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Dopo aver dimostrato la dilatazione dei tempi e la contrazione delle lunghezze, il fisico Lorentz prepar una
serie di equazioni che indicano la relazione tra x,y,z,t in due sistemi di riferimento in moto tra loro.
Queste trasformazioni spiegano perfettamente i comportamenti relativistici quando le velocit in gioco
sono prossime a quelle della luce.
{ =
= ( ) = = = 2 = ( )
2 1
1 2
Nel caso in cui le velocit fossero molto piccole rispetto a c, le trasformazioni si riducono a quelle di Galileo
nelle quali gli effetti relativistici sono tralasciati:
{ = = = =
SE SI ALLONTANANO SE SI AVVICINANO
1 1+
= =
1+ 1
f= frequenza percepita
f= frequenza emessa
=
In astrofisica si usa spesso la grandezza = 1 che positiva se sorgente e ricevitore si allontanano,
mentre negativa nel caso contrario; in particolare z >0 viene chiamato red shift e z <0 blue shift perch se
due stelle si allontanano la frequenza luminosa emessa tende verso il rosso, se si avvicinano verso il blu.
LINTERVALLO INVARIANTE
Nella teoria della relativit ogni evento indicato da una quaterna ordinata (x,y,z,t) che ne rappresenta le
coordinate spazio-temporali.
Si chiama INTERVALLO INVARIANTE la grandezza che dipende solo dagli eventi e non dal particolare
sistema di riferimento.
() = () () () ()2
2 2 2 2
Nella relativit ()2 pu essere positivo, negativo o nullo:
E2
1. Se ()2 > 0 lintervallo si dice di tipo TEMPO e due eventi E1 e E2 DOPO
ORA
sono casualmente connessi perch esiste il tempo necessario a
passare un segnale da E1 a E2 PRIMA E1
2. Se ()2 = 0 lintervallo si dice di tipo LUCE e solo un evento che DOPO Se il fotone nel punto ora
ORA pu vedere sia cosa succede
accade alla velocit della luce influenza quello successivo prima, sia cosa succede dopo
PRIMA
E1
3. Se ()2 < 0 lintervallo si dice di tipo SPAZIO e due eventi E1 e DOPO Non si pu
E2 sono sempre casualmente NON connessi perch nessun tornare
ORA indietro
evento pu influenzarne uno successivo PRIMA
E2
Essa esprime come varia la velocit di di un punto rispetto ad un sistema di riferimento S che si muove
con velocit rispetto allosservatore fermo in S.
Se e sono molto piccole rispetto a la legge relativistica si riduce alla formula classica: =
DINAMICA RELATIVISTICA
In accordo con la teoria relativistica anche la massa e il momento (quantit di moto) di un corpo cambiano
rispetto alla formulazione classica.
0 0
In particolare la massa diventa: = 0 = e la quantit di moto diventa: = 0 =
2 2
12 12
Utilizzando queste due trasformazioni si conserva anche lenergia meccanica (somma di energia cinetica e
1
energia a riposo) = 0 2 + 2 0 2
Se si rappresenta questa formula su un piano cartesiano E-v si pu notare che c un asintoto verticale per
= il che significa che nessun corpo dotato di massa pu raggiungere la velocit della luce.
QUADRIVETTORE E-P
Nello spazio-tempo di Minkowsky si rappresenta lenergia utilizzando un quadrivettore (vettore con quattro
componenti) come ( ; ; ; ).
Esso non risente del cambio di sistemi di riferimento e si dice perci INVARIANTE.
Come nella meccanica classica durante un qualsiasi evento in un sistema isolato il quadrivettore E-p si
conserva.
I BUCHI NERI
Un buco nero un oggetto la cui forza di gravit talmente intensa che neppure la luce pu sfuggirgli.
La velocit di fuga di un qualsiasi oggetto da un buco nero quindi maggiore della velocit della luce:
2
>
Questo vuole dire che nulla che gli passi abbastanza vicino pu sfuggirgli; lunica maniera in cui della
materia pu uscire da un buco nero il getto di materia che accade solo se durante la caduta nel buco nero
le particelle leggere vengono accelerate cos tanto da riuscire ad uscire seguendo le linee del campo
magnetico.
Un buco nero quindi invisibile; lunico modo per identificarlo studiarne gli effetti gravitazionali che crea
nei corpi vicini, cio eventuali getti di materia o dischi di accrescimento (accumuli di materiale stellare che
si ammassano intorno al buco nero).
LE ONDE GRAVITAZIONALI
Se nello spazio-tempo la geometria delle masse cambia abbastanza velocemente, anche lo spazio-tempo
cambia: questa perturbazione dello spazio-tempo prende il nome di onda gravitazionale.
Lintensit delle onde gravitazionali generalmente bassissima eccetto nel caso degli eventi di grande
potenza quali ad esempio lesplosione di una supernova.
Il problema della rilevazione delle onde gravitazionali sta nel fatto che il segnale da raccogliere talmente
debole da risentire sia delle perturbazioni esterne (anche il semplice calpestio degli scienziati) che della
agitazione termica del materiale di cui fatta lantenna. Per questo motivo i rilevatori interferometrici di
onde gravitazionali devono essere isolati con grandi ammortizzatori e mantenuti a temperature
bassissime.
