SAVERIO CARILLO, MARINA DAPRILE
Conservazione e valorizzazione dei beni culturali. Il caso della Comuni-
t Montana Alento-Monte Stella*
Lesperienza che viene illustrata nel presente
contributo nata nellambito dellunit di ricer-
ca interessata alla tematica di conservazione e
valorizzazione dellesistente per un progetto a
dimensione territoriale maturato a seguito di
uno studio multidisciplinare prodotto dal Cen-
tro regionale di Competenza del Benecon vo-
luto dalla Regione Campania. Il Benecon (Beni
Culturali, Ecologia, Economia per il recupero
produttivo) uno dei dieci Centri di Compe-
tenza promossi dalla Regione Campania, As-
sessorato allUniversit e Ricerca Scientifica
- Innovazione Tecnologica e Nuova Economia -
Sistemi informativi e Statistica, per il sostegno
e il trasferimento tecnologico alle imprese di
know-how innovativo. Finanziato con la Misura
3.16 P.O.R. Campania 2000-2006, presenta una
dote di 250 ricercatori appartenenti a quattro
atenei campani e a due centri di ricerca e un
patrimonio di attrezzature scientifiche del va-
lore di 9.600 milioni di euro. Attraverso il suo
network di competenze multicriteri@ realizza
uno spin off in grado di incrementare il capi-
tale territoriale attraverso il diretto coinvol-
gimento degli attori sociali, individuando lo
stato del patrimonio esistente, definendo le
corrette strategie e costituendo un indotto per
la formazione e la crescita del lavoro. Benecon
promuove non solo la crescita competitiva del
territorio attraverso il trasferimento di cono-
scenza, ma permette anche una verifica tota-
le dellimpatto determinato dagli interventi e
dalle azioni di sviluppo.
Nellambito del Progetto dimostratore volto
alla individuazione dellEcomuseo diffuso del
Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Dia-
no, per lunit di ricerca afferente alle discipli-
ne conservative, coordinata dal prof. Giuseppe
Fiengo, si provveduto, dintesa con un grup-
po di giovani architetti coinvolti nel lavoro sul
campo, alla redazione di rilievi e registrazioni
di episodi salienti (archh. A. Capasso, S. Ca-
vallaccio, C. De Marco, L. Ferri, M. Nuzzo) per
lindividuazione di parametri conologicamente
significativi tesi a definire le temporalit mate-
riche delle fabbriche, nonch allallestimento
di uno strumento sinottico volto a supportare
una guida minima alloperativit con il coordi-
namento degli scriventi.
Dintesa con gli altri apporti che, sempre
sul piano del metodo, i diversi ambiti scienti-
fici - dalleconomia allingegneria strutturale,
dallarea della rappresentazione e del rilievo
alla tecnologia dei materiali - hanno fornito
alliniziativa, attraverso lelaborazione multi-
disciplinare di progetti di massima, relativi a
subaree e contesti edilizi organicamente deli-
mitati, lesperienza in parola ha realizzato un
interessante contributo nel quadro della pia-
nificazione cosiddetta complessa offrendo, gi
soltanto per le competenze coinvolte e per le
modalit di gestione dei risultati, ripetuti spun-
97
 ti alla riflessione metodologica ed al concreto
operare.
Secondo i livelli di approfondimento succes-
sivi che, per definizione, articolano una piani-
ficazione strategicamente complessa, il nostro
contributo si espletato nel passaggio alla
scala edilizia, in funzione di scelte urbanistico-
territoriali gi delineate, con iter e modalit
multidisciplinari, nella prima parte del piano.
Cos strutturato, il lavoro ha previsto due piani
dazione, sinergicamente, rivolti allelaborazio-
ne di un apporto innanzitutto metodologico,
in grado di colmare le vaste lacune che, pro-
fessionisti e enti pubblici, ancor oggi, rivelano
nellambito dellapplicazione di una pratica po-
litica ecologicamente efficace.
La presente fatica offre un apparato meto-
dologico di riferimento alla redazione di ana-
lisi conoscitive, interpretative e diagnostiche,
propedeutiche allazione di salvaguardia pro-
priamente detta, alla quale compete, difatti, la
seconda parte di questo contributo. Attraverso
il richiamo a categorie dintervento e/o con la
generale descrizione delle modalit dazione,
sono state fissate, caso per caso, le linee-gui-
da principali del futuro progetto conservativo,
vale a dire, indirizzi ed obiettivi che definiscono
un intervento compatibile, efficace e coeren-
te per il singolo edificio, come per lo specifico
elemento costruttivo.
Lesperienza di lavoro, confluita nella gestione
tecnica dello studio di Piano di conservazione e
valorizzazione della Comunit montana Alento-
Monte Stella, in provincia di Salerno, offre un
contributo nella redazione delle analisi prope-
deutiche alla pianificazione. Il nostro apporto
specifico si realizza, principalmente sul piano del
metodo, a livello edilizio.
98
Gli elementi strutturali
Lanalisi dei contesti edilizi si avvalsa dellinda-
gine diretta. Dalla determinazione dei caratteri
morfologico-dimensionali alla connotazione ma-
terica dei sistemi strutturali (murature e orizzon-
tamenti) e dei corrispondenti elementi costruttivi,
fino alla qualificazione degli effetti del degrado,
del dissesto e delle alterazioni superficiali, ogni
dato, catalogato secondo sperimentati protocolli,
stato riportato su carte e schede tematiche. In
particolare, la definizione delle qualit costituenti
ha evidenziato le invarianti morfologiche, metri-
che e dapparecchio, funzionali alla creazione di
cronotipi1, mentre dalla lettura delle alterazioni
sono emerse le coordinate necessarie allindi-
viduazione di categorie dintervento, ordinate a
formare una sorta di guida operativa, senza for-
nire un prontuario di ricette o un insieme di casi
esemplari, nel quadro di un approccio rigorosa-
mente conservativo dello status quo2.
Unimportante tradizione, rintracciabile so-
prattutto nelle zone dellAlento e contermini, al-
meno dalla prima et moderna, fa corrispondere
alla larga presenza di argille un generale ricorso
a malte ed impasti di calce cos additivati3.
La conservazione di queste manifatture, spesso
degradate da fenomeni erosivi indotti da umidit
dinfiltrazione, soprattutto nelle porzioni di coro-
namento, a contatto con il suolo ed, in generale,
sulle cortine, impone preliminarmente una capil-
lare campionatura degli impasti, per lindividua-
zione analitica delle connotazioni materiche e per
la valutazione dei composti da impiegare nelle
malte da reintegrazione, coadiuvando loperato
con la predisposizione e la riparazione di presidi
per lallontanamento e la regimentazione delle
acque piovane4.
