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Analisi del Chievo

E’ una squadra caratterizzata da un’ottima organizzazione, sorretta al


momento da una buona condizione atletica, e che riesce a coniugare efficacia
e bel gioco.
Molti i pregi, pochi i difetti, dunque difficile da battere.
Gli elementi peculiari del gioco del Chievo che mettono in crisi le squadre
avversarie, primo fra tutti la spiccata propensione offensiva, rappresentano
anche gli ipotetici punti deboli della compagine veronese.
Per trovare le giuste contromisure difensive e offensive è necessaria una
particolareggiata analisi che metta in evidenza quale sia l’atteggiamento
collettivo del Chievo, senza trascurare le caratteristiche dei singoli. Del resto,
come spesso accade, tali fattori non sono indipendenti uno dall’altro.
Lo schema base del Chievo è il 4-4-2, ma tale osservazione non è esauriente,
dal momento che vi sono molteplici varianti che contraddistinguono questo
sistema di gioco.
Nel seguito considererò la formazione tipo che del resto è molto ben delineata,
non dimenticando però l’importante apporto fornito da tutti gli altri giocatori
della rosa, ogni volta che sono stati chiamati in causa, in particolare il portiere
Ambrosio, Lorenzi, Foglio e Legrottaglie per la difesa, Barone, Binotto, Firmani
e Franceschini per il centrocampo, Cossato, Mayele e Beghetto per l’attacco.
Il portiere Lupatelli si sta comportando egregiamente, tanto da destare
l’interesse di società prestigiose.
La difesa è composta da quattro elementi disposti in linea. Le individualità
(Moro, D’Angelo, D’Anna e Lanna) sono tutte valide, anche se con ogni
probabilità, singolarmente prese, non raggiungono i livelli di eccellenza
rappresentati ad esempio da giocatori quali Nesta o Cannavaro.
La coesione fra i giocatori, che conoscono a fondo i movimenti difensivi,
sopperisce a tale deficit. Gli automatismi sono perfetti, il reparto risulta molto
compatto e collaudato.
Il difensore centrale D’Angelo guida la difesa, la cui caratteristica più evidente
è la capacità di salire rapidamente, accorciando gli spazi verso i
centrocampisti e togliendo campo agli avversari. Spesso si vede la difesa in
prossimità della linea di metacampo. Ciò consente alla squadra di restare
corta, di creare situazioni di superiorità numerica e di essere pronta a
recuperare i rinvii della squadra avversaria o eventuali rimpalli.
Il Chievo utilizza in maniera sistematica la tattica del fuorigioco: la buona
coordinazione fra i giocatori la rende molto efficace, quasi frustrante dal punto
di vista degli attaccanti avversari che non trovano spazi giocabili. D’altro
canto, come sottolineerò in seguito, la squadra avversaria può tentare di
sfruttare tale caratteristica a proprio vantaggio.
Vorrei evidenziare il fatto che, rispetto ad altre squadre che difendono a
quattro, i difensori esterni Moro e Lanna partecipano poco alla manovra
offensiva; ovviamente salgono insieme ai compagni di reparto e in fase di non
possesso sono prontissimi ad uscire dalla linea per aggredire anche i
centrocampisti avversari, ma in fase di costruzione risultano in effetti piuttosto
bloccati. Dipende dallo schieramento delle squadre avversarie, ma in linea
generale si può affermare che le sovrapposizioni in fascia sono piuttosto rare:
durante Inter-Chievo ad esempio, nella seconda frazione di gioco ricordo un
solo sganciamento, verso la fine dell’incontro, ad opera di Lanna, il quale ha
effettuato una sovrapposizione esterna e ricevuto palla in profondità.
In sostanza la difesa è un reparto solido, perfettamente integrato col resto
della squadra; interpreta in maniera molto dinamica la fase difensiva e quasi
esclusivamente a quella si dedica, lasciando a centrocampisti e attaccanti il
compito di offendere.
In fase di non possesso palla, se l’azione parte dalla difesa avversaria o se si
sviluppa in modo da consentire il recupero di tutti i giocatori, i due
centrocampisti centrali si posizionano appaiati ed escono a turno sul portatore
di palla avversario (non un centrocampo a rombo dunque), mentre gli esterni
stringono verso il lato forte (quello ove si trova la palla) e talvolta ripiegano
anche sulla linea dei difensori.
