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DALLA PAROLA ALLIMMAGINE:

IL CASO TRUFFAUT
di
GIORGIO TINAZZI

Dopo le approfondite considerazioni di carattere generale gi svolte sul rapporto tra cinema e
letteratura, credo possa essere utile prendere in esame un autore in particolare. Ho scelto di parlare
di Franois Truffaut per pi di una ragione: non solo, o non tanto, perch circa met dei suoi film
tratta da libri, a testimonianza di un interesse costante per le due forme espressive (dimostrato
peraltro nella attivit di critico svolta prima di passare alla regia); non tanto, o non solo, perch il
suo retroterra culturale si nutre di film e di libri, di Welles e di Balzac come di Renoir e Proust; ma
soprattutto perch in lui come e pi che in altri autori quel rapporto si configura come lincontro
di due strutture, di due modi di mostrare e di raccontare che si confrontano, e mantenendo la
diversit si arricchiscono. Per iniziare si possono prendere a prestito due immagini-simbolo relative
proprio a due autori appena citati: nei Quattrocento colpi il protagonista costruisce, a casa, un
altarino di omaggio allo scrittore del Giglio nella valle; in Effetto notte il personaggio principale
(interpretato dallo stesso regista) vede in sogno se stesso bambino che ruba una foto-locandina di
Quarto potere. Balzac e Welles vengono ad assumere il significato di colonne portanti di due edifici
con molte parti in comune. Infanzia, film e letteratura si configurano come polarit di quel cinema.
Londa lunga, e si diceva ha origine ancora prima. Non certo casuale il fatto che al centro del
saggio di esordio del giovane (aveva 22 anni) Truffaut critico sui Cahiers du cinma (lormai
celebre Una certa tendenza del cinema francese) ci sia proprio il rapporto di adattamento da
libro a film. La tradizione della qualit felice espressione con la quale designava i prodotti di
confezione di una parte degli autori pi considerati della vecchia generazione
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trovava proprio in quel ricorso a opere letterarie il proprio punto di forza. Con quale falso
procedimento? Lobiettivo polemico centrato sul meccanismo dellequivalenza: questo
procedimento presuppone che nel romanzo adattato ci siano delle scene che possono essere girate e
altre no, e che invece di sopprimere queste ultime (come si faceva fino a poco fa) bisogna inventare
delle scene equivalenti, cio come lautore del romanzo le avrebbe scritte per il cinema. Ci sono
almeno due buone ragioni per respingere lequivalenza; in primo luogo, non esistono scene
infilmabili (quasi a riprovaTruffaut porter sullo schermo un diario e una relazione scientifica); e in
secondo luogo non si pu riscrivere la letteratura, il ricambio dei linguaggi presuppone il loro
rispetto ed esclude le forme ibride. Le quali, anche se non lo manifestano, nascono da una
considerazione strumentale della letteratura, e da una sottovalutazione del cinema; per questo,
ribadisce il giovane critico, io non riesco a immaginare un adattamento che sia valido se non
scritto da un uomo di cinema.
Quanto alla vecchia questione della fedelt o meno di un film al libro di partenza, la sua posizione
precisa: un falso problema, si pu essere fedeli e autonomi e originali (il Bresson del Diario di
un curato di campagna insegna), ma anche aderenti al testo e banali. Non questo il punto. Gusti e
predilezioni nei due campi espressivi si andranno precisando; le numerosissime citazioni, da libri e
da film, che arricchiscono lopera truffautiana potrebbero essere una parziale conferma. Non priva,
magari, di piacevoli curiosit; ne cito una, allusiva della vicinanza tra linguaggi: nella Calda
amante il protagonista Pierre Lachenay (che ha lo stesso cognome dellamico di infanzia di
Truffaut, destinatario di tante lettere in cui si parla di libri letti), il quale dirige una rivista letteraria,
seguito in due suoi viaggi, a Lisbona dove va per parlare di Balzac, a Reims dove si reca a
presentare un film di Gide e Allgret. Se poi entriamo nel tempietto della Camera verde troviamo
soprattutto scrittori: Roch, James, Wilde, Audiberti, Proust, e Cocteau che si sempre mosso tra
libri e film. Si potrebbe inoltre far riferimento alla pratica truffautiana di pubblicare dei
cineromanzi, libri cio tratti da suoi film, quasi un
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adattamento alla rovescia. E unoperazione apparentemente semplice, in realt abbastanza
complessa. Questa mise en roman rappresenta uno scambio di scrittura, o meglio il travaso in
forma diversa della scrittura (la sceneggiatura) per un film. E anche un modo per confrontare una
storia scritta con quella che stata una storia per immagini, per confermare rimandi tra forme. Per
questuomo di cinema insomma la letteratura sempre stata una tentazione, una passione, e
perch no? una occasione di furto. Daltronde la ricchissima Corrispendence (mal ridotta
nelledizione italiana pubblicata da Einaudi con il titolo Autoritratto) lo conferma ampiamente.