 Sempre nellarea dellAlento nonch in altre
realt dellentroterra salernitano, pure esterne
al Parco, ricorrono i cosiddetti pullicielli, alme-
no dallet contemporanea fino ai primi decenni
del secolo scorso. Le evidenze rivelano uno stra-
to di spessore circa 2-2.5 cm, a diretto contatto
del paramento lapideo esterno. La calce, talvolta
non miscelata correttamente ed anche non cotta
a sufficienza, mischiata a sabbie di granulome-
trie eterogenee, tendenzialmente medio-grandi,
spesso arricchite dalla presenza di argilla. Su que-
sto rinzaffo appena predisposto, i muratori inse-
rivano a forza i pullicielli - frammenti fittili di di-
versa provenienza (mattoni, coppi, riggiole), con
lato maggiore in media di 1-2 cm - soprattutto
in corrispondenza delle superfici di pi evidente
displanarit, nelle commessure ed in eventuali 1. Bacino dellAlen-
to,CasaleD,prospet-
lacune. Quando presente, a questo primo strato to esterno, particolare.
era sovrapposto un secondo rivestimento (finitu- Ladozione dei pullicielli
ra), a base di sabbia tendenzialmente medio-fine, consent il riutilizzo di
frammenti e spezzoni
poi tinteggiato, attualmente, in molti casi assai la- prodotti dai crolli indotti
cunoso o praticamente perduto. dai terremoti.
Ladozione dei pullicielli - evidentemente fun-
2.Vatolla, palazzo Var-
zionale ad una presa migliore, anche in ragione gas, prospetto poste-
della difficolt di mantenere lintonaco che molti riore, particolare. Le
copertine murarie, qui
fra i litotipi autoctoni presentano - consente al- di spessore compreso
tres di contestualizzare questuso al susseguirsi tra 10 e 17 cm, riutilizza-
di una serie sismica di non elevata intensit, a vano anche il materiale
minuto proveniente da
cominciare allincirca dalla fine del Settecento. crolli e demolizioni. La
I frammenti descritti, facilmente, provengono riconfigurazione della
da eventi calamitosi, quali i terremoti. La storica geometria delle faccia-
te, comunque, realizzata
sismicit dellarea - interessata da pochi grandi dalle fodere murarie, in
eventi e da tanti di media intensit - caratterizza questo caso, funzio-
nale alloccultamento
alquanto le culture costruttive locali, motivando
del giunto tra i due pa-
la diffusione di elementi e presidi progettati per ramenti di differente
risolvere o prevenire i danni tellurici. Tali predi- impianto (sulla destra
dellimmagine).
sposizioni si osservano a SantAngelo a Fasanella
ed, in misura minore, a Cicerale, Vatolla, Perdifu-

99
 mo. Al pi possono ascriversi al tardo XVIII e, so-
prattutto, al XIX secolo. Si configurano come con-
trafforti, ringrossi murari puntuali, anche scarpati
- eretti nelle porzioni di maggiore sollecitazione e
nelle sezioni sottoposte ad eccentricit del cari-
co - come fodere e sottili controfacciate5, nonch
come radiciamenti, specie al piano terra - dove
architravi di porte e finestre hanno tenute par-
ticolarmente lunghe (almeno 65-70 cm), talvolta
asimmetriche, allungate da un solo lato sino al
cantonale. Pi rari, infine, le catene lignee, gene-
ralmente visibili sulla fronte dingresso a livello
del primo calpestio, e gli archi trasversali, a con-
trasto fra opposte cortine. Il repertorio descritto
rivela, per, carenze importanti sul profilo strut-
turale, specie per la resistenza alle forze orizzon-
tali, innanzitutto perch le membrature manca-
no, in generale, di adeguate cuciture trasversali6.
Gli stessi radiciamenti sono spesso inefficaci;
lasimmetria delle tenute realizza difatti una di-
scontinuit e, quindi, unanomala distribuzione
delle sollecitazioni, a dispetto del comportamen-
to scatolare che, invece, sarebbe necessario ga-
rantire.
Dalla lettura degli apparati murari, secondo le
modalit predisposte nelle competenti schedature,
discende lindividuazione dei parametri necessari
alla determinazione di modelli cronotipologici7.
La maggiore quantit di informazioni raccolte
compete le et moderna e contemporanea; per
questi periodi stato immediato il riscontro delle
poche fonti indirette, strumentali allattribuzione
di campioni filologicamente datati8. Partendo dal-
le considerazioni pi generali, luso corrente delle
specie litiche autoctone (calcari, calcareniti ed are-
narie) di pi facile approvvigionamento corrispon-
de allo sfruttamento dei banchi rocciosi affioranti
nelle singole localit9. Dalla preponderanza di un
100
tipo su un altro discendono alcune peculiarit ri-
scontrabili nelle tessiture, in primis, per la diver-
sa lavorabilit di arenarie e calcareniti rispetto ai
calcari dolomitici. Vi sono elementi distintivi della
tradizione muraria locale che configurano delle
invarianti di merito nellarco temporale conside-
rato, innanzitutto, in ragione dellapprovvigio-
namento della pietra, sempre ricavata dai locali
affioramenti, nonch per la scarsa permeabilit
alle innovazioni di una pratica edilizia, ad eccezio-
ne di pochi casi aulici, autoctona e poco o nulla
specializzata. La mancata lavorazione delle pietre
correnti, lasciate rustiche, influenza anchessa gli
apparecchi che, seppure nella variabilit di distin-
te declinazioni, si riconoscono uniformemente
del tipo a cantieri, con disposizioni tra gli oriz-
zontamenti pi regolari, soprattutto dove si sono
impiegate arenarie e calcareniti, poich lo spacco
secondo piani di stratificazione pressappoco pa-
ralleli ed orizzontali ha agevolato una regolariz-
zazione, spesso apparente, dei paramenti, alla
quale non corrisponde, difatti, un generalizzato
concatenamento trasversale. A questo riguardo
utile il confronto tra gli apparati murari di Cicera-
le, dove prevalgono le arenarie, e di SantAngelo
a Fasanella, dove la durezza di calcari e calcareniti
ha favorito la diffusione di apparecchi con volumi
rustici eterogenei, spesso medio-piccoli, accata-
stati in verticale a formare file sfalsate e conver-
genti di due o tre elementi sovrapposti, con ricor-
si in genere pi distanziati (51-52 cm), rispetto
allaltro repertorio citato10.
