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PUBBLICAZIONI DELLA FACOLTA DI SCIENZE DELL'EDUCAZIONE

DELLUNIVERSIT PONTIFICIA SALESIANA DI ROMA

ENCICLOPEDIA
DELLE SCIENZE DELLEDUCAZIONE

4.
PROGETTO EDUCATIVO PASTORALE
Elementi modulari
a c u ra d i J u a n V ecch i e J os M a nu el P rellezo
PROGETTO
EDUCATIVO
PASTORALE
ELEMENTI MODULARI

a cu ra d i
J u a n V e c c h i e J os M a n u e l P r e l l e z o

Iniziativa promossa
dal Dicastero di Pastorale Giovanile
della Congregazione Salesiana
e dalla Facolt di Scienze dell'Educazione
deirUniversit Pontifcia Salesiana

LAS - ROMA
Con approvazione ecclesiastica
@ Marzo 1984 by LAS - Libreria Ateneo Salesiano
Piazza deHAteneo Salesiano, 1 - 00139 ROMA
ISBN 88-213-0080-3

T IP O G R A F IA P O L IG L O T T A V A TICA N A
PRESENTAZIONE

1. Dietro ogni libro c' una storia singolare e irrepetibile quanto


quella delle persone. fatta di ispirazioni, sofferenze, collaborazioni,
incontri, accertamenti, confronti. Il presente volume ha anche la sua
storia. Questo significa che nato da una preoccupazione sofferta e
da una profonda sintonia con gli educatori e gli operatori di pastorale
Da parecchi anni gli educatori cristiani sono sollecitati a form u
lare progetti educativi. Tranne un numero ridotto che paventa nei
progetti complicazioni tecnicistiche e vede nella progettazione qualche
oscura tendenza opposta alla mistica, la grande maggioranza ha rico
nosciuto in questa proposta una linea di soluzione per quella esigenza
di unit, di convergenza operativa, di continuit, di adeguamento
permanente e di organizzazione dellagire che si percepisce ogni
giorno in contesti segnati dalla frammentazione, dalla fugacit degli
stimoli e dalle prestazioni a compartimenti stagni. Progettare in
effetti ricuperare laspetto creativo, finalistico, gratuito e vocazio
nale del compito educativo e dell'azione pastorale; significa dunque
lasciare alle spalle lentusiasmo generico, la ripetizione consuetu
dinaria e la mancanza di professionalit.
Quando ci si mette a progettare sorgono per delle difficolt.
pi facile fare delle conferenze sui progetti che elaborarne uno.
Da principio sembra che gli ostacoli provengano dalla dinamica (chi
e come) e dalle tecniche {attraverso che passaggi e procedimenti).
Ma soltanto una impressione che dopo una verifica viene corretta
e scavalcata. Una volta capita la dinamica e apprese le tecniche,
ci si accorge che le difficolt vere sono pi alla radice. Hanno ori
gine nella comprensione fondamentale di alcuni punti-chiave che ri
guardano leducazione e la pastorale. Cito ad esempio il significato
delleducazione nella cultura attuale, con la possibile prevalenza nella
sua concezione dei processi di trasmissione, di socializzazione o di
personalizzazione; il rapporto tra educazione e pastorale o limma
gine di uomo che sottosta alla formulazione degli obiettivi; la fun
zione della catechesi nei processi educativi e viceversa, o il significato
dellorientamento professionale.
Non difficile capire che tutti questi temi devono essere inseriti
nel progetto educativo. Sul generico si d'accordo. Quando si tratta
invece di formulare un itinerario concreto emergono sia i limiti
di comprensione, sia la differenza di concezioni, sia le ambiguit
non risolte. Progettare vuol dire avere obiettivi chiari e non soltanto
volont di operare. Richiede una conoscenza del campo, una defini
zione delle modalit e una scelta, fra molteplici alternative, dei fini
e delle vie. E nessuno pu definire quello che non conosce a fondo
n scegliere tra gli strum enti e le vie di cui ha soltanto uninforma
zione approssimativa.
Ecco perch man mano che si proceduto con i progetti si
avvertito il bisogno di chiarire alcuni punti per una loro migliore
formulazione e per una piti sicura diffusione tra coloro che parte
cipano allelaborazione dei medesimi. Si voleva un chiarimento in cui
confluissero lesperienza degli operatori e la capacit dilluminazione
e di prospettive propria delle discipline scientifiche.
Da questi rilievi nata Videa di elaborare moduli sui principali
punti-chiave del progetto. Attraverso lo studio di numerosi abbozzi
provenienti dai centri educativi si sono individuate trentaquattro
voci che vi ricorrono costantemente e che formano la trama, lordito
di tutti i progetti. Se ne dovuto limitare il numero. Difatti i ter
m ini pi comprensivi ne richiamano altri attraverso i quali vengono
spiegati. Includerli tutti avrebbe comportato un prodotto diverso
da quello che si voleva offrire; forse un dizionario di pedagogia e
pastorale.
Il Consigliere Generale per la Pastorale Giovanile della Congre
gazione Salesiana chiese allora il concorso della Facolt di Scienze
dellEducazione deU'Universit Pontificia Salesiana di Roma (UPS).
Tra i due organismi si era avviata da tempo una feconda collabora
zione, basata sulla convergenza tematica e sulla possibilit di contri
buti complementari secondo la rispettiva competenza. Il Dicastero
di Pastorale Giovanile difatti un organismo di orientamento e di
animazione; la Facolt di Scienze dellEducazione unistituzione di
ricerca e di insegnamento.
Alla dichiarazione di disponibilit seguirono le fasi che si pos
sono immaginare: raduni dintesa, chiarimenti di impostazioni e fina
lit, coordinamento, scambi.
La riflessione che questo volume presenta dunque legata alla
esperienza di un folto gruppo di educatori sparsi per il mondo che
sispira a Don Bosco e che trova nella Famiglia Salesiana la sua
riserva di forze e il suo sistema di comunicazione. In alcune pagine
lo si percepisce direttamente. A partire da questo patrimonio, il vo
lume affronta problemi generali delleducazione e della pastorale e
su di essi offre un contributo pratico scientificamente fondato. In tal
senso il suo valore e le sue possibilit di applicazione superano il
riferimento di partenza.
2. Su ciascuna delle voci individuate si costruito dunque un
modulo . Modulo stato inteso sin dallinizio secondo il significato
6
oramai accettato e comune di elemento assunto come base per
ripetute utilizzazioni simili .
Il libro non si presenta dunque come un trattato di pedagogia o
di pastorale seguendo un ordine sistematico determinato dalloggetto
di una disciplina. Non vuole essere nemmeno un manuale che in
segni come eseguire un certo compito; e tanto meno un direttorio.
piuttosto un prontuario per aiutare colui che si trova ad elaborare
un progetto e, dovendo inserirvi un punto particolare, desidera chia
rirne la portata e le conseguenze pratiche.
Per questo, la distribuzione della materia segue i riferimenti fon
damentali di un progetto: aspetti generali, obiettivi, metodologie,
soggetti, ambienti.
I moduli hanno tutti una struttura simile; la sequenza delle parti
sostanzialmente uniforme. Iniziano sempre definendo la voce attra
verso riferimenti concettuali o storici; sottolineano poi le ragioni del
limportanza dellelemento in questione nelleducazione e nella pa
storale; presentano in seguito il suo contenuto essenziale in vista
del Progetto educativo; chiudono con una indicazione bibliografica
di tipo funzionale accessibile agli educatori. A questa bibliografia si
riferiscono le citazioni (autore, anno, pagina) introdotte ordinaria
mente nel testo.
In tutti i moduli si seguito un criterio fondamentale: tracciare
una panoramica sufficiente, una specie di sintesi delle conoscenze
fondamentali necessarie e allo stesso tempo aprire ad ulteriori appro
fondimenti; conseguentemente offrire i punti gi acquisiti, sicuri, di
pi facile uso, ma anche informare su quelli problematici con pre
valenza dei prim i data la finalit del lavoro. Il volume contiene quindi
impostazioni aggiornate piuttosto che esperienze da imitare.
Non si proposto di dare ricette da consumare, d indicare for
mule da applicare immediatamente o esempi da copiare. Pretende
piuttosto allargare la sensibilit e formare mentalit nella direzione
in cui si sono espressi i bisogni degli operatori; e lascia a questi il
compito di progettare, adoperando appunto il materiale offerto.
Ci sono temi su cui convergono diversi moduli da prospettive
complementari. Non era possibile delimitare la materia in tal ma
niera che si eliminasse ogni sovrapposizione. In questi casi sem
brato meglio parlarne due volte che privare il lettore di una visuale.
I rimandi che appaiono nel testo facilitano la consulta simultanea.
Inoltre, Vindice tematico offre la possibilit d individuare altri argo
m enti (curricolo, pluralismo, scuola...) che, pur non essendo stati
oggetto di un modulo specifico, hanno avuto un certo sviluppo in
contesti diversi.
Gli autori che hanno contribuito sono ventiquattro. Ciascuno di
essi ha dimestichezza col tema e competenza provata dallinsegna
mento e da scritti precedenti. La quantit di nomi comporta dei van
taggi: la trattazione specialistica entro criteri di essenzialit e la
diversit arricchente di visuali. Ha anche degli svantaggi: la difficolt
di raggiungere l'unit di prospettive e la continuit dello stile. La
prima difficolt stata superata dalla collaborazione precedente e
dalle intese di base che sono intercorse alVinizio dei lavori. Quanto
all'unit formale si fatto uno sforzo da parte di coloro che hanno
curato l'edizione. Rimangono quelle differenze connaturali in un lavoro
articolato a moduli e portato avanti in collaborazione.
Da quanto detto si pu immaginare quale sar l'utilit del volume
e quale uso potr farne l'operatore. Costui trover un quadro di
riferimento sicuro e sostanzialmente completo sui nodi del Progetto
educativo pastorale. Sar compito suo confrontare questo quadro
con quanto egli stesso ha appreso per studi ed esperienze proprie,
e avvalersi del tutto per formulare il punto nel proprio progetto.
3. Il lavoro ha richiesto il superamento di diversi traguardi: let
tura paziente dei progetti, individuazione delle voci, ricerca delle
concordanze di base, coinvolgimento dei collaboratori, raccolta dei
contributi, organizzazione del materiale, unificazione formale. Ha
interessato dunque un certo numero di persone. Alcuni nomi appaiono
nel testo. Altri che prestarono soprattutto opera di coordinamento,
ma non hanno partecipato nella stesura delle voci, rimangono sco
nosciuti per il lettore. Nomino in particolare il prof. Guglielmo
Malizia, decano della Facolt di Scienze dell'Educazione, che ha coin
volto gli estensori e ha seguito Vadempimento delle scadenze, il prof.
Jos Manuel Prellezo che ha curato l'edizione, e l'quipe del Dicastero
di Pastorale Giovanile della Congregazione Salesiana che ha colla
borato in modi diversi nelle successive fasi. A tutti grazie e felice
incontro con i lettori!
Roma, 24 giugno 1983
J uan V e c c h i
Consigliere Generale
per la Pastorale Giovanile
della Congregazione Salesiana
SOMMARIO

Presentazione (J. V ecchi)........................................................................... 5


Sigle e abbreviazioni.................................................................................... 11
I. ASPETTI GENERALI
1. Progetto educativo pastorale (J. V ecchi)..................................... 15
2. Educazione (C. N anni)...................................................................... 26
3. Evangelizzazione e educazione (G. Groppo)................................. 38
4. Insegnamento della religione ed evangelizzazione (/. Gevaert) 50
5. Catechesi (E. A lberich)..................................................................61
6. Sistema preventivo (7. V ecch i)................................................... 72
II. GLI OBIETTIVI
7. Obiettivi (M. Pellerey)...................................................................... 93
8. Uomo (C. N anni)................................................................................101
9. Promozione integrale (G. G roppo)...............................................113
10. Cristiano (C. B isso li)...................................................................... 132
11. Valori e atteggiamenti (P. G ianola)..........................................144
12. Cultura (G. C. M ilanesi)..................................................................156
13. Professionalit (N. Z a n n i).............................................................165
III. LE METODOLOGIE
14. Metodo (P. G ia n o la )...................................................................... 175
15. Itinerario (M. P e lle re y )..................................................................188
16. L'esperienza, mezzo educativo (L. Macario).................................197
17. Assistenza come presenza attiva delleducatore (H. Franta) 206
18. Didattica (G. Proverbio)..................................................................219
19. Orientamento {K. Poldcek).............................................................226
20. Orientamento e pastorale vocazionale (7. V ecchi)...................242
21. Comunicazione sociale e educazione (F. Lever)............................257
22. Partecipazione (G. Malizia) ............................................................. 273
23. Animazione (M. Pollo - R. T ornili)...............................................285
24. Valutazione (S. S a rti)...................................................................... 310
IV. I SOGGETTI
25. Persona (C. N a nni)...........................................................................325
26. Condizione giovanile (R. M io n )................................................... 333
27. Educatore (7.M. P rellezo).............................................................344
28. Animatori (A. E lleno)...................................................................... 355
29. Rapporto educativo {H. F ranta)....................................................364
V. GLI AMBIENTI
30. Lambiente, fattore educativo (L. M acario)............................379
3L Gruppo (P. S c illig o )...................................................................... 386
32. Comunit educativa {R. Tonelli)................................................... 399
33. Societ (G. G a t t i ) ...........................................................................418
34. Chiesa (. A lb e r ic h )...................................................................... 430
Indice tem a tic o ..............................................................................................441
Indice g en era le..............................................................................................444

10
ABBREVIAZIONI E SIGLE

ACS = Atti del Consiglio Superiore della Congregazione Salesiana


AG = Ad Gentes
ASC = Archivio Salesiano Centrale
B S = Bollettino Salesiano
CG = Capitolo Generale della Congregazione Salesiana
CGS = Capitolo Generale Speciale della Congregazione Salesiana
CT = Catechesi Tradendae
DCG = Direttorio catechistico generale
DH = Dignitatis Humanae
DV = Dei Verbum
EN = Evangelii Nuntiandi
GE = Gravissimum Educationis
GS = Gaudium et Spes
LG = Lumen Gentium
M B = G.B. L e m o y n e - A. A m a d e i - E . C e r ia , Memorie Biografiche di Don
(del Beato, di San) Giovanni Bosco, San Benigno Canavese - Torino,
1898-1937
MO = G. Bosco, Memorie dell'Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815
al 1855, Torino, SEI, 1946
NA = Nostra Aetate
OA = Octogesima Adveniens
OE = G. Bosco. Opere Edite. Prima Serie: Libri e opuscoli, Roma, LAS,
1976-1977
PP = Populorum Progressio
PT = Pacem in Terris
QA = Quadragesimo Anno
RdC = Il Rinnovamento della Catechesi
RH = Redemptor Hominis
RN = Rerum Novarum
s e = S. C ongregazione p e r l E d u c a z io n e C a tto lic a , La Scuola Cattolica,
1977
SSP = G. B osco , Scritti sul Sistema Preventivo nelleducazione della gio
vent., a cu ra d i P. B ra id o , B r e sc ia , La S c u o la , 1965

11
I.

ASPETTI GENERALI
h _______________

PROGETTO EDUCATIVO PASTORALE


Juan Vecchi

1. Significato - 2. Le ragioni odierne - 3. A spetti contenutistici - 4. Dinamica


di elaborazione di un progetto.

1. Significato
I termini progetto e progettazione non entrano nel linguaggio
pedagogico se non in tempi relativam ente recenti, sebbene unorga
nizzazione degli obiettivi, metodi e contenuti, comunque chiamata,
era nelle prospettive di ogni educatore cosciente e di ogni studioso
di problemi connessi col fatto educativo. Ci sem bra dovuto pi che
a ragioni particolari, a uno sviluppo globale nellarea delle scienze
delleducazione, in cui emerso con pi chiarezza il collegamento
organico delle esigenze del complesso processo di crescita della per
sonalit in fase evolutiva. La spinta decisiva stata data dalla didat
tica che ha introdotto il concetto di curricolo, cio un tentativo
di comunicare i principii e le caratteristiche essenziali duna pro
posta educativa in form a tale da restare aperto a qualsivoglia revi
sione critica e suscettibile di una efficiente conversione in pratica
(Stenhouse, 1977, 18).
Recente anche il loro uso nella pastorale. Linserimento tardivo
in questarea dovuto, oltre che a motivi riconducibili a quelli gi
espressi riguardo alleducazione, a una m entalit teologica che sten
tava ad esprimere un rapporto chiaro e operativamente traducibile
tra dono di Dio e intervento delluomo. Infatti una certa frangia
della riflessione pastorale avversa aHorganizzazione di un inter
vento umano nel dominio della fede, in quanto questa sarebbe puro
dono non inquadrabile in tecniche che gli uomini hanno elaborato,
soprattutto di fronte a problemi dellambito socio-economico. Per
una diversa ragione, ma con la stessa conclusione, unaltra tendenza
fa coincidere la crescita della fede esattam ente con leducazione, vani
ficando cos la possibilit di un progetto pastorale che abbia fina
lit e contenuti propri.
L'irruzione del criterio e del term ine progettazione nellarea peda
gogica e in quella pastorale indice di cambiamenti strutturali e
15
funzionali nella concezione dei relativi interventi. variato infatti
il rapporto di queste discipline tra di loro e con le realt che sono
loggetto della loro riflessione, sotto linflusso dei due grandi fattori
elle hanno dato origine alla progettazione, cio la scienza e la tecnica.
Conseguentemente si verificata una ridefinizione dei fini specifici
e delle vie anche specifiche per raggiungere questi fini [ ^ obiettivi
ITINER.-\RI0].
Inoltre le spinte alla progettazione hanno connessione con la glo
balit dellesistenza um ana odierna. Questa infatti, e non poche delle
sue manifestazioni individuali e sociali, viene oggi espressa in va
lenze di progettualit. Si parla di un progetto personale di vita ,
di un progetto di societ , di un progetto culturale . La categoria
della progettualit sembra nascere dalla nuova comprensione di se
stesso che luomo ha raggiunto e dalla sua m aniera tipica di affron
tare la propria esistenza sotto lim patto di fenomeni caratteristici.
Il senso e il fine di questa esistenza che viene data nella sua
realt radicale devono essere costruiti attraverso unorganizzazione
coscientemente finalizzata di mete, itinerari e condizionamenti. Tra
visano il significato della progettazione coloro che la contrappongono
alle spinte creative incluse nelle categorie di grazia , vita , spi
rito o mistero come se si trattasse di una pretesa meccanica di
rinchiudere o dominare queste realt. La progettazione appare in
vece come lassunzione cosciente e seria della propria libert e della
propria energia convenientemente indirizzate verso orizzonti ispirati
dalla vita, dalla grazia e volutamente accettati.
Per la novit e per il favore che ha riscosso, il termine viene da
molti sfruttato con significati oscillanti e imprecisi. Ci pu pregiu
dicare impostazioni e prospettive quando lo si vuole tradurre in
uno strum ento concreto dazione. Giova, dunque, lo sforzo semantico
di paragonare il suo significato con quello di altre voci che circolano
nellambiente educativo con intenzioni normative e dorientamento.
Nei confronti delle valenze incluse nella scienza pedagogica
o in elaborati parziali di essa il progetto presenta soprattutto il con
notato di riferimento a una situazione particolare, di immediatezza
al concreto, dincontro libero col reale conosciuto. Un progetto
non un trattato sulleducazione, n uno studio sugli educandi, n
unesposizione sistematica sul ruolo delleducatore con carattere di
universalit. invece una m aniera singolare di combinare, selezio
nandoli e traducendoli nei term ini operativi pi rispondenti a una
situazione particolare, elementi forniti dalle scienze con altri desunti
dalle osservazioni e riflessioni personali, fuse alla luce di certe scelte
esistenziali. Tra il progetto e gli elaborati della scienza pedagogica
c la stessa differenza che passa fra un trattato dingegneria e il
disegno di un edificio che dev'essere collocato su di un terreno par
ticolare e adeguato alle esigenze originali degli utenti.
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Si tratta, dunque, di un'operazione creativa dell'immaginazione
sorretta dalla scienza e dalla tecnica, che per non deriva con rigore
dalle conclusioni di queste. Analoghe riflessioni si possono fare in
merito alle tradizioni pedagogiche a cui si ispirano alcuni gruppi
di educatori.
Il progetto comporta una intenzione operativa. In ci si differen
zia anche da uno studio. Chi lo fa intende applicarlo, e lo fa in ter
mini applicabili; perci procede per obiettivi raggiungibili e verifi
cabili e non soltanto per ideali o principii, sebbene questi siano nel
suo orizzonte. Non si ferma ad una spiegazione razionale della
realt, ma esprime un proposito di intervento per modificarla; la
sua finalit l'azione. Le idee con cui si sostanzia tendono a chiarire
le fasi di un'azione efficace verso il raggiungimento dei fini. La mo
dalit di elaborazione del progetto, dunque, la prassi correttam ente
intesa. Va superata la tendenza idealista che riduce ad elementi secon
dari esperienze, itinerario e forme di comunicazione, basandosi sul
discutibile presupposto che un valore o oggetto razionalmente illu
minato e spiegato ha in s tutte le condizioni per essere comunicato
e realizzato.
C' un secondo confronto da fare. Nell'area educativa alcuni anni
fa si era sovente sollecitati a fare e a rivedere i programmi e/o le
programmazioni. La parola e il procedimento sono frequenti in am
bito scolastico e, per ci che riguarda la pastorale, nella catechesi.
Si tratta della formulazione e dell'ordinam ento di mete che l'insegna
mento vuole raggiungere, e la relativa pianificazione di contenuti,
tenendo conto dei metodi che vi corrispondono. Ancora oggi le pro
grammazioni e i programmi hanno particolare attinenza con la
didattica [ ^ d i d a t t i c a ].
L'insistenza sui programmi dava per scontato un quadro di valori
e dei fini cos evidente che non aveva nemmeno bisogno di essere
enunciato. Era abbastanza condiviso che cosa volesse dire un uomo
onesto, un buon cittadino e per i credenti un vero cristiano .
Gli obiettivi delleducazione sembravano naturalm ente e indissolu
bilmente connessi con gli obiettivi didattici particolari. Non si so
spettava ancora che cultura, insegnamento e societ potessero essere
psicoanalizzati e che attraverso questo processo apparissero con
cezioni globali diverse dalle intenzioni dichiarate.
Da alcuni anni si insiste di passare dalle sole programmazioni
ai progetti. Le prime contengono indicazioni organizzative e stru
m entali e obiettivi settoriali. I secondi richiedono esplicitazioni dei
fini e della concezione globale in cui gli stessi fini trovano una giusti
ficazione. Si tratta di ordinare ed esplicitare la totalit di un'im m a
gine dell'uomo e del suo destino, raccogliendo i fram m enti in ima
visione unitaria e organica. In questo senso viene inteso sia nei
17
documenti civili che richiedono alle istituzioni di qualificarsi nel plu
ralismo attraverso un progetto, sia nei documenti della Chiesa.
Questi ultimi asseriscono infatti ripetutam ente che il progetto
educativo della scuola cattolica rivela e promuove il senso nuovo
dell'esistenza e la trasform a abilitando l'uomo a [...] pensare, vo
lere e agire secondo il Vangelo , e che proprio nel riferimento
esplicito e condiviso da tutti i membri della comunit scolastica
sia pure in grado diverso alla visione cristiana che la scuola
cattolica", poich i principii evangelici diventano in essa norme
educative, motivazioni interiori e insieme mete finali (SC 34).
Nei confronti dei significati e valenze incluse nelle normative o
nei regolamenti che si stabiliscono nelle comunit educative, il pro
getto presenta la differenza del riferimento ad un risultato futuro,
ad una situazione verso cui si cammina e da cui si giudica la validit
degli interventi. Un progetto non una norma; non si legge e non si
applica come tale. un movimento. Pii che assicurare adempimenti
indica una direzione e un insieme di forze da m ettere in giuoco. Non
viene giudicato e giustificato dall'esattezza delle adempienze, ma
dai risultati che sono sempre collocati in un dopo, che si costruisce
calcolando trasformazioni effettuabili a partire dalla realt che abbia
mo davanti. Progettare non la virt dell'esattezza degli adempi
menti, ma piuttosto l'arte dell'anticipazione.
Oltre che la diversa fonte da cui ciascuno procede e la diversa
modalit di applicazione, il progetto presenta l'esplicitazione dei fini
che nelle normative sono soltanto impliciti od espressi in termini
vaghi e qualitativi. Il progetto invece esplicita gli obiettivi, stabilendo
anche i livelli di raggiungimento.
poi quasi insito nelle normative l'intenzione di m ettere limiti
ai comportamenti negativi; il progetto invece punta totalmente sullo
sviluppo di atteggiamenti positivi. propositivo piuttosto che di
custodia e protezione; quasi tutto rivolto alla persona e al suo svi
luppo, mentre i regolamenti tendono a mantenere i rapporti tra i
ruoli aU'interno delle strutture. I regolamenti costituivano codici
di educazione quando valori obiettivi e modelli di comportamento
sociale erano considerati immutabili e quindi non si fissavano n
si prevedevano limiti di tempo alla validit delle norme. La proget
tazione riconosce invece il ritm o di mutamento e quindi il bisogno
di periodica revisione di obiettivi, modelli e norme.
C' ancora la categoria modello che viene frequentemente
usata e applicata a diverse realt: comportamenti, azione, struttura.
I modelli sono immagini volutamente semplificate di realt complesse,
in cui appaiono combinati i diversi elementi di queste realt, secondo
una sintesi ed un equilibrio in cui risiede il principio della loro
differenziazione. Questimmagine a carattere alquanto statico serve
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per espandere prospettive e quindi facilitare l'analisi della prassi.
I modelli sono rappresentazioni che tendono ad attuarsi (confronta
per esempio il modello della Chiesa-istituzione, il modello della teo
logia politica, il modello della pedagogia non direttiva).
Sul campo degli orientam enti abbiamo un modello ideale che
pu servire come quadro di riferim ento allazione, per esempio in
pastorale il modello di Chiesa comunione-servizio, in pedagogia il
modello non-direttivo. Se si tratta di schemi dazione che per la gi
provata efficacia appaiono come raccomandabili, parliamo di modello
operativo. Se modello si riferisce ad un tipo di rapporto globale
che bisogna privilegiare e come conseguenza a forme di aggrega
zione, parliamo di modelli strutturali.
Il progetto parte da un modello globale e cammina verso di
esso; guidato da esso come il percorso di una nave orientato da
una carta geografica, dalla bussola e dalle stelle: un po laspetto
utopico. Il progetto assume anche modelli di azione e di strutture,
ma il suo specifico la descrizione degli itinerari con la corrispon
dente divisione di contenuti, momenti ed esperienze, la ricerca degli
strumenti. la strada o il percorso che avvicina al modello da una
situazione concreta.
Il termine pii vicino e quasi equivalente, riguardo agli elementi
che esporremo, quello di piano, adoperato abbondantemente, ma
non da molto tempo (Bonicelli, 434), nella pastorale e in alcune
aree culturali anche per leducazione. La sola differenza semantica
tra piano e progetto che quest'ultim o rivela meglio lintenzione
utopica e lidea di movimento. Piano infatti si adopera anche nel
senso di rilevamento ordinato di realt esistenti, per esempio piano
di una citt. Anche in pastorale i piani spesso si fermano prevalen
temente sulla sintesi di orientam enti dottrinali e sul rilevamento
delle risorse e aprono uno spazio libero per lazione, che per non
viene accuratamente progettata secondo la propria dinamica e
verso obiettivi possibili.
Nellespressione usata come titolo il qualificativo educativo vie
ne completato o forse significato dal termine pastorale. Le istanze
della progettazione sono le stesse sia che si applichino alleducazione
che alla pastorale: visione dei fini, intervento organico sulla realt
in ordine alla sua trasformazione da una situazione data ad unaltra
coscientemente voluta. Nel caso della progettazione pastorale il con
tenuto di queste istanze specifico. Collegato al termine educativo
indica un particolare rapporto tra le due aree. Lobiettivo finale, e
quindi gli obiettivi intermedi di un progetto che allo stesso tempo
educativo e pastorale, sar quello di sviluppare il giovane verso la
m aturit cristiana e form are la com unit ecclesiale attraverso un
percorso educativo sia dal pxmto di vista contenutistico perch assu
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me lo sviluppo di tutta la persona secondo la propria originalit;
sia dal punto di vista metodologico, perch si regge in base a criteri
di gradualit e di aderenza alla situazione dei soggetti e a itinerari
adeguati per la proposta di fede.

2. Le ragioni odierne
Le insistenze attuali sul Progetto Educativo Pastorale rispondono
principalmente a quattro esigenze: la coerenza interna della pro
posta, la convergenza pratica degli interventi, ladeguamento con
tinuo della proposta alla condizione dei soggetti, lidentificazione
delle diverse offerte di educazione in un contesto caratterizzato dalla
pluralit di indirizzi e agenzie.
Il progetto educativo ha in prim o luogo una funzione allinterno
della stessa proposta educativa. Questa pu essere oggi in balia di
un eclettismo irriflesso, frutto di un ambiente segnato dalla fram
mentazione e percorso dalle pi svariate correnti, con diffcile riferi
m ento a un quadro coerente di significati e di valori, e priva dunque
di un orientam ento unitario interno. Leducazione pu diventare
cos un insieme di prestazioni professionali con dispersione dindi
rizzi se questi non vengono ricondotti ad un quadro condiviso e
formulato dintenzioni e di valori. Allo stesso modo la pastorale pu
esprimersi in una serie dinterventi ispirati alle pi disparate spinte
(devozionistiche, misticheggianti, funzionalistiche, sacrali, socializ
zanti, ecc.), in un difficile e mai chiarito rapporto con il processo
educativo, se le definizioni, i criteri e gli orientam enti non vengono
confrontati per renderli coerenti tra di loro.
Lurgenza appare pi pressante quando si considera che lassenza
di un riferimento unitario sul senso dellesistenza si estende a tutta
la societ e che listituzione educativa dovrebbe aiutare i giovani a
trovare criteri e punti di discernimento e unificazione per le loro
scelte.
Connesso con questo primo aspetto ce n un secondo: ad una
proposta organica ed internam ente coerente deve corrispondere un
insieme d interventi convergenti nelle finalit e nello stile. Gli inter
venti educativi sono svariati gi a partire dalla progettazione stessa,
perch regolati da diverse discipline. Difatti in educazione e anche
in pastorale, come in tutte le altre aree di azione, simpone linter-
disciplinarit. La divisione si moltiplica quando il lavoro si suddi
vide tra gli operatori, le aree specifiche, i ruoli, i tempi, le sedi e le
agenzie, tra le quali peraltro si cerca ogni giorno di pi un conve
niente raccordo. In questa inevitabile molteplicit ci vogliono stru
menti di convergenza non solo dichiarata ma reale, che misurino
20
l'intensit di ciascun aspetto e soprattutto assicurino il collega
mento concreto della totalit verso lobiettivo.
Le istituzioni educative diventano luoghi di lavoro e dalle
legislazioni sono trattate alla stregua di essi. Si seguono dunque le
norme di divisione dei compiti, e questi possono essere svolti in
modo tale che luno ignori l'altro. La molteplicit dinterventi non
coordinati rendono difficile la sintesi. Il progetto appunto ha la
funzione di far convergere i ruoli e le prestazioni in modo da evitare
il settorialismo e la giustapposizione.
Ma il progetto ha unaltra funzione ancora: quella di spingere
l'adeguamento continuo delle proposte educative, e delle modalit
con cui vengono offerte, alla situazione generale e alle domande dei
soggetti, siano queste espresse da loro o vengano scoperte attra
verso l'analisi della condizione giovanile. I giovani accusano un ritm o
accelerato di cambiamenti dovuti alla stessa cultura in cui sono
immersi. La funzione educativa anch'essa evolutiva per il suo rap
porto con le persone, con la cultura e con la societ. Basta pensare
agli ambienti, ai contenuti e ai metodi educativi dellepoca prece
dente, in cui non era predom inante n la m entalit partecipativa n
la comunicazione attraverso il linguaggio totale n il concetto di
formazione continua n lunificazione del mondo in ci che riguarda
la ripercussione degli eventi e lassunzione di cause comuni (pace,
ambiente, diritti della persona) per capire come ogni generazione
richiede un adeguamento della proposta; adeguamento che tocca non
soltanto contenuti parziali o dettagli di metodo, ma richiede rifor
mulazione degli obiettivi generali e nuovo quadro di valori, secondo
i nomi concreti, l'armonia e i collegamenti che richiedono le
esperienze vitali dei soggetti.
Possiamo spingerci con limmaginazione, perch gi appare sul
nostro orizzonte, allepoca dellinform atica e dei computers che le
generazioni emergenti vivono gi come fenomeno educativo con
nuove esigenze non soltanto di abilit operativa ma di orizzonti men
tali e di armonia di valori.
Infine un ultimo motivo. La societ attuale si presenta pluralistica
nelle istituzioni, nelle scelte esistenziali, nei comportamenti sociali.
Il pluralismo non soltanto un fatto tollerato, ma un diritto insito
nelle profondit dellattuale convivenza politica e sociale, a tal punto
che dove non viene riconosciuto, denunciamo una struttura perver
samente organizzata contro la persona. Leducazione e la pastorale
riflettono questa situazione. Ci sono istituzioni educative interna
mente pluralistiche e c anche pluralit di istituzioni educative, che
offrono proposte caratterizzate da valori e indirizzi definiti. Poich
la persona a scegliere il suo orizzonte di senso, cos anche la
persona a selezionare ambienti, programmi e strum enti che le ven
21
gono offerti dalle diverse agenzie. Per questo le istituzioni devono
identificarsi. Un progetto educativo distingue e qualifica un gruppo
di educatori in una societ che riconosce spazio a diverse visioni
dell'uomo e della realt e ai processi culturali ad esse connessi.

3. Aspetti contenutistici
Un progetto educativo e pastorale articola in momenti successivi
o simultanei diversi livelli di indicazioni e scelte, riguardanti imme
diatamente il campo concreto in funzione del quale il progetto stesso
viene elaborato.
Il primo livello un insieme di orientamenti ideali sulla conce
zione delluomo e in particolare sui fini delleducazione e sullinter
vento educativo. una specie di dichiarazione di princpi o criteri
che definiscono una filosofia delleducazione o, trattandosi di pasto
rale, una scelta di prospettiva globale. Si tratta di un elemento abba
stanza stabile, con validit a lungo termine e applicabile anche a
un contesto culturale largo. Questo elemento ha un grande valore
perch fondante e anche se ancora non contiene proposte di attua
zione, esplicita per le scelte che guidano gli interventi. Ed gi
un momento progettuale perch non si propone la ripetizione di
moduli estratti dallantropologia o dalle scienze delleducazione, ma
contiene scelte precise e operative. Basta pensare come si pre
senta questa parte del progetto in America Latina, in Africa o in
Europa per capire che pur esprimendosi a livello di princpi e di
immagini ideali, ammette differenziazioni provocate dalla realt.
Il secondo livello e momento Vanalisi della situazione in cui il
progetto deve svilupparsi. Le analisi di situazione sono diverse
secondo le prospettive scelte. Nel nostro caso si tratta di unanalisi
della situazione educativo-pastorale, che non esclude, anzi richiede,
riferimenti e rilevamenti di altro tipo, ma che tende nel suo insieme
a chiarire gli obiettivi e gli itinerari che leducazione deve assumere.
Si tratta di unanalisi interpretativa e non soltanto di una descrizione
fenomenologica. Precomprensioni, param etri, griglie, pur con i rischi
di lettura selettiva e funzionale che possono presentare, sono indi
spensabili; e non possono rifarsi se non alla formalit delle scienze
dell'educazione e della pastorale. Ma al momento interpretativo
si aggiunge ancora il momento valutativo. Poich il progetto prende
il suo orientamento da un orizzonte di valori anche se intende con
frontarsi con una situazione data, non possibile non pronunciare
un giudizio di valore sugli elementi che compongono questa situa
zione. Senza di questo non sarebbe possibile nemmeno la dinamica
del progetto [ v .- l o r i e a t t e g g ia m e n t i ].
22
Dal confronto con un quadro di valori e una situazione emergono
le scelte operative (terzo momento) costituite dagli obiettivi a dif
ferenti livelli, in cui si enuncia, in termini di atteggiamenti e di
attitudini da acquisire, il punto di arrivo cui si tende, punto di arrivo
verificabile secondo un livello anche dichiarato. Agli obiettivi si
aggiungono i princpi del metodo scelto, con i criteri di applica
zione particolare alla situazione. Si formulano le esperienze educative
da proporsi con eventuali nuclei di contenuti e linsieme di interventi
che consenta meglio il passaggio dalla situazione data secondo l'analisi
alla situazione desiderata secondo l'enunciazione di obiettivi. L'in
sieme di queste scelte intende saldare le istanze emergenti nelle
domande con i valori di cui l'agenzia proponente si sente portatrice.
Si possono aggiungere ancora indicazioni strum entali che stabiliscono
ruoli e responsabilit, articolazioni di aree, previsione di eventuali
ostacoli.
Infine, quarto momento o livello, c' la verifica che perm etter
di m isurare obiettivamente la validit del progetto, il suo im patto
sulla realt e la sua agibilit; che consentir, dunque, il ridim en
sionamento e la riprogettazione. Per questa verifica vengono indicati
nel progetto criteri e gradi.
La verifica costituisce lultimo momento di una fase di proget
tazione e il primo della fase seguente. Il processo di progettazione
difatti va concepito in maniera continua e circolare. La verifica
rim anda a una nuova lettura della realt e questa rim ette in stato
di riformulazione anche il quadro di riferimento ed esige di aggior
nare le scelte progettuali. Si evita cos dim porre uno schema dedut
tivo, per cui la situazione andrebbe letta alla luce di uno schema
rigido, che la giudica senza lasciarsi intaccare, nega quello che nelle
domande non coincide con le sue istanze e cerca di modellare le
persone su una misura presumibilmente obiettiva . Daltra parte
si evita anche il rischio opposto, rappresentato dal concetto fun
zionale di educazione come soddisfazione di domande.
La circolarit, dunque, necessaria per liberare il progetto da
una fissit ideologica e allo stesso tempo per sviluppare una peda
gogia di valori e non soltanto di bisogni. Il quadro di riferimento
come conseguenza non desunto dai bisogni, ma collegato ad una
antropologia che a sua volta riformulabile davanti a richieste che
ancora non hanno trovato in essa una risposta conveniente. Lo studio
della domanda certamente precede la formulazione di obiettivi par
ticolareggiati che nascono dal confronto tra di essa e il quadro di
valori.

23
4. Dinamica di elaborazione di un progetto
Una delle domande che non di rado viene a galla quando si
tratta di fare un progetto si riferisce al soggetto agente. Nelle rispo
ste pratiche che si danno implicata gi rispettivam ente una con
cezione dellazione pastorale o del processo educativo e anche una
valutazione dei suoi singoli momenti ed elementi.
Alcuni preferirebbero che il progetto venisse fatto da una o poche
persone a cui si riconosce autorevolezza per la carica che ricoprono
o per la competenza che posseggono, essendo i rim anenti della
comunit esecutori e, nel migliore dei casi, intelligenti e creativi
incaricati delladattam ento del progetto alla propria area. Si tratta
di un modello centralizzato , dirigista o elitario , che guarda
molto alla perfezione formale, alla completezza contenutistica e alla
rapidit di stesura e poco ai processi di partecipazione, assimila
zione vitale e aderenza concreta al reale; che com porta anche il
rischio della ristrettezza di prospettive.
Daltra parte le esperienze di progettazione compiute allinsegna
della partecipazione totale secondo un itinerario democratico
o assembleare o approdano alla delega in mano di lites prepa
rate o si arenano in uno sforzo inutile di arrivare a delle conclusioni
soddisfacenti.
Eppure se il progetto non viene considerato solo uno scritto
ma un processo di chiarimento e identificazione comunitaria le tre
parole-chiave saranno: corresponsabilit, partecipazione, collabora
zione. Si deve concludere che litinerario pi interessante quello
del coinvolgimento differenziato, che interessa tutti, ma affida a ruoli
e competenze particolari i compiti pi difficili.
Le tappe di elaborazione e di riformulazione del progetto po
trebbero essere le seguenti.
In primo luogo bisogna creare un gruppo anim atore capace di
guidare il processo anche per il dominio di nozioni ed elementi
specifici; studiare con esso le possibilit di motivare le persone ad
assumere in totale corresponsabilit la stesura del progetto e sele
zionare stimoli per far percorrere insieme le diverse fasi: definizione
del quadro di riferimento, analisi delle domande e della situazione,
formulazione di linee operative. Il gruppo scoprir anche le mo
dalit pi convenienti di circolazione degli elaborati.
Il secondo momento di coinvolgimento e di partecipazione
comunitaria. In alcuni casi si offrono formulazioni gi elaborate da
discutere, meditare o modificare dai diversi gruppi che partecipano
al processo educativo. In altri vengono presentati soltanto questioni
o problemi a cui la comunit risponde secondo la propria sensibilit.
La terza tappa consiste nella raccolta di tutto il materiale e nella
condivisione attraverso linformazione, nellofferta di una sintesi
24
ordinata fatta dal gruppo per un ulteriore chiarimento, particolar
mente in quelle questioni in cui non fosse emerso ancora un con
senso. Si arriva cos ad una formulazione completa condivisa.
Quest'itinerario potrebbe sollevare obiezioni di lentezza ecces
siva. Ma va ricordato che la finalit di un progetto non tanto di
m ettere in mano agli operatori un nuovo regolamento di lavoro,
ma piuttosto di aiutare i gruppi a operare coscientemente. attra
verso linterscambio e la vicendevole illuminazione che si arriva a
formulazioni in cui i partecipanti si ritrovano, che rappresentano la
loro piattaform a di idee e il grado di coscienza che lquipe educa
tiva e le altre componenti hanno raggiunto.
Si tratta comunque di formulazioni provvisorie, almeno in un
primo tempo, che saranno meglio organizzate e progressivamente
aggiornate man mano che nellapprofondimento della riflessione
vengono scoperti e valorizzati nuovi e pi ricchi aspetti.
Il progetto infatti sempre aperto a sviluppi e perfezionamenti.
A linee relativamente stabili si arriva solo dopo un certo lavoro e
col m aturare dellesperienza e della collaborazione.

BIBLIOGRAFIA
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V ecch i J., Per elaborare seriamente un progetto educativo, in: Note di
Pastorale Giovanile 13 (1979) 6, pp. 3-13.

25
2.
EDUCAZIONE
Carlo Nanni

1. Lenfasi su lleducazione sotto il segno d ellam biguit - 2. Leducazione come


problem a - 3. Il propriam ente educativo - 4. Leducazione nella scuola - 5. I
lim iti delleducazione - 6. Educazione, p asto rale e v ita laicale.

1. Lenfasi sulleducazione sotto il segno dellambiguit


Nella storia umana c stato sempre un tempo per allevare, for
mare, educare. Tuttavia lemergenza del fatto educativo sembra essere
una caratteristica dellet moderna, concomitante allaffermazione
della centralit delluomo nel cosmo, allaccentuazione delle sue
capacit operative e trasform atrici del reale mediante la ragione,
la scienza, la tecnica.
Da allora i problemi delleducazione e della scuola sono diventati
sempre pii problemi di tutti e hanno avuto uneco sempre pi
vasta nellambito dellopinione pubblica, comune o qualificata che
sia. I problemi educativi e scolastici sono diventati una delle fon
damentali preoccupazioni delle classi dirigenti e imprenditoriali:
problemi di alto interesse politico ed economico, oltre che civile ed
umano, come testimoniano tra laltro gli indici della spesa pubblica
per la scuola e per leducazione in molti paesi del mondo.
Tuttavia questa accentuazione del fatto educativo segnata da
una fondamentale ambiguit.
Leducazione infatti sembra particolarm ente esposta alla possibile
strumentalizzazione di coloro che, puntando sulle possibilit di modi
ficazione del comportamento e della m entalit attraverso lintervento
educativo e listruzione scolastica, pensano di costruire personalit
adeguate ai loro scopi; leducazione viene cosi a scadere a forma
di mero indottrinam ento, a comoda fabbrica del consenso o di
qualificata forza-lavoro, oppure, nel migliore dei casi, a pura e
semplice socializzazione. Una tale enfasi sulleducazione e sulla scuola
pu diventare cio paravento ideologico che giustifica interessi parti
colaristici di dominazione sociale, politica, economica, culturale, ecc.
La stessa tendenza ad una educazione universalistica pu tal
volta essere la semplice facciata per quella omogeneizzazione cul
26
turale consumistica, promossa dalle forze del neo-capitalismo multi-
nazionalistico; oppure pu contrabbandare forme pii o meno larvate
di cosmopolitismo, manovrato dai gruppi egemoni delle superpo
tenze internazionali o dai gruppi di potere nazionali.
Nessuno fatto salvo da queste eventualit. A tutti s'impone
una presa di coscienza critica, etica, civile e religiosa per arrivare
a concezioni e prassi corrette e liberanti.

2. Leducazione come problema


L'educazione concretamente s'identifica spesso con altre attivit
o realt sociali, politiche, religiose, culturali, interpersonali: fa tut-
t'uno con l'azione di socializzazione, con l'animazione sociale e
culturale, con lattivit catechetica e pastorale, ecc. [ jt e v a n g e l i z z a
z i o n e E e d u c a z io n e ] ,

2.1. I vari aspetti dell'educazione


Analizzarla comporta necessariamente un processo astrattivo e
interpretativo.
Appena ci s'incammina in questo lavoro si subito colpiti dalla
complessit e dalla ricchezza delle articolazioni e differenziazioni
interne e relazionali, che leducazione ha.
Come l'etimologia latina sem bra insinuare, educare vuol dire
anzitutto nutrire, allevare, far crescere, non solo fisicamente, ma
psicologicamente, intellettualmente, affettivamente, socialmente, ope
rativamente.
A sua volta l'etimologia tedesca ( erziehen ) sta a denotare una
operazione fatta con forza per portare ad una situazione, fsica o
morale, ottimale. In questo senso educare ricorda piuttosto l'adde
stram ento, la disciplina dura per giungere ad essere formati, adulti,
educati. Ma non si farebbe educazione se ci si limitasse a ci.
L'educazione consiste nello sviluppare le facolt umane: sensi
bilit, intelligenza, volont. Per questo occorre apprendimento, istru
zione. Gi H erbart diceva: Io non riesco a farmi un'idea dell'edu
cazione senza istruzione . E tuttavia l'impegno educativo non pu
ferm arsi qui. Educare non opera di individui isolati, ma comporta
una serie di strutture, procedure, istituzioni sociali, interventi poli
tici, economici, concorso di diverse agenzie. La scuola, soprattutto
oggi, ne un po il centro e il fulcro.
Si interessa allindividuale, ma contemporaneamente al relazio
nale, al sociale, al collettivo.
Dal punto di vista cronologico, certam ente lattivit educativa pri
vilegia la cosiddetta et evolutiva, ma non si chiude entro quest'arco
27
temporale (e tanto meno entro il pi o meno lungo periodo dellet
scolare), ma tende ad abbracciare lintera esistenza, ponendosi come
educazione permanente, educazione per gli adulti, per gli anziani,
oltre che per i bambini, i ragazzi, i giovani.
Anche Don Bosco, pur incentrando la sua azione sui ragazzi e sui
giovani, intendeva attraverso essi raggiungere i genitori e inoltre
ha continuato sempre ad interessarsi degli ex-allievi.
Tutte queste cose occorrono e son vere, ma nessuna di esse espri
me compiutamente e abbraccia leducazione in tutta la sua estensione
e comprensione. E sarebbe una form a di riduttivismo se si delimitasse
loggetto delleducazione ad un solo o ad alcuni aspetti di essa (alle
vamento, addestramento, apprendimento, istruzione, scuola, ecc.).
2.2. Diverse prospettive nella considerazione delleducazione
Nelluso quotidiano, quando parliamo di educazione, intendiamo
anzitutto una particolare attivit umana, connessa a determinate
figure e a ruoli particolari, come genitori, maestri, insegnanti, sa
cerdoti, rivolta a nutrire, curare, form are individui della generazione
in crescita. senzaltro luso pi antico del termine.
Pi raramente, tuttavia sempre pi insistentemente, nellepoca
m oderna e contemporanea, l'educazione viene vista come attivit e
compito di chi appartiene alla generazione in crescita, e pertanto si
portati ad identificarla col processo di crescita personale, accen
tuandone laspetto attivo.
In altri casi parliamo di educazione volendo indicare il risultato
complessivo di tale attivit in un soggetto o in una pluralit di
soggetti. Cos diciamo che una persona educata o maleducata;
che ha ricevuto uneducazione tecnica o classica; che leducazione
del passato stata inficiata da tab o chiusure.
Altre volte con il termine educazione intendiamo una serie di
interventi collegati tra loro secondo un quadro pi o meno coerente
di fini, obiettivi, contenuti, metodi e tecniche, concretamente rappor
tati con i processi dinculturazione, socializzazione, formazione, istru
zione, ecc. ( = leducazione come processo e intervento organizzato).
Altre volte, pensando alleducazione, facciamo riferimento ad un
rapporto interpersonale, pi o meno esteso e pi o meno profondo,
che si attua nella vivace e concreta interazione con l'ambiente, con
le strutture, con le istituzioni.
Tuttavia oggi normalmente quando parliamo di educazione evo
chiamo anzitutto un sistema o unistituzione sociale, nella quale si
realizzano tutti o in parte i significati enunciati precedentemente.
Cos, ad es., parliamo di un'educazione differente da nazione a na
zione (educazione europea, asiatica, americana, ecc.), da periodo sto
rico a periodo storico (educazione antica, medioevale, moderna);
28
attuata da differenti istituzioni o in diverse situazioni (educazione
familiare, scolastica, ecclesiale, ecc.); o secondo particolari modalit,
regole di funzionamento, strutture (educazione pubblica e privata;
neutra e confessionale; centralizzata e decentralizzata). Anzi spesso
riduciamo lambito del fenomeno educativo al sistema scolastico, ed
allora leducazione viene equiparata, nel linguaggio corrente, a scuola,
apprendimento, istruzione, e parallelam ente leducatore sidentifica
col maestro, l'insegnante.
2.3. Complessit dei contesti educativi
Oltre che per se stessa, leducazione risulta difficile a compren
dere e soprattutto ad attuare per la complessit e la vastit dei con
testi in cui viene a trovarsi. Leducazione si pone sempre come un
aspetto del mondo della vita, aHinterno di un concreto sistema
socio-economico-politico-culturale, ecc.
Anche quando si pone laccento sulla singolarit della relazione,
si fa sempre riferimento ad un contesto: il rapporto interpersonale
educativo sintreccia con il mondo della natura, della civilt, della
cultura, delle strutture (economiche, sociali, politiche, religiose, ecc.)
in vario modo costitutive e condizionanti laspetto personale del rap
porto educativo.
ci che si diceva tradizionalmente fattore ambiente , nel senso
non solo naturale, geografico, ma anche sociale, culturale, simbolico.
Non solo, ma codesti contesti a loro volta sono sottoposti ad un
processo storico di complessificazione.
chiaro che educare oggi in un mondo pluralistico, altamente
tecnologizzato, a dimensioni planetarie, diventa sommamente pii
sofisticato che non ad esempio nella polis greca platonica o nella
respublica christianorum medievale, o, anche soltanto, nelle so
ciet del recente passato.
Oggi di moda parlare di societ educante non solo per indicare
lo stretto rapporto tra educazione, scuola e societ intera, ma so
prattutto per m ettere in risalto che le sorti delleducazione non si
chiudono entro le m ura della scuola o della famiglia o dei centri
di animazione sociale, ma sono legati a doppio filo con la vicenda
e lo sviluppo economico, sociale, politico e culturale. Tutta la societ,
seppure in forme diversificate, chiamata ad assumere le proprie
responsabilit educative, senza facili deleghe. Lo sforzo educativo
spreca gran parte delle sue energie se non sostenuto dalla riform a
morale, culturale, sociale, religiosa.
Rimane chiara la connessione tra educazione e natura, societ,
storia, cultura, civilt, o, pi particolarm ente, tra educazione, scuola
e territorio, ecologia, economia, politica, ideologia, arte; religione,
scienza, tecnologia, mezzi di comunicazione sociale, ecc.
29
2.4. Molteplicit e disomogeneit del sapere relativo alleducazione
Molteplice e differenziato, secondo i suoi diversi gradi , pure
il sapere relativo alleducazione (che in termini generici diciamo
pedagogia): a cominciare da quell'insieme di asserzioni sulleduca
zione che sono frutto di riflessione spontanea e personale, frutto
del buon senso, della propria esperienza e del proprio intuito edu
cativo, pi o meno coltivato e sperimentato. C poi tutta la serie
di norme, precetti, esortazioni, idee riferite alleducazione che si tro
vano nelle tradizioni orali e scritte dei vari popoli, nel folklore, nei
proverbi, negli usi, nei riti religiosi, nella liturgia, ecc. Una parti
colare rilevanza nella storia della pedagogia e delleducazione lhanno
avuto quelle composizioni letterarie che, senza essere scientifiche ,
contengono intuizioni profonde o sono completamente dedicate a
problematiche educative: poesie, novelle, romanzi, opere teatrali,
poemi; per non parlare dei grandi testi sapienziali e religiosi delle
diverse letterature nazionali o delle diverse religioni storiche, a
cominciare proprio dalla Bibbia.
C' poi il sapere frutto di riflessione e della ricerca scientifica,
pi o meno rigorosa, sistematica, logica, comunicabile e controllabile.
Ma anche in questo campo altro una trattazione storica, psico
logica, sociologica, filosofica, metodologica; unopera sistematica o un
saggio, ecc. Diverse sono le prospettive, le procedure e le tecniche
messe in atto, i generi letterari e i tipi di linguaggio utilizzati, lorga
nizzazione scientifica della ricerca che vi alla base.
Fatto e valore, descrizione e interpretazione, rilevazione e valu
tazione vanno spesso insieme in questo campo, non senza ingenerare
problemi. comunque evidente il rapporto che viene a legare edu
cazione e coscienza, tecnologia, filosofia, teologia, letteratura, cul
tura, ideologia, senso comune, saggezza educativa, ecc.

3. Il propriam ente educativo


Questa scorsa attorno al mondo dell'educazione, credo, abbia messo
abbastanza sufficientemente in luce sia il carattere polivalente del
linguaggio educativo, sia l'analogicit del concetto di educazione,
sia soprattutto la complessit della realt educativa.
3.1. Educazione intenzionale ed educazione funzionale
Si comprende quindi la necessit di far chiarezza in tale proble
matica non solo per motivi di comprensione concettuale (non tutto
educativo allo stesso modo) m a soprattutto per evitare prassi
distorte che ne possono derivare.
30
Proprio per rendere ragione di questi fatti gi dal secolo scorso
si cominciato a prendere in considerazione e a parlare di educa
zione della natura, delle circostanze, oltre che di educazione come
opera delluomo sull'uomo.
Allo stesso scopo ma con la volont di una maggior precisione,
dopo gli anni venti, i pedagogisti hanno preso a distinguere tra edu
cazione intenzionale ed educazione funzionale. Con quest'ultim a si
intendono tutte quelle influenze educative sulla personalit in svi
luppo, che sortiscono, senza piano n scopo volutamente educativo,
dalle forze socio-culturali, politiche, economiche o dall'ambiente.
Con educazione intenzionale invece si vuole caratterizzare quella
serie di azioni e interventi voluti e specifici, predisposti secondo un
certo ordine metodico e posti da chi ha compiti e responsabilit edu
cative, individualmente e/o collettivamente, in vista di favorire e
promuovere il processo formativo e propriam ente educativo della
personalit dell'educando.

3.2. Educazione, inculturazione, socializzazione


La distinzione tra educazione funzionale e educazione intenzio
nale da qualche tempo piuttosto trascurata, m entre si tende sempre
pi a m ettere in rapporto educazione con inculturazione e socializ
zazione. Questi concetti sono desunti dalla psicologia, dalla sociologia
e dallantropologia culturale e rispecchiano la prospettiva che pro
pria di ciascuna di queste scienze. Se leducazione viene parzialmente
o totalm ente identificata con qualcuna di queste categorie, si rischia
di ridurne indebitamente le dimensioni o di vanificarne l'elemento
specifico. Secondo questa prospettiva si rischia di attribuire una
pericolosa priorit al macrosociale (politico, economico, culturale)
nei confronti del microsociale (educativo); tra le funzioni della scuola
(politica, riproduttiva della cultura, formativa) proprio lultim a
che tende a soffrirne maggiormente; tra le agenzie educative la fa
miglia rischia di venir presa in considerazione in modo inadeguato;
allo stesso modo la condizione um ana rischia di essere ridotta ai
soli aspetti psicologici o alle sue m odalit di esistenza culturale e
sociale, le quali coinvolgono certam ente tutta la persona, ma non
totalmente.
indubbio che non c crescita um ana in libert e in um anit
senza partecipazione al patrim onio sociale della cultura e alla vita
comunitaria. In questo senso socializzazione, inculturazione sono
parte o aspetti integranti dellattivit educativa. Ma quest'ultim a
non si riduce ad esse o a loro sostegno integrativo o, come diceva
Durkheim, a socializzazione metodica.
31
3.3. Il ruolo delleducando nellattivit educativa
Tutto ci da considerare da quello che il centro dattenzione
di ogni attivit educativa: il soggetto educando, frontiera interna
di ogni attivit educativa, capace di aprirsi o chiudersi ai vari inter
venti e attivit di natura educativa. La sua rilevanza, spesso tra
scurata in passato, nel nostro secolo stata esaltata fino al punto
da far parlare di rivoluzione copernicana delleducazione e del
linsegnamento (Dewey): leducando, l'allievo non pii oggetto, ma
soggetto delleducazione, attorno al quale ruota lattivit educativa
in generale e quella didattica in particolare. Si parlato in questa
linea di educazione su m isura delleducando (Claparde), di edu
cazione centrata sulleducando (Rogers).
L educando non un oggetto passivo delle azioni educative, ma
prende posizione rispetto a ci che gli proviene dallattivivt educa
tiva, per quanto pu e gli dato dal livello del proprio sviluppo e
dalle opportunit ambientali. Gradualmente potr cos passare, sem
pre pi coscientemente e sempre pi globalmente, daUe?ero-educa-
zione allattt-educazione. Alla base c la convinzione che non c
sviluppo personale che non sia autosviluppo. In questo senso si
detto che leducando protagonista delleducazione. Lesito finale
di ogni attivit educativa intenzionale dipende in primo luogo da
colui che ne il destinatario, leducando.
In questo orizzonte di senso chiaro che l'attivit educativa
intenzionale non solo uno dei fattori dello sviluppo personale, ma
sempre anche un tentativo dincidere sullo sviluppo personale
delleducando o di contribuire ad esso. La riuscita, il successo, lesito
positivo non iscritto nellazione stessa. Lattivit educativa pu
risultare anche priva di successo. Almeno a livello immediato. Non
si pu togliere da essa il rischio dellinsuccesso o addirittura di
esiti non voluti, di effetti perversi , come si dice.
Daltra parte pure vero che il cosiddetto protagonismo del
leducando, quando non retorica, pi che un dato di fatto, da
sostenere, promuovere, perm ettere, aiutando il form arsi di strutture
che rendano possibile lautosviluppo e lautodirezione: ma sempre
sulla base delle potenzialit presenti nelleducando, che non
mai un imbuto da riempire o una molle cera da plasmare
come ci pare e piace.
Solo alla luce di una visione integrale del fenomeno umano si
potranno superare le deficienze di queste visioni unilaterali e, in par
ticolare, sar possibile cogliere la linea di demarcazione tra socializ
zazione ed educazione. Il carattere specifico del fenomeno umano
perm ette di definire lo specifico delleducazione, evitando di risol
verla semplicemente nellinculturazione o nella socializzazione me
todica o in un lavoro di sostegno integrativo. Essa apparir invece
32
come quella serie di processi, di attivit e di interventi, di collabo-
razioni, che suscitano e sostengono il divenire personale integrale.
In questa luce acquistano il loro giusto peso le forme particolari
che specificano lattivit educativa: lapprendimento, linsegnamento,
la formazione culturale, la socializzazione e linculturazione, lalle
vamento e il sano sviluppo bio-psichico, ecc., in modo tale che l'uomo
sano, colto, socializzato sia persona e viva autenticamente.
3.4. Un senso forte di educazione: leducazione alla capacit di
decisioni responsabili
Allinterno di questa prospettiva di visione integrale delluomo
e della promozione umana, possibile cogliere un senso forte del
leducazione e raggiungere quello che il centro di ogni attivit
educativa, che dar senso alla molteplicit delle sue manifestazioni.
Infatti se vero che si fa opera propriam ente educativa solo quando
si aiuta a crescere in um anit , quando si agisce per la genesi
della persona , tutto ci lo si raggiunge in senso stretto quando si fa
opera diniziazione allagire etico, ad un agire, cio, capace di attuare,
nel vivo della storia personale e comunitaria, un'esistenza di valore
e di significato globalmente umano: u n esistenza libera e responsabile.
In questa linea la finalit propria ed ultima dell'educazione si po
trebbe definire come la promozione nelleducando di capacit di deci
sioni responsabili, con tutto ci che essa suppone e che ne condizione.
Responsabilit essere e sentirsi autore dei propri atti. capacit
di presenza personale, razionale e libera di rispondere , di ren
dere conto a s e agli altri (e in senso pi preciso al mondo, alla
storia, allAltro che Dio). farsi carico degli impegni che ci si
assume e delle conseguenze di ci che si fa o si m ette in opera,
singolarmente o comunitariamente.
chiaro che non possibile una libert responsabile senza una
identit personale e sociale soddisfacente.
Educare vorr dire allora graduale e continua promozione del
l'autonomia personale, aiutando a superare sia la dipendenza sia la
dispersione anonima negli altri, nel gruppo, nella massa, ma insieme
sorreggendo e promuovendo la formazione di una forte coscienza
civile e la partecipazione al comune processo storico di crescita
personale e sociale.
Una libert responsabile suppone anche la capacit di saper
guardare in faccia alla realt circostante, umana, sociale, ambientale,
storica, ecclesiale. Educare com porter quindi sostenere Vapprendi
mento degli aspetti e dei princpi di valore, presenti nel vissuto
della propria esperienza e che reclamano una presa di decisione e
una risposta in ordine alla loro attuazione, costruzione, introduzione
innovativa nel tessuto dellesistenza personale e comunitaria.
33
In terzo luogo educare alla libert responsabile vorr dire pre
viamente formare a quegli atteggiamenti di rispetto, di apprezza
mento, di impegno, di fedelt, di apertura agli altri e ai valori presenti
negli educandi stessi e attorno ad essi [ ^ v a l o r i e a t t e g g ia m e n t i ].
Seguendo l'esempio di Don Bosco, bisogner pure iniziare concre
tamente alle responsabilit, mediante il graduale inserimento in strut
ture e istituzioni e mediante la partecipazione alle prese di decisione
e alle attivit dei gruppi o delle comunit in cui ci si trova a vivere.
Evidenziare questo centro dell'educazione perm ette inoltre di
distinguere meglio educazione da altre attivit ad essa connesse:
come infatti l'agire etico d form a e dignit umana a tutte le altre
sfere di valore in cui si esplica l'articolato mestiere di essere
uomo, cos anche l'educazione, intesa in questo significato forte, si
attua e d forma alla serie di interventi, solo largamente educativi,
cio applicati alla crescita nelle diverse sfere di valore in cui si
dispiega l'esistenza umana: per i quali sarebbe pi esatto parlare di
formazione (fisica, psichica, intellettuale, artistica, professionale, ecc.).

4. Leducazione nella scuola


La scuola assolve a molteplici finalit e funzioni sociali. Storica
mente essa nata nel mondo greco-romano e si sviluppata nella tra
dizione occidentale per la qualificazione professionale degli ammini
stratori della cosa pubblica, per la preparazione degli ecclesiastici,
per i tecnici dell'industria, ecc. Indubbiam ente essa, nei confronti
del mondo amministrativo ed economico, continua ad assolvere a
tale compito, anche se certo non in modo esclusivo. Allo stesso modo,
secondo forme diversificate nelle diverse culture, la scuola affianca
la famiglia e le altre istituzioni sociali nella trasmissione del patri
monio culturale tradizionale alle nuove generazioni (funzione di
inculturazione). Parallelamente, nei confronti della societ civile,
collabora alla socializzazione e assolve ad una funzione custodiale,
non solo nelle prime et. Non per nulla diciamo spesso che, per
m olti giovani, l'universit stessa diventa unarea di parcheggio, il
il luogo cio dove li si trattiene non potendo ancora im metterli a
pieno nel mondo produttivo. Sempre pi chiara si fatta in questi
ultimi anni la funzione politica ed ideologica della scuola. Essa col
labora non solo alla formazione del consenso (e del dissenso), ma
anche alla formazione di conoscenze, atteggiamenti e comportamenti
politici. Per tutti questi motivi diciamo che la scuola un indubbio
fattore di sviluppo sociale. O ci lamentiamo che nella situazione
attuale di crisi in cui si trova non lo sia abbastanza.
Ma pure indubbio che la scuola classificabile tra le agenzie
educative, in cui si hanno attivit ed interventi educativi intenzio
34
nali e sistematici, non solo in senso largo, ma anche nel senso spe
cifico sopra indicato.
La scuola una delle agenzie educative (non lunica n tota
lizza l'educazione). Questa funzione essa lassolve in primo luogo
secondo la sua modalit specifica: linsegnamento.
La scuola pu adempiere alla sua funzione educativa quando,
attraverso linsegnamento, si dia cultura, intesa non come somma
di sapere fissato in precedenza e una volta per tutte e neppure come
imbottigliamento di nozioni erudite, ma piuttosto come competenza
generale, come capacit di saper trar partito dai propri saperi per
far fronte alle situazioni in cui ci si trova a vivere; per essere, in
una parola, responsabili . Forse mai la scuola ha avuto il mono
polio delle informazioni, ma certam ente questo chiaro oggi. E
tuttavia, nella molteplicit non sempre coerente delle fonti dinfor
mazione e nel bom bardamento di stimoli a cui sono sottoposti i
ragazzi e i giovani d oggi, a scuola, e forse a scuola soltanto, si pu
apprendere a dominare linformazione, si pu apprendere ad infor
marsi e darsi dei quadri di riferimento che perm ettano di situarsi
e di collocarsi nel farsi dellesistenza storica. Solo a scuola si pu
compiere quellopera di critica, stimolazione, integrazione, siste
mazione e unificazione dei m ateriali provenienti dalle diverse agenzie
dinculturazione e socializzazione, soprattutto dai mass-media, fa
vorendo cos quellidentit personale e culturale che alla base di
comportamenti responsabili [ ^ c o m u n ic a z io n e s o c ia l e ] .
Lindottrinam ento sar evitato se linsegnamento sar realmente
tale, cio offerta di quel tanto dinformazioni e di strategie dap
prendimento, adeguata alla domanda degli allievi, in modo tale che
sia loro possibile continuare a ricercare e ad istruirsi da s. Il peg
giore pericolo dindottrinam ento non viene dalla dottrina , ma
dallassenza d'insegnamento che lascia la gente in bala dei propri
pregiudizi o di un falso sapere; oppure viene da un insegnamento
troppo rapido o troppo specializzato, che abbandona la formazione
dello spirito per lim itarsi a selezionare e a fabbricare degli attrezzi
umani, ricchi di prestazioni meccaniche e tecniche ( performances ),
ma non di competenze.
In secondo luogo, gli insegnanti, oltre che istruire, educano non
solo con il loro stile d'insegnamento, ma con il loro stile di vita, con
le molteplici forme di presenza e di testimonianza (il meta-insegna
mento o, in termini tradizionali, il buon esempio).
In terzo luogo, la scuola intera pu impregnare lambiente di
responsabilit e di libert, facendo respirare un clima educativo e
diventando, essa stessa, vera comunit educativa.
La scuola spesso passiva e poco democratica. Ma possibile
attuare nella scuola forme di cooperazione e di partecipazione degli
allievi nella gestione dellinsegnamento. Tali scuole sono scuole di
35
democrazia e formano, attraverso l'attivit scolastica, a stili di vita
democratici.
La scuola infine concorre, senza dirlo e forse senza saperlo, a
veicolare modelli di comportamento socialmente validi. Ma pu evitare
di ridursi a cinghia di trasm issione del potere, aiutando a controllare
l'impregnazione di modelli politici, sociali, diventando il luogo in cui
ci si abilita alla critica, all'autocritica, alle responsabilit comuni.

5. I limiti deireducazlone
Si visto gi che l'attivit e l'intervento educativo sono sempre in
s e per s un rischio, un tentativo. Molteplici sono pure le lim ita
zioni che vengono dal contesto in cui l'evento educativo si compie.
Ma anche nella sua globalit essa dim ostra tutta la sua natura
contingente e circoscritta. Non ricopre n l'insieme dei m oli di una
persona n l'insieme dei rapporti interpersonali. L'educatore anche,
ad esempio, genitore, sacerdote/laico, uom o/donna, professionista,
cittadino, sportivo, ecc. L'educando anche figlio, amico, ragazzo,
membro di un gruppo di pari, ecc.
E non ricopre la totalit dell'azione sociale comunitaria: l'edu
cazione solo un modo di promozione umana. Anzi si potrebbe
dire che in molti casi essa ha l'intrinseco carattere di realt penul
tim a , nel senso che ha il suo term ine nel dar inizio a qualcos'altro,
oltre s. Leducazione finisce l dove inizia una vita morale adulta.
Rim arr l'amico, il consigUere, il compagno, il padre, la madre, il
figlio, la figlia, ecc.
A maggior ragione, l'educazione globalmente a servizio del fine
ultim o di ogni uomo e del destino umano in generale.
In un orizzonte di fede, essa ripresa e indirizzata alla realiz
zazione del fine ultimo della salvezza e della comunione con Dio.

6. Educazione, pastorale e vita laicale


Concretamente all'interno della vita di una comunit cristiana,
l'attivit educativa viene a intersecarsi spesso con l'attivit pastorale.
evidente che non si risolvono l'una nell'altra.
Rimandando per le specificazioni ad altre voci, qui si vuole ricor
dare che la pastorale non solo attivit educativa, anche se la
preoccupazione pastorale si specifica anche come responsabilit e
azione educativa, perch l'adulto nella fede sia anzitutto adulto, perch
la libert dei figli di Dio sia resa possibile dallinstaurarsi di strutture
personali (oltre che sociali, materiali, culturali, ecc.) di libert.
Ma la preoccupazione pastorale dovr pure rivolgersi ad esempio
36
alla cultura, alla vita politica ed economica, ai bisogni m ateriali
prim ordiali della sussistenza delle persone, delle comunit, dei po
poli, oltre che (se non prim a) alle forme proprie della vita della
comunit ecclesiale (evangelizzazione, catechesi, liturgia, comunione,
servizio della carit, ecc.).
d altra parte evidente che leducazione si specifica come opera
laicale : la storia delle congregazioni religiose laicali dedite alla
educazione e allinsegnamento e la storia di tanti m aestri cristiani
ne sono uneloquente riaffermazione oltre che una testimonianza.
Si vorrebbe dire di pi: nella fede i cristiani e i credenti rico
noscono leducazione come segnata dal dito e dalla volont creatrice
di Dio che chiama tutti gli uomini, fin dal seno materno , alla vita,
alla libert, alla comunione; e che nei loro riguardi si fa provvidente,
redentore, pedagogo .
In questorizzonte, i cristiani riconoscono e vivono nella loro atti
vit educativa un modo di partecipazione alla costruzione non solo del
Corpo di Cristo che la Chiesa, ma di quei cieli nuovi e terra
nuova che affondano le loro radici nei prim ordi della creazione.
chiaro che questo un livello di comprensione reso possibile
dalla luce della fede. L'educazione infatti significativa per s stessa
in quanto opera radicalmente umana, rivolta alla promozione di
quella realt che ha dignit di fine: luomo. Per questo motivo i
singoli e le comunit cristiane possono trovare nellattivit educativa
un terreno dincontro con tutti gli uomini di buona volont , cre
denti e non credenti, in vista della ricerca di una diversa qualit
della vita, in vista della promozione umana individuale e collettiva,
in vista della costruzione di societ a misura duomo.

BIBLIOGRAFIA
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Pensiero, 1978.
B raido P., Il sistema preventivo di D. Bosco, Ziirich, PAS-Verlag, 19642.
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SoLTiS J.F., An introduction to th analysis of educational concepts, Lon
don, Addison-Wesley, 1978.

37
3 ^ ___________ ___

EV A N G ELIZZ A Z IO N E E ED U C A ZIO N E
Giuseppe Groppo

1. Presupposti e principi - 2. Conseguenze operative - 3. Conclusione.

1. Presupposti e princpi
Oggi non si pu parlare correttam ente di evangelizzazione in rap
porto ad un progetto educativo, se non si tiene conto:
a) di alcuni documenti fondamentali della Chiesa universale e
delle chiese particolari, a partire dal Concilio Vaticano II, sullevan
gelizzazione e sulla catechesi, quali la EN, la CT, il DCG, il RdC, ecc.;
b) del ripensamento di questa categoria centrale del credo cri
stiano (e di quella collaterale della catechesi) da parte della teologia
postconciliare, principalmente della teologia della liberazione e della
teologia politica (svolta antropologica, Gutirrez, Metz, ecc.);
c) della prassi evangelizzatrice e catechistica delle Comunit
Ecclesiali di Base (CEB), presenti un po' dovunque nella Chiesa anche
se in forme diverse, ma principalmente in America Latina.
1.1. Vevangelizzazione-catechesi implica un processo di educazione
liberatrice e umanizzatrice
Levangelizzazione, intesa in senso largo e globale, essenzial
mente una testimonianza-annuncio dellazione salvifico-liberatrice di
Dio nel Cristo per mezzo dello Spirito e del messaggio in essa con
tenuto (cio della rivelazione come evento e parola); per pure,
nello stesso tempo, interpretazione della realt e della vita alla luce
di tale evento e di tale parola. Costituisce la missione fondamentale
della comunit cristiana; precede, dal punto di vista dellimportanza
e del valore, lazione sacramentalizzatrice e liturgica della comunit.
Ha lo scopo di suscitare e portare a compimento nelluomo la con
versione, fondamento e centro di ogni vita cristiana; senza conver
sione infatti non esiste n vita cristiana n comunit cristiana, anche
al di dentro di un solido apparato ecclesiastico con pratiche liturgico-
sacramentali.
38
Levangelizzazione, cos intesa, comprende anche la catechesi; pos
siede la duplice dimensione: kerygmatico-teologica (= la testimo-
nianza-annuncio della rivelazione come evento e parola) e cateche-
tico-antropologica (= interpretazione della realt e della vita alla
luce della rivelazione).
a) Finalit dell'evangelizzazione
Finalit specifica dellevangelizzazione-catechesi quella di susci
tare e far maturare nelluomo la risposta della fede, cio unopzione
libera, responsabile e totalizzante, pervasa di speranza fondam ental
mente ma non esclusivamente escatologica (= il Regno di Dio), ani
m ata da un radicale impegno d'amore ablativo o carit ( = agape)
verso Dio che si manifesta nel Cristo, e verso tutti gli uomini, chia
mati a formare il popolo santo dei salvati. In altri termini, l'evan-
gelizzazione-catechesi ha come finalit specifica quella di far sorgere
e m aturare neU'uomo il processo della conversione, che fatto sostan
zialmente di fede, speranza e carit. La m ta di questo processo di
conversione espressa in linguaggio cristiano tradizionale con il
termine santit o perfezione cristiana. Si pu esprimere anche con
altri termini, divenuti oggi pi usuali: liberazione integrale, promo
zione integrale, salvezza integrale, ecc., purch questa terminologia
assuma, integrandole nel nuovo contesto culturale e linguistico, le
ricchezze semantiche del passato e della tradizione cristiana.
b) L'evangelizzazione-catechesi implica la promozione umana
La conversione e, per conseguenza, la santit o perfezione cristiana
non vanno intese in senso intimistico e secondo la concezione dua
listica, propria di una certa teologia del passato che aveva operato
nelluomo, a livello ontologico ed etico, una pericolosa dicotomia tra
corpo e spirito, tra naturale e soprannaturale. Esse vanno intese in
senso integrale, come la salvezza portata dal Cristo alluomo. Questa
infatti salvezza di tutto luomo: non solo salvezza dellanima, ma
anche del corpo; non solo della dimensione spirituale ed eterna, ma
anche di quella temporale e di tutti i valori umani. Ed una salvezza
che si attua gi fin d'ora, quaggi sulla terra, anche se solo germi-
nalm ente e nel mistero, sebbene abbia come punto di arrivo e m ta
finale il mondo definitivo che Ges inaugurer con la sua seconHa
venuta (aspetto fondamentalmente, m a non esclusivamente escato
logico).
La salvezza a cui Dio chiama in Cristo tutta lum anit , perci,
anzitutto dono, ma pure impegno; cio dono che attende la rispo
sta della fede, della speranza e della carit. dono che attende
39
limpegno della conversione. La carit-agape investe tutto il mondo
e tutta lumanit, am ata da Dio, chiamata alla salvezza integrale in
Cristo. Lamore ai fratelli implica necessariamente un impegno di
animazione cristiana di tutti quei plessi di rapporti umani che costi
tuiscono le comunit umane a tutti i livelli; un impegno di libera
zione dalle oppressioni e di promozione um ana per le singole persone
e per i gruppi; un interesse particolare per i poveri, gli emarginati
e gli oppressi.
compito essenziale della testimonianza-annuncio cristiano, cio
dell'evangelizzazione-catechesi, proclam are e testimoniare con la vita
l'integralit di questa salvezza liberante e umanizzante. Il che significa
che levangelizzazione-catechesi possiede necessariamente anche una
funzione di promozione e liberazione delluomo. La comunit cristiana,
perci, non pu disgiungere il suo impegno di evangelizzare da quello
di promuovere uneducazione liberatrice e umanizzante per tutti gli
uomini, in particolare per i poveri e gli emarginati.
Quindi lazione evangelizzatrice-catechetica delle comunit cristia
ne non pu attuarsi adeguatamente se non mette in opera anche dei
processi educativi di liberazione e umanizzazione. Essa non siden
tifica coi processi educativi, ma li implica necessariamente [ e d u
c a z io n e ].
E ci a motivo della dinamica stessa della fede, interam ente orien
tata verso lortoprassi in un orizzonte escatologico di speranza. Ledu
cazione delle generazioni in crescita, come pure quella permanente
degli adulti, pur restando uneducazione autenticam ente umana, di
viene educazione cristiana, perch uneducazione a partire dalla
fede, un'educazione cio alla quale la fede cristiana offre orizzonti
di significato, motivi, impulsi, ma soprattutto la sua finalit ultima,
la salvezza e santit cristiana, la sequela e limitazione di Cristo, che
le danno il suo senso profondo e definitivo.
In altri termini, leducazione viene inserita in un processo pasto
rale, la cui finalit suprema la salvezza cristiana, intesa nel suo
significato pi ampio.
1.2. Levangelizzazione-catechesi come processo educativo di m atu
razione della fede, di conversione in un mondo secolarizzato
Lannuncio-testimonianza dellazione salvifico-liberatrice di Dio nel
Cristo e del messaggio in essa contenuto, come pure linterpreta
zione della realt e della vita alla luce di tale evento e messaggio,
sono rivolti a uomini (giovani e adulti), immersi di fatto in processi
di socializzazione e inculturazione, al di dentro dei quali si dovrebbe
m ettere in opera un processo educativo critico, liberante e umaniz
zante, tutto teso ad una loro maturazione um ana in un orizzonte
40
di fede. Ora l'opzione globale di fede, che il prim o annuncio ha lo
scopo di suscitare e la catechesi deve poi esplicitare fino a perva
derne tutta la vita del credente, se da una parte dono di Dio, dal
l'altra, nella sua realt di atto umano, soggetta a tutti i condizio
namenti di una scelta umana. Si sa infatti che la libert um ana e il
senso di responsabilit sono doti che l'uomo possiede solo germi-
nalmente; doti che ciascuno deve far m aturare gradualmente me
diante leducazione; doti che, non coltivate, si deteriorano.
Perci, in quanto atto umano, l'opzione globale di fede ha bisogno
di m aturare attraverso i processi educativi di cui abbiamo parlato.
In questo senso si pu parlare di educazione della fede; si tratta,
per, di uneducazione della fede solo indiretta. Le scelte di fede dei
cristiani, come singoli e come comunit, diverranno sempre pi
libere e responsabili, sempre pi m ature, quanto pi um anam ente
m aturi saranno i cristiani che le pongono e le comunit in cui essi
vivono la loro esperienza di fede.
Tale educazione del cristiano, tale maturazione indiretta della sua
fede o di tutto il suo essere cristiano avvengono oggi in un mondo
ampiamente secolarizzato e ideologicamente pluralistico, e non pi
in un ambiente di cristianit . Questo fatto impone alle comunit
cristiane e alla Chiesa universale opzioni nuove e coraggiose, anche
nel campo delleducazione e della pedagogia.
L'argomento, per, troppo impegnativo ed esige una trattazione
a parte. Diciamo soltanto che la Chiesa deve preoccuparsi di form are
persone e comunit cristiane m ature; i singoli cristiani, ciascuno
secondo le proprie competenze e i propri carismi, devono impegnarsi
nelle strutture e istituzioni educative esistenti o progettarne delle
nuove, non tanto per servirsene come strum ento di evangelizzazione-
catechesi, ma invece per renderle, sotto lispirazione della loro fede,
agenzie di autentica educazione critica, umanizzatrice e liberatrice
neirorizzonte della fede [ ^ c r is t ia n o ] .

2. Conseguenze operative
2.1. Evangelizzazione dei cristiani anagraficamente tali
La generalizzazione indiscrim inata del battesimo dei bambini, gi
denunciata da Dom Cabrol allinizio del secolo, e la concessione del
matrimonio-sacramento a gente incredula o per nulla preparata,
anche se battezzata e con una pratica religiosa (messa-confessione)
molto irregolare, si sono rivelate concause del basso livello di vita
cristiana delle nostre comunit ecclesiali. Molti dei loro membri
infatti (battezzati, cresimati, che si sposano in chiesa, che esigono
la sepoltura religiosa per i loro defunti ed hanno ancora una certa
41
pratica cultuale) non si sono mai convertiti veramente al cristianesimo,
cio non hanno mai posto in modo esplicito la loro opzione globale
di fede. Quindi devono essere evangelizzati, anche se sono gi stati
sacramentalizzati.
L'aver la Chiesa diretto la maggior parte dei suoi sforzi verso la
catechesi scolastica (quindi dei fanciulli e adolescenti), realizzata
spesso in modo inadeguato, e lavere conseguentemente dimenticato
troppo spesso levangelizzazione degli adulti, in unepoca in cui le
vecchie strutture escogitate a questo scopo (le catechesi domenicali
nella chiesa parrocchiale!) sono ormai scomparse, costituiscono un'al
tra deficienza macroscopica della nostra pastorale evangelizzatrice,
messa in luce anche dalle recenti esperienze catecumenali.
L'impulso innovatore dato dal Concilio Vaticano II a tutta la
pastorale ecclesiale e, in particolare, la promozione del catecume
nato hanno contribuito ad evidenziare un'altra grossa deficienza: la
scarsa capacit della parrocchia-istituzione sia a realizzare un'auten
tica azione kerygmatica tra la sua stessa popolazione, sacramenta-
lizzata ma non ancora veramente convertita, sia ad attuare, con
lausilio delle sue strutture tradizionali, una vera formazione cri
stiana degli eventuali convertiti.
Di conseguenza emersa la necessit di creare comunit nuove,
dotate di una forte carica missionaria, con dimensioni ridotte rispetto
a quelle, spesso enormi, delle parrocchie urbane tradizionali. In que
ste nuove e vere comunit ecclesiali i neoconvertiti dovrebbero poter
trovare quellambiente umano ed evangelico, necessario per realiz
zare una maturazione della loro fede. I cosiddetti gruppi spontanei,
le comunit di base, al di dentro o al di fuori dellistituzione par
rocchiale, talvolta in antitesi ad essa, nonostante le loro intemperanze
esprimono forse lesigenza di un servizio kerygmatico e catecumenale
per la formazione cristiana dei loro membri. Quindi non vanno tra
scurati o combattuti, ma riscattati.
Una delle conseguenze pi evidenti di tutta questa situazione
ecclesiale deficitaria forse la mancanza di una vera coscienza eccle
siale, la mancanza cio del senso di appartenenza alla Chiesa come
comunit dei salvati in Cristo, inserita nel mondo, ma in cammino
verso un compimento definitivo.
La religiosit di questi cristiani battezzati ma non convertiti ,
al di fuori di alcuni impegni esteriori imposti dallistituzione eccle
siastica, quasi esclusivamente individuale; non esiste alcuna parteci
pazione dinamica alla vita della comunit, anche perch, almeno
nelle parrocchie tradizionali, l'aspetto comunitario non sempre
molto visibile.

42
2.2. Componenti di un itinerario di maturazione nella fede (= edu
cazione alla fede)
a) Le componenti personali della maturazione nella fede
L opzione globale di fede
Esistono paesi in cui ci si trova di fronte ad una massa impo
nente di battezzati nell'infanzia, cresimati e comunicati nella fan
ciullezza, istruiti nella religione durante il periodo di scolarit, pi
o meno praticanti, per mai veramente evangelizzati e quindi mai
veramente convertiti.
Il compito prim ario della Chiesa quello di evangelizzarli, annun
ciare loro il kerygma, aiutarli a fare unopzione globale di fede.
La cosa lapalissiana: all'inizio della vita cristiana sta la fede
o la conversione o la metanoia (sono tutti termini equivalenti).
vero che la fede dono di Dio, per anche gesto libero e responsa
bile dell'uomo. Ed anche vero che il dono di Dio s'inserisce nel
l'uomo secondo il modulo umano: Dio chiede all'uomo solo ci che
l'uomo gli pu dare. La libert e la capacit di responsabilit variano
nell'uomo secondo le et (ragazzo, adolescente, uomo adulto, persona
anziana m inata dall'arteriosclerosi), la situazione psicologica e socio-
culturale dei soggetti. Quindi non si pu chiedere a tutti lo stesso tipo
di opzione globale di fede, quanto a libert e responsabilit: ci
che si chiede all'uomo adulto e normale non lo si pu chiedere al
ragazzo o all'atipico o alla persona in condizioni di vita subumane
[ ^ uom o] .
Tuttavia resta vero che, nellordine dinamico, l'opzione globale
di fede per quanto esile possa essere nelle sue componenti di
libert e responsabilit va considerata sempre come la mta del
kerygma e la condizione assoluta di qualunque azione pastorale
ulteriore che tenda a far m aturare il cristiano, battezzato in te
nera et.
Dallopzione globale di fede al progetto di vita ispirato dalla
fede
L'opzione globale di fede solo linizio della conversione, intesa
come metanoia. La conversione un processo che ha il suo punto di
partenza nell'opzione globale di fede e il suo punto di arrivo nella
costruzione di un progetto generale di vita, ispirato dalla fede (nel
quale per siano assunte le attese, le speranze, le aspirazioni auten
ticamente umane che un uomo del nostro tempo coltiva nel suo
spirito). Solo quando la fede diviene progetto di vita raggiunge la
sua maturazione.
Una persona m atura quella che riuscita a creare una profonda
integrazione nella sua condotta, unificandone le componenti elemen
tari in una struttura organica. Ora una delle condizioni pi im por
43
tanti, anzi la condizione prim a per la realizzazione di questa integra
zione della personalit data dalla presenza di un progetto generale
di vita, nel quale siano assunte le aspirazioni autenticamente umane
della persona.
Luomo, che attratto dalla grazia si convertito, cio ha fatto
lopzione di fede, non per questo ha immediatamente realizzato una
profonda unificazione della sua personalit. Anzi molte volte la fede
provoca uno sconvolgimento sia sul piano del pensiero che su quello
della condotta pratica.
La fede non pu restare in questa situazione precaria e conflit
tuale. indispensabile che il convertito, nellorizzonte della sapienza
che gli proviene dalla fede, riesca a fare una scelta tra le aspirazioni,
le speranze e i desideri che egli ha finora coltivato. Si tratta di un
lavoro lungo di ricostruzione di s e del proprio progetto di vita, dove
tutto ci che autenticam ente umano trovi il suo posto giusto, dove
la gerarchia dei valori sia salvata.
Questo lavoro difficilmente pu essere fatto da soli. La necessit
di una comunit educativa, quindi m atura, che segua il neoconvertito
nel suo faticoso processo di costruzione di un progetto di vita ispi
rato alla fede, sembra cosa evidente. Ritorneremo pi avanti sul
largomento.
Dall'opzione globale di fede allacquisizione delle attitudini
cristiane
Convertirsi non significa soltanto rispondere di s aHinvitG del
Padre, accettare il Cristo, facendo unopzione globale di fede; con
vertirsi significa anche saper tradurre nella pratica gli impegni che
provengono dalla propria scelta. Anche quando lopzione globale di
fede si trasform ata in progetto cristiano di vita, non per questo si
colmato tutto il vuoto che esiste tra le aspirazioni-speranze e la
condotta effettiva. Litinerario della maturazione nella fede implica
ancora un lavoro lungo e faticoso di acquisizione di attitudini (o, come
altri preferiscono, di atteggiamenti) cristiane.
Per attitudini cristiane intendiamo quelle disposizioni permanenti
o strutture dinamiche, che orientano il soggetto a valutare o ad agire
costantemente, con facilit e soddisfazione, senza dissidi interiori e
senza ansie, secondo gli obiettivi remoti o immediati, contenuti nel
suo progetto di vita ispirato dalla fede. Acquistare attitudini cristiane
significa impostare un lavoro di apprendimento della vita cristiana.
Si noti: la mta di tale lavoro non sta nellassimilazione di un
modello di condotta preesistente, nelladattarsi cio ad un tipo di
cultura o nellintegrarsi in un sistema, muniti delletichetta cristiana.
Consiste invece, sulla base di quei tratti positivi della personalit
che ogni uomo m aturo dovrebbe possedere, nel promuovere nel cri
stiano quella complessa struttura dinamica che lo abilita a inventare,
44
nelle concrete circostanze della vita, quegli atteggiamenti e quelle
condotte che realizzano effettivamente il suo progetto di vita.
La necessit dellazione educativa di una comunit m atura per
la realizzazione di questo lungo e faticoso itinerario cosa che salta
agli occhi [ ^ COMUNIT e d u c a t iv a ] .
Itinerario di maturazione nella fede e sacramenti
Esistono due processi profondam ente connessi e interdipendenti:
il passaggio dallopzione globale di fede alla costruzione di un pro
getto generale di vita, ispirato alla fede e inglobante le aspirazioni
autenticam ente umane del neoconvertito; l'acquisizione delle atti
tudini cristiane per poter tradurre nella prassi il progetto di vita.
Essi devono essere portati avanti contemporaneamente. Il loro pro
gredire unitario costituisce appunto litinerario di maturazione nella
fede.
Questitinerario, oltre ad essere, come abbiamo gi detto, lungo
e faticoso, compiuto, non dimentichiamolo, da convertiti gi bat
tezzati, persone cio che hanno in passato ricevuto diversi sacramenti.
Ora si sarebbe tentati, una volta che essi hanno fatto lopzione glo
bale di fede, di reinserirli subito e pienamente nella pratica sacra
mentale: messa domenicale, confessione, comunione, ecc. Siamo con
vinti che tale prassi pastorale sarebbe un errore per diversi motivi.
Anzitutto la loro conversione solo globale e iniziale. Essi hanno
aderito al Cristo, hanno accettato di sottom ettere al Signore il loro
pensiero e la loro vita. Non hanno, per, ancora esplicitato tutta la
portata di tale impegno. Devono ancora essere aiutati a trasform are
lopzione globale in un progetto di vita; devono acquistare quelle
strutture dinamiche cristiane che garantiranno una realizzazione
creativa del loro progetto di vita. Per questo hanno bisogno di tempo.
La pratica sacramentale (messa domenicale, confessione e comunione),
per non diventare pura formalit, simbolo senza contenuto, deve
essere uno dei punti darrivo della formazione precedente, deve en
trare nel loro progetto di vita attraverso una scelta libera e respon
sabile.
Esiste pure un altro motivo non meno im portante. La prassi
sacramentale, cos come generalmente vissuta in una parrocchia
tradizionale, non li aiuter a scoprirne il vero significato religioso
e comunitario; anzi potrebbe essere pi di ostacolo che di aiuto per
la maturazione della loro opzione di fede.
Quindi simpone la necessit di non inserirli subito nella comu
nit parrocchiale (che, molte volte, comunit pi di nome che di
fatto), ma in una comunit pi piccola, che sia veramente tale, pos
sibilmente parte della parrocchia o avente caratteristiche particolari,
di cui diremo pi avanti.
In questa comunit la loro formazione cristiana non esclude affatto
45
uniniziativa liturgica (per es. celebrazione della Parola, celebrazioni
penitenziali, riti simbolici, ecc.), anzi la postula, purch non sia
ancora quella propriam ente sacramentale. A questa i neoconvertiti
dovranno arrivare solo dopo un certo tempo, cio quando siano ad
essa convenientemente preparati.
b) La componente comunitaria della maturazione nella fede
Nelle pagine precedenti abbiamo continuamente fatto riferimento
alla componente com unitaria di questitinerario di maturazione nella
fede, nel senso di uninsistenza sulla necessit di una comunit
speciale, diversa da quella della parrocchia-istituzione, che si pren
desse cura di questi neo-convertiti e li seguisse nel processo di ma
turazione fino a un loro pieno inserimento nella comunit dei fedeli.
giunto il momento di chiederci quali debbano essere le condizioni
perch questa comunit sia un ambiente adatto alla realizzazione
di questitinerario di maturazione nella fede.
La piccola comunit evangelizzatrice
Non pu essere anzitutto una comunit troppo grande. Sarebbe
comunit solo giuridicamente, ma non in realt. Proprio per questo
non pu essere la parrocchia tradizionale che, tra laltro, gi molto
assorbita in una serie di compiti amministrativi, che lascerebbero
troppo poco spazio per questazione fortemente impegnativa e in-
dividualizazta.
Devono essere invece piccole comunit, nelle quali lelemento co
munione tra i membri sia evidente: potrebbero essere dei gruppi
spontanei o comunit di base. Non per questo, per, la parrocchia
verrebbe tagliata fuori da quest'opera di evangelizzazione. Essa avreb
be il compito di promuovere la nascita di tali gruppi o comunit;
oppure di accettarli, nel caso che fossero sorti in essa spontaneamente.
Qui, per, dobbiamo evitare un grande equivoco. Quando par
liamo di gruppi spontanei o di comunit di base intendiamo gruppi
di cristiani convertiti, che hanno gi percorso un buon tratto del
loro cammino di maturazione nella fede e che simpegnano per una
azione di testimonianza evangelizzatrice. chiaro che un gruppo
spontaneo, formato da cristiani e non cristiani, avente come scopo
unazione di liberazione umana in un determinato contesto socio
politico, certamente una piccola comunit, ha una sua validit
umana e cristiana, pu e deve essere promosso e aiutato, anche dalla
parrocchia. Per non la piccola comunit evangelizzatrice, di cui
intendiamo parlare, perch non ci sembra lambiente appropriato
in cui far m aturare lopzione globale di fede dei neoconvertiti.
Non escludiamo che, una volta che la loro fede sia m aturata, essi
possano anche far parte di tali gruppi o esserne addirittura i pro
46 .
motori. Per, nel periodo di maturazione nella loro fede, hanno
bisogno di un altro tipo di piccola comunit: una comunit cio in
cui la preoccupazione di un approfondimento della fede, come opzione
e come contenuto, sia attuata organicamente, in un graduale clima
di preghiera e dimpegno per i fratelli. Non escludiamo da queste
comunit la dimensione dei fratelli bisognosi e emarginati; diciamo
solo che tale dimensione non pu essere lunica e nemmeno la prin
cipale, ma va integrata nel complesso lavoro di acquisizione delle
attitudini cristiane in tutti i settori dellesistenza.
La comunit del dialogo
Sembra che una delle condizioni principali perch una comunit
possa esercitare una funzione formativa sui suoi membri sia il dialogo.
Nel caso poi di neoconvertiti il dialogo, adeguatamente inteso, sembra
lunica via per una crescita vera del cristiano, per evitare cio larresto
del suo itinerario di maturazione nella fede e stadi infantili o ado
lescenziali, magari sotto lo specioso pretesto dellobbedienza o del
rispetto di prassi tradizionali.
In una comunit si ha dialogo , quando questo permea tutti i
rapporti interpersonali come atteggiamento, come comunicazione e
come collaborazione.
1) Latteggiamento di dialogo: Esso sidentifica ultimamente con
lapertura e laccettazione della persona dellaltro e si realizza in
concreto quando ci si sa m ettere in contatto con lui e, di fronte ad
un suo comportamento (qualunque esso sia), si capaci di rispon
dergli (in modo verbale o no) con franchezza e sincerit, senza tu t
tavia includere in questa risposta un giudizio (positivo o negativo)
sulla sua persona. Questa capacit di dialogo come atteggiamento
strettam ente dipendente da uno dei tratti pi caratteristici della
persona m atura, cio quello della sicurezza di s, che libera dal
bisogno compulsivo di difesa.
Perci la comunit che accoglie il neoconvertito deve possedere
cristiani umanamente m aturi; inoltre tutti i suoi membri devono
sforzarsi di acquisire questa capacit di dialogo come atteggiamento.
2) Il dialogo come comunicazione: reso possibile dalla dispo
sizione precedente. Accettando e stimando la persona dellaltro,
possibile comunicare con lui, cio m ettere in opera un procedimento
col quale si trasm ette allaltro una conoscenza, uninformazione, uno
stato emotivo, realizzando con lui un vero rapporto interpersonale.
La possibilit di unautentica comunicazione im portantissim a
in questo periodo di formazione cristiana e di maturazione nella
fede, perch soprattutto mediante una comunicazione vitale ed esi
stenziale che i cristiani, membri della comunit, impediscono al
neoconvertito di sentirsi emarginato, ma al contrario lo mettono in
47
grado di assimilare i contenuti del messaggio cristiano e apprendere
quei comportamenti, che form eranno lentamente in lui le attitudini
cristiane, rendendolo cos sempre pi m aturo nella sua fede.
3) Il dialogo come collaborazione: Viene ad essere come il co
rollario delle due disposizioni precedenti. Qui si parla di collabora
zione per la realizzazione di una m ta comune: sono fratelli in ten
sione e in cammino verso una conversione sempre maggiore al Cristo.
Chi pi avanti, non per questo in una situazione di privilegio,
ma di maggior impegno e servizio verso laltro.
Una collaborazione in atteggiamento di dialogo significa instaurare
un rapporto umano, al di dentro del quale le persone siano total
mente disponibili lu n a verso laltra e pronte contemporaneamente
ad essere modificate dal rapporto medesimo. In questopera colla-
borante di conversione cristiana tutti dnno e tutti ricevono, e cos
la comunit cresce proprio in quanto comunione.
Comunit in cui si attua una maturazione della fede a dimen
sione catecumenale
Da tutto quello che abbiamo detto risulta almeno lo crediamo
che queste comunit realizzano, sia pure in una situazione diversa
da quella in cui si trovava la Chiesa del iii secolo, il principio ispi
ratore dei gruppi catecumenali. Allora chi era ammesso al catecu
menato faceva gi parte della comunit cristiana (era un cristiano),
pur non appartenendo ancora a quella dei fedeli. Il che significa che
al di dentro della comunit cristiana coesistevano in piena armonia
due comunit: una form ata esclusivamente di fedeli, e laltra, quella
catecumenale, form ata di fedeli (i garanti o padrini, i doctores
o catechisti) e di catecumeni.
Ora le comunit, che abbiamo descritto nelle pagine precedenti,
pur essendo solo di battezzati (di cui per, una parte, come i cate
cumeni del III secolo, sono dei neoconvertiti alla fede), realizzano
lo spirito che animava le antiche comunit catecumenali, quindi
giustamente si possono considerare come le vere eredi di quelle.
E i gruppi istituzionali?
Una parrocchia oggi possiede tutta una serie di istituzioni tradi
zionali (pensiamo ai gruppi giovanili, alle molteplici associazioni reli
giose, a quelle di A.C., ecc.), al di dentro delle quali esistono cristiani,
che hanno ratificato il loro Battesimo con unopzione di fede, co
sciente e responsabile. Parecchi di loro sono cristiani gi m aturi
nella loro fede, capaci di dialogo, anim ati da spirito missionario.
Crediamo che questi gruppi gi esistenti possano collaborare alla
formazione di comunit cristiane a dimensione catecumenale, sia
divenendo essi stessi comunit catecumenali sia fornendo cristiani
m aturi per altre comunit catecumenali in via di formazione.
48
3. Conclusione
Oggi il sentimento di appartenenza alla Chiesa si allentato o
diventato quasi inesistente in molti cristiani. Sembra che tale senti
mento sia notevolmente importante, come condizione psico-sociolo
gica di una vita religiosa in un mondo scristianizzato e secolarizzato.
Siamo convinti che una delle strade da percorrere per ridare ai
cristiani un vivo senso di appartenenza alla Chiesa, che giunga, nei
casi ottimali, fino allidentificazione col gruppo ecclesiale, sia da con
siderarsi la creazione di queste piccole comunit a dimensione cate-
cumenale, nelle quali i neoconvertiti possano percorrere il lungo e
faticoso itinerario di maturazione dell'opzione globale di fede. Non
basta provocare conversioni; necessario aiutare i convertiti a m a
turare nella loro fede. Sembra che la via segnalata abbia buone
possibilit di riuscita.

BIBLIOGRAFIA
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T o nelli R., Pastorale giovanile. Dire la fede in Ges Cristo nella vita quo
tidiana, Roma, LAS, 1982.

49
4.
INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE
ED EVANGELIZZAZIONE
Joseph Gevaert

1. Alcune precisazioni - 2. Il pluralism o religioso - 3. Lesigenza della scuola


educativa 4. L'IR come m ateria scolastica - 5. C reare reali p ossibilit per
im postare la v ita secondo la fede - 6. Insegnam ento della religione ed evange
lizzazione - 7. Insegnam ento della religione e p astorale scolastica.

1. Alcune precisazioni
Esiste oggi un consenso abbastanza diffuso sul fatto che linse-
gnamento della religione ( = IR) nella scuola cattolica, come in quella
statale, non pu semplicemente identificarsi con un corso di cate
chesi in senso stretto, orientato a form are i membri (professanti)
della Chiesa o i catecumeni che intendono diventare cristiani. Il
problema, ampiamente e appassionatamente discusso per lIR nelle
scuole statali, e risolto in modo soddisfacente nel documento del
Sinodo nazionale delle diocesi tedesche, anche stato esaminato in
modo approfondito per le scuole cattoliche.
Il ritorno su questo problema si giustifica per il fatto che non
pochi sacerdoti e laici tendono tuttora a considerare lora di reli
gione come la realizzazione della catechesi ecclesiale in senso stretto.
Vorrebbero ancora considerarla come il modo ovvio e indiscusso
per assolvere il m andato ecclesiale di formare alla m aturit della
fede i giovani battezzati. Atteggiamento che poi nella pratica della
scuola si traduce in amare delusioni e clamorosi fallimenti educativi.
Oppure vivono con lidea che limpostazione scolastica dellIR in
fondo un tradim ento del suo carattere catechetico, e in genere una
rinuncia della scuola cattolica alla sua missione evangelizzatrice.
Da un altro lato, pur riconoscendo il carattere particolare e relativa
mente diverso dellIR rispetto alla catechesi ecclesiale, molti hanno
difficolt per situarlo concretamente sia nel rapporto con le finalit
educative sia con la missione evangelizzatrice della scuola cattolica.
Dedicando l'attenzione al solo punto dellIR nella scuola catto
lica, indispensabile precisare prim a di tutto che il problem a del
leducazione cristiana e dellevangelizzazione nella scuola cattolica
molto pi ampio e complesso. LIR (le due o tre ore settimanali
50
di religione, obbligatorie, inserite neUorario scolastico), per quanto
molto rilevante e indispensabile, ne costituisce soltanto un lim itato
aspetto. Senza esagerare si pu affermare che limpostazione cristiana
globale della scuola cattolica pix determinante che non il solo
corso di religione. Lintero processo educativo, nella teoria e soprat
tutto nella pratica, deve essere basato su Ges Cristo. Tutte le attivit
d insegnamento e di formazione devono in un certo senso contribuire
alla formazione cristiana. Sono particolarm ente rilevanti i rapporti
educativi tra insegnanti e allievi, come pure la collaborazione con
le famiglie e con le parrocchie. Fin dallinizio va anche detto che nel
quadro della scuola cattolica ci pu e ci deve anche essere spazio
per attivit di vera catechesi ecclesiale o catecumenale, fuori del
lorario scolastico e sulla base di libert.
Soltanto nel contesto di questa cattolicit operativa che si con
creta nellintera impostazione educativa della scuola cattolica pu
anche porsi con serenit il problema dellIR e il suo relativo contri
buto allevangelizzazione. Altrimenti, lIR come un masso erratico,
come purtroppo lo generalmente nelle scuole statali, dove non
sostenuto da un progetto educativo dispirazione cristiana.
In ogni caso ci vuole grande realismo per non form ulare nei
confronti dellIR delle attese che esso in nessun modo pu colmare.

2. Il pluralismo religioso
Un primo fatto determ inante per cui lIR scolastico non pu
semplicemente identificarsi con la catechesi ecclesiale costituito
dal pluralismo religioso che di fatto incide profondamente sulla scuola
cattolica e in genere dalla situazione missionaria in cui essa si trova.
a) Lincidenza del pluralismo religioso si manifesta anzitutto sul
piano dei genitori che affidano leducazione dei propri figli alla scuola
cattolica. Indubbiam ente ci sono anche genitori che si lasciano gui
dare dalla convinzione di fede, desiderando uneducazione scolastica
che per lo meno non sia dannosa o in contrasto con la fede dei figli.
Molti non sono condotti dal motivo esplicito della formazione reli
giosa e cristiana. Molti nella vita personale non sono cristiani prati
canti, o solo vagamente legati alla Chiesa. Alcuni non sono nemmeno
credenti [ ^ c r is t ia n o ] .
Tutto ci sta a indicare che anche il contratto educativo tra i
genitori e la scuola cattolica diverso rispetto ad altri tempi. Taci
tam ente si accetta, da parte delle scuole cattoliche, che anche i motivi
puram ente educativi, umanistici ed etici, sono un fondamento suffi
ciente per partecipare alla scuola cattolica. Si accetta di fatto che
gli allievi non vengano prim ariam ente in vista delleducazione cate
51
chistica o per l'educazione esplicita come membri (professanti) del
la Chiesa.
In concreto dunque le scuole cattoliche non esistono pi in primo
luogo e per tutti gli allievi come practicum di vita cristiana. Esse
si situano diversamente rispetto all'evangelizzazione della Chiesa
[ ^ c h i e s a ].
b) Il pluralismo religioso degli allievi non diverso da quello
dei genitori. Anche questo costituisce un problema fondamentale
per chi volesse im postare l'IR come catechesi ecclesiale nel senso
stretto della parola.
La maggior parte degli allievi che in Europa frequentano la scuola
cattolica sono battezzati, anche se il numero dei non battezzati in
rapido aumento. Ci non significa per che questi allievi sono cat
tolici di scelta personale. Trattarli tutti indistintam ente come per
sone che hanno gi fatto la scelta di aderire personalmente a Cristo
e di impostare la loro vita secondo il suo insegnamento sarebbe un
errore educativo e pastorale.
c) Per onest bisogna anche accennare al pluralismo religioso
degli educatori. Tra gli educatori e gli insegnanti si trovano persone
che non praticano pi o che non sono d'accordo con certi insegna-
menti ufficiali della Chiesa. Questo fenomeno causa grossi problemi per
i responsabili e per l'attuazione di un progetto educativo verso il quale,
almeno nel cuore, formulano riserve e prendono qualche distanza.
Questinsieme di dati m anifesta fino a che punto almeno in
Europa la scuola cattolica lavora orm ai in una situazione mis
sionaria. Bisogna avere il coraggio di riconoscere realisticamente
che la missione gi allinterno della scuola cattolica. Inoltre, il
fatto che tutti questi allievi, con una collocazione cos diversa rispetto
alla fede, confluiscono nel corso obbligatorio di religione costituisce
praticam ente un problema insuperabile per coloro che volessero im
postare questo corso come una rigida catechesi per i membri pro
fessanti della Chiesa.
3. L'esigenza della scuola educativa
Un secondo fatto incide profondam ente sulla natura e sullim
postazione dellIR scolastico. Il fatto che l'IR sinserisce nel piano
didattico della scuola fa s che esso deve lealmente rispettare gli
obiettivi e i metodi della scuola come scuola. Anche il documento
vaticano sulla scuola cattolica afferma che per comprendere in
profondit quale sia la missione specifica della Scuola cattolica,
opportuno richiamarsi al concetto di "scuola, precisando che se
non scuola, e della scuola non riproduce gli elementi caratte
rizzanti, non pu essere scuola "cattolica" (n. 25).
52
Tale principio evoca numerosi problemi di fondo che lo spazio
a nostra disposizione non perm ette di sviluppare in nessun modo.
In concreto, applicato all'IR, il principio del rispetto della figura
autonoma e secolare della scuola significa: 1) che la religione cri
stiana studiata nellorario scolastico non soltanto perch si tratta
di una scuola cattolica, ma anche perch la m aturit umana, cultu
rale e sociale, che bisogna raggiungere tram ite la scuola, lo richiede;
2) che lo studio della religione viene fatto in ogni caso come con
tributo per il raggiungimento degli obiettivi educativi della scuola;
3) che nello studio della religione cristiana vengono usati metodi
dapprendimento e forme desperienza che in genere si armonizzano
con lapprendimento scolastico.
In particolare si pone la domanda quali sono gli obiettivi edu
cativi della scuola moderna. Senza esaurire questo ampio e com
plesso problema, si pu rilevare un sostanziale accordo su tre punti,
che sia il documento sulla Scuola cattolica sia vari studiosi cat
tolici hanno messo in luce:
La scuola educativa moderna luogo di formazione integrale
attraverso lassimilazione sistematica e critica della cultura [...]
luogo privilegiato di promozione integrale mediante lincontro vivo
e vitale con il patrim onio culturale (n. 26).
Per il nostro intento, cio chiarire la distinzione tra IR e cate
chesi in riferimento alla scuola cattolica, pi im portante sottolineare
che dalla scuola educativa si aspetta anzitutto una mediazione seria
e profonda della dimensione cristiana e religiosa della cultura occi
dentale (passata e presente). Per comprendere la cultura nella quale
si vive e gli uomini credenti cristiani con i quali bisogna costruire
la societ del domani, indispensabile risalire, al di l dellim patto
storico del cristianesimo, verso la fede cristiana che la sorgente di
una grande presenza in tutti gli ambiti della cultura. La m aturit del
giovane che lascia la scuola presuppone appunto che abbia una cono
scenza qualificata di ci che la dimensione religiosa dellesistenza,
e in particolare della fede cristiana [ ^ c u l t u r a ].
In secondo luogo la scuola m oderna ha di m ira non solo la
formazione dellintelligenza scientifica, ma anche la formazione per
sonale dellallievo, la possibilit di realizzarsi come essere um ano
attraverso lo studio delle principali dimensioni della cultura. La
identit personale particolarm ente connessa con i grandi interro
gativi esistenziali che si concentrano attorno al problema del senso
ultimo dellesistenza umana.
In terzo luogo la scuola m oderna attenta a una trasm issione
culturale che forma latteggiamento critico e socialmente impegnato.
Non si tratta dindottrinare a un particolare patrim onio culturale
o a una forma concreta di societ esistente, bens di formare per
53
sonalit sufficientemente critiche da poter scegliere fondatam ente gli
elementi culturali che servono per la costruzione di un mondo pi
umano. Inoltre la scuola moderna sensibile per la rilevanza umana
e sociale di tutte le dimensioni culturali che vengono studiate.
Prima di passare a una breve illustrazione del modo in cui queste
caratteristiche della scuola educativa m oderna si concretizzano nel-
lIR scolastico bene attirare subito lattenzione sul fatto che sono
molto diversi tra loro gli obiettivi del corso di religione, in quanto
contributo al raggiungimento degli obiettivi educativi della scuola,
e gli obiettivi di una catechesi in senso stretto, orientata anzitutto
verso la formazione dei membri professanti della Chiesa. Perci dal
punto di vista della scuola come tale non certo evidente che abbia
senso inserire nellorario una o due ore settimanali di catechesi cate-
cumenale, come daltra parte, dal punto di vista della formazione
strettam ente catechistica, dubbio se lorario scolastico sia un luogo
veramente adatto. Forse per questa ragione negli ultim i anni i docu
m enti ufficiali della Chiesa hanno insistito con una certa frequenza
sul fatto che il luogo appropriato per la catechesi la comunit di
fede (la parrocchia) e la famiglia, e secondariamente altri ambienti.

4. LIR come m ateria scolastica


Se lIR vuole avere un posto neHorario scolastico ed avere carat
tere obbligatorio per tutti gli allievi, nel pieno rispetto dellindiscu
tibile pluralismo di fronte alla fede cristiana, indispensabile che
esso prenda la figura di una vera e autentica m ateria scolastica. Per
realizzare la sua impostazione scolastica non bisogna guardare innan
zitutto verso il modello della formazione catecumenale, bens verso
le altre materie scolastiche.
a) Insistere che lIR deve avere il carattere di un'autentica ma
teria scolastica significa anzitutto che la formazione dellallievo viene
realizzata attraverso il duro lavoro di studio, cio attraverso lap
prendimento qualificato di una grande dimensione culturale esistente.
Uno studio culturalmente qualificato del cristianesimo richiede
dunque l'esplorazione sistematica e organica delle principali dimen
sioni della realt cristiana. In concreto: 1) la dimensione dottrinale
o cognitiva, per esempio il credo; 2) la dimensione etica; 3) la dimen
sione dellesperienza religiosa e dei grandi interrogativi esistenziali;
4) la dimensione ecclesiale o comunitaria; 5) la dimensione liturgica
e la preghiera personale; 6) la dimensione sociale e caritatevole.
Diverse di queste dimensioni hanno aspetti e componenti di
natura esperienziale che si possono im parare soltanto nella parteci
pazione personale alla vita cristiana. Questo costituisce indubbia
mente un limite alliniziazione scolastica in m ateria religiosa.
54
Realizzarsi come una vera m ateria scolastica significa anche avere
obiettivi chiari e ben circoscritti, contenuti accuratam ente selezionati,
unequilibrata programmazione per ogni anno, per i diversi cicli,
per i diversi tipi di scuola, studio sistematico e organico.
Le scienze di riferimento (teologia, scienze della religione, antro
pologia) condeterminano lapproccio allo studio del cristianesimo.
I linguaggi, i metodi e i mezzi di apprendimento sono quelli che pos
sono avere un posto nella scuola.
La programmazione deve anche essere estremamente realista e
rendersi conto che nel ristretto spazio di due ore settimanali non
possibile un esauriente studio quantitativo di tutte le tematiche
riguardanti il cristianesimo. Sar in genere consigliabile ricorrere
allo studio di tematiche esemplari appartenenti alle dimensioni costi
tutive del cristianesimo.
b) LIR come m ateria scolastica deve per formare lallievo e non
soltanto riempirlo di nozioni oggettive.
Le grandi linee e orientam enti di questa formazione sono gi trac
ciati dagli obiettivi della scuola come tale: esplorazione qualificata
del patrim onio culturale; particolare attenzione ai problemi antro
pologici che riguardano lidentit fondamentale dellallievo; sensi
bilit per la rilevanza vitale e sociale.
Pili specificamente la formazione religiosa e cristiana implica che
lallievo giunga, attraverso lo studio qualificato, a comprendere in
qualche modo che cosa la dimensione religiosa dellesistenza, quali
sono i punti nevralgici della fede cristiana, quale la sua rilevanza
per la vita e per la societ.
Con questo tipo di studio lallievo riesce dunque a collocare
correttam ente le grandi dimensioni della cultura e della storia, e gli
viene anche offerta la possibilit di chiarire il proprio punto di vista.
Analogamente lo studio della dimensione religiosa concretizzata nel
cristianesimo perm ette allallievo di comprendere questa dimensione
dellesistenza, di apprezzarne la rilevanza per la vita e per il mondo,
di collaborare con cristiani credenti nellorganizzazione del civile,
di prendere personalmente posizione di fronte alla fede cristiana.

5. Creare reali possibilit per impostare la vita secondo la fede


Se l'IR scolastico non tratta prim ariam ente gli allievi come membri
professanti della Chiesa, esso andrebbe tuttavia incontro a un inac
cettabile dualismo, se si limitasse al solo obiettivo di una qualificata
trasm issione culturale con scopi di formazione umanistica generale.
Trattandosi di una scuola cattolica o cristiana, la dimensione
scuola e la dimensione cristiana non possono giustapporsi
55
radicalmente. Perci indispensabile, anche in forza dello stesso
progetto educativo che sorregge la scuola cattolica, che il corso di
religione, pur rispettando rigorosam ente gli obiettivi della scuola e
il pluralismo religioso degli allievi, illumini in modo particolare la
fede cristiana. Sarebbe incoerente e pedagogicamente insostenibile
proporre da un lato un progetto educativo basato su Ges Cristo,
e da un altro lato non creare per gli allievi reali possibilit dim
postare la propria esistenza secondo la fede in Ges Cristo.
Lespressione creare reali possibilit non una scelta mini
malista. In fondo essa esprime ci che caratterizza ogni autentica
evangelizzazione e catechesi. In ultim a analisi non si pu fare altro
da parte delluomo che creare possibilit perch il dono della fede
dono assolutamente gratuito possa meglio incontrare la libert
delluomo e trovare accoglienza. Daltronde nessun procedimento
educativo pu provocare la fede cristiana.
Affermando per che lIR nella scuola cattolica deve creare reali
possibilit per impostare la vita secondo la fede in Ges Cristo, si
pensa soprattutto a due cose. Da un lato si tratta di sottolineare
che l'IR deve essere impostato e svolto in modo tale che lallievo
possa realmente, sotto l'appello della Parola di Dio, essere affascinato
dalla proposta cristiana. In questo senso bisogna prendere le distanze
da un IR neutrale, che peraltro una pura utopia che non esiste come
tale. Pertanto gli obiettivi didattici, i contenuti, i m etodi... vengono
scelti in modo tale che lo studio del patrim onio cristiano possa costi
tuire una prospettiva concreta per im postare la propria esistenza.
Da un altro lato queste reali possibilit per impostare lesistenza
secondo la fede in Ges Cristo vengono create proprio attraverso
lo studio, e non attraverso il ricorso a esortazioni sentimentali, discorsi
moralizzatori, pressioni pedagogiche di qualsiasi tipo.
Con ci anche detto quanto sia im portante che linsegnante di
religione sia un uomo profondamente credente, che, nel pieno rispetto
delle scelte religiose degli allievi, lascia chiaramente conoscere la
propria convinzione.

