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Un invito che suona quasi come un precetto di morale spicciola viene stavolta rivolto a una
ragazza, anchessa dal nome fittizio. La raccomandazione analoga a quella dell'ode l 9
(t13): non bisogna chiedersi quanta vita ci aspetti, e non serve interrogare inutilmente il
corso delle stelle. Piuttosto meglio approfittare dellunica certezza a nostra disposizione: il
presente. La breve lirica, destinata ad avere una lunga fortuna letteraria, si chiude con
l'immagine di due nette fratture (reseces, carpe): alle attese che si proiettano nel futuro
(spem longam), al fluire inarrestabile del tempo (fugerit invida aetas), destinato comunque a
proseguire nel suo corso, Orazio contrappone la brevit di un attimo o di un giorno, che
bisogna fermare con il gesto di chi strappa una foglia o il petalo di un fiore. ll metro
l'asclepiadeo maggiore.
La struttura e i temi
Una serie di consigli La struttura di questa ode, perfetta nella leggerezza con cui sa dar
forma a un tema dei pi profondi, articolata attorno ai consigli che Orazio d alla
destinataria Leuconoe: i primi due sono esortazioni a non fare qualcosa" (nella forma degli
imperativi negativi ne quaesieris, v. 1, nec .. tempta[ve]ris, v. 3); gli altri, due al v. 6 e uno
per ciascuno degli ultimi due versi, sono un primo generico invito alla saggezza (il
congiuntivo esortativo sapias, v. 6) accompagnato da quello a versare il vino, simbolo del
convito (vina liques), un monito a guardarsi dal rimettere tutto a una speranza che guarda
troppo lontano (altro congiuntivo esortativo, spem longam reseces, v. 7), infine il celeberrimo
invito a godere del tempo presente (di nuovo un imperativo, carpe diem, v. 8).
EXEGI MOMUMENTUM
A questo carme, che chiude i primi tre libri di Odi, Orazio affida una dichiarazione con cui
rivela limportanza che attribuisce alla propria impresa poetica e ribadisce di aver raggiunto
con essa unimmortalit inattaccabile. In particolare egli lega leternit della sua fama alla
vita di Roma, fermata nellimmagine solenne della processione sul Campidoglio, guidata
dalla Vestale pi anziana e dal Pontefice Massimo: finch si celebreranno questi riti (cio
finch Roma vivr), anche la gloria del poeta continuer a crescere. Ma a Orazio la fama
riservata anche nella terra che gli ha dato le sue umili origini. Il merito che egli rivendica alla
propria poesia quello di avere introdotto a Roma la lirica eolica, quella di Alceo e di Saffo.
La struttura e I temi La composizione si articola in tre parti quasi omogenee per numero di
versi (1-5; 6-9; 10-14a), pi una formula conclusiva che occupa gli ultimi due versi e mezzo
(14b-16). Ciascuna delle prime tre parti corrisponde a un periodo sintatticamente aperto da
un verbo alla prima persona singolare (Exegi Non omnis moriar... Dicar...): il poeta che
parla di s, rivendicando con orgoglio il merito dell'opera darte che ha appena terminato con
le sue Odi e che gli varr fama imperitura. La conclusione invece introdotta, in variatio, da
un imperativo che Orazio rivolge & Melpomene, la Musa che lo ha ispirato, perch lo
consacri ufficialmente poeta con la corona di alloro.
Il compimento dellopera (vv. 1-5) Ho realizzato un'opera afferma Orazio pi durevole
delle statue di bronzo. Tra il verbo dapertura exegi e laggettivo che chiude il verso 1, il
comparativo perennius, si inarca il massimo possibile della tensione temporale: il perfetto
indica lo sforzo portato a termine e guardato retrospettivamente dal traguardo raggiunto;
perennius, nel pronosticare la fama duratura che attende lopera, proietta viceversa lo
sguardo verso un futuro visto come una indifferenziata successione di anni. In questo modo,
al momento di chiudere la sua raccolta di Odi, Orazio suggella passato e futuro in una
prospettiva dawero sovratemporale, come quella che si addice alle opere che oggi definiamo
classici".
La poesia rende immortali (vv. 6-9) Tutta la pane centrale dell'ode (vv. 6-14) affronta il
tema della fama in prospettiva cronologica, ed segnata dal tempo futuro (non moriar, v. 6,
vitabit, v. 7 e crescam, v. 8, pi un altro futuro nella subordinata temporale, dum... scandet,
vv. 8-9). Il periodo sviluppa il tema della forza della poesia che render immortale il suo
autore, grazie alla fama che gli garantir nel tempo. La durata di tale fama, sempre
rinnovata, viene fatta corrispondere alla sopravvivenza di Roma, simboleggiata
dallimmagine solenne della salita al Campidoglio del pontifex maximus e della Vestale, due
tra le pi antiche ligure della religione di Stato
L'orgoglio di Orazio (vv.10-14a) Nei vv. 10-14a la riflessione si sposta dalla prospettiva
cronologica alla dimensione spaziale: il poeta infatti felice al pensiero che la sua fama
risuoner persino nella sua terra di nascita (l'Apulia), dove meglio che altrove si potr
misurare la crescita che ha fatto, ex humili diventato potens (v. 12). A questo pensiero egli
collega la rivendicazione orgogliosa di aver aperto una nuova via alla poesia latina mediante
l'innesto in essa dell'esperienza greca.
L'invito alla Musa (vv. 14b-16) Orazio utilizza lo schema della invocazione alla Musa (il
modo imperativo, il vocativo) abitualmente collocato all'inizio di un componimento in un
contesto nuovo. Invece di invocare l'ispirazione per comporre, il poeta chiede per s
attraverso la mediazione della Musa Melpomene lincoronazione poetica. un modo per
evitare una troppo diretta autocelebrazione ma, insieme, per riaffermare la consapevolezza
di avere pienamente meritato la gloria di poeta (quaesitam meritis).