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LAvvocato Luigi Pace per la parte civile ENEA PIETRO si associa alle conclusioni
del Procuratore Generale dichiarando che ai ricorso sia dichiarato
inammissibile in subordine rispettato
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corroborate da quelle dei collaboratori di giustizia Mutolo Gaspare, Onorato
Francesco e Naimo Rosario, che avevano reso in tempi diversi propalazioni de
relato sulla causale del delitto e sui suoi autori (provenienti tutte da soggetti
intranei all'associazione mafiosa e occupanti nella stessa un ruolo di primo
piano), nonch dai riscontri tratti dalle dichiarazioni di altri familiari della
vittima e dagli accertamenti di p.g.. Enea Pietro, che all'epoca collaborava col
padre nella sua attivit di imprenditore edile, aveva riferito ai carabinieri
nell'immediatezza del fatto che la mattina del delitto, dopo essere uscito a
pesca verso le 6.00, nel passare davanti al bungalow dove doveva incontrare il
padre, aveva notato ferma a circa 200 metri dall'ingresso una vettura Fiat 124
di colore bianco, che non aveva pi rivisto quando era ripassato sui luoghi
dopo circa dieci minuti, allorch aveva trovato il cadavere del padre appena
ucciso;
Enea Pietro aveva reso nuove dichiarazioni il 9.05.2000, nelle quali precisava
di aver riconosciuto senza ombra di dubbio, tra le persone presenti a bordo
della Fiat 124 (indicata come di colore beige) che aveva visto nei pressi del
villaggio bungalow verso le 7.30 del mattino del giorno in cui il padre era stato
ucciso, Bruno Francesco, all'epoca latitante, il quale lo aveva salutato; indicava
il movente dell'omicidio nelle attivit imprenditoriali del padre, che aveva
rifiutato la proposta dell'imputato di diventare suo socio occulto per
consentirgli di investire denaro nell'edilizia, nonch nel contrasto insorto con la
societ BBP, costituita da Bruno Giuseppe, Bruno Pietro (entrambi parenti
dell'imputato) e Pomerio Giuseppe, proprietaria di un fabbricato denominato
Costa Corsara edificato su un terreno limitrofo a quello sul quale Enea Vincenzo
aveva costruito una palazzina, di cui non riusciva a vendere gli appartamenti
perch il fabbricato della BBP aveva ecceduto la cubatura consentita,
appropriandosi di un terreno che doveva costituire oggetto di permuta con
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l'Enea e impedendo cos il perfezionamento del negozio, fino a provocare il
fallimento dell'impresa della vittima;
nel corso della conseguente lite giudiziaria con la BPP, Enea Vincenzo aveva
subito atti intimidatori, come incendi e danneggiamenti, che lo avevano indotto
ad avvicinarsi, per tentare una mediazione, all'imprenditore edile D'Agostino
Benedetto, a sua volta ucciso. Enea Pietro riferiva altres di essere stato
minacciato di morte a seguito della ricerca di informazioni sull'omicidio del
padre, in particolare mediante una telefonata anonima ricevuta dalla madre,
che lo avevano indotto ad allontanarsi da Isola delle Femmine per timore di
ritorsioni;
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necessitavano di riscontri, una volta positivamente superato il vaglio di
credibilit e di intrinseca attendibilit;
che non era emerso alcun motivo per cui l'Enea dovesse calunniare l'imputato,
a distanza di 18 anni dal delitto e dopo aver lasciato definitivamente i luoghi,
quando il clima intimidatorio era ormai superato;
che il particolare sulla presenza in loco della Fiat 124 era stato riferito agli
inquirenti fin dall'inizio;
che il timore nutrito nei riguardi del Bruno era giustificato dalla sua caratura
criminale di appartenente al clan mafioso del Riccobono, all'epoca ricercato per
un altro omicidio da lui commesso;
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delitto, presso i bungalow dove era stato commesso l'omicidio, in un giovane
che due settimane prima si era intrattenuto a parlare con l'amico Cardinale
Antonino nel bar "La plaia" di Isola delle Femmine, individuato dalla p.g. in
Fanara Giuseppe, del quale l'Enea aveva successivamente ritrattato
l'identificazione;