6. Insegnamento della religione ed evangelizzazione


Fino a questo momento lIR stato esaminato quasi unicamente
dal punto di vista della scuola come tale. La legittimit di un tale
procedimento sta nel fatto che la scuola cattolica richiede questo
rispetto per la relativa autonomia dei valori e delle istituzioni umane,
e quindi anche per le esigenze della scuola.
Per noi resta per aperto un problema. Questo IR, im postato se
condo le esigenze e gli orientam enti formativi della scuola, im partito
56
a un pubblico che largamente pluralista di fronte alla fede cristiana,
come si situa di fronte alla catechesi, e pii in l di fronte all'evan
gelizzazione?
6.1. La catechesi in senso stretto
Alla luce di tutte le considerazioni precedenti risultano abbastanza
chiare soprattutto due cose. Da un lato lorario scolastico non il
luogo appropriato per la catechesi in senso stretto. Da un altro lato
T ir scolastico non pu semplicemente considerarsi come l'equiva
lente di una vera e completa catechesi [ '^ c a t e c h e s i ] .
Diversi documenti della Chiesa hanno ricordato il significato stret
to del termine catechesi. Catechesi tradendae (n. 18-20), per esempio,
lidentifica praticam ente con la catechesi catecumenale, cio con la
formazione dei membri professanti della Chiesa. La catechesi la
fase che viene dopo il primo e conciso annuncio della persona e del
messaggio di Gesi Cristo, seguito da una prim a conversione o ade
sione a Cristo. Essa il momento dellapprofondimento di questo
primo annuncio ed chiamata a condurre il candidato alla m aturit
della fede e della vita cristiana. Certo, la catechesi deve talvolta fare
opera di supplenza, quando cio le fasi precedenti non sono state
sufficientemente sviluppate o mancano completamente. In ogni modo,
la catechesi in senso stretto presuppone sempre una prim a adesione
di fede, una scelta personale di Cristo, e una domanda di ricevere
dalla Chiesa la piena iniziazione alla fede e alla vita del cristiano.
Inoltre il processo di formazione catechistica in senso stretto
non mai solamente un processo intellettuale, culturale ed educativo,
che m ira al perfezionamento umanistico. un processo formativo
che essenzialmente inserito in altre forme di esperienza e di appren
dimento cristiano. In particolare: 1) la dimensione della preghiera
e della celebrazione; 2) linserimento in unesperienza di comunit
credente; 3) la dimensione della carit e dellapostolato.
Applicando questo concetto stretto di catechesi evidente che
lIR non pu considerarsi catechesi a tutti gli effetti. Da un lato
perch diversi elementi formativi non possono realizzarsi nellorario
scolastico. Da un altro lato perch gran parte degli allievi non sono
ancora al livello di quella scelta che perm ette la partecipazione a una
vera catechesi.
In questa stessa linea si muovono daltronde gli atteggiamenti di
molti giovani che frequentano la scuola cattolica. Essi non rifiutano
lo studio del cristianesimo come contenuto. Anzi molti desiderano
una soda e qualificata informazione. Rifiutano invece ogni forma o
apparenza d'indottrinam ento, di pressione pedagogica, e anche sem
plicemente di essere trattati come cristiani credenti, quando in realt
57
non si considerano tali. I loro atteggiamenti concordano quindi grosso
modo con le esigenze della scuola nei confronti dellIR.
Per evitare possibili e spiacevoli confusioni, sarebbe meglio non
usare il termine catechesi scolastica, ma semplicemente insegna
mento della religione. Cos d altronde stato gi fatto in molti paesi.
Se l'IR non , generalmente parlando, un corso di catechesi in
senso stretto, ci non significa affatto che esso non abbia nulla a
che fare con la catechesi, e tanto meno che esso non sia estrema-
mente im portante per il compito evangelizzatore della scuola cattolica.
Infatti, a seconda della posizione personale degli allievi di fronte
alla fede, questo medesimo studio scolastico della religione cristiana
pu avere una funzione diversa. Per una serie di allievi sar sempli
cemente una trasmissione culturale qualificata, con rilevanza per la
loro formazione umana e sociale. Per altri sar realmente la scoperta
di una dimensione insospettata dellesistenza, scoperta che rende
possibile l'ascolto di un appello che sfida la loro scelta personale.
Per altri ancora, in concreto per i giovani che sono gi m aturati a
un certo livello di fede, pu anche funzionare come elemento di
vera catechesi e contribuire all'approfondimento della loro fede.
Quest'ultimo punto d'altronde importante. Una delle esigenze
della catechesi giovanile precisamente il chiarimento dei rapporti
tra fede e cultura, come anche tra fede e vita. Unadeguata catechesi
giovanile, a livello delle parrocchie o delle associazioni, dovrebbe
comunque inserire nel programma strettam ente catechistico qualcosa
d'analogo con ci che viene esemplarmente assolto dallIR scolastico,
sempre a condizione che questinsegnamento sia svolto secondo
l'impostazione sopra esposta. Di conseguenza le due ore settimanali
di studio scolastico della religione possono avere un enorme signi
ficato catechistico per coloro che fanno un vero iter catechistico.
La mediazione dovr per essere fatta generalmente da un'altra istanza
della scuola cattolica, che prende sempre pi rilievo: la pastorale
della scuola.
6.2. Il rapporto con Vevangelizzazione
Allinizio abbiamo accennato alla situazione missionaria in cui
lavorano la maggior parte delle scuole cattoliche. In questo contesto
lIR si colloca pi realisticam ente in rapporto con le attivit di
evangelizzazione precedenti alla fase della catechesi in senso stretto,
anche perch queste attivit non presuppongono la scelta della fede
e rispettano pienamente la libert del destinatario. Pur costituendo
un servizio particolare della Parola, non confondibile con le altre
forme classiche, lIR ha maggiore affinit con la prim a evangelizza
zione [ ^EVANGELIZZAZIONE E CATECHESI].
Di fatto, pur nella rigida fedelt alla sua impostazione scolastica,
58
TIR nella scuola cattolica svolge la maggior parte dei compiti che
in altri contesti vengono assolti dallevangelizzazione missionaria.
LIR prepara il terreno dove la problematica religiosa diventa rile
vante. Esso combatte lindifferenza religiosa e trova motivi perch
l'uomo s'interessi seriamente ai grandi problemi dell'esistenza umana
che stanno anche nel cuore di ogni religione. Esso focalizza il pro
blema della necessit di salvezza, che luomo vive profondamente
in riferimento alle esperienze negative della vita e in rapporto con
la ricerca di un senso ultimo dellesistenza. LIR porta a un atteggia
mento critico di fronte alle risposte ideologiche sui problemi esisten
ziali e permette di valutare la limitatezza di numerose visioni del
mondo. Inoltre propone nelle linee essenziali la persona e il messag
gio di Ges Cristo, in riferimento alla realt concreta della Chiesa
e della vita cristiana. Tutto ci fatto nel rispetto della persona,
perch essa possa scegliere, con laiuto della grazia divina, la via
dell'ulteriore interessamento al cristianesimo, o comunque situarsi
consapevolmente di fronte al problema religioso.
Il fatto che l'IR svolge tutti questi compiti attraverso lo studio
e con metodi scolastici non cambia nulla d'essenziale alla funzione
che questi elementi possono avere nel divenire delluomo credente
secondo la fede in Ges Cristo.

7. Insegnamento della religione e pastorale scolastica


Per molte persone che hanno difficolt nel riconoscere la parti
colarit dell'IR scolastico e il suo relativo contributo alla catechesi,
pu essere liberante tener presente la distinzione tra IR scolastico
e pastorale della scuola.
A differenza dellIR che obbligatorio per tutti gli allievi, e per
tanto deve essere impostato in modo che possa lealmente essere
frequentato da tutti gli allievi, indipendentemente dalla loro scelta
cristiana personale, la pastorale della scuola deve operare sulla base
di unofferta libera.
La pastorale scolastica organizza gruppi di azione cattolica, gruppi
di preghiera, gruppi di riflessione, gruppi di impegno sociale, itinerari
catecumenali per la cresima o per giovani, ecc. Essa coordina anche
il contributo scolastico dellIR nel quadro dinsieme della pastorale
scolastica.
In questo modo agli allievi cattolici praticanti viene offerto dalla
scuola cattolica, tramite la pastorale scolastica, un practicum di
vita cristiana.
Inoltre compito della pastorale scolastica assicurare la colla
borazione con le famiglie cristiane e con le comunit cristiane (cate
chesi familiare, pastorale giovanile a livello delle parrocchie).
59
Si pu dunque dire che il coordinatore pastorale o catechista
il principale responsabile della catechesi in senso stretto, cio della
formazione dei giovani come membri professanti della Chiesa.

Con tutti i suoi limiti, le sue enormi difficolt e miserie lIR


comunque un punto dincontro dove la Chiesa incontra il maggior
numero di giovani. Esso il luogo dove con sincerit pedagogica e
nel rispetto della libert religiosa si pu fare un discorso religioso
e realizzare una collaborazione che di grande importanza per levan
gelizzazione. Che negli ultimi anni lIR si sia gradualmente pi si
tuato nellarea dellevangelizzazione missionaria e meno in quella della
catechesi strettamente confessionale non toglie nulla allimportanza
che esso riveste per la presenza della Chiesa nel mondo e nella cultura.

BIBLIOGRAFIA
de E. m senanza y C a t e q u e s is (E d .), Documentos colecii-
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V ergote A., La formation de la foi dans une ducation renouvele. Tdche
de lcole chrtienne, in: Lumen Vitae 36 (1981), pp. 15-42.

60
5.
CATECHESI
Emilio Alberich

1. Per un chiarimento concettuale e terminologico - 2. Catechesi e progetto


educativo pastorale - 3. Il rinnovamento conciliare e postconciliare della
catechesi.

1. Per un chiarimento concettuale e terminologico


Sul concetto di catechesi, sul suo inserimento nellinsieme del
lazione pastorale e sul suo rapporto con altri momenti dellagire
ecclesiale (come levangelizzazione, la liturgia, leducazione cristiana,
limpegno apostolico, ecc.) non sempre si hanno idee chiare e con
cordi. Sar utile, in questo senso, tentare una delucidazione delle
realt in gioco.
La catechesi, pur nella diversit delle sue realizzazioni storiche,
appare sempre come un momento tipico allinterno della funzione
profetica o ministero della parola della Chiesa. Secondo una tradi
zionale divisione, si distinguono teoricamente tre grandi momenti
o funzioni nel servizio della parola: Vevangelizzazione (o kerigma ,
o predicazione missionaria ), la catechesi (insegnamento e appro
fondimento della fede) e la predicazione liturgica (o omilia , o pre
dicazione di comunit ). A volte viene ampliato questo schema con
laccenno al momento previo della preevangelizzazione e con laggiunta
della teologia come forma superiore di approfondimento della fede.
Per ragioni sia teologiche che pastorali, questo schema tradizio
nale si rivela oggi alquanto astratto e inadeguato, bisognoso di ripen
samento, soprattutto in riferimento alle frontiere tracciate tra i diversi
momenti pastorali, che appaiono troppo rigide e artificiali:
La cosiddetta preevangelizzazione, se si presenta come una
vera testimonianza del Vangelo anche se magari ancora indiretta
e implicita merita gi il nome di evangelizzazione iniziale, sebbene
bisognosa di completamento, fino allannuncio esplicito del Cristo.
Del concetto e prassi dellevangelizzazione si sono occupati in
modo particolare il Sinodo dei Vescovi del 1974 e la susseguente
esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (1975). prevalsa ormai
la convinzione che meglio non restringere il concetto di evange
61
lizzazione soltanto all'annuncio formale di Cristo ai non credenti,
ma di accettarne una concezione larga e complessa (EN 24) come
annuncio e testimonianza resi al Vangelo da parte della Chiesa, attra
verso tutto ci che essa dice, fa ed . Levangelizzazione racchiude cos
in un certo senso tutto l'agire ecclesiale, per in quanto diventa effet
tivamente annuncio e testimonianza del Vangelo del Regno (EN 15).
La catechesi, allinterno del dinamismo globale dellevange
lizzazione, propriamente ogni forma di servizio della parola eccle
siale orientata ad approfondire e a far maturare la fede delle persone
e delle comunit. Nelle circostanze attuali della pastorale, la cate
chesi deve oggi potenziare la sua dimensione evangelizzatrice, per
risvegliare e stimolare la conversione, l dove non esista di fatto
unadesione personale alla fede cristiana [ ^ e v a n g e l iz z a z io n e e e d u
c a z io n e ] .
Pur nella distinzione tra catechesi e liturgia, si deve ammettere
che l'esercizio della parola di fede allinterno delle celebrazioni litur
giche (omilia, esortazioni, didascalie, canti, ecc.) sono da considerarsi
anche forme di catechesi nella misura in cui servono allapprofondi
mento e maturazione della fede. Questo non significa in modo alcuno
ignorare le caratteristiche particolari della liturgia e della parola
ecclesiale nella liturgia, che vanno sempre rispettate.
La catechesi, cos come stata descritta sopra, pu essere
realizzata in forme molto diverse: private e pubbliche, occasionali o
sistematiche, spontanee o istituzionalizzate: corsi, riflessione di grup
po, itinerari di fede, predicazione liturgica, uso dei media, iniziazione
sacramentale, ecc.
Il fatto che molti aspetti e momenti dellagire pastorale (come
lattivit educativa, lassociazionismo, i movimenti giovanili, ecc.)
possano anche contribuire alla maturazione della fede non dovrebbe
portare a chiamare tutto catechesi, indistintamente. In senso proprio,
meritano il nome di catechesi quelle forme di esercizio della parola
di fede che tendono sAVesplicitazione e approfondimento della fede
e alliniziazione alla vita cristiana. Per le altre funzioni pastorali si
deve dire che, pur non essendo propriamente catechesi, posseggono
una dimensione o valenza catechistica.
Accanto al termine catechesi, vengono spesso usate altre espres
sioni pi o meno equivalenti, il cui significato va per precisato e
interpretato tenendo presenti luso concreto e il contesto culturale
in cui inserito. Per esempio, i termini catecumenato e cate
chismo (come forma di catechesi) esprimono forme storicamente
determinate di svolgimento della funzione catechetica. Nel passato
si parlato di dottrina cristiana , di istruzione catechistica ,
di insegnamento religioso , con significati che solo parzialmente
62
ricoprono la concezione attuale della catechesi. Pi spesso si par
la di educazione della fede o di educazione alla fede come forma
pi adeguata per indicare la catechesi. Altre espressioni frequenti,
come educazione religiosa , formazione religiosa , insegna
mento della religione, o simili, possono di fatto coincidere con la
realt della catechesi, ma tale effettiva coincidenza va verificata in
ogni caso o situazione concreta.
2. Catechesi e progetto educativo pastorale
Lattenzione alla catechesi occupa un posto del tutto centrale
nell'organizzazione dell'azione pastorale in generale, e in ogni pro
getto educativo salesiano in particolare. Infatti:
Nella coscienza della Chiesa, soprattutto per mezzo del Sinodo
dei Vescovi del 1977 e nellesortazione apostolica di Giovanni Paolo II
Catechesi tradendae (1979), emersa la convinzione del posto asso
lutamente primordiale e decisivo della catechesi nellinsieme delle
attivit e preoccupazioni pastorali. Negli ultimi decenni afferma
il messaggio finale del Sinodo la catechesi stata in tutto il mondo
il terreno naturale e pi fruttuoso per il rinnovamento dellintera
comunit ecclesiale (n. 4). E nella Catechesi tradendae il Papa si
dice convinto che, in questi anni della fine del secolo, Dio invita la
Chiesa a rinnovare la sua fiducia nell'azione catechetica come in
un compito assolutamente primordiale della sua missione. Essa
invitata a consacrare alla catechesi le sue migliori risorse ... (n. 15).
Anche la Congregazione Salesiana, soprattutto nel Capitolo
Generale Speciale (1971), ha espresso con parole esplicite e solenni
la priorit della missione catechistica e evangelizzatrice: Nel par
ticolare momento che la Chiesa sta vivendo, la Congregazione Sale
siana orienta decisamente la sua azione verso la pastorale catechistica
e perci si impegna a tutti i livelli nella catechesi, cio nella educa
zione della fede, e promuove il rinnovamento delle singole comunit
affinch diventino "autenticamente evangelizzatrici" (CGS n. 335).
Come conseguenza, si insiste nella necessit, per le comunit
salesiane, di operare un cambio di mentalit, adottare un nuovo
stile comunitario di riflessione e di azione e farsi presenti nel mondo
in modo nuovo (CGS n. 339). in gioco lidentit e autenticit stessa
della nostra missione nella Chiesa, poich la comunit sar sale
siana nella misura in cui sar evangelizzatrice (ibid.).
E difficile dire fino a che punto, nella realt dellazione sale
siana, viene attuata e onorata la centralit della preoccupazione
catechistica e il rinnovamento mentale e operativo che ci comporta.
Lesperienza attesta che, insieme a indiscutibili sforzi e realizzazioni,
63
si lamenta spesso incertezza di programmazione, dispersione delle
attivit, mancanza di idee e convinzioni per quanto riguarda il rin
novamento della catechesi. Non infrequente che lattivit catechi
stica e evangelizzatrice venga di fatto relegata a pochi ambiti setto
riali dazione, quali le funzioni liturgiche, la scuola di religione, le
giornate di ritiro, i gruppi pi sensibili e scelti. Sembra necessario
impostare con maggior chiarezza il problema dell'evangelizzazione
e catechesi e puntare pi seriamente sulla preparazione adeguata del
personale responsabile.

3. Il rinnovarrento conciliare e postconciliare della catechesi


Punto di partenza per un autentico rinnovamento catechistico
anzitutto la presa di coscienza della svolta profonda che la nostra
epoca, soprattutto per mezzo del Vaticano II, ha impresso alla con
cezione e alla prassi della catechesi. un cambiamento talmente
impegnativo e globale che spiega in parte lo smarrimento di non
pochi operatori pastorali, nonch i desideri nostalgici di chi vor
rebbe tornare alla prassi catechistica di un tempo, riprendendo per
esempio il catechismo di Pio X, o strumenti simili della catechesi
tradizionale. La difficolt eventuale di entrare nella nuova mentalit
non deve per spingerci verso il passato, ma deve trovare apertura
e volont per inserirsi nella nuova coscienza catechistica della Chiesa.
Si pu dire che il Concilio segna la fine di unepoca: quella che
convenzionalmente si pu chiamare lepoca del catechismo . Sin
tende designare cos un lungo periodo storico, praticamente dal
Concilio di Trento fino al Vaticano II, che pu essere caratterizzato
dalla centralit del catechismo , cio di quel compendio della
dottrina cristiana, generalmente in forma di domande e risposte,
che costituisce il contenuto essenziale della formazione alla vita
cristiana. La catechesi (chiamata pi spesso istruzione religiosa ,
insegnamento della dottrina cristiana , o semplicemente catechi
smo ) appare essenzialmente come spiegazione e applicazione del
catechismo. Tutta una visione teologica della rivelazione, della fede
e della Chiesa presupposta in questa concezione, che per molto
tempo rimasta alla base di tante iniziative catechistiche, anche se
spesso non poche novit metodologiche sono state introdotte a modo
di aggiornamento e rinnovamento (per esempio: metodi attivi, dram
matizzazione, uso di sussidi vari, impiego deHaudiovisivo, ecc.).
Il Vaticano II ha significato un cambiamento di fondo in questa
concezione, raccogliendo e superando ampiamente le spinte pi valide
del movimento catechistico europeo (specialmente tedesco e fran
cese). Pur senza trattare esplicitamente del tema catechistico, il
Concilio ha trasformato gli orizzonti teologici e pastorali che stanno
64
a monte dellopera catechistica, quali la teologia della rivelazione e
della fede (DV), il significato dellevangelizzazione (AG), la concezione
ecclesiologica (LG, SC, AG, GS), la nuova visione dei rapporti tra
Chiesa e mondo (GS), tra fede e cultura, tra Chiesa cattolica e altre
confessioni, rehgioni e ideologie (GS, DH, NA, AG, ecc.).
Limpatto dell'opera conciliare stato grande e profondo, nei
confronti della catechesi. nato cos nel postconcilio un periodo
estremamente ricco e fecondo, anche se non privo di eccessi e am
biguit, caratterizzato dal ripensamento globale del significato della
catechesi e dalla ricerca di nuove vie per unadeguata trasmissione
e educazione della fede. Anche in forma ufficiale le chiese particolari
e la Santa Sede si sono fatte promotrici del rinnovamento, special-
mente attraverso documenti e momenti particolari di riflessione col
legiale. In questo senso abbiamo oggi a disposizione un patrimonio
notevole che merita di essere studiato e approfondito: direttori na
zionali, documenti di assemblee episcopali, il Direttorio catechistico
generale del 1971, i due Sinodi dei Vescovi del 1974 e del 1977, le
esortazioni apostoliche Evangelii nuntiandi e Catechesi tradendae
(vedi bibliografia alla fine).
Quello che si pu chiamare il rinnovamento postconciliare della
catechesi non una linea univoca o una teoria determinata sulla
catechesi, ma piuttosto una serie convergente di istanze e princpi
ispiratori che delineano in qualche modo il volto rinnovato della
catechesi nella coscienza ecclesiale contemporanea. Di questo volto
rinnovato tentiamo qui un accenno molto sintetico, attraverso la
sottolineatura di alcuni tra i suoi tratti distintivi.
3.1. La catechesi, annuncio di Cristo come Parola significante per
luomo d oggi nellesperienza di fede
Una prima serie di considerazioni sulla catechesi collegata col
ripensamento conciliare della rivelazione, della parola di Dio e del
suo vertice e realizzazione suprema: Cristo. In questo senso, tutte le
dimensioni o aspetti fondamentali della rivelazione si possono tra
durre in conseguenze per l'identit della catechesi.
La parola di Dio ha una dimensione cristocentrica e persona
listica, in quanto si concentra nella sua pienezza nella persona e
opera di Ges Cristo, Parola suprema di Dio e vertice delleconomia
della rivelazione. Ne consegue il carattere essenzialmente cristocen
trico e personalistico della catechesi: Al centro stesso della cate
chesi noi troviamo essenzialmente una persona: quella di Ges di
Nazareth [...]. In questo senso, lo scopo definitivo della catechesi
di mettere qualcuno non solo in contatto, ma in comunione, in inti
mit con Ges Cristo (CT 5).
65
La parola di Dio ha un carattere significante e liberante per
luomo, in quanto messaggio che illumina la vita e apre un futuro.
La catechesi, di conseguenza, un momento della trasmissione di
questo messaggio, opera dilluminazione e interpretazione della vita,
annuncio e approfondimento di una parola che deve apparire ad
ognuno come unapertura ai propri problemi, una risposta alle
proprie domande, un allargamento dei propri valori ed insieme una
soddisfazione alle proprie aspirazioni (RdC 52).
La parola di Dio dono dello Spirito. Anche la catechesi deve
essere concepita come azione dello Spirito e come mediazione edu
cativa per rendere docili allo Spirito, aperti alle sue ispirazioni e forti
e creativi nella forza dello Spirito.
La parola di Dio s'incarna nella storia ed ha una dimensione
escatologica, in quanto parola data ma anche promessa, definitiva
ma sempre aperta verso la chiarificazione e manifestazione piena.
La catechesi deve assumere perci il carattere storico dellincarnarsi
della parola, ed essere un momento del processo inculturazione
della fede nelle circostanze storiche e culturali dei diversi popoli e
soggetti. Inoltre, una catechesi della parola data ma anche promessa
non si presenta pi come trasmissione magisteriale di un insieme
chiuso di verit e certezze religiose, ma si configura come un cam
mino aperto di ricerca comunitaria della verit cristiana, nel seno della
fede condivisa dei cristiani fatta di punti fermi ma anche di problemi
aperti e di nuovi tentativi di vivere storicamente il cristianesimo.
La parola di Dio risuona e viene percepita allinterno dellespe
rienza di fede. impensabile perci una trasmissione della parola
di Dio al di fuori di unautentica esperienza religiosa: senza esperienza
di fede non c comunicazione n educazione della fede. Di qui la
necessit che la catechesi metta al centro delle sue preoccupazioni
la stimolazione e approfondimento di autentiche esperienze di fede.
Ed cos che si potr trovare una soddisfacente integrazione tra
messaggio di fede e problemi esistenziali; aHinterno dellesperienza
religiosa che la fede diventa illuminazione della vita e che la vita
appare interpretata e vissuta alla luce della fede.
3.2. La catechesi, educazione della fede, per lapprofondimento degli
atteggiamenti di fede in vista della maturit cristiana
La denominazione della catechesi come educazione della fede
ne coglie il nucleo fondamentale e lobiettivo centrale. In quanto
educazione della fede, la catechesi non pu essere ridotta a semplice
insegnamento dottrinale, a puro processo di socializzazione religiosa,
n deve degenerare in una qualsiasi forma dindottrinamento o di
strumentalizzazione ideologica. Porsi come educazione della fede si
66
gnifica soprattutto concepire la propria azione al servizio di quell'at-
teggiamento globale di tutta la persona con il quale l'uomo si abban
dona a Dio tuttintero liberamente, prestandogli il pieno ossequio
dell'intelletto e della volont e acconsentendo volontariamente alla
rivelazione data da Lui" (DV 5) [ ^ c r is t ia n o ] .
Parlare di educazione della fede significa pure sottolineare una
dimensione che ha particolare risonanza nel contesto del progetto
educativo e pastorale salesiano. Nel cuore del progetto di Don Bosco
c infatti la sensibilit educativa, nel senso pii pieno. In questa
prospettiva, pu essere particolarmente valorizzata e onorata la
natura genuinamente educativa dellazione catechetica, che deve essere
perci stimolazione, aiuto, intervento intenzionale al servizio di una
crescita personale, libera, interiorizzata, verso la maturit della fede.
Ogni cammino di crescita nella fede pu essere caratterizzato come
un processo che ha inizio (non necessariamente cronologico) nella
conversione, continua col progressivo approfondimento delle cono
scenze, atteggiamenti e disposizioni proprie della fede, e avanza verso
una pienezza di maturazione che non viene raggiunta mai nella vita,
diventando perci un processo permanente di crescita.
Nella programmazione concreta e nella prassi della catechesi
rivestono unimportanza tutta particolare l'approfondimento e chia
rificazione di due elementi fondamentali del processo educativo della
fede: le esigenze degli autentici atteggiamenti di fede e le caratte
ristiche della maturit di fede, che rappresenta la mta verso la
quale si tende [ ^ v a l o r i e a t t e g g ia m e n t i ] .
La fede deve crescere anzitutto come un autentico atteggia
mento, cio con la solidit e stabilit propria di un vero modo di
essere, di una condotta globale che, nei confronti delle diverse situa
zioni di vita, mobilita la sfera conoscitiva e valutativa, i processi
affettivi e le tendenze volitivo-operative. Di qui appare l'importanza
che ha nella catechesi, l'attenzione da rivolgere a queste tre com
ponenti di ogni atteggiamento di vita: la comunicazione di cono
scenze e convinzioni religiose, la maturazione di sentimenti e affetti
favorevoli alla fede, e l'iniziazione alle diverse forme di vita e di
azione proprie dell'esistenza cristiana nella Chiesa e nel mondo. Solo
nel rispetto di questa complessit potr la catechesi sfuggire alle
tradizionali accuse di unilateralit e inadeguatezza che non senza
ragione si spesso attirata.
Unaltra esigenza importante riguarda la retta concezione di
quel traguardo di maturit verso il quale vanno diretti gli sforzi
delleducazione della fede. La fede matura, o in via di maturazione,
presenta alcuni tratti caratteristici: integrata (non marginale) nel
linsieme della personalit; informata, approfondita (non super
ficiale o ignorante); differenziata (non monolitica o integrista), in
67
quanto sa distinguere lessenziale dal secondario e mutevole; ha
senso critico, in forma equilibrata e costruttiva; adeguatamente
m otivata e psicologicamente equilibrata, senza ridursi alla funzione
compensatoria di squilibri e carenze soprattutto affettive; aperta
al dialogo e al confronto (non autosufficiente o intollerante); dina
mica e pronta allazione (non sterile o disimpegnata); creativa e
coerente (non dissociata o immobile).
3.3. La catechesi, azione ecclesiale, opera della comunit per la
comunit
La dimensione ecclesiale della catechesi rappresenta sempre un
elemento essenziale dellopera catechistica. La catechesi infatti un
momento di mediazione ecclesiale, e non ha senso alcuno al di fuori
del suo ambiente naturale di Chiesa [ ^ c h i e s a ].
Laspetto che stiamo considerando riceve oggi tutta una serie di
connotazioni particolari sullo sfondo della svolta ecclesiologica del
Vaticano II, che mette al centro della concezione della Chiesa la
comunione e la diaconia, o servizio. E aU'interno di unecclesiologia
di comunione prende una consistenza tutta particolare la riscoperta
e valorizzazione dei carismi e ministeri, doni dello Spirito alla Chiesa.
In questa prospettiva, la catechesi riceve importanti precisazioni e
accentuazioni:
Il rispetto della variet dei carismi ecclesiali porta anche la
catechesi a una valorizzazione dei diversi carismi di parola in ordine
alleducazione della fede. A una visione monolitica della catechesi
tradizionale succede oggi la differenziazione di compiti e possibilit
diverse allinterno della funzione catechistica: c il compito dei
pastori (vescovi e sacerdoti), il ruolo insostituibile dei genitori cri
stiani, primi educatori della fede dei figli, la funzione particolare dei
catechisti e maestri, il carisma originale dei religiosi (anche in ordine
alla catechesi), le svariate possibilit dei laici, ecc. Lesigenza di
fondo che si devono promuovere e rispettare tutte queste funzioni
nella loro originalit e ricchezza, anche attraverso lopera stimolante
e formativa dei sacerdoti e religiosi.
Unaltra istanza di grande rilievo riguarda oggi il riferimento
essenziale alla comunit nello svolgimento della catechesi. fre
quente affermare, nei documenti ufficiali e nella riflessione dei respon
sabili, che la comunit cristiana deve essere considerata condizione
della catechesi (senza comunit non c vera catechesi), luogo della
catechesi ( nella comunit che si fa catechesi), soggetto e oggetto
della catechesi (che propriamente attivit comunitaria, della comu
nit per la comunit), e mta pastorale della catechesi (con la cate
chesi si costruisce la comunit). Listanza globale che cosi si esprime
obbliga in qualche modo a superare la visione individualistica e
verticistica della catechesi del passato.
In modo particolare, l'istanza ecclesiale e comunitaria deve
portare anche a un ripensamento dellattivit catechetica di molte
opere salesiane, specialmente scuole. La scuola salesiana deve esa
minare seriamente il suo carattere di comunit educativa e evan
gelizzante, e il suo rapporto di comunione con la comunit ecclesiale
locale, per valutare e programmare adeguatamente la propria azione
di catechesi [ ^ c o m u n it e d u c a t iv a ] .
Un altro aspetto merita attenzione, alla luce dellesigenza eccle
siale: la convenienza cio di non isolare la pastorale giovanile dal
mondo degli adulti. Tale isolamento rappresenta di fatto un impo
verimento, sia per i giovani che per gli adulti.
3.4. La catechesi, celebrazione della fede e iniziazione alla celebra
zione della fede
Il collegamento stretto tra catechesi e liturgia uno dei temi
classici del rinnovamento della catechesi nel nostro secolo. Dopo il
Vaticano II, il rapporto appare in una luce nuova, in seguito alla
riforma liturgica e alla valorizzazione della liturgia come vertice e
fonte dellattivit della Chiesa. La nuova mentalit catechetica si
trova a dover tener conto anche dei problemi e prospettive presenti
nella pastorale liturgica. Tra i molti aspetti e applicazioni che pre
senta un problema cos ricco, possiamo sottolineare i seguenti:
Lattivit liturgica oggi alla ricerca di un modo e stile cele
brativo che ne garantisca, pi che la validit, la verit, Vautenticit,
la capacit comunicativa e la trasparenza evangelica. Al servizio di
questa nuova qualit liturgica si colloca anche la catechesi, che nella
sua funzione dintroduzione alla liturgia possiede possibilit notevoli.
Evangelizzazione, catechesi e liturgia sono momenti o aspetti
pastorali intimamente collegati tra loro, in ununit organica che
deve venire ricostruita, dopo che, nel corso della storia, hanno subito
un processo di estraneamento reciproco e di impoverimento. Lespe
rienza del catecumenato, oggi rimessa in onore, segno eloquente
di unesperienza unitaria e armonica che integra in s celebrazione,
insegnamento, testimonianza e impegno nella fede.
Nella pratica sacramentale e liturgica simpone oggi un certo
spostamento dellaccento pastorale. Al centro non si trova piii il rito
o il sacramento in se stesso, ma la crescita nella fede e la vita di fede
di cui il sacramento momento espressivo e celebrativo. Questo
implica una valorizzazione delle valenze catechetiche proprie della
liturgia (liturgia della parola, espressione simbolica, lode e profes
69
sione di fede, ecc.), ma anche lo sforzo per unazione catechetica
che prepari e segua i momenti propriamente Hturgici.
La catechesi, nel suo stesso dinamismo di educazione e appro
fondimento della fede, ha bisogno del mom ento celebrativo-simbolico.
Il simbolo, la festa, la celebrazione sono forme espressive del signi
ficato e importanza della vita, dei valori, della storia. In questo senso
si pu dire, in generale, che ci che non viene celebrato non pu
essere colto nella sua profondit e nel significato per la vita. im
portante perci trovare luoghi e momenti, anche allinterno delle
nostre attivit, in cui la fede studiata e approfondita possa essere
anche celebrata e vissuta.
3.5. La catechesi, azione liberatrice e iniziazione allimpegno respon
sabile nella societ
Quest'ultima considerazione riguarda il rapporto tra azione cate
chetica e il momento dellamore-servizio, o diaconia ecclesiale. Nella
coscienza attuale della Chiesa cresciuta la consapevolezza che l'eser
cizio della carit non pu pix limitarsi alle forme individuali o
assistenziali, ma implica soprattutto l'impegno per la promozione
integrale delluomo e la lotta per la giustizia: L'agire per la giu
stizia e il partecipare alla trasformazione del mondo ci appaiono
chiaramente come dimensione costitutiva della predicazione del Van
gelo (Sinodo del 1971, La giustizia nel mondo, introduzione).
In questa prospettiva si pu dire che lazione pastorale pone oggi
il centro della sua attenzione nella missione evangelizzatrice colle
gata e incarnata nellimpegno di promozione e liberazione. Evan
gelizzazione nella promozione umana in qualche modo la nuova
parola dordine per reimpostare l'azione pastorale globale. In questa
prospettiva, la catechesi ha un ruolo importante da svolgere.
La catechesi ha tra i suoi compiti essenziali quello d iniziare
all'esercizio della diaconia ecclesiale, nelle sue diverse forme di soli
dariet, aiuto fraterno, impegno culturale e politico, presenza nel
territorio, ecc. Iniziare vuol dire concretamente guidare, motivare,
spiegare, coinvolgere, offrire elementi di scelta e discernimento, ecc.
La catechesi appare intimamente legata a quella forma par
ticolare di diaconia ecclesiale che Vazione educativa, al servizio
della crescita integrale e armonica di tutto l'uomo e di tutti gli
uomini. Specialmente negli ambienti salesiani, che hanno come proprio
il principio: educare evangelizzando e evangelizzare educando , la
catechesi deve assumere anche le istanze delleducazione integrale,
puntando a una crescita nella fede che abbia alla sua base la matu
razione di una personalit equilibrata, piena e umanamente riuscita
[ -^EVANGELIZZAZIONE E EDUCAZIONE].

70
Un campo particolare di applicazione, ma anche di proble
matica, quello deVimpegno nel sociale e nel politico. Data lim
portanza dellazione socio-politica per la trasformazione della societ,
e lemergere nel nostro tempo della coscienza politica come impera
tivo etico di presenza corresponsabile nella storia, un progetto di
educazione cristiana non pu ignorare questo settore. Anche la cate
chesi vi appare implicata. Essa infatti viene concepita oggi anche
come illuminazione e iniziazione allimpegno sociale e politico, come
orientamento per scelte politiche cristianamente ispirate, come guida
e stimolo a unanalisi critica della situazione e delle sue cause, in
vista dinterventi operativi maturi e responsabili.
Questo rapido accenno non permette di entrare nel concreto di
tanti problemi pratici che sorgono nellesercizio dellopera cateche
tica e pastorale. Ma va ribadita limportanza di una catechesi che
tenga presente le esigenze della testimonianza fattiva dellamore-ser-
vizio cristiano. Ci rappresenta un vero test della sua autenticit.
BIBLIOGRAFIA
Per un aggiornamento e delucidazione deH'identit e compiti della
catechesi oggi sono d'importanza fondamentale i documenti ufficiali della
catechesi, quali:
C a p r il e G., Il Sinodo dei Vescovi. Quarta assemblea generale (30 settem
bre - 29 ottobre 1977), Roma, E d . La C iv ilt C a tto lic a , 1978.
C o n fer en za E p is c o p a l e I ta lia n a (E d .), Il rinnovamento della catechesi,
Roma, E d iz . P a s to r a li I ta lia n e , 1970.
C o n c e t t i G. (Ed.), Evangelizzazione e catechesi. Commenti e testi del
Direttorio catechistico generale, delle esortazioni apostoliche Evangelii
nuntiandi e Catechesi tradendae e del Messaggio al popolo di Dio del
Sinodo dei Vescovi del 1977, Milano, Massimo, 1980.
Evangelizzazione e catechesi , in: Capitolo Generale Speciale XX della
Congregazione Salesiana, Roma 1972, nn. 274-308.
G io v a n n i P aolo II, Esortazione apostolica Catechesi tradendae (16.10.1979).
Messaggio del Sinodo sulla catechesi, Leumann (Torino), LDC, 1977.
P aolo VI, Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (8.12.1975).
S acra C ongrega zione d el C lero (E d .), Direttorio catechistico generale,
Leumann (Torino), LDC, 1971.
Tra le molte pubblicazioni e studi sulla catechesi segnaliamo:
A l b e r ic h E., Catechesi e prassi ecclesiale, Leumann (Torino), LDC, 1982.
A p a r is i a., Invitacin a la fe, Madrid, ICCE, 1972.
COLOMB J., Al servizio della fede, Leumann (Torino), LDC, 1969.
D h o G . - L. CsoNKA - G .C . N e g r i , Educare, voi. 3, Ziirich, PAS-Verlag, 1964.
G roppo G ., La catechesi oggi: orientamenti attuali e problemi aperti, in:
Vita consacrata 13 (1977) 554-564.
H u g u et J., Hacia dnde va la catequesis, 1 fase., Madrid, Central Cate-
qm'stica Salesiana, 1983.
V an C a ster M ., Le strutture della catechesi, Roma, Paoline, 1971.

71
6,
SISTEMA PREVENTIVO
Juan Vecchi

1. Significato e fonti - 2. Unispirazione unitaria - 3. Il criterio preventivo -


4. Obiettivi e contenuti: luomo e il cristiano; la persona e il cittadino - 5. Il
principio del metodo: lamorevolezza - 6. Interventi coerenti e convergenti - 7. Le
opere o i programmi educativi.

1. Significato e fonti
Il movimento educativo e pastorale che si ricollega alla figura di
Don Bosco si sente portatore di un insieme di ispirazioni pedagogiche
ed erede di una prassi educativa che denomina in forma generale e
sintetica Sistema Preventivo.
L'espressione non per s atta a dischiudere il contenuto e la
visione globale di questa pedagogia. Rimane comprensibile per gli
iniziati che conoscono il repertorio aneddotico e sono frequentatori
degli scritti del grande Educatore.
Gli scritti stessi per sono unespressione limitata e parziale di
questa pedagogia. Essi non mancano certo di originalit, ma non
bisogna cercare in essi n la sistemazione ordinata delle idee, n la
completezza organica del discorso. Sono narrativi, didattici, alle volte
confidenziali e familiari. Hanno come finalit comunicare unespe
rienza certamente riflettuta e approfondita. La sintesi agognata e
promessa da Don Bosco sul Sistema Preventivo non stata mai da
lui stesa; Don Bosco ci ha lasciato soltanto una specie di indice di
essa, in cui traspare un certo senso dinsoddisfazione per la man
canza di espressivit e trasparenza del testo.
Al di l degli scritti ce la storia personale di Don Bosco che la
manifestazione pi completa del suo sistema. Scritti pedagogici e
vita vanno, dunque, avvicinati contemporaneamente, e allo stesso
tempo va recuperata tutta quella riflessione spicciola che tante volte
si concentra in brevissimi detti, lettere e consigli. Non si tratta tanto
di capire un sistema di idee, ma di entrare in contatto con una voca
zione pedagogica, con unesperienza vitale e con una spiritualit.
Inoltre va rilevato che non possibile in Don Bosco staccare il
Sistema Preventivo e la prospettiva educativa da altre preoccupazioni
72
che li accompagnano e per qualche momento li superano, sottraen
dogli anche del tempo: la preoccupazione caritativa per cui voleva
liberare dalla povert e dalla miseria i giovani e si sottometteva per
loro al compito gravoso di elemosiniere, la tensione pastorale che lo
portava a cercare la salvezza cristiana del popolo e a intervenire in
altri campi dell'azione ecclesiale come la diffusione di libri, la costru
zione di templi, le missioni. Gi dunque l'avvicinamento alla fonte
non consente semplificazioni, schematizzazioni o enfatizzazioni di for
mule limitate.
Per il sistema non rimasto completo alla morte di Don Bosco.
Ereditato da un movimento di educatori stato applicato da questi
in una grande variet di contesti culturali ed espresso in programmi
educativi diversificati. Per una comprensione adeguata vanno ricol
legati, dunque, e confrontati la fonte (biografia, scritti di Don Bosco),
la prassi susseguente, cio la diffusione di questa ispirazione educa
tiva in nuovi mondi e nuove iniziative, e la riflessione elaborata dai
seguaci sulla propria prassi e nel confronto con nuove correnti di
pensiero.
Sarebbe sbagliato voler desumere la globalit del sistema sol
tanto da Don Bosco, ignorando cento anni di storia. Si tratta infatti
di una pedagogia aperta che assimila contenuti e metodologie attorno
a un certo nucleo identificatore, che si arricchisce non soltanto con
nuovi approcci alle fonti, ma anche con nuove aperture teoretiche e
pratiche. In ci continua la legge che ha regolato il suo nascere e i
suoi primi sviluppi. Difatti nella prassi e nella riflessione di Don
Bosco si trovano collegamenti con i fermenti pastorali ed educativi
del suo tempo. Il quadro dottrinale che lo guida recepisce le idee
proposte dalla teologia e dalla formazione umanistica di allora. Si
esprime e lavora con queste idee, facendo i ridimensionamenti pra
tici che lesperienza gli suggerisce. Nelle iniziative assume sovente
i modelli esistenti (oratorio, scuola, laboratori), sebbene immetta
in essi uno stile particolare. Quando delineiamo la sua originalit
appare con sufficiente chiarezza che ci troviamo davanti ad un assi-
milatore, ad un sintetizzatore. Ci sono canali di alimentazione che
lo uniscono alle correnti, alla mentalit, ai problemi e alle iniziative
del suo tempo, sebbene egli non rifletta semplicemente l'ambiente,
ma selezioni, trasformi, sintetizzi e dia a ciascun elemento uninten
sit e una collocazione singolare.
La sintesi finale risulta originale soprattutto per gli atteggiamenti
pratici e per le soluzioni concrete. Il dialogo con le correnti peda
gogiche e pastorali contribuisce ad approfondire intuizioni che hanno
bisogno di esplicitazioni, e ad incorporare nuovi stimoli.
Da quanto detto scaturisce un criterio per la comprensione e
laggiornamento del Sistema Preventivo e per una progettazione edu
cativa che voglia ispirarsi ad esso. Le formulazioni troppo sintetiche
73
e troppo accettate e ripetute rischiano di eclissare la ricchezza ori
ginale e gli interrogativi che pii interessano la prassi attuale, se non
vengono decodificate. Pi che norme o precisi obiettivi pedagogici,
sono ispirazioni o criteri di partenza che vanno rivisitati e ritradotti
in metodologie e itinerari adeguati alloggi.
da prendersi come unindicazione necessaria per un serio ap
proccio al Sistema Preventivo, lontano dalla retorica e dalla devo
zione, quanto asserisce Don Pietro Braido: Affermata lidea che
Don Bosco non ci ha lasciato soltanto un influsso indefinito di bene,
o unispirazione generica, necessario dire una parola sulla natura
dinamica del sistema nel momento della creazione e oggi in tempo
di traduzione. Non potrebbe giustificarsi il riferimento esclusivo a
momenti o documenti particolari o ritenuti privilegiati nella sua
vita (Braido, 1982, 5).
Un sistema, dunque, che si sviluppa ancora, pur avendo una dire
zione nel suo movimento, che stato sempre lo stesso nella sua identit
e che pu essere anche nuovo nelle sue manifestazioni e nellorga
nizzazione concreta dei contenuti.

2. Unispirazione unitaria
La prima cosa che dobbiamo tener presente quando ci prefiggiamo
una traduzione attuale del patrimonio pedagogico e pastorale di Don
Bosco la portata reale della parola sistema. Si discusso se
Don Bosco era il creatore di un sistema o soltanto di un metodo e
di uno stile (Braido, 1964, 21-46). Si chiarito che non si deve cercare
in Don Bosco un sistema pedagogico in senso tecnico, rigoroso,
scientifico e formale sino a fare di lui un pedagogista , cio un
teorico della pedagogia o della pastorale.
Si sa che lelaborazione dellinsieme di ispirazioni e iniziative non
ha seguito il cammino tipico delle sistemazioni intellettuali. stato
notato anche che non siam.o davanti ad un uomo incline a far delle
costruzioni concettuali: non era nel suo temperamento, non glielo
permettevano gli impegni assillanti, non faceva parte dei suoi obiettivi.
Eppure sono da valutarsi per le conseguenze pratiche alcune con
clusioni a cui, dopo attento studio, giungono gli studiosi.
Pur non volendo imprigionarsi in un sistema rigido e stereo
tipato che gli troncasse la libert e la sveltezza di movimenti di
fronte a nuove iniziative o nuove esigenze. Don Bosco era molto
cosciente degli obiettivi da raggiungere e delle strade da percorrere.
Cos come aveva una particolare visione delluomo, della societ e
del mondo che serviva da supporto e quadro di riferimento per
le sue scelte educative.
chiaro dalla sua biografia che non oper a caso in campo
74
educativo , ora adottando un metodo, ora un altro. In tutte le atti
vit si rivel non improvvisatore, ma paziente tessitore . Il con
cetto responsabile che ha della missione educativa e alcune sue
raccomandazioni, per esempio il quaderno delle esperienze, ce lo mo
strano come un uomo che assimila, cerca nella continuit e confronta.
Anche se noi conosciamo la sua esperienza attraverso aneddoti,
fatti, detti brevi e sintesi non esaustive, possibile, osservando la
sua pratica e cogliendo le sue intuizioni, ricostruire una visione
complessa e organica sia dei suoi princpi teoretici ispiratori, sia
delle sue applicazioni metodologiche (Braido, 1964, 59-63).
Bisogna distinguere, ai fini di una migliore comprensione, due
tempi nellesperienza di Don Bosco; due tempi che non si contrap
pongono, n si negano; anzi si susseguono come al momento dellana
lisi segue il momento unificatore.
Il primo si colloca quando, lavorando da solo, giovane sacerdote,
guidato da intuizioni germinali e fondamentali, incominci i suoi
incontri con i ragazzi. il tempo dell'oratorio ambulante, ricco di
creativit e modello dell'atteggiamento personale, della capacit d'in
contro e di dialogo, il tempo della ricerca di soluzioni per i problemi
dei giovani.
Nel secondo momento molte delle intuizioni iniziali, senza per
dere nulla della loro freschezza e vitalit, si erano concretizzate ormai
in una comunit di educatori, con tratti spirituali caratteristici e
con una prassi definitiva, che applicava un metodo pedagogico con
obiettivi chiari, con convergenza di ruoli pensati in funzione di un
programma stabilito, capace di creare iniziative coerenti con gli
obiettivi scelti.
in questo momento di maturit storica che le esperienze diven
tano sistema e Don Bosco si propone di tramandarle nella forma pii
organica possibile, esplicitando la concezione di fondo e indicandone
i capisaldi.
Ne sono prova tre documenti fondamentali e cio II Sistema
Preventivo nelleducazione della giovent (1877), i Ricordi confiden
ziali ai Direttori (1871 e 1886) e la lettera da Roma considerata il
documento pi limpido ed essenziale della pedagogia di Don Bosco
(Ricaldone, 1951, 79).
Sistema, dunque, indica un insieme unitario e coerente di con
tenuti da trasmettere, vitalmente connessi, e una serie di metodi o
procedimenti per comunicarli. Indica anche un insieme di processi
di promozione umana, di annuncio evangelico e di approfondimento
della vita cristiana, fusi armonicamente in una prassi (CG 1978, n. 80).
La parola sistema ci richiama a una sintesi di elementi diversi
che si spiegano e si appoggiano vicendevolmente, ad una conver
75
genza armonica di fattori che silluminano e sinfluenzano recipro
camente, nessuno dei quali si pu eliminare senza che gli altri ne
soffrano e soprattutto senza che ne soffra linsieme.
La sistematicit, intesa come armonia di elementi, si percepisce
negli obiettivi articolati che conformano una particolare immagine
di uomo. difficile pensare una formazione religiosa, come il Sistema
Preventivo la propone, senza tenere in conto quella particolare ma
turazione umana che lo stesso sistema offre, e viceversa. Il sistema
non permette di dimenticare o di porre fra parentesi uno di questi
aspetti senza che laltro ne risenta.
La coerenza degli elementi si percepisce anche nellunit degli
interventi, tutti ispirati allamorevolezza, che conferisce al sistema
una solida unit metodologica.
Lunit dellinsieme stata scoperta con pii chiarezza man mano
che si approfondita e rivissuta lesperienza originale e il suo suc
cessivo sviluppo. In un primo tempo il Sistema Preventivo apparso
quasi esclusivamente nel suo aspetto di m etodo pedagogico. stato
poi esteso a tutte le attivit degli operatori, esplicitamente educative
e non, come un particolare criterio pastorale.
Infine si insistito che pedagogia e pastorale suppongono, com
portano e allo stesso tempo sviluppano una spiritualit. Si sono ricol
legati cos tutti i punti di un circuito di istanze ed ispirazioni che
vanno dalla coscienza e dalla vita degli educatori, alle iniziative di
lavoro, mettendo sotto un'unica luce e ispirazione stile comunitario,
programmi di attivit, obiettivi, contenuti e metodi pastorali.
Sono da confrontarsi, dunque, anche oggi la concezione delluomo
storico, gli obiettivi educativi, la figura delleducatore, la metodo
logia generale, gli interventi tipici e i contenuti delle diverse aree.
Senza questa visione globale riesce difficile pensare ad una tradu
zione fedele e ad unapplicazione odierna che superi lesemplarismo
morale. Non giova laffermare isolatamente qualche elemento singolo,
collocandolo per tentazione enfatica come unico ispiratore del sistema.
Taluni hanno parlato della bont, tralasciando il solido tessuto di
contenuti ed impegni, altri hanno enfatizzato la creativit senza ba
dare alla valutazione delle istituzioni insita nel sistema. Non manc
chi isolasse la catechesi, non vedendo che questa va inserita in un
processo di crescita umana, o chi, insistendo sullaspetto educativo
o promozionale, non si accorse che si tratta di una promozione
evangelica.
La sintesi, il carattere unitario, sebbene aperto e dinamico, la
coerenza di prospettive, lispirazione organica, sono la prima con
dizione per unulteriore analisi di elementi singoli. Questi non an
dranno studiati nel loro significato formale e isolato, ma piuttosto
attraverso una comparazione con gli altri punti del sistema.
76
3. Il criterio preventivo
Due sono i sistemi in ogni tempo usati neHeducazione della
giovent: preventivo e repressivo (SSP 1965, 291). evidente che
in parecchie affermazioni di Don Bosco la preventivit non soltanto
un elemento particolare nel sistema, ma una caratteristica globale,
un punto di coagulo, una prospettiva. dunque indispensabile appro
fondirne il significato.
Lidea preventiva accompagna costantemente leducazione cristiana
sin dalle prime manifestazioni, ed legittimata da presupposti teo
logici, psicologici e pratici.
Nei primi decenni del xix secolo si afferma anche nei settori
politico e sociale, con il duplice intento di arginare, prima che dilaghi,
il male che tende a crescere e diffondersi, con misure di vigilanza e
controllo; e in secondo luogo con lo scopo di rimuovere le cause
radicali delle piaghe sociali attraverso la promozione delle persone
(Braido, 1981, 2, 271). Si tratta di precludere la strada alla crimina
lit, alla delinquenza, alla mendicit con la carit, l'assistenza allin
fanzia, il soccorso alla giovent pericolante, con listruzione religiosa.
La categoria del preventivo unifica lintera gamma delle opere di
beneficenza e cio di assistenza e di educazione per i poveri (Ib. 274).
Lidea particolarmente applicata alleducazione, che viene con
siderata come forma completa ed efficacissima di prevenzione. Il
discorso delleducazione come prevenzione anteriore a quello della
preventivit nelleducazione. Nella stessa linea viene considerata la
religione che esercita la pi sublime e la pi valida influenza, so
prattutto nella sua espressione suprema che il Cristianesimo
(Ib. 278).
Non sarebbe difficile raggranellare negli scritti e nei commenti
del tempo citazioni che facciano vedere l'estensione del concetto di
preventivit, il suo significato articolato e la sua svariata applicazione.
Altrettanto facile sarebbe collegarle per far emergere il punto di
riferimento finale: la salvezza della persona e la preservazione e lo
sviluppo della societ in una determinata linea.
Non sono mancate costellazioni di educatori, apostoli e benefat
tori che hanno applicato il criterio preventivo, ne hanno difeso la
validit, ne hanno spiegato il senso e hanno coniato persino espres
sioni identiche a quelle che noi troviamo in Don Bosco, come: sistema
preventivo, disciplina preventiva, metodo preventivo, ecc.
Don Bosco viene considerato un rappresentante emergente del
Sistema Preventivo nellopera assistenziale e nelleducazione, parti
colarmente per ci che si riferisce allaspetto pratico-operativo e alla
sua diffusione.
Che abbia assunto la mentalit e lidea preventiva sembra fuori
dubbio. Lui stesso ci narra come gli balen nella mente, mentre visi
77
tava le carceri e rifletteva sulla sorte dei giovani carcerati. Vedere
turbe di giovanetti, sullet dai 12 ai 18 anni, tutti sani, robusti,
dingegno svegliato, ma vederli l inoperosi, rosicchiati dagli insetti,
stentar di pane spirituale e temporale, fu cosa che mi fece inor
ridire ... Chi sa, diceva tra me, se questi giovanetti avessero fuori
un amico, che si prendesse cura di loro, li assistesse e li istruisse
nella religione nei giorni festivi, chi sa che non possano tenersi lon
tani dalla rovina o almeno diminuito il numero di coloro che ritornano
in carcere? (MO 123).
Di essa sembra abbia fatta la prima sintesi e contrapposizione
pubblica, quando nellaprile del 1854 spieg allincuriosito ministro
Rattazzi il suo sistema con queste parole: Vostra Eccellenza non
ignora che vi sono due sistemi di educazione: uno chiamato sistema
repressivo, l'altro detto sistema preventivo. Il primo si prefigge
di educare luomo con la forza, col reprimerlo e punirlo, quando ha
violato la legge, quando ha commesso il delitto; il secondo cerca di
educarlo colla dolcezza, e perci lo aiuta soaevemente ad osservare
la legge medesima ... Anzitutto qui si procura dinfondere nel cuore
dei giovanetti il santo timor di Dio, loro sinspira amore alla virt
ed orrore al vizio, collinsegnamento del catechismo e con appropriate
istruzioni morali; sindirizzano e si sostengono nella via del bene con
opportuni e benevoli avvisi, e specialmente colle pratiche di piet e
di religione. Oltre a ci si circondano, per quanto possibile, di
unamorevole assistenza in ricreazione, nella scuola, sul lavoro; si
incoraggiano con parole di benevolenza, e non appena mostrano di
dimenticare i proprii doveri, loro si ricordano in bel modo e si
richiamano a sani consigli. In una parola si usano tutte le industrie,
che suggerisce la carit cristiana, affinch facciano il bene e fuggano
il male per principio di una coscienza illuminata e sorretta dalla
Religione (Braido, 1981, 2, 314-315).
Il significato formale del termine preventivo non pi atto
a donarci la chiave del segreto profondo della pedagogia di Don
Bosco (Braido, 1969, 90). Ma va rilevato che attraverso una serie
di approfondimenti e sintesi successive emergono con chiarezza il
suo senso fondamentale e le sue applicazioni pratiche. Preventivo
significa:
anticiparsi al prevalere di situazioni o abitudini negative in
senso materiale o spirituale; non, dunque, una pedagogia o unazione
sociale clinica di recupero, ma iniziative e programmi che dirigono
le risorse della persona ancora sane verso una vita onesta;
sviluppare le forze interiori che daranno al ragazzo la capa
cit autonoma di liberarsi dalla rovina, dal disonore ;
creare una situazione generale positiva (famiglia, istruzione,
lavoro, am ici...) che stimoli, sostenga, sviluppi la comprensione, dia
78
il gusto del bene: far amare la virt, mostrare la bellezza della
religione ;
vigilare e assistere : essere presenti per evitare tutto quello
che potrebbe avere delle risonanze negative definitive, o che pii
immediatamente potrebbe guastare il rapporto educativo che serve
da mediazione per le proposte e i valori: l'aspetto protettivo e
disciplinare delle preventivit;
liberare dalle occasioni che superano le forze normali dei
ragazzi, senza per questo rinchiuderli in un ambiente superprotet
tivo; non mettere alla prova del male, ma impegnare le forze gi
risvegliate in esperienze positive.
Il significato complesso e ricco della preventivit che si estende
alle iniziative, al metodo educativo, allo stile disciplinare, si chia
risce con questo vocabolario: anticipazione, sviluppo e costruzione
della persona, condizionamento positivo, presenza stimolante, misura
nelle richieste e nelle esigenze, aiuto personale per superare i mo
menti attuali positivamente mentre ci si prepara per il futuro.

4. Obiettivi e contenuti: ruomo e il cristiano; la persona e il cittadino


Il programma educativo e pastorale orientato da una conce
zione dell'uomo inteso non soltanto come essenza, ma anche come
esistenza storica.
Due grandi aspetti caratterizzano questa visione. Per farla diven
tare programma anche per i giovani Don Bosco lesprimeva in for
mule semplici ma chiare:
buon cristiano e onesto cittadino;
salute, sapienza, santit;
evangelizzazione e civilizzazione;
studio e piet;
bene dell'umanit e della religione;
avviare i giovani sul sentiero della virt e renderli abili a
guadagnarsi onestamente il pane della vita;
lavoro a pr delle anime e della civile societ;
diventare la consolazione dei parenti, l'onore della patria, buoni
cittadini in terra per essere poi un giorno fortunati abitatori del
cielo.
Ultimamente il significato di queste formule stato ritradotto in
nuove espressioni: promozione integrale cristiana , educazione
liberatrice cristiana , evangelizzare educando ed educare evange
lizzando .
79
In fondo comprende la ragione e la religione, luomo e il suo
incontro vitale con Dio, la dignit umana e la salvezza eterna, il
Vangelo e la storia, il mondo con la sua consistenza e lappello alla
trascendenza. A ciascuno di questi due aspetti si riconosce un proprio
valore e tutti e due confluiscono a formare luomo completo.
Il sapere (lo studio), il dovere (la responsabilit), la buona educa
zione (i rapporti), il lavoro (la professionalit), il rispetto dell'ordine
pubblico (la socialit) conformano la dimensione culturale non come
un compartimento stagno dalla fede e dalla religione, ma come espres
sioni concrete di queste. Il nostro programma sar inalterabilmente
questo; lasciateci la cura dei giovani e noi faremo tutti i nostri sforzi
per far loro il maggior bene che possiamo, che cos crediamo di
poter giovare al buon costume e alla civilt (BS 1877, 2).
La moralit, la coscienza, la fede, la conoscenza delle verit del
cristianesimo, la pratica religiosa, limpegno nella comunit eccle
siale conformano la dimensione religiosa, non staccata dalle espe
rienze umane, ma dando a queste profondit e senso.
I due aspetti non sono giustapposti, ma si permeano, si sosten
gono e si aiutano mutuamente. La ragione piena di motivi che
provengono dalla fede, per cui il senso del dovere religioso, la
socialit affonda le sue radici nel precetto e nellesempio di carit
che ci viene da Dio; la moralit si basa su di un ordine naturale che
manifestazione della legge divina e sui precetti rivelati. Viceversa
la religione ragionevole e richiede la comprensione delle verit che
ci si propongono, lapplicazione alla vita concreta per umanizzarla,
e spinge verso impegni storici valutabili.
Ma ancora non detto tutto: tra i due grandi aspetti, culturale
e religioso, umanistico e trascendente, promozionale ed evangeliz
zatore, c una gerarchia. Tutti, credenti e non, hanno riconosciuto
che la sintesi pedagogica di Don Bosco caratterizzata dallanima
religiosa, dalla centralit della fede. Nellintegralit c, dunque, un
primum in importanza: il cuore religioso della persona.
Luomo ben formato e maturo quello che colloca, al vertice del
sapere, la conoscenza di Dio; al vertice del proprio progetto, la sal
vezza eterna; al centro della propria coscienza, il rapporto con Dio.
C ancora una particolarit da sottolineare: lideale integrale di
Don Bosco caratterizzato dalla moderazione, che rifugge sia dal
futurismo delluomo nuovo e inedito, sia dalla volont di restaura
zione che riproporrebbe il ritorno alle vecchie espressioni e gli ade
guamenti di condotte a forme retrive di vita individuale e sociale.
un tentativo di sintesi tra lessenziale e Io storico, tra il tradizionale
e linnovativo. Luomo che Don Bosco ha davanti una sintesi di
credente della tradizione e di cittadino dellordine nuovo, di colui
che cosciente del suo orizzonte definitivo e vive nella temporalit.
II tutto stato attuato in un primo tempo in un contesto parti
80
colare: quello cristiano e occidentale. Nel suo ambiente la Chiesa,
per quanto travagliata da dilFicolt a causa di alcuni fenomeni in
crescita, era sempre un fatto visibile e rilevante. I sacramenti, la
Madonna, il tempio erano riferimenti familiari ai ragazzi. La societ
che Don Bosco prospetta e di cui i suoi ragazzi sarebbero dei citta
dini attivi, unideale societas christiana , costruita sui nuovi ideali
dell'uguaglianza relativa, della pace e della giustizia, assicurati dalla
morale e dalla religione. Cos come la persona doveva essere buon
cristiano e onesto cittadino, la societ costruita dai suoi sforzi doveva
divenire spazio di pace e di benessere e contemporaneamente stimolo
alla fede e alla salvezza.
stato poi trasferito in ambienti dove latteggiamento religioso
non ha le espressioni, i segni e i momenti cristiani. E affronta oggi
sia gli ambienti non cristiani, sia quelli in cui la religiosit popolare
ha una sua vitalit, sia quelli dominati dalla mentalit secolaristica.
Applicato con duttilit, gradualit e sincero rispetto verso i va
lori umani e religiosi presenti presso le culture e le religioni dei
giovani, esso produce frutti sul piano educativo, libera energie di
bene, e in non pochi casi pone le premesse di un libero cammino
di conversione alla fede cristiana.
Pure con questa diversit secondo il livello dei giovani vero
che tutto il progetto educativo trova la sua ispirazione e le sue mo
tivazioni nel Vangelo (CG 1978, n. 91).
interessante avvicinare alcune interpretazioni pi recenti del
binomio ragione-religione, come sintesi contenutistica e come espres
sione di un obiettivo.
Il primum della religione comporta, secondo queste riformula
zioni, tre opzioni. La prima che tutte le attivit e proposte che gli
educatori offrono, qualunque sia la loro natura e il loro livello,
hanno unintenzione evangelizzatrice. Quando il Vangelo non ancora
proposto esplicitamente, la vita e gli atteggiamenti degli educatori
lo manifestano e lo offrono in maniera desiderabile. La chiarezza del
lobiettivo si accorda con la gradualit della strada, lunit dei criteri
con la differenziazione della proposta l dove i mezzi pedagogici
della religione non sono proponibili.
In secondo luogo comporta il collegare profondamente il Vangelo
con la cultura e il progresso culturale con il Vangelo. Si tratta di far
vedere come le grandi aspirazioni individuali e sociali trovano in
Cristo e nella comunit che lo continua una risposta adeguata e una
proposta che rimanda ancora pi in l della richiesta.
Litinerario pu partire da interessi culturali. In questi bisogna
fare unopera di liberazione, per superare istinti di possesso indi
viduale; bisogna stimolare a porsi delle domande sul senso di questi
interessi e valori, spingendo la ricerca verso le spiegazioni ultime,
81
e aprire cos, non appena si presenta lopportunit, il discorso sulla
umanit di Cristo.
Infine lincontro con Dio sar lo scopo ultimo dell'educazione,
sia che si possa proporre esplicitamente fin dallinizio, sia che si
debba assumere una pedagogica gradualit ritmata al passo della
libert del giovane; sia che questo incontro avvenga con la media
zione esplicita e accettata di Cristo e della Chiesa, o rimanga sol
tanto unistanza della coscienza e come una manifestazione ancora
generica del senso religioso. Religione vorr dire, dunque, forma
zione spirituale, sviluppo del senso religioso, educazione della reli
giosit, rilevanza alla problematica esistenziale, informazione evan
gelica, conoscenza di Ges Cristo secondo il livello dei giovani.
La ragione e listanza umanistica richiamano invece alla cono
scenza profonda della condizione dei giovani, per scoprire quali
degli stimoli, che loro respirano, facilitano una realizzazione piena
e quali vi si oppongono. Richiedono anche la sollecitudine per i valori
che in una determinata cultura esprimono lansia di completezza
umana e di progresso, secondo le condizioni e sfide a cui questa
cultura sottoposta.
Un quadro di valori e istanze attuali che traduce il richiamo alla
ragione come contenuto pu essere quello formulato in un mo
mento di riflessione dagli educatori che si rifanno al Sistema Preven
tivo: Sul piano della crescita personale vogliamo aiutare partico
larmente il giovane a costruire una umanit sana e equilibrata, favo
rendo e promovendo:
una graduale maturazione alla libert, allassunzione delle pro
prie responsabilit personali e sociali, alla retta percezione dei valori;
un rapporto sereno e positivo con le persone e le cose che
nutra e stimoli la sua creativit, e riduca conflittualit e tensioni;
la capacit di collocarsi in atteggiamento dinamico-critico di
fronte agli avvenimenti, nella fedelt ai valori della tradizione e nel
lapertura alle esigenze della storia, cos da diventare capace di pren
dere decisioni personali coerenti;
una sapiente educazione sessuale e allamore che lo aiuti a
comprenderne la dinamica di crescita, di donazione e di incontro,
allinterno di un progetto di vita;
la ricerca e la progettazione del proprio futuro per liberare
e convogliare verso una scelta vocazionale precisa limmenso poten
ziale che nascosto nel destino di ogni giovane, anche nel meno
umanamente dotato.
Sul piano della crescita sociale vogliamo aiutare i destinatari ad
avere un cuore e uno spirito aperti al mondo e agli appelli degli
altri. A questo fine educhiamo:
82
alla disponibilit, alla solidariet, al dialogo, alla partecipa
zione, alla corresponsabilit;
all'inserimento nella comunit attraverso la vita e lesperienza
del gruppo;
allimpegno per la giustizia e per la costruzione di una societ
pi giusta e umana (CG 1978, n. 90).
Listanza umanistica porta a valutare positivamente le istituzioni
educative e culturali, dove si fatto lo sforzo di raccogliere il meglio
delle aspirazioni di una cultura e ad inserirsi attivamente nel loro
dinamismo.

5. Il principio del metodo: l'amorevolezza


Il sistema contempla anche un insieme sufficientemente orga
nico dinterventi, di metodi e di mezzi con cui il ragazzo viene inte
ressato e stimolato allautosviluppo. Lispirazione del metodo coe
rente con lobiettivo e con i contenuti. Inoltre ricollega in una solida
unit dindirizzo i diversi momenti educativi, i diversi itinerari, le
diverse proposte.
Il principio che ispira in forma unitaria la metodologia Vamo-
revolezza. Essa una realt complessa, sostanziata di atteggiamenti,
criteri, modalit e comportamenti. Il suo fondamento e la sua sor
gente vanno ricercati nella carit che ci stata comunicata da Dio
e per cui leducatore ama i giovani con lo stesso amore con cui il
Signore li ama, non solo per ci che riguarda lintensit, ma anche
per ci che riguarda la modalit espressa nellumanit di Cristo.
Ma lamorevolezza si caratterizza perch la carit viene manifestata
su misura del ragazzo, e del ragazzo pi povero: la vicinanza gra
devole, laffetto dimostrato sensibilmente attraverso gesti compren
sibili, che sciolgono la confidenza e creano il rapporto educativo.
Questo infonde sicurezza interiore, suggerisce ideali, sostiene lo sforzo
di superamento e di liberazione. una carit pedagogica, che crea
la persona e che viene percepita dal ragazzo come un aiuto alla
propria crescita.
Nellamorevolezza si fonda la descrizione dei ruoli educativi basi
lari: Il direttore e gli assistenti come padri amorosi parlino, ser
vano di guida ad ogni evento, diano consigli ed amorevolmente
correggano . Da essa si aspettano effetti immediati e lontani: rende
amico il ragazzo , rende avvisato lallievo in modo che leducatore
potr tuttora parlare il linguaggio del cuore sia nel tempo delledu
cazione sia dopo di essa ; lallievo sar sempre pieno di rispetto
verso leducatore e ricorder ognor con grande piacere la direzione
83
avuta, considerando tuttora quali padri e fratelli i suoi maestri e
gli altri superiori .
Lamorevolezza ha manifestazioni tipiche, e forse a queste si deve
fare attenzione quando si prospetta una traduzione del Sistema Pre
ventivo a un particolare contesto: sono l'amicizia e la paternit.
La prima ricorre spessissimo negli scritti che riguardano l'espe
rienza personale e la prassi educativa di Don Bosco. Lamicizia stata
un tratto della sua giovinezza, dimostrazione della sua capacit di
dare e ricevere affetto gioiosamente e sempre in maniera personale
e profonda. Amicissimo del proprio fratello Giuseppe con cui tra
scorse ore di confidenza e condivise infantili progetti di divertimento;
amico dei compagni di Chieri che aiut nei loro compiti e con i quali
fond la prima delle sue associazioni; amico di Luigi Comollo con
il quale percorse una strada di fervore spirituale. Lamicizia occupa
un posto rilevante nelle sue riflessioni pedagogiche. Nelle biografe
di Domenico Savio, di Michele Magone e di Francesco Besucco lami
cizia fine, costruttiva, permeata di razionalit e indirizzata verso il
progresso morale e la santit, costituisce uno dei capitoli pi delicati
e pi interessanti.
Tutto questo insieme fa vedere la concezione eminentemente affet
tiva delleducazione che propria del Sistema Preventivo. Don Bosco
lo dir esplicitamente in un'affermazione come questa: Leduca
zione cosa del cuore, e tutto il lavoro parte di qui; e se il cuore
non c, il lavoro diffcile e lesito incerto .
Lamicizia profonda nasce dai gesti e dalla volont di familiarit,
e di essa si nutre. A sua volta provoca confidenza; e la confidenza
tutto in educazione, perch soltanto nel momento in cui il giovane
ci affida i suoi segreti possibile educare.
Lespressione concreta dellamicizia lassistenza. Essa viene in
tesa come un desiderio di stare con i ragazzi e condividere la loro
vita: Qui con voi mi sento bene . Non , dunque, un obbligo
di stato , ma una certa passione per capire ed aiutare a vivere le
esperienze giovanili.
allo stesso tempo presenza fisica l dove i ragazzi si trovano,
interscambiano o progettano; forza morale con capacit di anima
zione, stimolo e risveglio. Assume il doppio aspetto della preventivit:
proteggere da esperienze negative precoci e sviluppare le potenzia
lit della persona attraverso proposte positive. Sviluppa motivazioni
ispirate alla ragionevolezza (vita onesta, attraente senso dellesistenza)
e alla fede, mentre rafforza nei ragazzi la capacit di risposta auto
noma al richiamo dei valori.
I pi svariati gesti e iniziative possono rientrare nella concretezza
dell'assistenza, fondati tutti su un atteggiamento di fondo: voler
bene, essere presente, condividere orientando attraverso la testimo
nianza, laiuto, la disponibilit.
84
Lamorevolezza ha unaltra manifestazione singolarissima: la pa
ternit. Essa pi che lamicizia. una responsabilit affettuosa e
autorevole che d guida e insegnamento vitale ed esige disciplina ed
impegno. amore e autorit. il carattere che distingue il primo
responsabile di un programma. Diffusa in tutta la giornata, si con
centra per in espressioni individuali e collettive, come la parolina
allorecchio e la buona notte . Citiamo queste due espressioni
non tanto per la loro materialit, quanto perch rivelano il profilo
della paternit. Essa si estende al singolo e allinsieme e in questo
insieme va protetta, difesa e sottolineata. Si manifesta soprattutto
nel saper parlare al cuore , in maniera personalizzata e persona
lizzante, perch si attingono le questioni che attualmente occupano
la vita e la mente dei ragazzi; saper parlare svelando la portata e
il senso in modo tale da toccare la coscienza, la profondit. La buona
notte e la parolina sono due momenti carichi di emotivit, che
riguardano sempre eventi concreti e immediati e che riportano a una
sapienza quotidiana con cui affrontarli: in una parola insegnano
l'arte di vivere.
Amicizia e paternit creano il clima di famiglia, dove i valori
diventano comprensibili e le esigenze accettabili.

6. Interventi coerenti e convergenti


Lamorevolezza sotto forma di attenzione e condivisione, di ami
cizia equilibrata, di prevenzione affettuosa e di paternit preoccupata
del futuro si concretizza in una serie sistematica d'interventi.
Il primo la creazione di un ambiente educativo, ricco di uma
nit, che gi espressione e veicolo di valori. Lesperienza della forza
dellambiente appartiene ai primi anni di apostolato di Don Bosco
e diviene un'acquisizione definitiva per tutto il resto dei suoi giorni.
Don Bosco sar lamico-educatore di molti ragazzi avvicinati in
dividualmente nei pi disparati luoghi; ma sar anche lanimatore
di una comunit di giovani, caratterizzata da alcuni tratti e con un
programma da sviluppare. Ragioni psicologiche, sociologiche e di
fede lo confermarono nella convinzione che cera bisogno di uneco
logia educativa, dove la religione e limpegno si respirassero e dove
la carit informasse i ruoli, i rapporti e latmosfera.
Non soltanto, dunque, fa la scelta dellambiente, cercando stabi
lit per il suo oratorio e redigendo un piccolo regolamento, ma
enuncia una teoria: Lessere molti insieme serve molto a far questo
miele di allegrezza, piet e studio. questo il vantaggio che reca a
voi il trovarvi nelloratorio. Lessere molti insieme accresce lallegria
delle vostre ricreazioni, toglie la malinconia quando questa brutta
maga volesse entrarvi nel cuore; lessere molti serve d'incoraggia
85
mento a sopportare le fatiche dello studio, serve di stimolo nel ve
dere il profitto degli altri; uno comunica allaltro le proprie cogni
zioni, le proprie idee e cos uno impara daUaltro. Lessere fra molti
che fanno il bene ci anima senza avvedercene (MB 7, 602).
Lambiente non generico. Ha invece tratti caratterizzanti. Non
un luogo materiale, dove si va ad intrattenersi individualmente,
ma una comunit, un programma, una tensione dove ci sinserisce
per maturare.
Il secondo intervento il gruppo. Il grande ambiente, poich deve
rispondere a interessi e bisogni diversi, si articola in unit minori,
dove sono possibili la partecipazione, il riconoscimento deH'originalit
della persona e la valorizzazione dei suoi contributi.
I gruppi datano dallinizio dellesperienza del Sistema Preventivo.
Appena stabilitosi a Valdocco, finita la fase delloratorio ambulante,
Don Bosco fonda la Compagnia di San Luigi, a cui si aggiungono
poi altre, ideate dagli stessi ragazzi o dai collaboratori. Anche se la
istituzionalizzazione posteriore delle iniziative sembra aver relegato
lesperienza di gruppo ad un posto secondario, per un fatto che,
vivente Don Bosco, costitu una delle proposte pi originali e pi
curiose.
interessante ricordare e sottolineare le caratteristiche di questi
gruppi, perch partecipano dellispirazione educativa del sistema.
In primo luogo sono unesperienza aperta al maggior numero
possibile di giovani. Non un solo gruppo per alcuni scelti, ma unof
ferta differenziata, alla portata di tutti. Pur con una matrice comune,
i gruppi sono molteplici e diversi, coordinati allinterno dellambiente.
C, dunque, una notevole diversit in ci che riguarda linteresse
centrale, il nome, il livello di esigenze. Ci sono gruppi religiosi, ma
non mancano gruppi culturali, sociali, ricreativi.
In secondo luogo una sottolineata finalit educativa. Tutti i gruppi
si propongono come opportunit di maturazione delle persone e come
servizio dellarabiente. I ragazzi sono i protagonisti. Come Don Bosco
scriver ai Direttori; Le compagnie siano opera dei ragazzi: tu sarai
solo il promotore, non il direttore . Il gruppo serve non soltanto
per personalizzare glinterventi, ma anche per far emergere il senso
di responsabilit, per sviluppare amicizie, per maturare specifiche
attitudini. Allinterno della formazione cristiana permette un'espe
rienza pi chiara di comunit, di apostolato e di fede.
Finalmente lamorevolezza arriva al singolo attraverso il rapporto
personale, che permette di prendere visione ed illuminare il presente,
il passato e il futuro del singolo. da ricordare limportanza che
lincontro, ad uno ad uno, a tu per tu con i ragazzi, ha nellespe-
rienza educativa e pastorale di Don Bosco.
Alcuni di questi incontri sono passati alla storia come momenti
fondanti . Lincontro con Bartolomeo Garelli nella sacrestia della
86
chiesa di San Francesco dAssisi gett le fondamenta deiroratorio.
Nelle biografie dei giovanetti Don Bosco rievoca con piacere i suoi
incontri con loro e si sofferma a ricostruire passo a passo lo scambio
di battute. Nella biografia di Domenico Savio riproduce i dialoghi-
incontri che ebbero luogo nella casa parrocchiale di Murialdo e nella
direzione deirOratorio. Nella vita di Michele Magone ce addirittura
un capitolo che porta come titolo: Un curioso incontro .
Don Bosco non solo rivive questi incontri, ma li propone come
norma educativa. Si esibisce quasi nella sua arte di attingere dalla
vita del ragazzo. L'incontro comincia sempre con un gesto di assoluta
stima, di affetto, di sintonia. Don Bosco entra subito e con semplicit
nei punti importanti della vita del suo piccolo interlocutore (santit,
abbandono, vagabondaggio). Il dialogo, dunque, serio nei suoi con
tenuti, sebbene le singole espressioni siano cariche di allegria e di
buon umore; poich affrontano punti caldi di vita e li affrontano
seriamente e con gioia, questi incontri si caratterizzano per linten
sit dei sentimenti. Michele Magone si commuove, Francesco Besucco
piange di commozione, Domenico Savio non sapeva come esprimere
la sua gioia e gratitudine; mi prese la mano, la strinse, la baci
pi volte .
Se tale era il ricordo che avevano lasciato gli incontri nel suo
animo, se tale la rilevanza che egli d ad essi nelle biografie, fino
a farne il perno della narrazione, perch convinto che la qualit
dell'educatore-pastore si mostra nell'incontro personale, e che questo
il punto a cui tendono lambiente e il programma.
Quando un cardinale a Roma lo sfid sulla sua capacit educa
tiva, Don Bosco gli offr lo spettacolo e la prova di un incontro
personale e un dialogo con i ragazzi in Piazza del Popolo. Rileggendo
questo episodio si ritrova la struttura narrativa di tutti gli altri
incontri : la prima mossa d'amicizia, il momento di fuga dei
ragazzi, il superamento della timidezza, il dialogo serio-allegro, lin
tensit emotiva della conclusione.

7. Le opere o i programmi educativi


Il temperamento concreto di Don Bosco e il suo spirito realizzatore
non potevano concepire che la carit, lamorevolezza e la pedagogia
si esprimessero e si esaurissero soltanto nella relazione individuale
gratificante. Falserebbe la storia chi volesse presentare Don Bosco
come l'uomo buono , senza preoccupazione n mentalit organiz
zativa, strutturante, o il suo Sistema Preventivo soltanto come atteg
giamento di benevolenza.
Prova di questa mentalit sono i numerosi regolamenti, statuti,
87
organizzazioni, istituzioni e le stesse Congregazioni fondate da lui.
Per questo, per i suoi ragazzi prima affitt un prato e poi comper
un terreno. Su questo terreno costru un edificio che and crescendo
con gli anni e in esso diede forma stabile alle sue proposte educative,
superando la provvisoriet geografica e di programma. Fond un
oratorio, un pensionato, scuole, laboratori. Obiettivi educativi, con
tenuti, stile, attuazioni particolareggiate hanno la loro concretizza
zione e materializzazione simultanea nellopera. Lopera fa vedere il
sistema completo e attuante. Opera di Don Bosco o opera salesiana
ancora oggi la parola che definisce dappertutto le presenze pi
durature e complesse dove si cerca di applicare il Sistema Preventivo.
Lopera edificio e programma, punto di riferimento culturale e
luogo di aggregazione sociale, dimora di una comunit religiosa e
centro di servizi aperti. degli educatori, della comunit educativa
e del quartiere, stabile e ben piantata con volont di attraversare
il tempo e formare tradizioni significative; ma dinamica per lade
guamento delle iniziative. Valdocco stato il primo esempio; nella
sua evoluzione, vivente Don Bosco, costitu il modello che si ripet
dovunque.
Le opere presentano queste caratteristiche: cercano di rispondere
a delle necessit dei giovani con un programma concreto e potenzial
mente integrale: insegnamento, alloggio, educazione al lavoro, tempo
libero. Si collocano nellarea culturale-promozionale; sono concepite
come comunit di giovani ed educatori che procedono in correspon
sabilit; aggregano anche gli adulti, specialmente se appartengono
ai settori popolari o sono interessati ad aiutare i giovani, cio sono
aperte e non esclusive. Sono situazioni riconoscibili e, dunque,
interpretabili nelle loro finalit; hanno proiezione sociale pi in l
del recinto proprio perch cercano il rapporto con istituzioni, terri
torio, popolo e autorit.
La prima opera a sorgere fu VOratorio, poi il pensionato, poi i
laboratori, poi le scuole.
Ciascuna di esse meriterebbe un esame per raccoglierne lorigi
nalit, la fusione di nuovo e tradizionale e lapplicazione particolare
del Sistema Preventivo che rappresenta ieri e oggi.
Questo per esula dalla finalit di questo studio e dallo spazio
offerto. Basti sottolineare la conclusione: nel modello di educazione
proposto dal Sistema Preventivo e dal suo ideatore bisogna dare il
giusto peso alle istituzioni-iniziative-opere. Esse permettono di svi
luppare con continuit una proposta integrale. Nella loro cornice
definita e stabile possibile creare un ambiente, far convergere con
tributi diversi, dare spazio ed espressione ad una comunit e man
tenere la vivacit di uno stile giovanile, familiare e impegnato.
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89
II.

GLI OBIETTIVI
7^_____________________
OBIETTIVI
Michele Pellerey

1. Alcune distinzioni utili - 2. Il concetto di obiettivo - 3. Problematizzazione


del concetto - 4. La definizione e la formulazione degli obiettivi.

1. Alcune distinzioni utili


Lazione educativa e pastorale, come ogni azione umana, diretta
a uno o pi fini. Studiare i fini deUeducazione e della pastorale
compito della riflessione teoretica, sia filosofica che teologica.
Per quanto riguarda leducazione, e dora in poi ad essa ci si
riferir, anche se il discorso pu essere facilmente trasferito nel caso
della pastorale, una voce apposita considera questi aspetti del pro
blema Educazione [ ^ e d u c a z io n e ] . Diverso il carattere delle cosid
dette finalit istituzionali. Si tratta di finalit che vengono privile
giate nellambito di una discussione generale dei fini educativi, scelta
basata su una particolare visione delluomo, della societ, dei loro
bisogni e prospettive di sviluppo, e del compito e dello stile degli
educatori. Nel caso della Congregazione Salesiana le finalit istitu
zionali sono determinate dalla tradizione salesiana interpretata e
attualizzata dai Capitoli Generali. Il Capitolo Generale XXI dei Sa
lesiani richiama, ad esempio, le tradizionali formule di fare buoni
cristiani e onesti cittadini , di tendere alla sanit, sapienza e san
tit , e le interpreta nel contesto odierno. Daltra parte queste finalit
assumono anche la caratteristica di princpi procedurali, quando par
tendo dalle note espressioni allegria, studio, piet e ragione, reli
gione e amorevolezza vengono esplicitati princpi di metodo e di stile
educativo. Le finalit istituzionali che vincolano lazione della Congre
gazione Salesiana sono un quadro di valori strutturato e coerente
che esprime una scelta pedagogica precisa [ ^ s i s t e m a p r e v e n t iv o ] .
Qualcosa di analogo, e perci tendenzialmente elemento di con
flitto, vale per le finalit istituzionali espresse dalla comunit civile
nella quale si inseriti. Ad esempio, nellambito delle istituzioni sco
lastiche, molte nazioni hanno un progetto educativo e didattico che
si esprime per i vari ordini di scuole in finalit istituzionali abba
stanza chiare e definite. Per poter operare allinterno di queste isti-
93
tuzioni promosse dallo Stato o dalle diverse comunit civili, occorre
accettare e perseguire le finalit che tali organismi si sono dati.
Altrettanto si pu dire per la comunit ecclesiastica, quando essa
elabora un progetto e un piano pastorale che vale per determinate
istituzioni pastorali o educative.
Lespressione obiettivi, invece, viene qui intesa in riferimento a
una particolare comunit che chiamata, nella concretezza del tempo
e del luogo in cui si trova, a elaborare un progetto educativo e pasto
rale. Gli obiettivi sono quindi intenti educativi, risultato di media
zioni operate tra le esigenze delle finalit istituzionali proprie della
Congregazione Salesiana e della comunit civile ed ecclesiastica di
appartenenza e la domanda educativa emergente nel gruppo di gio
vani per i quali intendiamo impegnarci.

2. Il concetto di obiettivo
In senso generico un obiettivo indica una mta o riferimento in
tenzionale posto in maniera esplicita a un percorso o a un progetto.
Non basta quindi un intento implicito, sempre presente nell'azione
umana (homo agitur propter finem), occorre che esso assuma forma
riflessa e comunicabile, anche se, forse, mai comunicata. In senso piii
tecnico (o tecnologico) la definizione pu suonare in questo modo:
intento espresso in m odo chiaro e non ambiguo, rispetto al quale
possibile decidere se un percorso o un processo giunto al termine
ejo valido per giungervi. Nel campo educativo (e pastorale) sale
siano tale definizione va riferita al campo di intervento: intento defi
nito ed espresso in modo chiaro e non ambiguo da una comunit
educativa salesiana, come riferimento esplicito per la progettazione,
la conduzione e la verifica di un itinerario.
inerente quindi a questa definizione il processo decisionale attra
verso il quale la comunit educativa giunge alla determinazione e
alla formulazione delle mte da porre a fondamento dellazione edu
cativa volta a favore di un gruppo di giovani preciso. Tale processo
si svolge tra due poli di riferimento fondamentali: le finalit istitu
zionali e i bisogni di educazione dei giovani. Le prime vanno lette e
interpretate contestualizzandole alla cultura e alla condizione gio
vanile dellambiente in cui si opera, i secondi vanno rilevati nella
maniera la pi possibile fedele e rispondente al tipo di intervento
prefigurato e quindi interpretati alla luce dei valori e delle finalit
istituzionali contestualizzati. Si tratta di realizzare una vera e propria
mediazione operativa tra un quadro ideale e una situazione reale,
tra un dover essere e un dato di fatto. Questo lavoro consente anche
di assegnare priorit tra i vari obiettivi. Da una parte infatti sono
considerati i valori e le finalit educative secondo un ordine di im
94
portanza dettato da considerazioni generali, dallaltro viene studiata
la distanza o discrepanza esistente tra la loro presenza ideale nei
giovani e la loro attuale presenza. Questo lavoro consentir alla co
munit la scelta e lorganizzazione degli obiettivi educativi.
Vale la pena qui di ricordare come in un progetto occorre tener
presenti due tipi di obiettivi: quelli che presiedono allintero impianto
delliniziativa educativa e quelli che pi specificatamente si riferi
scono a una tappa o momento della sua realizzazione [ ^ it in e r a r io ] .
Gli elementi che permettono questa distinzione sono sostanzialmente
di tre ordini. Il primo riguarda il contesto di riferimento, se cio ci
si rivolge alla persona considerata nella sua totalit o se invece si
mira allacquisizione di atteggiamenti, valori, conoscenze o capacit
pi particolari o settoriali. Il secondo si riferisce allestensione tempo
rale a cui fanno appello, e cio il lungo termine, al limite tutto il proces
so educativo giovanile o la vita stessa, o invece un periodo pi breve e
controllabile. Il terzo ordine tiene conto del grado di specificit, di
precisione e di verificabilit intersoggettiva che si vuole raggiungere.
Nellambito scolastico spesso i primi vengono denominati obiet
tivi educativi, mentre i secondi, obiettivi didattici. In altri campi si
usa parlare di obiettivi educativi generali e, per i secondi, di obiettivi
educativi specifici.

3. Problematizzazione del concetto


Limpianto educativo poggiato sul principio di progettazione stato
spesso contestato e, in particolare, sono state messe in discussione
la definizione e la formulazione degli obiettivi dellazione educativa.
Si insistito su ragioni che possono essere raggruppate in due aree
fondamentali. Le ragioni della prima area mettono in risalto la fon
damentale e irripetibile caratterizzazione dei diversi soggetti educandi.
Essi portano in s la memoria di storie difl;erenti sia genetiche che
culturali, hanno stati di motivazione e interessi divergenti: volerli
tutti imbrigliare in un unico progetto e in un analogo percorso edu
cativo significa da una parte misconoscere la realt e la dignit delle
singole persone, dall'altra esporsi a brucianti delusioni e fallimenti.
Le ragioni della seconda area partono dalla constatazione che
difficile prevedere in anticipo tutti i bisogni e le possibilit educative
che durante lattivit formativa emergeranno. Essere prigionieri di
un progetto prefabbricato rende ciechi e sordi a nuove istanze, a
occasioni inaspettate, a nuove presenze e a nuove prospettive. Ci
che veramente importante nel fatto educativo lattivit e lespe
rienza che viene proposta, che deve essere in s carica di potenzialit
e di valori in molte direzioni. Ciascun giovane le vivr secondo il
suo animo e la sua motivazione, le far fruttificare secondo i propri
95
ritm i e il proprio stile, arricchendo se stesso secondo le proprie
esigenze e prospettive. qualcosa di analogo a quanto avviene in
famiglia, dove non si elaborano progetti, non si determinano obiet
tivi esplicitamente espressi, ma nell'informalit della partecipazione
e della comunicazione interpersonale si trasmettono idee, princpi,
orientamenti e si promuove linteriorizzazione di valori e atteggia
menti. Il centro del problema allora il sistema di relazioni vissuto
e la realizzazione di attivit e di esperienze ricche di significato, di
stimoli e di gratificazioni personali [ ^ c o m u n it e d u c a t iv a ] .
A questa serie di obiezioni si risponde generalmente con una
molteplicit di argomentazioni. In primo luogo si afi:erma che il
processo educativo della famiglia diverso da quello promosso da
altre istituzioni. Queste portano in s gi un orientamento e una
scelta di finalit e di ragioni di presenza. Inoltre il loro tipo dinter
vento caratterizzato daUintenzionalit e dalla sistematicit. Inten
zionalit vuol dire che la comunit educativa non costituita in
quanto dato permanente, ma come mezzo transeunte di formazione
in vista di specifici obiettivi di promozione umana e di crescita cri
stiana. La sua esistenza legata a queste finalit e agli obiettivi che
la incarnano nei tempi e nei luoghi. Ed essa tenuta a verificare
le ragioni e la validit della sua presenza. Essa non emerge come un
dato necessario in s, come la famiglia, la comunit ecclesiale, la comu
nit civile, bens come una presenza valida e necessaria, in quanto ri
spondente a precisi scopi e significati per le tre comunit fondamentali.
La sistematicit indica che gli scopi e le ragioni di questa pre
senza vanno dispiegati nel tempo e realizzati nella storia in modo
da poterne manifestare la bont, lefficacia e il valore di fronte alle
famiglie, alla Chiesa e alla societ civile. Da qui la necessit di pre
disporre, realizzare e valutare piani dintervento educativo, comuni
cabili e di fatto comunicati.
Un secondo gruppo di argomenti mette in evidenza che non
possibile a una comunit di tale fatta agire senza elaborare una
ipotesi educativa, che coinvolga sia nella sua definizione che nella
sua realizzazione tutte le componenti interessate. Senza tale ipotesi
si brancolerebbe nel buio e ciascuno andrebbe per la sua strada,
magari contraddicendo quanto altri fanno. Luso del termine ipo
tesi dice anche che il progetto concreto che viene definito e for
mulato e gli obiettivi in esso inscritti non hanno il ruolo di una
camicia di forza o di una innaturale riduzione formalistica della
complessit del fatto educativo, bens che il progetto il quadro dei
valori contestualizzato e problematizzato e dei princpi di metodo
e di stile in rapporto ai quali ci si vuole riferire e che devono gui
dare lazione quotidiana.
La loro traduzione in un piano concreto e in una programmazione
particolareggiata deriva poi dallesigenza di fornire una prassi e una
96
via concreta di traduzione pratica a quanto altrimenti rimarrebbe
oggetto soltanto di pii desideri. Prassi e programmazione devono
daltronde continuamente e dinamicamente essere collegate con i ri
sultati dellazione educativa e con tutte le insorgenze anche inaspettate
nelle quali ci si imbatter. Di qui la del pari continua e dinamica
riconsiderazione e adattamento del progetto e del piano della sua
realizzazione. Il ruolo e la funzione degli obiettivi possono quindi
essere riassunti sotto quattro capitoli.
Il primo concerne la necessit, gi accennata, di convergenza nelle
iniziative educative delle azioni e intenzioni dei singoli e dei gruppi
particolari. Nel caso di una istituzione esplicitamente legata a una
tradizione e a un carisma specifico, come quella salesiana, va anche
garantita lautenticit e fedelt sostanziale alle finalit istituzionali.
questo certo un problema complesso a causa del pluralismo cul
turale e ideologico presente [ ^ c u l t u r a ^ s o c ie t ] .
Un secondo capitolo riguarda la possibilit stessa di elaborare
un itinerario educativo e una programmazione dei tempi, delle per
sone, dei luoghi e delle risorse. Gli obiettivi sono criteri di giudizio
e di decisione nella predisposizione di percorsi educativi concreti.
Senza di essi ben difficile riuscire a trovare e a selezionare quanto
necessario, o anche solo utile, alla realizzazione dellimpresa edu
cativa che la comunit vuole sviluppare.
Il terzo capitolo si riferisce alle questioni di comunicazione. Co
municazione tra gli educatori e le famiglie, tra le comunit educative
e le altre comunit (civile, ecclesiastica ...). I giovani da una parte
debbono poter partecipare alla definizione degli obiettivi, a mano
a mano che let e la maturazione personale li rendano capaci di giu
dizio e di discernimento (sarebbe ben strano che i primi interessati al
processo formativo venissero esclusi da questo momento decisionale),
dallaltra debbono essere informati sia allinizio sia costantemente cir
ca gli intenti che guidano lazione e limpegno educativo dellistituzione.
Il quarto capitolo connesso con i primi. Gli obiettivi educativi
sono lorizzonte di valori concreto entro il quale la comunit edu
cativa cammina. Costantemente quindi ci si dovr confrontare con
essi per verificare se le iniziative, il clima, i rapporti, le scelte, i
risultati, sono con essi coerenti o se invece se ne discostano pii o
meno fortemente e per quali cause. Questa valutazione continua
in primo luogo compito delleducatore singolo, che dovr sistema
ticamente compiere accurate revisioni del proprio atteggiamento, del
proprio stile di rapporto, delle proprie modalit dintervento, dei
contenuti che egli cerca di trasmettere e del modo con cui lo fa;
quindi del gruppo degli educatori, che insieme dovranno compiere
periodicamente analoghe revisioni. Anche gli allievi, se disporranno
di questo quadro intenzionale, saranno portati a una pi attenta
autovalutazione dei propri comportamenti e della propria crescita
97
personale, e potranno anche richiamare nei modi e nei tempi oppor
tuni gli educatori stessi alla loro coerenza. Infine le altre comunit,
familiare, civile e ecclesiastica, potranno sia in positivo sia, se neces
sario, in negativo avere parametri di giudizio circa lattivit educativa
dellistituzione.
4. La definizione e la formulazione degli obiettivi
Si gi detto qualcosa sulla definizione degli obiettivi educativi
da parte della comunit educativa. Certamente questa un'impresa
che porta in s qualche difficolt e pu risultare carica di tensioni.
In essa infatti si possono mettere a nudo differenze anche notevoli,
se non insanabili, di concezioni delluomo e della societ, di senso
e prospettiva dellazione educativa e pastorale, dinterpretazione e
attualizzazione del carisma e del sistema educativo di Don Bosco,
di comprensione dei problemi dei giovani e di disponibilit a rispon
dere ad essi in maniera seria e aggiornata, ecc. La definizione degli
obiettivi educativi infatti, se realizzata come autentica risposta al
bisogno di educazione dei giovani, unattenta, ma mai definitiva
mediazione tra molte esigenze: le finalit istituzionali e i valori che
esse racchiudono, la condizione giovanile e sociale dellambiente in
cui si opera, la situazione dal punto di vista culturale, fisio-psichico
e spirituale dei giovani presenti, le esigenze morali, religiose, culturali
e professionali e di capacit di uso del tempo libero, richieste dalla
societ in evoluzione. Questo lavoro implica da una parte compe
tenze specifiche nella raccolta delle informazioni, nella loro interpreta
zione, nella loro integrazione e sintesi operativa, ma anche laccetta
zione inequivocabile della partecipazione e della corresponsabilit e
della pluralit delle competenze. Un progetto una risposta propositiva
che indica un cammino orientato a mte condivisibili e comprensibili.
Daltra parte perch, una volta giunti, anche se faticosamente,
a unintesa sugli obiettivi, questi possano essere veramente il polo
di riferimento di cui si detto nel punto precedente occorre che
siano formulati in modo opportuno. Questo implica il passaggio
da unespressione orale a unespressione scritta e quindi unaccentua
zione della componente analitica e discorsiva rispetto a quella glo
bale e operativa. Lesigenza di mettere per iscritto gli intenti del
nostro lavoro aiuta per anche a capire meglio quanto stato oggetto
di negoziazioni nel dialogo vivo. Ma negoziare con un testo diverso
dal discutere con persone. Il pericolo che le esigenze di una cor
retta e valida formulazione scritta tendano a occupare talmente il
tempo e le energie da creare quasi unondata di rigetto nei riguardi
di questo compito, rendendo vana gran parte della fatica precedente.
Per un aiuto in vista del superamento di questo pericolo ecco alcuni
suggerimenti.
98
In primo luogo occorre distinguere tra le diverse iniziative e le
differenti opere nelle quali si agisce. Un conto infatti quanto viene
sviluppato allinterno di una scuola, un altro ci che deve essere pre
disposto in un gruppo giovanile di animazione liturgica, un altro
ancora in unorganizzazione sportiva. Il tipo di attivit, i contenuti
educativi che da essa vogliono essere trasmessi o fatti sperimentare
o interiorizzare, il grado di formalit e sistematicit che essa richiede
o sopporta, il numero dei giovani, degli educatori e dei collaboratori
in essa impegnati, sono tutti elementi da considerare per decidere
a quale livello di precisione e di dettaglio conviene esprimere gli
obiettivi educativi e pastorali che si vogliono raggiungere. Comunque
alcune caratteristiche risultano abbastanza comuni.
La prima resa pi chiara evidenziando un errore o almeno una
impropriet spesso riscontrata. Pi che ci che ci si attende come
risultato del processo educativo dei giovani, viene espresso infatti
ci che deve fare l'educatore. Nella tradizione salesiana alcuni princpi
di metodo e di stile di rapporto educativo inglobano valori tali da farli
assurgere a finalit istituzionali, ma, nella formulazione degli obiettivi,
si devono evidenziare gli effetti che, attraverso questa impostazione,
vogliamo raggiungere. In altri termini vanno esplicitate le qualit, gli
atteggiamenti, le conoscenze, le capacit, che al termine dellitinerario
educativo dovrebbero possedere i giovani in modo sufficientemente sta
bile e convincente. Unutile chiarificazione viene dallindicare anche gli
indizi o gli indicatori (comportamenti, condotte, tipi di scelte, sensi
bilit, percezione di s e degli altri, motivazioni e disponibilit a
impegnarsi, ecc.) del loro conseguimento. Ci facilita la scelta dei
mezzi di verifica e di valutazione. Non va quindi scritto ci che noi
educatori abbiamo intenzione di fare, ma ci che alla fine del nostro
lavoro dovrebbero sapere, saper fare o saper essere i giovani stessi.
Questo facilita lattenzione alle reali condizioni e disponibilit dei
giovani, favorisce il centrare liniziativa su di essi, tenendo conto del
loro stato di preparazione e di motivazione, evita la facile illusione di
chi, un poco burocraticamente, afferma: Io ho fatto tutto quello che
dovevo fare; se loro non ne hanno tratto vantaggio, peggio per loro .
Una seconda caratteristica degli obiettivi anchessa evidenzia
bile tramite una frequente impropriet: indicare puramente e sem
plicemente il contenuto educativo. Ci pu capitare assai facilmente
sia nell'attivit pastorale sia in quella educativa e didattica. Spesso
infatti ci si limita a enunciare valori, conoscenze, argomenti di stu
dio, ecc., senza enucleare le modalit attraverso le quali la loro acqui
sizione o interiorizzazione si potr manifestare. vero che non sem
pre alcune qualit pi profonde e interiori delluomo mal si possono
cogliere dai soli comportamenti esterni, ma anche pi strano che
esistano dimensioni interiori che non appaiano mai nella comunica
99
zione e nell'azione esterna. Lo stesso Signore Ges Cristo disse: Ex
fructibus eorum cognoscetis eos .
Quanto al grado di precisione di specificit che si deve raggiun
gere, ci dipende, come gi detto, dall'ampiezza dimpegno educativo
considerato (sia dal punto di vista temporale, sia da quello delle
dimensioni educative considerate). Se si progetta uniniziativa che
si svolge nellarco di un anno o pi, che coinvolge giovani di varia
et, che considera la totalit della persona, evidente che non si potr
giungere a esplicitazioni troppo peculiarmente definite. Ma se larco
dintervento di giorni o mesi, se il gruppo dei giovani ristretto
e omogeneo, se la dimensione educativa precisa (un aspetto della
formazione culturale o professionale, una o poche componenti del
leducazione morale e religiosa, uno o pi aspetti delleducazione
sportiva) evidente la possibilit e la necessit di scendere nei det
tagli. In questultimo caso anche la possibilit di valutare in modo
pertinente, valido e convincente aumenta in modo notevole. Sempre
nel caso di questi obiettivi pi specifici (come si detto, nel caso
scolastico essi vengono anche detti didattici) si possono aggiungere
altri elementi per una loro corretta formulazione. In primo luogo
va espressa la prestazione finale che i giovani dovranno essere in
grado di esibire. Essa va espressa mediante un verbo che non si presti
a molte interpretazioni (come sapere o apprezzare o capire), bens
sia specificatamente riferito allazione, alla parola o al gesto che il
giovane deve saper produrre. In secondo luogo devono essere indicate
le condizioni nelle quali il giovane realizzer questa prestazione e cio
se da solo o in gruppo, con quali risorse materiali e strumentali, ecc.
Infine andranno esplicitati il livello della prestazione che consideriamo
necessario per affermare che gli obiettivi sono stati raggiunti (tempo
massimo da impiegare, caratteristiche del risultato della prestazione
come numero massimo di errori consentiti, elementi che devono essere
presenti, ecc.).

BIBLIOGRAFIA

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P e l l e r e y M.,
Progettare l'educazione nella scuola cattolica, Roma,
P e l l e r e y M. (Ed.),
LAS, 1981.

100
8.
UOMO
Carlo Nanni

1. Importanza di questo tema in un progetto - 2. Limmagine deHuomo mo


derno - 3. Luomo post-moderno - 4. Tra pluralismo e riduzionismo antropo-
logico - 5. Idea, progetto, modello, tipo - 6. Quale modello duomo? - 7. Dal
progetto-uomo agli obiettivi.

1. Importanza di questo tema in un progetto


Non esistono prassi o tecniche educative che siano del tutto
neutre. L'attivit educativa e scolastica come quella catechetica e
pastorale non avvengono mai a mente pura , senza idee, ma sempre
secondo certi quadri di riferimento pi o meno coscienti, pii o meno
chiari, pi o meno organici, ma sempre in ogni caso presenti.
Ogni educazione ha una soggiacente visione del mondo e della
vita che incide profondamente nel determinare quelle che sono le
finalit, i contenuti, le metodologie e le tecniche educative, cos come
il rapporto educativo e lorganizzazione sociale delleducazione.
Per salvarsi dai guasti dello spontaneismo e per vincere i limiti
del burocraticismo della scuola tradizionale, in questi ultimi anni
si ricercata nella programmazione e nella riforma dei curricoli
luscita di sicurezza dai mali che affliggono, da sempre e presente-
mente, leducazione.
Tutti hanno fatto e fanno programmazione: nelle scuole, nei con
vitti, nelle comunit, nelle parrocchie, ecc.
Tuttavia anche la programmazione quando riuscita ad andare
in porto spesso scaduta in forme troppo tecnicistiche o funzio
nali allo status quo , senza o con poco respiro e prospettiva.
In questi anni daltra parte si fatta pi evidente la crisi che ha
investito ogni ambito dellesistenza, mettendo forti dubbi su qual
siasi strumentazione puramente tecnica. La frammentazione dellesi
stenza, il malessere soggettivo che ha messo in questione lidentit
personale e culturale, la massificazione dellesistenza, le rinnovate
forme di alienazione nel lavoro e nei rapporti interpersonali e sociali,
la perdita del senso della totalit e di un quadro unitario di valori:
sono mali che hanno colpito un po tutti, ma certamente in primo
luogo chi soggetto di educazione o in et evolutiva. Sono pure
101
davanti agli occhi di tutti il pei-petuarsi o il riprodursi di imprese
di dominazione imperialistica, economica, politica, civile, culturale.
Il richiamo allumano, come all'ultima spiaggia, si fatto sempre
pi grande, mentre se ne va facendo sempre pii problematica la
consistenza di fatto.
In questo clima si reso sempre pi evidente che una program
mazione educativa la quale non riesca a rispondere a questi grossi
problemi rischia di ridursi ad un gioco formalistico, astratto e crudele.
Daltra parte si fatta sempre pi chiara lidea che la compren
sione delleducazione e del ruolo degli educatori dipende in gran parte
dallidea che ci si fa delluomo e del suo destino. Ad essa si chiede
di fornire i quadri di riferimento e gli orizzonti di senso del progetto
e dellazione educativa. Qualcosa di simile va detto per ogni attivit
catechetica e pastorale: come si potr evangelizzare e approfondire
lannuncio se non si conosce e non si comprende il contesto umano
che ci circonda? Se non si percepisce il clima e le tendenze antro
pologiche dellambiente?
Ma i problemi cominciano subito: 1) quando si voglia scendere
a determinare quale idea di uomo si debba tener presente; 2) quando
si voglia incarnarla concretamente nel progetto.
Le cose si complicano nellattuale stato di crisi dei grossi sistemi
filosofici e nel sempre pi vasto pluralismo culturale e ideologico,
allinterno di una stessa scuola, di una stessa comunit, di uno stesso
gruppo, ecc.

2. Limmagine deiruomo moderno


Se difficile arrivare ad una precisa e univoca idea duomo,
certo molto pi agevole indicare i tratti fondamentali di quella che
potremmo dire limmagine delluomo moderno, cio la rappresen
tazione mentale secondo cui luomo vede, pensa se stesso e prospetta
la sua esistenza nel mondo e nella storia.
La coscienza moderna indubbiamente molto sensibile agli aspetti
di costruttivit, di storicit, di socialit, di operativit, di sviluppo
presenti nellesistenza umana.
Le trasformazioni economiche e politiche conseguenti alla cosid
detta rivoluzione industriale, le conquiste della scienza e della tecnica,
lo sviluppo prorompente delle tecnologie, le lotte sociali e civili,
lemergenza di nuove classi nella vita politica hanno portato luomo
moderno ad una nuova coscienza di s e delle proprie capacit di
modificazione del reale attraverso lazione individuale e collettiva,
sorretta dalle forze della ragione.
Rispetto alle et precedenti luomo moderno si visto e si
prospettato come centrato su se stesso, non tanto su Dio o sulluni-
102
verso. Si parlato per questo di uomo copernicano , nel senso
che luomo si veniva a porre come centro solare attorno a cui veniva
a ruotare tutto il resto.
Posta piuttosto in ombra la dimensione creaturale e quella di
particella delluniverso, luomo ha esaltato la sua qualit di soggetto
e di costruttore del suo destino attraverso la sua propria azione e
lenergia pratica della sua razionalit: homo faber e non esecutore
o fruitore di un mondo o di un ordine gi dato, gi determinato.
In questa linea si spesso arrivati a mettere tra parentesi ogni
senso dei limiti, dellerrore, dello scacco, della colpa, o anche del
diverso, dellaltro, delloggettualit delle cose, delle strutture, delle
leggi, dellistituito.
Una tale immagine di uomo, seppure non sempre organicamente,
stata assunta e rinforzata dalle grandi ideologie che percorrono,
guidano o per lo meno sostengono la prassi sociale e politica delle
nazioni e dei gruppi allinterno delle singole societ, offrendo ad
esse coerenza, giustificazione razionale, prospettive e linee dazione.
Ad esse ha infuso vigore, forza, potenza persuasiva, qualit attrat
tiva e coagulazione veloce di consensi, dando loro il crisma delle
ideologie forti e delle filosofie vincenti.
Negli anni trascorsi questimmagine duomo si riproposta se
condo due versioni principali: una che si affidava piuttosto alla po
tenza della scienza, della tecnologia, della produzione economica
lasciata al libero gioco delle regole di mercato, laltra che invece
sottometteva il tutto al preventivo cambio politico strutturale.
La prima tendenza si ritrovata nellideologia dello sviluppo o
del progresso; la seconda nellideologia del cambio, affidata alle nuove
classi e ai nuovi soggetti storici (variamente identificati nel prole
tariato, nei popoli del terzo mondo, nei giovani, nelle donne, negli
emarginati, ecc.).
In entrambi i casi come il pensiero religioso ha sottolineato
si avuta una sorta di religione secolarizzata e una fede laica, fidu
ciosa e tutta protesa verso un illimitato progresso, unicamente fon
data sulle leggi della scienza o della natura, aperta a orizzonti di
liberazione e di felicit per tutti, in un ipotetico regno di libert ,
in cui luomo, finalmente affrancato da ogni feudalesimo esteriore
e interiore, potesse avviarsi verso lassoluta e plenaria espansione
e realizzazione di vita.
3. Luomo post-moderno
Come si accennato in precedenza, in questi ultimi anni, questa
stessa immagine di uomo stata avvolta nella crisi che ha preso
tutti gli ambiti dellesistenza personale e sociale, sia a livello di
strutture e di attuazione, sia a livello di coscienza e di ideazioni.
103
A livello propriamente antropologico si anzitutto risentito il
contraccolpo del tracollo dell'idea di uno sviluppo illimitato. I limiti
dello sviluppo si sono mostrati repentinamente ma drasticamente.
Non meno pesante stato leffetto della caduta verticale dellidea del
cambio rivoluzionario.
Ma oltre a ci si avuta come una erosione dallinterno, ad opera
di quelle tendenze di pensiero strutturalista, radicale e nichilista che
hanno messo in crisi i concetti stessi di razionalit, di soggettivit,
di progettualit su cui si fondava limmagine delluomo faber.
Luomo stato visto in bala di strutture e di processi anonimi,
che lo sorpassano da ogni dove. Errato oltre che irrealistico apparso
ogni tentativo di uscire fuori o ergersi al di sopra della ferrea ne
cessit che avvolge luomo. La libert non niente pi che un mito
vano e infondato, come dicono gli strutturalisti.
La fede nelle capacit progettuali umane non solo non trova ri
scontro nella realt, ma non pu neppure reggersi sulle certezze della
razionalit, incapace di raggiungere fondazioni consistenti o inseguire
mte sicure.
La proclamazione nietzschiana della morte di Dio (vista non tanto
come negazione ateistica, quanto piuttosto come affermazione della
fine di ogni assolutezza e di verit o valori eterni ed immutabili)
fatta riecheggiare dai nichilisti agli orecchi delluomo contemporaneo.
La soggettivit umana stessa si sgretola sotto gli occhi di quella
che generalmente detta cultura radicale . Luomo ridotto ad
un gioco pirotecnico di pulsioni e di bisogni, che atomizzano lesi
stenza individuale e collettiva. Una razionalit immanente alla storia,
cos come una normativit oggettiva della natura sono considerate
assolutamente impensabili.
Al limite luomo viene paragonato al rizoma, pianta senza radici
e senza fusto, dalle diramazioni clandestine e dagli sviluppi sotter
ranei. E lesistenza collettiva simile a quella di un formicaio in cui
ogni individualit come dominata da un incessante dinamismo che
la supera e che si riproduce oltre ogni mutilazione o eliminazione di
questa o quella individualit.
Allo stesso modo, rifiutata ogni fondazione razionale e ogni colle
gamento rigido alla tradizione o ogni tentativo di riduzione ad unit
organiche, l'esistenza vista come incessante e libera produzione dei
bisogni e dei desideri che liberano dis-organicamente la molteplicit
spontanea dei bisogni.
A conclusioni non dissimili sostanzialmente arrivano coloro che,
prendendo sul serio la sfida dellattuale sviluppo tecnologico, non
vedono altro sbocco di futuro per luomo che il rifiuto dellumane
simo tradizionale e la cibernetizzazione dellintera esistenza indivi
duale e sociale. Occorre andare oltre la dignit e la libert (come
insinua il titolo di un volume di F.B. Skinner, psicologo e pedago
104
gista americano, edito nel 1971 e subito diventato un bestseller)
e affidarsi ad un controllo e uso regolato delle informazioni. Nulla va
lasciato al caso, alla fantasia, agli umori del momento. Tutto va pre
cisamente determinato e computerizzato, in modo da evitare errori
e sprechi cos come disordini sociali e sofferenze personali.
In conclusione, pur dalle diverse prospettive sembra delinearsi
sempre pi nettamente un'immagine di uomo che, se non pu dirsi
del tutto opposta, certo per tanti versi diversa da quella delluomo
moderno. Per tali motivi sono sempre pii quelli che parlano di uomo
post-moderno , cio di unimmagine di uomo in cui fatto spazio
alla differenza, all'alterit, al limite, a vie alternative di emancipa
zione e di liberazione. In ogni caso la crisi vista come passaggio per
ogni itinerario umano futuro.

4. Tra pluralismo e riduzionismo antropologico


A loro modo la crisi e i movimenti di pensiero che si sono mossi
realisticamente entro di essa hanno dato voce e vigore a istanze
umane irrinunciabili, piuttosto mortificate nel recente passato o poco
considerate nelle immagini di uomo prevalenti: le istanze dellindi
vidualit e deirinteriorit personale o delle relazioni interpersonali
e amicali, rispetto allinvadenza del pubblico, del politico, dellideo
logico o del cosiddetto oggettivismo scientifico; oppure le istanze del
mondo emozionale e inconscio, rispetto ad una rigida e astorica
supremazia di una coscienza e di una razionalit troppo chiare e
distinte , fonti e vittime, allo stesso tempo, di spinte autoritarie,
repressive e anti-emancipatorie.
Daltra parte queste stesse espressioni di pensiero sembrano spesso
assumere un carattere di costruzioni reattive, soprattutto quando ten
dono a proporsi come asserzioni apodittiche e totalizzanti.
In tal modo ricalcano, seppure in senso diametralmente opposto,
gli errori di cui accusano le ideologie forti del recente passato.
E ci perch, pur spiegando il reale, non spiegano tutto il reale.
Infatti il loro fissarsi sulle urgenze del presente rischia di far per
dere di vista linsopprimibile dimensione di passato e di futuro pur
esistenti nel presente e nel vissuto.
Allo stesso modo limpietosa messa a nudo dei limiti umani pu
portare a misconoscere le reali capacit e potenzialit delle libere
decisioni volontarie per quanto si voglia ristrette e sotto condizione ,
i movimenti attivi dello spirito individuale e collettivo, della memo
ria del singolo e delle collettivit, della fantasia progettuale e crea
trice di ognuno e di tutti, della conoscenza veritativa e delle forze
damore, che si rivelano spesso alla prova dei fatti come serbatoi di
energie superiori ad ogni previsione.
105
Cos ad insistere troppo nel dare la parola alle cose esistenti
e non alle vane conclamazioni ideologiche, si pu finire con il negare
anche i movimenti oltre lesistente che pure si trovano nel reale,
almeno a livello esigenziale.
Da questo punto di vista il pensiero cristiano, alla luce della vi
sione biblica delluomo immagine di Dio e dellumanit rinnovata
nel Cristo, ha fortemente criticato le immagini di uomo emergenti
nellet moderna e contemporanea: sia quella liberal-borghese, che
sta alla base dellideologia del progresso, sia quella del socialismo
scientifico e emancipatorio, che sta alla base dellideologia del cambio,
sia quella del pensiero negativo e radicale, che sembra stare alla base
della cosiddetta cultura radicale. Esse infatti sembrano affette da
un forte tasso di riduzionismo antropologico, che mal corrisponde
allampiezza di possibilit della condizione umana attuale.
Luomo rischia di essere chiuso dentro lambito del mondo e del
tempo, e la sua esperienza circoscritta entro i termini delle relazioni
inter-umane, della vita sociale, del rapporto con la natura, dei processi
culturali (storicismo). La sua liberazione fatta coincidere quasi
totalmente con gli aspetti economici, sociali, politici (materialismo) e
la sua felicit se e nella misura in cui dato conseguirla sembra
essere quasi tutta compresa nei limiti dellautorealizzazione storica.
Daltra parte, come si visto, sono facili gli sbilanciamenti o le
esorbitanze verso forme di affermazioni unilaterali.
Ne consegue la necessit di una somma cautela in ogni afferma
zione sulluomo. importante quindi nella formazione di un preciso
quadro di riferimento per lazione educativa tener presenti alcuni
criteri di fondo.
Ci che colpisce di pi nelluomo-individuo e collettivo la com
plessit, nellessere e nelloperare; ma insieme una fondamentale unit
e continuit, ricca di articolazioni e espressioni (pur nel bagaglio,
pili o meno abbondante di contraddittoriet, di scompensi, di disarti
colazioni, di squilibri, ecc.).
Espressione cospicua di questa irriducibile e ineliminabile com
plessit sono i diversi tentativi di determinazione per affermazioni
antinomiche o per aspetti complementari (io/me; essere/coscienza;
oggettivit/soggettivit; essenza/esistenza; uomo/universo; individuo/
societ; libert/necessit; materia/spirito; temporalit/eternit; ani
ma/corpo, ecc.) o anche per paradossi o negazioni.
Da ci il primo e basilare criterio: necessario assumere unim
magine di uomo che tenga conto di tale complessit, contradditto
riet, unit, storicit, impegno di realizzazione; i dati dellesperienza
comune costituiscono il punto di partenza a cui si dovr ritornare
e con cui ci si dovr confrontare dopo ogni costruzione teorica.
Il secondo criterio un po corollario del primo; non bruciare
tale complessit attraverso affermazioni riduttivistiche.
106
Ci particolarmente importante in sede educativa. Se vero
infatti che limmagine delluomo si rispecchia nella concezione che
si ha delleducazione, sar pure vero che ad unimmagine riduttiva
delluomo seguir facilmente una concezione distorta delleducazione,
ridotta di volta in volta ad esempio, a puro allevamento e addestra
mento, da certe forme di radicale biologismo antropologico; ad adde
stramento e apprendimento, da certe forme di radicale comportamen
tismo o fenomenismo; ad educazione intellettuale, da certe forme di
razionalismo; ad educazione morale o forme di pietismo pedagogico,
da certe forme di spiritualismo o idealismo; ad educazione sociale o
a semplice socializzazione, da certe forme di sociologismo; a puro
decondizionamento psicologico ed ambientale, da certe forme di radi
cale spontaneismo psicologico.
Infine un terzo criterio, consistente nellafFermazione di un legit
timo pluralismo nel sistemare, organizzare, interpretare questi fon
damentali dati dellesperienza comune in modelli antropologici parti
colari; sempre e in ogni caso soggetti alle regole della criticabilit
propria delle costruzioni teoriche (basata sullincontraddittoriet in
terna; sulla capacit di rendere conto della problematica di partenza;
su una fondazione sorretta da evidenza empirica e/o razionale; sulla
capacit di reggere al confronto e alla prova dei fatti, tenendo conto
delle conseguenze che ne discendono).
infatti evidente che la costruzione di una visione antropologica
sempre in qualche modo conseguente ad un processo ermeneutico
in cui entrano in gioco, pi o meno fortemente, sia il mondo delle
precomprensioni soggettive sia le attese nei confronti della realt,
cos come essa colta e cos come si desidera che essa sia.

5. Idea, progetto, modello, tipo


Prima di proseguire il discorso conviene fare qualche precisazione.
Quando diciamo idea facciamo riferimento allattivit umana del
vedere, del contemplare, del cogliere razionalmente le caratteristiche
essenziali di una qualche realt: nel nostro caso, delluomo. Con il
termine progetto si fa invece riferimento alloperare, allagire, al fare,
al produrre. Quando infatti diciamo progetto, indichiamo dal punto
di vista contenutistico un qualcosa da realizzare, da costruire nella
realt in risposta a bisogni, esigenze, domande, necessit reali e sulla
base di una visione orientante, di un quadro di riferimento, di
unidea, appunto: il tutto organizzato in un costrutto logico e razio
nale, esprimente globalmente l'ipotesi che sintende seguire in vista
del conseguimento efficace di ci che costituisce il traguardo del
lazione individuale e collettiva. Un progetto quindi comporta, pi
concretamente, lindicazione specificata dei fini, dei contenuti, dei
107
mezzi, delle strategie, degli strumenti di controllo e di verifica, ecc.
[ PROGETTO e d u c a t iv o ] .
A monte, poi, un progetto suppone l'analisi della domanda
e la diagnosi della situazione, prim ancora che si dia corso alla
prospettazione congetturale di ci che sintende fare. Analisi, diagnosi,
programmazione non avvengono senza una visione teorica.
Talora questa visione teorica allo stato informe. Sta sullo sfondo,
senza emergere coscientemente. Ma per lo pi nel progettare fac
ciamo riferimento, pi o meno esplicitamente, a modelli teorici, cul
turalmente determinati.
Un modello, come si sa, una costruzione mentale che organizza
i dati deUesperienza in una forma unitaria e organica, a spese di
una certa semplificazione della complessit reale e attraverso il pri-
vilegiamento di certi aspetti piuttosto che di altri: con lo scopo di
servire alla rilevazione oppure all'interpretazione o all'applicazione
di qualcosa. in ogni caso uno strumento operativo; non ha pretese
di assolutezza o di rispecchiamento perfetto della realt. Ma di ade
guatezza e di efficacia s.
Come la lingua mi serve per esprimere e comunicare la mia in
tuizione permettendo la parola, cos il modello mi serve per avere
un riscontro oggettivo e definito , che quando voglio ve
dere, giudicare, agire non mi lasci nel vago e nellindeterminato.
Mi d un immagine della realt, se non la realt stessa, in presenza.
Dopo Max Weber, nel linguaggio ordinario, si parla pure di tipo,
ad indicare un costrutto mentale che ha scopi di classificazione e
unificazione nella dispersione complessa dei dati di esperienza. Talora
tradisce l'inconfessata impossibilit di giungere ad un concetto uni
tario. In Max Weber c forse anche una certa vena di generale
relativismo. In ogni caso spesso il tipo viene quasi ad essere assi
milato ad un modello ad alto grado di generalizzazione.
ovvio che, nel nostro caso, tutto il discorso va riferito alla
realt delluomo e alla difficolt di determinarsi in proposito. dif
ficile infatti definire una realt, come luomo, che sempre dato
e compito, realt e progetto, problema e mistero, soggetto e oggetto,
libert e determinatezza, individualit e collettivit, privato e pub
blico, personale e politico, ecc.

