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2
Paolo Cacciari
VIE DI FUGA
Crisi, beni comuni, lavoro e democrazia nella
prospettiva della decrescita
ISBN: 978-88-97883-159
Editing a cura di Silvia Oliviero
Impaginazione a cura di Davide Fiore
Copertina di Salvatore Fiore
Leditore a disposizione degli aventi diritto per quanto riguarda le fonti
fotografiche non individuate.
INDICE
CAPITOLO I
Dopo la fine del sogno americano 11
CAPITOLO II
Stato di crisi permanente 39
CAPITOLO III
Beni comuni 73
CAPITOLO V
Democrazia 141
CAPITOLO VI
Decrescita 177
12
nologico ed economico non fanno che accelerare, constatiamo che gli
individui resistono, si difendono, e che la societ civile sviluppa delle
contro-tendenze5.
I detenuti negli Stati Uniti sono 2,3 milioni, uno ogni cento
maschi adulti. Altri 5 milioni sono in libert condizionata o se-
milibert. Nel complesso un maschio adulto ogni 31 o stato
in una condizione di detenzione. La spaventosa cifra cresce ul-
teriormente se si prendono in considerazione solo i maschi
adulti afroamericani: ogni 43 individui di colore, uno in car-
_____________________________
14
La natura a-democratica (o post-democratica) di tali organizzazioni ben
descritta da L. Gallino, Il colpo di stato di banche e governi. Lattacco alla democrazia
in Europa, Einaudi, Torino, 2013.
16
cere. Se restringiamo ulteriormente il campo ai giovani uomini
neri compresi nella fascia di et tra i 20 e i 34 anni si ottiene lin-
credibile cifra di un incarcerato ogni 9 individui di colore15.
Il comparto dellindustria della sicurezza interna (soldati, po-
liziotti, secondini e guardie giurate) il primo settore per consi-
stenza occupazionale16. Anche la delinquenza diventa redditizia.
Altro che capitalismo post-moderno, terziario avanzato, econo-
mia della conoscenza e della creativit! La militarizzazione della
societ americana17 potr essere certo democraticamente in-
vocata e condivisa dalla maggioranza della minoranza dei citta-
dini che ancora vanno a votare, ma i suoi effetti pratici non
hanno nulla da invidiare alle esperienze storiche dei peggiori re-
gimi totalitari.
Nel mondo del pensiero unicato, alle lite al potere non
pi necessario inventare ideologie per giusticare la discrimina-
zione delle parti pi deboli delle popolazioni; la collocazione cen-
suaria, di razza e di sesso seleziona di per s le persone,
direttamente e senza bisogno di ulteriori mediazioni simboliche,
culturali, sovrastrutturali. Nel regno del potere unilaterale del
denaro, lunica gerarchia umana ammessa e socialmente ricono-
sciuta quella che si basa sulle possibilit di accesso alle risorse
economiche: redditi, rendite, credito. In un contesto competitivo
senza altri valori che non siano quelli economici, chi riesce a ot-
tenere di pi automaticamente il pi meritevole. A cinquecento
anni dal Principe, lidea di Machiavelli di un comando concentrato
dello Stato (della aristocrazia necessaria) si paradossalmente
realizzata senza bisogno di ricorrere ad alcuna illuminazione:
nellanonimato delle societ per azioni e dei meccanismi imper-
______________________
15
U.S. Department of Justice, Office of Justice programs. U.S. Incarceration
Rates by Race and Sex.
16
R. Wilkinson - K. Pickett, La misura dellanima, Feltrinelli, Milano, 2009; L.
Wacquant, Iperincarcerazione, Ombre Corte, Milano, 2013.
17
D. Graeber, Debito. I primi 5.000 anni, Il Saggiatore, Milano, 2011.
17
sonali del mercato, i ricchi diventano di diritto i migliori, coloro
che sono legittimati ad esercitare il dominio sulle cose e sugli uo-
mini. questo senso comune che porta ad accettare, senza
troppe indignazioni, quella che Pietro Ingrao chiam loscenit
delle diseguaglianze crescenti e Norberto Bobbio lo scandalo
della diseguaglianza. Cos in tutti i Paesi del capitalismo maturo
e di pi antica industrializzazione si allargano spaventosamente
le sperequazioni di reddito e di ricchezza tra la popolazione.
Ma venuto il momento di dare un nome e un cognome ai
mercati, agli anonimi possessori dei titoli di credito, ai vez-
zeggiati investitori. Ha scritto John Galbraith a proposito della
impersonalit del mercato: Una frode non del tutto inno-
cente18. Secondo le classiche Forbes e Capital, la nomenclatura
dei megaricchi comprende 300 mila persone che controllano il
50% del capitale nanziario globale. Secondo una ricerca dellor-
ganizzazione non governativa Oxfam esistono 85 persone super-
ricche che possiedono quanto la met pi povera della popolazione
del pianeta. Il professore Jason Hickel della London School of Eco-
nomics ha calcolato che le 200 persone pi ricche del pianeta pos-
siedono approssimativamente 2,7 trilioni di dollari, una cifra
superiore a quella su cui possono contare i 3,5 miliardi di persone
pi povere del pianeta19. Un altro studio calcola che l1% delle fa-
miglie dei super ricchi possiede il 46% della ricchezza globale
(110.000 dollari)20.
Quando gli occupanti di Zuccotti Park, a Wall Street, conia-
rono lo slogan di successo: We are the 99%, peccarono per di-
fetto. I dettagliati dati del recente rapporto redatto dal Credit Suiss
hanno stabilito che al vertice della piramide sociale ci sono 32 mi-
lioni di ricchissimi, corrispondenti allo 0,7% della popolazione
globale, che posseggono il 41% della ricchezza mondiale. Per con-
_____________________________
18
J. K. Galbraith, Leconomia della truffa, Rizzoli, Milano, 2004, p. 14.
19
R. Reich, Inequality for All, film inchiesta finanziato in crowdsourcing da The
Rules.
20
Working for The Fer, diffuso da Oxfam.
18
tro, alla base della piramide ci sono 3.207 milioni di persone con
un patrimonio inferiore ai 10.000 dollari (il 3% della ricchezza
mondiale) che rappresentano il 68,7% della popolazione adulta
mondiale. In mezzo ci sono 1.370 milioni di persone che possie-
dono il 56% della ricchezza21. Da notare che, nonostante la crisi,
nellultimo decennio il numero dei super-ricchi (con capitale su-
periore ai 50 milioni di dollari) e quello dei semplici milionari
aumentato, rispettivamente del 10% e del 6%. I dati coincidono
con quelli di molte altre ricerche (che vedremo nel primo capitolo
di questo libro). Luciano Gallino calcola che la classe sociale pi
benestante del pianeta (la sola classe sociale cui la crisi abbia ar-
recato vantaggi cospicui22) sia formata da circa 29 milioni di per-
sone adulte (lo 0,6% della popolazione globale) che detiene 88.000
miliardi di dollari (pari al 39% della ricchezza globale). Gli statistici
ci dicono che anche nei Paesi Ocse, il quintile pi basso della
popolazione collocato sotto la soglia di povert, mentre i quin-
tili intermedi vivono in una costante situazione di precariet oc-
cupazionale e ricatto economico. Le persone pi ricche risiedono
principalmente negli Stati Uniti, in Cina, in Germania, in Gran
Bretagna, in Francia e in Giappone23.
In Italia non stiamo meglio. La povert e la diseguaglianza
costantemente in crescita. Nel 2012 il 10% delle famiglie pi po-
vere ha percepito il 2,4% del totale dei redditi. Allopposto, il
_____________________________
21
Credit Suisse, Global Wealth Databook 2013, traduzione della redazione di
Solidariet (a cura di), www.rue89.com. Si veda anche: C. Stagnaro, Il mondo
pi ricco, in IL, mensile de Il Sole 24 ore, dicembre 2013.
22
L. Gallino, op. cit.
23
Lannuale classifica Blooberg sugli uomini pi ricchi del mondo dice che i
primi 300 miliardari nel 2013 hanno aumentato le loro fortune di 320 miliardi
di dollari. I 100 pi ricchi tra loro controllano 2.000 miliardi di dollari. Primo
della lista tornato Bill Gates, seguito da Carlos Slim, tycoon delle telecomuni-
cazioni messicane. Vi sono poi Amancio Ortega, creatore di Zara; Warren Buf-
fett, operatore finanziario; Ingvar Kamprad, fondatore di Ikea. I dati sono
ricavati dallarticolo di E. Franceschini, Il club dei ricchi, in La Repubblica, 6
gennaio 2014, p. 29.
19
10% delle famiglie pi ricche ha avuto una quota pari al 26,3%
dei redditi e possiede il 46% della ricchezza (immobili, aziende,
azioni, depositi e titoli di stato ecc.)24.
Sono le disparit generazionali quelle che forse rendono di pi
il senso della crisi di futuro, cio di civilt25, in cui versano le
societ occidentali: il sistema economico non riesce pi ad offrire
ai giovani dei lavori minimante rispondenti alle loro aspettative.
Secondo lOrganizzazione Internazionale del Lavoro i disoccupati
nel mondo nel 2013 erano 199,8 milioni, 5 milioni in pi dellanno
precedente, di cui ben 74,5 milioni giovani della fascia det tra i
15 e i 24 anni. Senza contare le persone scoraggiate che non
chiedono nemmeno di entrare nel mercato del lavoro26.
Ma la povert ha cominciato ad attanagliare anche chi ha un
lavoro. La concorrenza spietata tra aziende ed aree geograche
giocata sul risparmio dei costi, abbassa le retribuzioni del fat-
tore lavoro e crea il fenomeno crescente della working poverty.
Ha scritto Riccardo Petrella, animatore della campagna Banning
Poverty 2018, per leradicamento della povert: Lo stato di po-
vert non solo una questione di reddito e non nemmeno
un fatto di natura. La povert uno stato multidimensionale
collettivo dovuto a cause strutturali legate alla societ27.
Per chi comanda va bene cos. La teoria economica e sociale
dominante sfacciata: la diseguaglianza spesso necessaria al
progresso28, poich, affermano, ogni innovazione tecnica e sociale
inizialmente viene sfruttata da un ristretto numero di persone pi
capaci e meritevoli, mentre con landare del tempo i beneci del
_____________________________
24
I dati sono quelli diffusi a fine 2013 dalla Banca dItalia e si riferiscono ai
redditi del 2012.
25
L. Gallino, Finanzcapitalismo. La civilt del denaro in crisi, Einaudi, Torino, 2011.
26
Ilo, Global Employment Trends 2014.
27
Manifesto del gruppo promotore Dichiariamo Illegale la Povert, Le fabbriche
della povert. Liberare la societ dallimpoverimento, settembre 2013, p. 7.
28
G. Barba Navaretti, Grande fuga dalla povert, in Il Sole 24 Ore, 5 gennaio
2014, commentando A. Deaton, The great Escape. Wealth and te Origins of Ine-
quality, Princeton University press, Princeton, 2013.
20
progresso si diffondono a tutti. la vecchia storia della torta che
si allarga e che riesce a sfamare anche i pi poveri. Peccato che la
farina cominci a scarseggiare e, soprattutto, che siano sempre gli
stessi ad avere il coltello dalla parte del manico e a fare le porzioni.
Una lite di capitalisti, una casta di cosmocrati29 che non si fatta
mancare nulla: il fattore moltiplicativo tra salario medio di unim-
presa e il salario pi elevato, passa in 30 anni da 20 a 200.
21
sumi pi copiosi (pi ore da passare in automobile, pi centri
commerciali e outlet, pi cibo spazzatura da trangugiare e merci
usa e getta), inuenzano la quotidianit e generano affettivit ne-
gative, comportamenti compulsivi, aggressivi e violenti. Pi do-
lore. E, come in una spirale perversa, il dolore deprime, smarrisce
le facolt cognitive. Conduce alla dissoluzione sica e affettiva
dei rapporti della gente con la dimensione ecosistemica33.
Sotteso alla concezione delleconomia di mercato, vi un
consolidato e secolare orientamento losoco e antropologico
che considera lessere umano nella esclusiva dimensione econo-
mica, chiuso nel circuito produttore-consumatore, interessato
al proprio ristretto tornaconto egoistico, competitivo e incatti-
vito, nuovo schiavo volontario di meccanismi che agiscono fuori
dal suo controllo, incapace di relazioni positive con gli altri,
siano essi i propri familiari, i propri vicini di casa, gli individui
dellaltro genere. Unumanit disadattata e triste, aggressiva e
angosciata, subisce gli effetti di tensioni competitive insoppor-
tabili. Il modello umano vincente quello che si impone, do-
mina, prevale: insomma, la maschilit frustrata. Non a caso, le
nuove malattie sociali che imperversano nellormai ex primo
mondo sviluppato, sono proprio le psicopatologie depressive.
Ha scritto lo psicologo Bruce E. Levine:
22
se dovesse perdere il proprio reddito cosa non impossibile di questi
tempi non avrebbe le capacit per sopravvivere34.
23
i dolori mestruali come sindrome premestruale. E c chi propone
di considerare la timidezza una manifestazione di ansia fobica so-
ciale37. Proseguendo su questo crinale scivoloso la prossima tappa
delle scienze biomediche leugenetica performante le menti. I bre-
vetti dei genomi, vere licenze per giocare con i DNA, sono gi stati
concessi. La neurobiologia utilizzata per prevenire i comporta-
menti non conformi38. stata gi aperta la caccia ai geni responsabili
delle naturali predisposizioni allirrequietezza, alla paura, alla di-
subbidienza Il biologismo il nuovo tipo di determinismo delle
forme culturali contemporanee39.
La favola visionaria di Aldous Huxley, Il mondo nuovo pur es-
sendo stata scritta nel 1932, molto tempo prima del romanzo fan-
tapolitico 1984 di George Orwell (scritto nel 1948), risulta, alla
luce dei fatti odierni, molto pi realistico nel descrivere la traiettoria
della societ moderna. Huxley infatti riteneva che le tecnologie
biomediche fossero maggiormente efcaci degli apparati coercitivi
polizieschi nel controllare le masse. Prevedeva che un giorno si sa-
rebbero prodotti bambini in bottiglia cos da creare creature ge-
neticamente subumane adatte a svolgere predeterminate funzioni
richieste dai poteri centrali della superorganizzazione sociale41.
_____________________________
37
In genere, viene definita disease mongering linvenzione di nuove patologie
mediche finalizzata alla produzione e vendita di nuovi medicinali, giungendo
alla medicalizzazione della vita anche delle persone sane. Per saperne di pi si
veda: G. Ber, A. Gardini, S. Quadrino, Slow medicine, Sperling & Kupfer, 2013.
38
A. Benessia - S. Funtowic, Ottimizzare, sostituire e sconfiggere. I proiettili dargento
dellinnovazione, in S. Jasanoff - A. Benessia - S. Funtowic, Linnovazione tra utopia
e storia, Codice Edizioni, Torino, 2013.
39
M. Sahlins, Un grosso sbaglio. Lidea occidentale di natura umana, Eluthera, Milano, 2012.
40
Huxley spiegava cos i suoi incubi: Sotto le ben pi efficaci dittature di do-
mani ci sar probabilmente meno violenza che sotto Hitler e Stalin. I soggetti
di quelle dittature saranno irreggimentati, senza dolore, da squadre di adde-
stratissimi ingegneri sociali. Pensava che grazie al progresso tecnologico il
Grande Fratello, oggi, pu diventare pressoch onnipotente.
41
Un governo del terrore funziona nel complesso meno bene del governo che, con
mezzi non-violenti, manipola lambiente e i pensieri e i sentimenti dei singoli, uomini,
donne, bambini. A. Huxley, Il mondo nuovo, Mondadori, Milano, 1971 pp. 238-239.
24
Senza giungere alla dis-genetica di Stato, sono evidenti gli
sforzi che la grande impresa e i grandi apparati statali producono
per coartare i modi di pensare delle persone, renderle automi
decerebrati, psicotici, ossessionati dal rendimento e angosciati
da un bisogno di guadagno che non basta mai. Si pensi allas-
surdo del sistema scolastico mirato non a sviluppare le capacit
e le inclinazioni personali autonome dei giovani, ma, al contrario,
ad adattarli e ad indirizzarli verso ci che richiede il mercato del
lavoro. La funzione di disciplinamento delle istituzioni scolastiche
non avviene pi sul piano ideologico della selezione e trasmissione
dei valori, ma agendo direttamente sullinquadramento professio-
nale delle persone. Tutto ci contribuisce ad indebolire alla base
la capacit critica delle persone di immaginare una alternativa al
sistema sociale dato. Viviamo paradossalmente, scrive Fabrizio
Tonello, dentro un mondo di persone disinformate in unera di
comunicazioni istantanee42.
Tra le pratiche disabilitanti43 che provocano negli individui
perdita di responsabilit e di capacit cognitive, oltre alla tossi-
codipendenza da droghe illegali e legali, si deve aggiungere listu-
pidimento inoculato dai mezzi di comunicazione di massa: la
televisione, ma anche i social network creano distrazione, passi-
vizzazione, dipendenza. I bambini e gli anziani sono la carne
da televisione preferita dal marketing. La condizione per poter
manipolare le menti, indurre desideri, orientare i comportamenti
annientare la consapevolezza, le capacit critiche e introspettive
degli individui. Per riuscirci lindustria pubblicitaria ha fagocitato
le produzioni artistiche.
I detentori dei brands della moda sono diventati i nuovi ma-
gnati delle arti. Monsieur Franois Pinault, ad esempio, ha otte-
nuto gratis dallo Stato italiano per 99 anni i magazzini della Punta
_____________________________
42
F. Tonello, Lera dellignoranza. possibile una democrazia senza cul-
tura?, Bruno Mondadori, Milano, 2012, p. 5.
43
I. Illich, Esperti di troppo, Erikson, Trento, 2008, e dello stesso
autore, Nemesi medica, Red edizioni, 1991.
25
della Dogana a Venezia (un immobile di valore inestimabile nel
luogo centrale del paesaggio storico italiano: il Bacino di San
Marco) per poter esporre le sue collezioni private darte contem-
poranea. A seguire, le cure e lo sfruttamento dellimmagine del
Ponte di Rialto sono state concesse ad un noto imprenditore di
jeans44. Cos come lo sfruttamento commerciale dellimmagine
del Colosseo di Roma ad appannaggio di un industriale di
scarpe. Nel tentativo di aumentare i cespiti nazionali includendo
i giacimenti culturali la Corte dei Conti ha chiesto ad una agen-
zia privata di rating, la Standard & Poors, di conteggiare nella ric-
chezza della Nazione anche 214,2 miliardi (il 15% del PIL)
generati dallo sfruttamento economico dei beni culturali, dei
musei, delle aree archeologiche, delle biblioteche e dei teatri ita-
liani45. Sappiamo gi come andr a nire la storia: si scoprir che
la pubblica amministrazione inefciente e che i privati sono pi
bravi a gestire il patrimonio artistico per far aumentare il PIL.
Capitalismo catastroco
26
In n dei conti siamo schiavi volontari di questo stato di
cose46. C quindi chi sostiene che solo passando attraverso una
rottura catastroca si potrebbero liberare idee innovative e forze
nalmente disposte ad un cambiamento di sistema. Per riuscirci
servirebbe un fuoco puricatore. La storia (ahinoi!) sembra
dare loro ragione. Non bastato il New Deal di Franklin Delano
Roosevelt e nemmeno le buone idee di lord John Maynard Key-
nes a convincere il mondo a cambiare teorie economiche dopo
la Grande crisi del 29. Per farlo stato necessario passare attra-
verso linferno di una Seconda guerra mondiale.
Paventando questa razionale eventualit, non vorrei cadere
in una lettura provvidenzialistica della crisi del capitalismo, il cui
crollo sarebbe sufciente a diffondere una coscienza rivoluzio-
naria. Non vorrei far parte dei quaresimalisti dellApocalisse,
come Dario Paccino tanti anni fa apostrofava gli ecologisti im-
broglioni47, quelli che non si fanno carico delle sofferenze della
povera gente. Daniele Barbieri ci invita con molto garbo e sar-
casmo a prendere con le pinze cassandre, end-istici e gufa-
tori in genere. Infatti, gli annunci di continue catastro (la
secolarizzazione dellApocalisse) possono nascondere una
ideologia della ne del mondo anchessa al servizio della con-
servazione dellordine esistente48. Preoccupazione fondata se
pensiamo alla disinvoltura con cui il presidente Obama evoca
ogni due giorni lArmageddon per far passare piani di tagli alla
spesa pubblica, stimoli alle imprese, salvataggi delle banche,
nuovi oleodotti bituminosi e fracking (frantumazione idraulica
_____________________________
46
Pagine definitive sulle cause che provocano la perdita delle libert individuali
sono state scritte da Lev Tolstoj in La schiavit del nostro tempo, ora riedito da
Bruna Bianchi (a cura di), La schiavit del nostro tempo. Scritti su lavoro e propriet,
Orthotes, Napoli, 2011.
47
D. Paccino, Limbroglio ecologico, lideologia della natura, Einaudi, Torino, 1972.
48
A. Pacilli - A. Pizzo - P. Sullo (a cura di), Calendario sulla fine del mondo. Date,
previsioni e analisi sullesaurimento delle risorse del pianeta, Intramoenia e Democrazia
Chilometro Zero, Napoli, 2011, p. 226.
27
del sottosuolo) mescolati ad una lotta senza badare a spese per
implementare le tecnologie conto il riscaldamento globale. Una
mera rappresentazione dei disastri incombente, se non accom-
pagnata da alternative desiderabili e praticabili, pu semplice-
mente impaurire e spingere le persone nella logica del Si salvi
chi pu, non spingete, scappiamo anche noi!.
Ha scritto Jean-Claude Besson-Girard:
28
Mentre le sempre vecchie nuove sinistre rimangono nellattesa
della vicina Apocalisse, litigando per sulle date52.
I pi scettici pensano che la ne della razza umana (leventualit
di un mondo senza uomo, come ricorda Vallori Rasini53) non sia
poi un male assoluto. Anzi. Esiste un movimento per la scomparsa
volontaria e pacica dellhomo sapiens e una chiesa, la Church of Eu-
thanasia, che predica: Salva il pianeta, ammazzati. Il mondo sa-
rebbe migliore se depurato dallanomalia infestante del genere
umano, la natura comincerebbe a riprendersi54. Come dargli torto?
Le dimostrazioni di crudelt e di autolesionismo riempiono le cro-
nache quotidiane. C di che vergognarsi del genere umano.
Il tramonto del capitalismo, comunque, potrebbe essere
molto lungo e la notte seguente molto fredda. Con buona ironia
Giorgio Ruffolo ha cos titolato un suo libro: Il capitalismo ha i
secoli contati. Per questi motivi non conviene mettersi i panni dei
profeti di sventura. C il rischio che le persone si facciano in-
cantare da qualche pedagogia autoritaria55. Diceva Bartolom
de Las Casas (il vescovo cattolico spagnolo che prese le difese
degli indios in America Centrale) in polemica con il colonialista
Seplveda: Gli uomini possono essere portati a Cristo solo at-
traverso il loro libero arbitrio, mai attraverso la coercizione.
Pi importante, quindi, riuscire a tracciare buone mappe con
indicate sicure vie di fuoriuscita. pi facile tornare a lottare
_____________________________
52
D. Barbieri in A. Pacilli - A. Pizzo - P. Sullo, op. cit., p. 220.
53
Luomo [] sullorlo di un abisso pi profondo: un mondo che potrebbe
essere senza luomo. Che forse non sarebbe neppure il peggiore dei panorami:
non fosse che, insieme alluomo, potrebbe scomparire qualunque altra forma
di vita, ad esempio in seguito ad una catastrofe nucleare Vallori Rasini, Quel
che resta delluomo (e del mondo). Riflessioni sullepoca della crisi ecologica, in A. Giustino
Vitolo e N. Russo (a cura di), Pensare la crisi. Crescita e decrescita per lavvenire della
societ planetaria, Carrocci, Roma, 2012, p. 120.
54
Su questi temi si veda il classico: A. Weisman, Il mondo senza di noi, Che cosa
succederebbe sul nostro pianeta dopo 48 ore dopo 5 giorni, dopo 100 giorni, dopo 500
milioni di anni dalla scomparsa delluomo?, Einaudi, Torino, 2008.
55
F. Cassano, op. cit., p. 72.
29
quando si intravedono prospettive di salvezza, non quando si
annichiliti dallimpotenza o sopraffatti dalla sofferenza.
Non serve essere uccelli del malaugurio per capire che siamo
effettivamente in marcia verso labisso(per usare le parole di
Noam Chomsky). Lultimo, pi drammatico sintomo della crisi
terminale56 cui giunta la societ industriale, dato dal collasso
dei principali indicatori ambientali a partire dalla perdita di bio-
diversit (numerosit delle specie viventi). Il punto di non ri-
torno, la sesta grande estinzione di massa, superato e non
baster la cieca fede nelle scoperte scientiche per evitare eventi
apocalittici. Come non smettono di dirci gli scienziati da qua-
rantanni (dal primo rapporto del Club di Roma allultimo rap-
porto del Ipcc57), la combustione di carburanti fossili ha
modicato la composizione chimica dellatmosfera (il picco di
quota 400 parti per milione di gas CO2 stato raggiunto nel
maggio del 2013. Ma questanno si gi vericato in aprile58) tale
da farla assomigliare a quella esistente 15 milioni di milioni di
anni fa. Peccato che allora i mari fossero tra i 15 e i 25 metri pi
alti e la temperatura 3-4 gradi Celsius pi alta59. Poich esiste una
evidente correlazione tra clima e composizione chimica dellat-
mosfera, dovremmo allora cambiare nome alla nostra specie: so-
stituire sapiens con demens. Ci comportiamo come se fossimo gli
_____________________________
56
L. Boff, La crisi terminale del capitalismo?, in Adital, 27 giugno 2011.
57
Nellultimo rapporto del 2013, il V, lIpcc conferma che la causa dominante
del riscaldamento osservato fin dalla met del ventesimo secolo costituita
dalle attivit umane (emissioni gassose, aerosol, cambi di destinazione duso
del suolo). Le previsioni sullaumento del livello medio del mare atteso a fine
secolo variano tra i 28 cm (con drastiche riduzioni delle emissioni) e i 98 cm
(senza mitigazioni apprezzabili). Nel secolo scorso si gi registrato un au-
mento del livello dei mari di 17 cm. Con un innalzamento di 58 cm, 150 mi-
lioni di abitanti sarebbero a rischio inondazione.
58
La soglia di sicurezza era stata fissata il 390 ppm.
59
Dati riportati dal climatologo J. Hansen al Congresso dellAmerican Geo-
physical Union a San Francisco, 11 dicembre 2013. Traduzione e pubblica-
zione si veda: www.climalteranti.it.
30
ultimi uomini ad abitare il pianeta. Incuranti del deserto che la-
sciamo alle nostre spalle, attenti solo ad ottenere il massimo im-
mediato benecio. Non c differenza di comportamento tra noi
e i saccheggiatori che si aggirano tra le rovine di una citt dopo
un terremoto. I (pochi) sopravvissuti della nostra specie saranno
quindi destinati a vivere in un mondo post-apocalittico?60
La domanda che gli osservatori pi attenti si pongono se
vi siano ancora tempo e modi per intraprendere un percorso di
ridimensionamento ordinato e strutturato delleconomia glo-
bale61 per rientrare nei limiti della sostenibilit. La catena di fal-
limenti inanellati nei vari summit intergovernativi patrocinati
dallONU, sta a dimostrare che nessuno ha pi il controllo n
sulla biosfera n sulla megamacchina che la sta distruggendo. Le
oligarchie che pensano di avere il potere di governare il mondo,
in realt sono prigioniere di una pericolosa forza inerziale: il bu-
siness as usual. Ancora pi difcile far capire loro che siamo en-
trati in una fase di conclamato fallimento delle premesse stesse
dellordinamento economico e sociale capitalistica, cio dellor-
dine simbolico dellimmaginario moderno, come Franco Cas-
sano chiama il mito fondativo del capitalismo: lo sviluppo e
la crescita economica.
Ma, poich non si mai visto che le lite al potere escano di
scena con le loro gambe, a costo di trascinare con s nella tra-
_____________________________
60
D. Orlov, The Five Stages of Collapse, New Society Publishers, 2013. Lautore, da
buon ingegnere, spiega linsostenibilit della civilt industriale e prefigura rea-
listici scenari apocalittici. In un lungo articolo in cluborlov.blogspot.it, tradotto
e pubblicato nel sito www.comedonchisciotte.org., denuncia il primitivismo
culturale di un sistema economico che non tiene conto del funzionamento
dei servizi eco-sistemici: Se potessimo dare un valore alla ricchezza naturale
trattandola come una attivit economica ci renderemmo presto conto che
luomo distrugge continuamente molta pi ricchezza di quanta crei, quindi
leconomia un gioco a somma negativa.
61
P. Kingsnorth - G. Monbiot, Is there any point in fighting to stave off industrial
apocalipes?, in The Guardian, trad. Ha senso battersi per evitare lapocalisse indu-
striale?, si veda sito dell Associazione Eco Filosofica di Treviso, 2009.
