro-
vare in alcun punto delle sue opere. La dimostrazione non riuscita neppure a
A. Schonme12er (ns 1963 e 1966). Cf. Baii Apologia: Opera Il, n5.
340 H. JEDIN, Gescbichte, cit., n, 246 s.
L'ERA POST-TR1DENTINA 199
345 Ibid. 11. 4 s.: Opera 1, 39 s. Baio cita spesso Giuliano di Eclano. Per lui
assolutamente impensabile che l'osservanza della legge m:>n sia meritoria per il cie.
lo anche secondo l'intenzione interiore. Se Paolo ed Agostino rimproverano alla
lerule che non ci si pu salvare, perch ora, nella condizione del peccato, la
legge non ci d la disposizione interiore dcll'ubbi<lienw, ma procura solo cono-
scenza dcl peccato. Si vede con quale rigida logica Baio adopera il concetto di
giustizia.
~ De libero hominis arbitrio et eius potrstate, 4 s.: Opera I. 76 ss. (la citazione
a 78).
:147 lhid. 6: Quoti sancii in hac vita nunq11am sunt perfecti: Opm1 t, 78 s.
L'ERA POST-TRIDF.NTINA 201
~48 Cf. S. Th. 1-11, q. 89, a. 6c. Sul paradosso di un'assoluta dipendenza da Dio
e di una moralit umana realmente autonoma cf. J. OMAN, Grace and Personali/)',.
Cambridge 1917.
202 L'OCCIDENTE CRISTIANO
cipi dentro l'uomo stesso', ma non da Dio. Egli nega decisamente il principio
contenuto in quest'obiezione, richiamandosi principalmente ad Aristotele.
354 Ibid. 1, 4: Opera I, 55: indebita quaedam humanae naturae exaltatio, qua
ex bona melior /acta sit.
lS5 Ibid. I, 9 s., Opera I, 60 s. In fondo, il termine 'supernaturalis' ha conservato
in Baio tutt'e due i significati che possedeva nel medioevo. Esso indica sia il mi-
racoloso, come eccezione dall'ordine naturale, sia il trascendente. Cf. H. DF. LuBAC,
Surnaturel, cit., 395-428. La giustizia ripristinata dalla grazia di Cristo quindi
soprannaturale, poich deriva da Dio.
356 La proposizione 2 I: Humanae naturae sublimatio et exaltatio in consortium
divinae naturae debita fuit integritati primae conditionis, et proinde naruralis di-
cenda est, et non supernaturalis (os 1921) in questa redazione non risale a Baio,
ma una conclusione dci suoi avversari, che lo interpretarono dentro il loro par-
ticolare sistema concettuale. Cf. J.H. WALGRAVE, Geloof, cit., 175.
l.17 Quapropter sive ex naturae principiis tanquam eflicientibus causis orta fuerit
prima hominis iustitia, sive a Deo immediate illi collata, (sicut plcrique de anima
rationali tradunt, quam tamen nemo supernaturalem arbitratur) adhuc illi naturalis
fuit, quia sic ad cius integritatcm pertiriebat, ut sine ea non possit consistere, mi-
seriaq.ue carere, sicut de angelica natura docet Augustinus lib. 12 de civ. Dei c. r
et 19, dc utraque tam angelica videlicet quam humana natura lib. r2 de civ. c. I
Utrique enim Deo per iustitiam adhacrcrc bonum est, et non adhaercre malum,
quod nihil aliud est, quam naturalium privatio bononim, sicut docet Augustinus
in Ench. cap. II. Abbiamo citato tutto il testo, perch presenta bene la conce-
zione di Baio.
L'OCCIDENTE CRISTIANO
della sua epoca, che era fortemente segnata dalla corrente uma-
nistica.
Quando Giansenio scrisse il suo Au;!_ustinus, si propose di pro-
seguire l'opera di Baio, correggendo alcune interpret.1zioni di Ago-
stino, che non gli sembravano del tutto appropriate. Voleva di-
fendere la tradizione agostiniana di fronte ali' avanzare vittorioso
della scolastica post-tridentina. Le passioni, che si accesero at-
torno alla controversia De auxiliis, sono una testimonianza del-
l'atmosfera di questa lotta. Quando, il 25 settembre del 1607,
Paolo v pose fine alla controversia della grazia, proibendo ai due
partiti di accusarsi reciprocamente di eresia, quest'esito indeciso
della discussione conferm Giansenio nell'idea che questa teologia
si fosse dimostrata incapace di risolvere i problemi della grazia.
Secondo la sua convinzione, la teologia deve differenziarsi essen-
zialmente dalla filosofia, perch si fonda sull'autorit e sulla tra-
dizione e non su argomenti di ragione, simili a quelli portati avan-
ti dagli scolastici contemporanei. 1~ Nella sua teologia, Giansenio
si avvicina ai problemi della grazia in modo psicologico, in un
atteggiamento decisamente attualistico. 319 In questo senso, non si
distingue molto dai molinisti. i quali, per rispondere ad esigenze
psicologiche, si servivano di concetti ontologici prelevati dall'alta
scolastica.
Dal De correptione et grafia di Agostino, Giansenio ricav una
distinzione, che acquista in lui importanza determinante: l' 'adiu-
torium sine quo non', da Agostino detto anche 'adiutorium possi-
bilitatis', consiste in un'assistenza attuale di Dio, che assoluta-
mente necessaria per render possibile l'atto; invece, l' 'adiutorium
l60 lpsum enim amorem Dei, quo libcrum fulgebat et ardeha1 arbitrium, seu,
ut nos loquimur, ipsam gra1iam habitualem, simul sub natura intelligebant (Augusti-
nus, eius discipuli et Concilium Aurausicanum)io. (Auguslinus II: De gratia primi
hominis e1 angclorum, cap. 9-10: ed. cit. n, II9I28). Cf. 120 B-C e 125 C.
361 alla vero sic adiuvant, ut potestaiem quidem praeparent, roborent et iuvent
- una formula che egli ripete pi volte in questo capitolo: Auguslinus II: De
gratia primi hominis et angelorum, cap. 14: ed. cit., II, 145-152; cf. 147 A-B. La
'facultas operandi' diviene cosl 'perfecta et completa', senza tuttavia che questa
grazia possa causare l'atto stesso. Giansenio si rifiuta di ammettere che quest' 'adiu-
torium sine quo non', che essenzialmente un aiuto attuale, un'ispirazione da parte
di Dio, divenga in seguito un 'adiutorium quo', nel senso che coopera con la
nostra volont: Ibid., 152 B-C. Pertanto, quest"adiutorium sine quo non' pu
effettuare solo un equilibrio interiore, che lascia alla libera volont ogni possibilit
di decisione. Giansenio afferma che in questa libert si trovo in noi l'immagine
di Dio. Ad un primo sguardo superficiale, si potrebbe arrivare alla conclusione che
la sua posizione qui chiaramente pelagiana, poich l'azione della salvezza si fon-
da, in definitiva, sull'autonoma decisione della volont. Non si deve per dimen-
ticare che, mediante il dono della grazia, questa volont , in s, gi ordinata a
Dio. Si confronti con questo l'interpretazione che M. l..oT-BoRODINE, La dification,
206 L'OCCIDENTE CRISTIANO
cit., 220-227, offre del pensiero dei grandi Cappadoci. I padri greci non ritengono di
dover ammettere una grazia preveniente, affinch, come dice Giovanni Darnasceno,
ci si 'possa preparare al bene' (una formula che parallela ali' 'initium fidei', al-
i' 'agere sicut oportet' di Agostino), poich l'immagine di Dio in noi una realt
tanto profonda. In verit, Giansenio parla con cautela dell'immagine di Dio dopo
il pea:ato. Ma non possiamo presupporre la medesima cautela, quando parla della
immagine di Dio prima del peccato. Egli non respinge la necessit di un'iniziativa
divina di grazia da parte di Dio, ma ne parla solo in ahre categorie .
.162 Augustinus, ibid., cap. IO: cd. cit., li, 126 A, dove Giansenio cita il Sermo
II de verbis Apostoli, cap. l di Agostino.
l63 A11gustinus, ibid., cap. IO-II: ed. cit., II, 123-I34. Non esistono una perse-
veranza ed un merito senza l'influsso della grazia su ogni singolo atto. JR. WALGRA-
vE, Geloof, cit., 182 ss., critica l'interpretazione che H. De Lubac presenta in
Au,,ustinisme, cit., 70. Egli preferisce paragonare la posizione di Giansenio alla
concezione di s. Tommaso a proposito delle diverse funzioni della 'gratia operans'
e della 'gratia cooperans'. Concorda con De Lubac nell'affermare che Giansenio
fu un cattivo metafisico, come la maggior parte dci teologi del suo tempo. Po-
stulare la necessit di grazie agenti, delle quali si afferma che sono dati di fatto
oggettivi, che sono al di fuori della volont e dei quali la volont non sembra
dover disporre, cattiva filosofia e teologia. Secondo Agostino e Tommaso, ogni
j?rnzia si fa avanti nel punto in cui sorge l'atto libero. Wal!!rave i:iu.,~e alla C"n-
clusione che, per Agostino, I' 'adiutori11m sine quo non' era piuttosto l'aiuto divino
- sia interno che esterno - nella sua totalit, e non la serie di grazie agenti per
ogni singolo atto libero.
364 Porro concupiscentia ista, seu libido, scu cupiditas, seu voluptas seu de-
lectatio, quocumque ex istis nominibus appellare malis, non est aliud quarn pon-
dus quoddam habituale, quo anima inclinatur ad fruendum creamris (Au1?,usti11us
II: Liber secundus de statu naturae lapsae, cap. 7: ed. cit., II, 318 C.). Giansenio
paragona la concupiscenza ad una cattiva abitudine ed arricchisce la sua descrizione
di tratti psicologici.
L'ERA POST-TRIDENTINA
207
36S Non enim usque adeo in anima humana imago Dei terrenorum affcctuum
labe dccrita est, ut nulla in ea velut lincamenta cxtrema remanserint,. (Op. cit., ed.
cit., u, 310 A, dove citato Rom. 2,15). Quindi, anche dopo il peccato, rimangono
nell'uomo 'reliquiae' di questa conoscenza della legge naturale quo nonnullas na-
turalis iustitiae et honcstatis veritates probat et ea, quae ex illa lcgc iubentur aut
vetantur, nonnumquam facit aut cavet (lbid.).
366 Caeca est igitur illa concupiscentia, ex qua statim ab infantia malum facimus
libenter mali (Op. cii., ed. dt., II, 314 A).
367 a. quanto abbiamo detto, alla nota 361, a proposito del cosiddetto semipe-
lagianesimo dei padri greci.
208 l.'OCCIDENTF. CRISTIANO
3611 Dopo aver respinto le concezioni <lei suoi contemporanei, a proposito della
natura e della grazia, Giansenio afferma: Chi segue Agostino vi<lebit cnim perspi-
cue gratiam illam Christi Salvatoris medicinalem, q.uam efficacem schola vocat, non
aliud esse quam coelestem quandam atque ineffabilem suavitatem, seu spiritus dc-
lectationum, qua voluntas praevenitur et flectitur, ad volendum facicndumque quid-
qui<l eam Deus velie et facere constituerit ( Aup,ustinus lii: Li ber quartus de
grati a Christi Salvatoris, cap. r: ed. cit., m, ~94 A-B ).
369 quia liberum esse nobis non est, ut <liximus, aliu<l quam esse in nostra po-
testate. Nam esto gratis ad bene vivendum necessaria sit, non tamen propterea
nq~andum est, aut Augustinus nc11a1, bene vivere non esse in nostra poresrntc
(Op. cii., cap. 21: ed. cit., 111, 386 D). Giansenio si rifiuta di sostenere la defi-
nizione della libert, che si dava comunemente nella scoiastica del suo tempo, per
cui il nucleo di tale libert viene costituito dall'indifferenza, sia nel senso della
libertas contradictionis (agire o non agire} o nel senso della liberlns contrarietatis
(scelta tra questo e quello). In fondo, egli sostiene un'idea di libert, che s'av-
vicina alla concezione moderna e sottolinea di preferenza l'autonomia della volont,
l' 'esse in nostra potestate' di fronte ad ogni forma di costrizione e di schiavit.
a. ibid., cap. 9 (Op. cit.: ed. cit., 111, 866-869) e tutto il Liber sextus, soprattutto
il cap. 6 (Op. cit.: ed. cit., 111, 628 ss.).
L'ERA POST-TRIDENTINA 209
370 DS 1925, 1927 e 1936. Falsum est autem inter islam laudabilem charitatcm
vitiosamque mundi cupiditatem nullum amorem crae1urae rationalis esse medium.
Datur enim et alius amor bonus, qui nec ista charitas ncc ista cupiditas, quo vide-
licet incipit bene Deo peccator elfici ante iustificationem per charitatem (Augusti-
11us, 11: Liber quartus de statu naturae lapsae, cap. 27: Op. cit.: ed. cit. n, 669-
672; la citazione a p. 670 A-B). Per correggere Baio, Giansenio usa quei mede-
simi testi di Agostino, che erano stati portati avanti da Pio VI nella condanna del
sinodo di Pistoia (DS 2623 s.).
m Ecce naturae creaturae rationalis competit esse cum Deo, hoc est adhaerere
per amorem Dei (Aug11Sti11us n: Liber primus de statu naturae lapsac, cap. 16:
Op. cit.: ed. cit., 11, 751-758; cf. 751 A.). Giansenio scorge la causa di questo
nel fatto che siamo creati ad immagine di Dio: Ibid. 753 D. Egli respinge decisa-
mente la conclusione che i suoi avversari tiravano dalla sua concezione della no-
stra 'natura integrata, che tale per costituzione', quando interpretavano la 'natura'
nel loro senso: Ibid., 757 B.
m Hoc est amorem istum naturalissima, arctissima, severissimaque obligatione
sibi esse pracceptum, utpotc quo diligerc et colere debet Deum fincm ultimum
suum naturalem, supcrnaturaliter licei acquircndum; in qucm dare videmlum, frucn-
dum ac diligendum etiam ttaturaliter i11cli11atur, quamvis ut Sanctus Thomas lo-
quirur, tton posse ttatura/iter illum consequi, sed solum per gratiam propter emi-
nentiam finis illius (Augustinus 11: Libcr primus de staru naturae purae, cap. 16:
Op. cit.: cd. cit., n, 7'7 s.). Le sottolineature sono dello stesso Giansenio! Egli di-
mostra che Agostino non ha mai conosciuto un altro amore, sicuramente non uno
'puramente naturale', diverso dall'amore 'soprannaturale' per il Dio della salvezza:
Ibid., 758 B.
373 Cf. Ibid., cap. 1,: Op. cit.: ed. cit., JI, 74,-n2. Giansenio si appoggia espli-
citamente a Scoto e Tommaso; d. cap. 11: Op. cit.: ed. cit., 11, 733 D, dove ag-
210 L'OCCIDENTE CRISTIANO
:!al W. BocXE, In1rod11ction, cit., afferma che le loro domine si sarebbero diffe-
renziate da quelle di Giansenio. Ma, leggendo la sua dissertazione, ci si chiede se
egli abbia mai letto veramente Giansenio nel testo originale - un rimprovero che
si potrc-bbe muovere a molti autori, che hanno trattato questo tema!
311 Cf. sopra pp. 174-183.
382 G. Musc!IALEK, 'Creazione ed alleanza come problema di natura-grazia', in:
Mysterium Sa/utis 11/2, 193-209.
J&l I migliori lavori sono ancora quelli di M. FucK e Z. AtsZEGHY, Il vangelo del-
la gra1.ia, cit., Firenze 1964, e di J. AuE11, Kleine ka1ho/ische Dogmatik v: Das
Evangelium der Gnatle, Regensburg 1970 ( tr. it. Il va11Jl.elo della Jl.ra1.ia, Cittadella,
Assisi), Ch. BAttMGAllTNER, La grace Ju Christ, cit. (trad. cit.) ci sembra poco riuscito.
214 L'OCCIDENTE CRISTIANO
BIBLIOGRAFIA
Citiamo qui di seguito solo le pi importanti ed estese ricerche storiche, come pure
alcuni lavori che richiamano l'attenzione su problemi metodologici. Per il resto, ri
mandiamo alle note di questo capitolo ed alle bibliografie di Mysterium Salutis.
1 V. sopra p. 25.
2 lbid.
3 V. soprn pp. 51 s.
218 GRAZIA DI DIO NELLA SUA AZIONE
1. Cosa sia grazia viene espresso nella Scrittura per mezzo di una
molteplicit di immagini e di espressioni. Ma anche le distinzioni,
sorte nel corso della storia della teologia, potrebbero, a loro modo,
tener conto di aspetti diversi dell'evento della grazia. La riflessione
sistematica non pu abbreviare od armonizzare con troppa fretta la
molteplicit di questi aspetti, le varie prospettive che si schiudono
gi nella Scrittura, i campi e i momenti di tensione nei quali si
trovano le diverse affermazioni sulla grazia; essa per deve anche
tener presente l'unit dell'evento della grazia. Nel significato pi ori-
ginario grazia si riferisce a Dio stesso, che misericordioso con l'uo-
mo. Non necessario analizzare qui, ancora una volta, le varie de-
nominazioni bibliche e, tra esse, particolarmente la ben veterotesta-
mentaria e la xapL neotestamentaria, paolina soprattutto. 5 Esse evi-
denziano, in ogni caso, che qualsiasi evento di grazia ha la sua ori-
~ine nella benevolenza e nella misericordia di Dio. E questo vuol
dire che la grazia rimane grazia di Dio, non diventa una cosa della
quale l'uomo possa disporre. Grazia non un terzo elemento tra
Dio e l'uomo, ma essa indica la realt di un rapporto nel quale Dio
rimane Dio anche quando egli offre se stesso all'uomo. Nella grazia
anzitutto, non io 'possiedo' Dio, ma Dio 'possiede' me!.6
La dottrina della grazia cos, in radice, una parte della dottrina
su Dio, in quanto cerca di rispondere alla questione di chi sia per
noi Dio, in Ges Cristo. In essa non si tratta di una parola addi-
zionale che, dopo esser stata pronunciata nella dottrina di Dio, si
dovrebbe udire ancora, per spiegare come Dio si comporti libera-
mente con l'uomo, ma si tratta dell'articolazione pi esatta di questa
parola. <(L'intera dogmatica non ha nulla di pi sublime n di pi
profondo, non ha nulla di essenzialmente diverso da dire all'infuo-
ri di questo: 'Dio era in Cristo e riconciliava con s il mondo' ( 2
Cor. 5,19).7 Nella dottrina della grazia la teologia deve riflettere
sul come Dio sia benevolo con l'uomo, come egli se ne prenda cura,
come la divinit di Dio appaia proprio nel suo essere un Dio degli
uomini. Cos appunto la dottrina della grazia anche una parte della
cristologia e della pneumatologia. Dio esiste per noi in Ges Cristo,
nel quale fu rivelata la 'pienezza della grazia e della verit' (cl. Jo.
l,14), ed egli tale per noi da donarci se stesso nel suo Spirito.
Tutto questo per non indica l'unit di un rapporto statico tra Dio
e uomo, ma l'unit di un evento, nel quale Dio si dimostra l'Em-
manuele, il Dio per noi. Con una formulazione astratta: nella dot-
trina della grazia non si tratta d'altro che della partecipazione di
se stesso all'uomo da parte di Dio, in Ges Cristo e nel suo Spirito.
Non dovrebbe essere difficile inquadrare in questo ampio oriz-
zonte le diverse indicazioni bibliche che si riferiscono alla dottrina
della grazia. Il loro peso particolare non pu certo venir ignorato,
il significato delle singole affermazioni non deve venir livellato.
per comune ad esse il fatto di indicare col termine grazia un
determinato evento tra Dio e l'uomo, un evento che ha una dire-
zione univoca, da Dio verso l'uomo, ma che abbraccia anche la pola-
rit di dare e ricevere, di parola e _risposta, di indicativo e impera-
tivo (in questa successione!); esse caratterizzano la realt della gra-
6 H. KiiNG, La giustificazione, Queriniana, Brescia 1969, 212. Sul tema si deve con-
siderare tutto il par. 27, Grazia come clemenza.
7 K. BARTH, KD II/2, 95.
220 GRAZIA DI DIO NELLA SUA AZIONE
zia come un 'gi adesso' ed un 'non ancora', cio come realt della
fede che urge verso il compimento.
Se le espressioni bibliche, che sono in rapporto con l'evento della
grazia, vengono riferite a questo evento nella sua caratteristirn di
partecipazione di s da parte di Dio, si vede come esse, a seconda
del rapporto, evidenzino determinati aspetti di questo evento. Con-
cetti come Eooxla, E.Eo, ILya7.1J, 7tp6ikcn, ~ou.i), xocpL, ecc., speci-
ficano la realt della grazia anzitutto nella sua origine, nella condotta
libera e benevola di Dio; verbi come xiyEcr~aL, 7tpooylsEw, OLxcuoiiv,
oo~!i.sEw, ecc., descrivono la grazia come un evento che si realizza in
un determinato agire di Dio con l'uomo. Concetti come xcipL, o6a,
swii. cpwc; ed altri sono in grado di asserire sia una realt in Dio sia
il dono conferito all'uomo, 8 mentre espressioni come xowwvla, voixE~'ll,
p.vEw esprimono soprattutto la realt di un nuovo rapporto tra Dio
e l'uomo. Il passaggio ad un nuovo essere viene spiegato anche per
mezzo di formule antitetiche, come passaggio dal peccato, dall'oscu-
rit, dalla schiavit, dall'essere neila carne, alla vita, alla luce, alla
libert, allo stato di figli, all'essere nello Spirito, ecc.; questo passag-
gio per, nel senso della formula 'simul iustus et peccator', ad esem-
pio, ed anche nel senso del biblico 'gi adesso' e 'non ancora', non
si deve affatto vedere come irreversibile. Qui per ora non si tratta di
ricercare con maggior esattezza il contenuto e l'estensione dei singoli
concetti. Dovrebbe piuttosto risultare ragionevole la loro collocazio-
ne all'interno dell'ampio avvenimento, che pu venir definito come
la partecipazione di se stesso da parte di Dio agli uomini. Questo
evento d spazio a ci che pi tardi venne chiamato, nel linguaggio
scolastico, 'grazia creata'. Ma anche dai primi accenni evidente che
questa espressione verrebbe del tutto fraintesa, se la si rendesse auto
noma e la si staccasse dal contesto deil'ampio evento di grazia, ne~
quale l'affermazione basilare quella che Dio benigno con l'uomo
e dona se stesso all'uomo.
8 Si tratta qui soltanto di una caratterizzazione generale, che non abbraccia le sfu.
mature concettuali e neppure mostra delle strutture o delle priorit. Sul concetto
xapLc;, sulla sua capacit di indicare una realt in Dio e un dono, cf. la sintesi di
F. MussNER, 'Gnadc', in: LThK IV (1960) 980-984.
RIFLESSIONI PRELIMINARI 22I
cessario solo quando chiaro che senza di esso impossibile dire una
parola definitiva sull'uomo.