6. Quale modello duomo?


Daltra parte, la prospettiva educativa sembra indicare delle pre
ferenze tra modelli duomo possibili. In questa linea non sembrano
sufficienti dei modelli di uomo di tipo speculativo-essenzialista, tesi
esclusivamente a svelare lessenza delluomo e che parlano di lui
quasi solo in termini di qualit costitutive e determinanti (= in
108
telligenza, libert, spiritualit, ecc.) o di dimensioni fondamentali
(= individualit, socialit, politicit, autotrascendenza, ecc.), o del suo
statuto soprannaturale (grazia e peccato, virti teologali, ecc.).
Una tale antropologia in chiave di natura, di essenza profonda,
rischia di lasciare un po alloscuro gli aspetti di crescita e di sviluppo
dellessere umano. Lessenza sembra mettere tra parentesi la fonda-
mentalit dellesistenza. Lo sguardo eternale con cui visto luomo
rischia di bruciare, in una statica perennit, il farsi e la dialettica del
divenire umano nel mondo con gli altri, nella storia della salvezza
che costruisce e aspetta i cieli nuovi e la terra nuova.
Ma neppure sembra sufficiente, nellorizzonte delleducazione, una
visione delluomo di tipo esperienziale-relazionale, volta a determinare
le condizioni di possibilit di unesistenza autentica (= luomo visto
come realt misteriosa, soggettivit situata, intersoggettiva, libert
condizionata, tesa alla ricerca di senso).
Questantropologia in chiave di intersoggettivit rischia di tra
scurare per un verso la materialit delle strutture e dei contesti
in cui lesistenza si pone e per altro verso di trascurare troppo la
consistenza sia del super-individuale e del sociale sia le radici essen
ziali della soggettivit che si mette in relazione con gli altri nel
mondo, esistendo e autenticandosi.
Alla luce delle necessit educative (della domanda attuale di edu
cazione), sembra necessario mettersi piuttosto in una prospettiva
storico-prussica, che pensa luomo in termini di soggetto e popolo,
di uomo e donna che e si fa persona, libert, storia, cultura, civilt,
in e mediante lattivit comune di trasformazione della realt con
creta in cui ci si trova a vivere, fatta anchessa in tal modo partecipe
dello stesso processo di emancipazione e di liberazione.
evidente che in tale prospettiva prioritaria lanalisi delle
situazioni concrete in cui lumanit si trova a vivere.
Il riferimento ultimo, la pietra di paragone, luomo reale, non,
in primo luogo almeno. Videa duomo e neppure la natura umana o
luomo in generale, ma la persona concreta, materialmente individuata,
cronologicamente datata, geograficamente ubicata.
Anzi il rimando ai gruppi sociali, in cui la persona storica
mente inserita. Essi sono da identificarsi, di volta in volta, allinterno
di pi vasti sistemi sociali, economici, politici, culturali determinati.
Cos, ad esempio, dal punto di vista civile e politico il riferimento
ultimo sar la democrazia reale, non solo anche se non senza
quella giuridica; democrazia sostanziale, non solo formale. Dal punto
di vista catechetico-pastorale sar invece la situazione concreta in cui
il cristiano, persona e comunit, vive la sua chiamata alla vita e alla
salvezza in Cristo. Dal punto di vista pi specificamente educativo
sar lo storico processo volto allacquisizione di capacit di decisioni
responsabili da parte del concreto uomo-educando.
109
In questa concezione dinamica le due prospettive precedenti ven
gono assunte come fondamento e orizzonte di marcia della prassi
storica e con funzione di provocazione critica nei confronti della
realt esistente, soprattutto nelle sue tensioni e carenze, o, come non
troppo correttamente si dice, nelle sue contraddizioni.
La dimensione storico-situazionale ( = luomo come effettivamen
te ) messa a nudo dalla luce della prospettiva ideale (luomo essen
ziale e luomo relazionale ), innescando il processo dellazione,
sorretta dalla visione delle proprie possibilit e del proprio senso
ultimo.
appena da notare che leducazione rientra come forma specifica
di questa prassi storica di promozione umana, con caratteristiche sue
proprie, come altrove si detto [ ^ educazione].
In sede educativa importante ricordare che questa qualit di
soggetto, di persona che si fa e si costruisce nel vivo della vicenda
storica comune, attributo fondamentale del bambino, del ragazzo,
dell'adolescente, del giovane, seppure a livelli minimali e, per cos
dire, aurorali : da far crescere, sviluppare, sostenere, promuovere,
arricchire, coltivare, correggere, educare in una parola. Ma in ogni
caso chiaro che lumano non mai pura merce dimportazione
sul loro terreno.

7. Dal progetto-uomo agli obiettivi


Un progetto-uomo non interpella solo leducazione per la sua rea
lizzazione. Oltre e in concomitanza allazione educativa, occorre
lazione economica, politica, culturale, religiosa. Allo stesso modo
lidea di uomo non per s un prodotto compiuto , direttamente
fruibile dalleducazione.
Perch lo sia, sono da apportare una serie di aggiustamenti del
tiro, e sar da portarsi a distanze pi ravvicinate che non siano quelle
delluomo in generale.
Bisogner in primo luogo considerare le molteplici e articolate
possibilit di attacco allazione educativa: Veducabilit, non in genere,
ma nelle sue articolazioni, sia quelle cronologiche (nelle diverse tappe
dellet evolutiva e nelle altre et) sia quelle strutturali (bio-psichiche,
socio-culturali, spirituali ed etiche, religiose e di fede, private e pub
bliche, individuali e collettive).
In termini pi circostanziati bisogner badare alla teoria dellap-
prendimento e deXYistruzione che si ha: ben diverso, ad esempio,
educare un uomo in termini di psicologia comportamentistica (in cui
tutto legato al condizionamento ambientale) o secondo una teoria
psicoanalitica (con la dominanza dellinconscio e del super-ego sullio)
110
o secondo altre teorie pi attente alla persona, alla sua interiorit,
alla sua apertura al mondo e agli altri.
Tutto ci si fa pi cospicuo quando si vuole incarnare lidea di
uomo in precisi obiettivi educativi e didattici. Apparir subito chiaro
che ogni deduttivismo rigido e meccanico impossibile.
Parlando infatti di obiettivi ci poniamo nella prospettiva del
progetto, in cui come si visto si tratta di combinare bisogni,
esigenze, necessit, domande con il quadro di riferimento ideale. Come
cinsegnano le teorie della programmazione educativa e didattica,
gli obiettivi dicono riferimento al conseguimento di comportamenti
osservabili. Perci vanno scanditi in termini di apprendimento di
conoscenze, di atteggiamenti e di abilit, da conseguirsi a lungo o
medio o breve termine. Dicono inoltre preciso riferimento e adegua
tezza a bisogni istituzionali, sociali o personali, stabiliti chiaramente:
qui ed ora, ma certo con una prospettiva di futuro pi o meno ampia
e almeno ipoteticamente determinabile [ ^ o b i e t t iv i ] ,
evidente che in questo orizzonte di significato lidea di uomo
anche quando sia portata e articolata ai diversi piani dell'azione
educativa e tenga conto delle tipicit dellapprendimento e dellistru
zione dice solo lorizzonte di senso in cui debbono saldarsi gli
obiettivi, pena latomizzazione e la meccanizzazione delleducazione
e della personalit degli educandi.
Daltra parte questo ne dice anche il limite. Se infatti lidea di
uomo risponde allesigenza di totalit, unitariet e coerenza educativa
e personale, tuttavia assolutamente incompetente almeno in un
doppio senso: primo, perch mantenendosi su un livello universale
e concettuale sempre generale ed astratta; manca cio di artico
lazione, individuazione, situazionalit; secondo, perch, indicando la
finalit da raggiungere, non dice in pari tempo le modalit e i per
corsi che vi conducono.
Per incarnare lidea di uomo negli obiettivi educativi non solo si
richiede previamente di aver chiara la natura e la portata reale della
domanda educativa, ma bisogner pure fare i conti con le possi
bilit e le modalit concrete di traduzione operativa.
In altri termini, lidea duomo guida, regola, ispira, orienta lazione
educativa, offrendo il quadro di riferimento ideale. Ma abbiamo visto
che non il riferimento ultimo del progetto, che nel caso delledu
cazione rimane luomo-educando reale, come si accennato.
E anche quando indica un dover essere lo fa come norma te
leologica (= che indica il fine da raggiungere), ma non come norma
tecnica (= non dice ancora come, con che mezzi, per quali vie).
In questo senso lo sforzo teoretico di arrivare ad un modello
duomo, che esprima comprensivamente unidea duomo, adeguata
alle conoscenze, allo stadio di sviluppo e alle esigenze delleducazione
contemporanea (cosa tu ttaltro che facile), solo wia delle compe
111
tenze richieste dalla progettazione educativa. Su questo terreno per
non ricopre lo spazio risei'vato allanalisi psico-sociologica-antropo-
logica, e tanto meno quello riservato alla modellazione tecnologica,
alla saggezza individuale e persino all'ideologia, intesa nel senso posi
tivo di pensiero storicizzato e combattente per unidea da attuare
nella prassi.
La progettazione educativa si rende necessaria proprio per coniu
gare insieme tutte queste competenze in vista di un'azione educativa
unitaria e comune: sulla base che nessuno, sotto il cielo, ha la ricetta
infallibile per un'azione efficace e tanto meno il monopolio della
verit sulluomo; allo stesso tempo nella convinzione che si possono
trovare insieme risposte maggiormente adeguate ad una domanda,
qual quella educativa e giovanile, tu ttaltro che facile ed univoca.

BIBLIOGRAFIA

C a s s ie r e..Saggio sulluomo, Rom a, Armando, 1972.


G a ra u d y R., Prospettive deU'uomo. Esistenzialismo, cattolicesimo, struttu
ralismo, marxismo, Torino, Boria, 1972.
G e v a e r t J., Il problema deUuomo, Leum ann (Torino), LDC, 1978.
M a r c e l G., Il mistero dellessere, Torino, Boria, 1970, 2 voli.
Quis est homo? La verit delluomo e la formazione dei futuri sacerdoti,
in: Sem inarium 1980, n. 1 (interam ente dedicato al problem a).
Realizzare insieme un progetto duomo veramente umano. Un impegno
per gli anni 80, in: Civilt Cattolica 1981, quaderno 3133, pp. 3-14.
S c u r a t i C., Profili nell'educazione. Modelli e ideali nel pensiero contempo
raneo, M ilano, V ita e Pensiero, 1977.

112
9^______________________
PROMOZIONE INTEGRALE
Giuseppe Groppo

1. Il cristiano, l'educazione, la salvezza integrale, levangelizzazione-catechesi -


2. Leducazione cristiana come promozione umana integrale - 3. Progetto di
promozione integrale (umano-cristiana).

1. Il cristiano, leducazione, la salvezza integrale, levangelizzazione-


catechesi
Il termine promozione integrale, oggi molto usato in contesti
socio-politici e pedagogici, viene da noi considerato principalmente
anche se non esclusivamente neirorizzonte del progetto edu
cativo. Siamo infatti coscienti che lattivit educativa non pu
essere disgiunta dallattivit socio-politica, e che solo una trasforma
zione delle strutture portanti dellattuale assetto sociale e culturale
rende possibile unadeguata soluzione della complessa problematica
che oggi travaglia la provincia pedagogica . Tuttavia crediamo anche
possibile concentrare la nostra analisi sul settore educativo, convinti
che prescindere non significa escludere .
Il cristiano, meglio, le comunit cristiane, se vogliono essere coe
renti con la loro fede:
devono, anzitutto, confrontarsi con il modo dintendere e di
vivere l'educazione, proprio degli uomini doggi; non possono ignorare
la realt educativa e le teorie pedagogiche contemporanee, proprio
perch devono vivere la loro fede, incarnandola nel contesto socio-
culturale, in cui sono nati e vivono;
devono, in secondo luogo, concepire la salvezza cristiana nel
suo significato pieno e integrale (messo in luce dalla teologia post
conciliare e da numerosi documenti della Chiesa), cio come salvezza
di tutto luomo, tale da includere anche la promozione integrale del
luomo e la sua liberazione da tutte le oppressioni;
devono infine rendersi conto della funzione umanizzatrice e
liberatrice dellevangelizzazione-catechesi [ e v a n g e l iz z a z io n e e e d u
c a z io n e -r c a t e c h e s i ].

113
1.1. Il cristiano, leducazione e la scuola
Oggi leducazione comunemente intesa come un processo critico
di promozione umana integrale; come sforzo di liberazione da tutte
le oppressioni in funzione di una progressiva umanizzazione delle per
sone singole e delle comunit, come pure delie istituzioni; come pro
mozione di maturazione integrale a livello personale e comunitario.
opinione sempre pi diffusa che leducazione, pur inserendosi ne
cessariamente nei processi dinculturazione e di socializzazione, non
vi s'identifichi n vi si riduca. Il suo scopo e i suoi obiettivi sono
diversi, come pure sono diversamente intese le sue strategie proget
tuali (mezzi, metodi, istituzioni).
a) Educazione, inculturazione, socializzazione
La configurazione totale dei modelli di comportamento, delle con
dotte, dei costumi, degli stereotipi, degli atteggiamenti, del quadro
dei valori di una determinata societ, quello che gli antropologi
culturali chiamano cultura in opposizione a civilt [ ^ c u l t u r a ].
I processi mediante i quali il membro di un gruppo umano acqui
sisce la cultura del gruppo vengono detti processi di incultura-
zione o di socializzazione .
Vinculturazione un aspetto del processo di socializzazione e si
pu descrivere come quel processo mediante il quale si acquisisce e
sinteriorizza nellinterazione con il proprio ambiente sociale (storico
ed ecologico), in via quasi automatica, il corredo culturale necessario
al normale inserimento nella societ.
Quando si parla di socializzazione sintende generalmente rife
rirsi a quei processi mediante i quali le persone singole vengono
inserite in gruppi sempre pi vasti (famiglia, scuola, gruppi giovanili,
associazioni culturali, politiche, religiose, ecc.) e interiorizzano la
cultura di questi gruppi. In questi processi il quadro di valori che
sinteriorizza proviene dallambiente sociale.
Questi processi non vanno concepiti come qualcosa di puramente
passivo. Implicano certamente lattivit sia degli educatori sia
di coloro che sono socializzati, per in funzione delladattamento e
dellintegrazione nella cultura propria dellambiente (inculturazione).
Si tratta di processi fondamentalmente impositivi come abbiamo
gi detto in parte anche meccanici. Sono gestiti dalle forze egemoni
del sistema socio-culturale, economico, politico, religioso, ecc. domi
nante attraverso il possesso e lutilizzazione delle molteplici agenzie
educative: famiglia, scuola, mass-media. Hanno lo scopo di integrare
le persone e i gruppi minori nel sistema emarginando (in modo
diverso) chiunque vi si opponga.
Mole volte leducazione sidentifica di fatto con questi processi
di socializzazione inculturizzante.
114
Quelli che abbiamo chiamato processi di socializzazione altri li
chiamano ultrasocializzazione , mentre chiamano socializzazione
ci che noi chiamiamo educazione .
\Jeducazione, pur inserendosi necessariamente al di dentro dei
processi di socializzazione e inculturazione, non vi sidentifica n
vi si riduce. Il suo scopo diverso; diversi sono pertanto i suoi pro
cessi, i suoi mezzi e i suoi metodi (le strategie progettuali).
Leducazione oggi comunemente intesa dai pedagogisti come
processo critico di promozione umana; come processo di liberazione
da tutte le oppressioni in funzione di una crescente umanizzazione
delle persone singole e delle comunit; come promozione di matura
zione del singolo e della comunit.
Compito di uneducazione cos intesa anzitutto lo sviluppo nei
giovani di una crescente capacit critica di fronte ai valori proposti
o imposti dalle forze egemoni del sistema culturale dominante, nel
quale essi sono immersi mediante i processi di socializzazione e in
culturazione. Si tratta di portarli ad un atteggiamento critico di fronte
alle attese ed aspirazioni, ai progetti di vita che i processi d'incultu-
razione hanno sviluppato in loro.
Un secondo compito delleducazione quello di aiutare questi
giovani a costruirsi un progetto di vita, autenticamente umano, e ad
acquisire gli atteggiamenti corrispondenti, anche quando luno e gli
altri siano in contrasto col quadro dei valori e coi progetti di vita,
veicolati dal sistema culturale dominante.
Infine leducazione deve sviluppare nei giovani Vaspirazione verso
un mondo piti umano, libero dalle oppressioni, orientandoli verso
un impegno serio in questo processo di liberazione e umanizzazione
del mondo.
Si tenga presente tuttavia che, nelle prime fasi dello sviluppo
(infanzia e fanciullezza), limpossibilit di un pensiero logico-astratto,
e quindi di criticit , fa s che leducazione sidentifichi pratica-
mente con il processo di socializzazione. Ci, per, che la differenzia
e ne salva la specificit, anche in questo periodo, latteggiamento
critico delleducatore e in genere delle agenzie educatrici di fronte
ai valori proposti dal sistema culturale [ e d u c a z io n e ] .
b) La funzione educatrice della scuola e il fatto religioso
Se c un punto sul quale tutti sono daccordo oggi che la scuola
non pu ridursi ad essere una pura agenzia socializzatrice a servizio
di un determinato sistema socio-culturale, ma al contrario deve essere
in funzione di uneducazione liberatrice, promuovendo negli alunni
una sempre maggiore capacit critica di fronte ai valori proposti o
imposti dalla cultura dominante, formando alla creativit, ecc.
La scuola per deve attuare la sua funzione educativa in quanto
scuola, e quindi nel rispetto della sua natura specifica, dei suoi mezzi
115
e metodi, cio, per dirla in breve, attraverso quello che viene detto
Vapproccio scientifico-culturale. Con questa espressione intendianao
l'assunzione e la coscientizzazione dellesperienza mediante le strutture
tipiche delle varie scienze attinenti la realt nella sua poliedricit
[ ^ INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE],

1.2. Salvezza cristiana e promozione umana integrale


Il problema della salvezza cristiana centrale oggi nella teologia:
la presenza dei diversi umanesimi atei, tutti per con messaggi di
salvezza per luomo contemporaneo, costituisce una sfida alla fede
cristiana nella salvezza portata da Cristo mettendone in crisi le con
cezioni privatistiche, dicotomiche e puramente escatologiche, conce
zioni che ebbero conseguenze deleterie per l'attivit pastorale della
Chiesa, vista come estranea nei confronti della liberazione e promo
zione umana.
La reazione a questa concezione riduttiva della salvezza cristiana
in senso privatistico, spiritualistico e puramente escatologico, ha provo
cato, negli anni settanta, soprattutto nell'ambito del terzo mondo e in
particolare in America Latina, tutto un ripensamento teologico (teo
logie della liberazione) e prassi rivoluzionaria a favore degli oppressi.
Alcune di queste correnti o di questi movimenti di liberazione arri
varono a identificare la salvezza cristiana con la liberazione umana,
levento salvifico con il processo storico di liberazione, lermeneutica
della fede con lermeneutica marxista della storia. La salvezza cristiana
sembra dissolversi nella liberazione umana, perdendo tutto il suo
contenuto misterico. Anche qui ci troviamo di fronte ad un nuovo
tipo di riduzionismo, questa volta di tipo orizzontalista e non pii
verticalista, come il precedente. La salvezza cristiana viene intera
mente secolarizzata, la fede diviene ideologia a servizio di un mo
vimento politico.
Di fronte a questi due riduzionismi occorre arrivare ad una con
cezione integrale della salvezza cristiana, che ne salvi da una parte
il contenuto e il significato misterico (Dio salva luomo per mezzo
di Cristo nello Spirito attraverso la mediazione della Chiesa, come
sacramento di salvezza) e dallaltra lindissolubile connessione con
la salvezza e liberazione-promozione umana.
La salvezza cristiana anzitutto comunitaria: salvezza di
tutta lumanit nel Cristo. Tutta la famiglia umana chiamata a essere
salvata e a salvarsi in Cristo. Israele prima e ora la Chiesa non sono
altro che sacramento (la seconda in modo pi pieno) della presenza
salvifica dello Spirito di Cristo nella storia umana. Solo allinterno
di questa salvezza comunitaria si realizza la salvezza dei singoli.
La salvezza cristiana in secondo luogo salvezza di tutto l'uomo
116
in Cristo. Non solo salvezza deU'anima, m a anche del corpo, di tu tti
i valori, di tu tte le dimensioni delluom o, anche di quelle tem porali.
In terzo luogo, la salvezza cristiana si a ttu a gi fin d ora,
quaggi sulla terra, anche se solo germ inalm ente e nel m istero; per
ha come punto d arrivo e m ta finale il mondo definitivo che il Cristo
inaugurer con la sua seconda venuta (parusia).
Infine la salvezza cristiana d o n o anzitutto, m a poi anche
im pegno. dono di Dio per mezzo di Cristo nello Spirito; per dono
che attende risposta, impegno che si traduce in fede, speranza e
carit ( = santit). La carit-agape cristiana investe tu tto il mondo
am ato da Dio, in particolare lum anit, e nellum anit i poveri, gli
em arginati e gli oppressi. Il com pito fondam entale del cristiano verso
i fratelli quello di anim are quel plesso di rap p o rti um ani che costi
tuisce le varie com unit con un am ore che si dona, che non strum en
talizza nessuno, che reagisce contro le oppressioni, che paga di per
sona p er u n autentica promozione e liberazione di tutti.
Come si vede una concezione integrale della salvezza cristiana
com porta necessariam ente dei processi di prom ozione um ana inte
grale, di umanizzazione piena, di liberazione totale.
com pito essenziale dellannuncio cristiano proclam are linte-
gralit di questa salvezza liberante e umanizzante. Il che significa che
levangelizzazione e la catechesi possiedono necessariam ente anche
una funzione prom otrice di um anit e di liberazione. La missione
evangelizzatrice e sacram entalizzatrice della Chiesa non pu essere
disgiunta dalla promozione um ana.
Sulla Hnea dei docum enti conciliari e postconciliari lopera evan
gelizzatrice e catechetica delle com unit cristiane im plica necessa
riam ente un complesso di processi educativi in funzione liberatrice
e umanizzatrice.

2. Leducazione cristiana come prom ozione um ana integrale

Dalle riflessioni precedenti risulta chiaro il modo con cui i cri


stiani devono pensare e vivere la loro azione educativa. Parlare di
edu cazion e cristiana significa, in questo contesto, parlare di:
u n educazione attuale, cio che risponde alle esigenze auten
ticam ente um ane delluomo d oggi in un orizzonte di fede;
u n educazione specificamente cristiana.

2.1. E du cazio n e attuale, a u te n tica m en te umana, in un o rizzo n te d i


fede
La nuova situazione in cui si trova leducazione oggi, il nuovo
modo di concepirla, le profonde tensioni che provoca, le prospettive

117
utopiche che suscita, tu tto questo costituisce quel segno dei tem pi ,
che il cristiano deve in terpretare alla luce della parola di Dio, con
frontando questi nuovi eventi, che sfidano la coscienza ecclesiale,
con limmagine totale delleconom ia della salvezza, p er scoprirne il
senso e determ inare il com portam ento che deve assum ere di fronte
ad essi.
La fede del cristiano eserciter, nei confronti della prassi e delle
teorie pedagogiche contem poranee, una funzione critica, stim olatrice
e integratrice. La prassi educativa che ne risulter, le teorie pedago
giche che i cristiani inventeranno, potranno giustam ente dirsi cri
stiane, perch la fede ha offerto ad esse orizzonti di significato, m otivi
ed im pulsi alla criticit e alla creativit. Per n la prassi educativa
n le teorie pedagogiche avranno la pretesa dellassolutezza: si accon
tenteranno di essere dei tentativi d incarnazione delle esigenze della
fede nel mondo delleducazione e della pedagogia. Inoltre sia la prassi
educativa sia le teorie pedagogiche, denom inate cristiane, si attue
ranno in continuo dialogo critico con tu tte le scienze um ane che si
interessano dei problem i educativi.

2.2. E ducazio n e specificam en te cristiana

L educazione cristiana, oltre ad essere u n educazione autentica


m ente um ana, attuale, in un orizzonte di fede, deve avere le seguenti
c a ra tteristic h e che la specificano in trin secam en te co m e cristiana:
deve essere graduale iniziazione al m iste r o della salvezza:
com pito soprattu tto della catechesi; si raggiunge attraverso una m a
turazione dellesperienza di fede;
deve essere iniziazione graduale alla vita liturgico-sacram entale,
anim ata da quellautentica religiosit interiore, che ha nellatteggia
m ento di Cristo verso il Padre il suo modello;
deve essere a p p r e n d im e n to graduale di vita m ora le a u te n ti
ca m e n te cristiana, caratterizzata dal radicalism o delle beatitudini,
nella quale inserire il progetto di vita autenticam ente um ana, ani
m andolo interiorm ente;
deve essere iniziazione graduale a lla p o sto la to ecclesiale, non
inteso come proselitism o, m a come testim onianza gioiosa di una
liberazione avvenuta, ricevuta in dono, in attesa di quella definitiva
(testim oniare la speranza che portiam o in cuore);
deve essere infine diaconia degli a u ten tici valori um an i per una
societ per un m ondo piia um ano. Qui leducazione cristiana investe
e anim a interam ente quella um ana intesa come liberazione e prom o
zione integrale dei valori umani.

118
3. Progetto di promozione integrale (um ano-cristiana)

Un tale progetto dovrebbe com prendere le linee p o rtanti di un


progetto di m atu ra zio n e u m ana e cristiana, in rapporto con i processi
di conversione e di santificazione, che costituiscono la m ta della rispo
sta cristiana allazione salvifico-liberatrice di Dio nel Cristo.

3.1. C o m p o n e n ti fo n d a m en ta li della m a tu r it um ana


La m atu rit um ana , a nostro avviso, il risultato della com pre
senza di due tipi di disposizioni perm anenti:
la capacit di cogliere chiaram ente le aspirazioni autentica
m ente um ane della persona e di farne le suprem e regole della con
dotta, unificandole, in modo organico, in un progetto generale di vita;
il possesso contem poraneo di tu tti quei tra tti positivi, che
abilitano la persona um ana a realizzare con una certa facilit, con
soddisfazione, senza grandi dissidi interiori e senza ansie, le finalit
autenticam ente um ane, contenute nel proprio progetto di vita.
Diciamo ora di ciascun tipo di queste disposizioni, tenendo conto
che esse in p arte sono fru tto della n atu ra stessa della persona um ana,
in p arte sono invece il risultato di u n educazione riuscita.
a) La cap acit d i c o stru irsi un p r o g e tto di vita a u te n tica m en te
u m an o che unifichi organ ica m en te le aspirazion i a u te n tica m en te
u m a n e della p erso n a
Le aspirazioni autenticam ente um ane della persona non sono tu tte
riconducibili alla stru ttu ra fondam entale delluomo (spirito incarnato,
orizzonte tra due mondi); un certo gruppo sono condizionate dalla
sua individualit e dal suo inserim ento in un determ inato contesto
socio-culturale. Perci alcune sono fondam entalm ente comuni a tu tti
gli uomini, altre variano secondo le differenti culture, i diversi gruppi
um ani e le diverse individualit.
In ogni uomo ci sono aspirazioni, desideri, speranze. Non tu tte
per sono autenticam ente umane. Alcune possono essere o diretta-
m ente o indirettam ente disumanizzanti.
Il prim o indice di m atu rit si ha quando il soggetto in grado
di operare una distinzione tra le aspirazioni autenticam ente um ane
e quelle disumanizzanti, optando p er le prim e e rifiutando le seconde.
Non nostra intenzione elencare tu tte queste aspirazioni. Sarebbe
del resto praticam ente impossibile, a causa del fatto che molte di
esse sono condizionate da situazioni estrem am ente concrete e p er
tanto imprevedibili. Possiamo per elencare brevem ente le pi com u
ni, quelle cio che provengono dalle stru ttu re stesse della persona
um ana, sia pure inserita nel contesto della nostra civilt.

119
A spirazion e allafferm azione di s
u n aspirazione prim ordiale della persona um ana. Si identifica,
a livello biologico, con listinto della conservazione e, ai livelli supe
riori della persona, con l'aspirazione legittim a ad afferm arsi nella
vita, ad essere qualcuno, a non scom parire nell'anonim ato. Sono in
cluse, in questo desiderio prim ordiale, laspirazione alla grandezza,
alla gloria, al successo; l'aspirazione al possesso e al godim ento di
quei beni terrestri e culturali che perm ettono u n affermazione e un
potenziam ento della persona um ana; l'aspirazione a reagire contro
gli ostacoli che si frappongono all'affermazione del proprio io, ecc.
Per il fatto di essere prim ordiale, ha un valore in qualche modo con
dizionante rispetto alle altre aspirazioni, anche se alcune di queste
sono oggettivam ente superiori.

A spirazion e a d essere a cc etta to , ris p e tta to , co m p reso , a m a to


dalle altre p erso n e
come una conseguenza dell'aspirazione precedente. Nasce dal
fatto che la persona um ana p er la sua socialit necessaria
m ente inserita in societ plurim e, deve venire a contatto e in dialogo
con altre persone. Ora proprio da queste essa esige di essere accettata,
risp ettata come persona, com presa nelle sue attese e nei suoi problem i,
am ata d am ore oblativo, cio di un am ore che non la strum enta
lizzi mai.

A spirazion e al p o s s e s s o della ve r it su llu o m o e sulle cose;


allaccettazio n e d ei valori nella lo ro gerarchia o gg ettiva e alla
co m u n ion e interp ersonale
questa u n aspirazione complessa, comune all'uom o di tu tti i
tem pi e che costituisce la suprem a dignit della persona um ana.
stato scritto recentemente: Sono sem pre pronto a sostenere fino
in fondo la tesi che la conoscenza un bene per s, forse il solo bene
in assoluto. La pi alta attivit um ana cercare di capire come stanno
le cose. So benissim o che antiquato sostenere questa tesi. Ma alla
fin fine il successo di qualsiasi rivoluzionaria ingegneria sociale di
pender dal fatto che si abbiano adeguate conoscenze sulluomo e
sulle cose. Riconosco che nella n atu ra di ogni nuova conoscenza
d essere pericolosa: se non fosse pericolosa non sarebbe nuova. Ma
non vi nulla di pi nobile, nelluomo, della ricerca pura, del lavoro
di chi ha, come solo interesse, non di dim ostrare questa o quella tesi,
m a di scoprire la verit (Groppo, 1972, 90).
Luomo, nei suoi processi conoscitivi di acquisizione della cultura
trasm essa dal passato e di ulteriore scoperta della realt, aspira a
com prendere sempre pi la stru ttu ra e i nessi delle cose, oggetto
della sua esperienza, cerca di capire sem pre pi se stesso e il senso

120
della sua vita, tende a raccogliere le sue conoscenze in una sintesi
unitaria. In ogni sforzo culturale um ano sem pre presente, cosciente
o no, accettata o rifiutata, una potente aspirazione all'ordine, allu n it,
alla sintesi, il che equivale a dire ultim am ente che esiste una tensione
profonda a quella filosofia prim a , che nellafliermazione di Dio,
come suprem o principio di tu tto l'essere e spiegazione definitiva di
tu tte le cose (ci per cui l'esperienza non assurda), trova il suo
com pimento.
L'uomo, con la sua volont libera e responsabile, aspira a consen
tire ai valori, secondo la loro gerarchia oggettiva, a pro d u rre quelle
opere di cultura e civilt, per cui il m ondo e le cose si umanizzano e
vengono poste a servizio della persona.
L'uomo aspira dal pi profondo del suo essere a superare la soli
tudine, ad entrare in dialogo e com unione con le altre persone m e
diante un am ore oblativo che le accetta e rispetta, p u r nell'attesa
ansiosa di un'eguale risposta. Ogni valore attrae l'uomo; le persone
um ane possono suscitarsi reciprocam ente profondi am ori e intense
amicizie. Per, proprio in queste esperienze, l'uom o, m entre scopre
gioiosam ente la sua libert, il suo potere di autodeterm inarsi, prende
coscienza anche dei suoi limiti, dei suoi fallim enti, dei suoi peccati,
di queU'insoddisfazione profonda che nessuna creatura riesce a col
m are. Dio allora gli appare come il Valore Supremo, come il vertice
della piram ide delle aspirazioni um ane, nella quale sono inclusi tu tti
gli altri valori finiti e tem porali. Dio per gli appare non come Valore
anonim o, m a come Persona, come Spirito, e la sua aspirazione verso
Dio diviene desiderio di comunione, di dialogo con lui. L'uomo che,
in quanto persona, capacit di dialogo e com unione interpersonale
con Dio, nellaspirazione a tale dialogo e com unione trova il vertice
delle sue speranze.

A spira zio n e a costru ire un m o n d o pi. giusto e pi um ano;


a creare istitu zio n i a servizio della person a; a liberare lu m a
n it dalle opp ressio n i, dalla violenza, dalla guerra, ecc.
questa una tensione che si sta sem pre pi affermando nel nostro
m ondo contem poraneo, so p rattu tto fra i giovani.

A sp irazion e a co stru ire in m o d o organico e ragionevole se


stesso, a realizzare una p e rso n a lit arm onica, equilibrata, in
tegrata
Le com ponenti elem entari della condotta um ana sono molteplici:
tecniche percettive e di pensiero, reazioni emotive, im pulsi e pulsioni,
dinam ica dei ricordi, connessioni psicofisiologiche, influssi psico-socio-
religiosi, dinam ica delle abitudini, ecc. La persona tende a far s che
questi processi non si svolgano in m odo anarchico, ma si compongano

121
gerarchicam ente in una stru ttu ra, nella quale le nozioni, le tecniche,
le tendenze, le abitudini, ecc. pi elem entari siano poste a servizio
di progetti e quadri pi vasti. In altri term ini la persona prende
coscienza dellaspirazione, presente in lei, alla formazione di una
stru ttu ra ordinata e u nitaria della sua condotta, ad uno stato di
integrazione personale .
Qui il term ine integrazione usato per indicare che tu tte le
com ponenti elem entari della condotta sono concepite come organica-
m ente collegate in una stru ttu ra, in modo tale che ognuna sia m odi
ficata dalla presenza delle altre e tu tte insieme form ino una gerarchia,
per cui alcune sono viste come centrali e pi im portanti e le altre
come poste al servizio della realizzazione delle prim e.
Laspirazione a questa integrazione personale riguarda le diverse
dim ensioni secondo cui essa pu realizzarsi:
la dimensione individuale trasversale;
la dimensione individuale longitudinale;
la dimensione sociale;
la dimensione esistenziale.
Si tra tta cio di u n aspirazione a unificare tu tta la condotta um ana
attorno ad un unico progetto generale di vita, costruito sulla base
delle aspirazioni autenticam ente um ane della persona, vista nel con
testo socio-culturale che lha espressa e in cui vive e quello pi vasto
ancora, che la metafisica le disvela. Solo cos la persona pu evitare
quel disorientam ento esistenziale, che pu im pedirle di m aturare e,
in casi pi gravi, p o rtarla anche alla nevrosi.

b ) Il p o s s e ss o d ei tr a tti p o s itiv i della p erso n a lit


La persona m atura quella che non solo ha la capacit di co
gliere chiaram ente le aspirazioni autenticam ente um ane della per
sona, unificandole in un progetto generale di vita, m a possiede pure
leffettiva capacit di trad u rre nella p ratica tale progetto di vita.
In altri term ini la persona che riuscita a colm are il vuoto tra le
sue aspirazioni autentiche e la sua condotta effettiva.
Prendendo a prestito u n im magine del linguaggio sportivo, pos
siamo dire che la persona m atu ra la persona che in form a :
non solo possiede un progetto di vita valido da realizzare, m a anche
in grado di attuarlo effettivamente, possiede tu tte le disposizioni ne
cessarie per tradurlo nella vita vissuta quotidiana.
Ci che perm ette ad una persona um ana di essere in form a
costituito dai tra tti positivi della personalit.
Con questo term ine tra tto p o s itiv o che ricaviam o dalla psi
cologia di G.W. Allport intendiam o una disposizione costante
a valutare o ad agire con facilit, con soddisfazione, senza dissidi

122
interiori e senza ansie, secondo le finalit autenticam ente um ane con
tenute nel progetto generale di vita.
Il tratto non sidentifica con labitudine. Questa consiste nel
labilit a com piere azioni fondam entalm ente identiche e conseguen
tem ente ripetitive. Le abitudini positive sono indispensabili per lin
tegrazione della personalit, per da sole non bastano a p rodurre
tale integrazione. Il tratto invece una disposizione costante a valu
tare e ad agire in modo coerente ad un certo progetto di vita
in situazioni simili solo analogicamente. Labitudine, essendo essen
zialm ente ripetitiva, rigida; i suoi meccanism i si avviano solo a p a r
tire da situazioni univocamente identiche e provoca condotte ugual
m ente identiche. Il tratto invece estrem am ente pi flessibile. Anche
situazioni molto diverse, purch abbiano lo stesso significato p er il
soggetto, possono avviarne il dinamismo; e questo pu com portare
condotte m aterialm ente molto differenti, tu tte per tali da adem piere
la stessa funzione.
I tra tti positivi che rendono possibile lintegrazione della perso
nalit sono molteplici; inoltre possono realizzarsi secondo diversi
stili, dipendenti ultim am ente dallirripetibile individualit della p er
sona; infine possono avere una maggiore o m inore estensione e p ro
fondit, nel senso che possono creare integrazioni pi o meno vaste
della condotta um ana.
I l tr a tto della p r o a ttiv it
Dicevamo precedentem ente che una delle aspirazioni prim ordiali
della persona quella che luomo sente verso l'affermazione di s e
la costruzione di una personalit arm onica, equilibrata, integrata.
Quindi si dovranno acquisire i tra tti positivi necessari a questo scopo.
Ora siccome i dinam ism i tendenziali possono deviare dai fini
autenticam ente umani, contenuti nel progetto generale di vita, o per
eccesso o per difetto, occorrer dotarli di tra tti positivi (cio di sta
bili disposizioni) ad agire con equilibrio sia nella tensione al possesso
dei diversi beni um ani sia nel conato di superam ento degli ostacoli
che vi si frappongono. Quindi si dovranno acquisire i tra tti positivi
generalissim i della moderazione al possesso e della fermezza nello
sforzo, i quali a loro volta sono il risultato della com presenza di
tra tti m inori, quali ad esempio: una stabile sicurezza emotiva; un
equilibrato e sereno dominio della p ropria sensibilit; un profondo
realism o contro ogni form a di fantasticheria; una grande sicurezza
interiore contro tu tte le ansiet irragionevoli; un vivo senso dellum o
rism o contro la rigidit fanatica; la necessaria decisione e sicurezza
nel realizzare le scelte fatte contro ogni form a di debolezza o sco
raggiamento; ecc. Tutti questi tra tti possono essere riassunti in un
unico tratto: quello della p roattivit contro ogni tipo di reattivit
incontrollata.

123
Il tr a tto d e lla m o r e a b la tiv o
U naltra delle aspirazioni profonde delluomo quella verso la
com unione interpersonale, proprio perch la vita della persona
destinata a vivere in un dialogo aperto con le altre persone e a in
tegrarsi in com unit plurime. Dovr quindi acquisire i tra tti gene
ralissim i della disponibilit, del rispetto totale, della comprensione,
dell'accettazione degli altri contro ogni form a di egoismo.
Questi tra tti si possono com pendiare in quello generalissimo della
giustizia e dellam ore oblativo verso le altre persone.
Siccome luomo nella sua aspirazione alla verit, al bene, alla
com unione interpersonale incontra sul suo cam mino Dio, come Per
sona a cui aprirsi in un dialogo pieno di rispetto e di am ore, ne
deriva la necessit dellacquisizione del tra tto positivo di u n auten
tica religiosit, intesa nel suo significato pi profondo di suprem o
rispetto e sommo am ore oblativo verso l'essenzialm ente Altro, verso
il Tu supremo.

Il tr a tto della s ap ien te crea tiv it


Infine la persona per realizzare il suo progetto di vita deve pos
sedere un tratto assai complesso (che possiam o chiam are sapiente
creativit) m ediante il quale inventare, nelle concrete circostanze
della vita, quelle azioni che realizzano effettivamente le aspirazioni
autenticam ente um ane, contenute nel progetto di vita. Lequilibrio,
la sicurezza emotiva, la disponibilit e lam ore oblativo nei confronti
degli altri, la fermezza di decisione, il coraggio di superare le difficolt
e tu tte quelle altre disposizioni perm anenti o tra tti positivi della
personalit, che predispongono il soggetto allattuazione facile e gioiosa
del suo progetto di vita autenticam ente um ano, sarebbero inutili, se
non fossero accom pagnati dal tra tto positivo della sapiente creati
vit, cui spetta appunto trasferire nelle scelte concrete di ogni giorno
lopzione di fondo contenuta nel progetto di vita.
Questo tratto , per, assai complesso. fatto di esperienza, sia
personale che collettiva, quella cristallizzata nella storia; di intuitivit
e penetrazione, di docilit, di sagacia, di duttile discorsivit, di pre
videnza, di circospezione e cauto controllo, di equilibrato e realistico
senso del rischio. Colui che lo possiede in grado d inventare solu
zioni pratiche sempre nuove e sem pre autenticam ente um ane, aderenti
alla concretezza, realistiche, m a nello stesso tempo conform i alla
opzione fondam entale propostasi.

c) La perso n a lit integrata o m a tu ra


La com presenza sim ultanea di tu tti questi tra tti positivi della
personalit e di un progetto generale di vita autenticam ente um ano

124
crea nella persona una profonda integrazione, che giustam ente vien
detta m aturit.
Come si pu facilm ente ricavare da quanto abbiam o detto, questa
m atu rit um ana non qualcosa di statico, un capitale che una volta
acquisito rim ane per sempre; essa p iuttosto una specie di equilibrio
dinamico, che possiede s la nota della stabilit, m a che, se non
continuam ente coltivato, pu gradualm ente dissolversi; se coltivato
e curato invece pu consolidarsi sem pre pi.
Q uestintegrazione profonda della persona, quest'equilibrio dina
mico stabile la m ta ultim a del processo educativo. Quando essa
raggiunta cessa leducazione nella sua form alit propria.

3.2. L a m a tu r it cristiana
Come l'educazione cristiana non altro che u n educazione auten
ticam ente um ana in un orizzonte di fede ed una m aturazione um ana
dell'opzione globale con cui il cristiano si converte, cos la m atu rit
cristiana non altro che la m atu rit um ana nel clima proprio della
vita cristiana fatto di fede, speranza e carit, di vita sacram entale
e d impegno nel mondo alla luce della fede.

a) La con dizione o n tologica del cristiano co m e v ita di grazia


La grazia
La grazia essenzialmente un dono divinizzante luomo. L'uomo
come persona in modo particolare immagine di Dio, come lo pu
essere un io finito di fronte al Tu infinito. Ora la grazia un perfe
zionam ento di questa vita personale, un accrescimento d essere, di
conoscenza, d'am ore, per in una linea inattesa e insperabile da p arte
dell'uomo, perch lo assim ila a Dio in quanto Dio, cio al m istero
trinitario, per via di filiazione adottiva, cio di partecipazione alla
vita del Verbo Incarnato. Perci detta soprannaturale .
Quest'assimilazione a Dio T rinit per mezzo di Gesi Cristo si
configura secondo il modello um ano e investe l'uom o in tu tta la sua
realt, soprannaturalizzandola interam ente. Non qualcosa che si
aggiunge dall'esterno, ma qualcosa che nasce all'interno dell'uomo,
tu ttav ia non per opera dell'uomo, m a m ediante l'azione dello Spirito
Santo. Pu essere rappresentata in modo analogo ad una vita, con un
principio fondam entale e dei dinamismi. La fede, la speranza e la
carit sono appunto i dinam ism i principali di questa vita. Esse sono
grazia , sono cio i princpi dinam ici della nuova vita m isteriosa
che il Padre dona alluomo per mezzo di Cristo nello Spirito; per
mezzo di esse la vita divina si radica nei dinam ism i della persona
e diviene attivit vitale personale. fondam entalm ente m ediante que
sti dinam ism i soprannaturali che la m atu rit um ana diviene cristiana.

125
La funzione della fed e speran za e carit nella cristianizzazione
della m a tu r it um ana
Le condizioni fondam entali per la m aturazione um ana sono due:
organizzare tutte le aspirazioni autenticam ente um ane in un unico
progetto di vita e acquisire i tra tti positivi della personalit che
rendono facile e gioiosa la realizzazione di questo progetto di vita.
Ora la fede, la speranza e la carit contribuiscono in m isura pre
ponderante alla cristianizzazione di queste due condizioni.
M ediante la fede e la speranza l uomo diviene capace di costruire
un progetto di vita cristiano, nel quale assum ere e integrare conce
zioni autenticam ente um ane del mondo e della vita, progetti di svi
luppo della persona um ana, ideali educativi um anistici e tecnici, piani
concreti di umanizzazione della tecnica, delle stru ttu re economico-
socio-politiche, ecc. Tutti questi valori um ani possono divenire cri
stiani, senza perdere la loro consistenza e validit propria, senza ve
nire strum entalizzati in funzione della m etanoia cristiana, m a unica
m ente attraverso una loro assunzione e integrazione nel grande pro
getto salvifico cristiano. I testi della M a ter e t M agistra, della G au dium
et Spes, della P o p u lo ru m progressio, ecc. sono significativi in questo
senso: abbiam o ideali educativi e progetti di rinnovam ento sociale,
economico e politico autenticam ente um ani, che possono essere con
divisi, integralm ente o in parte, anche da non cristiani e che tuttavia
sono assunti dal credente, perch pienam ente integrabili con le esi
genze della sua fede. Questa pu ad d irittu ra ispirare nuovi ideali edu
cativi e progetti di rinnovam ento sociale senza che per questo essi
abbiano a perdere la loro finalit temporale.
Come il Verbo ha assunto nellunit della Persona divina una
n atu ra um ana com pleta senza vanificare nessuna delle sue compo
nenti, cos la fede cristiana assum e prospettive, concezioni autenti
cam ente umane, senza annullarle, lim itandosi a sottom etterle alla
saggezza prom anante da Dio attraverso la rivelazione.
Anche lorizzonte delle aspirazioni e delle speranze um ane che
emergono e si affermano nelluomo a p artire dalladolescenza viene
integrato e assunto in quello assai pi vasto della speranza parusiaca.
Qui veram ente luomo realizza totalm ente se stesso; ogni persona
um ana raggiunge pienam ente la sua grandezza in un clima di totale
fraternit e amicizia con Dio e con tu tte le altre persone e in un
m ondo interam ente umanizzato e sottom esso a questa nuova um a
nit, esultante della stessa gioia di Dio.
Anche qui tuttavia la speranza cristiana non distrugge quelle
autenticam ente umane: si lim ita a ridim ensionarle su quella parusiaca
e a toglierle dalla loro illusoria assolutezza.
Sappiamo che Dio il fine ultim o delle aspirazioni pi profonde
della persona um ana, per cui la felicit um ana suprem a, anche nel

126
lordine naturale, va riposta nella com unione interpersonale con Dio,
resa possibile dalla conoscenza e attuantesi in un am ore oblativo
sommo, perch, anche nellordine naturale, luomo portato ad am are
Dio come Persona, ad am arlo per se stesso, disinteressatam ente. Ora
questinclinazione naturale della volont sopraelevata dalla carit,
per cui il b o n u m stesso di Dio-Trinit diviene il b o n u m delluomo,
il quale, conseguentemente, portato ad am are Dio sopra ogni cosa
secondo una m isura divina, cio come Dio si am a nel m istero trin i
tario, e ad am are le creature, perch e come le am a Dio.
Q uestam ore oblativo soprannaturale la carit. La presenza
della carit infusa dono suprem o dellam ore salvante di Dio Padre
per mezzo del Cristo nello Spirito pervade tu tti i dinam ism i um ani
m ediante u n azione oggettiva, che la teologia tradizionale ha espresso
col term ine v ir t m ora li infuse, allo scopo di proporzionare tu tta
la vita del cristiano al suo fine che la santit. In questo modo anche
i tra tti positivi, che luomo faticosam ente si conquista per riuscire
a realizzare il suo progetto di vita, vengono interiorm ente sopranna-
turalizzati e proporzionati al fine soprannaturale. Essi restano num e
ricam ente gli stessi, proprio perch il soggetto lo stesso. Per non
sono pi form alm ente identici a tra tti positivi puram ente naturali,
per il fatto di essere stati interiorm ente sopraelevati dalle virt
m orali infuse.
b) D escrizion e della m a tu r it cristiana c o m e m a tu rit au te n tica
m e n te u m an a in un o rizzon te d i fe d e e co m e m a tu r it del
cristiano nella sua specificit d i cred en te
Cristiano m aturo colui il quale non solo ha soprannaturalizzato
la sua m atu rit um ana, m a possiede pure uno stile di vita cristiano
m a tu ro , cio possiede la fede, la speranza e la carit in quello stato
che proprio delluomo m aturo.
Dobbiamo perci ricercare ora quali possano essere le caratteri
stiche della m aturit che si ripercuotono sul possesso delle tre virt
teologali, sul loro esercizio (e conseguentem ente su tu tte le altre v irt
soprannaturali, sui doni dello Spirito Santo) e per conseguenza
donano alla vita di un cristiano lim pronta e lo stile della m aturit.
La fede m a tu ra
T utti sanno che le dim ensioni fondam entali, distinte sebbene
esistenzialm ente inscindibili, della fede cristiana sono ladesione della
persona a Dio, che si m anifesta nel Cristo, unita alla percezione
cosciente del contenuto, almeno globale, sia teoretico sia pratico, di
tale adesione, anche se questo contenuto resta fondam entalm ente
inevidente. Il tu tto come espressione di una conversione interiore,
che ripudio del peccato e tensione verso la vita eterna in novitate
vitae {R o m 6,4).

127
Ladesione globale a Dio nel Cristo, quale si ha ad esempio nella
conversione di un adulto, equivale necessariam ente ad u n opzione
fondam entale, allaccettazione cio di un progetto generale di vita,
che investe la persona in tu tte le sue m anifestazioni umane.
I caratteri principali di q u estopzione fondam entale sem brano
essere i seguenti: deve porsi con piena libert responsabile; si deve
avere la coscienza, almeno confusa, delluniversalit delle sue im-
plicanze lungo tutto larco della vita; finalmente devessere talm ente
viva e presente alla coscienza da influire, direttam ente o in d iretta
mente, su tu tte le scelte concrete.
Ora questi caratteri si realizzano pienam ente solo nella persona
um anam ente m atura. Solo essa infatti possiede piena libert respon
sabile e quello stato d integrazione personale che le perm ette sia
di percepire la p o rtata universale della sua opzione di fede, sia di
estenderla effettivamente a tu tte le opzioni concrete della vita. Nella
persona psichicam ente im m atura (fanciullo, preadolescente, adole
scente), come pure in quella m oralm ente im m atura anche se adulta,
esistono si questi caratteri, m a in uno stato im perfetto, proprio per
ch lim m aturo non possiede ancora tu tte le stru ttu re necessarie
fisiopsichiche, conoscitive ed etiche, per lattuazione di una piena
integrazione o unificazione personale. Lim m aturo pu essere anche
santo ed avere perci una fede eroica, per secondo le m odalit pro
prie dello stato d im m aturit psichica o m orale che lo qualificano.
Anche la conoscenza dei contenuti della fede (la conoscenza reli
giosa) com m isurata allevoluzione conoscitiva del soggetto. Senza
voler canonizzare la concezione di Piaget, anzi tenendo conto delle
critiche che gli sono state mosse proprio in m ateria di conoscenza
religiosa, si deve tuttavia am m ettere che solo con ladolescenza luomo
accede alluso effettivo del pensiero astratto-form ale e solo m ediante
una severa educazione intellettuale, so p rattu tto etico-religiosa, rag
giunge quel sano equ ilibrio critico, che evita sia gli eccessi del dogma
tism o ingenuo, sia quelli dello scetticism o aprioristico, sia ancora
quella mancanza di realism o e di esp rit de finesse che porta a gene
ralizzazioni prem ature e al fanatism o, e supera le form e ingenue
di antropom orfism o religioso.
Ne consegue che il cristiano m aturo possiede i contenuti della
fede in modo tale da riuscire ad inform are con essi tu tto il suo sapere,
sia teorico sia pratico, qualunque possa essere lampiezza o il lim ite
m ateriale di tale sapere.
Evidentem ente, se questo cristiano possiede anche una notevole
cultura in qualcuno dei campi del sapere um ano ed riuscito ad
integrare nella visione del mondo, che la fede gli dona, le acquisi
zioni culturali um ane che egli ha faticosam ente raggiunto, chiaro
che la sua fede, dal punto di vista conoscitivo-estensivo, in uno
stato di maggior m atu rit di quella che un cristiano non colto possa

128
realizzare sul piano conoscitivo, supposta in lui lassenza di doni
mistici che potrebbero colm are questa deficienza um ana.
La fede giunge a piena m atu rit sul piano conoscitivo nel teologo
pienam ente coerente con se stesso, perch la contemplazione sapien
ziale di Dio, che egli ha faticosam ente raggiunto, illum ina e dirige
tu tta la sua vita di pensiero e di azione, senza tuttavia vanificare lin
term ediario della cultura e saggezza umana.
Dobbiamo per aggiungere che per un dono di Dio la contem
plazione infusa il cristiano, anche culturalm ente lim itato, pu pos
sedere in form a m atu ra i contenuti della p ropria fede, come ci attesta
la storia di alcuni santi. Ora si tenga presente che ogni cristiano cre
sim ato, per il fatto che possiede i doni dello Spirito Santo in uno
stato di perfezione ontologica, aperto effettivamente a questo dono,
il quale, se da una parte dipende unicam ente dalla liberalit di Dio,
dallaltra non esclude una preparazione um ana. Perci lo stato m i
stico della vita cristiana , per s, aperto a tu tti i credenti.

La speran za m atu ra
Ladesione globale a Dio, che nel Cristo m anifesta se stesso e il
suo piano di redenzione e di salvezza, attuandolo m ediante lazione
dello Spirito Santo, apre lanimo del cristiano ad u n im mensa spe
ranza, il cui oggetto trascende tu tte le speranze puram ente um ane,
tem porali, senza tuttavia annullarle.
Q uesta speranza teologale diviene m atura, quando il cristiano
orm ai passato dalla fase reattiva a quella proattiva, dal globalismo
allintegrazione (sia pure attraverso fasi di differenziazione). Allora,
e solo allora, in grado di sperare cristianam ente da uomo m aturo.
Anzitutto com prende in form a pii m atura e non per questo
meno esaltante i contenuti di questa speranza: la stessa Ijeatitudine
di Dio che investe tu tta la realt um ana, posseduta in comunione con
i salvati nel Cristo, in un cosmo fisico, interam ente a servizio di p er
sone, che vivono nella gioia totale il loro compimento.
Inoltre si sviluppa nel cristiano m aturo uno stile di fiducia nella
fedelt di Dio alle sue prom esse e nellaiuto che dar per la realizza
zione di questa beatitudine (im m ensam ente superiore ad ogni aspi
razione um ana), caratterizzato da una grande serenit interiore, che
la coscienza dei propri lim iti ( = um ilt) non solo non distrugge,
provocando scoraggiamenti, ma al contrario rende pii realistica.
Questa speranza teologale pervade nel cristiano m aturo tu tte le
attese e speranze umane, proprie di una persona adulta e m atura
(amore, benessere, amicizia, cultura, riuscita, salute, pacificazione tra
i popoli, maggior giustizia tra le classi e le razze, ecc). Non distrugge
tali speranze, m a le ridim ensiona soltanto, ponendole nei loro giusti
limiti, per cui quando qualcuna di esse dovesse fallire, il cristiano

129
non si dispera; riuscir invece a sopportare il dolore, provocato dal
fallim ento umano, accettandolo come qualcosa di costruttivo nelleco
nom ia redentiva del mondo, in stau rata dal Cristo m ediante la croce.
La carit m a tu ra
Siccome la perfezione della carit l'essenza stessa della santit
cristiana, in quanto include necessariam ente tu tta la vita m orale del
cristiano, sem brerebbe difficile parlare di una carit m atura, che non
si possa identificare con la santit. Ma non cos, per poco che si
rifletta sul fatto che la perfezione della carit si pu avere, a partire
dall'et della ragione, in ogni et, in ogni condizione o stato, purch
luomo risponda allam ore di Dio con tu tte le forze disponibili nella
situazione esistenziale in cui si trova.
La carit m atura pertanto non indica soltanto un am ore sopran
naturale, verso Dio e il prossim o, perfetto, cio totale, m a quellam ore
soprannaturale e perfetto, possibile in uno stato di m atu rit um ana.
Ora tale am ore non soltanto eroico, m a ha pure tu tte le qualifiche
della m aturit um ana: pieno di sapienza, di realismo, di creativit,
ecc., in una parola, opera nella concretezza della vita secondo le
m odalit di quella sapienza creativa soprannaturale, infusa da Dio e
perfezionante quella acquisita (presente gi in atto), la quale non
esclude affatto il rischio e limpegno eroico, ma al contrario rende
possibile l'attuazione di un am ore oblativo, veram ente com m isurato
alle esigenze sempre nuove della situazione esistenziale.
Lo stile di vita del cristian o m a tu ro
Tutto questo, cio fede, speranza e carit m ature, con tu tta la
m aturazione m orale che esse suppongono e che alim entano, form ano
lo stile di vita del cristiano m aturo [ ^ c r i s t i a n o ] .
Questa la m ta ultim a dellazione educativa cristiana, quel
punto d'arrivo cio che, una volta raggiunto, rende inutile ogni edu
cazione in senso proprio, perch il cristiano orm ai pu tendere al
suo fine soprannaturale autonom am ente dal punto di vista di dire
zione della sua vita, senza aver pi bisogno di quella dipendenza dalle
persone m ature, che l'azione educativa necessariam ente suppone,
necessitando per sem pre ancora di tu tte le altre molteplici integra
zioni sociali, senza le quali non possibile vivere ordinariam ente
una vita autenticam ente um ana e cristiana.
Tali integrazioni sociali possono essere a livello delle com unit
um ane ordinate al raggiungimento di scopi tem porali oppure a livello
della com unit ecclesiale, ordinata alla salvezza degli uom ini in Cristo.
Questo stile di vita del cristiano m aturo non altro che l'espres
sione di un'integrazione totale della personalit a livello sopran
naturale. N atura e soprannatura sono interam ente armonizzate, non
solo sul piano statico, m a anche su quello dinamico. L'operare da

130
cristiano (e quindi anche da uomo) diventato per la persona qual
cosa di naturale, facile, gioioso, perch vissuto come valore in una
personalit unitaria, dove tu tta la vita naturale di fatto ordinata,
anche operativam ente, a quella soprannaturale.

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131
IO__________
CRISTIANO

Cesare B issoli

1. Il significato originale - 2. Problemi attuali - 3. Formare il cristiano oggi

1. Il significato originale

Nella p r o s p e ttiv a pedagogico-pastorale, che qui dom inante, il


term ine cristiano si riferisce alla persona dellim m aturo cui si
propone un ordine di fini, di mezzi ed una prassi di vita, grazie ai
quali il soggetto si realizza come seguace di Gesi Cristo (uomo come
cristiano) e nello stesso tempo lo s'influenza nella sua crescita e
m aturazione um ana con certi aspetti peculiari (cristiano come uomo).
Il term ine cristiano evoca dunque globalmente un p r o g e tto di
fo rm a zio n e e d i vita an corato a d un don o tra scen d en te e nello s tesso
te m p o incarnato nel n orm ale s v ilu p p o d i realizzazione di s [ 'y p r o
m o z io n e in t e g r a l e ] .
Im m ediatam ente ogni educatore cristiano si rende conto come
oggi la questione di essere cristiano sia quanto mai urgente: crisi
allinterno del movimento dei cristiani; slida all'esterno, da p arte di
ideologie contrarie, o quanto meno a causa di un clima di tranquilla
indifferenza e di tenace opposizione silenziosa; ma anche scoperta
di reali sforzi di autenticit cristiana che per certi aspetti rende simile
questa nostra generazione agli inizi del cristianesim o, segnatamente
nel mondo giovanile.
Ma per valutare meglio tu tta questa problem atica che fa da con
testo im m ediato dellintervento educativo, conviene delineare prim a
il contenuto originale del term ine a p artire dal Fondatore e dai prim i
testim oni, per approdare a degli orientam enti operativi attraverso
la mediazione del carism a salesiano.
Il compito, e il problem a, fondam entale del diventare e vivere
da cristiano di guardare -credere (Gzov 1,39) in Gesii Cristo.
Fin dagli inizi i cristiani per un dono loro fatto si sentono coinvolti
in un impegno: spiare Ges Cristo come Zaccheo, incontrarsi con
Lui come Nicodemo, ferm arsi da lui come i prim i discepoli. Ci com
po rta sostanzialm ente due com piti: conoscenza di Gesti Cristo e del
suo progetto di vita; partecipazione esperienziale di esso.

132
Evidentem ente le fo n ti d in form azion e per noi oggi non possono
essere che i cristiani m ed esim i, cio il movimento di persone che da
venti secoli si richiam a al Cristo (osservatorio diacronico) e si trova
sparso su tu tta la faccia della te rra con un'incalcolabile variet di
form e (osservatorio sincronico). In questosservatorio globale va
com unque distinto il m o m e n to degli inizi o dei fo n dam en ti, la Bibbia,
in particolare il Nuovo Testamento, e il periodo successivo di sviluppo
postbiblico. In ogni caso hanno sem pre ragione di m o d e llo i testim oni
migliori, come i santi e le grandi personalit cristiane; ha ragione
di gu ida il Magistero della Chiesa, il cui com pito sostanzialm ente
di prom uovere e purificare la crescita dei cristiani; fanno da n u tri
m e n to e come da autoverifica certe esperienze significative come la
preghiera (liturgia) e l'esercizio della carit verso i poveri. Non pos
siam o qui attingere dalla totalit della fonte. Ci riferirem o al m om ento
di fondazione biblica. Non quindi perch sia l'unico n esaustivo, ma
perch certam ente il prim o. Come tale andr valutato, anche in fase
educativa, m a si terr conto degli altri fattori sopra nominati.

I.1. I lin eam en ti essenziali del cristiano


P ortare il nome di Cristo non vuol dire nel NT bloccarsi in una
im itazione estrinseca e volontaristica della persona storica di Ges di
N aza ret, m a riferirsi alla sua realt storica, personale nel p i a m p io
qu adro del p r o g e tto d i Dio che Egli stesso ha voluto rivelarci e nella
consapevolezza di partecipare ad un Dono ( = Grazia) che ci precede,
ci accompagna e sostiene la nostra libera risposta.
incontro con il m istero di Ges Cristo.
Ci porta necessariam ente a tener conto di quanto Ges s te s s o
espresse nella sua vita terrena, ma anche dei decisivi a p p ro fo n d im e n ti,
con diverse accentuazioni, operati dagli ap ostoli, segnatam ente da
S. Paolo e da S. Giovanni. In questo senso, il NT ci m anifesta e
questa una prim a lezione im portante che il necessario riferirsi
a Ges Cristo si riflette e concretizza in pluralit di modi di essere
cristiani, a seconda delle situazioni di vita, di cultura, di problem i:
giudeo-cristiani, ellenisti-cristiani, cristiani provenienti dal pagane
simo gi agli inizi appaiono essere le tre form e maggiori con ulteriori
specificazioni al loro interno.
Ma ecco la dom anda essenziale: Che cosa nelle p lu ralit dei m o d i
di essere cristiani fa da spina d orsale com u ne? Tralasciando m a
niere pi teoriche ed astratte di risposta, partiam o dalla considerazione
del contesto in cui per la prim a volta nel NT apparso il term ine
cristiano. Al di l della ragione contingente e forse ironica della
titolazione inventata dai pagani per i discepoli di Antiochia (A tti
II,26), Luca, autore degli Atti degli Apostoli, ci rende edotti in m a
niera originale degli elementi che costituiscono questa orm ai univer

133
sale qualifica. nei cc. 10-11 di A tti a proposito della conversione del
centurione Cornelio. Pietro, in casa di Cornelio prim a, e poi davanti
a tu tta l'assem blea ecclesiale di Gerusalemme (11,1-18), con esplicito
richiam o allintervento di Dio, m anifesta i tra tti salienti dellidentit
cristiana, con il pregio, proprio perch si tra tta del non ebreo Cornelio,
di trascurare elementi secondari, equivoci, da cui invece rischiavano
essere irretiti i cristiani della Chiesa-madre.
Ebbene, nella predicazione ed azione di Pietro si pu vedere come
in m iniatura, ma con valore paradigm atico, il chi il cristiano.
Avanti tu tto sta liniziativa d am ore, ed insiem e indiscutibile,
di Dio, che muove contem poraneam ente Pietro e Cornelio allincontro
reciproco, fa superare le difficolt d am biente (11,2) e determ ina alla
fine il riconoscim ento gioioso di tu tti (11,18). Tale iniziativa divina
non sfuma, m a si concretizza con un dono stabile: il dono dello Spi
rito (10,44 ss.), e si esprim e nel rito del battesim o (10,47-48). una
iniziativa aperta a tutti, per cui appare nitidam ente che il diventare
cristiano vocazione universale: Dio non fa preferenza di persone,
m a chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga,
a lui accetto (10,34; cf. 11,18). Dunque una profon da, p e r m a
n en te realt d i dono, d i grazia, senza preclusioni, che unifica in Dio
t u tti quelli che accolgono l invito. noto come, nella storia di Ges,
il cristiano il discepolo. E il discepolo di Gesx, a differenza delluso
del tempo, non sceglie il suo Rabbi provvisoriam ente, m a lui stesso
scelto e chiam ato da Gesii, un chiam ato senza patteggiam enti (cf. Me
1,16-20; G iov 1,35-42), n ripensam enti (cf. M t 8,16-22). Unico e per
m anente latteggiam ento richiesto, quella che possiamo chiam are
lopzione fondam entale del cristiano: la sequ ela d i Gesti, che significa
il pieno coinvolgimento di s nel destino del M aestro, avanti e dopo
Pasqua (Me 8,32-38).
Queste sono le radici del cristiano.
Da quanto detto si evidenzia un secondo tra tto costitutivo: il
r iferim en to a Gesii C risto e q u in di a quella che sta ta la sua causa:
la p r a ss i m essianica del R egno {A tti 10,37-39). Cornelio diventa cri
stiano perch accoglie ci che Ges ha predicato ed operato. Sappiamo
essere lannuncio e i segni del Regno di Dio. Di un evento dunque
parla Pietro a Cornelio come costitutivo dellessere cristiano, del
Regno che Ges ha iniziato nella storia del mondo e di cui Cornelio
viene reso partecipe nella fede attraverso la predicazione apostolica.
un evento che Pietro, in sintonia con il M aestro e p urtroppo
non sufficientemente valutato nella catechesi posteriore , descrive
in term ini molto concreti di liberazione potente ( Dio consacr in
Spirito Santo e potenza Ges di Nazaret, il quale pass beneficando
e risanando tu tti coloro che stavano sotto il potere del diavolo,
perch Dio era con lui : 10,38).

134
Ma proprio la dinam ica del Regno di Dio p o rta a fare m em oria
esplicita dei f a tti p asq u a li (10,39-42). Questi, anzi, nella prim a pre
dicazione sono il fulcro essenziale {A tti 2,22 ss.). Ben presto Paolo
m etter in chiara luce la n atu ra pasquale del cristiano, e come gli
avvenimenti della m orte e risurrezione di Cristo siano causa della
nostra salvezza, ci per cui un cristiano ultim am ente tale (indicativo)
e vive come tale (im perativo).
La Pasqua di Ges determ ina lim portanza vitale dei sacram enti,
particolarm ente del Battesim o e dell'Eucarestia, per cui la Pasqua di
Ges diventa Pasqua, atto di nascita e forza di crescita, del cristiano.
Da questo punto di vista, la Pasqua non costituisce anzitutto u n etica
per quanto sublime, m a delle persone nuove, una nuova creatura
(2 Cor 5,17), un figlio di Dio {R o m 8,15-17), piii precisam ente
una m oltitudine di fratelli con Cristo prim ogenito {R o m 8,29), una
compagine organica come un corpo, il corpo di Cristo {1 Cor 12).
Nella m orte e risurrezione del Signore si m anifesta che la m orale del
cristiano non altro ultim am ente che quella dellagape, dato che p er
am ore Dio ha consegnato a noi suo figlio {R o m 5,8). Non vuole dire
per che il cristiano sia uno gi arrivato alla vita in pienezza, alla
libert perfetta. Egli si sa in cam mino verso il Regno di Dio, se p a r
tecipiamo alle sue (di Cristo) sofferenze, p er partecipare anche alla
sua gloria {R o m 8,17). Salvi dunque nella speranza {R o m 8,24).
Il che esprim e un altro tra tto dellidentit del cristiano nato fra m orte
e risurrezione: la lotta contro il peccato, giacch la guerra non
finita , ma anche una profonda, consolante speranza perch la
battaglia decisiva stata vinta nella risurrezione di Gesii (O. Cull-
mann). Di questintreccio Paolo d un m irabile annuncio {R o m 8,18-39)
ed insieme personale testim onianza (cf. 2 Cor 11-12), nel solco di
quanto Gesi disse (cf. M e 8,34-38) e visse con dram m atica ed esem
plare fedelt (Me 14-16).

Lazione di Dio in Gesti Cristo m orto e risorto non viene p u ra


m ente ricordata a Cornelio ma viene fatta sperim entare, trasform ando
in concreto il pagano Cornelio e tu tta la sua famiglia (cf. A tti 11,14)
in cristiani. Sar la n uova situazion e p e r m a n e n te di queste creature
e di tu tti i credenti. Di essa tre aspetti sono chiaram ente sottolineati:
a) Lazione dello S p r ito Santo, ripetutam ente ricordato (10,44-
47; 11,15-17), come animazione decisiva. la vita nello Spirito di
Cristo, di cui Luca in tu tta la sua opera (Vangelo ed Atti) descrive
la funzione vivificante, dinamica, p rim a in Ges, agli inizi della vita
{Le 1,35) e del m inistero {Le 3,22), poi agli inizi della Chiesa {A tti 2)
e lungo tu tta la sua missione, ad es., qui, per Cornelio. la peculiare
qualit del cristiano, il suo segreto , lestendersi reale della Pasqua
di Ges nella sua vita: lo Spirito di colui che ha risuscitato Ges
dai m orti abita in voi {R o m 8,11). E che cosa com porti questa

135
presenza dello Spirito che intercede con insistenza p er noi { R o m
8,26) lo svela Paolo nella lettera ai Calati: si pone come il p rin
cipio fondam entale della condotta quotidiana del cristiano, i cui fru tti
evidenziano apertam ente il prolungam ento dei segni m essianici di
Ges (cf. Gal 5).
b ) Il decisivo dono dello Spirito include un segno sacram en
tale, il B a tte s im o nel n o m e di Ges C risto (A tti 10,48), ossia la
ratifica della totale, esclusiva e definitiva appartenenza al Signore
Ges. Il Battesim o infatti il sacram ento della fede, che pi visibil
m ente, soprattu tto nel caso di adulti, provoca ed esprim e la scelta
libera, consapevole e diretta di essere tra quelli di Cristo (1 Cor
15,23), di aderire al suo progetto di vita (cf. Rom. 6). Cos un uomo
pu fregiarsi del nome di cristiano. Ma a questo punto, come nel
caso di una creatura che nasce, si stabilisce un processo di crescita.
La santit o amicizia con Dio come germe sem inata nel Battesim o
deve potersi sviluppare, influenzando tu tta lesistenza, portando il
cristiano allet adulta, allo stato di uomo perfetto, nella m isura
che conviene alla piena m atu rit di Cristo {E f 4,13). facile vedere
come attraverso luso di questo linguaggio emerga un inevitabile
intreccio fra dinam ism i naturali di crescita secondo le um ane risorse
e doveri e dinam ism i pi che naturali secondo risorse e doveri so
prannaturali. Sar il com pito fondam entale delloperatore pastorale
ed educatore cristiano il tenerlo presente.
c) A pparentem ente taciuta, m a evidente dallinsieme, si esprim e
la dim en sio n e com u n itaria del cristiano: egli tale in quanto appar
tiene ad una com unit, la Chiesa. Allinizio di Atti la sequenza pro
prio questa; annuncio del Cristo, dono dello Spirito, battesim o, vita
di com unit. Di tale vita Luca dice i tra tti salienti nel celebre quadro
di A tti 2,42-48. Il cristiano vive la grazia della koinonia o com u
nione: con la Parola di Dio attraverso la catechesi; con Ges Cristo
m ediante la Cena; con gli altri m em bri grazie alla condivisione dei
beni; con i non credenti tram ite la testim onianza della parola e della
vita di gioia. Anzi il cristiano Cornelio ci perm ette di cogliere quale
risonanza ecclesiale possa avere chi si fa cristiano la prim a volta.
M ette in un cambio dram m atico, ma liberatore la com unit stessa
(A tti 11,1-18). Sar cos anche per Paolo (A tti 9,15). Accadr per
quando i barb ari entreranno nella Chiesa. Non dovr essere un
modo nuovo di pensare e di fare Chiesa len trata in essa di culture
diverse, come la cinese, lafricana, la latino-am ericana? Non sar cos
anche in rapporto alla cultura giovanile ?
Di Cornelio non si dice che abbia lasciato moglie e figli, o
abbandonata la carriera m ilitare; n per lui, n per altri, nel NT siamo
inform ati che i cristiani avessero un qualche segreto regolamento
verso gli schiavi, nelleducazione dei figli, o verso lo stato. Vi come

136
una sorta di serena sicurezza in un mondo, in cui pure, non meno
di oggi, il m istero delliniquit detto all'opera (2 Tess 2,7). In forza
di che? Ci illum inano le tavole domestiche , ossia i codici di doveri
attin ti dalletica stoica a proposito delle relazioni fra sposi, fra geni
tori e figli, fra padroni e schiavi ( / 5,22-6,9; Col 3,18-4,1). Dal
l'insiem e si vede che il cristiano ha per sicuro m e tr o di m isu ra
il K y ria s , il Signore R isorto e come m o tiv o l agape, fede che opera
m ediante la carit (Gal 5,6). I cristiani non fuggono, m a parteci
pano alla vita del mondo pagano, non dotati di un corpo legale spe
cifico, come il giudaismo, n di una necessaria cultura propria, n
di altre form e esteriori. Vi si trovano invece, questo s, come co
loro che hanno speranza (cf. 1 Tess 4,13); apprezzano tutto quello
che vero, nobile, giusto, puro, am abile, onorato, quello che virti
e m erita lode {FU 4,7); nel Signore sanno sostenere impavidi ogni
tribolazione {A tti 5,41), m a curano di godere buona fam a in mezzo
alla gente ( i T ess 4,12). Vivono secondo la consegna del M aestro,
come sale della terra e luce del mondo {M t 5,13-14), come fer
m ento nuovo in una pasta che di tu tti {1 Cor 5,6-8), o come dir
pi ta rd i l'anonim o autore della lettera a Diogneto: Quello che
l'anim a per il corpo, sono per il m ondo i cristiani .

1,2. In sintesi: chi il cristiano?


La risposta non perm.ette di parlare anzitutto di un complesso
di virt, non definisce una situazione statica, m a propone un p ro
getto di vita all'uom o in nome del Dio di Ges Cristo. Progetto che
ha collegamento vitale e perm anente con Ges Cristo, m orto e ri
sorto; ha come propria la causa di Ges, la venuta del Regno; com
p o rta quindi un'esistenza comune ad ogni uomo in questo mondo,
m a secondo un modo radicalm ente nuovo di starci: carico di spe
ranza nel futuro com pim ento del Regno, m a insieme capace di pro
durre concrete anticipazioni nel presente di quel futuro, secondo
la potenza dello Spirito e della Parola che ne illum inano il cammino.
L'appartenenza alla Chiesa garantisce e prom uove la realizzazione
del progetto. T radurre questo progetto di vita in termJni operativi,
form are dunque dei cristiani, il com pito specifico della pastorale
ed educazione cristiana, com pito che inizia con la percezione dei
problem i.

2. Problem i attuali

Sul diventare e vivere da uom ini come cristiani oggi pesa un


problem a globale: quello dell'identit, riconosciuta e vissuta. In form a
pi articolata, avendo sem pre presente il m ondo giovanile, crediamo
vadano sottolineati i seguenti punti:

137
2.1. Difficolt di una p ercezion e organica ed a rm o n ica dei diversi
elem e n ti che fo rm a n o la p erso n a lit cristiana
Si pensi alle concezioni fram m entarie del progetto cristiano: igno
ranza degli elementi essenziali, carenza di motivazioni, estrinsecit
della fede, residui folklorici. Il giovane nella globalit del suo essere-
in-progetto non incontra la proposta evangelica come progetto di vita.
Si pensi alla tensione em ergente nelle societ secolarizzate in
term ini conflittuali alleccesso fra lessere uomo come credente e come
scienziato, tecnico, desideroso di piacere ...
Si pensi allincapacit di trad u rre in riflessioni, motivazioni, com
portam enti um ani, storici, in una parola, in cultura viva, i tra tti
dell'uom o cristiano em ergente dal progetto-uomo Ges Cristo. E ci
p er carenza di convincenti mediazioni.

2.2. S u b str a to a n tropo lo gico a t t o a reggere il p r o g e tto cristiano


Si pensi ai forti condizionam enti dellodierna civilt consum istica
determ inata da modelli di pensiero di tipo tecnologico per cui si
restringe sempre di pi lo spazio p er una comunicazione di tipo sim
bolico, con grave com prom issione del linguaggio della fede. In altre
parole, di fronte ad una diffusa filosofia del desiderio (principio del
piacere, sperim entazione rapida, fuga dall'attesa dei tempi lunghi
e della rinuncia, perdita della m em oria e della tradizione, incapacit
di cogliere la valenza um ana della m orte ...) com' possibile stabilire
un dialogo, u n apertura adeguata ad una proposta di vita come quella
cristiana cos agli antipodi su m olti aspetti?
Si pensi al difficile in s, e tan to pi oggi, richiam ato problem a del
rapporto fra grazia e natura: se al processo di salvezza debba cor
rispondere o meno u n adeguata im palcatura di m atu rit um ana, e
in che term ini; come si propone lessere cristiano per i meno-uomo
(portatori di handicap); quali valori possa esprim ere una persona,
un gruppo, una societ non cristiana (di fatto o per scelta).
Si pensi al grave com pito della traduzione culturale del progetto
cristiano e dellincidenza della fede nella cultura.

2.3. P ro cesso ed u ca tivo p e r realizzare un u om o c o m e cristiano in


m aniera tale che p o s s a essere un cristiano ve r a m e n te u o m o
Si pensi qui al com pito delleducazione alla fede, m a anche al
com pito di valorizzare la p o rtata educativa dellesperienza di fede
(ad es., liniziazione sacram entale), evitando ogni presuntuosa peda-
gogizzazione dellEvangelo, m a anche ogni indebita sacralizzazione
del fatto educativo. Grazia e libert; causa prim a e cause seconde;
le ragioni e le usurpazioni della secolarit; norm a e scelta perso
nale ... [ ''EVANGELIZZAZIONE E EDUCAZIONE].
Si pensi al confronto con i modelli nel processo educativo cri

138
stiano. Chi si pu definire cristiano in modo tale da sostenere u n
confronto? Il santo soltanto, od ogni credente nel quotidiano di vita?
pii giusto parlare di sequela di Ges o di im itazione di Gesii?
In che modo la Bibbia grande via educativa? O si deve invece
parlare di pi fattori che danno una griglia di lettu ra cristiana di
persone ed avvenimenti storici, nel quotidiano e nello scenario pi
am pio del mondo?
Si pensi al problem a di elaborare un processo form ativo concreto
a proposito di gi cristiani o di chi non lo ancora. Quale cam mino
nelle diverse et di sviluppo? E quale invece in rapporto alle diverse
situazioni um ane e pastorali in cui il salesiano di fatto opera nel
m ondo? Come ritrad u rre in proposta catechistica la concezione di
cristiano em ersa dopo il Vaticano II?

3. F orm are il cristiano oggi

Se vero che non esiste il cristiano, m a esistono uom ini e donne


cristiani nella specialit delle situazioni, secondo la potenza operante
dello Spirito di Cristo e la forza plasm atrice della Chiesa, allora va
considerato seriam ente il fatto che in nome di questo Spirito esistono
vie diverse di formazione, con peculiari accentuazioni, grazie in p a r
ticolare al carism a di educatori em inenti da Lui stesso suscitati e
dalla Chiesa riconosciuti, come certi santi, per noi Don Bosco.

3.1. Una rilettu ra salesiana


Una basilare esigenza per loperatore salesiano dunque d inten
dere quale modello cristiano di vita lo Spirito ha suscitato anzitutto
in Don Bosco stesso, e poi tram ite lui e la migliore tradizione sale
siana, in una m assa innum erevole di popolo specialmente giovanile.
Qualcosa gi iniziata di questa rilettu ra salesiana del progetto
cristiano in term ini pi rigorosi e codificati.*
Si possono intravedere certe caratteristiche fondam entali del tipo
di cristiano che deve orientare i n ostri interventi:
Un essere cristiano strettam ente riferito alla persona di Ges
e al suo m istero ( condurre a Cristo vivente ) {Cost., 21).

Quanto a Don Bosco stesso e alla missione del salesiano in questo ambito,
vanno ricordati nelle Costituzioni rinnovate il Proemio, art. 21, 35, 37 e soprat
tutto lart. 41; quanto ai destinatari il servizio reso con la nostra m issione
si esprime negli art. 17-25 con importanti indicazioni sul nostro argomento che
evidentemente ha ragione di fine supremo.
Altri documenti che spiegano il dettato costituzionale sono gli Atti del
CGS XX, nei oc. II e III; gli Atti del CG XXI, Documento 1: I Salesiani
evangelizzatori dei giovani, in particolare 1.1.5-1.1.7; la Lettera del Rettor Mag
giore D.E. Vigan, Il progetto educativo salesiano, in: ACS, 1978, n. 290.

139
La nota affermazione di Don Bosco di volere form are il giovane
come onesto cittadino e buon cristiano, riecheggiata nelle Costituzioni
come promozione integrale , sottolinea vivamente la figura di un
cristiano dove si armonizzi profondam ente promozione um ana e pro
mozione cristiana ( progressiva somiglianza con Cristo lUomo per
fetto ) (Cast., 17).
Secondo un fecondo principio metodologico di evangelizzare
educando e di educare evangelizzando condensato nel sistem a pre
ventivo (Cost., 25).
facile vedere come in questa griglia siano focalizzati precisa-
m ente i problem i teologico, antropologico e metodologico che il pro
getto cristiano di vita oggi com porta (v. parte seconda).
Quanto a noi, restando a contatto con il terreno biblico, cerchiamo
di evidenziare certi aspetti degni di attenzione nella prospettiva sa
lesiana ora delineata.

3.2. E ssere cristiano secon d o Ges C risto


Bisogna avere il coraggio e il gusto di evangelizzare chi il cri
stiano, facendolo risuonare in term ini di verit e di bellezza, come
bella notizia . Qui il confronto e lincontro con Ges Cristo si
pongono come compito sostanziale e perm anente secondo vie diverse
e m odi convenienti. Il cristiano una persona viva, concreta che ha
fede in Gesi Cristo, condivide le sue speranze, fa pro p ria la sua causa
del Regno, accettando lui stesso anzitutto, m ediante la conversione
e la fede, di farvi parte.
Vi un m om ento sostanziale di riaffermazione di questa adesione;
la Cena o Messa, dove il progetto di Ges Cristo viene annunciato e
ridonato al cristiano. Piti radicalm ente ancora egli riconosce che a
p artire dal Battesim o, grazie alla Pasqua di Ges, diventa fam iliare
di Dio, figlio del Padre, fratello di Cristo, creatura nuova anim ata
dallo Spirito. Il cristiano riconosce una dignit, una responsabilit,
ma soprattutto una interiore fiducia com m isurata e sostenuta dalla
stessa vertiginosa grandezza di Dio.
Uomo nuovo o rinnovato, il cristiano fa della sua vita una p r o d u
zione di segni d el R egn o o segni messianici. Egli coglie che il suo
quotidiano un fascio di azioni spinte da un desiderio vitale: realiz
zare se stesso m ediante felici relazioni con se stesso, con gli altri, con
il mondo. consapevole della frequente frustrazione di tale desiderio
e quindi del m alessere della sua vita e di quella del prossim o. Rico
nosce nella fede che lopera m essianica di Ges, la sua salvezza,
sostanzialm ente prom essa di realizzare la sua sete di vita, se luomo
vi introduce la logica stessa di Ges Cristo: m anifesta lam ore di Dio
con i segni concreti della giustizia che genera la pace (relazione con
gli altri); nel rispetto della natura, come realt creaturale al servizio

140
delluom o (relazione con il cosmo); nella povert sorretta dalla con
divisione (relazione con se stesso). Fa del nome cristiano ci che
vuol dire, una qualit m essianica di vita.
una persona nella cui area di vita si verifica in continuit la
prom essa di Dio e limpegno delluomo nell'accoglierla.

3.3. L u m a n it dell'essere cristiano


Il cristiano vive la sostanziale solidariet di Gesii Cristo con il
mondo (Incarnazione).
Si apre a leggere con occhi nuovi tu tta la realt che in lui e
fuori di lui. A m a l umano, a m a la vita, soffre, si batte per essa.
Certi tra tti propri dcHum anesim o sotto segno cristiano saranno
a lui tipici; l'attenzione agli ultimi; il rispetto e la promozione della
libert; il riconoscim ento della trascendenza dellaltro come persona;
il favorire tu tto ci che amore, dono, dolcezza, pace, non violenza;
l'umanizzazione del politico; laffermazione del prim ato della p er
sona sulla stru ttu ra e la personalizzazione di queste; il senso del
gratuito, dellammirazione, del grazie, ecc.
Alla scuola del M aestro che non volle alzare la voce, non spegnere
la fiammella vacillante, o spezzare la pianta fragile, il cristiano accetta
il confronto con progetti alternativi. E u om o del dialogo co s tr u ttiv o ,
della riconciliazione. Riconosce che vivere nel pluralism o non una
condanna da sopportare ma una magnifica grazia di poter rendere
conto della speranza che in lui.
In particolare di un com pito deve essere avvertito e reso capace.
Di valorizzare la sua fede come causa prim a (ragione radicale, ultim a)
entro il gioco delle cause seconde, cio delle spiegazioni e competenze
tipiche della razionalit, delle scienze delluomo, in modo di non fare
del Vangelo una spiegazione e soluzione tecnica, quasi una ricetta, e
senza d altra parte estraniare linflusso reale della fede, senza quindi
com prom ettere la propria identit di uomo come cristiano. Compe
tente nella fede, il cristiano diventa com petente nella sua professione
um ana che sar assunta come vocazione. Fa inoltrare le ragioni della
fede e riconosce al giusto livello le ragioni della ricerca umana.
Si fa cos capace del fondam entale esercizio di mediazione tra
Parola di Dio e realt concreta, particolare, su cui intervenire. Il
cristiano sar veram ente m aturo quando, secondo la visione paolina
di ricapitolazione di tu tto in Cristo, sa unif.care nella sua visione di
vita, lordine della creazione e della redenzione (genesi ed esodo,
profeti e sapienziali, Pasqua e ricerca).
Non perch siano eguali, ma per cogliere la totalit delle voci di
Dio che gli parla: nei libri santi, nella com unit dei fratelli di fede,
negli uom ini e nelle espressioni di vita di oggi, nella storia, nel cosmo
stesso. Si rende disponibile a quella ricapitolazione di tu tto in Ges

141
Cristo che Dio sta operando, anche per m erito suo, nei confronti di
tu tta la realt.
Vi un altro tra tto essenziale che il pastore sensibile avverte oggi
nella funzione del cristiano: la dim ensione escatologica o il fu tu ro
d e llessere cristiano. Di fronte ad una impazienza determ inata dalla
voracit del desiderio, a sua volta legata alla vista miope e al fiato
corto di una societ angosciata e senza speranza, il cristiano pu
trovarsi in difficolt proprio per la paradossale concezione di futuro,
di successo, di risultato che riceve dal suo credo. Questo infatti parla
di attuale inesperim entabilit della to talit dei risultati, della provviso
riet di ogni progetto di salvezza nel tempo, p er un com pim ento che va
al di l delle realizzazioni del nostro essere mondano. Se non ben com
preso, questo modo d intendere po rta ad una vera alienazione delluo
mo, da cui poi tan ta rivolta vitalistica attuale (religione come oppio).
Ma, se dim enticato, pu creare una grossissim a illusione di suc
cesso a scadenza pi o meno raccorciata che po rta con s febbre
apocalittica, e quindi disimpegno progressivo o titanism o parossi
stico e soprattu tto am ara delusione come per un appuntam ento
tradito. Occorre quindi trattarn e in term ini corretti.
Fondam ento essenziale deve essere la prassi di Gesti. Costui ha
annunciato il Regno di Dio futuro con tale certezza da anticiparne
dei segni reali, storici, fruibili. Senza voler dire, per, che nel segno
si esaurisce la potenza del Regno n affidando al futuro qualcosa che
non arriva mai, m a ottenendo nel futuro il com pim ento di qualcosa
che gi sta capitando. Del resto la sua risurrezione garanzia di questa
connessione fra loggi e il dom ani del Regno. Resta certam ente il
fatto che il cammino cristiano non autom atico, non esente da
fatica, solcato dalloscurit della croce: necessit dunque di acqui
sire il senso positivo dei tem pi perduti, dei fallim enti, dei cambi,
della sterilit. Poter dire come il Curato di cam pagna di Bernanos:
Tutto grazia . Poter accettare la legge di Cristo: Altri semina
altri miete {Giov 4,37).
Poter dire con Raissa M aritain: Ho fiducia in te, o Dio, non
perch il mio cuore puro, m a perch il tuo occhio buono . Ma
qui non b asta saperlo. un dono che giunge a chi si allena ad esso.

3.4. E ssere cristiano p e r esperienza


Mai come nel cam po religioso, e in quello cristiano in particolare,
la vita supera la teoria, anche se quella deve essere guidata da questa.
Si tra tta infatti di una proposta totalizzante che coinvolge ad d irittu ra
il destino di una persona. Secondo il linguaggio efficace del Vangelo,
cristiano colui che fa l'esperienza dellincontro con Cesia Cristo e
compie un itinerario con Lui [ -^ e s p e r i e n z a , m e z z o e d u c a t i v o ] .
Da un punto di vista educativo, q uestincontro e itinerario rice

142
vono adeguata traduzione a tre diversi livelli; cognitivo, m ediante
so p rattu tto la catechesi; a livello affettivo, per cui le conoscenze ven
gono interiorizzate e rese motivazioni profonde; a livello c o m p o r ta
m entale, m ediante leffettivo esercizio del vivere da cristiano nei
diversi am bienti di vita. La profonda com penetrazione tra dimensioni
um ane e pi che um ane che form ano il cristiano, la necessaria inte
grazione tra fede e vita portano il pastore ad essere veram ente edu
catore, uomo di Dio ed uomo delleducando, che tende ad una sintesi
mai com piuta esprim ibile secondo il principio evangelizzare edu
cando ed educare evangelizzando .
Il luogo privilegiato dellesperienza cristiana la co m u n it
ecclesiale [ ^ c h i e s a ] . Questo un passaggio difficile, sop rattu tto per
dei giovani. Ma occorre essere chiari su questo punto e so p rattu tto
appassionatam ente creativi per suscitare una vera coscienza di ap p ar
tenenza alla Chiesa e lesercizio effettivo d essa, poich non si pu
essere veram ente cristiani di Ges Cristo se non come com unit in
comunione, come fratern it m issionaria. Qui pu assum ere un ruolo
decisivo lesperienza del gruppo ecclesiale anim ato allassunzione dei
diversi elementi che fanno la Chiesa; lascolto della Parola di Dio,
la celebrazione nella liturgia e nella preghiera, lindispensabile impegno
diaconale, la missione per testim onianza.
Memori della scelta di Cristo per i poveri, che egli pone quale
suo sacram ento vivente, una grande via d iniziazione cristiana e
contem poraneam ente di m aturazione um ana di estrem a attu alit sta
nellattenzione ed impegno per i poveri e gli em arginati secondo le
diverse forme, in term ini di audaci e coraggiose prospettive.
Lattenzione filiale alla Santa V ergine Maria dona allesperienza
cristiana delle qualit peculiari, proprie di chi ha conosciuto Ges
Cristo in m aniera unica, per diventare in questo modo m adre e m aestra
dellessere cristiano.

BIBLIOGRAFIA

Oltre alla voce cristiano o equivalenti in dizionari teologici, com e


il Dizionario dei temi della fede, Torino, SE I, 1977, si veda;
A l v e s M.I., Il cristiano in Cristo, [B raga, Ed. T eologica], Rom a, Istitu to
B iblico, 1980.
B a l t h a s a r H.U. v o n . Chi il cristiano, B rescia, Queriniana, 1966.
C e r f a u x L., Il cristiano nella teologia paolina, Rom a, AVE, 1969.
K a s p e r H., Introduzione alla fede, B rescia, Queriniana, 1973.
K u n g H., Essere cristiani, M ilano, M ondadori, 1976.
P e n n a R., Essere cristiani. Secondo Paolo, Torino, M arietti, 1979.
P m L iP S G. et alii. Le chrtien authentique demain, Paris, P. Lethilleux, 1970.
R a t z i n g e r J., Introduzione al cristianesimo, B rescia, Queriniana, 1969.

143
IL________
VALORI E ATTEGGIAMENTI

Pietro Gianola

I. I valori e leducazione - 2. Gli atteggiamenti come valori vissuti - 3. Il


processo di valorazione oggettiva, soggettiva, personale - 4. Pedagogia dei valori
e degli atteggiamenti - 5. Il posto dei valori e degli atteggiamenti nella dinamica
del progetto educativo - 6. Principali valori e atteggiamenti di un progetto
educativo.

1. I valori e leducazione

Leducazione sviluppo di r a p p o r ti g iu sti con realt valide. Perci


essa corre sullasse del binom io valori-atteggiam enti. Il problem a dei
valori principale perch po rta con s quello del significato ultim o
dellesistenza cui in trodurre i giovani in crescita.
Il valore qualit delle realt oggettive, ideali o progettuali,
qualit di certi modi dellessere e deiragire per i quali le une e gli
altri sono pii o meno stim ati, desiderati, attuati. Luomo valore
in e per se stesso. Dentro di lui e attorno a lui si estendono realt
che egli riconosce come valori perch le giudica degne di cura, di
stim a, di conquista, di relazione, d impegno promozionale: il corpo
e la coscienza, le capacit psichiche e spirituali, la libert e la feli
cit, la natura, gli altri, la societ e la cultura, Dio ... Valore ultim a
m ente tu tto ci che in quanto . lessere, lessere che vive,
perch vive e come vive. Il valore la vita, ogni vita, perch la vita
il valore. Valore ci che vita (valore oggettivo) e perci d e
com unica vita (valore soggettivo). Vi si oppone la m orte e tu tto ci
che mortifica la vita, che m orte e d morte.
Valore dunque prim a di tu tto la realt nei tre grandi sistemi
che la compongono: latomo, la cellula vvente, la coscienza. E lo
l'uom o persona. Sono valori gli altri. valore Dio che linfinit e
la perfezione della vita, principio per ogni altro essere e valore.
Valori sono anche le qualit delle persone, i loro r a p p o r ti giusti
con tu tte le realt valide, le c o n d o tte intrapersonali e interpersonali,
i p r o d o t t i del loro operare sia m anuale che m entale e morale. Sono
valori appunto perch esprim ono e attuano form e e livelli di vita nei
cam pi economico, culturale, estetico, sociale, morale, religioso.
Il valore riconosciuto si m anifesta come d ir itto ad essere, a dive

144
nire; s'im pone come d o v e r e di rispetto, di cura, di promozione delle
sue tensioni; si propone come ideale insieme attuabile e inesauribile,
come c o m p ito e p ro g e tto , per essere eseguito compiendo processi e
operando verifiche.
La storia della cultura delluomo in gran parte storia della sco
perta, della definizione, della determ inazione dei valori e delle com
posizioni di essi in quadri, gerarchie, progetti, sistemi.
Leducazione dei giovani li coinvolge nei risultati delle scoperte gi
attu ate e li lancia in avanti verso nuove elaborazioni: i valori caratte
ristici della loro generazione.

2. Gli atteggiamenti come valori vissuti

Gli a tteg g ia m e n ti indicano m o d i d i p o r s i nei con fron ti dei valori


della realt e della vita. Atteggiamento un sistem a relativam ente
d u raturo di percezioni e valutazioni, di sentim enti ed emozioni, di
tendenze allazione, organizzato in relazione a una situazione signi
ficativa o a un oggetto proposto (definizione ispirata a Krech, Crutch-
field e Ballachey). Quindi ingloba elementi percettivi, interpretativi,
valutativi e una disposizione inclinante prossim am ente allazione inte
riore o esteriore, risposta a una determ inata situazione di vita
valutata in modo oggettivo o soggettivo. Non disgiunto da una
intensa partecipazione emotivo-alfettiva. Pu essere profondo, spon
taneo, vitale o intenzionale e voluto, impulsivo o libero.
Si pu dire che sintesi di credenza, sentim ento, tendenza a rea
zioni qualificate. dotato di d irezion e (verso un oggetto-situazione),
di sen so (positivo, negativo, am bivalente e conflittuale), di ten sione
a ttu a n te e di fo rza esecu tiva (alm eno intenzionale e conativa).
Gli atteggiamenti, dunque, stanno tra i valori e la condotta, costi
tuiscono la m ed iazion e vissu ta dei prim i verso la seconda. Derivano
dai prim i e ispirano e orientano la seconda, com unicandole appunto
direzione, senso, tensione e forza. Tendono a fare questo in modo:
a) a u to n o m o (capacit di decidere e scegliere la condotta senza
dipendere dallinfluenza delle circostanze m om entanee);
b) coeren te e co stan te (capacit di m antenere nella condotta una
direzione e un senso insistenti verso gli scopi prefissi);
c) te m p e s tiv o (capacit di valutare, decidere, reagire con econo
mia di tempo e mezzi, evitando l'indecisione e linconcludenza ope
rativa);
d ) facile (capacit di far convergere il contributo delle risorse
interne nella direzione voluta con prontezza e coerenza).
Possiamo distinguere in ogni persona atteggiam enti fondam entali
e atteggiam enti derivati o corrispondenti.

145
10
Gli atteg g ia m e n ti fo n d a m en ta li definiscono il modo d'essere radi
cale, profondo, la tensione dinam ica sviluppata nei confronti dei va
lori prim ari per afferm arli o negarli, servirli o usarli.
In relazione al valore uomo-persona in s e nel prossim o, per
esempio, sono fondam entali gli atteggiam enti della responsabilit,
deUiniziativa, del rispetto, della giustizia, della promozione, del
l'am ore, della stim a... o i loro contrari [ ^ u o m o - ^ p e r s o n a ] .
In relazione al valore Dio sono fondam entali gli atteggiam enti
della fede, della speranza, della carit o la loro mancanza. In rela
zione ai valori libert , giustizia , pace , si sviluppano gli
atteggiam enti fondam entali della loro difesa, della volont di attu are
le condizioni interne ed esterne di esse, della loro espressione e cele
brazione o della negligenza, della manipolazione.
Gli a tteg g ia m e n ti d e riva ti o co rr is p o n d e n ti sono modelli di tensione
o di realizzazione che derivano dagli atteggiam enti fondam entali,
conseguono da essi, sono le condizioni della loro sincerit, m aturit,
volont di attuazione fedele nei confronti delle complesse situazioni
e applicazioni quotidiane.
Quali atteggiam enti conseguenti assume, mantiene, attua, m anife
sta, condivide nelle situazioni quotidiane chi sente responsabilit per
le persone? Come si atteggia ogni giorno in s e verso la n atu ra e le
persone, nelle situazioni infinite dellesistenza, chi ha fede? chi ha
speranza? Come si atteggia nella vita chi am a la verit, la bont, la
giustizia, la pace?
Gli a tteg g ia m e n ti fo n d a m en ta li unificano e qualificano le perso
nalit in relazione alle realt-valori che costituiscono gli universi della
esperienza personale. Danno alla vita e alla condotta il loro orienta
m ento essenziale, profondo, globale; danno gli elementi definitori del
l'im m agine di s che ognuno vive interiorm ente e com unica agli altri;
traducono l'inform azione cosciente di fondo in progetto di persona
lit e di condotta, di vita, di socializzazione, di trascendenza.
Gli a tteg g ia m e n ti d eriva ti sono tensioni e reazioni elaborate per
prolungare gli atteggiam enti fondam entali. Li applicano alla m olte
plicit delle situazioni, delle relazioni, delle condotte, attuandovi
m odi corrispon den ti. Presentano alcune distinzioni.
a ) In relazione alla loro a rm on ia interiore, gli atteggiam enti di
una persona possono essere co e ren ti e unificati o incoeren ti e discon
tinui, alterni, contraddittori.
b) Per la co n sisten za in relazione al m utam ento o all'ad atta
mento, gli atteggiam enti sono labili quando non hanno basi solide
e derivazioni forti e subiscono gli influssi delle variazioni situazio
nali anche deboli; rigidi quando non am m ettono o non subiscono
influssi di cambio o di adeguam ento che meglio garantiscono il rife
rim ento alla sostanza dei valori e alle condizioni della loro difesa

146
e promozione; fluidi quando m antengono la fedelt sia ai valori sia
alle dinam iche che li conservano o li sviluppano, m a am m ettono e,
anzi, favoriscono adattam enti che esprim ono in m aniera pi m atu ra
progressi e correzioni, seguono ragioni prudenti e adeguano libera
m ente i mezzi ai fini.
c) Per la genesi si possono dividere in socio-culturali, quando
sono elaborati e assunti dal gruppo d'appartenenza, con processi di
identificazione, di adattam ento, di imitazione; personali, quando in
vece sono fru tto di soggettiva elaborazione creatrice di nuovi m o
delli o ricreatrice originale e critica di quelli del gruppo.
d ) Si possono dire s p o n ta n ei quelli che emergono dallintuizio
ne, da risposte quasi meccaniche dell'organism o fisio-psichico a p er
cezioni e ad esperienze d opportunit o non opportunit. M entre si
possono dire riflessi e v o lu ti quelli che sono stati m ediati da atten
zione e analisi del campo, da prova e da verifica delle connessioni
e delle attitudini.
e) Riguardo al vario livello di organizzazione, gli atteggiam enti
si possono presentare isolati, quando esprim ono risposte m om entanee
o settoriali, organici e arm onici, quando si collegano in costellazioni
o ad d irittu ra in un unico grande sistem a di risposte e di tensioni
coerentem ente espressive di una gerarchia di valori.
Possono presentarsi integrati, quando hanno un senso unico al
m eno attorno ad un medesimo oggetto voluto o rifiutato; conflittuali,
quando attorno a questo si sviluppano atteggiam enti di segno diverso,
em ergenti da percezioni e da tensioni presenti nel medesimo tem po
o anche successivam ente entro lo stesso arco di esperienza e di condotta.
/) Si possono avere atteggiam enti vin cen ti e atteggiam enti p e r
denti, su p e r a ti o riem ergenti.

3. Il processo di valorazione oggettiva, soggettiva, personale

Negli ultim i anni si osservato uno spostam ento im portante dal


linteresse per i valori in s stessi (quadro, sistem a e definizione dei
valori ereditati dalla tradizione con assunzione au to ritaria e ricettiva)
allanalisi del p ro ce sso d i valorazione.
N elleducazione laccento viene posto sullagire cosciente o incon
scio, spontaneo o riflesso del soggetto che cerca di definire e organiz
zare un q u adro e una scala di valori p er ricavarne progressivam ente
gli atteggiam enti fondam entali e derivati che medino la condotta
globale e particolare.
Lidea di valori assoluti e perm anenti in m olti luoghi caduta.
Si sono evidenziate posizioni di relativism o, soggettivismo, evoluzio
nismo, situazionism o interiore ed esteriore ... Ma anche chi non am
m ette posizioni cos spinte, deve riconoscere nelluomo, e so p rattu tto

147
nel giovane che cresce oggi, sem pre m inore disponibilit per valori
semplicemente trasm essi e re c e p iti... Il processo pi sfum ato e
anche pii ricco. Vale per lum anit nel suo evolvere storico, vale per
ogni personalit in educazione.
a) La va lo r azione oggettiva, eccetto per chi sceglie posizioni ri
duttive estreme, resta un processo sempre valido. Quali sono i va
lori oggettivi e perci perenni, definiti per le loro qualit e dignit
intrinseche, ontologiche, metafsiche? abbastanza facile ereditare
dal passato e conservare nel presente un fo n d a m en ta le con sen so di
quadro e di definizione astratta, indeterm inata, categoriale. Sui nomi
si presto d accordo. Sono valori oggettivi luomo-persona, la societ-
com unit, la cultura, il lavoro, la religione, la morale, la stessa na
tura, lorganizzazione ordinata, onesta, giusta, della vita e della con
d o tta personale, sociale, religiosa. Costituiscono il risultato di un
lungo processo secolare ed universale di riflessione metafisica, ma
anche di buon senso, di esperienza e intuizione. Tale processo coin
cide con la lettura-percezione-interpretazione-valutazione della realt
in term ini assoluti di consistenza ontologica d essere e vita, di diritto
e dovere, di necessit m orale e sociale. Vaiorare significa osservare,
interpretare, scoprire, definire sen so e perci validit. Conseguente
m ente s'impongono atteggiam enti, criteri di scelta, progetti, norme,
modelli di condotta che sem brano im porsi sempre e dovunque per
una forza che loro intrinseca.
b ) La valorazione so gg ettiva concreta nel tem po e nello spazio.
m om ento e processo antropologico e anche gi storico, locale, cul
turale. Essa opera la determ inazione concreta dei contenuti e delle
categorie dei valori oggettivi in relazione ai soggetti um ani, alla vita,
allesistenza, allordine, alla perfezione, alla felicit di essi. I valori
oggettivi dell'uomo, della societ, della cultura, del lavoro, della mo
rale, della religione, perci gli ideali, i d iritti e doveri, i progetti,
lazione promozionale, leducazione, vengono riconsiderati nella loro
profonda ed esistenziale relazione con il soggetto umano, con i sog
getti umani. Vengono riletti nella loro competenza a p rodurre in lui,
in essi conseguenze di realizzazione utile, felice e piacevole, giusta,
valida , religiosa ...
Soggettivo non significa capriccioso, privato. Non vuol dire
per s tradire loggettivit. Si riferisce alla necessit e allinevitabilit
di un processo di rip o rto a llesisten za bio-psicologica, spirituale, sto
rica, culturale, locale, prom ozionale delluomo-persona. Certam ente
c il rischio di dim enticare e anche di negare qualche valore o il suo
corretto contenuto oggettivo. un processo vivo e complesso. L og
gettivo deve essere riportato alla concretezza delle condizioni dei
so g g e tti s to ric i che vivono in situazione.
c) La valorazione person ale il m om ento nel quale il singolo

148
soggetto riconosce, definisce, assume ci che valore p e r lui: i suoi
valori, i valori-motivi della sua condizione e prospettiva, del
suo progetto di vita, la sua determ inazione esistenziale nelloggi
e qui.
Tale m om ento personale appartiene allindividuo. Ma pu ap
partenere anche a un intero gruppo sociale che fa le sue scelte e
assum e i propri impegni. La valorazione viene personalizzata quando
la ricerca, l'interpretazione, la scoperta o definizione di senso, gli
atteggiam enti, le norme, i modelli vengono scelti e assunti dalle
persone per s, per il proprio progetto di vita, p er la condotta
d ogni mom ento.
Lintero p ro c e s so di valorazione sta attraversando oggi una delle
crisi pi sconcertanti. La transizione dei valori profonda, accelerata,
m a anche confusa e m anipolata. Ha luogo come p e r d ita di valori,
anche fondam entali: dignit delluomo, libert e responsabilit per
sonale e sociale, dovere e impegno, sacrificio, sacralit, socialit. Ma
si vivono anche fenomeni di riscoperta, di nuova definizione, di a p p r o
fo n d im e n to , di n uova dom an d a. Vengono sconcertati, per anche
ricom posti e rim otivati i quadri e le gerarchie del passato. Sim pon
gono ricerche di rifon dazion e e ridefinizione dei valori ritenuti pe
renni in term ini di valorazione nuovam ente significante: pi autentica
nelloggettivit, pi liberante per la soggettivit, pi autonom a e
responsabile, pi creativa per la personalit.

4. Pedagogia dei valori e degli atteggiamenti

Non ancora unanim e il consenso sulla p riorit dei valori e degli


atteggiam enti nella ricerca pedagogica e nellazione educativa. T ut
tavia essa va facendo grandi passi, sostituendosi o com ponendosi
con altre posizioni che privilegiavano quadri di virt, modelli di
com portam ento e di adattam ento, processi di m aturazione e di so
cializzazione.
I valori sono l'asse p o r ta n te dell'educazione perch essi:
a) sono il risultato oggettivo, soggettivo e personale del suo p rio
ritario processo di in terpreta zion e significante del reale e di ogni sua
com ponente:
b) sono lorigine del quadro e del sistem a articolato e arm o
nico d ei m otivi, dei criteri e delle norm e, d ei niodelli e d ei p r o g e tti
del piano personale di vita che essa ricerca e costruisce;
c) sono le prem esse ispiratrici e unificatrici della c o n d o tta m a
tura cui tende.

149
I m o m e n ti pi im portanti di una pedagogia dei valori si hanno
quando ogni soggetto, in condizioni di guida educativa:
a) ricerca, elabora, riconosce, esplora la proposta dei valori, li in
daga criticam ente, li com para, li giudica, ne scopre la m olteplicit,
il pluralism o, la conflittualit;
b) si d ecid e per un determ inato quadro personale di valori dei
quali accetta e assume i contenuti e le conseguenze attuanti;
a) li co stitu isce come sistem a di riferim ento definiente e m oti
vante dei p ro p ri atteggiam enti e orientam enti, dei propri giudizi
teorici e pratici: si decide p er ...;
d ) passa a viverli con progressiva coerenza e costanza.

Una bipartizione fondam entale della pedagogia dei valori con


siste nel duplice modo d intenderla e condurla:
a ) come processo di trasm ission e di essi, del loro insegnamento-
apprendim ento, d'inculturazione socializzante, di formazione estrin
seca, culturale, morale, sociale;
b) come guida duna perso n a le esplorazione e elaborazione o
b ) come guida d una perso n a le esplorazione e elaborazione o d un
p ro c e s so p erson ale d i valorazione.

L'educazione ai valori prevede diversi m o m e n ti d intervento:


a) la guida alla ricerca e s c o p e r ta delle validit oggettive inerenti
alle realt delluomo e delluniverso, della loro vita, azione, storia,
storia, a determ inati m o d i del sentire, dellagire e del reagire;
b) la guida alla co m p ren sio n e della co rrisp o n d en za tra i valori og
gettivi e le tensioni soggettive dei bisogni profondi, dei desideri, degli
interessi, dei progetti, degli ideali autentici, creativi, avviandosi al
lintegrazione convergente e arm oniosa tra la vita, la felicit, lutilit
e i valori;
c) la gu ida allelezione im p eg n a tiva perso n ale di un proprio
quadro di valori oggettivi-soggettivi, cercando lequilibrio tra realiz
zazione di s e trascen den za d i s, dedicandosi a costruire e ad attu are
i progetti in relazione con i pi vasti quadri di realt-valori cui si
appartiene: la natura, gli altri uom ini nella societ e nella storia,
Dio con i suoi ordini creazionali e redentivi in Cristo;
d ) la guida allesam e critico di ogni p r o p o s ta d i valori, di ogni
incontro, di ogni definizione e attuazione;
e) la guida a llelevazione e integrazione cristiana dei valori e
degli atteggiam enti progettuali e modali conseguenti umani, negli
ordini della fede, della grazia, della carit soprannaturale, della spe
ranza, della vocazione e della missione.

150
5. Il posto dei valori e degli atteggiamenti nella dinamica del progetto
educativo

Il progetto educativo, sia in fase di elaborazione e di definizione,


sia in fase di esecuzione, assume e utilizza in diversi m om enti i
valori e gli atteggiam enti: come obiettivi, come contenuti, come
processi e come motivi.
a) In prim o luogo valori e atteggiam enti entrano nel capitolo
degli o b ie ttiv i d e lleducazione. Sono le ragioni del progetto.
Una m acchina opera scaricando le energie concentrate negli elem enti
propulsori dei suoi movimenti. Un organism o, invece, agisce perch
teso a produrre il proprio stato finale di perfezione organizzativa e
funzionale, a conseguire gli obiettivi del suo pi avanzato stato di
m aturit, di perfezione attiva, di felicit.
Un progetto educativo parte ed diretto e sostenuto dalla ten
sione v e rso i valori che intende realizzare dentro la persona con il
suo contributo libero e impegnato. Ma il rapporto giusto della p er
sona con i valori scatta solo quando l'uom o sviluppa nei loro con
fronti a tteg g ia m e n ti m aturi.
A lungo term in e un progetto educativo ha lo scopo di contribuire
a risolvere in prospettiva per lintera um anit i p r o b le m i che i valori
e gli atteggiam enti soffrono nella situazione problem atica d oggi.
A m e d io term in e ha lobiettivo di risolverli nei soggetti direttam ente
interessati all'educazione. A breve term in e mosso e indirizzato dal
lobiettivo di attu are le conquiste che progressivam ente sono possi
bili nelle diverse aree e sequenze della situazione interiore e rela
zionale.
h) Ma valori e atteggiam enti entrano nel progetto anche come
c o n te n u ti d e lleducazione. Progetti educativi troppo grettam ente
bloccati attorno ai processi di m aturazione o di cam biam ento e ad at
tam ento delle funzionali bio-psicologica, alla sanit clinica, alla no r
m alit affettiva, alle capacit intellettuali, alle relazioni interperso
nali ... peccano di carenze di contenuti, si rivelano presto inconsistenti.
Che cosa devono proporre i progetti educativi? Pu essere giusta
la form ula: rappo rti giusti con realt valide. Contenuti del discorso-
progetto-processo educativo sono le realt, le qualit, le condotte
vaiorate , cio lette, riconosciute, assunte in term ini di valori
oggettivi, soggettivi, personali; sono i rap p o rti elaborati e assunti
in term ini di atteggiam enti validi ed efficaci per il soggetto in crescita
[ -^ e d u c a z io n e ] .
c) Il progetto educativo definisce anche i p ro ce ssi d e lled u
cazione attorno ai valori e agli atteggiam enti. I processi sono sequenze
di atti da com piere e m ettere in opera nel modo voluto. Nel progetto
educativo entra prioritariam ente il processo di valorazione. Esso

151
fornisce al soggetto il quadro dei valori valorando le realt, certi
m odi dessere e di operare, certi rap p o rti e impegni, gli ideali e certi
modelli dellesistenza e della condotta. E n tra il processo di in te rio
rizzazione mentale, affettiva, giudicante, volitiva, attuante dei valori
proposti, di integrazione delle forze fisiche e psichiche im pegnate e
assorbite nella realizzazione dei valori prescelti. Non sono processi
facili, di breve durata. Costituiscono l'impegno progressivo delledu
cazione [ ^ i t i n e r a r i o ] ,
d ) Finalm ente valori e atteggiam enti sono presenti nel progetto
educativo come m o tiv i e m edia zio n i ve rso l'agire. Siamo nel cuore
della dinam ica del progetto educativo. Affinch questo si trad u ca in
atto, necessaria lazione di fatto ri di direzione, di energitizzazione,
di carica elettiva.
La va lorizzazion e oggettiva, soggettiva e personale degli obiettivi,
degli impegni e degli atti educativi, delle proposte e delle scelte, for
nisce la pi valida motivazione al consenso, allesecuzione, alla
fedelt nei loro confronti, anche quando il gioco arduo.
Il passaggio allazione non accade in m aniera diretta, m a a ttra
verso la mediazione offerta dallo sviluppo di atteggiam enti fonda-
m entali e derivati. Questi costituiscono il m om ento di passaggio dalla
considerazione dei valori allo sviluppo dei modelli privilegiati di con
dotta, personali, com posti e unitari. Tali atteggiam enti sono costi
tu iti e sostenuti da percezioni orientate, da valutazioni e reazioni
affettive e razionali scelte e decise, da conati volitivi fissati su precise
im magini di condotta.
e) Atteggiamenti e valori forniscono al progetto educativo Varco
din a m ico che ne costituisce lo sch em a evo lu tivo po rta n te . Eccone
le fasi:
1) Fase di em ergenza di alcuni a tteg g ia m e n ti spon ta n ei o col
tiv a ti p r o fo n d i dellesistenza e della vita personale. Il bam bino e
ogni soggetto um ano in fase nascente vive lesperienza di u n incli
nazione fondam entale, generica o articolata e definita, che si m ani
festa come spinta o tensione alla vita, alla crescita, alla felicit,
allefficienza creatrice, alla convivenza sem pre pi larga e significante.
un atteggiam ento profondo legato ai bisogni-desideri-interessi
di autorealizzazione nascente, crescente, relazionale. Si protende verso
la ricerca e l elaborazione d informazione e di significati, di
m otivi e di progetti, di modelli di condotta quanto pi possibili
autentici, definitivi, soddisfacenti, comprensivi.
2) Fase di conquista-elaborazion e dei valori (educazione ai valori).
fase di percezione, valutazione, elezione, progettazione ideale e
m odellistica della realt di s e delle realt di relazione in term ini
di valori , con crescente equilibrio tra accentuazioni oggettive, so
ciali e culturali e di costume, soggettive e personali, cio di pro

152
m essa ed efl&cacia per la realizzazione degli atteggiam enti profondi.
il m om ento della form a zio n e dei q u ad ri d i valori. Include anche
la loro definizione conten utistica, il loro o rd in a m e n to gerarchico in
un sistem a organico e armonico, risolvendo com patibilit e conflitti.
3) Fase di formazione di a tteg g ia m e n ti fo n d a m en ta li verso que
sti valori e verso ognuno di questi valori del progetto personale:
attenzione, tensione, elezione, preferenze, scelta e decisione, convin
cim ento e stim a, am ore e preoccupazione, volont di conservazione
e di espansione, fiducia e impegno d attuazione, volont di coerenza
e di costanza, disponibilit, responsabilit, fede, carit, speranza ...;
m a anche ogni altro modo contrario o ambiguo definisce per ognuno
il tipo di personalit.
4) Fase di svilu p p o d i a tte g g ia m e n ti derivati, sempre pi concreti
e approssim ati all'agire, con segu en ti dai precedenti nel m om ento di
tra d u rre nel quotidiano sia i valori, sia gli atteggiam enti fondam en
tali nei loro confronti, in relazione a s stesso, allam biente, alla
vocazione e agli impegni, alla sensibilit, alla cultura.

6. Principali valori e atteggiamenti di un progetto educativo

Seguendo lim postazione data allargom ento sarebbe opportuno


m ettere ancora in rilievo la centralit dellincontro delle realt-valori
sul quale sem bra basarsi ultim am ente la vita e la sua educazione.
Quelli che si definiscono oggi com unem ente valori sono per
lo pi atteggiam enti-valori, con dotte-valori, fatti apprezzare, perci
educati nella persona e nel suo agire interiore e relazionale. La loro
debolezza sta proprio nel fatto della loro frequente scarsa fondazione
e definizione, motivazione, attuazione in riferim ento alle realt-valori.
Comunque sono parte essenziale di un progetto educativo e m eri
tano un accenno ai contenuti loro propri. Forniscono validit
esistenziale ed educativa di soggetti um ani. Li esprim o con una serie
di binomi.
C onsapevolezza - coscienza: esprim ono la qualit propria del
l'uom o in quanto uomo, soggetto che media lessere e lagire a ttra
verso una fondam entale p resen za intenzionale di s a s, dellaltro
a s, fino a coglierne ed accoglierne linterpretazione, il significato,
la valutazione, la motivazione in term ini di valore, di bene, di dovere,
di compito.
L ib ert - respon sabilit: esprim ono la qualit delluomo in
quanto soggetto pr o ta g o n ista dei p ropri atti, creativo di s e della
propria condotta, dei suoi prodotti, con assunzione di p aternit ,
con prontezza a darne ragione e conto, con attitudine a farsi carico
di cose, persone, progetti.

153
S o lidariet - giustizia: esprim ono la qualit della persona e del
la condotta aperte a co n d ivid ere la realt e le condizioni degli altri
per una promozione fondam entalm ente paritaria.
S en so critico - creativit: esprim ono lattitudine m atura a rea
gire alla situazione e allinform azione leggendone e valutandone il
r a p p o r to realt-valore-ideale e a proseguire per realizzare condizioni
di ulteriore adeguamento.
Fede - am ore: esprim ono la capacit di p e rc ep ire il bene e il
dono e di reagirvi con fedele risposta, verso una co m u n ion e libera
trice che d e ricerca felicit.
S p eran za - lavoro: esprim ono lattitudine a impiegare le energie
interiori e strum entali per p r o d u r r e beni di ogni natura, con tensione
aperta verso traguardi ardui riten u ti possibili o almeno sem pre me
glio approssim abili.
R ealt - dignit: esprim ono la nuova tendenza a cercare e tro
vare valori e fini, m otivi e m odelli allinterno della natura, delle per
sone e delle cose, dotate di perfezione reale e ideale sia quando
riconosciuta e vissuta, sia quando m isconosciuta o offesa.
B o n t - dono: costituiscono lessenza della m oralit, perci del
la vita e delleducazione, anche quando le difficolt della vita ne
lim itano leffettiva attuazione, continuando per a prem ere, forse
anche nel dolore dellim potenza e del rim orso.
A u to rit - p ro m o zio n e: esprim ono il principio dinamico di spin
ta e direzione che an im a ogni sistem a vivo ed capace di farlo cre
scere , sia risvegliandosi al suo interno e dirigendone lespansione,
sia accostato daHesterno, purch non operi violenza, m a susciti riso
nanze e prolungam enti nellautorit-libert interna.
A utorealizzazione - trascendenza: esprim ono la sin te si arm onica
e convergente (superando le estraneit, i conflitti, in un dialogo di
unit progettuale) tra i bisogni-desideri-interessi d espansione interna,
anche m ediante relazioni e comunicazioni esterne, e le esigenze di
rispetto, adesione, donazione, collaborazione con realt, valori, com
piti esterni, verso laltro, gli altri, lAltro di Dio, verso una coscienza
e un progetto di comunione, verso una felicit di comunione.