31
gedia delle guerre il mondo intero, urgente che emerga il pi
presto possibile una alternativa credibile e praticabile. Come
spiegava Marx:
_____________________________
62
K. Marx, Introduzione alla critica delleconomia politica, a cura di M. Musto, Quo-
dlibet, Macerata, 2011.
63
A. Lucarelli, Beni Comuni. Dalla teoria allazione politica, Dissensi, Roma, 2011;
U. Mattei, Manifesto dei beni comuni, Laterza, 2011.
32
Cambiare il mondo
Alla base della societ, in tutti gli angoli del mondo, vi sono
enormi energie vitali capaci di farci uscire dalla crisi di civilt in
cui siamo precipitati. Movimenti di donne e di uomini che si bat-
tono per la giustizia sociale e per la salubrit dellambiente, asso-
ciazioni professionali e sindacali che operano per linnovazione
e il cambiamento, gruppi di cittadinanza attiva che vorrebbero
______________________
64
P. Hawken, Moltitudine inarrestabile. Come nato il pi grande movimento al mondo
e perch nessuno se ne accorto, tr. it. di P. Zaratti, Edizioni Ambiente, Milano, 2009.
Ma il titolo originale dellopera era Blassed Unrested, traducibile in Benvenuta
irrequietezza.
65
Intervista a M. Castells, Lespansione del non-capitalismo, P. Mason, in www.ou-
traspalavras.it, 10 dicembre 2012. Per la traduzione si veda: in www.democra-
ziakmzero.org.
33
partecipare alla gestione della pubblica amministrazione, collettivi
di consumatori e di produttori che operano per tracciare la so-
stenibilit sociale e ambientale delle merci, comitati locali che ri-
vendicano la sovranit territoriale, energetica ed alimentare delle
popolazioni, giovani e anziani che mettono a disposizione le loro
forze e la loro esperienza nel volontariato. Una foresta sta cre-
scendo senza fare troppo rumore. Hanno scritto due epidemio-
logi impegnati nella ricerca dei determinanti sociali della salute:
______________________
66
R. Wilkinson - K. Pickett, op. cit., pp. 236-237.
67
G. Viale, La conversione ecologica. There Is No Alternative, NdA Press, Rimini,
2011.
34
Gi sento ronzarmi nelle orecchie le accuse che la sinistra po-
litica tradizionale muove ai movimenti sociali: mancanza di visione
generale, di progettualit e di cultura di governo, eclettismo teo-
rico e inconsistenza organizzativa. Sulla testa dei movimenti che
criticano le magniche sorti e progressive delle forze produttive
dellindustrializzazione cade la condanna di oscurantismo, neo-
feudalesimo, pregiudizio antimoderno. Ma nei movimenti sociali
nessuno propone di fare a meno delle conoscenze e dei saperi,
sempre pi rafnati e specializzati, in tutti i campi delle scienze
umane e naturali, ma solo di non perdere di vista ci che do-
vrebbe essere il loro scopo comune: il miglioramento delle con-
dizioni della vita per tutti. Oggi invece i beneci dellincredibile
incremento della produttivit, dovuta alle continue innovazioni
tecnoscientiche e organizzative della megamacchina industriale
installata sul pianeta, servono solo ad arricchire ristrette oligarchie
di manager, burocrati e politici che hanno conquistato i vertici
delle gerarchie sociali. Ai piani bassi della piramide si vive sotto la
minaccia dellinoccupazione e il ricatto della disoccupazione, si
accettano lavori privi di soddisfazione personale e di utilit sociale,
si respira unaria pi inquinata, si mangia cibo spazzatura e ci si ri-
copre di vestiti e di gadget frutto di lavoro schiavo, si consumano
(come abbiamo visto) pi psicofarmaci e si va di pi in galera. Gli
indici della percezione della felicit individuali seguono un an-
damento inverso a quello della crescita del PIL. Gli anni gloriosi
del secondo dopoguerra sono lontani ricordi. Sia nellex Primo
mondo, dove il compromesso socialdemocratico tra capitale e
lavoro aveva fatto balenare la possibilit di un assetto equilibrato
nella ripartizione della ricchezza, sia nel Terzo e Quarto mondo
dove la decolonizzazione degli impianti industriali a bocca di mi-
niera e a basso costo del lavoro aveva aperto la speranza di una
rapida uscita dalla povert68. Lincredibile susseguirsi di crisi, che
______________________
68
Ricorda sempre Latouche che: la generazione dei trentanni di sviluppo eco-
nomico (1945-1975) si cos addormentata, credendo di essere in cammino
35
dagli inizi degli anni Settanta ad oggi investe le economie capita-
listiche, legittimano una diagnosi di fallimento del sistema. Quan-
tomeno emersa una evidente divaricazione tra obiettivi dichiarati
e risultati ottenuti.
Serve quindi ritrovare la autenticit degli obiettivi originari,
essenziali, che la comunit umana da sempre persegue. Una ope-
razione di ascolto delle necessit sostanziali e dei desideri genuini,
che solo individui coscienti e liberi sono in grado di riconoscere
e comprendere. Le oligarchie tecnocratiche al potere del sistema
capitalistico dominante (quello delle grandi compagnie multina-
zionali che oltre a controllare leconomia condizionano le poli-
tiche degli Stati69) sanno molto bene ci di cui hanno bisogno le
persone comuni: dormire sotto un tetto, sfamarsi, vestirsi, muo-
versi, curarsi e possibilmente istruirsi. Quindi hanno trasformato
queste necessit in bisogni standardizzati e gerarchizzati da sod-
disfare tramite il mercato. Gli individui stessi si sono trasgurati
in bisognosi dipendenti per tutte le loro necessit vitali da un
reddito cui accedere a beni e servizi forniti dalla produzione in-
dustrializzata. Le persone si trasformano in elementi astratti di
un equilibrio matematico, osservava Ivan Illich70. Gli economi-
______________________
verso il paradiso, e un bel giorno si svegliata allinferno [] Dimenticava a
quale prezzo li (i successi) aveva conseguiti. Questo prezzo era duplice: il domi-
nio da parte dellOccidente e la sottomissione del resto del mondo; il saccheggio
sconsiderato della natura e la devastazione dellambiente. S. Latouche, La fine
del sogno occidentale, Eluthera, Milano, 2002, p. 170.
69
Il Centro Nuovo Modello di Sviluppo coordinato da Francesco Gesualdi
produce da tempo un osservatorio sulle corporation. Lultimo rapporto si inti-
tola: La crescita del potere delle multinazionali, 2009. Guido Rossi ha calcolato che
il 51% della ricchezza mondiale nelle mani delle grandi corporations, che
hanno imposto la loro lex mercatoria. Le grandi imprese lavorano tra di loro:
non c pi una norma giuridica che ne disciplini i comportamenti. G. Rossi,
Crescita impossibile e fine del progresso, in Il Manifesto, 31 ottobre 2010. I trattati
transcontinetali di libero scambio ne sono una tragica conferma.
70
I. Illich, Bisogni, in W. Sachs (a cura di), Dizionario dello sviluppo, Edizioni
Gruppo Abele, Torino, 1998.
36
sti, i nuovi sacerdoti del sistema, ci hanno spiegato che difcili e
complessi equilibri dei mercati delle materie prime, del lavoro,
delle merci e del denaro dovrebbero garantire la ottimale con-
giunzione della domanda e dellofferta. Ma cos non accade mai.
Mano a mano che leconomia capitalistica cresce, immense masse
di contadini e artigiani si trasformano in prestatori dopera sala-
riati (un miliardo in pi solo da quando la globalizzazione gui-
data dal WTO ha abbattuto i conni geopolitici del pianeta71) e
le comunit di villaggio con economie di sussistenza vengono di-
strutte a favore dellinurbamento nelle megalopoli (tre quinti della
popolazione mondiale a met secolo sar concentrata in aree con
pi di 10 milioni di abitanti a ne secolo72).
Siamo intrappolati nella condizione di produttori-consumatori.
Siamo costretti a cercare di ottenere sempre pi denaro dal tempo
che dedichiamo al lavoro retribuito con il quale tentare di comprare
la maggiore quantit possibile di merci. Evidentemente, in questa
dimensione di vita, anche le questioni dordine qualitativo sono de-
terminate dalle regole del mercato. Ad esempio, il tempo necessario
da dedicare alla cura e al lavoro domestico sotto attacco a causa
della istituzionalizzazione e privatizzazione dei servizi sociosanitari
e dellistruzione, dellindustrializzazione del cibo preconfezionato
ecc. Nellottica della logica della crescita dei valori di scambio delle
merci, il tempo dedicato a pratiche gratuite considerato tempo
sprecato, improduttivo. Come ricorda spesso Maurizio Pallante,
fa pi PIL una badante che non una assistenza amorosa fami-
liare. Cos come non sar pi possibile pretendere un lavoro profes-
sionalmente corrispondente ai propri interessi e vocazioni personali,
______________________
71
bene tener presente la dislocazione sul pianeta della forza lavoro a dispo-
sizione del capitale. Dati 2008. Cina: 775 milioni di lavoratori. Stati Uniti
dAmerica: 145. Brasile: 91. Giappone: 64. Messico: 44. Germania: 39. Regno
Unito: 30. Francia: 26. Italia: 23.
72
Per avere unidea di cosa stia succedendo l dentro si vedano i lavori di Mike
Davis, incominciando dalle: Citt morte. Storie di inferno metropolitano, Feltrinelli,
2002; e di David Harvey, Il capitalismo contro il diritto alla citt, Ombre corte, 2012.
37
poich gli accessi scolastici (numero chiuso, costi di iscrizione ecc.)
sono indirizzati in base alla domanda di lavoro che lapparato pro-
duttivo richiede. A che serve studiare ci che piace? Ovviamente,
anche la possibilit di vivere in un ambiente decente, dopo la di-
struzione sistematica degli ecosistemi naturali, regolata dal mer-
cato immobiliare. Dalle citt si scappa appena si pu.
38
CAPITOLO II
______________________
73
I. Illich, Disoccupazione creativa, Boroli, Milano, 2005, p. 20.
39
Come non vedere che proprio cos? Le crisi economiche non
hanno nulla di naturale, casuale, imprevedibile. La cosiddetta crisi
solo un dispositivo, non un evento ha scritto Marco Gero-
nimi Stoll uno dei meccanismi prevedibili (io penso previsto)
con cui i lupi acchiappano le prede.74 Le crisi sono le conseguenze
del modo con cui gli operatori del mercato si comportano, e di
come le autorit pubbliche giocano (o non giocano) i loro poteri
regolamentari. Gestite da chi le ha provocate, le crisi sono una
truffa e unimpostura, unestorsione premeditata ai danni dei ceti
sociali e delle popolazioni pi deboli della Terra. Se nessuno si
muove per evitarle, se si lascia che le cose precipitino no a pro-
durre arretramenti permanenti nelle condizioni di vita dei ceti po-
polari, perch cos stato scelto. Con ci non voglio sostenere
che le crisi siano un mero pretesto, una manovra pianicata dalla
cupola della nanza globalizzata che pure esiste. Tuttaltro, come
vedremo, anche agli strateghi delleconomia capita che la situazione
sfugga di mano per eccesso di ingordigia, per miopia o per igno-
ranza75. Intendo solo dire che le crisi vengono politicamente gestite
come elemento regolatore dei rapporti sociali. Creare uno stato di
emergenza, evocare e provocare un pericolo catastroco (il default,
la disoccupazione, la Grecia, la cacciata di questo o quel Paese
dallEuropa) sono espedienti utili al ne di terrorizzare le per-
sone, costringerle ad accettare tagli del welfare e peggioramenti delle
condizioni di lavoro, contando sulle innite capacit di adatta-
mento del genere umano e, soprattutto, sullassenza di alternative.
Come se tutto ci fosse un tributo necessario (sacrici umani, ap-
punto) da pagare ad una entit metasica crudele: il mercato e le
______________________
74
Intervista a M. Geronimi Stoll, in Missione oggi, novembre 2013. Lau-
tore ha pubblicato Smarketing. Comunicazione per tutti i piccoli che hanno grandi
cose da dire, Altreconomie, 2013.
75
Alcuni analisti pensano che le scienze economiche applichino una mo-
dellizzazione troppo semplificata della realt che comporta una riduzione
della complessit e una perdita di informazioni. Z. Kovacic, The Legitimacy
crisis of the Economic Paradigm, University of Helsinki, Helda, 2013.
40
sue concretizzazioni quali le borse, le valute, i titoli ecc. Serve forse
ricordare, ancora una volta, che il mercato una costruzione so-
ciale, una determinata forma di relazione tra gli uomini creata per
corrispondere a degli scopi, che si regge su istituzioni statali e giu-
ridiche pubbliche per denizione. I mercati, cos come le propriet
che li popolano, esistono solo in quanto delle leggi li hanno con-
gurati nelle forme in cui sono. Altre leggi, altre norme potrebbero
in qualsiasi momento intervenire per modicarli. Il lungo processo
di appropriazione e mercicazione delle risorse naturali trasfor-
mate da commons a commodities e delle conoscenze ha bisogno di
una autorit che autorizzi la gestione dei beni comuni da parte di
imprese private. Lo schema binario contrapposto pubblico/privato,
nella realt delle cose non esiste. Nella situazione attuale il pubblico
stato interamente catturato e reso funzionale alla conservazione
e riproduzione dei rapporti di produzione, di consumo e di potere
capitalistici. Lidea che il mercato (e la propriet) possa funzionare
meglio senza lo Stato una ridicola buffonata che fa il paio con
quella di quei padroni che sognano una fabbrica senza operai. In
realt, come ci ricorda lo storico Alessandro Dani: Liberismo sel-
vaggio e statalismo [sono] in fondo due buoni vecchi amici76. Lo
aveva gi detto bene Locke, secondo il quale: La conservazione
della propriet [] il ne del governo e la ragione per cui gli uomini
entrano in societ77.
Le crisi economiche, gestite dalle autorit pubbliche, funzio-
nano come una frusta, sono un fattore sociale disciplinante e sog-
______________________
76
A. Dani, Le risorse naturali come beni comuni, C&P Adver Effigi, Arcidosso,
2013. Si veda www.diritticomparati.it/2013/05/beni-comuni-utopistici-e-
reazionari.
77
J. Locke, Secondo trattato del governo, Londra, 1690. Cfr. n. 138: Il potere su-
premo non pu togliere a un uomo una parte della sua propriet senza il suo
consenso. Infatti, la conservazione della propriet essendo il fine del governo
e la ragione per cui gli uomini entrano in societ, necessariamente presup-
posto che il popolo abbia una propriet. K. Polanyi, nella Grande trasforma-
zione, ricostruisce il ruolo svolto dagli stati nazionali nella instaurazione del
libero mercato.
41
giogante: se non lavori di pi, a pi buon mercato e con meno
tutele sei nemico de linteresse generale e del bene comune.
Per gli agenti e i funzionari del capitale limportante non met-
tere in discussione il motore della megamacchina tecnoindu-
striale78 su cui si basa il sistema mondo79 contemporaneo: la
logica dellimpresa capitalistica dunque produttivit, protta-
bilit, accumulazione monetaria e concentrazione nanziaria.
Pi a lungo le autorit monetarie riescono a far durare le crisi,
meglio per le aristocrazie dei ricchi. Il loro sogno una crisi per-
manente che consenta loro di non dover dividere con chicchessia
i guadagni e le plusvalenze. Questa crisi si fermer ha affer-
mato Bruno Amoroso quando i 4/5 della popolazione saranno
ridotti in condizioni di povert e marginalizzazione. La ripresa
sar una stabilizzazione della povert.80 Cercheranno di tirare la
corda dellausterit (cio, dreneranno il usso del denaro dai red-
diti pi bassi verso le rendite da capitale) no a che le masse im-
poverite non assalteranno le banche. Ogni tanto accade (in
Argentina, a Cipro) ma raro. Poi manovreranno la leva dellin-
azione per diminuire il potere dacquisto delle famiglie no a
che i supermercati non verranno saccheggiati. Anche questo ac-
caduto nelle periferie delle citt americane, nelle prime primavere
arabe, ma un rischio che i reparti antisommossa sanno abil-
mente affrontare. Inne, espelleranno i Paesi della bad list degli
indebitati/insolventi dalla zona di protezione disegnata attorno
al dollaro e alleuro. Come successo alla Grecia. Le crisi, infatti,
servono a selezionare. Non tutti perdono (nelle uguali propor-
zioni) dalle crisi, come dimostrano i dati sullallargamento della
forbice tra ricchezza e povert. Quando il mondo sovrastato da
______________________
78
S. Latouche, La megamacchina, Bollati e Boringhieri, Torino, 1995.
79
I. Wallerstein, La retorica del potere, Fazi, Roma, 2007.
80
Intervista a B. Amoroso, Luscita dal capitalismo, in Altrestorie (a cura di),
www.comune-info.com, 12 ottobre 2013. Amoroso autore di Europa oltre
lEuro, Castelvecchi, 2013.
42
una montagna di debiti pericolanti, incentivati e creati ad arte81,
coloro che manovrano il denaro, una casta di cosmocrati82, di-
ventano sempre pi potenti e temuti. Le nebulose reti di ban-
chieri internazionali83 possono giocare a piacimento su pi tavoli,
manovrando con qualche telefonata tra amici sugli spread, sui tassi
di interesse, sulle valute, quel tanto che basta per mettere con le
spalle al muro prima luno, poi laltro stato sovrano. Il precetto
che il servizio degli interessi del debito sia sempre garantito
nelle misure aspettate e pattuite e nelle scadenze predenite84. I
rendimenti dei capitali sono lunica variabile indipendente, lastro
sso attorno cui gira tutto il sistema economico. Linsolvenza, il
dilazionamento, la ristrutturazione del debito e altri sistemi che
______________________
81
Come noto, la produzione di denaro a mezzo di denaro, la creazione di
nuovi debiti per pagare i vecchi debiti, la cartolarizzazione di guadagni fu-
turi solo ipotizzati ed altri fantasiosi (e rischiosi) sistemi inventati dalle banche
per finanziarizzare e parassitare leconomia, hanno portato alla creazione di
una quantit esorbitante di capitale fittizio. Nei Paesi occidentali le banconote
stampate dalle zecche degli Stati costituiscono meno del 5% dellammontare
del volume di moneta in circolazione. Il resto denaro creato dalle banche
private attraverso la concessione di crediti a loro piacimento. Per ogni dollaro
vero ce ne sono almeno 12 virtuali. Una massa monetaria che fluttua perico-
losamente in attesa di trovare nuovi convenienti assets, attivit e cespiti patri-
moniali da cui trarre nuove rendite. Cos la giostra continua a girare sempre
pi velocemente e sempre pi in alto. Finanza e derivati otto volte pi forti del-
leconomia reale, titolava il Sole 24 Ore del 6 agosto 2011. Il PIL mondiale
pesa 74.000 miliardi di dollari, mentre le Borse pesano 50.000, le obbligazioni
95.000 e i derivati (Credit Default Swap) 466.000 miliardi di dollari. Ma oggi,
secondo i dati della Banca dei regolamenti internazionali (Bri), abbiamo rag-
giunto la cifra astronomica di 710.000 miliardi di dollari di derivati. Unevo-
luzione che, negli occhi dei regolatori, rischia di rendere ancora pi vulnerabili
banche che sono ancora fragili, scrive Fabrizio Goria, sul CorrierEcono-
mia del 21 luglio 2014.
82
H. Kempf, Perch i megaricchi stanno distruggendo il pianeta, Garzanti, Milano,
2008.
83
P. S. Jha, Il caos prossimo venturo, Neri Pozza, Vicenza, 2007.
84
F. Chesnais, Debiti illegittimi e diritto allinsolvenza, DeriveApprodi, Roma,
2011, p. 10.
43
possono mettere in dubbio il diritto acquisito degli investitori
(cio, ottenere gli interessi attesi), considerato dai custodi del-
leconomia e dellordine esistente una catastrofe economica e un
sovvertimento sociale. Le crisi nanziarie che scoppiano a ripeti-
zione con sempre pi frequenza e intensit globale altro non sono
che la difcolt degli istituti di credito a garantire agli investitori i
rendimenti pattuiti.
44
naro, ovviamente, senza dover lavorare. Il denaro produce denaro.
Le banche sono lo strumento di strozzinaggio per conto di coloro
che, senza muovere un dito, possono vantare diritti sui proventi
della ricchezza futura creata da altri. La giostra, per, funziona no
a quando scoppia la bolla e si scopre che i debitori sono insol-
venti, i debiti inesigibili.
Ma le lezioni non insegnano nulla. La crescita, nonostante
la crisi, rimane il dogma delleconomia, una nalit in s, un ne
senza ne. Conseguentemente anche il denaro da strumento di
misura del valore dei beni e dei servizi scambiati, diventa il bene
assoluto in s, la sostanza della crescita, la ricchezza. La crescita,
intesa come aumento del denaro accumulabile e spendibile, di-
ventata sinonimo di benessere e persino di felicit. La crescita
il nuovo patriottismo che mobilita costantemente le masse nella
guerra competitiva tra le diverse aree economiche del pianeta glo-
balizzato. E, come in tutte le guerre, pochi vincono, molti soc-
combono. Il culto della crescita ci fa sentire in lotta contro ogni
limite, dominatori del mondo, padroni delle stesse forze naturali.
Le scienze economiche sono la teologia della crescita85. La cres-
cita il nuovo nome della vecchia ideologia del produttivismo e
dello sviluppismo, di destra e di sinistra. Ha scritto Loretta Na-
poleoni: Il capitalismo e il suo opposto, il marxismo, hanno in
comune un identico cuore: lo sfruttamento ad innitum delle ri-
sorse per procurare una crescita economica altrettanto innita.
Ma da Smith a Marx, da Keynes a Friedman, tutti analizzano un
mondo che non esiste, un pianeta che possiede risorse illimitate86.
Non importa sapere cosa dovrebbe crescere, quali beni si dovreb-
bero produrre, dove e per rispondere a quali bisogni umani autentici.
______________________
85
Leconomia la teologia della nostra era, hanno scritto Robert e Edward
Skidelsky, Quanto abbastanza. Di quanto denaro abbiamo davvero bisogno per essere
felici? (Meno di quello che pensi), Mondadori, Milano, 2013, p. 124.
86
L. Napoleoni, Il coraggio di fare la rivoluzione, in Internazionale, 14 novembre
2008.
45
Limportante costringere la gente, attraverso il ricatto della perdita
di un reddito da lavoro, a vendersi a qualsiasi condizione.
Stagnazione secolare
______________________
91
Scrive E. Campiglio: Nel giugno del 2007 solo pochi mesi prima dello
scoppio della crisi dei mutui nellEconomic Outlook dellOECD si poteva leg-
gere: La situazione attuale per molti ambiti la migliore che abbiamo visto
da anni [] Prevediamo che una sostenuta crescita nelle economie avanzate
sar rafforzata da una forte creazione di lavoro e una diminuzione della di-
soccupazione. E. Campiglio, Leconomia buona, Bruno Mondadori, Milano,
2012. Il ministro delleconomia del governo Renzi, Pier Carlo Padoan, ben
voluto dalle autorit monetarie, stato il Deputy Secretary-General dellOECD.
92
Intervista a Sonia Montano, A. Gorz, in Cadernos IHV Ideas, n. 31,
2005. Tradotta in Ecologica, Jaca Book, Milano, 2009, p. 135.
48
Lindebitamento degli Usa nel corso del trentennio neolibe-
rista schizzato alle stelle: dal 160% del PIL nel 1980, al 240%
nel 1990, al 370% del 2010. 55.000 miliardi di dollari.
Questo graco mette a confronto pi indicatori delleconomia
US e spiega bene il progressivo scostamento tra landamento dei
protti (compresi quelli non derivanti da attivit nanziarie spe-
culative) e gli investimenti da una parte, e loccupazione dallaltra.
Nellattuale contesto economico, per mantenere loccupazione (e
quindi una domanda interna accettabile) servirebbero investimenti
enormi che nessun tipo di protto in grado di alimentare.
Fig.1 Andrew McAfee, Associate Director, MIT Center for Digitl Business. Massachusetts in-
stitute of Tecnology, Studio degli impatti delle innovazioni tecnologiche sulloccupazione.
51
denari nuovi di zecca a prestito a interessi zero, nellintento di
stimolare leconomia. Si crea cos il paradosso di una liquidit
enorme in circolazione e investitori che non riescono a farla
fruttare perch non trovano assets capaci di procurare loro gua-
dagni accettabili. Scrive Mauro Bonaiuti: Per quanto incredibile
possa sembrare [] per convincere le imprese ad investire in
misura sufciente da garantire la piena occupazione, bisogner
non solo offrire loro denaro a costo zero, ma addirittura far s
che possano renderne meno di quanto stato prestato100. Cio
regalare denaro. Dello stesso avviso Nik Beams: Gli investi-
menti nelleconomia reale rimangono stagnati, mentre le cor-
porazioni accumulano valuta piuttosto che espandere le attivit
produttive, ed usano il denaro per avviare manovre di riacquisto
delle quote, o in fusioni ed acquisizioni ed altre operazioni -
nanziarie di matrice parassitaria101.
La rendita media del capitale del 4 - 5% allanno, se guar-
diamo al lungo periodo, ha calcolato Thomas Piketty, sulla base
di un accurato studio sugli andamenti storici del capitale, ma
oggi il rendimento del capitale pi elevato dei tassi di cre-
scita. Vale a dire che il capitale si riproduce da solo molto pi
rapidamente della crescita delleconomia102. Solo Ges di Na-
zareth riusciva a fare meglio alle nozze di Cana!
______________________
100
M. Bonaiuti, La fine della crescita, in www.democraziakmzero.org, 22 gen-
naio 2014. Bonaiuti leconomista che ha fatto conoscere in Italia Nicholas
Georgescu-Roegen, padre delle teorie bioeconomiche, quelle che collocano
leconomia allinterno della biosfera.
101
Nick Beams, Lindice Dow Jones a 17,000: limpennata verso un (nuovo) disastro
finanziario, in http://www.wsws.org/en/articles/2014/07/07/pers-j07.html.
Beams cos prosegue: Linfinito accumulo di ricchezza, dove quasi per mi-
racolo il denaro sembra moltiplicarsi esponenzialmente, intrinsecamente
insostenibile. Lintero sistema finanziario ricorda una specie di piramide ro-
vesciata, in cui enorme benessere finanziario poggia su una minuta base reale,
che rende lintero sistema suscettibile al minimo scossone.
102
Intervista a T. Pikettey, Il ritorno del capitale, F. Gambaro, in La Repub-
blica, 6 marzo 2014, p. 43.
52
Ristagno, recessione, depressione, deazione sono tutti
termini che indicano il fatto che le attivit produttive non rie-
scono pi a garantire tassi di protto accettabili, remunerativi o,
comunque, paragonabili a quelli ottenibili nel mercato nanzia-
rio. In altre parole il meccanismo di accumulazione si incep-
pato. Nemmeno le attivit economiche dei settori terziari (pur
cresciute a dismisura), a cui assegnato il compito del coordi-
namento del lavoro organizzato in reti di imprese a scala inter-
nazionale, riescono a compensare le perdite occupazionali nei
settori tradizionali: agricoltura e manifatturiero103. Cos risparmio
e consumi interni calano.
Mauro Bonaiuti sostiene che siamo giunti al crepuscolo
dellet della crescita104, al termine della fase economicamente
espansiva dei Paesi a capitalismo maturo, e lo spiega con il fe-
nomeno dei rendimenti decrescenti. La riprova la progres-
siva caduta dei rendimenti di tutti i fattori, non del solo saggio
di protto. Secondo lautore, il sistema socioeconomico globale
avrebbe gi oggi raggiunto i limiti esterni (energetici e di sfrut-
tamento delle risorse naturali in generale) della sostenibilit am-
bientale e quelli interni della tollerabilit sociale (disuguaglianze,
frustrazioni consumistiche, dissoluzione dei legami comunitari),
gli uni e gli altri legati alla natura entropica del processo econo-
mico capitalistico, fondato su una logica auto-accrescitiva, pre-
datoria ed estrattivista.
Sulla stessa lunghezza donda ragionano gli economisti della
New Economy Foundation guidata da Tim Jackson, un polie-
drico professore di sostenibilit, economista-capo del gruppo di
consulenza governativo Sustainable Development Commission
del Regno Unito, un pragmatico riformista che si pone lobiet-
______________________
103
M. Ruzzene, Crisi e trasformazione. Beni comuni ed economie pubbliche tra stato,
finanza speculativa e monete locali, Punto Rosso, Milano, 2012.
104
M. Bonaiuti, La grande transizione. Dal declino alla societ della decrescita, Pre-
fazione di S. Latouche, Bollati Boringhieri, Torino, 2013.