Le due sezioni seguenti, che trattano della elezione della grazia di-
vina e della giustificazione del peccatore, cercano di sviluppare nei
dettagli ci a cui si accenna in Rom. 8,28 ss. nel quadro di un'unica
azione della grazia di Dio. Presupponiamo le argomentazioni sul rap-
porto tra natura e grazia, che furono svolte gi nel IV volume di que-
st'opera, e teniamo davanti agli occhi l'uomo concreto, che in Ges
Cristo, come creatura e come peccatore, viene da Dio chiamato, giu-
stificato, santificato e glorificato. Guardando quest'uomo esamineremo
il modo in cui viene inserito nell'azione della grazia divina.
SEZIONE PRIMA
In questa sezione, nella quale si parla della elezione della grazia di-
vina, guardiamo sia all'origine che allo scopo dell'agire divino nella
grazia, in modo da esaminare, partendo dall'evento della vocazione
storica dell'uomo, quest'origine e questo scopo appunto della sua
vocazione. La dottrina della predestinazione non vuol essere n un
sottofondo speculativo delle idee cristiane su Dio, n un'espressione
della personale esperienza cristiana. Essa non sorge neppure nell'e-
vento-Cristo ... La prae-destinatio indica la semplice anteriorit e pre-
mura della divina volont di grazia nel sorgere della vocazione e del-
la fede e non permette che questo evento venga attribuito al caso o
alla volont dell'uomo. La predestinazione ci che precede nell'e-
ternit la vocazione storica. 1 Questo, come sottolinea a ragione Molt-
mann, un primo aspetto della dottrina della predestinazione. Per il
secondo si deve aggiungere: L'altro aspetto escatologico della dot-
trina della predestinazione dimostra a chi ha fede in quella parola
divina, che lo riguarda e che lo chiama alla vita, l'attendibile veraci-
t divina e la sua fedelt assoluta ... Come la vocazione si basa sulla
elezione e sulla promessa antecedente, cosl essa, dall'altro lato,
orientata ed aperta alla conservazione, al completamento e alla glori-
ficazione eterna dell'uomo. 2 Il tema dunque si deve vedere fin dal
principio in questa ampia dimensione. Qui inizio e fine sono corre-
lati. Quando l'agire della grazia di Dio perviene al suo traguardo, al-
lora si dimostra definitivamente, e perci anche come conferma di
ogni precedente azione della grazia, che Dio un Dio favorevole al-
l'uomo, che le sue strade sono le strade della fedelt e della miseri-
cordia. Nel processo finale si svela il principio, l'eterna elezione della
si, sia in principio che alla fine, la somma del vangelo. Essa van-
gelo: buona novella, annuncio gradito, confortante, consolante e cor-
roborante. Di conseguenza non una verit neutrale nei confronti del-
l'accennata contraddizione di timore, spavento, miseria e pericolo,
non un teorema, il cui contenuto costituirebbe una pura informazio-
ne, una pura spiegazione di fatti indifferenti rispetto alla distinzione
tra buono e cattivo, tra bene e male ... Essa dunque non affatto un
miscuglio di gioia e di spavento, di salvezza e di rovina. Essa non
dialettica n all'inizio n alla fine; al contrario non-dialettica. Essa
non annuncia nello stesso istante bene e male, aiuto e distruzione,
vita e morte. Getta, sl, un'ombra ... Ma essa luce e non tenebre. 22
Le proposizioni di Karl Barth non contengono solo una formulazione
positiva; esse portano anche una negazione, un deciso abbandono di
quell'aspetto della dottrina della predestinazione, nel quale tale dot-
trina ~pare realmente come un annuncio, in cui si mescolano gioia
e paura, come un t6pos, che viene riservato di preferenza alla specu-
lazione teologica e vien tenuto lontano dalla predicazione.23 La que-
stione da risolvere qui quella di stabilire come si sia giunti a que-
sta visione, quale articolazione abbia ricevuto nella storia dei dogmi.
Nel capitolo sulla storia dei dogmi il problema fu toccato in diverse
occasioni.23 Nelle pagine seguenti non si tratta di indicare ancora
una volta, in una sintesi storicamente differenziata, lo sviluppo della
questione. ~ pi opportuno tratteggiare, in alcune righe, la sua ela-
borazione nella problematica dominante all'interno della teologia oc-
cidentale e la discussione ad essa riservata come un terminus ad quem
all'interno della teologia scolastica. Uno sguardo alla trattazione tra-
22 KD n/2, n s.
23 a. o. WEBER, Die Lebre von der Erwiihlung und die Verkiindigung: Die Pre-
digt von der Gnadenwahl, Theol. Exist. heute 28, Miinchen 1951, 9-12.
Z3a Cf. sopra pp. 57 ss. Alcune valide osserv12ioni critiche sui motivi che dominano
la formazione della dottrina della predestinazione nella storia della teologia, si tro-
vano in E. WoLF, Erwiihlungslehre und Priidestinationsproblem, in O. WEBER - E.
KRECK E. WoLF, 'Die predigt von der Gnadenwahl', in: Theol. Ex., 28, Miinchen
1951, 63-94. Wolf mette in rilievo (p. 88) tre modi di considerare la predestina-
zione: predestinazione come categoria esplicativa della storia della propria vita (qui
si deve prestare particolare attenzione alle Confessiones di Agostino), predestina-
zione come intelaiatura per la discussione dei problemi di natura e grazia, grazia e
opere, e predestinazione come designazione della strada tra praesumptio e desperatio.
DOTTRINA DELLA PREDESTINAZIONE
ricevuto la grazia a motivo delle buone opere da lui compiute. Invece egli
non pu compiere niente di buono, se non ha ricevuto la grazia tramite
la fede. 27
L'intera questione della scelta della grazia viene illustrata da Agostino sul-
la scorta della storia di Giacobbe ed Esa. Quando si dice dei due che il
pi vecchio deve servire il pi giovane, ci non risale affatto ad un me-
rito di Giacobbe. Da qui sorge per Agostino l'interrogativo: come pu
essere giusta una electio, se non esiste nessun genere di distinzione tra
coloro che vengono eletti? Se necessaria una distinzione, non dev'essere
fondata su di un merito?
Nella sua risposta Agostino nega ad ogni merito la capacit di motivare
l'elezione della grazia. Giacobbe non viene scelto per la sua fede.2' N la
previsione di opere buone n la previsione della fede pu essere il motivo
dell'elezione di grazia. Secondo la Scrittura quindi si deve mantener fede
ad una clectio. Ma il motivo di essa non pu trovarsi nell'uomo;l'l dev'es-
sere collocato esclusivamente in Dio. Il proposito di salvezza (proposi-
tum) di Dio non si basa su di una electio, ma l'electio invece che dipende
dal proposito di salvezza; ci significa che il proposito di giustificazione
(propositum iustificationis) permane non perch Dio trovi nell'uomo delle
opere buone, in base alle quali egli possa fare la sua scelta, ma perch il
proposito di salvezza continua ad operare per la giustificazione dei creden-
ti; per questo Dio trova le opere buone, che egli poi elegge al regno dei
cieli.30 Agostino sottolinea con coerenza l'assoluto primato della grazia
divina. Una vocazione di Dio non soltanto una offerta esteriore, ma
una grazia interiore che muove verso la fede. La successione delle fasi
la seguente: Dio ha piet dell'uomo per la prima volta proprio all'atto
della chiamata; poi ha compassione di lui quando d la fede al chiamato;
ha piet per la terza volta quando gli d la sua grazia; con la quale l'uo-
mo pu far del bene. Nella visione di Agostino la fede nello stesso
tempo opera dell'ispirazione della grazia ( vocatio) e della libera volont.
Ma non ci si pu raffigurare questo rapporto come se la libera volont
fosse soltanto insufficiente per la fede. In questo caso l'uomo non sareb-
be in grado di credere quando Dio gli nega la grazia. E, d'altro canto,
sarebbe inutile la compassione di Dio senza l'assenso della volont uma-
na. Una siffatta concezione viene respinta con fermezza da Agostino:
evidente che inutile il nostro volere se Dio non ha piet; mi per in-
comprensibile come si possa dire che Dio ha compassione inutilmente, se
noi non vogliamo. Se Dio infatti ha compassione, allora anche noi vo-
gliamo, perch il nostro volere una componente di questa compassio-
ne.31 La vocatio divina non soltanto una grazia interiore quindi; essa
una cffcctrix bonae voluntatis.32
fieri ( r Tim. 2,4), licet non omnes salventur. Quod autem quidam salvan-
tur, salvantis est donum: quod autem quidam pereunt, pereuntium est
meritum (Ds 623). L'affermazione che la volont salvifica di Dio si rife-
risce a tutti sta immediatamente accanto a quella che in realt non tutti
si salvano. Il motivo per cui alcuni non ottengono la salvezza sta in loro
stessi, perch si sottraggono colpevolmente a questa volont salvifica.
La speculazione teologica, finch si muove nell'ambito della Chiesa, rima-
ne in genere, pur con tutte le differenziazioni delle scuole, sul terreno di
questa fondamentale presa di posizione. Nello stesso tempo si sforza di
ottenere ulteriori precisazioni e distinzioni. x. A partire dallo scritto De
vocatione omnium gentium, composto presumibilmente da Prospero di
Aquitania verso il 450, viene tentata una precisazione e mediazione, di-
stinguendo tra grazia universale, che offerta a tutti, e grazia particola-
re, che viene ricevuta soltanto da quelli che arrivano realmente al tra-
guardo. Questa distinzione viene perfezionata pi tardi in un nuovo con-
testo, all'interno delle scuole teologiche, come indicano le controversie
sulla gratia mere et vere sufficiens e la gratia eflcax, espressioni che
ricevono una interpretazione diversa nei sistemi di grazia tra loro con-
trapposti.37 Ad ogni modo, un problema di queste controversie il se e
il come questi sistemi di grazia soddisfano l'affermazione della volont sal-
vifica universale di Dio. 2. Alcune spiegazioni restrittive permangono ab-
bastanza a lungo nella teologia, senza giungere per, nell'ambiente cat-
tolico, ad una disputa formale sulla volont salvifica universale di Dio, co-
me accaduto, ad esempio, nel sinodo riformato di Dordrecht ( 1618-
1619).31 A prescindere dal particolare problema della salvezza dei bam
bini che muoiono senza battesimo, si poneva anche per gli adulti l'inter-
rogativo: la grazia della fede viene offerta a tutti? Secondo Tommaso (S.
Th. 11-11, q. 10, a. 1) in alcuni questa offerta pu non esistere in quanto
punizione per il peccato originale. Questi uomini allora non verrebbero
condannati perch non credettero - essi non hanno ricevuto infatti la
grazia della fede - ma damnantur ... propter alia peccata, quae sine fide
remitti non possunt. Tale spiegazione restrittiva viene intensificata an-
cor di pi da alcuni tomisti nel xvn secolo,39 ma pi tardi viene abban-
donata sempre pi. Anche la questione della salvezza dei bambini che
muoiono senza battesimo sperimenta, con una crescente critica alla teoria
del limbo, una soluzione sempre pi positiva, la quale, dal canto suo,
collegata al superamento dell'estrinsecismo, nel problema del rapporto tra
natura e grazia, ed all'accentuazione dell'universale volont di salvezza di
Dio. 3. Come Agostino, i teologi posteriori si sforzano di spiegare r Tim.
2,4 in modo da riconciliare l'affermazione di questo testo con il fatto che
alcuni non raggiungono la salvezza.40 Oltre alle chiarificazioni date da
Agostino, acquista particolare importanza la distinzione tra voluntas an-
tecedens e consequens. Cf. al riguardo S. Th. r, q. r9, a. 6, ad 1. Come
dice Tommaso, nello stesso contesto, una tale voluntas antecedensi.
pi una velleitasi. che una absoluta voluntas. Rimane irrisolta la que-
stione di come si possa parlare allora di una seria volont salvifica uni-
versale di Dio.
.l9 Cf. E. ST1GLMAYR, Verstosrung und Gnade - Die Universalitiit der hinreichen
den Gnade und die strengen Thomisten des XVI. und XVII. ]h., Roma 1964.
40 I tentativi di spiegazione di t Tim. 2.4, d'altro canto, trovano un parallelo
nelle spiegazioni dei passi scritturistici, secondo i quali certi peccati non vengono
perdonati. Cf. J. AuER, op. cit., 46 s. e M. FucK - Z. ALSZl!GHY, op. cit., 257-26r.
Vengono citati i peccati contro lo Spirito santo (Mt. 12,31; Mc. 3,29; Le. 12,rn) e
i passi di Hebr. 6,.45s.; 10,26-31; ]o. _5,16 s.
GRAZIA COME ELEZIONE
41 Le tesi della teologia scolastica vengono sviluppate per esteso nei vari manua-
li. Per quanto segue noi teniamo davanti agli occhi le argomentazioni di A. STOLZ,
Antbropologia tbeologica, Freiburg i. Br. 1940, 140-170. Abbiamo esaminato la
dissertazione di F.J. CoUTo, Hof}nung in Unglauben, Paderborn 1973, dopo la ste-
sura de! nostro articolo; in essa viene discussa la questione della predestinazione
in Garrigou-Lagrange e L. Billot, in connessione col problema della volont sal-
vifica universale di Dio.
42 Una presentazione storica pi vasta, che qui non necessario dare, dovrebbe
arrivare, tra l'altro, fino al contributo dci padri, prima di Agostino; essi dovettero
metter al sicuro la libert della volont contro il determinismo e il fatalismo e
fanno poggiare quindi, in genere, la predestinazione nella prescienza. Cl. K.H.
SCHELKLE, 'Erwahlung und Freiheit im Romcrbrief nach der Auslegung dcr Vater',
in: TbQ 131 (1951) 17-31; 189-207. Per l'intero sviluppo della dottrina della pre-
destinazione di particolare importanza il collegamento tra dottrina della pre<.le-
stinazione e dottrina della provvidenza, quale viene effettuato, ad esempio, da Tom-
maso (cf. nota 20). Non da sottovalutare nello sviluppo successivo della dottrina
!'influsso di Duns Scoto soprattutto. Cf. W. PANNENBERG, Die Priidestinationslehre des
Duns Scotus im Zusammenbang der scbolastiscben Lebrentwicklung dargestellt,
FKDG 4, GOttingen 19H, e inoltre P. V1GNEAUX, Justification et prdestination
au XIV sicle, Paris r934.
DOTTRINA OELLA PREDESTINAZIONE 239
gnificare soltanto che Dio, senza pregiudizio per la sua volont salvi-
fica universale, non tutti chiama in realt alla salvezza e che egli pu
permettere che alcuni uomini non raggiungano, per colpa, la salvez-
za. La dannazione cosl sempre frutto di un fallimento colpevole,
per il quale l'uomo deve render conto. La tesi centrale viene ulterior-
mente precisata affermando che la predestinazione alla prima grazia
ha luogo senza riguardo per dei meriti umani. questa la forma defi-
nitiva che assume il risultato della controversia col semipelagianesimo.
D'altro canto, la dannazione positiva avviene in previsione del falli-
mento colpevole dell'uomo. La distinzione tra grazia efficace (gratia
efficax) e sufficiente (gratia sufficiens), sviluppata nella teologia sco-
lastica, trova in questa problematica il suo ambiente di vita. Al di l
di ogni controversia, viene assodato che tutti gli uomini hanno una
grazia sufficiente per la salvezza - senza quest'asserzione non sareb-
be possibile spiegare in che modo la dannazione sia conseguenza del-
la colpa umana - ; la grazia efficace invece in intimo rapporto con
la predestinazione alla vita eterna, che viene raggiunta da quell'uo-
mo nel quale viene evidenziata soprattutto la gratuit del donum
perseverantiae. Si esclude inoltre, rifiutando la fede fduciale dei ri-
formatori,44 che l'uomo possa avere, senza rivelazione speciale, una
certezza di fede nei riguardi della sua elezione.
Viene affermato all'unanimit, con valore di conclusioni teologi-
che,45 che anche la predestinazione in senso ampio, sia alla prima gra
zia che alla salvezza definitiva, ha luogo senza riguardo per dei meriti
dell'uomo, poich, se la prima grazia viene concessa senza merito
umano, l'intero processo di salvezza contraddistinto dalla grazia di
Dio liberamente offerta; si afferma inoltre che il numero degli eletti
e dei non-eletti stabilito dall'eternit. Stranamente alcuni teologi si
sono sentiti obbligati a riflettere anche sul numero degli eletti e dei
no della scientia media molinista; di fronte ad essa non appare del tut-
to ingiustificata l'invocazione di Baio: 0 Signore, preservaci dalla gra-
zia sufficiente!. Infine i molinisti chiedono in che modo venga mantenu-
ta la libert del volere, nel caso che la libera volont venga indirizzata da
una predeterminazione fisica (tale il carattere della gratia cfficax ).
ste di soluzione delle scuole tra loro in lotta non rischiarano questa
aporia, la aggravano anzi con difficolt supplementari. La teologia
deve oggi chiedersi se si debba ancora camminare sulla strada indi-
cata da Agostino o se non si imponga una rimeditazione di principio,
alla luce della rivelazione, la quale ponga gi l'interrogativo della
predestinazione in modo diverso. Il merito di un nuovo orientamen-
to della dottrina della predestinazione va in primo luogo, nella teo-
logia moderna, a Karl Barth. necessario quindi tracciare a grandi
linee uno schizzo del1'a sua concezione per perfezionare l'imposta-
zione del problema e poter tentare una nuova riflessione teologica su
una elezione della grazia divina alla luce della testimonianza della
rivelazione.
trovano degli elementi per una simile v1SJone del problema. E ovvio
che la teologia evangelica contemporanea si confronta, in primo luogo,
con la dottrina della predestinazione dei riformatori. Uno sguardo alla
letteratura corrispondente indica che la teologia cattolica non fa strada
con troppa facilit in questa questione molto complessa. Sarebbe servito
poco alla discussione se, nell'impostare questo problema, ci si fosse fer-
mati a delle posizioni conciliative, ad esempio al sinergismo di Melanto-
ne,59 alla concezione di Zwingli,60 il quale spiegava la predestinazione nel-
l'ambito di una generale visione della provvidenza, concepita in toni for-
temente filosofici, oppure alle argomentazioni dell'ortodossia luterana, che
sottolineano l'universale volont salvifica e la prescienza divina; questa
ultima posizione costituisce un certo parallelismo con quella molinista
della teologia cattolica.61 Anche la formula di concordia, in cui si parla
della predestinazione nella forma migliore tra gli scritti confessionali evan-
gelico-luterani, si trova su una linea di mezzo (BELK 816-822 e Solida
declaratio, 1063-1091 ). Questi tentativi di mediazione mostrano, per cer-
ti aspetti, una struttura simile alle discussioni sulla predestinazione nel-
l'odierna teologia cattolica e si sforzano, al pari di essa, di salvaguardare
l'universale volont salvifica di Dio e di evitare l'estremismo di una dop-
pia predestinazione; il dialogo con i rappresentanti di questo indirizzo
non porta oggi a dei reali progressi, perch essi partono, per lo pi, da-
gli stessi presupposti dei teologi cattolici.
Ma sarebbe pure insufficiente che la teologia cattolica odierna si accon-
tentasse di respingere, seguendo il Tridentino, la dottrina della predesti-
nazione del calvinismo. Il rifiuto della proposizione giansenistica: Se-
sottolinea la componente aprioristica nel pensiero di Lutero (d. pp. 55-88). Questa,
per Rost, non sta nell'idea dell'elezione della grazia, ma nell'idea della necessit
cli ogni evento. La predestinazione il culmine supremo della concezione di fondo
dell'attivit universale e personale di Dio. Questa include quella (p. 71 ). Cf. an-
che pp. 87, 103, e 177-180. La presentazione di Rost ha senz'altro il pregio di far
attenzione alla cronologia in Lutero.
68 K. ScHWARZWALLER, Das Gotteslob der angefochten Gemeinde, Neukirchen
1970, II.
llJ Cf. nota 68 e K. ScHWARZWALLER, Tbeologia crucis-Luthers Lehre von Pradesti-
nation nach De servo arbitrio, Miinchen 1970. Purtroppo assente in Schwarzwaller
una discussione critica con G. Rost.
"IO Dar Gotteslob, cit., 38.
71 a. H. BANDT, Luthers Lehre VOM verborgenen Gott, Berlin 1958, 134-179 e
soprattutto K. Sc:HwARZWALLER, Theologia crucis, 179-190. Schwarzwiller si oppone
ad una dialettica cli Deus absconditus-Deus revelatus, 111 quale o si spezza in un
dualismo, oppure si stabilizza unilateralmente a favore del Deus revelat11s. L 'abscon-
ditas Dei si contrappone alla praedicatio. Proprio per questo necessario concen-
trare lo sguardo sul Deus praedicatus = =
Christus crucifixus Evangelium ... Noi ap-
parteniamo solo a colui che ci salv. Egli sta sopra di noi, al di l delle nostre
possibilit cd esperienze. Egli rimane il Dio, presso il quale l'uomo pu soltanto
fallire. Anche nd nostro Signore e Salvatore egli non svelato del tutto; COIDf'
Deus praedicalus egli identico a quello in sua maiestate absconditun (p. 180). A
partire da questa posizione Schwarzwiller conduce anche la sua critica a Barth, 111
quale rinfaccia una metafisica teologica. Cf. Das Gotteslob, cit., 2cH5.
72 Cf. G . Rosr, op. cit., 100 ss., 178 ss. in contrapposizione con W. PANNENBERG,
'Der Einfluss der Anfechtungserfahrung auf den Pridestinationsbegriff Luthers', in:
KuD 3 (1957) 109-139 J. MoLTMANN, op. cii., richiama l'attenzione sul fatto che
in Lutero e Melantone la tentatio de indigni/ate, che si apre con la legge, e la
tenta/io de particularitate, che in relazione col vangelo, stanno sullo sfondo, men-
tre in Calvino la tentatio de infirmitate fidei occupa un posto centrale (p. _54). Per
Lutero e Melantone d. anche R. ScHAna, op. cit., (nota 59).
'DOWIUNA DELLA PREDESTINAZIONE 249
78
79
KD
KD
11/2,,1.
11/2, 43.
1A1 KD 11/2, 107.
DOTTRINA DELLA PREDESTINAZIONI! 25r
81 KD u/2, 108.
82 KD u/2, 63 s.
83 KD u/2, 101-157. Riassumendo: Noi abbiamo presentato riguardo all'elezio-
ne di Ges Cristo... due proposizioni. La prima : Ges Cristo il Dio che-
elegge. Questa frase risponde all'interrogativo sul soggetto dell'elezione eterna della
grazia. La seconda dice: Ges Cristo l'uomo eletto. Essa risponde alla domanda
sull'oggetto dell'eterna elezione della grazia (p. 158).
M KD 11/2, l1Il24.
35 KD n/2, 112 s., II5 ~. e altre.
86 Cf. la tesi: KD 11/2, 101: L'elezione della grazia l'eterno inizio di tutte le
GRAZIA COME ELE7.IONE
strade cd opere di Dio in Ges Cristo, nel quale Dio in libert di grazia determina
se stesso per l'uomo peccatore e l'uomo peccatore per s; prende quindi su di s
il rifiuto dell'uomo con tutte le conseguenze, cd elegge l'uomo a compartecipe della
sua gloria personale.