rileva l'inconsistenza del movente del delitto indicato dal Mutolo a molti anni di
distanza sulla base di pretese informazioni de relato;
Il ricorso riporta le censure dedotte nei motivi d'appello alle quali la sentenza
impugnata non aveva dato risposta;
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censura la motivazione della sentenza di condanna basata su congetture e
moventi inesistenti, privi di riscontro negli atti processuali, nonch il giudizio
di affidabilit attribuito alle dichiarazioni di Enea Pietro, autore di propalazioni
deliranti;
3. I difensori delle parti civili costituite hanno depositato memorie con cui
hanno chiesto che il ricorso di Bruno Francesco sia rigettato o dichiarato
inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
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giudice d'appello alla motivazione per relationem, facente riferimento a quella
del provvedimento di primo grado, deve ritenersi in via di principio consentito,
e non produce alcuna nullit, allorch le argomentazioni del provvedimento
richiamato risultino congrue rispetto alle esigenze giustificative di quello che le
recepisce, e dalla lettura di quest'ultimo emerga che il giudice d'appello ha
preso cognizione delle ragioni sostanziali del provvedimento di riferimento e le
abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione (Sez. 6 n. 53420 del
4/11/2014, Rv. 261839; Sez. 6 n. 48428 dell'8/10/2014, Rv. 261248).
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convergente, composto anche dai contenuti delle propalazioni di tre
collaboratori di giustizia e dalle dichiarazioni degli altri familiari della vittima,
ulteriormente convalidato da elementi di riscontro tratti dagli accertamenti
investigativi compiuti dai carabinieri all'epoca del delitto, quadro la cui univoca
concludenza probatoria era gi stata argomentata e valorizzata dal GIP nella
sentenza di primo grado. La Corte distrettuale ha verificato, con
argomentazioni congrue che si saldano a quelle del GIP, l'affidabilit
complessiva delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Mutolo, Onorato e
Naimo, gi validata in altri processi, provenienti da soggetti organicamente
inseriti nell'organizzazione mafiosa di "cosa nostra", con specifico riguardo
all'autonomia reciproca delle rispettive propalazioni de relato (frutto di
informazioni e confidenze ricevute in tempi e contesti diversi, da fonti primarie
- quantomeno parzialmente - differenti) e alla sussistenza del requisito della
convergenza del molteplice sul nucleo essenziale del narrato concernente il
coinvolgimento dell'imputato nella decisione e nell'esecuzione dell'omicidio, le
causali del delitto e l'indicazione dei relativi mandanti negli esponenti della
famiglia mafiosa locale, capeggiata da Riccobono Rosario, alla quale
apparteneva (anche) il Bruno, coi cui illeciti interessi economici la vittima era
entrata in conflitto nell'esercizio della sua attivit imprenditoriale.
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seguito delle minacce di morte che aveva ricevuto qualora non avesse smesso
di cercare informazioni sulle ragioni dell'uccisione del genitore;
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idonee a riscontrare, insieme agli altri elementi apportati dalle dichiarazioni dei
prossimi congiunti della vittima e dalle emergenze investigative, le chiamate in
reit effettuate a carico dell'imputato dal Mutolo, dall'Onorato e dal Nainno. Il
nucleo fondante e decisivo della prova della responsabilit dell'imputato
nell'omicidio di Enea Vincenzo stato individuato e argomentato da entrambe
le sentenze di merito, sia pure con una diversa accentuazione dell'importanza
dell'una rispetto all'altra fonte dimostrativa, nella convergenza fondamentale
delle propalazioni de relato dei collaboratori di giustizia, da un lato, e delle
dichiarazioni testimoniali - frutto di scienza diretta - del figlio della vittima,
dall'altro, e nella capacit dei rispettivi narrati di riscontrarsi reciprocamente
sui dati essenziali della partecipazione del Bruno al delitto e sulla causale