53
tivo di correggere gli squilibri tra gli individui e tra la societ
e la natura. Jackson pensa che si debba mettere in dubbio la
crescita e abbandonare lipotesi che la continua crescita dei
consumi [sia] lunica base possibile per la stabilit se vogliamo
uscire dal pi grande dilemma dei nostri tempi: come riconci-
liare laspirazione a un buon vivere con i limiti di un pianeta -
nito105. Se la nalit e la logica delleconomia rimane quella
della crescita esponenziale della produttivit, dellaumento dei
rendimenti, degli utili e dellaccumulazione monetaria da capi-
talizzare in quantit sempre maggiori, nessuna tecnologia green,
blu o rainbow (anche se orientata al minor impiego di ussi di
materie e di minor produzione di scarti) ci salver dal collasso
ecologico. Siamo immersi in un incubo energetico (incrementi
tra luno e il due per cento allanno di consumi fossili) e in ge-
nerale metabolico: bulimia consumistica di alcuni a scapito della
stragrande maggioranza delle popolazioni del mondo.
Sono molti gli osservatori che propendono per una valuta-
zione della prolungata crisi economica attuale come qualitativa-
mente diversa e pi importante delle precedenti. Prem Shankar
Jha stato il primo, credo, ad usare una formula forte, ripresa
da molti commentatori, per denire questa crisi come: Crisi
storica sistemica106. Ma cosa vuol dire?
Ha scritto Francois Houtart (uno dei 18 membri della Com-
missione ONU istituita per analizzare la crisi) :
In campo ci sono tre grandi letture della crisi. La prima indica nei
soli banchieri, corrotti e incapaci, i responsabili. La seconda, domi-
______________________
105
T. Jackson, Prosperit senza crescita. Economia per il pianeta reale, Edizioni Ambiente,
Milano, 2011, p. 49. Per una prosperit duratura, non rimane che rendere stabile
la decrescita (p. 169), ipotizzare un nuovo modello di economia a crescita
zero, una macroeconomia ecologica, un cambiamento della struttura sessa
delle economie di mercato, un nuovo modello teorico di come si comportino
gli aggregati macroeconomici quando il capitale non si accumuli pi (p. 165).
106
P. S. Jha, op. cit.
54
nante nella commissione presieduta da Joseph Stiglitz, neokeyne-
siana. Si tratta di regolare il sistema dal momento che a questa condi-
zione ci ha condotto lassenza di regole per leconomia. La terza,
minoritaria, afferma che le regole non sono sufcienti e che occorra
cambiare la logica del sistema107.
56
(compreso il settore dei servizi) che non sono riuscite ad interna-
zionalizzarsi. Lelenco potrebbe continuare a lungo, mischiando
tipologie di crisi che gli economisti solitamente attribuivano a fasi
storiche distinte e ad aree geograche separate e che invece ora
precipitano tutte assieme. Forza della globalizzazione!
Soprattutto una crisi cognitiva, come la denisce Edgar
Morin. Cio una incapacit culturale delle lite al potere di com-
prendere le cose nella loro complessit a causa di quel nostro
modo di conoscenza parcellizzato [che] produce ignoranze glo-
bali110. Una crisi multidimensionale e polisistemica che potrebbe
preludere al cedimento strutturale delle istituzioni socioecono-
miche e politiche esistenti. Non si tratta di unipotesi accademica.
gi accaduto molte volte nella storia dellumanit111. Non deve
stupire, quindi, che medici di scuole e specialit diverse si trovino
in imbarazzo e prescrivano contemporaneamente medicine con-
traddittorie: eccitanti e calmanti, per una austerit espansiva e
per una crescita in decit. Evidenti ossimori112. Una pillola per
ogni sintomo, dicevano le nostre nonne, non cura il male.
In questo quadro la nanza stata chiamata ad operare un ten-
tativo di soccorso (per quanto interessato) stressando i suoi mec-
canismi no a farli esplodere. Il compito della nanza infatti
quello di anticipare proventi che in realt sono solo ipotizzati nel
futuro, oltrech desiderati, ma nientaffatto certi, come abbiamo
______________________
110
Ivi, p. 5.
111
Mi riferisco agli studi di J. Tainer, The Collapse of Complex Societies, Cambrige
University Press, 1988; e di J. Diamond, Collasso, Come le societ scelgono di morire
o vivere, Einaudi.
112
Scrive Rist un gustoso capitolo titolato La tattica dellossimoro in cui spiega
che il procedimento che consiste nellunire due termini antinomici [come
sviluppo sostenibile o guerra pulita] per spiegare che la verit va al di l
della comprensione razionale di derivazione religiosa: In termini tecnici,
si tratta della teologia negativa, o apofatica, che sottolinea limpossibilit di
dire lindicibile. G. Rist, Lo sviluppo: abiti nuovi o divisa mimetizzata?, in: AA.
VV., Disfare lo sviluppo per rifare il mondo, Jaca Book, Milano, 2005, p. 30.
57
visto. Il debito, stato autorevolmente scritto, quando il futuro
viene derubato in anticipo.
Una seppur superciale osservazione dei meccanismi economici
avrebbe dovuto farci accorgere che sarebbe stato semplicemente in-
sostenibile, nel medio e lungo periodo, ottenere rendimenti nanziari
a due cifre in una situazione in cui i ricavi della sottostante eco-
nomia reale erano meno del 2% (come avvenuto negli ultimi quin-
dici anni nei Paesi Ocse), gi prima della crisi. facile prevedere che
i prossimi crack riguarderanno le assicurazioni (che hanno venduto
polizze con rendimenti superiori al 3%) e i fondi pensioni. Ma tor-
nano a gonarsi anche gli indici dei prezzi delle abitazioni negli Stati
Uniti (giunti ai livelli pre mutui subprime), in Cina ed anche in Gran
Bretagna e Germania. Cos come fa temere una prossima bolla, il
toro di Wall Street con indici borsistici alle stelle senza che vi sia
una particolare ragione, dato che i fondamentali di diverse societ
non sono cos brillanti secondo un commento della banca Wells
Fargo riportato dal Corriereconomia, e secondo lopinione del Se-
cular Out Look del fondo obbligazionario Pinco, il pi grande del
mondo: La mole di liquidit immessa nel sistema nanziario dal
2007 ad oggi, invece che combattere una bolla ne ha create delle
altre, potenzialmente pi pericolose113. La nanziarizzazione, la li-
beralizzazione e la privatizzazione dei mercati nanziari sono state
solo lultimo tentativo di mascherare, supplire e ritardare il declino
del sistema economico somministrandogli allucinogeni a dosi rego-
lari di 85 miliardi di dollari al mese, creati dal nulla e stampati dalla
______________________
113
F. Goria, Finanza. Tre bolle nascoste. Tutte da temere. La lezione di Lehman non
servita: limmobiliare, Wall Street e i social network quotati sono cresciuti troppo, in Cor-
rierEconomia, luned 23 giugno 2014, p. 6. Larticolista ricorda che la Federal
Reserve, dalla crisi ad oggi, ha comprato bond governativi americani e titoli ga-
rantiti da mutui per oltre 3 mila miliardi. Gli asset in pancia alla Fed sono infatti
passati da quota 925,725 miliardi di dollari, registrata il 10 settembre 2008, a
quota 4.340,904 miliardi di dollari, toccata lo scorso 11 giugno. Cifre folli! Si
vedano anche le analisi di A. Baranes sul sito: www.sbilanciamoci.info. In par-
ticolare La bolla a orologeria della finanza, 14 marzo 2014. Baranes autore di
Dobbiamo restituire fiducia ai mercati. Falso!, Laterza, Roma-Bari, 2014.
58
Federal Reserve114. Un doping, nellintento di mantenere accettabili
gli indici di rendimento dei capitali (rendite e protti), ma anche
gli introiti scali, i contributi pensionistici e sanitari, gli stipendi e i
rendimenti delle polizze assicurative. La creativa ingegneria nan-
ziaria di Wall Street e della City di Londra ha operato a ondate suc-
cessive per sovrastimare il valore di mercato reale di interi comparti
economici (prima lhi-tech, poi immobiliare e le commodities, quindi i
titoli sovrani di Stato, ora la green economy, prossimamente come
detto le assicurazioni e i fondi pensione), salvo poi farli scop-
piare ripetutamente.
Non si trattato di una mera operazione speculativa, ad ap-
pannaggio di pochi approttatori. Ma di una manovra politica-
mente orientata. Tramite la nanziarizzazione delleconomia, le
oligarchie economiche e le istituzioni statali al loro servizio, sono
riusciti a rendere complici i loro tradizionali antagonisti: i lavo-
ratori interni, la cui solvibilit sul mercato dipende sempre meno
dal salario diretto percepito e sempre pi dallaccesso al credito.
Una quota crescente della capacit dacquisto delle famiglie de-
riva dalle pensioni, dalle assicurazioni, dal credito al consumo;
formata cio da trasferimenti, da rendite, dai prestiti donore,
no al ricorso allo strozzinaggio. Lindebitamento crescente
stringe un cappio al collo degli Stati e delle famiglie. Ovviamente,
i massimi beneciari delle politiche di globalizzazione nanziaria
sono stati le imprese transnazionali offshore che delocalizzano
le produzioni e sfruttano il lavorano in conto terzi. Il sogno
______________________
114
G. Tett, Linarrestabile esplosione del credito, traduzione in Internazionale, 27
settembre 2013. La liquidit sui mercati iper-abbondante. Solo nel 2013 le
banche centrali di Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone hanno iniettato sui
mercati finanziari 1.700 miliardi di dollari nuovi di zecca. Nel 2012 ne avevano
immessi 1.000 miliardi. M. Longo, Il paradosso: troppi soldi ma pochi posti dove in-
vestirli, in Il Sole 24 Ore, 12 gennaio 2014. Dal 2006 ad oggi Bloomberg cal-
cola la quantit monetaria in circolazione sia aumentata di 27.000 miliardi di
dollari. Queste spericolate politiche monetarie spiegano forse larcano secondo
cui diminuiscono i fatturati, ma aumentano i profitti delle imprese.
59
di ogni imprenditore pagare il lavoro in renminbi e vendere i
prodotti in dollari!
Nasce cos la fortuna dei Brics (Brasile, Russia, Cina, Sud
Africa), dei Mikt (Messico, Indonesia, Corea del Sud, Turchia),
dei Mint (Messico, Indonesia, Nigeria, Turchia), dei Civets (Co-
lombia Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia, Sud Africa), acro-
nimi che piacciono agli investitori stranieri115.
La crisi, in denitiva, non nasce dalle banche, come una vul-
gata semplicatrice e sostanzialmente rassicurante sostiene, ma
da un mutamento dei rapporti di forza economici tra le regioni e
i sistemi politici del pianeta. Non appena si alza lo sguardo in
campo mondiale, si vede chiaramente il rapporto stretto tra crisi
dei meccanismi tradizionali di valorizzazione e di accumulazione
del capitale in Occidente, ed economia reale internazionalizzata.
La forza degli Stati Uniti, stato detto pi volte, sta nella capacit
di farsi imprestare denaro. Il soccorso che hanno ottenuto dai
fondi sovrani116 non dipende dal fascino dei coniugi Obama, ma
pi probabilmente da fattori quali: governi corrotti dai petrodol-
lari, basi militari e, soprattutto, subalternit economica. La storia
della supremazia occidentale nel mondo, al fondo, si riduce ad es-
sere una catena di sistemi di coercizione e di ritorsioni con cui
riuscire a parassitare altri Paesi. La globalizzazione dei mercati -
nanziari stata solo lultimo, il pi rafnato e fraudolento anello
della catena. Ma ora siamo giunti ad un passaggio importante.
______________________
115
C. Cohn, in Reuters, 20 gennaio 2014.
Il VI vertice die Brics si svolto nel luglio 2014 in Brasile e ha dato vita
ad una grande banca e ad un fondo comune di intervento per lo sviluppo
che potranno agevolmente superare per dimensioni le iniziative della Banca
e del Fondo Monetario mondiali. Vincenzo Comino, La finanza alternativa dei
Bric, in www.sbilanciamoci.info, pensa che si tratti di anche di una delle ri-
sposte cinesi, e in parte anche degli altri Paesi del Bric, al tentativo degli Stati
Uniti di isolarli attraverso il tentativo in atto per la messa in opera del trattato
per il commercio trans-atlantico.
116
Cina e Giappone detengono il 50% dei titoli del debito pubblico statunitense.
60
Legemonismo americano e dei suoi alleati sembra aver raggiunto
un punto terminale. Il gioco sta in piedi ha scritto Romano
Calvo no a quando una parte del mondo, quella che ha dato
inizio alla accumulazione capitalistica, riesce ad appropriarsi del
plus valore dei capitali governandone la valorizzazione ed accet-
tando che siano altri paesi in cui si produce cibo e beni manifat-
turieri per tutti.117
Scenari
63
Il secondo tipo di scenari possibili non contempla la possi-
bilit di una ripresa dei protti e dellaccumulazione capitalistica,
n ad Oriente n ad Occidente, n per i sistemi emergenti, n
per le aree in decadenza. Non vi sarebbe pi alcun margine per
produrre e ridistribuire surplus, quindi per allargare e riequili-
brare i poteri a livello globale. la tesi sostenuta da Andr Gorz
nellultimo lavoro che ci ha lasciato118: usava il termine estin-
zione per rendere lidea dei limiti raggiunti dallespansione del
capitalismo. Un limite interno, quando il capitale non pi in
grado di riprodursi, di incrementare il proprio valore mante-
nendo il ritmo della produttivit che le nuove tecnologie ren-
dono possibile; un limite esterno, ambientale, quando vengono
a mancare materie prime119.
65
abitante della Terra a lavorare non pi di tre ore al giorno121. Il
fallimento dellutopia keynesiana (piena occupazione e riduzione
dellorario di lavoro) non dipeso da un errore di valutazione
sullaumento della capacit produttivit e nemmeno della ric-
chezza monetaria, che anzi sono state straordinariamente elevate
a partire dal dopoguerra. Da cosa allora? Secondo Robert e Ed-
ward Skidelsky, padre e glio, economista e losofo, il lavoro
necessario pro-capite non diminuito e non diminuir perch
lerrore di Keynes consiste nel non aver fatto i conti no in
fondo con la logica del sistema economico e sociale capitalista
fondata sullaccrescimento indenito e perpetuo della produ-
zione di merci e dellaccumulazione di denaro. Il capitalismo ha
quindi bisogno di creare un tipo umano medio con la dispo-
sizione psicologica allinsaziabilit. Secondo questi autori: Il
capitalismo unarma a doppio taglio: da un lato ha reso possi-
bili grandi miglioramenti delle condizioni materiali dellesi-
stenza, dallaltro ha esaltato alcune delle caratteristiche umane
pi deplorevoli, come lavidit, linvidia e lavarizia. In altri ter-
mini: Uneconomia competitiva monetizzata esercita su di noi
continue pressioni a voler sempre di pi. E ancora: Il capita-
lismo si fonda sulla inesauribile crescita dei bisogni. Da cui,
nella nostra societ risulta praticamente impossibile separare
bisogni assoluti predeterminabili e bisogni relativi inesau-
ribili. I bisogni non conoscono limiti naturali, possono espan-
dersi allinnito almeno che non li conteniamo in maniera
consapevole [] La consapevolezza di avere quanto basta.122
Se le cose stanno cos, allora evidente che il raggiungimento
della et dellabbondanza pronosticata da Keynes verr conti-
nuamente posticipata, travolta dal movimento elicoidale produ-
______________________
121
J.M. Keynes scrisse anche: Spero non sia lontano il giorno in cui leco-
nomia occuper quel posto di ultima fila che le spetta, mentre nellarena dei
sentimenti e delle idee saranno protagonisti i nostri problemi reali: i problemi
della vita, dei rapporti umani, del comportamento, della religione.
122
R. - E. Skidelsky, op. cit., pp. 10-23-94-95.
66
zione-consumo123. In altre parole lerrore di Keynes sta nellaver cre-
duto, machiavellicamente, di poter piegare al bene il male, seppur
provvisoriamente. Sempre nelle Prospettive economiche per i nostri nipoti,
Keynes scrive: Almeno per i prossimi 100 anni dobbiamo preten-
dere da noi stessi e da chiunque altro che il brutto bello e il bello
brutto, perch il brutto utile, mentre il bello non lo . Ancora
per qualche tempo lavarizia, lusura e le misure protettive devono
essere i nostri dei. Perch solo loro possono condurci fuori dal tun-
nel della necessit economica124. Un ragionamento curiosamente
speculare a quello fatto dai sovietici per giusticare la necessit di
un regime provvisorio, si intende, di dittatura del proletariato.
Al contrario di ci che pensava Keynes, ci che mancato, e
tuttora manca, far rientrare gli strumenti economici nellalveo
delle scienze morali, subordinarli al raggiungimento di valori
non commercializzabili e non quanticabili in termini monetari
che afferiscono alla qualit del vivere (salute, dignit, rispetto,
armonia con la natura, relazioni affettive amicali e via dicendo125)
e non invece alle quantit di beni producibili ed accumulabili.
Vedremo nei prossimi capitoli come questa rivoluzione culturale
possibile. Ovviamente non si tratta di ben altra cosa dalla au-
sterit imposta dai governatori-banchieri europei mirata a bloc-
care un debito pubblico, invero incontenibile a causa degli
interessi crescenti che gli stati devono pagare, e soprattutto -
nalizzata a ridurre lo squilibrio delle bilance commerciali dei
______________________
123
Il parziale ritorno a Keynes [] non cambia in realt nulla, in quanto si
tratta solo di discussioni tra scuole diverse che si limitano a colorare con sfu-
mature il dogma dei mercati efficienti [] non rimettono in discussione il
modello di base. G. Rist ne I fantasmi delleconomia, Jaca Book, 2012, p. 188.
124
J. M. Keynes, Economic Possibilities for Our Grandchildren, New York, 1963,
pp. 358-373.
125
Come si vede si tratta di beni del corpo, della mente e delle relazioni co-
stitutivi dellumano che non escludono laltro, ma lo includono. L. Lom-
bardi Vallauri, in P. Cacciari (a cura di), La Societ dei beni comuni, Ediesse,
Roma, 2010, p. 44.
67
Paesi di pi antica industrializzazione tentando di contenere i
consumi di merci di importazione pagate in dollari, ad incomin-
ciare dal petrolio.
Le speranze di tutti coloro che auspicano la ripresa della cre-
scita, puntano esclusivamente sulle esportazioni. Ma i Paesi eu-
ropei cosa dovrebbero riuscire a vendere e a chi? I Paesi
emergenti, infatti, si stanno sempre pi affrancando dal gap tec-
nologico: la Cina diventata prima produttrice mondiale di com-
puter e anche di brevetti. Il ritorno di un nuovo protezionismo
US-UE per contenere la Cina (questo sembra essere il vero obiet-
tivo del nuovo Trattato per il libero commercio transatlantico126) appare
un fragile, quanto disperato argine in epoca di globalizzazione. I
protti delle loro multinazionali sono fatti in gran parte negli
opici globali. Aumentare i parametri di qualit, e quindi i
prezzi dei loro prodotti (applicando clausole sociali ed ambientali),
ridurrebbero anche i loro protti. Le speranze di uscita dalla
crisi attraverso la ripresa della crescita si riducono alla umi-
liante possibilit di offrire merci di lusso al gigantesco ceto
medio arricchito in Cina, India, Brasile, Turchia, Paesi arabi che
preme per accedere a consumi di qualit che i Paesi di pi antica
industrializzazione possono ancora fornire, ma non detto che i
margini di protto di questi prodotti (brand alla moda, rafnati
strumenti di telecomunicazione, yacht e altri generi di lusso) siano
sufcienti a far galleggiare ancora per molto tempo la piccola
Europa e la decadente America del Nord.
Comunque, meglio essere prudenti. Come si sa, le capacit di
adattamento del sistema capitalistico di mercato sono sorprendenti
e non certo da escludere che siano possibili nuove riprese,
nuovi cicli espansivi, nuove penetrazioni in aree geograche e in
settori non ancora mercicati. Il gi citato rapporto del Credit
______________________
126
Si veda il dossier TTIP, Il grande mercato transatlantico, di Le Monde diplo-
matique, allegato a Il Manifesto, 15 giugno 2014. In particolare larticolo
di Serge Halimi, I potenti ridisegnano il mondo.
68
Suisse127 calcola che la ricchezza monetaria nel mondo, dal 2000 al
2013, pi che raddoppiata: da 113.000 a 241.000 miliardi di dol-
lari. Trainata dalla spettacolare avanzata della Cina (+376%). In
linea lEuropa (+130%). Sotto la media gli Stati Uniti (+80%).
Anche il PIL mondiale cresciuto dal 2001 al 2011 del 17%. Le
previsioni sono altrettanto positive: nei prossimi 5 anni ci si aspetta
un ulteriore aumento della ricchezza globale del 40%. Parallela-
mente, sono diminuiti i poveri assoluti (1,25 dollari al giorno) ed
anche quelli relativi (2,50 dollari al giorno). Rispettivamente 1,4
miliardi di persone e 3 miliardi.
Tutto bene quindi? Al contrario! Misurare con i dollari pro-ca-
pite la qualit della vita delle persone unoperazione meschina e
falsicante128. Lo stato di povert non tanto una questione di red-
dito quanto di accesso ai mezzi di sussistenza: terra coltivabile,
acqua, lavoro, servizi, istruzione129 Ridurre la dignit di una vita
ad un reddito monetario signica non tener conto delle innite
altre forme di ricchezza che le societ non capitalistiche offrono ai
loro abitanti. Peggio, nasconde una volont di annientamento delle
diversit culturali. Ci vuol poco a capire che un dollaro pu voler
dire meno di nulla in una favela sudamericana infestata dalla cri-
minalit, cos come, per motivi opposti, in un villaggio indigeno in
una foresta ben conservata. tipico del neocolonialismo culturale
ed economico misurare la buona vita con il (proprio) denaro.
______________________
127
Credit Suisse, Global Walth Databook 2013, traduzione a cura della redazione
di Solidariet. www.rue89.com.
128
Scriveva Illich: La povert, nel linguaggio pubblico, comincia ad assumere
una nuova connotazione, vale a dire quella di una soglia economica [] la
povert, a New York come in Etiopia, diventata una misura universale
astratta del sottoconsumo. Scienziati sociali e burocrati stabiliscono quali
sono i bisogni standard delle popolazioni e gli economisti pianificano la
distruzione delleconomia morale di sussistenza preesistente. I. Illich, Bisogni, in W.
Sachs (a cura di), Dizionario dello sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino,
1998, pp. 71-72.
129
Gruppo promotore Dichiariamo Illegittima la Povert, Le fabbriche della po-
vert. Liberare la societ dallimpoverimento, ITER, Colognola ai Colli (Vr), 2013.
69
Ancora grandi praterie si aprono ai saccheggiatori delle im-
prese transnazionali nel Sud del mondo. Nuove colonizzazioni,
nuove enclousures, nuovi prelievi e sfruttamento di risorse prima-
rie sono ancora possibili. Sappiamo bene che i modi di produ-
zione e le relazioni sociali del capitalismo sono ambientalmente
e socialmente insostenibili, per non sappiamo quali e quanti
margini di manovra la megamacchina tecnoindustriale sar an-
cora capace di trovare nelle pieghe del sottosuolo, spremendo
no allultima goccia il petrolio di scisto usando le tecniche di
estrazione fraking (Hydraulic Fracturing130), per esempio, o sfrut-
tando la supercie del Sahara impiastrellandola di pannelli fo-
tovoltaici (progetto tedesco Desertec della Siemens131). Non
sappiamo quanti umi riusciranno ad intrappolare nelle dighe
nella Cordillera delle Ande, in Medio Oriente o nellimmenso
______________________
130
Immensi giacimenti di idrocarburi unconventional (chiamati shale o tight, olio e
gas di scisto) imprigionati nelle rocce calcaree, arenarie, quarzo e argilla sono
diventati disponibili grazie al processo di estrazione detto fracking (con tecnologie
introdotte dalla Halliburton): perforazione orizzontale del sottosuolo e frantu-
mazione idraulica. Sabbia e additivi chimici iniettati nei pozzi consentono alle
molecole di petrolio di fluire in superficie. Negli Stati Uniti si scava ad un ritmo
impressionate: pi di cento pozzi al giorno. Lasticella del peak oil si spostata
decisamente pi in alto, regalando qualche decennio (quattro o cinque) di vita
in pi allera dei combustibili fossili. Certo, qualche effetto collaterale sullam-
biente il fracking rischia di provocarlo. Per sgretolare le rocce e strizzare il petrolio
uno solo pozzo ha bisogno di 15 milioni di litri dacqua mista a proppant e altro
(M. Nicolazzi, Ok, il prezzo giusto. La grande svolta pu ripartire, in Il, agosto
2012). A pieno regime, si stima che i pozzi negli Stati Uniti, per esempio, si por-
teranno via dalluno al tre per cento del consumo totale di acqua. Il rischio del-
linquinamento delle falde evidente. La subsidenza certa e non sono esclusi
i rischi di piccoli terremoti locali. Ma non basta. Ci sono anche i costi del conto
economico: gli investimenti nello sviluppo dei giacimenti e nellestrazione degli
idrocarburi sono aumentati del 200-300% dal 2.000 ottenendo per un aumento
dellofferta di petrolio e gas di appena il 12%.
131
Il progetto, ben descritto da Cianciullo e Silvestrini ne La corsa della Green
Economy. Come la rivoluzione verde sta cambiando il mondo, denominato Desertec,
portato avanti da un consorzio di imprese tra cui Siemens (elettronica) e,
70
bacino dellHimalaya per produrre energia ad uso di miniere, ce-
mento e acciaio. Non sappiamo quante foreste e quante terre
comuni riusciranno ad accaparrarsi e a trasformare in deserti di
mais e soia geneticamente modicati. Non sappiamo quanta vita
e quante vite riusciranno a distruggere per creare il denaro che
gli manca. Sempre con il consenso e la sottomissione delle po-
polazioni del pianeta, distribuendo illusioni alla televisione e la-
crimogeni nelle piazze.
______________________
recentemente, anche ENEL. La copertura finanziaria di 400 miliardi di euro
garantita dalla Deutsche Bank e dal gigante delle assicurazioni Munich Re.
Si propone di soddisfare il 15%, 20% del fabbisogno di energia elettrica di
tutta Europa entro il 2050 attraverso la solarizzazione del deserto del Sahara
in Tunisia e Libia. La superficie teorica per soddisfare con tecnologie solari la
domanda elettrica mondiale, pari ad un quadrato di 300 km di lato. Ovvia-
mente, oltre ai megaimpianti a specchi, servono reti (supergrid) e tecnologie di
trasporto capaci di gestire i flussi di energia elettrica a grandi distanze attra-
versando i mari. E qui nato un altro progetto a guida francese: il consorzio
Transgreen con lobiettivo di creare una rete euro mediterranea per rendere
disponibili in Europa i grandi volumi di energia che saranno generati nelle re-
gioni del MENA (acronimo per indicare il Medio Oriente e il Nord Africa).
71
CAPITOLO III
Beni comuni*
74
il rischio di far rientrare dalla nestra unidea di societ ben di-
stante da quella auspicata dagli stessi movimenti che rivendicano
e praticano i commons136. Meglio quindi lasciare perdere il co-
mune e il comunismo e capire cosa sono i beni comuni, anche
se una denizione precisa dei beni comuni un esercizio molto
scivoloso, ma per alcuni versi necessario. Per farlo concreta-
mente la strada giusta tentare di capire quali sono le propriet
che le persone che li reclamano e li praticano attribuiscono alla
nozione di beni comuni.
Molte sono le denizioni di beni comuni che vari autori
hanno cercato di formulare. Vediamone alcune: un bene co-
mune un interesse o un valore condiviso (Stephen Gude-
man137); tutto ci che condividiamo(Commons Movement 138);
i doni della natura e della societ che ereditiamo e creiamo col-
______________________
136
Gustavo Esteva ritiene che dovremmo rimpiazzare il termine comuni-
smo (communism), che diventato una brutta parola per molte persone, con
comunalit (commonism). Chi ha inventato il termine commonism Nick Dyer-
Whiteford. G. Esteva, Comunalit, per abbattere le recinzioni, Voci di Abaya Yaca,
n. 2, a cura del gruppo Camminar domandando, titolo originale Communism:
Enclosing the Enclosers, intervento al convegno After the Crisis: the Thought
of Ivan Illich today, Oakland, 1-3 agosto 2013.
137
S. Gudemar, antropologo, professore allUniversit del Minnesota stato
citato da Silke Helfrich nel suo intervento Difendiamo i beni comuni, a Terra Fu-
tura, Firenze, 20 maggio 2011.
138
Commons: ci che condividiamo. Elementi sia naturali che sociali [] Dai
parchi naturali allacqua, dalle conoscenze scientifiche a Internet molte cose
non sono di propriet di alcuno. Esse esistono per il beneficio di tutti, e de-
vono essere protette per le generazioni future []. Commons-based society: una
societ che nelleconomia, nella politica, nella cultura e nella vita comunitaria
ruota attorno e promuove una diversa variet di beni comuni. Commons-base
solution: particolari innovazioni e politiche che risolvono problemi aiutando
la gente a gestire le risorse in modo sostenibile e cooperativo. Commoners: nel
tempo presente, la gente che usa determinati beni comuni, specialmente quelli
che si dedicano a rivendicare e a rigenerare i beni comuni. Commoning, un
verbo per descrivere le pratiche sociali usate dai cittadini per gestire le risorse
e rivendicare i beni comuni. Rese popolari dallo storico Peter Linebaugh ne
I ribelli dellAtlantico. Tratto dal blog www.onthecommons.