Posto che la tecnica descritta, evidentemente
tributaria delle modalit di assemblaggio a sec-
co, caratterizza, con ben poche varianti, lintero
repertorio di opere indagate, pi interessanti ai
fini di un ordinamento cronotipologico sono,
piuttosto, altri parametri, quali lassortimento
(eterogeneo, omogeneo) e la grandezza (grande,
medio, piccolo) dei volumi lapidei ed, in secon-
da battuta, il modo in cui sono stati sistemati gli
elementi tra un orizzontamento e laltro e la con-
fezione del nucleo. A Cicerale, dove nel materiale
misto adoperato prevalgono le arenarie, le mura-
ture pi antiche, quasi a filaretto, si apprestano
come dei mini-cantieri, almeno fino a tutto il XVII
secolo, allincirca alti un palmo e mezzo (39-40
cm), di rado 2 palmi (50-52 cm), definiti dallin-
serimento al bordo superiore di materiale minuto
di pareggiamento e di pietre pi grandi, di forma
particolarmente allungata e con assetti orizzon-
tali quasi regolari, usate di fascia come pure nei
cantonali, per meglio definire la corrispondenza
dei ricorsi. Questi nuclei, se inferiori ad 1 m, sono
stati confezionati contestualmente ai paramenti
e, pur non presentando elementi lapidei lunghi
almeno la met del grosso del muro, presentano
un discreto ingranamento trasversale, vigendovi
una sufficiente distribuzione, sia in orizzontale sia
in verticale, di pietre di punta, con il lato lungo
trasversale alla parete.
Le caratteristiche elencate subiscono alcune
modifiche nel XVIII ed, in maniera pi marcata,
nel XIX secolo. Contestualmente al generale incre-
mento dellattivit edilizia, si osserva il proliferare
di apparecchi che ad una migliore distribuzione
delle pietre sul paramento - con volumi tenden-
zialmente eterogenei e giunti spesso sottili, in
ragione delle tante zeppe inserite nelle commes-
sure - accompagna un ingranamento trasversale
carente, connotato dalla discontinuit esistente
tra i due paramenti, collegati dal solo inserimento
di scaglie e asche di riempimento, dosate in un
conglomerato a base di calce, con rare pietre di
punta, comunque, di lunghezza insufficiente. In
pieno Ottocento e fino ai primi decenni del XX
secolo luso delle zeppe, anche dorigine fittile, si
generalizza, insieme alle predisposizioni attuate
per la prevenzione del danno sismico11.
Per quanto concerne gli interventi relativi alle
opere murarie, occorre distinguere le lesioni ed i
dissesti dai fenomeni di deterioramento di mate-
riali e superfici. Per i primi, si distinguono lesioni
in corrispondenza dei cantonali e delle aperture
- ad indicare un cattivo immorsamento tra spalle
e parapetto o un cedimento fondale - ed i fuo-
ripiombo e gli sganciamenti, a riprova della ten-
denza del muro ad aprirsi sotto lazione di spinte.
Per le forme di degrado si osservano sia fenomeni
legati ai materiali impiegati (erosione, scagliatura,
fatturazione, mancanze) sia alla presenza di agen-
ti biologici (patine e licheni). Nel quadro di inter-
venti compatibili pi generali sono possibili, per la
scatola muraria, le integrazioni puntuali e parziali
di parti compromesse, gli speroni murari e le ca-
tene o le travi-catena; per le murature, puliture e
disinfestazioni, risarciture e stilature dei giunti di
malta con impasti analoghi ai precedenti, nonch
protezione delle superfici con prodotti traspiranti
non pellicolanti.
Relativamente allo stato di conservazione in
cui versano le strutture indagate, non si pu tace-
re della grave perdita rappresentata dalla scom-
parsa di gran parte degli originali orizzontamenti
lignei, molti dei quali sostituiti anche in risposta
al sisma del 1980, oggi presenti per lo pi nelle
fabbriche abbandonate o a copertura di terranei,
depositi e di qualche supportico12. Gli esemplari
rimasti devono essere, quindi, oggetto precipuo
di tutela, tanto da renderne ancora pi importan-
te la determinazione dei cronotipi13.
La maggioranza delle strutture osservate im-
piega unorditura semplice di travi tonde, spes-
so di castagno, soltanto scortecciate (scorzate)
101
 3. Studio di progetto di
conservazione Alento-
Monte Stella, scheda
di rilievo di un caso stu-
dio a Cicerale, palazzo
Marchesale Carafa Pri-
micile, loggiato, solaio
in travi tonde, tavole
e chiancole, fine XVIII -
inizio XIX sec. (rilevato-
ri: archh. A. Capasso, S.
Cavallaccio, C. De Mar-
co, L. Ferri, M. Nuzzo).

4, 5, 6, 7. Studio di pro-
getto di conservazione
Alento-Monte Stella,
schede di rilievo e gui-
da ai provvedimenti
conservativi di due casi
studio nel Comune di
Cicerale: palazzo mar-
chesale Carafa Primici-
le, ala nord, piano terra,
solaio in travi asciate,
solarini e chiancarelle
di sostituzione, ed edi-
ficio in corso Umberto
I, 28, vestibolo, solaio
in travi asciate, solari-
ni, chiancarelle e due
tarcenali scorzati (ri-
levatori: archh. A. Ca-
passo, S. Cavallaccio, C.
De Marco, L. Ferri, M.
Nuzzo).

102
e predisposte alternando, secondo il lato corto
del vano, la cima e la base dei fusti 14. A queste
travi era sovrapposto, in genere, un tavolato,
spesso anchesso di castagno, o pi di recente
le cosiddette chiancarelle, in ogni caso, media-
mente soltanto poggiati sulle travi principali15.
Uno strato di cretonato ed uno superiore di pa-
reggiamento per ospitare il pavimento comple-
tavano lapparecchio16.
I parametri che pi marcatamente influenza-
no lo svolgimento dei cronotipi riguardano lavo-
razione e misura della sezione delle travi, tipo
di materiale costituente lorditura secondaria
ed, in misura minore, la dimensione delle vale-
re (interassi tra gli elementi portanti). In qual-
che manufatto pi antico (XVII-inizi XVIII sec.)
si sono osservate travi asciate anzich scorzate,
con diametro medio di circa 20 cm, allestite con
solarini in media di 13-20 cm di lato per 3-3.5
cm di spessore17. La valera compresa tra 0.80
e 1.10 cm. Tra la fine del XVIII ed il XIX secolo
le travi, solo scortecciate, hanno sezioni lieve-
mente minori (18-16 cm), mentre le valere sono
pressappoco costanti, raramente inferiori a 90
cm o di poco superiori a 1 m (1.05 m). Le tavo-
le pure si mantengono appena pi piccole della
fascia cronologica precedente, con lunghezze di
13-15 cm e spessori di 2.5-3 cm. Contrariamen-
te ai casi pregressi, questi ultimi impalcati ricor-
rono, per, pi diffusamente alle chiancarelle
(8-10x3-3.5 cm), usate contestualmente anche
nelle strutture pi antiche per la sostituzione di
solarini ammalorati. Tra le finiture non sono rare
lincalcinatura dellintradosso e limprimitura
a catrame, per offrire una maggiore resistenza
allumidit ed allaggressione biologica.