Un interferometro di questo tipo costruito con due bracci perpendicolari in genere di lunghezze diverse
allinterno dei quali viene inviata una luce laser il cui cammino viene perturbato dalleventuale passaggio di
unonda gravitazionale. Studiando la figura di interferenza cos ottenuta si pu evidenziare il passaggio di
uneventuale onda gravitazionale.
Per ovviare alle interferenze dovute al mondo esterno, gli scienziati hanno pensato di costruire un
interferometro adatto a misurazioni spaziali che si chiamer Lisa.
REDSHIFT GRAVITAZIONALE
Come per la luce nella banda del visibile, anche i segnali che riguardano i navigatori satellitari risentono
degli effetti relativistici. I satelliti di trasmissione e i navigatori satellitari risentono di due effetti:
1) La dilatazione dei tempi prevista dalla relativit ristretta che sfalsa il risultato di pochi microsecondi
2) La diversa frequenza di funzionamento degli orologi a terra prevista dalla relativit generale e causata da
un diverso campo gravitazionale che causa un ritardo di circa 40 microsecondi.
Questa differenza, se non corretta dagli strumenti, causerebbe un errore di posizione di circa 10 km.
I QUANTI DI PLANCK
Lo spettro di emissione del corpo nero segue la legge di spostamento di Wien che indica che il massimo
dellemissione dipende unicamente dalla temperatura del corpo.
Il fisico Planck nel 1900 formul un modello che adattava le equazioni di Maxwell ai dati sperimentali:
questa teoria si basava sul presupposto che lenergia assorbita e ceduta dal corpo nero fosse suddivisa in
pacchetti chiamati QUANTI (pi avanti li chiameranno fotoni).
Lenergia viene espressa secondo la formula = ( = 6,6 1034 = costante di Planck) e
dimostra benissimo come lenergia sia quantizzata, cio assuma solo un determinato numero di valori.
Ma le onde elettromagnetiche, in base alla loro natura ondulatoria, dovrebbero assumere tutti i valori dello
spettro: questo problema fu risolto studiando leffetto fotoelettrico che dimostra la natura duplice della
luce.
EFFETTO FOTOELETTRICO
Lesperimento che spiega leffetto fotoelettrico frutt il nobel ad Einstein nel 1921 e dimostr
definitivamente la quantizzazione della luce.
Una lastra di metallo posta in un tubo vuoto funge da catodo, e se investita da radiazione, emette elettroni
che, attirati dallanodo, si muovono e generano corrente.
Le difficolt dellelettromagnetismo classico nello spiegare questo fenomeno stanno nel fatto che
lemissione di elettroni avviene solo per determinate frequenze e non dipende n dal campo elettrico n
1
dal tempo di esposizione come prevedeva Maxwell ( = 2 0 2 ). Einstein risolse il dilemma
supponendo che la radiazione elettromagnetica fosse formata da singoli pacchetti di energia chiamati
FOTONI che sono individuali ma si muovono esattamente come se fossero unonda.
EFFETTO COMPTON
Lipotesi dei quanti non convinse fino in fondo i fisici: fu solo con lesperimento di Compton che levidenza
sperimentale non pot pi essere negata.
In questo esperimento un fascio di raggi X veniva fatto incidere su una lamina di graffite e veniva analizzato
lo spettro di ritorno.
La fisica classica non riusciva a spiegare come fosse possibile che, nello spettro in uscita, fossero presenti
picchi a lunghezze donda differenti perch le equazioni di Maxwell prevedevano che la lunghezza donda
rimanesse costante.
Lunica spiegazione possibile era quella che riguardava gli urti elastici tra particelle: le onde
elettromagnetiche devono quindi comportarsi esattamente come onde in alcune situazioni e come
particelle in altre situazioni.
La differenza tra le lunghezze donda dei due picchi in uscita dipende unicamente dallenergia e dallangolo
con cui vengono diffusi i fotoni in uscita.
ESPERIMENTO DI RUTHERFORD
Rutherford colp con un fascio di particelle (nuclei di elio) una lamina doro: se il modello a panettone
fosse risultato corretto queste particelle avrebbero dovuto subire poca repulsione coulombiana perch la
carica elettrica positiva doveva essere distribuita in tutto il volume e quindi poco concentrata.
I nuclei invece venivano addirittura deviati fino a 180: questo significava che la carica positiva doveva
essere tutta concentrata in un piccolo spazio, mentre gli elettroni dovevano essere al di fuori di questa
sfera.
Questo modello ottenuto da Rutherford fu chiamato modello planetario: gli elettroni ruotano su orbite
circolari intorno ad un nucleo molto pi pesante di carica positiva.
ESPERIMENTO DI MILLIKAN
Robert Millikan, fisico statunitense, dimostr con un esperimento che la carica di ogni sostanza
quantizzata ed multipla di una quantit fissa che rappresenta la carica dellelettrone.
Egli spar in un nebulizzatore delle goccioline di olio che si elettrizzavano per strofinio: nel contenitore era
presente un condensatore che generava un campo elettrico: sulle goccioline agivano tre forze che erano in
equilibrio (forza peso, forza elettrica e forza di attrito viscoso). Eguagliandole si ricava il valore della carica
che dipende solo dalla velocit della particella: variando la velocit si ottiene sempre un valore multiplo
della stessa quantit che fu chiamata CARICA ELEMENTARE DELLELETTRONE ( = 1,6 1019 ).