75
lettivamente (Peter Barnes139); i beni comuni non sono qual-
cosa di preesistente che andato perduto, ma qualcosa che con-
tinuamente viene prodotto e continuamente appropriato dal
capitale sotto forma monetaria e mercicata (David Harvey140);
ci che la societ desidera e decide di gestire collettivamente
(Peter Linebaugh141); i beni comuni sono linsieme dei principi,
delle istituzioni, delle risorse, dei mezzi e delle pratiche che per-
mettono ad un gruppo di individui di costituire una comunit
umana capace di assicurare il diritto ad una vita degna per tutti
(Unimondo142). Da un punto di vista sociale e politico la forza
del concetto di beni comuni ben rappresentata da Raj Patel:
il nesso che si instaura tra gli individui che denisce il bene co-
mune. Nella gestione collettiva del bene gli individui si uniscono e
creano una communitas, realizzano un progetto collettivo, operano pra-
tiche condivise.[] La pratica dei common, la gestione collettiva delle
risorse comuni, richiede una rete di relazioni sociali nalizzate a tenere
a freno gli istinti pi vili (egoismo proprietario, avidit, sopraffazione)
e a promuovere un diverso modo di valutare il mondo e le cose 143.
qualit dei diritti da garantire che porta alla qualificazione di un bene comune
77
cerca di una essenza, ma di una relazione145; una posizione vicina
anche a quella di Francois Houtart, che considera i beni comuni
come Commons Good of Humanity146, strettamente legati ai Fundamen-
tal Rights della Convenzione europea e a quella di Luigi Ferrajoli che
li vede connessi al sistema delle garanzie normative a tutela dei diritti
fondamentali individuali147. In effetti, laccesso ai beni comuni una
condizione indispensabile al soddisfacimento di bisogni primari e
universali delle persone. I beni comuni sono quindi intrinsecamente
correlati ai diritti inalienabili e indivisibili della persona. Beni e servizi
extra commercium, non nella disponibilit di chicchessia148. Una fatti-
specie giuridica che esisteva nel diritto romano, res communis omnium
e res in usu pubblico, che stata prevalente nel Medioevo e poi gra-
dualmente scomparsa con laffermarsi delle forme di propriet ca-
pitalistiche: private o statali (si vedano gli studi di Ugo Mattei, Paolo
Maddalena, Elisabetta Cangelosi 149).
______________________
e allulteriore, necessaria, attrazione nellambito dei diritti dellaccesso a tali
beni. S. Rodot, Il diritto di avere diritti, Laterza, Roma-Bari, 2012, p. 136.
145
Ibid., p. 136.
146
F. Houtart, relazione alla Conferenza della Rosa Luxemburg Foundation,
Roma, 27-29 aprile 2011.
147
L. Ferrajoli preferisce far rientrare il concetto di beni comuni in quello
pi esteso di beni fondamentali, evitando cos lespressione beni comuni
poich designa un coacervo di valori benefici eterogenei. L. Ferrajoli, Beni
fondamentali, in Annali Fondazione Basso, Tempo di beni comuni, Ediesse, Roma,
2013, p. 139.
148
Cfr. A. Lucarelli, Beni Comuni. Dalla teoria allazione politica, Dissensi, Roma,
2011.
149
Mattei ricorda come la Charter of the Forest (Magna Charta del 1215) costi-
tuzionalizzasse i commons. U. Mattei, op. cit., p. 28. Paolo Maddalena ha scritto:
La propriet collettiva non sorge nel medioevo, come comunemente si
crede, ma con la stessa fondazione di Roma. P. Maddalena, Per una teoria dei
beni comuni, in Micromega, n. 9, 2013. Si veda anche: P. Maddalena, Il terri-
torio bene comune degli italiani. Propriet collettiva, propriet privata e interesse pubblico,
Donzelli, Roma, 2014. E. Cangelosi, Publica e communis. Acqua, mondo romano
e beni comuni, Aracne, Roma, 2014.
78
Ma il modello proprietario che conduce ad una gestione esclu-
siva e privatistica di ogni tipo di bene, mortica le attitudini dei
beni comuni che sono, in primo luogo, quelle di rendere aziona-
bili ed esigibili i diritti fondamentali anche attraverso un percorso
giurisdizionale.
Bisogna per fare attenzione al fatto che i diritti sono il prodotto
di una presa di coscienza e di un riconoscimento sociale. I beni co-
muni sottostanti ai diritti non dipendono tanto dalle loro caratteri-
stiche naturali intrinseche, da una loro essenza sica o metasica,
ma dalle scelte che compie il regolatore pubblico, lamministra-
zione statale, in ultima istanza, il decisore politico. Sono i poteri co-
stituiti ad avere il compito di denire gli ambiti e catalogare i beni
attribuendoli alla propriet privata, ai patrimoni demaniali statali,
ovvero ad una nuova fattispecie collocabile oltre il mercato e lo
Stato, cio una forma di possesso diffuso, inalienabile, indivisibile,
inusucapibile, di tutti e di nessuno150.
Con ci evidente che rimane aperta la grande questione di
quali siano i motivi politici e culturali per cui le diverse societ,
nei diversi periodi storici, scelgono quali debbano essere i biso-
gni, i basic needs, necessari per vivere una vita degna e quindi me-
ritevoli di costituzionalizzarsi come diritti. Una questione che
Ugo Mattei nel suo manifesto151 risolve, superando decisa-
mente la visione di Rodot. A parere di Mattei i beni comuni
non sono predeterminabili e classicabili dallalto. Sono piutto-
sto la risultante di un processo conittuale dagli esiti non pre-
vedibili. La novit pi sconvolgente per lordine mentale e
sociale tradizionale, che deriva dalla concezione dei beni comuni
fatta propria dai movimenti sociali, risiede precisamente nel pro-
______________________
150
U. Mattei- E. Reviglio - S. Rodot (a cura di), I beni pubblici. Dal governo de-
mocratico delleconomia alla riforma del codice civile, Accademia Nazionale dei Lincei,
Roma, 2010.
151
Ugo Mattei, op. cit. Si veda anche il pi recente, Senza propriet non c li-
bert Falso!, Idla Laterza, Bari, 2014.
79
cesso attraverso il quale i beni comuni vengono individuati, rein-
ventati e rivendicati come tali. Si potrebbe dire, molto sempli-
cemente, che i beni comuni sono tutto ci che la societ desidera
condividere paritariamente, mettere in comune e quindi decide
di gestire in forme collettive, sottraendo tali beni alla logica della
sovranit proprietaria. In pratica un movimento di autodeter-
minazione sociale che crea relazioni umane consapevoli (comu-
nalit, comunanze), che si oppone al dominio delle ragioni della
massimizzazione dello sfruttamento delle risorse umane e na-
turali del pianeta.
Ambiguit inevitabili
82
Lunico modo per evitare che qualcuno faccia un uso oppor-
tunista della nozione, che il movimento per i beni comuni rie-
sca a dotarsi di un solido quadro teorico di riferimento. Le
inchieste, gli studi e le elaborazioni n qui prodotti sul tema sono
ormai cos numerosi e ricchi da poter ben sperare di avere presto
una teoria generale dei beni comuni, capace di rimette in gioco
gli aspetti giuridici ed economici, teorici e pratici, etici e politici
della societ esistente.
Una certa indeterminatezza nella denizione dei beni comuni
per inevitabile, poich si tratta di cose, beni e servizi molto
eterogenei, incoerenti, mutevoli nei luoghi e nel tempo. Se a Co-
chabamba, in Bolivia, e a Napoli stata la distribuzione dellac-
qua potabile e nelle primavere arabe sono stati i social network,
i beni comuni per i contadini indiani, brasiliani, africani sono la
possibilit di usare la terra fertile e le sementi. In Africa beni co-
muni sono le medicine anti Aids; nellArgentina del dopo crisi
le fabbriche dismesse. Nelle isole degli arcipelaghi tropicali che
rischiano la sommersione, il bene comune vitale il clima mi-
nacciato dal surriscaldamento globale. Nelle grandi citt sono i
teatri, i cinema, le caserme abbandonate da trasformare in centri
di aggregazione e di creazione culturale. Per i ricercatori e gli
studenti sono i saperi, i codici sorgenti, le biblioteche. E cos via.
Comprendo che tutta questa indeterminata variet possa com-
portare non poca fatica agli scienziati sociali e ai giuristi, per i quali
i beni comuni devono presentarsi come classi di cose ben pre-
cise e diverse: patrimoni e demani, infrastrutture e servizi collettivi,
servizi alle persone, diritti individuali, interessi collettivi, attivit
umane (come il lavoro), non valori astratti. Ferrajoli, Laura Pen-
nacchi156 e molti altri studiosi sono preoccupati che una estensione
eccessiva del concetto di beni comuni possa far perdere di vista le
diverse tecniche normative, le diverse controparti istituzionali
______________________
Cfr. L. Pennacchi, Filosofia dei beni comuni. Crisi e primato della sfera pubblica,
156
83
e persino le diverse categorie su cui strutturato il pensiero poli-
tico contemporaneo: corpi intermedi, rappresentanza, governo.
Cos da rendere ancora pi difcile trovare forme di garanzia e
tutela dei diritti. Ma a me pare che in questa fase sarebbe ancora
pi rischioso se i movimenti che rivendicassero nuove forme di
riconoscimento dei beni comuni, fossero imbrigliati dentro gli
schemi tradizionali del costituzionalismo democratico, la cui ina-
deguatezza a tutelare i nuovi beni comuni del tutto evidente.
Basti pensare alle questioni che riguardano il clima o il genoma
umano, la sovranit alimentare o laccoglienza dei rifugiati, la
stessa salute e la sovranit alimentare. Solo per citarne qualcuna.
A conclusione del secondo incontro internazionale sulleco-
nomia dei beni comuni di Berlino stato detto che lidentit del
movimento per i beni comuni rimane strategicamente ambi-
gua157. Ci a causa della grande diversit degli attori, per lenorme
variet dei settori di commoning, ma anche per la consapevole scelta
di non porre limiti ad una narrazione generale di un nuovo para-
digma sociale in co-costruzione. Pu apparire un discorso ecces-
sivamente aperto ed astratto, ma invece coerente con quanto,
ad esempio, afferma John Holloway: La forza umana della auto
creazione collettiva () potenzialmente illimitata e va liberata da
strutture rigide predenite. Quindi il movimento per i comming
sostanzialmente un antidoto ad ogni forma di identit che blocca
i processi costitutivi di nuove realt, un agire anti-identitario158.
Il comun denominatore dei beni comuni sono le relazioni
politiche che si determinano nel processo che porta alla loro in-
dividuazione e, poi, nelle modalit e qualit delle forme parte-
cipate della loro gestione condivisa. Ci che accumuna un
centro sociale e una azienda di distribuzione dellacqua, una coo-
______________________
157
A Report on an International Conference on the Future of the Commons, The Com-
mons Strategies Groups, presso la Heinrich Bll Foundation, Economics and
the Common(s), From Seed Form to Core Paradigmm, Berlin, 22-24 maggio 2013.
158
J. Holloway, !Comunicemos!, in Herramienta, Mettiamo in comune, tradotto
e pubblicato in www.comune-info.net, 3 novembre 2013.
84
perativa di produzione e un gruppo di acquisto solidale, un
bosco e una cohousing159 il grado di autogoverno che i loro
utilizzatori riescono a organizzare. Cooperative, cooperative e
istituzioni di comunit, cooperative a propriet indivisa, fonda-
zioni, trust, aziende pubbliche partecipate, organizzazioni mutua-
listiche, associazioni di fatto, gruppi spontanei. I beni comuni per
potersi affermare devono essere sostenuti da un repertorio di
azioni pratiche collettive, messe in atto da gruppi di persone, co-
munit, abitanti, usufruttuari che individuano in determinati beni
e servizi delle qualit speciali (ecosistemiche e/o culturali, ambien-
tali e/o civili, siche e/o virtuali) giudicate indispensabili per la
dignit della loro vita, per il loro buon vivere in comunit. Sono
detti beni comuni perch in un determinato momento storico e
luogo sico, le comunit umane giungono alla condivisa convin-
zione etica e alla conseguente decisione politica che nessuno possa
farne a meno e che, conseguentemente, nessuno possa utilizzarli
a proprio esclusivo benecio.
Ci detto, evidente che le speciche peculiarit funzionali
e giuridiche dei singoli beni (primari, fondamentali, vitali)
costituiscono un elemento di valutazione; ma la decisione di ge-
stirli seguendo determinate forme e modalit non dipende ne-
cessariamente e strettamente dalle loro caratteristiche siche. Si
potrebbero fare innumerevoli esempi di come il manto istitu-
zionale con cui le societ scelgono di vestire determinate risorse
dipende da moltissime variabili storico-culturali, credenze, ideo-
logie, mode e dogmi scientici prevalenti in quel momento, oltre
che dalle loro effettive condizioni di accessibilit, abbondanza,
utilizzabilit ecc. Ancora una volta, gli studi della Elinor Ostrom
dimostrano come i contesti socioculturali siano determinati
anche per raggiungere determinati obiettivi di efcienza econo-
mica nello sfruttamento di beni naturali. Non vi , insomma, un
______________________
159
P. Cacciari - N. Carestiato - D. Passeri, Viaggio nellItalia dei beni comuni, Ma-
rotta & Cafiero, Napoli, 2012.
85
criterio scienticamente indiscutibile che ci possa portare ad af-
fermare che un ume un bene comune, mentre un bacino
idroelettrico non lo ; che il vaccino antipolio lo , mentre le
cure odontoiatriche non lo sono; che listruzione professionale
sia un diritto e quella artistica no. Difcile stabilire a tavolino
cosa pi o meno vitale per il benessere di una persona. Si tratta
sempre di convenzioni che scaturiscono da consuetudini, valu-
tazioni soggettive culturali e da patti tra gruppi sociali sulluso
delle risorse tra diversi portatori di interessi, pi che da consi-
derazioni razionali astratte e formali. Il conne tra i beni comuni
e i beni appropriabili non (e non pu essere) cos netto e cri-
stallizzabile nei Codici del diritto. Esso tracciato dalle diverse
gerarchie di valori, dalle aspirazioni che attraversano le popola-
zioni nel loro percorso di civilizzazione e nelle concrete diverse
situazioni ambientali e geograche. Non c quindi un diritto
naturale, una via naturalistica che possa aiutarci a fondare
un giusnaturalismo a tutela dei beni comuni secondo i canoni
del diritto occidentale160.
86
mento dei beni comuni in ogni direzione, di legittimarlo e di au-
mentarne il consenso e (speriamo) di trovare soluzioni giuridiche
e gestionali innovative e originali tali da poter costituzionalizzare
il maggior numero di beni comuni.
Oggi, di fronte ai fallimenti tanto del mercato quanto degli
Stati, cresciuta alla base della societ la disponibilit a prendere
in considerazione relazioni sociali diversamente impostate ed
orientate alla condivisione oltre che alla sostenibilit. I concla-
mati disastri ambientali e le teorie bioeconomiche (Georgescu
Roegen, Kenneth Boulding, Joan Martinez Alier) sulla limita-
tezza della biosfera, contribuiscono ad aprire nuove strade.
I beni comuni non sono semplicemente una distribuzione pi
equa dei ussi di ricchezza estraibili dalle risorse a disposizione,
ma comportano una riconcettualizzazione della ricchezza stessa in
chiave di qualit del vivere. Non si tratta di rivendicare un diritto
di accesso a dei beni e a dei servizi concepiti dallalto e concessi da
autorit esterne, ma di ricrearli da zero, modicandone la natura,
la forma, lutilit. Cos, una casa edicata in autocostruzione e pen-
sata per essere abitata in cohousing, assomiglier probabilmente
pi ad un ecovillaggio che non ad un condominio. Gli indumenti
che vestiranno i loro abitanti, probabilmente, non saranno prodotti
in una sweat-farm di Dhaka e commercializzati da un brand alla
moda. I loro computer avranno un bollino che riporter le clausole
sociali ed ambientali rispettate dal produttore e girer senza dubbio
con un software libero. Molto probabilmente mangeranno cibo
biologico e vegano comprato tramite un gruppo di acquisto a chi-
lometri zero. E cos via.
Dobbiamo quindi percorrere una via attraverso la quale la
societ individua, istituzionalizza e gestisce dei beni e dei servizi
in forme pubbliche comuni come conseguenza di unazione po-
litica che si svolta a monte e che stata intrapresa da determi-
nati attori sociali. In altre parole il commoning (lazione attraverso
cui dei gruppi sociali promuovono la condivisione di determinati
beni e servizi) ha sempre origine da un conitto contro luso
87
proprietario esclusivo (privato o statale che sia) di determinati
beni e servizi. I campi di questa azione sono quelli della ricerca
del buon vivere. Labitare, visto come vivere in relazione con
lambiente e con gli altri. Il mangiare, il vestirsi, il consumare
visti come prendersi cura di s assumendosi le responsabilit
dei propri comportamenti e stili di vita. Il lavorare, come rea-
lizzazione di s in cooperazione con gli altri e per lutilit di
tutti162. In concreto, i promotori del movimento per i beni co-
muni sono: i gruppi della cittadinanza attiva; le organizzazioni
ambientaliste; i comitati e i sindacati di interessi che si battono
contro la privatizzazione di beni e servizi pubblici (in Italia il
caso del Forum per acqua pubblica che ha promosso la vertenza
contro la privatizzazione del servizio idrico integrato, la propo-
sta di legge di iniziativa popolare e il referendum del giugno
2011) in difesa di territori non ancora urbanizzati (come il caso
delle reti di associazioni che hanno dato vita alle campagne
Stop al consumo di suolo e Difendiamo il paesaggio), di
localit soggette alla costruzioni di grandi opere infrastrutturali,
come i numerosi casi dei movimenti sorti contro le linee ferro-
viarie ad alta velocit, le autostrade, i porti e i rigassicatori, gli
______________________
162
Un approccio del genere stato seguito, per citare uno tra gli esempi pi
maturi, dagli organizzatori di Fa la cosa giusta! di Palermo (www.falacosagiu-
stasicilia.org). La loro intenzione tessere una rete di gruppi, associazioni e
produttori che promuovono i concetti di equo e solidale. Le loro esperienze
vengono riunite lungo alcuni filoni tematici: buono da mangiare, abitare lo
spazio, servizi etici, viaggiare, pace e partecipazione, editoria, moda e cosmesi,
equo e solidale, beni comuni. Insomma, litera gamma delle azioni di un pos-
sibile buon vivere allinsegna della sostenibilit, della responsabilit, della
relazionalit. Capofila un Comitato di associazioni di varia formazione cul-
turale e diversamente impegnate nel sociale, ma che hanno saputo lavorare
assieme con pazienza e profitto: il Centro di documentazione Giuseppe Im-
pastato, Libera terra, Addiopizzo, lAssociazione per la pace e lo sviluppo del
Mediterraneo, il consorzio Siquillyh, lArci, Lavoro e non solo, Banca Etica,
sindacati e cooperative. Un primo risultato tangibile del loro lavoro una
ponderosa guida al consumo critico e agli stili di vita sostenibili della Sicilia,
Fa la cosa giusta!, edito dalla casa editrice Terre di Mezzo, 2013.
88
aeroporti, i grandi impianti industriali come inceneritori di riuti,
centrali termoelettriche a carbone e a biomasse, cementici e
cos via. Molto spesso si tratta di conitti ben localizzati per sal-
vare un parco urbano, un edicio demaniale, un ospedale, un
teatro o un cinema dismesso.
Vi sono anche esperienze di creazione di nuovi beni comuni
che nascono spontaneamente e indipendentemente dai poteri
pubblici: acquisti di terreni agricoli per la creazione di coopera-
tive di giovani agricoltori biologici; cohousing ed ecovillaggi;
cooperative a propriet indivisa di produzione (come il caso del
pasticio Iris rilevato da una cooperativa di produttori agricoli);
associazioni per il recupero di fabbriche dismesse (come la Ma-
ow di Terzano sul Naviglio alle porte di Milano163). Si instaura
cos un legame stretto tra i movimenti per i beni comuni e le ini-
ziative de laltra economia o economia solidale o economia
civile, a dir si voglia, ovvero: iniziative economiche non naliz-
zate alla creazione di plusprotti. Il Tavolo nazionale Res-Des-
Gas diventato un centro di elaborazione di strategie e di buone
pratiche economiche oltre i modelli convenzionali164.
Tra tutte le esperienze esistenti in Italia meritano particolare
attenzione: il movimento NoTav in Val di Susa (attivo da pi di
ventanni); le cooperative di Libera Terra, assegnatarie di beni
conscati alle mae; i Gruppi di acquisto solidali; il coordina-
mento per la difesa degli usi civici di antica costituzione (pro-
priet collettive di boschi, pascoli e altri beni); le occupazioni di
immobili abbandonati e trasformati in centri sociali e culturali
(quali il teatro Valle di Roma, i Saloni del Sale a Venezia, vari im-
mobili a Pisa, a Milano, a Messina). Sulla scorta delle esperienze
avviate in Italia sono nate delle campagne nazionali e sono sorte
alcune reti: Citt bene comune; No alle grandi opere (coordina-
______________________
163
Questa ed altre esperienze sono documentate in un dossier redatto dal
sito www.comune-info.org
164
Tavolo per la rete italiana di Economia Sociale, Uneconomia nuova, dai Gas
alla zeta, Altreconomia, 2013.
89
mento europeo); Liste di cittadinanza (coordinamento); Rete
dei comuni virtuosi; Rete dei comuni solidali; Societ dei terri-
torialisti; la Rete per la sostenibilit e la salute; molte altre ancora
a scala regionale e locale.
I movimenti per i beni comuni vogliono in primo luogo
porre un argine allarroganza del potere proprietario, privato o
statale che sia, che ha fatto strame del territorio e delle risorse
naturali, dei mezzi di produzione e delle infrastrutture, dei beni
culturali e dei servizi collettivi. Sono lantidoto allidea liberista
che la propriet conferisca un diritto illimitato sulluso delle ri-
sorse naturali e culturali. Si oppongono allurlo barbarico:
mio e ne faccio ci che mi pare e piace! che viene quotidiana-
mente lanciato dal management delle imprese e dai governanti
delle istituzioni pubbliche che gestiscono i patrimoni collettivi,
anche quando sono il frutto del lavoro di generazioni, e i beni
naturali con la stessa logica di cassa delle societ di capitali. Non
a caso il modello aziendale, gerarchico e competitivo, consi-
derato lunico in grado di regolare in modo efciente le relazioni
tra le persone. Un dispotismo del comando della ragione eco-
nomica che negli ultimi trentanni di neoliberismo ha dominato
incontrastato e che si esplicita nella riduzione delle tutele e dei
diritti nei luoghi di lavoro, nelle privatizzazioni delle imprese
pubbliche, nella deregolamentazione e nello smantellamento
dello stato sociale con la conseguenza immediata dellaggravio
di lavoro domestico, svolto dalle donne, socialmente invisibile
e non pagato.
Poich i beni comuni si nascondono un po dovunque ci
avverte Carlo Donolo165 inevitabile che la lotta per i beni
comuni [sia] onnipresente, come afferma Silvia Federici166. Pen-
siamo a livello globale, le azioni dei mediattivisti contro i ripetuti
______________________
165
C. Donolo, I beni comuni presi sul serio, in op. cit., p. 26.
166
S. Federici, Il femminismo e la politica dei beni comuni, in DEP, n. 20, 2012;
cfr. http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=138562.
90
tentativi messi in atto dai pi potenti motori di ricerca per ltrare
gli accessi ad internet167. E ancora, le lotte dei movimenti contadini
contro le multinazionali agro-bio-chimico-farmaceutiche per luso
delle sementi. Indignados, Occupy Wall Street, movimenti di
strada in Grecia, in Turchia sono le punte di un movimento che
si estende sotto la supercie non illuminata dai mass media. Per
tutti questi soggetti sociali i beni comuni costituiscono il grande
campo di battaglia su cui misurare la qualit della democrazia,
della giustizia sociale e della sostenibilit ambientale del sistema
socioeconomico esistente.
91
vizi indispensabili e funzionali alla realizzazione dei diritti fon-
damentali delle persone. La seconda rimanda alla loro natura
collettiva: sia che siano doni di natura o risultati sedimentati nel
tempo delle attivit degli esseri umani, nessuno pu affermare
di esserne lesclusivo artece. Beni materici o cognitivi, naturali
o articiali, globali o locali, sici o virtuali, spesso in sinergia tra
loro, comunque essenziali, basilari, insostituibili e irriproducibili.
Beni della vita, come recita una sentenza della Cassazione
sullintegrit e dignit della persona. Il presupposto necessario
per la vita sociale di tutti, il fondamento di una vita in comune.
Beni che hanno la peculiarit di fondare il legame sociale
stesso. Beni comuni perch produttori di comunalit.168
Se queste sono le caratteristiche dei beni comuni, ne risulta
con assoluta evidenza che la loro regolazione e gestione deve
sottostare a due elementari principi guida di tipo etico. Primo: i
beni comuni devono essere preservati, conservati e rigenerati.
Secondo: tutti devono poter accedere ai beneci che se ne pos-
sono trarre dal loro uso. Ci signica riconoscere che in questo
mondo esistono cose la cui fruizione non ammette discrimi-
nazioni di tipo economico, barriere di tipo giuridico, enclosures
di tipo sociale. Beni irriducibili alla logica del mercato.
Ha scritto Peter Barnes: Ognuno di noi beneciario di
unimmensa eredit che include aria, acqua, habitat ed ecosistemi,
lingue e culture, scienze e tecnologie, sistemi sociali e politici e
un sacco di altre cose sosticate [] La ricchezza comune la
materia oscura delluniverso economico: dappertutto, ma noi
non la vediamo perch non ha etichette con il prezzo169.
gi stato scritto che forse il modo pi giusto per tradurre
commons sarebbe comunalit o comunanze170, perch tiene as-
sieme in un unicum indistinguibile tutto ci che viene gestito in
______________________
168
C. Donolo, op. cit., p. 20.
169
P. Barnes, op. cit., p. 68.
170
M. Angelini, in P. Cacciari (a cura di), La societ dei beni comuni, Ediesse,
Roma, 2010, p. 103.
92
comune: beni, regole duso, norme sociali e istituzioni della con-
vivenza civile, comunit di riferimento. In fondo, labbaglio di
Garnet Hardin (nel suo famosissimo The Tragedy of the Commons)
ha notato David Harvey consiste proprio dallaver creduto
che il regime dei commons comprendesse solo i pascoli e non
anche le greggi, gli ovili e lintera economia del villaggio171.
Ancor oggi esistono zone dove, per antica consuetudine, la pa-
storizia viene gestita a turno dai proprietari dei greggi. Negli
Abruzzi, per esempio, sopravvive una forma comunitaria di con-
duzione dei greggi, si chiama morra: pi proprietari mettono as-
sieme i propri capi di bestiario e stabiliscono precisi turni di
pascolo a seconda di un calcolo (galetta) della produttivit del
latte dei rispettivi animali. Tale metodo permette ai proprietari
di avere numerose giornate libere172.
In un contesto relazionale condiviso, dei comportamenti
egoistici di un singolo componente renderebbero la comunit
semplicemente inconcepibile e irrealizzabile. Le ricerche sul
______________________
171
D. Harvey, The Future of the Commons, in Radical History Review, n. 109,
2011. Trad. it. Il futuro dei beni comuni, in Su la testa, n. 16, 2011, pp. 48-53.
Il problema reale non sono i beni comuni in s, ma il fallimento dei diritti
della propriet privata individuale per soddisfare gli interessi comuni.
172
E. Micati, Percorsi di ritorno alle terre alte dAbruzzo, in Mauro Varotto, La
montagna che torna a vivere. Testimonianze e progetti per la rinascita delle Terre Alte,
Cai e Nuovadimensione, 2013, p. 113. La morra un gregge di ovini e caprini
formato da duecentocinquanta-trecento capi, ma con tale termine ci si rife-
risce anche alla consuetudine pastorale descritta. Le aree pascolative (poste)
anticamente venivano misurate in nti. Lntio rappresentava la quantit di pa-
scolo necessaria per una morra di pecore. [] A inizio stagione, al rientro
dalla prima giornata di pascolo, che per consuetudine fissata il 1 maggio,
ogni proprietario munge i propri animali e misura la quantit di latte prodotta.
[] In base a questa quantit rispetto al totale della produzione si determi-
nano i turni di pascolo che ciascun proprietario tenuto a prestare. Il pro-
dotto giornaliero dellintero gregge spetta al pastore di turno. Chi ha pi
capi far pi turni, ma in occasione delle mungitura della sera e del mattino
alcuni pastori si recano ad aiutare chi di turno, che provvede poi a offrire
loro la cena presso lo stazzo.
93
campo di Elinor Ostrom ci hanno confermato che la gestione
comunitaria delle Common-Pool Resources , il pi delle volte,
pi efciente e pi efcace di quella in uso esclusivo, privato
o pubblico-statale che sia, perch crea e distribuisce pi ric-
chezza e la fa durare pi a lungo nel tempo.