BIBLIOGRAFIA

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V a z q u e z G., Lo permanente y lo cambiante en los valores educativos,
Madrid, Sociedad Espafiola de Pedagogia, 1976.

155
12._______
CULTURA

Giancarlo Milanesi

1. Elementi concettuali per una definizione di cultura - 2. Cultura e socializ


zazione; cultura ed educazione - 3. Produzione, diffusione e fruizione della
cultura nel progetto educativo pastorale - 4. Conclusione.

1. Elem enti concettuali per una definizione di cultura

Le scienze che si occupano della cultura sono molteplici e danno


di essa definizioni abbastanza differenti; tuttavia possibile ricon
durre ad unit la m olteplicit di elementi che contribuiscono a defi
nire la cultura, partendo da una concezione fondam entalm ente etno-
socio-antropologica che la considera come una configurazione totale
di form e del vivere e delle corrispettive form e di coscienza
conoscitive, espressive, operative, che sono caratteristiche di un gruppo
um ano in un dato m om ento storico e in un dato am biente . Una defi
nizione come questa esige qualche spiegazione e solleva m olti problem i:
a) La cultura cos definita rappresenta anzitutto un approccio
interpretativo della realt; essa costituisce il risultato di un ten ta
tivo di com prensione delluomo stesso e dei suoi rap p o rti con l'am bien
te circostante. Per questo motivo la cultura da considerarsi anzitutto
come un sistem a di significati com posto da prodotti m entali
svariati, come percezioni della realt e giudizi di valore .
Essa per non soltanto un linguaggio espressivo (cio sim bo
lico) in cui vengono codificati i significati attrib u iti alla realt;
anche un codice di com portam ento, in quanto l'interpretazione della
realt diventa norm a o modello del vivere. La cultura appunto
una form a del vivere e non solo del pensare.
b) In aggiunta alle caratteristiche sopra analizzate che si rife
riscono agli aspetti non-m ateriali (o spirituali) della cultura, si deve
dire che esiste anche una dim ensione m ateriale della cultura,
cio quell'insiem e di a rte fa tti (case, utensili, vestiti, macchine, ecc.)
che esprim ono non solo il tentativo di interpretare il reale, ma
anche di dom inarlo, cio di prenderne possesso in modo significativo
e coerente con l'interpretazione m entale stessa. Ovviamente gli aspet-

156
ti m ateriali e non m ateriali della cultura costituiscono u n unit inscin
dibile e dialettica, in cui si verificano reciproche influenze e rapporti.
c) Un problem a m olto rilevante ai fini delleducazione e della
pastorale quello riguardante linflusso di una data cultura (o di
pi culture) sulla formazione della personalit deHindividuo um ano
e dei gruppi. Nessuno oggi sostiene piii a livello scientifico la con
cezione determ inistica secondo cui la cultura fa luomo , cio la
cultura si im pone al nuovo nato (o al nuovo inserito) in modo auto
m atico e meccanico, attraverso processi di socializzazione di carattere
im positivo che suppongono un atteggiam ento m eram ente passivo nel
lindividuo socializzando. Si accetta invece una concezione in cui,
p u r sottolineando il forte condizionam ento esercitato dalla cultura
sulla formazione dellindividuo, si ipotizza anche una capacit (pi
o meno accentuata nei diversi stadi di sviluppo) di elaborare cultura
da parte delluomo, per cui anche luomo che fa la cultura .
In altre parole si deve sem pre considerare, nel rapporto uomo-
cultura, sia un aspetto prevalentem ente recettivo, fruitivo, consumi
stico, sia un aspetto prevalentem ente reattivo, creativo, innovativo.
In questo modo si sottolinea il fatto essenziale che luomo il pro
tagonista del processo di produzione, trasform azione, diffusione e
interiorizzazione della cultura.
Ci im plica anche che la cultura sop rattu tto uno strum ento di
cui luomo si serve p er realizzarsi pienam ente nella storia e non un
fine a cui si deve passivam ente adeguare; la relativizzazione della
cultura a strum ento impedisce perci che essa si trasform i in ideo
logia, cio in un assoluto totalizzante e omnicomprensivo, m entre
solam ente l attuale (non l'unica e definitiva) configurazione di let
ture provvisorie del reale, che non esauriscono le complesse tensioni
axiologiche e deontologiche della persona e della com unit. Ci
significa anche che la cultura non esaurisce mai com pletam ente lan
tropologia soggiacente, che a sua volta fondata su altri tipi di espe
rienza um ana non riducibili al processo culturale (come ad es. la
fede, lamore, ecc.).
d ) U n'altra questione complem*entare alle precedenti riguarda
lorigine stessa della cultura; il sottolineare laspetto derivato e stru
m entale della cultura nei riguardi del protagonism o delluomo significa
infatti afferm are che la cultura non il precipitato autom atico delle
condizioni m ateriali (so p rattu tto economiche) in cui luomo chia
m ato storicam ente a vivere; e significa allo stesso tem po che gli
aspetti m ateriali della cultura non sono prio ritari (cronologica
m ente e logicamente) rispetto a quelli non m ateriali. Ci non deve
portare ad una concezione unilateralm ente idealistica o intel
lettualistica della cultura, secondo cui prim a sono le idee, le
concezioni del mondo, i valori e poi vengono gli artefatti che

157
li esprim ono a livello m ateriale. Si deve piuttosto concludere che
la cultura , ad un tempo, fru tto di concreti condizionam enti m ate
riali (fisici, economici, politici, sociali) e fru tto di scelte valoriali
che esprim ono la libera opzione delluomo verso certe e non altre
concezioni antropologiche. Ci molto im portante sotto il profilo
delleducazione perch sottolinea il fatto che la cultura si colloca
al crocevia di tu tte le complesse interazioni umane, evidenziandone
il carattere dialettico (quando non contraddittorio) di libert e con
dizionamento, di novit e di continuit.
e) Un ulteriore elemento im portante nella definizione di cul
tu ra dato dal fatto che la cultura trova un suo corrispondente
elemento esplicativo nella stru ttu ra del gruppo um ano che la
esprim e. In altre parole la cultura al medesimo tem po un prodotto
di una determ inata configurazione di rap p o rti sociali relativam ente
stabili (ch tale la definizione di stru ttu ra ) e strum ento di
legittimazione della medesima. Cos la cultura riflette la maggiore
o m inore com plessit della stru ttu ra sociale (e viceversa): cam bia
in relazione ai cambi che si verificano nelle stru ttu re (e in generale
con ritm i molto pii lenti); giustifica i rap p o rti di potere espressi
da una certa stru ttu ra sociale e ne a sua volta giustificata.
Lesempio pi evidente di questo rapporto elastico tra cultu ra e
stru ttu ra dato dal caso del cosiddetto pluralism o culturale
che non altro che lespressione necessaria del pluralism o s tru t
turale , cio di una societ in cui i gruppi, gli strati, le classi sono
molteplici ed elaborano, ognuno in modo relativam ente autonom o,
una propria cultura. Questo fatto m olto rilevante sul piano edu
cativo, perch condiziona direttam ente i processi di socializzazione:
nelle societ caratterizzate da pluralism o culturale competitivo
o conflittuale infatti i processi di socializzazione non si svolgono in
modo lineare e omogeneo, m a dissociato e distorto proprio perch
sono gestiti da una pluralit di agenzie , ognuna delle quali tenta
di im porre la propria cultura ai socializzandi.

2. Cultura e socializzazione; cultura ed educazione

Dal punto di vista che ci interessa im portante tener presenti


le m odalit secondo cui la cultura si trasm ette da una generazione
all'altra; ci costituisce loggetto di u n am pia riflessione sui processi
di socializzazione (o di inculturazione e di acculturazione, secondo
la term inologia p ropria dellantropologia culturale) e sugli interventi
pi specificamente educativi.
a) Il p ro c e s so di socializzazione, se analizzato dal p u n to di vista
sociologico, da considerare come u n azione m irante a inserire le
persone in determ inate stru ttu re sociali (progressivam ente nella so

158
ciet nel suo complesso) e a farne interiorizzare la cultura corrispon
dente. Sotto questo profilo, socializzare significa im porre per tra
sm issione una cultura, per adattarvi e conform arvi il socializzando:
non a caso i processi di socializzazione sono intesi e utilizzati dalla
societ come s tr u m e n to d i co n tro llo sociale ( attraverso la cultura
interiorizzata che facciamo nostre le norm e sociali) e di riprodu zion e
sociale ( attraverso la cultura interiorizzata che la societ perpetua
s stessa nei nuovi nati). Per questa ragione i processi di socializza
zione, se non corretti adeguatam ente da altri interventi piri stim o
lanti, possono servire direttam ente a scopi di manipolazione, indot
trinam ento, conformizzazione; di fatto ci avviene spesso nella so
ciet, ogni volta che interessi economici, politici, sociali o religiosi
esigono la mobilitazione di masse obbedienti e acritiche.
b ) Sotto il profilo psicologico i processi di socializzazione sono
stati studiati come esempio specifico di apprendim ento sociale .
Quasi tu tte le teorie psicologiche dellapprendim ento (salvo forse le
form e pi rigide di behaviorism o) m ettono in evidenza che il sog
getto socializzando non mai puram ente passivo nel ricevere per
trasm issione il messaggio culturale; non cio una tabula rasa su
cui si im prim ono i simboli culturali o un recipiente in cui si versano
i contenuti culturali. Il soggetto possiede invece una capacit pi
o meno am pia di reagire agli stim oli culturali, di selezionarli, di
caratterizzarli con la p ropria soggettivit, di restituirli al socializza-
tore arricchiti della propria esperienza. Queste capacit reattive sono
per facilm ente soverchiate dalla preponderante e massiccia azione
conformizzante della societ, se non sono sviluppate e sostenute da
stim oli pi specificamente educativi.
c) L edu cazion e propriam ente d etta si differenzia nettam ente
dai processi di socializzazione, anche se in un certo senso li presup
pone; si tra tta dunque di un intervento specifico che per non si
contrappone antagonisticam ente alla socializzazione. Leducazione, a
differenza della socializzazione che un processo sostanzialm ente
autom atico, impositivo e spesso inconsapevole, un intervento inten
zionale: esso infatti consiste nellincontro libero e voluto tra una
dom anda educativa e una proposta educativa, laddove la d o m a n d a si
configura fondam entalm ente come richiesta di entrare in un rapporto
um ano significativo per crescere verso la piena realizzazione della
propria um anit e la p r o p o s ta rappresenta u n offerta di un modello
di vita sostenuto da una coerente testim onianza personale.
Oltre che essere un fatto intenzionale e libero (e anzi proprio per
quello) l educazione un processo di tipo propositivo ; essa in
fatti non ha necessariam ente lo scopo di creare dei conform i o degli
adattati, ma piuttosto quello di stim olare u n autonom a ricerca di
senso e una critica propensione allopzione personale, cio una ca

159
pacit autentica di progettare liberam ente la propria esistenza. In
questo senso la persona educata quella che partendo da una base
culturale ricevuta per socializzazione (e dunque supponendo un mi
nim o di adattam ento ad essa) in grado di esercitare sui messaggi
culturali u n azione di selezione, discernim ento, creativit e ricavarne
i m ateriali per un proprio progetto di vita; leducato pu dunque
essere, rispetto alla cultura dom inante che ha interiorizzato, un non
conform ista e, al limite, un disadattato. In altre parole leducazione
m ira a dotare leducando delle capacit di dom inare autonom am ente
il condizionam ento sociale, che insieme a quello biofisiologico e psi
cologico costituisce la base del suo sviluppo umano, possedendolo
um anam ente e liberandosene progressivam ente. Tutto ci suppone
una concezione non neutralista delleducazione; educare non assi
stere passivam ente allo sviluppo dellindividuo o ai processi auto
m atici di socializzazione, ma stim olare la crescita m ediante una
ricca, articolata, testim oniata proposta di valori [ ^ e d u c a z i o n e
- 5 'VALORI E a t t e g g ia m e n t i] .

Da quanto siamo venuti dicendo, si pu afferm are che la cultura


non oggetto diretto di processi educativi; questi tuttavia im pedi
scono alla cultura di trasform arsi in ideologia, cio in sistem a asso
luto e chiuso di significati, proprio perch la sottopongono ad una
azione continuata di critica e di rinnovam ento.
d) La necessit d integrare i processi di socializzazione con in
terventi pi specificamente educativi sottolineata non solo dal fatto
che le capacit di reagire attivam ente al pericolo di manipolazione
sono lim itate e sporadiche nellindividuo, m a anche dalla consta
tazione che nelle societ complesse o in via di sviluppo i processi
di socializzazione sono spesso insufficienti e conducono a risultati
molto problem atici {iposocializzazione, cio mancanza di adattam ento
minimo; oppure ipersocializzazione, cio eccessiva dipendenza e con
form ism o nei riguardi della cultura egemone). In questi contesti
ancor pi urgente lopera pi specificamente educativa, che in qual
che modo deve supplire alle deficienze della socializzazione.
Spesse volte si assiste al fatto che i giovani vengono sottoposti
a pratiche form ative che si esauriscono in semplici tentativi di socia
lizzazione (pi o meno m anipolativa) e che non raggiungono la pie
nezza dell'intervento educante; ci evidente in modo m assivo nel
settore della formazione politica dei giovani, in cui si cerca pi spesso
di indottrinare e di indurre forzatam ente al consenso e alla disci
plina che a form are u n autonom a capacit di fare libere opzioni
politiche; altrettanto si pu dire della formazione religiosa, che
spesso si riduce a trasm issione di cultura religiosa (per altro molto
im portante), ma che pi raram ente giunge a stim olare educativa
m ente verso lelaborazione di un proprio progetto cristiano di vita.

160
3. Produzione, diffusione e fruizione della cultura nel progetto edu
cativo pastorale salesiano

Sono m olti gli aspetti problem atici relativi alla cultura e alla
sua dinam ica che si riferiscono al progetto educativo pastorale sa
lesiano ( = PEPS).
a) L'im portanza della cultura gi evidente nella stessa finalit
generale del PEPS, che finalit um anistico-cristiana indissolubil
m ente legata ad una concezione della persona um ana, del giovane in
particolare, come totalit di dim ensioni e un it di dinam ism i esi
stenziali, posta al centro di un processo di crescita di cui la cultura
criticam ente assunta la base e di cui la fede motivo vitale, ispi
razione unificatrice, prospettiva ultim a ed essenziale. In term ini pi
specifici, cio in rapporto ad o b ie ttiv i pi stim olanti del PEPS, il
discorso sulla cultura si fa pi attuale l dove si assegna alFimpegno
di promozione um ana il com pito di stim olare ed accom pagnare
un processo di educazione che liberi le possibilit creative della p er
sona e favorisca linserim ento critico nella cultura e nella societ .
Il PEPS insiste su due concetti interconnessi di promozione
integrale della persona um ana e di centralit di essa nel processo
educativo. Ci implica la duplice dim ensione individuale-sociale della
form azione e il ventaglio dei m olteplici bisogni del giovane (psico
fisici, economici, afi^ettivi, sociali, culturali, professionali, ecc.); ci
suppone pure la valorizzazione del protagonism o giovanile nel rap
porto educativo. Su questa base gli obiettivi relativi alla promozione
um ana dei giovani vengono individuati nella costruzione dellun it
della persona e nello sviluppo di ogni loro risorsa fino alla piena
m aturazione . Le scelte operative sono su questo punto le pi varie
e le pi flessibili, includendo in pratica gli am biti in cui il giovane
esposto allinflusso della cultura-am biente e in cui abbisogna di
stim oli per potersene im possessare criticam ente e attivam ente.
Il discorso si fa pi esigente quando si esplicita lobiettivo, com
plem entare e prioritario allo stesso tem po, rispetto a quello della
prom ozione um ana , di evangelizzazione, che ha come scopo ledu
cazione ad una fede personale e com unitaria, attraverso la parola
annunciata, sperim entata e vissuta nella Chiesa . Questa fede infatti
non pensabile se non come fondam ento essenziale di una an tro
pologia che a sua volta costituisce la m atrice di svariate elaborazioni
culturali. In altre parole il PEPS sem bra porsi come p rioritario
lobiettivo di confrontare, verificare e incarnare la fede nella cultura,
indicando nella creazione di una cultura cristiana (espressione
storicam ente determ inata daUantropologia derivata dalla fede) la
m eta concreta di un processo form ativo ad un tempo socializzante
ed educante. su tale antropologia collegata con la fede che il p ro
cesso educativo pu contare per procedere alla continua relativizza-

161
11
zione della cultura e afferm are la centralit e il protagonism o della
persona um ana; da essa che viene legittim ata una concezione attiva
e partecipativa e non solo consum ista dellapprendim ento e della
fruizione della cultura; su di essa che si fonda la possibilit di
indefinito trascendim ento della cultura (o delle culture) egemoni
[ ^ p e r so n a ].
appena il caso di sottolineare che nellazione di evangelizzazione
dei giovani, come in ogni altro contesto di evangelizzazione, il pro
cesso di inculturazione della fede pu e deve trovare sbocchi diffe
renziati, proprio perch il rap p o rto di distinzione e di relazione tra
fede e cultura continuam ente m ediato dalla storia ed ogni cultura
possiede una sua peculiare identit. R isulta invece pi im portante
ricordare che l'antropologia fatta propria dal PEPS, p u r essendo
com une a tu tti i progetti che in qualche modo si rifanno alla fede
cristiana, se ne differenzia p er alcune accentuazioni peculiari; in
dubbio infatti che alla tradizione donboschiana pi congeniale un
tipo di cristianesim o um anista e incarnazionista, che da una parte
aperto al riconoscim ento dellautonom ia del profano e dallaltra
poco incline a esperienze religiose di fuga o di estraniam ento dalla
storia; anche un cristianesim o ottim ista e dialogante, pi incline
a trad u rre in concreta operosit la contemplazione che a ricondurre
la prassi a riflessione teorica astratta.
b) Da quanto siamo venuti dicendo si pu concludere che la
cultura, intesa nel senso pieno indicato nella prim a parte di questo
contributo, oggetto precipuo sia dellazione intesa alla promozione
um ana , sia deU azione evangelizzatrice nei riguardi dei giovani.
La promozione um ana non pu realizzarsi se non attraverso una
appropriazione critico-costruttiva della cultura trasm essa per socia
lizzazione dalle diverse agenzie form ative; levangelizzazione non pu
dirsi com piuta se non quando realizzata la traduzione del messaggio
evangelico in una cultura che, interiorizzata, diventa non solo cono
scenza e interpretazione della realt, m a norm a coerente di
com portam ento. In altre parole la form ula evangelizzare educando
ed educare evangelizzando presuppone un esercizio continuo di
elaborazione critica della cultura esistente e di progettazione corag
giosa di cultura nuova alla luce dellantropologia fondata sulla fede
[ ^EVANGELIZZAZIONE E EDUCAZIONE],
Ci pu avvenire in modo diversificato nei diversi contesti edu
cativi; m a la sostanza del processo non pu essere sottovalutata.
Nella scuola in particolare si hanno le opportunit per sottoporre
la cultura ad analisi critica sistem atica, proprio perch la scuola
orm ai non pi intesa come strum ento di trasm issione dei soli aspetti
conoscitivi della cultura, ma luogo di confronto e di trasform azione
creatrice dellintera cultura (o di tu tte le culture presenti nel con

162
testo socio-ambientale). in questo senso che una scuola degna di
tal nome persegue un progetto di promozione um ana : non lim i
tandosi a consegnare m aterialm ente alle nuove generazioni il p a tri
monio culturale elaborato dalla precedente generazione (il che sarebbe
solo un intervento socializzante), m a tentando di abilitare i giovani
ad appropriarsi della cultura p er farne il punto di partenza e il m a
teriale del proprio progetto di vita. Ci vale a m aggior ragione per
la scuola cattolica, che non pu rinunciare a pronunciare sulla cul
tu ra che trasm ette e su quella che progetta il giudizio critico conte
nuto nel messaggio cristiano; ed qui che la scuola cattolica pu
diventare luogo di evangelizzazione, non tanto perch essa astratta-
m ente e aprioristicam ente identificabile come com unit cristiana
che annuncia direttam ente e sistem aticam ente il Vangelo, m a perch
esercitando la sua funzione critica sulla cultura alla luce dei princpi
evangelici crea le prem esse per levangelizzazione stessa, apre spazi
d'interrogazione e dinvocazione, sostiene la dom anda di religione
dei giovani e rende plausibile una proposta di fede.
Altro discorso per i gru p p i giovanili, specialmente per quelli che
fanno capo a stru ttu re parrocchiali; m olti di essi privilegiano gli
aspetti pii propriam ente formativo-religiosi e proprio p er questo
sono esposti al rischio di u n azione educativa che tende a trascurare
il collegamento con la cultura e a scivolare inavvertitam ente in espe
rienze sem pre pii fideiste; altri al contrario privilegiano, nella loro
ragion d essere e nella loro azione, attivit profane che pure rispon
dono a bisogni sentiti dai giovani (sport, impegno socio-politico,
volontariato assistenziale ed educativo, cultura), ma tendono a im
poverire sia il riferim ento alla pi vasta dinamica culturale, sia lespli-
citazione delle com ponenti pi propriam ente cristiane della loro
azione, scadendo in una pura prassi priva di spessore educativo.
N ellun caso e nellaltro va ricordato che i gruppi, anche se non
possono essere considerati form alm ente, come la scuola, un luogo
di elaborazione della cultura, offrono una possibilit m olto pi con
creta di rapporti diretti con lesperienza complessiva della societ
civile, politica e religiosa, favorendo un tipo di analisi della cultura
m olto pi vitale, che risulta necessario e com plem entare rispetto a
quello offerto dalla scuola.
Resta infine il discorso riguardante la fam iglia cui il PEPS guarda
come ad un modello di stile educativo e a cui rivolge attenzione,
offre e chiede collaborazione. Nella famiglia i messaggi culturali
arrivano filtrati sia dallesperienza degli adulti sia da quella dei gio
vani, e vengono valutati nel contesto tipico dei rap p o rti daffetto
che caratterizzano ogni famiglia d otata di un minimo di funzionalit
educativa; qui l'azione dell evangelizzare educando ed educare evan
gelizzando dovrebbe dunque trovare una sua tipica espressione
nella specifica cultura che ogni famiglia elabora quasi inavver

163
titam ente, scegliendo i suoi valori, modelli di com portam ento, ideali
di vita ed investendoli con u n esperienza di fede che dovrebbe avere
i caratteri della spontaneit, deHimmediatezza, della gioia.
Di fatto molte famiglie non sono in grado di esercitare sulla cul
tura u n azione educativam ente e cristianam ente incisiva e vanno
dunque sostenute o ad d irittu ra sostituite in tale compito.

4. Conclusione
E ntro lam bito di una rinnovata riflessione sul PEPS la dim en
sione cultura ritrova una sua im portanza amplificata. La prom o
zione um ana integrale del giovane non pu pi ridursi a interpre
tare lesigenza culturale nei term ini del dare una istruzione o
dare una formazione professionale , che esprim ono un ideale for
m ativo piuttosto riduttivo, anche se im portante. La stessa conce
zione m oderna della cultura colloca q u estultim a al centro dei
processi di socializzazione-educazione, e ne fa il polo necessariam ente
rapportato alla fede, nel quadro di una im postazione cristiana del
lazione form ativa. Nei riguardi del PEPS, la ritrovata centralit del
concetto di cultura rispetto alle finalit e agli obiettivi prio ritari
della promozione um ana integrale e all evangelizzazione dei
giovani basta a giustificare lattenzione che gli educatori devono alle
dinam iche culturali, so p rattu tto nelle societ complesse. Ed ai mo
tivi profondi, ispiratori dellum anesim o cristiano elaborato dalla tra
dizione salesiana, che vanno rip o rtate in ultim a analisi le istanze o
le domande educative em ergenti da tali dinamiche.

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164
13^_____________
PROFESSIONALITA
N a tale Zanni

1. Professionalit termine complesso - 2. Modelli di professionalit - 3. Caratte


ristiche della professionalit - 4. Conclusione.

1. Professionalit term ine complesso

difficile parlare di professionalit senza entrare in luoghi comuni.


Ed ancora pi difficile dire che cosa si intende per professiona
lit , in base a quali criteri e param etri essa va definita, anche
perch la professionalit legata ad una certa teoria dell'organizza
zione del lavoro, ad un certo modello organizzativo , ad una vi
sione personale di chi svolge una determ inata attivit. Il term ine
stesso non trova riscontro in tu tte le lingue. Cerchiamo com unque
di osservarne alcuni aspetti, dei quali uno interessante la dinam i
cit di tale concetto nel senso che si evolve nel tempo seguendo lo
sviluppo dei modelli organizzativi nella societ.
Esso si colloca in un sistem a di rapporti tra fabbrica e societ,
istruzione e sviluppo economico-sociale di un paese, che m utano
nel tempo.
quindi un fenomeno che tiene conto sia di un insieme di
conoscenze, fattore im portante delle forze produttive, sia di un m o
dello d istituzione sociale.
Quando parliam o di professionalit intendiam o indicare linsie
me unitario di conoscenze e competenze operative m ediante le quali
l uomo si pone intenzionalm ente di fronte alla vita attiva riferita ad
un preciso contesto storico "possedendo in term ini positivi un suo
lavoro (Chiosso, 1981, 153).
Si evidenzia qui che il concetto di professionalit non pu essere
visto solo nella sua dimensione soggettiva (qualit e valori richiesti
ad una persona), ma Io si deve vedere anche nella sua dimensione
oggettiva (rapporti con il mondo che ci circonda e contributo che la
persona d a tale mondo).
La professionalit appare come una realt com posita che coinvolge
la dim ensione conoscitiva, le capacit operative, gli atteggiam enti nei
confronti del lavoro, le stesse stru ttu re di cui ha bisogno per una idonea

165
formazione teorica. E non pu neanche prescindere dalla concreta
situazione deU'ambiente del lavoro che concorre alla sua determ i
nazione attraverso la peculiare realt organizzativa-strutturale-pro-
duttiva.
Tale realt esprim e il processo attraverso il quale luomo, me
diante il lavoro, costruisce il suo progetto di vita, qualunque esso sia.
In questo senso la professionalit non esprim e soltanto la qua
lificazione dellattivit, ma anche la qualificazione dell'uomo che
lavora. Essa dunque non uno stato, m a un processo che si realizza
tra l uomo e la realt dinam ica oggettiva.
Come si vede non semplice, e pu essere riduttivo, cercare di
definire che cosa si intende per professionalit. Pu essere pi inte
ressante renderci conto di ci che pu essere incluso o di ci che deve
essere escluso in tale concetto.
In particolare, riferendoci all'am biente pedagogico, si potrebbe
parlare di professionalit come di una sensibilit verso un coinvol
gim ento nella totalit del processo sociale, che fa emergere vistosa
m ente la presa di coscienza della interdipendenza totale dei rapporti
educativi dai rap p o rti che stru ttu ran o la pi vasta com unit sociale.
Tale fatto positivo, per esige u n cam biam ento di alcune im posta
zioni, una nuova professionalit , vista come capacit di agire o
interagire in gruppo p er progettare e controllare i diversi interventi.
Tutto questo in una societ in evoluzione dove ci che si chiamava
conoscenza sta diventando oggi inform azione , come afferma Drucker;
in una societ che esige una continua revisione del proprio ruolo,
dei criteri con cui si interviene nell'am biente educativo per assum ere
veram ente un ruolo professionale capace di form are dei giovani che
si inseriscono nel sistem a del vissuto , capaci di interagire con esso
e, se necessario, trasform arlo.
Se ci riferiam o esclusivamente all'am biente educativo, professio
nalit potrebbe essere intesa quindi come capacit di rispondere a
dom ande che vengono dal contesto sociale attraverso progetti edu
cativi specifici.
Per approfondire il problem a analizziamo brevem ente alcuni mo
delli di organizzazione della societ, che potrebbero po rtare a diverse
definizioni di professionalit. Essi evidenzieranno anche la com ples
sit del termine.

2. Modelli di professionalit

Un p r im o m o d ello di professionalit quello che fa riferim ento


all'organizzazione scientifica del lavoro elaborata da Taylor.
Come noto, la tradizione tayloristica suddivide i com piti com
plessivi di una organizzazione in com piti individuali. I com piti indi

166
viduali di trasform azione del m ateriale vengono poi distinti, analiz
zati in dettaglio, in modo da scom porli in semplici operazioni. Al lavo
ratore vengono infine affidate un insieme di operazioni elem entari
che costituiscono la mansione.
Ci che im portante non il lavoratore m a il posto lavoro. Viene
escluso a questo livello un certo tipo di professionalit, la ricerca,
la decisione autonom a. Per valutare la professionalit si valuta il
p rodotto (JOB evalu ation).
A livello di intervento form ativo si usa laddestram ento, inteso
come azione di adeguam ento dellabilit del lavoratore ai suoi com
piti lavorativi, che consistono nellottim ale espletam ento della m an
sione.
In u n certo senso si consacra qui la passivit del lavoratore, in
subordine ad una meccanicistica parcellizzazione delle operazioni
produttive che non possono, a lungo andare, non causare effetti
macroscopici di alienazione e disaffezione.
Si p arte cio dalla considerazione che i dipendenti di una orga
nizzazione, semplice o complessa, sono strum enti passivi capaci di
eseguire un lavoro e di accettare direttive, m a non di prom uovere
u n azione o di esercitare u n influenza di una qualche rilevanza. Si
esige quindi un rapporto autoritario superiore/suddito.
Secondo tale modello, la professionalit e la produttivit um ana
sono connesse al rendim ento individuale entro certi lim iti che pre
sentano evidenti analogie con quelli della macchina, per cui organiz
zare con efficienza significa definire la capacit fisiologica dellorga
nismo um ano, in modo da conseguire la sua pii com pleta utilizza
zione.
questo un modello organizzativo che ha influenzato anche lam
biente educativo per quanto riguarda laspetto del comando, orien
tandolo verso una posizione autoritaria, un rapporto padre/figlio,
che d da una parte sicurezza, una certa efficienza esecutiva, m a dal
laltra non facilita una m aturazione completa, una graduale assun
zione di responsabilit in prim a persona.
Levoluzione del livello tecnologico e una determ inata com posi
zione del m ercato di lavoro tendono oggi a superare tale modello,
superando la logica della m ansione ed evidenziando il ruolo.
M entre la m ansione consiste essenzialmente, allinterno di un ra p
porto di lavoro Azienda-lavoratore, nelleseguire in m aniera ottim ale
una successione di operazioni, il ruolo com prende, allinterno di un
sistem a sociale che considera le aspirazioni, le attese e com porta
m enti del lavoratore, linsieme di m ansioni arricchite da una serie
di rapporti di lavoro con i colleghi, lazienda, lorganizzazione sociale.
La dim ensione lavoro del lavoratore si estrem am ente allargata
al di l della sua posizione di lavoratore in azienda.
La professionalit perci non si identifica pi col m estiere (una

167
serie di abilit e conoscenze da spendere quasi m eccanicam ente nel
posto di lavoro), m a cerca di associare sia un contenuto operativo-
tecnologico pi ricco, sia una pii articolata dimensione culturale.
Un s ec on d o m o d e llo di professionalit deriva dalla teoria delle
relazioni umane . Esso potrebbe essere cos riassunto:
Unorganizzazione riceve dai suoi m em bri atteggiam enti, valori
e obiettivi. Gli individui devono essere m otivati e indotti a p arte
cipare al sistem a di com portam ento organizzativo, non esistendo un
parallelism o completo tra obiettivi personali e obiettivi organizzativi;
dal contrasto, poi, effettivo o potenziale di questi obiettivi derivano
quei fenomeni di potere, atteggiam enti e stati d'anim o dim portanza
determ inante ai fini di una spiegazione del com portam ento organiz
zativo (March e Simon).
Con tale modello di analisi, non possiam o pi vedere la profes
sionalit come unicam ente legata ai processi tecnologico-produttivi,
m a anche come legata a un adattam ento in senso operativo alla pro
duzione o riproduzione dei rap p o rti sociali.
Si m ette qui in rilievo che non possibile affrontare il problem a
del com portam ento um ano nell'organizzazione (la professionalit)
senza tenere nel dovuto conto, assieme agli aspetti strum entali e
razionali, anche quelli attitudinali, di atteggiam ento e motivazionali
[ VALORI E a t t e g g ia m e n t i] .
Un terzo m o d ello di professionalit m ette in particolare rilievo
gli aspetti razionali e intellettivi del com portam ento organizzativo.
Esso si ritrova oggi con sem pre maggiore frequenza in opere di eco
nom isti, di studiosi dei processi di pianificazione, di psicosociologi e
di psicopedagogisti industriali, di filosofi sociali e di teologi sociali.
Secondo questo terzo modello, non ancora ben studiato, la pro
fessionalit pu essere definita da una serie di elem enti basati sulla
capacit di prendere decisioni e risolvere problem i; sulla capacit
di definire di volta in volta gli atteggiam enti, i valori, gli obiettivi
da perseguire e le condizioni, i param etri quantitativi e qualitativi,
della loro esecuzione.
In questa nuova concezione, professionalit significa non solo ca
pacit di capire e giudicare gli scopi, la missione degli interventi, di
collaborare con i m em bri del proprio gruppo di lavoro, di com uni
care con tu tti e sviluppare positive azioni di influenza sociale, di
leadership ; ma so p rattu tto significa nuovo modo di organizzare
il lavoro.
Questo nuovo modello in cui si sviluppa la professionalit sup
pone di organizzare gli intei'V'enti in cui si utilizza la propria capacit
professionale sul massim o decentram ento possibile, cercando di coor
dinare la pi larga partecipazione in modo da arm onizzare e anche
potenziare l'efficienza con la dem ocrazia nei rapporti di produzione
e di lavoro (Conti, 1981).

168
I tre modelli hanno visioni diverse deUuomo nel mondo del
lavoro. Concezioni che si traducono in modelli educativi con accen
tuazioni diversificate, sia nel modo di concepire la progettazione,
sia nella scelta dei contenuti e m odalit d'intervento per far acqui
sire una certa professionalit.

3. Caratteristiche della professionalit

Si detto che il concetto di professionalit ha un insieme di di


m ensioni soggettive e oggettive; pu essere esam inato sotto il profilo
della qualit o dei valori richiesti alla persona, ma non si pu evi
tarne la dimensione esterna, di rapporto del prodotto degli effetti,
dellutilit.
Nasce quindi un problem a di interazione con stru ttu re e persone.
Sem pre focalizzando lattenzione su una professionalit legata alla
capacit di progettare interventi educativi, facciamo un tentativo
per evidenziare alcune competenze ricorrenti, che concretizzano una
certa figura professionale in tale campo. Ci sono dei tentativi pi
puntuali di quanto qui viene esposto, per generalm ente si riferi
scono a figure professionali pii specifiche (Hoyle, 1978).
Pensiamo quindi alla figura di un educatore alle prese con inter
venti concreti, che deve progettare e gestire nel rispetto di una p ro
posta form ativa, e tentiam o di elencare gli aspetti pi significativi
che caratterizzano la sua professionalit. Tralasciando elementi se
condari potrem m o cos riassum erli:
a) Conoscenza generale e specifica sul ruolo da assu m ere
Troppo sovente i ruoli si im provvisano ritenendo che inform azioni
generali siano spendibili in ogni contesto. Pur essendo necessarie
inform azioni am pie e diversificate, per anche indispensabile acqui
sire conoscenze specifiche, per contribuire in modo puntuale alla
risoluzione di problem i concreti nei vari interventi.
questo un aspetto non poco significativo se si pensa alla com
plessit del problem a educativo. Tale conoscenza si rende necessaria
non per creare situazioni di rifiuto, m a per assum ere il proprio ruolo
con profondo senso del limite e della precariet delle scelte umane.
b) Conoscenza delle c a r a tteristic h e peculiari d i un in terven to
ed u ca tivo e dei con ten u ti che si voglion o com u nicare
Per fare un progetto educativo necessario conoscere i destina
tari e le loro problem atiche, avere u n quadro di riferim ento entro
cui fare le scelte, concretizzare con stru ttu re e persone disponibili
in luogo l'intervento progettato.
Nasce qui l esigenza di rilevare la situazione iniziale in cui si vuole

169
intervenire, form ulare gli obiettivi, scegliere contenuti e strategie
di intervento, valutare con sistem aticit risultati raggiunti e m oda
lit utilizzate per raggiungerli.
Il conoscere tu tti questi elem enti di per s non vuol dire ancora
saper operare, per un prim o passo per accettare una collabora
zione sistem atica di altre persone con competenze diverse, che assieme
a noi affrontino il problem a in ogni suo aspetto e propongano
le soluzioni pi opportune in quel luogo e tempo [ ^ o r i e n t a m e n t o
^ v a lu ta z io n e ],

c) C apacit di r isp o sta a d una d o m a n d a culturale che vien e dal


c o n te s to sociale in cui si op era
Quando si interviene in cam po educativo im possibile prescin
dere dalla societ in cui si vive. Tale societ inoltre fa emergere
istanze culturali che leducatore non pu ignorare, perch lutente
si inserir poi in quella societ con una proposta culturale com ples
siva, che pu essere o non essere capace d investire tu tta la realt del
lavoro um ano a seconda della preparazione avuta.
N orm alm ente quando s interviene ci si rivolge ad una utenza
che ha determ inate caratteristiche positive o negative, una utenza
reale, non ideale.
Tale capacit suppone una certa consapevolezza dellincidenza
dei fattori esterni sugli interventi progettati, e una attenzione al
m om ento storico in cui viviamo.

d) C apacit d im m agin are soluzion i d iverse dalle attuali


Sovente l'adulto si lam enta nei confronti del giovane perch questi
agisce in modo p er lui incomprensibile. vero che in simili consi
derazioni giocano diversi fattori, per anche vero che esiste una
evoluzione sociale e di conseguenza un m utam ento delle m odalit
d intervento. Il mondo educativo una realt dinamica; gli inter
venti che ad esso si rivolgono non possono essere statici. Daltra parte
raram ente c u n unica soluzione nellafFrontare i diversi problem i
educativi. Ci sono pi soluzioni che meglio o peggio si adattano in
quel particolare m om ento storico.
Il ritenere che una soluzione presa una volta sia ottim ale solo
perch ha dato buoni risultati in un preciso m om ento rischioso,
e pu provocare situazioni rigide che non favoriscono una m atu ra
zione globale, particolarm ente di un adolescente.

e) C apacit di collaborazione in un co n te s to pluralistico


Un intervento educativo non mai concretato da una sola per
sona. Nelle scelte di campo e nelle scelte operative emergono diverse
possibilit. perci indispensabile discutere e pervenire a decisioni

170
rispettose di una certa pluralit di vedute, m a anche impegnative
per tutti.
Collaborazione non suppone di p er s identit di vedute, e no r
m alm ente ci sono diverse strade possibili per realizzare un tipo di
intervento. La strad a da scegliere dipender dagli elementi contin
genti e dal quadro di valori che devono essere presenti nella proget
tazione e realizzazione.
La capacit d'interagire e integrare le conoscenze individuali in
vista del raggiungimento di un obiettivo comune uno degli elementi
principali che caratterizza la professionalit in cam po educativo.
Risulta sem pre pi problem atico pensare d'intervenire in modo
isolato. In campo educativo non si pu prescindere da un lavoro di
gruppo che ha aspetti positivi e negativi, m a che certam ente oggi
d risultati migliori e pi du ratu ri [ p a r t e c i p a z i o n e ] .

4. Conclusione

Le osservazioni fatte sopra non sono sufficienti per esaurire il


discorso sulla professionalit. Ci perm ettono per di rilevare in prim o
luogo che il term ine esprim e una realt dinamica, un qualcosa che
varia, che si arricchisce con il tem po. Non perci pensabile p o ter
acquisire tu tto a 20/30 anni, ma necessario continuare a confron
tare quanto acquisito con osservazioni, rilievi che via via vengono
fatti da studiosi dei problem i che caratterizzano l'am biente educativo.
Secondariam ente la professionalit in cam po educativo sar tan to
pi valida quanto maggiorm ente cercher di conoscere a fondo l'u ten
za su cui interviene cos com' e non come l'educatore vorrebbe
che fosse.
L'educatore perci dovr servirsi di altre persone pi com petenti
di lui in quest'analisi iniziale. Si en tra quindi in una logica di colla
borazione, d'integrazione di competenze. Non necessario saper
fare tutto, m a saper com porre i diversi contributi in vista di un
intervento globale.

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172
III.

LE METODOLOGIE
14.
METODO

P ietro Gianola

1. Concetto - 2. Sviluppo storico - 3. I metodi nella pedagogia e nelleduca


zione - 4. Il metodo nel progetto educativo e pastorale.

1. Concetto

M e to d o fare cose giuste (valide) in modo giusto (efficace).


La validit di un progetto d'educazione dipende dal valore
degli obiettivi che si propone di realizzare, dal valore dei contenuti
che elabora e comunica, dalla disponibilit degli strum enti e dei mezzi
necessari per trad u rre le intenzioni in processi attu an ti [ ^ v a l o r i
E a t t e g g ia m e n t i].
La sua efficacia dipende in gran parte dalla correttezza del
metodo usato dagli operatori.
La crisi attuale dell'educazione crisi di fini, valori, obiettivi,
m a anche in gran parte crisi (forse conseguente dalla precedente)
di m e to d o d i preparazion e, di pro g etta zio n e , di interven to, di orga
nizzazion e e d esecuzione del p r o g e tto e dell'atto educativo.
Il m e to d o la via razionale da seguire in qualunque agire o fare.
Corrisponde a un'interpretazione dinam ica e organica della realt e
pertanto dell'agire e del fare attorno ad essa. Secondo q u estinterpre
tazione, i sistem i naturali o intenzionali sono retti da condizioni
determ inabili e organizzabili in quadri di fattori e in sequenze di ope
razioni ottim ali. Chi ricerca e chi applica e potenzia tali condizioni
pu garantire modi piia sicuri e pi facili, pi produttivi e anche pi
economici di pensare e progettare gli interventi nella realt, per
conoscerla, per dom inarla, per operarvi progetti.
Luomo e la sua educazione non fanno eccezione a questo modello.
Lefficacia delleducazione questione di metodo.
Il m etodo dunque il modo razionale d intervenire in una situa
zione, di conoscere i problem i, le necessit, le risorse, di organizzarvi
i fattori dinamici interferenti in modo da ottenere il m assim o di
funzionalit riguardo ai risultati voluti, di ridurre al minimo le in
corrispondenze, i rischi e la fatica. Il metodo si preoccupa di sce

175
gliere opportunam ente i fattori, di definire la loro preparazione e il
loro giusto coordinam ento operativo sincronico e diacronico.
Il m e to d o a p partien e allarte e alla tecnica. La sua scienza la
m etod olo gia. Questa ha il com pito: a) di analizzare con ordine nelle
situ azion i di parten za, di arrivo e di cam m in o , le co n d izio n i reali
e ip o tetic h e di fu n zion alit convergente e interagente dei soggetti
operatori, dei fini e degli obiettivi, dei contenuti, dei processi, dei
mezzi, degli strum enti, delle operazioni; b) di ricavarne scientifi
cam ente (impiegando la deduzione, lipotesi, l'induzione, la speri
mentazione, la comparazione, ecc.) modelli ottim ali di impiego ;
appunto i m etod i.
Quando sono in gioco gli uom ini, l'inform azione sem pre appros
sim ata, loggettivazione delle variabili lim itata da fatto ri di libert
non totalm ente determ inabili e quindi non totalm ente prevedibili
e program m abili. La definizione dei m etodi destinata a restare con
seguentem ente aperta e perfettibile.
Si pu m antenere una distinzione tra metodo e modello operativo
tecnico ( tecnica ). La tecnica pu essere meccanizzata, pu essere
eseguita dall'uomo, ma pu anche essere trasferita a un meccanismo
che la riproduca. Il metodo resta per lo piili nelle m ani dell'uomo,
che segue ed esegue le indicazioni di una razionalit che ricerca e
fissa modelli, per vi apporta incessantem ente quegli ulteriori adat
tam enti che solo possono offrire le risorse inesauribili e creative
della mente, l'intuizione so rretta dall'affettivit e dall'im m agina
zione creatrice. Per questi m.otivi ho collocato il metodo pedagogico
nel campo dell'arte, anche se alcune conquiste e tendenze m oderne
l'hanno ricondotto, in certi casi, al campo della tecnica, cio del
l'azione rigidam ente modellata.

2. Sviluppo storico

Bastino alcuni cenni. La storia della civilt e della cultura


in larga parte storia del metodo.
Ne sono antichi testim oni le istanze logiche di Aristotele, le me
ditazioni di Platone sul "logos", le ricerche dialogiche di Socrate.
Sono m etodi di pensare, di ordinare lo spirito, di guidare il dialogo
di ricerca della verit e della virt e, perci, in qualche modo, di
educare.
Quintiliano sviluppa in Roma m etodi di formazione di uom ini
completi, l dove s'erano largam ente m atu rati e diffusi i m etodi rigo
rosi di conduzione delle leggi, della guerra, deH'amministrazione,
dell'arte e della vita civile.
Non priva di m etodo la m editazione di Agostino. M aestri del
l'arte di pensare saranno gli scolastici.

176
Con Galileo e Cartesio si afferma una centralit del metodo che
non sar pi abbandonata. Razionalismo, em pirismo, idealismo, illu
minismo, positivismo, marxismo, psicanalisi, le nuove scienze della
natura, dello spirito e della societ ... sono avventure del pensiero
ideatrici di un turbinio di metodi. Dalle nuove scienze alle tecnologie
che dom inano e riem piono la vita degli uomini e delle societ d oggi,
assistiam o a una inondazione di im postazioni metodologiche. Perfino
le scienze sacre, perfino la guida pastorale degli spiriti stanno ricer
cando e seguendo metodi nuovi, sem pre migliori, non chiedendovi
la salvezza, ma chiedendovi condizioni favorevoli per renderla pii
vicina.
La pedagogia e l'educazione non potevano restare estranee. Anche
esse contengono fattori e operazioni, eseguono processi, tendono a
risultati. La pedagogia m antiene strette relazioni con il pensiero,
con le filosofie, con le teologie, con le ideologie; si incarna nei processi
delle societ e delle culture. Ma quando approfondisce la conoscenza
e m anipola le variabili dei fattori spirituali, psicologici (conoscitivi,
affettivi e volitivi), sociologici, degli am bienti e dei gruppi, diventa
in gran parte metodologia. I suoi ritrovati sono precisam ente m e t o d i
di intervento, di analisi, di proposta, di organizzazione, di program
mazione, di esecuzione razionale valida ed efficiente. Metodologi sono
stati V ittorino da Feltre, Comenio, Locke, Rousseau, Pestalozzi,
Decroly, Montessori, i Gesuiti ed i Fratelli insegnanti, Don Bosco,
ecc., anche se non sem pre da una cattedra.
Oggi la pedagogia m eto d o lo g ia e l educazione azione tecn ico
a rtistica che attua, prova, innova m eto d i. Il resto appartiene ad altre
scienze, anche se ricercano attorno alleducazione. O agire non
adeguato alla severit del compito, che procede incerto, non verifi
cabile e spesso inefficace.

3. I metodi nella pedagogia e nell'educazione

Ho gi detto qualcosa dell'im portanza e dello sviluppo storico


del problem a del metodo nel campo della pedagogia e delleducazione.
Recentem ente largom ento ha ricevuto nuova sistemazione, al li
vello sia delle riflessioni teoretiche, sia dellanalisi interpretativa
delle prassi antiche e recenti. Sono abbondanti sop rattu tto gli studi
dedicati a illustrare o a valutare criticam ente i singoli metodi. Per
m olti hanno tentato di definire panoram iche pi articolate. Sono
esem plari H. Henz, R. H ubert, E. Weber. Possiamo dire d essere
orm ai in possesso di una sistem atica dei metodi d educazione.
In un progetto educativo si pu parlare di m etodi riferendosi
a scelte: a) di m o d elli tipici pedagogici ideali o reali {m e to d i e d u

177
12
cativi), b) di p rin c p i qualificanti dei modi d agire {prin cpi di m e
tod o), c) di m o d elli orga n izzativi d e llo perare (m etodi come p ro c e
d im en ti).

3.1. M eto d i edu cativi


I m e to d i ed u ca tivi si riferiscono in genere allazione educativa
progettata nella sua totalit con caratterizzazioni che la specificano
globalmente.
Essi sono rappresentati sia dai tipi ped agogici ideali (stili di edu
cazione), sia dai tipi ped agogici reali (modi di educare).
Ogni pedagogista bene inform ato e ogni educatore geniale ed
esperto ricava dalle convinzioni teoriche e dalla propria sensibilit
ed esperienza modi specifici di organizzare e di attu are globalmente
il proprio progetto educativo. Lo orientano diversi influssi: antropo-
logici, sociali, politici, scientifici, esperienziali, situazionali, ideologici.
Generalmente la tipicit del metodo dipende dalla centralit
che nel progetto assum e qualche fattore o dalla composizione orga
nica dei diversi fattori del sistem a in una unit significante e originale.
Rinuncio a un elenco com pleto e a una descrizione am pia e cri
tica e considero i quadri proposti da H. Henz (1963, 304-331). Egli
distingue un prim o quadro di tip i ped ago gici ideali , cio di stili
d i educazione. Corrispondono alle m odalit che ogni educatore
prevede teoricam ente per la sua prassi educativa in relazione alla
situazione unica in cui opera, alla personalit unica che egli stesso
vive, alla scelta di fatto ri essenziali, appunto ideali . Questi sono
lidea di uomo (natura, destino, grazia), lorizzonte dei valori, la fina
lit dellatto educativo. Lidealit si pu esprim ere anche nella mo
dalit affettiva e dinamica, nella elezione preferenziale dei toni, dei
contenuti, dei mezzi, degli atteggiam enti.
Un secondo quadro riguarda i tip i pedagogici reali , cio i m o d i
d i educare. Sono gli stessi ideali cos come si praticano nella realt;
sono modi di educare realizzati, dotati di efficacia sperim entata
e repetibili .
Posso elencare:
a) il m e to d o prev en tiv o : accentrato attorno al nome di Don
Bosco: prevenire e non reprim ere; costante convivenza con i giovani
ed i ragazzi; piena dedizione al com pito educativo; program m a di una
vita giovanile piena, attiva, ricca di aspetti; promuove anche una ca
pacit di diaspora ;
b) i m e to d i ed u cativi terapeutici: sono invece curativi , sia
dei ragazzi orm ai difficili, sia dei ragazzi im m ersi nelle norm ali dif
ficolta della vita e dellam biente; ricordiam o i m e to d i di tr a s fo r m a
zione p r o g e tta ti per cam biare le esperienze negative in positive e
progressive, e i p r o c e d im e n ti non d ir e ttiv i (Rogers e Tausch);

178
c) il m e to d o in teg ra tivo o dem ocratico: fondato sul rapporto
paritario tra educatore ed educando; questo stim olato a diventare,
ogni giorno di piia, protagonista del progetto di educazione che lo
riguarda;
d) il m e to d o d o m in a tivo: al contrario privilegia il comando, la
disciplina, linsegnam ento, la trasm issione, l'ubbidienza, il controllo;
e) il m e to d o della pedagogia dei valori: li usa come nuovi assi
po rtan ti sia della teoria che della prassi di educazione; i valori sono
fini e obiettivi, contenuti, motivi, luoghi di esercizio form ativo, prem io;
f) il m e to d o ascetico: accentua la guida attiva di se stessi; pone
in prim o piano l'autodisciplina; l'educatore fa ogni sforzo per ren
dere il giovane libero dagli im pedim enti delle pulsioni interne e delle
pressioni dell'am biente, dallignoranza e dall'inesperienza del bene,
perch sia libero per la vita spirituale e per Dio; su questa linea
vanno il metodo di volont dei valori (Lindworsky) e il m etodo
di lotta ascetica (V. Garcia Hoz);
g) il m e to d o peda gog ico esistenziale: cura la realizzazione delle
possibilit esistenti allinterno della persona, verso la pienezza del
suo io unico ed irripetibile, em ergente nellesperienza delle situ a
zioni; valorizza le discontinuit dellesistenza e prom uove profondi
impegni in situazioni eccezionali; pedagogia della crisi, dellincon
tro, del dialogo vocazionale; ha trovato ottim e traduzioni cristiane
(Prohaska) in relazione all'apertura e allimpegno verso Cristo.

3.2. Princpi d i m e to d o

A livello di pedagogia sono opzioni metodologiche . A livello


d'educazione sono atteggiam enti operativi . Hanno la caratteristica
di qualificare fortem ente il progetto e l'agire educativo nel suo m o
m ento esecutivo, non a livello di definizione delle idee e dei conte
nuti, m a piuttosto a livello di s tra te g ia e ta ttica dell'intervento. Ri
guardano quindi i processi, i mezzi, le relazioni, le esperienze vissute,
l'organizzazione e la conduzione dell'intervento.
Princpi: hanno il potere d essere gen eratori di giochi dinamici
positivi che stim olano e potenziano l'efficacia dei fatto ri in azione.
D i m e to d o : perch riguardano le con dizio n i in cui far agire i fatto ri
per ottenere lo scopo. Le parole variano. L'istanza sentita e diffusa
presso diversi autori: princpi di m etodo (Corallo), principios
metodolgicos (Alcalde), principes de lducation (Diel), op-
tions (Babin), canoni metodologici (Ellena), criteri orienta
tivi (Tonelli).
In realt ogni pedagogia, ogni progetto d'educazione, ogni prassi
d'educazione che si rispetti ne afferma e riconosce alcuni; perm ette

179
di osservare attraverso una buona analisi a quali princpi di me
todo si ispira, al di l dei sistem i ideologici o dei modelli sociali
e culturali cui si subordina.
Dar pi tard i un mio quadro ipotetico. Faccio per alcune fon
dam entali e generali osservazioni.
1 prin c p i di m e to d o , siano p u r belli, coraggiosi, attuali, fondati
nelle scienze dell'educazione e nellesperienza di grandi nomi, por
tati dalla fama, non possono essere considerati come tecniche mec
caniche dotate di effetto sicuro. Spesso l'applicazione dei principi
pi coraggiosi da parte di incom petenti solleva pi problem i di quanti
ne risolva. Una libert mal im postata pu causare il caos. Ogni p rin
cipio di metodo molto pi un modo d essere delleducatore che un
suo modo d'agire. prim a un tra tto dinamico della sua personalit
profonda e relazionale che un semplice modo di parlare e di dirigere.
Bisogna esservi disposti per n atu ra e prepararvisi con m aturazione
culturale, morale, professionale. Perci uno stesso principio non
sem pre possibile ed efficace in m ano a tutti, in qualunque situazione
e istituzione, in qualsiasi fase del progetto educativo. Bisogna sce
gliere, adattare, adattarsi, progredire. Un principio nuovo e m oderno
non pu essere introdotto come una pezza nuova su un vestito vec
chio. O si innova tu tto ci che entra in connessione ed in intera
zione, perfino l intero modello ideale e reale educativo, o non funziona
neppure il nuovo principio valido.
Per questa ragione un principio di metodo particolarm ente valido,
appunto perch principio , tende a innovare lintero metodo glo
bale, lintero stile del progetto. Lintroduzione di un principio perso
nalizzante, critico, attivo, aperto, farebbe saltare un intero sistem a
qualunquista, esecutivo, autoritario, burocratico.
La com prensione e il significato di questi princpi, o di altri che
se ne volessero proporre nel progetto, lattitudine ad adottarli, sono
strettam ente legati al tipo di cultura entro il quale si opera, al tipo
di sistem a sociale, politico, m orale, ecclesiale dom inante, allidea che
ci si fa del fatto e dell'atto educativo. Ma in prim o luogo ci dipende
e resta legato al tipo di personalit dell'educatore.

3.3. M eto d i c o m e p ro c e d im e n ti
il terzo modo di parlare di metodo in pedagogia e di tra t
tarne in un progetto d'educazione.
Siamo ad un livello che si potrebbe chiam are anche tecnolo
gico . Infatti i procedim enti sono m o d e lli operazionali che si orga
nizzano componendo in corrispondenza e in su ccession e razionale
tecnica i diversi elementi personali, contenutistici, strum entali, pro
cessuali, tecnologici. L'organizzazione relazionale e funzionale dei
diversi fattori prosegue con la determ inazione della successione dia

180
cron ica nel te m p o : successione di elementi, di operazioni, di obiet
tivi a lungo, medio e breve term ine, inserim ento e soluzione delle
condizioni di buon processo, verifiche, proseguim enti o riprese m i
gliorative e perfino correttive ...
Sono i m etodi intesi come modi di procedere : che cosa e
come fare. Questi m etodi sono infiniti, poich infiniti sono i modi
di scegliere, di com porre, di ordinare, di fare interagire gli elementi-
fattori degli atti di educazione previsti nel progetto d educazione.
Oggi anche in questo campo siam o alla ricerca della scientificit,
o almeno della prova sperim entale o esperienziale. Li deduciamo
dalla conoscenza delle leggi del pensiero, dellapprendim ento, della
comunicazione, dellinteriorizzazione conoscitiva, affettiva, operativa,
del cambio di condotta e di atteggiamento, ecc.
Spesso i procedim enti dellorganizzazione concreta ed individuale
dellatto educativo sono lasciati o affidati allinventiva della genia
lit, dellimmaginazione creativa ed artistica. Il pedagogista-educatore
non deve lasciarsi fuorviare dalla m odellistica della metodologia di
dattica, o terapeutico-clinica, o socio-adattante e politica [ ^ o b i e t t i v i
it in e r a r io ] .
Leducazione processo atipico rispetto a questi interventi e pro
cedimenti. Se si lega eccessivamente a qualcuno di questi, snatura
il suo accadere e pertanto anche i suoi risultati. Vi trova prem esse e
alleanze preziose, necessarie, m a il suo vissuto caratterizzato a
livello di realt-relazioni-valori, di valutazione giudicante ed elettiva,
di impegno della libert morale.

4. Il metodo nel progetto educativo pastorale salesiano

Molti usano il term ine m etodo educativo di Don Bosco, o


salesiano, o preventivo, per indicare l intero s is te m a educativo, l in
tero p r o g e tto ed u cativo usato da Don Bosco e m antenuto o sviluppato
nella tradizione salesiana.
Se hanno ragion d essere le considerazioni che rapidam ente ho
presentato in antecedenza, oggi, con consapevolezza pi riflessa, po
trem m o procedere a pi chiare distinzioni.
S is te m a edu cativo di Don Bosco e salesiano potrem m o definire la
realt oggettiva eW originale c o m p o s iz io n e (avviata e sviluppata p ri
m a dal Fondatore, poi dallintera tradizione), di tu tti gli elem e n ti e
d ei fa tto ri pedagogico-pastorali, per provvedere allimpegno di edu
cazione della giovent; operatori, obiettivi, valori, contenuti, mezzi,
m etodi, am bienti, procedim enti, istituzioni, strum enti ...
P r o g e tto edu ca tivo potrem m o definire la p roiezio n e p r o g r a m m a
tica degli o b ie ttiv i da raggiungere, delle cose da fare, dei m odi, dei
tem pi, delle aree, dei prin cpi di m e to d o , delle verifiche da operare

181
in relazione sia allopera salesiana in genere, sia ad interventi e situa
zioni locali e particolari.
M e to d o ed u ca tivo di Don Bosco e salesiano potrem m o definire
linsiem e delle caratterizzazioni m o ra li e p roce d u rali originali e con
divise dal sistem a educativo salesiano ed incluse come ispirazione
e impegno nel progetto educativo salesiano, sulla base delle scelte
ideologiche di fondo (stile pedagogico ideale), sulla base dellespe-
rienza e della riflessione sulle condizioni globali di migliore efficienza
(stile pedagogico reale), sulla base di alcune opzioni metodologiche
ritenute pi valide ed efficaci (princpi di metodo).
Un sistem a elabora e attu a un progetto nel quale al posto
giusto si enuncia e opera un m etodo , cio vengono espressi scelte
e impegni riferiti a un proprio stile peda gog ico ideale e reale, a p r o p r i
p rin c p i d i m etod o.
In altro luogo si sviluppano le caratteristiche del sistem a pre
ventivo [ ^ S IS T E M A p r e v e n t i v o ] . Il mio com pito resta facilitato.
Devo per rispondere alla domanda: c o m e si elabora e si definisce
il m e to d o nel progetto educativo salesiano?

4.1. A livello di m e to d o ed u ca tivo globale


Come si pu giungere a form ulare lo stile di educazione (il tipo
pedagogico ideale) e il m o d o di edu cazion e (il tipo pedagogico reale)
del progetto educativo salesiano?
Sono la form a e la configurazione che generalmente, in ogni luogo
e condizione e opera, dovrebbero e vorrebbero distinguere il progetto-
metodo salesiano di educazione, sia nella sede centrale di definizione,
sia presso ogni unit locale m inore che ne voglia rielaborare un pro
prio modello.
Il m e to d o ideale teorica m en te c o stru ito lo elabora in ogni caso
la com unit dei responsabili. Come?
a) La prim a fonte la scelta di un q u a dro di d o m a n d e e risposte.
Quali sono i presupposti ideali, teoretici, antropologici, teologici, mo
rali, scientifici? Qual il concetto delluomo che per noi definisce i
valori? Quali indicazioni o leggi psicologiche e sociologiche m ettiam o
alla base dei fenomeni pedagogico-educativi del divenire, del rap
porto, dellapprendim ento e della formazione? Quali atteggiam enti
relazionali ed educativi giudichiam o pi validi e pi efficienti? Quali
sono le scelte preferenziali dellet, del sesso, della tipologia m entale
e caratteriale? Quale stile individuale vogliamo rafforzare negli educa
tori? Quali stili ideali proposti dalla storia della pedagogia sentiam o
pi assimilabili? un modo libero e liberante, positivo e prom ozio
nale, in equilibrio tra realismo ed idealismo? Quale spazio assegniamo
alle capacit individuali, alla bont, al rispetto, alla verit? Siamo
aperti ad orizzonti sociali, liberali, universali...?

182
b) Unaltra fonte di derivazione del m etodo, certam ente pii
originale, prevalente e forte in Don Bosco e nei migliori rappresen
tan ti della tradizione salesiana, fornita dai giovani d e s tin a ta ri del
nostro impegno. La scelta dei giovani in difficolt di crescita e di
educazione, poveri e abbandonati, ha im posto il metodo di dedizione
totale o almeno p ro fo n d a ... lamorevolezza, lo studio e il lavoro,
lassistenza e anche le form e della religione.
c) U n'altra fonte si pu indicare in Don Bosco per u n aggiunta
e com pletam ento: lo stile d i p erso n a lit tipica di Don B osco e dei
suoi seguaci fedeli. La loro personalit um ana, sacerdotale, laicale,
responsabile, intraprendente, concreta e com pleta nellintervento e
nella soluzione del bisogno, com prensiva e attraente, a proprio modo
incessantem ente giovanile ... servita a definire il m etodo del p ro
getto educativo salesiano.
Dunque il metodo salesiano legato strettam ente alle scelte sale
siane. I nostri progetti educativi m ancheranno sempre di preciso e
originale metodo finch non p artiranno da una p r e m e s s a di p recisa
e d originale scelta di c a m p o e dalle indicazioni p ro v e n ie n ti dal viv o
della con dizione giovanile assunta in concreto.
Restando fedeli alla m ente e al cuore di Don Bosco, con com
prensione e con com petenza scientifica, colta, attuale, creatrice, p u r
dentro un largo arco di sensibilit diverse, la tradizione salesiana
pu aggiornare nei suoi progetti i suoi fondam entali stili di m etodo:
am orevolezza, ragione, religione che diventano assistenza, con vivenza
esem plare, dialogo, correzione, stim o lo , m essa gg io di cultura, fede,
socialit, lavoro.
Quanto agli s tili p edagogici reali, pratici, il campo giovanile p re
scelto suggerisce e quasi impone al progetto modelli corrispondenti.
Il difficile intervento con i giovani gi vittim e dello sbandam ento
stim ola a privilegiare nel progetto il m e to d o p re v e n tiv o l dove an
cora possibile, proprio negli am bienti dove il pericolo sem bra m ag
giore. Lamore, laiuto, la verit, dovrebbero p ortare il bene p r im a del
male, pi fo rte del male. La condivisione della povert dei mezzi,
m a anche delle aspirazioni, degli interessi e dei progetti, privilegia
la creazione di un am biente familiare.
La gravit delle situazioni gi com prom esse, le ferite gi segnate,
le resistenze e i blocchi gi sviluppati, richiedono sovente l'inclusione
nel progetto di un m e to d o tera p eu tico per una liberazione profonda,
per una riorganizzazione correttiva della personalit e della vita,
non facendo violenza, non solo ricattando o suggestionando, ma
risvegliando e impegnando con am ore il non vissuto dell'io migliore,
soggiacente forse solfocato e latente. La ribellione dei giovani ad ogni
dominazione, fosse anche a fin di bene, sconsiglia tu tti i m etodi di

183
controllo e direzione unilaterale. Il loro crescente senso del perso
nale , difeso fino alla ipersensibilit, il loro senso della vitalit inte
riore crescente, della libert creatrice, l'esperienza di una libert
m agari gi abusata, l'intuizione di una dignit gi afferm ata o altrove
offesa ..., sono fatto ri che impongono nel progetto un m e to d o d e m o
cratico fatto di rispetto, di uguaglianza, di dialogo paritario, di largo
spazio alla corresponsabilit, alla scelta personale, alliniziativa, al
lautogestione personale, di gruppo e com unitaria: m e to d o della p a r
tecipazione.
I giovani sono tesi tra la dinam ica im pulsiva della nascente e
crescente vitalit interiore e la dinam ica attraente dei valori e degli
ideali che si prospettano capaci di prom ettere e dare qualit e felicit.
II progetto salesiano sceglier il m e to d o dei valori: dei valori
oggettivi, che fondano e m otivano finalit e obiettivi, doveri ed im
pegni; dei valori soggettivi, direttam ente legati ai bisogni, agli inte
ressi e agli stim oli della personalit giovanile generale e locale; dei
valori person ali che devono segnare il m om ento deUinteriorizzazione
del progetto educativo condiviso ed attu ato m ediante l'uso im pegna
tivo dei mezzi.
La coltivazione dei valori difficili , la volont di liberazione da
ci che falso, indegno, stolto, im m aturo in s e nelle proposte degli
am bienti, il coraggio della m inoranza eccellente e perfino della soli
tudine, non orgogliosa, ma coerente a s stessi, svilupperanno un
m e t o d o ascetico, non im posto daUesterno, ma am ato e voluto, se
sar pi attento sia alle conquiste positive che ai superam enti nega
tivi, am bivalenti o mediocri.
Un m e to d o esistenziale inevitabile in un progetto che vuole
accom pagnare la formazione evolutiva di soggetti che vivono inten
sam ente la quotidianit. Si attegger meno a proposte di quadri di
perfezioni ideali e assum er pi spesso le vie dellaccompagnam ento
fraterno di un'esistenza nascente e crescente ricca, complessa, ricer
catrice, m a anche interrogativa e in cerca d aiuto per la com pren
sione, per il giudizio, per la valutazione, per la giusta reazione. Gli
avvenimenti quotidiani soliti, meno soliti, eccezionali, si trasform e
ranno in esperienze educative valide ed efficaci. Il progetto u ti
lizzer la ricchezza dei contenuti um ani e cristiani che fanno vivere
(bene e male, verit ed errore, felicit e dolore, esaltazione e vergogna,
santit e peccato ...); curer la profonda partecipazione soggettiva
in un vissuto totale (corporeo e mentale, affettivo e razionale, intim o
e relazionale, di natu ra e di grazia, individuale e collettivo ...); im
pegner la mediazione dcH'educatore presente e partecipante che
illumina, dialoga, stim ola, rassoda ...

184
4.2. P rincpi d i m e to d o nel p r o g e t t o ed u cativo p a sto ra le salesiano
Un progetto educativo originale deve enunciare alcune scelte d i
m e to d o p r o s s im e all'attuazione, cio operabili, veri prin c p i gen eratori
delle caratteristiche m odalit dell'intervento, dellintero processo di
educazione, della condotta degli educatori. Sono i suoi princpi
di m etodo .
Sono co n vin cim en ti scientifico-esperienzale-sapienziali; sviluppano
a tte g g ia m e n ti fondam entali e derivati e conseguenti; m odulano c o m
p o r ta m e n ti sia nellazione dativa degli educatori, sia nella reazione
che vi corrisponde nei giovani. Elaborando un progetto educativo
salesiano , gli estensori dovrebbero considerare rilevanti alcuni
princpi nei quali si sono espressi o si possono esprim ere le convin
zioni, gli atteggiam enti, i com portam enti attorno allatto educativo
che hanno reso validi, caratteristici e meritevoli di continuit il pen
siero e la prassi di Don Bosco.
Unendo tradizione salesiana e pedagogia m oderna si pu esam i
nare e applicare, adattandolo al proprio am biente e caso, il quadro
ipotetico di princpi di metodo che propongo:
a) principio di individualizzazione-personalizzazione: afferma il
protagonism o educativo del soggetto;
b) principio di socializzazione: esalta il valore educativo del so
ciale : gruppi com unit; dinamiche e tecniche e lavori di form a
zione com unicativa, collettiva (fondam ento della com unit educa
tiva [ ^ COMUNIT e d u c a t i v a ] ;
c) prin c ip io d i valorizzazione: im pegna a prem ettere a ogni
proposta-richiesta-direttiva d educazione su qualunque argom ento sia
u n illustrazione del valore oggettivo dei suoi contenuti m ediante
la presa di coscienza della sua consistenza interna, sia una dim ostra
zione del valore soggettivo della sua attuazione m ediante il col-
legamento con le dinamiche della vita em ergente come bisogno, desi
derio e autorealizzazione prolungata nella relazione e nella trascen
denza;
d ) principio di dem ocrazia: p o rta a privilegiare ed a m aturare
m odi di parit, di facile e aperto rapporto, di partecipazione, di valo
rizzazione delle capacit, evitando ogni autoritarism o, discriminazione,
dirigismo violento o persuasivo;
e) principio di p o s itiv it : linterpretazione educativa della fidu
cia nella bont della n atu ra profonda dei giovani, anche al di sotto
della evidente im m aturit e perfino delle pi o meno grandi devianze;
lattenzione a porre sempre ogni questione del progetto in term ini
positivi di bene, di verit, di bont, di giustizia, di crescita e sviluppo,

185
di felicit anche quando vengono inclusi aspetti di correzione, di
ascesi, di lotta interna o esterna contro deviazioni e pigrizie;
/) principio delVesperienza: afferma che ogni obiettivo, ogni va
lore, ogni atteggiam ento educativo (come la libert, la responsabilit,
la fede-speranza-carit, la socialit ...) si conquista solo esercitandolo,
naturalm ente con opportuna guida;
g) principio di totalit: attento a considerare e im pegnare, glo
balm ente e nella m isura in cui ogni volta necessario, la totalit
degli aspetti che compongono la personalit (corporeit, funzioni psi
chiche e spirituali, intelligenza, affettivit, volont ...), la totalit delle
condizioni am bientali interferenti, la totalit dei fatto ri che devono
cooperare, la totalit delle dim ensioni (intime, sociali, trascendenti,
so p ra n n a tu ra li...);
h) principio della tensione critica e del conflitto o ttim a le: instaura
nell'atto educativo sempre una crisi : in senso p o s itiv o la riaper
tu ra delle organizzazioni precedenti per progredire verso traguardi
sem pre piti avanzati; in senso negativo l'eliminazione progressiva del
male, dell'errore, del limite (il principio com porta lattenzione a con
durre linevitabile conflitto in m isura che non sia troppo forte fino
a scoraggiare, ma neppure troppo debole fino a risultare inerte);
i) principio della fluidit ipotetica e della flessibilit di ogni modo
d agire in educazione: esprim e la consapevolezza della com plessit di
ogni situazione; esige la libert e la capacit di iniziare sem pre con
m odi m otivati, pronti per a vedere e capire le reazioni di corrispon
denza o di non corrispondenza, pronti a ricorrere ad altre risorse, a
rivedere le richieste, ad ad attare e riad attare gli interventi, dotati di
atteggiam ento sem pre vigilante, problem atico e critico.
Una via pi semplice, m a prom ettente, consisterebbe nellesplo-
rare i detti, gli scritti, i fatti di Don Bosco e della migliore tradizione
salesiana, cogliendovi e raccogliendone altrettan ti princpi di me
todo . Per esempio; farsi am are per farsi tem ere am are i
giovani in quelle cose che essi amano, perch im parino a vedere
lam ore in quelle cose che noi proponiam o loro e che naturalm ente
piacciono poco non basta am are, bisogna che i giovani sap
piano di essere am ati leducatore sia pronto ad affrontare per
i suoi giovani ogni disturbo, ogni fatica m ettere i ragazzi nella
m orale im possibilit di com m ettere il male parlare con il lin
guaggio del cuore dammi la chiave del tuo cuore consi
dera tali cose opere dei giovani ci trovavamo, pi che in ospi
zio o collegio, come in una famiglia, sotto la direzione di un padre
am orosissim o il buon andam ento della casa era fondato sul
principio della presenza di Dio e della coscienza m ettere i

186
giovani sulla via buona prim a di provare la cattiva insistere
pi sulla bellezza della virt che sulla bruttezza del vizio ren
dere am ico lallievo lasciati guidare sem pre dalla ragione, m ai
dalla passione ...
L'elenco potrebbe continuare a lungo, potrebbe arricchirsi di p rin
cpi pi recenti. Altrove se ne parla [ ^ s i s t e m a p r e v e n t i v o ] . Quando
il progetto si fa vicino alloperativo deve enunciare, per gli educatori
e per i giovani, per ogni collaboratore, i princpi ai quali intende
ispirare il clima, le relazioni, il lavoro. la base per la condizione
ideale: volere insieme le stesse cose negli stessi modi.

BIBLIOGRAFIA

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187
15^____________
ITINERARIO
M ichele Pellerey

1. Il concetto - 2. Problematizzazione del concetto - 3. Elementi fondamentali


di un itinerario.

1. Il concetto

Il term ine itinerario stato assai usato sia nei tra tta ti di vita
spirituale (ad es.: S. B o n a v e n t u r a , Itin e ra riu m m e n tis in D e u m ) sia
nella organizzazione delle attivit pastorali e liturgiche. Esem pi di
itinerari sono le iniziazioni sacram entali, proprie del periodo qua
resim ale, che fin dai prim i secoli della Chiesa sono state definite nei
loro m om enti e nella loro successione tem porale. Si usa anche spesso
lespressione cam mino di fede per indicare il passaggio progres
sivo da uno stato di poca o nulla fede a uno nel quale la fede anima
e d significato alla vita e allesperienza um ana. Nella p ratica edu
cativa e scolastica spesso si collegato il concetto di itinerario con
quello di metodo [ -^ m e t o d o ] , m a ancor piili con quello di sequenza
pedagogica e /o didattica, cio successione ordinata di attivit educa
tive o di lezioni scolastiche.
In senso generico, quindi, il concetto di itinerario si riferisce al
percorso attraverso il quale si pu, o si deve, passare per giungere
a una m eta prefissata. In senso specifico per itinerario si deve inten
dere una successione ordinata di tappe o m om enti educativi (tappe
che sono stru ttu rate nei loro obiettivi particolari, nei loro contenuti
e m etodi, nei loro modi e tem pi di realizzazione e nei loro mezzi e
protagonisti), che almeno in via di ipotesi in grado di condurre
al conseguim ento degli obiettivi pastorali, educativi o didattici pre
stabiliti dalla com unit responsabile. Si nota quindi subito come il
concetto di itinerario sia direttam ente collegato con quello di obiet
tivo, anzi ne form a il necessario complemento. Ci deriva anche dal
carattere proprio dell'educazione e dellazione pastorale realizzata
nelle istituzioni ecclesiali e salesiane: e cio lintenzionalit e la si
stem aticit. V in te n z io n a lit indica la necessaria definizione ed enun
ciazione esplicita delle finalit generali e degli obiettivi specifici che
si vogliono conseguire attraverso le iniziative pastorali, educative o

188
didattiche considerate [ - ^ o b i e t t i v i ] ; la s iste m a tic it si riferisce alla
conseguente organizzazione di un progetto di intervento, stru ttu rato
in tu tte le sue com ponenti, alla sua realizzazione concreta e alla valu
tazione continua sia dei risultati, sia dei modi attraverso i quali essi
sono stati conseguiti. Un itinerario ben stru ttu rato tende a garantire
la sistem aticit dellazione pastorale, educativa e didattica.
D irettam ente collegati al concetto di itinerario sono i concetti
di prassi e di program m azione.'
Per prassi, in senso generale, si pu intendere una via sistem atica
di trasform azione o di codificazione dellesistente elaborata a p artire
da un ben definito progetto in stretto rap p o rto con la concretezza dei
problem i e dei bisogni reali. Quanto alla p ro g r a m m a z io n e essa si
riferisce per lo pi aHorganizzazione concreta e a medio term ine
delle condizioni e dei tem pi necessari alla realizzazione del progetto.
, in una parola, la distribuzione nel tempo degli interventi e delle
responsabilit e la predisposizione delle risorse m ateriali e perso
nali richieste.

2. Problematizzazione del concetto

La definizione e l'organizzazione di un itinerario educativo (m a


la stessa cosa vale p er un itinerario pastorale o didattico) debbono
necessariam ente passare attraverso la chiarificazione della m eta e la
consapevolezza docum entata della situazione o delle condizioni di
partenza dei soggetti interessati al progetto. Ci si pu rendere evi
dente m ediante il seguente schema:
Situazione Mete o obiettivi
o condizione Itinerario da raggiungere
di partenza

Questo schema perm ette di evidenziare alcune ten den ze nella de


term inazione del progetto educativo e della conseguente program -

In campo scolastico accanto al concetto di itinerario si pu porre quello


di curricolo. Con questo termine molti definiscono una proposta di educazione
scolastica resa comunicabile e pubblica mediante la esplicitazione dei suoi
elementi fondamentali: obiettivi, contenuti, metodi, strumenti e materiali, modi
e forme di valutazione, ecc. Tuttavia stato fatto anche rilevare che il concetto
di curricolo non necessariamente connesso con quello di sequenza di passi
diretti verso una mta; infatti si pu pensare come riferito a un sistema
dinamico di rapporti tra i suoi elementi.
Nelluso, a questo significato si aggiunge quello di itinerario di studi e /o
di esperienze di lavoro, che sta alla base della competenza personale posseduta
(curriculum vitae), o che si deve seguire per ottenere un particolare titolo o
attestato di competenza.

189
inazione delle attivit. La prim a tendenza enfatizza le mete, viste
sop rattu tto nel loro aspetto valoriale e ideale, cio il dover essere .
Questa tendenza privilegia, quindi, laspetto utopico di un progetto,
ma proprio per questo pu perdere di vista la situazione reale e i
tempi, i ritm i e i modi propri di una crescita personale e com uni
taria, e quindi rim anere un quadro ideale privo di una autentica
prassi e di una strada concreta di realizzazione.
La seconda tendenza esaspera invece le condizioni di partenza,
talora molto difficili e precarie, sia p er quanto concerne i soggetti
educandi sia per quanto riguarda le risorse educative e gli educatori
stessi. Essa potrebbe essere definita realistica, se talora non perdesse
proprio questo carattere per lim prigionam ento nel presente e la
ripetizione stanca delle cose di sempre. La terza tendenza cerca invece
continue mediazioni tra condizioni iniziali, difficolt sempre presenti
e quadro di riferim ento valoriale o finalit da raggiungere.
Esiste per anche chi pone il suo interesse solo sul trag itto o
meglio sulle attivit che vengono promosse, evitando di pronunciarsi
sulle reali condizioni di partenza o sugli obiettivi finali, in quanto,
dice, ci impossibile o imprevedibile, stante la variet e la singo
larit di ciascuna persona. Lim portante prom uovere attivit ed
esperienze in s cariche di valore, ciascuno poi ne approfitter a
seconda del suo stato d animo e della sua disponibilit: questo il
cuore del processo educativo; n una descrizione chiara della situa
zione iniziale, n la definizione precisa delle mete sono in grado,
infatti, di operare nellanimo e nel com portam ento dei giovani pro
fondi e duratu ri cam biam enti.
opportuno anche ricordare le angolature possibili dellatteggia
m ento di fede e dello sta to d ella sp eran za degli educatori. La ten
denza utopica pu far peccare di presunzione, quasi che basti enun
ciare ideali e valori elevati per avere sicurezze, oppure seguire un
itinerario prestabilito e trasm esso dalla tradizione per assicurare il
raggiungim ento delle mete. Un atteggiam ento di disperazione, invece,
pu derivare dal ritrovarsi im pigliati nelle difficolt e nelle comples
sit del presente, tanto da non essere in grado di sollevare il capo
verso un traguardo elevato o di prom uovere cam mini nuovi e pila
rispondenti ai bisogni presenti.
L'atteggiam ento pi consono allimpegno educativo delle com u
nit e dei singoli per quello anim ato dalla speranza cristiana,
che d forza e costanza nel cercare vie nuove e nuovi mezzi per risol
vere problem i antichi, ma resi diversi dalle m utate circostanze sto
riche, e che sostiene nella tensione costante tra ideale e reale, tra
dover essere ed essere, tra oscurit del presente e anticipazioni del
futuro. La speranza la sorgente profonda della fiducia necessaria
a predisporre un cammino educativo, a percorrerlo con fedelt so

190
stanziale e adattare continuam ente il passo e lo stile alle reazioni
dei giovani.
Esistono diversi m o d elli sulla base dei quali possono essere ela
borati gli itinerari educativi; ai poli estrem i stanno il modello tecno
logico e quello socioculturale.
Il m o d e llo tecnologico prende spunto dal concetto m oderno di
tecnologia, che pone al suo cardine il principio di progettazione,
m entre nel passato ci si serviva di pi di un approccio basato sul
laccumulo di esperienza e sulla riflessione relativa alla prassi. Il
principio di progetto p arte dalla definizione circostanziata e precisa
degli obiettivi generali del progetto per poi articolare questultim o
in sottoobiettivi coordinati e interrelati. A p artire da questo riferi
m ento viene elaborato un piano definito nei suoi processi, strum enti,
m ateriali, persone e tempi. Segue la realizzazione del piano regolato
da un continuo controllo dei risultati e dei procedim enti che ad essi
hanno condotto. Il piano spesso espresso in modi astratti e sim
bolici, talora di tipo m atem atico. Per evitare spese inutili e dissipa
zione di risorse e di tempo, esso viene specificato nei singoli dettagli
e stru ttu rato in tutte le singole p arti in modo da definire un percorso
ottim ale. Il tempo dedicato alla preparazione del progetto talora
pi elevato di quello dedicato alla sua realizzazione, anche come costi.
Il m o d ello sociocu ltu rale parte invece dal concetto di interazione.
Questa relazione e influenza reciproca tra le persone la base di ogni
iniziativa. Il cuore di ogni intervento infatti lo sviluppo di un qua
dro di simboli e di significati, quadro che pu em ergere solo se si
verificano autentiche transazioni tra le persone e sulla base di una va
lida comunicazione interpersonale [ - ^ r a p p o r t o e d u c a t i v o ] . Non sono
le m ete prestabilite ad avere il sopravvento, m a la carica di valori
e di significati potenzialm ente presente nellam biente e nelle p er
sone. Non possibile prevedere in anticipo il risultato di questo in ter
scambio, in quanto tu tti i protagonisti hanno qualcosa da dire e
da dare.
Una form a pi atten ta agli apporti culturali introduce il concetto
di m edia zio n e culturale, mediazione prom ossa da educatori e ope
rato ri sociali, che cercano di stim olare un incontro fecondo tra quanto
deriva dalla cultura di appartenenza, intesa in senso antropologico,
quanto attiene alle teorie e alle metodologie scientifiche e quanto
deriva dallam biente fisico e sociale.
Un itinerario assume caratteri e rilievo del tu tto opposti nelle due
concezioni. Tuttavia possibile una loro integrazione. In fatti la base
com unicativa interpersonale e la disponibilit a riconsiderare da capo
i progetti educativi elaborati, a causa delle situazioni contingenti sono
elem enti insopprim ibili in qualsiasi realizzazione di intervento edu
cativo. Inoltre sono i valori e i contenuti delleducazione che debbono
avere il sopravvento sulle procedure e i possibili form alism i proget

191
tuali. Ma altrettan to pericoloso non avere a disposizione una chiara
ipotesi educativa e non seguire un piano di intervento ben stru ttu rato
e organizzato; ci sop rattu tto vero nella scuola e nelle altre istitu
zioni educative. La mancanza di una prassi accuratam ente sviluppata
assai spesso la causa prim a di delusioni e rinunce, dopo grandi
enunciazioni e aspirazioni educative.

3. Elementi fondamentali di un itinerario

Come gi accennato, per itinerario si intende una successione ordi


nata di tappe o m om enti educativi, successione che, almeno in via
di ipotesi, in grado di condurre al conseguim ento degli obiettivi
predisposti dalla com unit educativa. Vediamo ora quali sono gli
elementi fondam entali da tenere presente nella elaborazione di un
itinerario: considererem o anche alcuni modelli di organizzazione e
prenderem o in considerazione qualche aspetto relativo al processo
decisionale e regolativo degli itinerari educativi.
Tenuto conto degli obiettivi previsti, della situazione o condizione
attuale e perm.anente dei giovani, delle risorse disponibili, una delle
prim e variabili da prendere in considerazione il te m p o necessario.
E questo un vincolo reale che non possiamo n trascurare n sotto
valutare, pena il fallim ento di tan ti p ro g e tti... red atti troppo ed esclu
sivam ente sulla carta. I ritm i di apprendim ento e di interiorizzazione
delle conoscenze, degli atteggiam enti e dei valori sono generalm ente
assai pi lenti di quanto spesso pensiam o, so p rattu tto se vogliamo
che essi siano conquiste stabili e influenti nelle scelte e nellazione
quotidiana.
In secondo luogo il te m p o d isp o n ib ile utilizzato in m aniera intel
ligente per farlo coincidere il pi da vicino possibile con quello ne
cessario. Questo sta a indicare da una p arte che il te m p o psicologico,
quello vissuto nelle esperienze educative dai giovani, non omogeneo
e lineare come quello fsico, cio non si svolge con uniform it e con
tinuit. Se c continuit, esiste anche discontinuit notevole sia nei
tem pi lunghi (di uno o pi anni), sia in quelli medi (di uno o pi
mesi), sia in quelli brevi (di una lezione, di un incontro, di una atti
vit educativa o di un giorno). Lattenzione e la sensibilit a problem i
e conoscenze dipendono certam ente dallo stato di preparazione e di
sviluppo dei giovani, m a anche dallo stato di motivazione del mo
mento. Nellarco di una esperienza educativa si ha una oscillazione
tra attenzione, impegno, distensione e riposo e tra esplorazione,
riflessione, dialogo e sintesi personale, con un andam ento che si pu
definire ciclico, nel quale a m om enti intensi e di piena partecipazione
seguono m om enti di rilassam ento e di distensione.
Daltra parte anche sul medio e sul lungo term ine necessario

192
dare tem pi e spazi per il consolidam ento, la presa di consapevolezza
riflessa, l esercizio in condizioni non di ripetizione artificiosa, di vero
e proprio bilancio sia personale sia collettivo dei traguardi conqui
stati o delle difficolt incontrate. La segmentazione del tempo fatta
in m aniera psicologicam ente e socialm ente valida e produttiva il
prim o impegno nella costruzione di u n itinerario. Ne derivano cicli,
tappe e m om enti educativi che coordinati e integrati tra di loro for
m ano lo scheletro di un progetto educativo concreto.
Le tappe. Sia che si tra tti di cicli f o r m a tiv i (che qui intenderem o
d ora in poi come riferiti al lungo periodo), sia di p e r io d i pi brevi
(che possono essere denom inati a seconda dei casi moduli, unit ...),
sia di singole a ttiv it ed esperienze educative, questi archi di iniziativa
educativa devono essere stru ttu ra ti tenendo conto di alcuni riferi
m enti specifici qui rappresentati nei due schemi seguenti.

Persone
Obiettivi (educatori)

Tempi Risorse
e numeri materiali
(educandi)

Valutazioni Costi

Nel prim o vengono considerati aspetti pi di spinta e propul


sione all'azione, nel secondo di vincolo e di condizionam ento della
azione. Nel prim o schema entrano gli obiettivi particolari di quel
ciclo, periodo o attivit educativa, i contenuti educativi che si vogliono
far conquistare, il m etodo o i m etodi che si intendono m ettere in
atto, il processo di valutazione continua e finale che verr adottato.
Nel secondo le risorse m ateriali disponibili (intese come spazi, m ate
riali, strum enti ecc.), le risorse in term ini di persone e di relazioni
interpersonali sulle quali si pu contare, i tem pi a disposizione e il
num ero dei soggetti im plicati, i costi che ne derivano p er lorganiz
zazione e le fonti di reperim ento del denaro necessario.
L analisi e la s tru ttu ra zio n e delle singole ta p p e pu raggiungere
livelli pi o meno dettagliati e precisi a seconda del cam po e della
attivit educativa considerata. Evidentem ente per lam bito scolastico
le cose dovranno essere pi articolate, m entre per quello relativo ai
centri giovanili o alle parrocchie si p o tr rim anere pi nel generico,
ma fino a un certo punto, perch la distribuzione degli impegni e
delle responsabilit sia tra gli educatori, sia tra i collaboratori, sia
tra i giovani e le persone interessate, deve avvenire con sufficiente

193
13
m ente chiara determinazione, in vista di traguardi comuni, in modo
tale da far convergere sullessenziale ed evitare sovrapposizioni, in
certezze o lacune. Inoltre sia nel lungo, che nel medio, che nel breve
term ine, vanno attentam ente considerati e specificati i riferim enti
sopra ricordati. (Una loro pi dettagliata analisi viene fatta in altre
voci: ^ OBIETTIVI ^ ORIENTAMENTO ^ VALUTAZIONE).
L'organizzazione sequenziale delle tappe: La necessit di orga
nizzare una successione ordinata di tappe deriva in sostanza da una
parte dal fatto che il conseguim ento di atteggiam enti, di capacit o
di conoscenze non pu realizzarsi tu tto in una volta, m a esige una
m olteplicit di esperienze e di attivit educative, dallaltra dal fatto
che queste ultim e si debbono distribuire nel tempo, riferim ento lineare
e a senso unico. Inoltre occorre tenere presente che il raggiungim ento
di determ inati obiettivi parziali condiziona o facilita il raggiungi
m ento di altri obiettivi, e che lattivit svolta in un settore e le rela
zioni interpersonali ivi esperim entate influenzano anche gli altri set
tori educativi e didattici, sia in senso negativo sia in senso positivo.
Ci ricordato, consideriam o ora tre fondam entali modelli o sche
mi di organizzazione sequenziale delle attivit e delle esperienze edu
cative; il modello lineare, quello m odulare ramificato, quello ri
corsivo.
Il m o d e llo lineare privilegia la continuit nellazione educativa.
Pur considerando archi o cicli educativi che si svolgono con u n a pre
cisa dinamica psicologica, il complesso del progetto lo si articola
secondo m om enti o tappe direttam ente ordinate nella loro succes
sione: una dopo laltra, senza attivit collaterali o parallele. Prim a
di procedere alla tappa successiva, deve essere com pletata e control
lata nella sua efficacia la precedente. Lo schema questo:

1 -^1 " 3 4 5

chiaro che in questo caso non ci sono deviazioni, n percorsi pa


ralleli. Tutti i giovani im pegnati nel progetto cam m inano secondo
un ritm o medio-uguale, anche se si possono avere differenziazioni
allinterno delle singole tappe.
Il m o d ello m od u la re ram ificato considera sia la necessit di arti
colare le attivit e le esperienze per gruppi pi omogenei, sia la
opportunit di procedere talvolta su percorsi paralleli, anche se con
vergenti. Si tra tta di organizzare m oduli educativi o didattici (cio
cicli medio-brevi ben definiti negli obiettivi e negli altri riferim enti
sopra ricordati) che possono essere collegati tra di loro in vario
modo, ad esempio sviluppandone alcuni parallelam ente e quindi rea
lizzandone uno di integrazione di quanto gi appreso; oppure distri

194
buendo i giovani in gruppi diversificati che percorrono m oduli ana
loghi, m a pi consoni al proprio ritm o, livello e stile di apprendi
mento. Gli schemi possono essere sostanzialm ente due.

Il m o d e llo ricorsivo, definito anche a spirale, organizza i vari


contenuti educativi in modo che vengano ripercorsi in tem pi succes
sivi, m a approfondendo e allargando la tem atica svolta. Cio si ha
un rifare il cammino, m a con maggiore intensit ed estensione. Ana
logo, bench psicologicamente un p o diverso, il cosiddetto m o d e llo
a m acch ia d'olio o espansivo. In esso si danno in sostanza due tipi
fondam entali di attivit. Il prim o ha carattere inform ale ed esperen-
ziale e m ira a far accum ulare stimoli, a problem atizzare il patrim onio
conoscitivo e com portam entale gi posseduto, a intro d u rre in nuovi
m ondi e in nuove prospettive, a fornire contatti diretti e indiretti.
Il secondo favorisce invece la presa di coscienza riflessa e puntuale
dei concetti, dei princpi, dei valori, delle abilit, ecc., in qualche m a
niera gi sollecitati e preparati. Il prim o m om ento pi esplorativo
e problem atizzante, il secondo pi critico e sistem atico.
Lespressione a m acch ia d olio deriva dal fatto che, m entre si
consolida sul piano della riflessione e della sistemazione la base espe-
renziale precedente, vengono contem poraneam ente proposte nuove
attivit di esplorazione e di iniziazione, sulla cui base in seguito
verr com piuta analoga strutturazione.
Il p ro c e s so decisionale: La com unit educativa che elabora un
progetto non pu rim anere soltanto al livello dei princpi delle fina
lit generali, n pu lim itarsi a enunciare una serie di obiettivi edu
cativi, anche se questo gi di grande aiuto. Occorre scendere sul
piano della prassi, che conduce progressivam ente alla loro conquista.
Ci impegna ed esige competenze precise e il rispetto di alcune m o
dalit procedurali.
In prim o luogo si deve ricordare che non si d decisione se non
ci sono alternative. Cio non ha senso giungere a una comune scelta
se non vengono con cura studiati i vari elementi di un itinerario
(tem pi, am biente, tappe, loro organizzazione sequenziale) e i riferi

195
m enti a cui rap p o rtarsi (obiettivi parziali, contenuti, metodi, valuta
zione; persone, tempi e num eri, costi), in vista del raggiungimento
degli obiettivi e a p artire e tenendo conto delle condizioni iniziali e
perm anenti dei giovani.
Una pedagogia delle risposte e della proposta una pedagogia
flessibile, che sa ad attarsi alle situazioni e alle persone, nel rispetto
dei valori e delle finalit fondam entali e dello stile di un rapporto
educativo valido e stim olante. Questo com porta da parte degli edu
catori la capacit di ipotizzare cam m ini e tappe diversificati a seconda
dei bisogni e delle condizioni personali, culturali e sociali.
La scelta dellitinerario sar quindi oggetto di transazioni e ad at
tam enti. Enunciato prim a in via di ipotesi, oggetto quindi di verifica
ed eventualm ente di modificazione, esso rim ane vincolante finch tale
modificazione non sia stata decisa insieme. Occorre infatti che, nel
mom ento della verifica concreta della bont del progetto, si possano
considerare con chiarezza tu tte le com ponenti dellitinerario e tu tti
i ruoli in esso svolti dagli educatori.

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196
1 6 , ______________

LESPERIENZA, MEZZO EDUCATIVO


Loren zo Macario

1. Il fatto educativo - 2. Le qualit di unesperienza educativa - 3. Guida


aHesperienza educativa.

1. Il fatto educativo
Il fatto educativo si presenta come rap p o rto dinamico tra p e r
sone, in un contesto ambientale, sociale, culturale: genitori e figli,
insegnanti e alunni, educatori ed educandi; societ fam iliare, civile,
religiosa, professionale e sudditi, fedeli, m embri, generazione adulta
e generazione im m atura.
Educazione, scrive P. Braido, a ttiv o intenzionale r a p p o r to in
terp erso n a le tra adu lto e non adulto, d ir e tto a far s che questi, fo r n ito
d i d e te r m in a te risorse naturali, a m b ien ta li e sociali, m e n tr e acqu ista
la capacit d i agire libera m en te sec o n do l ord ine della ragione, e in
fu n zion e di q u e s to acquisto, riceva una regolazione u m an a della sua
co n d o tta , degn a della sua co n dizion e u m ana p r o p o r z io n a ta al suo
s ta to a ttu ale e alle esigenze dello s ta to m a tu r o ve rso cui ten d e
(Braido, 150). un crescere; un acquisire un pi di essere e di
um anit sul piano esistenziale e operativo. un m aturare attraverso
lesperienza vissuta e guidata dai mezzi [ -^ e d u c a z i o n e ] .
In altre parole il giovane raggiunge la m aturazione um ana eser
citandosi in atti validi e impegnativi; egli deve essere messo a con
tatto con cose, persone, che sono i beni educativi, e quindi i valori
um ani capaci di suscitare e accrescere il dinamismo spirituale. in
dispensabile quindi che nel processo educativo si faccia riferim ento
ai mezzi: in tale rapporto i beni-valori sono com unicati attraverso
il sensibile, il percepibile, attraverso segni adeguati.
nel contesto di una comunicazione di beni-valori che si p arla
di esperienza e del suo significato nel processo educativo.
Esperienza educativa infatti esercizio di atti gradualm ente p ro
duttivi, di capacit critiche, decisionali e abiti di pensiero e di com
portam ento.
Con questo si vuole sottolineare che il mezzo non educa p er
la sua attitudine tecnologica o psicologica persuasiva, m a per i con
tenuti educativi; i beni-valori, che riesce a veicolare e a far vivere
in modo educativo [ e v a l o r i e a t t e g g i a m e n t i ] .

197
2. La qualit di un'esperienza educativa

Non c' rapporto educativo senza comunicazione interpersonale;


non c comunicazione interpersonale senza sensibilit. Perch una
esperienza possa essere propriam ente e form alm ente educativa, de
vono essere rispettate alcune condizioni.
In ogni rapporto educativo lesperienza educativa deve essere
im postata e offerta in base alla ricchezza del suo contenuto; non pu
essere guidata genericam ente dalla volont di perm ettere al giovane
di ottenere qualcosa. Essa deve far p arte di un preciso piano educa
tivo nel quale si cercato di creare una connessione tra imo specifico
obiettivo da raggiungere, determ inate competenze del giovane da
coinvolgere e lesperienza stessa da fare [ ^ m e t o d o ] .
Non si pu accettare lidea di una efficacia magica dellesperienza,
a prescindere da una precisa e razionale intenzione delleducatore.
Lesperienza di un mezzo quindi diventa educativa non solo per
la ricchezza del suo contenuto, m a anche per il suo efficace, consa
pevole, finalizzato inserim ento in un sistem a di forze che hanno scopi
form alm ente educativi.
Lesperienza p er essere educativa deve essere su m isura del gio
vane: valida, ricca, potente, provocante p er i suoi contenuti. Nel
periodo della crescita i contenuti educativi saranno prevalentem ente
realt sensibili e percepibili, assim ilabili cio al livello della sensi
bilit del giovane.
Un incontro, una conversazione, un divertim ento, un gesto: cosa
trasm ettono, che densit di um anit, di calore, di affettivit con
tengono?
Tra insegnante e alunno, tra genitore e figlio, tra educatore ed
educando non possibile il dialogo proprio tra m aturi; il giovane
ha bisogno ancora di toccare, di sentire, di provare; non sufficiente
la dedizione personale, il sacrificio nascosto delleducatore perch
lintervento educativo sia efficace.
La bont , lefficacia educativa di atteggiam enti, mezzi, espe
rienze legata alla loro efi^ettiva percezione operativa da p arte del
giovane.
Non si pu a questo proposito non ricordare alcune espressioni
di Don Bosco contenute nel suo m anifesto pedagogico {L e ttera da
R o m a del 10 m aggio 1884).
Nel dialogo im m aginario con u n antico allievo dellO ratorio, Don
Bosco evidenzia questa caratteristica del suo metodo: Ma i giovani
non sono am ati abbastanza? Tu lo sai che io li amo. Tu sai quanto
per essi ho offerto e tollerato nel corso di ben quaranta anni, e quanto
tollero e soffro ancora adesso. Quanti stenti, quante umiliazioni,
quante opposizioni, quante persecuzioni per dare ad essi pane, casa,
m aestri e specialmente per procurare la salute delle loro anime. Ho

198
fatto quanto ho saputo e potuto per coloro che form ano laffetto di
tu tta la mia vita, Non parlo di Lei! Di chi dunque? Di coloro
che fanno le mie veci? Dei direttori, prefetti, m aestri, assistenti?
Non vedi come sono m artiri dello studio e del lavoro? Come consu
m ano i loro anni giovanili per coloro, che ad essi affida la Divina
Provvidenza? Vedo, conosco; m a ci non basta: ci m anca il m e
glio Che cosa manca dunque? Che i giovani non solo siano
am ati, m a che essi conoscano di essere am ati ... (SSP 320).
La grande rivelazione di Don Bosco appunto questa: il cuore
dell'educazione il coinvolgimento totale e profondo del giovane;
essenziale, fondam entale, prim ario ci che egli sente, com prende,
elabora, dibatte, raggiunge, m agari esprim endo difficolt, percorrendo
sentieri tortuosi e sconosciuti.
In ci leducatore conserva tu tta la sua validit ed efficienza,
so p rattu tto perch chiam ato a facilitare scelte, preparazioni, m o
dalit.
Leducatore anzitutto interviene efficacemente predisponendo mez
zi e strum enti con precisi criteri. Sceglie i pi adatti per contenuti
e messaggi; prepara i giovani allesperienza; predispone landam ento
della stessa esperienza in modo che sia articolata ed efficiente
(Gianola, 141-145).
Il processo educativo esige che leducatore sia direttam ente attivo
anche nella fase esecutiva e dopo: l'esperienza deve essere interio
rizzata e valorizzata dal giovane al di l della sua attuazione im me
diata, perch possa agire con tu tta la sua ricchezza educativa.
L'educatore parla, com unica attraverso segni, attraverso mezzi.
questo il linguaggio che garantisce la comunicazione tra educatore
ed educando; comunicazione che si inserisce sempre in un mondo
in transizione quale quello del giovane, im m erso per lo pi nel
sensibile, in balia alle variazioni del tempo e dell'am biente, delle
percezioni, fantasie e immaginazioni.
Sar la prudenza educativa a garantire leducatore contro arresti,
a im pedirgli grossolane fossilizzazioni, a tenere sempre desta lintui
zione, la sensibilit, lintelligenza p ratica delle cose da farsi e dei
mezzi necessari per realizzarle.
la creativit, illum inata dallintelligenza, ad aiutare leducatore
a im postare un vitale sistem a di m^ezzi e di modelli da sperim entare
in modo da introd u rre il giovane in una globale form a di vita, favo
rendo lacquisizione di uno stile personale e creativo nel com porta
mento: portare ognuno a essere se stesso, con caratteristiche proprie,
teso a utilizzare al massim o le p roprie risorse interiori, con senso
di responsabilit sia individuale che sociale.
Tutto ci avviene in un contesto com unitario, in una convivenza
famiglia, gruppo, societ , entro cui si viene a contatto con

199
beni educativi e si assim ilano i valori di fondo, che possono dare
il tono alla personalit [ ^ c o m u n i t e d u c a t i v a ] .
Il punto essenziale perch lesperienza sia educativa che linter
vento delleducatore, nella fase p rep arato ria come in quella esecutiva,
sia autenticam ente e concretam ente ragionevole rispetto alle reali
esperienze di crescita del giovane.
In questo senso si potrebbe pensare che educativa lesperienza
che si caratterizza per le seguenti istanze metodologiche;
1) tiene conto anzitutto della reale situazione del singolo giovane,
della sua storia personale, del suo cammino, delle sue scelte, e soprat
tu tto della sua vocazione a entrare e vivere con consapevolezza nel
regno della libert;
2) coinvolge lintera persona del giovane, esigendo collaborazione
e partecipazione attraverso strum enti che si adeguano alla sua im m a
tu rit e alla natu ralit del processo di m aturazione;
3) tende a prom uovere lautentica m aturazione sul piano etico, me
diante beni e atti appunto che possono essere dal giovane assim ilati
come valori;
4) si muove dalla convinzione che il processo di m aturazione si
realizza non trasm ettendo concetti universali e astratti, m a im pe
gnando in atti validi e significativi, in esercizio attivo e ininterrotto,
tu tto il giovane, sensibilit, m otricit, passioni, intelligenza e volont;
5) tiene infine conto che il processo educativo viene vissuto in con
creto nella persona, m ediante labilitazione alla capacit di decisioni
personali.

3. Guida all'esperienza educativa

Tra i vari settori della m aturazione educativa sar utile sceglierne


uno e im postare, a modo di esempio, un itinerario pedagogico, in
cui sia chiaro il quadro e la sequenza delle mete prossim e e degli
obiettivi finali. Sembra, in base a quanto esposto prim a, che la via
che conduce il giovane alla m atu rit sociale debba passare per queste
tappe ed esigere le seguenti esperienze:
progressivo perfezionam ento dellautocoscienza e dellautono
m ia personale;
introduzione sempre pi personale nella realt e nel senso del
la vita;
acquisizione o perfezionam ento della capacit di contatto umano;
rafforzam ento del senso di responsabilit e corresponsabilit;
progressiva m aturazione della scelta professionale e identifi
cazione con il ruolo corrispondente.

200
3.1. Perfezionamento dellautocoscienza e dellautonomia personale
il tratto della personalit che sta alla base non solo della m a
tu rit funzionale, m a anche di ogni rapporto con la realt e con gli
altri. L'autocoscienza e lautonom ia, per, anche riflesso degli atteg
giam enti degli altri e fru tto delle varie circostanze della vita: l'am
biente in cui si cresce, le persone che si incontrano ...
Sem bra che facciano parte dell'autocoscienza e dellautonom ia
personale i seguenti elementi: un concetto realistico di s; accetta
zione di s; un chiaro ideale di s, una sufficiente ap ertu ra alla rio r
ganizzazione del concetto e dell'ideale di s; una sufficiente fedelt
a se stesso e ai propri valori; una adeguata libert interiore ed este
riore; spirito di iniziativa e capacit di decisione personale; senso
di responsabilit, cura e sviluppo delle doti personali.
Per arrivare a una tale coscienza di s e a una tale autonom ia
il giovane dovrebbe: m aturare dal punto di vista affettivo attraverso
il superam ento della tendenza alla captativit, al narcisism o, all'ego-
centrism o, al parassitivism o e lo sviluppo dellatteggiam ento di obla-
tivit, di dedizione, di generosit; curare lautenticit e la sincerit,
senza difese o paure ingiustificate, com battendo sotterfugi, ipocrisie,
simulazioni; apprendere a interagire con una certa elasticit m entale
e larghezza di vedute, superando la rigidit; esercitarsi nelliniziativa,
nell'attivit, nel coraggio delle proprie idee, superando eventuali ini
bizioni o timidezze, afl^rontando contrasti; correggere l'atteggiam ento
di dipendenza infantile e l'atteggiam ento di ribellione e di rifiuto
adolescenziale.
Una condizione privilegiata che rende possibile l'accettazione di
s e lo sviluppo dellindipendenza adulta un clima di accettazione
e di libert responsabile, non solo form alistico o artificiale o diplo
m atico, che deve regnare nellam biente educativo; la possibilit di
esercitarsi in atti um ani validi e significativi. opportuna a questo
punto una precisazione sullobbedienza e sulla disciplina che erano
i cardini di m olta p arte delleducazione passata, proprio p er la p ro
blem atica, m olto sentita dai giovani, che esse suscitano nei riguardi
della form azione all'autonom ia e alla responsabilit personale. L'ob
bedienza non deve po rtare alla dipendenza, all'esecuzione passiva e
form alistica; essa deve essere un atto intelligente, personale del sog
getto che ha coscienza di s e della sua responsabilit, m a che ha,
nello stesso tempo, coscienza della necessit di un contributo alla
vita com unitaria, all'attivit di insieme e riconosce il ruolo proprio
dell'educatore o insegnante o responsabile del gruppo. Il complesso
delle norm e disciplinari non devono p o rtare a una mortificazione della
personalit o a uniform are tu tti secondo lo stesso clich, m a dovreb
bero essere viste come mezzi necessari per poter vivere insieme, per
lavorare insieme, per im parare a lavorare insieme [ ^ p a r t e c i p a z i o n e ] .

201
3.2. In tro d u z io n e s e m p r e pi perso n a le nella realt e nel sen so del
la vita

Il giovane nella sua fase di crescita deve venire a contatto con le


situazioni pi varie della vita dell uomo e della societ, con le situa
zioni lim ite (m alattie, disgrazie, m orte). Lo richiede il fatto che cresce
in un contesto sociale articolato; lo richiede la necessit di inserirsi
in una societ, in una cultura che , concretam ente, storicizzata; lo
richiede il dovere di p ortare un suo personale e positivo contributo
ai problem i della vita. Non sufficiente, tuttavia, il solo im mergere
il giovane nella societ. La realt pu anche sopraffare. quindi
necessario acquisire un certo modo di vedere e di tra tta re la realt
sociale: bisogna im parare a prendere posizione di fronte alla realt.
In pratica necessario che il giovane abbia un contatto diretto con
la realt: attraverso visite, colloqui, osservazione, condivisione di vita
e di lavoro.
Molti aspetti della realt non sono raggiungibili direttam ente o
non si percepiscono da soli; di qui la necessit di inform azione critica
attraverso la stam pa, radio, TV, conferenze ... Nella scuola, poi, e
nelle associazioni bisogna addestrare i giovani a riflettere e a stu
diare gli avvenimenti in m aniera critica, per scoprire i princpi del
dover essere dei rap p o rti sociali, politici, economici, p er fare ipotesi
di intervento operativo [ - ^ c o m u n i c a z i o n e s o c i a l e ] .
Gli elementi di questo obiettivo contatto diretto, informazione,
riflessione e studio non sono successivi; quando il giovane viene
a contatto con delle realt e raccoglie inform azioni, gi applica un
certo schema che lim ita o deform a la realt stessa. Daltra p arte il
quadro di riferim ento del giovane costituito e riorganizzato conti
nuam ente in base a una interazione con lam biente, in seguito ad
esperienze. In pratica il giovane dovr passare continuam ente dalla
teoria alla realt e dalla realt alla teoria, p er riorganizzare il quadro
di riferim ento e per riaggiustare la percezione della realt.
quindi indispensabile in tro d u rre il giovane a vedere la situa
zione sociale attraverso una esperienza guidata. Bisogna che lesigenza
di una giusta conoscenza degli stati di vita nella societ e nella
Chiesa e correlativam ente del loro esatto ruolo nelle com unit civili
e cristiane sia soddisfatta nel periodo della crescita e attraverso
una adeguata informazione. Lo sforzo educativo si concentrer soprat
tu tto nella inform azione dei m otivi della scelta per fare in modo
che essi si integrino con lo stato di vita al quale il giovane si sta
orientando. Per una conoscenza intellettuale non sar sufficiente
per m otivare una opzione tanto im portante come la scelta di uno
stato di vita. Occorre po rtare il giovane a com prendere che anche
cuore, che anche esperienza. Come scegliere, per esempio, tra sacer
dozio e laicato se non vi una conoscenza esperim entale attraverso

202
la vita ardente di una com unit cristiana, o attraverso lesempio del
leducatore sacerdote o laico?
Fa poi p arte degli obiettivi per una adeguata crescita la p ad ro
nanza di se stesso. Con laiuto delleducatore il giovane deve scoprire
s come corpo e spirito, il mondo sociale e cristiano, deve porsi delle
domande, fare una revisione, darsi le prim e risposte provvisorie;
rim anere ancora aperto alla voce deUesperienza e della realt. Il gio
vane deve capire che la realizzazione di s lenta, che un processo,
una conquista, un andare sempre, con audacia, al di l delle frontiere
occupate.
la m aturazione stessa che esige continue rinascite, quindi nuove
energie, lotte, sforzi, autodisciplina, fierezza per raggiungere la p adro
nanza di s che significa dominio dei propri sensi e del cuore. La
padronanza di s un problem a di ascesa di tu tto lessere e di rea
lizzazione di un ideale, non attraverso im perativi categorici o m ora
listici, m a attraverso la ricerca di tu tta la persona dellimmagine
migliore. Il giovane riesce a fare questo solo possedendosi, e posse
dendosi m atura la capacit di scelta in modo realistico.

3.3. A cqu isizion e o p e r fezio n a m en to della capa cit di c o n ta tto u m an o

Il giovane im para a entrare in com unione sem pre pi profonda


con gli altri, facendo alcuni successivi passi: esercitarsi a rispettare
ogni persona um ana p er la sua dignit essenziale indipendentem ente
dalla sua posizione ideologica o m orale o socioeconomica o di et
o di sesso; accettare gli altri cos come sono, conoscerli e com.pren-
derli, senza deformazioni o pregiudizi; im parare a entrare in dialogo
con un altro trovando il giusto punto di partenza; stare ad ascoltare
gli altri con rispetto incondizionato, far risuonare in s ci che laltro
comunica, m editandolo interiorm ente; apprendere la disponibilit e
la libert di com unicare agli altri se stesso e le proprie idee, i p ropri
sentim enti; esercitarsi a rispettare lautonom ia, la libert, lintim it
degli altri; perm ettere agli altri di fare, avere fiducia negli altri; alle
narsi a ricevere dagli altri aiuti, consigli, suggerimenti; saper chie
dere lintervento degli altri; im parare a condividere la vita degli altri,
anche nei m om enti di difficolt e di perplessit; m ettere a disposi
zione le proprie cose, il proprio tem po, le proprie abilit, m aturando
cos loblativit, la disponibilit al servizio, allaccoglienza degli altri.
Per poter entrare in contatto con gli altri in m aniera autentica,
il giovane deve essere capace di conoscere e di accettare se stesso,
essere se stesso; deve p oter sperim entare l'accettazione, la capacit
di dialogo e la disponibilit da p arte degli altri, specialmente degli
educatori. Se queste condizioni ci sono, forse c lessenziale.

203
3.4. Rafforzamento del senso di responsabilit e corresponsabilit
Un certo senso di responsabilit il giovane lha in p arte svilup
pato neH'ambiente familiare; crescendo, lesperienza del giovane si
allarga allinfuori deUam biente fam iliare e si esercita in ruoli sem pre
pi diversificati e pu m aturare fino a raggiungere la capacit di
assum ere responsabilm ente diversi ruoli. I passi necessari e succes
sivi che portano alla m aturazione della responsabilit sem brano essere
i seguenti:
acquisto della coscienza di appartenenza a un gruppo, a pi
gruppi; l educatore ha il com pito di facilitare questo contatto con
gruppi diversi dalla famiglia o dalla scuola e di curare che questo
contatto non si riduca a una pura evasione e che linserim ento sia
effettivo, stabile e positivo [ ^ gruppo];
presa di coscienza dei p ropri ruoli nel gruppo e nei gruppi e
so p rattu tto armonizzazione dei vari ruoli esercitati in gruppi diversi;
im portante lopera delleducatore nellaiutare i giovani a distribuire
bene il tem po e il lavoro, a smitizzare im portanze eccessive date a
certi com piti, a stim olare ci che pi im portante per la persona
o per il gruppo;
allenam ento alla creativit e alla partecipazione sociale eser
citandosi a esam inare insieme un problem a, a cercare insieme possi
bilit di soluzione; decidere insieme, eseguire insieme, sentirsi respon
sabili deUoperato comune; leducatore in questo apprendim ento deve
assum ere un atteggiam ento dem ocratico, anche se lattivit comune
pu diventare pi macchinosa e lenta;
im parare a eseguire con senso di responsabilit i p ropri com
piti: lopera delleducatore in ordine al raggiungimento di questo
obiettivo diventa u n opera di stimolo e di incoraggiam ento e in certi
casi, quando si tra tta di com piti assunti in accordo con tutti, diventa
u n azione simile a quella del potere esecutivo;
im parare a poco a poco responsabilit direttive, con tu tto ci
che implica di atteggiam enti dem ocratici, di capacit di analisi di
situazioni e di relazioni, di capacit organizzativa: alleducatore
richiesta lazione che va dallo stim olo fino al lasciar fare, ritirandosi
e scomparendo.
Ci sono dei sintom i che fanno pensare a un basso livello di senso
di responsabilit, sintom i la cui progressiva scom parsa pu essere
un indice del grado di m aturazione di un individuo sotto questo
aspetto: non preoccuparsi dei problem i comuni, sociali e politici;
non preoccuparsi delle ripercussioni della propria condotta sugli altri;
scaricare colpe e responsabilit sullam biente, sulle stru ttu re, sugli
altri; non affrontare le conseguenze delle proprie azioni, idee, parole;
rid u rre la responsabilit diretta; fare solo il minimo indispensabile;

204
non continuare il lavoro incom inciato da altri; non accettare inca
richi e oneri di servizio; liberarsi da impegni, con la scusa che gli
altri non fanno niente; non attu are come si deve la pro p ria prepa
razione professionale; evadere nel perfezionismo, nei sogni, nellirrea
lizzabile.

3.5. P rogressiva m atu ra zio n e della sce lta p ro fessio n a le e identifica


zione con il ruolo c o r risp o n d en te
Il processo verso lassunzione dello status e del ruolo professio
nale incide con il progressivo orientam ento vocazionale-professionale,
per cui rim andiam o alle voci relative [ ^ o r i e n t a m e n t o ^ o r i e n t a
m e n t o E PASTORALE VOCAZIONALE].

BIGLIOGRAFIA

B r a id o P., Appunti di teoria generale delleducazione, Roma, UPS, 1983.


G ia n o l a P., Metodologia pedagogica generale, Roma, Anno Accademico
1981-1982, voi. II.
H a v i g h u r s t R.J., Human Development and Education, London Long-
mans, 1953.
M a t a i x a. - P. C a s t e l l v i , Pian ciclico de formacin juvenil, Madrid, Cen
tro Nacional Salesiano de Pastoral Juvenil, 1973, 3 voli.
P e r e t t i M. (Ed.), Questioni di metodologia e didattica, Brescia, La Scuola,
1974.

205
V L _____________

ASSISTENZA
Come presenza attiva delleducatore

H e r b e r t Franta

1. Attualit di una reinterpretazione - 2. Assistenza come categoria pedago


gica - 3. Assistenza: aspettative di ruolo - 4. Conclusione.

1. Attualit di una reinterpretazione


Le diverse innovazioni pedagogiche nel campo delleducazione,
la com plessit e le divergenze nella vita sociale attuale fanno s che
leducatore salesiano sperim enti diverse difficolt nella realizzazione
del suo com pito edticativo.
Tra i fatto ri che contribuiscono a creare una tale situazione
presente spesso l'incertezza delleducatore nell'interpretare il suo ruolo
e /o nel realizzarlo nella sua prassi pedagogica, a causa degli ostacoli
posti dall'attuale situazione educativa. Le difficolt che rendono pro
blem atico o difficile il suo ruolo di educatore sono il risu ltato di
alcuni fattori che attualm ente pesano sulla realizzazione del com pito
pedagogico.
Per quanto riguarda la n ecessit e l'estensione della presenza del
leducatore nellinterazione educativa, m olte correnti attuali svalu
tano lim portanza del ruolo delleducatore e propongono allinterno
di una visione pedocentrica che gli educatori abbandonino ogni diret
tivit che potrebbe im pedire lo sviluppo spontaneo e autentico negli
educandi e favoriscano nello stesso tempo degli spazi di interazione
in cui questi ultim i possano autogestirsi. ovvio che, ai sostenitori
della visione pedocentrica, lassistenza, intesa come presenza attiva
delleducatore nella com unit educativa, possa apparire come una
direttivit da evitarsi.
Tuttavia non solo la visione pedocentrica a rendere difficile
l interpretazione e la realizzazione del proprio ruolo di educatore,
m a anche la m u ltid im e n s io n a lit delle a s p e tta tiv e legate allo stesso
ruolo. Infatti spesso molto difficile per un educatore riuscire a far
concordare aspettative frequentem ente divergenti (per es. le aspet
tative dei giovani con quelle dei genitori e delle istituzioni) e tu tto
ci lo pone in una situazione di conflitto difficile da superare.