87 KD 11/2, 182.
88 Cf. la tesi: KD 11/2, 21,: L'elezione della grazia in qudllto elezione di Ges
Cristo , nello stesso tempo, l'elezione eterna dell'unica comunit di Dio; grazie alla
esistenza di essa Ges Cristo d testimonianza a tutto il mondo, tutto il mondo de-
ve venir chiamato alla fede in Ges Cris10. Questa unica comunit nella sua
figura di Israele deve servire a presentare il 11.iudiiio divino, nella sua figura di
Chiesa deve presentare la misericordia divina. Essa destinata all'ascolto, nella sua
figura d'Israele, alla fede nella promessa proclamata agli uomini, nella sua figura di
Chiesa. All'unica comunit eletta dara Il la sua figura transitoria, qui quella futura".
89 KD 11/2, 21,2~6; d. specialmente 233 ss.
DOTIRINA DELLA PREDESTINAZIONE 253
95 KD 11/2, 352.
96 KD 11/2, 352-355.
97 KD 11/2, 382.
98 KD 11/2, 386.
" KD 11/2, 38~.
100 KD 11/2, 388-391.
DOTTRINA DELLA PREDESTINAZIONE
255
100 Oltre a E. BUEss, op. cit. (nota 74), 46 ss. ed E. FR!F.DMANN, op. cii. (nota
74), 128, cf. anche H.U. v. BALnlASAR, Karl Bartb - Darstellung und Deutung seiner
Theologie, Olten r951, 186-201, 255-257.
1<11 Cf. H.-G. FRITZSCHE, Lebrbuch der Dogmatik Il, 202.
109 E. BRUNNER, op. cii., 337; anche in G. GLOEGE, op. cit. (nota 74), 214-217 ed
E. BuEss, op. cii., 48-6o, si trova una critica alle implicazioni cristologiche della
dottrina dell'elezione di Barth.
110 K. ScHWARZWALLER, Dar Gotteslob, cit., r9-30.
DOTTRINA DELLA PREDESTINAZIONE 257
2. Elaborazione sistematica
a. Premesse ermeneutiche
118 K. SCHWARZWiiLLER, op. cii., 205. In riferimento a Paolo (Rom. 911) C11.
MiiLLER, op. cii., 79, osserva: Il determinismo non pu esprimere n il perma-
nente creare di Dio n la responsabilit dell'uomo, mentre l'indeterminismo non
presta attenzione all'attiva operativi1 di Dio. Ci che viene isolalo dai due con
cetti, strettamente collegato in Paolo: Dio opera di continuo nel Verbo una nuo-
va elezione e un nuovo rifiuto dell'uomo, cosl come l'uomo responsabile nell'ac-
cettare o nel rigettare lo stesso Verbo.
11 9 Cf. la critica di E. BRUNNER, Die chrislliche Lehre von Gol/, 339 s'. e O.
WEBER, Grundlagen der Dogmalik 11, 514 ss.
ELABORAZIONI! SISTEMATICA
37 so1tolinea, per l'aspetto ermeneutico, il carauerc iscorsivo lii Rom. 9TI. Il te-
sto non pu venir direttamente obiettivato in affel'mazione.
131 O. WEBER, op. cii., '04.
1l2Tradotto cosl da O. WEDER, 'Die Lehrc von <lcr Erwahlung und clic Verkiin-
digung', in: O. WEBER - W. KRECK - E. WoLF, Die Predigl von der Gna
denwahl, 9.
266 GRAZIA COME ELEZIONE
to, che appartiene a Jahwe. Dio ha destinato Israele a ci, e senza ragio
ne. L'elezione dovuta soltanto all'amore e alla fedelt di Dio.143
Al termine neotestamentario di x'.ytcrila.L corrisponde nell'AT, come
termine tecnico, 'bachar'. 14-l Nel Dt-Is vengono spesso usati, l'uno accan-
to all'altro, 'bachir' (eletti) e 'ebed' (servo). Come 'bachar' in quanto
termine teologico una creazione deuteronomistica, cosl 'bachir' sembra
appartenere al Deutero-Isaia.m Nell'uso religioso di 'bachar', secondo
Vriesen, l'accento viene posto sulla grazia come motivo dell'elezione:
.. .l'uomo, in quest0 caso il popolo d'Israele, nell'AT non ha nei con-
fronti di Dio alcun valore proprio, per amore del quale Dio lo avrebbe
eletto. 146 Concetti affini sono 'iada' (riconoscere), 'hibdil') (separare),
'qara' (chiamare: cf. specialmente Is 41,9), 'lakach' (prendere: cf. Ex.
6,7 e altrove).
In quanto l'elezione di Israele ad opera di Jahwe trova un corrispon-
dente nell'elezione di Jahwe da parte di Israele, si pu parlare di una
certa correlazione; 147 si tratta per, nel secondo membro, di una affer-
mazione limitata. 148 Il soggetto vero e proprio dell'elezione Jahwe e
quando questo atto di scelta riguarda, in occasioni diverse, delle per-
sone singole (patriarchi, Mos: Ps. 106,23, David: Ps. 78,70), o l'ele-
zione al sacerdozio o soprattutto quella del re - che viene insediato da
uomini, ma scelto da Jahwe - , 149 quest'elezione di individui singoli de-
v'essere vista nel contesto dell'elezione della comunit.1so Per Quell la
base originaria dell'elezione sta nel riconoscere il particolare, irrinun-
ciabile ed irrepetibile contenuto ideale della storia del popolo di Jahwe
tra i popoli. 151
op,~etto di controversia la misura in cui l'elezione sia elezione al ser-
vizio.m L'idea per parte essenziale dell'elezione, in quanto Israele,
141 Compendio in TH. VRIESEN, Die Erwiihlung lsraels nach dem Allen Teslamenl,
Ziirich 1963, 6r.
144 Cf. TH. VRIESEN, op. cii., 36-4r; G. QuELL, 'tx)..iyoa~', (AT), in: ThW IV, 153.
145 Tt VRtf.SF.N, op. cii., 49.
146 TH. VRtESEN, op. rii., 41 s.
147 TH. VRIESEN, op. cii., 20.
148 G. QuELL, op. cii., 49.
149 Tn. VRIF.SEN, op. cii., 45-50; G. Qur.LL, op. cii., 156-163; K. KocH, 'Zur Ges-
chichte der Erwahlungsvorstellung in Israel', in: ZAW 67 (1955), 205-226.
ISO G. QuELL, op. cii., 158. Le affermazioni sull'elezione del re sono per QurLL
(op. cit., 159) il primo tentativo di una fissazione concettuale della fede ndl'elezione
del popolo.
1s1 G. Qur.LL, op. cii., 164.
152 Il fatto che l'elezione sia elezione ad un compito viene accentuato anzitutto
da TH. VRIESE:-! (op. cii., 34, 41, 53, 109 ss.) e da H.H. RowLF.Y, The Biblical Doctri
ne of Election, London 1950, 41, 44, 52, 95, 97. Lo criticano K. KOCH, op. cii.,
220 e P. ALTMANN, Erwiihlungrlheologie und Universalmus im Allen Testamenf,
BZAW 92, Berlin 1964, 18.
GRAZIA COME ELEZIONE
153 Cf. G. KoCH, op. cit. (nota 149) e P. ALTMANN, op. cii.
154 P. ALTMANN, op. cit., 30 s.
1ss P. ALTMANN, op. cit., 14-17 (critica a Vriesen).
L'6 Cf. P. AL'l'MANN, op. cit., 21-25; G. QuELL, op. cit., 166 s.
157 TH. VRIESEN, op. cit., 108.
1S8 TH. VRIESEN, op. cit., 98-108; cf. anche F. RESSE, Das Verstockungsproblem im
AT, Berlin 1955 Per il NT vedi J. GNILKA, Dic Verstockung lsrael. ls 6,9-10 in
der Theologic der Synoptiker, SANT 3, Miinchen 1961.
ELABORAZIONE SISTEMATICA 271
ll9 Cf. G. ScttRENK, op. cit., in: ThW IV, r97; J. MUNCK, Cbristus emd Israel -
Eine Auslegung van R.iim 9-11, Kopenhagen 1956, p. 37.
160 Cf. nota 134 s.
GRAZIA COME ELEZIOl>E
di Dio nella sua scelta e che egli libero nel suo amore. Nella
consapevolezza della sua elezione eterna tolto alla comunit, ed
anche al singolo, ogni motivo di desperatio. Ma soltanto sentendosi
anche sotto l'ombra del rifiuto divino, essa pu sfuggire alla prae-
sumptio, che inconciliabile col riconoscimento della divina elezio-
ne di grazia.
Una elezione della grazia divina pone senz'ahro l'uomo di fronte al-
la sua responsabilit. 165
in Eph. 1,5 con la formula xa:toc 't']v EOoxlav 't'OV l)E.i'}a't'o ct.'t'OV e
in Eph. 1,11b con l'espressione Xct.'t'OC 't'TJV ~ov.Jv 't'OV llE.i'}a't'o C1.'t'ov
Nei testi citati piano salvifico, elezione, chiamata, previsione, predeter-
minazione, stanno senz'altro in un rapporto reale, la cui unit interna
costituita dall'evento Cristo. Solo con difficolt si riescono a distinguere
delle sfumature tra i singoli concetti. 175 A partire da questi dati le-
gittimo anche per la teologia considerare e trattare elezione e predesti-
nazione come un unico tema.
m Per tali sfumature cf. H.M. DION, op. cit., 23-27 (Elezione riferita piuttosto a
volont/amore, predestinazione pi a saggezza, che ordina ed integra nell'ampia
prothesis); U. Luz, op. cit., 253 (in riferimento a Rom. 8,28 ss.): IlpoopLl;w e 7tpoy~
yvwcrxw si possono distinguere a malapena: 1tpoy~yvWo"xw dovrebbe indicare piut-
tosto un amoroso intervenire in anticipo di Dio, la sua elezione, mentre 1tpoopll;w
fa pensare pi alla predeterminazione, ad uno specifico compito storico nel piano
salvifico di Dio. Ka:Mw indica la chiamata creatrice di Dio, per mezzo della quale
egli partecipa alla propria creatura la sua opera di elezione ... . Cf. anche K.L.
ScHMIDT, 6pll;w ecc., ThW v, 453-457.
116 U. Luz, op. cit., 253 s.
ELABORAZIONE SISTEMATICA 277
tempo, che Ges sceglie proprio questo a nostro favore, nehla libe-
ra ed amorosa ubbidienza al Padre. In tal senso noi siamo eletti
per mezzo di Ges, ma quest'elezione strutturata dal rapporto di
missione tra Ges e il Padre e quindi dall'ubbidienza di Ges nei
confronti del Padre. Il mistero della predestinazione non nient'al-
tro che il mistero della croce, il quale non pu venir approfondito
di pi; davanti ad esso perci, come ha ben visto Lutero,182 si deve
decidere la controversia della predestinazione.
elezione della grazia di Dio; per opera della Chiesa deve venir ma-
nifestata lia multiforme sapienza di Dio (Eph. 3,10), che fin nel-
l'intimo saggezza della croce (1 Cor. 1,17-31; 2,7 ss.).
vede in questi capitoli, attorno a Dio, alla sua giust1z1a, alla sua magni-
ficenz.t e al suo futuro. In Rom. 9,6-29 il pensiero di Paolo teocentrico,
informato dall'idea della divinit di Dio di provenienza veterotestamen-
taria (problema: cos' pi reale, la realt storica o la fede?): 191 Dio man-
tiene la sua parola, ma in modo da restare Dio in tutta la sua sovra-
nit. L'uomo pu riflettere su Dio solo perch Dio si rivolto a lui. In
Rom. 9,30 - 10,21 segue un secondo ragionamento, connesso al primo;
Paolo mostra la distinzione tra l'aspirazione alla giustizia della legge e
l'ascolto della giustizia della fede. Rom. 11 ,1-10 riassume la situazione e
in TI, II ss. viene indicato come l'azione di Dio si svolga tra le quinte.
Dietro il giudizio si nasconde, contro tutte le apparenze, la graz;a di
Dio. I cristiani provenienti dal paganesimo non possono per mai affer-
rare questa grazia come possesso sicuro. In 11 ,25 ss. segue l'annuncio
della grazia in Israele, fondata sull'evento Cristo, in una concreta espo-
sizione della divinit del Dio che si rivela in Cristo come Dio della
grnzia. 192 Ch. Mi.iller, nel suo commento, sottolinea la connessione tra
Rom. 9-n e i primi otto capitoli della lettera ai Romani. Tale connes-
sione data dal tema della giustificazione. In sintesi: Paolo risponde
con la predestinazione alla domanda sulla giustizia di Dio, che sorge
parlando della predestinazione. 193 Non un circolo vizioso perch la
predestinazione viene resa nota dal concreto agire della rivelazione, per-
ch l'azione di Dio viene legittimata dal traguardo escatologico e perch
la giustizia del creatore esige un riconoscimento. Il significato di Rom.
9- r 1 per la dottrina della giustificazione consiste nel liberare il tema
della giustificazione da una riduzione individualistica. 194 L'interrogativo se
in Dio ci sia ingiustizia (Rom. 9,14) non in Paolo una formulazione
del problema della teodicea, ma una domanda che smge in occasione
della libera elezione e rifiuto del creatore.'95 L'evento Cristo, interpreta-
to come lfotaLovrrovri &Eou, l'ultima risposta all'obiezione della COLxla.
La dottrina della predestinazione-creazione rende credibile che la prete-
sa di giustizia di Dio non sia un'usurpazione: la creazione fonda la
giustizia. 196 Queste connessioni devono ricevere la dovuta attenzione quan-
do, qui di seguito, viene esaminato in modo schematico Rom. 9-n sul
tema della predestinazione.
Doro una drammatica introduzione personale (Rom. 9,1-5), nella quale
Paolo enumera i diversi titoli onorifici di Israele, a dimostrazione della
mo ha l'identica libert del vasaio di fronte alla sua opera (9,20 s.). Il
punto decisivo del paragone sta nel rapporto del vasaio con i suoi ma-
nufatti. Non si tratta di una argomentazione teoretica, ma di un argu-
mentum ad hominem, che abbatte ogni obiezione. Paolo vuol indicare
che l'uomo in grado di riflettere e di rivendicare dei diritti di fronte a
Dio, gi da sempre stato da lui rivendicato e perci non pu rico-
prire alcuna posizione propria di fronte a Dio.203 Per l'uomo non sta
davanti ad un Dio sconosciuto, che gli impone silenzio, e neppure viene
esonerato dalla sua responsabilit.
In Rom. 9,22 s. si parla della doppia azione di Dio verso i vasi d'ira,
che rivelano il giudizio di Dio, e verso i vasi della misericordia, nei
quali si manifesta la sua piet. Sullo sfondo della formulazione sta l'idea
di una doppia predestinazione.204 Ma quest'idea un presupposto, non
il tema del discorso. iNon si pu affermare che esistono vasi dell'ira e
vasi della misericordia.205 Barth dal canto suo sottolinea che lo scopo
dell'agire divino non consiste nel far esistere dei vasi della misericordia,
ma nel rivelare per mezzo di essi la ricchezza dello splendore divino. E
allo stesso modo per i vasi dell'ira si dice che Dio li ha sopportati con
molta pazienza. Nel quadro della sua sistematica Barth conclude: Non
soltanto ha concesso ad essi il loro tempo e, a loro tempo, la vita. Non
soltanto ha atteso, anche se inutilmente, la loro penitenza e conversione.
Ha fatto anche questo. Ma ha fatto di pi: volendoli ed usandoli come
'vasi dell'ira', li ha praticamente portati, presi con s, inseriti nella te-
leologia del suo volere e del suo cammino misericordioso.206 Qui ci si
deve chiedere ancora, criticamente, se la sistematicit non venga troppo
stimolata alla luce di Rom. 9,31 s. Proprio quando si vede che le affer-
mazioni predestinaziane accentuano la divinit di Dio nel suo agire sto-
rico e non sono una determinazione dell'uomo,207 si riuscir meglio ad
evitare una placida siistemarizzazione. Questo vale ancor di pi nella
direzione inversa. Paolo non d una risposta all'interrogativo sull'agire
pre-temporale di Dio, non d una spiegazione n del rapporto tra giu-
dizio nella storia e giudizio escatologico, n della relazione tra agire pre-
destinato e responsabilit umana. Noi vorremmo approvare Luz, quan-
do afferma: Come Paolo avrebbe affrontato tale questione lo indica, ad
esempio, Phil. 2,12. Qui Paolo contrappone l'una all'altra due afferma-
215 Cf. U. Luz, op. cii., 393; Ctt. MiiLLER, op. cii., 46.
216 U. Luz, op. cii., 277.
217 Cf. J. MuNCK, op. cii., 100-ro2; egli intende !'insieme dci pagani nel senso
del giungere a termine della predicazione del vangelo ai pagani. U. Luz, op. cii.,
291 parla a favore dell'indeterminatezza del concetto. Ilii<, 1apmi).. si riferisce piut-
tosto ad Israele come collettivo, ma anche cosl rimane no1evole il peso dell'afferma-
zione: Paolo stesso, con propria responsabilit teologica, formula, con l'importanza
di un mistero, un'affermazione sul futuro, in base alla quale Israele arriver alla
salvezza (U. Luz, op. cii., 292). Cf. anche 01. MiiLLER, op. cii., 100.
219 K. Burn, KD n/2, 330 s.
286 GRAZIA COME ELEZIONE
eletto in forza delle promesse fatte ai padri. 219 Il principio di fondo del-
1'elezione sta nella fedelt continua di Dio alla sua promessa di grazia
(II ,29 ). I versetti II ,30 ss. compendiano la dialettica disubbidienza-ubbi-
dienza entro la parentesi della misericordia divina. Poich come una volta
voi siete stati disubbidienti verso Dio, ma ora avete ottenuto misericordia
in seguito alla disubbidienza di questi, cosl anche questi ora sono divenu-
ti disubbidienti, affinch anch'essi, in seguito alla misericordia verso di
voi, ottengano misericordia. Dio infatti ha allontanato tutti nella disub-
bidienza, per dimostrare a tutti misericordia.m L'ultima parola riguardo
all'azione di Dio in Ges Cristo, nella quale egli conduce giudei e pagani
alla salvezza, la parola della misericordia. Quando Paolo in Rom. rr,33-
36 esalta la profondit della sapienza e della scienza di Dio, non si tratta
della lode di un Dio, che con un decretum absolutum elegge gli un e non
elegge gli altri, ma della lode del Dio, che nella sua misericordia e grazia
rimane libero ed imperscrutabile. Come dappertutto all'inizio sta la di-
subbidienza umana, cosl dappertutto alla fine sta la misericordia divina:
ovunque, per tutti, cio per 'tutto Israele', in tutta l'ampiezza dell'ele-
zione del Dio, la cui maest consiste nell'essere il misericordioso.221
L'esame del testo rende evidente che non lecito interpretare Rom.
9- r r nel senso della dottrina successiva di una doppia predestina-
zione. Non si tratta di un decretum absolutum, precedente il con-
creto piano salvifico di Dio, in base al quale alcuni vengono elietti,
altri no, e neppure ci si riferisce primariamente, nella riflessione, al
destino di singoli individui (anche le singole figure: il faraone, Gia-
cobbe, Esa, ecc. si muovono in un impulso collettivo).222 Non si
ricerca in primo luogo l:a designazione degli eletti, ma si parla della
divinit di Dio nella sua azione predestinante. Rimane aperta anche
la questione del rapporto fra giudizio temporale ed eterno. Allo stes-
so modo, da Rom. 9-r r non pu venir derivata neppure una dottri-
na dell'apokatastasis. 223
219 a. KD n/2, 333 s.
ZIO CH. MiiLLER, op. cit., 107 sottolinea il collegamento con la dottrina della giu-
stifica2ione: Includendo sia Israele che i pagani nella disubbidie02a, Dio li porta
sotto la sua misericordia. La salvezza sola-gratia di Israele rifiutato ha dunque l'iden-
tica struttura dell'attuale giustifica2ione dei pagani (d. 9,3 con 11,23.26). L'univer-
sale popolo di Dio vive sola fide I sola gratia e sta perci nella dialettica tra giudi-
zio e gruia.
Z21 K. BARTH, KD 11/2, 336.
222 Questo sottolinea particolarmente J. MUNCK, op. cit., 36,40.
223 Si dicono contrari CH. MiiLLER, op. cit., 48; U. Luz, op. cit., 299; J. MUNCK,
op. cit., 102.
ELABORAZIONE SISTEMAnCA
224a. anche E. SCHLINK, 'Der theologische Syllogismus als Problem der Priidesti-
nationslehre', in: Einsicht und Glaube, Freiburg i.Br. 1962, 309 s.
m Cf. U. Luz, op. cit., 27 s., 269 ss. (concetto di Israele cllllerenziato in Rom.
9-II); O!. Mi.iLLER, op. cit., 9"93 (doppio concetto di Israele}.
Z1b U!. Mi.iLLER, op. cit., 99 s.
288 GRAZIA COME ELEZIONE
e. Elezione e speranza
tiae si deve vedere su questo piano. Non altro che l'uitoovi), colle-
gata con la speranza e basata sulla fedelt di Dio alle sue promesse;
essa sa che Dio porter a termine l'opera buona da lui iniziata (Phil.
r,6). La certezza dell'elezione sotto forma di certezza ddla speranza
pu dichiarare: lo sono sicuro infatti che n la morte n la vita,
n gli angeli n i principati, n il presente n il futuro, n le potenze,
n cose alte o profonde, n alcun'altra creatura ci potranno separare
dall'amore di Dio che ci giunge nel Cristo Ges, nostro Signore
(Rom. 8,38 s.).
A partire da qui si apre ~'unica via per cui si pu pensare in ter-
mini cristiani alla salvezza eterna degli altri. L'essere o il non esse-
re eletti degli altri non qualcosa di accessibile alla speculazione. Ma
oggetto della speranza, che si deve considerare come speranza uni-
versale, se crede all'elezione della grazia di Dio in Ges Cristo. Co-
me viene attualizzata questa speranza? Essa si attualizza nella parola
della predicazione, che annuncia l'elezione della grazia di Dio come
lieta novella a tutti gli uomini. Se si realizzata in noi, tramite il
vangelo, l'elezione di Dio, noi dobbiamo porci al servizio dell'elezio-
ne divina, proprio testimoniando lo stesso vangelo ... Alla nostra do-
manda sul numero degli uomini eletti da Dio, egli risponde con l'in-
carico di annunciare a tutti gli uomini il vangelm>. 229 Essa si attualiz-
za nell'esistere-per, nell'esistere a favore degli altri, cosl come Ges
Cristo esiste per noi 230 e come Paolo esiste per il suo popolo, che
non crede in Cristo (Rom. 9,1-5 ). Si attualizza infine nella preghie-
ra,131 che come preghiera del!la speranza una preghiera universale.