Questi e molti altri possibili loni del pensiero dei beni co-
muni potrebbero essere esemplicati con approfondimenti di
particolare peso. Ad esempio: il denaro e gli strumenti nanziari
in genere sono un bene comune; il paesaggio (la dimensione
della percezione estetica) un bene comune; il lavoro (inteso
come forma socialmente utile delle facolt umane) un bene
comune; il clima un bene comune; il patrimonio genetico un
bene comune; le scoperte e le invenzioni scientiche sono un
bene comune
Vediamo alcuni di questi grandi capitoli, a mo di titoli.
Una idea animista del diritto, che concepisce gli uccelli, le monta-
gne, le rocce o il delta di un ume come soggetti di diritto, tali e quali
a esseri umani, implica una svolta sia giuridica che epistemica. Le co-
munit naturali non-umane abbandonano lo stato di propriet
anche nei termini di propriet comune per diventare entit dotate
di diritto179.
96
parir cos assurda come la propriet privata di un uomo da parte
di un altro uomo181. Un concetto centrale nelle culture indigene
di ogni parte del mondo ben prima di Marx. Nella teoria politica
dei beni comuni la rigenerazione dei cicli vitali degli ecosistemi
naturali e il libero sviluppo della creativit umana, diventano il
ne e lo scopo di ogni attivit sociale e il senso stesso dellesi-
stenza di istituzioni di cooperazione sociale. Limperativo capi-
talistico della massima resa e della intensicazione produttiva
(della ricerca delleccesso e del surplus, dellaccumulo e del pro-
tto) viene scalzato e sostituito con la ricerca della durevolezza,
dellutilit, della soddisfazione nel lavoro, delleconomicizzazione
dei ussi di energia e di materia impiegati nei cicli produttivi e
di consumo, della ricerca della sufcienza, del bastevole (fruga-
lit), della lotta agli sprechi. I beni comuni chiamano in scena
leconomia plurale del noi, altrimenti chiamata solidale, sociale,
civile e persino degli affetti.
97
(la tecnologia) , paradossalmente, un processo di semplica-
zione che accelera i ussi eliminando le differenze183.
Il pensiero dei beni comuni pretende una svolta nel pensiero
scientico a partire dalla assunzione del concetto che la vita sulla
Terra non frazionabile. Lecosfera come comunit biotica
chiede di rinunciare allidea del dominio assoluto delluomo
padre e padrone sulla natura cosicata. Chiede di superare il
dualismo oppositivo tra natura e cultura, tra spirito e corpo,
uomo e donna, razionalit e sensibilit, oggetti e soggetti, fatti e
valori. Chiede una razionalit sensibile e una ragione cordiale.
______________________
188
L. Tolstoj, Resurrezione, trad. it. A. Polledro, Garzanti, Milano, 1976, p. 66.
189
Si veda nota 187.
190
J. H. Kunstler, op. cit., p. 216.
191
R. Mdera, Lalchimia ribelle. Per non rassegnarsi al dominio delle cose, Palomar,
Bari, 1997, p. 27.
192
F. Cassano, Lumilt del male, Laterza, Roma-Bari, 2011, p. 86.
193
P. Ferraris, Ieri e domani, Edizioni dellasino, Roma, 2011, p. 13.
100
solo governo della gente. Politica aiutare la gente a governarsi
da s.194
______________________
194
V. Foa, La Gerusalemme rimandata, Einaudi, Torino, 2009, p. 40, citato in P.
Ferraris, op. cit., p. 12.
195
F. Cassano, Mutare il codice, in P. Bevilacqua (a cura di), op. cit., p. 108.
101
CAPITOLO IV
Lavoro*
108
lavoro salariato condannerebbe qualsiasi attivit umana ad un destino
inglobato nella sfera del mercato. Insomma, dovremmo riutarci ca-
tegoricamente di accettare la concezione del lavoro solo se si presenta
nella forma di forza lavoro, un mero mezzo o fattore desti-
nato ad alimentare la megamacchina produttiva globale206.
______________________
monetizzati, rappresentano il 54% delle ore di lavoro effettivamente svolte e
il 35% del valore totale della produzione. Come noto, il lavoro domestico,
di cura e di riproduzione storicamente e culturalmente attribuito alle donne.
Il dominio di genere maschile, patriarcale, ha imposto lo sfruttamento e la se-
gregazione delle donne in ruoli familiari non riconosciuti socialmente. B. Bian-
chi, Larma pi potente del dominio maschile. Il lavoro non pagato delle donne nella
riflessione femminista, in M. G. Turri (a cura di), Femen. La nuova rivoluzione femmi-
nista, Memesis, 2013. Secondo i calcoli del Wuppertal Institut, in Europa le
donne impegnano 31 ore al lavoro domestico e di assistenza contro le 19,5
degli uomini. Importante sapere che nel complesso le ore dedicate gratuita-
mente alleconomia della vita sono 98 miliardi allanno (casa, autoproduzione,
impiego civile) contro i 56 miliardi dedicati al lavoro convenzionale retribuito.
In Germania gran parte del lavoro eseguito giornalmente e necessario per la
societ viene fornito gratuitamente sotto forma di servizio sociale, lavoro in
proprio o attivit per il bene comune (59% lavoro non retribuito, contro il
35% lavoro retribuito). Wueppertal Institut, W. Sachs e M. Morosini (a cura
di), Futuro sostenibile. Le risposte eco-sociali alle crisi in Europa, Edizioni Ambiente,
Milano, 2011, p. 292.
206
Non va dimenticato limperativo kantiano: Agisci in modo da trattare
lumanit, sia nella tua persona sia in quella di ogni altra, sempre come un
fine e mai semplicemente come un mezzo. I. Kant, Scritti morali, P. Chiodi
(a cura di), Utet, 1980, p. 88.
109
usare con attenzione e senso di responsabilit, poich ha il po-
tere di trasformare ogni cosa interferendo pesantemente sulle
stesse condizioni della vita sulla Terra. Una forza che pu essere
impiegata in modi diversi e persino opposti: oppressivi e distrut-
tivi oppure liberatori e rigeneranti.
Vi unintima connessione tra le forme di organizzazione
del lavoro e la sua utilit sociale. Per usare una metafora gan-
dhiana, ricordiamoci che tra le modalit dazione e i loro esiti
intercorre lo stesso rapporto che c tra il seme la pianta. Dif-
cile pensare, ad esempio, che rapporti di lavoro schiavistici pos-
sano generare qualcosa di utile allemancipazione degli individui
oppressi. Per evitare di correre anche solo lontanamente simili
rischi, faraoni e imperatori antichi usavano seppellire architetti
e maestranze sotto le loro piramidi! Ma anche difcile pensare
che prestazioni lavorative, comunque estorte sotto il ricatto eco-
nomico e stipulate in condizioni di asimmetria di potere (come
nel caso del nostro civilissimo contratto di lavoro salariato),
possano generare risposte davvero utili per la parte contraente
pi debole. Il salario una ben amara forma di compensazione,
non certo uno strumento di emancipazione da una condizione
di subalternit. Gli ascensori sociali costituiti dalle carriere
lavorative possono (qualche volta) portare ai vertici delle pira-
midi delle organizzazioni aziendali, ma rimangono sempre den-
tro la gerarchia di quelledicio. La conferma delle mostruosit
che genera questo rapporto iniquo tra capitale e lavoro ci viene
dagli innumerevoli casi di conitto lavoro/salute/ambiente in
cui gruppi di lavoratori sono costretti ad accettare di esporre a
rischio la propria e altrui salute pur di ricevere un salario.
Dovremmo allora scartare unidea di lavoro che sia sempli-
cemente un posto di lavoro da occupare per un certo tempo
impiegando alcune abilit. Dovremmo piuttosto pensare ad un
lavoro autenticamente buono, un lavoro completo, pieno dei
suoi pi alti signicati, che possa generare piacere sia in chi lo
compie sia in chi ne riceve i beneci, in uno scambio di soddi-
110
sfazioni reciproche e paritarie. Quindi, un lavoro che genera
forme di convivenza evolute.
Prima e oltre che uno scambio di valore, il lavoro ha un
valore intrinseco. Ha scritto Alain Caill: Gli uomini sono uo-
mini prima di essere lavoratori e le societ umane sono umane
prima di essere macchine per produrre207. Simone Weil, dopo
aver voluto sperimentare le sofferenze del lavoro di fabbrica,
scriveva che il lavoro vero un atto damore, una relazione spi-
rituale. Esattamente il contrario del modello lavorativo che si
imposto con lindustrializzazione impersonale, parcellizzato,
super specializzato, eteronomo, maschile, alienante, in primo
luogo perch separa il produttore dal frutto del suo lavoro. Il la-
voratore, nel rapporto sociale di produzione capitalistico, come
ha bene spiegato Marx, perde il controllo, perde persino la co-
gnizione di ci che produce: spilli o cannoni, fa lo stesso, basta
che a ne giornata gli sia riconosciuto ci che ha pattuito.
Nella prospettiva di una societ basata su relazioni umane -
nalizzate alla creazione di una economia della condivisione della
vita, equa e sostenibile, plurale e interrelata tra produttori e con-
sumatori, il lavoro coordinato (diciamo pure: industriale) rimarr
molto probabilmente una necessit primaria, indispensabile per
minimizzare gli sforzi individuali e massimizzare i beneci attesi,
ma dovr potersi svolgere con modalit del tutto diverse. la
divisione sociale e sessuale del lavoro che va superata. Vanno
rotte le barriere che separano non solo, in senso di classe, il
tempo di lavoro impiegato nelle diverse sfere del lavoro produt-
tivo concreto e del lavoro astratto, tra lavoro manuale e in-
tellettuale, tra lavoro produttivo e riproduttivo sessuato, tra
lavoro coartato (Arbeit) e lavoro creativo autonomo (Werke),
ovvero tra animal laborans e homo faber, tra operarii e articies, per
usare le categorie di Hannah Arendt208.
______________________
207
A. Caill, Critica della ragione utilitaria, Bollati Boringhieri, Torino, 1991, p. 116.
208
H. Arendt, Vita Activa: la condizione umana, Bompiani, Milano, 2009.
111
La speranza che non dobbiamo smarrire che ogni individuo
un giorno possa svolgere una molteplicit di attivit libere e
scelte: per s (autoformazione, autoproduzione, selfempowerment,
lavoro del pane, cio della sussistenza); per la protezione e la
cura amorevole dei conoscenti (lavoro domestico, relazioni con-
viviali); per la comunit (volontariato di prossimit, gestione dei
beni comuni); per la produzione di beni e servizi utili (agricoltura
contadina, artigianato, ofcine, opici e fabbriche autogestite).
Il lavoro stato denito un bene comune dalla Federazione dei
Lavoratori Metalmeccanici della Cgil, il pi grande sindacato di ca-
tegoria di lavoratori dipendenti dellindustria italiana, in occasione
dello sciopero del 16 ottobre 2010 contro le ristrutturazioni del
lavoro imposte dallamministratore delegato Marchionne. Uno slo-
gan, certo, che tuttavia anche una sda, suggestiva e impegnativa
sotto il prolo teorico. Unaffermazione in controtendenza ri-
spetto al processo di frammentazione e di privatizzazione del rap-
porto di lavoro che si affermato in una societ sempre pi
individualista e in uneconomia liberoscambista. Lavoro come
bene comune signica considerare il lavoro come patrimonio so-
ciale collettivo, caratterizzato da diritti di cittadinanza e democrazia.
La dignit del lavoro, il suo essere un bene comune, la sua di-
mensione politica209. Anche se schiere di sociologi ci spiegano ogni
giorno che il lavoro, per quanto inserito in un contesto organizza-
tivo di cooperazione sociale estesa e rafnata (divisione tecnica del
lavoro), rimane pur sempre una prestazione individuale che come
tale va contrattualizzata. Il lavoro, invece, unesperienza che si-
multaneamente individuale e collettiva210.
______________________
209
Officina delle idee di Rete@Sinistra, La societ dei beni comuni, in P. Cacciari
(a cura di), La societ dei ben comuni, Ediesse e Carta, Roma, 2010.
210
Anche da sinistra sono arrivate molte stroncature allidea di includere il
lavoro tra i beni meritevoli di un particolare statuto di bene comune. Tra i molti
critici ricordo Adalgiso Amendola che afferma: In particolare, qui e ora, il la-
voro diviene una risorsa solo allinterno del rapporto capitalistico. Quindi,
assurdo pensare al lavoro come un bene o un valore in s dimostrando con
112
stato gi detto che la rivalutazione del lavoro non pu di-
pendere solo dalla sua remunerazione, cio dal valore della
compensazione monetaria per il suo sfruttamento. Inseguire
il capitale solo sul terreno del valore lavoro monetario, in una
fase in cui il capitalismo riesce a prelevare il plusvalore (vedi ren-
dite nanziarie), signica condannare il lavoro subalterno, specie
quello manuale e ripetitivo, agli ultimi gironi infernali della catena
di produzione del valore. Quindi, se vogliamo fare uscire il la-
voro dalla condizione di schiavit, precariet e ricattabilit in cui
si trova oggi, necessario restituirgli un po di rispetto, di dignit
e di orgoglio.
Lavorare altrimenti
______________________
216
I. Illich, op. cit., p. 69.
217
noto che questo argomento usato da tutti gli sviluppisti per contestare
lidea della decrescita. Se diminuisce la domanda di merci, diminuiscono i
consumi e, conseguentemente, le produzioni e loccupazione. Il ragiona-
mento stringente e sicuramente vero, ma prefigura una soluzione impos-
sibile la crescita infinita in un mondo finito e ignora le contromisure
possibili: soddisfare i propri bisogni e i propri desideri senza necessariamente
passare per il supermercato. Forse, si pu provare a vivere meglio acqui-
stando individualmente, consumando e, quindi, producendo meno merci e
usufruendo di pi beni condivisi.
116
limprenditore capitalista e della sua societ anonima di capitali,
gure che hanno nel proprio DNA solo listruzione dellaccre-
scimento innito e indenito del protto dellazienda.
Sullaltro versante, si tratta di dare inizio ad una lotta di libe-
razione del tempo di vita (che non il tempo libero, del riposo
e del consumo), per affermare spazi di autonomia sempre mag-
giori, di riappropriazione del proprio saper fare, della presa in
cura di se stessi e dei propri cari, della salvaguardia e della ma-
nutenzione del proprio habitat. Si tratta di praticare forme di di-
serzione di massa da modelli comportamentali (simbolici,
emozionali) distruttivi, e scegliere invece uno stile di vita (unarte
di vivere) generalizzabile, condivisibile da tutti su scala planetaria.
Si tratta di riscoprire il lavoro per s (Gorz) come attivit crea-
tiva, espressiva, utile, come prassi comunicativa, cooperante ed
affettiva perch generatrice di beni relazionali. Si tratta di imma-
ginare una societ che dia alle economie fuori mercato e non
prot il loro giusto peso: quello prevalente218.
117
inconciliabilit tale da far ipotizzare lesistenza di un dualismo
antropologico219 tra la natura-naturale e una seconda natura
articiale, la tecnosfera, come se questultima potesse avere una
vita autosufciente e indipendente dallecosfera. Lantropocen-
trismo la cifra del mondo moderno, una distorsione che deriva
dal fatto che siamo costretti ad unesistenza culturale, ad usare
ltri culturali (scienze, religioni, arte) per riuscire a percepire la
realt di cui pure siamo parte costitutiva220. Un limite che gli ani-
mali non umani non hanno e che sarebbe bene ammetterlo pre-
sto. I loro comportamenti sono istintivamente empatici con
la natura. Noi invece dobbiamo fare la fatica di pensare a ci
che facciamo e quindi dovremmo assumerci la responsabilit
delle conseguenze delle nostre scelte. Come dire: la nostra vasta
libert dazione (arbitrio, direbbero i loso) ha un prezzo: dob-
biamo usare bene il cervello se non vogliamo combinare guai
agli altri ed anche a noi stessi.
Linizio di questa storia di relazioni contrastate tra uomo e
natura davvero antico, ha origini nella Genesi. Nel mito del
Paradiso perduto. Con la Caduta, gli esseri umani si sono sentiti
condannati a lavorare (travagliare, faticare, sudare) per procu-
rarsi i mezzi di sostentamento221. Dalla perdita di una primitiva
condizione edenica, il lavoro stato visto come una maledizione
ma anche come lo strumento con cui riconquistare il dominio
sulla natura, addomesticarla, adattarla ai nostri bisogni. Come
in un gioco di specchi, il lavoro ha una valenza doppia, ambigua:
______________________
219
D. Verducci, Tra lavoro e essere persona: interpretazioni auspicabili, in F. Totaro
(a cura di), Lavoro come questione di senso, Edizioni universit di Macerata, 2009,
p. 329.
220
Ha scritto lantropologo Sahlins: Molto pi antica dellhomo sapiens la cul-
tura stata condizione fondamentale per lo sviluppo biologico della specie.
M. Sahlins, Un grosso sbaglio. Lidea occidentale di natura umana, Eluthera, Milano,
2012, p. 119.
221
Tu mangerai il pane col sudore del tuo volto, fin che tu non tornerai alla
terra, Genesi 3, 19.
118
una condanna, ma anche il mezzo per elevarci dallo stato
naturale animalesco e per riconquistare una condizione che pu
farci riavvicinare allo stesso Dio (a quellidea tutta occidentale
di dio-padre-padrone del creato che ci siamo costruiti nella no-
stra mente). Ed anche al socialismo! Vi sono straordinarie asso-
nanze tra Paolo di Tarso (chi mai vuole lavorare nemmeno
mangi) e letica lavorista dei movimenti operai (chi non lavora
non manger). In comune c la medesima ideologia del lavoro
di tipo sacricale e idolatrico222.
Secondo questa concezione di dominazione del mondo attra-
verso il lavoro, per riuscire ad elevarsi e ad evolversi, lumanit deve
far emergere le doti pi profonde che ha dentro di s (lintelligenza)
e sviluppare le capacit di conoscenza del funzionamento della na-
tura. Ha avuto cos inizio un vero e proprio progetto di assogget-
tamento della Terra, una guerra al pianeta223 considerato come
una riserva ad esclusiva disposizione del genere umano cui attin-
gere per soddisfare i propri inniti bisogni e desideri. Un deposito
di materiali inerti, compresi gli animali, da mettere in coltiva-
zione. Larma con cui, dal Neolitico, lumanit combatte questa
guerra precisamente il lavoro. Esso , in termini sici, dispendio
di energie vitali impegnate nella trasformazione di materia. Quel
processo di ricambio organico di cui parla Marx224. La natura
______________________
222
Cfr. J. Holloway, Crak Capitalism, DeriveApprodi, Roma, 2011; P. Godard,
Contro il lavoro, Eluthera, Milano, 2012.
223
V. Shiva, Fare pace con il pianeta, Feltrinelli, Milano, 2012.
224
Ricordo qui il concetto di lavoro secondo Marx. Innanzitutto il lavoro un
processo che avviene tra luomo e la natura, in cui luomo media, regola, controlla
con la sua azione il ricambio organico tra s e la natura. Contrappone se stesso,
in quanto una delle potenze della natura, alla materialit di questultima. Egli pone
in movimento le forze naturali che appartengono al suo corpo, braccia e gambe,
mani e testa, per far suoi i materiali della natura dando loro una forma utile alla
sua vita. Collagire tramite questo movimento sulla natura esterna e col trasfor-
marla, egli trasforma allo stesso tempo la sua propria natura. K. Marx, Processo
lavorativo e processo di valorizzazione, in Il Capitale, edizione italiana E. Sbardella (a
cura di), vol. I, sezione III, Avanzini e Torraca, Roma, 1965, pp. 209-210.
119
stata considerata la madre, mentre il lavoro il padre di qualsiasi og-
getto, o almeno cos dicevano i primi economisti. Scriveva William
Petty (1623-1687): Il lavoro il padre della ricchezza mentre le
terre sono la madre. Nella Critica al programma di Gotha, Marx
preciser: Il lavoro non fonte di ogni ricchezza. La natura la
fonte dei valori duso (e in questo consiste la ricchezza effettiva!)
altrettanto quanto il lavoro, che a sua volta soltanto la manife-
stazione di una forza naturale, la forza lavoro umana.225
possibile affermare che i tanti dualismi dicotomici creatisi
tra lumanit al lavoro e la natura selvaggia, tra uomo sostenta-
tore e donna nutrice, tra umanit evoluta e animali servizievoli,
tra spirito pensante e materia inerte, tra anima libera angelica e
corpo dominato da lucifere passioni, tra mente razionale e sen-
timenti, no alla divisione del lavoro tra intellettuale e manuale,
dirigente e subordinato siano gli elementi costitutivi della mo-
dernit occidentale, ben prima delle teorie di Bacone e Cartesio,
nate quando luomo, pi propriamente luomo bianco maschio
adulto, ha iniziato a percepirsi al vertice della piramide del
creato, potenza divina, tanto superiore da potersi separare dalla
natura e installarsi sopra di essa. Sono state la scienza e la tecnica
a conferire alluomo unidea di potenza illimitata, dando inizio
a quel delirio di onnipotenza il cui apice la tecnologia nucleare
prima, e quella biogenetica ora. Luomo ha messo in pratica la
promessa prometeica dellagire tecnico ed diventato una forza
geosica che si scontrata con i limiti sici, geologici e biologici
della Terra. Ha scritto Bill McKibben, uno dei pi accreditati
climatologi: LOlocene (11.700 anni fa, N.d.A.) ormai agli
sgoccioli e lunico mondo che gli umani hanno conosciuto al-
limprovviso vacilla226. Per loro stessa mano! Lo stesso termine
ambiente (ambiens, andare intorno, ovvero ci che ci circonda:
______________________
225
Cito dal testo online www.marxists.org/italiano/marx-engels/1875/
gotha/index.htm.
226
B. McKibben, Terra, Edizioni Ambiente, Milano, 2012, p. 22.
120
lhabitat) richiama un concetto diverso e distinto da quello di na-
tura: ogni individuo di qualsiasi specie vivente, compreso lhomo
sapiens, per quanto potenziato dalluso di protesi articiali, parte
integrante di un sistema vitale unitario: ora, fauna, mondo or-
ganico e inorganico.
Da un certo momento in poi della storia dellumanit, il con-
itto tra esseri umani e forze naturali divenuto patologico, con-
troproduttivo, sconveniente. Con il capitalismo e la rivoluzione
scientica del XVI e XVII secolo il lavoro umano produttivo
diventato il mezzo principale con cui si afferma lideologia del
dominio delluomo sulla natura, sugli schiavi, sulla donna, sugli
animali. Come scrivono le pensatrici femministe, il dominio ma-
schile si realizza attraverso la relegazione del lavoro delle donne
nellambito domestico, privato, e il suo disconoscimento so-
ciale: Il pensiero scientico dissoci luomo dalla donna e dalla
natura, femminilizz la natura e naturalizz le donne227. La di-
visione del lavoro sessuata trasforma il lavoro delle donne in at-
tivit servile, priva di autonomia economica, dipendente dal
salario e quindi dal potere del capofamiglia.
Ma in questa trasformazione del lavoro socialmente ricono-
sciuto solo come lavoro produttivo retribuito funzionale alleco-
nomia capitalistica, il lavoro viene completamente catturato dalla
megamacchina tecnoindustriale come se fosse uno qualsiasi degli
ingredienti del suo funzionamento. Privo di autonomia e di vo-
lont, il lavoro (tutti i lavori) sacricato, asservito e nalizzato
ad uno scopo che a lui estraneo, anzi, contrapposto. Pi la po-
tenza produttiva cresce, meno il lavoro conta, meno richiesto
lapporto personale dei lavoratori. Pi la produttivit del lavoro
si esalta, meno viene riconosciuto il contributo specico, indi-
viduale del singolo lavoratore. Come se le macchine, linnova-
zione scientica, le applicazioni tecnologiche si creassero da sole,
non fossero il frutto di unenorme lavoro coordinato, collettivo,
______________________
227
B. Bianchi, Introduzione a Ecofemminismo, in DEP, n. 20, 2012.
121
sociale, dove convergono gli apporti dei singoli individui; degli
scienziati come dei lavoratori pi umili addetti ai servizi, delle
donne costrette al lavoro domestico come di coloro che non la-
vorano affatto perch la loro funzione di tenere alta la nume-
rosit de lesercito di riserva.
possibile pensare a una forma altra di lavoro solo se im-
maginiamo unaltra visione di societ, di cultura e di civilt.
Lavoro e tecnoscenza
122
Le invenzioni tecniche riettono latteggiamento mentale con il
quale si affrontano i problemi. Negli ultimi due secoli le macchine
sono state concepite per concentrare il potere. Dobbiamo scoraggiare
il ricorso a questo genere di strumenti e speriamo con il tempo di po-
terli sostituire con strumenti che riducono la fatica senza per con-
centrare il potere228.
123
Ogni relazione umana viene catturata, studiata, riproposta sul
mercato e messa a valore. La vita interamente risucchiata dal
lavoro produttivo. La stessa distinzione tra tempo di lavoro e
tempo di vita superata dalla pervasivit dei meccanismi di con-
trollo produttivi e di valorizzazione delle merci. Insomma, la
mercicazione dei beni e dei servizi ha varcato la soglia che te-
neva separate le relazioni personali pi intime, gli affetti, la con-
vivialit, la cura di se stessi e dei propri interessi culturali. La
sfera economica si estesa ed ha inglobato le dimensioni della
vita sotto forma di servizi specializzati alla persona. Scrive Um-
berto Galimberti: Gli uomini sono ridotti a funzionari degli
apparati tecnici (Heidegger dice im-piegati, ossia piegati alla
razionalit degli apparati). La tecnica non pi un mezzo, ma
il primo scopo dellintera organizzazione del sistema sociale.
______________________
U. Galimberti, Prefazione a F. Giordano - P. Calderola, Nostalgia canaglia,
231
124
tecnica sulla base di nuove aspirazioni 232. Su questa linea era
attestato anche Gorz quando ricordava come:
125
pone una omogeneizzazione dei rapporti di lavoro. Tanto che
oggi persino difcile riuscire ad immaginare il lavoro se non
come quel fattore che combinandosi con il capitale investito in
macchinario lo rende produttivo; in sostanza, la forza lavoro sa-
lariata subordinata, dipendente, eteronoma e scambiabile con il
denaro: il lavoro astratto, la merce forza lavoro, quella parti-
colare forma storica alienata, separata dalla vita, come Karl
Marx aveva ben evidenziato. Ma si tratta di una concezione tre-
mendamente parziale, che esclude la possibilit di concepire il
lavoro come attivit che consente di essere utili a se stessi e agli
altri, anche indipendentemente da un impiego retribuito. Pen-
siamo solo al lavoro domestico e di cura, allagricoltura conta-
dina, alleconomia di sussistenza dei villaggi, allautoproduzione,
al mutuo aiuto, allartigianato di prossimit, al volontariato, al-
leconomia informale, alle relazioni di scambio basate sul dono
e sulla reciprocit. Se vogliamo liberarci dalle gabbie del sistema
produttivo e sociale esistente, dobbiamo quindi riuscire a ri-con-
cepire la possibilit di svolgere un tipo di lavoro libero e coo-
perante, vitale e conviviale, orientato alla creazione di valori
duso. Un lavoro completo, pieno, intero235, che ricompone
in s i vari aspetti del fare.
Per Kumarappa nel lavoro ci sono due elementi ineliminabili:
lelemento creativo, che fa lo sviluppo e la felicit delle persone,
e la componente di fatica e di disagio. La routine e il piacere
devono alternarsi, altrimenti la routine diventa fatica e il diver-
timento ozio. Il corpo umano ha bisogno di faticare. Un lavoro
completo d al nostro corpo energia e salute, come fa del resto
unalimentazione equilibrata. Questo equilibrio si rompe
quando interviene la violenza della divisione del lavoro attra-
verso luso delle macchine, concepite per concentrare il potere,
centralizzare e standardizzare la produzione. Quindi gli astuti
tentano di ottenere il maggiore guadagno con il minore sforzo
______________________
235
Wuppertal Institut, op. cit., pp. 291-301.
126
obbligando altri a lavorare per loro. Questo, secondo lo schema
di Kumarappa, lo stadio della produzione predatoria. I la-
voratori diventano una specie di mano, mentre testa e cuore
vengono poco utilizzati236.
Ma mani, cervello e tempo non sono pinze, calcolatori e oro-
logi marcatempo: sono abilit, pensiero, sentimenti, vita. Scri-
veva Tolstoj in Resurrezione (1899): Per poter agire nella vita,
tutti abbiamo bisogno di attribuire al nostro lavoro importanza
e dignit. Il lavoro pu uscire da una dimensione esclusiva-
mente individuale e privata e diventare un bene comune solo al-
linterno di un processo in cui assume alcune specicazioni
qualitative. Ricordava Friedrich Schumacher che la funzione del
lavoro triplice: dare alluomo unopportunit di utilizzare e
sviluppare le sue facolt; metterlo in condizione di superare il
suo egoismo unendosi ad altri in unimpresa comune; inne,
produrre i beni e i servizi necessari a unesistenza degna237. Ve-
diamo pi in dettaglio queste tre condizioni.