Ritengo però che la forza del centrocampo risieda principalmente nella
pericolosità offensiva: Corini, in fase di possesso, si accentra e svolge il
compito di regista arretrato; la sua posizione davanti alla difesa ricorda quella
del classico centromediano metodista.
Gli esterni, Eriberto e Manfredini, sono delle vere e proprie ali d’attacco e
fanno dell’esuberanza fisica la loro arma più temibile. Appena la squadra entra
in possesso di palla, i due laterali di centrocampo si portano in avanti
affiancando le punte, tant’è che spesso si vedono in una zona di campo molto
avanzata quattro giocatori che compiono tagli, incroci e altri movimenti, invero
molto ordinati e mai improvvisati. I riferimenti offensivi non mancano e la
precisione dei due mediani fa sì che la manovra si sviluppi fluida.
Manfredini ed Eriberto sono dotati di buona tecnica e di una facilità di corsa
non comune che consente loro di ripiegare rapidamente in caso di transizione
negativa (ovvero quando si perde palla); certo, il dispendio di energie è
notevole e i giocatori potrebbero risentirne nel prosieguo della stagione.
L’altro centrale di centrocampo, Perrotta, è particolarmente abile negli
inserimenti centrali, tesi a sfruttare gli spazi creati dai due attaccanti, ed in
questa maniera ha già segnato parecchi gol. Le difese faticano a contenere le
due punte e gli esterni e spesso vengono sorprese dalle sue incursioni.
Perrotta è anche molto bravo a fare da tramite fra Corini e gli attaccanti;
emblematico ad esempio il servizio fornito in profondità alla seconda punta
Marazzina in occasione del secondo gol segnato a San Siro contro l’Inter.
Infine il reparto d’attacco, composto da Corradi e Marazzina, il primo
insuperabile nel gioco aereo di sponda ed il secondo molto rapido e con buon
fiuto del gol. L’intesa fra loro è molto buona e l’incessante movimento senza
palla crea gli spazi per gli inserimenti dei centrocampisti; in tal senso sovente
si vede una delle due punte allargarsi verso una fascia laterale.
Ho avuto modo di osservare partite in cui le difese avversarie hanno tentato di
contrastare la torre Corradi, mettendo un uomo a saltare insieme a lui, ma
senza successo; in tal caso, o comunque se non si dispone di un difensore
altrettanto abile nel gioco aereo, ritengo che sarebbe opportuno modificare la
tattica difensiva, fingendo una pressione su di lui, per poi all’ultimo momento
lasciarlo solo ed andare piuttosto ad occupare una posizione che sia sulla linea
di passaggio più probabile. Privilegiare dunque l’intercettamento del suo
passaggio di sponda al contrasto diretto o all’anticipo, senza però che tale
intenzione sia chiara, onde evitare che Corradi si accorga della possibilità di
controllare la palla con relativa tranquillità; da qui la necessità della finta di
pressing.
Dall’analisi effettuata si deduce che diverse sono le armi a disposizione del
Chievo. Gli avversari devono limitarne l’efficacia e sfruttare i punti deboli della
squadra veneta.
Una possibilità consiste nell’attuare un pressing offensivo molto alto, teso a
soffocare la manovra del Chievo sul nascere; fondamentale sarà riuscire a
limitare l’azione di Corini, anima e mente del centrocampo veronese.
Imporre il proprio gioco, costringendo gli esterni di centrocampo del Chievo ad
una continua azione difensiva. Intento questo non semplice da mettere in
pratica anche perché, se escludiamo l’ultima partita con la Roma, le due ali
veronesi hanno sempre avuto un atteggiamento propositivo ogni volta che la
loro squadra entrava in possesso di palla.
Altrettanto importante sarà mantenere le giuste distanze fra i reparti onde
evitare di concedere ampi spazi al contropiede che risulterebbe letale se
condotto da giocatori come Manfredini, Eriberto e Marazzina. Il margine di
rischio comunque è piuttosto alto, dal momento che la rapidità del Chievo nel
ribaltare l’azione, qualora il pressing non risultasse efficace, potrebbe
generare situazioni di parità o addirittura inferiorità numerica in difesa.
Se fossi l’allenatore della squadra avversaria del Chievo e sapessi di avere i
giocatori in ottime condizioni dal punto di vista atletico, opterei comunque per
questa possibilità, anche perché affine al genere di calcio che prediligo.