L'universalit della preghiera corrisponde all'universalit della volon-
t salvifica di Dio ed all'universalit della speranza cristiana. L'ulti-
ma parolia nella questione dell'elezione della grazia di Dio : sola
gratia -solus Christus. Questa parola viene detta al cristiano in modo
che egli pu dirla anche agli altri e pu testimoniarla nella sua esi-
stenza per gli altri. In tal senso egli assunto al servizio dell'elezio-
ne divina. Egli pu compiere questo servizio con gratitudine soltanto
riconoscendo, nella preghiera di lode, il mistero dell'elezione dellia
grazia di Dio, della cui profondit si dice: Quanto impenetrabili
sono i suoi decreti e inesplorabili le sue vie! (Rom. u,33). Non
per un mistero oscuro che qui viene lodato, ma il mistero dell'a-
more di Dio, che in Ges Cristo si pronunciato in forma irrevocabi-
le a favore degli uomini. Di fronte a questo mistero si pu dichia-
rare soltanto: Chi Io ha prevenuto con i suoi doni, da aver diritto
al contraccambio? In realt tutto viene da lui, avviene grazie a lui e
per lui: a lui sia la gloria in eterno. Amen! (Rom. II,35 s.).
MAGNUS LOHRER
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294 BIBLIOGRAFIA
mani generis (cf. ns 3891); 9 egli potr misurare cos quanto si sia
gi estraniato anche per lui il termine grazia - l' equivalente cat-
tolicm> di giustificazione.
Cos come nel caso della dottrina della predestinazione,1 noi non
possiamo sfuggire a questa rete di riferimenti storici e di aporie at-
tuali. Non possiamo e non lecito occuparsi di una teologia che vada
al di l della situazione storica. La testimonianza della Scrittura ci
costringe a questo in forma ancora pi persistente che nella dottrina
della predestinazione stessa. Ora, per sbrogliare un po' i fili e i nodi
della rete, utile prima di scendere nei dettagli esaminare anzitutto il
luogo e la funzione della dottrina della giustificazione nella teologia
e nell'esistenza di fede, sia dal punto di vista storico che oggettivo.
a. La tradizione scolastica
9 Gi classici sul tema sono i due articoli di K. RAHNER, 'Rapporto tra natura
e grazia' e 'Natura e grazia', in Saggi di antropologia soprannaturale, Roma 1965,
43-77; 79122. Sintesi in H. MiiHLEN, 'Die Gnadenlehre', in: H. VORGRIMLER - R.
VANDER GuCHT (a cura), Bilanz der Tbeologie im 20. Jabrhundert 11, Freiburg/Br.
1970, 198-192 (tr. it. Bilancio della teologia dr:/ XX secolo, Citt Nuova, Roma);
d. anche Mysterium salutis n/2, 194-196.
IO Cf. pi sopra, pp. 229-245.
l>OTTRINA DELLA GIUSTIFICAZIONE 299
22 Cf. M.D. CHENU, op. cit., 336-343; A. GRILLMEIER, 'Vom Symbolum zur Sum-
ma. Zum theologicgeschichtlicben Vcrhalmis von Patristik und Scholastik, in: J.
BETz - H. Farns (a cura, Kirche und Oberlie/erung, Freiburg/Br. 196o, 119-169;
e Mysterillm Sa/utis 1/2, 5n-6o8, specialmente 581-608.
23 questa l'unanime obiezione della ricerca della teologia luterana rivolta al1a
scolastica e particolarmente a Tommaso; citazioni in H.O. PESCH, op. cii., 607 s.
nota 2, 876 nota 42 s. Soltanto nell'ultimo decennio la ricerca luterana, sotto la
pressione di una pi esatta conoscenza della teologia e dell'indagine medioevale si
fa meno sicura al riguardo.
24 Sono questo aspetto una linea retta porta dai Loci communes rerum theolo-
gicarum di MELANTOl'IE e dall'Instituctio reli[!,io1tis Cbristianae di CALVINO, passan-
do sopra le opere dell'ortodossia luterana, alle opere sistematico-teologiche di K.
Barth, E. Brunner, P. Althaus, H. Thielicke ed altri.
302 GRAZIA DI DIO COME GIUSTIFICAZIONE
cazione nel XVI secolo pot diventare all'improvviso l' articulus stan-
tis et cadentis ecclesiae necessario un breve sguardo a Paolo.25
27 Per integrare l'esposizione vedi Mysterium Salutis 1/2, 380-403; cf. G. EBE
LING, ]esus und Glaube 1, Tilbingen 21962, 203-254 (Bibl.).
GRAZIA DI DIO COME GIUSTll'lCAZIOl':E
30 Pp. 40 ss.
GRAZIA DI DIO COME GIUSTIFICAZIONE
Ja t la tesi di fondo del libro di P. HACKER, Das Ich im Glauben bei Martin
Luther, Gru 1966; d. la nosta critica al riguardo in ThRv 64 ( 1968) 51-56 e il
nostro studio citato nella nota 32.
i 9 WA 39 1/205,2 (Disputation, 1937).
40 Cf. pi sopra, pp. 153-168.
GRAZIA DI DIO COME GIUSTIFICAZIONE
41 Cf. spec. ns 1500, r510, r520, 1542, 1570, 1579, 1,583, 1600, 1667, 1686-1688,
1715, 1763-1778, 1835.
42 Cf. spec. DS 1533-1539, 154,5-1549, 1562, 1568-1577, 1582.
43 Di conseguenza quando io accentuo con tanta forza la fede e rigetto delle
opere non di fede, essi mi accusano di bandire le buone opere, bench io voglia
insegnare ben volentieri le vere opere buone della fede (\\7 A 6/205, II: Sermon
von der guten Werken, 1520); cf_ anche WA 10 I 1/410,14; 56/233, 20; 268,7; e
Augsburgische Kon/ession, 20 (BSLK 75, 13): ! falso attribuire ai nostri insegna-
menti la proibizione delle opere buone.
44 ! esemplare al riguardo il libro di G. 1faron citato alla nota 7; cf. spec.
261-266.
45 Cf. le ricerche di A. HAsLER, Luther in der katholischen Dogmatik (v'edi nota
4), 77 s., 85 s., 96, 98.
AZIONE GIUSTIFICANTE DI DIO
so Per una letteratura monografica cf. O.H. PESCH, Theologie der Rechtferti11.un11.
(v. nota 2), 124 nota 3, 554 nota 2; sono da aggiungere ora: B.A. W1LLEMS, Er/0-
sung in Kirche und Welt, QD 35, Freiburg/Br. 1967, e H. KESSLER, Die theolo-
gische Bedeutung des Todes ]esu. Eine traditionsgeschichtliche Untersuchun11., Diis-
seldorf 1970. Sull'argomento cf. M)sterium Salutis m/2.
GIUSTIFICAZIONE, EVF.NTO PER L'UOMO
~ Cf. Mysterium Salutis 1/2, 547-550; inoltre O.H. PESCH, op. cit., 606-628; si
va a finire nella diffidenza, rilevata alla nota 23, della teologia evangelica nei con-
fronti della scolastica.
ro Cf. S. Th. 1, q. 91, a. 1 con Hl, q. 113, a. 1.
61 Testi e bibliografia in 0.H. P!!SCH, op. cit., 210-285.
GIUSTIFICAZIONE, EVENTO PER L'UOMO
a. Libert
und Freiheitslehre bei Thomas von Aquin und Luther', in: Cath. 17 (1963) 197-
244; ID., Tbeol. der Rechtfertigung, 106-109, 377-38:2; e l'ampia monografia di
H.J. McSoRLEY, Luthers Lehre vom unfreien Willen nach seiner Hauptschrift De,
servo arbitrio im Lichte der biblischen und kirchlichen Tradition, Beitrage zur
i:ikumcnischcn Thcologic,. 1, Miinchen 1967.
78 WA 18/638, 5; 672, 8; 752, 7; 781, 8 (De servo arbitrio, 1525).
79 Cf. i richiami in O.H. PEsCH, Freiheitsbegrilf und Freiheitslehre, 236 s. nota 123;
Theol. der Rechtfertigung, 862 s. nota 32.
80 Cf. pi sopra, pp. 100, 129.
GIUSTIFICAZIONE, EVENTO DENTRO L'UOMO
cli Lutero. Cf. soprattutto la grande monografia cli E.-W. KoHLS, Die Theo/ogie der
Erasmus, 2 voli., Basel 1966.
'T1 Cf. O.H. PESCH, Freiheilrbegrifj und Freiheits/ehre, cit., 202-207, e i lavori
di L. Oeing-Hanhoff e H. Krings, ai quali Il si rimanda; inoltre di recente il ri-
cordato lavoro di K. RrESENHUBF.R, Die Transzendenz der Freiheit wm Gutc11.
9'! Pars pro loto, ci si rifaccia ai saggi di K. RAllNER sul problema della libert
in Scbri/ten li, 247-277 (tr. it.: Sag11.i di 1111/ropo/ogia soprannaltiralc, Ed. Paoline,
Roma 395-441); VI, 215-237, vm, 260-285; G. SrF.WERTll - G. RrcHTER - J.B.
METz. 'Libert' in DzT li, 174-202; J. SPLETT, Der Menscb in sei11er Freiheil,
Mainz 1967.
GIUSTIFICAZIOl'>F., F.VENTO DENTRO L'UOMO
99 Questa una delle bandiere rosse negli sforzi della teologia contemporanea
per una nuova e pi proficua comprensione dcl peccato originale; d. M)'sterium Sa
lutis 11/2, 6.n-719.
GRAZIA Dl DIO C:O:\U\ GIUSTI!'ICAZIONE
330
b. Sola fide
aa. Solus Christus - perci sola fide. Vista dalla sua causa piu re-
mota la sola fide sta ad indicare l'esclusione di ogni opera e di ogni
prestazione specifica dell'uomo dalla preparazione e dal compimen-
to della sua giustificazione per mano divina. Lutero rende sicura la
tesi con due affermazioni pi ampie; la fede stessa non un'opera
- neppure l'opera dcl primo comandamento, bensl il compimento
di esso - ; essa piuttosto sarebbe prodotta interamente da Dio, da
Cristo, dallo Spirito, dalla Parola di Dio nella forza dello Spirito.
Lutero intraprende il compito che si posto, di determinare cio il
rapporto tra fede e opere, inculcando anzitutto, in forma radicale, il
rapporto causa-effetto: fede e giustizia di fede precedono le opere
buone come l'albero viene prima dci frutti, non viceversa; le opere
sono perci affatto escluse dalla fede, nel senso di pensare ad esem-
pio ad un completamento della fede per ottenere il suo effetto sal-
vifico. Esse sono per la conseguenza necessaria ed adeguata della
fede, se vera fede. Se la fede non esiste senza tutte le opere, anche
110 Letteratura ed esposizione dei fatti in O.H. PEscH, op. cit., 719-747, spec.
735-737.
111 Cf. K. RAHNER, 'Fragen der Kontroverstheologie iiber die Rechtfertigung (Bes-
prechung von Kiing, Rechtfertigung)', in: Scbriften, IV, 237-271, qui 253 (tr. it.
in Saggi di antropologia soprannaturale, Ed. Paoline, Roma, 339-393).
C!UST!FICAZIONE, EVENTO DENTRO L'UOMO
335
112 Cf. pi sotto, p. 352; cf. anche OR. PESOI, 'Existentielle und sapientiale
Theologie. Hermeneutische Erwiigungen zur systematischthe0logischen Konfronta
tion zwischen Luther und Thomas von Aquin', in ThLZ 92 (1967) 731-742, qui 737 s.
113 Ulteriori prove in O.H. PESCH, Theol. der Rechtfertigung, 187-193, 335. Cf.
anche pi sopra, p. 306.
GRAZIA DI DIO r.O~E GIUSTIFICAZI01'l'
cc. Sola fide numquam sola. Solo per mezzo di una fede che non
mai sola; in tale formula ha espresso una volta Paul Althaus la
genuina dottrina di Lutero sulla fede giustificante. 122 La formula
come un'abbreviazione della duplice tesi pregnante di Lutero, da noi
gi citata.123 E Rudolf Hermann ha espresso il dato con non minore
esattezza: Egli (Lutero) ha inteso lottare non contro le opere ... Ma
contro la presentabilit delle opere di fronte a Dio. 124 Siffatte for-
mulazioni possono guidare le nostre riflessioni.
Anzitutto sono giustamente rimosse una buona volta delle inter-
pretazioni del rapporto di fede e giustificazione, le quali, partendo
da una forte preoccupazione per la - reale! - passivit dell'uomo
nell'evento della giustificazione, disgiungono la fede dal contesto del-
la vita umana e la volatilizzano in una grandezza mistica, proprio co-
me, a giudizio degli evangelici, hanno tentato di fare alcuni catto-
122 P. ALTHAUS, 'Sola fide numquam sola. Glaube und Werke in ihrer Bedeu-
tung fiir das Heil bei Martin Luther', Una Sane/a 16 (1961), 227-235.
12) a. pi sopra p. 333 (nota rn4).
124 R. HERMANN, 'Willensfrciheit und gute Werke im Sinne der Reformation'. in:
Gesammelte Studien zur Theologie Luthers und der Re/ormation, GOttingen 1960,
44-76, qui 64. Osservazioni simili in O.I-I. PESCH, Theol. der Rechtfertig1111g, 309
nota n8.
GIUSTIFICAZIONI:'., EVl:'.NTO DENTRO L'UOMO
339
JJO Cf. K. RAHNER, Schrfte11 IV, 313-3_56 (tr. it. in Saggi rni sacrallll'IJ/i e rn//11
escalologa, Ed. Paoline, Roma 109-172); L. ScHEFFCZYK. Von da lfr!smacbl des
Wor/es. Grund:i:iige einer Theologie des \Vortes, Miinchen 1966, 264-286 ed il no-
stro articolo, citato alla nota 49, spec. 309-316.
lit Il concilio Vaticano II non lascia alcun dubbio al riguardo. Cf. la Costituzione
sulla chiesa, 26, 28, 29, il Decreto sul ministero e la vita dei presbiteri, 4-9; la con-
troprova nel Decreto sull'ecumenismo, 22. li problema ha acquisito <li recente nuovo
materiale grazie all'intensificata discussione sulla cosiddetta intercomunione e sul
libro: Reform und Annerkennung kirch/icber iimter. En Memorandum der Arbeits-
gemci11Jcbafl Okumenischer Universiliitsinslilule, Mainz 1973.
m Cf. M)'S/erium Sal11ts 1v/1, 401-417. Inoltre U. HORST, Umstriltene Fragen der
Ekklcsiologie, Rcgensburg 1971, 170-186; anche O.H. PEscn, 'Kirchliche Lehrformu
licrung und personlicher Glaubcnsvollzug', in H. KuNG (a cura), Feb/bar? Ein Bilanz,
342 GRAZIA DI DIO COME GIUSTIFrCAZIONF
Ztirich 1973, 249-279, spec. 259 s. ! attinente anche la tesi di Rahncr sui cnsuam
anonimi; d. il suo ultimo pronunciamento in materia in Schriften IX, 498-515.
m Cf. O.H. PESO!, Besinnung auf die Sakramente, cit., 280 fino a 284.
134 Ci emerge paradossalmente con molta chiarezza in una dottrina cattolica, che
viene incriminata con forza, specialmente da parte evangelica, la dottrina dcl ca-
rattere indelebile impresso dal sacramento dell'ordine. La critica evangelica vede in
tale dottrina una clericalizzazione dell'ufficio ecclesiastico, che rende l'incaricato del-
l'uflicio un cristiano di grado superiore. Si ignora qui la classica definizione del ca-
rattere: Potestas spiritualis in ordine ad cultum (cf. ToMMASO, S. Th. m, q. 63,
a. 2). La polivalente distinzione essenziale tra consacrati e laici una distinzio-
ne all'interno di una delega che si deve trasferire in termini giuridici - non Onto-
GIIJSTlflCAZ!ONE, EVE!llTO DENTRO L 'uoMO
343
m Cf. O.H. PEscu, 'Thcologie des Wortes bei Thomas von Aquin', in: ZTbK 66
(1969) 437-465, spcc. 451-453, 460.
I>!! Cf. H. KONG, Infallibile.~ Una domanda, Queriniana. Brescia 1969 e l'incon-
tro di discussione citato alla nota 132, che riassume nella bibliografia tutti i temi <li
discussione.
139 K.G. STECK, Luther fiir Katholiken, cit., 27.
140 Cf. Myslerium Sallllis 1/2, 477-497.
GRAZIA DI DIO COME GlUSTIFICA7.IONE
141 DS 15.3'
GIUSTIFICAZIONE, EVENTO DENTRO L't:OMO
347
I~! Cf. A. SnKEMEIER, Das Ko11xi! vo11 Trienl iiber die Hei!sf!.ewissheit, Heidel-
bcrg 1947, spcc. 51-66.
143 Cf. ST. PFURTNER, L11ther 1md Thomas im Gespriicb. Unscr llci/ xwiscben Ge-
wissbeit wtd Gefiihrdung, lleidelberg 1961; OH. PESCll, 1"heol. der Rechtfertit,11ng,
262-283; e, qui sopra, Fransen p. 166.
1-14 Fonte classica: TOMMASO, 5. 1"h. 1-11, q. II2, a. 5.
1' 5 DS 1534, 156+
146 Cf. WA 43/ 558,7 (Grosser Galaterkommentar, 1531 ).
147 \V A 43/558,21 (Grosse Genesisvorlesunf!., 1535-1545).
148 Cf. sopra p. 314.
GRAZIA DI DIO COME GIUSTIFICAZIONE
149 Per brevit si deve di nuovo rimandare alla letteratura; cf. i richiami alla
nota 143; altri lavori nelle opere citate; ci si rifaccia specialmente a A. PETEKS,
G/aube 11nd Werk, cit., 77-83.
ISO Cf. pi sopra, pp. 247 ss. e OH. PESCH, op. cii., 269-274, 382-396.
1s1 Ad es. WA 40 1/579, r7-22; 2/458, 29-32; altri testi in O.li. PESCH, np. rii.,
278.
GIUSTlflCAZ!ONE, F.VENTO DENTRO L'UOMO
349
bb. Certezza di salvezza come certezza di Dio nella fede. Per quanto
concerne l'equivoco, la maggiore omissione tocca alla teologia catto-
lica del XVI secolo ed ai padri di Trento. Si arriv s, come noto,
fino all'ipotesi di una certezza di predestinazione.m Ci sembra pro-
vocato, almeno in parte, dalla vista di serie conseguenze pratiche,
tratte appunto da seguaci che mal intendevano la nuova dottrina. I
padri di Trento come argomento contro i riformatori si rifanno sol-
tanto al richiamo alla incostanza umana; 154 non accennano invece al-
m Cf. TOMMASO, S. Th. I-II, q. II2, a. 5; interpretazione in O.IL PESCI!, op. cit.,
7.;8i50.
GIUSTIFICAZIONE, EVENTO DENTRO L'UOMO 3.5I
156 Cf. ST. PFiiRTNER, op. cit., 100; e pitt sopra, p. 167. Cf. in TnMMASo, S. Th.
IMI, q. 18, a. 4. Interpretazione in S-r. PriiRTNER, op. cii., UI08; O.H. PESCH,
op. cii., 750-757.
157 Cosl soprattutto G. Hl'.NNlG, C11ict1111 1md Lutber, cit., 168-171.
158 Cf. 0.H. PESCll, op. cit., 659-669, 679-686, 771-789, 8u-814, 855-864. In par-
ticolare per la critica a Hennig cf. O.H. PescH, D11s beisst ei11e neue Kircbe ba11e11
cit., 65,5 s., nota ,50. In 0.H. PESCH, Theol. der Rechtferlifl.llllJl., 750, nota 150 sono
specificate delle voci luterane consenzienti con Pfilrtner.
159 Cf. pi sopra, pp. 331346.
352 GRAZIA DI DIO COME GIUSTIFICAZIONE
160 Invece di indicare singoli titoli ci si rifaccia a Mysttrmn Sallltis 11/2, 564 s. per
integrare si veda ad esempio H. FatES, G/auben - wissen. \\'1 tge w einer Losu11}1. des
Problems, Bcrlin 1960; M. SECKLER, 'Fede', in: DzT 1, 637-661.
GIUSTIFICAZIONE, EVE1'1TO DENTRO L'UOMO
353
esempio: diletto in Dio e nelle cose della fede, distacco dalla potenza se-
ducente del mondo, il giudizio della coscienza di non essere colpevoli di
nessun peccato grave attuale. 163 Certamente queste sono opere diverse
da quelle nominate da Lutero, ma la struttura del problema identica e
passa sopra la distinzione delle situaxioni storico-spirituali: esiste una ir-
riflessa, pratica certezza di salvezza e di Dio (la quale con la riflessione
va a finire subito nel pericolo della perversione) per colui che vive di
fede, che cerca di essere buono, si studia di non affermare soprattutto se
stesso, rimane fiducioso anche nella disperazione, vive di una gioia pro-
fonda malgrado qualche tristezza ... Esiste un'esperienza della grazia. 164
Lutero e la tradizione si incontrano qui nel comune rifiuto di un'astratta
concezione della certezza di salvezza, che stacca la fede nella parola del-
la promessa, valida in ogni caso, dal contesto della vita pratica. Gi nel-
la questione sul vero senso della sola fide facemmo un'osservazione si-
milare. Si avrebbe cosl raggiunto ci che volevamo ottenere, mostrare
cio che l'occuparsi del controverso tema della certezza di salvezza non
sconfessa, ma rafforza il consenso ravvisato nella sola fide.
5. Giustificazione e santificazione
a. Conversione e penitenza
170 Cf. TOMMASO, S. Th. 1-11, q. II3, aa. 58; per l'interpretazione cf. O.H. PEsCll,
op. cit., 679-686.
171 Cf. TOMMASO, S. Th. Suppi. I, qq. l-3; interpretazione in rapporto con lo svi-
luppo della storia dei dogmi in DThAio, 31, H3-543 (B. NEUNHEUSER).
172 Cf. P. DE VOOGHT, 'La iustification dans le sacrcmcnt dc pnitencc d'aprs Saint
Thomas d'Aquin', in: EThL 5 (1928) 225-256, spec. 226-239; E. So-i1LLEBEECKX,
De racramentele heilreconomie, Antwerpen 19p, 572-590.
173 Resoconto in O.H. PESCH, op. cit., 285-295.
GIUSTIFICAZIONE E SANTIFICAZIONE 3.57
b. Inizio di redenzione
181 Pars pro toto, si vedano anzitutto due pubblicazioni cattoliche relativamente
recenti: B. HA.RING, 'Die Stellung des Gesetzes in der Moraltheologie', in: V. Rl!-
DLICH (a cura), Moralprobleme im Umbruch der Zeit, Munchen 1957, 135-1,2; F.
BOCKLE, Gesetz und Wissen. Grundfragen theologiscber Etbik in okumeniscber Sicht,
Luzern 1965; cf. inoltre il piano generale di B. HAR1NG, Lz legge di Cristo, 3 voli.,
Morcelliana, Brescia 3 1964, e di H. THIELICKE, Theologische Ethik, 3 voli. in 4,
Tubingcn 1951-1964.