Le condizioni in cui versano gli esemplari cam-
pionati riflettono forme distinte di degrado e di
dissesto. Gli androni, i supportici ed i locali terra-
nei vedono, alquanto uniformemente, il progre-
dire di fenomeni legati alla presenza di umidit
ambientale, come rivelano le alterazioni cromati-
che e le sgorature, a testimonianza di attacchi, so-
prattutto fungini, di diverso tipo, intensit e data-
zione. Non manca qualche caso di marcescenza,
in corrispondenza delle teste delle travi a diretto
contatto con il muro.
I dissesti pi comuni corrispondono a fenome-
ni di sfibramento, svergolamento e imbarcamen-
to a carico di singoli elementi e, pi rari, rotture e
cedimenti puntuali. Anche le orditure secondarie
sono interessate, talvolta, da alterazioni di tipo
strutturale, con deformazioni e rotture, in genere,
dovute a problemi di sovraccarico.
Luso dei tarcenali (travi lignee inserite trasver-
salmente allintradosso) e delle ginelle rompitrat-
ta, generalmente anchesse di castagno, collegati
con strasciolette di ferro allelemento portante da
rinforzare e, pi di recente, il ricorso alluso tra-
sversale delle putrelle, testimoniano i ripetuti pre-
sidi cui, per problemi di inflessione e di sovraccari-
co, questi solai sono stati nel tempo sottoposti. Le
condizioni descritte impongono, innanzitutto, un
monitoraggio attento per stabilire tempi, modali-
t ed eventualit di un azione conservativa basata
sulla rimozione e la prevenzione delle alterazioni di
origine biologica e strutturale, nel tempo sedimen-
tatesi. Meno gravosa, forse, la determinazione
degli attuali stati tensionali e dei quadri di carico,
in vista di interventi di rinforzo compatibili con il
ruolo di soli coadiuvanti dellazione resistente. In
considerazione delle caratteristiche suesposte, le
operazioni previste possono comprendere la disin-
festazione e la disinfezione da attacchi biologici, la
pulitura dei singoli elementi, linserimento di pre-
disposizioni lignee o metalliche di rinforzo, luso di
103
 8. Cicerale, edificio
in via S. Leone 24, ve-
stibolo, solaio in travi
tonde, tavole e ginella
rompitratta (XIX sec.),
particolare. A volte,
allincatramatura si
accompagnava anche
lincalcinatura dellin-
tradosso. Si notino le
strasciolette in ferro (2
cm) che legano la ginel-
la alla trave.

9. Cicerale, palazzo
m a rc h e s a l e C a ra fa
Primicile, ala nord,
primo piano, partico-
lare dellestradosso
dellimpalcato infe-
riore. Al cretonato si
sovrappone uno strato
di pareggiamento ed il
pavimento in riggiole.

10. Cicerale, palazzo

marchesale Carafa Pri-
micile, piano nobile,
salone, particolare. La
soffittatura realizza-
ta con un impalcato
ligneo ordito con le ca-
tene delle soprastanti
capriate; ad esse sono
inchiodati, dal basso,
solarini e chiancarelle
di castagno decorati
con dipinture di gusto
tardobarocco.

104
catene, ottenute anche trasformando le travi esi-
stenti in travi-catena, la coibentazione o con fibre
isolanti dallintradosso, o dallestradosso, con strati
al di sotto dei pavimenti ed, infine, soltanto dove
realmente necessario, la sostituzione di singoli ele-
menti lignei compromessi e irrecuperabili, con altri
analoghi per forma e materiali18.
Le provvidenze per le finiture
Il lavoro preparatorio per la redazione dello studio
di Piano di conservazione e valorizzazione delle
unit urbanistiche afferenti allareale geografico di
pertinenza ha individuato in alcune precondizio-
ni generali le occasioni metodologiche entro cui
supportare e far nascere gli indirizzi conservativi
sottoscritti dallo strumento di salvaguardia. Alcuni
aspetti, ormai conclamati della cultura della con-
servazione, come il ritenere la stessa esperienza
di indagine sui manufatti edilizi quale occasione
privilegiata per la conoscenza e per lapprendi-
mento delle tecniche costruttive tradizionali e
sua merc linvenzione di momenti operativi per
mettere in essere misure di conservazione, di-
ventano irrinunciabili steps per vedere maggior-
mente approfondito litinerario di ricerca. Daltra
parte anche gli studi sulle tecniche costruttive
tradizionali hanno introdotto, sistematicamen-
te da circa due decenni19, modalit di riferirsi
alledilizia tradizionale con atteggiamenti pi par-
tecipati. La considerazione, poi, che lattivit di
catalogazione rappresenta un nodo sostanziale
dellimpegno, operativit che, per conseguen-
ti ragioni, richiederebbe anche una trasforma-
zione concettuale degli stessi uffici comunali, in
cui i tecnici sono chiamati a professionalizzare
il proprio contributo svolgendo anche mansioni
interpretative della realt edilizia di cui sono
custodi oltre che normare laspetto burocratico,
renderebbe tale esperienza produttrice di appor-
ti contenutistici alla conoscenza. Lidea, dunque,
che lAmministrazione pubblica debba condurre,
o almeno adottare, procedure e protocolli di ri-
cerca, permetterebbe la costituzione di strumenti
operativi a scala locale, tesi anche a conservare il
know-how di cui lo stesso brano edilizio palese
esplicitazione. Se, infatti, il variare di materiali e
di tecniche murarie costituisce forse una della pi
significative cifre di lettura delle identit locali,
cos come rappresenta il peculiare strumento di
decodificazione del variare dei paesaggi urbani,
poter dominare le leggi della conoscenza e delle
capacit interpretative offre garanzie ulteriori ai
fini di una pi consapevole azione di protezione
del patrimonio edilizio minore.
Aspetto significativo al riguardo pertiene,
conseguentemente, le modalit di protezione
di tutti quegli elementi tradizionali che, in ge-
nere, considerati di minore rilevanza culturale
sono maggiormente soggetti a rimozione e so-
stituzione con pi aggiornati e seriali prodotti
delledilizia. Paradossalmente un infisso ligneo,
ad esempio, per quanto debole e in stato di con-
servazione precario, trattiene molta pi sapien-
za costruttiva di moderne realizzazioni in allu-
minio anodizzato che, non solo alterano i valori
formali e figurali degli ambienti tradizionali, ma
ne favoriscono, con il processo di sostituzione
degli elementi di finitura, laccelerazione del
meccanismo di trasformazione dellesistente.