Leggendola si ritrovano sintonie e accordi segreti con molti scrittori, e anche timori reverenziali,
che lo indussero non considerare lipotesi di portare sullo schermo lautore prediletto (Balzac), o a
rifiutare un progetto relativo a Proust. In moltissime di quelle lettere (alcune davvero dautore: e
non il romanzo epistolare una delle forme con cui Truffaut regista si cimentato?) film e libri
vengono continuamente citati e conoscono infiltrazioni reciproche.
Pure il Truffaut critico come dicevo stato sempre prodigo di riferimenti letterari; ricordo, fra
tutte, la citazione di Roch contenuta in una recensione ad un modesto film di Ulmer, Fratelli
messicani: Uno dei pi bei romanzi moderni che conosco Jules et Jim, che ci mostra due amici e
la loro comune compagna amarsi per tutta la vita di un amore tenero e quasi senza contrasti, grazie
ad una morale estetica e nuova incessantemente rimessa in discussione. Fratelli messicani il
primo film a darmi limpressione che un Jules et Jim cinematografico sia possibile. Era il 1956, tre
anni dopo Truffaut esord nel lungometraggio, cinque anni dopo adatt per lo schermo il romanzo di
Roch. Gli piaceva anche il fatto che, con ogni probabilit, il libro avrebbe cos raggiunto un
pubblico maggiore. Il commercio riguardava anche il pubblico. Saremo la prima generazione di
cineasti cresciuta nelle cineteche, ebbe un giorno ad affermare il regista; avrebbe potuto mettere in
conto, per s, anche le biblioteche. Chi andava a trovarlo, a Les film du Carrosse, scopriva che il
suo studio era tappezzato di libri; in un angolo, quasi poco visibile, la statuetta dellOscar. Si dice
spesso che laudiovisivo va a poco a poco sostituendosi alla scrittura, alla stampa, e tuttavia mi
sento sempre pi tentato da film che uniscono letteratura e cinema. Equilibri, o spostamenti
progressivi del piacere. I film sono stati il prolungamento di questo piacere, testimoniano della
intermittenza tra guardare e leggere, e del loro rapportarsi alla memoria. Qui sta probabilmente la
spinta che porta Truffaut a praticare spesso una sorta di zona di mezzo, e a coglierla in autori
prediletti:penso che Jules et Jim sia un libro cinematografico pi che il pretesto per un film
letterario.
Il libro, la letteratura, la scrittura entrano innanzi tutto come insistenza tematica nei film di Truffaut,
come argomento o significato. Perch il linguaggio (manifestazione, percorso, apprendimento)
uno dei centri del sistema del regista; perch la scrittura, in tutta la sua mobilit, in tutte le sue
funzioni, momento privilegiato della comunicazione: penso che qualsiasi opera sia buona in
quanto esprime luomo che lha creata, scrive citando Welles (cio un cineasta...) in copertina
al libro sui Film della mia vita. La scrittura lo interessa fin dalla sua materialit, dal suo modo di
porsi, dal suo depositarsi concreto: se non fossi stato regista sarei stato editore, si legge in una
lettera. Antoine, nel Quattrocento colpi, durante la fuga notturna si rifugia in una stamperia, ed la
primadi una serie di allusioni-omaggio ai luoghi della riproduzione (scrittura, film, fotografia...)
presenti in tante opere. La manualit latto originario: la sequenza di apertura delle Due inglesi
mostra una pagina del libro di Roch annotata da Truffaut. In quanto comunicazione la scrittura
fiducia, dare e avere, tra chi scrive e chi ha gi scritto, tra chi scrive e chi legge, un circuito
sinuoso e affascinante. Ma anche rischioso, perch pu diventare sanzione della difficolt, della
caduta, dello scontro, dello scacco. Lesperienza, e lesperienza damore in particolare, trova una
trasposizione nella scrittura; dal libro di Morane nellUomo che amava le donne al diario di Adele
H gli esempi sono continui. Pi ancora, e pi particolarmente, latto di scrivere appare
sublimazione, sostituzione (le lettere; in tal senso tra erotismo e scrittura si tendono fili sottili),
quasi momento di riferimento. Infatti, a ben considerare, usare un linguaggio significa confrontarsi
con una norma, e propendere alla sua trasgressione. La mobilit del desiderio, la sua tensione
trovano cos dei riscontri.