GRAZIA DI DIO COME GIUSTIFICAZIONE
182 Cf. TOMMASO, S. Th. 1-11, q. IIO, a. r con q. n3, a. 5 (ad. 1).
183 Prove in O.H. PEsCH, Theol. dcr Rechtfertig1111g, 314 s.
GIUSTIFICAZIONE E SANTIFICAZIONE
184 Cf. in OH. PESCH, op. cit., 771-789; e il nostro articolo citato nella nota 85.
Anche in U. Ki.iHN, Via caritatis, cit., 216-218; 262 s., c' una valutazione straordi-
nariamente positiva (e non dissimile dalla nostra) della domina tomista del merito.
185 Cf. TOMMASO, S. Th. 1-11, q. 84, a. 4 e 11-11 q. 28, a. I. Sulle prospettive teo-
logiche di questo notevole thcologumenon cf. OH. PEscH, 'Thomas von Aquin ilber
Schlafen und Baden. Kleiner Kommcntar zu Summa Theologiae 1-11 q. 28, a. 5', in:
ThQ x51 (197x) 155-159.
1116 Cf. O.H. PEsCH, Theol. der Recht/ertigtmg, 302-305, spcc. nota 97 e 99.
GRAZIA DI DIO COME GIUSTIFICAZIONE
Dio vuole che l'uomo da lui accolto collabori con lui nell'estendere
il suo regno. 187
Quest'idea moderna perch oggi pi di allora appare superata
una concezione individualistica della santificazione. Il mondo santo
il santificato star assieme di tutti sotto Dio. 188 La fede si incarna
nella condotta del mondo in tutta la sua estensione, dal rapporto
col vicino fino alle strutture della societ ed agli orientamenti po-
litici. La frammentariet di ogni santificazione si manifesta pi qui
che nella santificazione individuale. Ma tutto ci che qui viene real-
mente raggiunto pi che altrove 'prova deUo spirito e della poten-
za', testimonianza per un mondo, in cui Dio tutto m rutto.
c. 'Libert di un cristiano'
117 Cf. la monografia di M. SEILS, Der Gedanke vom Zusammenwirken Go11es und
des Menschen im Luthers Theologie, Gtitersloh 1962; e H. VoRSTER, Das Frciheits
11erstiindnis, cit., 371-392.
188 Il Neues Glaubensbuch la testimonianza rappresentativa pi recente di que-
sta mutata consapevolezza.
189 Cf. pi sopra, pp. 322-331.
190 Testi, letteratura ed esposizione del tema in OH. PESCH, Theol. der Rechi
/ertigung, 51-5'; ID., Geset: und E11angeliu111, cit., 323-335. Cf. anche pi sotco, pp.
GIUSTIFICAZIONE E SANTIFICAZJONP.
salvezza. 191 Tale '~ibert da .. .' appunto per questo una 'libert
per .. .'. Dato che l'uomo non usa pi la sua forza per portare se
stesso a salvezza, egli ha, per cos dire, tutte due le mani libere
per il servizio dcl mondo e del prossimo. Lutero pu cos dare alla
libert di un cristiano una formulazione paradossale, simile al rap-
porto tra fede e opere: Un cristiano libero signore di tutte le
cose, suddito di nessuno. Un cristiano uno schiavo a disposizione
di nltte le cose, suddito di ognuno.192
La tradizione cattolica non ha certo sviscerato cos a fondo come
Lutero il tema della 'libert di un cristiano'; anche prima non fu
mai cos critico come al tempo di Lutero (e nel periodo che imme-
diatamente lo precedette. Si pu affermare l'esistenza di una contrad-
dizione insanabile con Lutero soltanto se si dell'opinione che ci
sia nella tradizione cattolica quell'accoppiamento tra ricerca di sal-
vezza ed opere, la cui revoca costituisce la libert di un cristiano.
Quanto dicemmo sul rapporto causa-effetto di fede ed opere - e ci
che, viceversa, Lutero dice del 'giudizio in base aHe opere'! 193 con-
traddice una simile opposizione insanabile. Esistono chiare espres-
sioni della tradizione cattolica, ad esempio le affermazioni di S. Tom-
maso sulla 'nuova legge' come 'legge della libert' .194 Si deve am-
mettere tuttavia che una linea retta congiunge Lutero con una mo-
derna visione del problema. Lo possiamo esprimere cosl: se giusti-
stificazione significa divenire certi della misericordia di Dio, essa
libera l'uomo da ogni preoccupazione radicale per se stesso. Siffat-
ta liberazione appunto lo rende libero di mettersi al servizio nel
mondo. 195 Nella giustificazione viene inclusa ancora, in un modo nuo-
vo, la santificazione: giustificazione fede liberatrice. Questa liber-
t per orienta l'uomo ai suoi compiti in tutte e dimensioni della
vita. Al di l della penitenza e del ringraziamento, la locuzione 'li-
191 Una voce fra tante: G. EBELING, Luther, cit., r91 s.; altre voci in O.H. PESCll,
Theol. der Rechtfertigtmg, 314 s., nota 158.
192 WA 7/21,1 (Von der Freiheit eines Christenmenschen, 1520).
193 Cf. pi sopra, p. 332 s. e O. MoDALSLI, Das Gericht nach den Werken. Ein Bei-
trag zu Luthers Lehre vom Gesetz, FKDG q, Gottingen 1963.
194 Cf. U. KUHN, Via caritatis, cit., 192-198.
195 Possiamo rimandare al nostro contributo 'Die neue Schopfung' nel Neues
Glaubensbuch, 291-321, spec. 304-312. Trad. italiana.
GRAZIA DI DIO COME GIUSTIFICAZIONE
6. Tre digressioni
Con formulazioni, che per il lettore cattolico, fino ad oggi, non han-
no perso nulla della loro sconcertante incomprensibilit, Lutero af-
ferma di continuo, dall'inizio alla fine della sua attivit didattica,
che l'uomo giustificato non sarebbe semplicemente giusto, ma sem
pre giusto e peccatore insieme. E come per acutizzare tutte le riser-
ve cattoliche, egli spesso, proprio in questo contesto, spiega esplicita
mente che la giustizia, la quale coesiste col peccato, consisterebbe
nel fatto che Dio non imputa il suo peccato al peccatore, e lo ri-
tiene per giusto, mentre egli in verit - in re - rimarrebbe
peccatore.196 La teologia cattolica - in complesso - fino ad oggi
196 Oltre che in Theol. der Recbt/ertigung, 105)-I22, abbiamo pi volte cercato di
rendere comprensibile questo dif!icile passo della teologia di Lutero; cf. Exirtentiel-
TRE DIGRESSIONI
non pu adottare questa tesi di Lutero e vede in essa perci una se-
ria difficolt a considerare sostenibile nella Chiesa cattolica la dot-
trina della giustificazione di Lutero, se essa trova in tale formula un
riassunto adeguato. Nella migliore delle ipotesi si potrebbe accet-
tare la formula come espressione enfatica della sua religiosit per-
sonale - allo stesso modo in cui anche alcuni grandi santi ritene-
vano se stessi grandi peccatori - , ma come formula dogmatica ade-
guata essa sarebbe inaccettabile. 197
In queste riflessioni si ha alle spalle }'esplicito testo del concilio
di Trento, il quale afferma a chiare lettere, contro il simul di Lu-
tero, che la giustificazione significherebbe una santificazione e un
rinnovamento dell'uomo interiore grazie alla deliberata assunzione
della grazia e dei doni dello Spirito, di modo che l'uomo diventa da
ingiusto giusto e da nemico amico (di Dio) ... , 198 quindi non pu pi
venir considerato peccatore. Il concilio e con lui la teologia cattoli-
ca fino ad oggi, temono, come si legge fra le righe del testo, che la
tesi di Lutero non prenda sul serio e renda sospetta di errore la
nuova creazione dell'uomo per mezzo deUa grazia di Dio.
Soltanto una rigorosa conoscenza di ci che realmente intende Lu-
tero, pu chiarire se le posizioni siano cosi inconciliabili come ap-
paiono alla prima lettura. Anzitutto, la formula di Lutero ha ancora
due significative varianti. L'una sostiene che l'uomo giustificato, du-
rante la sua vita, sia in parte giusto ed in parte peccatore (par-
tim iustus, partim peccator ). La seconda afferma che il giustificato
peccatore nella realt, giusto nella speranza (peccator in re, iu-
stus in spe ). Se la tesi di Lutero esistesse soltanto in queste due
formulazioni, ben difficilmente si sarebbe giunti alla controversia. La
prima variante intende dire che ogni specifico rinnovamento e san-
forza della grazia divina. In realt siamo qui giunti al punto focale
della controversia. Per ambedue le parti infatti, si nasconde qui die-
tro tutto il peso del diverso concetto di concupiscenza, che venne
elaborato gi in connessione col peccato. 205 Per il pensiero cattolico
inclinazione al peccato non di per s peccato, lo sarebbe quando
l'uomo si decidesse a cederle. Lutero invece vede !'inclinazione al
peccato come espressione di una permanente e profonda avversione
verso Dio. Ai suoi occhi non si pu dividere l'uomo in un <<nucleo
buono, santificato e trasformato dalla grazia di Dio, e nell'inclina-
zione al peccato, che lascerebbe intatto questo nucleo buono. Per
Lutero non si pu neppure localizzare siffatta inclinazione soltanto
nella sensualit, che vorrebbe abbassare lo spirito dell'uomo alla sua
particolare ripugnanza verso Dio, il che potrebbe avvenire soltanto se
lo spirito, in s non toccato da essa, desse il suo assenso. In po-
che parole, per Lutero la concupiscenza non qualcosa che riguar-
da l'uomo, ma la realt stessa dell'uomo. Non soltanto l'uomo com-
mette sempre nuovi peccati per mezzo di essa, ma egli peccatore.
Non solo i sensi, ma il cuore cattivo.
Non possiamo spiegare qui quali linee di pensiero storiche ed og-
gettive confluiscono nel concetto di concupiscenza di Lutero.2111 La
questione se la tesi di Lutero simul iustus et peccator, che si basa
sulla comprensione della concupiscenza, annienti un consenso rag-
giunto o possibile, non pu venir sbrigata soltanto con .formale a
accenno ad una diversit concettuale. A deciderlo la possibilit che
il pensiero cattolico riconosca o meno la cosa, di cui parla Lutero,
cio il cuore, che rimane malvagio ed attivo in questa sua qualit,
tanto da contaminare anche l'agire migliore. In una nuova risposta
a tale problema gioca un ruolo significativo la recente riflessione, che
si deve registrare nella teologia contemporanea, sulle implicazioni
antropologiche e teologiche proprio del concetto classico di concu-
piscenza. Per essa in un punto decisivo si molto vicini a Lutero
oggi; se infatti la concupiscenza, con la concezione filosofico-antropo-
logica della scolastica, anche qualcosa che riguarda l'uomo, un
lll8 Pars pro toto: K. RAHNER, 'Zum theologischen Begriff der Konkupiscenz', in
Schriflen I, 377-414 ( tr. it. in Saggi di antropologia soprannaturale, Ed. Paoline, Ro-
ma, 281-338); altra letteratura citata in O.H. PESCH, Theol. der Rechtfertigung,
535, nota 24.
370 GRAZIA DI DIO COME GIUSTIFICAZIONE
b. Legge e vangelo
ciso senso il vangelo la fine della legge. Dato che l'uomo, malgrado
la fede nel vangelo, nonostante un rinnovamento etico ed una san-
tificazione/22 non affatto sciolto dalla segreta avversione contro la
volont di Dio, n dal suo fallimento di fronte a lui - e non lo
diventer mai del tutto durante la vita m - , il compito di accusa-
trice della legge non eliminato nel periodo della vita, legge e van-
gelo restano una accanto all'altro. Solo grazie al ruolo di accusatri-
ce della legge, il vangelo diventa comprensibile come liberazione e
perdono. Il movimento dalla legge al vangelo, e cio dal peccato
alla sa]yezza, dall'accusa all'assoluzione, dura quanto la vita. Per-
ci la legge abrogata ed insieme stabilita dal vangelo: abrogata
come via di salvezza, stabilita come la riconfermata volont di Dio,
che per mezzo della sua accusa fa essere il vangelo, durante la vita,
solo e veramente vangelo. La formula legge e vangelo mette in
risalto quindi il motivo ultimo del simul iustus et peccatorn.
E subito evidente che in Lutero la legge, come espressione della
volont di Dio, come totalit dei suoi comandamenti, non viene a
trovarsi in penombra. D'altronde la fede, come con il peccato, cos
cambia il rapporto anche con la legge; una intera serie di testi ci
illustra come l'accusatrice, pur rimanendo tale, diventa amica,
come il credente sviluppa una nuova gioia ed amore per il comando
di Dio. Se Lutero preferisse chiamare questa legge, che cambia il
suo aspetto, non pi legge, ma comandamento, ammonizione
e simili, non per indebolire la sua seriet, ma per mantenere la
pregnanza del concetto paolino di legge, allora la formula legge e
vangelo)> non pu creare nessun nuovo problema per il pensiero
cattolico, in quanto, da parte sua, d fondamento al simul iustus
et peccator, e questo non pi causa di anatema.
La formula, e il suo contenuto, diventa rilevante per il dialogo
interconfessionale soltanto al Ji l della questione su ci che ri-
chiesto per un consenso, solo come problema di una comprensione
pii1 profonda ed adeguata. E questo sotto l'aspetto storico ed og-
gettivo. Per ]'a.spetto storico oggi indiscusso che la tradizione
224 G. SOHNGEN, Geselz und Evange/ium. Ihre analoge Einheil, tbeologisch, philo-
sophisch, slaa/sburgerlich, Freiburg/Br. 1957, 6; cf. per !'ascendenza cattolica so-
prattutto il gi cirato lavoro di U. KiiHN, Via carilalis, cir.; e di recente i dati della
prima scolastica in H. HoRST, Gesetz und Evan[l.elium bei Roberl von Melun, Ve-
roffentlichungcn des Grabmann-InstituteS, 6, Miinchcn 197 I.
225 Cf. ad esempio D. ARENHOEVEL, 'Die Gesetzgebung am Sinai', in: Worl und
Antwort 10 (1969) 21-26, 45-51, 71-74; J. BLANK, 'Zum Problem ethischer Normen
im Neucn Testament', in: Concili11m 3/1967 ed. tcd., 356-367. Il Neues G/auben-
sbuch ha adottato questa concezione: Op. cii., 448.
226 et G. EBELING, Worl und Glaube I, 279-293; ID., Luther, cit., 120-116.
TRE DIGRESSIONI
37.5
229 Per quanto segue ci basiamo su W. NtESEL, Die Tbeologie Calvinr, Miinchen
21957, 121-138.
2lO Cf. anche H.A. BERMAN, 'Die Extra-Dimcnsion in der Theologie Calvins',
in: H. LI!!BING - K. SoioLDER (a cura), Geirt und Geschichte der Reformation,
Berlin 1966, 32 3-356.
TRE DIGRESSIONI
377
dall'accento posto sulla 'sola fide', che egli, come Lutero, raccomanda
caldamente contro la dottrina della Chiesa antica. Osservando le parti-
colarit dunque, la dottrina di Calvino vicina e lontana dalla tradizio-
ne cattolica quanto la dottrina della giustificazione di Lutero. Riguardo
all'impostazione ed alla struttura invece, essa addirittura pi vicina
alla dottrina cattolica della dottrina di Lutero. Non per caso quindi
esistono, in tempi recenti, dei tentativi di far vedere un consenso effet-
tivo, nell'ambito della dottrina della giustificazione, anche con Calvino. 23s
215 Cosl ad esempio H. SCHiiTZEICHEL, op. cii.; anche il pi volte citato lavoro di
H. KiiNG, La giustificazione, cit., vi ha parte indirettamente, proprio come fu osser-
vato da recensori luterani: il Karl Barth, partner della discussione di Kiing, esce
dalla tradizione riformata.
2l6 Alcuni commenti del libro di Kiing uscirono allora con questo titolo, alla let-
tera o quasi. Elenco delle recensioni importanti in O.H. PESCH, 'Zwanzig Jahre
katholische Lutherforschung', in: Lutherische Rundschau 16 ( r966) 392-406, qui 399,
nota 39- L'identico titolo frattanto riapparso ancora pi volte. Cf. ad esempio V.
PPNiiR, Einig in der Recht/ertigungslehre?, W.iesbaden 1970; G.C. BERKOUWER,
'Convergentie in de rechtvaardigingsleer?', in: Gere/ormeerd theologisch tiidscbri/t
72 (1972) 129-r57.
UNITI NELLA DOTTRINA DELLA GIUSTIFICAZIONE?
379
2J7 Non perch sia importante, ma perch sintomatica, ci si richiami alla re-
censione della nostra monografia, Theol. der Rechtfertigung, di KN. M1cSKEY, in
Materialdienst des Konfessionskundlichen lnstituts Bensheim 23 (1972); M. solleva
contro Tommaso, senza l'ombra di una prova, dei rimproveri, che il libro recensito
cerca di dimostrare, con lingua angelica e in base ai testi, come supposizioni. Si pu
osservare, con gratitudine, che altri teologi luterani hanno reagito diversamente; ad es.
A. PETERS, in: Lutherische Rundschau 18 (1968) 300-3o6; U. KiiHN, in: ThLZ 93
( 1968) 885-898.
GRAZIA DI DIO COME GIUST!FIC\ZIONE
2.18 Cf. G. EBELING, 'Wort Gottes und Hermeneutik', in Wort und GlatJbe I, cit.,
319-348; U. KiiHN, Via ct1ritatis, cit., 225-240; O.H. PESCH, 'Ocr hermcneutisch~
Ort der Theologie bei Thomas van Aquin un<l Martin Luther und die Frage nach
dem Verhiiltnis van Philosophie und Theologie', in: ThQ 146 (1966) 151)-212, qui
spec. 159-167; R. KosTERS, 'Zur Theorie <ler Kontroversthcologie', in: ZKTb 88
( 1966) 121162.
2.W Sono di nuovo sintomatiche le reazioni estreme al Neues GfatJf,ensh11r/1
nelle due Chiese, ad esempio D. ScHELLONG (vedi nota 76) da parte e\angdica, op-
pure R. VON Rl!EIN, in: Katholische Frauenbildu11g. Organ des Vereins kath. dellt-
scher Lehrerinnen, ott. 1973, 232-237; meglio non parlare di Una Voce Korre1pon-
Jenz 3 ( r9n) l '5-163.
UNITI NELLA DOTTRINA DELLA GIUSTIFICAZIONE?
a. Giustificazione e Chiesa
24 5 H. Kung, che oltre al suo libro sulla giustificazione, esige una diretta cri-
tica del Tridentino, riguardo alla dottrina della giustificazione di Lutero, ed il
coraggio per le conseguenze che ne derivino, rimasto a lungo un caso isolato:
'Katholische Besinnung auf Luthers Rechtfertigungslehre hcute', in: Theologie im
Wandel. Festschrift zum r 50 iiihrigen Bestehen der katholisch-theologischen FaleUl-
tiit an der Universitiit Tiibingen I817 bis 1967, Mi.inchen 1967, 449-468, spec.
460-468. Pi rappresentativi per lo stato della discussione nella teologia cattolica
sono ad esempio St. PFiiRTNER, Luther und Thomas im Gespriich, cit., 38-43; e
E. Schillebeeckx nel suo articolo citato alla nota 94. Occasionalmente il Tridentino
viene sottratto del tutto ad ogni critica teologica; cf. ad es. H. }EDIN, 'Das Rcfor-
matorische bei Martin Luther' (Podiumsdiscussion, mir W. von Loewenich, W.
Kasch, E. Iserloh, P. Manns), in: A. FRANZEN, Um Reform und Reformalion. Zur
Frage nach dem Wesen des 'Reformatorischen' bei Martin Luther, Mtinster 1968,
33-52, qui spec. _50; cf. anche ID., 'Zum Wandel des katholischen Lutherbildes, in:
H. GEHRIG, Martin Luther, Gestalt und Werk, Veroftentlichungen der katholischen
Akademie der Erzdiozese Freiburg 7, Karlsruhe 1967, 35-46, spec. 43-46.
246 Cf_ pi sopra, nota 4.
m W. BEYNA, Das moderne katholische L11therbild Koinonia 7, Essen 1969,
spec. 147-172.
GRAZIA DI DIO COME GIUSTIFICAZIONE
2SJ Si pu senz'altro esaminare se non sia possibile che la mancanza di una sif-
fatta esperienza di illibert nasconda una angoscia profonda, repressa, o ci che
si chiama 'neurosi ecclesiogena'. Ma questo non un 'caso' per l'articolo della
UNITI NELLA DOTTRINA DEI.LA GIUSTIFICAZIONE?
membri della Chiesa. Non occorre spendere nessuna parola sul mo-
do in cui la Chiesa, rappresentata dai suoi ministri, si sia comporta-
ta in passato con le persone oppresse dal conflitto. Ailora infatti
non si aveva ancora parlato del consenso nella dottrina della giusti-
ficazione. Qual la situazione oggi?
Ci si raffiguri un qualsiasi cristiano cattolico - teologo o no - ,
il quale oggi non possa essere d'accordo con qualche punto della
dottrina o della prassi ministeriale, a meno di diventare intellettual-
mente disonesto. Si presupponga ancora una volta, dal punto di vi-
sta teoretico, che egli abbia riflettuto a fondo sulla sua opinione
divergente, la porti avanti sotto la tutela delle 'leggi del dialogo
intra-ecclesiale', sia ben lontano dal porla in forma assoluta, ed an-
cor pi dal separarsi dalla Chiesa; adempia invece lealmente il suo
compito nella Chiesa e, detto in breve, non stia in sospetto di ra-
zionalizzare e di proiettare un malessere incontrollato. Un caso dun-
que chimicamente puro, in cui la giustificazione, la fede nell'incon-
dizionata parola di Dio, liberatrice ed accogliente, si fa pressante.
Che accadr? Se il nostro cristiano pressoch sconosciuto, non
avviene nulla. Milioni di cattolici stanno oggi in una tale o simile
situazione; di fronte a ci la Chiesa non fa nulla, perch essa non
pu far nulla, e per il semplice motivo che essa rivolge la sua
predicazione sempre e soltanto alla libert del cuore umano. In una
Chiesa compatta di epoche precedenti ci bastava anche a prevenire
del tutto delle 'deviazioni', a prescindere completamente dal fatto
che, a paragone con oggi, soltanto pochi venivano a conoscenza, in
dettaglio, delle controversie. Nella Chiesa 'aperta' dei nostri giorni
appare con chiarezza la pura struttura di annuncio e di libera ade-
sione dei credenti. Di fatto oggi non _pi tracciato nessun confine
per la critica alla forma di vita ed alla dottrina della Chiesa, e dun-
que all'ufficio di giudice dell'articolo della giustificazione. In caso
di conflitto ognuno sa che ci che mi fa essere giusto davanti a Dio
vivere la fede nell'amore di Dio per me, non un determinato
comportamento ecclesiale da considerarsi come condizione di salvezza.
Rispetto al concetto corrente di ortodossia si deve dire oggi che
nessuno pu pi ignorare la quantit di eresia, non solo materiale,
ma anche 'formale', che esiste oggi nella Chiesa. Fede - fede cat-
U~ITI f':ELLA DOTTRINA DELLA GIUS'f!FlCAZ!ONE?