mafiosa (di tipo locale) dell'omicidio, idonea a spiegare il concorso
dell'imputato alla relativa commissione in qualit di appartenente alla famiglia
mafiosa (allora capeggiata dal Riccobono) i cui interessi illeciti erano entrati in
conflitto con le attivit della vittima nel settore dell'edilizia. In relazione a tali
elementi essenziali della ricostruzione probatoria del fatto e della responsabilit
dell'imputato la sentenza impugnata ha esplicitato in modo congruo le ragioni
del proprio convincimento e si confrontata con le doglianze dell'appellante,
costituenti sostanziale riproposizione degli argomenti difensivi gi disattesi
dalla decisione di primo grado, ritenendole infondate sulla scorta di un
percorso motivazionale immune da vizi logico-giuridici, che si salda a quello del
GIP;
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toglie perci rilevanza alla doglianza - sulla quale la difesa ha particolarmente
insistito nel ricorso - diretta a censurare l'insufficienza o l'incongruenza della
risposta fornita dalla Corte territoriale alle critiche rivolte nell'atto di appello
all'individuazione, da parte di Enea Pietro, di una delle ragioni di attrito tra il
padre e il Bruno, precedenti l'omicidio, nello sconfinamento immobiliare del
complesso turistico di propriet di una societ - la B.B.P. - partecipata (anche)
da parenti dell'imputato in danno del lotto limitrofo edificato da Enea Vincenzo,
che aveva pregiudicato le successive operazioni di frazionamento catastale, di
permuta e di vendita degli appartamenti delle palazzine costruite dalla vittima,
determinando l'insorgenza di una lite e il fallimento della sua impresa;
http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach
&db=snpen&id=./20170616/snpen@s10@a2017@n30323@tS.clean.pdf
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BADALAMENTI GAETANO (zu' Tanu)(**): capo famiglia di Cinisi dal
1962 quando succede, pacificamente, a Cesare Manzella rappresentante
in seno alla commissione. Rappresentante della famiglia di Cinisi nel
1975, viene espulso da Cosa Nostra nel 1978 per motivi oscuri. E' attivo
nel traffico degli stupefacenti anche dopo questa data, il 22.5.84, infatti,
viene colpito da mandato di cattura. Viene arrestato a Madrid l'8.4.1984.
BADALAMENTI SILVIO: nipote di Gaetano, assassinato il 2.6.1983.
BADALAMENTI VITO(**): di Gaetano. Arrestato con il padre a Madrid
l'8.4.84. Imputato per traffico di stupefacenti, mandato di cattura
22.5.84.
ALFANO PIETRO(**): Cugino di Gaetano Badalamenti. Arrestato con
Gaetano Badalamenti a Madrid l'8.4.84. Imputato per traffico di
stupefacenti, mandato di cattura 22.5.84.
D'AGOSTINO EMANUELE: elemento di spicco della famiglia di S.Maria
del Gesu'. Fedelissimo di Bontate, scompare dopo la morte di
quest'ultimo. Coinvolto nel traffico di stupefacenti.
D'AGOSTINO ROSARIO: catturato mentre si nascondeva con Giuseppe
Grado nella villa di questi a Besano. Era il guardaspalle di quest'ultimo.
Traffico di stupefacenti.
D'AGOSTINO ROSARIO: di Ignazio e di Bonanno Caterina, Palermo
?/6/1946. Detenuto (~).
GALLINA STEFANO: membro della famiglia di Cinisi, ucciso il
1.10.1981.
15 gennaio 1982 anno nuovo, morto nuovo: la volta di GIACOMO
IMPASTATO, detto JACK, per la sua permanenza in Lousiana, sposato con
una figlia di VITO BADALAMENTI, fratello di GAETANO. Lavorava alla
OMAR LAMPADARI di ISOLA DELLE FEMMINE. Alluscita della fabbrica
viene imbottigliato tra un LANCIA BETA e un CAMION e liquidato con un
colpo di 38 alla faccia. Era alla guida di una GOLF intestata alla BE.MA,
un grande negozio di piastrelle sito a Palermo, in via Leonardo da Vinci,
dove lavorava il figlio maggiore di GAETANO BADALAMENTI. Anche JACK
era un parente di PEPPINO IMPASTATO: suo padre detto REGGINEDDA, a
suo tempo era stato gabellotto dellonorevole democristiano PECORARO, nel
suo feudo di CANTESSA ERMELLINA.
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A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA ISOLA DELLE FEMMINE
http://isolapulita.blogspot.com/2017/06/2017-20-giugno-penale-sent-sez-1-
num.html
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