Sullo sfondo si configura una sorta di dimensione simbolica della scrittura, le cui caratteristiche
duplicatorie alludono a quel porsi in doppio cos frequente nel cinema truffautiano; e non a caso
altre ramificazioni mirano a confermare questa predilezione, basti pensare alla presenza, in molti
film, dello specchio, e di quello specchio particolare che limmagine. La tendenza a
specchiarsi, anzi, coinvolge anche la costruzione pi complessa della scrittura, cio il racconto;
penso, per fare un esempio, alla Signora della porta accanto, al doppio narrativo la custode del
circolo del tennis di una storia che sta avvenendo. E anche Luomo che amava le
donne (libro) duplica, in forma diversa, la narrazione del film.
Luogo deputato della scrittura il libro, deposito di memoria e
quindi di immaginazione; questo essere momento tangibile di una
eredit irrinunciabile trova la sua celebrazione in Farenheit 451.
Scrivere cercare di sottrarre lesperienza al flusso continuo,
tradisce unaspirazione alla stabilit, fare i conti con il tempo. Anche
il linguaggio cinematografico, appunto, cerca di fissare, di tramandare,
di coniugare scandalosamente realt e memoria. Cinema
e letteratura denotano una simile tentazione, anche se finiscono col
ribadire la non recuperabilit del tempo. Sono una tensione del desiderio
e la sanzione della sua caduta.
Tali considerazioni nascono dalla riflessione dellautore sulla
natura della scrittura; cos come analoghe considerazioni provengono
dallatteggiamento autoriflessivo nei confronti della natura
dellimmagine (penso in particolare alla Camera verde). Daltronde
non un caso che limmagine, il suo prodursi, siano il punto di arrivo
o di partenza di alcune proposte particolarmente significative
del cinema contemporaneo (Wenders, Antonioni, Godard ...).
La letteratura d al cinema sostegno soprattutto sul piano
dellespressione, in particolare per chi, come Truffaut, spinto dalla
voglia di raccontare delle storie. Il libro parte saliente del mestiere
di regista, del suo lavoro artigianale di congegnare vicende; nella letteratura
c il grande serbatoio delle narrazioni, quel grande patrimonio
collettivo con il quale si confronta lesperienza personale. Se
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fare , in qualche maniera, sempre anche ri-fare, se rendere possibile
anche tener conto delleredit, allora cineteche e biblioteche sono
passaggi obbligati.
Truffaut daltronde ha sempre amato linterferenza dei linguaggi,
convinto che la presa a prestito non intacca lautonomia, che purezza
e impurit sono nozioni improduttive, che linvasione di campo
non deve intimorire chi conosce il proprio mestiere. La specificit
non esclude la circolazione. Con ci Truffaut sembra riprendere
unaspirazione di vecchia data per il cinema, quella verso gli sconfinamenti;
vale la pena allora di ricordare la considerazione di carattere
generale di Mukar]ovsky;: la loro importanza [degli sconfinamenti,
appunto] per il processo di sviluppo consiste nel fatto che
larte impara a sentire nuovamente i propri mezzi formali e a vedere
il proprio materiale in un nuovo aspetto; resta per sempre la stessa,
non si confonde con larte affine ma soltanto raggiunge con
uguale procedimento effetti diversi o con diverso procedimento effetti
uguali. Il cinema si mosso non infrequentemente verso questarea
fertile delle confluenze, e in tale dare e avere la letteratura ha
avuto un ruolo preminente.
Cercare di rompere gli steccati pu voler dire aprire possibilit,
aumentare il raggio di azione della macchina da presa verso lelasticit
della penna. Questo confronto ha permesso a Truffaut di cimentarsi
con il film ad andamento epistolare (da Adele H a Le due
inglesi), con il monologo (ancora Adele H) e con il saggio (Il ragazzo
selvaggio).