2';4 Cf. K. RAHNER, Strukturwandel der Kircbe als Aufgabe und Cbance, Herder-
biicherei 446, Frciburg/Br. 31973, spec. 76-81.
25S Cf. K. RAHNER, Das frcie Wort in der Kircbe, Einsiedeln 1953.
390 GRAZIA DI DlO COME GIUSTIFICAZIONE
non una prova contraria, indica solo i limiti del consenso gi ades-
so esistente. In primo luogo, chi provoca una siffatta reazione mi-
nisteriale, se la sua opinione critica venne formata con seriet e
non corre dietro soltanto ad una moda, difficilmente viene reso in-
certo nella sua coscienza. La sua fede s:.u certa della grazia di Dio
e perci non cambier la sua opinione solo a motivo della reazione
dell'autorit ecclesiastica. In secondo luogo, neppure il fatto che il
ministero ecclesiastico lo possa colpire alt' esterno costituisce un ar-
gomento. La possibilit di cercare (tuttora), con la costrizione ester-
na, di neutralizzare determinate manifestazioni di opinione, di otte-
nerne altre, appartiene automaticamente, per colui che in coscienza
deve rischiare il conflitto, a quelle fattivit ecclesiali, che si devono
verificare alla luce del messaggio della giustificazione. Il fatto che il
ministero, in base a strutture sviluppatesi nel processo storico, sia
eventualmente molto pi forte del singolo, obbligato a seguire la
propria coscienza, non pu venir contrapposto all'altro, per cui mol-
ti cristiani cattolici - teologi e non-teologi - non hanno paura di
un eventuale conflitto con la loro Chiesa, confidando nella giustifi-
cazione del peccatore per sola fede. Ci che solo conta nei confron-
ti di una situazione precedente che oggi, per principio, un con-
flitto del genere si pu disputare all'interno della Chiesa; non esiste
quindi, come unica possibilit di risoluzione del dibattito, o l'uscita
dalla Chiesa o la scomunica; nel frattempo, inoltre, un gran numero
di ministri ecclesiastici approvano, in linea teorica, la struttura dia-
logica della predicazione della dottrina ecclesiale, si adoperano per
realizzarla in pratica e fanno sperare che questa volont di dialogo
sviluppi anche le forme istituzionali di cui ha bisogno. 256
Se noi dunque, guardando alla Chiesa, che si deve porre sotto il
'giudizio' dell'articolo della giustificazio~e, rispondiamo s alla do-
manda: Uniti nella dottrina della giustificazione?, ci sta ad in-
spiegazione crei secondo articolo della professione di fede, op. cit. 514. Nel Gror
rer Katecbirmur {BSLK .54.5733), nella trattazione dei dettagli della dottrina della
giustificazione, Lutero osserva pi volte che non sarebbe affatto materia per non
specialisti; cf. Op. cit., .56.5, r4-r6; 653, rr-r5: l'articolo, dal quale dipende tutta
la nostra sal\ezza, il secondo articolo della professione di fede; neppure una
parola della 'giustificazione'.
Z."l Cf. pi sopra, p. 3r3 s., 354 s.
7tiO Cf. pi sopra, p. 37 3 s.
2&1 Cf. pi sopra, p. 352.
UNITI NELLA DOTTRINA DELLA GIUSTffJCAZIONE? 393
1162 A motivo della rara univocit della formulazione ci si richiami ancora agli
attacchi di D. Schellong contro il Neues Glaubensbuch (vedi nota 76) in op. cit.,
7rr s.; cf. anche In., Vernunft und Oflenbarung: Theologie im Widerspruch von
Vernunft und Unvernunft. Drei Vortrage, Ztirich i971, 34-57. 1' lecito essere cu-
riosi di come procede in questa questione il nuovo catechismo luterano attualmen-
te in preparazione.
GRAZIA DI DlO COME GIUSTIFICAZIONE
394
cos come pure la sua domanda non era 'neutrale'. Il vangelo dice:
Dio prende l'uomo cos com'.
Ma questo precisamente il messaggio dclia giustificazione. 2'; Il
'come egli ' comprende anche il suo peccato, la sua opposizione a
Dio. Ma questo non occorre che l'intuisca subito. Per il momento
basta sapere che egli accettato con tutto, senza eccezioni, con tutto
ci che costituisce in realt il suo male. Pu sembrare che la no-
stra formulazione 'Dio prende l'uomo cos com'' vada a finire in
una astrazione formalizzante del messaggio della giustificazione ri-
formato; la seriet del peccato viene ricompresa nello scolorito 'cos
com''. In verit il contrario. Il 'cos com'' sta per una abbrevia-
zione dell'intera esperienza del male, vissuta in concreto, meditata e
formulata. Una giustificazione di un 'peccato' che solo dottrina,
ma non male sperimentato, destinata a perdersi nell'insussistenza.
inevitabile poi che l'uomo, se prima crede, veda anche il suo
male con altri occhi_ Come gli si chiudono gli occhi in genere e
vede in nuova luce le cose, quando egli crede in Dio,266 cosl gli si
schiudono gli occhi anche sul suo peccato. Ancor di pi1, solo adesso
pu riconoscere propriamente la sua colpa, pu confessare di non
essere l'uomo secondo la volont di Dio, pu sentirsi responsabile
per il male fra gli uomini, poich ora egli in grado di farlo sen-
za disperazione.
questo dunque il motivo reale, che noi riteniamo di scorgere,
a sostegno della possibilit, anzi della necessit di annunciare oggi
la giustificazione del peccatore senza pi:rlare (in primo luogo) di 'giu-
stificazione' e di 'peccato'. fuori discussione che qui andrebbe
perduto l'intrinseco accentrarsi della dottrina della giustificazione sul
peccato. Soltanto nell'odierna situazione di annuncio coincidono con
pi forza di quanto normalmente avviene nelle formulazioni della
'1lil Questo sforzo unisce teologi che pensano in termini cos1 dissimili come, ad
esempio, G. EBF.LING, Das Westn des cbristlicben Glaubem, Tiibingcn 1961, 149
163 (tr. it. Chiamata alla fede, Gribnudi, Torino); ID .. Lutber, cit. 10-24, 124, 178-
197, 276; U. KiiHN, in: Neues Glaubensb11ch cit. ~68-570; D. S6LLE, Atheistisch
an Gott glaubt>n, cit., 77-96. Che il problema frattanto si sia universalmente dif.
fuso nella coscienza dello cristianit luterana, lo indic il coni:resso della Lega
mondiale luterana del 1961 ad Helsinki, dedicato a questo rema. Cf. i due volumi
di relazione: E. W1LKF.NS, Helsinki r96_1. Beilriige :i:11111 theologiscben Gespriich des
Lutherischen Weltb11ndes, Berlin 1964; Olfi:i:ieller Bericht der Vierten Vo/foersam-
mlung des LWB, Helsinki 196J, edito dalla Lega mondiale luterana, Bcrlin 1965.
268 Cf. W. JoEsT, Paulus und das Lutherscbe simul iust11s et peccator, cit.; cf. i
richiami in nota 20 l.
269 Citazioni in O.H. PESCI!, Tbeol. der Recht.fertigung, 83-85.
ZlO Nella ricerca luterana c' stato un piccolo dibattito al ri!?Uardo. Richiami e
letteratura in O.H. PEsCH, op. cii., 72, nota 29.
UNITI NELLA DOTTRINA DELLA GIL'STJrlCAZIO!\E? .397
Jo. Soltanto colui, al quale vien detto: tu sei accettato cosl come
sei, si rrova anche nella situazione di riconoscere la colpa, di pren-
derla su di s e di vivere con essa.
Si dovrebbe ora applicare quanto detto ai singoli grandi temi
dcl messaggio riformato della giustificazione. Infatti ci che va-
lido per l'intero, deve valere anche per il dettaglio; ognuna delle
grandi voci tradizionali dovrebbe venir interpretata senza il vantag-
gio di una consapevolezza del peccato, e in seguito riferirsi al pec-
cato, al quale gi stato tolto da Dio il mortale pungiglione. An-
che qui possiamo solo fare degli accenni. L'assoluzione dal peccato
diventa liberazione dall'onere della ricerca di significato; Dio rispon-
de senza condizioni per l'uomo, non occorre che l'uomo si disponga
davanti a Dio. Il perdono diventa accettazione dell'uomo cos com',
prospettiva di una sicurezza a dispetto dell'apparente assurdit. La
penitenza diventa cambiamento delle prospettive infedeli e delle
massime di vita, che non possono pi avere alcun posto, se si fanno
seriamente i conti con la realt di Dio in questo mondo problema-
tico, e al pari della penitenza, questo un compito che dura tutta
la vita, poich non muore l' 'uomo vecchio', il quale preferirebbe
rimanere fisso a se stesso, invece di ricevere un significato. La cer-
tezza della salvezza diventa certezza della vicinanza salvatrice di Dio,
poich trovare Dio come significato vuol dire trovare la salvezza.171
Dal 'simul iustus et peccator' deriva un 'simul fidelis et infidelis',
una coesistenza di fede ed infedelt, che attraversa a met i cristia-
ni - anche come esperienza molto concreta - , e nello stesso tempo
indica, con la luce portata dalla fede nella vita dell'uomo, la lotta
per una sempre pi vasta penetrazione di pensiero, sentimento, azio-
ne.272 La legge che ci accusa si trasforma nelle costrizioni che ci tor-
mentano - le costrizioni provocate colpevolmente da mano d'uo-
Z1J Cf. G. EBELING, Wort und Glaube r, 279-293; Iv., Luther, cit., 120-156.
BIBLIOGRAFIA
399
BIBLIOGRAFIA
Avvertenza preliminare
La bibliografia seguente, per brevit, accoglie solo titoli che: 1. non sono elen-
cati nelle bibliografie dei capitoli II e 13 2. danno essi stessi ulteriori ed ab-
bondanti indicazioni bibliografiche 3. trattano il loro tema non soltanto sotto uno
speciale punto di vista, ma punto per punto o sotto parecchi aspetti, oppure 4., pur
seguendo solo uno speciale punto di vista, furono o sono di particolare impor-
tanza per la discussione teologica. r titoli che si trovano nelle bibliografie dei ca-
pitoli TI e 13, e meritano un cenno particolare nel contesto del presente con-
tributo, vengono richiamati col solo nome dell'autore. Lo stesso vale per ricerche
specialistiche, elencate neJla bibliografia (fino al 1967) di PESCH, Theologie der
Rechtfertigung. Ricerche specialistiche pi recenti e lavori solo avvicinati non ven-
gono qui ripetuti se sono citati nelle note. Cosl pure testi originari, e loro edi-
zioni, sono elencati sul posto, nelle note.
r. In generale. Manuali
P. AL THAUS, Die christliche Wahrheit. Lehrbuch der Dogmatik, Gi.itersloh
Sr969, 596-654.
J. AuER, Das Evangelium der Gnade. Die neue Hailsordnung durc.b die
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stlichen Recht/ertigung aus dem Glauben, dargeste//t nach den Verhan-
dlzmgen und Lehrbestimmungen des Konzils von Trient, Freiburg/Br.
1937.
- , Der Kampf um Augustin auf dem Tridentinum. Aug11stinus und die
Augustiner auf dem Tridentinum, Paderborn 1937.
Cf. inoltre il lavoro di Miihlen nella bibliografia del cap. 13.
11 A. PoRTMANN, Zoologie und das neue Bild dcs Menschen, Hamburg 1956; ID.,
Rio/ogische Fragmente w einer Lehre vom Menschcn, Bascl 2 1961; lo., Biologie und
Geist, Ziirich 21973.
12 Pensiamo all'opera degli scienziati che, nel 1973, hanno avuto il premio Nobel
per la medicina: K. von Frisch, K. Lorenz e N. Tinbergen.
Il E. LVINAS, Tota/it et lnfini. Essai rnr l'ex/eriorit, La llayc i961.
14 Myslerium Saltitis 11/2, 465-5rr.
15 M)slerium Salutis 11/2, 243-308.
NUOVO ESSERE DELL'UOMO
r. Prospettive principali
b. Modelli teologici
19 ... sed cum transfixa corda sagittis verbi Dei, amor excitatur, non interitus com
paratur. Novit Dominus sagittarc ad amorem: et nemo pukhrius sagittat ad amorem
quam qui verbo sagittat, immo sagittat cor amantis, ut adiuvet amantem: sagittat,
ut faciat amantem (En. in Ps. u9,5: PL 37,1600). Si potrebbe citare ancora un
altro testo: Ut cnim homo se laudet, arrogantia est; ut Deus se laudet, misel"icordia
est. Prodest amare quem laudamus: bonum amando nos meliores efficimur. ltaque
quoniam hoc nobis prodesse novit, ut amemus cum, laudando se amabilem facit: et
in co nos consulit, quia se amabilem facit (En. in Ps. 144,1: PL 37,1869).
PROSPETTIVE PRINCIPALI
e. La struttura trinitaria
22 ns 1548. Cf.
AucusTINUS, Ep. ad Sixt. presb. 5,19: PL 33,880 e IJS 248.
2l Rimandiamo al coraggioso ed onesto saggio sulla risurrezione di H.M.M. FnRT-
MANN, 'Waarvan zijn wij getuigen?', in: II. VAN DER LINDE - A.M. FIOLET. Geloof
in ken/erend getii. Peilingen in een secularisend Chrislendom, Roermond-\!aaseik
o. J.. u7-135.
PROSl'l::TTIVE PRINCIPALI 421
rito. Non si tratta qui di nuovi modi della presenza di Dio in noi,
ma della piena realizzazione della nostra unione con Cristo. Il Padre
si unisce a noi come inizio e fine di ogni vita, cotne Padre del
Figlio, che nel Figlio appunto ci d lo Spirito comune. Lo Spirito
del Padre e del Figlio continua in noi l'opera ineffabile che compie
in Dio, un'opera di cui egli svela certi aspetti nella sua presenza
nella vita terrena di Ges e nella Chiesa dopo la pentecoste. Colle-
gandoci a Giovanni Ruusbroec, consideriamo l'opera particolare del-
lo Spirito come forza della realizzazione sia verso l'interno, nell'unio-
ne con Dio presente nei nostri cuori, come pure verso l'esterno, nel
dare testimonianza e nel vivere di fede. 26
Vorremmo reinserire nella teologia della grazia anche la gran-
diosa visione di Giovanni Ruusbroec, secondo la quale la vita di-
vina si riversa sul mondo come il flusso dell'oceano, e nel riflusso
dello Spirito ci riconduce a Dio. 21 Ogni vita, prima di tutto la vita
della grazia, ha la sua origine nel Padre, nella profondit originaria
della divinit, in cui noi siamo gi racchiusi ed amati nella sua
eterna elezione di igrazia. Quest'amore originario dd Padre si
rivelato e comunicato in Ges Cristo. Esso continua in noi, donan-
dosi in virt dell'agire dello Spirito e mediante l'immagine del Fi-
glio. Ecco il movimento dell' 'exitus' o, in altri termini, la 'grazia
precedente' (vorgegebene Gnade) nella sua sorgente eterna. Questo
amore ci invita e ci attira, in un movimento di risposta e di accet-
tazione, verso le profondit di Dio. questo il momento del 're-
ditus' o della 'grazia accettata' (angenommene Gnade ). Anch'essa si
realizza in noi grazie all'opera dello Spirito. In quanto movimento
di ritorno nella fede, nella speranza e nell'amore, anch'esso trini-
tario in s. lo Spirito che ci unisce col Figlio e che ci conduce
cosl, mediante la partecipazione e l'imitazione, alla sorgente, al Pa-
dre, a cui sono dirette la nostra adorazione, la nostra 'eucaristia' ed
ogni preghiera.
26 P. FRANSEN, 'De Gave van de Geest', in: Biidraien 21 (r960) 404-423, tradot
to in inglese: fotelligent Theology 11, London 1966, 38-66. Testo pi breve: De
Genade: Werkeliikheid en Leven, Antwerpen 1965, pp. 105-108 (= Thl' New Life
o/ Grace, New York 1971, 52 ss.); tr. it. La grazia. Realt e vita, Cittadella, Assisi.
TI ]. VAN RuusBROEC, Die gheestelike Brulocbt: Werken 1, Tielt 1944, 185.
PROSPETTIVE PRINCIPALI
f. Conclusioni
.lO R. GUARDINI, Die V111erscheidu11g des Cbristlichen, Mainz 1935. Cf. la prefa-
zione, lettera di R. Guardini all'edicore, x ss.
STRUTrURE DEL NUOVO ESSERE
Nella nostra epoca, la risposta non certo ovvia. Pu anche darsi che
il problema sia stato posto male.31 In questa sezione vorremmo pre-
sentare una concisa antropologia teologica, analizzare cio la nostra
esistenza nella luce della fede, cosi come noi la viviamo e sperimen-
tiamo come uomini.
Durante gli ultimi tre secoli, i trattati della grazia contenevano una
serie di tesi, che cer~avano di fornire una risposta alla seguente que-
stione: fino a che punto l'uomo peccatore ancora in grado, senza
l'aiuto della grazia, di compiere atti moralmente buoni? Si assume-
va, in quei testi, una posizione intermedia tra l'ottimismo antropolo-
gico di Pelagio ed il pessimismo teologico della Riforma, di Baio e
di Giansenio. La discussione si connetteva ai diversi stati dell'esi-
stenza dell'uomo: stato d'integrit, stato della natura decaduta, stato
della natura decaduta e restaurata, stato della pura natura. Solo lo
stato nominato come penultimo storico in senso pieno. Ad esso si
riferisce la rivelazione storica. l'unico stato di cui abbiamo una
personale esperienza. Lo stato d'integrit pu essere definito stori-
co solo con riserva. sufficiente rilevare che la vocazione all'inte-
grit, che in certo qual modo rappresenta qui sulla terra l'immagine
ideale della vita di grazia, si realmente attuata nei primi uomini.
Un'altra questione sapere se un siffatto stadio d'integrit sia esisti-
to per un certo periodo. Stando ai dati dell'antropologia etnologica,
questa supposizione sembra poco probabile. A proposito dei diversi
stati e, soprattutto, nel pi importante contesto della distinzione tra
la natura pura ed il soprannaturale, si distingueva tra la grazia di
santificazione, che risana l'uomo della corruzione introdotta nella
sua natura dal peccato originale, e la grazia di elevazione, che
per sua essenza soprannaturale, e lo in doppio senso: per nessun
31 Nella terza parte del nostro libro sulla grazia, rispondiamo a questo problema
con un sl e con un no: Genade, op. cit., 483-520 ( = Tbe New Life of Grace, op.
cit., 325-350).
L'UOMO DOTATO DI GRAZIA
32 Per tutta la problematica cf. G. MusCHALEK, in: Mysterium Salutis 11/2, 194-209.
STRVTTURE DEL ~uovo ESSERE
34 J. OMAN, Grace and Personality, op. cit., 39-42. Cf. K. RAHNER, Kirche der
Siinder: Schriflen VI, Einsiedeln 1965, 3or-320; Io., 'Si.indigc Theologic. Zur Ges-
chichtlichkcit der Thcologie', in: Neues Forum (Wien} 13 (1966) 231-235.
L'UOMO DOTATO DI GRAZIA 431
36 Tn. RosZAK, The Making o/ a Counter Cult11re, New York 1968 (1r. il. La con-
trocultura, Feltrinelli, Milano).
L'UOMO DOTATO DI GRAZIA
433
l'uomo riesca solo a diradare una parte della giungla in cui e venuto
al mondo; qui, invecchiando, egli stesso sovente perde a sua volta
terreno, tanto profondo l'influsso del passato sulla sua vita. La
vita umana si sviluppa in maniera multiforme, nel gioco delle gene-
razioni che si susseguono e si contestano a vicenda, anche se con
inevitabili regressioni e contraddizioni.
Quest'eredit necessaria per il nostro diventare uomini. Ogni
nuova generazione si sottopone quindi ad un processo di assimila-
zione, in quanto il singolo e la comunit, sia pur differentemente, si
identificano con l'eredit ricevuta. Senza questo processo di assimi-
lazione e di identificazione, non si pu esercitare concretamente la
libert. L'aspetto creativo della libert non viene per questo conte-
stato. L'assimilazione attiva e cerca di proseguire ulteriormente le
conquiste del passato. I sociologi, tuttavia, richiamano la nostra at-
tenzione sul fatto che, dietro questo processo di assimilazione, si
nasconde un grande pericolo per l'autenticit della nostra esistenza.
Per socializzare pi efficacemente il singolo individuo, che cresce
in una comunit o in essa ritorna, questo processo sviluppa una ten-
denza all'oggettivazione ed all'assolutizzazione delle forme di comu-
nicazione, di cui abbiamo parlato: le dottrine pretendono di essere
eternamente valide, le forme di attivit si presentano come necessa-
rie, le strutture dei gruppi come indispensabili, anzi, volute da Dio. A
questo punto, sorge in ogni generazione il profetismo, la volont
cio di ritornare ad un'autenticit nuova, che meglio risponda alle
nuove condizioni esistenziali.37 Pu presentarsi cosl un profetismo
profano e persino scientifco. 38
bb. Per quanto riguarda ora l'aspetto positivo della grazia, vorrem-
mo partire dall'assioma fondamentale: l'uomo pu realizzare se stes-
so, in libert cd amore, solo nelle sue molteplici relazioni verso il
prossimo ed attraverso di esse. Se ci vero, l'azione salvifica di
Dio rispetta questa natura personale e comunitaria che egli ha crea-
to. Di conseguenza, la creatrice presenza d'amore di Dio ci viene par-
40 Cf. A. AVER, Autonome },forai und christlicher Glaube, Diisseldorf 1971; J.F.
GusTAPSON, Christian Ethics and the Community, Philadelphia 197r.
STRUTTURE DEL NUOVO ESSERE
41 P.
Sc!IOONENBERG, Ein Gott der Menschen, cit., p. 40.
42 L. CERFAUX, La tbologie de l'Eg/ise se/on saint Pa11l, Unam Sanctam _54. Pa
ris 21965, 101-112; 153-177 (tr. it. La teologia della Chiesa secondo S. Paolo. AVE,
Roma).
43 P. ScnooNENBERG, Ein Goti der Menschen, cit., 37-43.
L'UOMCJ DOTATO DI GRAZIA
437
48 P. TF.JLllARD DE C11ARDIN, Der gotlliche Berercb, Olten 1962 [1r. it. L'ambiente
dfri,tn, Il Saggiatore, Milano). Sulla Process Theology si trovano istrnttivc indi-
cazioni in: W.L. REESE - E. FREEMAN, Process ami Divinity. The flartshome Fests-
chrif t, Nnv York r964; P. PITTENGF.R, Gnd in Procesr, London 1967, e Proce.u
Tbou.~bt a11d Cbrislm Faith, New York 1968; E.H. CovsrNs, Pmccss Theo/of!.)',
New York T971, 191-322: D. BaowN - R.E. ]AMES - G. REEVF.S, Procen Pbiioso/>hy
and l.bn.<lirm Tbou[!.ht, New York r97I.