206
A ttualm ente nella prassi educativa salesiana si nota un certo cam
biam ento n ellorganizzazione degli spazi di interazione, cosa che m olto
spesso aggrava la realizzazione del ruolo educativo. Di fatto, m entre
nel passato la pedagogia salesiana e la prassi educativa m iravano
essenzialmente allinterazione educativa in form e istituzionalm ente
organizzate (per es. nell'oratorio, nella scuola), attualm ente la prassi
pedagogica si svolge in form e meno stru ttu ra te ed in incontri spo
radici, realizzati sulla base della libera partecipazione dei giovani.
Un altro fattore che rende pi difficile la realizzazione del ruolo
educativo rappresentato dal fatto che il ruolo dell'educatore sale
siano ha acquistato una maggiore profession alit. M entre nel passato
infatti il com pito educativo generalm ente veniva svolto dai m em bri
religiosi della Congregazione Salesiana, oggi sempre pi frequente
che persone non appartenenti ad essa come religiosi entrino a fa r
p arte di u n istituzione educativa salesiana in qualit di educatori, il
cui com pito pedagogico regolato da precisi contratti di lavoro.
Tale situazione rende pi complesso il ruolo degli educatori salesiani
religiosi. Su di essi pesa quindi non solo il fatto che in qualit di
educatori devono porsi come modello, ma anche la sollecitazione a
collaborare attivam ente con essi in modo che questi ultim i possano
inserirsi nella com unit educativa e dare il proprio contributo secondo
lo stile educativo salesiano.
Di fronte ai problem i sopra accennati, possiamo dire che una rein
terpretazione del ruolo dell'educatore diventa necessaria se si vuole
che l'assistenza continui ad essere il centro dell'educazione salesiana.
Cerchiamo ora di in terpretare l'assistenza come categoria peda
gogica, aggiungendo, in un secondo mom ento, alcuni suggerim enti
per la realizzazione dell'assistenza intesa come presenza attiva del
l'educatore nella com unit pedagogica.

2. Assistenza come categoria pedagogica

2.1. D escrizione
Esam inando alcune trattazioni sulla pedagogia salesiana, riguar
danti la definizione dell'assistenza, si pu notare che essa non viene
definita in modo univoco.
Ad es., nella prospettiva della sua funzione, Braido (1957, 96) defi
nisce l'assistenza come presenza amorevole e fratern a di significati
e di indici positivi e costruttivi .
Dal punto di vista contenutistico essa descritta come presenza
attiva che costituisce il compendio della pedagogia salesiana, dell'apo
stolato salesiano e della spiritualit salesiana (Valentini, 1960).
Invece la descrizione dal punto di vista piuttosto operazionale
data da Vigan (1978, 38) quando afferma: L'essenziale dellassistenza

207
stare tra i giovani, anim ando la loro attivit in un clima di convi
venza e di apostolica fam iliarit offrendo elementi di m aturazione .
Trascurando qui le sfum ature circa le singole descrizioni della
assistenza e considerando lassistenza ad un pii alto livello di astra
zione, come categoria pedagogica, possiamo dire che essa com prende
la ttiv it a m ich evole e fratern a che nasce dall'am ore a p o sto lic o del
l'edu catore p e r facilitare e s tim o la r e nei giovan i la realizzazione della
loro vita attuale e il c o m p ito di form azione.
Considerando l'assistenza come presenza attiva si prescinde quindi
dallesam inare, a livello teorico, la presenza delleducatore dal punto
di vista del m o d o in cui egli si relaziona agli altri nellinterazione
educativa, dimensione studiata nel rapporto educativo, e si esam inano
invece le sue azioni con crete attraverso le quali egli dovrebbe essere
presente nella com unit pedagogica secondo lo stile educativo salesiano.
In questo senso ci proponiam o dunque di studiare, sotto la cate
goria dellassistenza, quelle aspettative di ruolo che leducatore sale
siano dovrebbe svolgere per corrispondere al suo com pito educativo.
Infine possiam o dire che il sistem a educativo salesiano non si pu
distinguere da altri sistem i pedagogici solo per i fini proposti o per
il tipo di relazioni che si raccom anda stabilire, ma anche p er quelle
attivit che si auspica si realizzino in vista della promozione o faci
litazione della vita attuale e della formazione dei giovani, in una
autentica com unit pedagogica [ - ^ s i s t e m a p r e v e n t i v o ] ,

2.2. N e cessit e d im p o r ta n z a
Secondo lo stile salesiano il ruolo delleducatore non quello di
chi funge da spettatore o da facilitatore, perseguendo per es. lideale
della non-direttivit o lo stile laissez-faire optando per una peda
gogia negativa con lintento di non intervenire nella vita spontanea
dei giovani ma un ruolo in cui leducatore si impegna nei sin
goli m om enti dellinterazione pedagogica ad essere attivam ente pre
sente con i suoi contributi educativi.
A tal riguardo Braido (1955, 131) scrive; Lam biente della famiglia
educativa di Don Bosco costituito sop rattu tto da persone v iv e n ti
e attive. Nessuno semplicem ente spettatore, n gli educandi n gli
educatori, in questo vivace incontro di azioni e "interazioni in fun
zione positiva e costruttiva. Gli educatori entrano, anzi, in questa
i;osciente corrente di vita spirituale, con u n energica attivit perso
nale. Essi sono davvero, nel senso platonico, i "custodi della fa
m iglia educativa. Custodi, attivi operatori e collaboratori col ragazzo,
"assisten ti. Non "sorveglianti! Come "assistente in grado emi
nente il "direttore", che il "P ad re dellistituto di educazione
[ ^ educatore] .
Lesigenza dellassistenza nel sistem a educativo salesiano non si

208
basa solo sul fatto che la mancanza della presenza attiva crea nei
giovani degli stati emozionali negativi (disorientam ento, confusione,
noia, abbandono, ecc.), m a trova il suo fondam ento nella condizione
psicologica e m orale del giovane stesso. In fatti dal punto di vista
m orale il giovane viene considerato come una persona che, lim itata
dal peccato originale, fragile, sia nel perseguire il bene in genere,
sia per ci che riguarda se stesso quale persona che non ha ancora
raggiunto una formazione integrale della personalit, intesa come
m aturit, com petenza e responsabilit, m a che ancora in via di
sviluppo per raggiungerla.
In questo senso la funzione dell'assistenza interp retata in modo
analogo a\Vengagement (Klafki, 1964), o come responsabilit di un
Io verso un Tu (Buber, 1954), o in genere come presenza attiva in
funzione della vita del giovane.
Di fronte al fatto che i giovani hanno bisogno degli altri per la
loro vita presente e p er la loro formazione, la pedagogia salesiana
si rifiuta di interp retare il divenire dei giovani come una crescita
spontanea e si contrappone allideologia dell'autogestione o autogo
verno dei gruppi educativi, interpretando invece linterazione educa
tiva come una relazione interpersonale dove gli educatori, con la loro
presenza attiva, contribuiscono, nel rispetto della dignit dei giovani
e della loro esigenza di formazione, alla riuscita della loro vita.
Tale presenza attiva non dev'essere senzaltro intesa come una
imposizione o sorveglianza, bens come una presenza fratern a ed
amichevole che cerca di rendersi funzionale all'efficienza dellauto
educazione dei giovani.

3. Assistenza: aspettative di ruolo

Il ruolo dell'educatore nellinterazione educativa piuttosto com


plesso. Di fatto il giovane una to talit flsico-psico-spirituale in via
di sviluppo, in tensione tra le aspettative personali (interessi, bisogni,
ecc.) e sociali (esigenze da p arte dei genitori, dellam biente scolastico,
delle norm e sociali, ecc.).
In una tale situazione il giovane non solo ha bisogno di una vici
nanza affettuosa da p arte di persone per lui significative, ma neces
sita di una loro presenza attiva che, attraverso la prestazione di
diversi contributi, lo m ettano in grado di raggiungere quelle con
dizioni m ediante le quali egli pu diventare realm ente protagonista
della sua vita attuale e della sua formazione.
I contributi che l'educatore dovrebbe dare, per facilitare l'edu
cando nella sua condizione di sviluppo, sono molteplici in relazione
alle diverse situazioni che egli vive.
Riteniamo che leducatore possa offrire autentici contributi nel

209
14
lam bito deUinterazione educativa quando raggiunge una conoscenza
sufficiente delle vicendevoli aspettative, ossia, di quelle che egli ha
nei confronti degli educandi e di quelle che essi hanno verso di lui;
in questo senso si creano per leducatore le condizioni che rendono
possibile, in un prim o mom ento, la conoscenza delle aspettative
vicendevoli nellinterazione, conoscenze di cui egli p o tr servirsi nella
sua azione educativa riflessiva e responsabile.

3.1. A sp e tta tiv e person ali


Nelle relazioni interpersonali la riuscita della comunicazione non
dipende solo dal modo in cui vengono definite le relazioni reciproche,
cio dal modo di interagire, ma spesso anche dalle intenzioni che si
perseguono nel comunicare.
Cos leducatore, perch possa essere efficace nelloffrire i suoi
contributi educativi, devessere a contatto con le proprie esperienze
interiori (intenzioni, convinzioni, ecc.). Solo in questo modo egli po tr
rendersi responsabile delle sue intenzioni e non essere vittim a m agari
di motivazioni inconsce non risolte (p. es. conflitti infantili irrisolti,
m otivi che nascono da un progetto nevrotico o fittizio) ed agire in
v irt della carit apostolica. Quindi solo nel caso in cui leducatore
si relaziona come persona autentica e quando egli, allo stesso tempo,
conosce ed responsabile delle proprie intenzioni, sar in grado di
corrispondere alle proprie aspettative del ruolo di educatore.

3.2. A s p e tta tiv e sociali


N ellinterazione educativa lagire delleducatore salesiano non
lasciato alla sua scelta arb itraria, ma legato alle aspettative che
provengono dal suo incarico specifico (per es. di insegnante, assi
stente, ecc.), dalle norm e espresse attraverso le diverse regole che
organizzano la com unit educativa, ed infine dai princpi pedagogici,
concepiti secondo lo stile educativo salesiano.
Prescindendo qui dal considerare le aspettative, riguardo l agire
delleducatore salesiano, legate al suo incarico specifico ed alle norm e
espresse nei diversi regolam enti (per es. quelli di una particolare
istituzione e dellorganizzazione sovraordinata), consideriam o l agire
educativo in senso pii largo, riferendoci a tipiche aspettative peda
gogiche alle quali l educatore dovrebbe corrispondere per realizzare
la sua missione educativa secondo lo stile pedagogico salesiano.
In questo senso nellinterazione educativa riteniam o utile distin
guere, a scopo didattico, le aspettative circa lagire delleducatore sale
siano secondo tre dimensioni, vale a dire; riguardo alla responsabilit
circa la gestione, riguardo alla cura ed infine al co n ta tto dialogato.
Siamo consapevoli che questa distinzione da considerarsi come

210
uno dei tanti tentativi di sistem atizzare lagire delleducatore nel
l'interazione pedagogica (Osswald, 1973, 25 ss.). Crediamo tuttavia
di poter differenziare, in modo pi concreto, la com plessit della
assistenza vista come presenza attiva delleducatore. Sottolineiam o
com unque, al tempo stesso, che le attivit comprese in queste tre
dim ensioni non sono isolate tra loro, ma sono in interdipendenza
reciproca; ossia rappresentano aspetti di una totalit complessa quale
quella dell'assistenza salesiana.

a) P resenza a ttiv a in funzione d e llautogo vern o


L'assistenza, riguardo la gestione dell'intero gruppo educativo ed
in particolare la vita individuale dei giovani, ha, da una parte, la
funzione di prevenire negli educandi un uso inappropriato della
libert e, dall'altra, il com pito di stim olare e facilitare lapprendi
m ento di com portam enti responsabili verso se stessi e verso gli altri.
Tra le tante attivit educative che possono essere svolte allo scopo
di facilitare nei giovani la formazione allautogoverno responsabile
presentiam o qui, brevem ente, quegli interventi che riguardano nei
giovani la formazione alla disciplina, la promozione di un apprendi
m ento di modellam ento, lesercizio del retto uso della libert e della
responsabilit ed infine interventi caratterizzati da form e m etacom u
nicative riguardanti il com portam ento dei giovani.
D isciplina
Una prim a categoria di interventi, che rende capaci i giovani di
gestire responsabilm ente la loro vita, form ata da atti educativi che
favoriscono in essi la formazione alla disciplina. Di fatto, com uni
cazione, in qualsiasi situazione sociale, significa anche organizzazione,
ossia partecipazione ad una serie di regole che stru ttu ran o gli incontri
interpersonali. Quanto pi tali regole corrispondono a criteri di ugua
glianza, giustizia, flessibilit ed attualit, e quanto pi leducatore
riesce a far com prendere agli educandi che esse costituiscono un
aiuto necessario alla gestione della loro vita in relazione agli altri,
e ne stim ola e facilita tram ite la sua presenza attiva la loro osser
vanza, prevenendo anche il pericolo di eventuali trasgressioni o aiu
tando i giovani quando diventa difficile per loro corrispondere alle
norme, tanto pi leducatore offre validi contributi affinch i giovani
si com portino in modo disciplinato e si rendano anche protagonisti
della propria vita nel senso di autogovernarsi.
In tal senso la disciplina non u n imposizione m a diviene un
autentico fattore che incoraggia il giovane allautogestione, sulla base
di una m orale che non accetta passivam ente i fatti o le regole e
sulla base di una com prensione dellorganizzazione sociale come p re
supposto per una libert vera e come occasione per agire m oralm ente
(Osswald, 1973, 96).

211
C o m p o rta m e n to d i m o d ello
N ellacquisizione di nuovi com portam enti l'apprendim ento a ttra
verso modellam ento costituisce un fattore im portante. M ediante tale
tipo di apprendim ento le persone non solo vengono a conoscenza di
nuovi schemi di com portam ento, m a spesso si sentono anche motivate
ad acquisirli. Ci dovuto allattrazione provata verso la persona
che funge da modello o alle conseguenze positive che le persone rag
giungono attuando certi com portam enti, o infine, alle conseguenze
positive che esse stesse sperim entano quando im itano tale modello.
Leducatore che om ettesse di in tro d u rre se stesso come modello,
che trascurasse di facilitare o di proporre com portam enti esem plari
(per es. attraverso letture adeguate, compagni esem plari, scelta critica
di mass-media in riferim ento ai personaggi da im itare, ecc.), farebbe
m ancare un elemento essenziale, valido ad aiutare i giovani a con
durre la propria vita in modo pii significativo e responsabile.
E sercizio neUuso della libert
L'assistenza, nella sua funzione di facilitare la formazione degli
educandi, si oppone al concetto di una com unit educativa come isola
pedagogica in cui i giovani, separati dal resto del mondo, da una
parte vengono messi nellim possibilit m ateriale di com m ettere delle
mancanze e, dall'altra, vengono rinforzati quando m anifestano com
portam enti desiderati. Un condizionam ento della loro personalit
secondo una stru ttu ra pedagogica chiusa non solo non form erebbe
la loro personalit m a costituirebbe un serio ostacolo all'inserim ento
nella vita sociale reale.
Affinch i giovani possano crescere nella capacit di assum ersi
delle responsabilit, l'educatore deve cercare di offrire tu tte le occa
sioni in cui essi possano svolgere com piti e funzioni di gestione
all'interno della com unit educativa (per es. assum ere incarichi, faci
litare l'organizzazione dei diversi com piti) e nei diversi spazi di vita
fuori dell'am biente educativo, anche se in queste aree risulta pi
difficile, per l'educatore, essere presente attivam ente.
Dal m om ento che i giovani possono esercitarsi nell'uso appropriato
della libert e divenire capaci di assum ersi le responsabilit negli
spazi di vita in cui l'educatore non pu essere presente direttam ente,
necessario che nella pedagogia salesiana si rifletta sempre di pi
sulla assistenza indiretta. Q uest'ultim a form a di assistenza diventa
attualm ente sempre pi necessaria poich da una parte l'educando
si muove in modo flessibile nelle diverse aree pedagogiche (gruppo
scolastico, peer-group, ecc.), confrontandosi cos con diverse m enta
lit ed im postazioni di vita, e, dall'altra, la com unit educativa vive
in maggior rapporto con altre organizzazioni sociali come p er es.
istituzioni culturali, sportive, ecc. In tale condizione educativa si crea

212
una situazione pedagogica che d sem pre meno occasione alleduca
tore di poter essere presente personalm ente con i suoi contributi.
Per aiutare i giovani a vivere la loro vita in piena responsabilit,
non tanto necessario rinunciare allassistenza, secondo la solita
prassi dello stile educativo salesiano, quanto piuttosto necessario
aiutare i giovani in modo che essi, nel m ettersi in relazione con il
mondo, laddove leducatore non pu essere direttam ente presente,
siano in grado di valutare criticam ente i diversi aspetti della vita ed
abbiano la funzionalit psichica di affrontarli, cio di en trare in rela
zioni autentiche, oppure di rinunciare a tali esperienze. Ci non dim i
nuisce l'efficacia del sistem a educativo salesiano m a lo qualifica per
il fatto che esso si basa non solo sul rap p o rto personale tra educatori
ed educandi, m a principalm ente sul senso morale.
Tra le attivit che l'educatore dovrebbe svolgere p er preparare
o facilitare i giovani ad affrontare le loro diverse relazioni con il
mondo, si possono elencare:
Favorire amicizie positive in modo che il giovane, all'esterno
della com unit, non si trovi da solo, m a possa sperim entare il senso
dell'appartenenza stabilendo legami costruttivi di vicinanza, di aiuto
reciproco, ecc.
F ar conoscere ed aiutare a creare spazi di vita validi o signi
ficativi per i giovani (per es. gruppi di studio, associazione giovanile,
clubs di ricreazione, ecc.) allesterno della com unit educativa.
F ar presente al giovane, quando necessario, le situazioni di
vita in cui egli pu correre il rischio di danni fisici e morali. Tale
avvertim ento, perch raggiunga lo scopo educativo, deve essere espli
citato in form a di dialogo in cui il giovane riceve delle inform azioni
per com prendere da se stesso il rischio di tale situazione considerata
pericolosa o dannosa.
Aiutare a form are nei giovani quelle funzioni psichiche che
perm ettano loro di relazionarsi efficacemente al mondo sociale. In
questo senso si cerchi di aiutarli a sviluppare le competenze empa-
tiche, vale a dire a vedere ed intuire piti facilm ente il com portam ento
delle persone; si faciliti nei giovani lo sviluppo della tolleranza alla
am biguit e alla frustrazione in modo che essi divengano poi capaci
di rinunciare a quelle situazioni ritenute incom patibili con il loro
progetto di vita.
Riteniam o che attraverso queste attivit sopraelencate che
senzaltro dovrebbero essere affiancate da altre leducatore non
solo prende visione della situazione educativa attuale che lascia poco
spazio alla presenza diretta delleducatore, m a rinforza nel sistem a
educativo salesiano la formazione dei giovani basata sul senso m o
rale e sul legame con lintera com unit educativa, in cui leducatore,
come facilitatore, esercita un ruolo costruttivo.

213
F orm e m e ta co m u n ica tive e rinforzi
Per la promozione dellinterazione educativa in genere, e p er la
facilitazione all'autoeducazione dei giovani, l'educatore spesso si sente
costretto a metacom unicare, cio a com unicare sul com portam ento
dei giovani affinch essi si orientino verso le aspettative sociali che
lo riguardano (osservanza delle norme, dei compiti, ecc.).
Le concrete attivit dell'educatore che rientrano in questa cate
goria sono rappresentate, da una parte, da quegli interventi verbali
attraverso cui egli, nella situazione educativa concreta, fa presente
al giovane le sue responsabilit o doveri e i suoi com piti, e dallaltra
da rinforzi come per es. le lodi, i prem i, i castighi, ecc.
Nella prim a categoria di intervento, che riguarda il far presente
o il ricordare al giovane le aspettative di ruolo, leducatore si pu
servire di semplici informazioni, inviti, avvisi, consigli, richieste, ecc.
Questi interventi o messaggi verbali non siano fatti in modo auto
ritario (comandi, ordini, ecc.), n in modo generico, ma in modo
com prensibile e fornendone una motivazione, riferendosi cio, quanto
pi possibile, alle esigenze della situazione oggettiva (per es. indi
cando un pericolo im mediato, facendo presente le richieste che costi
tuiscono un'esigenza, ecc.).
L 'altra categoria di intervento, in seguito al fatto che il giovane
m ette in atto certi com portam enti, l'uso dei rinforzi. L'educatore
pu intervenire con rinforzi positivi (lodi, premi, incoraggiam enti,
ecc.) quando crede opportuno rinforzare quei com portam enti del
giovane che aiutano a sviluppare la capacit di essere responsabile.'
Il castigo (rinforzo negativo) sarebbe invece quel mezzo educativo
attraverso cui l'educando spinto ad agire in modo da om ettere certi
com portam enti non desiderati. Q uest'ultim a categoria di rinforzi
quasi assente nel sistem a preventivo, e sono am messi eccezionalmente
nella prassi educativa solo a condizione che rispettino la dignit
della persona del giovane e servano a far riflettere sulle conseguenze
negative del com portam ento non appropriato.
Riassum endo sulle azioni educative qui riferite per la crescita dei
giovani riguardo la capacit di autogovernarsi, necessario dire che
esse costituiscono degli interventi che rappresentano alcune delle pos-

' A questo punto comunque bisogna dire che attualmente si fanno riserve
circa luso dei rinforzi positivi poich l'educando pu facilmente divenire
dipendente dalle lodi o dalla premiazione del suo comportamento. Per evitare
queste conseguenze si propone di dare rinforzi in modo da mettere lo stato
emozionale della persona al centro. Per es., quando il giovane ha svolto bene
un compito, invece di dire: Hai fatto bene , si potrebbe dire: Sei contento
di essere riuscito a realizzare tale comportamento . Cos facendo il rinforzo
non si esplica tanto sotto forma di valutazione del comportamento, ma si
centra piuttosto su uno stato emozionale reale del giovane, non assumendo
quindi le conseguenze di un condizionamento daHesterno.

214
sibilit per leducatore di essere attivam ente presente senza essere
direttivo, in prospettiva del fatto che i giovani im parino a diventare
protagonisti nel gestire la loro vita.
b) Cura c o m e offerta di elem en ti d i m aturazione
Luomo per vivere ha bisogno degli altri. Questa esigenza vale
principalm ente per gli educandi che non hanno ancora raggiunto la
capacit di provvedere alle cose necessarie per la loro vita e per la
formazione della loro personalit.
Quindi, nell'interazione educativa l'assistenza, per essere presenza
attiva, dovrebbe offrire queste condizioni che rappresentano, in fon
do, elementi di m aturazione nel processo form ativo dei giovani. Tali
elem enti non sono com unque da considerarsi tanto come offerte di
cui leducando pu servirsi in modo passivo, m a piuttosto come contri
bu ti attraverso cui egli pu aiutare se stesso per ci che riguarda i di
versi aspetti della sua vita. A tal proposito leducatore cercher, tra lal
tro, di curare lhabitat, le relazioni interpersonali nella com unit edu
cativa, m etter a disposizione il m ateriale per le diverse attivit form a
tive (per es. per l'apprendim ento didattico, per il lavoro, p er lo sport,
ecc.), facilitando inoltre l'organizzazione delle varie attivit educative.
Sarebbe pertanto una seria mancanza non offrire tali elementi
di m aturazione che rappresentano condizioni indispensabili affinch
gli educandi possano non solo vivere la loro vita di giovani, ma,
nello stesso tempo, nel venire a contatto con tali elementi, raggiun
gere quelle competenze che perm ettono di form are la loro personalit.
In questo senso possiam o dire che l'assistenza, intesa come offerta
di elem enti di m aturazione, il segno pi visibile della carit pasto
rale dell'educatore.
c) C o n ta tto dialogato co m e a p o s to la to della parola
Lassistenza, come presenza attiva, sarebbe soltanto parziale se,
oltre a facilitare la gestione di vita degli educandi ed a fornire i
diversi elementi di m aturazione, non costituisse anche un autentico
c o n ta tto dialogato,^ in cui il giovane acquisisce una visione critica
di s e del mondo.

^ Lapostolato del contatto dialogato si pone a fianco dellistruzione infor


male che comprende quelle forme di comunicazione, quali ad es. mass-media,
rappresentazioni teatrali, tavole rotonde, ecc., da cui il giovane pu ricavare
delle informazioni sui diversi aspetti della vita e dove pu confrontarsi con il
suo modo di pensare.
Lassistenza sarebbe dunque impoverita se venissero a mancare quelle fonti
di informazione che costituiscono un punto di riferimento e di confronto,
attraverso cui egli pu venire a conoscenza del suo mondo in modo critico.
Non approfondiamo qui la trattazione di queste forme di apostolato perch
riguardano piuttosto un aspetto dellattivit trattata in precedenza, quelle cio
che fanno parte della dimensione della cura.

215
Di fatto il giovane non im para solo attraverso l'istruzione siste-
m atico-program m atica, ma anche nelle situazioni concrete della sua
vita, cio quando egli sente il bisogno di affrontare certi problem i
personali, di raggiungere certi scopi privati ed anche quando affronta
m om enti di crisi.
In tali situazioni il giovane molto sensibile e m otivato a rice
vere delle inform azioni non solo per acquisire le conoscenze che gli
sono necessarie, ma anche per form arsi una capacit sui diversi aspetti
della vita. Quindi, una form azione che avvenisse solo attraverso la
istruzione sistem atica ed istituzionalizzata sarebbe carente, se con
tem poraneam ente l'educatore non intervenisse, m om ento per mom en
to, dando quelle inform azioni necessarie all'educando per affrontare
i suoi problem i in relazione a s ed al suo mondo.
Tutto ci richiede senzaltro una presenza attiva dialogata indi
pendentem ente dal posto o dalla situazione, per es. nella conversa
zione durante la ricreazione, nei colloqui privati, nella confessione,
ecc., ossia in tu tte quelle form e di comunicazione in cui leducatore
pu essere presente attraverso la sua parola. In queste form e di
interv'ento egli cerchi di evitare ogni form a di superiorit e di diret
tivit (per es. moralizzando, interpretando, dogmatizzando, ecc.), e
instauri, quando possibile, un dialogo o una comunicazione discor
siva, offrendo, al m om ento opportuno, le inform azioni oggettive e
necessarie, proponendo ai giovani di esam inare insieme i propri
punti di vista sui diversi argom enti, per trovare insieme ad essi delle
soluzioni alternative, in modo che essi stessi si confrontino con i
loro pensieri non chiari o con le loro opinioni non m aturate, ecc.
Riassumendo, possiam o dire che l'assistenza, intesa come presenza
attiva, sarebbe un incontro poco efficiente se nellinterazione peda
gogica mancassero, da parte dell'educatore, le offerte di quegli ele
m enti che stim olano e facilitano i giovani a vivere la loro vita attuale
ed a prepararsi alla loro vita futura.
Interpretiam o dunque le tre categorie di attivit educativa (circa
la gestione, la cura ed il contatto dialogato) come contributi educa
tivi che possono servire a specificare o a differenziare meglio il com
plesso concetto di assistenza. La distinzione delle attivit educative
secondo le tre dimensioni qui proposte, anche se costituiscono solo
una delle tante possibili classificazioni delle diverse attivit delledu
catore, hanno in fondo la funzione di perm ettere di vedere, pi con
cretam ente, la carit apostolica come assistenza nei diversi aspetti
del processo educativo. ovvio che questo schema pretende di essere
solo indicativo in vista di una riflessione pi approfondita sull'assi
stenza secondo il sistem a preventivo di Don Bosco.

216
d) P rincpi d i fon do nel realizzare lassistenza
La trattazione dellassistenza, intesa come presenza attiva dell'edu-
catore nellinterazione pedagogica dal punto di vista contenutistico,
riguardante cio le aspettative di ruolo, sarebbe parziale se non si
considerassero anche i princpi pedagogici di fondo che dovrebbero
guidare le singole azioni delleducatore.
Un prim o principio dellazione pedagogica deriva dalla n atu ra
stessa delleducazione. In tal senso lassistenza rappresenta un valido
contributo al processo educativo dei giovani, solo se viene realizzata
come azione che stim ola e facilita la loro attivit, affinch essi diven
tino protagonisti della p ropria vita. Nel caso in cui lassistenza fosse
u n attivit che m ettesse i giovani nel ruolo di persone dipendenti,
di consum atori passivi dei diversi contributi, essa svolgerebbe una
funzione negativa, ossia im pedirebbe la loro azione autoeducativa.
Un altro principio che regola lassistenza riguarda la to talit del
processo educativo. Da un lato leducazione ha una dimensione so
ciale, cio norm alm ente si attu a allinterno di una com unit educa
tiva, e pertanto deve rispecchiare ogni singolo m em bro di essa in
relazione allintero gruppo; dallaltro lato, dal punto di vista del
singolo membro, questi deve essere considerato come una totalit
fisico-psichico-spirituale. Quindi leducatore (nella sua attivit peda
gogica) non dovrebbe solo esam inare i suoi interventi secondo criteri
di uguaglianza, m a dovrebbe m ettersi a disposizione delle esigenze
dei giovani sul piano fisico, intellettuale, morale, religioso, ecc.
Nellinterazione educativa lassistenza non una presenza attiva
stereotipata, m a so p rattu tto centrata sulla situazione particolare
dei giovani. In tal senso leducatore m isura il suo impegno per i gio
vani rispetto alla loro et, alla loro form azione previa, alle loro esi
genze particolari, ecc. In tal modo egli pu dim inuire m an mano la
sua assistenza, nella m isura in cui i giovani avranno acquisito quelle
competenze necessarie per affrontare la realt ed avranno dim ostrato
la loro responsabilit nel condurre la propria vita.
Anche se lassistenza realizzata in modo differenziato, rispetto
cio alle condizioni particolari dei giovani, essa si attu a in modo
continuo e segue i criteri del tatto pedagogico. Di fatto, nel caso in
cui leducatore fosse condizionato nella sua attivit da fatto ri p er
sonali (per es. lum ore, il sentirsi stim ato o meno dai giovani, ecc.),
il suo impegno avrebbe poca influenza sulla formazione dei giovani.
Daltra parte, per evitare che il giovane si senta inferiore, debole o
incapace, leducatore, intervenendo, cercher di svolgere il suo com
pito di assistenza secondo il criterio del tatto pedagogico, vale a dire,
offra la sua collaborazione in modo rispettoso, scegliendo, per quanto
possibile, i m om enti opportuni, cercando, infine, di com portarsi come
un p artn er fraterno ed amichevole.

217
4. Conclusione

NeHinterazione pedagogica leducatore salesiano non semplice-


mente uno spettatore; egli presente attivam ente facilitando con i
suoi contributi la realizzazione dellautoeducazione dei giovani. La
pedagogia salesiana descrive la presenza attiva delleducatore, p re
senza che ha funzione preservatrice e costruttiva, secondo la categoria
dellassistenza. Possiamo veder articolata tale categoria secondo le
tre dim ensioni dei contributi che riguardano la facilitazione della
ges tio n e della vita dei giovani, dei contributi che si riferiscono alle
offerte, in senso di cura, ed infine dei contributi che com prendono
l assistenza come c o n ta tto dialogato.
Riguardo la presenza attiva delleducatore salesiano c da dire
che i suoi contributi vengono offerti nella relazione interpersonale
con i giovani, in cui leducatore stesso viene sperim entato come
p artn er amichevole, come fratello maggiore interessato al bene dei
giovani. In tal senso si integrano i contributi educativi ed il modo
di relazionarsi attraverso una presenza capace di favorire un clima
di amorevolezza.
Sullo studio dellassistenza bisogna dire, ancora, che esso, oltre
ad approfondire laspetto storico-teorico, dovrebbe, da una parte,
confrontarsi pii criticam ente con le correnti pedagogiche attu ali e,
dallaltra, riferirsi m aggiormente alla condizione giovanile attuale,
approfondendo lo studio dellassistenza in form a indiretta.

BIBLIOGRAFIA

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W e i n s c h e n k R., Grimdlagen der Pddagogik Don Boscos, M iinchen, Don
B o s c o Verlag, 1980.

218
18.
DIDATTICA
G erm an o P roverbio

1. La parola - 2. Premesse storico-teoriche - 3. Una didattica umanizzante -


4. Umanizzare le discipline scolastiche - 5. La scelta del provvisorio.

1. La parola

L'timo del term ine per s non crea incertezze, risalendo al greco
SiSffxeiv, che significa insegnare; gli autori, tuttavia, che nel decorso
storico si sono interessati ai problem i dellinsegnamento, hanno usato
il term ine in una prevalente accezione pedagogica: Ugo di S. V ittore
( t 1141) lo impiegava p er indicare espressam ente che l'insegnare coin
cide con leducare e l'educare con l'insegnare; e cos ancora fino a
Comenio (1592-1671), che nella sua D ida ctica M agna tracciava p ra ti
cam ente le linee di una teoria delleducazione; m entre J.F. H erbart
stesso (1776-1841), con il quale si va afTermando una certa distinzione
fra insegnam ento ed educazione, affrontava il problem a della didat
tica in term ini di insegnam ento educativo ( Confesso [...] di non
aver alcun concetto di un'educazione senza istruzione, come vice
versa [...] non riconosco alcuna istruzione la quale non educhi );
e O. W illmann con la sua D id a k tik a b B ildu n gslehre (1882-1889)
ribadiva l'istanza di un processo di trasm issione del sapere che fosse
nel contem po didattico ed educativo.

2. Premesse storico-teoriche

Alle diverse assunzioni del term ine corrispondono, in tem pi a noi


pi vicini, prem esse teoriche ben differenziate:
1) I princpi dell'idealismo gentiliano hanno dato origine alla d i
d a ttic a d e llinsegnam ento, o delle m aterie, fondata sul presupposto
che il possesso della m ateria crea autom aticam ente la capacit di
insegnarla, senza alcuna esigenza di riferim enti a tecniche operative
positivam ente determ inabili.

219
2) Al positivismo sperim entalista si appella, per contro, la d id a ttica
d e lla p p ren d im en to , o delle tecniche, contrassegnata ulteriorm ente
dai diversi indirizzi di psicologia, da cui stata influenzata. Se
lecito infatti riferirsi, in generale, al cosiddetto a ttiv is m o , necessario
anche definirne i caratteri specifici, propri delle singole scuole:
a) la centralit dei bisogni del fanciullo, la ricerca di m otiva
zioni che consentano di identificare gli interessi, la promozione del
lattivit spontanea sulla base di progetti e di scopi determ inati
(J. Dewey);
h) il metodo globale e i centri di interesse , l'individua
lizzazione e la socializzazione dellinsegnam ento, il metodo della
ricerca e il lavoro di gruppo, lesplorazione dellam biente naturale
e sociale, il gioco, le attivit espressive e m anuali, la composizione
tipografica (O. Decroly, C. Freinet);
c) la psicologia genetica di J. Piaget, che conferisce alle scuole
attive una base scientifica, distinguendo, in relazione agli stadi evo
lutivi dello sviluppo del fanciullo, il pensiero operatorio concreto
(fra i sette e gli undici anni circa), caratterizzato dalla m.anipolazione
di m ateriali reali, e il pensiero operatorio astratto, capace di cogliere
e di produrre rappresentazioni simbolico-formali della realt;
d ) l'apprendim ento stru ttu rale di J.S. Bruner, ossia lapprendi
m ento dei princpi e delle idee fondam entali, che costituiscono le
stru ttu re delle diverse discipline: stru ttu re che devono assum ere
form e o versioni via via rispondenti alle stru ttu re cognitive del
soggetto, nei vari livelli di apprendim ento (insegnam ento a spirale);
e) il neocom portam entism o di B.F. Skinner, da cui derivano
tu tte le tecniche didattiche, che privilegiano il m om ento dellinfor
mazione e del condizionam ento intellettivo, facendo ricorso a pro
gram m i stru ttu rati in sequenze di unit, dove la soluzione di ciascuna
di esse richiesta per poter procedere nel program m a (istruzione
program m ata).
3) Infine, dalla scienza della comunicazione e del controllo
dipende quella che stata chiam ata la d id a ttic a cibernetica, in quanto
abbraccia tu tti i problem i relativi alla ottimizzazione dei processi
di apprendim ento, inteso come rapporto comunicativo fra docente
e discente [ ^ r a p p o r t o e d u c a t i v o ] .
Da questo modo di in terp retare la didattica sono sorte im portanti
strategie educative, che si possono ricondurre allunico term ine di
tecnologia dellistruzione. Tali sono in particolare: la program
mazione per curricoli (obiettivi, contenuti, metodo, valutazione); le
nuove procedure per un apprendim ento individualizzato e per una
valutazione form ativa (m a s te r y learning)] lorientam ento a distribuire
la popolazione scolastica in gruppi di apprendim ento anzich in gruppi-

220
classe, rigidam ente costituiti ed erroneam ente considerati omogenei
{ te a m learning e team teaching); il confronto continuo con le altre
agenzie educative e la promozione della gestione dem ocratica
della scuola, attraverso gli organism i di partecipazione.

3. Una didattica umanizzante

Al di l di queste conquiste della didattica, esiti positivi del suo


continuo evolversi sotto la spinta e la sfida delle scienze umane con
cui venuta via via a contatto (filosofia dell'educazione, psicologia,
sociologia, scienze della comunicazione ...), va dato rilievo al m om ento
che ha maggiorm ente caratterizzato e ancora caratterizza il discorso
sulla didattica allinterno di un progetto educativo. Assunta, innan
zitutto, una definizione di didattica in term ini di teoria dellaiuto
sistem atico offerto al ragazzo che im para in un am biente specia
lizzato (N. Perquin), da essa consegue, sul piano operativo, la ne
cessit di una revisione radicale del rapporto fra insegnante e allievo.
Il rapporto didattico, in cui i ruoli del docente e del discente erano
segnati da una concezione verticale e depositaria delleducazione
e da un passaggio di nozioni e di inform azioni che avveniva nellunica
direzione insegnante-allievo, vuol essere sostituito da un rapporto dia
logico e umanizzante, in cui prevale una circolarit di comunicazione
fra insegnante ed allievo, anzich un movimento a senso unico. P. Freire
direbbe: Non pi educatore delleducando; non pi educando del
leducatore; m a educatore-educando con educando-educatore .
Se un ruolo proprio spetta ancora allinsegnante il ruolo del
ladulto, in quanto si rende conto che quando inizia questo processo
[il nuovo rapporto con leducando] egli si prepara a m orire. Solo con
questa m orte che solo egli pu prendere su di s sar possibile
la sua rinascita come allievo, e la rinascita dellallievo come educa
tore. Leducatore uno che vive il profondo significato della Pasqua
(P. Freire).
Questo atteggiam ento nuovo dellinsegnante di fronte allallievo
(non pi inteso come recipiente da riem pire ma come uomo da
prom uovere ) com porta u n autentica ascesi, che fatta di continuo
studio e di perm anente revisione degli strum enti che sono p ropri
dellazione didattica. Si tra tta di um anizzare la didattica, che significa
innanzitutto um anizzare la cultura: superare cio il concetto e la
prassi di una trasm issione di contenuti prefabbricati, assoluti e sta
tici, p er farli diventare ricerca e continua verifica; um anizzare la
cultura, ancora, nel senso che non si identifichi con la cultura let
terata , m a che si dia pari valore allimpegno di com prendere il
m ondo e di trasform arlo, con il proprio lavoro, per renderlo pi
umano: dovunque e com unque luomo operi, egli creatore di cultura.

221
4. Umanizzare le discipline scolastiche

Umanizzare la didattica vuol dire anche um anizzare le discipline,


riesam inarle cio in funzione delluomo. Questa attenzione alluomo,
destinatario e insieme attore del processo didattico-educativo, esige
per prim a cosa lo sforzo a superare le barriere esistenti fra le disci
pline scolastiche: e ci in nome delluomo uno e totale , e in
nome anche della stessa realt, che luomo ha dinanzi, non scom
posta in segmenti, ma com presa nella sua interezza e totalit.
Una via che ci consenta di unificare in assoluto le discipline sco
lastiche non ancora facilm ente ipotizzabile: ci non elimina tuttavia
lurgenza di trovare concezioni nuove in sostituzione di quelle
tram andate , superate e spesso inesatte delle diverse discipline;
concezioni che ci consentano di scoprire lunit l dove non si avver
tiva che la diversit, attraverso un processo che, muovendo dalle
idee fondam entali, o dalle stru ttu re, di ogni disciplina, porti a sco
prire nessi insospettati, per esempio, fra un curricolo di m atem atica,
gli apprendim enti linguistici e le attivit espressive pi varie: nessi
di fondo e non fortuite convergenze.
Donde emerge che la tensione verso lunit del sapere ideale
regolativo della ricerca si coltiva so p rattu tto nellapprofondim ento
della propria disciplina, in una prospettiva aperta che renda com
plem entari le singole competenze, che induca lesperto a confrontarsi,
nella consapevolezza dei propri limiti, con gli altri esperti, p er ren
dere un vero servizio alluomo e alla verit.
Il confronto, infatti, m entre tiene viva la tensione verso lunita
riet del sapere, garantisce da! rischio della assolutizzazione dei con
tenuti dei singoli settori disciplinari, e rinvia continuam ente al desti
natario della ricerca, che luomo-da-educare, perch venga egli stesso
coinvolto come attore e come protagonista.
Aprire ora un discorso, in cui si considerino le didattiche delle
discipline nella prospettiva indicata, possibile solo se ci lim itiam o
alle grandi aree disciplinari: larea linguistico-letteraria; larea arti
stica; larea delle scienze sociali; larea m atem atica, fisico-tecnologica.
1) Perch luomo occupi veram ente il centro degli obiettivi propri
dellarea linguistico-letteraria, si chiede che egli sia sem pre presente
come soggetto parlante e non come oggetto parlato : la lingua,
infatti, che per luomo, e non gi luomo per la lingua. Di qui la
necessit di una educazione linguistica che, m entre abbraccia tu tti
i possibili usi che della lingua luomo pu fare e non trascu ra di
rilevare, insieme, gli aspetti norm ativi che regolano gli usi stessi,
faccia della lingua un reale strum ento di comunicazione, e non una
occasione per mere esercitazioni scolastiche, prive d ogni carattere
motivante.

222
Il testo letterario, in particolare, deve prom uovere quella estetica
della recezione o quella capacit di percezione della parola, che con
sente al lettore di entrare da creatore in ci che visto, sentito e
pronunciato , di assim ilare il ritm o, l'intonazione, la tensione arti-
colatoria, la gesticolazione interna (i movimenti creativi) del rac
conto, lattivit figurativa della m etafora, ecc. (M. Bachtin).
2) Le riflessioni sulla lingua poetico-letteraria, sul testo come opera
d arte, si possono estendere a tu tte le form e che rientrano nell'area
artistica. M entre tuttavia p er l'opera d arte verbale il lettore possiede
una certa conoscenza dei m ateriali linguistici che, attraverso un p ro
cesso di straniam ento a cui la rtista li sottopone, riescono a sve
lare nella poesia tutte le loro possibilit ( come se la poesia scrive
Bachtin spremesse dalla lingua tu tti i suoi succhi ), per le altre
arti (architettura, arti figurative, musica ...) lo studioso che voglia
accostarsi alloggetto artistico deve prendere conoscenza anche dei
m ateriali indispensabili per la creazione dellopera: le linee e le figure
della geom etria, il m oto della dinamica, il suono dell'acustica ...
In ogni caso, nel confronto con i p rodotti artistici dell'uomo, l'edu
cazione alla critica deve rifuggire da form ule dogmatiche, che, dinanzi
alla com plessit del fenomeno artistico, credono di poter parlare di
un solo m etodo salvatore ; deve dilatare inoltre l'orizzonte spaziale,
entro cui l'opera contenuta, p er guardare al tempo grande , che
consente di vedere l'opera nel suo continuo farsi, nella liberazione
di tu tte le sue riposte potenzialit, spesso non percepite dagli stessi
autori; deve creare insom m a una so rta di dialogo fra autore e critico,
fra uomo e uomo.
3) Per l area delle scienze sociali intendiam o riferirci in partico
lare all'insegnam ento della storia e della geografia, per una chiara
presenza della centralit delluomo, quale si riscontra nelle stesse
definizioni, che si danno delle due discipline.
La storia definita, infatti, conoscenza del passato umano, co
noscenza delluomo, o degli uomini, di ieri, d un tempo, di ogni altro
tem po (H.I. M arrou); m entre alla geografia si assegna, per defini
zione, lo studio, da p arte delluomo, della terra, in quanto pianeta
di cui egli il principale abitante (R. H artshorne), o lo studio
della te rra in quanto casa delluomo .
Questa insistenza sulluomo, che non figura soltanto come sog
getto di indagine m a anche come oggetto, impone subito una rifles
sione; luomo che studia luomo, sia esso collocato nel tem po (storia)
o nello spazio (geografia), non pu presum ere di raggiungere la cono
scenza oggettiva. Dove en tra luomo, ogni fenomeno che am m ette
una spiegazione, ne am m ette un certo num ero di altre, egualm ente
in grado di spiegare la n atu ra del fenomeno stesso (Poincar): un

223
fenomeno umano che venga spiegato in un solo modo, rim ane, per
cosi dire, ancora inesplicato.
In tal senso dobbiam o riconoscere che la storia non p o rta nep
pure a una quasi certezza (H.I. M arrou) e che nessuna verit
storica inconfutabile e vincolante. La passione dello storico non
dunque la ricerca della oggettivit; la sua passione quella di
com prendere : No n com prendiam o mai abbastanza. [...] La sto
ria [...] deve aiutarci a guarire da questo difetto (M. Bloch).
Per la geografia, la presunzione della oggettivit pu derivare da
una certa esclusione a cui luomo sottoposto; dal considerare cio
come oggetto di studio suo proprio la natura-meno-luomo . Una
volta introdotto luomo come oggetto della ricerca geografica, non
solo egli ne costituisce lelemento fondam entale m a diventa la mi
sura di ci che significativo: botanica, zoologia, metereologia,
geologia ... vengono studiate dal geografo da un peculiare punto di
vista, che luomo. Il carattere mutevole della terra giustificato
in quanto la terra lo spazio della quotidiana esperienza um ana, che
diversa da luogo a luogo.
Se la ricerca storica e geografica non ci consentono conoscenze
oggettive ed assolute, esse costituiscono almeno il m om ento im por
tante, in cui si realizza un lungo incontro degli uom ini (M. Bloch).
4) Dall'area m atem atic a, fisico-tecnologica ci viene, infine, il ri
chiamo allim portanza del m etodo scientifico e ai suoi aspetti carat
teristici. M entre esso mira, infatti, alla conoscenza oggettiva, con il
ricorso a strum enti parim enti oggettivi, non garantisce peraltro che
loggettivit voglia dire anche assolutezza e definitivit: un aspetto
tipico, infatti, del metodo scientifico quello della rivedibilit dei
risultati conoscitivi. Qualsiasi spiegazione di fenomeni, pertanto, an
che m ediante le tecniche pi rigorose, pu essere messa in discus
sione e anche i risultati pi scientifici possono correre il rischio del
fallim ento. La falsificabilit , secondo Popper, la caratteristica
pi im portante delle scienze: pi che cercare i fatti che convalidano
una teoria scientifica, occorre allora osservare e cercare i fatti che
la possono falsificare. Il metodo scientifico, che le scienze sperim en
tali hanno inaugurato, induce pertanto a non considerare mai come
definitivi i dati anche scientificamente acquisiti, a non assolutizzarli,
ritenendo concluso ogni processo di osservazione e di ricerca; induce
ad assum ere le teorie scientifiche come relativizzabili per principio
e provvisorie. Di pi: ogni teoria scientifica si pone come ipotesi da
verificare, come dato da tenere sem pre sotto il controllo della osser
vazione.
Il metodo scientifico, cos inteso, la via pi sicura per una edu
cazione al senso del relativo, allimpiego di giudizi form ulati non
tanto in term ini di vero o di falso , quanto piuttosto in ter

224
mini di coerente o di non coerente . Ci che pi conta, ai fini
educativi, che insegnando, per esempio, anche la m atem atica, si
pu almeno tentare di dare alle persone il gusto della libert e della
critica, abituandole a vedersi tra tta re da esseri um ani dotati della
facolt di capire (Godement).

5. La scelta del provvisorio

Dallinsieme delle considerazioni precedenti, pu derivare forse il


senso di una celebrazione del provvisorio e del relativo, di una scelta
che privilegia linsicurezza. L'intento era solo quello di liberare dal
lillusione delle assolutizzazioni, che degenerano facilm ente nella sta
ticit e nella chiusura delle ideologie, contro la dinam icit e laper
tu ra della scienza e del fare cultura .
Il richiam o ancor pi urgente p er chi professa di credere nel
Dio assoluto e trascendente: in questo caso, ogni assolutizzazione
dei risultati delle nostre ricerche provvisori e relativi come lespe
rienza ci conferm a diventa lesaltazione e la celebrazione di altret
tan ti idoli, che opponiamo allunico Assoluto. Se assum iam o invece
che in una elaborazione culturale cristiana i dati offerti da tu tte le
scienze, che hanno l'uom o e il mondo come oggetto della loro ricerca,
si fondono con la conoscenza che delluomo offre la Rivelazione
(G. Lazzati), segno allora che i dati um ani, sem pre m utevoli e prov
visori, rendono dinamico anche il loro confronto con il dato rivelato,
e non consentono di fissare una volta p er sem pre il punto di incontro
e di fusione .

BIBLIOGRAFIA

A u d o u in F., Ciberntica y ensenanza, Madrid, Narcea, 1974.


B r a id o P., La teoria delleducazione e i suoi problemi, Ziirich, PAS-Verlag,
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P e l l e r e y M. (Ed.), Progettare leducazione nella scuola cattolica, Roma,
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P r o v e r b io G., Problemi della scuola e della didattica, Leumann (Torino),
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T i t o n e R., Metodologia didattica, Roma, LAS, 1975^
V e r g o t b A., Per un progetto educativo fondato su Ges Cristo, Leumann
(Torino), LDC, 1981.

225
15
19.
ORIENTAMENTO
K le m e n t Poldcek

1. Term ini - 2. Componenti e finalit del processo - 3. Componenti m orfologiche


e biofsiche - 4. Componenti della personalit - 5. Fattori - 6. Interventi - 7. Teorie
della scelta - 8. Finalit - 9. Conclusione.

1. Termini
Lo scopo di questo lavoro di esporre i fini e i metodi dellorien-
tam ento e delinearne cos il concetto. Per poterlo fare occorre per
prim a chiarire il significato di alcmii term ini pii ricorrenti riguardo
allargomento.
Il term ine orien ta m e n to usato in italiano (in francese orienta-
tion ) il pi adatto fra quelli usati in altre lingue, perch esprim e
bene la realt che intende significare. In fatti esso indica la tensione
verso una determ inata direzione per trovare, tra quelle possibili, la
direzione giusta. I term ini ad o ttati in altre lingue, come quello inglese
Guidance (guida) e il tedesco B eru fsb era tu n g (consiglio nelle que
stioni professionali), sono o troppo direttivi o troppo esterni al pro
cesso formativo.
N aturalm ente con il term ine orientam ento si esprim e u n con
cetto generale applicabile ad una qualsiasi realt. Sul piano appli
cativo viene delim itato il campo e definita la sua natura. Si p arla di
orientam enti sociali se applicato ai fatti sociali, di orientam enti
pastorali se vengono offerte delle indicazioni su come condurre
lattivit pastorale, ecc. Quando il term ine viene applicato al settore
professionale, il campo circoscritto al processo dello sviluppo pro
fessionale e viene giustam ente u sata la denominazione orientam ento
professionale . Lorientam ento professionale ha la finalit di aiutare
l individuo durante la sua fase evolutiva a prepararsi alla fu tu ra atti
vit professionale, in modo che essa sia espressione di un corretto
processo m aturativo e la scelta operata sia la pi conveniente, come
conclusione dello stesso processo.
Linserim ento nel mondo del lavoro per lo stadio finale del
processo professionale che preceduto da altre fasi, particolarm ente
da quella dellistruzione scolastica. Laiuto che viene dato allindi
viduo durante questa fase, so p rattu tto riguardo alla scelta degli in
dirizzi scolastici, viene chiam ato orientam ento scolastico . Lorien-

226
tam ento scolastico deve essere considerato semplicemente una fase
dello sviluppo professionale, subordinata allorientam ento professio
nale. La maggior p arte degli operatori sono contrari alla divisione
dellorientam ento, sottolineando il fatto che lo sviluppo unico e la
distinzione teoricam ente inutile e praticam ente dannosa, in quanto
d origine a servizi sociali distinti e a interventi differenti che sono
in cronico contrasto. Essi auspicano listituzione di un unico servizio
e propongono un terzo term ine educativo , adottando quindi la
espressione orientam ento educativo .
La denominazione orientam ento educativo , p u r salvando l'u n it
e la continuit del processo, presenta per linconveniente di non
definire la specificit del processo. In fatti lorientam ento educativo
com prende lintera azione educativa, di cui lo sviluppo professionale
rappresenta una parte. Per questa ragione non sem bra opportuno
qualificare il processo con laggettivo educativo . Dato che con lin
tervento orientativo si intende aiutare lindividuo durante il suo svi
luppo a operare u n adeguata scelta professionale, riferendosi a que-
s tultim a finalit, p u r non ignorando le finalit interm edie (aiuto nella
scelta scolastica), si preferisce ad o ttare lespressione orientam ento
professionale .
Dopo questa chiarificazione occorre fare ancora una precisazione.
D urante il suo sviluppo lindividuo aiutato da specialisti a operare
un attivo e vitale adattam ento, a rim uovere gli ostacoli allo sviluppo
ed eventualm ente a correggere alcuni suoi com portam enti devianti.
Q uesta attivit degli esperti, sempre individualizzata, viene denom i
nata Counseling (consiglio). Si distingue dallorientam ento in quanto
affronta tu tte le com ponenti dello sviluppo dellindividuo. Tale inter
vento pu contribuire, naturalm ente, anche a rim uovere gli ostacoli
alla m aturazione professionale, m a non si lim ita a considerare solo
lo sviluppo professionale.
Da quanto stato detto finora si pu capire facilm ente che lorien
tam ento strettam ente legato allo sviluppo professionale. Dato che
ogni sviluppo un processo, lorientam ento viene inteso come un con
tinuo processo che inizia con la fase evolutiva in cui lindividuo in
grado di esprim ere i prim i atteggiam enti verso il mondo del lavoro
e si conclude con la cessazione dellattivit lavorativa.
In queste pagine cercheremo di definire il processo dellorienta
m ento, ne illustrerem o le com ponenti e indicherem o le finalit che
tale processo m ira a raggiungere,

2. Componenti e finalit del processo


Con una certa semplificazione si pu dire che lorientam ento favo
risce il passaggio degli individui dalla famiglia alla societ, in p arti
colare offre loro un aiuto p er allargare il campo delle proprie cono

227
scenze sul mondo del lavoro. D urante questo lento e lungo passaggio
intervengono dei fatto ri che hanno una rilevanza molto differente
secondo la loro n atu ra nel processo deUorientam ento. Il prim o di
tali fattori in ordine di tempo la famiglia con il suo modo di essere;
l'ultim o costituito dagli interventi program m ati degli operatori
sociali i quali, servendosi di metodologie scientificamente convali
date, si propongono di raggiungere lo scopo finale deHorientam ento;
la m atu rit professionale dellindividuo. Lintero processo rap p re
sentato schem aticam ente nella tabella 1. Nelle pagine che seguono
cercherem o di descrivere le singole com ponenti senza analizzarle a
fondo, riportando solo le inform azioni largam ente condivise sullar
gomento.

3. Componenti morfologiche e biofisiche

La personalit si costruisce attraverso un processo di interazione


tra fattori genetici e fatto ri am bientali. Alla nascita sono gi pre
senti nellindividuo alcune caratteristiche di n atu ra morfologica (aspet
ti esterni) e biofisica (sistem a nervoso e sistem a endocrino) che gui
deranno il processo interattivo, dando origine al tem peram ento del
l individuo e contribuendo poi in seguito alla form azione del suo
carattere.
Le due com ponenti hanno poca rilevanza nel processo dello svi
luppo professionale e, se ce lhanno, riguarda so p rattu tto i lim iti che
pongono alla scelta di una determ inata professione. Simili im pedi
m enti sono noti con il term ine di con tro indicazion i (allergie, disturbi
sensoriali, e simili).
Le dim ensioni della personalit che si form ano in questa intera
zione hanno pure scarsa rilevanza nel processo stesso. Praticam ente
gli individui che esercitano le pi svariate attivit professionali si
differenziano solo debolm ente nelle dimensioni della personalit.
Notevole im portanza assume invece in questo processo la varia
bile sesso. Colui che svolge lattivit orientativa non pu ignorare
che il suo intervento diretto a un ragazzo oppure a una ragazza.
Esam inando le statistiche sulla distribuzione delle forze lavorative,
si nota una evidente sperequazione tra gli uom ini e le donne presenti
nei vari settori occupazionali. Differenziate sono anche le attese so
ciali riguardo a quello che pu fare un uomo e una donna, m a soprat
tu tto la carriera professionale di un uomo e di una donna si svolge
in condizioni molto differenti. La donna che si sposa pone gi dei
lim iti al suo avvenire professionale e, se diventa m adre, dovr inter
rom pere per un periodo pi o m eno lungo la sua attivit a scapito
dellavanzamento nel campo professionale.

228
H STRUTTURA SOCIO-ECONOMICA
HH
O Ruoli professionali
oC/5 (BEN E COMUNE)

PROGETTO PROFESSIONALE
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(Concetto di s)
-1 SCELTA VALIDA - MATURIT PROFESSIONALE
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FATTORI GENETICI E AMBIENTALI


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BISOGNI - INTERESSI
w ATTITUDINI
10.
VALORI - IDEALI

229
4. Componenti della personalit

Dal substrato morfologico e biofisico emergono tre com ponenti che


rivestono una grande im portanza in questo processo. Tali com ponenti
devono essere considerate nella loro stru ttu ra, costanza e differen
ziazione. Nella tabella 1 sono disposte in ordine cronologico secondo
la loro formazione e m aturazione.

4.1. In te ressi
L interesse in stretto rapporto con il bisogno. Il bisogno una
carenza dellorganism o che spinge linteressato a soddisfarlo. La sod
disfazione avviene in stretta dipendenza dallam biente in cui l indi
viduo vive, che gli offre delle possibilit di soddisfare i vari bisogni.
Con la frequenza di determ inate soluzioni si form a l interesse. Lin
teresse, quindi, un bisogno canalizzato verso oggetti e situazioni,
accom pagnato da una sensazione di piacevolezza. Allinteresse si op
pone non il disinteresse (che indifferenza), m a il rifiuto, che con
siste nella sensazione di spiacevolezza provata per oggetti e situa
zioni. Estendendo queste considerazioni alle attivit professionali,
linteresse professionale consiste nella sensazione di appagam ento
che viene dallesercizio di una determ inata professione, che si tram u ta
in spiacevolezza e insoddisfazione se si costretti a svolgere una
differente attivit.
Gli interessi professionali sono i prim i a form arsi; gi i bam bini
esprim ono le loro scelte professionali, fondate esclusivamente sulla
piacevolezza , a livello in genere puram ente im maginario.
Dato il notevole num ero dei titoli professionali (oltre 20.000), 1
teorici hanno cercato di raggruppare le specifiche attivit profes
sionali in aree. Tale classificazione stata fatta secondo criteri logici
(contenuto delle professioni) ed em pirici (esam inando lomogeneit
dei contenuti con m etodi statistici), Noi riportiam o le aree ottenute
con il secondo m etodo, e precisam ente con lanalisi fattoriale. Nelle
varie analisi che sono state condotte, le aree pii ricorrenti erano:
Lavori allaperto, Lavori tecnici, Lavori di contabilit. Lavori scien
tifici, Lavori basati sulla persuasione. Lavori artistici, Lavori letterari.
Lavori musicali. Lavori di servizio sociale. Lavori di ufficio (l'esem
plificazione delle attivit lavorative com prese nelle aree enum erate
si pu trovare in una nostra pubblicazione: Polcek, 1979, 80-84).
Gli interessi professionali diventano sufficientemente stabili verso
il 16 anno di et, m a in alcuni soggetti sono costanti gi a 11-12 anni.
Molte personalit del mondo dellarte e della scienza hanno m anife
stato precocem ente gli interessi per le attivit nelle quali hanno poi
raggiunto u n abilit eccezionale.
Dagli interessi dipende, come prevedibile, la scelta professionale

230
(e prim a quella scolastica), la stabilit nel lavoro (e prim a nei corsi
universitari) e la soddisfazione nel lavoro (e prim a neH'indirizzo sco
lastico). Scarso rapporto esiste, contrariam ente allopinione comune,
tra gli interessi professionali e le attitudini.
Gli interessi sono subordinati, naturalm ente, alle capacit del sog
getto e agli sbocchi lavorativi.

4.2. A ttitu d in i

Per attitudine si pu intendere u n a predisposizione (innata) che


si sviluppa nell'interazione con lam biente e si perfeziona m ediante
l'esercizio. Unattitudine gi sviluppata viene chiam ata capacit oppure
abilit. Affine anche il term ine intelligenza, cui si fa riferim ento in
una duplice accezione: in senso stretto, in relazione ai processi cogni
tivi esplicativi, e in senso lato in relazione alla capacit generale di
apprendim ento e allefficienza in tu tti i processi cognitivi.
Nel processo dellorientam ento sono im portanti sia le capacit
(quando si tra tta di operare una scelta in base al livello acquisito)
sia le attitudini (quando si tra tta di svilupparle con lapprendim ento).
Anche p er questa com ponente occorre esam inare la costanza, la
stru ttu ra e anche la differenziazione.
La costanza delle attitudini specifiche non stata verificata in
modo sistem atico. Sono state invece condotte m oltissim e ricerche
sulla costanza dello sviluppo deUintelligenza, dalla nascita fino alla
conclusione del processo. Secondo i vari studi, gi all8 anno lo
sviluppo intellettuale dei fanciulli abbastanza stabile, e tale stabi
lit aum enta, naturalm ente, con let. Per p oter capire quanti cam
biam enti si possono verificare a una determ inata et cronologica,
alcuni ricercatori hanno fissato orientativam ente verso il 20 anno
di et la conclusione dello sviluppo intellettuale dei soggetti. Prece
dentem ente avevano rilevato lo sviluppo periodicam ente e avevano
stabilito retrospettivam ente la percentuale dello sviluppo realizzata
per ogni et cronologica. Dalle verifiche risulta che verso il 14 anno
i soggetti realizzano pii del 70% del loro sviluppo totale e a 15 anni
pi dell'80%. Questi dati indicherebbero che dopo il 15 anno non
possono avvenire dei sostanziali cam biam enti, dato che solo il
20% dello sviluppo rim ane ancora da com pletare. In base a questi
dati possiam o concludere che verso i 14-15 anni le attitudini (pili
esattam ente, lintelligenza) hanno raggiunto orm ai il m assim o del
loro sviluppo. Queste verifiche per riguardano solo lo sviluppo
quantitativo e non prendono in considerazione lo sviluppo qualita
tivo, che certam ente continua anche nellet adulta durante la piena
m atu rit dellindividuo.
La stru ttu ra delle attitudini varia secondo i presupposti teorici

231
dei ricercatori e dei m etodi usati. Tra i vari modelli quello che ha
ottenuto il consenso pii largo la seguente stru ttu ra, form ata da
sei fatto ri (unit logicamente e sperim entalm ente abbastanza
indipendenti):
1) capacit di organizzazione percettiva: si m anifesta p er mezzo
del m ateriale percettivo e figurativo con una notevole com ponente
spaziale (si veda in seguito);
2) capacit inventiva e produttiva: si m anifesta nei com piti che
richiedono versatilit, fluidit, inventivit ed una visione globale del
problem a;
3) capacit di concentrazione: si m anifesta nei com piti semplici
che richiedono per una continua attenzione, rapidit di com pren
sione e velocit di esecuzione;
4) capacit elaborativa, pensiero form ale logico e capacit di
giudizio: si m anifesta per mezzo dei com piti che richiedono p er la
soluzione il possesso di una ricca informazione;
5) abilit num erica: si m anifesta nelluso dei simboli num erici
secondo precise regole;
6) capacit verbale: consiste nella ricchezza di vocabolario e
nelluso corretto delle parole.
Le singole capacit vengono messe in rapporto con gli indirizzi
scolastici, le facolt universitarie e con le specifiche professioni. Tale
rapporto viene stabilito logicamente (abilit num erica - liceo scien
tifico - facolt di m atem atica - program m atore) oppure em pirica
m ente (rilevazione delle attitu d in i con i test e confronto dei risultati
con i profili di differenti professionisti). Utili indicazioni su tale
rapporto si possono trovare nellopera di Lepore (1968).
Dopo la presentazione della stru ttu ra delle attitudini si pone
logicamente la dom anda sulla differenziazione. Secondo la teoria
di qualche ricercatore, da un concetto unitario deUintelligenza si passa
progressivam ente a una differenziazione o specificazione delle com
ponenti intellettive, concretizzate nei fatto ri attitudinali sopra ripor
tati. In analogia con lo sviluppo organico dellindividuo che da una
m assa am orfa di tessuti si differenzia in stru ttu re organizzate, gli
autori suppongono che un processo simile avvenga anche per le atti
tudini. La questione controversa, in quanto gli studi in cui la teoria
stata verificata sono incerti e talvolta persino contraddittori. Attual
m ente si ritiene che la differenziazione dellintelligenza abbia sostan
zialm ente significato, m a la sua applicabilit pratica sia in realt
nulla. Infatti si sa ben poco su quando le abilit specifiche emergono,
da quando diventano stabili e quanto siano modificabili.

232
4.3. V a lori

Analogamente agli interessi generali, cos anche i valori generali


vengono applicati alla realt lavorativa. In altre parole i valori gene
rali, se realizzati nell'attivit lavorativa, diventano valori professionali.
La definizione dei valori generali non aiuta m olto a capire i valori
professionali.' Tenteremo perci di descriverli semplicemente. Prim a
per dobbiamo introdurre la distinzione tra valori finali e valori
strumentali. I prim i trovano la loro ragione in se stessi (felicit, sere
nit), i secondi sono solo dei mezzi per realizzare i prim i (retribuzione).
Ogni individuo spinto interiormente a dare un significato alla
propria esistenza. Aspirando a certi valori trova il senso dellutilit
della propria vita. Dato che l'attivit lavorativa lo impegna per gran
parte della giornata, la professione pu offrirgli la possibilit di rea
lizzare alcuni valori essenziali che, in quanto assumono contenuti
lavorativi, diventano professionali. Un chirurgo che salva le vite rea
lizza elevati valori e si sente utile alla societ e pu trovare la pie
nezza dell'esistenza e il significato della sua vita. Semplificando si
pu dire che i valori professionali sono dei m otivi che spingono un
individuo a preferire o rifiutare un'attivit lavorativa.
Esiste una vasta gamma di valori, differenti per importanza e
qualit . Poich non possibile presentarne una esauriente tasso
nomia, ci lim itiam o ad una esemplificazione distinguendo tra i due
tipi di valori. V alori finali: creativit, servizio sociale, perfeziona
mento, autorealizzazione; valori strumentali: prestigio, retribuzione,
sicurezza, indipendenza, rendimento, supervisione, perfezionamento,
avanzamento nella carriera, responsabilit, ecc. [ -e v a l o r i e a t t e g g ia
m e n t i ].

Ogni individuo sensibile a valori diversi e possiede una sua


gerarchia, pi o meno coerente e stabile, di valori. Dai valori dipen
dono, naturalmente, la scelta professionale e la stabilit come anche
la soddisfazione professionale.
I valori professionali iniziano a form arsi dopo i dieci anni, ma
fra le tre componenti sono gli ultim i a maturare. L'et in cui sono
sufficientemente strutturati e stabili verso il 18 anno di vita.

5. Fattori

Il processo dell'orientamento guidato, promosso e stimolato da


alcuni fattori, di cui una parte agisce semplicemente (o prevalente
m ente) con il suo m odo di essere (com pagni e la stessa fam iglia del

' Si veda la seguente definizione: Il valore una convinzione duratura


secondo la quale l individuo si comporta nella vita sia privata che pubblica .

233
soggetto) e altri intenzionalmente e con una finalit ben precisa
(servizi sociali). N e lleconomia di questo lavoro non possibile de
scrivere i ruoli che le singole istituzioni svolgono in questo processo.
Ci lim itiam o a qualche accenno [ -c a m b i e n t e ].

5.1. F a m ig lia

La fam iglia con il suo livello socio-economico il prim o agente


che facilita o lim ita lo sviluppo professionale. La natura dellattivit
che il padre del soggetto svolge guida i prim i atteggiamenti del figlio
verso il mondo del lavoro. In oltre nel passato, ma ancora attual
mente, il livello socio-economico lim ita laccesso agli studi superiori
del figlio, soprattutto se la fam iglia vive lontano dai centri urbani.
La fam iglia anche portatrice dei valori professionali che il figlio
facilm ente assimila, basandosi sugli apprezzamenti che di frequente
vengono fatti nell'am bito fam iliare riguardo alle specifiche profes
sioni. Infine, normalmente, la fam iglia ha le sue pi o meno chiare
aspirazioni, realistiche o irrealistiche, su quello che il figlio dovr
realizzare.
L influsso che la professione paterna (ed eventualmente l attivit
della m adre) esercita sulle preferenze del figlio m olto complesso
(identificazione-opposizione) e non pu essere qui trattato. Possiamo
solo affermare che vi una continuit tra l area professionale in cui
lavora il padre e l area preferita dal figlio.

5.2. Com pagni

I compagni di classe con la loro stessa provenienza sociale, le aspi


razioni e le scelte professionali influenzano lo sviluppo del soggetto.
Pii! stretto il rapporto di amicizia e maggiore l influsso esercitato.

5.3. S cu ola

Dopo la famiglia, la scuola offre i prim i m odelli professionali.


nota la frequente identificazione degli allievi della scuola elemen
tare con la maestra e il maestro. Ma la scuola contribuisce allo svi
luppo professionale anche con i contenuti delle singole materie e tal
volta media le prime sia pur lim itate esperienze lavorative.
La scuola, in modo particolare, contribuisce con la valutazione
d ellapprendimento a form are n ellallievo un concetto realistico di
s per quanto riguarda le sue capacit intellettuali.
Recentemente sono stati fatti dei tentativi significativi per colle
gare la scuola al mondo del lavoro, sia con una istruzione organica
sul mondo del lavoro (m ovim ento della ca reer e d u c a tio n ) sia con
dirette esperienze lavorative (alternando istruzione e lavoro).

234
6. Interventi

In questa parte verr delineato, brevemente, il modo come inter


venire nel processo di orientamento. Si tratta, quindi, di indicare
qualche metodo per raggiungere la finalit dellorientamento enun
ciata nelle prim e pagine di questo lavoro. In pieno accordo con la
concezione personalistica dellorientamento, il m etodo qui proposto
individualizzato anche se qualche suo aspetto pu essere seguito
collettivamente.

6.1. S o g g e tto

Dalla precedente esposizione risulta chiaramente come al centro


del processo la persona. Ma proprio per questo suo posto centrale
il soggetto deve conoscersi bene nella prospettiva lavorativa. Tale
conoscenza si basa su diversi elementi, come l esame della sua situa
zione fam iliare e la rilevazione delle componenti della personalit
(precedentemente esposti) con le tecniche standardizzate. La rileva
zione della situazione fam iliare avviene normalmente con una scheda,
dove vengono riportate le inform azioni di base (com posizione della
fam iglia, livello socio-economico, ecc.). Le componenti della perso
nalit vengono rilevate con i test (se si tratta di attitudini) e con i
questionari (se si tratta di interessi, valori, atteggiamenti).

6.2. In s e g n a n ti

Gli insegnanti svolgono un ruolo importante nel processo dello


orientamento con la loro costante presenza per mezzo delle materie
che insegnano, come gi detto prima. A questo punto per il loro
intervento pi specifico, in quanto, insieme con lorientatore, pos
sono contribuire ad una conoscenza oggettiva del soggetto. Il loro
apporto riguarda in particolare il rendimento scolastico deHallievo,
possibilmente differenziato per le singole materie. Inoltre, attraverso
l osservazione sistematica del soggetto riguardo le sue preferenze per
le attivit libere ed extrascolastiche, possono completare le inform a
zioni. L orientatore, da parte sua, offre agli insegnanti le inform azioni
che ha raccolto sullallievo, per giungere insieme ad una sintesi che
comunicher poi allinteressato nel colloquio.
Gli insegnanti possono contribuire al processo anche direttamente,
promuovendo delle attivit che mirano a offrire agli alunni le espe
rienze lavorative. Possono inoltre com pletare in modo pi organico
le loro materie scolastiche con opportuni riferim enti alle attivit
lavorative.

235
6.3. G en itori
Prima che i genitori intervengano sul figlio occorre intervenire
sui genitori stessi. Parlando con loro infatti lorientatore deve me
diare le inform azioni raccolte e poi sintetizzate con gli insegnanti, in
m odo che essi abbiano una conoscenza realistica del proprio figlio.
P oi devono essere inform ati sulla situazione occupazionale del paese
per fondare in m odo realistico le loro aspirazioni sul figlio stesso.
Saranno poi loro stessi a sostenere il figlio nella scelta fatta e lo
aiuteranno a realizzare il suo progetto professionale.

6.4. Inform azione


Per inform azione si intende una esauriente documentazione sulla
situazione socio-economica del paese dove si svolge lorientamento.
L inform azione altrettanto im portante quanto la stessa elaborazione
del progetto pi'ofessionale personale. In fatti l intero sviluppo profes
sionale, dal suo inizio fino alla scelta professionale, dovrebbe essere
m odellato sulle costanti economiche del paese.
Le inform azioni di base sono accessibili presso gli uffici centrali
(IS T A T ) e quelle pi particolareggiate negli ufiici regionali. Esistono
poi pubblicazioni che raccolgono dei dati sulle categorie professio
nali indicando il tasso di occupazione.
Attualmente si stanno costituendo degli enti che intendono rile
vare la disponibilit di posti nei vari settori occupazionali a livello
regionale o provinciale. Sono denominati osservatori e provve
dono alla raccolta delle richieste di personale delle ditte, depositate
nelle cosiddette banche-dati . I dati di questultim o tipo vengono
normalmente immessi in un calcolatore elettronico, con vari terminali.
L uso di queste inform azioni previsto sia per le comunit scolastiche
come anche per i singoli cittadini.
Ottenuti i dati si pone il problem a della loro difi^usione. I canali
sono vari; stampati, audiovisivi, radio e televisione.
N ella diffusione delle inform azioni si deve tener conto del livello
dello sviluppo individuale. Le inform azioni devono essere adatte alla
et e proporzionate allimportanza della scelta che l interessato deve
operare. I dati devono essere adeguati alla capacit assimilativa degli
interessati e non devono essere eccessivamente analitici e dispersivi.
Questa breve esposizione pu essere abbondantemente arricchita
dalla pubblicazione di V iglietti (1980).

7. Teorie della scelta

Le teorie sulla scelta professionale danno a llorientatore la pos


sibilit di capire il processo della scelta stessa e di valutare in con
seguenza lo sviluppo professionale dei soggetti che egli intende orien

236
tare. Tra le varie teorie attualmente esistenti ne abbiamo scelto tre
che differiscono notevolmente lu n a dallaltra n ellapproccio. Natural
mente qui ci lim itiam o solo a dei brevi cenni. A llo stato attuale tutte
le teorie esistenti sono prevalentemente descrittive.

7.1. E s p e r ie n z e d e llinfanzia

Alcuni decenni fa una ricercatrice americana di nome Anna Roe


ha notato che m olte personalit del mondo scientifico americano,
appartenenti a varie categorie professionali, provenivano da clim i
fam iliari differenti. Roe ha supposto l esistenza di un rapporto tra
le esperienze dellinfanzia e la futura professione del soggetto. Pi
precisamente ha intravisto un legame tra la soddisfazione di alcuni
bisogni vitali del bambino e la sua scelta professionale. Il bambino
che non stato appagato nel suo bisogno di essere amato dai genitori
tendeva a preferire le attivit professionali che implicavano il contatto
con le cose (scienza e tecnica). Il bambino che aveva avuto una
infanzia felice, amato dai genitori, tendeva a preferire le professioni
che favorivano il contatto con le persone . In altre parole, tendeva
ad usare le competenze sociali anche nella sua futura professione,
com e terapeuta, medico o educatore. Dal clima fam iliare del soggetto
si pu prevedere la sua futura scelta, oppure in base a tale clima
possibile capire la scelta gi fatta.

7.2. T ip i p ro fe s s io n a li

Un altro ricercatore americano, John L. Holland, ha cercato di chia


rire la scelta per mezzo delle aree e i tip i professionali. La sua teoria
stata esposta in italiano (Polcek, 1975a).
Holland parte dalla convinzione che nella nostra civilt occiden
tale i m olteplici titoli professionali possono essere raggruppati in sei
aree: Realistica, Investigativa, Artistica, Sociale, Intraprendente e Con
venzionale (p er la descrizione si veda la pubblicazione sopra citata).
Alle sei aree corrispondono altrettanti tipi professionali.
Le aree, secondo la loro maggiore o minore affinit, sono disposte
in form a di esagono. I singoli individui possono avere preferenze
m olto differenziate e appartenere quindi chiaramente ad uno dei sei
tipi, oppure per nulla differenziate. Se le preferenze sono differenziate
occorre esaminare se sono anche consistenti, riferendosi alla dispo
sizione delle aree in form a esagonale.
Tra il tipo e l area sorge una tensione di attrazione. Il tipo Realista
intende svolgere unattivit dellarea Realistica. Esiste, naturalmente,
anche il rifiuto dellarea opposta (secondo la collocazione nellesago
no), in questo caso dellarea Sociale. L individuo che intende lavo
rare a contatto con le cose evita le attivit che implicano il con

237
tatto con le persone (H olland non ne spiega la ragione, ma pu
essere valida quella indicata dalla Roe). Il soggetto che riesce a svol
gere l attivit professionale corrispondente al suo tipo, normalmente
rende di pi, pi soddisfatto e pi stabile nella professione scelta.
La teoria di Holland offre la possibilit di prevedere la scelta
(in base al tipo form ato), ma soprattutto di valutare se consistente
o inconsistente.

7.3. Sta d i e v o lu tiv i

Un terzo ricercatore americano, Donald E. Super, ha tracciato gli


stadi dellevoluzione e poi dello sviluppo professionale. La sua teoria
comprende tutte le fasi, dallo sviluppo allesercizio e poi al ritiro
d allattivit lavorativa. La sua teoria recentemente riform ulata ac
cessibile anche in italiano (Super, 1978). Qui ci lim itiam o a descri
vere solo le prim e due fasi o, pi esattamente, stadi evolutivi.
1) S ta d io della crescita (0-14 anni): Durante questo stadio il
soggetto si form a il concetto di s attraverso un processo di identi
ficazione con i m embri della propria fam iglia e con le persone che
esercitano una determinata attivit lavorativa, particolarmente nel
l ambiente scolastico. In questa fase predominano i bisogni ed carat
terizzata da una viva fantasia; progressivamente si form ano gli in
teressi e si sviluppano le capacit a m otivo della crescente parteci
pazione del soggetto alle attivit sociali e nel progressivo contatto
con la realt sociale e professionale.
Lo stadio si suddivide in tre fasi:
a ) Fantasia (0-10 anni) In questa fase predominano i bisogni
e le preferenze si indirizzano in m odo fantasioso verso una specifica
professione; le preferenze vengono espresse nei giochi che rappre
sentano le professioni desiderate. Sono note alcune preferenze tipiche
di questa et: attrice, ballerina, pilota, calciatore, ecc.
b ) Interessi (11-12 anni) La fase caratterizzata dagli inte
ressi per le attivit specifiche; la scelta si fonda prevalentemente su
m otivi di piacevolezza ( voglio fare il medico perch mi piace ).
c) Capacit (13-14 anni) N ella preferenza per unattivit pro
fessionale vengono considerate le capacit o le attitudini; gli interessi
sono subordinati, normalmente, alle capacit ( m i piacerebbe fare
il fisico nucleare, ma riesco poco a scuola ). Il soggetto ha una mag
giore conoscenza dei requisiti della professione che intende scegliere.
2) E s p lo r a z io n e : uno stadio in cui il soggetto si confronta
in m odo pi realistico con le attivit lavorative; alcune esperienze
sono mediate dalla scuola, altre le cerca lui stesso durante il tempo
libero e soprattutto nel periodo estivo (tem po parziale e lavoro a ore).
Lo stadio si divide in tre fasi:

238
a ) Tentativi (15-17 anni) La scelta professionale basata su
gli interessi, le capacit e in parte sui valori; si tiene conto delle pos
sibilit occupazionali; i lavori che si fanno vengono considerati p rov
visori.
b ) Transizione (18-21 anni) La realt professionale acquista
una notevole rilevanza per il soggetto; il suo coinvolgim ento nel la
voro sempre maggiore; emergono chiaramente i valori professionali.
c) Prova (22-24 anni) Si entra nel lavoro che m olto proba
bilmente sar esercitato per lungo tempo.

Il secondo stadio riguarda solo i giovani che non hanno intrapreso


gli studi secondari. Per tutti quelli che intendono proseguire gli
studi universitari le fasi descritte sono notevolmente differite oppure
saltano del tutto. Si pensi ad un neolaureato in medicina e simili.
La teoria utile per capire la successione delle note componenti
(interessi, capacit, valori) nello sviluppo professionale.
Abbiam o detto che le tre teorie descrivono il processo della scelta
da punti di vista differenti. Per questa ragione offrono anche in for
mazioni differenti, o m eglio complementari. Lasciamo al lettore di
tentare una sintesi integrando le inform azioni acquisite suUambiente
fam igliare del soggetto, sulle sue preferenze e le fasi evolutive, tenendo
anche conto delle inform azioni gi precedentemente riportate sullo
sviluppo professionale.
N el nostro lavoro non daremo indicazioni su come condurre il
colloquio. Diciamo semplicemente che il colloquio deve essere strut
turato e finalizzato. Strutturato in base alle inform azioni precedente-
mente acquisite (secondo la loro importanza e attendibilit) e poi
finalizzato al processo professionale, tralasciando le problematiche
non attinenti alla scelta. N el colloquio vengono offerte aUinteressatG
in m odo sintetico e organico le inform azioni previamente elaborate,
stimolandolo a prenderne atto come anche a reagire ad esse (con
frontandosi con esse). N ella fase conclusiva si concorda il progetto
professionale, oppure la scelta scolastica (o professionale).

8. Finalit

Tra le finalit indicate la pi im portante quella della maturit


professionale. La scelta e il progetto sono subordinati alla maturit.
In analogia con altri tipi di maturit (m orale, affettiva, civica,
ed altre) esiste anche la maturit professionale. Purtroppo non ben
definito in che cosa essa consiste. A llo stato attuale della ricerca
esistono solo dei m odelli di maturazione professionale, ossia degli
indici cui si fa riferim ento per definire il processo maturativo corretto

239
(p er l esposizione si veda Polcek, 1977). A conclusione del processo
l individuo giunge alla maturit, ma questo non dice m olto sulla
sua maturit, in quanto i com portamenti che indicano la maturazione
non la rappresentano. Per es., in uno dei due m odelli presentati nello
studio sopra citato, lindice della maturit nel periodo evolutivo la
pianificazione del futuro professionale. Naturalmente, una volta ese
guita la scelta, tale fatto non ha pi nessun significato. Come anche
possibile essere professionalmente maturi senza aver pianificato il
proprio futuro professionale perch la scelta stata operata in con
dizioni m olto favorevoli a llindividuo. Pi utili possono essere gli
indici di un secondo modello, perch sono maggiormente collegati
con l esercizio della professione, ad esempio: atteggiamento positivo
verso il lavoro, gerarchia consistente dei valori professionali, accet
tazione delle responsabilit, ed altri.
Esiste per un indice (anche se piuttosto vago) della maturit
professionale, consistente precisamente nella m otivazione intrinseca
a llattivit lavorativa che l individuo svolge. L'esame dei m otivi e dei
valori strettamente legati allesercizio della professione sono gli indici
attualmente m igliori della maturit professionale.

9. Conclusione

Abbiam o cercato di descrivere l aspetto educativo del processo di


orientamento, tracciandolo sotto un profilo ideale. Data la comples
sit del processo, la m olteplicit e la continuit degli interventi, solo
di rado pu essere realizzato integralmente. Nella prassi bisogna ope
rare delle scelte secondo le varie disponibilit, necessit e convenienze.
Talvolta ci si lim ita ad offrire un aiuto nelle fasi decisionali (terza
media, fine della scuola secondaria superiore) e si com piono solo
delle serie di interventi collettivi, ecc.; tutto questo deve essere valu
tato dai responsabili d ellorientamento.
L aiuto alla maturazione professionale, considerato come l inter
vento pi importante dellattivit di orientamento, persegue finalit
altamente educative. La maturazione professionale va di pari passo
con la maturazione umana e cristiana della persona. L intervento del
l orientamento contribuisce alla elaborazione di un progetto di vita
del giovane in cui la dimensione lavorativa assume una notevole
importanza. Il posto che la professione deve occupare nella vita umana,
com e occasione di una degna creativit d elluomo, stato autorevol
mente indicato e sostenuto dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo I I
nella sua Enciclica L a b o r e m ex ercen s.

240
B IB L IO G R A F IA

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241
16
2 0 ________
O R IE N T A M E N T O E PASTO RALE V O C A ZIO N A LE

Ju a n V e c c h i

1. Concetto - 2. Vocazione e vocazioni - 3. Pedagogia vocazionale - 4. Aspetti


programmatici e organizzativi.

1. Concetto

Vocazione un concetto e una prospettiva religiosa, anzi ori


ginalmente biblica. La principale fonte di riflessione sulla vocazione
ancora la Sacra Scrittura con le grandi vocazioni dei chiamati da
Dio : Abramo, Mos, i Profeti, Maria, gli Apostoli, Paolo. Il concetto di
vocazione viene svuotato del suo contenuto specifico se lo si interpreta
com e attitudine e interesse professionale senza riferim ento personale
a Colui che chiama. Per questo anche se tra orientamento professio
nale e maturazione vocazionale vi sono collegamenti stretti e aree
comuni, le due realt sono fondamentalmente diverse per i presup
posti teoretici da cui partono e per la riflessione che ad essi serve
rispettivamente di appoggio. Risultano dunque diversi pur se com
plementari anche gli itinerari ed esperienze.
L orientamento vocazionale appartiene alla pastorale. E questa
parte da una riflessione teologica anche se assume criteri pedagogici
e ammette strumenti di indagine psicologica valorizzandone le con
clusioni. Vocazione e professione non sono equivalenti n dal
punto di vista della materialit delle scelte, n dal punto di vista della
coscienza del soggetto n dal punto di vista dellinserimento sociale.
Vocazione, piuttosto che una area di occupazione, richiama un modo
globale di assumere la vita e porta con s tutto il peso della trascen
denza presente in una esistenza. Richiama piuttosto alla testimonianza
di valori e realt di cui la prestazione di sei-vizi soltanto un aspetto
parziale. La medesima professione pu essere esercitata sotto l'in
flusso di vocazioni diverse.
La vocazione di ciascun uomo ed vissuta come uniniziativa di
Dio, libera, gratuita, inserita in un piano di provvidenza che tocca
il singolo, non isolatamente bens nel contesto di una comunit. A
questa la vocazione, pi che prestazioni, offre una testimonianza e
una proposta di senso.

242
La scoperta, il chiarimento e l accoglienza delliniziativa di Dio
nella propria vita si realizzano in un dialogo in cui ciascuna persona
deve ascoltare e rispondere creativamente costruendo un progetto
di vita . Vocazione e progetto di vita sono due aspetti di una
stessa realt; la chiamata da parte di Dio e la risposta dell'uomo.
Sono una visione dei futuro suggerita e proposta da Dio, attraverso
segni che si leggono alla luce della fede, e allo stesso tempo una
traiettoria intuita, scoperta, assunta ed elaborata dalluomo.
Assumere e seguire una vocazione essere attento al Signore che
chiama; orientare e appoggiare una vocazione rendere la persona
capace di risposta a Dio. Questo elemento dialogo con il Signore
il punto di unificazione e di riferim ento per tutti gli altri in una
vera vocazione e in ultima analisi l'unica m otivazione sufficiente.
Un orientamento vocazionale che sminuisse o vanificasse questa realt
perderebbe le sue radici e la sua specificit biblico-cristiana.
Ma la vocazione che si suppone realt misteriosa, divina nella
sua origine, profondamente radicata nella personalit, nella sua
struttura fondamentale, nelle sue preferenze inconsce, nei suoi dina
m ismi e nelle sue scelte libere una volta che la totalit mossa dalla
fede. Pi che un dono dato una volta per sempre, una traiettoria;
pi che un futuro previsto con precisione, l orientamento di tutto
l'essere. Pi che una certa cosa da fare un processo di unificazione
in Cristo. Per tutto questo la vocazione anche una realt suscetti
bile di sviluppo e di maturazione, di arresti e di estinzione.
Legato a llidea della scoperta, d ellascolto e della risposta il
tema dei segni . Questi appartengono allarea degli interessi, delle
inclinazioni e delle attitudini. Ma soprattutto si scorgono nella strut
tura della personalit che capace di organizzarsi attorno ai valori
che caratterizzano una vocazione. In quanto risposta la vocazione
una decisione. Questa non proviene soltanto dallesistenza di attitu
dini e interessi ma dallabilitazione della coscienza a cogliere la pre
senza di Dio, e dalla maturazione della libert per donare la vita e
le forze. I segni di vocazione dunque si possono avere ad ogni
et; ma la possibilit di vere decisioni richiede uno sviluppo psico
fisico e di fede proporzionato, nella persona in cui tali segni appaiono.

2. Vocazione e vocazioni

La vocazione ha luogo con linizio dellesistenza di ogni singola


persona che chiamata a vivere ad immagine e somiglianza di Dio .
Non la vita in s ma la coscienza della sua collocazione nel mistero
totale deUessere. Per questa coscienza l uomo collocato in un rap
porto di dominio sul cosmo e di comunanza di destino con gli altri
uomini in una storia; reso capace di un dialogo sempre pi espli

243
cito con Dio, di una risposta consapevole e libera di collaborazione
e creativit che sfocer nella comunione con Lui.
L accogliere la vita come compito, dono e missione; l'accettare
in essa la presenza divina la prima e piti importante decisione
della persona, punto di partenza per unautodefinizione posteriore.
Il battesimo la chiamata a vivere da figlio di Dio e m em bro del
suo popolo quella porzione dellumanit che stata resa cosciente
del suo rapporto con Dio , seguendo Ges Cristo. Dio ha convo
cato l assemblea di coloro che guardano nella fede a Gesti Cristo,
autore della salvezza e principio di unit e di pace e ne ha costituito
la Chiesa (LG 9).
La Chiesa in quanto Popolo di Dio si presenta con variet di
carismi e ministeri. Attraverso questi carismi i fedeli partecipano
in diverse form e alla missione di Cristo, che anche quella della
Chiesa: annunciare il Vangelo, rendere culto a Dio e trasformare
l'umanit verso l immagine vera delluomo.
Per prendere coscienza della sequela interiore ed esteriore di
Cristo come principale tratto dell'essere cristiano, svegliare la co
scienza della ministerialit , per cui tutta la Chiesa a servizio
dell'uom o e ogni vocazione a servizio della missione della Chiesa,
uno dei com piti iniziali della pastorale vocazionale.
Dalla m olteplicit di doni e ministeri nascono le v o c a z io n i sp e
cifiche. Esse non si aggiungono a quella battesimale, ma sono modi
peculiari di viverla. La loro conoscenza reale e presentazione odierna
sono indispensabili nell'orientam ento cristiano dei giovani. Si tratta
di far emergere i tratti spirituali e il ministero ecclesiale del laicato,
del sacerdozio, della vita religiosa, della secolarit consacrata, della
vocazione missionaria.
La vo c a z io n e laicale ha un suo valore intrinseco. Ad essa si rispon
de in base a segni e indicazioni specifiche; i suoi contenuti e le sue
esperienze non si definiscono a partire da altre vocazioni, ma a par
tire direttamente dal battesimo e dalla natura e missione della Chiesa.
Della vocazione laicale bisogna sottolineare oggi alcuni tratti.
L id en tit e lorigin a lit : il Signore chiama i laici a vivere il mistero
di Cristo e la missione della Chiesa aU'interno delle realt del mondo
e secondo le leggi che regolano moralmente il loro dinamismo: fa
miglia, politica, lavoro, cultura.
Con la loro presenza e azione i laici cercano di rendere il m o n d o
piti umano, attraverso lo spirito del Vangelo, consacrandolo al Si
gnore anche con il loro impegno per la promozione-redenzione del
l'uomo. A llinterno della Chiesa portano il contributo della loro espe
rienza evangelica, vissuto nelle strutture e attivit secolari, e parteci
pano attivamente al culto esterno e spirituale, allanimazione e orga
nizzazione della comunit attraverso apporti personali e minister
istituiti.

244
L attualit: in un mondo divenuto complesso per l allargarsi del
campo cognitivo, operativo e istituzionale, la vocazione laicale par
ticolarm ente attuale per la lievitazione cristiana delle realt tempo
rali e la loro umanizzazione.
L'aspetto religioso , pur essendo una dimensione costitutiva
d ellessere, quello appunto che lo mette in rapporto con Dio, ridotto
sociologicamente e culturalmente a un ambito ristretto. Il laico
portatore di Cristo e delle sue prospettive a llinterno delle realt che
soltanto possono essere trasformate dal di dentro delle loro leggi.
L attualit di questa vocazione supera, per altro, la valutazione
occasionale ed perenne, poich legata al mistero dellincarnazione
di Cristo e costituisce, dunque, una vocazione-segno di una dimen
sione della Chiesa.
L a m o lte p lic it di e sp re ssio n e : sono m olte le modalit concrete
che assume la vocazione laicale. C la testimonianza delle idealit e
della competenza nella partecipazione sociale, la solidariet con i
poveri, la lotta pacifica per la giustizia, la difesa di una mentalit
di pace, il dialogo sincero nelle societ pluralistiche, l impegno nel
l educazione e nel tempo libero, l intervento nella comunicazione di
massa, il protagonismo n ellelaborazione della cultura ...
Sparsi in tutti i campi, i laici testimoniano e attuano i valori della
fede e fanno presente la Chiesa anche l dove essa non pu mani
festarsi con la compattezza di strutture o istituzioni o con la forza
animatrice dei credenti organizzati.
Un posto particolare nella vocazione laicale ricopre lesperienza
del m atrim onio e della famiglia, per il significato che assume a llin
terno della Chiesa, come segno dellAm ore di Cristo, e per la lievita
zione evangelica di valori fondamentali sottomessi al rischio di degra
dazione (cfr. M e s s a g g io d el S in o d o d ei V e s c o v i, Roma, 1980).
La fioritura in pienezza di una vocazione laicale richiede una ma
turazione progressiva e una preparazione specifica, sotto pena di
lasciare la chiamata monca e inattiva. Le sue finalit, infatti, sono
proporzionate a llimpegno di una vita e si presentano con nuove
esigenze in ogni tappa d ellesistenza [ c r i s t i a n o ].

Della figura sa cerd ota le conveniente evidenziare alcuni tratti.


Il sacerdote l u o m o d i C ris to , della Chiesa, d ei fra telli: og
getto di una scelta gratuita, preso fra gli uomini, investito mediante
l imposizione delle mani per poter operare a favore dei fratelli, il
sacerdote vive in mezzo agli uomini e partecipa alla loro vita come
segno della presenza del Signore.
l u o m o della P a ro la : la trasmette in nome di Cristo e della
Chiesa, incarnandola con sforzo nella sua vita personale e attualiz
zandola secondo le esigenze storiche delle persone nella sua comunit.
m in is tro d ei sa cra m en ti e particolarmente d ellEucaristia:

245
Con il Battesimo introduce gli uomini nel popolo di Dio, con il
sacramento della Penitenza riconcilia i peccatori con Dio e con la
Chiesa, con l Olio degli inferm i solleva gli ammalati. Soprattutto con
la celebrazione della Messa offre sacramentalmente il sacrifcio di
Cristo (PO 5).
l a n im a to re della c o m u n it cristiana: la convoca nel nome
del Signore, la mantiene nell'unit, fa emergere nella coscienza dei
battezzati i loro carismi e li indirizza a lledificazione della comunit,
favorisce la corresponsabilit e fa in m odo che la comunit cristiana
svolga fra gli uomini la sua missione e dia la testimonianza dei
valori cristiani (cfr. PO 6).
l ed u ca to re della fe d e d ei sin g o li e del p o p o lo di D io . Aiuta
ciascuno a sviluppare la propria vocazione, a giungere alla maturit
cristiana, a leggere gli avvenimenti alla luce della fede, ad essere
sinceri e operativi nella carit. R ivolge una particolare attenzione
ai giovani che crescono, a coloro che si iniziano nella fede, a coloro
che cercano Dio e a coloro che sopportano prove.

Infine il p o r ta to r e nella storia te m p o ra le di una dimensione


umana specifica, ispirata a llimmagine di uomo che proviene dalla
fede in Cristo e che trova espressione sacerdotale anche in svariati
campi d ellattivit temporale. colui che apre nelle attivit e nelle
tensioni agli orizzonti trascendenti.
I tratti che rendono oggi intelligibile la proposta della vita religiosa
e possono svilupparsi in m otivazioni valide sono; C r is to chiam a alcuni,
tra i sacerdoti e i laici, alla sequela e al servizio del Regno, con
esigenze di radicalit, che si manifestano in atteggiamenti concreti;
l ofiferta a Dio dei beni, la disponibilit totale per il suo servizio,
l'am ore indiviso di preferenza per Lui e per la sua causa.
Questo tipo di vita rende spiritualmente e storicamente pi
simili a Cristo e offre al mondo una visibile testimonianza del mistero
di Ges.
La scelta di vivere per Cristo diventa necessariamente una scelta
di vivere per la Chiesa. I religiosi partecipano alla costruzione della
Chiesa (cfr. PC 26) in un modo peculiare, offrendo esperienze e iti
nerari di santificazione e sviluppando apostolati specializzati (cfr.
M R If).
La vocazione religiosa ha avuto nella storia m a n ifesta zio n i d iverse,
sempre cariche di significato e adeguate ai tempi. Uomini e donne
insigni, che sostennero e ravvivarono la comunit cristiana in mo
menti diffcili e che portarono il Vangelo in regioni non cristiane,
furono religiosi; San Benedetto, San Francesco, Sant'Ignazio, San
Francesco Saverio, Santa Teresa, Don Bosco ... Essi iniziarono pro
getti di vita e fam iglie spirituali che sono offerti ancora oggi come

246
comunit di ricerca di Dio e santit personale, e come luogo d'im
pegno particolare.
Oggi necessario sottolineare la testimonianza e la realt di
comunione con Dio, fraternit umana e impegno storico che i reli
giosi manifestano in vari modi. Essi infatti ricercano una qualit
di vita centrata in Dio e offrono agli uomini del nostro tempo
opportuni aiuti per la preghiera e la vita spirituale (M R 24); par
tecipano alla lievitazione evangelica della storia, con i pi svariati
contributi e soprattutto con la loro presenza profetica; attualizzano
la preferenza di Cristo per i poveri, per gli ultimi, con m olteplici
servizi (missioni, scuole, centri prom ozionali, ospedali, ecc.).
Esiste anche la v o c a z io n e alla secola rit consacrata. Coloro che
sono chiamati a questa vocazione e la esprimono socialmente negli
Istituti secolari sono laici, impegnati in com piti secolari; si consa
crano totalmente a Dio con la professione dei consigli evangelici.
Cos la secolarit e la consacrazione sono i due tratti della loro
fisionomia spirituale: per la secolarit sono presenti nel mondo, inteso
come luogo proprio di responsabilit cristiana, per servirlo e con
figurarlo a Cristo, operando dallinterno a m odo di ferm ento ; per
la consacrazione il loro rapporto intenso e diretto col mondo diventa
espressione e testimonianza dellam ore e della missione di Cristo.
Sebbene l inform azione su questa vocazione possa richiedere tempi
brevi, la conoscenza reale , invece, frutto di un contatto pi lungo
e di una testimonianza percettibile della sintesi tra valori evangelici
e secolarit, tra impegno professionale e consacrazione radicale. Tutto
ci pu presentare difficolt alla mentalit comune, pi abituata a
una divisione abbastanza netta tra il sacro e il secolare .
Infine si d nella comunit cristiana il fe n o m e n o m issio n a rio .
Tutta la comunit cristiana missionaria (cfr. AG 6); ma Cristo
Signore chiama sempre dalla moltitudine dei suoi discepoli quelli
che E gli vuole, per averli con s e inviarli a predicare alle genti
(AG 23). Egli ispira nel cuore dei singoli la vocazione missionaria
e insieme suscita in seno alla Chiesa quelle istituzioni che si assu
mono come dovere specifico il com pito dellevangelizzazione, spet
tante a tutta la Chiesa (AG 23).
Il missionario un inviato della comunit ecclesiale, che si reca
in unaltra area umana per annunciare il Vangelo, far sorgere la
Chiesa e portare la comunit cristiana a maturazione. Con questo
diventa anche segno , strumento e stimolo dellapostolicit
e universalit della Chiesa.
Le caratteristiche qualificanti la vocazione missionaria sono dun
que: uscire dal proprio ambiente; inserirsi culturalmente in un po
polo e in una chiesa incarnandosi in essi per promuovere e conver
tire integralmente gli uomini secondo l immagine di Cristo; assu

247
mere questimpegno in maniera stabile; la vocazione missionaria come
dedizione piena , infatti, diversa dalle esperienze missionarie
occasionali.

3. Pedagogia vocazionale

L appello di Dio, come la sua Parola, sincarna nelle m ed ia zion i.


Fin dalla nascita dato a tutti, in germe, un insieme di attitudini
e di qualit da far fruttificare. La storia personale va creando degli
atteggiamenti, dei legami e delle preferenze: il loro pieno svolgi
mento permetter a ciascuno di orientarsi verso la pienezza proposta
dal Creatore (cfr. PP 15).
La vocazione passa cos nel soggetto da una fase di disponibilit
per qualunque form a di vita a una di orientamento generale verso
unarea di valori e di m odelli; e da questa a unattenzione concen
trata su un certo tipo di m odelli; per sbocciare finalmente in un
progetto di vita concreto.
La pedagogia vocazionale consiste nel mettere in gioco mediazioni
opportune e autentiche al momento giusto.
Le mediazioni sono comunitarie e personali, ed entrambe sono
necessarie e complementari.
Il sorgere e maturare della vocazione, nel senso pi specificamente
cristiano, legato alle mediazioni capaci dintrodurre in esperienze
umane ed ecclesiali valide; sviluppare delle personalit con senso
oblativo; far percepire i segni provvidenziali che rivelano il piano
di Dio; insegnare a corrispondere alle m ozioni della Grazia, sentita
come una presenza di amore nella propria vita; pronunciare l appello
di Dio, chiamando coloro che presentano disposizioni e attitudini.
Per rendere possibile questa pedagogia vocazionale sindica una
m etodologia generale: V o rie n ta m e n to . Tutti i giovani hanno diritto
a llaiuto delleducatore cristiano per orientarsi a costruire la loro
personalit e la loro vita secondo il Vangelo . In tu tte le et pos
sibile aiutarli a orientarsi nella scoperta e nello sviluppo della loro
vocazione: nella fanciullezza, nella preadolescenza, n elladolescenza,
nella giovinezza e oltre, poich ognuna di queste tappe della vita ha
il suo com pito di crescita, e richiede decisioni proporzionate che
ogni giovane deve imparare a prendere responsabilmente.
L orientamento come criterio e metodo di aiuto alla maturazione
della vocazione-progetto di vita va inteso in due sensi. N e l so g g etto ,
il processo interiore attraverso cui si autodefinisce progressivamen
te, cio si orienta : interiorit, libert e responsabilit della per
sona ne sono gli aspetti fondamentali. D a p a rte d e lled u ca to re,
lassistenza-guida prestata alla persona in via di auto definizione
[^ E D U C A T O R E -T ANIM ATORI ] .

248
L orientamento pi che un momento , sia pur peculiare e in
tenso, un processo che segue lo sviluppo unitario e armonico della
personalit; si poggia sul p r o ta g o n is m o del s o g g e tto che si confronta,
secondo le possibilit delle diverse et, con i segni di Dio; aiuta il
soggetto a definire il progetto di vita e a strutturare la personalit
attraverso un adeguato e realistico rapporto con se stesso, un sereno
e generoso rapporto con gli altri e con la realt, un intenso rapporto
con Dio.
N el processo di orientamento l educatore-orientatore vocazionale
ha un ruolo facilitante, che sviluppa attraverso lincontro personale
e il dialogo form ativo.
L orientamento si realizza dunque creando quelle condizioni che
rendono possibile l emergere e il maturare delle vocazioni.
Si tratta di qualificare gli ambienti di ampio e immediato riferi
mento, dove circolano e si condividono valori cristiani, aiutando le
le comunit a dare rilevanza agli elementi di particolare incidenza
vocazionale; di percorrere con i ragazzi itinerari che favoriscano il
chiarimento vocazionale, che diano base sicura allo sviluppo dei
germ i una volta scoperti; e di accompagnare personalmente il ma
turare delle decisioni.

3.1. G li a m b ie n ti

Tra gli ambienti c in prim o luogo la C o m u n it cristiana.


Essa il terreno propizio in cui le vocazioni possono germinare
e svilupparsi. Nella comunit, infatti, si trovano i segni e i m odelli
delle diverse vocazioni; si scoprono i bisogni e i ministeri che richie
dono particolare impegno e donazione; maturano gli atteggiamenti
che rendono possibile la risposta [ ^ a m b i e n t e ] .
La comunit cristiana si converte in terreno propizio per le v o
cazioni:
quando ed u ca a lla scolto e aJVaccoglienza della P a ro la di D i o :
in questo m odo crea un atteggiamento abituale che dispone a discer
nere la proposta personale del Signore;
quando una comunit che p re g a e c e le b ra : la preghiera apre
il cuore degli uomini alla solidariet e al servizio degli altri; la cele
brazione sottolinea la presenza di Dio e il carattere gioioso della
risposta;
quando p o r ta i battezzati a c o n d iv id e r e sp iritu a lm e n te fra loro
le scelte e i fatti della propria vita: nella vita della comunit cristiana
si raccolgono, come in un ciclo vitale, le sofferenze dei suoi malati,
la fatica di quanti lavorano, la perseverante quotidianit della
vita fam iliare e dei doveri del proprio stato, lo zelo e il lavoro dei
consacrati alla missione apostolica ...;

249
quando educa al senso di donazione, di gratuit, che conduce
le persone alla pienezza deHamore e apre alle scelte generose;
quando evid en zia la p a rtecip a zio n e di tutti alla m is s io n e della
comunit, anche attraverso svariati ministeri (m inisteri laicali, com
piti qualificanti, diaconi ...);
quando a cco m p a g n a sp iritu a lm e n te q u e i s u o i m e m b r i che hanno
sentito la chiamata a una vita di particolare consacrazione (sacerdoti,
religiosi-religiose, ecc.) e ne festeggia gioiosamente le date signifi
cative.

La fam iglia costituisce unesperienza di notevole valore, perch


condiziona l orientamento, la struttura e gli elementi dinamici della
personalit.
La fam iglia collabora con l iniziativa di Dio che chiama:
realizzando un a m o r e p r o f o n d o e m a tu ro , attento a favorire
lo sviluppo di ciascuno;
r ic o n o s c e n d o la p resen za d el S ig n o re nella vita fam iliare ed
esprimendola attraverso la preghiera;
m a tu ra n d o a ttitu d in i di s e r v iz io ;
m a n te n e n d o v iv o il sen so dei v a lo r i cristiani, la disponibilit
al sacrificio e una certa austerit di vita;
ed u ca n d o al s e n so c ristia n o di fronte ad avvenimenti, persone
ed informazioni;
su p era n d o il risch io di rin c h iu d e rsi in egoistici progetti di vita
nei confronti dei figli, per aprirsi consapevolmente ai disegni di Dio.

L a n im a zion e vo ca zio n a le d elle fa m ig lie possibile per il collega


mento che esse hanno con c o m u n it ed u ca tive [ ^ c o m u n i t e d u c a t i v a ].
Ma parlando di progetti educativi bene sottolineare il ruolo
delle stru ttu re edu ca tive.
Perch l'ambiente educativo riesca ad orientare vocazionalmente
necessario:
che il ragazzo viva la sua esperienza allinterno di una vera
capace di incarnare e trasmettere valori e ideali (rapporti,
co m u n it ,
partecipazione, dedizione, corresponsabilit, espressione di fede ...);
che la testimonianza degli educatori irradi fortem ente m o d e lli
esisten zia lidi cristiani riusciti (religiosi, laici ...);
che l insieme organico degli elementi del p r o g e tto ed u ca tivo
favorisca quella maturazione culturale umanistica e aperta, e quel
l incontro con Ges Cristo, che dischiudono una prospettiva generosa
e serena per il futuro personale;
che ci sia unazione esplicita e personale di orientamento cri
stiano vocazionale, disponibile per tutti i m embri della comunit

250
educativa, particolarmente per i gruppi giovanili e per i ragazzi
singoli;
che ci siano inizia tive in d irizza te ai ragazzi e ai g io v a n i che
mostrano segni di vocazione di particolare consacrazione.
A llinterno della comunit educativa o collegati con essa ci sono
dove i giovani trovano spazio per il loro p ro
i g r u p p i e i m o v im e n t i
tagonismo, la loro comunicazione e maturazione [ -^gruppo].
I fa tto ri v o ca zio n a li della vita di gruppo sono:
Y esp erien za di con tu n it vissuta in termini pix sensibili e
immediati: il vedere, il giudicare, l'agire insieme sulle idee, sulla
realt e sugli stessi componenti del gruppo creano un'abitudine di
vigilanza e discernimento che abilitano alla risposta;
V a zion e d iretta a fa v o r e d eg li altri che costituisce una prima
prova di donazione, un contatto con i bisogni dei fratelli e una
esperienza della forza trasformante della presenza di Dio;
la sc o p e rta della m is s io n e ecclesia le attraverso l'incontro per
sonale, necessario per l'identificazione con le diverse vocazioni in cui
si esprime la missione: laici, sacerdoti, religiosi, genitori, dirigenti
giovanili ...;
il clim a di riflession e sul p r o p r io d estin o, che allena ad operare
gioiosamente le scelte in funzione dei bisogni degli uomini, della
Chiesa e della sua missione salvifica;
la p o s s ib ilit d i co n ta tto con fid en zia le attraverso il quale gli
educatori scoprono le disposizioni e inclinazioni, e aiutano a dare
concretezza agli ideali.
Ogni gruppo impegnato diventa cos vocazionale : prima di
tutto in sen so generale, perch il gruppo si trasforma in esperienza
di appartenenza e di partecipazione attiva alla vita della Chiesa, e
perci di realizzazione della vocazione cristiana; in sen so sp ecifico,
perch pu offrire elementi e itinerari per proporre e coltivare voca
zioni di particolare consacrazione.

3.2. G li itin era ri

Ci sono alcuni itinerari indispensabili perch i ragazzi passino


con sapiente gradualit dagli interessi iniziali al chiarimento delle
motivazioni e alle prim e scelte coscienti [ ^ it in e r a r io ].
II prim o l a p ertu ra alla realt e al co n ta tto u m a n o.
Sono indispensabili per giungere a una conoscenza vera (p er ri
flesso) di s stesso; a una progressiva acquisizione di elementi per
elaborare un ideale e un progetto di s; ad una valutazione delle
disposizioni e delle attitudini per un ruolo e una missione.
I giovani fanno una prima esperienza spontanea della realt na

251
turale e storica attraverso i contatti e i mezzi inform ativi. Su di essa
si innesta un'azione educativa, allargandone i confini e approfonden
done il senso.
Il lavoro educativo mira a favorire un atteggiamento sereno,
oggettivo e riflessivo davanti alla realt, in modo che emerga una
visione globale positiva e un equilibrato giudizio etico su lim iti e
carenze [ '^ v a l o r i e a t t e g g i a m e n t i ].
auspicabile anche u n a p ertu ra p ro g ra m m a ta a realt umane che
hanno attinenza con valori e richiami vocazionali: situazioni di bi
sogno materiale o spirituale, realizzazioni esemplari, persone, feno
meni e ambienti culturalmente significativi.
Le rela zion i u m a n e rappresentano un settore privilegiato dellespe-
rienza della realt. L atteggiamento sociocentrico e la capacit di
unirsi interiormente agli altri che sono alla base di una scelta
vocazionale con garanzie di maturit non si possono ottenere sol
tanto con una form azione teorica. L unica strada quella di im m er
gere i giovani in un clima di relazioni interpersonali, fatte di fiducia,
di accettazione, di stima, che li aiuti ad abbandonare la chiusura
difensiva, ad essere veramente se stessi, a dire e dirsi le proprie
m otivazioni reali.
Viene poi la crescita cultu ra le. L inform azione culturale sistema
tica che avviene attraverso le discipline, la visione sintetica del mondo
e dei problem i che lo assillano rappresentano un aiuto e una con
dizione per l orientamento della persona [ ^ c u l t u r a ] .
Attraverso la crescita culturale si sviluppa la capacit di cogliere
i significati dei diversi fenomeni umani; si rende sensibili a llappello
dei valori; si radicano abitudini di obiettivit, concretezza e m eto
dicit nell'affrontare i problem i della vita.
O b ie t t iv i pili sp ecifica m en te vo c a z io n a li della crescita culturale
sono: portare a percepire il posto centrale dell'uomo in ogni feno
meno, attivit, problema e crisi del mondo; abilitare alla capacit
critica sia sui propri pensieri, sentimenti e comportamenti sia su
quello che l'ambiente offre come valore; aiutare a liberarsi dei con
dizionamenti, relativizzando limmediato (benessere, consumismo), e
ad assumere i valori pii consistenti; avviare alla responsabilit per
sonale e allautonomia nelle decisioni; insegnare a raccogliere ed
approfondire le domande di senso; scoprire l originalit del Vangelo
e d ellesperienza cristiana di fronte al mondo.
Ma l'itinerario pi importante l ed u ca zion e alla fed e e la fo r
l'aspetto che costituisce la base deHorientamento
m a z io n e cristiana:
globale di una persona nella vita.
L immagine di s che il giovane va completando negli anni della
sua adolescenza e giovinezza devessere improntata allidentit cri
stiana: egli deve sentirsi figlio di Dio, membro di Cristo, inserito

252
nella Chiesa con un proprio com pito. L ideale di s dovr essere
costruito sulle mete del Regno di Dio e sugli atteggiamenti di Cristo.
Il progetto di vita dovr superare, pur supponendola, la pura rela
zione umana altruista, per divenire slancio di carit e di amore di
Cristo e del prossimo.
O b ie t t iv i vo ca zio n a li p a rticola ri della form azione spirituale sa
ranno: disporre il giovane a percepire la chiamata che proviene dai
valori umani e/o cristiani, e muovere la capacit di interiorizzarli,
di appropriarsene; aiutarlo ad impostare la vita come dialogo con
Dio e risposta a Lui; stim olarlo a prendere una posizione di respon
sabilit, di ricerca attiva della volont di Dio, e di oblazione; svi
luppare il senso di appartenenza alla Chiesa e di partecipazione alla
sua missione nel mondo; m otivarlo ad assumere lo sforzo ascetico che
l incontro col Signore e gli impegni di vita richiedono [ ^ c h i e s a ] .
La fo r m a z io n e sp iritu a le pu essere concentrata su alcu n e lin ee
che si integrano.
La P a ro la di D io aiuter ad assumere la vita come dono di Dio
e come appello ; ad approfondire la scelta di fede e il fatto batte
simale come vocazione (vedi le grandi figure bibliche, i disce
poli ...); a vedere la Chiesa come comunit cristiana e ministeriale
a servizio della salvezza degli uomini; a cogliere il senso delle voca
zioni particolari, soprattutto quelle di speciale consacrazione; a capire
le condizioni e le prospettive di una risposta generosa; ad avvicinare
spiritualmente i grandi m odelli di consacrati-chiamati (M aria, gli
Apostoli ...).
L in iziazione alla p re g h ie ra e alla litu rgia alimenta e d espressione
a quel dialogo vitale che la vocazione.
L iniziazione alla preghiera comprende, allo stesso tempo, lappro
fondim ento di motivazioni; l'abilitazione ad atteggiamenti (riflessione,
ascolto, apertura a Dio, senso della sua presenza); il processo di
apprendimento concreto per cui si impara ad alternare form ule con
preghiere spontanee, a intrecciare il quotidiano con i tempi di
preghiera stabiliti, ad assumere le diverse espressioni (lode, ringra
ziamento, richiesta, semplice dialogo); la pratica che implica p er
severanza e impegno.
N ello sviluppo vocazionale appaiono di particolare efficacia:
la m e d ita zio n e-riflessio n e: il passare dalla periferia della p ro
pria vita al centro di unit dove la persona incontra s stessa, dove
scopre la sua individualit e lappello personale che Dio le rivolge;
i m o m e n t i d i c o n c e n tra z io n e impostati sulla ricerca delle in
tenzioni di Dio nella propria vita.
Attraverso la liturgia la persona impara a vivere il rapporto con
Dio come membro della Chiesa, a percepire in essa la propria mis

253
sione, a superare la propria esperienza soggettiva, per vivere in co
munione con i fratelli, in atteggiamento di adorazione.
Della ricca esperienza liturgica vogliam o qui sottolineare il valore
vocazionale della cresima come inizio cosciente dellimpegno per il
Regno; delleucaristia, in cui la vocazione viene pi chiaramente per
cepita, si sviluppa e si definisce a contatto col dono gratuito e totale
di Cristo; della penitenza che stim olo a conform arsi pi intim a
mente a Cristo e a rendersi sempre pi docili alla voce dello Spirito
{R i t o della Pen iten za , premessa n. 7). importante che segni con
regolarit le tappe della crescita cristiana dei singoli chiamati, per
favorire anche l opera di discernimento del disegno di Dio su ciascuno
di loro. N ella prassi salesiana allo stesso tempo sacramento e
incontro pedagogico di orientamento.
Infine come itinerario vocazionale c la p a rtecip a zio n e a ttiva alla
v ita della c o m u n it ecclesiale.
L impegno sociale e apostolico diventa per il giovane scoperta dei
luoghi e m odi concreti in cui vivere una vocazione.
I l servizio ai pi poveri e bisognosi, vicini o in terre lontane, coin
volge sempre di pi, esige man mano la donazione totale di chi vi
si impegna. In questa donazione di fede nasce facilmente il desiderio
e il proposito di essere non solo strumenti occasionali, ma, come
Cristo, inviati a portare ai poveri la notizia della loro salvezza
(L e 4,18).
Esperienze di questo tipo costituiscono pedagogia vocazionale
quando;
a p p r o fo n d is c o n o le m o tiv a z io n i fino a far prevalere quella della
fede su tutte le altre: essere segno, testimonianza e ministri del
lamore di Dio ;
m e tto n o in co n ta tto c o n in te r v e n ti e p e r s o n e che riflettono
chiaramente l originalit cristiana nellazione sociale e promozionale;
crea n o una p ra ssi ch e p o r ta alla riflession e e alla p reg h iera
e queste ad un approfondim ento dellimpegno.

3.3. L o rie n ta m e n to p erso n a lizza to

I l contatto form ativo, come accompagnamento personale, da parte


d elleducatore, insostituibile.
Con i ragazzi acquista la form a di colloquio educativo-pastorale.
Supera la form a della discussione, deHinterrogatorio, del discorso
didattico da parte dellorientatore, il tentativo di spingere il soggetto
verso le preferenze e scelte di vita dello stesso orientatore.
Ha lo scopo di creare una situazione interpersonale, attraverso
la quale il soggetto pu diventare pi libero e capace di percepire se
stesso, la realt e i segni di Dio; offre al soggetto elementi per una

254
visione lim pida e illuminata della propria interiorit e delle m otiva
zioni del comportamento; dispone ad accogliere, a capire la mozione
dello Spirito; aiuta a far la sintesi delle varie esperienze e a orien
tarle verso un progetto di vita in Dio; accompagna e sostiene il lavoro
di Dio, lo verifica insieme al giovane, per sviluppare una sicura spi
ritualit cristiana; equilibra, educativamente, sviluppi non consoni
alla crescita cristiana (scrupoli, devozionismo, intimismo, ecc.).
Il colloquio educativo-pastorale dinamico nella form a come nel
l impostazione. In fatti pu centrarsi sia nel rapporto, sia nel pro
blema presentato, sia nelle situazioni vissute. Richiede, comunque,
da parte dellorientatore-direttore di accettare profondamente la re
sponsabilit educativa di assistere ; avere una proporzionata fo r
mazione teologica e una conoscenza delle leggi fondamentali della
psicologia, cos come dell'aspetto particolare che riguarda la voca
zione; testimoniare personalit matura ed esperienza gioiosa della
propria scelta; conform arsi alla misura dellinterlocutore; esercitare
una funzione di sostegno dellintelligenza in via di maturazione e della
volont ancora non organizzata alla totale responsabilit degli atti
[ ^RAPPORTO e d u c a t i v o ].
N ello stile salesiano il colloquio non si esaurisce in un momento
form alizzato, ma si sviluppa condividendo la vita e approfittando
degli spunti che questa offre.

4. Aspetti programmatici e organizzativi

Per attuare quanto si cercato di esprimere sopra, il progetto


educativo dovr contemplare una sensibilizzazione e una presa di
coscienza da parte di tutti i componenti della comunit educativa
sullorientamento vocazionale attraverso un quadro di riferim ento
adeguato.
Dovr inoltre curare che gli elementi di richiamo, proposta e
discernimento vocazionale interni alle diverse aree di contenuto e
di interventi (culturali, catechistici, com unitari) abbiano rilevanza.
Pu anche fare una scelta di iniziative ordinarie e straordinarie
atte a offrire ai giovani elementi di conoscenza delle diverse espe
rienze cristiane.
Infine c da pensare ai ruoli e funzioni animatrici che mantengono
sempre presenti nella program mazione e nellazione la dimensione
orientativa. Il servizio tecnico di orientamento professionale costi
tuisce un punto di appoggio valido purch insieme alle proprie istanze
im m ediate e specifiche assuma anche le prospettive, le istanze e gli
itinerari della pastorale in generale e di quella pi specifica che viene
chiamata pastorale delle vocazioni [ ^ o r i e n t a m e n t o ] . Ci richie
der uno stretto collegamento con coloro che hanno a carico levan
gelizzazione, la catechesi e l animazione pastorale.