***
A questo punto occorre andare al centro dellargomento e
chiedersi le ragioni dellinteresse truffautiano per il lavoro di adattamento,
o per evitare lambiguit del termine al confronto di letteratura
e cinema nella pratica registica. Primario appare lintento di
mediazione: ho una grande propensione a parlare di me e una
grande ripugnanza a farlo direttamente, in questo senso il libro,
una storia predisposta con cui ci sono consonanze e in cui va posto
del nuovo, una sorta di filtro, di garanzia contro lautobiografismo
evidente, contro la tentazione di parlare troppo in prima persona.
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Ma c dellaltro, naturalmente. Truffaut, dicevo prima, ha sempre
amato la commistione, la confusione dei linguaggi, i vasi comunicanti:
tra cinema di ieri e di oggi, tra varie forme di cinema, tra
parola e immagine, e appunto tra cinema e letteratura.
Tra parola e immagine: certamente significativo che a questo
rapporto abbiano dedicato particolare attenzione molti tra i cineasti
della generazione di Truffaut. Uno dei film di apertura del cinema
della modernit, Hiroshima, mon amour, nasceva proprio in una
zona di frontiera, in cui la parola con il suo tempo (con la sua grana
direbbe Barthes) diventava elemento di interazione necessaria
con limmagine al fine di decantare la fondamentale dialettica tra
memoria e oblio. La realt visiva del ricordare era indotta dal recitativo.
Quanto a Godard, si pu prendere ad esempio uno dei suoi
film pi rappresentativi in tal senso, Vivre sa vie, dove (nellultimo
quadro) si arriva alla lettura di buona parte del Ritratto ovale di
Poe; parola e immagine si qualificano come luogo privilegiato della
commistione che il cinema sonoro. Perci in questo film la parola
articola tutte le sue possibilit: parola parlata (la lettura di Poe, appunto,
con voce di Godard), parola scritta (le didascalie, e in particolare
proprio le didascalie sostitutive del dialogo nel dodicesimo
quadro), voce off (le istruzioni sui modi di comportamento della
prostituta), voce recitante (la lettura del giornale, a conclusione
del secondo quadro, su alcune immagini quotidiane di Parigi). Godard
sottolineer addirittura, paradossalmente, loriginalit dellatto
di lettura portato al cinema: filmare qualcuno mentre legge sarebbe
gi pi interessante della maggior parte dei film che vengono fatti.
Perch il cinema non potrebbe essere semplicemente della gente
che legge dei bei libri?.
Anche Truffaut sembra essere dentro ad una simile contraddizione
apparente; per chiarire il discorso si pu portare un esempio:
sostenitore com della visivit del cinema non ha paura di usare un
procedimento tradizionalmente reputato letterario (ma si potr
mai definire questo aggettivo?) come la parola fuori campo. Lo fa
per almeno due ragioni. Perch semplicemente accetta, quando
occorre, una priorit se non un primato della parola. Ne risente, positivamente,
la costruzione stessa del film, che viene a giocare sullalternanza
dei blocchi stilistici, molto detti oppure molto visibili:
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parola e immagine come materiali. Quelluso del narratage serve
poi a denotare una partecipazione, avvalorata dal fatto che spesso i
brani sono letti dallo stesso regista. La scrittura si conferma come
scambio, e la voce in presa diretta intende ottenere, nei riguardi dello
spettatore, gli effetti di una lettera manoscritta.
Laccusa di letterariet rivela allora tutta la sua inconsistenza e
pretestuosit. Non a caso tornata pi volte per un altro autore di
quella generazione, Rohmer, a proposito del suo cinema della parola.
Il problema di fondo, e non si risolve accettando o rifiutando
unetichetta; un problema di rapporti. Il mio primo intento scrive
il regista nella prefazione al testo letterario dei Racconti non era
quello di filmare degli eventi bruti, ma il racconto che qualcuno faceva
di essi; il punto di contatto tra le due forme quindi la struttura
letteraria del racconto, e di un certo tipo di racconto. Quel cinema
si qualifica allora prevalentemente come messa in scena della parola,
come avventura dialogica. Lordine prodotto dalla costruzione
narrativa per immagini si confronta con la libert della parola.
***
Come non servono i facili schemi della letterariet, cos non risultano
produttive altre due affermazioni a proposito di Truffaut,
quella della diversa qualit dei generi praticati e quella della non
omogeneit dei punti di partenza. Sotto il primo profilo, serve dire
che per il regista non esistono gerarchie, al cinema come in letteratura.