49 P. FRANSEN, 'Ifow can Non-Christians fnd Salvation? Am Bombay Seminar',
in: /11dfo11 Ecclesiastica! Review 4 (1965) 22~-282, ripubblicato in: J. NEUNER,
Christian Rei:olution a11d World Re/igions, London 1967, 67-122 ( = I111e/!i,11p1!
Tbeolo11.y m, 145-183).
442 STRUTTURE DEL NUOVO ESSERE
Cristo.E{) Il fatto che questa Chiesa cristiana abbia ricevuto una mis-
sione particolare, privilegiata - uno scandalo per il nostro attua-
le mondo ugualitario! - , non va ascritto al caso e tanto meno ad
un qualche merito da parte sua. Il suo privilegio sta nel servire. E,
in fondo, questo il privilegio di Cristo, del Figlio incarnato del
Padre. Soltanto perch ha fissato attraverso i secoli le parole di Cri-
sto e le sue azioni di salvezza e cerca di conservare la sua communio
con strutture appropriate, la Chiesa condivide l'unico privilegio del
Signore glorificato: essere parola di salvezza per gli uomini. Ma que-
sta sua particolare missione non pu far dimenticare che, nella sua
sovrana libert, lo Spirito risveglia e suscita, in tutti gli uomini e
comunit di buona volont, parole di grazia, parole di preghiera,
forme di vita morale ed una communio nella fedelt al Dio scono-
sciuto. La Chiesa ha molto da dare agli uomini, perch ha da dare
loro Cristo, ma lo fa solamente quando, con umilt e perseveranza,
fa attenzione a ci che lo Spirito ha operato ed opera tuttora anche
al di fuori di essa.
SO Nelle sue Retractationes, Agostino afferma, a proposito dcl suo scritto De vera
religione: Item quod &xi: 'Ea est nos1ris temporibus christiana religio, quam co-
gnoscere ac sequi securissima salus est' (De v. rei., ro-19: PL 34,131), secundum hoc
nomcn dicrum est, non secundum ipsam rem. Nam ipsa res quae mmc christiana re.
ligio nuncupatur, erat apud antiquos, nec dcfuit ab initio generis humani quousque
Christus veniret in carne; unde vera rcligio quae iam erat, cocpit appellare christiana.
Cum enim eum post resurrectionem ascensionemque in coelum coepissent Apostoli
praedicare, et plurimi credcrcnt, primum apud Antiochiam, sicut scriprum est, ap-
pellati sunt discipuli Christiani (Aci I I ,26). Propterea dixi: 'Hacc est nostris tem-
poribus christiana religio', non quia prioribus temporibus non fuit, scd quia poste
rioribus hoc nomen accepit (Retr. I, 12: PL 32,6o3).
SI DS I 545-r 549
L'UOMO DOTATO DI GRAZIA
443
61 Se Caterina da Genova, nel suo Tl'al/ato sul purgatorio, ha scritto cosl egre-
giamente del purgatorio, perch ha anticipato, nell'esperienza mistica, il mistero
della nostra definitiva purificazione in un'analoga interpretazione della via purgativa.
STRUTTURE DEL NUOVO ESSERE
r. Lo stato di grazia
nuova visione della libert non viene privata della sua correttezza
per colpa delle difficolt pastorali, che risultano - per la maggior
parte - da un falso concetto di peccato.
Per onest teologica dobbiamo per aggiungere: sebbene i concet-
ti di <~habitus infusus e di opzione fondamentale della grazia vo-
gliano indicare la medesima realt della santificazione interna per
opera dell'inabitazione di Dio, non esprimono questa realt in manie-
ra del tutto uguale. Dell' habitus della grazia si dice espressamente
che infuso. Quindi, si considera formalmente lo stato di grazia
come grazia precedente ( vorgegebene ), mentre il concetto di op-
zione fondamentale definisce formalmente la stessa grazia come gra-
zia accettata (angenommene Gnade). Infine, vorremmo sottolineare
ancora una volta che lo stato di grazia, sia come habitus infusus
che come opzione fondamentale, non pu esser disgiunto dalla sua
origine e dalla sua ragione d'essere, cio dalla presenza creatrice ed
amante di Dio.
L'opzione fondamentale, cos come noi la concepiamo, si differen-
zia anche dall'esistenziale soprannaturale di Karl Rahner. 69 In que-
sti, l'esistenziale soprannaturale non si riferisce propriamente all'op-
zione fondamentale liberamente accettata, ma un'inclinazione fon-
damentale, che ne precede l'accettazione, una volont volente
(Blondel), un dinamismo soprannaturale (J. Marchal), un appello
fondato nel nostro essere e diretto al libero s nei confronti dell'a-
more divino. Sia l'opzione fondamentale che l'esistenziale possiedo-
no, tuttavia, la medesima origine: la presenza creatrice ed amante
del Dio di salvezza. Li percepiamo in noi come un'attrazione a Dio,
che inclina la volont verso di lui e che viene cosl formalmente e li-
beramente accettata attraverso i singoli atti, in un amoroso rivolgersi
a Dio. L'esistenziale soprannaturale e l'opzione fondamentale si ri-
feriscono, perci, a momenti diversi nello sviluppo della libert
umana sotto l'influsso della presenza di Dio. Ovviamente, il dinami-
in: 'Macht der zonde' in: Het Geloof van ons Doopsel IV, s'Hertogenbosch 1962,
50-78. Cf. anche P. FRANSEN, De Genade, cit., 370-405 ( = The New Life o/ GraC<:,
cit., 246-272); H. REINERS, Grundintention und sittliches Tun, cit., 102-135.
lii K. RAHNER, 'Ober das Verhiiltnis von Natur und Gnadc', in: Scbri/1e11 1,
32 3-345.
LO STATO DI GRAZIA
453
70 ... secundum mensuram, quam 'Spiritus Sanctus partitur singulis prout vult'
(r Cor. 12,n), et secundum propriam cuiusque dispositionem et cooperationem (ns
t529).
71 Libertatem arbitrii in primo homine perdidimus, quam per Christum Domi-
num nostrum recepimus: et habemus liberum arbitrium ad bonum, praevcntum et
adiutum gratia, et habemus liberum arbitrium ad malum, desertum gratia. Libe-
rum autem bahemus arbitrium, quia gratia libcratum et gratia de corrupto sann-
tum (DS 622).
QUEST!ON! PARTICOLARI
4.54
VIRT TEOLOGALI E STATO DI GRAZIA 457
ritorie. Non ci 'si addestra' in amore sulla pelle degli altri! Un sif-
fatto atteggiamento sbagliato ha spesso screditato l'amore del pros-
simo. Dobbiamo amare il prossimo come Dio lo ama, anche nei suoi
peccati e nelle sue debolezze, secondo la 'regola d'oro' che dobbia-
mo amare l'altro come noi stessi vorremmo essere amati. In con-
formit con la parola di Ges: Amatevi gli uni gli altri, come io
vi ho amati (]o. 13,14), dobbiamo amare soprattutto i poveri, i
piccoli, gli abbandonati. Giovanni va addirittura oltre, quando af-
ferma: Chi infatti non ama il fratello suo che vede, non pu ama-
re quel Dio che non vede (r ]o. 4,20), poich Dio amore (r
]o. 4,8.16).
Di solito, nell'amore del prossimo che noi impariamo lenta-
mente a scoprire il mistero della grazia divina di salvezza, poich
Dio, che l'amore, non solo tocca il nostro intimo, ma ci si avvi-
cina passando per gli altri. Questa legge costituisce addirittura una
delle strutture essenziali della teologia della grazia. Ma poich i rap-
porti umani sono complessi ed ambigui, limitati e soggetti al pec-
cato, ci che, secondo la divina provvidenza, appartiene addirittura
alla struttura della nostra esistenza, ci appare spesso impossibile.
L'unit di amore di Dio ed amore del prossimo si realizza in ten-
sioni, attriti ed equivoci, come mostra persino la vita di grandi
santi. Ci che, in definitiva, l'unico comandamento del cristiane-
simo e l'espressione principale della grazia in noi e nel mondo, ap-
pare spesso perci come quel comandamento a cui difficilissimo
conformare la propria vita e che, a causa di frequenti e false inter-
pretazioni ed applicazioni, completamente svuotato di senso. Fa
parte della tragedia del cristianesimo che la parola 'amore dl pros-
simo' sia cosi logora, al punto che si debbano cercare dei suoi so-
stituti!
doni dello Spirito nel testo di Isaia, rendendo il 'timore del Signo-
re' con i due concetti 'timore' e 'piet'. Nel testo originale - con-
trariamente all'opinione dei teologi del medioevo - non si parla
tanto dei doni dello Spirito del Signore, quanto delle buone qualit
possedute dai grandi santi dell'antica alleanza: la sapienza e l'in-
telligenza di Salomone, la saggezza cd il coraggio di David, la co-
noscenza di Dio ed il timore di Dio dei grandi patriarchi e dei pro-
feti; in questo passo, il Messia viene definito come 'il re giusto'.
Questi doni si differenziano dai 'doni dello Spirito', di cui parla
Paolo qua e l. Con essi non ci si riferisce neppure a quei doni
straordinari dello Spirito, che il medioevo chiamava carismi. In ge-
nere, la teologia dei doni dello Spirito santo era integrata in una
teologia della grazia. I doni dello Spirito erano visti come compi-
mento sia delle virt teologali, come di quelle morali. La maggior
parte dei teologi era dell'idea che questo compimento consistesse
in una maggiore apertura e docilit di fronte agli stimoli interiori
dello Spirito. Si possono considerare i doni anche come l'aspetto
'passivo' della presenza di Dio in noi. Ovviamente, non sono pas-
sivi in senso quietistico, ma in un senso mistico: sono accompagna-
ti da un'attivit cosl intensa che ci si abbandona totalmente alla
guida di Dio. Una siffatta teologia dei doni dello Spirito introduce i
fedeli nella vita mistica.
Aderiamo volentieri a questa tradizione mistica teologica, ma vor-
remmo semplificarla e liberarla da questioni teologiche superflue.
Il numero sette dei doni ha solamente un significato simbolico, cosl
come, ad esempio, l'Apocalisse parla dei 'sette spiriti'. Superfluo
pure chiedersi se ai sette doni corrispondano in noi sette realt
ontologiche create. Nell'intero processo della nostra santificazione,
per opera della grazia di Dio vista come una realt dialogale e di-
namica, i doni dello Spirito significano che questo processo di san-
tificazione suscita il senso profondo e vivo della nostra costante
dipendenza dall'iniziativa di Dio. La grazia non qualcosa di sta-
tico, ma movimento e vita, che sgorgano incessantemente dalla pre-
senza vivente di Dio.
A questo punto, la teologia della vita mistica sbocca direttamen-
te nella teologia della grazia. Ogni impulso della grazia viene con-
QUESTIONI PARTICOLARI
4. La grazia attuale
80 DS I 525 SS.
QUESTIONI PARTICOLARI
dall'amore divino, cosl come gli atti virtuosi del peccatore inaugura-
no un vero processo di avvicinamento all'amore di Dio. In questo
senso, la situazione del giustificato analoga alla situazione del pec-
catore. Quindi, si pu dire anche cosl: gli atti che preparano alla
giustificazione nascono dalla presenza di Dio in noi, da una presenza
che non ancora pienamente accettata, ma che fa scattare nel no-
stro intimo un movimento verso Dio. Abbiamo sfiorato un problema
analogo nelle nostre osservazioni sulle virt teologali. Anche queste
virt, a causa della spaccatura del nostro cuore, possono essere rea
lizzate fino ad un certo grado, in maniera imperfetta, come fede ini-
ziale e speranza incipiente, come primo inizio d'amore - come dice
il Tridentino -,1 per cui noi siamo condotti infine alla giustifica-
zione. Pertanto, secondo la nostra concezione, le grazie attuali che
preparano la giustificazione vengono ugualmente suscitate dalla pre-
senza di Dio, mediante la germinale opzione fondamentale, la quale
guida i primi passi sulla strada della giustificazione. essenziale, in
ogni caso, che siano sempre asseriti, come ragione profonda di ogni
grazia, il primato e la realt della presenza di Dio.
sto: Dio non ci fa sentire la sua presenza, senza che in qualche mo-
do ne diveniamo anche partecipi.
L'esperienza religiosa pu assumere forme diverse, che si riferi-
scono tutte ad espressioni ed aspetti diversi dell'amore. Si esprime
in un profondo sentimento di gioia e di pace, che pu andar di pari
passo con tentazioni, dubbi e sofferenze corporali e psichiche. Si ma-
nifesta talvolta come esperienza profonda del morire e del vivere.
La grazia di Dio ci strappa dal nostro irrigidimento egoistico e ci
invita ad una rinuncia pi totale, e ci comporta un angosciante
senso di distacco e di solitudine e, al tempo stesso, un sentimento
di pienezza e di sicurezza. Caratteristica di quest'esperienza an-
che l'intensa esigenza di comunicarla ad altri: ci risponde al carat-
tere della grazia, che comunicazione di s di Dio. Non sempre
per l'esperienza religiosa possiede il carattere di un compimento.
Pu esprimersi anche in un profondo aver fame e sete di bont e di
giustizia, in dolore purificante per il fatto che siamo ancora tanto
lontani da Dio. Crediamo che quest'aspetto della notte mistica sia
una delle forme pi frequenti dell'esperienza religiosa di oggi. Noi
abbiamo bandito Dio dalla nostra vita pubblica e sociale. Alcuni teo-
logi lo hanno persino fatto morire nei nostri pensieri, nelle nostre
immagini, nelle rappresentazioni e nei simboli liturgici. Certo, die-
tro alcune forme di una teologia della morte di Dio, quale si pro-
pagata da alcuni anni, pu esservi l'esigenza di distruggere le imma-
gini di idoli, immagini prodotte da noi stessi, per ritrovare dietro
di esse il volto di Dio.
Il pericolo dell'inganno nascosto in tutte le forme dell'esperien-
za religiosa. In tal senso, la storia ci addita numerosi esempi. Per
venire sul piano della coscienza, l'esperienza deve incarnarsi in im-
magini, simboli, dottrine e forme di vita, che la possono falsare ed
oscurare, nel momento stesso in cui rimandano ad essa. Un'espe-
rienza autentica va conosciuta, infine, dai suoi frutti. Se ci libera
dai nostri egoismi, ci avvicina agli altri, fa crescere la communio nel-
la fede, accresce il coraggio della speranza e purifica il nostro amo-
re, allora deriva da Dio. Ma se ci fa continuamente girare attorno
a noi stessi in una sorta di autocompiacimento, superbia o fanati-
smo, allora illusoria, patologica o addirittura peccaminosa. Perso-
GRAZIA E LIBERT
6. Grazia e libert
&Sa Quando parliamo della necessit della filosofia, ci riferiamo alla nccessic di
pensare e parlare correttamente di Dio. Come abbiamo visco nella parte storica,
Tommaso d'Aquino si convertito dal suo inconsapevole semipclagianesimo sotto
l'influsso anche del Liber de bona forttma di Aristotele. In questo conte~to, vor-
remmo citare anche la bella osservazione di Platone al famoso mono di Protagora
L'uomo misura di tutte le cose: 'O lii) i>Ec; Ti11iv mi:v"twv XPTJci:"tWV i:pov
liv EtT) ci.La"'tl1, xrxl 1'CO. tiOV ij 1'COU "tLc;, i:Jc; QIXOW, avDpW1tD ( NooL,
IV, 716 c.).
85b Nella visione biblica dell'Antico Testamento, Dio si santifica nella vita degli
uomini: cf. ThWNT 1, 92-96. La vita virtuosa dell'uomo forma quindi la 'gloria'
di Dio: cf. TbWNT 1, 245. Ireneo ha espresso questa tradizione biblica con una
formula meravigliosa: AOl;11 yci:p 0Eoii l:;wv avDpW1toc;, l:;wi) lit ci:vDpw1'Cov SpmrLc;
9Eoii, Adv. baer. IV, 20,7.
QUESTIONI PAR'f!COLARJ
472
zione: non avrebbe Dio potuto convincerci con una grazia maggiore?
L'obiezione va a vuoto. La grazia di Dio non mai insufliciente, per-
ch Dio pi grande del nostro cuore (r Jo. 3,19). Il rifiuto dell'amo-
re pu risalire quindi solo al mistero del male, che all'opera in
tutti noi. Perci, come ha ben capito il sinodo <li Quiercy (853),8 \c non
c' spazio per una doppia predestinazione, per una predeterminazione
alla salvezza e per una predeterminazione alla rovina. In questo sistema,
non si tiene il <lovuto conto della libert e della responsabilit dell'uo-
mo. Ingiustamente si ascrive la rovina ad un abisso in Dio, che non
consisterebbe in un amore creatore e salvante, ma in un arbitrio inquie-
tante.
La trascendenza di Dio va di pari passo con la sua radicale immanenza.
La sua presenza di gra.zia tocca l'intimo dell'uomo, il punto da cui
scaturisce la nostra libert. Come abbiamo visto, la realt si realizza in
un'opzione fondamentale, che sorregge e penetra tutta la vita. Non
dato alla nostra intelligenza spiegare in che modo l'agire divino della
grazia renda possibile e sorregga la nostra libert. Per nostra esperien-
za non conosciamo la natura della libert divina. Ma rimane, per gran
parte, impenetrabile ed oscura anche l'esperienza _umana della sorgente
profonda del male e del rischio, che dato con fa nostra libert finita.
Di corn>eguenza, impossjbile spiegare come queste due libert si
compenetrino tra loro. Possiamo solo far vedere che il paradosso del
primato di Dio e della libert dell'uomo non assurdo. Il resto si-
lenzio adorante e grato.
II teologo dovrebbe cercare di accostare questa serie di concetti anche
ai fedeli, i quali non sono in grado di compiere delle riflessioni specu-
lative. La vera radice della difficolt sta in un'idea antropomorfica del-
l'interazione che esiste tra Dio e l'uomo e che viene intesa alla stregua
di una collaborazione umana. A nostro avviso, nell'ambito della pasto-
rale, si dovrebbe correggere l'immagine sbagliata con quella giusta, ser-
vendosi di una teologia simbolica. Si dovrebbe ricordare il paradosso
dell'amore, che da una parte attira, incanta ed affascina, e d'altra parte
rimane libero dono. Si dovrebbe anche sottolineare che Dio agisce su di
noi nel pi intimo del nostro essere, e non con pressione esterna. Soprat-
tutto, si dovrebbe risvegliare il senso del mistero, dei limiti che lo spi-
rito umano incontra di fronte alle profondit di Dio. Nel corso della
storia, la Chiesa dovette pi volte ricordare questi limiti, quando le
controversie su,! nostro problema minacciavano l'unit della Chiesa e
persino il mistero del Dio dell'amore.&Sd
&Se DS 622s.
Per l'intera tematica d., in questo volume, anche M. LOHRER, 'Elezione e
&Sci
speranza', pp. 288 ss.
GRAZIA E L!BERT
473
87 J.B. METZ, Fre1heit in Gesellschaft, cit., 7-20. Per una v1smne generale cf.
H.-H. Sa-IREY, '<<Poliiische Theologie umi Theologie dcr Revolution', in: ThR
36 (1971) 346-377 e 37 (1972) 43-77, come pure M. XHAUFFLAIRE, La 'thologie
politiq11e'. lntroduction la tho/ogie politique de ].B. Metz 1, Paris 1972 (tr.
it. Introduzione alla teologia politica di J.B. Metz, Queriniana, Brescia).
QUESTIONI PARTICOLAR!
90 Paolo parla qui della venuta di Cristo. Con parecchi autori protestanti e cat-
tolici siamo dell'idea che questo senso 'economico' della legge si estenda oltre
tale venuta.
QUF.STIONI PARTICOLARI
7. Grazia e merito
voor Theo/ogie ha tenuto un congresso sul problema dci rapporti tra mistica ed
azione politica. Le relazioni furono pubblicate col titolo: Toekumst van de re/igit:
Religie vrm ,/e toekomst?, Brugge t972. Il medesimo comitato di redazione orga-
nizz, all'universit cattolica di Nimwegen, una se~ic di conferenze, pubblicate
col titolo: Politiek o/ Mystiek? Pei/ingen naar verhouding t11ssen re/igie11se ervartg
en sociale inzet, Bruggc 1973.
92 P.-Y. EMERY, Le Christ, 11otre rcompense. Grace de Die11 et respomabilit
de l'homme, Neuchatel 1962, IIo-120.
93 Ibid., 155-159.
GRAZIA E MERITO
479
da pi alla qualit che alla quantit del lavoro. Non si tratta pm,
quindi, di rigorosa giustizia. Ma il termine 'merito' pu avere un
altro significato, come appare ad esempio nel concetto di 'onore al
merito'. In questo caso, la comunit del popolo che decorata,
dal re o dal presidente dello Stato, per un'esimia azione scienti-
fica, politica o militare. Qui non si pu pi parlare di giustizia
commutativa o distributiva. Tale onorificenza assomiglia di pi al
gesto benevolo di un principe dell'antichit, che riconosceva i me-
riti di personalit che si erano rese particolarmente meritevoli verso
lo stato. Limitare il concetto di 'merito dinanzi a Dio', anche se in
un senso molto analogico, a rapporci di giustizia commutativa o di-
stributiva, come hanno cercato di fare alcuni teologi scolastici,""
semplicissimamente un errore semantico. Ritengo perci che non sia
del tutto onesto sottolineare il senso pi grossolano di 'merito', co-
me fanno alcuni teologi protestanti, per criticare la dottrina catto-
lica del merito. Altrettanto spiacevole che autori cattolici, per un
atteggiamento antiriformistico, concepiscano il concetto di merito
in senso cosl stretto, da fargli assumere il carattere di un premio
secondo giustizia. Molte controversie superflue potrebbero essere evi-
tate, se si trovasse un'espressione pi appropriata, per evidenziare
il messaggio biblico, che ci promette la vita eterna e l'entrata nel
regno di Dio, quando viviamo secondo i comandamenti di Dio e
di Cristo.
importante sapere che, dietro questo concetto, si nasconde una
realt pi complessa e, d'altra parte, anche pi semplice di quanto
molti pensano. A nostro giudizio, il cap. XVI del decreto sulla giu-
stificazione del concilio di Trento, che tratta della meritoriet delle
opere buone, uno dei pi felici capitoli di questo decreto. Lo dob-
biamo soprattutto al grande agostiniano Gerolamo Seripando.95 Co-
me gi abbiamo avuto modo di dire pi sopra, il concilio considera
il merito come una realt dialettica: tutto ci arriva primariamente
da Dio, che ci unisce a Cristo, eppure le nostre buone opere sono
9-t Z.B.P. DE LETTER, 'De ratione meriti secundum sanctum Thomam', AnGr
19, Roma 1939.
95 H. ]EDIN, Geschichte des Konzils vo11 Trient Il, Freiburg i. Br. 1957, 158,
239-242, 262 e 487 ss. ( tr. il. Storia del Co11cilio di T re11to, Morcelliana, Brescia).