127
fondato sulla dignit del lavoratore e inserito in un contesto so-
ciale che preveda appagamento e graticazione per chi lo svolge
e nel quale il lavoro sia adeguato alle aspirazioni e alle capacit
di ciascuno. Non la produzione lo scopo del fare collettivo,
ma il lavoro stesso, che contempla la dimensione creativa e
quella relazionale in un insieme inscindibile. Il frutto del lavoro
non pu essere considerato pi importante del lavoratore stesso.
Il lavoro deve essere signicativo di per s, deve motivare le per-
sone a dare il meglio di cui sono capaci, deve poter sviluppare
la propria personalit, deve generare gioia.
Il lavoro va umanizzato. Per contro, ammoniva Schumacher:
organizzare il lavoro in modo che perda ogni signicato, diven-
tando noioso, degradante o una tortura per i nervi del lavoratore
sarebbe poco meno che criminale240. Esattamente quello che gi
nel 1955 Erich Fromm chiamava robotismo della societ mo-
derna, ovvero la riduzione degli individui a mezzi di produzione.
Come aveva scritto pi recentemente Mario Alcano: Limpossi-
bilit di progettare il proprio futuro, condanna i lavoratori a essere
soggetti ansiosi, angosciati, smarriti: soggetti la cui esistenza de-
turpata dallincertezza permanente cui sono soggetti241. Il la-
voro buono, invece, quello che restituisce soddisfazione a chi
lo compie bene. Nel lavoro dobbiamo poter applicare intelligenza
e creativit; dal lavoro cerchiamo una ricompensa emotiva,
come ricorda il pi noto sociologo del lavoro americano Richard
Sennett242. Se, per esempio, le condizioni dellorganizzazione tec-
nica del lavoro sono quelle prescritte dal contratto di lavoro Fiat
a Pomigliano (gli addetti alle linee a trazione meccanizzata con
scopo di movimento continuo sono costretti a lavorare per 40
______________________
240
F. Schumacher, op. cit., p. 61.
241
M. Alcano, La societ azienda e la biopolitica. Ipotesi per discutere di alternativa,
in Critica Marxista, n. 6, 2010.
242
R. Sennett, Luomo flessibile. Le conseguenza del nuovo capitalismo sulla vita per-
sonale, Feltrinelli, Milano, 2005; R. Sennet, Luomo artigiano, Feltrinelli, Milano,
2010.
128
ore settimanali, suddivise in 8 ore consecutive su 3 turni diversi
nellarco della settimana, pi 150 ore di straordinario obbligatorio,
con pause mensa quando capitano) inevitabile che crescano av-
vilimento e frustrazione. Un passo di Simone Weil rende bene la
differenza che passa tra il lavoro di fabbrica e quello condotto in
condizioni di libert:
Una giovane donna felice, incinta per la prima volta, che sta cu-
cendo un corredino, pensa a cucire bene. Ma non dimentica nemmeno
un momento il bambino che porta dentro di s. Nello stesso mo-
mento, in qualche laboratorio carcerario, una condannata cuce pen-
sando anche lei a cucire bene perch teme altrimenti di venire punita.
Potremmo immaginare che le due donne facciano nello stesso mo-
mento lo stesso lavoro e che siano attente alla stessa difcolt tecnica.
E nondimeno esiste un abisso di differenza fra luno e laltro lavoro.
Tutto il problema sociale consiste nel far passare gli operai dalluna
allaltra di queste situazioni243.
______________________
243
S. Weil, citata da R. Mancini, Il lavoro per luomo, Aggiornamenti Sociali,
n. 12, 2011.
244
F. Totaro, Lavoro ed equilibrio antropologico, in Il lavoro come questione di senso,
Edizioni Universitarie Macerata, 2009, p. 314.
129
vidui. Il lavoro un bene comune se viene svolto in una mutua,
virtuosa, creativa, solidale e affettuosa collaborazione tra tutti
coloro che in un modo o in un altro concorrono alla realizza-
zione dei prodotti, alla loro progettazione, alla loro distribu-
zione, al recupero e alla rigenerazione dei materiali in essi
contenuti, no al loro smaltimento post-consumo. Il lavoro
continua a occupare lo spazio principale di socializzazione di
gran parte degli individui: deve quindi esservi una disponibilit
a condividerlo con altri.
Anche il lavoro autonomo di un singolo artigiano, in realt,
sempre inserito in una lunga liera di attivit svolte da pi per-
sone: i fornitori delle materie prime e degli strumenti di lavoro,
i trasportatori e cos via. Le diverse mansioni, le molteplici abilit
e competenze, sono tutte utili e vanno riconosciute nel concor-
rere a uno sforzo e a uno scopo comune dove lapporto di cia-
scuno ugualmente necessario. Il rapporto tra i diversi lavoratori,
quindi, deve essere pear to pear, senza gerarchie di potere ma li-
beramente organizzato. Si apre qui tutto il vasto campo, teorico
e pratico, delle forme di gestione basate sulla partecipazione dei
lavoratori alle decisioni economiche e aziendali.
133
fuori mercato di condivisione, compropriet, comunanza.
Partendo da questa visione sar possibile immaginare una al-
ternativa sociale in cui, come diceva Illich, vi sia la libert di
essere utili senza partecipare alle attivit che danno luogo alla
produzione di merci249.
Non basta mettere in discussione la quantit di lavoro in
gioco, bisogna modicare anche la qualit dei contenuti del la-
voro; sia di quello produttivo formale, retribuito, sia di quello
liberato, gratuito che viene prodigato nella sfera dellecono-
mia domestica, amicale, civica. Per aumentare la quota pro-ca-
pite di tempo di vita dedicata alle attivit libere e non remunerate
necessario cambiare contemporaneamente le modalit pro-
duttive e i prodotti in tutte due le due sfere del lavoro: sia in
quella del lavoro subalterno, sia in quella delle attivit non strut-
turate in occupazioni formali. Nondimeno dovranno cambiare
la domanda, i bisogni, i desideri, i comportamenti dei consuma-
tori/produttori (prosumatori). Insomma, senza mettere in di-
scussione gli stili e i modi di vita, non potr esserci alcuna
conversione ecologica della societ. Infatti, anche se fosse
possibile lavorare gi ora quattro ore al giorno per una settimana
corta, come sostengono i ricercatori della New Economics
Foundation250, e come settantanni fa auspicava Keynes, rimar-
rebbe ancora in piedi il problema di cosa produrre durante
quelle quattro ore e di cosa fare nel restante tempo liberato.
Pi precisamente, necessario sostenere che il traguardo delle
venti ore di lavoro subordinato alla produzione di merci scam-
biabili sul mercato raggiungibile solo se quelle merci saranno
diverse (che durino pi a lungo, non comportino la necessit di
lavori aggiuntivi per il loro smaltimento e riutilizzo, non abbiano
bisogno di lunghi trasferimenti ecc.) e nella misura in cui il
______________________
249
I. Illich, Disoccupazione creativa, p. 71.
250
NEF, 21 hours. Why a shorter working week can help us all to flourish in the 21st
century, 2012.
134
tempo liberato serva per produrre beni e servizi con un diretto
valore duso (autoproduzioni, lavoro di cura delle persone, di
conservazione e arricchimento dei patrimoni naturali e culturali,
di relazioni civiche ecc.).
Green job
139
CAPITOLO V
Democrazia
______________________
258
Lea Melandri recensisce il libro di Miguel Benasayag e Anglique Del Rey,
Elogio del conflitto, Feltrinelli, Milano, 2007: Il ruolo centralizzatore delle isti-
tuzioni del macropotere ha contribuito ad alimentare lidea che le istituzioni
siano il luogo a partire dal quale viene diretta la vita di una societ, invece:
Il macropotere non racchiude linsieme del processo politico e tanto meno
sociale. Per cui: La tentazione di dare un soggetto al movimento reticolare
che opera per la creazione di una alternativa, fa la sua comparsa l dove lana-
lisi si sofferma sulla forza trainante, decisiva, che possono avere le lotte dei
senza: senza tetto, senza fissa dimora, senza lavoro, strati di popolazione
sempre pi violentemente messi al bando. L. Melandri, Chi ricomincer a lot-
tare? Quelli che sono senza, in Liberazione, 13 agosto 2008.
259
V. Shiva, Il bene comune della terra, Feltrinelli, Milano, 2005, p. 202.
260
Uno dei padri della democrazia americana, Thomas Jefferson, era giunto
ad ipotizzare la formazione di piccole repubbliche dimensionate al bacino
dutenza delle scuole elementari. Hannah Arendt immaginava una rete di re-
pubbliche elementari aperte e disposte a relazionarsi tra di loro. In molti
pensano che lesempio storicamente pi alto di democrazia sia stato raggiunto
con la Comune di Parigi che Karl Marx cos descriveva: In un abbozzo
142
democrazia di persone, la chiama Manuel Castells261. Ne deriva
che la sovranit va trascinata gi, gi no a identicarsi nelle
condizioni materiali reali, quotidiane delle donne e degli uomini.
Non pu esserci alcun interesse generale sovraordinato che
penalizza la vita anche di un solo singolo individuo.
Lo sapevano anche i padri del liberalismo che temevano che
la democrazia si potesse trasformare in democrazia della mag-
gioranza. Lo sapeva gi Socrate: le maggioranze possono com-
mettere ingiustizie gravissime e, persino, votare la propria
eutanasia262. Ma non c maggioranza che possa arrogarsi il di-
ritto di calpestare la dignit anche di un solo essere umano.
Vanno riconosciuti beni e diritti inalienabili, indisponibili anche
al volere delle maggioranze; valori incommensurabili, quindi:
non mercicabili e commercializzabili.
______________________
sommario di organizzazione nazionale [] stabilito con chiarezza che la
Comune doveva essere la forma politica anche del pi piccolo villaggio di
campagna. Le comuni rurali di ogni distretto dovevano amministrare i loro
affari comuni mediante unassemblea di delegati con sede nel capoluogo, e
queste assemblee distrettuali dovevano a loro volta inviare i propri deputati
alla delegazione nazionale a Parigi; ogni deputato doveva essere revocabile
in ogni momento e legato a un mandat impratif (istruzioni formali) dei propri
elettori [] Invece di decidere ogni tre o sei anni quale membro della classe
dirigente dovesse rappresentare falsamente il popolo in parlamento, il suf-
fragio universale doveva servire al popolo costituito in comuni. K. Marx,
La guerra civile in Francia, in D. Bensaid (a cura di), Lignoto, Testi e corrispondenza
sulla Comune di Parigi, Alegre, Roma, 2011, pp. 136-137. Quasi un secolo pi
tardi, in Catalonia, dal 1936 al 1937, le milizie antifranchiste, liberata Barcel-
lona, consentirono alla Confederacion Nacional del Trabajo di dar vita ad
una esperienza di gestione popolare diretta attraverso una rete di micro poteri
diffusi di quartiere e di fabbrica, ispirati alla autorganizzazione del lavoro e
della vita civile. Una collettivizzazione senza statalizzazione, senza deleghe e
senza partito egemone. Una esperienza che fin per mano degli emissari della
Internazionale comunista prima che per i bombardamenti nazi-fascisti.
261
M. Castells, Reti di indignazione e speranza. Movimenti sociali nellera di Internet,
Universit Bocconi Editore, Milano, 2012.
262
Bisognerebbe tornare alla lettura del fondamentale E. Fromm, Fuga dalla
libert, Edizioni di Comunit, 1963.
143
La prima regola costituente una societ democratica do-
vrebbe essere la individuazione e la messa-in-comune dei beni
ritenuti indispensabili alla con-vivenza civile. La politica do-
vrebbe essere lo strumento con cui ricercare un accordo tra tutti
gli individui per la pi equa fruizione dei beni comuni. Non solo
delle risorse naturali, ma (come abbiamo visto nel capitolo sui
beni comuni) anche di quelle culturali e delle norme e delle isti-
tuzioni di cooperazione sociale, comprese quelle che regolano
i rapporti economici.
Ha annotato Paolo Flores dArcais: La democrazia una con-di-
visione, dove il con e la divisione si intrecciano in equilibrio precario.
una comunit politica pluralistica, dunque inevitabilmente divisa da
conittualit etiche, di opinione, di interessi. Che tuttavia convi-
vono263. Lazione per la predisposizione alla messa in comune
del fare concreto che produce ricchezza lelemento determinante
di una societ democratica. John Holloway si inventato un verbo:
comunizar per riuscire ad esprimere il movimento del mettere in
comune del fare umano. In qualsiasi societ (compresa quella at-
tuale) esiste una convergenza delle differenti attivit, un fattore ag-
glutinante dei diversi soggetti attivi, una qualche forma di socialit,
di comunalit, un qualche tipo di comunanza tra coloro che fanno,
una qualche forma del mettere in comune. Nelle relazioni sociali
capitalistiche prevale il dominio del denaro e la mercicazione della
ricchezza. Ma si possono fare le cose anche in un altro modo, im-
maginando concretamente la creazione di un mondo che nostro
che si costituisce in un processo di un costante comunizar (mettere
in comune)264. I riferimenti vanno al movimento zapatista delle
Giunte del buon governo in Chiapas, alle fabbriche recuperate in
______________________
263
P. Flores dArcais, Democrazia!, Add editore, Torino, 2012, p. 82. Per lau-
tore la possibilit di una pacifica convivenza una regola minima di fun-
zionamento della rappresentanza: una testa un voto.
264
J. Holloway, !Comunicemos!, in Herramienta, http:/www.herramineta.com.ar.
Tradotto e pubblicato: Mettiamo in comune, in www.comune-info.net, 3 novembre
2013.
144
Argentina, al movimento delle baracche di Durban Abahlali BaseM-
jondolo, ai movimenti urbani in Grecia. E cos via. Ma possibile
scorgere molte altre erbe matte farsi strada nelle crepe sempre pi
vistose che si stanno aprendo nel vetusto edicio capitalistico, per
usare una metafora cara a Holloway. Anche in Italia le esperienze
portate avanti dai movimenti dal basso della cittadinanza attiva (da
quelli per i referendum sullacqua e lenergia, per le proposte di legge
di iniziativa popolare sui diritti del lavoro, per creare liste di cittadi-
nanza locali, per la difesa del territorio, della salute e del lavoro265) di-
mostrano lesistenza alla base della nostra societ di straordinarie
______________________
265
Mi rendo conto che sarebbe necessario definire con maggiore precisione da
chi composta la galassia dei movimenti. I manuali di sociologia sono pieni
di distinzioni utili: movimenti sociali e territoriali, minoranze razziali e sessuali,
gruppi di pressione one issue, associazioni (di mestiere, del volontariato ecc.).
Ovviamente i loro comportamenti sono molto diversi e il loro rapporto con le
istituzioni varia di conseguenza. Ma io penso che da Seattle in poi la nozione
di movimenti (al plurale) sia molto cambiata e che per ora potremmo
intenderla in modo esteso comprendente tutte quelle mobilitazioni e azioni so-
ciali che tentano di praticare lobiettivo (problem solving, potremmo dire)
senza necessariamente farsi rappresentare da o delegare ad altri soggetti politici
terzi e intermediari vari i rapporti con le controparti, con i poteri costituiti. Fac-
cio quindi mia la definizione che Alessandra Algostino fornisce della demo-
crazia dal basso: Unespressione collettiva di dissenso e di volont di
cambiamento che nasce ed praticata al di fuori delle istituzioni, il che, peraltro,
se da un lato comporta lo sviluppo di legami reticolari che fanno semplicemente
a meno delle istituzioni, dallaltro non nega la volont di incidere sulle istitu-
zioni, trasformando esse e/e la loro politica. A. Algostino, La democrazia e le
sue forme. Una riflessione sul movimento NoTav, in Politica del diritto, n. 4, dicem-
bre 2007. Se, almeno in prima battuta, accettiamo questa definizione larga, pos-
siamo compilare mentalmente un lunghissimo elenco di soggetti che
organizzano: gruppi di acquisto solidali, banche del tempo, gruppi di software
libero, reti e distretti di economia solidale, microcredito, monete locali, radio e
tv di strada, movimenti del reclaming the commons, guerrilla gardening, welfare di pros-
simit, autogestioni, mutualismo, palestre popolari, cooperative di autorecupero,
gruppi di raccolta del cibo scaduto, centri del baratto, eco villaggi, cohousing,
mobilit condivisa, ospitalit condivisa, occupazioni e recupero sociale di strut-
ture abbandonate, forni, orti sociali e cos via.
145
intelligenze collettive, di saperi diffusi, di capacit di elaborazione di
proposte concrete e di disponibilit a sperimentare forme di gestioni
condivise, solidali, lungimiranti dei beni comuni. Da qui possibile
sperare in una rigenerazione della politica, in una positiva evoluzione
delle forme stesse della democrazia e delle istituzioni pubbliche.
Democrazia disfunzionale
______________________
C. Donolo, La morte annunciata della democrazia liberale, in www.sbilancia-
266
146
Paradossalmente, da quando le dottrine neoliberiste sono di-
ventate egemoniche, il modello sociale pi ammirato e imitato
dalle lite al potere il capitalcomunismo cinese. La globaliz-
zazione come teoria dei vasi comunicanti comporta il livella-
mento al basso delle condizioni di lavoro e di reddito delle fasce
popolari. In nome del dogma della crescita economica le istitu-
zioni pubbliche vengono riformate in democrazie dispoti-
che. Le derive tecnocratiche, presidenzialiste e populiste delle
costituzioni reali di molti Stati europei e dellUnione europea
stessa, lo stanno a dimostrare. Le norme monetarie di bilancio
entrano a far parte dei dispositivi costituzionali. il trionfo della
ragione economica su ogni altro aspetto della vita sociale; delle
Ragionerie di Stato sulla ragionevolezza umana. Con ci si po-
trebbe sostenere che lidea democratica disfunzionale alla ri-
produzione allargata dellaccumulazione capitalistica. Lo stesso
parlamentarismo considerato una perdita di tempo e le rap-
presentanze politiche sono viste come una pletora da sempli-
care, ridurre e tagliare. Emblematica la sorte che stata
riservata al Senato italiano.
Davvero illuminante un documento della JP Morgan, uno dei
giganti della nanza globale, in cui si lamenta un eccesso di de-
mocrazia in alcuni Paesi europei. Le costituzioni e le soluzioni
politiche nella periferia meridionale, poste in essere dopo la ca-
duta del fascismo, hanno una quantit di caratteristiche che ap-
paiono inadatte a unulteriore integrazione nella regione.267
______________________
267
Il testo tratto da un articolo di Leigh Phillips, JP Morgan alla periferia del-
leurozona: Liberatevi di quelle costituzioni antifasciste e sinistroidi!, in Zent Italy,
giugno 2013. I sistemi politici della periferia furono creati dopo una dittatura
e furono definiti da quellesperienza. Le costituzioni tendono a mostrare una
forte influenza socialista che riflette la forza politica acquisita dai partiti di
sinistra dopo la sconfitta del fascismo. []. I sistemi politici della periferia
mostrano solitamente diverse delle caratteristiche seguenti: governi deboli;
stati centrali esecutivi deboli rispetto alle regioni; protezione costituzionale
dei diritti del lavoro; sistemi di costruzione del consenso che incoraggiano il
147
gi stato scritto che: I parlamenti, le elezioni, i referen-
dum, le stesse parti sociali, sono apertamente denunciati come
un intralcio. Il passaggio dichiarato dal regime parlamentare a
una societ autoritaria possibile ed imminente. Poich: I veri
luoghi di potere e di decisione si spostano in organismi paralleli,
segreti e sempre pi centralizzati268.
forse giusto e inevitabile che una storia lunga due secoli e
mezzo di tentativi di compatibilizzazione tra capitale e demo-
crazia nisca cos male. La crisi toglie il velo progressista e libe-
rale ad uno sviluppo economico fondato su insostenibili
premesse di sfruttamento del lavoro e di saccheggio delle ormai
rarefatte risorse naturali. Sta di fatto che la principale impalca-
tura su cui si regge la nostra civilt politica ed economica (vale
a dire la supposta sinergia tra democrazia e mercato) sta ce-
dendo. Ha scritto Guido Rossi: La democrazia e il capitalismo
hanno rovesciato il loro rapporto: il capitalismo ha invaso la de-
mocrazia e le leggi ovunque non toccano il potere delle corpora-
tion269. La lex mercatoria ha preso il sopravvento. Calano cos
paurosamente sia il consenso effettivamente espresso dai citta-
dini-elettori, sia i beneci conseguiti dai cittadini-contribuenti.
Nellera della democrazia dei consumatori, lo scambio poli-
tico che attraverso il voto si realizza tra il cittadino (che cede ad
un rappresentate dello stato liberamente scelto la sua quota
parte di sovranit popolare) e lo stato stesso, in perdita secca:
nulla di serio viene restituito allelettore-consumatore. N sem-
______________________
clientelismo politico e il diritto di protestare se sono operanti cambiamenti non
graditi allo status quo politico. I limiti di questa eredit sono stati rivelati
dalla crisi. Da notare che lex ministro Vittorio Grilli del governo Monti
nel frattempo diventato senior advisor di JP Morgan. Porte girevoli da cui
passato, in senso contrario, Mario Draghi: da vicepresidente internazionale
di Goldman Sachs a capo della BCE.
268
M. Pezzella, op. cit., p. 8.
269
G. Rossi, Prefazione a Robert B. Reich, Supercapitalismo. Come cambia leconomia
globale e i rischi per la democrazia, Fazi editore, Roma, 2008, p. XI.
148
bra realistico pensare che alla ne del tunnel della crisi le cose
verranno ripristinate cos come le avevamo lasciate nei trenta
gloriosi anni postbellici del compianto compromesso social-
democratico. Quelle condizioni non esistono pi. Nessuno
pi disposto a fare credito alla vecchia Europa. Nessun Piano
Marshall in vista. Nessun Paese sottosviluppato pi dispo-
sto a concedere petrolio e materie prime gratis.
Rappresentanza embendded
149
nale dei candidati. La industria dei gruppi di pressione (le
agenzie di lobbying) negli Usa ha un fatturato di 6 miliardi di
dollari lanno e d lavoro a 35.000 addetti (17.000 accreditati
solo a Washington). Alcuni esempi: la NBNA (carte di credito)
ha speso per attivit di lobbying 17 milioni di dollari in cinque
anni. Lindustria del legname 8 milioni di dollari e le miniere del
carbone 3,4 milioni solo nella ultima campagna elettorale presi-
denziale. Le compagnie elettriche 20 milioni. I petrolieri 35 mi-
lioni. Lindustria farmaceutica mantiene un organico di due
lobbisti per ogni membro del Parlamento (chiss se anche questi
li chiamano informatori scientici?). Le banche schierano una
media di 2,4 lobbisti per ogni membro del Parlamento e spen-
dono 600 milioni di dollari per convincere i parlamentari a pren-
dere decisioni a loro favore. Le assicurazioni sanitarie nellanno
della quasi-riforma di Obama (il 2010) hanno speso 300 mi-
lioni di dollari. Le principali banche di Wall Street, mentre ago-
nizzavano nella crisi nanziaria del 2008, trovavano comunque
il modo di versare a Democratici e Repubblicani cifre enormi:
6 milioni di dollari la Goldman Sachs, 5 la Citigroup, 4 la JP
Morgan, 3 la Merrill Lynch. E via di seguito. Come si sa, tale di-
sinteressata generosit port lamministrazione statunitense ad
assumere la decisione di salvare dalla bancarotta il sistema -
nanziario impegnando i denari dei contribuenti e stampando
banconote a rotta di collo. Il budget raccolto da Obama per la
seconda campagna elettorale ha superato il miliardo di dollari.
Mitt Romney gli stato dietro di poco. La pi costosa compe-
tizione elettorale di tutti i tempi, nel pieno della pi grave crisi
economica! Anche le compagnie petrolchimiche europee hanno
nanziato alcuni senatori statunitensi scettici sui pericoli del ri-
scaldamento climatico in occasione dellultima campagna elet-
torale di met mandato: la Bayer ha speso 108.000 dollari, la
Basf 61.000, la BP 25.000, la Solvay, 40.000 la Gdf/Suez 21.000,
la Lafarge 34.000 e cos via. Tutto registrato e trasparente. Con
una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti le persone
150
giuridiche collettive, cio le imprese, sono state equiparate alle
persone siche nella illimitata possibilit di nanziare le campa-
gne elettorali. Commentava il New York Times: (ci) per-
metter alle aziende di usare la loro immensa ricchezza per
condizionare i risultati delle elezioni. Le elezioni ha scritto
Chomsky sono loccasione in cui gruppi di investitori si coa-
lizzano per controllare lo stato. La democrazia nellera della
politica-spettacolo e del controllo dellopinione pubblica tramite
i mass media nelle mani delle imprese. Ha osservato Thomas
Ferguson: I partiti Usa al Congresso mettono il cartellino del
prezzo ai posti chiave del processo legislativo 272.
In Europa le cose non vanno affatto meglio. A Bruxelles i
lobbisti accreditati sono 15.000. Ci sono deputati che si afdano
ai loro servizi per scrivere leggi, preparare emendamenti, for-
mulare interrogazioni In coerenza con i processi di privatiz-
zazione, potremmo dire che tramite i lobbisti avvenuta la
esternalizzazione dei partiti. Ad esempio stato calcolato che il
Labour Party in Gran Bretagna riceve un quarto delle sue risorse
da 37 grandi sponsor, che sono imprese. Un tempo erano le
Trade Unions a nanziare il Labour. Con Tony Blair cambiano
gli azionisti di riferimento e cambiano anche le strategie.
DellItalia non parliamone. Si stima che i lobbisti a Roma
siano 1.200 facenti capo a varie agenzie specializzate di Public
Affair Manager, ma non c una normativa, n un registro. Af-
follano le anticamere delle commissioni parlamentari, degli as-
sessorati, delle presidenze. Mancano serie inchieste su quello che
fanno. Forse perch c meno trasparenza rispetto ad altri Paesi
(anche se i bilanci dei partiti, con i nomi dei relativi nanziatori
per importi superiori ai 50 mila euro, vengo pubblicati sulla Gaz-
zetta Ufciale ogni anno), forse perch le stesse imprese che -
nanziano i partiti editano anche giornali e televisioni.
______________________
272
N. Chomsky, La democrazia americana in mano alle imprese, in Internazio-
nale, 12 febbraio 2010.
151
evidente che le enormi cifre che le grandi imprese, singo-
larmente e/o consorziate tra loro in cartelli, mettono a bilancio
per far vincere le elezioni a questo o a quel candidato, rappresen-
tano dei veri e propri costi di produzione delle merci e dei servizi
che contribuiscono a far lievitare il loro prezzo al consumo. Una
specie di pizzo politico che dobbiamo pagare ogni volta che
acquistiamo una merce, che paghiamo un pedaggio autostradale,
un ticket ospedaliero, una cartella delle tasse273. Costi che, alla ne,
vengono comunque pagati dai cittadini nella veste di consumatori
e contribuenti che si aggiungono a quelli che gi pagano in
chiaro nella veste di cittadini-elettori per il nanziamento pub-
blico dei partiti e dei deputati. Sarebbe interessante conoscere il
rapporto tra le due forme di nanziamento, diretto e indiretto. E
non stiamo parlando dei nanziamenti occulti illeciti, della cor-
ruzione: stiamo parlando della normalit dellalimentazione del
sistema dei partiti.
Insomma, la politica per le grandi imprese rappresenta un
sottomercato derivato del gran gioco delleconomia. Non
mancano comunque gli ingenui che credono ancora di poter
scegliere chi votare, magari attraverso primarie e preferenze,
come se i candidati capaci di emergere alla luce dei riettori delle
televisioni non fossero pesantemente sponsorizzati.
Mi pare quindi evidente che questa democrazia rappresen-
tativa (che fonda la sua capacit di presa sul denaro e sui mass
media) diventata impraticabile dalla autentica democrazia. Non
mancano i motivi che giusticano la crisi di ducia che attra-
______________________
273
Davvero istruttivi gli ultimi scandali italiani: Mose, Expo, ricostruzione
del terremoto dellAquila, G8 alla Maddalena, autostrade in project financial,
impianti sportivi e via dicendo. Si tratta delle grandi opere dichiarate di
interesse pubblico generale dalle leggi che derogano e semplificano le nor-
mative degli appalti (Legge Obiettivo Lunardi-Berlusconi), pensate apposta per
creare extraprofitti alle imprese di costruzione e alle banche, che in parte
vengono poi stornati a partiti di governo e personaggi chiave (non necessa-
riamente politici).
152
versa tutte le istituzioni della democrazia rappresentativa: partiti,
assemblee elettive, apparati dello Stato in genere. In tal modo
vengono meno i consueti sistemi di relazione e di mediazione
tra i corpi sociali e il potere politico; sia quelli pi nobili (il suf-
fragio universale), sia quelli pi legati agli interessi costituiti che
venivano canalizzati con relativo successo, di volta in volta e a
seconda dei casi, dalle organizzazioni di massa, dai gruppi di
pressione lobbistici, dagli strumenti di informazione, dalle clien-
tele, dalle mae.