Cercherei di sfruttare i limiti individuali degli avversari, allargando la loro
difesa con movimenti senza palla, per poi tentare di sfondare centralmente
con scambi molto rapidi fra gli attaccanti.
Sempre facendo riferimento alla partita di pochi giorni fa contro l’Inter, si può
notare che la squadra nerazzurra ha avuto l’opportunità di calciare numerosi
calci di punizione da posizione favorevole, in zona centrale, pochi metri fuori
dall’area di rigore; ciò è sintomatico del fatto che in quella zona del campo, fra
le linee di difesa e di centrocampo, si possono venire a creare situazioni di uno
contro uno che sfociano poi in pericolosi calci da fermo, e questo anche perché
Corini e Perrotta, nonostante la lodevole applicazione, danno il meglio di sé in
fase di possesso palla piuttosto che nel ruolo di interditori. Dal momento che il
Chievo è una squadra molto organizzata bisogna essere psicologicamente
preparati a realizzare le palle gol a disposizione, che presumibilmente non
saranno molte; in questo senso importante è la pericolosità sulle palle inattive.
L’alternativa alla tattica di imporre il proprio gioco è basata sul tentativo di
ottenere situazioni di superiorità numerica, in particolare nel settore centrale
di centrocampo. Capita che le due ali del Chievo partano
contemporaneamente in profondità anche se il proprio compagno in possesso
di palla, più frequentemente Corini, non si trovi libero di gestire il pallone; alla
luce di quanto appena detto, disporre tre centrocampisti nella zona centrale
agevolerebbe il pressing sui due centrali Corini e Perrotta e creerebbe
situazioni di superiorità numerica estremamente vantaggiose.
Se scegliessi un atteggiamento più attendista, mi premurerei di coprire
adeguatamente le fasce, magari con una difesa a tre e due esterni piuttosto
bassi, schiacciati verso la difesa. Lo scopo sarebbe quello di occupare gli spazi,
recuperare palla e rilanciare immediatamente l’azione, sfruttando il fatto che
Manfredini, Eriberto e talvolta anche Perrotta, per la posizione avanzata che
occupano, rischierebbero di non poter partecipare alla fase difensiva.
Come si vede, la forza del Chievo in fase offensiva, ovvero il grande
dinamismo delle punte e delle ali, può diventare il limite in fase difensiva, in
quanto capita che Corini e Perrotta, in caso di transizione negativa, si trovino a
dover coprire una regione di campo piuttosto ampia. Il Chievo, il più delle volte
sopperisce con l’abilità della difesa nel mantenere corta la squadra e con la
straordinaria resistenza atletica delle ali, ma può indiscutibilmente andare
incontro a delle difficoltà.
Essenziale, per le squadre che affrontano il Chievo, è la capacità di eludere la
tattica del fuorigioco. Non sono molte le squadre che attuano tale schema
difensivo, non solo nelle situazioni meno a rischio (ad esempio su rinvio in
avanti della propria difesa o se l’avversario è pressato o voltato verso la sua
porta), ma anche nel caso in cui il portatore di palla avversario sia
relativamente libero. E’ un metodo di gioco che inibisce in partenza le
iniziative della squadra rivale, ma intrinsecamente connesso vi è un margine
di errore di cui bisogna sapere approfittare.
Gli attacchi devono dunque utilizzare tecniche e schemi adatti a mettere in
crisi tale sistema, come combinazioni rapide centrali, tagli e soprattutto
verticalizzazioni in direzione degli inserimenti dei centrocampisti.
Una notazione infine. Mi sembra che le squadre non stiano sfruttando a fondo
le modifiche apportate ultimamente al regolamento, in relazione alle situazioni
di fuorigioco che sia considerato non passivo e dunque punibile con un calcio
di punizione a favore della difesa. Oggi in sostanza è in fuorigioco attivo solo
colui che riceve palla o che partecipa all’azione recando danno alla difesa. Uno
schema offensivo potrebbe consistere nell’utilizzare una punta come esca,
facendogli compiere un movimento che sbilanci la difesa e la inviti a salire, e
in quel momento tentare di prenderla in contropiede tramite un veloce
inserimento di un giocatore da dietro. La punta si troverà aldilà di tutti i
difensori, ma il passaggio sarà diretto all’altro compagno, proprio un istante
prima che questi incroci la linea difensiva, in modo da consentirgli di
guadagnare qualche metro e puntare deciso in direzione della porta
avversaria.

Andrea
Riva

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