480 QUESTIONI PAlfflCOLARI
96 DS 1545-1549.
'11 Xa.uxiia'fla.L, Xa.VXTJa, Xa.VXTJC'L sono espressioni llplcamcnte paoline sebbene
si possano trovare anche in Giacomo. Cf. R. BuLTMANN. in: Th\VNT 111 ( 1938)
6486'3 e l'cccellcntc lavoro di G. DrntER, Dsintressement d11 chrtien, Tho-
logie 32, Paris 1955.
08 Le. 17,10. Si confrontino le discussioni sull'importanza della parabola dci vi-
gnaiuoli (1\.11. 20,1-16), e W. PESCH, 'Der Lohngedanke in der Lehre Jcsu ver~li
chcn mit dcr rcligiosen Lohnlchre dcs Spatjudcnrums', in: AftbSt (Il), 7, Munchen
1953, 9-12.
99 .. .jlratia Spiritus Sancti, quam in praescnti habemus, etsi non sit aequalis
gloriac in actu, est tamen acqualis in virtute, sicut semcn a1boris, in quo est vir-
tus qui est sufficiens causa vitae acternae: unde dicitur esse pignus vitae acternae,
S. Th. 1-11, q. II4, a. 3c e ad 3. Cf. L. MALEVEZ, 'Histoire et ralits drnires'. in:
EThL 18 (1941) 217-267 e 19 (1942) 47-90.
IOO DS 1913
101 DS 1546.
Abbiamo presentato la vita della grazia come movimento che ci con-
duce al cielo; in questa prospettiva, il merito appare come un pro-
cesso di crescita, che tende alla perfetta unione con Dio. Infine,
abbiamo ripensato il principio comunemente accettato nella teologia
scolastica occidentale: par caritas, par meritum cd abbiamo quin-
di concluso ricordando che, nell'unione vivente, ogni idea di un
merito scompare nell'esperienza dcl carattere totalmente gratuito
dell'unione con Dio. 101
Anche oggi riteniamo che il concetto fondamentale dell'alleanza e
delle divine promesse sia strettissimamente collegato col tema della
grazia. Ma non vi scorgiamo pi il minimo rapporto giuridico, nep-
pure in senso analogico. Come testimoniano soprattutto i profeti,
l'alleanza e l'atto di giustificazione corrispondente alle divine pro-
messe sono un'azione di pura misericordia e d'amore. Non abbiamo
da porre nessuna pretesa di diritto nei confronti di Dio, poich tutto
ci che viene da lui dono di grazia: qui fecisti tua dona nostra
merita. 103 Oggi, rinunciamo anche a considerare il merito come cre-
scita ontologica della grazia. Ci che resta il pensiero che la gra-
zia una vita, che si sviluppa verso Dio, cos come il fiore cresce
in direzione del sole; resta anche il pensiero cl-::! ogni grazia, che
noi riceviamo, ci dispone - mediante l'approfondimento della no-
;;tra opzione fondamentale - all'accoglimento e.li altre grazie. In que-
sto senso, per mezzo della grazia 'meritiamo' altre grazie, poich vie-
ne rafforzata la nostra opzione fondamentale per Dio. Certo, ci
non avviene per mezzo di atti qualsiasi, che noi compiamo in virt
della grazia, ma solamente mediante un'azione che attualizza pi
profondamente la nostra opzione fondamentale. Infine, ancor oggi,
riaffermiamo che l'anima del merito la nostra caritas, cio l'amore
grato ed umile di un 'servo inutile', di un peccatore che ha ottenuto
il perdono, di un uomo che non ha mai smesso di credere alla piet
del Signore e di sperarla. Durante gli ultimi tre secoli, si sovente
discusso sulla natura dell'atta della caritas, necessario per il merito,
e ci si domandati se sia necessaria una speciale intenzione della
102 De Genade, cit., 32i3H ( = The New Li/e o/ Gracc, cit.. 215-227).
lOl AuGUSTINUS, Ep. 194 ad Sixtum presb. 5,19: PL 33,880.
QUESTIONI PARTICOLARI
104 Ritorniamo cosl, ancora una volta alla tradizione dei grandi maestri dello
spirito. Per essi il primo compito di ogni uomo spirituale purificare la sua
'opinione', e non tanto afferrare le molte intenzioni speciali. Cf. K. RAIINER, 'Ubcr
clic gute Meinung', in: Schriften Ili, 127-154; lo., 'Das Gebot der Liebe unter den
andern Gcboten', in: Schriften IV, 494-517. Cf. inoltre: 'Intention', in: DSAM
VII/2 (1970) 1844-1854.
1us K. Rahner cita una bella preghiera di santa Teresa di Lisieux in: 'Trost der
Zcit', in: Scbriften m, 169-188 (la citazione a p. 172).
llll vere promeruisse (ns 1546) e Vere mereri (ns 1582).
GRAZIA E MERITO
sce appunto l'essenza della grazia. Attirati dalla presenza di Dio, che ci
invita, possiamo disporci e prepararci ad essa, ma non la possiamo me-
ritare.
Talvolta, i teologi parlano anche di riviviscenza dei meriti. Alcuni in-
tendono in un senso molto giuridico questa formula: quan<lo ritorniamo
:illa grazia, <lopo aver gravemente peccato, Dio ci restiwisce i meriti che
<ibbiamo antecedentemente accumulato. Una concezione strana! I meriti
precedenti possono rivivere, in quanto noi, in una nuova conversione,
ci lasciamo ancora attirare a s da Dio, in un'opzione fondamentale vivi-
ficata in modo ugualmente forte dall'amore. Ma anche questa risposta va
approfondita. La nostra vita forma un tutto. Il passato - sia il passato
di grazia come il passato di peccato - continua a vivere nel presente. Se,
nella natura della nostra opzione fondamentale, spetta alla carit orien-
tare a Dio la totalit del nostro essere, per noi questo vuol dire che an-
che la totalit del nostro passato compresente. Nella nuova concezione,
me<liante la grazia di Dio il nostro peccato diviene una felix culpa. Ci
rivolgiamo nuovamente a Dio col nostro passato, cosl che questo passato
viene da Dio accettato in amore. In questo senso, tutto grazia per chi
ama Dio. 1m
PIET FRANSEN
BIBLIOGRAFIA
Qui di seguito, citiamo solo quelle opere, che hanno pariicolarmcme portato a\anti
l'attuale riflessione sul mistero della grazia.
Mussner F., 29, 31, 32, 33, 34, 3' 42, Palma J.M., 190.
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Nicsel W.M., 376, 377. 336, 338, 339, 341, 342, 344,
Nietzsche F., 183, 4n, 465, 466. 347, 348, 350, 351, 353, 355,
Nobili R. de, 185. 358, 359, 361, 362, 363, 369,
Noris E., 193, 195, 212. 371, 377, 378, 380, 390, 396,
Nuland J. v., 85. 480.
Nygren G., 226, 227, 228, 231. Pesch W., 48.
Petavius D., 178.
Peters A., 304, 348, 380.
Peterson E., 31.
o Peukert H., 383, 445,
Pflug J., 145
Oberman H.A., n8, 120, 121, 129, 130, Pfniir V., 378.
131, 133, 142, 143, 151, 171, 297, Pfiirtner St., 167, 168, 347, 351, 383.
307, 308, 323, 327, 375, 376. Piccolomini C., 212.
Ockham W., u8, 122, 124, 128, 129, Pietro Aureoli, 124, 125, 126, 128.
130, 133, 307, 323, 439. Pietro Canisio, 162.
O'Dca Th., 433 Pietro de Palude, 167.
Oeing-Hanhoff L., 328. Pietro de Trabibus, III.
Olivi P.J., 129, 167. Pietro Lombardo, 91, 103, 104, 106, 107,
Oman J., 201, 214, 412, 430. IIO, II4, II8, 123, 167, 198, 299,
Onorio, 83. 317.
Orcibal J., 195. Pigge A., 145.
Oresme N., 121. Pio 1v, 166, 175.
Origene, 58. Pio v, 194, 212.
Ortega y Gasset J., 6o. Pio VI, 209, 212.
Otten H., 247. Pio XII, 181.
Ozmcnt St. E., 141, 142. Pittenger P., 441.
Platone, 471.
Plinval G. de, 74, 76.
Polag A., 29.
p
Pale R., 156.
Pomponazzi P., 71.
Pacheco P., 153, 156. Portali E., 195
Pallavicino P.S., 167, 170, 171. Portmann A., 413.
rnDtCE ONOMllSTICO
s
R
Sage A., 81.
Rabano Mauro, 100. Salgueiro T., 78.
Rabcneck J.. 186, 242. Salmcron A., 147, 156, 162, 163.
Rad G. v., 23, 443. Sarpi P., 169.
Rahner K., 52, 62, 94, 98, 116, 128, 178, Schafcr R., 246, 248.
Schamoni W., 241.
179, 181, 186, 191' 221, 223, 264,
Scharbert J., 14.
290, 298, 328, 334, 341, 342, 354,
Scheeben M.J., 178, 183.
355, 366, 369, 370, 389, 390, 4r9, Schcffczyk L., 326, 341.
42.3, 427, 430, 439, 444, 446, 452, Schelkle K.H., 30, 46, 238, 259.
453, 455, 456, 458, 482, 483. Schellong D., 323, 380, 393, 394.
Ratramno, 99. Schierse F.J., 44.
Redlich V., 3.59 Schlllebceckx E., 105, II), 171, 327,
Reese W.L., 441. 356, 383, 4r2, 419, 437, 439, 440.
Recves G., 180, 441. Schlcicrmacher F.D.E., 264.
Regnon Th., 114, r78. Schlicr H., 226.
Reiners H .. 450, 452. Schlink E., 268, 287, 289, 290, 326.
Reinhardt K.F., 4n. Schliiter D., 326.
Remigio di Lione, 99. Schmaus M., 171, 327.
Rendtorff T., 382. Schmidt K.L. 272, 273, 276.
Repgen K., 333 Schnackenburg R., 29, 32, 33
Rcuter F., 38+ Schncider G., 38.
Rhein R., 380. Scholder K., 376.
Riccardo da Mediavilla, l l 1. Schonmetzer A.. 84, 198, 21 r.
Richter G., 328. Schooncnberg P., 69, 79, 99, 180, 242,
Ricoeur P., 183, 465, 466. 41r, 4r2, 429, 434, 436, 451.
Riesenfeld H.. 30. Schrenk G., 226, 268, 271, 272, 273,
Riesenhuber K., 326, 328. 277, 280, 284.
Rigaldo O., ro6, l 10. Schrey H.-H., 475.
Ripalda J., 178, 190. Schulz S., 36.
Roberto Bellarmino, 182, 194 Schupp J., ro4.
IN'DJC:E ONOMASTICO
X
w Xhaufflaire M., 183, 466, 475
A Benedizione
benedizione e maledizione, 16.
Agostiniani, 144 s., 172, 195 s. motivo conduttore nell'AT, 14, 26 s.
Alleanza, 481 s.
Amore c
analisi della carilas in Baio, 196 ss.
amore e merito, 48r.
grazia e carilas, 454. Carismi, 46, 469.
identificazione della 'caritas' con lo Spi-
Causalit
rito santo in P. Lombardo, 103 s.,
causalit e predestinazione, 260.
300 s.
unit fra amore di Dio e amore del causalit quasi-formale, 179.
predestinazione, diversa dal determini
prossimo, 456, 459 s.
smo e indeterminismo, 259 s.
Amore (di Dio), 17.
Certezza della salvezza, 346-354, 397.
Anamnesi, 438. certi/udo e securitas, 288 s., 348.
Antropologia (cf. Uomo) Chiesa
antropologia della grazia, 412-415. Chiesa al servizio, 442.
grazia e antropologia trascendentale, Chiesa come communio, 439.
221 ss. Chiesa come corpo di Cristo, 66.
impostazioni antropologiche diverse in Chiesa come sacramento, 313.
Oriente e Occidente, 94 ss. Chiesa di giudei e pagani, 284 s.
scienze antropologiche, 413 s., 432. Chiesa e giustificazione, 313, 336 s.,
Apocatastasi, 255, 288. 343 ss., 381-391.
Chiesa per il mondo, 442.
Appropriazione, :n6, 176 s., 423 s. Chiesa santa, 439, 442 s.
Aristotelismo, 71, 97. fede della Chiesa e sacramenti, 439 s.
libert nella Chiesa, 475 s.
Autorit (cf. Obbedienza, Ordinamento
parola e sacramento, elementi costitu-
ecclesiastico)
tivi della Chiesa, 335 ss.
Comunione
B struttura personale e comunitaria del-
l'esistenza umana, 431 ss.
Baianismo, 192-204. Concupiscenza
dottrina, 196-204. concupiscenza secondo gli agostiniani,
storia, 192 ss. 145-146.
Baiiezianismo, 243 s., 327. concetto di concupiscenza in Lutero,
368 ss.
Battesimo, 66, 438 s. cupiditas in Giansenio, 206 ss.
battesimo dei bambini, 106.
battesimo e giustificazione, 39. Conversione, 355 ss., 443, 455
lNDICE ANALITICO
m111um /idei, 88 s., lOI. fede e opere, 332 ss., 338 ss., 351, 363.
ruolo della fede secondo il concilio di giustificazione come accettazione del
Trento, 160 ss. peccatore, 317-321, 328 s., 392-399.
giustificazione e libert, 322-331, 362
ss., 397 s.
giustificazione e penitenza, 354-359.
G giustificazione e sacramento, 341 ss.
giustificazione e santificazione, 39 s.,
Ges Cristo 3H-364.
Adamo e Cristo, 37, 41 s. giustificazione forense e giustificazione
Christus pro nobis in Lutero, I 51. effettiva, 307, 314 s., 319.
Cristo come mediatore dell'elezione, giustificazione legata alla Parola, 330 s.,
256. 335 ss.
Cristo sacramentum et exemplum se- giustificazione oggettiva e giustificazio-
condo Lutero, 149 ss. ne soggettiva, 3II.
predicazione di Ges e Christus prae- giustificazione secondo Paolo, 34 ss.,
dicatus, 303 s. 51 s., 302 ss.
relazione economico-salvifica di Ges alternativa tra legge e fede, 304 s.
col Padre nell'elezione, 278 s. fede e giustificazione, 303 s.
solus Christus, 332 ss. riferimento al peccato, 302.
giustificazione sola fide, 331-346.
Giansenismo, 204-213, 428. sola fide nunquam sola, 338-346.
posizione del magistero, 210 ss. solum verbum, 33' ss.
Giustificazione solus Christus, 332 ss.
giustizia di Dio, 18, 22 s., 36 s., 314.
battesimo e giustificazione, 39. grazia della giustificazione, 102 ss.,
Chiesa e giustificazione 312 ss., 381391. 128 s., 196 s.
concilio di Trento prima giustificazione, 103-nz.
dottrina della giustificazione inerente, problema della mediazione nella giu-
16r-166. stificazione, 341 ss.
fede come causa strumentale della giu simul ius/us e/ peccator, 39, 364-370,
stificazione, 16o s.
397, 419, 443.
libert dell'uomo secondo il tolnci
!io di Trento, 326 ss. Giustizia di Dio, 314.
cooperazione dell'uomo nella giustifica- 5txato<JVvn 0to\i in Paolo, 25 s.
zione?, 321, 329 s., 361. giustizia di Dio nell'AT, 17 ss., 21 ss.
dichiarare giusti e rendere giusti, 3l 7.
dottrina della giustificazione come ar- Grazia (cf. Elezione, Gi11stificazione, Me-
liculus s/antis et cadentis Ecclesiae, rito, Predestinazione)
302, 309 s., 331, 346, 387. adiutorium sine quo non/adi11toriut11
dottrina della giustificazione in Calvi- quo, 204 s., 207.
no, 375 ss. aspetto pedagogico della grazia nelle
dottrina della giustificazione in Lute lettere pastorali, 4 3.
ro, 306-314, 375 ss. aumento e diminuzione della grazia,
dottrina della 'giustificazione duplice' 453 s.
negli agostiniani, 146. benevolenza e 'graziosit' di Dio, 218,
dottrina della giustificazione nella teo- 416.
logia scolastica, 298. concetto di 'grazia', 76.
dottrina della giustificazione oggi, 297, delectalio victrix della grazia secondo
391-399. Giansenio, 207 s.
extra nos della giustificazione, 151 s., dimensione cosmica della grazia, 180,
221, 307. 441.
it>ODICE ANALITICO
.511
evento di grazia, 10 ss., 29, 38, 218, grazia come gratia Cbristi, 5 l s.
222. grazia come partecipazione alla natu-
evento di grazia come elezione, giusti- ra divina in 2 Petr. 46 ss.
ficazione, glorificazione, 222 s. grazia come sfera salvifica, 50 s.
faczenti quod est in se, Deus non de- grazia come vita in Giovanni, 31-34.
neglll graliam, 101, I 29, 161. grazia cd escatologia in Hebr., 44.
grazia abituale, 79, 107-112, 335 s., grazia e regno di Dio, 29 ss.
449 ss. variet di espressioni bibliche, 218 ss.
carattere dinamico e relazionale del grazia opera11s I cooperans, 418 s.
l'habitus, uo s. grazia precedente e grazia accettata, 128,
grazia abituale nel nominalismo, 126 s. 440, 452.
babitus in/usus, 104 s., 107. grazia sacramentale, 438 ss.
grazia attuale, 70, 101, 109, 129, 170, grazia salvifica e grazia d'elevazione,
175, 190 s., 462 ss. 428.
grazia come autocomunicazione di Dio, grazia sufficiente, 187, 236, 240, 243.
220. identit di giudizio e grazia nella giu-
grazia come auxilium, 76, 93. stificazione forense, 316.
grazia come evento della glorificazione,
inabitazione, 78 s., 104, II 3-118, 175-
222 s. 180, 417.
grazia come nuova opzione fondamen- inabitazione come conseguenza della
tale, 357, 449-454, 462, 474 infusione della grazia abiruale?, 170.
grazia come presenza di Dio, 417 s., inabitazione come proprium o appro-
421. priata, 116 ss., 176, 423.
grazia come umanizzazione, 410 s., 424 merito della grazia come frutto del-
s., 428. l'inabitazione, 447.
grazia creata e increata, 66, 104, r76, tipi di interpretazione, 177 ss.
220, 418.
'meccanicizzazione' della grazia creata,
grazia efficace, 236, 240, 243. 186.
grazia e libert, 79 ss., 129 S'., 234,
movimento di grazia come exitus e
469-478.
grazia externa, 161. reditus nei mistici fiamminghi, 139 s.
necessit della grazia, 85, 428.
grazia gratis data / gratum /aciens,
101. 'oggettivazione' della grazia, 174.
grazia interiore, 76. stato di grazia, 449-454
grazia nell'AT, 13-27. struttura comunitaria della grazia, 435
aspetto escatologico della grazia, 26 s. 442.
grazia e redenzione, 25 s. struttura dialogale della grazia, 418 ss.
grazia e salvezza, 2 5. struttura escatologica della grazia, 26 s.,
strati letterari, 13-21. 51 s., 445 ss.
terminologia veterotestamentaria, 21 ss. struttura trinitaria della grazia, 58 s.,
grazia nel NT. 420-424.
carattere di evento, 29, 39 s., 49 s. tempo di grazia, 19.
concetto generale di grazia nel NT,
51 s.
concezione ecclesiologica della grazia
in Eph., 40 ss. I
contenuto della xcip1c; paolina, 39 s.
giustificazione e santificazione in Pao- I ncarnazionc, 64.
lo, 34 ss., ;,9 s.
grazia al singolare, 39. Israele
grazia come avvenimento escatologi- elezione d'Israele e la Chiesa, 280-288.
co, 51 s. Rom. 9-n, 280-288.
512 INDICE ANALITICO
i\fagistero ecclesiastico, 84 s.
o
competenza del magistero ecclesiasti-
co, 158, 212. Obbedienza
magistero ecclesiastico e immediatezza dialettica dell'obbedienza nell'elezione,
della fede, 342 s. 277 s.
Medio Evo, 94 s. Oikonomia, 59.
Merito, 124, 164 ss., 171 ss., 419 s., 478 Opere
484. fede ed opere, 332 ss., 338 ss., 351,
amore e merito, 482. 363.
dottrina del merito in Baio, 199. opere in Paolo, 304 s.
meritum de condigno/meritum de con-
gruo, q1 s., 482. Ordinamento ecclesiastico
riviviscenza dei meriti, 48 3. ordinamento della comm1mio, 457 s.
INlJICE ANALITICO 5r3
R Scotisti, l 59, l 6.
Scrittura
Rappresentanza, 290. solei script11ra m Lutero, 30 ss.
Redenzione
Secolarizzazione, 411.
inizio di redenzione, 359-362.
Regno di Dio Scmipcl:giancsimo, 86-91, 102.
grazia e regno di Dio, 29 ss. Sinergismo, 88, 93, 47i.
Riforma, 443.
Sistemi di grazia, 141-245, 327, 470 s.
Riprovazione
Sobornost, 67.
elezione e riprovazione, 246 s., 252-
255, 28, 288 ss. Societ
Risurrezione di Cristo, 41 s., 51 s., 303 s. strutture demoniache della societ,
434-
Rivelazione
concezione orizzontale della rivelazio- Soflologia, 67.
ne nel nominalismo, 122.
Soteriologia
prova soteriologica della divinizzazione,
62.
s
Speranza
Salvezza certezza della speranza, 35r.
elezione e speranza, 288 ss.
problema della salvc-~z>1 dci non cristia-
ni nei suareziani, 185 s. Spirito (cf. Spirito santo)
salvezza nell'AT, 18, 20, 24.
frutti dello Spirito, 361.
salvezza nel NT, 33, 50.
Santificazione (cf. Giustificazio11c} Spirito samo (cf. Spirito)
giustificazione e santificazione, 39, 354- doni dello Spirito, 460 ss.
364.
Storia della Chiesa
inizio di redenzione, 359-362.
separazione tra Oriente e Occidente,
Sacramcnro 94
Cristo sacramento, 149 ss.
opus operatum I opus opel'tl11tis, 335, Storia dci dogmi, 4rn.
440.
parola e sacramento, 336. Suareziancsimo, 72 s., 183 s., 183-191.
sacr,1111en!um secondo Lutero, r49 s. clim:i di pensiero. i8.~ ss.
vo/11111 dei sacramenti, 342 s. teoloria dei modi, 189.
INDICE ANALITICO 515
T Uomo
dilemma 'Dio e l'uomo' in Occidente,
Teodicea, 126 s. 69, 128, 134, 193, 41 I, 424, 428.
Teologia dimensione verticale dcli 'uomo nel
1kdio Evo, 61.
metodo della corrcbzionc in teologia,
259. dimensioni ddl'csistcn~a um.1na, 413 s.
"'dclii teologici, 416 s. int~rpersonalit, 413 s.
'Process Theology', 214, 44i. relazione io-tu, 431 s.
teologia apofatica, 61, 65, 423. rdazione col prossimo, 435 s.
teologia cd esperienza, 4T4 s.
utili,.zazione degli schemi spaziali in struttura personale e comuni1:1ria del-
teologia, 417. l'esistenza umana, 431 s.
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
2. La tradizione bizantina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
Abbreviazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 487
Indice onomastico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 497
Indice analitico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 507