255
B IB L IO G R A F IA

(E d .), L in e a m e n ti essenziali p e r un Piano


D ic a s t e r o P a s t o r a l e G i o v a n i l e
Is p e tto ria le di P astora le Vocazionale, Rom a, Direzione Generale O pere
D on Bosco, 1981.
F a v a l e a . e t alii, V ocazione com u n e e voca zion i specifiche, Rom a, L A S , 1981.
G r ie g e r P., / g iovan i oggi e il p ro g e tto di vita: la pastorale delle vocazioni,
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II C o n g r e s s o I n t e r n a z io n a l e p e r l e V o c a z i o n i , D o c u m e n to con clu s iv o:
S v ilu p p i della cura pastorale delle vo ca zion i n elle Chiese p a rtic o la ri;
esperienze del passato e p ro g ra m m i p e r l avvenire , Rom a, Rogate, 1982.
SOVERNIGO G., P ro g e tto di vita e scelta cristiana, Leum ann (T o rin o ), LD C,
1975.

256
^ _____________

C O M U N IC A Z IO N E SO C IALE E E D U C A Z IO N E

F ra n co L e v e r

1. Chiarimenti preliminari - 2. Comunicazione e societ - 3. Soggetto umano


e comunicazione di massa: quale modello interpretativo? - 4. Quali le aree
dintervento.

1. Chiarimenti preliminari

N el parlare di comunicazione sociale abbastanza facile assumere


un punto di vista piuttosto riduttivo e per questo fuorvante: per
comunicazione sociale si finisce per intendere l in s ie m e dei messaggi
diffusi dai mass-media e ricevuti da un numero enorme di singoli
ascoltatori, insieme considerato come un tutto coerente, quasi fosse
il messaggio inviato da un super-emittente ed accolto passivamente
da ciascuno di noi. Il che porta immediatamente ad un m oralism o
semplificatore, tendente a d e m o n iz z a re la situazione attuale e a ridurre
l'am bito di intervento a form e di censura e a proposte di messaggi
alternativi. Di realmente alternativo per da una simile posizione
non pu nascere nulla, dal momento che si resta nella logica di cui
si accusa l attuale organizzazione di mass-media: si cerca cio un
p o te r e p e r o p p o r s i ad un altro p o te re . probabilm ente pi saggio
impostare l analisi in m odo diverso, pi oggettivo. Le pagine che
seguono vogliono essere un tentativo in questa direzione, e ci a par
tire da due premesse.
a) C o m u n ic a z io n e per l uomo non un settore della sua atti
vit, ma una m o d a lit d el s u o v iv e r e ; non una delle tante azioni,
che egli pu com piere come camminare, costruire, mangiare: una
d im e n s io n e d el s u o essere u o m o . C comunicazione in ogni suo gesto,
in ogni sua azione, in ogni comportamento. C o m u n ic a r e dunque non
va inteso come sinonimo di tra sm issio n e in ten zion a le di in fo r m a
z io n e : l uomo comunica oltre la sua stessa intenzionalit. Dal nostro
punto di vista determinante non l intenzionalit dellemittente,
ma la consapevolezza di un soggetto, capace di riconoscere e com
prendere dei segni: in certo modo l'esisten za d el ric e v e n te che p o n e
il fa tto c o m u n ic a z io n e . E daltra parte un segno, un messaggio non
vivono per se stessi: ricevono il loro senso dal fatto di essere collo-

257
17
cati aUinterno di una cultura, aUinterno di un sistema globale, che
altro non che l insieme dei messaggi elaborati e disponibili in una
comunit, cos come emergono a consapevolezza nelle strutture so
ciali e nei singoli individui. C o m u n ic a z io n e la realt in c u i v iv e
l u o m o : allo stesso m odo in cui il pesce vive n ellacqua. Non nel senso
che le cose non abbiano una loro consistenza: ce l hanno. Ma la parte
v is ib ile di questa consistenza data dal n o m e che l uomo d agli
oggetti che incontra: di fatto non esiste realt per l uomo senza
l intervento della sua parola. E tuttavia realt e p a ro la non sono equi
valenti, non sono intercambiabili. La realt ha una sua consistenza
e non si lascia violentare. Quando occorra, anche con gravissim i
costi per l ostinazione delluomo, esige di essere riconosciuta.

b) L atto del comunicare (esercizio consapevole della dimensio


ne c o m u n ic a z io n e ) non va pensato come uno scambio in natura tra
emittente e ricevente, q u a si fo s s e un b a ra tto e n o n u n p ro c e s s o . La
diflFerenza tra le due concezioni assai rilevante ed accettarne levi
denza ha delle conseguenze pratiche importanti.
Considerare l atto comunicativo come uno scambio in natura si
gnifica partire dal presupposto che il ruolo decisivo sia quello del
l emittente e che questi, quando abbia garantito la q ualit del mes
saggio, abbia garantito anche la comunicazione stessa (cos come
fornire al ricevente un messaggio fa lso diventa sicu ra perdita per il
ricevente). Esattamente come in un baratto dove i due soggetti agi
scono in modo corretto quando hanno con s e danno a llaltro la
cosa esattamente quella che hanno contrattato. Avvenuto lo
scambio, ognuno possiede quanto l altro ha dato: un cesto di frutta,
un agnello ...
Nella comunicazione umana non capita assolutamente qualcosa
di simile. Gli elementi in gioco sono pi numerosi e pi aleatori;
non ci sono realt tangibili, neppure quando tangibili sono i segni
utilizzati; nel processo comunicativo n essu n o , proprio nessuno, m ai,
pu essere certo che il ricevente abbia ricevuto il messaggio che
si intendeva trasmettere, soltanto sulla base della propria convin
zione che la codificazione era perfettamente adeguata a quanto si
voleva esprimere.
Alla costruzione di un messaggio efficace partecipa in m odo deci
sivo sia il riceven te, sia in m odo diverso la circosta n za concreta
in cui il processo avviene: non solo nel senso che nella formulazione
l emittente deve tener presente in anticipo l attivit di decodifica
zione del ricevente (codice adeguato, riferim ento ad esperienze che
si sanno partecipate, previsione di variazioni di significato dovute al
contesto, interrogativi e attese del ricevente ...), ma nel senso fon
damentale che l unico messaggio ricevuto quello che il ricevente
c rea attraverso il suo lavoro sui dati messi a disposizione dall'em it

258
tente e dalla situazione cos come lui li percepisce. Il ricevente
infatti non riceve un messaggio, ma una serie di stim oli opportu
namente organizzati, stim oli percepibili come tali e utilizzabili esclu
sivamente a p a rtire da q u a n to il r ic e v e n te sa gi. Questo sa p er gi
include tanto la conoscenza dei codici utilizzati, quanto il bagaglio
di inform azioni possedute: l immagine che abbiamo dellemittente
decide l atteggiamento di fiducia o di diffidenza e quindi il senso da
attribuire alle parole; gli interrogativi con cui entriamo nella comu
nicazione predispongono a leggere tutto alla loro luce; una circostanza
concreta, un precedente possono modificare in modo radicale la chiave
di lettura da adottare.
Unica garanzia per il processo di comunicazione il dialogo, inteso
come s c a m b io di istruzioni sul m odo in cui utilizzare i dati forn iti
dagli interlocutori, e v a lu ta zion e d ellandamento del processo stesso.
Il fee d -b a c k , in quanto rito r n o d i in fo rm a z io n e e in te r v e n to di c o n
trollo, m igliora la corrispondenza tra il messaggio inviato e quello
ricevuto: in questo m odo emittente e ricevente partecipano ad un
lavoro che solo se fatto a quattro mani viene garantito nella sua qualit.

2. Comunicazione e societ: complessit della societ / efficienza della


comunicazione

Pi ancora che prendere in considerazione la realt c o m u n ic a z io n e


d i m a ssacome realt specifica, conviene studiare il fenomeno in rap
porto con la societ entro la quale si sviluppata. Se ne ha cos una
visione pi completa, non lim itata soltanto a llarea del divertim ento
e della gestione d ellinformazione.
Si pu afferm are con sufficiente certezza che c uno stretto rap
porto tra la complessit dei rapporti politico/econom ico/produttivi
e la complessit delle reti di comunicazione: se in una societ c un
alto indice di interdipendenza tra le parti, c anche una proporzio
nata efficienza nelle comunicazioni.
Quando la sopravvivenza di un gruppo garantita da caccia e
pesca o da un minimo di attivit agricola, sufficiente un minimo di
organizzazione: si vive in piccoli clan, in spazi ristretti, la comuni
cazione di tipo interpersonale o di gruppo; implica sempre la com
presenza di emittente e ricevente con un mutuo controllo sulla comu
nicazione in atto; l apprendimento avviene per imitazione e parteci
pazione diretta; l eredit culturale affidata alla memoria, il controllo
delle inform azioni circolanti nel gruppo gestito dagli anziani e dai
capi, ma nella fedelt a precise tradizioni ...
La nostra invece una societ con un indice di complessit e di
interdipendenza assai elevato. Si pensi soltanto al mercato valutario,
al mercato delloro: quale turbinio di dati da conoscere in te m p o

259
reale, confrontare, memorizzare, inviare ai pi lontani e disparati
uffici; il tutto come oscillante sopra l im previsto di notizie che po
trebbero scuotere anche le economie pii forti. Un altro esempio pu
essere il piccolo componente di una macchina; la sua produzione e
il suo prezzo sono condizionati da un numero elevatissimo di colla
borazioni, dalla disponibilit di brevetti di licenza di produzione, dal
livello della tensione sindacale, dallefficienza dellufficio v e n d ite ...
L attivit produttiva nella nostra societ ha polverizzato le spe
cializzazioni e concentrato le unit di produzione: sempre pi viva
si fa la necessit di mezzi di trasporto veloci, pi forte e disordinata
la corsa a llurbanizzazione; pi lunghi i tempi di scolarizzazione;
la macchina del controllo sociale ha raggiunto o tende a raggiungere
livelli estremi (dati anagrafici, fiscali, giudiziari, clinici, professionali
com puterizzati e facilmente disponibili). U n a s im ile societ s e m p li
c e m e n te n o n p u esistere se n o n grazie a reti di co m u n ic a z io n i, la
c u i p o ten za e v e lo c it p ro p o r z io n a le al ritm o d e ll'e c o n o m ia e della
Non solo: im a s im ile societ a n cora v iv ib ile , non
p r o d u z io n e .
ancora sotto totale controllo di chi ha in mano il potere economico
e politico, so lta n to grazie alle d im e n s io n i, alla p o ten za , alla va riet
e fu n zion a lit a ssu n te dai m ezzi d i c o m u n ica zio n e.
N el caos delle grandi citt di fatto il singolo non disperso e
disperato, perch con la metropolitana e con il telefono i clan si
possono ricostituire e vivere; cinema e televisione reinventano un
mondo simbolico ed una m itologia, che p oi popolano di nuovi eroi
e nuovi dmoni; il potere politico nei paesi a regime democratico
gestito da persone che hanno ricevuto una delega, da rinnovarsi
periodicamente e co n tro lla ta attraverso reti di comunicazione che
includono il lavoro dei professionisti dellinformazione. un fatto
che l opera di questi ultimi andata acquistando una rilevanza sempre
maggiore, in tutti quei casi in cui si fatta espressione della coscienza
e della volont dei cittadini, disposti ad utilizzare in maniera inno
vativa lo strumento delle elezioni. Esempi classici rimarranno al
riguardo la guerra del Vietnam (le immagini e i reportages hanno
scosso la volont di intervento dellelettorato statunitense; la recente
guerra nel Libano, vinta sul campo da Israele, persa decisamente a
livello di opinione pubblica internazionale ...). vero che non do
vunque le cose funzionano a questo modo, n che sempre i servizi di
inform azione giocano coerentemente il loro ruolo.
E tuttavia questa nostra societ in grado di offrire spazi di
crescita personale e sociale assai pi ampi, ad un numero pi grande
di persone che qualsiasi epoca passata (un giudizio valutativo non
pu fare solo riferim ento ad un ideale, deve tener presente anche
le situazioni di fatto da cui si p artiti!); cos se una dittatura pu
ancora trovare in assenza di una volont popolare di partecipa
zione i mezzi per im prigionare un popolo, di fatto poi le riesce

260
pi difficile che non nel passato mantenere una situazione del genere,
perch gU ingranaggi sono pi complessi ed ha bisogno di troppi
servi per funzionare. Oggi in un certo modo ciascuno di noi
pu essere nello stesso tempo nel proprio campo a lavorare, nel
l'agor a discutere, in senato a con-decidere.

3. Soggetto umano e comunicazione di massa: quale modello inter


pretativo?

La situazione personale vissuta come ottim ale da parte del sog


getto umano quella in cui permane una consonanza positiva tra
1) il suo mondo intellettivo, 2) la consapevolezza della sua vita affet
tiva e relazionale, e 3) la consapevolezza del suo comportamento con
creto: il suo agire percepito coerente con il suo mondo affettivo
e con l'im m agine che ha di s e della realt.
L uomo non solo vive positivam ente l'assenza di tensioni, ma tale
situazione ricerca e difende. Ogni contraddizione tra le dimensioni
della sua realt personale, ogni d isson a n za im plica delle lacerazioni,
dei costi, tanto pi elevati quanto pi numerose e radicali sono le
incom patibilit riscontrate.
Per superare le situazioni di dissonanza ciascuno di noi mette in
atto un processo tendente a costruire nuovi equilibri. L energia che
impieghiamo in questa ricerca direttamente proporzionale alla gra
vit del disagio e quindi alla gravit della dissonanza. ( L esempio
m anca n za di c ib o pu essere chiarificante: la situazione ottimale
l assenza del disagio fa m e ; quando lo si avverte, ci si d da fare per
elim inarlo o per ridurne l intensit; quanto pi grave il bisogno,
tanto pi grande la sofferenza, e quindi tanto pi grande lenergia
im piegata nella ricerca di cibo. Questo finch lessere umano ha la
forza di essere se stesso).
Si parlato di e q u ilb r io : in nessun modo per si intende dare al
termine un p e s o morale, quasi che assenza di disson a n za significhi
u o m o p e rfe tto . Si afferma piuttosto che ciascuno organizza a suo
m odo la sua struttura personale, dandosi u n equilibrio, a cui restare
tendenzialmente coerente. A partire da questa situazione e in fun
zione di questa egli agisce, comunica e accoglie comunicazioni.
L affermazione di questo dinamismo nella persona umana fatta
in campo psicologico trova dei riscontri importanti in altri due set
tori di studio interessati alla comunicazione interpersonale, uno pre
valentemente sociologico, laltro psicolinguistico.
Gli studi di Hovland, Newcom b, Katz, Lazarsfeld, Klapper hanno
messo in evidenza che il ricevente gioca un ruolo attivo nei confronti
dei messaggi in arrivo, in quanto li seleziona {e s p o s iz io n e s e le ttiv a ),
li capisce a suo modo {p e r c e z io n e s e le ttiv a ) e li ricorda come m eglio

261
gli serve (m e m o r iz z a z io n e s e le ttiv a ). In tutta questa attivit giocano
un ruolo importantissimo i le g a m i a ffettivi, la co m u n a n z a di id ee e
di c o m p o r ta m e n ti vissuti dal gruppo a cui il soggetto sente di appar
tenere.
Dal punto di vista psicolinguistico poi viene messo in precisa
evidenza non solo l ampio am bito di libert che il ricevente ha nel
decodificare un messaggio ( il ricevente che decide a quale livello
collocarsi, se a livello relazionale o a livello dei contenuti; se prestare
o meno attenzione ai meta-messaggi espressi dallemittente; quali
segni decodificare ...); ma ancora che un messaggio non viene com
preso, n o n p u v e n ir c o m p r e s o se non a partire dalle precedenti
conoscenze del ricevente, alla luce dei suoi interessi; e che non viene
ritenuto se non nella misura in cui si adatta al mondo conoscitivo
del soggetto (si adatta o n-adatta).
Se a partire da questi punti ferm i si guarda all'uomo posto
di fronte ai vari messaggi disponibili, bisogna dire che l'accoglienza
(in senso forte) delluno o d ellaltro non n casuale n giustifi
cata dalla forza del messaggio, quanto invece dalla situazione in cui
si trova a vivere il soggetto. il bisogno di avere certe giustificazioni
teoriche, certi m odelli di comportamento, certe risposte a suoi inter
rogativi, in una parola la situazione di dissonanza cognitiva che ren
de appetibili (selezionabili) questi messaggi piuttosto che altri. Ovvia
mente accogliere un nuovo messaggio pu significare anche un ulte
riore approfondim ento della dissonanza; per sempre necessario
un punto di contatto tra messaggio e soggetto, e questo contatto
sempre il soggetto ad offrirlo.
In queste affermazioni esplicita l esigenza di una netta ristrut
turazione del discorso sullo strapotere dei mass-media nel m odifi
care i comportamenti e le idee. C in sostanza un preciso cambio di
prospettiva da compiere: il m odello non pi il sin g o lo d estin a ta rio
in bala d elle co m u n ic a z io n i di m assa, pronto a muoversi, agire, pen
sare secondo i messagi che lo circondano (si osserva il fenomeno
dal punto di vista d ellem ittente); ma piuttosto questaltro: il rice
v e n te a cui sono riconosciuti una propria identit e progetto di
vita, con un preciso contesto di relazioni interpersonali, inserito in
determinate condizioni fisico-economiche ha a d isp o siz io n e una
p lu ra lit di c o m u n ica zio n i, tra le q u a li sceglie in base alle su e esigenze
e alle su e p o ssib ilit c o n c re te (inclusa la variet e completezza dei
messaggi raggiungibili), in vista di m ig lio ra re la qualit della p r o
p ria vita.
Si detto plu ra lit di comunicazioni e non m assa di comunica
zioni (nonostante lattrattiva esercitata dal cambio c o m u n ic a z io n i di
m a ssa in m assa di c o m u n ic a z io n i) per evitare l idea che le comuni
cazioni per il soggetto siano di valore indifferenziato. I messaggi in
arrivo non sono tutti eguali e le vie di accesso non hanno tutte lo

262
stesso im patto su di lui. Ciascuno di noi posto come aU'incrocio
di una serie di reti di comunicazione re c ip ro c a m e n te influ en za n tesi:
c la rete delle comunicazioni interpersonali, quella delle comuni
cazioni di gruppo ... fino alla rete pubblica dei m a ss-m ed ia . I diversi
messaggi grazie anche alle continue interferenze tra una rete e
l altra possono arrivare fino a lui oppure no; possono mantenere
la loro chiarezza oppure no; possono subire delle modificazioni
tali da provocare una risposta che esattamente il contrario d ellin
tenzione deUemittente.
Questo m odo di guardare alla comunicazione sociale non va in
teso di per s come una contestazione dellimportanza e del peso dei
mass-media nella nostra societ: piuttosto un tentativo di sottrarsi
ad interpretazioni approssimative per comprendere m eglio il loro
m odo di funzionare. La loro efficacia quando si verifica ben
lontana dallessere giustificata pienamente dalle caratteristiche del
messaggio inviato. Qui si decisamente messo l accento sulla figura
del ricevente, evidenziando che il suo non un ruolo secondario;
senza tuttavia pretendere che egli sia la componente unica, isolata
dallinflusso di altre forze: c ' V e m itte n z a con la massa delle comu
nicazioni, c u n p o te r e p o litic o ed e c o n o m ic o , che interviene sulla
libera circolazione dei messaggi in base a criteri non necessaria
mente liberatori; c una realt c o n c re ta di cui fa parte anche il
soggetto um^ano che non violentabile a piacere e prim a o dopo
impone verifiche alle sovrastrutture ideologiche; c infine il rice
v e n te che sceglie tra quanto gli viene offerto ci che Io aiuta a soprav
vivere in quello che gli sembra essere il m igliore dei m odi possibili.
La novit per cos dire della proposta di assumere il rice
vente come punto privilegiato di osservazione, in quanto nella tota
lit del suo com portamento leggibile la dinamica della comuni
cazione attuale.
Un m odello valutabile anche dalla capacit di dare interpreta
zioni pi comprensive ai fenomeni occorrenti: ci sono almeno tre
aree in cui questo nostro modo di leggere la realt si rivela valido.

a) Questo m odo di leggere la comunicazione sociale oggi non


nega per s l esistenza del fenomeno m assificazione, nega piuttosto
che sia una situazione c o stru ita e im p o s ta dai mass-media. Attribuire
il fenomeno m a ssifica zion e ai mass-media di fatto un modo assai
r id u ttiv o e m istifica n te di dar conto della nostra societ. Si prenda
ad esempio la difi;usione di un certo com portamento sessuale: spie
gare la situazione con il dilagare di stampa, canzoni, films porno-
grafici pu essere il modo pi immediato, ma anche il pi superfi
ciale e paralizzante. Quando questa fosse l unica spiegazione, non
resterebbe che mettere in opera un buon sistema di controllo di

263
m ercato (leggi c e n s u r a ) oppure accontentarsi delle proprie lamen
tazioni.
Piuttosto che ferm arsi a questa prima approssimazione prefe
ribile andare alla ricerca delle m otivazioni che spingono il pubblico
a c o m p e r a r e questo tipo di prodotti: quali sono i bisogni che ven
gono soddisfatti? da dove e perch nascono? Si potrebbe scoprire
che l'essere umano costretto a vivere in determinate situazioni (citt
sovrafFollate, lavoro non gratificante e spersonalizzato, proposte di
vita tra loro contraddittorie, lim itazioni delle libert personali, impos
sibilit di intervenire su fatti che lo riguardano direttamente, estesa
conflittualit, assenza di proposte c r e d ib ili...) vive in condizioni di
stress: nel tentativo di ridurre i costi di una simile situazione, mo
difica il suo comportamento, anche quello sessuale. Conseguenza di
questa situazione di dissonanza la ricerca di quanto si presenti
come conferma del suo comportameirto. Qualcosa di analogo po
trebbe essere detto a proposito della violenza: a riprova stanno i
risultati delle ricerche positive, le quali documentano che un certo
tipo di pubblico che cerca lo spettacolo violento (e quindi m otiva
determinati investimenti di capitali); non c stato modo di docu
mentare che siano gli spettacoli a crea re un comportamento violento
in chi non fosse gi per vari m otivi a questo tipo di com por
tamento predisposto.
Il fatto che certi messaggi riempiano gli scaffali del s u p e rm a rk e t
che sono le comunicazioni di massa dovuto essenzialmente ad una
legge che regola tutti gli scambi: pii cresce la domanda e pi tende
a crescere l'offerta, fino a quando questa resti remunerativa. Credere
allora che la strada da percorrere per modificare la situazione sia
la censura vano, perch non un intervento capace di modificare
la logica dei fatti concreti. Le cause sono piii a monte e pi complesse:
su di esse e sui loro effetti che bisogna intervenire. Oltre, ben si
intende, all'impegno per educare la domanda.

b) Se i mezzi di comunicazione sociale fossero veramente efficaci


di per se stessi, il loro possesso dovrebbe essere garanzia certa per
chi detiene il potere ed intende continuare a tenerlo. Ora se qualcosa
di nuovo avvenuto in quest'ultimo decennio la smentita di questa
illusione.
In Iran i media erano in mano allo sci, ma non riuscirono a
convertire la gente ed il nuovo m odello di sviluppo non stato
accolto: la popolazione non era disposta a rinunciare alle proprie
tradizioni, alla propria identit religiosa. Kom eini invece aveva delle
risposte pi p e r tin e n ti alle attese del suo popolo, e Kom eini senza
mass-media ha vinto.
In Polonia tv, radio, stampa sono in mano al partito, ma tv, radio,
stampa non sono credute e si sviluppano reti di inform azione alter

264
native decisamente pi efficaci: per questo l autorit costretta, per
mantenere il controllo, ad im pedire non solo le comunicazioni di
massa alternativa (R adio Solidarnosc) ma anche quelle interpersonali
(interruzione delle linee telefoniche) e quelle di gruppo (associazioni,
assembramenti). N o n s o n o d u n q u e i m ezzi ad essere d ecisivi, q u a n to
VadeguaJezza d el m essa g g io alle a ttese del ric e v e n te : il p r o d o t t o che
il popolo polacco cerca in nessuno m odo pu essere offerto dallo
stato marxista.

c) C per un settore che sembra contraddire quanto detto;


il mondo della pubblicit. Le campagne pubblicitarie sono efficaci,
tant' vero che le industrie continuano a spendere per esse cifre
vertiginose. Su questo fatto, che possano essere efficaci i messaggi
pubblicitari, non c e discussione: la nostra discussione se questa
efficacia sia d o v u ta ai m a ss-m ed ia . Ci si deve chiedere cio quando
e perch una campagna pubblicitaria efficace. La risposta conviene
cercarla nel mondo stesso delia pubblicit. risaputo che prima di
lanciare un prodotto, meglio, prima ancora che vm prodotto sia con
cretamente disponibile: 1) vengono fatte ricerche di mercato per
determinare con la m aggior esattezza possibile che cosa vuole la gente,
come lo vuole, come e quando spende il denaro, che previsioni ci sono
sugli investimenti del risparmio; 2) vengono impostate ricerche di
tipo m otivazionale per individuare i m otivi profondi che guidano
lacquirente, in m odo da presentare il prodotto associandolo ad im
magini che corrispondano ai suoi sogn i, alle sue a spirazioni, senza
ingenerare sensi di colpa di alcun tipo; 3) vengono cos fatte valu
tazioni particolarmente attente sul m odo di distribuire la pubblicit
alla tv e alla radio (nazionale o locali), ai giornali, ai settimanali, alle
riviste specializzate, ai cartelloni pubblicitari ... in m odo da utilizzare
i canali ottim ali per raggiungere il pubblico e solo il pubblico, che
per le ricerche fatte si ipotizza disponibile all'acquisto del p ro
dotto; 4) l'immagine del prodotto accuratamente studiata: prim a
della sua presentazione a livello nazionale, viene fatta una vera e
propria sperimentazione della sua effettiva leggibilit da parte
del pubblico ...
Questi fatti oggi assunti come processo normale per ogni cam
pagna pubblicitaria sono il riconoscim ento pii esplicito dellim
possibilit di im porre senz'altro un messaggio, quando si discosti
da ci che il pubblico vuole o potrebbe volere. Per questo la pubbli
cit si trasform ata n ellarte di scoprire le attese della gente, per
dire poi all'industria cosa produrre, e presentare quindi al cliente
il prodotto, rassicurandolo che quanto lui chiedeva o solo sognava.
N el fare questo lavoro pu riuscire a piazzare delle bugie, ma non
m olto a lungo: le riesce pi facile in quei settori in cui tra lei e il
cliente si stabilito un tacito accordo che si sta come giocando

265
(un dentifricio piuttosto che un altro, un sapone al posto di un altro,
una crema di bellezza ...).
Quanto ai valori di fondo non solo la pubblicit non mira a cam
biarli, ma li presuppone, perch sul loro fondamento che costruisce
i suoi interventi: sarebbe interessante a questo proposito affrontare
10 studio delle campagne pubblicitarie di successo, utilizzandole come
strumento per individuare quali sono i valori di un certo gruppo
sociale.
Dagli elementi apportati sembra si possa trarre conferma della
validit del cambio di prospettiva proposto, il quale si gi avuto
m odo di dirlo non nega la problem aticit della situazione; ne d
piuttosto una descrizione pi articolata e pi completa, evidenziando
nello stesso tempo dei margini di libert che rimangono da gestire
a llindividuo.
visione ottimistica? Se per ottim ism o si intende che nono
stante tutto rimane spazio per avere fiducia nel singolo uomo,
certo questa una posizione ottimistica.

4. Quali le aree d'intervento

Le pagine che precedono non sono state una presentazione irenica


della situazione attuale, quasi che non esistesse il problem a di una
comunicazione sociale in certe sue espressioni aberrante. Se ne
tentata una lettura non riduttiva. Alla luce delle cose dette quali
interventi si prospettano come possibili ed efficaci? Uno dei punti
forza del discorso che stiamo facendo l'affermazione che la qualit
della comunicazione in una societ dipende da tre grandi aree: la
realt c o n c re ta in cu i si v iv e ; le m itte n te c o n la m assa dei m essa g g i
Conviene riferirsi a queste stesse tre aree,
d is p o n ib ili; il riceven te.
anche nel parlare della prospettiva di interventi correttivi: di fatto
per avr pi spazio la componente riceven te, in quanto l'am bito
specifico d elleducazione, punto di vista da noi privilegiato.
a) La qualit dell'inform azione dipende dalla qualit della vita
impegnarsi per m igliorare la comunicazione
vissu ta da una so ciet :
esige l'individuazione di soluzioni concrete alle difficolt che impe
discono, com prim ono la persona umana nel suo dialogo con la Realt
e con gli Altri. un impegno di tipo socio-politico-economico: m iglio
ramento dei rapporti di lavoro e della partecipazione alla gestione
di quanto comune; prom ozione degli strumenti di acquisizione delle
conoscenze... un'area di vastissime proporzioni, che riserva un
com pito non adempibile in tem pi brevi: certo non immaginabile
11 prossimo avvento di soluzioni globali. Rimane tuttavia importante
tenere in evidenza questa dimensione, perch vani sarebbero muta
menti nelle altre due aree, se non si fossero poste le condizioni per

266
ridurre il peso di quei dati di fatto che condizionano la situazione.
La non-soluzione, ad esempio, anzi l aggravamento della disoccupa
zione giovanile ha delle forti ripercussioni sulle comunicazioni inter
personali, sui rapporti sociali, nell'educazione: non baster certo man
tenere un controllo sui messaggi disponibili, per m igliorare il livello
di fruizione dei mass-media da parte dei giovani.
Una campagna contro la diffusione di spettacoli/giornali/libri che
esaltano la violenza votata allinsuccesso, se non si opera contem
poraneamente al superamento di situazioni di emarginazione e non
si lavora per allentare il clima di esasperata concorrenza, in cui stiamo
vivendo. Cos non ha m olto senso lamentarsi che gli indici di ascolto
dei program m i televisivi di evasione sono sproporzionati alla qualit
dei program m i ed assurdamente pi elevati di quelli relativi ai p ro
gram m i culturali, se non si fa in m odo che la scuola diventi un ser
vizio qualificato a disposizione di tutti, indipendentemente da classe
sociale e da area geografica abitata; se non si opera perch il lavoro
diventi per un numero sempre m aggiore di persone un tempo di vita
personale e non una pena a cui sopravvivere imbottendosi di tran
quillanti di vario genere, compreso i films o i sceneggiati in t v ...
L argomento meriterebbe unanalisi pi adeguata, con l intervento
di competenze specifiche: per quanto ci riguarda sufficiente aver
messo in risalto che inutili o poco efficaci sono gli interventi diretti
a m igliorare la comunicazione, se non si rimuovono le cause concrete
che determinano le aberrazioni riscontrate, spingendo il ricevente a
com piere determinate scelte piuttosto che altre pii positive, ma
lo n ta n e dai s u o i in teressi p ossibili.

b) seconda area di interventi riguarda la crea zion e e la g e


La
Si tratta anche qui
s tio n e d ei m essa g g i da d iffo n d ere nella societ.
di un impegno prevalentemente p olitico di ampio respiro. D e v e essere
ga ra n tito un c o r r e tto e lib e r o u so d elle reti di co m u n ic a z io n e , in m o d o
ch e cia scu n in d iv id u o p o ssa u s u fru ire d ei m essa g g i di c u i a v v e r te
il b is o g n o , e ci senza ledere il diritto di altri; devono aver libero
corso tutti i messaggi che rispettano sia la libert e la creativit del
l emittente, sia l autonomia e il diritto a llinform azione del ricevente.
Perch questo trovi una realizzazione concreta indispensabile tenere
in giusto conto i processi concreti attraverso i quali si costruiscono
i messaggi, sia a livello lin g u istico (quanto influiscono sul messaggio
effettivamente ricevuto il tipo di codice utilizzato e le condizioni
concrete di fruizione del messaggio stesso; quali i m odi possibili per
nascondere, enfatizzare, o stravolgere una notizia? ...) sia a live llo
e c o n o m ic o -o rg a n iz z a tiv o (vantaggi e pericoli della concentrazione del
potere di informare, come nel caso delle grandi agenzie di distribu
zione di inform azione; modalit di controllo da parte del potere p o
litico, economico, culturale, religioso; correttivi possibili alla condi

267
zione concreta di merce caratterizzante oggi la notizia ...) Su lla base
d i q u e s ti e le m e n ti p o s s ib ile p r o m u o v e r e una legisla zion e ch e m iri
a g a ra n tire il c o r r e tto fu n z io n a m e n to d elle reti di c o m u n ica zio n e.
Questo implicher anche uno sforzo di decentralizzazione, che metta
a disposizione delle comunit locali gli strumenti per prom uovere la
partecipazione. Illusorio invece credere che il singolo possa eser
citare d ire tta m e n te un controllo sulle grandi emittenti. In una so
ciet complessa come la nostra, che opera attraverso grandissime
concentrazioni di capitali, tecnologie, strutture, professionalit gio
coforza delegare a dei rappresentanti professionisti lesercizio
concreto della difesa dei diritti del ricevente; una delega che ha senso
solo se data a persone qualificate e se non si trasform a in vma
abdicazione.
N el lavoro di definizione delle modalit di esercizio del diritto
alla comunicazione, dove sia garantita anche la possibilit del con
trollo sulla comunicazione stessa da parte del ricevente (f e e d -b a c k ),
ci si imbatte in un problema di non facile soluzione: si deve o non
si deve ricorrere a form a di censura?
Il concetto stesso di c en su ra sembra contraddire quanto si viene
dicendo, perch implica una riduzione della circolazione di messaggi;
e poi come definire i criteri in base ai quali valutare i messaggi,
restando fedeli a valori quali libert, pluralismo, democrazia?
Sarebbe pretenzioso credere di esaurire qui il problema, dando
la soluzione! importante tuttavia attirare lattenzione su alcune
premesse che favoriscono una soluzione adeguata.
C e n su ra intesa come intervento che muova dal giudizio sul c o n
te n u to di un messaggio in base al suo confronto con un d o v e r essere
deciso da una maggioranza o, peggio, dal capo , non sembra con
cetto accettabile: il diritto allautoespressione diritto fondamentale
per la crescita del singolo e della comunit. In fatti lesistenza del
dissenso una garanzia della salute di una comunit, lanima della
ricerca scientifica e dellattivit artistica.
Non pu essere il contenuto in q u a n to d iv e r s o la giustificazione
di un intervento censorio. Sembra invece non solo possibile, ma
doveroso prevedere degli interventi di questo tipo quando lemittente
finalizza il suo messaggio a scopi che hanno nulla a che fare con una
comunicazione vera: il g iu d izio su lla u ten ticit d e llatto c o m u n ic a
tiv o che p u giustificare la cen su ra . In altri termini in ta n g ibile rimane
il diritto ad esprimersi, fino a quando la comunicazione rimane c o
m u n ic a z io n e : quando il messaggio intenzionalmente costruito in
m odo da privare il ricevente di elementi importanti di giudizio, oppure
quando la sua funzione oggettiva lo sfruttamento economico di un
certo tipo di pubblico, quando diventa una form a di te r r o r is m o id e o
lo g ic o o di aggressione ... quando non salvaguardato il diritto alla
inform azione e la partecipazione consapevole del ricevente, in tutti

268
questi casi non garantita la co m u n ic a z io n e , ed opportuno che si
intervenga. Si tratter di intervenire per completare, chiarire, criti
care: ma ci potrebbe essere anche una azione censoria quando altre
vie fossero im praticabili o inefficaci. Quale di questi interventi sia
conveniente, dipende dalla situazione concreta.

c) La terza area di intervento riguarda il riceven te. Si tratta di


ampliare il pi possibile gli spazi di libert disponibili e quindi fo r
nire alla persona gli strumenti per vivere questa libert. L educatore
coinvolto direttamente, concretamente in questopera. Pi ampia
e dettagliata sar quindi la nostra analisi dei diversi interventi pos
sibili e doverosi da parte dell'educatore [ ^ e d u c a t o r e ] .

1) F o r m a r e una c o m u n it ed u ca tiva a tto rn o ad u n a p r o p o s ta di


vita

Le comunicazioni dei mass-media form ano una rete di inform a


zione che non l'unica a disposizione dell'individuo, n di per s
la pi potente. Le comunicazioni interpersonali e di gruppo gestiscono
messaggi pi forti, pi vincolanti perch carichi anche del peso di
legami affettivi e com portamentali creatisi nel gruppo: i messaggi
provenienti dai mass-media possono venire annullati, o anche poten
ziati, dall'interazione in evita b ile con la comunicazione interpersonale.
Un prim o settore dunque dove impegnarsi la costruzione di un
gruppo, di ufia c o m u n it um ana, dove garantita sia la qualit e la
intensit della comunicazione, dove i rapporti affettivi, il com porta
mento, la globalit delle attivit siano coerenti con la proposta di
vita che si scelta. Quanto pi ricco questo tessuto, tanto pi si
costituir punto di riferim ento e di verifica nei confronti di altre
em ittenti e di altri messaggi.
La tentazione pu essere quella di creare un mondo separato,
alternativo, dove i messaggi provenienti dall'esterno siano stretta-
mente selezionati d'autorit e siano elim inati quelli circolanti all'in
terno ma non rispondenti al m odello ufficiale. Una scelta di questo
tipo anzitutto una pesante violazione dell'autenticit del rapporto
comunicativo, in quanto imposizione autoritaria; in ogni caso poi
soluzione dal fiato corto, miope, perch in una situazione come la
nostra, caratterizzata da grande disponibilit di messaggi alternativi,
ognuno prima o poi si trover obbligato a scegliere in prima per
sona: sar un impatto tanto pi causa di dissonanza e di cambia
menti dolorosi, quanto meno consapevoli ed interiorizzate erano le
scelte precedenti. precisamente la capacit di scegliere che va fo r
mata, e non c' altro m odo per far crescere questa capacit che fa
cendola esercitare. A lleducatore il com pito di fornire quanto utile
perch le scelte siano consapevoli e valide.
Non credo di essere lontano dal vero affermando che l'O ratorio

269
di S. Francesco di Sales cos come lo volle don Bosco rispondeva a
questo quadro teorico. certamente vero che don Bosco vigilava
sulla presenza e sull'attivit dei compagni cattivi , ma non risulta
che questo suo agire andasse oltre interventi di tipo eccezionale.
Don Bosco non ha creato una zona protetta, non ha selezionato i
ragazzi da ammettere al suo prato. N ha fatto loro delle prediche,
disinteressandosi della situazione concreta in cui vivevano. La novit
che affascina i ragazzi il clima di profonda accettazione e attenzione,
di comunicazione interpersonale autentica.

2) F o r m a r e dei r ic e v e n ti c o n s a p e v o li
Per operare a favore della consapevolezza e della capacit di ini
ziativa del ricevente non saggio aspettare di aver ottenuto significativi
successi sul fronte delle condizioni concrete di vita e sulla gestione
globale delle inform azioni. Pur sapendo che i risultati saranno par
ziali, l'educatore opera nel frattem po, utilizzando quanto il sistema
gli offre. Riassumiamo in tre punti:
F o r n ir e tutte le in fo rm a z io n i utili: Si tratta di fare in modo
che chiunque sia alla ricerca di inform azioni capaci di giustificare
scelte anticonform istiche o di smascherare proposte negative o accat
tivanti; chiunque cerchi il confronto con m odelli p o s itiv i... in una
parola chiunque viva in situazione di dissonanza per l aspirazione
ad una m aggiore umanit, tr o v i q u a n to cerca.
Il che significa che nella comunit educativa devono circolare le
ragioni che giustificano scelte di libert e di impegno, cos come anche
le inform azioni che fondano il rifiuto delle false sicurezze di chi-si-la-
scia-vivere. Si garantir cos m aggior consapevolezza agli uni, qualche
insicurezza in pi agli altri. Il m odo pi efficace perch ci avvenga
l incontro diretto con persone significative che riferiscano sulla
loro esperienza (non necessariamente religiosa) e costruiscano cos
la sensazione che nella comunit si respira aria fresca, in presa diretta
con la realt.
Degli avvenimenti im portanti cos come dei fatti culturalmente
rilevanti (cinema, canzone, teatro ...) c modo di form arsi unidea
documentata, discutendone apertamente, con franchezza. Se l educa
tore si impegna direttamente nel campo del teatro o della canzone,
i testi saranno attentamente scelti e la preparazione accuratamente
seguita: ci non vuol dire che tutto sia serioso e compassato! Le ana
lisi su proposte contraddittorie a quelle vissute dalla comunit non
sono approssimative, per interposta persona, riduttive. L opera del
l educatore infatti non ha la pretesa di c o n v in c e r e : avere questa pre
tesa significa porre la premessa sicura al proprio rifiuto, in quanto
prima o dopo questa meta-intenzione verr sconfessata.
Il servizio da rendere ad ogni persona farle trovare il pane spez
zato, il pane di cui ha bisogno.

270
R e n d e r e tra sp a ren ti i p r o c e s s i di c o m u n ic a z io n e : S i tratta
di p r o p o r r e lo s tu d io d ei p r o c e s s i d i c o m u n ic a z io n e a p a rtire da una
la dimensione che
v is io n e a m p ia di ci ch e significa c o m u n ic a z io n e :
definisce luomo la sua capacit di comunicare a livelli superiori;
l uomo nasce, cresce, vive nella comunicazione: l isolamento pu
significare la sua distruzione; ogni suo com portamento leggibile
come trasmissione di informazione, anche se ci sono m odi intenzio
nali, codici specifici, tra i quali il linguaggio verbale occupa un posto
di rilievo; la storia dell'uomo in larga misura la storia della scoperta
e utilizzazione di strumenti e di m odi di trattare l'inform azione sempre
pi potenti, cos come la storia di reiterati tentativi di controllare
e gestire l inform azione da parte di alcuni come potere e violenza
su a lt r i ...

Se si volesse sintetizzare questo lavoro per quanto riguarda i


mass-media, si potrebbero indicare questi o b ie ttiv i:
* il r ic e v e n te consapevole che o g n i messaggio frutto di una
azione di codifica e quindi visione parziale, che porta in s le con
seguenze dell'assunzione di un punto di vista e di un determinato
scopo, quello dell'emittente;
* il riceven te, attraverso l'analisi interna dei messaggi e per mezzo
del confronto con fonti alternative, sa isolare i dati oggettivi ed
individuare le scelte operate dalle diverse fonti; ne sa quindi valutare
la correttezza e l'attendibilit;
* il r ic e v e n te conosce ed utilizza le strategie disponibili per agire
sulla situazione, consapevole che non necessariamente la comunica
zione ha bisogno dei mass-media; si possono utilizzare altri canali
per mantenere viva la consapevolezza delle proprie scelte. Si tratta
di tutti quei mezzi che oggi vanno sotto il nome di media di gruppo:
dal ciclostile, alla fotografia, alla cassetta registrata, al video-tape ...

A n tic ip a re al p e r io d o e d u c a tivo le stesse resp o n sa b ilit ch e


sa ra n n o a ssu n te n e llet adulta: Si tratta di far partecipare l edu
cando alla gestione delle comunicazioni a llinterno della comunit
educativa, in m o d o ch e la capacit d i a ssu m e re e g estire re sp o n sa
bilit di q u e s to tip o a b b ia il te m p o di svilu p p a rs i e m a tu ra re. (O vvia
mente la partecipazione non si lim iter soltanto a llaspetto comu
nicativo).
Si tratta di incominciare ad utilizzare i media per conoscere la
situazione attuale, per conoscere la cultura, per godere di form e arti
stiche: tutto questo educa il gusto e la capacit di scegliere i propri
messaggi. Ma si dovranno utilizzare anche per p r e n d e r e la p a ro la
su quanto avviene, per p r o d u r r e dei m om enti artistici, per fare della
cultura.

271
L utilizzazione dei media in qualit di emittenti diventa occasione
per promuovere e far maturare precise scelte professionali di gran
dissima importanza: il giornalista, il com positore, il regista, il foto
grafo, l operatore, l organizzatore di program m i sono o possono essere
oggi garanzia di crescita per la comunit.

Come si vede l ambito del lavoro delleducatore assai ampio.


Im plica una grande maturit personale, una sim p a tia per i tem pi che
viviam o, una appassionata fiducia nella validit del lavoro da compiere.
L obiettivo l autorealizzazione d elleducando e questa pu costruirsi
solo attraverso scelte personali e consapevoli. Percorrendo la strada
della libert e della consapevolezza leducando pu anche scegliere
c o n tr o l educatore e la sua proposta. un rischio che va accettato,
perch ineliminabile: non c altra strada che porti alla maturit
umana. In fatti insegnare ad ubbidire pu essere funzionale nei tempi
brevi, ma non nei tempi lunghi, specie nella nostra societ in cui
sono continuamente disponibili voci in grado di accampare ogni mezzo
per rendere vincolanti le loro ingiunzioni. E certamente pi efficace
insegnare che Z o b b e d ie n z a n o n n ecessa ria m en te virt .

B IB L IO G R A F IA

B a l l R., Pdagogie de la com m unication, Paris, P U F , 1971.


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1971.

Ili
22^_____________
P A R T E C IP A Z IO N E

G u g lie lm o M a lizia

1. Concetto e rilevanza educativa - 2. La partecipazione aHeducazione - 3. Edu


care alla partecipazione.

1. Concetto e rilevanza educativa

Col termine partecipazione [...] non si intende il semplice


fatto di far parte della vita sociale , fatto che da quando esiste il
rapporto com m iitario ha sempre avuto luogo, ma si vuole qualificare
un certo tipo di presenza, in base al quale l uomo contemporaneo rie
sce ad avere nella complessa societ, dinamica ed evolutiva, in cui
immerso, una posizione tale che gli consenta di essere ed operare non
come semplice oggetto , ma quale soggetto" in qualche misura
corresponsabile e condeterm inante di tutte le decisioni sociali
che, sempre pi direttamente e pesantemente lo coinvolgono (M attai,
1976, 884). In altre parole, si pu parlare di partecipazione nei gruppi
e nelle istituzioni sociali solo quando il singolo non trattato come
oggetto passivo, ma interviene in m odo re s p o n s a b ile e a ttivo nella
elaborazione delle decisioni che lo riguardano.
anzitutto la d ignit e m in e n te della persona umana che giustifica
l attribuzione di corresponsabilit decisionale e non ammette che
alcun individuo sia relegato in uno status di minorit. La partecipa
zione a llessere d alluomo una consistenza non transeunte e le sue
doti di consapevolezza e di libert lo rendono centro, soggetto e fine
della vita sociale. Inoltre, da un punto di vista cristiano l uomo
immagine di Dio, partecipe della vita divina, chiamato a continuare
la Sua opera creatrice e a realizzare la ricapitolazione di tutte le
cose in Cristo.
La domanda di partecipazione esp lo sa con caratteri di urgenza,
globalit e universalit nella societ odierna. L elevazione del livello
d istruzione dellumanit e la diffusione dei mass-media hanno p or
tato a una maturazione delle coscienze pi piena ed estesa; non
pertanto giustificabile l esclusione in maniera sistematica delle masse
dalle responsabilit decisionali. Il progresso, e soprattutto il suo uso
sfrenato, ha posto allumanit dei problem i gravissimi: il sovrappo-

273
18
polamento, l inquinamento atmosferico, l esaurimento delle risorse
energetiche, la possibilit dei detentori del potere economico e p oli
tico di manipolare i consumatori e i cittadini, l espulsione delluomo
dal mercato del lavoro per effetto della concorrenza della macchina.
Sono sfide di portata vastissima che non possono essere affrontate
d allazione dei soli governi. La finalizzazione dello sviluppo alla qua
lit della vita postula l assunzione in proprio da parte di ogni uomo
del destino di tutta la specie e il suo coinvolgim ento responsabile
nel processo decisionale.
In termini pi generali si pu dire che ci troviam o a vivere nella
transizione dalla democrazia politica alla d e m o cra zia sociale. La par
tecipazione dal basso alla gestione del potere sociale si va allargando
dalla societ politica, dove la persona opera come cittadino, alla so
ciet civile, dove la persona agisce nella variet dei propri status e
ruoli specifici. unevoluzione a cui indubbiamente la contestazione
giovanile ha dato un contributo di grande rilevanza. Il movimento
del 68 ha superato la concezione della politica intesa come azione
riservata ad adulti specializzati, ad lites di professionisti, ed ha affer
mato con forza la necessit di una dimensione partecipativa del fatto
politico, richiedendo una continua verifica tra vertice e base e privi
legiando le azioni capillari nei contesti pi specifici della fabbrica,
del quartiere, della scuola, nei servizi sanitari ed assistenziali.
Il processo di democratizzazione ha investito in modo pervasivo e
con ritm i accelerati di cambiamento anche i sistemi form ativi, so
prattutto a partire dalla fine degli anni '60. Va precisato che in campo
educativo il termine p a rtecip a zio n e assume due significati diversi.
Il primo, relativamente poco diffuso e che, pertanto, ci lim itiam o
solo a menzionare, si identifica con il concetto tecnico di egua
glianza d elle o p p o r tu n it fo r m a tiv e tra le classi sociali; in altri
termini si tratta del problema della democratizzazione d elleduca
zione , o del diritto allo studio , o della scuola per tutti o
aperta a tutti . Per amore di completezza richiamiamo qui in modo
sintetico l accezione pi recente, cosiddetta radicale o sociolo
gica , di eguaglianza delle opportunit. Secondo tale concezione non
sufEciente garantire a tutti l accesso all'educazione, ma necessario
anche assicurare l eguaglianza dei risultati tra gruppi sociali diversi
al termine del processo form ativo; l eguaglianza delle possibilit nel
l istruzione non significa eguaglianza di trattamento, ma eguale pos
sibilit di essere trattati in maniera diversa per poter realizzare le
proprie capacit; la responsabilit dellinsuccesso, in particolare sco
lastico, ricade in prim o luogo sul sistema, sistema scolastico o societ
tutta intera.
I l significato pi comune si riferisce alla p a rtecip a zio n e degli edu
catori, degli educandi, dei genitori e delle forze sociali alla g e stio n e
delle attivit form ative: naturalmente prendiamo la parola g estio n e

274
nel senso pi vasto di conduzione del processo educativo e non nel
l accezione lim itativa di amministrazione. Ricordiam o, poi, che nella
scuola si parla di a u to g e stio n e quando si restringe la partecipazione
ai soli educatori, mentre il termine c o g e s tio n e chiama in causa edu
candi e genitori e l espressione g e s tio n e socia le coinvolge anche le
forze sociali.
I l fenom eno della partecipazione, che tende ad allargarsi sempre
di pi, trova la sua giustificazione anche in m otivazioni in tern e alla
realt educativa. La contestazione studentesca, pur con i suoi aspetti
negativi di improvvisazione, estremismo giovanilistico e velleitarism o,
ha espresso con il rigetto di una form azione repressiva ed emargi
nante una profonda esigenza di libert e di eguaglianza, in sintesi,
di democrazia. La pedagogia contemporanea, daltra parte, ha fatto
sue le ragioni dell'attivism o che rifiuta di considerare l educando
come puro oggetto del processo educativo, ma esige il rispetto della
sua dignit di soggetto responsabile e conseguentemente richiede la
sua partecipazione attiva al processo form ativo.
Ha influito sulla crescita di corresponsabilit nel campo educativo
l affermarsi, a partire d allinizio degli anni 70, del nuovo m odello di
sviluppo e Y ed u ca zio n e p e rm a n e n te . Ricordiam o qui due degli assunti
di base della nuova strategia. Anzitutto, l idea della societ edu
cante : l educazione una funzione della societ intera, comunit e
singoli, che sono chiamati a gestire democraticamente le iniziative
form ative. L educazione di ogni uomo, di tutto luomo, per lintero
arco della vita, un com pito talmente ampio e complesso che la so
ciet non lo pu affidare ad una sola istituzione. Tutti i settori della
societ devono essere chiamati a dare il loro contributo, dall'am m i
nistrazione pubblica, all'industria, alle comunicazioni, ai trasporti.
Analogamente tutti i gruppi, le associazioni, i sindacati, le comunit
locali e i gruppi intermedi devono assumere in prima persona la re
sponsabilit educativa che compete a ciascuno di loro. Evidentemente
non si pu pensare che dun colpo ogni societ e tutta la societ
diventi senzaltro educativa. Le istituzioni dovranno essere adattate
in modo da poter svolgere questa nuova funzione, soprattutto attra
verso una reale democratizzazione dei processi interni. Il secondo
assunto sottolinea che l educazione dovr costituire un diritto di
tutte le persone e di tutti i popoli, presentare un carattere proposi
tivo, offrire strumenti per l elaborazione di un progetto personale
di vita e stimolare l educando a porsi in maniera critica e innovativa
rispetto ai messaggi trasmessi. L etica nuova delleducazione tende
a fare d ellindividuo il padrone e l autore del suo proprio progresso
culturale (Paure, 1972, 209). Il sistema form ativo dovr essere strut
turato totalmente in vista d e lle d u c a n d o che assurge a punto di rife-
mento centrale dellattivit pedagogica. Fin dai prim i anni egli dovr
essere messo nella condizione e spronato a partecipare a llorganizza

275
zione della vita d ellistituzione form ativa frequentata, alla elabora
zione delle norme disciplinari, alla scelta dei metodi e dei contenuti.
Gi nel 1972, con il Capitolo Generale Speciale, la Congregazione
Salesiana ha proclamato che una delle finalit precipue del rinnova
mento pastorale dellazione salesiana tra i giovani doveva consistere
nella creazione di vere comunit pastorali fondate sulla c o r r e s p o n
sa bilit e la collaborazione. Di tale comunit il nucleo centrale fo r
mato dalla comunit consacrata in Cristo. Inoltre, parte integrante
della nostra attivit pastorale la comunit educativa di cui sono
m em bri attivi i salesiani, i genitori, i collaboratori laici, i giovani,
uniti in dialogo e corresponsabilit a diversi livelli, in tutte le fasi
del lavoro educativo (CG 1972, 221). A sua volta, il Capitolo Gene
rale 21 ha constatato lo sviluppo della corresponsabilit nelle comu
nit dopo il 1972, ha individuato le carenze pi gravi della parteci
pazione, ha affidato al Direttore il com pito di animare la partecipa
zione responsabile di tutti verso la realizzazione deHunico processo
comunitario, ha riafferm ato l estensione della responsabilit educativa
a tutte le persone coinvolte di fatto nei processi form ativi ed ha pro
posto strutture di partecipazione che permettano l attuazione delle
nuove istanze di corresponsabilit.
La domanda di partecipazione dal basso ha investito il mondo
pedagogico non solo nel senso di esigere il pii ampio coinvolgim ento
di tutti gli interessati nella gestione dei processi form ativi, ma anche
per sollecitare i sistemi educativi a preparare l uomo a svolgere un
ruolo attivo nella nuova democrazia partecipativa. L educazione po
litica non deve pii consistere n ellindottrinamento, nella form azione
di adulti passivi e ciecamente obbedienti, ma dovr risvegliare la
coscienza politica, form are le virt civiche e democratiche, fornire
strumenti per una comprensione critica della natura del potere e dei
processi decisionali nelle societ moderne. Inoltre, il sistema educa
tivo dovr offrire le occasioni di un a p p r e n d im e n to della p a rtecip a
zion e, sostituendo al tipo tradizionale di autorit gerarchica e buro
cratica un processo decisionale di natura democratica.
Partecipazione a lleducazione ed educazione alla partecipazione
costituiscono i due nodi fondamentali della problematica pedagogica
odierna sulla partecipazione. Ad essi dedicheremo i due paragrafi
successivi in vista della elaborazione delle due tematiche nel PEPS.

2. La partecipazione aU'educazione

Una partecipazione ottim ale dovr essere anzitutto libera trice,


cio orientata primariamente alla promozione integrale delluomo e
solo secondariamente alla produttivit e a llefficienza, e p e rs o n a li
stica, ossia ancorata e fedele a un progetto di uomo-persona. Bi

276
sogner, inoltre, che sia a p erta a tutti, senza discriminazioni di sesso,
di religione, di razza, di condizione economica o sociale. Dovr essere
reale nel senso di consentire agli interessati di influire veramente
nei processi decisionali e non concedere delle possibilit solo appa
renti di intervento. Si impone, poi, la legge della gradualit per vari
m otivi; gli ostacoli che la realizzazione della partecipazione incontra,
il diverso livello di sviluppo raggiunto dalle persone, dai gruppi e
dal contesto sociale coinvolto, la fisionomia propria di ogni comunit
in cui si attua. Tuttavia, l immaturit non pu essere considerata
come un m otivo sufficiente per escludere da qualsiasi partecipazione,
in quanto la partecipazione si apprende partecipando.
Sar necessario assicurare un quadro generale di d iritti e di d o v e r i
che si pu sintetizzare in maniera tripartita. In prim o luogo si tratta
del d iritto di essere se stessi in tutte le dimensioni della propria per
sonalit, a cui corrisponde il dovere delleducatore di favorire la
crescita delle potenzialit personali d elleducando nel rispetto della
sua coscienza, della verit scientifica, della pluralit di opinioni sulle
cose discutibili. Si dovr anche garantire il diritto di manifestare
il proprio pensiero in un clima di discussione e di dibattito rispettoso
e tollerante senza pericolo di essere perseguiti per le proprie con
vinzioni, e il diritto di critica, cio il diritto di sottoporre al vaglio
della valutazione personale quanto viene proposto. In terzo luogo
andr assicurato il diritto di operare secondo le proprie persuasioni
profonde entro lim iti com patibili con l appartenenza allistituzione
e con i fini della medesima; tali lim iti non sono stabiliti una volta
per sempre, ma sono oggetto di ricerca e di dialogo tra le varie com
ponenti.
Due caratteristiche della partecipazione chiamano in gioco respon
sabilit soggettive piuttosto che delle strutture. La partecipazione
e sigen te, richiede una forte tensione m orale per il sacrificio che
comporta. Suppone, infatti, libert di spirito, distacco, dedizione,
capacit di dialogo, pazienza e tolleranza. Dovr anche essere in n o
va tiva e critica nel senso che non potr accettare passivamente lo
status quo, ma dovr tendere al cam bio in vista di una umanizzazione
sempre pi completa della societ.
Le caratteristiche della partecipazione ottim ale non devono farci
dimenticare gli o sta co li che si frappongono alla sua realizzazione.
Anzitutto, di carattere oggettivo e strutturale: la stratificazione della
societ in classi, la divisione sociale e tecnica del lavoro, la dise
guaglianza di opportunit form ative tra giovani di ceti diversi e, a
livello internazionale, le disparit nord-sud con lo sfruttamento dei
paesi del Terzo Mondo da parte delle nazioni industrialmente pi
avanzate. In questo quadro, minoranze potenti tendono a perpetuare
le loro posizioni di privilegio, cercando di manipolare il consenso
della maggioranza a loro favore. La realt sociale presenta con fre

277
quenza fenomeni di assenteismo, indifferenza e apatia che vanno
ricondotti all'alienazione di cui l'uomo moderno soffre nella vita
sociale, in quanto la struttura politica gli appare come un mondo
estraneo e impersonale che prende e impone le sue decisioni in ma
niera totalmente autonoma. N mancano rem ore di carattere pi
personale come la resistenza all'innovazione, il fanatismo, il dogma
tismo ideologico, l intolleranza e l'avidit.
Data l'estrema differenziazione delle situazioni non possibile de
lineare un quadro particolareggiato della traduzione sul piano orga
nizzativo dei criteri ottim ali della partecipazione. Possiamo tuttavia
indicare le va ria b ili pi im portanti da tenere presente e per ciascuna
i problem i e le prospettive di m aggior rilievo.
Il tip o di g r u p p o esercita un condizionamento che non si pu
ignorare [ ^ g r u p p o ] . N ei gruppi spontanei la partecipazione si carat
terizza per il coinvolgim ento intenso di tutti i membri, anche se non
sempre accompagnato da una adeguata consapevolezza critica. Nei
gruppi associativi il grado di partecipazione effettiva dipende dalla
consistenza, daU'inffusso e dal conservatorismo delle cerehie diri
genziali. Se consideriamo le istituzioni, lestensione e l intensit della
partecipazione sono condizionate dalla maggiore o minore rigidit
e gerarchicit dei ruoli su cui sono costruite. I sociologi aggiungono
anche il caso, che a noi interessa meno, delle unit produttive, com
m erciali e imprenditoriali, nelle quali la qualit e la quantit della
partecipazione sono determinate dal grado della divisione del lavoro,
dalla struttura gerarchica dell'impresa, dall'accentramento della pro
priet dei mezzi di produzione.
Differenze significative emergono anche secondo il tip o di istitu
z io n e fo rm a tiva . N ella scuola gli aspetti professionali occupano uno
spazio notevole, pi ampio che non in un'associazione giovanile. Per
tanto nel prim o caso pi probabile scivolare in un m odello buro-
cratico-tecnocratico di conduzione, caratterizzato dalla prevedibilit
delle procedure, dal controllo sulle idee e sui comportamenti, dal
l'indottrinam ento culturale dei giovani, da un m etodo rigido, unidi
rezionale di comunicazione da chi comanda a chi obbedisce, da chi
trasmette verit e regole a chi riceve ed applica. D altra parte, nel
l associazione giovanile lanimazione delleducatore adulto pu facil
mente divenire direttiva e dimenticare che il prim o educatore il
gruppo stesso secondo il m etodo dellautogoverno.
Un'altra variabile da tenere in attenta considerazione costituita
dalle c o m p o n e n t i che sono coinvolte nella gestione. Il problem a si
posto soprattutto nella scuola. Si m olto discusso per esempio se
le forze sociali le associazioni culturali, gli imprenditori, i sinda
cati, gli enti locali possiedono un titolo educativo a partecipare
nella gestione del singolo istituto scolastico e si contrapposto un
pentagono delle comunit naturali, fam iliare, ideologica, professio-

278
naie, locale e statuale, al trinom io fam iglia, insegnanti, studenti. La
polem ica ora diminuita di tono e la soluzione va probabilmente
ricercata in una delimitazione pii precisa degli ambiti e dei poteri
da riconoscere alle forze sociali. Se la contestazione della presenza
di queste ultime nella scuola avvenuta all'insegna del rischio di una
politicizzazione eccessiva d elleducazione, il pericolo opposto di una
privatizzazione del processo form ativo ha portato alcuni a rifiutare
la partecipazione dei genitori nella loro veste di genitori. Anche que
sta obiezione sembra ormai superata in quanto nessuno pu mettere
in dubbio l importanza del contributo che i genitori possono fornire
nella scuola a lleducazione dei figli. Un altro problema dato dalla
importanza dellorgano a cui le componenti vengono ammesse a par
tecipare e dalla consistenza della rappresentanza che in ciascun organo
attribuita a ogni componente nei confronti delle altre: in questo
senso la partecipazione di una componente potrebbe essere solo appa
rente, qualora fosse relegata in organi privi di poteri reali o situata
in una posizione di costante minoranza.
La partecipazione anche condizionata dalla struttura degli o rg a n i
in cui si articola. Si dovranno prevedere momenti di democrazia
diretta (assem blee) e momenti di democrazia delegata (consigli). Si
potranno distinguere gli organi secondo le fasi del processo decisio
nale, le competenze e i poteri. Gli organi potranno essere costituiti
da una sola componente o da pi componenti. La m oltiplicazione
degli organi, comunque, dovr essere commisurata ad esigenze di
partecipazione reale e di efficienza.
Unaltra variabile importante consiste negli a m b iti degli organi.
Le m aterie potranno andare dal settore pedagogico-form ativo, al cul
turale, al didattico, aHamministrativo, a lleconomico, allo sportivo
e al ricreativo, e richiederanno la partecipazione di componenti di
verse secondo le competenze proprie di ciascuna. I p o te r i possono
essere consultivi, decisionali, esecutivi e di controllo e non bisogna
dimenticare che oggigiorno m olto diffusa l opinione che si partecipa
veramente solo se si pu incidere sulle decisioni. N vanno trascurati
i te m p i di convocazione perch ritm i troppo frequenti o rari di riu
nione possono determinare effetti negativi sulla partecipazione, p ro
vocando disaffezione o vanificando la possibilit di un lavoro comune.

3. Educare alla partecipazione

Al fine di poter progettare con realismo l azione delle nostre isti


tuzioni form ative pare opportuno richiamare sinteticamente le con
clusioni della ricerca sul ruolo delle principali agenzie educative
fam iglia, scuola, gruppo dei pari, mass-media nella form azione
alla partecipazione. Il quadro che verr delineato sar life rito alla

279
educazione politica in generale perch i due discorsi sono tra loro
inestricabilmente connessi.
L'analisi della letteratura scientifica rivela l'esistenza di un ampio
dibattito sulla co n tin u it o meno degli atteggiamenti ed orientamenti
p olitici dei figli rispetto a quelli dei g en ito ri. Coloro che sostengono
la tesi della discontinuit generazionale si appellano alla rapidit e
alla profondit del cambio culturale, al depotenziamento funzionale
della fam iglia, allindifFerenza dei giovani rispetto ai valori degli adulti.
A ltri studiosi, invece, pur non negando la presenza di conflitti tra
genitori e figli, ritengono che sussista una continuit sostanziale tra
le generazioni. M aggiore accordo sembra esistere circa l'incidenza del
l'origin e sociale che sarebbe il fattore pi influente sulla personalit
di base del giovane. Degli elementi che si raggruppano solitamente
sotto l'etichetta provenienza fam iliare , il livello di istruzione eser
citerebbe l'incidenza positiva pi forte.
Quanto alla scuola, pare che il suo influsso rivesta una importanza
seco n d a ria nel processo di socializzazione - educazione politica ri
spetto ad altre agenzie. Se si passa poi ad analizzare la natura del
l'azione della scuola, sembra che la funzione socia lizza trice occupi
un posto preminente rispetto alla educativa . L'insegnamento m ire
rebbe principalmente a rendere conform i, a inculcare delle valuta
zioni favorevoli al sistema, a creare un senso di appartenenza e di
fedelt ad esso. Alcuni autori introducono nella prevalente funzione
conservatrice-adattiva-consensuale della scuola una interessante distin
zione: l'insegnamento integrerebbe i giovani nel sistema politico o
con un ruolo direttivo attraverso la rete Secondaria-Superiore (i rami
nobili della Secondaria che danno accesso alle facolt universitarie
pi prestigiose) o con un ruolo subordinato tram ite la rete Primario-
Professionale (le vie scolastiche ed extrascolastiche di avviamento
rapido al lavoro nella condizione operaia). Pur con le gravi carenze
elencate, non si pu negare che la scuola svolga una vera ed u ca zion e
politica, possa condurre il giovane a una partecipazione politica libera
e consapevole e a una maturit politica: si tratterebbe, per, di una
funzione che riguarda m in ora n ze.
Passando ad analizzare l'azione dei g ru p p i d ei p a ri non sembra
che questa sia m olto efficace nel trasmettere i valori politici su cui
esiste un largo consenso nella societ. Al contrario, i gruppi dei pari
rivelerebbero una notevole incidenza come c o m p e tito r i delle tradi
zionali agenzie di socializzazione in quanto risulterebbero capaci di
elaborare m odelli culturali relativamente indipendenti. Il gruppo dei
pari costituirebbe una fonte potente di discontinuit tra genitori e
figli, tra insegnanti e studenti, e di rinnovamento dei valori politici.
Tutto il settore delle relazioni tra i m a ss-m e d ia e la socializzazione
politica sembra essere ancora piuttosto inform e quanto ad elabora
zione teorica e a verifica empirica. In generale le ricerche sottolineano

280
l'im portanza dei mezzi di comunicazione in rapporto alle diverse
m odalit della socializzazione politica. Al tempo stesso, altre indagini
precisano che l influsso delle diverse form e di mass-media sarebbe
a sua volta collegato ad altri fattori, consisterebbe cio in un rin fo rz o
della predisposizione all'ascolto di certi argomenti gi presente nei
soggetti: per esempio, l uso dei mass-media sarebbe condizionato
dalla fam iglia nel senso che la politicizzazione della fam iglia sarebbe
alla radice della catena causale che spiega gli interessi politici e il
bisogno di inform azione politica dei giovani e, quindi, l utilizzazione
politica dei mezzi di comunicazione [ ^ c o m u n i c a z i o n e s o c i a l e ] .
Questi cenni pur brevi fanno intravedere che le nostre istituzioni
form ative intervengono quando la socializzazione politica prim aria
ha gi operato nella fam iglia, spesso in m odo insoddisfacente data
l origine sociale prevalentemente bassa dei nostri giovani. La scuola
pu esercitare una incidenza positiva, anche se secondaria, sempre
che i nostri istituti sappiano sviluppare le potenzialit positive insite
n ellinsegnamento. Sicuramente da valorizzare l azione dei gruppi
dei pari data la loro efficacia nel trasmettere valori alternativi quali
quelli di un'educazione politica situata in un orizzonte cristiano.
Come in ogni progettazione educativa, dopo aver presentato m olto
rapidamente la situazione di partenza, bisogna puntualizzare gli
o b ie t t iv i delleducazione alla partecipazione. Si tratta di form are un
atteggiamento , una strutturazione relativamente stabile di tutta
la personalit del soggetto che si esprime a diversi livelli nella dispo
nibilit per l azione politica . Analogamente che per qualsiasi atteg
giamento i livelli comprendono l aspetto cognitivo, il valutativo, il
motivazionale, il decisionale e il comportamentale. Con questi con
cetti possiamo ora elencare alcune mete d elleducazione alla parteci
pazione. Forse potranno apparire troppo generiche o elementari, ma
non dobbiamo dimenticare che esse coprono gran parte dellarco
della vita umana, si devono adattare alla gamma vastissima dei livelli
di form azione da considerare e vanno articolate secondo le variet
delle istituzioni form ative e delle situazioni locali.
Un prim o obiettivo consiste nella capacit di in d ivid u a re, in te r
p re ta re e va lu ta re i p r o b le m i s o c io -p o litic i. Si tratta cio di abilitare
a provvedere alla propria inform azione e a quella del proprio gruppo
in una societ in cui l inform azione in vario modo e da pi istanze
manipolata. Bisogner far acquisire quei saperi che perm ettono di
penetrare la realt sociale: in particolare sottolineiamo l importanza
di una seria form azione scientifica che, trasfondendo negli allievi il
senso del rigore intellettuale e della verifica nellesperienza, li immu
nizza dal semplicismo, dal dogmatismo, d allavventurismo di tante
attivit sociali. Dovranno poi essere assunti i parametri di valutazione
che si possono sintetizzare nel valore-uomo, nella libert, nella giusti
zia, n elluguaglianza, nella pace, n ellamore, nei valori della fede.

281
Concludendo su tale meta educativa va ricordato che la form azione
alla capacit critica non si deve limitare a fornire princpi di valu
tazione, ma deve implicare una pratica sistematica e rigorosa di ana
lisi sociale nelle sedi appropriate.
In secondo luogo si tratta di attivare una serie di m otivazioni per
l'im pegno socio-politico, da identificare in unesplicita convinzione
della socialit costituzionale della persona umana, del fatto cio che
l uomo da considerarsi un essere destinato sostanzialmente a rea
lizzarsi nella sua dimensione sociale. Bisogna distogliere il giovane
dalla tentazione d ellindividualismo per corresponsabilizzarlo alla pro
m ozione integrale degli altri. Si richiede la form azione di un habitus
etico-sociale partecipativo che spinga l individuo a dare il proprio
contributo alla vicenda comune fino anche a pagare di persona.
Il servizio del popolo deve essere l obiettivo da perseguire in vista
di un bene comune che assicuri a tutti le condizioni necessarie per
realizzare la propria personalit entro un quadro di civilt progre
diente. Dovr essere bandita una concezione della politica come sfrut
tamento di una classe sullaltra, di un popolo su altri popoli, come
asservimento del bene comune al profitto di pochi, come carrierismo
e sopraffazione. In sintesi, questa seconda meta pu essere definita
come la form azione della v o lo n t di p a rtecip a re alla rea lizzazione del
ben e com une.
Dopo le dimensioni intellettuali e m orali delleducazione alla par
tecipazione, vogliam o evidenziare quella creativa: parliamo, cio,
della capacit utopica. Con essa non intendiamo naturalmente un
sogno folle, n un com odo pretesto a un alibi per sfuggire a respon
sabilit immediate, ma vogliam o riferirci a unimmaginazione pro
spettica capace di individuare nel presente potenzialit trascurate e
di elaborare un progetto lungimirante di trasformazione della societ
attuale. La richiediamo in ogni cittadino almeno come capacit di
apprezzare i frutti della fantasia politica dei pi dotati.
La form azione dovr fornire al giovane tutte le capacit o p e ra tiv e
necessarie per la partecipazione. Per esempio la capacit di program
mazione, in particolare di traduzione nelloggi delle linee direttrici
contenute nel progetto utopico: essa richiede lindividuazione dei
bisogni, la ricognizione dei mezzi disponibili, la form ulazione delle
scelte prioritarie, l adeguazione degli strumenti agli obiettivi perse
guiti, la fissazione dei tempi di attuazione. Anche in questo caso si
potrebbe dubitare che tali com piti debbano essere assolti dal comune
cittadino. Tale perplessit ci sembra scomparire qualora si distingua
tra programmazione locale e nazionale e si condivida la convinzione
che la program mazione democratica debba procedere dal basso. Esi
stono delle capacit tecniche da trasmettere come quella di creare
il consenso su un program ma e sulla scelta di alcuni uomini, di uti
lizzare le strutture politiche per conseguire il potere e realizzare il

282
bene comune, di saper pervenire a un compromesso con forze con
trapposte o concorrenti senza irrigidim enti preconcetti e massima
listici, ma anche senza cedere vilm ente l'irrinunciabile. Altre capacit
operative m inori riguardano il dom inio del linguaggio, l animazione
dei gruppi, le capacit decisionali, le capacit promozionali.
Il terzo passo nella program mazione educativa comprenderebbe
la determinazione di un ite r m e to d o lo g ic o [ ^ i t i n e r a r i o ^ m e t o d o ] .
Altre voci di questo temario offrono le indicazioni essenziali per la
sua formulazione: ci limitiamo, pertanto, a richiamare alcuni aspetti
specifici delleducazione alla partecipazione. Indubbiamente la m eto
dologia generale da privilegiare consiste nel far partecipare il giovane
a concrete azioni socio-politiche. La partecipazione diretta va, tuttavia,
promossa con gradualit, nella form a di m icrorealizzazioni proporzio
nate, immediate e facili: si tratter della gestione democratica della
scuola, della partecipazione responsabile alla gestione di gruppi, del
l esercizio continuo e rispettoso della dinamica di gruppo, di azioni
di quartiere, di interventi in manifestazioni pubbliche per la difesa
delle libert civili, della giustizia, della pace. Nella scuola, dato che
oggi non si concepisce pi la form azione socio-politica come una disci
plina specifica ma come una dimensione generale della educazione
impartita, la form azione alla partecipazione dovr essere organizzata
attorno a globali unit o problem i . N ei gruppi sar consiglia
bile accentuare l aspetto dellesperienza, cio far ricorso principal
mente a metodi che si basano sulla prassi piuttosto che sulla elabo
razione teoretica e culturale.

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284
23.
ANIMAZIONE

M a r io P o llo - R ic c a r d o T o n e lli

1. Cosa lanimazione culturale - 2. Componenti metodologiche - 3. Obiettivi


dellanimazione culturale - 4. Perch l animazione culturale oggi - 5. Gli stru
menti deUanimazione - 6. L animazione nella pastorale - 7. L animazione cul
turale e pastorale nel progetto educativo.

1. Cosa l'animazione culturale

Con il termine a n im a zion e alcuni indicano un insieme di atti


vit di tipo ricreativo-ludico, altri attivit di tipo espressivo quali
quelle teatrali e infine altri ancora attivit di tipo psico-sociale volte
a innescare processi vagamente terapeutici e/o di apprendimento nei
gruppi umani. L elencazione potrebbe continuare ben oltre, ma que
sta raccoglie gi l insieme pi significativo delle concezioni dellani
mazione che percorrono la scena educativa.
Ognuna di queste concezioni, se non sempre ha a monte riflessioni
di ordine teorico, perlomeno ha una serie significativa di sperimen
tazioni consolidate che tendono a divenire norm ative nei confronti
di ogni ulteriore pratica di animazione.
Gi dalla considerazione di queste tre concezioni dellanimazione,
e quindi lasciando da parte le m olte altre concezioni esistenti, emerge
con chiarezza come la parola a n im a zio n e rappresenti nella nostra
cultura un insieme assai vasto di attivit aventi tra di loro anche
scarsa affinit. L eccessiva ampiezza delle funzioni sociali designate
con la parola a n im a zio n e rende la stessa alquanto ambigua o p erlo
meno testimonia dei complessi significati che sono em bricati in essa
a vari livelli di profondit.
Un ulteriore passo nella definizione del significato di animazione,
forse il pili efficace, approfondire le radici linguistiche e culturali.
Esse sono collegate alla parola a n im a come principio di vita, unit,
attivit.
Il verbo a n im a re nelle sue radici storiche indica fondamen
talmente l attivit attraverso cui la vita infonde di s luomo e l uni
verso. Esso quindi designa una qualit dellagire che appartiene ad

285
una vastissima gamma delle azioni umane e divine, e che vanno dal
l atto educativo attraverso cui l educatore intenzionalmente infonde
negli educandi valori, princpi, idee, opinioni, ecc., alla attivit del
l artista che animando la materia crea l opera darte, oppure, ancora,
a llatto di chi, animando dei propri sentimenti e dei propri convin
cimenti gli altri, li muove a llazione.
N ella cultura animare non una azione particolare, distinta dalle
altre, ma una qualit o un carattere di m olte azioni umane connesse
a llazione di dare, conservare e sviluppare la vita nella sua dimen
sione individuale e sociale, m ateriale e spirituale, terrena e divina.
un m odo pi che una cosa o un contenuto; forse pu essere un
m etodo particolare di condurre le azioni umane pi direttamente
legate al senso della vita.
Se queste sono alcune delle radici linguistiche e culturali da cui
si svolge il significato contemporaneo di animazione, allora non stu
pisce troppo l ampiezza di attivit che oggi essa designa. M olti poi
degli usi odierni d ellanimazione sono in qualche modo gi prefigurati
nel nucleo di significato originario della parola come pi avanti appa
rir con pi compiuta evidenza.
precisando questa qualit di animazione che possibile restrin
gere l area troppo vasta di significato quale emerge nella storia antica
del segno, pur rimanendovi sostanzialmente fedeli.
L animazione un simbolo che, in quanto legato, interrelato ai
significati pi genuini dellesistenza, pone come estranee al proprio
orizzonte di senso le form e della vita segnate dallalienazione, dalla
schiavit, dalloppressione delluomo sulluomo o su se stesso e che
quindi impediscono alla singola vita umana di svolgersi in tutta la
potenza che in essa contenuta. L orizzonte di senso del simbolo
a n im a zio n e rimanda alla libert, alla creativit, alla gioia, a llamore
per gli altri giocato sul rispetto di se stessi, alla speranza come senso
fondamentale dellessere ed infine allo scacco, al fallim ento come tratto
umano originale di vita e non di distruttiva disperazione.
Da questa prima e breve riflessione emerge un prim o restringi
mento del suo significato. L animazione una qualit che compare
solo nelle form e di vita liberanti e liberate. la qualit che sottende
gli atti che liberano l uomo individuale e sociale e sostanziano il suo
radicarsi pieno e totale nellessere.
L uso sociale odierno della parola a n im a zio n e ci consegna una
definizione di animazione quale attivit di tipo formativo-educativo.
Tuttavia bene fare alcune precisazioni circa la propriet di indicare
le attivit form ative d ellanimazione sotto l etichetta delle attivit
educative. Questo perch, a mio modesto avviso, i processi che tali
attivit dette di animazione designano vanno al di l di quelli che la
moderna filosofia d elleducazione definisce come educativi. Essi ri

286
guardano in qualche m odo anche i processi socializzanti e incultu-
ranti. In fatti l'animazione oggi in gran parte tende ad occuparsi dei
processi attraverso cui gli individui, appartenenti ad una data societ
e quindi ad una data cultura, acquisiscono quelle modalit e confi
gurazioni com portamentali che consentono loro una maggiore o minore
appartenenza e partecipazione alla vita sociale. Senza contare poi i
processi che favorendo l identit culturale dellindividuo di fatto per
agiscono in qualche m odo sulla sua personalit.
Per m aggior precisione occorre sottolineare che l'animazione, pur
toccando tanto i processi educativi quanto quelli socializzanti ed
inculturanti, non appartiene organicamente ad alcuno di essi. Infatti,
essa non n l educazione, n la socializzazione, n, tantomeno, l in-
culturazione: essa una qualit che pu esistere o non esistere
aU'nterno di questi processi [ -^ e d u c a z i o n e ] .
Si potrebbe dire che l animazione si pone lobiettivo della con
vergenza unitaria ed armonica di questi tre processi in un processo
di maturazione e di liberazione degli uomini che vivono in un dato
momento storico, in una data societ e cultura. Essa dovrebbe perci
essere una funzione sociale particolare che permette, con atti inten
zionali, declinati attraverso un m etodo rigoroso, di convogliare in
un unico processo integrato la socializzazione, linculturazione e la
educazione che troppo spesso nella societ si svolgono in modo disar
ticolato, contraddittorio, oppure sono integrate in un disegno alienante
di condizionamento robotizzante dellindividualit umana.
Quante volte infatti i dati delleducazione e della socializzazione
sono in contraddizione tra di loro, oppure, caso pi comune, violano
la libert, la possibilit degli individui di crescere in m odo adeguato
alle loro potenzialit. L animazione si pone il compito, diffcile ma
non per questo utopico, di abilitare l individuo, e i gruppi sociali
organizzati, a divenire committente o, perlomeno, partecipante attivo
e critico dei processi educativi, socializzanti ed inculturanti che per
meano la sua quotidiana esistenza. In altre parole ci significa dare
la possibilit a lluomo di controllare, attraverso la creativit ed il dom i
nio critico della ragione, quei processi attraverso cui il potere e la cul
tura sociale condizionano in qualche modo il suo essere [ c u l t u r a ].

L animazione un metodo ampiamente fondato sui dati delle scien


ze umane, ma non solo su di esse, in quanto si lascia permeare dal
non dicibile, dallarte e dalla poesia in cui sono embricati i valori
e i sensi pi profondi dellumana esistenza. La vita non dicibile
attraverso la scienza se non ad un livello descrittivo; il suo senso
oltre e solo i simboli possono sfiorarlo.
L animazione una fucina di segni, alcuni dei quali rimandano
al valore certo degli oggetti razionali, altri al non dicibile della poesia,
dellarte e della fede.

287
2. Componenti metodologiche

Se lanimazione pi che una particolare attivit educativa una


qualit, e quindi un metodo, ci significa che essa pu essere consi
derata un modo particolare di dare form a ed ordine ai processi fo r
m ativi siano essi socializzanti, inculturanti o pi propriam ente edu
cativi. Significa poi che essa introduce in questi processi degli obiet
tiv i particolari che non si giustappongono per a quelli loro tipici,
ma li riorganizza e seleziona. L animazione cio un m etodo che
consente, oltre ad aggregare in un certo modo le azioni educative,
di ridefinire e selezionare gli obiettivi che queste perseguono. E ci
in forza di alcuni processi o concezioni.
La prima grande concezione su cui si fonda l animazione costi
tuita dalla individuazione dellattivit linguistico-simbolica come la
pi importante caratteristica che differenzia l uomo dagli altri viventi.
Il rapporto d elluomo con quello che solitamente chiamiamo la
realt e cio con se stesso, gli altri e la natura non diretto, imme
diato come si potrebbe pensare ingenuamente a prima vista. Esso
infatti mediato da alcuni mezzi, di cui il pi importante appare
essere il linguaggio.
L uomo non conosce la realt direttamente, ma la rappresentazione
che i suoi sensi, il suo cervello e la sua cultura gli forniscono di essa.
Il rapporto col reale passa attraverso l ordinatore del linguaggio
e dei segni.
Con s e g n o qui intendo quell'entit a due facce. Una di queste
facce materiale, di natura sensibile, concreta e in grado quindi
di stimolare gli organi di senso umani. L altra invece immateriale,
assente, e non pu essere percepita dagli organi di senso. La parte
materiale e sensibile detta dai linguisti significante, e altro non
che la form a materiale (grafica, sonora, olfattiva, ecc.), attraverso cui
si presenta il segno.
La parte immateriale, assente, costituita dal significato che il
segno veicola. In altre parole, il segno costituito da una associa
zione stabile tra un significante, ossia una form a materiale, ed un
significato a llinterno di una particolare comunit umana. Questul-
tim a affermazione importante perch evidenzia che un segno, per
essere riconosciuto come tale, deve poggiare sul fatto che lassocia
zione tra significante e significato riconosciuta dalle persone che
costituiscono una particolare comunit linguistica.
La classificazione dei segni o quasi segni pi utilizzata, special-
mente dalla scuola semiotica americana, comprende m olteplici strut
ture significanti di diverso livello; segnale, sintomo, icona, indice,
segno simbolico, simbolo.
Si pu dire che l animazione, come metodo, mette al centro l in
teresse per i processi attraverso cui l uomo manifesta il reale, ne

288
prende coscienza e si differenzia ponendosi al centro del sistema
vivente che abita quel framm ento di spazio/tempo chiamato dai filo-
soii mondo e dai contadini terra [ ^ m e t o d o ].
Concetto fondamentale poi della proposta di animazione quello
che tende a considerare l uomo ed i gruppi sociali nei quali vive in
termini di sistem.a.
In altre parole ci significa considerare l uomo ed i gruppi sempre
come unit altamente complesse. In fatti un sistema definito come
un sistema di unit interagenti in relazione tra di loro. In cui quindi
non possibile considerare una singola unit se non contestualmente
alle altre che con lei form ano il sistema.
Concepire l uomo come sistema significa considerarlo come un
tutto indivisibile in cui ogni singola parte, in cui a volte per com odit
di analisi viene concettualmente scomposto, viene sempre vista e con
siderata in relazione alle altre ed a llintero. Si tratta di considerare
l uomo utilizzando il m odello fornito dal circolo ermeneutico in cui
il tutto spiegato dalla parte e questa dal tutto.
Oltre a questo, la concezione delluomo come sistema significa che
egli non la somma delle parti che lo compongono. L uomo non
infatti la somma di materia e spirito, psiche e soma, mente e corpo,
oppure di razionalit, emotivit, affettivit, socialit, ecc., ma un
tutto in cui dinamicamente esistono ed interagiscono, influenzandosi
reciprocamente, tutte queste parti [ ^ u o M o ].
Nessun com portamento umano mai pienamente solo razionale
o solo affettivo o solo sociale o solo istintivo o solo morale, ma
sempre la sintesi di tutto ci che costituisce l individuo umano. La
unit, la sintesi che si sviluppa nella mente e nella coscienza umana
resa possibile dal linguaggio dei segni e dei simboli che disegnano
la cultura in cui vivono gli individui ed i gruppi umani.
Questo concetto presuppone infatti che il metodo deHanimazione
sia di natura globale, e cio tale da tener conto che non possibile
form are la razionalit di un individuo senza considerare gli effetti che
tale azione ha sullaffettivit, la socialit e cos di seguito. A prim a
vista queste affermazioni possono sembrare banali e scontate; tuttavia,
se si guarda alle concezioni psicologiche ed anche mediche che hanno
ispirato le principali correnti pedagogiche in questi anni recenti, ci
si accorge che sono in gran parte basate sul meccanicismo, cio sulla
scomposizione della psiche e del corpo umano in tante parti che veni
vano studiate, una per una, separatamente senza curarsi dei loro rap
porti reciproci o con il tutto in cui erano inserite.
M etodo globale significa dar vita a dei processi di animazione
culturale che m irino a investire simultaneamente tutta la complessit
umana e quindi tutte quelle parti che le concettualizzazioni scientifiche
e filosofiche ritengono costitutive dellessere umano.
Il rifiuto d ellipotesi meccanicista nello studio delluomo com porta

289
19
necessariamente il rifiuto d ellaccettazione del determinismo e cio
che lo stato finale di un determinato sistema sia irrevocabilmente
determinato dalle sue condizioni iniziali.
La moderna epistemologia e la logica contemporanea hanno evi
denziato che il principio determinista applicabile solo ai sistem i
chiusi. E cio a quei sistemi che non scambiano n materia, n energia
e tanto meno inform azione con l ambiente esterno. Il sistema chiuso
quindi un sistema totalmente impermeabile allambiente esterno.
N ei siste m i a p erti occorre sostituire il determinismo con il prin
cipio dell'equifinalit, il quale postula che un identico stato finale
possa essere raggiunto partendo da condizioni iniziali differenti; op
pure che partendo da condizioni iniziali uguali si possono raggiungere
stati finali dift'erenti.
Se questo principio valido per le scienze fisiche lo ancora di
pi per quelle umane ed in m odo particolare per quelle che si occu
pano di formazione.
Applicare il principio dellequifinalit significa anche che lo stesso
risultato pu essere raggiunto tanto da chi parte da posizioni svan
taggiate, quanto da chi parte da posizioni privilegiate. Una ultima
e interessante conseguenza dellequifinalit quella di ribadire che
lo stesso risultato pu essere raggiunto seguendo percorsi differenti
e che identici percorsi possono portare a risultati differenti.
Questo principio ribadisce cio la specifica e irriducibile diversit
di ogni situazione educativa, di ogni essere umano. Ogni essere umano
segue nella propria costruzione vie e percorsi propri che non sempre
possono essere ricondotti a llinterno dei m odelli e degli schemi pre
fissati dalleducatore. Accettare l equifinalit vuol dire ricercare un
m etodo form ativo centrato sullutente e non sui valori statistici medi
o solo ed esclusivamente sullesperienza del passato.
Significa dare continuit alla tradizione, rinnovandola e reincar
nandola in modo specifico in ogni situazione particolare. Infine offre
la possibilit di ridefinire, di revisionare la propria condotta educante
sulla base dei risultati effettivi e non su effimere e irreali speranze.
L equifinalit afi^erma un grande valore di giustizia sociale ed
umana, perch ribadisce la libert di ogni individuo e la sua possi
bilit di costruire, al di l delle condizioni di partenza, una vita che
valga la pena di essere vissuta, in quanto luogo dove possono espri
mersi le sue potenzialit.

3. O biettivi deiranimazione culturale

I concetti che ho sin qui esposto rappresentano la fondazione del


m etodo dellanimazione, mentre quelli che qui di seguito descriver
con il nome di o b ie ttiv i sono tappe attraverso cui pu svilupparsi
la sequenza di atti form ativi che abbiano la qualit dell'animazione.

290
3.1. A bilitare all'uso dei s im b o li e d e i segni nel terreno unificante
della cultura
La cultura um ana pu essere considerata un sistem a di testi, di
codici, di valori, di stru ttu re della personalit e com portam entali,
di modi di produzione e di vita in generale che orienta e seleziona
il rapporto della persona um ana con se stessa, gli altri ed il mondo.
Alcuni autori vedono nella lingua e nei vari sistem i di segni, lin
guistici e non, che ogni popolo usa, il luogo stesso della cultura.
nota l espressione di Heidegger che afferma che la lingua la cul
tu ra di un popolo.
L'apprendim ento della lingua, dei vari linguaggi iconici, musicali,
ecc., che intessono una cultura, quindi fondam entale, anzi costi
tutivo di qualsiasi processo formativo. Perch esso sia animazione ,
ne possegga cio la qualit, deve avvenire in un modo particolare.
Esso deve, per prim a cosa, consentire ai singoli individui un fe
condo e critico rapporto con la tradizione e la storia, non solo fatta
di inform azioni m a anche di vissuti, del gruppo sociale nel quale
essi si trovano a nascere e vivere.
Senza l'assunzione critica della tradizione, nel senso che essa viene
letta attraverso locchio del presente che aspetta il futuro, non pu
costituirsi una solida, efficace e coerente identit personale da parte
dei giovani abitatori del tempo. La tradizione pu, ed in alcuni casi
deve, essere rifiutata, ma per solo dopo che essa stata pienam ente
assunta. Se viene rifiutata prim a ancora di essere assunta si innesca
un processo disgregativo e distruttivo che, ben lungi daUem ancipare
i singoli, ci fa precipitare nel b aratro senza nome dell'uomo senza
storia.
Tuttavia, perch la cultura possa essere trasm essa nella sua in
tegrit e la tradizione possa rim anere come spazio in cui il tem po
declina i molteplici orizzonti di senso dellesperienza um ana, neces
sario che essa, oltre ad essere trasm essa secondo i moduli della ragione
dialettica, della scienza sistem atica, sia anche raccontata per mezzo
di linguaggi evocativi che non disdegnano la fam iliarit dei simboli,
delle immagini e degli antichi miti.
N arrare significa fondam entalm ente chiam are qualcuno a far p arte
del proprio mondo. N arrando, il vecchio prende per rnano il giovane
e lo conduce nel proprio mondo, glielo fa condividere, conoscere al
meno, se non accettare. Fa assumei'e ai segni quei profondi significati
esistenziali che il vocabolario non dona loro, che la logica rigorosa
della sintassi non pu far risuonare se non come nostalgia.
La lingua per radicarsi, per divenire ap ertu ra di un essere verso
altri esseri, per divenire esplosione e nello stesso tem po lim ite di
significati attraverso un intreccio coerente di form e finite, ha bisogno
di essere appresa non solo come fatto fonetico, come capacit di

291
denotare attraverso suoni e/o le form e grafiche particolari oggetti
fisici e m entali o infine come insieme di regole com binatorie e quindi
come codice, ma deve trovare prospettive e profondit nella forza
viva della tradizione accolta come atto d am ore verso il futuro.
La seconda qualit dell'apprendim ento della lingua come anim a
zione costituita dalla stimolazione allu so della stessa come atto
di creativit.
Ora la creativit si esprim e tanto nella possibilit di form ulare
espressioni non ancora dette quanto nella possibilit di giocare le
parole o le espressioni linguistiche verso significazioni inusuali, o
com unque diverse da quelle logorate dallabitudine. Basta pensare
al fatto che con parole comuni riesce a evocare profondit di signi
ficazioni impensabili.
La terza qualit apparentem ente di n atu ra contraria alla seconda.
Infatti essa consiste, durante lapprendim ento e luso della lingua,
nello stabilirsi di un rapporto non distorto, stabile e socialmente
condiviso, tra i segni e gli oggetti per cui essi, in qualche modo,
stanno ed a cui quindi rinviano.
Luso rigoroso dei segni, la loro capacit di significare con il minimo
di indeterm inatezza, sono gli elementi che garantiscono la com pren
sione tra gli individui e che costituiscono di fatto la possibilit della
relazione sociale.
Questa qualit che sem bra a prim a vista normale, banale, in quanto
essenziale ad ogni apprendim ento linguistico, non cos scontata
nella situazione sociale contem poranea, specialmente a livello giovanile.
Numerose analisi e le stesse micro-osservazioni che ognuno com
pie nel corso della vita quotidiana rivelano che nel mondo giovanile
i segni linguistici hanno perso gran p arte della loro oggettivit ,
gran parte della capacit di significare e si presentano dotati di labi
lissime, quando non soggettive, capacit di rinvio a quei qualcosa
per cui stanno o dovrebbero stare.
Ridare terra alle parole ed ai segni, ricostituire u n am pia conven
zione semantica, ecco una qualit che lanimazione pu disvelare per
ridare al linguaggio la sua capacit di orientare luomo nella realt,
sottraendolo allattuale ruolo di annebbiam ento e di oscuram ento
della stessa.

3.2. A bilitare alla valutazione etica degli s tr u m e n ti ed al loro cor


r etto uso
Con il term ine strum ento intendo in generale tu tto quanto
serve a m ediare il rapporto delluomo con se stesso, gli altri e il
mondo. Strum enti sono i prolungam enti degli organi sensoriali um ani,
in quanto servono a potenziare le lim itate capacit umane: un can
nocchiale, un altoparlante, un telefono, una radio, ecc. Ma strum enti

292
sono anche quelli che consentono di potenziare l'azione delluom o
sulla natura: un m artello, una leva, un tornio, ecc. Sono strum enti
quelli che potenziano le attivit m otorie: una bicicletta, u n auto
mobile.
Sono strum enti infine anche quelli astratti o concettuali che aiu
tano l'uom o nella com prensione del mondo. Lo stesso linguaggio,
al limite, potrebbe essere considerato uno strum ento. Una teoria fisica
uno strum ento al pari di quelli m ateriali.
Gli strum enti siano essi m ateriali o concettuali sono sempre per
prim a cosa m ediatori indispensabili di rapporto dell'uomo con la
realt. Tuttavia questa mediazione non m ai neutrale, nel senso che
essa seleziona e favorisce alcuni aspetti del rapporto uomo-mondo e
ne inibisce altri.
Ognuna di queste mediazioni attu a la sua azione sulla scorta di
una ben precisa antropologia o almeno di una ideologia che in qual
che modo prefigura, ponendosi come a priori, lo stesso mondo che
lo strum ento dovrebbe o form are o descrivere. Io faccio uno stru
m ento per trasform are il mondo avendo per in me, non im*porta
se a livello esplicito od implicito, una prefigurazione del mondo quale
esiste e dovr essere, e una precisa concezione dell'uomo che lo abita
o dovr abitarlo.
Proprio perch gli strum enti disegnano il mondo e l'uom o che Io
abita, essi posseggono sem pre una dim ensione etica che la sintesi
dellantropologia e dell'ideologia che ad essi sottostanno.
A nim azione vuol dire, nell'acquisizione della cultura, la capacit
di dare agli educandi la possibilit di cogliere la dim ensione etica
degli strum enti che assumono o di cui pi semplicemente apprendono
l'uso.
A nim are vuol dire perci rendere critica l'inculturazione, ponen
dola pi direttam ente in rapporto ad un preciso sistem a di valori
che in qualche modo la giudica.
Rendere coscienti della eticit degli strum enti fondam.entale per
una formazione um ana pi ricca e libera. Questo anche per evitare
di credere in certi valori e poi di usare strum enti che sono di fatto
la produzione di valori contrastanti o com unque dissonanti. Questa
coscienza fornisce le possibilit ad ogni individuo di stru ttu rare con
m aggiore consapevolezza, potenza e coerenza la propria presenza e
la propria azione nel mondo.

3.3. Creare uno s p a zio -tem p o d iscon tin u o e non om ogen eo, espa n
den d o n e la dim en sion e
Va riafferm ata la necessit che la nostra cultura, p u r accettando
che lo spazio-tempo del mondo tu tto abitabile e santificabile, crei
alcune discontinuit in esso. Queste discontinuit dovrebbero favo

293
rire la possibilit delluomo contem poraneo di scendere nella pro
fondit di se stesso e di ascoltare le verit che dallEssere scorre
verso la sua coscienza.
Una prim a discontinuit quella di im luogo in cui dom ini il
silenzio, il tempo non scorra ed in cui lo spazio sia diverso, altro da
quello in cui scorre la vita quotidiana. Un luogo in cui luomo possa
riconsiderare il tempo, la vita con il distacco di un senso che al
di l delle porte dello spazio-tempo. In altre parole, un luogo in cui
il linguaggio sia il silenzio, l'unico in cui possa risuonare la verit
senza nome dellEssere. Un luogo dove il tempo non scorre, ed in cui
la propria identit viene riafferm ata al di l delle contingenze della
storia e legata al senso profondo del tempo che precede e che segue
la com parsa del mondo.
Lanimazione quindi deve tendere a far s che gli individui ed i
gruppi sacralizzino dei ferm enti del loro spazio-tempo, sottraen
doli alla m onotonia omogenea della vita m ateriale e sociale, e li
elevino a luoghi in cui ogni tanto ritrovare la pii profonda verit
intorno a se stessi, il mondo e Dio.

3.4. Im m u n iz z a re co n tro il p r in c ip io di co n fo rm it

Nelle societ industriali m oderne il potere, lau to rit non si eser


cita attraverso costrizioni di tipo m ateriale, quali luso della forza
fisica, m a attraverso i sistem i simbolici. Il potere diviene il controllo
dei sistemi simbolici che utilizza ai propri fini. Viene in m ente a que
sto punto, per una curiosa associazione di idee, un principio educativo
proposto da B ertrand Russel e da lui indicato con il term ine im-
m u n izza zio n e d a lleloquenza e che chiarisce con questo esempio:
Comincerei dallasilo presentando due tipi di dolciumi: uno molto
buono e accom pagnato da una descrizione fredda ed accurata degli
ingredienti di cui fatto; laltro molto cattivo m a raccom andato
dalla migliore pubblicit .
Quello che Russel indicava come immunizzazione dalleloquenza
nel concreto un cammino, una strategia di animazione che svela
i rapporti tra sistemi simbolici e potere. Questa strategia non richiede
necessariam ente che sia individuata la fonte, il potere che eroga
quellautorit anonima.
Limmunizzazione dalleloquenza una parte del processo che
conduce alla liberazione dal prin c ip io di co n fo r m is m o che viene
trasm esso nei sistem i educativi della nostra societ che vanno dalla
famiglia alla scuola.
Non essendo quella del conform ism o una educazione per nozioni,
essa avviene per sottili ed efficaci condizionam enti in cui gioca un
notevole ruolo la p arte affettiva, prim aria delluomo. questo un
processo educativo che riguarda gli atteggiam enti e come tale celato

294
nella sua com plessit all'indagine psicologica, perlom eno al suo livello
attuale di conoscenza. Lantidoto al conform ism o non perci l'ab
battim ento di un potere, perch ad un potere ab b attuto se ne sosti
tuisce un altro, piij equam ente distribuito, magari, ma sempre fonte
di staticit e convenzioni e perci anchesso generatore di confor
mismo. Allora chi educato al conform ism o passer semplicemente
dalluno all'altro e aliener il proprio potere rinunciando a liberare
se stesso.
Il com pito delleducazione perci non tanto quello di disvelare
il potere, m a quello di elaborare nelle persone lantidoto al confor
mismo; educare alla libert.
Lanimazione non pu negarsi leducazione alla liberazione dal
potere, m a non essendo essa azione politica pura non potr farlo
attraverso una lotta, m a disvelando i suoi sentieri, che sono le p ri
gioni senza sbarre, attraverso cui il potere prende possesso del mondo.
La prigione dell'uomo m oderno una prigione di simboli cem entati
tanto dalla m alta a vista della logica, quanto da quella invisibile delle
paure antiche che scuotono la profondit delluomo.

3.5. Una sin te si tra m o ra le individu ale e ntorale sociale

Vi un altro com pito ugualm ente im portante per l'animazione.


Esso riguarda il rapporto tra m orale individuale e m orale dei sistem i
sociali. Von Bertalanffy a questo proposito osserva; I sistem i so
ciali [...] sono entit che, grazie ad una funzione giuridica, acquistano
gli attrib u ti di una personalit ed agiscono e sono m oralm ente e
giuridicam ente autorizzati ad agire come se fossero persone o indi
vidui reali. Senonch i concetti m orali applicabili ai sistem i sociali
sono diversi da quelli applicabili agli individui. Detti sistem i sociali
possono quindi fare, e di fatto im punem ente fanno, molte cose che
sarebbero im m orali e punibili nel caso dellindividuo, sicch sorgono
vari conflitti tra i valori m.orali dellindividuo e quelli delle sfere
sociali .
Questa scissione tra m orale individuale e m orale sociale consente
a m olte persone di essere, ad esempio, religiose ed oneste e, nel
contempo, dei protagonisti attivi di situazioni di malgoverno o di
oppressione delluomo sull'uomo. Questo anche perch il loro com por
tam ento scisso non solo approvato, m a anzi la norm a di com porta
m ento nei sistem i sociali ai quali appartengono. Vivono in pace con
la loro coscienza perche il loro com portam ento sociale conforme
alla norm a sociale e nel contempo il loro com portam ento privato,
intim o anch'esso rispettoso di una m orale di carattere religioso,
laico o di qualsivoglia genere e specie.
Ora questa situazione non retaggio di una piccola parte del

295
genere umano; invece piuttosto diffusa, direi comune alla maggio
ranza delle persone che vivono in sistem i sociali complessi.
In pratica nelle societ industriali si richiede alluomo di essere
da un lato oggetto e dallaltro soggetto dellesercizio del potere. In
altre parole, gli si chiede di essere un collaboratore attivo, ed a volte
il protagonista, di chi opera per la sua schiavit. questo uno dei
pi sottili giochi del potere nella societ contem poranea che per
realizzarsi ha per bisogno di una m orale sociale diversa e separata
dalla m orale individuale [ s o c ie t ] .

Nella m orale sociale la norm a posta al di fuori delluomo, il


prodotto del com portam ento um ano che assume valore di norm a del
luomo. Luomo giudicato dai p ropri risultati, al di l che questi
gli siano personalm ente utili o dannosi. Si pu dare infatti il caso
di un uomo che compie u n azione che produce un risultato utile al
sistem a sociale e dannoso per s medesimo. Orbene, questa azione
assum e un valore positivo per il sistem a sociale, e la persona vive
in modo positivo la propria azione, non percependo, spesso, la dan
nosit che lazione stessa riveste per lei.
Un esempio significativo pu essere quello delloperaio che compie
un lavoro nocivo. Per il sistem a sociale e lim presa nella quale lavora
loperaio, la sua azione positiva se egli accetta la nocivit e presta
la quantit richiesta di lavoro; invece negativa se per salvaguardare
la propria salute p resta una m inor quantit di lavoro. Nel prim o
caso loperaio avr gratificazioni m orali e m ateriali, nel secondo fru
strazioni m orali e m ateriali.
Il paradosso questo, che per il gioco del potere che fa prevalere
dentro i sistem i sociali la m orale sociale su quella individuale, un
operaio m uore giorno per giorno confortato dalle gratificazioni, men
tre un altro salva la propria esistenza sconfortato dalle frustrazioni.
Capita che chi ha lincarico di giudicare sul com portam ento degli
operai di una fabbrica e dispensa gratificazioni e punizioni sia una
persona onesta, pia e religiosa nella vita privata, oppure convinto
osservatore delle libert e dei diritti civili, contrario ad esempio
alla pena di m orte: orbene, questa persona nellesercizio della sua
funzione di responsabilit in nom e della m orale del sistem a fabbrica,
in cui lavora, condanna ineffabilmente a m orte qualche operaio, o
perlom eno a gravi invalidit, e reprim e in modo autoritario chi cerca
di salvarsi la pelle o la salute.
Il bello della situazione che la persona in questione non avr
m inim am ente tu rb ata la p ropria coscienza e sar convinta di essere
una persona m oralm ente irreprensibile.
Una vera coscienza deve essere in grado di cogliere al proprio
interno il conflitto tra m orale individuale e quella sociale, deve avere
la sofferenza della coerenza e la felicit delladesione ai princpi.

296
Lanimazione deve espandere questa coscienza, renderla vera e critica,
svelando lambivalenza di molti sistem i simbolici.
Sarebbe per errato credere che il problem a della conflittualit
delle due m orali sia risolubile semplicem ente a livello individuale
facendo prevalere la m orale individuale, la deduzione sullinduzione
m orale, e quindi attraverso lintensificazione della educazione m orale
ristre tta allinteriorit dellindividuo.
Lazione educativa deve tendere a saldare i valori individuali con
i valori nascenti dai risu ltati del lavoro di trasfoi'm azione della realt.
questo lunico modo corretto di saldare la m orale deduttiva dei
valori trascendenti e universali delluomo con quella induttiva che
nasce dal lavoro diuturno delluomo e dei sistem i sociali.

3.6. La d im en sion e religiosa dell'uom o

Un altro obiettivo p er lanimazione nasce dalla costatazione che


lunica via delluomo per trascendere gli angusti lim iti dellutilit
biologica costituito dai linguaggi simbolici.
Sarebbe alquanto contraddittorio il predicare che attraverso lani
mazione si desidera favorire al massim o il processo evolutivo degli
individui e dei gruppi, e poi non toccare nel processo educativo la
fase pi alta della evoluzione um ana, la trascendenza della stessa
n atu ra non pi animale ma um ana. Leducazione allesercizio del
libero arbitrio risulta uno dei com piti centrali della formazione che
si salda strettam ente con leducazione alla trascendenza.
Ma qual la strada da percorrere durante un tale iter educativo?
Lanimazione non pu fornire contenuti (si fa per dire); essa un
m etodo; deve per orientare alla ricerca in tal direzione dando alla
trascendenza tu tta la realt che essa ha, rom pendo con quella
tradizione che separa il problem a religioso delluomo da tu tta la sua
sfera cognitiva, quasi non appartenesse anchesso alluniverso sim
bolico e non rappresentasse il punto supremo.
Troppo spesso ci si dim entica che i pi alti valori che strappano
l um anit dalla barbarie e dallingiustizia, dalla violenza dellinstin-
tualit priva di qualsiasi senso che non sia la sopravvivenza, e che
perm eano di s le civilt, sono originati dai sistemi religiosi. Basta
pensare alla civilt occidentale in cui lam ore per luomo, il rispetto
del debole, la piet, la carit che sono sempre indicati come il punto
m assim o dello sviluppo di una coscienza um ana civile, sono derivati
dallinsegnam ento e dalla vita di Ges Cristo. Questo al di l che un
uomo si m anifesti come credente o non credente, la religione ha
messo a disposizione di tu tti lalta tappa del cam mino evolutivo
raggiunto. Per il non credente questa tappa sar solo un modo pi
evoluto di vita um ana, p er il credente invece essa solo linizio di un

297
cam m ino che p o rta luomo a trascendere se stesso: la via di accesso
al divino.
La dimensione religiosa non pu essere esclusa o separata dalla
educazione delluomo perch si toglierebbe al suo cammino evolutivo
il polo piti alto. Occorre per, con altrettan ta chiarezza, dire che la
religione da sola non sufficiente se accanto ad essa non vengono
sviluppati gli altri poli o sistem i simbolici che appartengono alla
scienza, allarte-letteratura ed alla politica. Quello religioso il polo
pili alto m a non il sufficiente e lunico. Per essere vero e non un
semplice feticcio deve appartenere organicam ente alluniverso sim
bolico delluomo, alla sua cultura.
D 'altronde uno degli obiettivi p er definire lanimazione culturale
quello che essa deve rivolgersi alla globalit dellindividuo e stim o
lare la crescita arm onica di tu tte le sue com ponenti, le sue dim en
sioni, e quindi lanimazione anche un contributo culturale nel senso
in cui stim ola e sviluppa la ricerca di una cultura unificata delluomo
che una sintesi pi avanzata delle varie culture, scientifiche, um a
nistiche, religiose, e perch no, popolari.

4. Perch ranim azione culturale oggi

Dopo la definizione generale di animazione che ho sviluppato mi


sem bra necessario passare ad evidenziare i caratteri dellattuale cul
tu ra e condizione socio-economica che di fatto rendono necessaria
lazione form ativa dellanim.azione e la qualificano come u n a risposta
valida ai bisogni culturali delle persone che abitano il nostro tempo.
Una prova del tu tto em pirica ed induttiva del fatto che esista un
effettivo bisogno di animazione oggi data anche dal fatto che oram ai
essa stata scelta ed utilizzata da un gran num ero di istituzioni, enti,
associazioni e gruppi quale strum ento per la realizzazione delle loro
finalit educative, socializzanti o inculturanti.

4.1. La crisi d id en tit storico-culturale e dei m eccan ism i eli tr a s m is


sione culturale
Uno degli effetti, forse il pi evidente, dei rapidi cam biam enti cul
turali stato quello della perdita dellidentit storico-culturale e cio
la m ancata assimilazione dei modi di vita tradizionali. Si pu dire
che la cultura industriale ha privato del passato le coscienze degli
individui, condannandoli a vivere in un presente piatto in cui non
trovano spazio e risposte gli arcaici problem i e interrogativi legati
al senso dellesistenza.
Inutile sottolineare come una coscienza priva di passato non abbia
futuro e viva in modo alienato lo stesso presente.

298
La vittoria di Pirro della cultura tecnico-universalistica si m a
nifestata con pienezza so p rattu tto nella sostituzione dei modi trad i
zionali di lavoro, di allevamento ed educazione dei figli, di nutrizione,
ecc., con quelli suggeriti dalla presunta razionalit tecnico-scientifica.
Gli esperti sono subentrati come depositari del sapere sociale agli
anziani, ai leaders, ecc., a chiunque cio in qualche modo detenesse
il sapere della cultura sociale. Come n u trire i bam bini non viene pi
desunto dallesperienza della tradizione da parte del gruppo sociale
m a dal pediatra o dalla puericultrice. Come m angiare e stare bene
lo dice un medico e non pi secoli di esperienza cum ulati nel modello
alim entare, nella cucina popolare e tradizionale.
Lelenco potrebbe continuare per molte pagine, m a penso che
siano sufficienti questi m.odesti esempi per far com prendere come
avvenuta concretam ente la vittoria della cultura tecnico-universalistica
nei confronti di quella tradizionale.

4.2. Un iden tit fuori da un o rizzo n te d i senso


Nella cultura disegnata dalla scienza e dalla tecnica sono nascosti
ed in qualche modo oscurati i legami dellindividuo con il passato;
come ho gi detto andata in crisi la sua capacit di adattam ento
ad una vita che avesse orizzonti di senso al di l del consumo e del
benessere. Le risposte anche ingenue m a efficaci delle antiche culture
rurali sono state archiviate e persino ridicolizzate e com unque non
stata riproposta una loro evoluzione che seguisse il flusso del tem po
e le trasform azioni sociali ed economiche che in esso avvenivano.
Il risultato (medio) quello di un uomo contem.poraneo abitatore
delle citt industriali, dotato di potentissim i strum enti concettuali
e pratici fornitigli dalla scienza e dalla tecnica contem poranea, m a
indifeso rispetto alla angoscia che la vita provoca al di l delle appa
renze della felicit. Indifeso perch si ritrova com.e un naufrago
abbandonato in un territorio, in u n isola ricchissim a ma priva di segni
leggibili di vita umana.
La perdita delle radici culturali uno dei modi pi distruttivi e
angoscianti della solitudine. Un uomo senza radici infatti un uomo
a cui la cultura delloggi assegna una identit fatta esclusivamente
del riconoscim ento della posizione che egli occupa nel sistem a sociale
in ogni istante; basta per che vada in crisi il suo ruolo nel sistem a
perch venga di fatto egli a trovarsi nella condizione di un non
esistente.
Questa identit orizzontale desunta dai ruoli che ogni individuo
gioca nel sistem a sociale non m ai in grado di fornire una profonda
e d u ratu ra collocazione in un orizzonte di senso che aiuti a capire
se stessi e la propria esistenza al di l dei lim iti e dei confini delloggi.
Il vero problem a, anzi la vera risposta alla crisi di identit cul

299
turale ia rivitalizzazione dei meccanism i di trasm issione culturale
tanto nel loro versante psico-sociologico-antropologico, quanto in quel
lo piiJ propriam ente educativo in senso stretto. Questi meccanismi
investono tanto i ruoli delle istituzioni educative tradizionali quanto
quelli delle m oderne agenzie form ative costituite principalm ente dai
mass-media e dalle varie forme ed attivit associative. In altre parole
non solo il presente m a anche il passato, con i suoi orizzonti non
necessariam ente scientifici, attraverso la tradizione deve perm eare
di s lo svolgersi della formazione dellindividuo contem poraneo dando
sostanza al suo enorm e com unicare attivo e passivo.

4.3. La crisi della transazione tra p r iv a to e p u bb lico

Accanto alla crisi di identit culturale e forse anche in ragione


di essa, m a non solo di essa, la solitudine e l'alienazione dell'uomo
contem poraneo segnata dalla crisi o meglio dallo sfaldarsi della
continuit tra sistem a sociale, razionalit e senso dell'organizzazione
e la vita singola delle persone, dei loro privati e vitali bisogni. in
crisi cio la transazione che conduce l'uom o dal proprio spazio pri
vato, personale del proprio quotidiano concreto a quello pi astratto,
im personale e pubblico del sistem a sociale.
Questa crisi si m anifestata e si m anifesta tu tto ra attraverso il
progressivo aum ento della distanza psicologica tra l'individuo ed il
sistem a, tra i cittadini e le istituzioni, tra governati e governanti e
infine tra le regole che presiedono lo svolgimento della vita privata
dell'individuo e quelle invece che presiedono e lim itano il com por
tam ento di chi preposto al governo ed al controllo del sistem a
sociale o dello stato.
Ci com porta, in modo evidente, una serie di fenomeni sociali tra
cui si segnala indubbiam ente il cosiddetto ritorno al privato c soprat
tu tto il particolare carattere che intesse la comunicazione e cio il
linguaggio ed i modi attraverso cui si sviluppa la relazione sociale
odierna.
In altre parole, si potrebbe dire che il sistem a sociale contem.po-
raneo appare come un arcipelago di soggettivit, di piccoli mondi
vitali privati, collegati da enorm i reti e quantit di comunicazione
che tuttava non riescono a rom pere il diafram m a dellisolamento ed
a fare sistem a. Il sistem a che pure esiste ad un altro livello ed
piti un sistem a di costrizioni e di vincoli esterni che una vera e propria
area in cui lindividuale con i propri bisogni si identifica, parteci
pando, in una sintesi sociale di livello superiore. Il sistem a vien vissuto
come necessario, ma, nello stesso tempo, come estraneo, artificiale e
so p rattu tto lontano dal consentire la sintesi del proprio individuale
con quello degli altri nel sociale.

300
4.4. Crisi d i g o vern ab ilit e crisi di linguaggio
La crisi di transazione tra individuale e sociale, tra privato e pub
blico e tra singolo e sistem a quella che nel linguaggio della politica
viene detta crisi di go vernabilit o d ista n za tra il paese reale e quello
istituzionale-politico, e che le varie vicende di questi tem pi m ettono
pi o meno a nudo.
Quasi tu tti i tentativi di superare la crisi si sono rivelati e si
rivelano fallim entari o perlom eno ininfluenti in quanto muovono
tu tti da concezioni ideologiche, o pi genericamente culturali, che
in modo pi o meno scoperto professano la concezione di un sistema
fortem ente centralizzato e la cui immagine pi diffusa quella che
circola sotto le spoglie dello stato. Si , in altre parole, rim asti
fermi ad una concezione tardo ottocentesca del sistem a sociale, decli
nato attraverso il centro e la periferia e la piram ide di diversi livelli
di inform azione e di potere sociale, senza rendersi conto che la so
ciet postm oderna non ha pi centri n periferie, m_a un enorme
villaggio in cui ogni parte centro (McLuhan) ed i grandi sistemi
di comunicazione distribuiscono sem pre pi orizzontalm ente l'infor
mazione.
Occorre prendere atto allora che le isole della soggettivit non sono
pi periferia rispetto al sistem a sociale e quindi allo stato, m a centro,
per cui necessario pensare ad altre form e di transazione, tra indi
viduale e sociale, tra pubblico e privato.
Di fronte a questa crisi del sistem a e del suo collante, del lin
guaggio e delle sue forme, emerge prepotente il bisogno di un pro
cesso form ativo in grado di far ricuperare agli individui le proprie
radici, la propria irripetibile cultura, una socialit che sappia decli
narsi tra privato e pubblico e una forte tensione verso la libert e la
verit dellessere.
Lanimazione pu p ortare un piccolo e m odesto contributo in
questa direzione, in quanto, tra i suoi obiettivi e nella qualit del suo
metodo, m ira alla formazione di personalit um ane e di gruppi so
ciali che siano:
a) radicati in una precisa identit storico-culturale;
&) in grado di articolare un linguaggio che apra efl^ettivamente
allinterazione autentica con se stessi e con gli altri;
c) capaci di sviluppare relazioni che, pu r rispettando la diversit
irriducibile di ogni isola della soggettivit, sappiano costruire il sistem a
ovvero la solidariet del contratto sociale;
d) p o rtatori di una capacit creativa, che sappia coniugare la fe
delt a ci che stato e che del proprio progetto di s con le esi
genze dellam ore e della verit, giocando sino in fondo se stessi nella
vita e nel linguaggio.

301
5. Gli strum enti delianimazione

Ma quali sono quegli strum enti che possono consentire il raggiun


gim ento di tali rilevantissim i obiettivi? A mio avviso essi sono prin
cipalm ente tre;
1. la teoria della comunicazione;
2. il gruppo prim ario;
3. il metodo della ricerca.

5.1. La teoria della com u n ica zion e um ana


Lanalisi della comunicazione fondam entale perch la com uni
cazione la funzione che rende concreti i sistem i simbolici. In altre
parole la via di accesso ai m ondi simbolici delluomo, la p o rta che
unisce il territorio dei simboli con quello della n atu ra costituita
dalla comunicazione. Lazione educativa se vuole toccare i mondi
simbolici deve preoccuparsi di condurre gli uom ini a riappropriarsi
ed a ristru ttu rare i loro processi di comunicazione.
Un altro motivo che rende necessario luso della teoria della com u
nicazione come strum ento deUanimazione dato dal fatto che la co
municazione pu essere considerata il tessuto nervoso del sistem a
sociale, la via attraverso cui si realizza la socializzazione e quindi
lidentit individuale, psichica e culturale delluomo.