Anzi, intenzionalmente ha voluto rifarsi, in alcuni casi, ad autori
erroneamente considerati minori (Williams, per Finalmente domenica);
e gi come critico aveva ampiamente cercato di dimostrare
che in molti registi reputati semplici esecutori cera tanto da
cercare e da scoprire. Rivisti, rivelano uno spessore; cos come succede
per alcuni libri, se riletti attentamente; i romanzi di Goodis e di
Irish gli apparivano in realt dei racconti di fate per adulti. Gli
schemi, per chi fa o vede, per chi scrive o legge, devono saltare.
Per laltro aspetto da ricordare che nellaccostarsi ai libri non
occorre necessariamente che gli stili siano analoghi. Truffaut anzi
stato attirato da registri diversi: la relazione scientifica (servita di base
per Il ragazzo selvaggio), il romanzo di impianto e di lingua raf-
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finata (i due Roch), lepistolario (Adele H), largot stretto e il linguaggio
inventato (il romanzo di Henry Farrel per Une belle fille
comme moi).
E anche il tipo di adattamento pu essere diverso, da film a
film. Il regista ha semplificato (La sposa in nero), ha tolto (Farenheit
451), ha aggiunto (il ragazzo sordomuto nella Camera verde
uninvenzione rispetto allAltare dei morti di James), ha fatto
interpolazioni (tra i due romanzi di Roch), ha usato procedure diverse
per romanzi dello stesso autore (la minore fedelt de La mia
droga si chiama Julie rispetto a La sposa in nero, entrambi tratti da
Irish, oppure delle Due inglesi rispetto a Jules et Jim).
La letteratura ha anche influenzato le sue letture; ha detto
Gruault, cosceneggiatore delle Due inglesi: per i due terzi segu pi
o meno la mia stesura, ma nellultima parte la morte di Anne e della
madre apport alcuni elementi nuovi: stava leggendo la biografia
di Branwell Brnte scritta da Daphne Du Maurier, e si ispir un
poco alla Bront.
***
Raccontare, in cinema e in letteratura, significa costruire, mettere
assieme materiali, studiare elementi di sostegno: lingegneria di
racconto ha sempre affascinato Truffaut, al punto che vi ha dedicato
un intero film (Lamore fugge), tutto giocato sui rimandi, gli intarsi,
gli intrecci; ma gi Luomo che amava le donne, se non altro, era
basato su una struttura narrativa ad incastro, quasi a ribadire che il
piacere del racconto (la sua strategia di seduzione) nasce dalle sue
regole e dalla loro messa a repentaglio.
questo gusto per la commistione e per laccettazione e la modifica
delle regole che spiega laccostamento di Truffaut ai generi, e
a generi diversi, per il cinema e per la letteratura. Perch lapparato
solidificato permette meglio di giocare sul rapporto fra tradizione e
innovazione; ma anche perch suo tramite ci si pu rapportare da
un lato a dei modelli e dallaltro al pubblico. Praticare un genere significa
mettersi in relazione con i principali autori che hanno contribuito
a consolidarlo, vuol dire perci rivederli e riscoprirli, usare
codici e persino stereotipi per sfumarli, incrinarli, mescolarli. Il cine-
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ma inoltre spettacolo rivolto ad un grande pubblico, e si tratta allora
di tenere conto della sua memoria e dei suoi meccanismi di attesa,
di mettere assieme riconoscibilit e imprevedibilit. E se, per
raggiungere il destinatario, possono servire regole forti non serve
aver paura n sentirsi arretrati: nel secolo scorso (Balzac e Dumas,
per fare dei nomi) cera pi coraggio. Si dice che questi autori erano
melodrammatici, ma se un cineasta vuol fare della finzione deve
pensare pi a loro, non deve aver paura degli intrighi.
***
Cinema e letteratura, racconto e finzione, linguaggi che si richiamano:
le lezione di Truffaut del tutto attuale. Perch nel momento
in cui la comunicazione audiovisiva sta portando il tutto visibile
al tutto uguale, il suo cinema proprio per i ricambi che mette
in atto ci richiama alla scrittura come luogo del simbolico, alla differenza
tra riproduzione e imitazione, al valore della parola e dellimmagine.
A confermare lesistente basta, e avanza, la televisione.
GIORGIO TINAZZI
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