Parallelamente al crollo di legittimazione popolare del sistema
politico-istituzionale crescono (verrebbe voglia di dire: inevita-
bilmente) gli interventi di ordine pubblico e luso di strumenti
giuridici repressivi, compresa la militarizzazione di intere aree
dichiarate di interesse strategico nazionale274.
158
concreta adesione alcune rivendicazioni del movimento riguar-
danti i beni comuni285.
Pi interessanti forse le prospettive che si aprono seguendo il
principio di sussidiariet orizzontale che prevede iniziative civiche
rilevanti per linteresse generale, come recita lArticolo 118 rifor-
mulato della nostra Costituzione. Cos che, secondo Giuseppe
Cotturri, La legittimazione del suo (del cittadino attivo) inter-
vento non pu in alcun modo essere dedotta da concetti legati al
sistema teorico della delega e della rappresentanza286. Sarebbe
ancora pi interessante sviluppare forme di controllo e sorve-
glianza dal basso, di accountability, che passano sotto la denizione
di contro-democrazia287 e che possono giungere no alla riven-
dicazione del diritto alla disubbidienza civile.
C anche chi critica le forme della democrazia partecipativa
da un punto di vista opposto. Una schiera di giuristi progressisti
sembra voler dire ai movimenti: Scendete dalle nuvole!, limi-
tiamoci ad adattare lidea di democrazia (quella che ci ha dato
la grande Atene) alla nostra societ moderna e complessa,
cio, alle esigenze contrattualistiche del mercato. Tra questi
Nadia Urbinati, nota costituzionalista di riferimento del centro
sinistra italiano, ha accusato la democrazia partecipata nelle
sue forme di sondaggio partecipativo, forum ecc., di essere
troppo alternative alle forme di democrazia rappresentativa tra-
dizionale, elettorale. La Urbinati afferma con grande crudezza:
162
solo a mantenere le masse nel loro stato corporativo e a man-
tenere la rappresentanza politica al disopra della societ. Scriveva
Marco Bascetta:
______________________
293
M. Bascetta, in Il Manifesto, il 2 febbraio 2006.
294
Abensour spiega la scelta di questo termine, perch, dice: Lazione politica
di cui parliamo non avviene in un momento, ma unazione continuata che
si iscrive nel tempo, sempre pronta a riprendere slancio in ragione degli osta-
coli incontrati. Si tratta della nascita di un processo complesso, di una istitu-
zione del sociale orientata verso il non-dominio, che si inventa in permanenza
per meglio perseverare nel suo essere e dissolvere i contromovimenti, che
minacciano di annientarla e di ritornare a uno stato di dominio. M. Aben-
sour, La democrazia contro lo stato, Cronopio, Napoli, 2008, p. 8.
163
tutto. Come racconta Kingsnorth a proposito della rivoluzione za-
patista: il loro scopo non era quello di prendere il potere in nome
del popolo, ma di disperderlo al livello delle comunit295.
Democrazia in radice
______________________
302
P. Flores dArcais, op. cit., p. 16.
166
La democrazia discende da una visione antropologica ottimi-
stica, da una totale ducia nelle capacit di comprensione delle
cose e dei rapporti interpersonali e nelle possibilit di autonor-
marsi (per il bene proprio e di tutti) di ogni singolo essere umano.
Assunzione di responsabilit e sussidiariet. In ognuno di noi, di-
ceva Gandhi, c la facolt di discernere il bene e il male. Se fos-
simo davvero liberi (da condizionamenti, da manipolazioni, da
costrizioni) di rispondere in coscienza, non avremmo dubbi nel
giudicare e nello scegliere, come non ce li ha un bambino.
Movimenti caleidoscopici
A ben vedere, con i suoi alti e bassi, nella storia anche recente
e anche solo nazionale, sempre stato cos. Sarebbe interessante
______________________
310
C. Carlsson, op. cit., p. 164.
169
tracciare una storia delle varie fasi attraversate dai movimenti so-
ciali e delle loro varie caratteristiche: collaterali ai partiti nel do-
poguerra; autonomi e spontanei nel Sessantotto; single-issue,
monoscopo e frantumati in gruppi di interesse negli anni Ottanta;
interstiziali, corporativizzati e proceduralizzati dagli istituti di
democrazia rappresentativa negli anni Novanta; movimenti di
nuovo tipo a cavallo del secolo, con il movimento dei movi-
menti altermondialista che scardina le tradizionali tassonomie:
di massa ma non spontaneo, n disorganizzato (vedi il Social
Forum Mondiale), capace di fare opinione e di fare pressione sui
poteri istituiti, ma non collaterale, composto da tante associazioni,
ma non integrato, capace di una visione politica generale, ma non
rappresentabile da una parte-partito nella sfera delle istituzioni.
Esiste una forma politica caleidoscopica fatta di tanti fram-
menti colorati e pieni di energia: gruppi di iniziativa sociale, as-
sociazioni, collettivi, comitati popolari, rappresentanze sindacali
di base, comunit sostanziali costituenti che generano in con-
tinuazione forme sempre nuove e diverse di anelli di solida-
riet, reti territoriali nazionali e transnazionali, istanze di
resistenza e di cittadinanza attiva diffusa. possibile pensare
che sappiano dar vita ad un processo collettivo plurale che con-
duca ad una loro autorappresentazione politica. Certo, un mo-
vimento ancora tutto da indagare, non ancora capito dalle
sinistre politiche tradizionali di ispirazione marxista e di cultura
operaia. Forse sono le stesse ragioni che nel 68 impedirono ai
partiti comunisti e socialisti di comprendere la novit del movi-
mento antisistemico, perch antiautoritario e antigerarchico, di
allora. Si tratta di un dibattito aperto da tantissimo tempo e an-
cora non risolto.
Scriveva Angelo Bolaf:
170
lautonomia dei movimenti di massa sempre intesa restrittivamente a
sovranit limitata, in attesa di un ne ultimo, cio di essere parlamen-
tarizzata e completamente sintetizzata nella forma partito311.
172
quando io avevo detto che lo Stato, come essi lo intendevano, era in-
vece lostacolo fondamentale a che si facesse qualche cosa [] per la
ragione che quello che noi chiamiamo problema meridionale non
altro che problema dello Stato.[] Questa strada si chiama autonomia.
Lo Stato non pu essere che linsieme di innite autonomie, una or-
ganica federazione. Per i contadini, la cellula dello Stato, quella sola
per cui essi potranno partecipare alla molteplice vita collettiva, non
pu che essere il comune rurale autonomo [] Ma lautonomia del
comune rurale non potr esistere senza lautonomia delle fabbriche,
delle scuole, delle citt, di tutte le forme della vita sociale314.
174
sentare da professionisti specializzati nella scienza della media-
zione politica. Questa intermediazione nalmente saltata in
aria con la disaffezione alle elezioni che sta sduciando lintera
offerta di rappresentanza predisposta dal sistema dei partiti
tradizionali. Ma non stata ancora trovata una loro sostituzione
con forme di rappresentanza pi soddisfacenti. Non per respon-
sabilit di qualcuno, ma per un eccesso di timidezza e di timore
da parte degli stessi movimenti della cittadinanza attiva.
La domanda se sia possibile ipotizzare una forma di azione
e di organizzazione politica antigerarchica, orizzontale, decen-
tralizzata, profondamente pluralista, immune da ogni deriva oli-
garchica, che sappia cogliere i nessi tra i mille conitti di interessi
e i valori che attraversano la nostra societ e che sappia risalire
alle sue cause scatenanti: liniquit distributiva della ricchezza so-
ciale prodotta, la insostenibilit ambientale del sistema econo-
mico di produzione e di consumo, linsopportabile ingiustizia
nella gestione dei beni comuni, lodioso dominio patriarcale nelle
relazioni tra i generi.
Non vero che non vi siano state esperienze storiche diverse
da quelle dei partiti tradizionali e loni di pensiero innovativi.
Restando in Italia pensiamo solo ai Laboratori di democrazia di
Danilo Dolci, ai Centri di orientamento sociale di Aldo Capitini,
alle Case del popolo e alle Camere del lavoro. C molto da stu-
diare, da recuperare e da sperimentare. Uno scatto di soggettivit
potrebbe modicare la situazione politica. Due potrebbero es-
sere le robuste gambe di una possibile ripresa dellazione poli-
tica-sociale dal basso: la galassia dei movimenti territoriali e
larcipelago delle liste locali di cittadinanza.
Le nuove scienze dellorganizzazione e le tecnologie infor-
matiche possono aiutare a concepire e a realizzare sistemi fun-
zionali di partecipazione e di decisione orizzontali, ascendenti,
con connessioni molteplici, non gerarchici, trasparenti, privi di
centro, di leader carismatici e di burocrazie che si fanno oli-
garchiche. Senza far scomparire i gruppi, i comitati, i collettivi,
175
le associazioni che concretamente fanno societ, conig-
gendo, sperimentando, organizzando la quotidiana lotta della
gente comune per la dignit del vivere.
giunto il momento di uscire allo scoperto. giunto il mo-
mento di lanciare una grande campagna dei movimenti della cit-
tadinanza attiva per la democrazia, aprirne le porte e occuparla
con le genuine istanze di chi quanti operano nella societ. Il Mo-
vimento 5 Stelle era partito bene portando lapriscatole in Par-
lamento, ma ha accettato subito di mettersi la cravatta!
Si tratta di trasformare la semplice partecipazione popolare
in un vero moto di protagonismo diretto. Costruire unorga-
nizzazione priva di centro317 oggi unoperazione non impos-
sibile. Cos come avviene per i modelli produttivi ecologici (Blue
Economy), si tratta di mutuare dalla teoria dei sistemi viventi i
modi e le forme per escludere le strutture gerarchiche di potere
e scegliere invece quelle pi resilienti, cio orizzontali, essibili,
ascendenti, con connessioni molteplici e ridondanti. Per farlo
basterebbero poche e chiare regole: lautonomia inalienabile dei
nodi della rete (che signica libert di entrata e di uscita dei
suoi aderenti); condivisione dei principi fondamentali costituenti
e dei progetti (campagne) di azione comune; un protocollo
di comunicazione che costituisca un tessuto di relazioni assolu-
tamente trasparente tra tutti i nodi. I tecnici la chiamano Cha-
ordic Organization: una combinazione tra caos e ordine.
______________________
J. Croft, Building an Empty Centred Organisation, Dragon Dreaming, in Fact-
317
176
CAPITOLO VI
Decrescita
178
Non nemmeno vero che tutte le persone vogliono imitare
i modelli di vita e seguire i comportamenti del prototipo umano
forgiato dal marketing industriale: lindividuo di medio ceto,
buon lavoratore, ottimo consumatore e con scarso spirito critico.
falso lo stereotipo secondo cui i poveri sottosviluppati vo-
gliono imitare i ricchi. In Asia, in America Latina, in Africa vi
sono resistenze forti portate avanti, specie dalle donne, contro
il processo di annientamento delle culture e delle economie locali
e di conglobamento nel sistema mondo321.
I paradossi contro i quali andato a cozzare il modello di svi-
luppo capitalistico sono due, non uno solo: quello detto rebound,
gi studiato da Wiliam Stanley Jevons centocinquanta anni fa (ef-
fetto rimbalzo: pi aumenta lefcienza energetica delle mac-
chine pi aumenta il loro uso e quindi limpatto complessivo del
sistema industriale sullambiente) e quello teorizzato negli anni
Settanta del secolo scorso da Richard A. Easterlin, Daniel Kah-
neman e altri economisti psicologi sociali che hanno studiato la
felicit soggettiva percepita dagli individui: il PIL, oltre una certa
quota, almeno, non coincide con la contentezza dalle singole per-
sone per il proprio status. Il rapporto tra reddito e benessere
diventato molto complicato322. In Portorico e in Messico si sen-
tono pi felici che negli Stati Uniti. Il denaro conta e, molto pro-
babilmente, conter sempre, ma conta anche a quale prezzo lo si
ottiene e cosa ci si fa con quel denaro. Se per ottenere un reddito
devo vendere lanima al diavolo, lavorare in uno stato di continua
precariet, sacricare gli affetti, rimetterci la salute e la dignit, e
se il denaro corrisposto lo devo spendere per fare shopping di
cose futili e inutili, evidente che il gioco non vale la candela.
Altri criteri qualitativi devono entrare in gioco: la sicurezza so-
ciale, la soddisfazione individuale e la realizzazione di s.
______________________
321
J. Martnez Alier, op. cit.
322
Esiste uninfinita letteratura sullargomento. Si veda S. Bartolini, Manifesto
per la felicit. Come passare dalla societ del ben-avere a quella del ben-essere, Feltrinelli,
Milano, 2012.
179
Vediamo allora cosa pu essere decrescita in positivo323. Sul-
largomento c una certa confusione. Per il suo principale pro-
mulgatore, Latouche, poco pi di uno slogan324. Non si sa se
questa prudenza sia dovuta ad una giusta modestia per un pensiero
tutto sommato giovane, o ad un calcolo tattico. Le teorie gene-
rali, infatti, niscono facilmente per degenerare in ideologie, men-
tre pi facile che unidea abbia successo se si radica nella prassi.
Alcuni osservatori affermano che il termine decrescita non sa-
rebbe molto diverso da altri nomi con cui, nel corso della storia e in
diversi posti del mondo, stata denita una vita vissuta con saggia
frugalit: semplicit volontaria (Gandhi e Alex Langer325), so-
briet (Francesco Gesualdi326), austerit (nel senso dato da Enrico
Berlinguer327), joie de vivre (Georgescu Rogen), abbondanza
______________________
323
F. Demaria - F. Schneider - F. Sekulcova J. Martinez-Alier, What is De-
growth? From an Activist Slogan to a Social Movement, in Environmental Values,
n. 22, 2013, pp. 191-215.
324
Latouche scrive: A costo di dispiacere a qualcuno, dichiaro subito che
decrescita non un concetto, almeno nel senso tradizionale del termine,
improprio parlare di teoria della decrescita [] decrescita uno slogan po-
litico con implicazioni teoriche, Setrge Latouche, La scommessa della decrescita,
Feltrinelli, Milano, 2007, p. 11.
325
Credo che il primo e fondamentale messaggio ecologico che oggi si possa
dare semplicemente quello di una vita semplice, di una vita che consumi
poco, di una vita che abbia grande rispetto di tutto quello con cui abbiamo
a che fare, compresi gli animali, comprese le piante, comprese le pietre, com-
preso il paesaggio, cio tutto quello che ci stato dato in prestito e che dob-
biamo restituire agli altri. A. Langer, Diversi noi, in Gennaro Tedesco,
Alexander Langer. Una utopia concreta, Edizioni dal basso, 2003, p. 79.
326
La chiave della soluzione racchiusa nella parola sobriet, che interpella
prevalentemente noi, opulenti del Nord. Solo accettando di produrre e consu-
mare di meno potremo fermare il saccheggio del Sud del mondo, le guerre per
laccaparramento delle risorse, il degrado del pianta e consentire agli impoveriti
di costruire il proprio sviluppo. F. Gesualdi - Centro Nuovo Modello di Svi-
luppo, Sobriet. Dallo spreco di pochi ai diritti per tutti, Feltrinelli, Milano, 2005, p. 7.
327
Per Berlinguer lausterit era una scelta obbligata e duratura [] un condizio-
nedi salvezza per i popoli delloccidente. Per noi (Pci) lausterit il mezzo per
contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che entrato
180
frugale (Jacque Delors328), buen vivir (nel senso dato dai popoli
andini).
______________________
in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri
distintivi sono lo spreco e lo sperpero, lesaltazione di particolarismi e dellindivi-
dualismo pi sfrenati, del consumismo pi dissennato. Lausterit significa rigore,
efficienza, seriet, e significa giustizia. Ma lausterit, a seconda dei contenuti che
ha e delle forze che ne governano lattuazione, pu essere adoperata o come stru-
mento di depressione economica, di repressione politica, di perpetuazione delle
ingiustizie sociali, oppure come occasione per uno sviluppo economico e sociale
nuovo. I comunisti devono quindi: abbandonare lillusione che sia possibile per-
petuare uno sviluppo fondato su quella artificiosa espansione dei consumi indivi-
duali. Rivolgendosi alla assemblea degli operai comunisti: Non detto affatto
che la sostituzione di certe abitudini attuali con altre pi rigorose e non sperpera-
trici, conduca a un peggioramento della qualit e della umanit della vita. Una so-
ciet pi austera pu essere una societ pi giusta, meno diseguale, realmente pi
libera, pi democratica, pi umana. Cfr. E Berlinguer, Austerit. Occasione per tra-
sformare lItalia. Le conclusioni al convegno degli intellettuali (Roma, 15 gennaio 1977) e
alla Assemblea degli operai comunisti (Milano, 30 gennaio 1977), Editori Riuniti, Roma,
1977. Va per ricordato che queste straordinarie affermazioni, cos cariche di vi-
sione etica, vennero pronunciate in un momento politico del tutto particolare: da
una parte lincombere di una crisi economica disastrosa specie sul lato dellinfla-
zione che erodeva i salari, dallaltro una grande affermazione elettorale (il 20 giugno
del 1976 il Pci raggiunse il 34,4% dei voti, ad un passo dalla Dc) che aveva obbli-
gato il gruppo dirigente del partito a tentare il salto dallopposizione al governo
passando attraverso lastensione in Parlamento al governo della non-sfiducia,
come lo stesso presidente del consiglio Andreotti lo aveva battezzato. Mai come
allora la strategia del compromesso storico sembrava potersi concretizzare at-
traverso una maggioranza di responsabilit nazionale oggi si sarebbe detto di
larghe intese. In questo contesto politico e sociale la linea dellausterit appariva
a molti come una sorta di merce di scambio: contenimento delle richieste salariali
da parte dei sindacati, accettazione delle ristrutturazioni in fabbrica e nel pubblico
impiego per aumentare la produttivit del lavoro (lotta a lassenteismo si diceva
allora) in cambio di una partecipazione diretta del Pci nel governo. Si vedano la
relazione e le conclusioni di Enrico Berlinguer al Comitato centrale del Pci del 18-
20 ottobre 1976, Una politica di austerit ispirata a giustizia sociale per trasformare e risanare
il paese, opuscolo a cura del Pci, Roma. Si sa poi come questo tentativo fu definiti-
vamente troncato con lassassinio di Aldo Moro poco pi di un anno dopo.
328
Citato da A. Gorz, Ecologica, p. 37. Lespressione abbondanza frugale
stata poi rilanciata e riempita di contenuti da Serge Latouche che la definisce
181
Facendo nostro il motto di Locke: Pur che sia chiara la cosa,
poco conta il suo nome329, per capire cosa decrescita bisogna
domandare a coloro che la praticano come la intendono, con
quali strategie e per quali obiettivi si battono gli obiettori di
crescita e gli attivisti del movimento.
Innanzitutto il termine decrescita punta il dito specicata-
mente sul PIL, inteso per quello che : lindicatore unico consi-
derato dal sistema economico-politico di misurazione della
ricchezza, dello sviluppo, del benessere e persino della felicit. I
decrescenti sostengono, al contrario, che proprio la economia
di crescita la causa di tutti i disastri ambientali e sociali che col-
piscono il pianeta330. Invero, pi che ridurre il PIL, si tratta di ri-
formularlo radicalmente e relativizzarlo, mettendolo a confronto
e in relazione con altri indicatori, a partire da quelli che misurano
il consumo delle risorse naturali. In questa battaglia (inascoltata)
i sostenitori della decrescita sono in buona compagnia. Non c
statistico, sociologo, politico di buon senso che non abbia criticato
lassurdit della scelta della crescita del PIL come unico punto di
riferimento per tracciare la rotta della cooperazione sociale. Giu-
stamente annotarono i premi Nobel chiamati nella Commissione
Sarkozy: Ci che misuriamo inuenza ci che facciamo. Se ab-
biamo indicatori sbagliati, ci sforzeremo di ottenere le cose sba-
gliate. Nel tentativo di incrementare il PIL, rischiamo di ritrovarci
in una societ i cui cittadini vivranno peggio331.
______________________
un orientamento semantico nella Prefazione, Per unabbondanza frugale, Bollati
e Boringhieri, Torino, 2012.
329
J. Locke, Secondo trattato sul governo, paragrafo 146.330 Maurizio Pallante
sicuramente tra i primi e pi critici demistificatori del PIL: La decrescita
del Pil non comporta una riduzione del benessere se si realizza mediante la
diminuzione del consumo di merci che non sono beni e laumento dei beni
che non sono merci. Meglio con meno. Decrescere per progredire, Bruno Monda-
dori, Milano, 2011, p. 119. Si veda anche: La decrescita felice. La qualit della
vita non dipende dal Pil, Editori Riuniti, 2005.
331
J. E. Stiglitz - A. Sen - J.P. Fitoussi, La misura sbagliata delle nostre vite. Perch
il PIL non basta per valutare benessere e progresso, Etas, Milano, 2010, p. XXI.
182
allora necessario che leconomia entri in relazione con la
materialit dellesistente, con le scienze della vita. Nasce cos la
bio-economia332 che distingue tra limitatezza delle risorse e scar-
sit. La prima una condizione di fatto in natura, la seconda
una conseguenza delle modalit storiche-culturali-economiche
con cui le popolazioni umane hanno deciso di utilizzare le ri-
sorse naturali. I popoli occidentali se ne sono inschiati tanto
dei limiti biosici, quanto dei principi morali secondo cui i be-
neci che si possono trarre dallutilizzo dei beni naturali dovreb-
bero essere equamente distribuiti tra tutti gli individui del
pianeta, presenti e futuri.
Decrescita anche critica al mito della soluzione tecnologica
prometeica e provvidenziale, capace di moltiplicare i pani e i
pesci (magari previa manipolazione genetica o grazie alla bioin-
gegneria che pensa di poter rimediare ad ogni tipo di danno am-
bientale). Nessuna nuova tecnologia, per quanto spettacolare,
riuscir mai ad esimerci da un esame di coscienza e da un cam-
biamento delle nostre cattive abitudini, dei nostri stili di vita con-
sumistici, dei comportamenti asociali oltre che irragionevoli,
della nostra anaffettivit.
Decrescita attiva allora capacit di immaginare una via di
fuoriuscita dagli stilemi capitalistici. Un progetto meta-politico
di una eco-democrazia che si costruisce dal basso e si fonda su
relazioni di prossimit. Non necessariamente ascetiche e paupe-
riste, premoderne e da comunismo primitivo. La decrescita
non auspica la cancellazione della tecnica, ma la sua rinalizza-
zione e il superamento del carattere controproduttivo ad essa
impresso dal capitalismo. Decrescita quindi ricerca e sperimen-
tazione di una diversa qualit della produzione e dei consumi,
capace di rispettare i cicli naturali e di impedirne la distruzione.
______________________
332
N. Georgescu Roegen, Bioeconomia. Verso unaltra economia ecologicamente e so-
cialmente sostenibile, Mauro Bonaiuti ( a cura di), Bollati Boringhieri, Torino,
2003.
183
La decrescita attiva propone un lavoro di resistenza alla pro-
gressiva mercicazione della vita e di sgombero della mente
dai condizionamenti, dalle manipolazioni, dalleterodirezione.
Poich i bisogni sono socialmente determinati, necessario
un lavoro di disconoscimento dei valori veicolati dagli strumenti
di propaganda del mercato, di diserzione dalla platea televisiva
e da tutti gli ordinamenti della manipolazione. La decrescita si
propone di portare un po di luce in quellangolo delle intera-
zioni umane e della vita delle persone che oggi oscurato dal-
leconomia di mercato: il fare non strumentale, il dare non
nalizzato, la cooperazione disinteressata, la solidariet reci-
proca, il mutuo appoggio, lassunzione delle responsabilit de-
rivanti dal proprio agire: in una parola, tutto ci che si oppone
alla mercicazione dei rapporti sociali. La decrescita propone
tracce di relazioni sociali alternative a quelle capitalistiche, in un
momento in cui il declino del capitalismo gi cominciato e si
pone il problema attuale di costruire un altro ordine sociale.
Lidea della decrescita scelta e consapevole, mirata, vuole ten-
tare di risponde allinsieme dei paradossi dentro cui caduta la so-
ciet contemporanea. La decrescita non solo smaterializzazione
dei cicli produttivi e di consumo, non solo abbassamento del
metabolismo sociale e dellimpronta ecologica di ogni essere
umano sulla Terra. Queste sono beneche conseguenze che si pro-
ducono quasi automaticamente se a monte si rompono le strutture
sociali e mentali che determinano i nostri desideri, le nostre aspi-
razioni. Si tratta di avviare un lavoro di ri-orientamento dei desideri,
della mentalit, delle abitudini. Riscoprire i beni autentici del corpo,
della mente e della relazione333. Il capitalismo non depreda solo la
natura che ci attorno, distrugge anche i legami affettivi che met-
______________________
333
La mia salute, forza, abilit fisica nulla toglie a quella degli altri, la mia
mente colta e contemplativa nulla toglie, anzi aggiunge alla sapienza altrui,
il mio volermi-bene-con non solo non esclude laltro ma lo include. L.
Lombardi Vallauri, Beni comuni e beni non esclusivi, in Paolo Cacciari (a cura di),
La societ dei beni comuni, Carta Ediesse, Roma, 2010, p. 44.
184
tono in relazione tra loro gli esseri umani e mortica lumanit
stessa degli individui. La mercicazione del mondo ha scritto
Serge Latouche ha divorato tutto: il lavoro, il tempo libero, lami-
cizia, lamore, il sesso, la cultura, la droga, la violenza, la politica334.
La decrescita, quindi, prima di ogni cosa il disconoscimento di
unidea di ricchezza e benessere legate al possedere, allaccumulare,
al dominare, alla concentrazione del potere.
Ecologica una bella raccolta di scritti di Andr Gorz, in cui si
denisce lecologia politica unetica della liberazione: Essa
[lecologia] suppone unaltra economia, un altro stile di vita,
unaltra civilt, altri rapporti sociali. Luscita dal capitalismo sar
civilizzata o barbara335.
Simon Weil, come sappiamo, era una donna straordinaria, di
origine ebraica, che ha vissuto la sua brevissima esistenza (tren-
tatr anni appena) tra le due guerre mondiali. Scelse di vivere le
sciagure del suo tempo dallinterno, senza risparmiarsi, parteci-
pando direttamente da operaia al sindacalismo rivoluzionario, da
combattente anarchia alla Guerra civile in Spagna e da partigiana
alla resistenza al nazismo in Francia. Trovo che in queste sue pa-
role sia bene espressa la critica al macchinismo, al produttivismo,
al consumismo, allo sviluppismo che ha accumunato nel dogma
della crescita tanto il pensiero liberale, quanto quello marxista:
______________________
334
S. Latouche, Il tempo della decrescita, Eluthera, Milano, 2011, p.49.
335
A. Gorz, Ecologica, p. 33.
336
S. Weil, Riflessioni sulle cause della libert e delloppressione, Adelphi, Milano,
1983, p. 32.
185
C qui lintuizione della crisi ecologica dovuta al supera-
mento dei limiti biosici del pianeta. C la perdita di senso etico,
oltre che di relazioni sociali, di un modello di rapporti umani
asservito alle ragioni dellincremento delle capacit produttive
tecniche industriali. C il richiamo alla responsabilit individuale
e comunitaria che dovrebbe guidare le scelte de luomo pen-
sante. La Weil aveva capito perfettamente che lorigine di quel
impazzimento autodistruttivo, in realt seguiva una logica
spietata: la lotta per esercitare il potere sulle forze produttive,
intese come il motore del progresso storico. Lotta competitiva
per dominare la natura e lumanit con strumenti tecnologici e
istituzioni sociali sempre pi pesanti, centralizzati, pervasivi e
opprimenti. Quel funesto circolo vizioso che sussume gli es-
seri umani e Madre Terra, quella spirale della morte (formula
usata da Joseph Stiglitz per denire la nanziarizzazione del-
leconomia) sta ancora girando e noi ne siamo dentro.
La decrescita il nome di una sda, non una parola solu-
zione. Un rovesciamento di direzione per il cambiamento, un
orizzonte di senso, unidea etica, scientica, economica. Perch
rimanda ai principi del ben vivere, ai fondamenti della vita sulla
Terra, allazione strumentale produttiva. Ha scritto Pietro
Greco: Occorre che la decrescita sia percepita come felice e
diventi la nuova utopia di un grande progetto politico337.
La giusta misura
Questa cecit dipende anche dal fatto che gran parte degli ecosystem
services non sono direttamente utilizzati nei processi economici, cio
vengono utilizzati senza che se ne abbia consapevolezza. Per le co-
siddette scienze economiche esiste solo ci per cui qualcuno di-
sposto a spendere dei soldi (preference-satisfacion). Tutto ci che non
immediatamente incorporabile nei cicli produttivi e tutti coloro che
______________________
345
P. Hawken - A.Lovins - L.H.Lovins, Capitalismo naturale. La prossima rivolu-
zione industriale, Edizioni Ambiente, Milano, 2001, p. 24.