Le modalit di recupero degli antichi manufatti
rappresentano, sostanzialmente, il nodo crucia-
le dellintero progetto di conservazione, giacch
possono innescare un sistema di interfacce eco-
nomico per il quale il recupero e il restauro di
opere di finitura, secondo metodi tradizionali di-
ventano, in prima istanza, non convenienti.
105
 La prospettiva di lettura dellimpegno conser-
vativo deve cambiare gli angoli visuali attraverso
cui si procede alla valutazione complessiva del
progetto economico che supporta lintervento
di restauro urbano. Si tratta, in buona sostanza,
anche di adoperarsi affinch meccanismi virtuosi
di recupero, nellambito del contesto del tessuto
edilizio, anche di risvolti socio-economici con-
nessi a lavori ed attivit tradizionali, che possono
contribuire a creare limplicito volano di crescita
di uneconomia locale, siano aiutati a svilupparsi,
rappresentando anche il carattere peculiare di una
specifica identit.
Se, inevitabilmente, un infisso ligneo tradiziona-
le riparato o restaurato costa, proprio per linter-
vento in s, una somma superiore ad uno nuovo
realizzato in materiale plastico, leccedenza non
deve essere considerata un motivo giustificante
lopzione per il prodotto a costo minore, giacch,
nel valore del manufatto, va aggiunto lindotto che
gli potrebbe essere connesso anche dalla possibi-
lit di attivare centri di formazione sulle attivit di
restauro e di produzione di opere a sistema tradi-
zionale.
Non diversamente, infatti, le tecniche costrutti-
ve tradizionali hanno rappresentato il tramandarsi
dei contenuti propri di singole realt culturali che
trovavano nei materiali, nella gestione del can-
tiere, nella conformazione da dare alle pietre da
impiegare e, negli stessi impasti delle componenti
plastiche, il portato medesimo di specifiche identi-
t locali. La cultura tradizionale delluomo si espli-
cita nella capacit di allestire un sistema che non
solo renda ragione della tradizione abitativa di un
determinato contesto, e con esso di un sistema so-
ciale, ma, ancora loccasione per mutuare i valori
propri di una comunit20.
Gli uomini contemporanei riconvertiti in con-
sumatori e nullaltro che esprimono davvero se
106
stessi solo nella sfera privata e nellintimit del
faccia a faccia21, non hanno pi una modalit en-
tro cui possono riconoscersi anche e soprattutto
come soggetto sociale.
Il lavoro condotto attraverso il piano diventa
inevitabilmente un impegno civile di accultura-
zione attorno ad un progetto conservativo che
prima di tutto loccasione per meglio definire gli
aspetti identitari di una singola realt urbana e so-
cio-economica. Si tratta dunque di procedere in un
lavoro che punti alla riappropriazione del lavoro
tradizionale come occasione precipua di una cre-
scita sul piano qualitativo delle esperienze di vita
comune, laddove la modernit, anche portatrice di
notevoli agevolazioni sul piano della gestione della
vita convivenziale non significa, implicitamente e
acriticamente, apporto, comunque, migliorativo.
Loccasione di poter studiare gli infissi tradizio-
nali, ad esempio, ha permesso di poter svolgere,
attraverso una puntuale campagna di rilievi, un
processo di riconoscimento dei meccanismi di
chiusura e di sicurezza per le abitazioni, laddove
sono poi state individuate e rappresentate anche
le ferramenta tradizionali connesse ai singolari
modi di aggregare le ante ai vani da occludere.
Un lavoro specifico, che vuole connotarsi, sulla
scorta di esperienze similari, come guida22, sta-
to condotto proprio nel far presente le modali-
t esecutive e la genesi materiale di simili parti
dellinfisso, troppe volte solo ricordate per via di
nomenclatura e mai rappresentate nella loro fra-
granza materica, proprio sul piano dellesecuzione,
s da poter essere individuate e riconosciute da un
maggior numero di operatori. Daltra parte la stes-
sa immagine, essendo sintesi di un processo di co-
noscenza, non pu che avere il correlato cronolo-
gico che ne coglie, come implicita, let del reperto
ponendo, come conseguenza immediata, listanza
conservativa quale ineludibile scelta.
 11. Studio di progetto
1 2 1 2 di conservazione Alen-
to-Monte Stella, scheda
di nomenclatura, gene-
si della scibbia: illustra-
3 4 zione grafica della for-
giatura dei tradizionali
cardini ad anello diffusi
nellareale campano
1_Schema generale di funzionamento della scibbia in pianta. (disegni di S. Carillo):
2_I due gangli della scibbia sono posti ortogonalmente tra di loro ed infissi 1_tondello di ferro;
nei due stanteri, (fisso, ancorato al portale; mobile, del telaio dellanta) di- 2_forma per forgiare le
6
sposti, generalmente per la dimensione maggiore (diagonale). code;
5
3_scaldatura di una
estremit del tondello;
3 4 4_collocazione della
estremit nella forma;
5_battitura e forgiatura
7 dellestremit;
6_prima metamorfosi
del tondello;
8 7_metamorfosi com-
pleta del tondello;
3_I due gangli della scibbia in prospetto: sono posti ortogonalmente fra di 8_piegatura del primo
10
loro ed infissi nei due stanteri disposti lungo la diagonale di pianta con le elemento;
code che, una volta uscite dal legno, vengono aperte e ribattute a coda di 9_chiusura primo gan-
9
rondine in presenza del traverso dellanta. glo;
4_I due gangli della scibbia in prospetto: sono posti ortogonalmente tra di 10_chiusura secondo
loro ed infissi nei due stanteri, disposti lungo la diagonale di pianta con le ganglo con accoppia-
code, che una volta uscite dal legno, vengono aperte e ribattute longitu- mento.
dinalmente la faccia interna dello stantero una verso lalto laltra verso il
basso. 12. Studio di proget-
to di conservazione
Alento-Monte Stella,
Problema operativo connesso allazione di pro- tura attraverso limpiego di soda caustica e acqua scheda di nomenclatu-
ra, genesi della scibbia:
tezione degli infissi, ad esempio, la rimozione bollente. Ad asciugatura effettuata si procede alla illustrazione grafica di
degli strati superficiali di films a smalto o a vernici rimozione meccanica dei grumi superstiti con laiu- come messa in opera
una coppia di cardini
pellicolanti che comportano non poche difficolt di to di spatole e di stecche e allaffinatura attraverso ad anello (disegni di S.
conservazione e per i quali sono stati consigliati op- limpiego di matassine abrasive, carta vetro a dif- Carillo).