5.2. Il g ru p p o p rim a rio


Il gruppo prim ario stato scelto come luogo dello spazio-tempo
privilegiato per lanimazione culturale, in quanto esso sia il cardine
dellindividuo che quello delle organizzazioni sociali pi vaste. Esso
pu essere, e lo nella vita pratica, il focolaio dei mutam.enti della
personalit individuale e dei sistem i sociali. A ttraverso le m etodo
logie scientifiche messe a disposizione dalla dinamica di gruppo
possibile per il gruppo, con lassistenza specialistica dell'anim atore,
controllare abbastanza efficacemente i processi di m utam ento indi
viduali e sociali indirizzandoli nella direzione voluta. In questi pro
cessi di m utam ento giocano un ruolo fondam entale la presa di coscien
za ed alcuni fattori di ordine psicologico e sociologico [ ^ g r u p p o ] .
Con lespressione presa di coscienza da un punto di vista psico
logico si intendono quattro fenomeni intraconnessi sequenzialmente:
a) Il confronto sperim entale fra le categorie di pensiero del
lindividuo, i suoi atteggiam enti, e il dato concreto della sua espe
rienza quale emerge dalla sua vita quotidiana. in altre parole una
analisi di coerenza tra i vari sistem i simbolici dellindividuo. In p ar
ticolare tra quelli astratti e quelli concreti. Da ci la conseguente

302
constatazione di quanto pu esservi di falso, di distorto, di inadeguato
tanto nelle categorie che negli atteggiam enti a priori dellindividuo.
b) La sottom issione delle constatazioni del punto precedente alla
riflessione razionale. Occorre cio far passare le categorie men
tali, gli atteggiam enti e i sistemi simbolici dal livello autom atico
inconscio al livello cosciente-riflesso. Questo al fine di demistificare
le certezze, il modo di porsi a priori che la m aggior parte degli uomini
ha nella vita quotidiana e che distorce il loro rapporto con la realt
e con gli altri.
c) Il punto precedente rende possibile la scoperta di una nuova
realt. Il cambio, la demistificazione di precedenti sistem i sim_bolici
e la nascita di nuovi, provoca di fatto una nuova organizzazione e
costituzione della realt. in questo senso che si parla di una nuova
percezione della realt che pretende di essere pi significativa della
precedente.
d) Ed infine un m utam ento dellorientam ento della coscienza che,
liberata dal retaggio di schiavit di sistemi simbolici radicati nel
passato, che gli impedivano di cogliere il presente nella sua interezza,
pu finalmente includere, come parte integrante del suo esistere, il
futuro.
Il processo che ho descritto ed a cui viene dato il nome di presa
di coscienza quello necessario al liberarsi nellindividuo della
capacit di im parare o apprendere. La rilevanza pedagogica di questo
aspetto enorme. Da notare che la presa di coscienza avviene cor
rettam ente, nella maggior parte dei casi, solo nel gruppo e deriva
dall'essere in gruppo.

5.3. La m eto d o lo g ia della ricerca


La scelta della metodologia della ricerca quale terzo strum ento
dellanimazione deriva dalla definizione di animazione data preceden-
tem^ente, quando la si considerata come strategia educativa in grado
di sviluppare lautonom ia, la capacit di partecipare criticam ente ed
attivam ente alla fruizione ed alla creazione della cultura sociale da
parte di individui e gruppi sociali. Lo strum ento metodologia della
ricerca diviene allora in questo contesto lalternativa allacquisizione
acritica e passiva della cultura sociale, abilitando gli individui ed i
gruppi ad im possessarsi attraverso la ricerca di tu tti quei sis^^emi
simbolici che servono a potenziare la loro capacit di crescita e
progresso.
La metodologia della ricerca svolge in ciuesto contesto il ruolo
giocato dal possesso di determ inati m etodi di procacciam ento del
cibo che danno a chi li possiede la possibilit di soddisfare, con un
elevato grado di autonom a, i propri bisogni senza dover attendere
che altri lo assistano recandogli il cibo di cui ha bisogno.

303
Possedere la metodologia della ricerca significa avere poi la garan
zia che le proprie scoperte ed acquisizioni culturali sono svolte secondo
le procedure logiche validate a livello di cultura sociale, e quindi la
possibilit di com unicare e di confrontare con gli altri i risultati delle
proprie ricerche. La m etodologia della ricerca garantisce cio che
lautonom ia della ricerca non negazione della socialit.
Questi tre strum enti non sono stati scelti solo p er le loro caratte
ristiche individuali e singolari, m.a anche perch la loro interazione
reciproca produce effetti particolari congruenti agli scopi dell'ani
mazione.
Leffetto pi caratteristico che risulta dallinterazione dei tre stru
menti, quello che essi favoriscono, oltre ad un particolare appren
dim ento, l'evolversi da p arte degli individui e di gruppi della loro
capacit di apprendere. Questo perch sviluppandosi nel gruppo p ri
m ario determ inate dinamiche, gli individui riescono a superare i
blocchi m entali ed affettivi che inibiscono il flusso a livello di coscienza
di gran parte delle inform azioni provenienti dal m acrosistem a in cui
essi sono inseriti, e, nello stesso tem po, attraverso una rigorosa m eto
dologa, le inform azioni provenienti dal mondo dell'esperienza sono
sottoposte ad una rigorosa valutazione di validit. Metodologie di
ricerca e dinam ica di gruppo insieme divengono un potente strum ento
di revisione critica del rapporto, che sempre di comunicazione,
che gli individui hanno con se stessi, gli altri e la natura.
Completando la definizione di animazione si pu dire che essa si
avvale, per raggiungere gli scopi fondam entalm ente di un luogo nello
spazio-tempo dell'universo simbolico-sociale identificato nel gruppo
prim ario, di un m etodo di ricerca che promuove continuam ente un
rapporto o due vie tra teoria e realt, infine utilizza tu tte quelle
tecniche che prom uovono il collegamento tra il luogo dell'apprendi
m ento e lesperienza totale dellindividuo. C aratteristica di questi
strum enti tra di loro integrati quella di consentire di raggiungere
gli obiettivi dellanimazione attivando la ristrutturazione dei processi
di comunicazione degli individui e dei gruppi per quanto riguarda
gli aspetti sintattici, sem antici e pragm atici.
Concludendo si pu dire che questi strum enti attivano una stra
tegia di liberazione perch animazione liberazione delle capacit
di apprendim ento e di autogestione delluomo.

6. Lanimazione nella pastorale

Lanimazione, stato am piam ente spiegato sopra, non una p ar


ticolare attivit, m a un modo di dare form a e ordine a processi di
crescita facendo le persone soggetti attivi, critici e creativi dei pro
cessi sociali e culturali in cui sono coinvolti. Dire animazione perci

304
significa personalizzazione, crescita della coscienza, al di sopra dei
meccanism i di socializzazione e di assimilazione passiva di qualunque
patrim onio culturale o sociale con pretese di soggiogare o di m ettere
in dipendenza la persona.
La pastorale d altro canto u n area specifica di azione che cerca
la salvezza totale delluomo attraverso la m aturazione della fede e
la formazione della com unit dei credenti, chiam ata Chiesa. Ora sal
vezza, fede, com unit di credenti non solo non com portano qualcosa
contrario alle parole-realt chiavi dellanimazione quali persona, li
bert, coscienza, creativit, partecipazione, responsabilit, ma le ri
m andano a eventi ed esigenze che le danno un significato pi pregnante.
Se non fosse cos, la religione sarebbe alienante e fattore di dipen
denza cosmica e sociale.
La riflessione teologico-pastorale, difatti, afferma la presenza ope
rante di Dio nel cuore e nel destino dellum anit. Le manifestazioni
di questa presenza sono lincarnazione di Cristo e lazione dello Spirito
di Dio che spinge luomo verso la trascendenza, lo chiam a alla p arte
cipazione fino alla com unione e alluguaglianza con Dio attraverso
un cam m ino storico in cui deve liberare la sua creativit alla luce di
un destino colto in form a progressiva m an mano che lui stesso,
luomo, creativam ente lo cerca e lo realizza. Proprio questa convin
zione di partenza proietta verso un orizzonte senza lim iti la persona,
la coscienza, la libert, la responsabilit nella storia, la possibilit
di trasform azione, il prim ato della persona sui sistemi.
Anche in pastorale non si tra tta di socializzare verit e credenze,
di aggregare persone a un sistem a , m a so p rattu tto di rendere
coscienti le persone del m istero che si portano dentro e abilitarle
a rispondere creativam ente. I criteri deUanimazione risignificati sono
non soltanto com patibili o possibili, m a raccom andabili.
Tra i m olti aspetti dell'anim azione pastorale vogliamo individuarne
due: il processo di educazione della fede e la formazione della com u
nit cristiana [ ^ c a t e c h e s i ] .
La possibilit di applicare la m etodologia dellanimazione nelledu
cazione della fede dipende dal contenuto reale che si d a questa
espressione e pi precisam ente dal rapporto che si stabilisce tra
processo di educazione e processo di fede. Nella prassi pastorale si
danno, in modo pi o meno coerente e consapevole, interpretazioni
diverse di questo rapporto.
Alcuni vorrebbero far dipendere direttam ente dalla fede e dalla
rivelazione, nella loro consistenza obiettiva, le indicazioni e le scelte
concrete per un cam mino educativo che viene svuotato, in questo
modo, della sua autonom ia e assorbito nei fatti tipicam ente pasto
rali. una concezione che sem bra poggiare su una supposta fiducia
nellefficacia intrinseca dei mezzi soprannaturali (preghiera, sacra
m enti, ecc.). Perci si pi preoccupati del contenuto oggettivo della

305
20
proposta di fede che dei processi che hanno luogo nella persona e
delle m odalit esistenziali di comunicazione della proposta stessa.
Forse si parla anche di educazione della fede e si insiste sugli
interventi per attuarla. Il term ine educazione non ha per il con
tenuto proprio elaborato dalle scienze antropologiche. In ultim a ana
lisi viene svuotata la dimensione educativa della pastorale.
Non sem bra possibile in questo caso parlare di animazione se per
animazione intendiam o una precisa scelta che educa luomo facendo
appello alle ricchezze presenti in lui, alla sua capacit di assum ere
responsabilm ente la propria crescita, di diventare costruttore di cul
tu ra e di storia.
C u n altro modo di concepire il rapporto educazione-fede, che
distingue drasticam ente il m om ento educativo da quello pastorale.
Secondo questa concezione il m ondo della fede non ha niente da dire
al mondo profano, e la salvezza cristiana estranea allinteresse
educativo. Si rifiuta la possibilit di intervenire educativam ente sul
piano della m.aturazione della fede. Lam bito educativo ha una sua
autonom ia, ma non pu in alcun modo esprim ere il m istero di Dio
e avvicinare ad esso.
Anche per questo modello cade ogni possibilit di scegliere lani
mazione per il campo pi specifico della fede, proprio perch essa
non ha alcun rapporto con la crescita della persona nelle sue poten
zialit e ricchezze.
Se invece si assum ono con seriet e rispetto i fatti umani, prim i fra
tu tti quelli educativi; se si pensa che la parola di Dio, la sua salvezza,
incarnata nella realt e nellesperienza delluomo; se per levento
deirincarnazione la vita delluomo, nella sua consistenza profana,
costituisce laspetto visibile, il segno, la mediazione che perm ette al
m istero ineffabile di Dio di rivelarsi alluomo, allora tu tti i processi
educativi che m aturano la persona la rendono capace di aprirsi al
dono di Dio presente nella sua vita e di rispondervi in modo m aturo
e libero.
Si stabilisce un legame strettissim o tra m aturazione della persona
e crescita nella fede. Si crede quindi allim portanza e alla necessit
delleducazione perch la persona diventi capace di una vera opzione
di fede e assum a gradualm ente uno stile di vita corrispondente alle
dim ensioni fondam entali del progetto uomo proprio di Cristo.
Se lum ano ha una sua specifica im portanza, un suo significato e
una sua incidenza nellam bito della fede, possibile assum ere in
tu tta la sua pregnanza lanimazione anche nel campo pi particolar
m ente pastorale.
Se vogliamo optare per lanimazione in tutto il suo significato
antropologico, necessario che ci poniam o nella terza prospettiva,
assum endo, nella logica della stretta interdipendenza che essa stabi
lisce tra educazione e fede, tra vita e salvezza, le istanze irrinunciabili

306
presenti anche nelle altre concezioni. Ad esempio, non possiam o
dim enticare, pena un riduzionismo pastorale, la prio rit dell'azione
di Dio, lefficacia educatica della Parola e dei sacram enti, lim portanza
della fede come orizzonte di giudizio della realt um ana; lalterit
e la trascendenza del m istero di Dio, l incapacit dellum ano di attin
gere ad esso, lautonom ia e il valore della realt profana.
Crediamo allim portanza e al valore irrinunciabile delleducazione
in ordine allopzione di fede, alla s tre tta interdipendenza tra il pro
cesso di m aturazione e di crescita della persona e il processo pi
specificamente pastorale che, attraverso m om enti e mezzi suoi propri,
rende luomo consapevole e capace di rispondere al dono di grazia
presente nella sua vita.
Precisiamo per che si tra tta di educazione indiretta. La fede
infatti, come dialogo m isterioso tra Dio e luomo, sfugge ad ogni
intervento educativo. E a questo livello non si pu parlare di anim a
zione, m a solo di annuncio-ascolto-celebrazione della parola di sal
vezza nella Chiesa.
Tuttavia poich il dialogo di fede si realizza nella concretezza della
vita um ana, con i suoi dinam ism i e le sue leggi, possibile afferm are
leducabilit della fede. Essa si colloca sul piano delle mediazioni
um ane e storiche che hanno il com pito di aprire al dono della sal
vezza e sostenere la risposta personale e libera a questo dono.
A questo livello possibile e vera la scelta dellanimazione, bench
essa vada continuam ente giudicata dalla prospettiva di fede. ancora
im portante sottolineare linsufficienza di ogni processo educativo in
ordine alla fede. Non si pu infatti ignorare la rilevanza educativa
della grazia, la cui p o rtata sfugge ad ogni intenzionalit educativa.
Essa tuttavia richiede nell'uom o u n accoglienza consapevole e libera,
fru tto di un progressivo itinerario educativo [ ^ e v a n g e l i z z a z i o n e e
e d u c a z io n e ] .
Il secondo aspetto cui riferita l'animazione la costru zion e
della c o m u n it cristiana, dei suoi rap p o rti interni, del suo modo di
elaborare gli interventi pastorali.
La Chiesa, e allinterno di essa ogni com unit cristiana piccola
o grande, si sente investita dallo Spirito Santo. Questa affermazione
non la giustificazione di una esigenza di ubbidienza, m a un form i
dabile principio di libert e creativit. Lanimazione si fonda sulla
convinzione della presenza ispirante dello Spirito di Dio e su un
atteggiam ento di ascolto a questo Spirito prim o anim atore di tu tto
il popolo di Dio. I fatti che m anifestano la presenza dello Spirito
sono le dom ande di crescita del m ondo al cui destino la Chiesa deve
partecipare con un contributo originale, e gli eventi e segni della
com unit ecclesiale.
La Chiesa si presenta oggi come com unione di persone p ortatrici
del m istero di Dio, votata alla crescita dellum anit. I rap p o rti tra

307
i suoi m em bri non sono di offerenti e utenti, di potere a sudditi; sono
invece legami profondi come di m em bra di un corpo. La missione
della Chiesa viene svolta in com unione organica, in collegamento di
interdipendenza vitale tra i m em bri della stessa Chiesa. L'esperienza
di questi anni di rinnovam ento fa vedere che essa deve svilupparsi
in un contesto di corresponsabilit.
La consistenza della com unit ecclesiale e di ogni sua espressione
si m isura non gi in term ini di aggregazione, ma in term ini di appar
tenenza; lappartenenza si m isura non in term ini di servizi ricevuti,
m a in term ini di partecipazione; la partecipazione si m isura non in
term ini d accettazione, ma in term ini di coinvolgimento. Cos qual
siasi com unit ecclesiale non pu svilupparsi se non attraverso la
crescita della coscienza personale, e la corresponsabilit nell'azione
[ ^ c h ie s a ] .
Da ci proviene una m aniera di concepire i m inisteri e le voca
zioni. Rivestano essi form e istituzionali o carism atiche, in profondit
sono ordinali alla comunione e si m anifestano in essa. L 'autorit
non soltanto riveste la form a esterna del servizio, m a lo essenzial
m ente e unicam ente, rim anendo l'elem ento di dignit o prem inenza
nella categoria di ornam enti prescindibili.

7. Lanimazione culturale e pastorale nel progetto educativo

Intesa in questo senso l'anim azione pu essere inserita nel pro


getto educativo particolarm ente riguardo a quattro aspetti: il modo
di concepire il processo educativo, la m odalit dell'offerta culturale,
il funzionam ento deifa com unit educativa, leducazione alla fede.
Il processo educativo va concepito come una crescita, uno svi
luppo e una m aturazione della coscienza, della libert e del senso
critico. Superando sia l'accoglienza passiva quanto la spontaneit irri
flessa il giovane va reso protagonista attivo e critico della propria
crescita. L'animazione rifugge il modello autoritario, il modello ugua
gliatore in base a param etri obiettivi, cos come il modello disim pegna
to o puram ente permissivo. Il processo si gioca attraverso un tipo di
rapporto adulto-giovane, attraverso uno stile di presenza che offre
motivazioni, stimoli, prospettive e possibilit di espressione.
La cultura, particolarm ente nelle stru ttu re educative dedite all'in
segnamento, pu essere im posta sotto form a di elaborati, significati
e simboli. O si pu, appoggiandosi su questi elementi, fare un cam
m ino di rielaborazione in cui l'alunno venga stim olato all'esercizio
dell'intelligenza attraverso il dinam ism o della delucidazione e della
scoperta intellettuale; apprenda tecniche, conoscenze, metodi intel
lettuali, attitudini m orali e sociali che consentano di sviluppare la
sua personalit e inserirsi quale m em bro attivo della com unit

308
um ana . Si pu, in una parola, p u ntare sulla sola acquisizione di
conoscenze da ritenere e da ripetere o al contrario guidare alla sco
perta dei dati e alla ricerca del vero, con piena libert e responsa
bilit. Il m etodo didattico neU'offerta culturale un elem-ento fon
dam entale che contribuisce a pro d u rre consum atori o soggetti
di cultura nella m isura in cui p u n ta sull'assim ilazione o sullo svi
luppo creativo.
Per l'educazione della fede vale quanto abbiam o detto prim a.
Infine lanimazione riferita particolarm ente alla com unit edu
cativa. Le sue diverse com ponenti attraverso processi e tecniche di
inform azione, di valutazione del reale, di progettazione acquistano
coscienza piena del processo cui son chiam ati a prendere parte e p a r
tecipano creativam ente. Educatori, genitori e giovani passano cos
da utenti a protagonisti. Lanimazione tende alla crescita arm onica,
alla coesione articolata delle p arti e a far crescere la partecipazione
di tu tti nella vita dellinsieme. Il processo di animazione si m anifesta
nella crescita della corresponsabilit e nel riconoscim ento della com
plem entarit come espressione di una conoscenza adulta e di uno
stadio di accresciuta m aturit.

BIBLIOGRAFIA

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LDC, 1983.
B r a n c a P.G. - G. C o n t e s s a - A. E l l e n a , Animare la citt, Milano, Istituto
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P o l l o M., L'animazione culturale: teoria e metodo, Leumann (Torino),
LDC, 1980.
T o n e l l i R., Pastorale giovanile. Dire la fede in Ges Cristo nella vita
quotidiana, Roma, LAS, 1982.
V a l l e A., La animacin social y cultural, Madrid, Marsiega, 1972.

309
24 .
VALUTAZIONE

S ilvano Sarti

1. Significato del termine - 2. Evoluzione della problematica - 3. Scopo e ruolo


della valutazione - 4. Momenti essenziali della valutazione - 5. Strumenti per
la raccolta delle informazioni - 6. La rilevazione delle informazioni - 7. Il con
fronto delle informazioni coi criteri - 8. Lespressione dei risultati - 9. I
valutatori - 10. Osservazioni conclusive.

1. Significato del termine

Il term ine valu tazion e assume, anche in campo educativo, una


grande variet di significati. Ci dovuto, in parte almeno, al fatto
di essere un vocabolo delluso comune soggetto a diverse interpre
tazioni. Se infatti si apre un dizionario e si cerca la definizione del
vocabolo stesso (o del verbo valutare, a cui spesso tale definizione
semplicem ente rinvia), si trovano diverse indicazioni che vanno dalla
determ inazione del valore di una cosa in term ini economici a quella
del valore da assegnare a cose o fatti ai fini di un giudizio, di una
classifica, ecc.
Nel contesto educativo, si possono ricordare alcuni significati che
hanno avuto anche un risvolto concreto, specie nel settore scolastico,
influenzando i modi di concepire linsegnam ento/apprendim ento, e
quindi i rapp o rti insegnante/alunno;
valutare come fare la stim a di qualcosa, che im posta un giu
dizio sulle cose: in campo scolastico avrebbe come obiettivo quello
di form ulare giudizi sullalunno, in modo da decidere, per esempio,
sull'idoneit a proseguire negli studi;
valutare come apprezzare , stim are , nel senso di consi
derare positivam ente, riconoscere, valorizzare le caratteristiche, te
nerle nella giusta considerazione; si quindi p o rtati a riconoscere,
prendere in considerazione, approvare (valutare positivam ente) le
doti naturali e acquisite dellalunno (quest'accezione, anche se an
cora statica, sem bra rispondere meglio della precedente alla dim en
sione um ana del rapporto educativo);
valutare inteso come acquisizione di conoscenze da utilizzare
in vista del m iglioram ento di una situazione: in concreto come un

310
aiuto e una guida per accompagnare e favorire la m aturazione p er
sonale dellalunno.
Questi tentativi di precisare il significato da attrib u ire alla valu
tazione in campo educativo non esauriscono le sfum ature che il te r
mine ha assunto e continua ad assum ere. Essi dovrebbero per almeno
contribuire a richiam are lattenzione sullopportunit di distinguere
tra valutazione e m isurazione (raccolta d informazioni). I due te r
mini sono stati e continuano ad essere usati scambievolmente. Se per
si accetta lultim a accezione di valutazione come conoscenza p er ... ,
appare abbastanza evidente come la m isurazione sia una fase del
processo valutativo che non pu e non deve esaurirsi in essa.

2. Evoluzione della problematica

Le osservazioni precedenti non consentono di chiarire del tu tto


il significato e la p o rtata della valutazione nel contesto dellattivit
educativa, n di precisarne lim iti e m odalit.
Qualche elemento al riguardo possono offrire brevi riferim enti al
sorgere e allevolversi del discorso sulla valutazione in campo sco
lastico.
Lorigine delle discussioni in proposito legata aHinsoddisfa-
zione e al m alessere di fronte alla pratica abituale di valutare ed
esprim ere il rendim ento scolastico.
Si pu ricordare la polemica di Horace Mann contro lefficacia di
alcuni m etodi di esame orale e la proposta d in trodurre prove scritte
(1845). Questo allo scopo di presentare a tu tti le stesse domande,
raccogliere maggiori elementi di giudizio ed evitare la possibilit
di favoritism i o avversioni personali.
Alcuni anni pi tardi (1864) il rev. Giorgio Fisher preparava e pub
blicava prove atte a rendere pi oggettiva la valutazione scolastica.
Ma il suo tentativo non ebbe seguito im mediato. Maggior interesse
suscit invece il tentativo di Joseph M. Rice che utilizz prove di
ortografia, presentandole a migliaia di alunni (1897-98), m ettendo
in rilievo grandi differenze di rendim ento e ponendo in discussione
lefficacia dei m etodi didattici in voga.
Gli esempi ripo rtati attirano lattenzione sui metodi di valutazione
(esami), sulla loro soggettivit e suUutilit di pensare a strum enti
pi validi e affidabili.
Un altro contributo al dibattito sulla valutazione rappresentato
da un articolo di F.V. Edgew orth (1888) sui voti scolastici e la loro
variabilit.
In seguito le critiche e gli studi si m oltiplicarono. Sorse una nuova
disciplina, la D ocim ologia (nome proposto da H. Pieron), per lo studio
degli esami e quindi della valutazione.

311
Il contem poraneo sviluppo degli studi di psicom etria m etteva a
disposizione concetti e strum enti per la costruzione di prove per la
m isurazione oggettiva del profitto. Si cim entarono in questa im presa
nom i di prestigio, come E.L. Thorndike e W. Me Cali negli Stati Uniti,
C. B urt in Inghilterra, R. Buyse e O. Decroly in Belgio, A. B inet in
Francia, ecc.
Col m oltiplicarsi degli studi e delle proposte si cominci anche
a discutere sui lim iti e sul significato della m isurazione del profitto.
E negli S tati Uniti prese lavvio un vasto movimento che tendeva a
superare la m isura del profitto scolastico, per sottolineare l'im por
tanza di tenere nella giusta considerazione la com plessit della per
sona dellalunno adottando diversi criteri di valutazione e molteplici
strum enti. il movimento detto della evaluation e che sidentifica
spesso nellopera e nel nome di R alph W. Tyler.
Si com incia cos a porre in modo pi esplicito il problem a degli
obiettivi (intesi come com portam enti) da valutare e si avvia una
riflessione in questa direzione che sfocia nelle varie tassonom ie (quella
di Benjam in S. Bloom et ahi, sullarea cognitiva, del 1956).
Il modello proposto da Tyler continua a po rtare lattenzione in
prevalenza sul prodotto dellazione educativa, p u r cercando di arric
chire gli aspetti da prendere in considerazione.
Ben presto, per, col fiorire di tentativi per innovare la prassi
didattica e, pii in generale, i curricoli, si pone il problem a della
valutazione del processo educativo, oltre che del prodotto.
Si avvia cos una nuova fase di riflessione sui problem i della
valutazione: significato, metodi, risultati e loro utilizzazione.
In questo contesto la valutazione dellalunno conserva u n a sua
posizione centrale (in quanto la valutazione del prodotto ha signi
ficato in se stessa e in vista di quella del processo), m a sinserisce
in un discorso pi vasto e complesso.

3. Scopo e ruolo della valutazione

La discussione sulla valutazione e sul suo significato (collegato


questo allevolversi delle teorie e prassi educative oltre che agli svi
luppi tecnici degli strum enti di valutazione) ha condotto a precisare
e distinguere finalit e com piti della stessa.
Anche se le definizioni di valutazione sono molte, lesame delle
stesse m ostra un elemento comune, che potrebbe essere considerato
come lo scopo fondam entale, il motivo di essere della valutazione:
essa consisterebbe in un processo di raccolta dinform azioni in vista
di decisioni da prendere. Tali decisioni possono riguardare lalunno
come linsegnante, il processo d insegnam ento/apprendim ento come
tu tta lorganizzazione della scuola.

312
Se questo, in linea generale, il fine della valutazione, essa pu
tuttavia rivestire diversi ruoli, a seconda delle decisioni da prendere,
dei m om enti in cui interviene, delle inform azioni che fornisce. Si
parla cos, per esempio, di valutazione diagnostica, tesa a identificare
la situazione aUinizio di un intervento educativo o i punti deboli
nel corso dellapprendim ento; di valutazione p rogn ostica, in vista della
previsione di futuri risultati; di valutazione continua e puntuale; di
valutazione d el p ro c e s so e del prodotto, ecc.
Particolare rilievo ha acquistato la distinzione sostenuta partico
larm ente da M. Scriven (1967) fra valutazione fo r m a tiv a e s o m m a tiv a
(conclusiva o complessiva).
La distinzione veniva in tro d o tta nel contesto del discorso sui cur
ricoli. In tale contesto alla valutazione form ativa viene assegnato u n
ruolo rilevante ed essenziale nello sviluppo del curricolo. Essa infatti
deve fornire tempestive inform azioni durante il processo di form a
zione del curricolo, perm ettendo cos di apportare correzioni e ad atta
m enti che si rivelino necessari.
La valutazione conclusiva (som m ativa) invece ha lo scopo di for
nire un giudizio sullefficienza globale di un curricolo, u n program
ma, ecc.
La distinzione fra le due non sem pre n etta e risiede forse pi
nelluso che si fa della valutazione che nelle m odalit e tecniche
utilizzate.
Essa ha per un significato e un risvolto im portanti nella conce
zione della valutazione dellalunno.
La valutazione tradizionale, quella presa di m ira dalla critica doci
mologica e dal sorgere di nuove istanze pedagogiche che cercano di
interpretare i m utam enti sociali, era sostanzialm ente som m ativa .
Essa si basava su un giudizio globale, espresso a conclusione di un
lavoro, di un trim estre, di un anno, di un ciclo scolastico. Aveva
inoltre come scopo precipuo quello di classificare e selezionare in
vista del proseguim ento di un corso di studi [ o r i e n t a m e n t o ] .
Questo modello di valutazione (e di scuola) stato posto in crisi
dallaffluire alla scuola di una m assa sem pre pi vasta di giovani,
e so p rattu tto dalla convinzione (che va chiaram ente afferm andosi)
della scuola come luogo di partecipazione ai beni culturali, in un cli
m a di coinvolgimento dell'individuo allinterno della societ. In que
sto clima, alla scuola viene assegnato come fine prim ario quello di
favorire una m aturit personale, che renda capace l'individuo di un
retto uso della libert in rapporto ai condizionam enti interni ed esterni.
Se questo il fine della scuola (in particolare di quella dellob-
bligo) evidente che il processo selettivo diventa del tu tto secondario
e marginale. Ci che im porta assicurare agli alunni il conseguim ento
degli obiettivi fondam entali.
La valutazione quindi deve inform are per aiutare a form are. Deve

313
cio accom pagnare passo passo il processo educativo ed essere fina
lizzata a questo. Il suo scopo non quello di attribuire prem i o ca
stighi, m a di favorire la formazione ottim ale dellalunno. Essa deve
aiutare a verificare se sono stati conseguiti gli obiettivi proposti, a
individuare le cause di eventuali insuccessi e a suggerire strategie
adeguate per superarle.
Per questo deve essere com piuta spesso, dopo u n unit didattica,
una sequenza di apprendim ento, un ricupero, ecc. Solo cos infatti
possibile un intervento tempestivo, che renda significativo e possibile
il rim edio ad eventuali lacune (obiettivi non conseguiti) che potreb
bero com prom ettere il successivo cammino di formazione.
Le due foi'me di valutazione non si escludono, anzi la valutazione
form ativa pu aiutare a giungere ad una pi adeguata e com pleta
valutazione complessiva, quando questa sia richiesta.

4. Momenti essenziali della valutazione

Poich la valutazione viene com piuta in vista di decisioni da pren


dere, occorre precisare, oltre i ruoli che le vengono assegnati, le in
form azioni da raccogliere e identificare i criteri in base ai quali for
m ulare giudizi sulle inform azioni stesse.
Infatti il nucleo concettuale, l'elemento tipico della valutazione
il confronto tra i risultati raggiunti e gli obiettivi; tra le p resta
zioni, la condotta dellalunno e i criteri di confronto. Questi criteri
sono il segno del raggiungim ento di un obiettivo, sono le condotte
rivelatrici del conseguimento della m eta voluta (Calonghi, 1978, 14).
I punti di riferim ento di una valutazione adeguata sono allora:
i fini e la situazione di partenza;
un insieme organico d interventi per il raggiungimento dei fini
proposti, tenendo presenti le diversit e caratteristiche degli allievi;
una situazione di arrivo, cio i risultati conseguiti durante le
tappe interm edie e alla fine dell'intervento.
II discorso sugli obiettivi viene svolto altrove, cos come quello
sulle azioni da intraprendere per conseguirli [ ^ o b i e t t i v i ^ m e t o d o ] .
Quanto alla situazione di arrivo, essa deve essere confrontata con
quella di partenza. quindi necessario rilevare l'una e laltra con
esattezza, in modo da assicurare una verifica valida e obiettiva.

5. Strumenti per la raccolta delle informazioni

Ogni strum ento che perm ette di avere inform azioni attendibili
sulla situazione che si vuole esam inare pu essere accolto e utilizzato.
Ma proprio l'attendibilit delle inform azioni raccolte ha p o rtato a

314
criticare i m etodi usuali (prove scritte, orali, pratiche ...) e a form u
lare alcune raccom andazioni che dovrebbero contribuire a m igliorare
i singoli strum enti.
Tali raccom andazioni sono prese a prestito dalla psicom etria
che ha approfondito i singoli punti affrontando il problem a della
m isurazione e quello connesso della preparazione e utilizzazione
dei test.
Gli stim oli (domande, compiti, prove ...) che vengono proposti
p er ottenere inform azioni devono essere di buona qualit, e questa
viene precisata sop rattu tto in term ini di costanza e validit:
a) Uno stimolo c o sta n te (affidabile, attendibile) quando forni
sce indicazioni stabili e consistenti della caratteristica (conoscenza,
abilit, atteggiam ento ...) che si vuole m isurare. Si esige cio che il
m etro di giudizio non cam bi quando la conoscenza, labilit, latteg
giam ento oggetto di osservazione e di m isura rim ane invariato, e
questo sia rispetto ai vari allievi che a tempi e a situazioni diverse.
Cosi, volendo attuare una valutazione rispetto a obiettivi prefis
sati, uno strum ento incostante non perm etterebbe di stabilire se il
m iglioram ento nei risultati sia indice di un effettivo m iglioram ento
o solo effetto della scarsa costanza dello strum ento.
b) Uno stimolo valido quando progettato e costruito in modo
da perm ettere di cogliere quello che s intende valutare.
La validit suppone la costanza, m a esige anche qualcosa di pi.
Il punto cruciale nella valutazione quello di sapere se il risultato
dell'osservazione (la m isura ) riflette e rappresenta adeguatam ente
il settore di interesse e non qualcosa di diverso. Per questo indispen
sabile precisare ci che si vuole ottenere e parlare di validit in rap
porto allo scopo della misurazione.
Vi sono molte specificazioni del term ine, associate a diversi aspetti
e concezioni della validit. Si parla di validit em pirica, apparente,
convergente, diretta, ecc.
Di particolare rilievo sono tuttavia alcuni tipi di validit;
a) La validit fondata su un criterio: si confronta lo strum ento
scelto con un altro modo di raccogliere le stesse inform azioni e si
esam ina il grado di accordo fra i due. Se questo altro modo (criterio)
gi presente si parla di validit concorrente, se ancora non esiste
si ha la validit predittiva (o possibilit di prevedere un determ inato
risultato futuro).
b) Validit di co n ten uto: essa si riferisce allesame sistem atico
dello strum ento usato per vedere se esso rappresenta adeguatam ente
il settore di com portam ento da m isurare. Per questo si deve delineare
bene larea da osservare, raggruppare i contenuti, stabilire cosa m i

315
surare (gli obiettivi) e scegliere un cam pione che rappresenti adegua
tam ente contenuti e obiettivi desiderati.
c) Validit di stru ttu ra : essa rappresentata dal grado in cui
si pu ritenere che lo strum ento m isuri una stru ttu ra (un concetto)
teorica. Essa ha m olta im portanza nel campo dei test psicologici, ma
anche nel settore dellapprendim ento pu trovare applicazioni. Cos,
per esempio, si pu voler m isurare la creativit, la disposizione favo
revole verso una disciplina, il senso critico, ecc.
Esistono apposite tecniche per controllare i diversi aspetti della
validit, ed a queste si ricorre so p rattu tto nella costruzione di prove
cosiddette oggettive. Nel caso di altri strum enti non sempre possi
bile un controllo cosi preciso, m a si richiede almeno di tener presenti
le principali istanze che tale controllo suppone: buona cam pionatura
rispetto alla m ateria e agli obiettivi; scelta e formulazione degli sti
moli (domande, problem i, prove p ra tic h e ...) atti a far appello al
com portam ento desiderato; chiarezza nella presentazione dello sti
molo, ecc.
Altri elementi da tener presente (e almeno in parte influiscono
sulla validit e costanza) sono la lunghezza delle prove, la loro diffi
colt e il grado di discriminazione.

6. La rilevazione delle informazioni

Il discorso sulle caratteristiche principali degli strum enti di rile


vazione si pu ripetere parlando della fase di raccolta delle infor
mazioni.
Si esige infatti che le reazioni agli stim oli siano rilevate:
in modo da tener presenti solo i fatti, considerati indizi sicuri
del raggiungimento degli obiettivi ( = validit);
in modo da poter cogliere una manifestazione ogni volta che
essa si presenta ( = costanza).
im portante per questo sia la completezza che lobiettivit nella
rilevazione. Perci conviene dare la preferenza a reazioni che sia
no pi facili da rilevare; potenziare la capacit dellosservatore; anno
tare con cura le rilevazioni via via che si presentano; delim itare l'og
getto dellosservazione; ecc.

7. Il confronto delle informazioni coi criteri

La rilevazione fornisce inform azioni che devono essere valutate.


Occorre a questo punto riferirsi ai criteri prestabiliti che possono
essere ridotti sostanzialm ente a due:

316
n orm e: livelli conseguiti da gruppi di riferim ento: si esam ina
la distribuzione dei risultati conseguiti da un gruppo di riferim ento
nello svolgere lo stesso com pito e in base ad essa si colloca il
risultato del singolo o del gruppo;
livelli (criteri) di rendim ento stabiliti in precedenza e rispetto
ai quali viene valutato il risultato del singolo.
La distinzione ha diverse conseguenze, sia per quanto riguarda la
valutazione in se stessa, sia quanto agli strum enti.
La valutazione in base a norm e p o rta ad una classificazione dei
soggetti e ad un giudizio del risultato conseguito in relazione a quello
del gruppo di riferim ento (che pu essere lo stesso gruppo al quale
il soggetto appartiene). Rimane invece in secondo piano quello che
il soggetto ha veram ente conseguito in relazione agli obiettivi e ai
contenuti oggetto di valutazione.
Nella valutazione rispetto a criteri si ha invece la possibilit di
stabilire se e in qual m isura i risu ltati previsti e desiderabili sono
stati conseguiti. In questa prospettiva inoltre possibile una valuta
zione centrata suUallievo, stabilendo un confronto tra la sua situa
zione di partenza e quella di arrivo rispetto agli obiettivi prefissati.
Dal punto di vista degli strum enti c da osservare che la valuta
zione riferita a norme, avendo lo scopo principale di classificare,
assegna m olta im portanza alla difficolt e al potere discrim inativo delle
singole p a rti di una prova. Cos una dom anda molto facile o m olto
difficile sar scartata; cos pure una dom anda che non riesca a distin
guere i migliori dai peggiori .
Nella valutazione riferita a criteri lo scopo principale quello di
stabilire se i criteri sono stati raggiunti dai singoli. La scelta delle
dom ande viene quindi fatta principalm ente in base alla loro capacit
di m isurare il conseguimento di u n obiettivo.
I due diversi modi di procedere possono influire sulla validit
dello strum ento. Nel caso della valutazione in base a criteri, ha p re
m inente im portanza la validit di contenuto, che potrebbe invece
venir in p arte com prom essa dalla preoccupazione di scegliere domande
di assegnata difficolt e capacit discrim inativa.

8. Lespressione dei risultati

Le osservazioni sulle caratteristiche degli strum enti e delle m oda


lit di rilevazione hanno lo scopo di assicurare una raccolta d infor
mazioni pertinente agli scopi per cui viene richiesta.
Ci si propone cio di sostituire procedim enti di valutazione sog
gettivi e aleatori con m isure fondate, per quanto possibile, su infor
mazioni pi oggettive e sistem atiche.

317
Ma le critiche, come si accennato, riguardano, oltre che gli
strum enti e le loro m odalit d impiego, anche lespressione della
valutazione.
Dallesame dei voti, della loro instabilit, dei loro capricci ,
em ersa lesigenza dindividuare norm e e procedim enti per ridurre
ai lim iti tollerabili le divergenze osservate (fra docenti che correggono
la stessa prova; nello stesso docente che corregge prove di alunni
diversi; ecc.).
Si proposto, per esempio, di m oderare i voti a posteriori ,
cercando di ritoccare le medie, oppure di trasform arli operando con
tem poraneam ente sulla media e sulla dispersione dei voti stessi.
Altri tentativi sono stati fatti, cercando di assicurare a priori una
certa uniform it nellindividuazione degli errori e nella conseguente
espressione del giudizio. Su questa strad a ci si pu spingere fino
alla (relativa) eliminazione della soggettivit attraverso le prove og
gettive (la cui correzione pu essere affidata anche ad uno stru
m ento meccanografico).
Ma la discussione sul significato dellespressione del giudizio (me
diante graduatorie, voti, aggettivi ...) rim ane e si concreta in sug
gerim enti atti ad assicurare una m anifestazione esterna fedele e valida
del giudizio form ulato.
Per decidere il tipo di espressione da adottare conviene tener
presente sia la finalit della valutazione (form ativa, complessiva ...),
sia la situazione in cui essa viene data (nel corso dellintervento edu
cativo, alla fine di un anno, di un ciclo).
Si deve poi tener presente che graduatorie e voti sono pi indicati
per istituire confronti tra diversi alunni o tra prestazioni diverse di
uno stesso alunno; giudizi e profili si prestano meglio ad una valu
tazione pi articolata, riferita ad obiettivi (valutazione form ativa).
Con questi ultim i modi di espressione si vuole fare riferim ento pi
che alla quantit, alla qualit del rendim ento o profitto.
N aturalm ente occorre aver presenti alcune condizioni perch giu
dizi e profili siano pi facilm ente com presi e abbiano significato:
seguire una lista di criteri stabili; chiarire il significato di ogni cri
terio; esprim ere in modo sistem atico il livello conseguito rispetto
a ciascun criterio, ecc.
Anche per lespressione m ediante voti e aggettivi vengono sugge
riti diversi accorgimenti desunti, ancora una volta, dagli studi e dalle
applicazioni della psicom etria.

9. I valutatori
La discussione al riguardo perm ette anzitutto di sottolineare la
difficolt (e quindi lurgenza dell'impegno) da parte dei valutatori
docenti di m antenersi costanti sotto un duplice punto di vista: sta

318
bilit del singolo valutatore nellad o ttare e m antenere criteri e livelli
di m isura; concordanza fra valutazioni di diversi docenti.
L'incostanza del singolo docente pu essere dovuta a carenze ri
scontrabili nei diversi m om enti del processo valutativo: obiettivi non
sufficientemente chiari ed espliciti; offerta di stim oli diversi per gli
obiettivi a cui si riferiscono e per livelli di difficolt; scarsit di prove
e di dom ande per ogni prova; percezione selettiva dei fatti da rilevare;
tendenza a organizzare i fatti rilevati e a ricondurli a categorie gi
note; influsso della personalit del rilevatore (capacit intellettuale,
stile cognitivo, adattam ento emotivo e sociale ...) sul modo di perce
pire gli elementi di informazione; peso diverso attrib u ito ai vari feno
meni rilevati, al m om ento di giudicare ...
Tali elementi influiscono anche sulle differenze fra docenti. Qui
per si aggiungono altre difficolt d'intesa, come una diversa con
cezione della scuola e dell'educazione, la diversit di accentuazione
degli obiettivi fissati, fatto ri culturali, didattici, professionali ...
Uno dei modi per superare le differenze ricordate quello di affi
dare la valutazione non ai singoli, m a a un gruppo (eventualm ente al
collegio) di docenti. Anche tale modo di procedere incontra difficolt
collegate alla distribuzione della comunicazione e del potere sociale.
Si pone quindi il problem a di ricercare form e che perm ettano p ro
cedim enti di discussione efficienti e tali da consentire a tu tti i membri
di esprim ere il loro punto di vista. Se il gruppo riesce a funzionare
bene la valutazione guadagna in validit e completezza.
Altro problem a che riguarda i valutatori quello eWa u to valu
tazione. Un discorso che dovrebbe coinvolgere tu tti i diretti interessati
al processo educativo: docenti (per quanto riguarda la scelta di obiet
tivi, contenuti, m e to d i...); genitori (per quanto si riferisce al contri
buto dell'am biente familiare); am m inistratori (per lorganizzazione
didattica generale, le stru ttu re ...); a lu n n i...
Un particolare rilievo riveste per il discorso sull'avvio dell'atito-
valutazione da p arte dell'alunno. Questo perch la formazione all'auto-
valutazione suppone un rapporto educatore/educando im postato sulla
m utua confidenza e sulla stim a reciproca, che si realizza con l'accet
tazione incondizionata dell'altro come persona. L'educatore, in p arti
colare, considera l educando nel suo destino um ano com pleto (per
sonale e sociale) e si propone di aiutarlo a realizzarsi partendo dalle
reali possibilit secondo la situazione concreta e personale di ognuno.
In tale prospettiva l'educando (lalunno) viene aiutato a valutare
se stesso, in quanto partecipa sem pre pi al processo di educazione,
meglio, di autoeducazione. Il problem a va approfondito per chiarire,
oltre che la novit di ruoli e rap p o rti fra docenti e alunni, anche le
difficolt da superare e le m odalit da adottare per avviare a quella
presa di coscienza di se stessi, delle proprie aspirazioni, delle a tti
tudini e capacit, dei condizionam enti personali e am bientali che

319
lautovalutazione suppone. E p er realizzare lautovalutazione con quel
la gradualit che richiesta dal livello di m aturazione personale
raggiunto.

10. Osservazioni conclusive

Partendo dalle critiche sui modi di valutare e di esprim ere i risul


ta ti della valutazione, la riflessione si andata sviluppando sul signi
ficato della valutazione stessa, ruotando sostanzialm ente atto rn o ad
alcuni interrogativi: chi deve valutare; che cosa si deve valutare; come
si deve im postare la valutazione; come si pu integrare la valutazione
nel processo educativo.
Alcune risposte a questi problem i sono gi state date, altre sono
ancora oggetto di discussione.
Cos abbastanza evidente il fatto che la valutazione non pu
essere concepita come qualcosa di avulso dal processo educativo: anzi
si tende a considerarla come p arte integrante dello stesso (valutazio
ne form ativa). Di qui la necessit di coerenza fra im postazione edu
cativa e didattica e criteri e m odalit di valutazione.
Lo stesso fatto che la valutazione deve estendersi oltre che al
prodotto, anche al processo educativo e al contesto in cui questo si
svolge, sem bra abbastanza accettato e condiviso.
Cos l'esigenza di ricorrere a strum enti adeguati e di precisare
1 criteri di valutazione un dato acquisito.
Vi sono per ancora m olti problem i aperti, collegati alle nuove
prospettive aperte alla valutazione, alle m odalit di realizzazione
della stessa e alla sua utilizzazione.
Il riferim ento agli obiettivi come criteri di valutazione potrebbe
condurre a perdere di vista risu ltati non previsti, m a non per questo
meno im portanti. D 'altra parte, prim a di assum ere un obiettivo
come criterio di valutazione, si dovrebbe porre il problem a del suo
valore: se non m erita di essere conseguito, non occorre neppure
sottoporlo a verifica.
Il ruolo della valutazione pu inoltre influenzare, come si visto,
la scelta e le caratteristiche degli strum enti da utilizzare. Cos dicasi
dei criteri assunti per giudicare i risultati. Per esempio: il discorso
sulla costanza e validit delle prove riferite a criteri attualm ente
m olto vivace e non ancora concluso.
Molti sono i problem i aperti so p rattu tto a proposito della valu
tazione dei curricoli. Vengono presentati modelli diversi di valuta
zione; rivisti disegni di ricerca per adeguarli alla particolare situazio
ne in cam po educativo; discussi strum enti statistici per l'elaborazione
dei dati; precisati gli usi dei risu ltati della valutazione stessa ...
Un discorso abbastanza recente, m a di grande interesse quello

320
che investe la valutazione stessa (m etava lu ta zio n e). Si tende a con
trollare gli studi sulla valutazione in modo da assicurarne la qualit
e a verificare pubblicam ente la validit delle loro conclusioni e racco
mandazioni.
A questo scopo vengono indicati problem i da tener presenti, cri
teri da utilizzare, procedure da seguire. La discussione vivace e in
rapido sviluppo, testim oniando cosi, p er altra via, il costante e ere-
scente interesse per il discorso sulla valutazione e per la sua im por
tanza nel processo educativo.

BIBLIOGRAFIA

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WORTHEN R.B. - J.R. S a n d e r s , Educational Evaluation: Theory and Practice,
Belmont, Wadsworth P.C., 1973.

321
21
IV.

I SOGGETTI
25.
PERSONA

Carlo N an n i

1. Progetto e persona: i rischi della razionalit - 2. Luomo come persona


3. Leducando-persona - 4. Conseguenze di queste affermazioni in pedagogia e
nella prassi educativa - 5. I limiti dellaffermazione personalistica - 6. Persona
e personalit.

1. Progetto e persona: i rischi della razionalit

La program m azione e la pianificazione delle attivit sociali sono


caratteristiche del nostro tempo.
Questa presa di posizione trae m otivo da una istanza di efficacia
e di pertinenza storica, volta ad evitare guasti, storture, avventure
senza sbocchi, deviazioni senza ritorni, sedim entazioni di influssi ne
gativi, unidirezionalit di segno contrario alla globalit dellessere
personale. Oppure volte ad evitare sprechi di energie, dispersione di
risorse in tentativi inconcludenti o in fatue esaltazioni o mode cul
turali: in nome del conseguim ento di obiettivi irrinunciabili e non
procrastinabili, pena di perdere il treno della storia, rim anendo
fuori o al di sotto dei processi storici.
Lo sostanziano, dal punto di vista ideale, lo spirito scientifico
e tecnologico e le suggestioni dello sviluppo industriale.
Ma nasce anche da esigenze di giustizia e di uguaglianza sociale
e politica (che abbisognano di corrispondenti competenze culturali);
da necessit pratiche, storiche, politiche, economiche, di ricostruzione
m ateriale e m orale; da volont di dare un efficace supporto allem an
cipazione dei popoli nuovi e delle classi em ergenti allinterno di sin
gole societ.
Una tale esigenza di program m azione e di progettazione si fatta
valere anche in campo educativo, didattico, catechetico e pastorale.
Si trattato , in fondo, di u n accentuazione di ci che caratterizza
ogni educazione: nel suo senso pi specifico d intervento intenzionale
inserito in una processualit organizzata che impone a tu tti gli in
teressati (educatori ed educandi) una disciplina in vista del raggiun
gim ento delle finalit e degli obiettivi fissati [ - ^ e d u c a z i o n e ] .
Ma tu tto ci non senza rischi.

325
La program m azione educativa pu risultare infatti paravento ideo
logico che nasconde, dietro la difesa della competenza, interessi tut-
t'a ltro che educativi ed em ancipativi.
facile che anchessa possa ridursi ad essere la strum entazione
efficace di u n educazione che solo fabbrica di conservatorism o e di
consenso passivo, di massificazione consum istica e qualunquistica,
di nuove e pi sofisticate form e di subalternit e di sperequazione
sociale.
C e inoltre il rischio che la program m azione sia vista come fine a
se stessa. La program m azione in vista di u n educazione efficace;
m a quando invece quel che conta viene ad essere la program m azione
ben fatta , quando si d la p rio rit al disegno del progetto p i che
allo scopo educativo che ha spinto alla programm azione, si corre il
rischio di arrivare ad una certa disumanizzazione nel modo d inten
dere e di realizzare l'intervento educativo. Il progetto educativo pu
diventare come una camicia di forza che im briglia ogni creativit,
ogni spontaneit, ogni flessibilit alle reali esigenze educative.
Questo accade quando nella progettazione e nell'attuazione del
progetto educativo le operazioni sono considerate in modo oggettuale,
cosale; quando si stru ttu ra e si agisce come se si avesse a che fare
con oggetti, con cose, con m ateriali, seppure um ani; quando s'inten
dono i rapporti tra le persone e le cose da fare in modo autom atico,
meccanico, alla mondo nuovo di A. Huxley; quando in definitiva
le persone sono subordinate agli obiettivi del progetto invece che il
contrario.
A questa maggiore attenzione al personale siamo oggi pi disposti,
d altro canto, a seguito del parallelo scacco dellideologia del cam
bio politico e della prassi rivoluzionaria . Si com preso che il
personale e il privato non si risolvono semplicemente nelle
dim ensioni del pubblico, del politico e delleconomico.
In pari tem po m olto sentito a livello di senso comune che le
ragioni della scienza non sono sem pre quelle del cuore o quelle del
desiderio; e non sem pre necessariam ente sono posponibili a quelle
della scienza.
Non tu tto program m abile.

2. Luomo come persona

Luomo non esiste soltanto come essere fisico: rispetto agli altri
esseri di cui cosparsa la sua vicenda storica sem bra com portare
qualcosa che lo fa apparire come eccezionale , pu r neUinnegabile
somiglianza, continuit, com unanza con anim ali e cose. L'uomo per
ta n ti versi appare diverso, altro dagli enti che lo circondano e
con cui e in cui fa la sua storia [ u o m o ] .

326
corporeit e mondo, m a insieme pensiero, conoscenza e amore,
che vincono, in qualche modo e, almeno parzialm ente, qualche volta,
1 tem pi e gli spazi in cui posta la sua esistenza. istinti, pulsioni,
determ inism i, condizionam enti, stru ttu re, istituzioni, m a anche qual
cosa di oltre, di pi: si voglia chiam are libert, spiritualit, razio
nalit o in altro modo. sem pre uomo-massa, uomo-collettivo,
societ, essere-con-gli altri, intersoggettivit, m a anche interiorit,
intim it, decisione e impegno. vita, storia, linguaggio, cultura,
civilt, m a anche intenzionalit, progetto e trascendenza. fram
m ento, m em bro, parte, m a anche universo, totalit, fine.
Ad indicare questa capacit radicale di autonom ia, libert, respon
sabilit, autotrascendenza, nel pensiero occidentale-cristiano, si p a r
lato delluomo come person a, che si possiede per mezzo deH'intelli-
genza e della volont: libert; come si dice un essere in
s ; soggetto, non riducibile ad oggetto da nessuno, almeno in form a
assoluta e definitiva.
Nel rapporto concreto e m ateriale con gli altri nel mondo, nella
amicizia e nellam ore o m agari nella tensione e nel conflitto in ter
individuale e collettivo riconosce gli altri come altri se stesso ed
riconosciuto da loro come se stesso. In questo senso si dice che
luomo, in quanto persona, essere aperto agli altri ( esse-ad ),
essere di comunione , che si realizza cio nella comunione con il
m ondo (nel lavoro), nella comunione con gli altri (nei rap p o rti in ter
personali e nella societ), nella com unione con Dio (nella religione
e nella fede).
In questa sua m odalit d essere si fa risiedere la sua dignit e
assolutezza di fine, non mai riducibile a mezzo o a strum ento, come
lum anesim o moderno, con Kant, ha im parato a recitare. Oltre che
ritrovare in s stesso il centro u n itario del proprio essere e del p ro
prio agire, si riscopre come term ine di valore ( esse p e r se ), se
condo solo a Dio, che tuttav ia guarda luomo con massim o risp et
to , come diceva S. Tommaso, riprendendo il testo di S a p 12,18. Per
questo come scrive M aritain (1976, 21), dire che un uomo una
persona significa dire che nella profondit del suo essere egli p iu t
tosto un tu tto che una parte, pi indipendente che servo. questo
m istero della nostra n atu ra che il pensiero religioso esprim e quando
dice che la persona um ana fatta ad immagine di Dio .
Questo essere per s stato po rtato fino allassolutezza dal
pensiero m oderno, che ha esaltato luomo e la sua razionalit come
il creatore della storia, senza alcuna subalternit. Daltra p arte le
cocenti esperienze di negativit di questi ultim i decenni hanno fatto
parlare di m orte delluomo e di fine di ogni umanesimo.
Q uestubriacatura antropocentrica tu ttaltro che scomparsa.
Ma certo oggi siamo fatti pi sensibili al senso di finitezza propria
della persona, che rim anda ad una fondazione ultim a del proprio

327
essere, tale che tuttavia non neghi la libert, lautonom ia, la dignit,
il carattere di fine, p ropri della persona umana.
necessario cio che Dio non sia visto come concorrente del
luom o nella libert; che la creazione non sia vista come qualcosa
in cui luomo ridotto ad un m anichino nelle m ani di Dio. E che
la religione non sia la sublimazione alienante per ci che alluomo
non riesce.
Un particolare contributo alla soluzione di questo problem a viene
dalla crescente attenzione al pensiero biblico-cristiano che p arla di
Dio come Jahv, presenza liberatrice, che va alla ricerca delluomo
(Heschel) per liberarlo e farne il suo popolo ; che esprim e la crea
zione come chiam ata originaria alla pienezza dellesistenza, alla crea
tivit storica ( = luomo vicario di Dio nel m ondo) e alla definitiva
com unione ( = luomo creato ad immagine e somiglianza di Dio);
che vede lum anit delluomo vulnerata , m a redenta dallin
terno, ad opera di un Dio che si fa uomo perch luomo sia Dio
(S. Agostino).
In questa luce la stessa legge di Dio il buon insegnam ento
di Dio per crescere nella fede, rafforzarsi nella speranza, p rodurre
fru tti di carit: non limposizione di un Dio-carabiniere .
Credo siano appena da notare le forti suggestioni che possono
venire da questo modo di vedere le cose per la prassi educativa, per
gli stili e i com portam enti degli educatori, nei confronti di quelle
persone in sviluppo che sono gli educandi.

3. Leducando-persona

opinione com unem ente condivisa che il concetto di persona sia


acquisizione culturale conseguente al cristianesim o. Ma nel pensiero
biblico-cristiano trova pure una sua ulteriore ispirazione lafferma
zione del carattere personale del fanciullo, esaltata dalla pedagogia
m oderna e contem poranea da Rousseau in poi, non senza am biguit
a dire il vero.
Alla base sta laffermazione, ricorrente nella Bibbia, che Dio cerca
luomo, ogni uomo, di ogni et: quindi anche il fanciullo. Nella luce
di questa Rivelazione, d altro canto, luomo visto come capace d in
contrare e di rispondere a Dio, che lo chiam a fin dal seno m aterno :
il fanciullo capace d incontrare Dio fin dal prim o m om ento in cui
uomo, proprio perch Dio che vuole e pu incontrarlo, anche
quando agli adulti, m agari p er complessi giochi psicologici, ci non
dato [ - ^ c r i s t i a n o ] .
A sua volta, dalle parole e dal com portam ento di Cristo verso i
fanciulli, sem bra evidenziarsi una posizione originale, di ro ttu ra ri
spetto al contem poraneo contesto socio-culturale rabbinico ed elleni

328
stico, che considerava il fanciullo come incapace . E tuttavia non
sem bra che si scada in affermazioni demagogiche o in atteggiam enti
idilliaci.
Il fanciullo come la donna, lo schiavo, il m alato, i poveri della
societ antica e non solo di essa persona, uomo vero, non em
brione di uomo; um anit vulnerata (che po rta i segni della sconftta
um ana), ma anche um anit redenta (che po rta i segni dellam ore di
quel Dio, che in Cristo si rivela Padre): uomo con le sue proprie
potenzialit e i suoi propri limiti, da non idolatrare, da prom uovere.
Il fanciullo preso anzi a modello di un nuovo itinerario di vita
per uom ini nuovi e per u n um anit nuova, esempio di un progetto
di vita secondo Dio, che si esprim e nella volontaria e liberante dispo
nibilit a sentirsi am ati e chiam ati da Dio, nel togliere le false difese
dellorgoglio, della presunzione, dellautosufficienza, che invece di ren
derci adulti ci chiudono agli altri e a Dio. Farsi piccoli come fanciulli
allora convertirsi, cam biare m entalit, vivere nella fiducia e nella
risposta alla Parola di Dio, impegno a crescere come nuova creatura
fino alla statura di Cristo, dim enticare il passato e, protesi verso il
futuro, correre verso la m ta (S. Paolo), vivendo gioiosamente lin
contro con gli altri, come il fanciullo, che non desidera essere solo
e contro, se non vi costretto.

4. Conseguenze di queste affermazioni in pedagogia e nella prassi


educativa

Laffermazione del carattere personale dellessere um ano, e del fan


ciullo in particolare, sta al centro di quelle correnti della pedagogia
contem poranea che in vario modo e in diverso grado sispirano
al messaggio biblico-cristiano.
Pur nella diversit delle posizioni, si possono individuare alcune
linee comuni, che si crede siano abbastanza stim olanti per la viva
prassi educativa:
a) L a ttiv it edu cativa una com ponente dellimpegno individuale
e collettivo volto a prom uovere universi personali o com unit di p er
sone. Abilitare il soggetto a dirigere il proprio movimento di p er
sonalizzazione costituisce V obiettivo u ltim o delleducazione.
b) In opposizione allem pirism o e al com portam entism o, si d ac
cordo che leducando non un vuoto da riem pire o un essere da
addestrare, m a persona da suscitare . In questo senso l educazione
m aieu tica della person a, cio attivit di tira r fuori la persona
dal grembo delle sue risorse naturali.
c) Leducando il prim o fattore del processo educativo. Ledu
catore ne cooperatore, come la m edicina coopera con la n atu ra
per la salute.

329
d ) Contro ogni fuga idealistica, si afferma il carattere realistico,
concreto, di ogni rapporto educativo, sempre contestuale, situato,
storico. Daltra p arte contro ogni tecnicismo o contro ogni idolatria
tecnologica o metodologica, si m ette in rilievo l'im portanza p rio ritaria
del contatto e della testim onianza personale.
e) In genere si m anifesta una sostanziale adesione a quegli in
dirizzi pedagogici che privilegiano i m etodi attivi nelleducazione e
nell'insegnam ento, senza daltra p arte cadere in facili e ingenui o tti
m ism i o peggio in form e di riduttivism o naturalistico , dim entico
di quell um anesim o integrale che deve essere contenuto e form a
dellattivit educativa.
f) Nellorizzonte della fede, acquista particolare significato il ri
spetto per il m istero del fanciullo che si fa persona, riconoscen
dovi la presenza della grazia e dello spirito a cui da d ar spazio
e fa r posto.
g) In quanto persona, l'educando non res della famiglia o del
lo stato. L'educazione negata quando diventa fabbrica di co n fo r
m is m o socio log istico o m o n o p o liz z a ta dal potere politico o dalle
forze sociali egemoni o quando si riduce a socializzazione e incultu-
razione. L'educazione non una m era preparazione ai com piti e ruoli
di adulto, m a un aiuto a essere di pii , in ogni et e situazione
di vita.
h) L'affermazione dellessenzialit della scuola, accanto alle altre
agenzie educative, va di pari passo con il rifiuto della sua riduzione
a m era istru zion e e di una concezione falsam ente neutrale di essa.
Leducazione deve essere totale, integrale, anche se non totalitaria
ed integralistica. Deve sostenere i processi d'identit personale e
sociale, anche se deve evitare le chiusure particolaristiche o di classe.
i) riafferm ata e difesa in pari tempo la funzione educativa del
la fam iglia in vista della crescita personale, anche se non ci si na
sconde la crisi che l'avvolge e insieme gli effetti deleteri dell'autori
tarism o parentale e il particolarism o familistico.
;) In questa linea si afferma la necessit d integrazione tra le di
verse agenzie educative e le vedute pluralistiche a riguardo delledu
cazione. La radicale laicit delleducazione viene afferm ata proprio
in vista di queste basi comuni e di punti dincontro a favore della
crescita personale di tutti.

5. I limiti deirafEermazione personalistica

La persona, come centro e punto di riferim ento di ogni sforzo


educativo, certam ente laffermazione caratterizzante di u n educa
zione e di una pedagogia cristianam ente orientata.

330
La persona reale si detto deve essere la pietra di paragone
e la stella orientante di ogni progettazione educativa.
Ma questa stessa affermazione abbisogna di essere ben com presa,
posta nel suo retto contesto, non assolutizzata, pena di dare ansa
ad orientam enti fuorvianti.
Qui di seguito si cercher d'indicare alcune di queste possibili
tendenze perverse .
In p r im o luogo, la tendenza a scivolare verso form e di spiritua
lismo e dintellettualism o astratto, che quasi dim entica la m ateria
lit e la storicit dellessere personale, cos come la sua essenziale
corporeit. Contro questa tendenza m olti autori hanno parlato della
persona come spirito incarnato o di esistenza incarnata .
In sec o n d o luogo, la tendenza a reagire contro il collettivismo e
la massificazione dellesistenza che arriva fino a cadere nelleccesso
opposto dellindividualismo; oppure fino a chiudersi in form e ideo
logiche di liberalism o individualistico, classista e conservatore. La
rivoluzione personalistica com unitaria di E. M ounier ne voleva
essere un correttivo. Certam ente in ogni caso da sviluppare laspetto
di com unit e il carattere di popolo che la coesistenza personale
deve avere.
In terzo luogo, la tendenza a rim anere ad un livello puram ente
descrittivo per evitare i rischi di ipostatizzazioni astrattam ente m eta
fisiche, poco rispettose del carattere dinamico e storico dellessere
personale: m a a scapito di quegli elementi fondanti e di quelle carat
terizzazioni in profondit che sole possono dare consistenza al
concetto e alla realt personale, affinch non sia facile preda di
venti del tempo o di avventurose im prese di potere.
da riflettere quanto e come queste tendenze fuorvianti possano
agire e interferire negativam ente nella progettazione educativa, sia a
livello di obiettivi, sia a livello di contenuti, sia so p rattu tto a livello
di metodologie e di strategie concrete da perseguire. E certam ente
non influiscono meno sul senso e sui modi di valutazione.
Parim enti sar da considerare attentam ente quanto e come sin
carnino in concreti stili educativi oppure regolino la visione di fondo
che orienta la viva prassi educativa.

6. Persona e personalit

Qualcosa di simile da dire per il term ine di personalit. Al di l


del significato che esso ha nel linguaggio comune, per cui sinonimo
di personaggio im portante o viene ad indicare la peculiarit di
un individuo (come nelle espressioni: una personalit , ho la
m ia personalit , ecc.), oggi indubbiam ente prevalente laccezione
psicologica. Secondo essa personalit sta ad indicare in term ini gene

331
rali lorganizzazione dinam ica dei sistem i psico-lisici che caratte
rizzano il pensiero e il com portam ento di un individuo (cfr. Allport,
1977, 24).
In quanto essa una risultante dei processi form ativi (e quindi
qualcosa che pi un punto di arrivo che un inizio), i pedagogisti
am ano parlare di persona che si fa personalit , di personalit
in fo r m a z io n e durante let evolutiva.
Ad indicare l'impegno per raggiungere questo scopo, c' chi enfa
ticam ente afferma che persona si nasce, personalit si diventa .
Ma il rischio che, a seguito di una tale prospettiva semantica, tu tta
la formazione e l'educazione si fissino quasi esclusivamente sullo psi
chico tu tt'altro che irreale. Per questo si crede che tale accezione
debba essere innervata e integrata con quella comune in filosofia,
secondo cui personalit viene ad indicare la propriet radicale di
ogni uomo di essere persona.
A maggior ragione, come credenti, la personalit di ogni essere
um ano, uomo o donna che sia, fanciullo o adulto, va inserita e come
p ro iettata nell'orizzonte della storia di salvezza, che rivela a tutto
tondo lo spessore e l'ampiezza di ogni persona, p er la quale, nomi-
natim , Cristo m orto e risorto e di cui come la pienezza.
infine da ricordare che, come tu tto ci che attrib u to fonda-
m entale delluomo, anche la capacit di essere persona si realizza
nel mondo e nella storia con gli altri, nella e m ediante lazione tra
sform atrice dellesistente. In tal modo la personalit dim ostra la sua
capacit inalienabile di essere soggetto (non oggetto) di storia. Per
il credente questa storia non altra , non diversa dalla storia
di salvezza.
Di questa im mensa storia, lo sforzo di progettare l'educazione
per favorire l' apprendim ento ad essere ( R a p p o r to P a u re j un
piccolo m a significativo mom ento.

BIBLIOGRAFIA

A llport G.W., Psicologia della personalit, Roma, LAS, 1977.


M a r i t a i n J., Leducazione al bivio, Brescia, La Scuola, 1976^^.
M a r i t a i n J., La persona e il bene comune, Brescia, Morcelliana, 1976''.
M o u n i e r E ., Il personalismo, Roma, AVE, 1964.
P e r e t t i M., Breve saggio di una pedagogia personalistica, Brescia, La
Scuola, 1978.
R ig o b e l l o a.. Il personalismo, Roma, Citt Nuova, 1975.
R ig o b e l l o a., Il futuro della libert, Roma, Studium, 1978.
S t e f a n i n i L., Personalismo educativo, Roma, Bocca, 1955.

332
26^_____________
LA CONDIZIONE GIOVANILE

R en a to M ion

1. Verso una concettualizzazione della condizione giovanile - 2. Condizione


giovanile: categoria essenziale nella formazione dei progetti educativi e pasto
rali - 3. Problematiche culturali della condizione giovanile - 4. Conclusione:
condizione giovanile e scelte della Congregazione Salesiana.

1. Verso una concettualizzazione della condizione giovanile

La ricchissim a e vasta letteratu ra sulla condizione giovanile (CG)


non ancora stata sufficientemente sistem atizzata in una visione orga
nica soddisfacente che ne perm etta u n a lettu ra adeguata e abbastanza
esauriente. Questa voce infatti non com pare che raram ente nei dizio
nari ed enciclopedie delle varie nazioni e culture (vedi ad esempio
quella italiana).
Possediamo invece studi molto dettagliati e settoriali, sop rattu tto
dal 1968 in poi, quando giunto alla rib alta con particolare veemenza
e toni accesi il problem a della contestazione giovanile. Di questa pro
duzione scientifica ci servirem o nel tentativo di offrire una prim a
sistematizzazione teorica della CG.
Preciseremo ed analizzeremo i concetti fondam entali studiando
anzitutto le com ponenti principali della tem atica sulla CG e quindi
la definizione concettuale di CG.

1.1. Le c o m p o n e n ti della te m a tic a sulla co n d izio n e giovanile


La condizione giovanile un fenomeno particolarm ente complesso
per la cui corretta lettu ra necessario tener presenti le molteplici
com ponenti di cui costituito.
Anzitutto va presa in considerazione la c o m p o n e n te storica.
In fatti la CG rappresenta un fenomeno mutevole, nella stessa
m isura in cui m utano le societ a cui fanno riferim ento i giovani.
Il processo storico-sociale il contesto legittimo p er una lettu ra
adeguata, anche se iniziale, della CG. Essa infatti deve tenere conto
di tu tte le dim ensioni politiche, economiche, culturali, religiose, so
ciali, da cui emerge il fenomeno giovanile, con le quali esso si ricollega
anche da un punto di vista teorico e concettuale oltre che storico.

333
Ne segue che la storicizzazione della CG non pu essere oggi consi
derata occasionale o m arginale rispetto alla sua analisi globale.
Una seconda com ponente quella etno-antropologica, secondo cui
il discorso sulla CG va articolato in rapporto alle diverse culture e
societ. Non esiste una sola ed univoca CG, m a ne esistono tante
quante sono le aree socio-culturali ed etnografiche da noi conosciute.
Lim itarsi a considerare i giovani di u n area e generalizzare p er quelli
delle altre significherebbe rid u rre lanalisi troppo unilateralm ente.
Una terza com ponente quella psicologica. innegabile infatti che
i processi evolutivi biofisici e psicologici costituiscono una variabile
capace in determ inati m om enti di condizionare gli effetti p rodotti
dalle stesse variabili economiche, sociali e politiche.
La com ponente sociologica ci aiuta a considerare la CG come un
fenomeno socialmente rilevante. Ci costituisce un com pito di vasto
respiro culturale, che non pu rid u rsi alla pura descrizione dei com
portam enti giovanili, m a deve necessariam ente approfondire i rap
p o rti stru ttu rali e culturali che collegano la CG alla societ pi vasta.
In questa prospettiva sono necessarie integrazioni di carattere so p rat
tu tto politico ed economico.
Infine la com ponente peda gog ica costituisce il punto nevralgico di
sintesi delle precedenti letture p er un'ulteriore integrazione tra dia
gnosi, fini, prognosi, obiettivi qualificanti e program m azione degli
interventi educativi e politici. lo specifico delleducatore che con
sofferenza e passione educativa si pone sul piano del che cosa fare? ,
per realizzare un progetto educativo pi globale, partendo dalle situa
zioni concrete in cui si trovano i giovani.
Nella costruzione dei progetti pedagogici inoltre assolutam ente
indispensabile una personale visione antropologica delluomo, del
mondo e della storia che li specifica, li sostiene e li qualifica.

1.2. Definizione con cettu ale sociologica d i con dizione giovanile

Le categorie descrittive usualm ente adoperate hanno subito in que


sti ultim i anni notevoli spostam enti nelle prospettive teoriche riguar
danti la definizione di CG. Si passati infatti da una definizione pre
valentem ente o esclusivamente
biologica (che riduceva la problem atica adolescenziale-giovanile
allinsieme delle conseguenze derivanti dai m utam enti bio-somatici di
questa et, accentuando le com ponenti fisiologiche dello sviluppo),
ad una psicologica (che farebbe derivare la problem atica gio
vanile sostanzialm ente dalle condizioni psichiche degli individui, sotto
lineando perci le caratteristiche di problem aticit, di crisi, di ten
sione nellet giovanile, attribuendone lorigine alle profonde trasfo r
mazioni dello psichism o adolescenziale); per giungere

334
ad una definizione piti p r o p r ia m e n te sociologica, caratterizzata
da notevoli e complessi tra tti stru ttu rali che superano la categoria
eVet, integrandola con altre pi adatte a definire la CG. Esse sono
ad esempio le suaccennate categorie etno-antropologiche, sociologi
che, economiche e politiche.
Le definizioni p i p r o p r ia m e n te sociologiche ritenevano essenziale
fino a pochi anni fa la categoria transizion e e/o a m biva len za d i
statu s, per cui la CG era considerata il p e r io d o in te rm e d io tra l in
fanzia e l et adulta. In questi ultim i anni invece si riscontra che le
categorie cam biano in relazione ai cam bi che avvengono nei rap p o rti
tra giovani e societ, come per es.: il tipo di organizzazione sociale,
economica, politica; il grado di sviluppo di una certa societ; la classe
o lo strato sociale di appartenenza; la proporzione demografica tra
giovani e popolazione globale.
Fino agli anni 60 prevaleva la categoria generazione, che accen
tuava il confronto dei giovani tra loro e con gli adulti. Si parlato
cos di conflitto di generazione .
La categoria cultura e subcu ltu ra, apparsa attorno agli anni
'60, faceva avanzare lipotesi dellesistenza di una subcultura gio
vanile giustificata dalla constatazione dellomogeneit di valori,
com portam enti e modelli organizzati tipicam ente [ -t' c u l t u r a ] .
La categoria classe, em ersa so p rattu tto attorno al periodo del
la contestazione studentesca (1968), proponeva lipotesi che i giovani
potessero veram ente costituire una nuova classe in quanto capaci
di gestire una nuova politica basata sulle istanze di altre classi simi
lari (gli em arginati e gli sfru ttati di qualsiasi provenienza). Per a
questipotesi sono state rivolte due tip i di critiche assai pertinenti:
la prim a, che m anca ai giovani una precisa collocazione nel sistem a
produttivo (che fonderebbe la classe); la seconda, che la molteplice
ed effettiva frantum azione dei giovani in una pluralit di gruppi,
movimenti, p artiti sem brerebbe aliena da una sia p u r m inim a coscienza
di classe, pur nella vastit di certe m anifestazioni popolari e politiche.
Si potrebbe forse meglio parlare di quasi-classe.
Pi recentem ente (1970) dal congresso di Varna si precisata
una definizione di CG che utilizza la categoria di s tr a to m arginale,
cio lo status sociale che fa vivere u n a collettivit sotto circostanze
diverse da quelle della societ cui potrebbe appartenere, con meno
diritti, responsabilit, possibilit di affermazione e di partecipazione
nella vita sociale e nelle decisioni . Tale categoria collega la CG alla
evoluzione storica, economica e sociale di una certa societ, ed in
particolare alla stru ttu ra del potere e ai suoi meccanismi, allade
guatezza dei sistem i form ativi con le reali esigenze di formazione,
alle discrasie tra dom anda e offerta sul m ercato del lavoro giovanile
e tra capacit acquisite e capacit richieste.

335
A questo punto possibile ab b o z za r e una definizione di CG che
sintetizzi le definizioni fin qui sviluppate, secondo una lettu ra degli
aspetti stru ttu rali della CG, cio di quelle caratteristiche obiettive
che condizionano profondam ente la vita dei giovani in una societ.
La con dizione giovanile dunque riferibile ad uno str a to di p o p o
lazione c a ra tterizza to a n zitu tto da a ttrib u zio n i di et (14-25 an ni),
i cui lim iti ten don o a fluttuare e a d espandersi, e la cui ca ratteristica
fo n d a m en ta le di essere quasi-classe , sia p e r effetto di fa tto r i
s tr u ttu r a li interni alla societ s tessa (c o m e sono le ca ra tteristich e
del s iste m a politico, della cu ltura p o litica e dei r a p p o r ti di egem onia
e s u b a lte r n it ), sia p e r il p r o c e sso di em arginazione d i cui i giovani
s te s s i son o o gg etto da p a r te della stessa societ.
Gli indicatori pi rilevanti che intervengono a descrivere la CG
come strato m arginale sono ulteriorm ente determ inati dalle seguenti
variabili:
1) prolungam ento artificioso della giovinezza per effetto delle
crescenti necessit di apprendistato sociale ;
2) esclusione dal lavoro legale e sfruttam ento del lavoro nero;
3) sottovalutazione delle capacit reali e alti livelli di disoccu
pazione intellettuale;
4) assenza di sbocchi dei sistem i form ativi e obsolescenza pre
coce dei livelli di professionalit;
5) esclusione dei giovani dalla partecipazione effettivam ente pro
tagonista;
6) accettazione dello stato di em arginazione e sua sublimazione
a livello di cultura giovanile nellinteriorizzazione crescente della
cultura della crisi .

2. Condizione giovanile: categoria essenziale nella formazione dei


progetti educativi e pastorali

Dalle note fin qui tracciate emerge chiaram ente la centralit del
problem a giovanile, come p arte essenziale e riflesso della crisi in cui
si dibattono le societ moderne. I giovani diventano il segno espres
sivo, e la CG leffetto pi palese, delle varie contraddizioni insite nel
pi vasto sistem a stru ttu rale e culturale delle societ. Ne rileveremo
lim portanza secondo il suo peso qualitativo e quantitativo, come
emerge da una rapida lettu ra stru ttu rale e demografica.
A n z itu tto da un p u n to di v is ta q u alita tivo che i giovani diventano
im portanti per leducatore ed il pastoralista. Essi infatti tendono a
diventare un fatto sociale di p rim aria im portanza.
La CG nelle aree di elevato sviluppo economico sta forse per

336
prendere il posto gi occupato, nella problem atica deirO ttocento,
dalla condizione operaia (Ardig, 1966).
il terzo elemento cruciale, dopo quello operaio e quello fem
minile, della questione sociale globalmente intesa, storicam ente signi
ficativo e sintom atico, necessario p er im postare un discorso di grande
respiro sulla societ del nostro tem po.
In secondo luogo i giovani per sono im portanti anche per il
loro p e s o qu an tita tivo . Si calcola in fatti che a livello m ondiale i gio
vani tra i 15 e 24 anni fossero 519 milioni nel 1960, e che saliranno
a 1.128 m ilioni nel 2000. A tale epoca essi corrisponderanno al 19%
circa della popolazione mondiale, a meno che non aum entino le ten
denze di controllo delle nascite, p eraltro gi presenti nellarea occi
dentale. Per si avverte che il peso quantitativo dei giovani diventa
determ inante soprattu tto in quell'area in cui i tassi di n atalit ten
dono a m antenersi relativam ente alti, come sono le regioni dellAfrica,
dellAsia e dellAmerica Latina. Altri dati: nel 1981 i ragazzi dai 12
ai 17 anni sono in tu tto il m ondo circa 427 milioni, di cui 112 nelle
regioni pi industrializzate e 315 in quelle in via di sviluppo (Africa
65 milioni, Asia-Sud 195, America Latina 52). Nello stesso anno i gio
vani dai 18 ai 23 anni sono nel m ondo intero circa 385 milioni, di cui
119 nelle regioni pi industrializzate e 266 in quelle in via di sviluppo
(Africa 54 milioni, America Latina 44, Asia-Sud 166). Con un totale
di 812 m ilioni di giovani dai 12 ai 23 anni.
E p er valutare lincrem ento della popolazione giovanile m ondiale
basti pensare che tra il 1975 e il 1980 la m edia annuale delle nascite
su 1000 abitanti nel mondo intero stata di 29,4; nelle regioni pi
industrializzate di 15,6; m entre nelle regioni in via di sviluppo fu
di 34,3. Se poi approfondiam o lanalisi, il tasso d increm ento in
Africa di 46, in America Latina di 35,4, in Europa di 14,5, in
N ord America di 15,3, nellAsia Orientale di 21,7, nellAsia Meri
dionale di 38,9 con previsione d increm ento fra il 1975-2000 di
75,7% (ONU, The W o r ld P o pu latio n S itu a tio n in 1979, New York, 1980).
In conclusione si pu perci afferm are che la giovent sta diven
tando un elemento chiave per linterpretazione di tu tta la societ e
quindi il punto nevralgico del suo sviluppo culturale e morale, cui
particolarm ente attento ogni educatore in forza della sua stessa
missione.

3. Problem atiche culturali della condizione giovanile

La lettu ra s tr u ttu r a le appena conclusa della CG, quella cio che


direttam ente analizza il rapporto tra CG e oggettiva stru ttu ra della
societ, stata la necessaria prem essa per com prendere la so g g e t
tiv it giovanile. Lanalisi infatti della cu ltu ra (cio delle scelte di

337
22
valore che denotano i modi di adattam ento alla realt), dei bisogni,
delle opinioni, delle attese, e la reazione stessa dei giovani ai processi
potenzialm ente em arginati posti in atto dal sistem a sociale costi
tuiscono quella che noi chiam iam o la lettu ra culturale della CG, che
non pu essere disgiunta dalla prim a, anzi le com plem entare perch
la questione giovanile una condizione di soggettivit e oggettivit
insieme, attorno al medesimo processo storico.
L im m ag in e d i una gioven t rea ttiv a sem bra piti ad atta a spiegare
i cam biam enti macroscopici e profondi che sono in atto, m entre
l'im m agine di una giovent ad attata e integrata si presta di pi a
spiegare gli assestam enti delle stru ttu re e dei modelli che seguono
a certi cambi. Daltra p arte anche il co n te s to socio-culturale co n d i
zio n a tale svilu ppo. In fatti sem bra difficile ipotizzare una cultura
giovanile autonom a, laddove la cultura dom inante rispecchia le esi
genze delle classi giovanili. Cos pure sem bra difficile pensare alla
possibilit di una cultura giovanile propria dove il pluralism o am pia
m ente diffuso e i rapporti sono conflittuali. In queste condizioni
m anca la base comune per un discorso unitario tra i giovani di
diversa appartenenza.
Vi sono in realt co n dizio n i sociali non s e m p r e fa vo revo li alla for
m a zio n e di una cu ltu ra giovanile unitaria. Per cui possiam o affer
m are che la cultura dei giovani appare polarizzata pi sul versante
della continuit con la cultura ufficiale che non su quello della discon
tinuit o innovazione. Essa pi propriam ente una sotto-cultura,
perch i giovani s'integrano facilm ente nella societ e ne subiscono
le forze conformizzanti, capaci di controllare gran p arte dei modelli
giovanili e di gratificarne alcuni che solo apparentem ente sono de-
vianti. Infatti i modelli culturali nei quali si esprim e questa subcultura
giovanile sono ristretti ad am biti che non pregiudicano la grande
Organizzazione; sono gli am biti del privato, del tempo libero, dei
consumi, cosi che rim angono perci stesso avvenimenti circoscritti
ai pubblici giovanili, anche se hanno qualche riflesso sui pubblici
adulti.
La conclusione di Ardig sulle possibilit che la CG diventi fattore
determ inante nella trasform azione della societ, m agari in chiave
rivoluzionaria, , a p arere di Milanesi, alquanto dubitativa.
Sulla base di queste conclusioni dubitative e provvisorie vogliamo
delineare alcuni settori di questa sotto-cultura giovanile, caratteriz
zata da com portam enti specifici.

3.1. I l c o m p o r ta m e n to in r a p p o r to al lavoro
Non mancano ricerche antiche e recenti sulla CG con riferim ento
al lavoro, da cui si pu ricavare quali siano i p r o b le m i che i giovani
devono affrontare in questo settore:

338
a) l'obiettiva difficolt d'inserim ento nel m ercato del lavoro;
b) le discriminazioni in atto nel lavoro contro i giovani, proprio
perch giovani;
c) lo stabilizzarsi nel lavoro, dopo il necessario periodo d'orien
tam ento professionale;
d ) l'am bivalente concezione odierna del lavoro, che, considerato
inizialm ente come fattore di autorealizzazione, viene ora contestato
dalla cultura anti-lavoro e dalla condotta di assenteismo.
In fatti aum enta la consapevolezza che il lavoro (se unito allo
studio) rappresenta un fattore di m aturazione verso u n a pi viva
sensibilit sociale, verso una pi chiara disponibilit p er l'innova
zione e verso una pi articolata capacit di afferm arsi nella societ
di massa.
D 'altra parte il lavoro viene rifiutato con una nuova motivazione:
non pi l'alienazione nella merce che espropria le energie del lavo
ratore (Marx), m a per la sua ripetitivit m onotona e per l'asservim ento
ad un capitale multinazionale. I giovani desiderano infatti un lavoro
che dia m olto pi spazio al tem po libero, fonte di autorealizzazione,
che sia creativo ed espressivo, garantito e soddisfacente, possibil
m ente part-tim e.

3.2. I l c o m p o r ta m e n to nelle istitu zio n i fo r m a tiv e

Veniamo qui a sottolineare in modo particolare la problem atica


della scuola nei riguardi dei giovani e come essa rappresenti un
periodo di forzata esclusione, a cui si aggiungono le difficolt di ra p
porti col m ondo del lavoro.
Gli a tte g g ia m e n ti d ei giovani nei riguardi della scuola (Barbagli,
1974) sono estrem am ente complessi sia nei vari m om enti storici sia
nelle varie aree di sviluppo o sottosviluppo:
rifiuto della scuola vissuta in term ini puram ente inform ativi e
non globali;
rifiuto della partecipazione dipendente, come sintom o di una
pi am pia richiesta di responsabilit e pi precisa disponibilit di
coinvolgimento a livello decisionale e politico;
richiesta di una pi incisiva presenza della scuola nei p ro
cessi di formazione e di orientam ento al lavoro;
critica del sapere di lite e democratizzazione della cultura;
richiesta di contenuti m aggiorm ente professionalizzanti ed in
sieme allargam ento pi generale a m aterie di formazione um ana come
pedagogia e sociologia.

339
3.3. Il c o m p o r ta m e n to nei con fro n ti del sociale e del p o litico
Tale com portam ento sostenuto dalla cultura della nuova ra
zionalit che consiste nel tentativo di progettare una nuova societ,
facendo i conti con le contraddizioni della realt presente.
In questo processo possiam o riscontrare nei giovani:
il superam ento di una concezione totalizzante del politico;
un grado di partecipazione politica abbastanza ineguale ed
insoddisfacente nonostante lapparente insistenza dei giovani su que
sto argomento;
il sorgere del fenomeno dello spontaneism o centrato atto r
no ai temi della crisi dei sistem i form ativi e della ricerca di nuove
form e di partecipazione;
lattenzione per i problem i dellecologia e della pace in risposta
all'esasperata tensione del riarm o nucleare in atto nella nostra societ;
la difficolt notevole di calarsi in un progetto di ampio respiro
ed il ricorso pi im m ediato ad obiettivi di piccolo cabotaggio ;
lafferm arsi del bisogno di nuove aggregazioni a basso livello
di contenuto ideale, dove cio il gruppo ha come scopo fondam entale
quello di star bene insieme .

3.4. Il c o m p o r ta m e n to nei con fro n ti della religione e della Chiesa


indubbio che oggi in atto tra i giovani pi consapevoli una
nuova attenzione ai contenuti della p ropria identit personale e di
gruppo ed agli interrogativi che pone la ricerca di un senso religioso
della vita.
Leggere la CG nellottica della religiosit un problem a molto
variegato e com.plesso, che supera i lim iti di questo contributo. In
ogni caso per il suo rapporto con la m issione salesiana esso fonda-
m entale al ptinto di costituire lo scopo ultim o del nostro intervento
educativo.
Rifiutando lipotesi d u n immagine u nitaria della religiosit gio
vanile, ne proponiam o alcune articolazioni, consapevoli della proble
m aticit che ad esse sottesa.
a) Il tem a della ripresa di una d o m a n d a di significato e della
ste s s a religiosit giovanile an cora p ro b le m a tic o ed incerto. Nel vis
suto di questultim a generazione, dal 1977 in poi, esauritasi la spinta
problem aticam ente innovativa del '68, sem bravano m anifestarsi i
segni di una progressiva stanchezza e di un rifugio negli am biti del
privato. Sincominciava a parlare di ritorno al sacro o di ripresa
della religione.
Lipotesi di una rinascita religiosa tra i giovani sem bra trovare
riscontro nella forte tenuta ed espansione dellassociazionismo cat
tolico.

340
Nello stesso tempo non m ancano interrogativi inquietanti circa
la qualit della nuova religiosit giovanile, da alcuni in terp retata uni
cam ente come risposta funzionale al bisogno di sictirezza prodotto
dalla crisi, e da altri tem uta come un rigurgito d'integralism o.
b) La d o m a n d a di religione, come ricerca di una radicale al
terit , sem bra oggi risultare da un punto di vista qu a n tita tiv o scar
sam ente rilevante rispetto ai temi della liberazione personale (auto
nomia, autorealizzazione, sicurezza) e dei rapporti interpersonali (am i
cizia, famiglia, vita di gruppo) che caratterizzano una generazione
propensa a deideologizzare i sistem i di significato, ad abbassare 1
livelli d idealit e a lim itare i tassi di progettualit.
E d 'altra parte, quando essa presente, appare fortem ente sog-
gettivizzata, cio filtrata dai bisogni del privato e del pre-politico
oscillanti tra individualism o (religione come bene da consum are a
scopo di securizzazione) e protagonism o personalistico (la religione
come significato da scoprire e p ro d u rre nell'impegno storico).
c) E s is te tu tta v ia tra i giovani piti a tte n ti e sen sibili un esplicita
d o m a n d a d i religione, pi rilevante sul piano qualitativo, che non
quantitativo, cio pi per quello che viene espresso dal bisogno di p ro
tagonism o apostolico e di radicalit evangelica dei pochi, che per
quanto emerge dal tradizionalism o religioso della maggioranza dei
praticanti.
d) E ssa a p pare a ttra versa ta da d u e caratterizzazioni della socia
lizzazione in atto, e cio dalla soggettivizzazione e dalla fram m en
tazione.
S o g g ettivizzazio n e: intesa qui come subordinazione della do
m anda e del vissuto religioso ai bisogni psicologici d identit indi
viduale e di autorealizzazione.
La fr a m m e n ta rie t si m anifesta in m olti soggetti come lacera
zione schizofrenica tra dom anda e vissuto, tra credenza e pratica,
tra fede ed etica, tra fede ed appartenenza ecclesiale.
e) Il nuovo modo di porsi dei giovani di fronte alla religione
investe anche il proprio a tte g g ia m e n to nei co n fron ti della Chiesa. Se
accettata com unem ente lappartenenza alla Chiesa come com unit
di credenti, la propria adesione carica di dubbi, di perplessit, di
denunce alla Chiesa e alle problem atiche di n atu ra sociale e politica
che essa deve affrontare in quanto istituzione.

4. Conclusione: Condizione giovanile e scelte della Congregazione


Salesiana

La ricchezza e com plessit di tem atiche da cui percorsa la CG


im pone di conseguenza alla Congregazione Salesiana, sorta per la gio

341
vent, u n attenzione pi approfondita ed un impegno pi intenso
p e r decifrare la realt giovanile nei singoli s e tto r i del suo lavo ro apo
sto lic o onde adeguare i mezzi alla situazione di partenza, agli obiettivi
interm edi ed ultimi. La CG si presenta al salesiano, educatore ed evan
gelizzatore, come il nuovo Areopago dei nostri tempi, al quale la
Chiesa e la Congregazione sono chiam ate a rivolgere lannuncio. Non
tenere conto della secolarizzazione che ha colpito le fasce giovanili
significa votarsi allincom unicabilit. La dom anda educativa va infatti
analizzata in modo articolato. Se essa consiste in una richiesta di rela
zioni um ane significative in ordine alla realizzazione di un pieno pro
getto d um anit, si articola concretam ente oggi in alcune direzioni:
a) sul piano dellanalisi dei bisogni, personali, individuali, co
m unitari e locali;
b ) sul piano della ricerca e dellirrobustim ento deUidentit per
sonale e collettiva;
c) sul piano della riscoperta di un sociale e di un pubblico dei
deologizzato;
d ) sul piano dellelaborazione di progetti a medio e lungo term ine;
e) sul piano della reinvenzione delle istituzioni.
Si ripresenta quindi linterrogativo sulla qualit della p r o p o s ta
che viene elaborata in r isp o sta alla d o m a n d a di religione e di umanit.
Una linea privilegiata dintervento, a cui la Congregazione dovreb
be m irare per concludere il ciclo educativo dellapostolato giovanile,
oggi limpegno educativo della p rep a ra zio n e dei giovani alla fam iglia
ed al m a trim on io . Questo problem a orm ai diventato urgente a livello
sia della societ civile che della Chiesa universale. Sforzi e mezzi delle
diverse Chiese locali sono coordinati per rispondere allesigenza di
educare i giovani alla famiglia. superfluo richiam are lim portanza
e la centralit della famiglia per la societ civile e religiosa. Latten
zione di uno speciale Sinodo dei Vescovi, le parole program m atiche
dellEsortazione Apostolica F am iliaris Consortio, linsistenza continua,
anzi quotidiana, del S. Padre Giovanni Paolo II nei suoi interventi e
nella sua catechesi settim anale, i fenomeni stessi della devianza gio
vanile crescente specie nel settore della droga che chiam ano in causa
la capacit di saper creare una famiglia sana e m atura, sono orm ai
dei fatti concreti che non possono lasciare indifferente una Congre
gazione di educatori il cui fine prim ario sono i giovani, chiam ati per
vocazione nella grande maggioranza a form are una nuova famiglia.
Sarebbe una grave assenza educativa lasciare vuoto questo spazio.
Essa segnerebbe infatti labbandono del giovane proprio alla soglia
stessa del com pletam ento della sua globale m aturazione um ana; la
scelta del lavoro e la formazione di una sua famiglia.
L analisi da noi condotta ha voluto provocare una presa di coscienza

342
pi atten ta e feconda della CG. Essa penetra m olti spazi della societ
globale e perci stesso invita leducatore a tra tta re i problem i non
settorialm ente o ghettizzandoli, m a assum endo un atteggiam ento di
am pio respiro culturale, capace di tenere conto e di coinvolgere in
questazione profondam ente um anizzante tu tte le com ponenti della
com unit civile ed ecclesiale.

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343
27 .
EDUCATORE

Jos Mafuel Prellezo

1. Alcune precisazioni - 2. Dalleducatore autoritario alleducatore autorevole :


3. Leducatore salesiano.

1. Alcune precisazioni

Il term ine ed u ca tore presenta nella storia della pedagogia e nel


linguaggio comune sfum ature diverse. L'attenzione dedicata aU'argD-
m ento dai grandi pedagogisti (Quintiliano, Vives, Comenio, H erbart,
Pestalozzi, F r b e l...), p u r conservando ancora m olti elementi validi,
si inserisce oggi in un discorso assai complesso e articolato. D 'altra
parte, gli stessi educatori pi consapevoli sentono l'urgenza di una
adeguata definizione del proprio ruolo. Nuovi fatti e istanze culturali
( scoperta del bam bino come soggetto attivo della propria educa
zione, senso della libert e dellautonom ia, m aturazione dem ocratica,
impegno di p artecip azio n e...) hanno contribuito a m ettere in crisi
m odelli considerati finora indiscussi e indiscutibili, esigendo, di
conseguenza, atteggiam enti e com piti rinnovati da parte dei respon
sabili delle istituzioni educative.
Questo semplice rilievo fa vedere la necessit di dedicare un'ade
guata considerazione al tem a che costituisce l'oggetto di queste pagi
ne, prim a di elaborare un preciso progetto educativo-pastorale. Si evi
teranno cosi accentuazioni unilaterali e im postazioni riduttive che
potrebbero com prom ettere gli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Evidentem ente, la problem atica riguardante l'educatore e la sua
funzione non risulta facilm ente isolabile. Perci alcuni punti signifi
cativi sono stati richiam ati in altri contributi che esam inano deter
m inati tem i necessariam ente collegati con quello affrontato qui.
Per facilitare ulteriori approfondim enti (evitando allo stesso tempo
inutili ripetizioni) si faranno nel testo gli opportuni rim andi. Nel
presente contributo si cercher unicam ente d'indicare i tra tti fon
dam entali dell'educatore, con particolar riguardo (sem pre nel con
testo del progetto educativo-pastorale) alla dimensione cristiana e
salesiana della sua figura.

344
Per precisarne il concetto, si possono assumere, come punto di
partenza provvisorio, queste affermazioni di un noto pedagogista:
Leducatore un individuo di tipo sociale votato al servizio delle
esigenze spirituali di una com unit; egli, per p u ra inclinazione o sim
patia, esercita il suo influsso sul ragazzo, come portato re di valori
illim itati; lo form a in quanto uomo secondo le capacit specifiche,
trovando la soddisfazione pi alta nella manifestazione di quella
stessa inclinazione o sim patia (K erschensteiner, 50).
Lattenzione si centra qui nella persona impegnata, disinteressa
tam ente e per vocazione, nelFopera di sviluppo della generazione in
crescita. E non privo di interesse l'accenno alla com unit. Va tenuto
ben presente infatti che l'azione educativa si realizza sempre nella
situazione concreta di una com plessa rete di fatto ri e di rap p o rti
all'interno di determ inate stru ttu re in un contesto storico preciso e
nella continua interazione con l'am biente. inaccettabile, so p rattu tto
dal punto di vista metodologico, la considerazione rigida e a stra tta
di un isolato binom io edu catore-educando. Allunit del soggetto cor
risponde ordinariam ente una plu ralit di educatori (famiglia,
gruppi, associazioni, societ).
Anche in questa prospettiva risu lta per indispensabile che sia
garantita ad ogni giovane la presenza di qualche figura qualificata e
centrale, capace di unificare i diversi influssi e lintero progetto edu
cativo. Si tra tta di una esigenza fortem ente sottolineata dalla pi
vigile e critica metodologia dell'educazione.
La riflessione pedagogica m ette in risalto con altrettan ta chiarezza
la necessit dell'intervento deH'adulto nel processo di m aturazione
dell'educando. Appunto perch im m aturo (con le sue carenze e lim iti)
questi non pu ordinariam ente arrivare a vivere la sua vocazione di
uomo senza la collaborazione dell'adulto m aturo ( = capace di agire
perch siano superate quelle carenze).
Nella concezione cristiana che considera luomo come essere so
prannaturale decaduto e redento , la presenza de lledu cato re appare
sotto nuova luce: L'intervento del'Altro e degli altri diventa allora
di assoluta necessit sul piano soprannaturale. Il sine Me nihil p o t e s t i s
facere norm alm ente si fa operante solo per m in iste r iu m h om in u m ,
p o rtato ri di mezzi di salvezza e di restaurazione um ana soprannatu
rale (Braido, 1967, 184).
Il ruolo e la p o rtata di questo impegno li troviam o delineati in
queste affermazioni del Vaticano II: Legittim am ente si pu pensare
che il futuro dell'um anit sia riposto nelle m ani di coloro che sono
capaci di trasm ettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di
speranza (GS 32).

345
2. Dalleducatore autoritario alleducatore autorevole

Nella riflessione pedagogica e nella prassi educativa contem pora


nea la presenza deUadulto offre accentuazioni diverse: dallesalta
zione e preponderanza quasi assoluta delleducatore nelle pedagogie
autoritarie alle proposte di educazione non direttiva, anti-autoritaria
e anarchico-libertaria (con generici riferim enti a Freud e Rousseau).
Nel prim o caso leducazione concepita piuttosto come appren
dim ento meccanico e il soggetto come m ateria ( cera ) da plasm are
o recipiente da riem pire, dim enticando che la crescita verso lauto
nom ia, o meglio verso la libert responsabile, avviene dallinterno
del giovane. Da una prospettiva francam ente personalista, chiaro
che nulla esiste di m orale n ellu o m o che non sia fr u tto di person ale
c on qu ista, nessun sap ere si co stru isce al d i fuori d e lla ttiv a elabo ra
z io n e da p a r te d e llin te lletto dei fa tti fo rn iti d a llesperienza sen sibile
arricch ita d a lla p p o r to d e lled u ca to re (Braido, 1972, 71).
Non ha senso dunque concepire leducazione come conformazione
a determ inati modelli im posti dalladulto. Ma neppure avrebbe senso
una esasperata e unilaterale accentuazione della centralit delledu
cando. Risulta ambiguo e ripetitivo il discorso sulla bont n atu
rale del bam bino. Si dim entica in questo caso che le potenzialit
naturali deHeducando si orientano nel senso del bene o del male,
della libert o della schiavit dopo u n adeguata opera di coltiva
zione. Certe proposte di carattere genericamente spontaneistico non
tengono nel dovuto conto lintervento delladulto che faccia diventare
veram ente responsabile chi non lo in partenza [ e d u c a z io n e ] .
Tra le due posizioni estrem e (autoritarism o-antiautoritarism o)
che com prom ettono la reale m aturazione del soggetto, si colloca la
proposta di un educatore autorevole , capace d intervenire in modo
adeguato alle reali e precise esigenze di liberazione dcH'educando, nel
quadro delle finalit educative, senza volont di dominio e con atteg
giamento di aiuto e di rispetto allim prescindibile protagonism o del
giovane .
Gi a m et del secolo xix, un pedagogo contem poraneo di Don Bo
sco, R. Lam bruschini, seppe esprim ere con efficacia questi concetti:
Leducatore pi cooperatore che operatore delleducazione del
fanciullo. Se lopera ben condotta sar il fanciullo quello che vera
m ente educher se stesso. Il suo fare aiuta loperazione interiore del
fanciullo, non si scam bia a lei .
Lesigenza di autorevolezza si oppone con la stessa forza al com
portam ento autoritario-dittatoriale e a quello lassista-permissivo. Essa
si riconosce nellatteggiam ento dem o cra tico . Dove il term ine d e m o
cratico non ha niente a che vedere con determ inate connotazioni po-
litico-partitiche; e vuol dire piuttosto favorire la m assim a parteci
pazione, sviluppare i rap p o rti personali e le comunicazioni a tu tti i

346
livelli, dare am pio spazio al dialogo, al pluralism o delle opinioni e
dei m odelli di condotta , sulla base di reciproco rispetto, intesa e
collaborazione.
Leducatore non nega le differenze , non rinuncia non pu
rinunciare alla sua funzione specifica; m a accetta le integrazioni e
gli scambi. Sa di essere inserito anche lui in un processo di crescita
e m aturazione (in certa m isura pure educando). L'educatore aspetta
con serenit e gioia il m om ento in cui la sua presenza diventer
inutile .
Si pone qui il problem a pratico d ellequilibrata coesistenza tra
l'intervento dell'adulto e il graduale e progressivo am pliam ento dello
spazio lasciato all'iniziativa e capacit decisionale dell'educando nei
successivi m om enti deU'et evolutiva. Perch sul piano storico
evolutivo l'educatore sa che il suo traguardo di m orire" come
tale quando orm ai chi soggetto di educazione ha la sua com petenza
di guidare in proprio la crescita personale (Nanni, 1981, 22).
Pi in generale si pone il problem a im pegnativo di delineare le
condizioni precise di u n 'au to rit pedagogica che sia veicolo di libera
zione e non di dominio e oppressione.
messo oggi in risalto (anche in seguito a studi e ricerche posi
tive) il peso della p erso n a lit dell'educatore. Questi influisce pi per
quello che che per quello che dice o fa. Viene ribadita la vecchia
affermazione: essere uomo per p oter form are uom ini . Solo un
uomo m aturo, capace di decisioni responsabili, pu guidare efficace
m ente l'altro verso la m aturit.
In clima cristiano, solam ente un uomo liberato dai complessi della
paura e dai condizionam enti e pressioni sociali pu annunciare la
autentica libert di Cristo e la m orale liberatrice del Vangelo
[ EVANGELIZZAZIONE E EDU CAZIONE].
Unicamente delle personalit profondam ente unificate in se stesse,
ricche di valori, potranno m antenere coi giovani un dialogo arric
chente, trasm ettendo loro un messaggio um ano e cristiano veram ente
liberante.
Si tra tta di un'esigenza fondam entale; il p u n to di arrivo per l'edu
cando costituisce il p u n to d i p a rten za per l'educatore: la saggezza, la
m aturit, la capacit di decisioni responsabili (cf. Braido, 1972, 81-87,
a cui si ispira la stesura di questo paragrafo).
Leducatore saggio e m aturo giudica i fatti, la realt, le diverse
situazioni alla luce della ragione e, come credente, alla luce della
fede; e sceglie quello che, m om ento p er mom ento, riconosce essere
pi adatto al bene reale dei giovani.
Alla base dell'impegno dell'educatore sta la sua capacit di d eli
berare in serenit e piena disponibilit sui mezzi adeguati per una
generosa collaborazione alla crescita dell'educando, senza lasciarsi

347
fuorviare da motivazioni meno chiare (sim patie o preferenze, ricerca
di s, vanit e orgoglio, culla delle apparenze, passivit e pregiudizio) .
Le deliberazioni si traducono poi in scelte precise attu ate con fer
mezza, evitando am biguit, contraddizioni, tem poreggiam enti e m a
chiavellismi. Atteggiamento che non in contrasto con una ragio
nevole flessibilit, capace di rivedere criticam ente le proprie posi
zioni e di cam biare ro tta , in ossequio alla realt, alla dignit delle
persone e alla verit.
La saggezza e m atu rit esigono una chiara ap ertu ra agli altri;
leducatore egoista, chiuso in se stesso, com plicato da problem i per
sonali, incapace di autocontrollo, non p o tr agire con vera lucidit,
e non p o tr stabilire relazioni autentiche con leducando [ r a p p o r t o
e d u c a t iv o ] .

Un tratto fondam entale delluomo saggio e m aturo (e perci


a u to re vo le) costituito dalla sua capacit di interessarsi eValtro,
in qu an to altro. Quando si parlava, allinizio, di tipo sociale , si
faceva riferim ento a questo aspetto centrale dell' anim a delledu
catore: senso naturale dellinfanzia, vocazione, inclinazione naturale
per la giovent, capacit di calore um ano ... Qualit che vanno
assunte in una visione religiosa cristiana: am ore d is in te re s sa to ri
volto al bene sp iritu ale delleducando, che contem poraneam ente
garanzia della sua perfezione e della sua felicit tem porale ed eterna,
e attuazione della gloria e eWa m o re di Dio (K erschensteiner, 87).
Educare una vocazione, m a anche una professione, un me
stiere , che esige preparazione tecnica adeguata [ ^ p r o f e s s i o n a l i t ] .
La base indispensabile del dono naturale si allarga e approfon
disce con l'acquisizione delle competenze specifiche. Consapevole
della com plessit della p ropria missione, l educatore non si affida al
semplice intuito pedagogico . La saggezza e la prudenza educative
esigono che si tengano in conto gli apporti della scienza. Lo stesso
am ore ai ragazzi impone la conoscenza dei ragazzi stessi, della situa
zione in cui si trovano, per p o ter rispondere ai loro bisogni, con i
mezzi e form e pi rispondenti. Si inserisce qui il complesso discorso
della qualificazione professionale delleducatore dal punto di vista
teorico (vasta cultura, ap ertu ra um anistica, senso della storia, studio
serio soprattutto delle scienze delleducazione...) e dal punto di vista
pratico (esperienza dovutam ente guidata e controllata, padronanza
delle diverse tecniche, dei linguaggi di comunicazione ed espressione,
uso adeguato dei mezzi e m etodi ...).
Di fronte al progresso scientifico, ai rapidi cam biam enti culturali
e alle esigenze sempre nuove della societ e del m ondo giovanile, si
potrebbe dire che la formazione perm anente delleducatore una
questione di deontologia professionale.
Da analoghe prem esse scaturisce lesigenza di ap ertu ra alla colla

348
bo razion e con gli a ltri educatori, con le fam iglie, la scuola, le diverse
forze sociali.
In sintesi, si pu trascriv ere il suggestivo profilo che P. B raido
(1968, 81) fa delled u cato re ideale in a tto : Saggio, riflessivo, a m an te
della verit, capace di au to co n tro llo , d isinteressato, ap e rto alle esi
genze d elleducando, im m erso nella sto ria e lu n g im iran te, previdente,
m ai pago delle posizioni raggiunte, accessibile alle g ran d i idee e ai
p ro g ra m m i di v a sta p o rta ta anche se sollecito delle piccole cose, ca
pace di finezze p e r q u a n to a p e rto a generose p rospettive, solerte e
in tu itiv o , studioso e geniale, tu tto v ita e azione p u r non im perm eabile
alla riflessione e alla scienza .'

3. Leducatore salesiano

Le considerazioni fa tte finora a cq u istan o p a rtico la re rilevanza nella


p ra ssi educativa salesiana, isp ira ta al pensiero e a llo p era di don Bosco
[ SIST E M A p r e v e n t iv o ] .
In fa tti, si p o tre b b e dire che il m etodo di Don Bosco si confonde
e si identifica con la p erso n a delle d u cato re (B raido, 1969, 144).
E sso nasce s o p ra ttu tto da u n a esperienza v issu ta e h a la m igliore
espressione nello stile di v ita del F o n d a to re e dei suoi collab o rato ri.
N on b astan o , a questo rig u ard o , delle indicazioni generali n delle
riflessioni a s tra tte . Il sistem a preventivo al di d e n tro del
l ed u c ato re che p i co n cretam en te e fervidam ente sa im p erso n are,
in tu ire , vivere le idee, i sentim enti, le intuizioni e la s a n tit di Don
Bosco . Q uesti non h a elab o rato u n corpo di d o ttrin e sistem atica-
m ente organizzate n ha tra m a n d a to ai suoi figli e seguaci degli
s tru m e n ti da utilizzare secondo schem i rigorosi e precisi. I gran d i
o rie n tam e n ti donboschiani ragione, religione, am orevolezza, assi
stenza trovano senso e valenza educativa n ellattu azio n e concreta
del salesiano m atu ro .
Cos, p er esem pio, chi d il " to n o e satto dellassistenza sale
siana la p e rso n a delleducatore. Senza il suo equilibrio, senza il
ta tto , reso sem pre pi sensibile da im a im itazione perso n ale di Don
Bosco, visto nella sua "p re se n za am ichevole, fra te rn a e p a te rn a tra

anche molto interessante la tabla de valores in cui un altro peda


gogista, L. Luzuriaga, sintetizza le qualit che deve possedere leducatore;
1 Vocacin, inters, atraccin por la educacin; 2 Amor, afecto, simpata
por la infancia y la juventud; 3 Sensibilidad, inteligencia para comprenderlas;
4 Condiciones fi'sicas de salud, resistencia, agilidad; 5 Atractivo personal,
gracia, tacto, humor; 6 Carcter, personalidad, autoridad; 7 Cultura generai,
inters por la ciencia; 8 Arte, capacidad, destreza tcnica, docente; 9 Moralidad
personal, profesional; 10" Sentido social, espiritu humano (L. L u z u r i a g a ,
Pedagogia, Buenos Aires, Losada, 1977, p. 217).

349
i giovani, questo "m ezzo pedagogico facilm ente si tra sfo rm ere b b e
in u n rigido m eccanism o, a d a tto p er la lavorazione in serie di con
fo rm isti e di ip o c riti (B raido, 1964, 213) [ ^ a s s i s t e n z a ] .
La c e n tra lit delle d u cato re nella m etodologia educativa sale
sian a non significa controllo rep re ssiv o m a im pegno di servizio. La
fiducia concessa all'educando va accom pagnata da richieste ragio
nevolm ente im pegnative.
I tr a tti essenziali della figura del salesiano ed u cato re m em bro
di u n a congregazione religiosa d ed icata a lleducazione dei giovani
sono abbozzati dal F o n d ato re con form ule sem plici m a n o n p e r
q u esto m eno significative: bu o n esem pio, adem pim ento dei doveri
del cristiano, am ore p i coi fa tti che con le parole, rich iam o agli
esem pi di Ges ... Ne costituisce u n a b u o n a sintesi l'artico lo 2 delle
C ostitu zio n i salesiane (1966): Ges C risto incom inci a fare e in
segnare; cosi anche i soci salesiani com inceranno a p erfezionare se
stessi colla p ra tic a di ogni v irt in te rn a ed esterna, e con l'acq u isto
d ella scienza, di poi si ad o p ereran n o a beneficio del p ro ssim o .
Sono in d icati esplicitam ente in questo testo asp etti fon d am en tali
dal p u n to di v ista pedagogico: form azione in te rio re {a u ten ticit del
l ed u cato re) ed esigenza di ese m p la rit (condizione indispensabile di
influsso su lleducando). V engono p u re accennati a ltri elem enti a cui
o p p o rtu n o dedicare qualche considerazione ulterio re.
In p rim o luogo, il riferim en to allo s tudio. Don Bosco a p p a re con
v in to della necessit di com petenze del salesiano in q u an to educatore.
Gi nel prim o p ro g etto delle C ostitu zio n i (1858) p a rla di perfezione
e di esercizio delle virt , m a p a rla p u re dell acquisto della scienza .
P artic o la rm e n te illu m in an te il testo della n o rm a che avrebbe
dovuto regolare il periodo del noviziato: Poich il fine della Con
gregazione di istru ire nella scienza e nella religione i giovani s o p ra t
tu tto poveri in mezzo ai pericoli del m ondo, guidarli nella via della
salvezza, tu tti in q u esta seconda fase di form azione dovranno eser
c ita rsi seriam ente nello studio, nelle scuole diu rn e e serali, nel fare
la catechesi ai fanciulli, e nel p re sta re assistenza nei casi pi difficili .
La p ro p o sta chiarisce bene il pensiero di Don Bosco.
Nelle postille delledizione del 1874, p recisando lo scopo della Con
gregazione scrive ancora: B isogna b a d a re con m assim a c u ra che
vengano in caricati di funzioni da com piere a favore degli a ltri sol
ta n to quelli che b rillan o nelle v irt e nella scienza che si stu d ia n o
d insegnare agli a ltri. Meglio la m ancanza di m aestro che la sua
in e ttitu d in e .
A pprovata definitivam ente la Societ S alesiana (1874), il F onda
to re dispose che i suoi fu tu ri c o lla b o ra to ri avessero u n a scuola
a p p o sita, in cui si spiegassero quei p rin cp i educativi, che p o tessero
in seguito a iu ta rli ad o tten ere bu o n i ris u lta ti tra i loro allievi .
Volle che essa fosse in tito lata: Scuola di Pedagogia S acra .

350
La testim o n ian za tra s c ritta di Don Giulio B arberis, p rim o p ro
fessore di quella disciplina. Nei suoi A p p u n ti p e r la scuola, Don B ar
b eris avverte di aver u sa to opere racco m an d ate da Don Bosco stesso.
E ritro v ia m o utilizzati s c ritti di num erosi pedagogisti e ed u cato ri.
T ra gli a ltri, D upanloup, M onfat, Teppa, Allievo, R ayneri, L am bru-
s c h in i...
La fedelt al sistem a preventivo , com e p ro p rio di noi , n o n
si o ppone alla conoscenza e assim ilazione critic a dei nuovi a p p o rti
della pedagogia contem poranea. u n a applicazione del celebre p rin
cipio: B isogna che cerchiam o di conoscere i n o stri tem p i e di adat-
tarv ici . N ella p i vigile tradizione salesiana ci sono s ta ti u o m in i
che h a n n o capito con p a rtico la re lu cid it la p o rta ta di tale esigenza.
P er ci che rig u a rd a la qualificazione pedagogica del salesiano edu
c a to re m e rita di essere ric o rd a ta l o p era di Don Carlos Lencio d a
Silva e di Don P ietro R icaldone nella fondazione d e ll'istitu to Supe
rio re di Pedagogia (oggi F acolt di Scienze dellEducazione). La ri
c h iesta di approvazione (1945) viene giustificata dalla considerazione
d ellesigenza co n tem p o ran ea di a p p ro fo n d ire scientificam ente la pe
dagogia e dalla necessit p a rticola re pei Figli di San G iovanni Bosco,
che devono essere cu lto ri e docenti di q u esta scienza cos v italm en te
in d ispensabile alla form azione dei Soci Salesiani .
Lo studio, la scienza (e la stessa p ra tic a delle virti in te rn e ed
estern e) hanno p e r Don Bosco u n o rie n tam e n to preciso: il benefizio
del pro ssim o . E col term in e p ro ssim o egli intende o rd in a ria m e n te
il giovane, s o p ra ttu tto quello pi povero e a b b an d o n ato . In q u e sta
ottica, l'ed u cato re visto com e individuo consacrato al bene dei
suoi allievi, perci deve essere p ro n to ad affro n tare ogni d istu rb o ,
ogni fatica, p e r conseguire il suo fine, che la civile, m orale, scien
tifica educazione d e suoi allievi .
La ric h iesta non fa tta solam ente nell'am b ito della situazione
scolastica. L 'educatore sem pre p resen te in mezzo ai giovani, e n o n
con atteggiam ento di sem plice vigilanza, che sarebbe tipico del sistem a
repressivo. L 'educatore salesiano p a rte c ip a alla vita dei ragazzi, si
in te ressa ai loro problem i, si sforza di p ercep ire le cose com e le
vedono i giovani, p ren d e p a rte ai loro giochi e conversazioni, a tte n to
p e r a in terv en ire, nel m om ento o p p o rtu n o , con p ru d en za e am orevole
ferm ezza, p e r correggere d eterm in ate co n d o tte e valutazioni.
Va rilevato qui ancora u n a volta u n p u n to di equilibrio tra due
posizioni poco d'accordo con lo s tile salesiano: da u n lato, l'atteg g ia
m ento di inerzia e passivit; d 'a ltro lato, l'in te rv e n to a u to rita rio .
N iente a ria dom inatrice suggerisce Don Bosco.
Il sistem a preventivo esige p rim a di tu tto che i giovani siano in
fo rm a ti lealm ente circa i p ro p ri doveri, n o rm e e regolam enti del
l'istituzione; m a poi i giovani stessi sanno di p o te r co n tare sulla vici

351
n an za degli ed u cato ri che com e p a d ri am orosi p arlan o , fan n o da
guida in ogni circostanza .
Il segreto tu tto qui: n e ll'a d u lto m atu ro , capace di e n tra re in
c o n ta tto con gli educandi, con i p ro b lem i e il m ondo in cui essi vivono,
in m odo che i giovani n o n solo siano am ati, m a che essi stessi
conoscano di essere am ati .
Ci troviam o d avanti a u n a delle p i valide e no te intuizioni don-
boschiane: che essendo am a ti in quelle cose che loro piacciono,
col p a rte cip a re alle loro inclinazioni in fantili, im p arin o a vedere
l am o re in quelle cose che n a tu ra lm e n te loro piacciono poco; quali
sono la disciplina, lo studio, la m ortificazione di se stessi, e queste
cose im parino a fare con slancio ed am ore .
N on b a s ta dunque u n a afferm azione di p rin cp i e di valori. Bi
sogna che essi siano in ca rn ati nella p erso n a e nella c o n d o tta dell'edu
c a to re che am a. A ncora di pi, che riesce a fa r sen sibile questo am ore.
L 'am ore m a n ifesta to (e percep ito com e tale d a lleducando) n o n ,
da p a rte delleducatore, sen sib ilit sdo lcin ata che cerca di ev itare al
ragazzo la n ecessaria esperienza del lim ite, dello sforzo, delle difficolt
dell'esistenza. Lam ore m a n ife s ta to am orevolezza c a rit so
p ra n n a tu ra le e am o re um ano, ragionevole, che rifiu ta ogni afi^etto
m orboso che strum entalizza la p ersona. E sso n o n si tra d u c e nem
m eno in fo rte vincolo alfettivo che im pedisce lo sviluppo del sog
getto verso la piena m a tu rit e im pegno personale. Don Bosco diede
a u n giovane m aestro questo consiglio: N on sta n c a rti di vigilare,
di osservare, di com prendere, di soccorrere, di com patire. L asciati
gu id are sem pre d alla ragione, e n o n dalla passione .
La com plessit e ricchezza di questo o rien tam en to tro v a la sua
attu azio n e p i ad eguata in clim a di fam iglia . Un tem a classico
n ella pu b b licistica salesiana. B a sta fare qualche rilievo.
In u n a societ tradizionale com e e ra quella in cui visse Don
Bosco il prin cip io che l'ed u c a to re doveva assum ere u n a fisiono
m ia p a te rn a e ra in d u b b iam en te u n assiom a indiscusso. Pedago
g isti ed edu cato ri p a rla n o degli schem i della fam iglia p a tria rc a le e
g erarchizzata del secolo xix, in cui si accentuava di p i l a u to rit
del p ad re che la co rre sp o n sa b ilit e p artecipazione della m ad re e dei
figli, e si e ra pi sensibili ai valo ri di so ttom issione e dellobbedienza
che a quelli dell'o rig in alit e sp irito d'iniziativa.
La situazione a ttu a le (con ris tru ttu ra z io n e di ruoli e cam biam enti
in a tto ) esige uno sforzo di trad u zio n e e a d a ttam e n to . Va ten u to
p er p resen te che tr a i vari tip i di fam iglia. Don Bosco h a scelto
il p i b o n ario e alla m ano [...] la fam iglia popolare, sem plice, con
ra p p o rti di b o n t e di co rd ialit, di presenza, di um ile ris p e tto da
p a rte dei figli, di servizio sacrificato e nascosto da p a rte dei genitori,
dove trio n fa l'am orevolezza (B raido, 1969, 66).
Alcune espressioni dello stesso Don Bosco possono a iu ta re a supe

352
ra re ogni nostalgia p a te rn alistica e a u to rita ria : gli ed u cato ri devono
c o m p o rtarsi com e p ad ri, fra telli e am ici ; date a tu tti m o lta
lib e rt e m o lta fiducia .
L u ltim a fra se suggerisce u n p u n to di p a rtico la re im p o rtan za nel
contesto del p ro g etto pastorale-educativo; l esigenza di co llabora
zione. In prim o luogo la collaborazione delled u cato re coi giovani,
che non sono solo d e stin a ta ri, m a p ro ta g o n isti n ell'o p era della p ro
p ria form azione.
Uno stu d io so salesiano di pedagogia e co llab o rato re di Don Bosco,
F rancesco C erruti, riferen d o si alla situazione scolastica scrisse: La
educazione u n o p era collettiva del m ae stro e dello scolaro. N on
bu o n m ae stro chi fa tu tto lui, com e n o n b u o n m aestro chi se ne s ta
in erte a c o n te m p la r gli alu n n i che lavorano, pago che non d istu rb in o .
B uon m ae stro invece colui che lav o ra egli e fa lav o ra r gli a ltri.
La scuola u n a m issione, la quale, p erch dia fru tto , richiede il lavoro
ad u n tem po del m ae stro e dello sc o la ro (Circolare del 15-11-1914).
In u n a p ro sp e ttiv a pii am pia, b en e conosciuto il pensiero di Don
Bosco: Senza il v ostro a iu to non posso fa r nulla. Ho bisogno che
ci m ettiam o d accordo e che fra m e e voi regni vera am icizia e con
fidenza .
I giovani del p rim itiv o O ratorio prendevano p a rte a llinsegnam ento
del catechism o e collaboravano nelle scuole dom enicali e serali. E alla
p artecipazione di quei m ae strin i si affianc il lavoro degli ad ulti.
A ppena s incom inci l o p era degli O rato ri nel 1841 to sto alcuni
pili zelanti sacerd o ti e laici vennero in aiu to a coltivare la m esse che
fin d 'a llo ra si p rese n tav a copiosa n ella classe de giovanetti p e ri
colanti. Q uesti c o llab o rato ri e c o o p e ra to ri furono in ogni tem po
sostegno delle Opere Pie che la D ivina Provvidenza ci poneva tr a
m ani ( 0 , XXVIII, 341).
II suo senso realistico spinse Don Bosco a tro v are soluzioni effi
caci. Il suo in tu ito pedagogico gli fece capire l esigenza di coinvolgere,
in m isu ra e m o d alit diverse (differenti cariche e occupazioni), tu tte
le com ponenti dello p era educativa: d ire tto re, m aestri e a ssisten ti ,
su p e rio ri e alu n n i , in u n a m b ien te di schiettezza e fam iliarit
[ ^ C O M U N IT e d u c a t iv a ] .