189
non sono solvibili sul mercato non contano, non servono, non
fanno PIL. Ma non corrisponde a verit lassunto secondo cui il
valore di ogni cosa pari a quanto un individuo disposto a pagare,
cio pari al benecio economico soggettivo che ne ricava, cos come
ci spiegano ogni giorno dotti economisti. Vi sono beni e servizi che
hanno un valore per la loro stessa esistenza, a prescindere dal loro
utilizzo diretto. Per esempio, con quali e quante diverse unit di
misura si potrebbe stabilire il valore di un albero? E sulla base
di quale gerarchia di valori dovrebbero essere ordinate le diverse
misure? Dalla quantit di frutti che produce, dalla legna che se
ne pu ricavare, dalle tonnellate di CO2 che assimila e dai metri
cubi di ossigeno che restituisce, dal numero di uccelli che nidi-
cano e di insetti che ospita, dallombra che proietta e dallhu-
mus prodotto dalla decomposizione delle sue foglie cadute al
suolo, dal vento che riduce, dal paesaggio che forma? E se fosse
lultimo albero della foresta o della sua specie? Solo Dio e le so-
ciet di assicurazione sanno dare un valore a ci che irripro-
ducibile e insostituibile.
Il riduzionismo economico, il denaro come equivalente unico
e universale, cosica e mercica la vita. Cos leconomia cre-
matistica (come la chiamava Aristotele, per distinguerla dal-
leconomia della cura della dimora, Oikonomia), sar sempre
distruzione e morte. Come afferma la scuola di economia eco-
logica di Marinez Alier: nessuna compensazione reale possibile
quando si tratta di beni naturali non riproducibili.
La tendenza a nanziarizzare il capitale naturale, attri-
buendo un valore monetario ai ussi e agli stock di natura, si
concretizza nel cosiddetto biodiversity o ecosystem offsetting. Un
nuovo strumento di cui si sono dotati gli istituti nanziari e al-
cuni Stati per riuscire a traslare le compensazioni del danno am-
bientale provocato da investimenti produttivi in habitat di
particolare valore. Il meccanismo non molto diverso da quello
ideato con il Protocollo di Kyoto che ha permesso la compravendita
dei permessi di inquinamento dellatmosfera. I beni naturali di-
190
ventano cos degli asset (crediti di natura) nei mercati nanziari346.
Lidea perversa sempre quella: trovare i modi (tasse ecologiche,
autorizzazioni onerose ecc.) per costringere le imprese ad inter-
nalizzare i costi ambientali, quando il problema semplicemente
quello di impedire a monte che si provochino danni. Lerrore di
studiosi benemeriti come Robert Costanza (il primo che ha cal-
colato il valore monetario dei servizi degli ecosistemi mondiali
in 37 mila miliardi nel 1977, pi della met dellintero valore
mondiale del PIL) quello di credere che, introducendo i giusti
incentivi e le giuste penalit, sia possibile far dire la verit al
mercato347. Ma il mercato si esprime in prezzi, partite doppie,
costi e ricavi. Mentre la vitalit della biosfera si esprime con altri
linguaggi e altre unit di misura.
Il ne della societ si rovesciato: ci che conta non il buon
impiego delle persone (il lavoro nella sua pi larga e creativa ac-
cezione) e il buono stato di salute degli cicli vitali degli ecosistemi
naturali, ma il valore monetario degli oggetti che vengono pro-
dotti e venduti. Nel processo di mercicazione capitalistico, les-
sere umano e la natura sono ridotti a mezzi e a strumenti da
sacricare sullaltare della produzione di oggetti da collocare sui
mercati. Nelle societ della crescita avviene, cio, il rovescia-
mento dei ni con i mezzi. Quel rovesciamento del rapporto
tra soggetto e oggetto, che Marx considerava come lessenza
del capitalismo. cos che leconomia potuta diventare nella
percezione comune un bene in s e ha potuto imporre le sue leggi
a tutta la societ.
______________________
346
Un movimento mondiale sorto per tentare di fermare i biodiversit off-
set. Si vedai Rebecca Rovoletto, Natura bond, in Democrazia Km Zero,
www.democraziakmzero.org, 8 novembre 2013 e Il manifesto-appello in
www.no-biodiversity-offsets.org/italiano/.
347
Intervista a R. Costanza, Tutelare la biodiversit? Paghi 1, ricavi 100, in Va-
lori, gennaio 2011.
191
Come uscirne
192
crea. Essa risponde a un bisogno del capitale349. Per tale motivo,
se davvero si desidera far rientrare il sistema dentro i limiti della
sostenibilit ecologica e sociale, va allora riconosciuto con sin-
cerit che il perseguimento di questo obiettivo non compatibile
con i fondamenti del capitalismo.
La proposta di una decrescita scelta (cio desiderata), attiva
(cio mobilitante), mirata e selettiva (cio volta a sottrarre risorse
umane e naturali, tempo ed energia alla megamacchina indu-
striale), conquista attenzione tra le persone pi sensibili che capi-
scono che stupido puntellare e procrastinare la crisi irreversibile
di un modello di sviluppo giunto a ne corsa350, cos come con-
vince anche coloro che vorrebbero evitare di farsi travolgere sotto
le sue macerie. Meglio allora avviare un processo di transizione
che accompagni la crisi dellattuale sistema, tentando di limitare i
danni della sua caduta e contemporaneamente accelerando la ge-
nerazione di valide alternative.
Si tratta di compiere un salto culturale difcile, perch tutti
noi siamo stati abituati a pensare che senza il possesso esclusivo
di beni e servizi, nessuna vita agiata sia possibile su questa Terra.
Oramai, dopo pi di un secolo di immersione nel mondo delle
merci a portata di portafoglio, i templi dellimmaginario collet-
tivo del benessere sono diventati i grandi magazzini, e il mirag-
gio del consumo lunica religione capace di consolazione351.
Un immenso apparato culturale (scolastico, massmediatico, fa-
miliare) ha posto la competitivit e lefcienza al vertice dei va-
lori sociali, annullando i valori etici della equit e della solidariet.
La decrescita allora va vista come un cammino di liberazione
individuale e collettivo dai condizionamenti e dalle costrizioni
______________________
349
A. Gorz, Ecologica, p. 123.
350
R. Heinberg, The End of Growth, in www.richardheinberg.com/222-the-
end-of-growth, 2010.
351
T. Villani, Ecologia politica. Nuove cartografie dei territorio e potenza di vita, Ma-
nifesto libri, 2013, p. 138.
193
del mercato, dei modi di produzione e delle relazioni sociali che
i rapporti di produzione capitalistici impongono. La decrescita
come rottura della gabbia dentro cui sono state imprigionate le
relazioni umane. Come processo, non solo di smaterializzazione
e de-mercicazione dei processi produttivi e di consumo, ma di
de-apprendimento, dis-alienazione, de-colonizzazione, de-co-
struzione e de-centralizzazione del potere costituito sul princi-
pio della massimizzazione della potenza trasformatrice delle
forze produttive, del progresso illimitato della produzione in-
dustriale di massa. E, se coniugato al femminismo, la decrescita
aiuta la dis-articolazione del sistema di pensiero e di domina-
zione patriarcale352. quello maschile, infatti, il pi pervasivo,
profondo e antico sistema di dominio delluomo sulla donna,
sugli schiavi, sugli animali e sulla natura. Ha scritto Carolyn Mer-
chant: La natura animata vivente mor, mentre il denaro inani-
mato morto fu dotato di vita. [] La natura, le donne, i negri e
i lavoratori salariati furono avviati al nuovo status di risorse na-
turali e umane353.
Sappiamo bene che chi, nel corso della storia, ha osato criti-
care lindustrializzazione andato incontro ad aspre critiche da
parte progressista: Ruskin fu bollato come un romantico premo-
derno, Proudhon un utopista regressivo, Tolstoj unanima bella,
Gandhi un nazionalista autarchico, Illich un prete reazionario.
Chi sostiene lidea della decrescita oggi considerato un in-
dividuo incurante delle sofferenze del popolo, colluso con i
padroni, reggicoda del sistema354. Quando va bene il pen-
siero della decrescita, della frugalit, della semplicit volontaria,
______________________
352
B. Bianchi, Terra nuova, terra di lei. Prospettive femministe su lavoro, ecologia, etica
delle relazioni, in AA. VV., Immaginare la societ della decrescita, Terra Nuova, 2012.
353
C. Merchant, La morte della natura. Donne, ecologia e rivoluzione scientifica, Gar-
zanti, Milano, 1988, p. 353.
354
AA. VV., Dossier Crescita forzata, in Valori, n. 102, settembre 2012.
Scriveva Illich alla fine degli anni Ottanta: Per coloro che si sono formati
194
della sobriet, che dir si voglia, viene trattato come ingenuo o
rinunciatario, incapace di fare i conti con la modernit. Ma c
forse un equivoco355. La decrescita non laccettazione remissiva
della recessione economica. Non un invito ad adattarsi alle
nuove compatibilit economiche stabilite dai mercati. Al con-
trario, la decrescita vorrebbe essere la ricerca ostinata e combat-
tiva di unalternativa, di una diversa qualit della produzione e
dei consumi, capace di rispettare i cicli naturali e di impedire la
denitiva distruzione di relazioni sociali conviviali e democrati-
che tra gli individui della specie umana. Ma lasciamo rispondere
Simone Weil a questo tipo di critiche, con le sue parole lucidis-
sime scritte ottantanni fa:
195
alla preservazione della vita e della creazione di relazioni umane
consapevoli, vitali, pi armoniose e capaci di proiettarsi nel fu-
turo. La decrescita come un cammino lungo, un sentiero di tran-
sizione verso uneconomia e, in generale, unorganizzazione
sociale pi sostenibile e pi equa.
Se vogliamo uscire dalla crisi delleconomia della crescita e
del debito serve un cambiamento di orientamento etico e so-
ciale, un cambio di mentalit, una cosmovisione diversa, una
teoria economica opposta a quella dellaccumulazione, della
competizione e del possesso esclusivo, un sistema di relazioni
sociali fondato sulla reciprocit e sullinterdipendenza.
La decrescita in concreto
198
tecnologie in grado di produrre bistecche in provetta, lattuga
senza bisogno di terra, semi di soia grandi come fragole e fragole
grandi come zucche. In caso di necessit, la ingegnerizzazione
del clima e altre tecnologie alla Frankenstein, preserveranno il
pianeta dagli effetti collaterali delle nuove tecnologie.
Oppure possibile scegliere una terza via. I movimenti per
un consumo equo e solidale sostengono che sia possibile unade-
sione volontaria a stili di vita pi sobri e a bassi impatti ambien-
tali a partire dalle popolazioni che hanno maturato un maggiore
debito ambientale. Ma si tratta ancora di movimenti poco in-
uenti, che non riescono ad uscire da ambiti dimostrativi, pio-
nieristici, capaci di costruire piccole nicchie etiche che
generano isolati lampi nel buio. Riuscire a coniugare le esi-
genze di giustizia sociale e di salvaguardia ambientale sempre
stato il cruccio mai ben risolto sia dai movimenti verdi che da
quelli rossi. Tim Jackson, leconomista capo del team della
New Economy Foundation ha bene tematizzato la questione:
Il pi grande dilemma dei nostri tempi: come conciliare laspi-
razione a un buon vivere con i limiti di un pianeta nito361.
La conclusione a cui sono giunti i sostenitori del movimento
della decrescita che si tratta di un dilemma irrisolvibile no a
che domanda e offerta dei beni e dei servizi saranno guidate
dalle logiche mercantilistiche. la logica del guadagno che fa
crescere produzioni e consumi ben oltre le necessit e, per di
pi, in modo sperequato: solo chi solvibile sul mercato, infatti,
ha la possibilit di acquisire i beni che gli vengono offerti.
Lunico modo per uscire da questo circolo vizioso la de-
mercicazione del maggior numero di beni e servizi, la loro sot-
trazione dalla sfera mercantilistica (la fuoriuscita dal ciclo
infernale dei bisogni e del reddito) e, per contro, lallargamento
di tutte le altre forme economiche di produzione e scambio non
monetari: autoproduzione, mutualit e dono, reciprocit e ba-
______________________
361
T. Jackson, Prosperit senza crescita, Edizioni Ambiente, Milano, 2010, p. 49
199
ratto. Queste buone pratiche potranno sempre pi svilupparsi
se cresceranno gli spazi disponibili agli usi collettivi; se verranno
liberati e restituiti i beni comuni privatizzati e mercicati. La
riappropriazione dei commons, dei campi aperti, di tutto ci
che essenziale alla riproduzione materiale della vita umana e
delle sue relazioni sociali, non pu essere gestito in modo esclu-
sivo, proprietarizzato, nemmeno se a farlo sono autorit pub-
bliche. La terra e il territorio sono il primo bene comune. Ma
anche la citt la casa della societ, lo scrigno dei saperi.
Come abbiamo visto in un capitolo precedente, sono molti i
beni comuni di appartenenza collettiva e pertinenti al campo
dei diritti umani e sociali. Beni indispensabili e insostituibili
come lo sono latmosfera e il clima, gli oceani e le acque dolci,
le foreste e i genomi, le miniere e le fonti di energia primaria, i
codici, le lingue
La smaterializzazione dei ussi di materia e di energia impie-
gati nei cicli produttivi, si ottiene solo attraverso la demerci-
cazione e questa, a sua volta, si ottiene solo attraverso forme di
governo radicalmente democratiche, condivise, partecipate,
verso un progetto di autogoverno comunitario. Serve quindi de-
costruire il macropotere che tiene i li delle nostre vite e decen-
tralizzare le istituzioni sociali, politiche ed economiche. Serve,
insomma, fare esplicitamente i conti con il potere costituito. La
decrescita, quindi, inevitabilmente unazione politica: una po-
litica oltre il potere (come dicono le femministe) e contro ogni
forma di imposizione. Oppure, usando una formula di iek,
possiamo anche dire una politica senza politica, cio una
forma di azione diretta di riconoscimento, rivendicazione e riap-
propriazione sociale.
Inne, se la decrescita unazione politica, essa non pu che
essere lespressione di soggettivit vitali che compiono un pro-
cesso di disalienazione, disintossicazione, decolonizzazione della
mente, come dice Latouche. Un percorso di mutazione culturale
e antropologica che ha bisogno di poggiarsi su solidi fondamenti
200
etici, sul riconoscimento di norme morali applicabili non solo
al privato degli individui singoli, ma alle comunit e alla societ
umana nella sua interezza. Roberto Mancini ha scritto che:
201
come avviene con i gruppi di acquisto solidale tra persone che si
frequentano abitualmente e per servizi di prossimit.
In generale, lazione della decrescita abbassare il pi possibile
la sovranit (il potere di decisione) a livello locale. Sovranit ali-
mentare, sovranit territoriale (decisioni urbanistiche), sovranit
energetica (autonomia tramite lautoproduzione), sovranit idrica
(a livello di piani di bacino idrogeograco e contratti di ume), so-
vranit sullutilizzo del patrimonio storico, culturale, paesaggistico.
Viene da s che i soggetti sociali di questa trasformazione
sono le comunit degli abitanti dei luoghi. Scrive Alberto Ma-
gnaghi che la coscienza di luogo la capacit di riacquisi-
zione dello sguardo sul luogo come valore, ricchezza, relazione
potenziale tra individuo, societ locale e produzione di ric-
chezza363. Un percorso da individuale a collettivo in cui lele-
mento caratterizzante la ricostruzione di elementi di comunit
in forme aperte, relazionali, solidali.
La coscienza di luogo, quando questo luogo lintero pia-
neta, allora anche il modo per superare nalmente le separa-
zioni tra coscienza di classe, di genere, di generazione, di specie,
ed acquistare quello sguardo egemonico, nel senso di olistico,
che abbraccia lo spazio pubblico e rid senso alla politica. Er-
nesto Balducci lo chiamava individuo planetario.
202
sione globale dei mercati di beni e servizi mercicati, di una dif-
fusione totalizzante dei rapporti sociali esistenti tra capitale, la-
voro e natura: in pratica, nellidea di un dominio assoluto del
denaro come unica ragione di scambio, unica misura della ric-
chezza, unica modalit di accesso al consumo, unico indicatore
del benessere.
Se vogliamo guarire dal male che ha prodotto la crisi, dobbiamo
capovolgere il paradigma della crescita. Non basta razionalizzare i
consumi, diminuire gli sprechi, ridimensionare le mediazioni nan-
ziarie parassitarie, regolare meglio gli scambi commerciali e cos via.
Per uscire dalla crisi servono un cambiamento di orientamento etico
e sociale, un cambio di mentalit, una teoria economica opposta a
quella dellaccumulazione e del possesso, un sistema di relazioni sociali
fondato sulla reciprocit, sullinterdipendenza. Serve la denizione di
un nuovo orizzonte e di nuovi obiettivi cui incanalare lo straordinario
potere che la tecnoscienza conferisce allazione umana.
Afnch le attivit economiche abbiano un senso etico e una
razionalit diversa, necessario che rispondano ad alcune do-
mande fondamentali: quali beni e servizi produrre, utilizzando
quali strumenti tecnici, secondo quali forme organizzative, in
quali luoghi, in quali quantit e, non ultimo, a benecio di chi? A
questi interrogativi leconomia della crescita non fornisce rispo-
ste, o meglio, lascia che a farlo siano i meccanismi automatici e
impersonali, falsamente neutrali e astratti del mercato. Secondo
le teorie economiche dominanti e le loro applicazioni correnti,
la domanda solvibile espressa dai consumatori a determinare lof-
ferta dei beni e dei servizi da immettere sul mercato. Ma cos ope-
rando, i vincoli ecologici della sostenibilit ambientale e gli
obblighi morali della solidariet umana spariscono dallorizzonte
economico. Per le cosiddette scienze economiche, esiste solo ci
per cui qualcuno sia disposto a spendere dei soldi, quindi, viene
considerato solo ci che scambiabile attraverso il denaro. Il
dono, il baratto, il lavoro nellambito domestico e familiare, la
cura di s, il lavoro di manutenzione dei beni naturali inalienabili:
203
tutto questo non fa PIL, quindi non esiste. Questa la ragione
per cui leconomia va in una direzione (cresce) mentre il pianeta
e i suoi abitanti vanno dallaltra (soffrono). Pi aumenta il volume
delle merci prodotte, pi i cicli vitali biologici, geologici e chimici
(comprese le vite degli individui del genere umano) sono sotto-
posti a un pesante stress. Pi salgono gli indicatori economici
della produttivit, della prottabilit, dellaccumulazione, pi si
incrinano i delicati equilibri ecologici e diminuisce la capacit
degli individui di stringere relazioni conviviali consapevoli, re-
sponsabili, solidali, di reciproca soddisfazione. In denitiva, la
crescita va a discapito della qualit della vita, e il bilancio tra be-
neci e perdite non in equilibrio: chi vince in efcienza e
competitivit si lascia alle spalle una lunga scia di perdenti.
La decrescita, quindi, nel momento stesso in cui contesta la vi-
sione unidimensionale e totalizzante delleconomia della crescita, in-
tende rovesciare lintero sistema di valori su cui basata lattuale
organizzazione sociale: lindividualismo proprietario, larricchimento
egoistico, il dominio assoluto del denaro, la brama del possesso.
Fin qui la parte critica, destruens, del discorso che la decrescita in-
tende aprire. Ma possibile che la nozione della decrescita assuma
anche una valenza propositiva se interpretata come un processo ca-
pace di far emergere un diverso orizzonte simbolico, di evocare una
possibilit altra di vita. Unidea capace di liberare energie da im-
piegare nel riconoscimento, nella rivendicazione e nella gestione con-
divisa ed equa delle risorse del pianeta intese come beni comuni.
La decrescita, quindi, agisce a pi livelli: in negativo, come
attivit di sgombero dellimmaginario, destrutturazione dei mec-
canismi che ingabbiano le relazioni umane ed economiche den-
tro un unico sistema di pensiero; in positivo, come azione di
riappropriazione dei beni essenziali alla preservazione della vita
e di creazione di relazioni umane scelte, consapevoli, pi armo-
niose e capaci di proiettarsi nel futuro.
La decrescita e i beni comuni sono due facce di una stessa me-
daglia. A ben vedere, le politiche della decrescita il Programma
204
delle 8 R di Serge Latouche364 non sono altro che azioni con-
crete a favore dei beni comuni. La progressiva espansione del
campo dei commons funziona come un argine di contenimento e
di ridimensionamento, in direzione dellannullamento, del campo
occupato dalleconomia del denaro, del debito, della mestelica
distruzione creativa. La decrescita il passaggio da un modello
di uso predatorio e dissipativo delle risorse naturali e umane a uno
pi equilibrato e socialmente equo. La decrescita associata alla ge-
stione condivisa dei beni comuni portatrice di un progetto di
autonomia, di autogoverno e di autentica democrazia.
Decrescita e beni comuni come elementi non meramente re-
torici, evocativi o solo rivendicativi, ma come un processo con-
cretamente attivabile a livello individuale utilizzando al meglio
la potentissima creativit umana: il lavoro concreto, vivo, com-
pleto, motore interno della trasformazione. Tim Jackson indivi-
dua i semi di una nuova economia nelle imprese sociali locali
integrate nella comunit, nelle piccole cooperative agricole, nelle
ofcine di riparazione e manutenzione, nelle botteghe artigiane,
oltre ai servizi energetici di generazione diffusa, della mobilit
dolce, del riciclo, del riutilizzo e di tutti i settori dellistruzione,
del tempo libero e del divertimento. Insomma, il futuro in
quella che lui chiama economia cenerentola365.
______________________
364
S. Latouche in www.decrescita.it/joomla/index.php/component/con-
tent/article/2-il-programma-delle-otto-r.
365
T. Jackson, op. cit., p. 174.
205
INDICE DEI NOMI
Bacone F.120
Balducci E. 202
Banca Centrale Europea 62
Banca dItalia 20
Banca dei Regolamenti Internazionali 43
Banca Etica 88
Banning Poverty 20
Baranes A. 58, 149
Barbieri D. 27, 29
Barnes P. 76, 92
Bartolini S. 179
Bascetta M. 163
Basf 150
Bauwens M. 176
207
Bayer 150
Beams N. 52
Belpoliti M. 127
Benasayag M. 142
Benjamin W. 125
Beritelli L. 91
Berlinguer E. 180
Berlinguer M. 154
Bert G. - Gardini A. Quandrino S. 24
Besson-Girard J.-C. 28,178
Bianchi A. 154
Bianchi B. 12, 27, 109, 121, 194
Blair T. 151
Blooberg 19
Bobbio N. 18, 165
Boff L. 30
Bolaffi A. 170
Bollier D. 73, 86
Bologna S. 123
Bonaiuti M. 52, 53, 183
Bortolotti F . Corsi C. 159
Boulding K.E. 44, 87
BP 150
Buffett W. 19
Cacciari P. 85, 92
Caill A. 12, 99, 111
Calvo R. 61, 108
Campiglio E. 48
Cangelosi E. 78
Capital 18
Capitini A. 175
Capra F. 98, 188
Carestiato N. 85
Carlsson C. 13, 104, 169
Cartesio 120
Cartosio B. 14
Cassano F. 28, 29, 31, 100, 101, 187
Castells M. 33, 143
Castoriadis C. 165, 188
Cavallito M 149
Cayley D. 197
Centro di documentazione Giuseppe Impastato 88
Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali 13
Centro Nuovo Modello di Sviluppo 36
Chesnais F. 43
Chomsky N. 14, 30, 151, 168
Church of Euthanasia 29
Cianciullo A. Silvestrini G. 70
Cini M. 122
Citigroup 150
Cleaver H. 169
Club di Roma 30, 198
Cohn C. 60
Collins M. 169
Comino V. 60
Commissione Europea 62
Commissione Sarkozy 182
Commons Movment 75
Consorzio Siquillyh 88
Cooperativa Iris 89
Corte dei Conti 26
Corte Suprema US 150
Costanza R. 191
Cotturri G. 159
Credit Suisse 18, 69
Croft J. 176
Fa la cosa giusta! 88
Fargo W. 58
Federal Reserve 43, 58
Federici S. 90
Ferguson N. 15
Ferguson T. 151
Ferrajoli L. 78, 83, 94
Ferraris P. 100, 156, 171, 172, 174
FIAT 128
FIOM CGIL 112
Flores dArcais P. 144, 162, 166
Foa V. 101
Fondo Monetario Internazionale 62
Forbes 18
Forum per lacqua pubblica 88
Franceschini E. 19
Fromm E. 128, 143
Fumagalli A. 123
Galbraith J. 18
Galimberti F. Dalla Valle I. 50
Galimberti U. 124
Gallino L. 16, 19, 51, 123
Gambaro F. 47
Gandhi M.K. 100, 167, 180, 194
Gate B. 19
Gatti C. 149
Gauntney H. 168
Gdf/Suez 150
Georgescu-Roegen N. 44, 87, 180, 183
Geromini Stoll M. 40
Gesualdi F. 36, 167, 180
Ginsborg P. 155
Giuffreda G. 82
Glotz P. 133
Goldman Sachs 148, 150
Goria F. 43, 58
Gorz Andr 48, 64, 97, 114, 117, 123, 125, 133, 185, 192
Graeber D. 17, 197
Greco P. 186
Grilli V. 148
Gudeman S. 75
Halimi S. 68
Hansen J. 30
Hardin G. 93
Hardt M. 74, 164, 168
Harvey D. 37, 76, 93
Hawken P. 33, 135, 189
Heinberg R. 193
Heinrich Bll Foundation 73
Helfrich S. 73, 75, 86
Hickel J. 18
Holloway J. 84, 105, 119, 144, 156, 168
Houtart F. 54, 78
Huxley A. 24, 26
Iglesias P. 157
Illich I. 11, 12, 25, 36, 39, 69, 82, 115, 125, 134, 194, 195, 197
Indignados 91, 153
Ingrao P. 18
IPCC, 30
Izquierda Unida 157
Lafarge 150
Langer A. 180
Latouche S. 14, 35, 42, 114, 124, 180, 185, 188, 200, 205
Leghissa G. 123
Lenin V. 201
Leopold A. 95
Levi C. 172
Levi P. 127
Levine B.E. 22
Libera Terra 88
Linebaugh P. 75, 76, 82
Lista per unAltra Europa 158
Locke J. 41, 182
Lombardi Vallauri L. 67, 184
Longo M. 59
Lovins A. Hunter Lovins L. 135
Lucarelli A. 32, 78
Luxemburg R. 14
Machiavelli N. 17, 164, 201
Maddalena P. 78
Madera R. 100
Madotto R. 136
Maflow occupata 89
Magnaghi A. 173, 202
Mancini R. 107, 108, 129, 197, 201
Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali 23
Marchetti L. 99
Marcon G. 162
Marella M.R. 113
Martins A. 167
Marx K. 32, 96, 97, 111, 119, 126, 142, 191
Mason P. 33
Mattei U. 32, 74, 78, 79, 81, 165
Mauss M. 99
McAfee A. 49
McCann C. 21
McKibben B. 120
Melandri L. 142
Melloni N. 49
Merchant C. 194
Merrill Lynch 150
Micati E. 93
Morales E. 96
Morin E. 11, 12, 56, 57, 187
Morosini M. 109
Morris W. 106
Nancy J.L. 74
Napoleoni L. 45, 149,
Nebbia G. 137
Negri T. 74
New Economy Foundation 53, 134
Nicolazzi M. 70
Niola M. 99
Nivarra L. 94
No Tav Val di Susa 89
Novaretti B. 20
Paccino D. 27
Pacilli A. Pizzo A. Sullo P. 27
Padoan P.C. 48
Pallante M. 37
Paolo di Tarso 119
Partito Democratico 82
Passeri D. 85
Patel R. 76
Pennacchi L. 83
Petrella R. 20
Petty W. 120
Pezzella M. 125,148, 173
Phillips L. 147
Pietil H. 109
Pikettey T. 46, 52
Pinault F. 25
Pinco 58
Polanyi K. 41, 96
Politecnico Zurigo 50
Preterossi G. 15
Proudhon P-J 194
Rajan R.G. 55
Rancire J. 165
Randers J. 198
Rasini V. 29
Reich R. 18
Reich R.B. 148
Rete comuni solidali 90
Rete Comuni virtuosi 90
Rete per la sostenibilit e la salute 90
Rete@Sinistra 112
Revelli M. 154, 158, 162
Reviglio E. 79
Ricci M. 46
Rifkin J. 197
Rist G. 14, 57, 67, 196
Robert J. 177
Rodot S. 77, 79, 86, 95
Romney M. 150
Roosvelt F.D. 27
Rosanvallon P. 159
Rossi E. 155
Rossi G. 148
Rossi G. 36
Rovoletto R. 191
Roy A. 149
Ruffolo G. 29, 192
Ruskin J.194
Ruzzene M. 53
Tainer J. 57
Tavares P. 96
Tavolo nazionale Res-Des-Gas 89
Tett G. 59
The Commons Strategies Groups 73, 84, 86
Tolstoj L. 27, 99, 104, 127, 194
Tonello F. 25
Totaro F. 127, 129
Trenkle N. Lohoff E. 50
Tricarico A. 136
Tronti M. 162
Trotta M. 154
Tsipras A. 157
Turri M.G. 109
Unimondo 76
Urbinati N. 159
Vallerani R. 21
Varotto M. 93
Vassapollo L. 50
Verducci D. 118
Viale G. 34, 138
Villani T. 193
Vitolo A.G. Russo N. 29
Viveret P. 21