portuni provvedimenti attraverso, ancora, il ricorso ferenti gradi, tela smeriglio. La stuccatura super-
a sistemi di pulitura tradizionali. Laddove i mate- ficiale dellepidermide lignea, laddove ne avesse
riali antichi come la lisciva non dovessero risultare necessit, pu essere praticata attraverso uninte-
efficaci si pu provvedere alla eliminazione anche grazione di stucco tradizionale addizionato di sega-
con uno sverniciatore chimico per poi procedere tura con coloritura attraverso grani di mordente di
a una pulizia tradizionale attraverso il lavaggio con noce23. Il procedimento di coloritura successivo,
la cenere naturale, magari con una prima sgrassa- una volta che la superficie stata portata a zero,

107
 13. Studio di progetto prevede la scelta di alcune coloriture individuate
di conservazione Alen-
to-Monte Stella, sche-
come significative nel progetto complessivo della
da di rilievo di un caso riqualificazione delle quinte edilizie, progetto che,
studio per un infisso implicitamente prevede anche lallestimento di un
nel Comune di Cicera-
Piano del colore; le prescrizioni di conservazione
le (rilevatori: archh. A.
Capasso, S. Cavallaccio, inducono poi ad effettuare una protezione del tut-
C. De Marco, L. Ferri, to attraverso la stesura di alcuni strati di cera vergi-
M. Nuzzo). ne opportunamente disposta su tutte le parti della
superficie tratta.
Nellapagina accanto: Medesimo e accorto lavoro di individuazione
14, 15, 16. Studio di dei problemi e di protezione dei lacerti superstiti
progetto di conserva- delle antiche pavimentazioni a mattoni, ad esem-
zione Alento-Monte pio, - poche in realt, essendo il semplice masso
Stella,schede di gui-
da ai provvedimenti di conglomerato di elementi minuti delledilizia
conservativi per ante locale, steso e battutto in superficie, la sostanziale
lignee nel Comune di finitura degli orizzontamenti architettonici tradizio-
Cicerale e rilievo di un
pavimento in graniglia
nali della Campania - viene a richiedersi onde poter
nel Comune di Perdifu- effettuare operazioni di salvaguardia efficaci e giu-
mo (rilevatori: archh. A. diziosamente guidate. Il caso studio del presbiterio
Capasso, S. Cavallaccio,
della chiesa di San Nicola a SantAngelo a Fasanel-
C. De Marco, L. Ferri, M.
Nuzzo). la, che reca su un mattone la data incisa 1705, ha
offerto modalit per poter formulare indirizzi per
protocolli operativi. La superficie dei mattoni
impiegata per questa pavimentazione general-
mente molto porosa e trattiene perci una serie di
incrostazioni dovute sia a calcare che a depositi oc-
casionali come terrosit per sistemazione di piante a base di caff stagionato. La presenza dellolio di
e vasi di fiori o altro come ruggine e simili. Alcune lino cotto, rallentando il processo di essiccazio-
incrostature sono diventate ormai vere e proprie ne, garantisce una sostanziale lunga lavorabilit
patine e, in quanto tali, andrebbero annoverate tra dellepidermide che potrebbe ancora essere co-
gli elementi da proteggere. Discorso diverso per lorata attraverso limbibizione superficiale di latte
ci che conviene rimuovere, magari con lapposi- di calce e larrotatura di piccoli mattoni di laterizio
zione di lisciva naturale, soda caustica o altri agen- che rilasciano, per sfregamento, granuli di terracot-
ti per la rimozione. Ulteriore aspetto quello che ta. Ad operazione completata occorre recuperare
pertiene le abrasioni superficiali o i danni meccani- il colore naturale del materiale tramite la stesura
ci, che vanno sarciti con appositi interventi, come di cera vergine sia come ravvivante e impregnante
la stuccatura con polvere di mattone, con laggiun- del colore sia come agente protettivo. Discorso a
ta minima di gesso da doratore, poca percentuale parte merita il trattamento dei giunti24.
di polvere di marmo, olio di lino cotto e coloritura Le poche note qui richiamate in maniera som-

108
109
 maria, contenute in ragione delle condizioni edi-
toriali concordate, lasciano solo assaporare la ric-
chezza di contenuti e di cifre culturali che il nostro
patrimonio materiale tradizionale conserva. Oc-
corre, per tal via, operare attraverso lo strumento
della conoscenza, senza il quale lo stereotipo del
banale o limperativo del consumo proceder ad
archiviare noi stessi, operatori del presente, alla
stregua medesima di un packaging pubblicitario.
Note
*
Il paragrafo Gli elementi strutturali stato redatto M.
DAprile, quello su Le provvidenze per le finiture da S. Carillo.
1
La definizione di classi tipologiche ordinate
cronologicamente relative a manufatti e sistemi costruttivi,
pertinenti un areale definibile omogeneamente dal punto
di vista geologico, geografico e culturale, costruite sulla
base del rilievo macroscopico di campioni filologicamente
datati, costituisce unesperienza di studio ormai consolidata,
che ha investito vaste porzioni delle realt regionali italiane.
Rimandando, per motivi di spazio, alle bibliografie specifiche,
relativamente alla Campania, si riferiscono di seguito
soltanto le esperienze pi recenti, che maggiormente hanno
influenzato il presente lavoro. Cfr. M. DAPRILE, Murature
angioino-aragonesi in Terra di Lavoro, Napoli 2001; G.
FIENGO, L. GUERRIERO (a cura di), Atlante delle tecniche
costruttive tradizionali. Lo stato dellarte, i protocolli della
ricerca, lindagine documentaria (Atti del I e del II Seminario
Nazionale, Aversa, 22 gennaio 2001, Agerola-Amalfi, 21-23
settembre 2001), Napoli 2003; M. DAPRILE, Lo studio delle
tecniche costruttive tradizionali nella produzione scientifica
in Campania, in V. PRACCHI (a cura di), Lo studio delle
tecniche costruttive storiche: stato dellarte e prospettive di
ricerca, Como 2008, pp. 45-48.
2
Ai soli casi a rudere, ancorch labili sul piano della stabilit,
si lasciata la possibilit di rifare le parti mancanti, soprattutto
coperture e solai, purch adoperando linguaggi e materiali
schiettamente contemporanei e non gravando sulla struttura
muraria tradizionale, senza, comunque, interromperla o
110
intersecarla. In generale, sono stati privilegiati gli interventi
meno invasivi e facilmente eseguibili, nella prospettiva
di rispondere in maniera immediata alle finalit della tutela
attiva, richiedendo altres impegni finanziari limitatamente
contenuti.
3
Larea cilentana ricca di formazioni flysch, cio detritiche
costituite prevalentemente da alternanze, in rapporti
vari, di argille, marne, calcari e arenarie. Cfr. SERVIZIO
GEOLOGICO DITALIA, Note illustrative della Carta Geologica
dItalia, FF. 198-199, 209-210.
4
Particolarmente interessanti gli esempi rappresentati dai
cosiddetti casali nel bacino dellAlento. La costante finitura
a vista degli apparecchi murari, unita alla diffusa presenza
di calcinelli nelle malte, specialmente nei manufatti
di pi recente fattura, hanno favorito la scarsa tenuta
allazione dellacqua di questi impasti, altres favorita dalla
tradizionale mancanza di dispositivi per lallontanamento
delle acque piovane (grondaie e pluviali), come di vespai e
drenaggi. Lerosione, la disgregazione ed, in qualche caso, la
polverizzazione di queste malte, caratterizza largamente,
quindi, ledilizia sorta lungo il bacino, rendendo necessarie,
oltre alle opere di pulitura e sarcitura dei giunti con
impasti a base naturale appositamente predisposti, la
progettazione di presidi atti a limitare i fenomeni di
infiltrazione, senza che ci comporti lo snaturare i caratteri
peculiari dellinsediamento, fra i quali , per lappunto,
lassenza di linee di gronda.
5
Anche le fodere e le controfacciate riutilizzano sovente
i materiali provenenti dai crolli e dalle demolizioni - in
particolare, gli spezzoni di tegole (coppi). La circostanza
non di poco momento, in quanto la generale mancanza di
legamenti trasversali si accompagna alluso preponderante
di elementi lapidei minuti ed eterogenei.
6
La considerazione che i presidi murari descritti rechino,
cos diffusamente, evidenti approssimazioni e mancanze,
costituisce, invero, unindiretta conferma della mediocre
intensit cui, in genere, pervennero i fenomeni tellurici che
interessarono queste strutture. Viceversa, terremoti pi
gravosi avrebbero, infatti, provato la dubbia consistenza di
questi apparati, favorendone empiricamente una migliore
formulazione.
7
Le schede-rilievo, nelle quali sono raccolti i rilievi metrici,
architettonici e materici degli episodi indagati, sono
integrate da schede di catalogo, nelle quali sono riportate
le principali connotazioni morfologico-dimensionali e
dapparecchio, pertinenti il singolo caso, scelto sulla base
di una precatalogazione dellintero costruito storicizzato,
in quanto particolarmente rappresentativo per tipologia
o, viceversa, per anomalie e peculiarit, nonch per il tipo
di provvedimenti che la sua conservazione comporta. Per i
riferimenti di metodo alla competente ricerca documentaria,
cfr. L. GUERRIERO, Temi e metodi della ricerca filologica in
Campania, in G. FIENGO, L. GUERRIERO (a cura di), Atlante
delle tecniche..., cit., pp. 186-209.
8
Diverse sono le realt edilizie che hanno consentito il
rilievo di una serie ordinata di sistemi ed elementi costruttivi
filologicamente datati. I risultati di queste letture sono stati,
poi, confrontati con gli analoghi apparati pertinenti altri
edifici, per i quali lipotesi attributiva si invece avvalsa della
valutazione dei caratteri figurativi preminenti e dellesistenza
di indicatori cronologici indiretti (targhe, lapidi). Di particolare
interesse per il gran numero di manufatti originali rilevati
stato il palazzo marchesale Carafa Primicile a Cicerale. La
struttura, gi documentata in et medioevale, di origine
cinquecentesca. Ledificazione riferita, infatti, alla fine del
secolo, ai Gentilcore, baroni di Corbella. Soprelevata nel
Settecento, anche con linserimento di unampia loggia su
archi tondi e pilastri, ad eccezione delle porzioni terranee
su strada, da tempo in abbandono. Tra le altre fabbriche
possono citarsi palazzo Vargas a Vatolla, gli ex-casali del
bacino dellAlento ed i mulini di Perdifumo. Cfr. P. EBNER,
Storie del Cilento antico, Roma 1982; Studi sul Cilento:
ristampa dei saggi pubblicati tra il 1949 ed il 1988, Acciaroli
1999. Inoltre, cfr. P. CANTALUPO, A. LA GRECA (a cura di),
Storia delle terre del Cilento antico, Acciaroli 1989.
9
Cfr. SERVIZIO GEOLOGICO DITALIA, op. cit. Per una prima
descrizione sui litotipi cilentani in uso nelledilizia, confronta
il sempre utile F. PENTA, I materiali da costruzione dellItalia
meridionale, vol. I, Generalit e Campania, Napoli 1935.
10
Come per le qualit litiche e per le pertinenti lavorazioni,
anche la distanza tra gli orizzontamenti, in valore assoluto, non
sembra determinante per lindividuazione cronotipologica.
Nei registri a cantieri dei contesti indagati queste altezze,
generalmente, misurano non meno di 1 palmo napoletano
(0.26367 m) e non pi di 2 palmi, sebbene la concentrazione
dei valori superiori si direbbe ricorrere, particolarmente,
dal secondo Settecento, vigendo anteriormente qualche
esemplare attestato su 0.37-0.45 cm (1 palmo e 1/2 - 1 palmo
e 3/4). Cfr. C. SALVATI, Misure e pesi nella documentazione
storica dellItalia Meridionale, Napoli 1970.
11
A SantAngelo a Fasanella, tra le murature di questultimo
periodo ricorrono anche apparecchi a filaretto, comunque
contraddistinti da unesecuzione separata dei paramenti e
del nucleo.
12
Sono numerosi i casi rilevati in androni e supportici, tanto
che desta interesse annotarne alcune considerazioni. Le
travi pi esterne sono collocate costantemente a filo della
muratura, spesso sagomata ad arco. Per questo motivo, i
solarini, che solitamente costituiscono lorditura secondaria
di questi apparati, non sono inseriti nelle corrispondenti
caraci, ma forse solo inchiodati, o meglio poggiati, alle
travi bordonali. Sono questi i solai che, considerando le
condizioni microclimatiche specifiche, pi di altri mostrano
oggi problemi conseguenti alla presenza di umidit con
attacchi biotici, particolarmente, per lesistenza di alterazioni
cromatiche e di caratteristiche sgorature.
13
Per le prime ricerche in ordine alla determinazione
cronotipologica di strutture lignee tradizionali (solai e
coperture) del territorio campano cfr. C. CERULLO, Solai
e tetti in legno campani nelle fonti tardomoderne e
contemporanee, in G. FIENGO, L. GUERRIERO (a cura di),
Atlante delle tecniche..., cit., pp. 311-319.
14
La trave scorzata, sebbene evidenzi un certo risparmio
sui tempi desecuzione e sui costi del cantiere, a differenza
delle asciate, conserva al meglio le propriet meccaniche del
fusto.
15
Val la pena notare che la tradizionale chiodatura dallalto
di questi elementi alle travi - o dal basso, se presente
una scompartitura dellintradosso - configura una pratica,
tutto sommato, aulica, costantemente riferita da manuali e
trattati ma, a parte quando facilmente desumibile perch
apprestata dal basso, difficilmente verificabile e, comunque,
non verificata dallesame diretto.
16
Lincalcinatura, uno strato di malta magra posto sulle
tavole, rifiniva limpalcato per chiuderne le commessure
ed ostacolare la perdita del materiale incoerente superiore.
111
 Una tipica successione stratigrafica di un impalcato ligneo
tradizionale nellareale in parola pu rinvenirsi nel citato
palazzo marchesale Carafa Primicile a Cicerale, dove
lispezione dallalto, attraverso una mancanza nel solaio
settecentesco in travi scorzate e chiancarelle mostra uno
strato di cretonato, uno di pareggiamento e il soprastante
pavimento in riggiole.
17
Ricorrono a travi asciate gli esempi registrati, tra gli altri,
a Cicerale, nel vestibolo delledificio in corso Umberto I, 77-
81 (XVIII sec.), e a Perdifumo, nel supportico in largo Cerruti
(fine XVII sec.), allestito con travi di quercia e solarini.
18
Per i riferimenti bibliografici pi recenti agli interventi
proposti cfr. G. TAMPONE (a cura di), Il restauro del legno,
Firenze 1990 e, dello stesso autore, Il restauro delle strutture
in legno, Milano 1996. Inoltre, cfr. L.F. LAMANNA, Strutture in
legno. Resine per il recupero e il consolidamento, Roma 1996;
G. LIOTTA, Gli insetti e i danni del legno. Problemi di restauro,
Firenze 1998; C. MONTAGNI, Materiali per il restauro, Torino
2000; AA.VV., Consolidamento con adesivi epossidici delle
strutture lignee, in Arkos, 3 (2002), pp. 32-37 e 46-52; B.P.
TORSELLO, S.F. MUSSO, Tecniche di restauro architettonico,
Torino 2003, voll. I-II; P. LAVISCI, B. PIZZO, Un Approccio alla
valutazione quantitativa della compatibilit nel restauro
strutturale del legno, in Dalla Reversibilit alla Compatibilit
(Atti del Convegno), Conegliano 2003, pp. 77-87.
19
Tra i materiali bibliografici al riguardo si rimanda al noto
volume di G. Fiengo del 1983 che ha inaugurato percorsi di
studi e di ricerca assolutamente inediti e dai quali sono nati i
due studi classici sulle tecniche costruttive in Campania del
1998 e 2003: cfr. G. FIENGO, Organizzazione e produzione
edilizia a Napoli allavvento di Carlo di Borbone, Napoli 1983;
G. FIENGO, L. GUERRIERO (a cura), Murature tradizionali
napoletane. Cronologie dei paramenti tra il XVI e il XIX secolo,
Napoli 1998; G. FIENGO, L. GUERRIERO (a cura di), Atlante
delle tecniche costruttive tradizionali. Lo stato dellarte i
protocolli della ricerca. Lindagine documentaria (Atti del I e
II Seminario Nazionale), Napoli 2003.
20
Ci si permette di rimandare, per la realt campana, a G.
FIENGO, Lindustria edilizia meridionale: maestri di muro
angioini e aragonesi, in S. CARILLO (a cura di), Lodore
dei limoni. Bibliografia di Giuseppe Fiengo 1964-2007,
Dipartimento di restauro e costruzione dellarchitettura e
dellambiente, Seconda Universit di Napoli, Strumenti 1,
Napoli 2007, pp. 19-38. Cfr. anche alcuni contributi dello
112
scrivente che, storicamente testimoniano il notevole apporto
culturale dato dalla classe degli operatori delledilizia, ed
in particolare S. CARILLO, Contributo alla caratterizzazione
degli apparecchi murari ottocenteschi, in G. FIENGO, L.
GUERRIERO (a cura), Murature tradizionali napoletane...,
cit., pp. 163-189; S. CARILLO, Fonti iconografiche per
ledilizia quattrocentesca di Terra di Lavoro, in G. FIENGO, L.
GUERRIERO (a cura di), Atlante delle tecniche costruttive...,
cit., pp. 210-215; S. CARILLO, Un documento capuano
e lindustria edilizia quattrocentesca di Terra di Lavoro.
Privilegi, ruoli e maestranze: appunti per una storia del
cantiere, in Capys. Miscellanea di studi campani, 36
(2003), pp. 27-46; IDEM, Nevile Reid ed il restauro di villa
Rufolo. Sistemi costruttivi, industria edilizia amalfitana
e cronologia delle strutture, in G. FIENGO (a cura di), La
costa di Amalfi nel secolo XIX (Atti del Convegno di Studi,
Amalfi, 22-23 giugno 2001), Amalfi 2005, pp.195-256; G.
FIENGO, S. CARILLO, La maison mauresque. Villa Rufolo a
Ravello. Lorganismo medievale, le trasformazioni moderne,
i restauri contemporanei, Napoli 2008; S. CARILLO, Lidentit
rivelata. Tecniche costruttive: tempo, materia, architettura.
Nota esemplificativa sui campanili ottocenteschi in tufo a
guanciali esposti dellAger Nolanus, in V. PRACCHI (a cura
di), op.cit, pp. 127-137.
Approfitto anche per ringraziare dellospitalit e degli stimoli
culturali che il Seminario e il Workshop hanno suscitato nel
vivace clima intellettuale stabilitosi, nonostante il caldo del
settembre 2007, tra i partecipanti alla complessa esperienza.
Un grato riconoscimento va a tutte le autorit accademiche
e uno partecipato, anche sul piano affettivo per la comune
formazione e la grande consuetudine, alla collega e amica
Caterina Giannattasio.
21
Z. BAUMAN, Vita liquida, trad. M. Cupellaro, Roma-Bari,
p. 56.
22
Cfr. S. DELLA TORRE, S. MUSSO (coord. scientifico), Guida
alla manutenzione e al recupero dellarchitettura rurale
intelvese, Regione Lombardia, Como, 2006; S. MUSSO, G.
FRANCO, Guida agli interventi di recupero delledilizia diffusa
nel Parco Nazionale delle Cinque Terre, Venezia 2006.
23
S. CARILLO, Studio per il Piano di conservazione e
valorizzazione della Comunit montana Alento-Monte Stella
(SA). Gli interventi per le finiture. Note illustrative, 2005.
24
Ibidem.