Q uesti o rien tam en ti germ inali degli inizi vanno letti dalledu
c a to re salesiano in un contesto c u ltu rale in cui si p a rtico la rm e n te
sensibili ai tem i della c o rresp o n sab ilit e partecipazione a tu tti i
livelli.
In p a rtic o la re valido il discorso q u an d o si tr a tta di elab o rare u n
p ro g etto educativo-pastorale, il quale deve dare spazio nella sua fo r
m ulazione alle diverse com ponenti della istituzione educativa. Anzi,

353
23
la form ulazione stessa deve essere fru tto della collaborazione e p a r
tecipazione differenziate delle m edesim e com ponenti. Un p ro g etto
educativo im posto d a llalto d estin ato necessariam ente al falli
m ento. In questo cam po non b a sta la com petenza delled u cato re
esperto. Ci troviam o, ancora u n a volta, con la necessit delleduca
to re m a tu ro , p ro n to ad ascoltare e dialogare, capace di rivedere cri
ticam en te le p ro p rie posizioni e p ro p o ste e di assum ere tu tti gli
elem enti validi em ersi nel co n fro n to sch ietto di opinioni p e r c o stru ire
u n o p era veram ente com une.

BIBLIOGRAFIA

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testimone della fede nella scuola, Leum ann (Torino), LDC, 1982.

354
28^__________
ANIMATORI

A ld o Ellena

1. L'animatore e le tecniche di animazione - 2. La formazione degli animatori


3. Atteggiamenti e principi operativi - 4. Educatori-animatori.

1. Lanimatore e le tecniche di animazione

In a ltro co n trib u to del p resen te volum e sta to sviluppato il tem a


deH 'anim azione cu ltu rale [ ^ a n i m a z i o n e ] . E ssa in teressa due tipi di
o p e ra to ri. Ci sono i p rofessionisti di diverse aree (educatori, inse
gnanti, sacerdoti, a ssiste n ti sociali, psicologi sociali, sindacalisti, p o
litici, ecc.), il cui ruolo rim ane sostanzialm ente invariato; si m odifica
solo il m odo di porsi, il m odo di relazionarsi, p er l assunzione dello
sp irito dellanim azione ed utilizzazione delle sue tecniche.
Ci sono anche i professio n isti-an im ato ri p e r lo pii o p eran ti nel
l area del tem po libero (tu rism o , cen tri cu ltu rali, partecipazione
civile-sociale, soggiorni di vacanza, ecc.), p er i quali l anim azione u n
fa tto professionale in s.
P rim a di p rese n tare alcuni c rite ri di form azione degli o p erato ri,
individuandone i tra tti pii c a ra tterizzan ti, si fanno alcune riflessioni
p relim in ari sul ra p p o rto tra dim ensioni personali e le tecniche di
anim azione.
Le m etodologie e le tecniche di anim azione utilizzate non sem pre
sono s ta te precisate con p ro cedim ento scientifico: spesso p rim a sono
s ta te sp e rim e n tate e, solo in un secondo m om ento, se ne te n ta ta
la giustificazione teorica.
Il m etodo dellanim azione u n m etodo c o n tra ttu a le , dem ocratico,
di scam bio.
C on trattu ale ci dice che l anim azione u n a p ra tic a sociale fon
d a ta sulla relazione piti che sulla trasm issio n e di stim oli o di
con ten u ti. u n lavoro co ndotto con l u ten te, anzich su llutente.
Il term in e dem o cratico, u sato in senso psico-sociale, fa riferim en to
alla p a rit di relazione, alla sua bidirezio nalit, con ch iara d istin
zione dalla p o la rit a u to rita ria e dalla p o larit perm issiva o
lib e rta ria .
Che sia di s c a m b io significa che con l anim azione non ci si lim ita

355
a dare , n si intende im porre. L 'anim azione d eterm in a u n rap-
porto-con , un ra p p o rto genetico che conclude al cam biam ento.
Se esistono sim ultaneam ente relazionalit, dem o craticit e scam
bio, abbiam o anim azione.
N on c' invece anim azione quando la m etodologia viene tra v isa ta
da tecniche a u to rita rie : p er esem pio, dalle tecniche che utilizzano
tru cch i di fascinazione, di dom inio, e realizzano u n a trasm issio n e (in
positivo) anzich u n a vera e p ro p ria relazione (correlazione).
Q uesto evidentem ente un discorso ottim ale: la p a rit con
tra ttu a le e relazionale, costituisce u n o b iettiv o : u n dopo .
P a rla re di p a rit con bam b in i pu essere uno slogan am biguo.
Si tr a tta di non scam biare allucinazioni con la realt, di non dare
p e r sc o n ta ta la lib e rt e la consapevolezza, la capacit ad organizzarsi:
in caso co n tra rio non o ccorrerebbe lanim azione.
Il b am bino p revalentem ente n a tu ra , solo potenzialm ente
creativo. Il pro b lem a quello del decondizionam ento : occorre
l'iniziativa, non necessariam ente a u to rita ria , m a sem pre autorevole,
d ell'educatore-anim atore [ educatore] .

Vi sono tecniche legate ad alcuni o b ie ttiv i dell'anim azione: l'in


form azione, la sensibilizzazione, la form azione e /o educazione, il
divertim ento, la socialit ...:
l in fo rm azion e offre dei d ati, dei m essaggi com prensibili, re
d a tti con gusto, rico rd an d o la forza espressiva del visivo risp e tto
al verbale ;
la sen sibilizzazione sviluppa il potenziale rep resso o rim osso:
sensibilit il co n tra rio di so rd it , di alienazione ;
la form a zio n e e /o edu cazion e espande le p o tenzialit nei m i
nori (educazione) e negli a d u lti (form azione), procedendo con una
c e rta seriet e sistem aticit:
- il d iv e r tim e n to (o a ttiv it ricreative) consente u n a esperienza
di diversit , di divergenza : va ric o rd ato che div ertire n o n
d istra rre ; il diverso cam bia secondo gli in teressi p revalenti degli
u ten ti: p e r il p a tito della discoteca, u n diverso pu essere costi
tu ito dai beni cu ltu rali ;
la socialit crea relazioni e /o connessioni tra individui,
fa sorgere e collega gruppi, costituisce organizzazioni ...; coordina
o p e ra to ri sociali (insegnanti, psicologi, fisioterapisti, a ssiste n ti so
ciali, ecc.) e servizi sociali .
A ltre tecniche sono legate ad alcuni a m b iti e relative a ttiv it (Con
tessa - E llena - Salvi, 1979, 155-156). Cos a ll'a re a della fisicit e delle
relative a ttiv it, che l'educazione corporea, corrispondono tecniche
di anim azione del giuoco. Socialit, espressivit , creativit, religio
sit, cos com e com portano aree form alm ente diverse, com portano

356
diverse tecniche che co rrisp o n d o n o tu tte ai p resu p p o sti su cui si basa
lanim azione.
P er stab ilire u n a conveniente correlazione tra obiettivi e a m
b iti-attiv it occorre uno sforzo di specificazione. Specificare eq u i
vale in p rim o luogo a tro v a re la tecnica g iusta p e r l'obiettivo giusto.
N on possibile che tu tto serva a tu tti . Si tra tta di decidere che
cosa fare, il m etodo da seguire, e la tecnica da adoperare.
Alcuni am b iti sono contigui e in p a rte possono sovrapporsi:
p e r esem pio, la dram m atizzazione a p p a rtie n e sia a llespressivit che
alla creativit.
In secondo luogo la tecnica segue sem pre l intenzione e non la
deve precedere. In a ltre parole: essere p a d ro n i di u n m estiere
significa p rim a di tu tto avere ben chiaro il problem a, l obiettivo e
inv en tare poi le tecniche.
F inalm ente la tecnica deve essere d u ttile, a rtico lata, diversificata,
evitando di co n vertirla in feticcio . N ellanim azione la p rio rit va
d a ta al sapere essere risp e tto al sap er fare .

2. La formazione degli animatori

Ad u n convegno internazionale te n u to si a Zurigo nel 1979, si


in siste tte su uno schem a u n ita rio di criteri p er im p o stare un c u rri
colo fo rm ativ o di an im ato ri. Esso com prende tre livelli:
il sapere con il relativo sviluppo dellare a cognitiva, la fase di
le ttu ra e di trasm issione;
il sa p er fare con il possesso degli stru m en ti e delle abilit;
il sap er essere che p u n ta sulla m a tu rit personale, sulla capa
cit relazionale, sulla cap acit di riconoscere le p ro p rie difese, sulla
d isponibilit, sulla capacit di agire con consapevolezza, ecc.
I tre livelli possono essere diversam ente dosati a seconda delle
esigenze am bientali precisate con u n analisi preventiva. Il livello
p rio rita rio ci p are essere quello del saper essere , specie q uando
si tr a tta di fo rm a re dei v o lontari che siano an im ato ri. L essere a n i
m ato re non ta n to u n rivestim ento fo rm ale nuovo di co n ten u ti p ro
fessionali vecchi, q u anto p iu tto sto indica p e r il fa tto stesso di
in siste re sullo stile , su ll anim us dellin tervento tagli nuovi,
c o n d u tto ri pi funzionali ed efficaci in term in i operativi, tra n sisto rs
p i capillari d in terv en ti p rofessionali in u n a societ in cam biam ento
(C ontessa - E llena - Salvi, 1979, 109-154).
P er esp rim ere m eglio q u e stidea di un nuovo taglio operativo ,
di u n anim us professionale nuovo , p o rto l'attenzione sul fatto che
il discorso d ellanim azione m a tu ra to con p artico la re sensibilit nelle
so ciet fo r te m e n te industrializzate, che esigono un crescente num ero

357
di professionisti dellanim azione ai diversi livelli: servizio sod ale,
servizio civile, tempo libero, cultura, educazione, ecc. [ ^ societ].
Ci troviam o in fa tti di fro n te a situazioni sem pre p i ric o rre n ti
di p re c a rie t econom ica, di vuoto culturale, d isolam ento psicolo
gico, di co n tin u a tensione all'in te rn o dei gruppi, di allergia tem pe
ram entale, d in to lleran za ideologica, di opposizione d interessi, di
diversa visualizzazione delle cose, di scarsa partecipazione alle deci
sioni d interesse pubblico, di n o n scorrevolezza nella trasm issio n e
di disposizioni, di non fu n zio n alit dei servizi elem entari, di non
co o rd in am en to degli interventi, d'in g iu stizia distrib u tiv a.
In tu tte queste situazioni u n p o ' anom ale e devianti occorre in
tro d u rre elem enti, fa tto r i di equilibrio, che ne favoriscano il su p era
m ento, il raddrizzam ento: un p o ' di fa n ta sia c reatrice iniziative
c u ltu rali iniziative di vita associativa ritm i e form e di vita m eno
chiusa, m eno stan d ard izzata a p e rtu re su a ltri am bienti sp irito
dialogico nuovi in teressi occasioni di partecipazione tecniche
di com unicazione razionalizzazione di in terv en ti revisione di
v ita program m azione a lungo raggio.
P er tu tto questo occorre la p rese n za d i anim atori, che abbiano
il senso dell'essenziale, il senso della sto ria, il senso della p ersona,
il senso della program m azione, il senso della giustizia, lo sp irito di
p o v e rt e di sem plicit, l'am o re p e r la verit, la disp o n ib ilit a servire.
Persone che, m a tu ra n d o u n in te rio re cam biam ento di m en talit, sap
p ian o creare il disagio, fare sa lta re le situazioni di com prom esso
equivoco, d ipocrisia, di conform ism o, d'ingiustizia; rid u rre tu tti
i condizionam enti della lib e rt um ana. Persone che abbiano idee
chiare, energia psicologica, capa cit di lavoro, d ista cco dagli id eolo
g is m i e dai fan atism i, resisten za al qu otid ian o , m a ss im o d isin te
resse, pazien za infinita, a ttitu d in e allosserva zio n e e allascolto, cuore
che non con osca g r e ttezze e noia, un p izzic o di u to p ia e un gran de
sen so d e llu m orism o.
L' o p e ra to re sociale an im a to re si colloca in tal m odo com e m o
m ento diagnostico della societ in cam biam ento e com e agente di
cam biam ento. E, nella m isu ra in cui si sensibili al cam biam ento e
si o p e ra to ri di cam biam ento, re s ta v irtu alm en te su p erato il p ro b le
m a della crisi d id e n tit profession ale, che sussiste e si cristallizza
com e situazione critica, p ro b lem atica, nella m isu ra in cui n o n ci si
colloca in u n a p ro sp e ttiv a dinam ica, m a si p reten d e di assolvere a
funzioni, tu tto ra valide perch tu tto ra richieste, in m odi che non
h anno pirx alcun aggancio con il contesto sociale e cu ltu rale contem
poraneo.
U na linea d i p olitica fo r m a tiv a degli an im a to ri che ten ti di rid u rre
la divaricazione ric o rre n te tra profilo ideale (su indicato) e re a lt
esistenziale (q u otidiana!) dovrebbe tenere com presenti alcune istanze.

358
In p rim o luogo alcuni valori fo n d am en tali:
1) la p rio rit delle p erso n e u m an e concrete;
2) la lib e rt delle coscienze;
3) la laicit dello Stato;
4) il p lu ralism o sociale quale garanzia delle lib ert delle p e r
sone e dei gruppi; e,
5) in ordine ai ra p p o rti in terp erso n ali, lo sviluppo di u n tipo di
educazione c ritica ed evolutiva, non d ep o sitaria n a d a ttiv a (P. F reire),
e q u esto a ttra v e rso u n processo di form azione professionale p er
m anente.

3. Atteggiamenti e princpi operativi


L 'an im ato re s a r d unque u n a p e rso n a che sa m uoversi con la
stra te g ia della lib e rt anzich con le stra te g ie della non-libert, della
p a u ra o dell'attesa, della prudenza o del regolam ento, della tra d i
zione, del com prom esso equivoco o d e llanonim ato.
S a r d o tato di alcuni sensi fo n d a m en ta li d i vita che co rreg
gano il tipo usuale di adulto: d isp o n ib ilit alla verit, lealt, resp o n
sab ilit, risp e tto , fedelt, senso della realt, dei suoi lim iti, della com
plessit e o rg an icit del reale; senso della g raduale sperim entazione,
delle p rio rit , della sto ricit, del p a rtic o la re e del locale (dove
solo si pu realizzare la com unit); senso della dim ensione collet
tiva dei fenom eni (p er esem pio, l u rbanesim o); senso del rischio
e ca p ac it di dialogo; senso di p o v e rt inteso com e sem plicit e di
stacco; sa r u n a p e rso n a lit unificata ed a p e rta a llu n iv ersa lit dei
valori: l' uom o della speranza e d e llu to p ia [ ^ v a l o r i e a t t e g g ia
m e n t i].

In coerenza ai valori e sensi fo n d am en tali indicati, l'an im ato re


deve a tte n ersi, con saggia elasticit, ad alcuni prin c p i operativi:
1 ) non crogiolarsi nelle crisi d id e n tit , con atteggiam enti
m asochistici, com e alibi e com pensazione dei p ro p ri lim iti;
2) n o n vivere la p ro p ria presenza di o p e ra to re sociale an im a
to re com e m om ento com pensativo di situazioni psicologiche p erso
nali non risolte;
3) g lobalit e circ o la rit del processo di form azione perm an en te,
che si pu esp rim ere con la sequenza: prassi-teoria-prassi:^ in te r
m ini analoghi pu essere inteso il principio: vedere, giudicare, agire;

Ritengo persona libera quella che sa: 1) autodeterminarsi, 2) condecidere,


3) innovare. Cf. A. E l l e n a (Ed.), Presenza Educativa, voi. I, Dimensioni socio
politiche, Leumann (Torino^ LDC, 1976, pp. 8-20.
^ Prassi: urto con la realt; teoria: analisi e riflessione sulla realt; prassi:
verifica e intervento nella realt.

359
4) vivere in situazione, vivere in p ro sp ettiv a, anim are la situ a
zione p e r fare m a tu ra re la p ro spettiva;
5) senso del provvisorio com e disp o n ib ilit al cam biam ento, a
m ette rsi con tin u am en te in discussione, a d u n a co n tin u a intelligente
revisione di vita;
6) sviluppo della fan ta sia in ord in e al cam biam ento ed a llinno
vazione, persu asi che si pu innovare in form e grad u alm en te p ro
gressive; fare in miodo nuovo cose che si fanno gi, re c u p e rare i
rita rd i, an ticip are il futuro;
7) su p eram en to del ruolo tecnico d ell'o p erato re sociale (spe
cifico, verticale, con funzione difensivo-corporativa) in u n ruolo fun
zionale (com une, orizzontale, u n ita rio di tu tti gli o p e ra to ri) alla
c o lle ttiv it ed ai su oi bisogni (funzione p o litica deprofessionalizzante);
8) applicare il p rincipio della m ediazione e della sintesi supe
riore, e non quello della ra d ic a lit em arginante.
L esperienza p o rta alla p ersu asio n e d ello p p o rtu n it di avere co
stan tem en te, nel n o stro agire, u n a sen sib ilit bipolare; vale a dire,
n o n p o rre i problem i e la ricerca delle soluzioni in term in i dialettici
di a u t ... aut, m a nella com presenza di e t ... et. La nevrosi della
rad ic alit superabile solo educando in noi un fo rte senso della
m ediazione .
E sem plificando: e sociale e individuale e politico e p ersonale
e pubblico e p riv ato e p ro fe ssio n a lit e v o lo n tariato e ruolo
tecnico e ruolo funzionale e p erso n a e s tru ttu ra e lib e rt e
a u to rit e plu ralism o e u n it e ta ttic a e stra te g ia e visione
organica e sensibilit al fram m en to e o rto d o ssia e o rto p ra ssi
e m aggioranza e m inoranza , ecc.
evidente che la linea di p o litica fo rm ativ a ind icata p a rte dal
p resu p p o sto della p r io r it della p erso n a lit di base e pro fession ale
d e llan im a to re sulle tecniche, sui m etodi e sui mezzi disponibili nel
lavoro di anim azione. Senza sv alu tare tecniche, m etodi e m ezzi,
com provato come, a p a rit di essi e di difficolt am b ien tali e sociali,
i ris u lta ti dellanim azione si differenzino notevolm ente a m otivo della
p e rso n a lit dei singoli an im a to ri e della q u a lit delle quipes che
essi com pongono.

4. Educatori-animatori

Il ra p p o rto educazione-anim azione ap p a re pi evidente se, specie


a livello di Scuola m edia su p erio re, ci si colloca nella p ro sp e ttiv a di
u n interazione co stan te tra m om ento educativo-istituzionale (scuola)
e m om ento educativo-libero.

360
V olendo schizzare l' id en tik it d eired u cato re-an im ato re, p o tre m
m o dire che esso risu lta dalla com presenza di questi tra tti:
1) A vere una p r o p r ia specificit socio-culturale, vale a dire:
a) cap acit di considerare c riticam en te i problem i s tru ttu ra li del
l a ttu a le societ;
b ) cap acit d identificare le cause dei bisogni m an ifesti o laten ti;
c) cap acit di collaborare con a ltri o p e ra to ri p er prom uovere al
l in te rn o e a llesterno d ellistituzione educativa (scuola, centro cul
tu rale, a sso c ia zio n e ...) le iniziative necessarie ad un continuo ad e
guam ento del servizio educativo ai bisogni presenti.
2) R ealizzare in te rven ti ed u cativi ispirati a d una n o tevole a tte n
zione p rev en tiv a . Ci in concreto significa dare p referenza ad alcune
atten zio n i :
sta b ilire con i giovani un ra p p o rto leale fa tto non di so spetto
m a di fiducia, n o n rigido m a p o ssibilista, non perm issivo m a com
prensivo; p u n ta re su obiettivi educativi a m edio term ine;
ten e r p resenti, anche con intuizione previsionale, gli an n i in
cui i giovani che si h anno davanti s in seriran n o nella vita attiva:
g u a rd a re non solo a ll oggi m a al fu tu ro ;
cu rare, a ttrav e rso la scuola ed i vari m om enti associativi, u n a
m e n ta lit di ricerca;
prevedere u n processo di educazione socio-politica al cam bia
m ento, al senso di solidariet, alla non-em arginazione, con riflessioni
teoriche e m om enti esperienziali: op eran d o cio con i m oduli vedere-
giudicare-agire oppure, se si preferisce, prassi-teoria-prassi;
fo rm are, se credenti, a ttra v e rso m om enti liturgico-cultuali ed
esperienze di gruppo, il senso religioso della vita, il senso della
g iu sta dipendenza.
P er ren d ere funzionale questo q u a d ro m etodologico di a tte n
zioni educative , occorre che gli o p e ra to ri abbiano u n a notevole cap a
c it di m ediazione , nel concreto feriale, tra obiettivi e situazioni.
La m ia esperienza d insegnante e di ed u cato re m i conferm a che
q u esta cap acit di m ediazione, p e r diversi m otivi, p iu tto s to rid o tta :
si preferisce u n m ovim ento o n d u lato rio tr a intransigenza e p e r
m issivit.
Q u estin capacit a m ediare ini p a re sia dovuta a diversi fatto ri:
ad assenza di sin to n ia tra gli o p e ra to ri a livello di p ro g etto ed u
cativo p er sp irito di autosufficienza, p e r a u ten tico m enefreghism o ,
p e r attenzione quasi esclusiva ai m om enti tecnico-didattici.
Pu essere dovuta alla difficolt degli o p e ra to ri a stab ilire u n
vero ra p p o rto educativo a causa di atteggiam enti ra d ic a ti di difesa,
di p a u ra o di diffidenza, o a causa di atteggiam enti e litari che in d u
cono ad in te ressa rsi solo dei m ig h o ri .

361
A livello pedagogico-didattico a p p a re in o ltre evidente, e difficil
m en te confutabile, che u n certo tip o di form azione professionale o
di non-form azione professionale:
ris u lta spesso non responsabilizzante;
riduce la capacit d iniziativa e di rischio;
crea p ro b lem atici com plessi di dipendenza-alibi risp e tto al
l istituzione;
pu a tte n u a re la sp o n ta n e it e la tra sp a re n z a e ren d ere anche
g retti , ossia vendicativi nei c o n fro n ti dei giovani, invidiosi nei
c o n fro n ti dei colleghi.
3) A s su m ere la p ro b le m a tic a ed u ca tiva non com e p ro b lem atica
individuale e settoriale, m a com e p ro b lem atica sociale e globale,
lasciando sem pre am pi spazi alla sperim entazione.
4) La fo rm a zio n e e la capacit o p era tiva delled u cato re deve p as
sare a ttrav e rso lo stu d io e Vautoanalisi d e llesercizio della p r o p r ia
au torit, s da configurarla in term in i di autorevolezza e di an im a
zione di u n a co m unit ed ucante .
Q uesto rende possibile la m anifestazione di c o m p o rtam e n ti dif
ferenziati, autonom i, a n co rati a m otivazioni perso n ali o di gruppo
e di p ro g etti artico la ti e realistici rig u a rd a n ti l organizzazione della
vita di ognuno .
5) Lo sforzo delled u cato re deve esp rim ersi nella dim ensione del-
Yeducazione p er m a n e n te intesa:
com e rip en sam en to c o stan te dei ra p p o rti sociali e in te rp e r
sonali;
com e sforzo a tte n to ad ogni espressione verbale e c o m p o rta
m entale;
com e im pegno a ra p p o rta rs i ad u n a c u ltu ra sto rica con creta
del p o sto in cui si realizza.
A ttraverso questo im pegno di educazione p erm an en te, l e d u cato re
pu realizzare un p a trim o n io culturale-form ativo e culturale-tecnico
di base che consenta co stan tem en te di d e s tru ttu ra re ci che si p re
se n ta o si configura com e istitu zio n e rigida.

BIBLIOGRAFIA

B eaucham p a . - R. G r a v e l i n e - C l. Q u i v i e r , C o m e a n im a r e un g r u p p o ,
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Societ E d i t r i c e Napoletana, 1979.
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Leumann (Torino), LDC, 1976.
G r i g e r P., Lanimazione comunitaria, Roma/Alba, Edizioni Paoline, 1976.

363
29.
RAPPORTO EDUCATIVO

H e rb e rt Franta

1. Problemi introduttivi - 2. Realizzazione del rapporto educativo - 3. Con


clusione.

1. Problemi introduttivi

Spesso coloro che operano nelle diverse situazioni educative spe


rim e n ta n o difficolt nello svolgim ento del loro com pito pedagogico.
T ra le cause che provocano queste situazioni si trovano freq u en
tem en te l'in cap acit dei p a rtn e rs (ed u cato ri e giovani) a com unicare
in m odo ap p ro p riato . Essendo spesso l interazione educativa d istu r
b a ta da b a rrie re com unicative, conseguenze negative com e conflitti
in te rp erso n ali, relazioni non auten tich e e processi di alienazione,
diventa com prensibile che nella pedagogia gli stu d io si s'im pegnino
a conoscere quei p rin cp i e atteggiam enti in dicati p e r creare n ell'in te
razione educativa u n a p ia tta fo rm a com unicativa.

1.1. D escrizione e a ttu a lit


Di fatto , com e afferm a W underlich-M aas (1972, 117): com unica
zione non solo uno scam bio d'intenzioni e di c o n te n u ti v erb ali
anche questo; essa s o p ra ttu tto creazione di relazioni reciproche
che determ in an o ci che pu essere c h iam ata la " p ia tta fo rm a della
c o m p re n sio n e dalla quale intenzioni e co n ten u ti ricevono il loro
significato p ratico nei co n testi operativi . O ltre le intenzioni, 1 con
ten u ti, il controllo dei fa tto ri di ap p ren d im en to , la disposizione con
c re ta delle singole persone coinvolte e le opzioni m etodologiche,
im p o rta n te vedere se le c a ra tte ristic h e dell'azione educativa in tro
ducono e prom uovono u n a situazione com une favorevole alla realiz
zazione del com pito educativo.
P ossiam o perci in ten d ere lo studio del ra p p o rto educativo sotto
l'a sp e tto della com unicazione in terp erso n ale, com e ricerca su ll'o p p o r
tu n it (efficienza) psicologica e pedagogica dei processi e dinam ism i
che si possono p o rre in a tto p e r la concretizzazione del com pito edu
cativo so tto il suo asp etto sociale-interazionale.

364
Conviene rilevare che la situazione com une, o la p ia tta fo rm a di
fondo, accom pagna il processo com e effetto dellinterazione dei
p a rtn e rs coinvolti. La p ia tta fo rm a di fondo non viene c re a ta qu in d i
fu o ri del processo educativo, m a nasce p iu tto sto dalla situazione pe
dagogica in atto , cio d a llazione e d a lla ttiv it dei diversi p a rtn e rs.
Perci la p ia tta fo rm a com unicativa n o n precede lazione educativa
e n ep p u re esiste iso latam en te al di so p ra della relazione in te rp erso
nale, m a ne , p iu tto sto , lo spazio operativo.
I te r m in i con i quali si tende a sim bolizzare il processo educativo
dal p u n to di v ista della com unicazione in terp erso n ale sono m olteplici.
T roviam o, ad es., i seguenti; ra p p o rto educativo, relazione pedagogica,
ra p p o rto pedagogico, interazione pedagogica, com unicazione educativa,
situazione com une, c o n ta tto educativo, atm o sfe ra pedagogica (K ron,
1971; Xochellis, 1974).
Anche se possiam o essere d accordo con Xochellis (1974, 97) sul
fatto che questi term in i si possono co n sid erare sostanzialm ente equi
valenti, sottolineiam o che in queste categorie pedagogiche la situ a
zione in terp erso n ale viene v ista quale recip ro ca interdipendenza, cio
la p ia tta fo rm a com unicativa il risu lta to dellagire vicendevole dei
singoli p a rtn e rs (ed u cato ri e giovani).
Gli sforzi p e r realizzare la com unicazione in terp erso n ale n ellin te
razione educativa p ren d o n o in considerazione so ltan to lasp etto so
ciale del com pito educativo, per d accordo con Tausch-Tausch (1973,
12), riten iam o o p p o rtu n o sotto lin eare che n ep p u re l elaborazione
e la p ro p o sta degli obiettivi e dei c o n te n u ti educativi, p e r q u a n to
siano re tte le intenzioni degli ed u cato ri e la situazione d id attic a sia
im p o sta secondo le leggi della p p ren d im en to , possono g a ra n tire la
creazione di u n a p ia tta fo rm a com unicativa che abbia p e r conseguenza
un clim a in terp erso n ale positivo.

1.2. Lo s tu d io del r a p p o r to edu cativo

N o n o stan te il ra p p o rto educativo sia u n tem a stu d ia to da tem po


nella pedagogia, si deve dire che solo con l inizio della psicologia pe
dagogica sono sta te fa tte delle ricerche sistem atiche p e r conoscere
quali form e di organizzazione e q u a lit processuali del com unicare
sono capaci di facilitare la creazione di relazioni in te rp erso n ali a u te n
tiche n e llinterazione educativa.
I ris u lta ti di questi stu d i si riferiscono a tre sistem i di organizza
zione: al gruppo educatori-educatori (E-E), al gruppo educatori-gio
vani (E-G), e al gruppo giovani-giovani (G-G). P er cui quando, p e r
es., ci sono dei d istu rb i com unicativi tr a gli ed u cato ri (E-E), q u esta
situazione h a dei riflessi sulla dinam ica degli a ltri so tto sistem i (E-G)
e (G-G) della com unit educativa; a ltre tta n to si pu dire q uando

365
nel gruppo dei giovani le relazioni in terp erso n ali sono di tipo difen
sivo, questo influisce sia sul gru p p o degli ed u cato ri (E-E) che sul
gru p p o educatori-giovani (E-G).

2. Realizzazione del ra p p o rto educativo

P er esam inare la co m unit degli ed u cato ri, se i singoli m em b ri


si com unicano con atteggiam enti di fra te rn it o collegialit, possono
dal p u n to di v ista della com unicazione in terp erso n ale servire la ve
rifica circa le a s p e tta tiv e di ruolo di ciascun m em bro del gruppo, il
m o d o di definire le reciproche relazioni e infine l esam e sulle fo rm e
di organizzazione.

2.1. R elazioni in terperso n ali nel g ru pp o degli edu catori (E-E)


R iguardo la p rim a dim ensione, cio la verifica delle a sp e tta tiv e
di ruolo, bisogna dire che, in u n gruppo di ed u cato ri nel quale i
m em b ri non avessero chiare le asp ettativ e legate al loro ruolo, o
dove queste asp ettativ e fossero tro p p o difficili da realizzare a causa
di ostacoli (sovraccarico, m ancanza di com petenze) e anche quando
i com piti assegnati non fossero concordati, esistereb b ero d istu rb i co
m unicativi che avrebbero conseguenze negative sulla vita del gruppo
degli ed u cato ri e infine su llin te ra co m u n it educativa.
Q uando invece le asp ettativ e di ruolo sono definite in m odo chiaro,
quando sono realizzabili e concordate, non so ltan to i com piti degli
e d u c ato ri saran n o pi facili da realizzare, m a essi p ro v eran n o pii
soddisfazione nellattu a rli.
U na ltra dim ensione m olto im p o rta n te nel ra p p o rto degli educa
to ri il m o d o com e essi definiscono le loro reciproche relazioni.
E d u cato ri che in tro d u cessero nel gruppo co m p o rtam en ti com pe
titivi, form an d o so tto g ru p p i p er difendere le p ro p rie idee, convinzioni,
m etodologie, legate m agari alla differenza di et o tipo di form azione,
n o n so ltan to im pedirebbero un positivo clim a tr a colleghi, m a p o r
tereb b ero il gruppo al lavoro individualistico e spesso a llaliena
zione di alcuni m em bri. Q uando invece gli edu cato ri si p ren d o n o il
rischio della fiducia nel relazionarsi con gli a ltri, nel risp e tto della
loro dignit di p erso n a e q u an d o sim pegnano in m odo em patico a
co m prendere gli a ltri collaborando con loro in un au ten tico senso
del Noi, diventano possibili relazioni auten tich e nel gruppo degli
educatori.
Per prevenire d istu rb i com unicativi a causa di una conoscenza
vicendevole superficiale e p er facilitare piti significative relazioni tra
gli educatori, occorre non so ltan to offrire occasioni p er com unicare
su tem i legati a com piti educativi, e stim o lare a dare feed back, m a

366
anche necessario facilitare in co n tri a un livello pi personale (p er
es. in co n tri cu ltu rali, escursioni, ecc.), affinch vi sia la p o ssib ilit di
relazio n arsi fu o ri del ruolo professionale.
Il ra p p o rto tra gli ed u cato ri non so ltan to dipende dal m odo in
cui sono stab ilite e concordate le a sp ettativ e di ruolo e dalla defini
zione delle reciproche relazioni, m a anche influenzato dallorga-
nizzazione s tru ttu r a le del gruppo. Nel caso in cui il gru p p o degli ed u
cato ri sia organizzato rig id am en te secondo u n a s tru ttu ra gerarchica,
esso p o tr senza ltro essere a ltam en te funzionale in situazioni nelle
quali i com piti degli edu cato ri sono ben definiti o stab iliti, m a in
q uesto caso pu spesso cap itare che vengano a m ancare le iniziative
negli ed u cato ri p e r affro n tare pro b lem i che non sono contem p lati
nei ru o li assegnati. Q uando invece lorganizzazione del gruppo (E-E)
p e rm e tte e stim ola in pieno risp e tto dellordine gerarchico delle
funzioni la responsabilizzazione da p a rte di tu tti, non so ltan to
esiste p i m otivazione a collaborare, m a gli ed u cato ri p o tra n n o
anche c e n trare i loro c o n trib u ti sullo sviluppo dellinterazione e d u
cativa in atto.
Infine, i suggerim enti qui rip o rta ti rig u ard o la creazione di re la
zioni in te rp erso n ali pi au ten tich e tr a gli ed u cato ri sono da in te n
dere com e l esplicitazione della dim ensione relazionale nella com u
n it educativa salesiana, che ha com e stile di vita la fra te rn it che
nasce dalla consacrazione religiosa e dalla p reghiera (CG 21, n. 33).

2.2. In terazion e edu ca tiva nella categora educatori-giovani (E-G)


Dalle conclusioni delle ricerche su llinterazione educativa p o ssia
m o vedere che il ra p p o rto educatori-giovani (E-G) dipende in gran
p a rte dal m o d o com e gli ed u cato ri propongono i loro c o n trib u ti
edu cativi, quali a tteg g ia m e n ti essi assum ono verso i giovani, e infine
che tip o di organizzazione di gruppo essi perseguono n ellinterazione
educativa.

a) Il m o d o di p r o p o r r e i c o n tr ib u ti edu cativi
P er la creazione delle relazioni in te rp erso n ali favorevoli dal p u n to
di vista del m odo secondo cui vengono offerti i c o n trib u ti educativi
a n z itu tto im p o rta n te che questi siano c e n tra ti sulla p erso n a dei
giovani e siano anche raggiungibili d a questi. In fa tti, se i giovani
avessero lim pressione che i c o n te n u ti educativi fossero ad a rb itrio
degli ed u cato ri, o se tem essero di n o n p o te r raggiungerli (per es.
a causa di u n a loro in capacit n e llap p re n d im e n to didattico, nei com
p iti da svolgere nel se tto re ricreativo), essi reagirebbero con insoddi
sfazione e indifi^erenza; m en tre se essi com prendono il significato
dei c o n trib u ti educativi, se li percepiscono com e offerti a loro favore
e se questi sono visti com e raggiungibili o realizzabili da loro, n asce

367
ran n o ad o p era di queste esperienze relazioni in terp erso n ali signifi
cative tra ed u cato ri e giovani. Nel ra p p o rto (E-G) diventa perci com
p ito fo ndam entale a iu ta re i giovani a ttra v e rso la com unicazione di
scorsiva nel risp e tto della loro dignit di p erso n a e nel risp e tto
della loro esigenza di crescita verso lau to n o m ia a com prendere
i c o n ten u ti educativi com e offerte a loro favore, dando al tem po
stesso la p o ssibilit di co n fro n tarsi con loro p er raggiungerli o rea
lizzarli.

b ) A tte g g ia m e n ti edu cativi


Gli atteggiam enti educativi secondo cui l'ed u cato re interagisce con
i giovani sono i tem i pii stu d ia ti nella ricerca sul ra p p o rto educativo.
Senze n tra re nella discussione sul num ero e su llin terp retazio n e di
queste categorie (F ra n ta , 1977, 25) consideriam o qui i due p rin c i
pali atteggiam enti educativi con i loro risp ettiv i tra tti, ossia la di
m ensione em o zio n a le (E ) e la dim ensione c o n tro llo (C) [ --^ v a l o r i e
a t t e g g ia m e n t i] .

D im en sione em ozion ale (E)


La dim ensione em ozion ale rig u ard a, n ellinterazione educativa,
l'incontro affettivo che si m an ifesta a ttra v e rso le q u a lit degli a tte g
giam enti e la fo rm a di com unicare. Q ueste m anifestazioni esprim ono
da p a rte degli ed u cato ri la va lu ta zion e che essi h an n o della perso n a
e del c o m p o r ta m e n to dei giovani. Nella p o la rit po sitiv a della dim en
sione (E ) sono da localizzare i tr a tti com e p e r es. risp e tto , stim a,
calore um ano, accettazione incondizionata; nella p o la rit negativa:
rifiuto, distacco, freddezza, svalutazione, ecc.
N on lim itandoci a co n sid erare la dim ensione (E ) dal p u n to di
vista fenom enologico, cio c a ra tterizzan d o la solam ente secondo i suoi
tr a tti em piricam ente verificabili (cf. Tausch-Tausch, 1977, 118ss), la
in te rp re tia m o qui com e am ore pedagogico o s tr u ttu r a m otivazionale
delled u cato re (F ra n ta , 1976).
Q uestatteggiam ento dellam o re pedagogico caratterizza linco n tro
affettivo d elleducatore, secondo lo stile pedagogico di Don Bosco,
in u n m odo globale o tipologico; l in co n tro affettivo del salesiano con
i suoi giovani pu essere differenziato se guardiam o i singoli tra tti
e la loro fo rm a di realizzazione con cui il S anto h a tra d o tto la sua
c a rit in esperienza [ > s i s t e m a p r e v e n t i v o ] .
Un p rim o tra tto dellam ore pedagogico, nello stile salesiano di
educare, V accettazione in c ondizion ata dei giovani, ossia la capacit
d in co n trarli, indipendentem ente dalla loro s tru ttu ra psichica, q u a lit
fisiche, provenienza sociale, com e p erso n e degne di a lta stim a e risp e tto
perch create ad im m agine di Dio.
Un a ltro tra tto della c a rit che co ntribuisce a creare am orevolezza

368
n e irin te ra z io n e educativa la co m p ren sio n e che l ed u cato re a ttu a se
s im pegna a p ercepire il m ondo dei giovani cos com e essi lo vedono
e lo sp erim en tan o fino a p a rte cip a re ed essere coinvolto pienam ente
nella lo ro vita.
Se i giovani si sentono tra tta ti com e oggetti, ossia percepiscono
che l ed u cato re non si c u ra dei loro sen tim en ti o idee, se essi si sen
to n o incom presi o svalutati, interagiscono, di conseguenza, in m odo
difensivo. Q uando l educatore, invece di in tervenire con m odi com u
nicativi d ire tti (valutazioni, interp retazio n i, m oralizzazioni, ecc.), si
im pegna a vedere la v ita del giovane cos com e lui la vede e sp eri
m enta, questi si se n tir rin fo rzato a com unicare sul suo m ondo.
Infine l educando svilupper sen tim en ti di fiducia e sicurezza nei
c o n fro n ti delled u cato re in q u an to non lo vede com e uno che possiede
la v e rit e che vuole d im o stra re l a b ilit dei p ro p ri ragio n am en ti e
la v a lid it delle p ro p rie esperienze, m a lo percepisce com e uno che
s in te ressa degli a ltri e li risp e tta . Cos led u cato re a ttrav e rso il p ro
cesso di em p atia diventer un a lte r ego del giovane.
N ellin dicare le c a ra tte ristic h e dellam ore pedagogico n o n si pu
tra s c u ra re il tra tto deVincoraggiam ento. L ed u cato re non toglie m ai
la speranza ai suoi giovani, m a s im pegna sem pre a tro v a re u n a solu
zione alle loro difficolt. Uno dei m odi pi u sa ti p er incoraggiare i
giovani consiste, secondo il m odello educativo di Don Bosco, nel p o rre
uno stim olo p e r u n cam biam ento nella c o n d o tta verso u n a m ta da
raggiungere, m an ifestan d o al giovane la speranza che tale scopo pu
essere d a lui raggiunto.
La ca rit , in oltre, sarebbe insufficientem ente ca ra tte riz z ata se non
si considerasse il tra tto della sua intensiva d is p o n ib ilit p e r le diverse
n ecessit ed esigenze dei ragazzi. Tale co m p o rtam en to com prende
azioni educative com e disponibilit, aiu to attivo, paziente e cordiale
in situazioni di diverse necessit da p a rte degli educandi.
L am ore pedagogico realizzerebbe solo in u n a m an iera lim ita ta
la c a rit se m ancasse ad essa il tra tto della bont. B ollnow (1964, 70)
a ttrib u isc e ta n ta im p o rtan za a q u esta q u a lit che la considera com e
la su p rem a v irt delleducatore; v irt che viene realizzata d alle d u
cato re salesiano specialm ente quando si dedica ai giovani p i deboli,
p i bisognosi, senza ten e r conto se essi corrisp o n d o n o o m eno alla
sua dedizione e al suo am ore. M entre B ollnow (1964, 70) convinto
che la b o n t com e v irt educativa espressione di un ed u cato re m a
tu ro che non solo conosce la re la tiv it della vita u m an a m a sta al
di so p ra di tale relativ it, n o stra convinzione che la b o n t delle d u
c a to re deve, invece, essere m o tiv ata e o rie n ta ta dalla b o n t di Dio
e, com e nellesem pio del B uon S am aritan o , essa deve diventare a ttiv a
p e r m itig are i problem i e le sofferenze dei giovani.

369
24
La d im en sion e controllo (C) come, au torit
M entre nella dim ensione (E ) sono com presi i tr a tti che esprim ono
la considerazione di valore che l ed u cato re ha di fro n te ai giovani,
la dim ensione di controllo (C) si riferisce a quei fa tti di a u to rit che
stabiliscono i confini di u n a qualche c o m p e te n z a tr a l'ed u c a to re e
l educando.
D alla discussione sulla leg ittim a a u to rit delle d u cato re n e llin te
razione pedagogica concludiam o che si concorda che egli h a il com
p ito di co n d u rre gli educandi a llautonom ia, rendendosi in questo
m odo sem pre m eno indispensabile [ ^ educatore] .
N ella realizzazione di queste esigenze pedagogiche l ed u cato re evita
espressioni e form e a u to rita rie di com unicazione, form e che spesso
p o rta n o i giovani a confro n ti spiacevoli con l a u to rit degli ad u lti
e che li costringono a u n c o m p o rtam en to passivo, e si m an ifesta come
p a rtn e r in interazione, anche se dal p u n to di v ista della com petenza
esiste fra loro u n com prensibile dislivello.
L im pegno p e r form e com unicative e p e r m odi di responsabiliz
zazione che, n ellinterazione pedagogica, risp e tta n o il giovane com e
p a rtn e r che deve raggiungere la sua au to n o m ia diventa u n esigenza
q u an d o si considerano alcune delle conseguenze provocate dagli in
terv en ti a u to rita ri.
Un co m p o rtam en to a u to rita rio non h a alcun c a ra tte re di m o
dello; se l educando volesse im ita rlo sarebbe reg o larm en te p u nito.
O rdini, com andi, im posizioni, in oltre, non h anno alcun influsso posi
tivo sul processo educativo; essi provocano spesso negli educandi
u n co m p o rtam en to p igro e passivo, e li spinge a v alu tare se stessi
sulla falsariga delle opinioni a ltru i. Gli ord in i possono, in oltre, p ro
vocare irritazio n e e u n c o m p o rtam en to di ribellione.
Un co m p o rtam en to a u to rita rio da p a rte degli e d u c ato ri im
plica, infine, il rischio che i giovani si co m portino cos anche con i
loro coetanei ed e n trin o in conflitto tra loro.
P er realizzare l asp etto della resp o n sab ilit nella com unicazione
pedagogica e p e r facilitare la crescita delleducando verso l autonom ia,
l e d u cato re invece d in terag ire con form e a u to rita rie (ordini, p ro ib i
zioni, com andi, avvisi, ecc.) fo rm u la inviti, p ro p o ste e d in fo rm a
zioni concrete.
L educatore, o ltre a c u rare l in terv en to verbale, nel suo esercizio
di com petenza e di a u to rit preferisce, quando le circostanze lo p e r
m etto n o , co n su ltare gli educandi sulle decisioni da p ren d ere tenendo
in considerazione le opinioni e i p a re ri da loro espressi, lasciandoli
lib e ri in determ in ate scelte e in alcuni se tto ri della loro vita, sem pre
che la situazione lo consenta e che non ci sia il rischio di danni
fisici, psichici e m o rali p e r s e p e r gli altri.

370
c) A s p e tti organizzativi
Gli a sp e tti organizzativi del ra p p o rto (E-G) rig u ard an o la loro vita
di gruppo. P er q u an to si riferisce all'im postazione organizzativa ge
nerale della co m unit educativa, scrive B raido (1969, 66): Don Bo
sco com e teorico della pedagogia h a riso lto il pro b lem a del binom io
educatore-educando, non nel ra p p o rto dem ocratico del cittad in o in
u n a c itt di ragazzi o in u n villaggio di fanciulli, m a n e llim m agine
di u n a fam iglia. Il suo sistem a n a to p er rid a re o m o stra re ai gio
vani l'am b ien te to tale e integrale della fam iglia. R ap p o rto giuridico
e pedagogico del padre-fglio-fratelli .
Senza rife rire le condizioni e le leggi psicologiche della com unica
zione nei gru p p i p rim a ri (Schepens, 1977), in v ista della co m unit
fam iliare, diam o alcuni suggerim enti p e r facilitare un clim a fam iliare
dal p u n to di v ista organizzativo.
Tale clim a fam iliare viene fav o rito in u n p rim o m om ento dalla
d inam ica della coesione dei m em b ri che com pongono la com u n it
educativa. Si realizza tale processo q u an d o i m em bri riescono a tto rn o
a valori significativi (religiosi, sociali, ecc.) a soddisfare i p ro p ri b i
sogni u m an i fondam entali, ossia quando:
sp erim en tan o di ap p a rten e re al gruppo fino al p u n to d 'id en
tificarsi con esso;
sentono di p o te r stab ilire c o n ta tti am ichevoli significativi con
gli a ltri a p p a rten e n ti al gruppo;
si sentono rin fo rz a ti dagli a ltri nella loro au to stim a;
sp erim en tan o che la dinam ica del gruppo favorevole p e r la
p ro p ria realizzazione personale e q uando concordano con gli scopi
di esso.
N ella m isu ra in cui la vita della com u n it educativa favorisce la
soddisfazione di questi e sim ili bisogni um ani fondam entali, cresce nei
m em b ri la dinam ica di app arten en za e il senso di benessere; in caso
c o n tra rio si sviluppano tra essi sen tim en ti di scontentezza e di fru
strazione [ -T COMUNIT educativa] .
Relazioni in terp erso n ali nel gru p p o significano anche organizza
zione, cio partecipazione ad u n a serie di regole nelle diverse situ a
zioni relazionali. Anche nella fam iglia devono esserci delle norm e p e r
regolare la vita com unitaria.
Facendo riferim en to ad a ltre tra tta z io n i (S a tir, 1972, 112ss; F ranta-
Salonia, 1979, 136ss) p resentiam o qui alcuni c r i t e r i p e r esam inare
la fu n zio n alit delle norm e aHin tern o della co m unit educativa.
Esse sono efficaci quando:
sono stab ilite q u a n to pi possibile reciprocam ente, cio sono
fo rm u la te a ttrav e rso il consenso p e r facilitare la convivenza;
non esigono prestazioni che o ltrep assan o le forze reali (fisiche,

371
psichiche, ecc.) dei m em bri, m a risp e tta n o le condizioni delle p e r
sone nella com unit;
sono flessibili, esplicite, univocam ente fo rm u late e c o stru ttiv e
p e r il raggiungim ento degli obiettiv i educativi.
Sottolineiam o che questi sono dei c riteri che possono servire in
riferim en to a quelle norm e che sono alla p o rta ta di decisioni della
co m u n it educativa stessa, cio che tra tta n o di quegli asp etti orga
nizzativi su cui i m em bri stessi della co m u n it educativa possono
decidere.
N ella discussione sulla rifo rm a delleducazione si n o ta la neces
s it di re in te rp re ta re le a s p e tta tiv e sui m odi c o m p o r ta m e n ta li dei
giovani nel ra p p o rto educativo (Lohm ann-Prose, 1975). Se la com u
n it fam iliare vuole realizzare la sua funzione educativa necessario
che in te rp re ti e viva quelle a sp ettativ e di ruolo che gli educandi
devono essere in grado di svolgere nella loro vita fu tu ra.
Secondo Fend (1977, 74ss) rig u ard o alle asp ettativ e di ruolo degli
educandi si trovano, nelle discussioni pedagogiche degli ultim i anni,
due indirizzi di obiettivi; da u n lato u n 'in te rp re ta z io n e p iu tto sto
trad izio n ale delle com petenze com unicative in cui vengono privilegiate
le v irt di diligenza, di obbedienza, di ordine, di so ttom issione e di
risp e tto ; d a lla ltra p a rte u n in te rp re ta z io n e p i liberale che sotto-
linea valori com e l'au to n o m ia, la riflessione critica, la lib e rt da p re
giudizi, la necessit di essere in fo rm ato , la com petenza nella com u
nicazione discorsiva, ecc.
P rescindendo da u n analisi sto rica delle in terp retazio n i delle a sp et
tative di ruolo rig u ard o agli educandi nella teo ria e nella p ra ssi edu
cativa salesiana (cfr. Stella, 1969, 127ss), possiam o dire che n e lla t
tu ale im postazione del sistem a preventivo prevale u n a via di mezzo
tr a l'in te rp reta z io n e tradizionale e quella della pedagogia dellem an
cipazione (Schfer-Schaller, 1976).
B asiam o q u e stafferm azione sulla dichiarazione del CG 21, n. 90,
in cui gli ed u cato ri vengono e so rta ti a facilitare la form azione dei
giovani nel processo della crescita personale e sociale, ossia dove si
chiede di facilitare p e r l'ed u can d o u n a graduale m atu razio n e alla
lib ert, a llassunzione delle p ro p rie resp o n sab ilit perso n ali e sociali,
a lla re tta percezione dei valori, u n ra p p o rto sereno e positivo con le
persone e con le cose, che n u tra e stim oli la sua creativ it e rid u ca
con flittu alit e tensioni .
L esortazione a stim o lare nei giovani la form azione delle com pe
tenze, ad essere responsabili, creativi, ap e rti ai valori, esclude quindi
c e rte asp ettativ e di ruolo secondo u n sistem a p a triarc ale (p er es.,
obbedienza cieca, sottom issione a c ritic a alle a u to rit , ecc.) e nello
stesso tem po non corrisp o n d e n ep p u re alle asp ettativ e liberali delle

372
com petenze com unicative secondo l'indirizzo della pedagogia della
em ancipazione.
Il clim a fam iliare dipende anche dal grado di a p ertu ra e dalla
m isu ra in cui i m em bri si assum ono il rschio di au top resen ta rsi, di
co m p o rtarsi com e persone autentiche, non nascoste d ietro u n a fac
ciata. V olendo fo rm are u n a co m unit educativa in cui i m em bri si
in co n tran o in un clim a di fiducia, a p e rtu ra e fam iliarit, necessario
che e d u c ato ri e giovani si m ettan o in relazione com e persone a u ten
tiche che com unicano le loro esperienze in m odo d ire tto , chiaro e
specifico. In fa tti, in u n a com unit fam iliare, dove i m em b ri com uni
cassero tra loro in m odo non au tentico, m an ifestandosi a ttrav e rso
m essaggi in d ire tti, non specifici e incongruenti, si creerebbe un clim a
difensivo, cio di sfiducia, d'insicurezza e di m alessere.
L 'in tro d u rsi com e p erso n a vera e non difensiva non significa co
m u n q u e m an ifestare tu tte le p ro p rie esperienze m a, q u a lo ra lo si
faccia, necessario essere sinceri rig u a rd o a s e agli altri.
da so tto lin eare tu tta v ia che il ra p p o rto educativo non si esau
risce nelle dinam iche relazionali, m a u n p ro g ram m a di vita che si
isp ira allo stile educativo di Don Bosco. Tale p ro g ram m a com prende
tr a l'a ltro la creazione di u n am biente che faciliti l'in co n tro ; l'offerta
di svariate a ttiv it p er il tem po libero; il senso m issionario delle
" p o rte a p e rte a tu tti i ragazzi che vogliono en tra re ; l'a p e rtu ra alla
"m assa" [...]; la form azione progressiva di tu tta la com unit gio
vanile a ttrav e rso la pedagogia della festa, la catechesi occasionale
e anche sistem atica, l'im pegno di so lid ariet, la vita di gruppo [...]
al fine di co n d u rre alla form azione di u n a fo rte p erso n a lit u m an a
e c ristia n a (CG 21, n. 124).
Q uesti p ro g ram m i di vita nelle diverse aree educative, quando
sono sp e rim e n tati in unione con Dio e in relazione a u te n tic a con gli
a ltri com e fratelli, facilitano la creazione di gioia, di felicit e di
allegria, insom m a contribuiscono a creare u n clim a di am orevolezza.

2.3. Il g r u p p o d ei giovani (G-G)


N ella ricerca sull'interazione educativa si riconosce com e a ttu a l
m ente rilevante l'influenza che proviene dalle dinam iche che si svol
gono a llin tern o del gruppo dei giovani sulla p ia tta fo rm a com uni
cativa del processo educativo.
R iguardo ai singoli processi di gru p p o (p er es. l'influsso degli
sta n d a rd s, il ruolo del leader, norm e che si riferiscono al ren d im en to )
non an co ra possibile fo n d arsi su ricerche effettuate nel cam po edu
cativo, m a si ric o rre a ris u lta ti ricav ati da problem i analoghi nella
psicologia sociale (Selg, 1978).
In questo senso sono o ra da elencare tra i fa tto ri pi im p o rta n ti
p er la creazione di relazioni auten tich e nel gruppo (G-G): la m o tiv a

si?,
zione rig u ard o a llap p arten en za al gruppo, i legam i d i am icizia, e i
c o m p o r ta m e n ti cooperativi.
La m o tiv a zio n e ad a p p a rten e re al gruppo u n fa tto re decisivo
p e r le relazioni in te rp erso n ali nei gruppi giovanili. Di fatto , in questi
gru p p i la partecipazione non s ta b ilita da fa tto ri sociali (p er es.
essere assegnato a u n a d e te rm in a ta scuola, ecc.), m a ris u lta to di
scelte personali.
In questo caso, p e r es., un giovane che si sentisse indifferente
d avanti agli obiettivi che persegue il gruppo, o che non condividesse
le n o rm e e gli sta n d a rd s che rig u a rd an o la relazione in terp erso n ale
aHin te rn o di esso, che rifiutasse un ruolo assegnato, p artecip ereb b e
in u n p rim o m om ento con un co m p o rtam en to passivo e cercherebbe
q u a n to p rim a di a b b a n d o n are il gruppo.
Perch i giovani si sentano m otiv ati ad ap p a rten e re al gruppo,
diventa necessario, da u n a p a rte , che il gruppo stesso raggiunga
p restigio di fro n te agli altri, e d a lla ltra che cerchi di co ncordare sia
gli obiettivi da perseguire, sia gli sta n d a rd s, le norm e e le a sp e tta
tive di ruolo, p e r ren d ere la relazione in terp erso n ale non solo pii
funzionale m a anche pi u m an a e significativa.
O ltre a c u ra re la dinam ica del gruppo p er renderlo pii signifi
cativo e accettabile, necessario che esso, per non chiudersi in se
stesso e p e r essere ap erto al m ondo sociale, faciliti il raggiungim ento
d e llap p arten en za p er quelli che volessero p a rte cip a re , m a che a causa
di scarso ren d im en to scolastico, o p er la loro ap p arten en za a uno
s tra to sociale inferiore, o p e r scarsa attrazio n e fisica non sono accet
ta ti da coloro che com pongono il gruppo.
In questo caso diventa necessario stim o lare i gruppi, affinch si
m o strin o selettivi circa la scelta dei loro m em bri, sviluppino pii
tolleranza verso gli a ltri e lascino sp erim en tare i vantaggi di un
gru p p o a p e rto e solidale con gli altri.
Un a ltro fa tto re im p o rta n te p e r la v ita di gruppo dei giovani
c o stitu ito dai legam i d i amicizia.
Di fatto , solo in relazioni in terp erso n ali, in cui i giovani si sen
tan o ris p e tta ti ed a c cettati com e persone nella loro individualit,
quando si sentono com e p a rtn e rs significativi e non sottom essi agli
altri, e infine quando sentono la vicinanza degli a ltri e possono n u
trire fiducia nei p a rte cip a n ti del gruppo, i singoli m em bri si sentono
liberi di essere se stessi com e p a rtn e rs spontanei in u n clim a di
am icizia.
La v ita del gruppo non so lta n to diventa significativa q uando esi
stono le condizioni necessarie p e r sen tirsi a ttr a tti da esso (p er es.,
p e r gli obiettivi, p er la sua organizzazione, ecc.) e quando i m em bri
possono e n tra re in relazione con legam i di am icizia con persone
valide, m a diventa significativa anche se i singoli m em bri trovano

374
spazi d interazione e m odi cooperativi p e r realizzare la loro a ttiv it
di gruppo.
Di fatto , solo se il gruppo trova spazi d interazione p e r realizzare
gli obiettivi p ro p o sti (p er es. le condizioni p e r affro n tare p roblem i
scolastici, o p p o rtu n it p e r vivere esperienze significative insiem e) e
quando, secondo lo stile cooperativo (cio a ttrav e rso atteggiam enti
di resp o n sab ilit, di partecipazione a ttiv a e di solidariet), i m em bri
cercano di svolgere le loro a ttiv it, esso raggiunge il suo pieno signi
ficato.

3. Conclusione

D opo un periodo di alcune rifo rm e educative (per es., rig u ard o


ai m etodi e agli obiettivi), si n o tan o a ttu a lm e n te , nel se tto re peda
gogico, degli im pegni che hanno lo scopo di facilitare u n atm o sfe ra
po sitiv a nellinterazione educativa. Tale obiettivo non si raggiunge
d ire tta m e n te , m a va realizzato a ttra v e rso la creazione di u n a p ia tta
fo rm a com unicativa dove i m em bri, in terag en d o su dei valori signi
ficativi, stabiliscono delle auten tich e relazioni um ane.
La creazione di u n a p ia tta fo rm a pedagogica positiva, nelle orga
nizzazioni educative, n o n avviene sem plicem ente secondo le dinam iche
di u n ra p p o rto lineare tra ed u cato re e giovani, m a dipende dal m odo
in cui i m em b ri nei tre so tto sistem i (E-E, E-G, G-G) co ntribuiscono
a fo rm a re u n interazione com unicativa dove ognuno dei p a rtn e rs spe
rim e n ta con gli a ltri relazioni autentiche.
Ma, se da u n a p a rte vero che lo stile educativo salesiano si q u a
lifica p rin cip alm en te p e r il fatto di prom uovere relazioni in te rp e rso
nali che co ntribuiscono a creare, a llin te rn o della com u n it educativa,
u n clim a di am orevolezza, si pu anche dire che, o ltre alle ricerche
sto rich e sul m etodo educativo di Don Bosco e alle dichiarazioni sui
p rin c ip i di attualizzazione, ci sareb b ero da fare degli stu d i che chia
rissero di pi i prin cip i pedagogici e le q u a lit processuali p er in
c o n tra rsi com e p a rtn e rs nel ra p p o rto educativo.

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i7 6
V.

GLI AMBIENTI
3 0 _______
L'AMBIENTE, FATTORE EDUCATIVO

L oren zo M acario

1. Lambiente, fattore necessario di crescita - 2. Significativit educativa deHam-


biente - 3. Lambiente fisico - 4. Lambiente familiare - 5. Lambiente del gruppo
dei coetanei - 6. Importanza e significato educativo dellambiente.

1. Lambiente, fattore necessario di crescita

L uom o, nella sua singolare re a lt (perch persona), ha u n a


p ro p ria sto ria della sua vita e, s o p ra ttu tto , u n a p ro p ria sto ria della
sua anim a. L uom o che, conform em ente a llin te rio re a p e rtu ra del suo
sp irito ed insiem e a ta n ti e cos diversi bisogni del suo corpo, della sua
esistenza tem porale, scrive q u esta su a sto ria personale m ediante
n u m ero si legam i, c o n ta tti, situazioni, s tru ttu re sociali, che lo uniscono
ad a ltri uom ini, e ci egli fa sin dal p rim o m om ento della sua esistenza
sulla te rra , dal m om ento del suo concepim ento e della sua nascita.
L uom o, nella piena v erit della sua esistenza, del suo essere p e r
sonale ed insiem e del suo essere co m u n itario e sociale n ella m b ito
della p ro p ria fam iglia, n e llam b ito di societ e di co n testi tan to di
versi, n e llam b ito della p ro p ria nazione, o popolo (e, forse, ancora
solo del clan o trib ), n e llam b ito di tu tta lu m an it q u e stuom o
la p rim a s tra d a che la Chiesa deve p e rc o rre re nel com pim ento
della sua m issione: egli la p rim a e fo n d am en tale via della Chiesa
(RH 14).
N essuno nasce e cresce solo e da solo.
Il giovane fin dal prim o istan te di vita cresce necessariam ente
gi in u n a societ, sia p u re m inuscola, u n a fam iglia, alm eno di fa tto
anche se non sem pre tale dal p u n to di vista m orale, psicologico, giu
ridico, pedagogico.
Il giovane cresce anche inevitabilm ente in un contesto sociale
pi vasto: la piccola co m unit che lo circonda o ltre la fam iglia, la
co m u n it locale, regionale, statale, supernazionale, la grande fam iglia
a cui irrevocabilm ente legato.
m olto im p o rta n te p e r un e d u cato re conoscere quali elem enti
incidono o h anno inciso sulla s tru ttu ra z io n e della perso n alit, sulla

379
m atu razio n e um ana. Senza tale conoscenza non possibile fo rm u lare
degli obiettivi educativi in m odo realistico.
In questo senso p arler dellam b ien te in q u a n to fa tto re educativo,
co n sid erato com e uno di quegli elem enti estern i alla p erso n a e che
in qualche m odo incide sulla sua stru ttu ra z io n e e m aturazione, pre
scindendo d a llintenzione dell'educatore.
Gli elem enti essenziali che e n tra n o nella descrizione di am biente
sem b ran o essere: il m ondo circ o sta n te con le sue q u a lit dinam iche
e degli esseri viventi che subiscono, assim ilano e vivono le im pres
sioni che provengono d a llesterno.
L am biente quindi c o stitu ito da elem enti che esercitano u n in
flusso, anzi un insiem e di influssi, che in qualche m odo incide sul
processo di m aturazione um ana, sulla cap acit decisionale del giovane.

2. Significativit educativa deHambiente

Dal p u n to di v ista educativo non in te ressa l e n tit concreta degli


elem enti am bientali, i fatti in se stessi, m a il significato che essi
h an n o p e r l individuo.
Ecco perch u n ed u cato re a ttrib u isc e il valore relativo di sem plice
suggerim ento ipotetico ai risu lta ti delle m olte ricerche circa l influsso
di v ari fa tto ri su lleducando.
Una volta individuato a ttrav e rso il m etodo statistico , ad esem pio,
q uale il co m p o rtam en to disciplinare m edio del prim ogenito, opp u re
q uale l influsso m edio che il lavoro della m am m a fu o ri casa h a sui
figli, l ed u cato re non conosce ancora p e r nulla il significato che
tali fa tto ri h anno p e r il suo educando.
Che c riteri si devono a d o tta re p er stab ilire quali elem enti del
l am b ien te sono significativi? N on certo facile stabilirlo; possibile
tu tta v ia segnalare alcune esigenze che vanno n ecessariam ente ri
sp ettate.
Seguendo q u an to scrive B raido m i p a re che l am biente dovrebbe
a n z itu tto stim o lare laccettazione della vita com e bene p er s e p er
gli altri, favorire lazione con la co ndanna dellinoperosit; dovrebbe
in o ltre esigere risp e tto degli a ltri in q u a n to tali, della loro v ita e
dignit e im pedire lo s fru tta m e n to in tu tte le sue form e; dovrebbe
essere u n am biente, ancora, che fa vivere l esistenza com e im pegno
coraggioso, p referendo la non-violenza e il volere fo rtem en te il bene
e la pace p er s e p er gli a ltri, incoraggiando l aggressivit e la non
aggressivit secondo che sia richiesto p e r lafferm azione della vita
e del bene p ro p rio e altru i; infine dovrebbe prediligere lautodom inio
co n tro le intem peranze dellam o re di s, nei rig u ard i del p ro p rio e
d e lla ltru i corpo, condannando ci che rid u ce l uom o a p u ra esp res
sione anim ale e che tra sfo rm a le energie fisico-biologiche sensibili

380
a p u ro stru m en to di piacere sub-um ano senza luce di razionalit, senza
im pegno d am ore e di fecondit sp iritu a le e fisica (B raido, 75-76).
L am b ien te sa r educativam ente significativo nella m isu ra in cui
queste esigenze p o tra n n o essere soddisfatte.
L am biente, per, si p rese n ta so tto varie form e: fisica, sociale,
p ersonale; ognuna di queste ha u n a sua m o d alit d incidenza che
vorrei brevem ente richiam are.

3. Lambiente fisico

ci che si pu ch iam are spazio vitale fisico. la zona fisica in


cui il giovane cresce; gli am bienti di casa, la strad a, le aule scola
stiche, il cortile dello rato rio ... L esperienza del giovane si espande
p rim a p e r i viaggi d ire tti e, pii tard i, anche p e r conoscenze in d ire tte
(le ttu re, radio-TV, c a rte geografiche ...).
Lo spazio vitale fisico non solam ente im p o rta n te p e r lacquisto
e lo sviluppo delle capacit m otrici, m a s o p ra ttu tto p er il p ro g res
sivo acquisto dellindipendenza dai genitori, dagli ed u cato ri e dagli
ad u lti in genere e p er l am pliam ento delle p ro p rie esperienze e del
c o n ta tto con la realt.
Lo spazio vitale fisico pu essere oggettivam ente definito com e
10 spazio nel quale il giovane sa m uoversi, lo spazio che egli rico p re
da solo o coi suoi com pagni di gioco, lo spazio che gli fam iliare e
nel quale si m uove so tto la p ro p ria resp o n sab ilit.
necessario che l educatore tenga p resente che lo spazio fisico
v a ria con let.
L am pliam ento, che dovrebbe essere n a tu ra le in p roporzione alla
et, a volte viene tu rb a to da atteggiam enti ip erp ro te ttiv i, oppure da
circostanze abitazionali-sociali (situazione di m olte fam iglie c o stre tte
a llisolam ento perch vivono in a p p a rta m e n ti di alti fab b ricati, in
zone senza verde e spazio ricreativo; situazione di giovani che vivono
in circostanze lim itative di u n in te rn ato ).
Lo spazio fisico varia ancora secondo le classi sociali e secondo
11 sesso. chiaro com e in genere nelle c u ltu re europee lo spazio
fisico di u n a ragazza sia an co ra m in o re che quello di u n ragazzo.
L e d u cato re deve individuare in che m isura questi elem enti am
b ientali fisici incidono sulla stru ttu ra z io n e della p e rso n a lit e sui
valori.

4. Lambiente familiare

u nanim e laccordo degli psicologi e dei sociologi nellafFermare


che le esperienze fam iliari del giovane sono le p rincipali d eterm i
n a n ti della sua perso n alit;

381
provvede agli alim enti, abitazione e a ltre cose m ate ria li che
m antengono la vita e a ssicu ra protezione dai pericoli esterni; fun
zione che la fam iglia realizza so tto le condizioni di u n it e coopera
zione sociale;
provvede a llu n it sociale, che la m otrice dei legam i affettivi
delle relazioni fam iliari;
d lo p p o rtu n it di sv ilu p p are lid en tit personale, legata alla
id e n tit fam iliare, a ttrav e rso il c o n ta tto con beni-valori; q u esto vin
colo d id e n tit d ad ogni individuo l in teg rit e la forza psichica
p e r crescere, p er affro n tare nuove esperienze;
favorisce l identificazione sessuale, pro p o n en d o cos la s tra d a
p er la m aturazione e realizzazione com e m aschio e fem m ina;
sollecita l esercizio e l a p p re n d ista to p e r in teg rarsi nei ruoli
sociali e a c cettare la resp o n sa b ilit sociale e cristiana;
guida a lla p p ren d im en to e sostiene la c re a tiv it individuale;
la p rim a scuola di ap o sto lato e di o rien tam en to vocazionale
poich a iu ta a co m p o rre i bisogni individuali con le esigenze e i
valori degli altri.
La forza dellio dei giovani dipende d a lleducazione fam iliare.
n e llam biente fam iliare che l'uom o im p a ra com e si resiste alle pas
sioni, a so p p o rta re le prove, ad a d a tta rs i alle circostanze.
In fam iglia il giovane pu tro v a re le occasioni di fare egli stesso
delle esperienze, di p ren d ere delle iniziative e delle responsabilit.
I genitori e gli a ltri fam iliari lo possono a iu ta re in q u esta realiz
zazione di se stesso e condurlo a p erseverare con costanza e coerenza.
L ideale di vita dei giovani stre tta m e n te legato, in p rim o luogo,
ai genitori. Ci che essi vivono com e bene o com e m ale m olto legato
ai valori fam iliari. Sono i gen ito ri che generalm ente determ in an o il
livello degli ideali. Ecco perch il ruolo della fam iglia esem plare
n e lleducazione m orale; il suo ruolo d im p o rtan za p rim o rd iale.

5. Lambiente del gruppo dei coetanei

I gruppi sono m olto diversi, dagli in co n tri occasionali p er feste,


p er il gioco, p er gite, ad organizzazioni fisse, s tru ttu ra te , scout, asso
ciazioni ...
possibile tu tta v ia p a rla re in term in i generali del g ru p p o dei
coetanei, intendendo con q u esta espressione tu tto u n m ondo con i
suoi m essaggi, usi, tradizioni, m en ta lit ... L ad u lto n o rm alm en te ne
escluso in m odo piti o m eno assoluto. Qui si vuole solam ente sotto-
lin eare che il gruppo dei coetanei anche se non istituzionalizzato ra p
p re se n ta un im p o rta n te fa tto re sia di sviluppo dellio, sia di socia
lizzazione. Nel gruppo in fa tti il giovane non in posizione su b o rd i

382
n ata; si trova in situazione m olto m eno em otiva che non in fam iglia;
l'influsso sul processo di socializzazione diviene sem pre m aggiore col
crescere dell'et.
L 'ed u cato re non pu ignorare le p rin cip ali funzioni del gruppo
dei coetanei. Nel gruppo, ad esem pio, il giovane tro v a u n organizza
zione nella quale pu assolvere nuovi ruoli. Egli che aveva im p a rato
a essere figlio, fratello, alunno, educando, nel gruppo im p a ra ad
essere am ico, nem ico, u n leader o u n su b o rd in ato . Avvengono cos
a ltre differenziazioni di ruoli: u n giovane diviene l id eato re in seno
al gruppo, u n a ltro lorganizzatore, un a ltro il m ediatore, ecc. Il gruppo
dei coetanei offre u n am pia area di sperim entazione sociale; nella
a tm o sfe ra a p e rta del gruppo il giovane pu p rovare diversi tip i di
co n d o tta e diversi ruoli. Il gruppo, in oltre, a iu ta il giovane ad acq u i
sire indipendenza di fro n te agli a d u lti, donandogli il sentim ento di
identificazione con a ltri com e lui; gli offre a ltri m odelli di com por
tam e n to , a ltre persone da im itare n o n tro p p o d ista n ti da lui, con
le quali pu identificarsi; gli d la p o ssib ilit di sp erim en tare nel
cam po delle relazioni sociali l a iu to ad avanzare nell'autocom pren-
sione, a diventare u n a perso n a com e gli a ltri, e allo stesso tem po
diversa dagli altri. Nel gruppo dei coetanei, infine, i valori sono ra p
p re s e n ta ti dal prestigio, e sono in ca rn ati nei soggetti di m aggiore
p restigio. Il m otivo o i m otivi di questo prestigio sono ap p u n to i
valori d o m inanti nel gruppo. Alcune volte tali valori possono essere
di o rd in e scolastico (il m em bro pi prestigioso del gruppo colui
che h a m aggiore successo a scuola), a ltre volte di ordine sportivo
(il pi p restigioso colui che gioca bene, colui che riesce bene nelle
a ttiv it sportive), a ltre volte an cora possono essere dei valori in oppo
sizione alla societ adulta.
L 'educatore deve essere u n a tte n to letto re e studioso della re a lt
del gru p p o dei coetanei al quale il giovane a p p artien e [ - ^ g r u p p o ] .

6. Importanza e significato educativo deirambiente

Lo scopo dello studio d ell'am biente, quale fa tto re educativo,


quello di p ren d ere visione di d e te rm in a ti elem enti che non possono
essere tra s c u ra ti nella form ulazione di un piano educativo. Come
deve essere concepito l influsso d ell'am biente? questo u n problem a
essenziale, perch dalla soluzione che vi si d dipende tu tta lim po
stazione m etodologica. Il m odo in fa tti in cui l'ed u cato re concepisce
l influsso dell'am biente diriger e m o tiv er i suoi atteggiam enti verso
gli educandi. A questo rig u ard o si possono fon d am en talm en te con
cepire tre posizioni;
Il m odo di essere a ttu a le del giovane e il suo c o m p o rtam en to
sono p rin cip alm en te il p ro d o tto della sua sto ria (influssi su biti nel

383
p a ssa to d a p a rte dei vari fa tto ri educativi). L educatore, convinto
che questo sia il dinam ism o fondam entale, ten d e r a raccogliere
copiosi d a ti rig u a rd a n ti la vita p a s sa ta dei suoi giovani; avr facil
m ente la tendenza a fissare a d e te rm in a ti livelli quello che egli si
a tte n d e da essi, e a fo rm a rsi un'im m ag in e ste re o tip ata di essi; di
conseguenza il suo sa r un atteggiam ento p revalentem ente fa ta lista
e stim er p ratica m en te inefficace il suo c o n trib u to com e educatore.
Il m odo di essere e il c o m p o rtam e n to del giovane sono condi
zionati, s o p ra ttu tto , dagli influssi estern i a ttu ali, p a rtic o la rm e n te da
quelli derivati dallinterazione sociale. L educatore, convinto del p re
dom inio di questo tipo di m eccanism i nella c o n d o tta um ana, ten d e r
a scaricare la p ro p ria resp o n sa b ilit sui fa tto ri che non dipendono
da lui (fam iglia, am biente sociale generale, gruppo dei coetanei ...).
A seconda della sua s tru ttu ra p ersonale led u cato re tender: o a con
sid erare com e m inim e e insignificanti le possib ilit del suo co n trib u to
com e educatore; oppure, se di p e rso n a lit piti fo rte, diriger tu tti i
suoi sforzi verso il condizionam ento. La sua m etodologia qu in d i avr
questo senso e q u e s tim postazione: ap p ren d im en ti a base di prem io-
castigo; tecniche di o rien tam en to e di guida non solo direttive, m a
p i o m eno vicine alla coercizione, ecc. C il pericolo che questo
m odo di vedere la co n d o tta e linflusso dei fa tto ri am b ien tali e sociali
su di essa possa co n d u rre a co n sid erare gli educandi com e delle cose
che devono essere m odellate in un m odo p restab ilito , e non degli
esseri um ani potenzialm ente lib eri che devono essere a iu ta ti a diven
ta rlo effettivam ente e a sa p er decidere quindi nei confronti della
p ro p ria vita.
Il m odo di essere e il co m p o rtam en to del giovane sono in fun
zione del cam po percettivo a ttu a le e quindi del suo concetto di s.
Di conseguenza, i fa tto ri estern i influiscono sul co m p o rtam en to in
q u a n to p o rta n o delle m odifiche nel cam po percettivo e sull'im m agine
che il giovane ha di se stesso. Da ltra p a rte le p o ssib ilit e le m oda
lit di queste ristru ttu ra z io n i, e perci l efficacia dellinflusso dei fat
to ri am bientali, sono in funzione del grado di m a tu rit , della capa
c it di fare nuove esperienze, di cogliere co n ten u ti validi e signifi
cativi. Leducatore che si m ette in q u esta p ro sp e ttiv a co n sid erer il
giovane non com e un oggetto o com e m ate ria da m odellare, m a com e
u n a p erso n a con cui stab ilire u n a com unicazione, u n interazione.
D ar in o ltre u n a grande im p o rtan za a quei fa tto ri di ordine sensibile
e affettivo che intervengono in q u esta interazione, com e fo rte m e n te
influenti sul processo di crescita e di m aturazione. N on cerch er di
dirigere la sua azione a condizionare, m a a fo rm are g rad u alm en te
a lla u ten tica lib ert di fro n te a ogni tipo di pressione e, quindi, a
p re se n ta re i valori di cui p o rta to re in m odo che il giovane li assim ili
vitalm ente.

384
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385
25
3L____
GRUPPO

P io Scilligo

1. La persona come gruppo - 2. La persona come giustificazione del gruppo -


3. La ricerca del gruppo - 4. Il gruppo come strumento di formazione - 5. Il
gruppo come spada a doppio taglio - 6. La leadership nei gruppi - 7. Il gruppo
e il processo del cambiamento - 8. Il gruppo come proposta in un progetto
educativo pastorale.

1. La persona come gruppo

La p a ro la g ru p po pu avere diversi significati. Q uando si rife


risce alle persone essa u sa ta prev alen tem en te p e r in dicare u n insiem e
di persone che costituiscono u n sistem a. Un sistem a com posto di
elem enti collegati tra di loro e o rie n ta ti a un fine o scopo, perci
q uando si p a rla di gruppo si p resu p p o n e la consapevolezza del fine
a qualche livello della com plessa capacit della p erso n a di essere
consapevole.
La p erso n a stessa pu essere co n sid erata u n gruppo. Un osser
v ato re acuto, che segue a tte n ta m e n te il m odo di agire di u n a persona,
p u n o ta re delle costellazioni b en in teg rate di insiem i relativam ente
om ogenei di co m p o rtam en ti che riflettono il vissuto p assato della
p erso n a e prese iso latam en te danno lim pressione della p resenza di
pili individui nella stessa p ersona. Secondo questo m odo di vedere,
il gruppo-persona chiam ato Paolo co stitu ito di u n Paolo allegro
e vispo, di un Paolo asso n n ato e pigro, di u n Paolo irru e n te e ribelle,
di un Paolo a tte n to e m eticoloso, di u n Paolo che ragiona e riflette,
di un Paolo che o rd in a e co n tro lla, di u n Paolo che critica e punisce,
di un Paolo che incoraggia e sostiene e di ta n ti a ltri Paolo.
Q uesta concezione p er n u lla fan ta sio sa della p erso n a pu a iu ta re
a spiegare il co m p o rtam en to individuale nelle situazioni di gruppo,
s o p ra ttu tto nelle situazioni di ap p arten en za a p i di u n gruppo.

2. La persona come giustificazione del gruppo


Lo scopo o finalit di u n g ru p p o pu essere rico n d o tto in u ltim a
analisi a quello di coord in are e c reare spazi per i fini e gli obiettivi
delle persone, e le relazioni che collegano i diversi m em b ri del gru p p o

386
sono tra d u z io n i operative delle intenzioni e dei p resu p p o sti delle
p erso n e che h anno scelto di essere nel gruppo.
P o rtiam o u n esem pio specifico fo n d ato su llosservazione sistem a
tica p e r ch iarire com e il processo si a ttu a concretam ente. Una p e r
sona, G iuseppa, si in se rita in un gru p p o che si distingue p e r il suo
a tteggiam ento negativo e ribelle verso le grosse istituzioni. G iuseppa
nel suo gruppo-persona si m an ifesta essenzialm ente com e p erso n a che
si vuole ann u llare e distruggere, vuole anche fare fu o ri tu tti, vuole
starsen e tra le m ontagne senza vedere nessuno. Q uesto u n gruppo-
p e rso n a fa tto essenzialm ente di tre persone: u n a p erso n a autolesiva,
u n a p erso n a eterolesiva e u n a p erso n a isolata. Il gruppo sociale ribelle
e negativo nei rig u ard i delle grosse istitu zio n i organizza delle m an i
festazioni dove la rab b ia h a am pio sfogo in slogans e m arce, dove si
fanno riu n io n i che rip ro m e tto n o lelim inazione delle p erso n e au trici
d'ingiustizie, e in pi ci sono esercitazioni p a ra m ilita ri in luoghi de
se rti dove ci si a d d e stra ad u n a au to n o m ia estrem a. G iuseppa si
unisce a questo gruppo e diventa esem plare nelle tre m anifestazioni:
si tro v a veram ente nel suo am biente. Il gruppo diventa espressione
del suo m odo di esistere, delle sue tre m anifestazioni esistenziali.
Q uando G iuseppa a ttrav e rso u n a conversione radicale cam bia p ro
fo n d am en te la sua posizione esistenziale, lin serim ento nel gru p p o
ribelle e negativo verso le grandi istituzioni diventa incongruente
risp e tto al nuovo gruppo-persona di nom e G iuseppa e inizia la
ric e rc a di u n gruppo dove si possono rispecchiare e a ttu a re le nuove
posizioni esistenziali. P aren teticam en te va d etto subito che la rib e l
lione verso le grosse istituzioni non necessariam ente patologica
com e n e llesem pio rip o rta to , perch la grossa istituzione pu essere
espressione di u n gruppo di persone patologiche e chi si ribella pu
agire da posizioni esistenziali autentiche.
In a ltre parole, il gruppo pu essere co nsiderato com e u n a m a
nifestazione siste m ic a dellesperienza v issu ta delle persone che fanno
p a rte del gruppo, ed l a ren a dove g rad u alm en te viene co nsolidata
l id e n tit a u te n tic a o falsa della p e rso n a a ttrav e rso vissuti esperien-
ziali o rie n ta ti a llarricchim ento, al m an ten im en to , o al ricu p ero del
vissuto esistenziale. La p erso n a c a ra tte ristic am e n te cerca il gru p p o
congruente con il suo vissuto esistenziale e pu essere p e r il suo
bene o p e r il suo male.
Poich la posizione esistenziale della p e rso n a dipende m olto dal
vissuto fam iliare nei p rim i anni di vita, la tendenza di base quella
di in serirsi in gruppi che rispecchiano il vissuto fam iliare sia dal
p u n to di vista dei valori di base e sia dal p u n to di v ista dei processi
a ttu a ti p e r vivere tali valori. Lin serim en to nei gruppi p e rm e tte di
in sta u ra re nuovam ente le dinam iche fam iliari cos com e sono sta te

387
v issute soggettivam ente dalla p erso n a che si inserisce, al fine di p o ten
ziare la p ro p ria crescita o p er m an te n ere relazioni d istru ttiv e e im
p ed ire l'evolversi della p ro p ria id en tit.

3. La ricerca del gruppo

Poich il gruppo pu essere visto com e il luogo dove la p e rso n a


rispecchia se stessa, le ragioni p e r cui viene cercato possono essere
num erose com e sono num erose le po ssib ilit di vissuto esistenziale
della persona. Nello studio scientifico dei gruppi si d a ta m o lta
im p o rtan za ad un nu m ero rid o tto di ragioni p er cui esso viene cer
cato. Sono sta ti fa tti stu d i sul bisogno di affiliazione, la p a u ra , il
bisogno di verifica della realt, il bisogno di essere pii di u n o p er
p o te r fare qualche cosa.
Le persone alle volte sperim en tan o lunghi perio d i di isolam ento
e questo s o p ra ttu tto vero nella vita organizzata del m ondo tecno
logico, dove il c o n ta tto um ano viene rid o tto . Alcuni sostengono che
esiste u n bisogno di c o n ta tto um ano, com e se fosse l'acq u a di u n ser
b atoio; quando l acqua scende so tto ce rti livelli, a causa d ellisola
m ento, si cerca il rifo rn im en to . Le persone deprivate a lungo di con
ta tto au ten ticam en te um ano cercano il gruppo, e di solito il gruppo
ris tre tto , p e r rec u p e rare il senso dellap p artenenza. Q uesto sem bra
s o p ra ttu tto vero p er le persone che sono sta te srad icate dal loro am
b ien te n a tu ra le e cu ltu rale quali la fam iglia o il p ro p rio paese e cu ltu ra.
Le persone spesso sp erim en tan o un senso d incertezza e insicu
rezza derivante dalla novit e assenza del fam iliare. Q uesto vero
s o p ra ttu tto p e r le persone che n o n h anno raggiunto buoni livelli di
integrazione della p ro p ria id en tit . In queste situazioni il gru p p o
cercato com e fonte di confronto e verifica s o p ra ttu tto p er i fa tti e le
situazioni pro b lem atich e che n o n offrono la po ssib ilit di verifica
oggettiva a ttrav e rso l osservazione dei fa tti. La verifica a ttra v e rso il
consenso sociale diventa m olto im p o rta n te s o p ra ttu tto nei m om enti
di crisi in cui p er la scom parsa dei p u n ti di riferim en to fam iliari, come
l am biente fisico o il p ro p rio gruppo culturale, la p erso n a rim an e
d iso rie n ta ta e senza guida. Q uesto vero s o p ra ttu tto per le persone
d isa stra te da terrem o ti, inondazioni, g u erre ed a ltre calam it n a tu ra li
o create d a lluom o; ed anche vero per le persone che em igrano verso
c u ltu re nuove com e dalla cam pagna alla citt, da u n paese ad un
a ltro , da u n a nazione ad u n altra.
Si pu dire che l adolescente in p a rte si trova d isa stra to , p er
ch c a ta p u lta to in u n m ondo m olto am pio, si sente in un corpo con
po ten zialit e m anifestazioni rad icalm en te nuove (capacit logiche,
m atu razio n e biologica) e in pi si rip re se n tan o in m odo p rep o te n te
le dinam iche personali che abbiam o chiam ato gruppo-persona, le quali

388
possono ren d ere assai com plesse l affiliazione, l incertezza, e la cono
scenza del m ondo circostante. L adolescente, e in m isu ra m in o re
anche l ad u lto , spesso si tro v a di fro n te al m ondo com e u n b am bino
di tre o q u a ttro anni, con soluzioni che soggettivam ente sono sta te
rite n u te valide a quella et. Il p ro b lem a da risolvere pu essere dop
p iam en te difficile, sia perch le soluzioni a d o tta te a q u a ttro anni non
erano a d a tte e sia perch le soluzioni a d a tte p e r i q u a ttro anni non
sono n ecessariam ente a d a tte p er la nuova situazione di vita. P er l ado
lescente fo rte il bisogno di verificare i p ro p ri valori e aspirazioni in
u n am b ien te dove ha bisogno di se n tire di ap p arten ere.
Le persone m olte volte vogliono raggiungere obiettivi e realizza
zioni che richiedono la collaborazione co o rd in a ta di pi individui.
Q uesto s o p ra ttu tto vero p er a ttiv it che h anno com e risu lta to finale
u n p ro d o tto b en definito, ad esem pio la creazione di u n a s tru ttu ra
fisica com e la costruzione di u n a casa, o lattuazione di u n in terv en to
sociale, com e la sensibilizzazione delle persone alla loro condizione
di essere sfru tta ti. In questo caso il gru p p o visto com e il luogo di
coord in am en to delle energie e riso rse di diverse persone p e r il rag
giungim ento di un obiettivo com une. T ipicam ente i gru p p i che s in
co n tran o p er queste ragioni perdono la capacit di s ta re insiem e
dopo che lobiettivo sta to raggiunto. E sem pi com uni di gru p p i che
si costituiscono in m odo co m p atto p er ragioni di collaborazione sono
i gru p p i di ricerca, i g ru p p i di im pegno sociale, alcuni gruppi reli
giosi, i paesi in g uerra, i gruppi politici, i p a rtiti. Ad esem pio se il
nem ico com une stato sgom inato, nel gruppo pu sco m p arire ci
che lo univa e ogni m em bro va nuovam ente p e r conto suo.

4. Il gruppo come strumento di formazione

S o p ra ttu tto sulla base di osservazioni cliniche risa p u to che la


p e rso n a u m an a agisce non solo a livello di pro g ram m i logicam ente
c o o rd in a ti e o rie n tati al raggiungim ento di uno scopo o fine, m a
anche a livello di pro g ram m i aventi u n a loro logica e orm ai fuo ri
dalla consapevolezza della persona. Q uesti p ro g ram m i sono il risu l
ta to di esperienze e decisioni della v ita p assata, s o p ra ttu tto esperienze
e decisioni dei p rim i dici o quindici an n i di vita. I sistem i di p ro
gram m i p revalentem ente al di fuo ri della consapevolezza della p e r
sona sono di solito ben co o rdinati tr a di loro e costituiscono u n a
falsariga, un p u n to di riferim en to e u n c riterio di decisione p er tu tta
l'a ttiv it personale e in terp erso n ale, incluso il co m p o rtam en to di
gruppo. Il pi delle volte i p rogram m i riflettono i m odi di affrontare
i pili sv ariati problem i perso n ali nella vita fam iliare. Il senso di
incertezza e solitudine a cui abbiam o accennato tro v a le sue radici
essenziali in questi pro g ram m i orm ai n o n pi n ellam b ito della con

389
sapevolezza della persona. La loro presenza spiega spesso il co m p o r
tam en to di gruppo che a p rim a v ista p o treb b e se m b ra re irrazionale,
m a che invece h a u n a sua logica ben precisa. Solo la collaborazione
di a ltri p e rm e tte di a ttu a re q u esti program m i.
I gruppi nei quali le persone si coinvolgono a pro fo n d i livelli em o
tivi possono essere stru m e n ti e strem am en te efficaci nel ris tru ttu ra re
i sistem i di pro g ram m i che la p erso n a si creato nel corso della vita.
S em b ra che la p erso n a possa scegliere u n a gam m a quasi illim itata
di cam biam enti so tto lo stim olo di un gruppo in cui h a scelto di coin
volgersi p rofo ndam ente. Tali cam biam enti possono essere im positivi,
nel senso che la p erso n a li assum e so tto pressione in m om enti di alta
e m otivit com e scelta obbligata p er la m ancanza di a lte rn a tiv e esi
stenzialm ente conform i al suo m odo di essere, o possono essere cam
b iam en ti collineari con il deposito di p rin cp i p ro fo n d am en te p ro p ri
della persona. In questo secondo caso si h a un arricch im en to e una
nuova com plessit esistenziale che d alla p erso n a il senso di u n a
p i p ro fo n d a id en tit personale e senso di libert.

5. Il gruppo come spada a doppio taglio

Il p o tere che il gruppo h a di p ro p o rre stim oli ed esperienze alle


persone che vi ap p artengono pu essere p e r il bene o p e r il m ale della
p ersona. Le persone che p er esperienza di vita difficile e in g iu sta nei
lo ro rig u a rd i hanno creato sistem i di gestione della p ro p ria vita
do m inati da autoim posizioni rischiano sem pre d in serirsi in gruppi
che m antengono tali sistem i im positivi o li rincrudiscono. In questo
caso il gru p p o diventa un vero e p ro p rio stru m en to d istru ttiv o della
p ersona, fino a ren d e rla cos p ro fo n d am en te e im positivam ente in te
g ra ta da p erd ere fasce estrem am en te am pie di scelta lib era p e r il
p ro p rio bene. E sem pi tipici sono gli adolescenti che vengono adescati
da p a rtico la ri gruppi di p o tere politico o religioso.
T utte le organizzazioni, in q u an to gruppo, sono stru m e n ti di cam
b iam en to nelle persone, ed inevitabile che esse stim olino un elevato
livello di cam biam ento non collineare con l esistenzialit della per
sona sia perch rafforzano i sistem i perso n ali autolesivi gi esisten ti
e sia perch viene dato piii peso al fa tto organizzativo e di m an ten i
m en to del gruppo che alla sua n a tu ra di stru m en to di crescita p er
la persona.
Un esem pio dei processi di gruppo che si a ttu a n o pu essere il
seguente. Un gruppo di adolescenti pu coinvolgersi p ro fo n d am en te
nello sp o rt. Se l esperienza sp o rtiv a in se rita in u n qu ad ro di valori
risp e tto si della persona, quegli stessi valori vengono m eglio assim i
la ti dalla persona, p ro b ab ilm en te grazie alla presenza di uno stato
di eccitazione em otiva c a ra tte ristic o della ttiv it sp o rtiv a e di gioco

390
e al fa tto orm ai assodato che senza la presenza di uno sta to em otivo
non avvengono pro fo n d i cam biam enti nelle scelte personali.
Le scelte fa tte alla presenza solo di elem enti logici sono com e le
p ian te che nascono sulle d u re rocce della lta m ontagna: vengono p o r
ta te via dalla neve insiem e alle loro rad ici superficiali. Gli in terv en ti
p u ra m e n te ragionativi e logici alle volte h anno un grosso im p atto :
l'im p a tto c, grazie a u n sistem a logico p reesisten te e che h a fo n d ato
le rad ici in sta ti em otivi dei p rim i an n i di vita. Q ualora la ttiv it
sp o rtiv a o di gioco non fosse in se rita in u n contesto che tra sm e tte
valori, l a ttiv it sportiva p e r s pu div en tare il co n ten u to con il ra f
fo rzam ento di u n sistem a di valori di tip o im m an en tistico e m ate ria le
che facilm ente oscura e blocca a ltri processi a s tra tti d integrazione
su p e rio re della persona, inclusa l integrazione, p e r scelta, di valori
essenziali di tipo religioso.
Da q u an to abbiam o d etto segue che il gru p p o pu essere s tru
m ento e strem am en te efficace p er lassim ilazione d im p o rta n ti valori
in q u a n to l in serim ento p rofondo nel gruppo costituisce loccasione
di uno stim olo p e r fo rti sta ti em otivi e su questo terren o la p erso n a
pu sem inare le sue nuove decisioni c o rro b o rate dalla conferm a dei
m em b ri del gruppo, p ercep iti com e p erso n e im p o rta n ti.
Come gi accennato sopra, il gru p p o pu diventare stru m en to
d istru ttiv o d im posizione e pu essere stru m en to che stim ola la
capacit critica e d integrazione e p u a iu ta re a sald are le scelte
esistenziali della persona. I leader carism atici sono c a ra tte ristic am e n te
p o rta to ri e p ro p o sito ri d im p o rta n ti valo ri au ten tici e h anno la
capacit d in d u rre elevati livelli affettivi in cui i valori possono
affondare le loro radici e tro v are conferm a; gli stessi leader con la
loro coerenza h an n o un elevato p o te re di conferm a in terp erso n ale
p e r quello che propongono.

6. La leadership nei gruppi

D iversi m odelli sono sta ti p ro p o sti p e r spiegare l efficacia della


leadership. Un m odello che riscu o te notevoli consensi il m odello
contingente della leadership di Fiedler. Secondo questo m odello non
esiste u n leader valido p e r tu tte le situazioni di gruppo. L efficacia
del leader dipende sia dalle sue capacit, sia dal tipo di a ttiv it che
viene e sp le tata dal gruppo, sia dal ra p p o rto di p o tere che esiste tra
leader e m em bri del gruppo e sia dal ra p p o rto affettivo esistente
tra lead er e m em bri. U na condizione ideale sarebbe quella in cui vi
u n elevato livello di accettazione affettiva del leader, u n elevata
stru ttu ra z io n e dei com piti e u n elevata capacit di p o te re (di p ro
cu ra re benefici da livelli su p eriori di leadership) e u n a condizione
pessim a si avrebbe q uando questi tre elem enti h anno livelli m inim i.

391
S em bra che u n leader che o rie n tato alle persone, che cio si accorge
di loro e le p rende in considerazione, a b b ia m aggiore efficacia nelle
situazioni su d d ette se sono ideali o pessim e, m en tre u n leader o rien
ta to alle cose, che cio d pi im p o rtan za agli stru m en ti, a llorganizza
zione, al fare, al com pito da p o rta re a term ine, a b b ia m aggiore suc
cesso nelle situazioni interm edie, cio nelle situazioni in cui ci sono
livelli interm ed i di accettazione affettiva del leader, di po tere del leader
e di stru ttu ra z io n e dei com piti (F iedler et al., 1977; Scilligo, 1973).
Dal m odello di F iedler si pu vedere subito che l'efficacia del
lead er dipende pi che dalle sue c a ra tte ristic h e da quello che egli fa,
cio dal suo com portam ento.
Un m odello assai noto s o p ra ttu tto nella prep ara zio n e d i leaders
p e r le organizzazioni quello di B lake e M outon (1978). E ssi p ren
dono in considerazione due c a ra tte ristic h e del leader: il suo orien
tam e n to alle persone e il suo o rie n tam e n to alla produzione e gu ar
d an o agli incroci di nove livelli di queste due dim ensioni. O ttengono
cos u n a rete di 81 possibili com binazioni. R iportiam o u n a breve
dscrizione delle com binazioni estrem e e di quella interm edia.
1) E leva to im pegn o p e r la p ro d u z io n e e basso im peg n o p e r le
person e: T ipicam ente il lead er o organizzatore sa cosa si deve
fa re e o rie n ta i su b o rd in a ti a fini e obiettivi che egli stesso h a esco
g itato. Il lavoro viene organizzato in m an iera che lelem ento um an o
in terferisce in m odo m inim o con il lavoro.
2) Im p e g n o in te rm e d io p e r le p erson e e p er la p rod u zion e: Si
ottengono buoni ris u lta ti nello sforzo continuo di m an ten ere u n equi
librio tra le esigenze delle persone e le esigenze della produzione.
3) E leva to im peg n o p e r le p e r s o n e e basso im pegn o p e r la p r o
duzione: Q uesto tipo di leadership si h a con persone che cre
dono nella necessit di ac co n te n ta re le persone e si preoccupano poco
della produzione. Si sostiene che facendo m o lta attenzione alle p e r
sone e ai loro bisogni si pu raggiungere u n accettabile p ro d u ttiv it .
L attenzione riv o lta s o p ra ttu tto a c reare u n atm o sfe ra piacevole
e l attenzione d a ta alle relazioni tra le persone.
4) E leva to im peg n o p e r le p e rso n e e p e r la pro du zion e: Si
tr a tta di situazioni dove le p erso n e sono m olto coinvolte e il lavoro
soddisfa i loro bisogni. Si h an n o elevati livelli d interd ip en d en za e
o b iettivi com uni e si h a com e risu lta to elevato livello di fiducia e
risp e tto reciproco. risa p u to che nella m aggior p a rte delle situazioni
q uesto il tipo di com binazione che d i risu lta ti m igliori se p e r
risu lta to m igliore s intende il raggiungim ento degli scopi ed elevato
m o rale nel gruppo (B lake et al., 1964).
V room e Y etton (1973) propongono un m odello norm ativ o che ha
notevoli som iglianze con quello di F iedler e specificano quali tip i di
lead ersh ip sono a d a tti p er certe situazioni. Essi descrivono essenzial
m en te cinque tipi di leadership:

392
Pro cesso au tocratico
1) Il leader pren d e le decisioni sulla base delle inform azioni
disponibili.
2) Il leader recepisce le inform azioni necessarie dai m em bri del
gru p p o e poi p rende le decisioni. Nel rep erire le inform azioni non
dice n ecessariam ente ai m em bri quale sia il problem a.
P rocesso con su lta tivo
3) Il leader com unica il pro b lem a ai m em bri in te ressa ti a li
vello individuale, o tten en d o da loro p a re ri e suggerim enti senza u n ire
gli individui in u n gruppo; poi il lead er p ren d e le decisioni.
4) Il leader p rese n ta il problem a ai m em bri com e gruppo e poi
p ren d e le decisioni.
P rocesso d i g ru ppo
5) Il leader, com e co o rd in ato re in u n inco n tro di gruppo, p re
se n ta il p ro b lem a al gruppo e collab o ra in m odo che esso raggiunga
u n consenso e u n a decisione di gruppo. Il leader d suggerim enti e
p a re ri, m a non cerca di convincere nella direzione di certe decisioni
p iu tto s to che di altre.
P er l analisi delle situazioni si tro v an o le risp o ste positive o nega
tive alle seguenti dom ande:
1) Il p ro b lem a ha u n esigenza q u a lita tiv a (ad esem pio u n a sca
denza di tem po)?
2) Il leader h a sufficiente inform azione p e r p ren d ere la decisione?
3) Il p ro b lem a s tru ttu ra to ?
4) P e r a ttu a re la decisione necessario che gli a ltri l accettino?
5) Se il leader p ren d e la decisione da s, quale la p ro b a b ilit
che gli a ltri l accettino?
6) Ci sono a ltri ai quali in teressan o gli scopi che si vogliono
raggiungere risolvendo il problem a?
7) Le soluzioni p refe rite del p ro b lem a possono dare origine a
conflitti tra gli a ltri nel gruppo?
S ulla base delle risp o ste a queste d om ande prese n e llordine dato,
si a rriv a a u n a decisione di quale dei cinque stili di leadership pi
a d atto .
N ella tab ella le p rim e sette colonne si riferiscono alla presenza
o m eno delle condizioni d escritte nelle dom ande rig u a rd a n ti la situ a
zione. N ello tta v a colonna sono rip o rta ti gli stili di leadership pii
a d a tti p e r quelle situazioni.

393
Tab. 1 - S tili di leadersh ip s ec o n d o la r is p o sta da ta alle d o m a n d e
sulla situazione

D om ande sulla situazione stile


da u sa re

1 2 3 4 5 6 7

no no no no stile 1
no no no si si stile 1
no no no si no stile 5
si si si no stile 1
si si si si si stile 1
si si si si no si stile 5
si si si si no no si stile 4
si si si si no no no stile 3
si no si si no si stile 5
si no si si no no si stile 4
si no si si no no no stile 3
si no si si si stile 2
si no si no stile 5
si no no si si stile 4
si no no si no si stile 5
si no no si no no stile 4
si no no no stile 4

7. Il gruppo e il processo del cambiamento

C onnesse con le teorie della leadership vi sono le teorie d 'in te r


v ento p e r la creazione di pian i a tti a stim o lare il cam biam ento.
P ro b ab ilm en te il m odello m eglio sviluppato oggi quello di Argyris
e Schon (1974). Essi sostengono che qualsiasi p erso n a che interviene
in m odo com petente agisce in m odi che sono congruenti con u n a sua
teo ria dellazione, che rara m e n te viene esp licitata e forse m ai l indi
viduo che agisce si cu rato di form alizzare. P er dare com petenze
o cco rrereb b e ren d ere esplicita la teo ria dell'azione che la p erso n a
u sa e capire le conseguenze di tale teoria. Secondo gli a u to ri vi sono
d ue teorie generali dell'azione: il co sid d etto M odello / e il cosiddetto
M od ello IL

394
C oloro che seguono il M odello I tendono a c o n tro lla re la s itu a
zione u n ilateralm en te, vedono il m ondo com petitivo e qu in d i si sfo r
zano di vincere e di evitare di p erd ere, di rid u rre al m inim o i se n ti
m en ti negativi (ad esem pio evitando di spiacere, fare s che gli altri
non esp rim an o quello che sentono), m ira re ad essere oggettivi e senza
em ozioni, a co n tro llare l inform azione, ed evitare di m ette re in
dubbio in pubblico la re a lt com e viene com unem ente percepita.
Le p erso n e invece che accettano il M odello II della Teoria del-
l Azione tendono a coinvolgere gli a ltri nella program m azione e nel
co n tro llo della situazione, a m ette re in com une m odi di sen tire e
inform azioni com e m o d alit di crescita e m aturazione, a essere poco
difensivi, a essere a p e rti all'a p p re n d im e n to e liberi di e sp lo rare in
p u b b lico nuove idee e a esp rim ere concezioni rischiose. Gli a u to ri
h a n n o anche sviluppato tecniche che p erm etto n o l ap p ren d im en to di
un m odo d azione congruente con il M odello II.
Il M odello II si fonda essenzialm ente su un'an alisi dei processi
in te ra ttiv i a livello intrap sich ico e in terp erso n ale e p o rta alla r i
stru ttu ra z io n e di tali sistem i di processi.
Le persone, nel lavoro di sco p erta della loro teo ria dell'azione ,
acquisiscono la cap acit di gestire la p ro p ria vita in m odo esisten
ziale e non a d a ttato .
S em bra che gli in terv en ti p a sto ra li che h anno successo c a ra tte
ristic a m e n te usano approcci co m patibili con la teo ria dell'azione sug
gerita da Argyris; gli stessi processi possono essere u sa ti p e r con
ten u ti m olto diversi.
I p assi essenziali che si p e rc o rro n o presuppongono u n ra p p o rto
in te rp erso n ale p ro fo n d am en te autentico: vengono quindi esp lo rate
le diverse m otivazioni p e r l'azione, le m otivazioni vengono co n fro n
ta te con i valori di base con i q u ali la p e rso n a g u ard a al m ondo,
nuove decisioni vengono prese e p ro g ram m i specifici in tra p re si p e r
l'im plem entazione e verifica operativ a delle ridecisioni. Si risc o n tra
che tip icam en te h anno successo nello stim olare tale processo di rio r
ganizzazione esistenziale i leader che p e r p rim i hanno sap u to vivere
in p rim a p e rso n a il processo di conversione.
Alcune organizzazioni e istituzioni h anno grosse esitazioni e p e r
p lessit di fro n te a in terv en ti di gru p p o che si rifanno al M odello II
di Argyris. Diverse possono essere le ragioni di questa p erplessit:
la transizione dal M odello I al M odello II co m p o rta necessariam ente
crisi e ap p a re n te sbandam ento, che pu diventare vero e p ro p rio
sb an d am en to se il processo viene gestito in term in i di M odello I;
p ro b ab ile che il M odello I tem p o ran eam en te m antenga m igliore
co n tro llo estern o sulla patologia di persone e istituzioni; il M odello II
non rim an e so d d isfatto di tecniche e controlli esterni, m a poggia
s u ll'a u te n tic it e sulla cap acit di rim an ere in sospensione com e c it
tad in i che non h anno qui u n abitazione d u ra tu ra ; il M odello II

395
offre m eno p revedibilit im m ed iata alle istituzioni; il M odello II chie
de alle p erso n e di ab b an d o n are le stam pelle e u sa re le p ro p rie gam be
e ci n o n piace n alle persone n alle istituzioni, perch quasi
sem pre p ercepito com e un rischio di im prevedibilit m olto elevata.

8. I gruppi come proposta in un progetto educativo pastorale ^

S ulla base delle precedenti osservazioni psicologiche a cui p eda


goghi e p a sto ra listi possono aggiungere quelle che provengono dalle
p ro p rie com petenze, si possono en u n ciare suggerim enti da in serire
in u n p ro g etto educativo.
a) Un p r im o g r app olo di suggerim enti si riferisce allesisten za e
fo rm a zio n e dei g ru p p i cornee esperienza educativa a llin tern o della
com u n it globale che gestisce il processo.
B isogna considerare i gruppi come;
u n a r isp o sta a d o m a n d e ed esigenze giovanili di com unicazione,
di convivenza, di com u n itariet, di confronto;
uno spazio p e r la circolazione della riflessione e dei valori che
che si propongono in a ltre sedi o sorgono negli stessi p a rte cip a n ti;
un esperienza p o r ta tric e essa stessa di valori specifici;
u n a p r o p o s ta d 'im pegn o um an o e cristiano;
u n esperienza unificatrice dei fini, delle a ttiv it e delle p ro
p o ste educative.
Se si tr a tta poi di u n p ro g etto definitam ente cristiano, il gruppo
va co n sid erato anche come:
un luogo privilegia to p e r u n esperienza di Chiesa;
a m b ie n te e m e z z o p er il sorgere della p ro p o sta e laccoglienza
delle vocazioni ecclesiali.
possibile la scelta m etodologica di educare a ttr a v e r s o i g ru p p i
e in essi.
b ) Un second o g rapp olo di suggerim enti si riferisce agli o b ie ttiv i
generali da enunciare.
M ediante i gruppi s intende;
sviluppare la capacit di percep ire in p ro fo n d it il valore del
l a ltro e della com unit, com e tessu to di ra p p o rti in terp erso n ali;
m a tu ra re nella d isp o n ib ilit alla partecipazione e a llin tervento
attivo; m a tu ra re anche la coscienza della p ro p ria re sp o n sa b ilit nei
processi collettivi;
iniziare allim pegn o co m u n ita rio , civile ed ecclesiale;

' Questo punto stato elaborato dal Dicastero della Pastorale Giovanile.

396
personalizzare ed ap p ro fo n d ire sulla m isu ra dei singoli, m a
a ttra v e rso processi di com unicazione la crescita della fede;
a p p ro fo n d ire l'esperienza di Chiesa com e com unione e ser
vizio;
agevolare u n a decisione vocazionale, illum inandola con l espe
rienza della convivenza, dellim pegno e dellapp ro fo n d im en to della
P aro la di Dio [ ^ chiesa ].
evidente che questi obiettivi si esprim ono a livelli diversi se
condo le persone che com pongono i gruppi, secondo l e t e i m otivi
agglutinanti.
c) Un terzo g ra ppo lo si pu rife rire ai criteri di scelta d i g r u p p i
e di p r o c e s si tr a i quali em erge il p u n to della leadership o anim a
zione. Eccoli:
L esperienza di gru ppo, essendo u n esperienza educativa p riv i
legiata, offerta a tu tti i ragazzi e i giovani che freq u en tan o u n am
biente, con diverse p ro p o ste, possib ilit e spazi, a diversi livelli e
in to rn o a diversi interessi.
I p r o ta g o n is ti della vita del gruppo sono i ragazzi e giovani.
Q uesto com porta:
* p a rtire dalla situazione in cui i giovani si trovano e dalle aspi
razioni che m anifestano;
* ris p e tta re e seguire la crescita n a tu ra le e il ritm o di sviluppo
che loro possibile;
* a iu ta re a riflettere su aspirazioni e m otivi fino a farn e em ergere
il senso p rofondo, illum inandolo con la p a ro la educativa ed evangelica;
* valorizzare p er la vita del gru p p o le q u a lit e gli a p p o rti che
ciascuno pu dare;
* a n im are i gruppi a ttrav e rso le lead ersh ip che in essi sorgono.
V a n i m a t o r e ha u n ruolo preciso e indispensabile. Sebbene
questo ruolo v ari nelle attu azio n i p a rtic o la ri d accordo con il tipo
di gruppo, possiam o esp rim ere cos il suo intervento:
* incoraggia la form azione di g ru p p i e il p ro g red ire delle ricerche,
a ttiv it e ideali;
* aiu ta, m ed ian te la sua c o m p e te n z a ed esperienza, a su p e ra re le
crisi del gruppo e a in tessere ra p p o rti perso n ali fra i com ponenti;
* cerca insiem e ai ragazzi e giovani, nei m om enti giusti, l ap er
tu ra a nuove pro sp ettiv e di riflessione e di azione;
* d elem enti di critica e a p p ro fo n d im en to ai giovani, affinch
giudichino le loro p roposte, i loro desideri e le loro ricerche;
* favorisce la com unicazione fra i gru p p i e, dunque, l a p e rtu ra
di ciascuno di essi agli altri;
* accom pagna p a sto ra lm en te i singoli com ponenti nelle loro
richieste personali;

397
* a p re co stan tem en te nel gru p p o la p ro sp e ttiv a di C risto sui p ro
blem i e sulle p ro p o ste dei ragazzi.
Il gru p po giovanile u n a fo rm a di aprirsi alla com u n it totale.
N on lo consideriam o, dunque, com e segregazione dagli adulti,
m a com e u n a m an iera di com unicarsi con loro nella co m u n it edu
cativa e /o cristiana. Favoriam o, dunque:
* la com unicazione e il collegam ento tr a i gru p p i e tra i loro ani
m ato ri;
* la loro espressione e p artecipazione a llin tern o degli organism i
della co m u n it educativa;
* la partecipazione degli a d u lti nei gru p p i p e r c o n trib u ti e scam bi
arricch en ti;
* l in teressam en to dei genitori a llesperienza di gruppo dei ragazzi
e dei giovani.

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398
32^_____________
COMUNIT EDUCATIVA

R iccardo Tanelli

1. Verso la comunit educativa - 2. Quale comunit educativa - 3. Orientamenti


operativi: la comunit educativa al lavoro - 4. Conclusione: la comunit edu
cativa soggetto della programmazione educativo-pastorale.

1. Verso la comunit educativa


I p rocessi educativi e p a sto ra li trad izio n ali hanno sofferto di due
grossi lim iti. Essi sono d iventati evidenti quando sono cro llati i
sostegni estern i che controbilanciavano le carenze pro g ettu ali.
II prim o lim ite quello dellindividu alism o.
L'azione pedagogica h a co n d o tto p e r m olto tem po i suoi in terv en ti
sul livello p rev alentem ente individuale. Le situazioni norm alm en te
d e p u ta te alla socializzazione dei giovani (la fam iglia, la scuola, l asso
ciazione, la p arro c c h ia ...) fornivano loccasione del dialogo educativo.
N on eran o co n sid erate u n luogo di esperienza dei valori, con u n a riso
nanza s tru ttu ra le e collettiva, m a com e luogo in cui gli ed u cato ri
facevano le loro p roposte, in un ra p p o rto a tu p e r tu. Il processo
era favorito dalla sta b ilit e dal p restigio sociale di cui godevano
le varie istituzioni. Anche la p a sto ra le giovanile non si m olto disco
s ta ta da q u esta prassi. H a utilizzato la rilevanza educativa di q u este
istituzioni, risolvendo anche i m om enti p ropositivi specifici in u n
ra p p o rto individuale.
Il secondo lim ite, com une alla educazione e alla p a sto ra le gio
vanile, d eterm in ato dalla settorialit. Leducazione dei giovani e ra
spesso u n processo parziale risp e tto a llan d am en to globale della so
ciet, finalizzato prevalentem ente a llintegrazione e a lla d a ttam e n to .
Anche la p a sto ra le giovanile era u n processo settoriale, risp e tto al
l insiem e della vita cristian a, gestito da ed u cato ri e da am b ien ti spe
cializzati [ ^ e d u c a z i o n e ] .
Oggi, sono p ro fo n d am en te m u ta te le condizioni che giustificavano
il p ro cedim ento tradizionale e ne assicuravano l incisivit n o n o sta n te
i lim iti oggettivi. Da u n a p a rte viene sem pre pi afferm ata la forza
p ro p o sitiv a delle istituzioni in q u a n to tali. D alla ltra p a rte scad u ta
la cap acit di p resa delle istituzioni tradizionali, p e r lasciare il p o sto
ad a ltre istituzioni alternative.

399
Viviam o, in fatti, in u n tem po e in sistem i sociali di diffuso p lu
ralism o culturale. Q uesta situazione h a m esso in crisi s o p ra ttu tto
le istitu zio n i educative pii deboli, quelle che non sanno cavalcare le
leggi econom iche e politiche. Circolano cos p ro p o ste educative poco
co n tro llab ili dai g estori trad izio n ali delleducazione dei giovani. Non
sem pre i m odelli di v ita e di realizzazione personale, diffusi dai mezzi
di pressione sociale, sono o rien tab ili verso i c o n te n u ti delleduca
zione della fede.
M olti ed u cato ri e o p e ra to ri p a sto ra li fanno p ro p rie queste co sta
tazioni e cercano u n m odello nuovo di relazione educativa. N elle affer
m azioni teoriche e nella p rassi q u o tid ian a, rito rn a n o alcune costan ti,
c o n sid erate com e qualificanti. P er esem pio:
la consapevolezza che l'educazione non si conclude nel tem po
d ella m atu razio n e fisica e psicologica, m a si riferisce a lluom o nella
sua to ta lit, d u ran te tu tta la sua esistenza; p e r questo h a com e ob iet
tivo quello di ren d e re la p e rso n a capace di affro n tare e risolvere
tu tti i problem i della vita, sapendo inventare le disposizioni neces
sarie a vivere in u n a societ che s a r sicu ram en te diversa da quella
attu ale;
la consapevolezza che la partecipazione, l im pegno cio a p ro
g ram m are assiem e, ad avere resp o n sa b ilit vera e to tale n e llunico
p rocesso form ativo, n o n n stru m en to n tecnica di conduzione,
m a valore e obiettivo: questo atteggiam ento partecip ativ o quindi
dim ensione c o stitu tiv a di ogni relazione educativa;
la necessit di creare u n am b ien te ricco d i fascino, p e r diven
ta re luogo di identificazione, e carico di valori p e r risu lta re p ro p o
sitivo: cos la p ro p o sta educativa diventa p rim a di tu tto u n fatto
esperienziale;
il riferim en to co stan te al te rrito rio , allo spazio cio reale
di ap p arten en za e di vita, p e r dare ai p ro g etti educativi u n effettiva
riso n an za cu ltu rale e sociale e p e r a ttiv a re processi di revisione
critica;
l allargam ento della resp o n sa b ilit e della funzione educativa
a tu tti coloro che nei processi di crescita h anno u n a relazione di
fa tto , anche se a tito li diversi; questo allargam ento p e rm e tte la cor-
responsabilizzazione educativa a ttra v e rso il dialogo e il confronto;
n e llam bito delleducazione alla fede, il riferim en to al te rri
to rio e l'allarg am en to di resp o n sa b ilit diventano in serim ento con
tin u o e ap p ro fo n d ito nella chiesa locale, anche p e r quelle istitu zio n i
educative, com e la scuola, che trad izio n alm en te agivano in m odo
autosufficiente:
l'elaborazione di u n p ro g etto educativo, p e r creare u n a p ia tta
fo rm a di consenso, a p a rtire dalla quale realizzare quella condivisione
dei fini educativi, che indispensabile p e r ogni processo prom ozionale;

400
la co rresp o n sab ilit dei d e stin a ta ri del processo, co n sid erati
com e soggetti, a pieno titolo, della p ersonale prom ozione educativa;
l'invenzione di s tr u ttu r e di partecipazione, che ren d an o p r a ti
cabili co n cretam en te queste istanze.
La realizzazione di queste istanze di corresponsabilizzazione e di
p artecip azio n e n o n investe solo le istitu zio n i scolastiche. Anche gli
o rato ri, i cen tri giovanili, le istituzioni associative si m uovono o rm ai
in q u e sta logica. In alcuni contesti, p ro p rio queste s tru ttu re , m eno
rigide, h an n o sp e rim e n tato e h anno p ro p o sto stim oli p a rte cip a tiv i a
quelle p i form alizzate.
L insiem e di queste esigenze e i diversi processi che ne p e rm e t
tono la realizzazione p ra tic a form ano u n m odello di gestione del fa tto
educativo e culturale. E sso si chiam a globalm ente com unit e d u
cativa .

2. Quale comunit educativa

Sulla esigenza di educare in term in i di co m u n it educativa c oggi


u n largo consenso. Se p er ci guard iam o a tto rn o con attenzione c ri
tica, co statiam o che le realizzazioni concrete della c o m u n it educa
tiva sono t u t t a ltro che om ogenee.
Il passaggio dalla sensibilit generica alla p rassi viene in fa tti fil
tra to dalla visione antropologica e teologica di coloro che, nelle isti
tuzioni form ative, di fa tto detengono gi la resp o n sa b ilit educativa
form ale.
Se la com u n it educativa si costruisce a tto rn o alla co rresp o n sa
bilit, si richiede u n a cessione di resp o n sa b ilit (e qu in d i di p o tere
educativo) da p a rte di chi ne h a po ssed u to il m onopolio (alm eno
p e r delega) verso chi si vuole corresponsabilizzare. Se, inoltre, la
co m u n it educativa vuole d ila ta re i confini dello spazio educativo,
p e r farli coincidere con il te rrito rio esistenziale, si richiede u n cam bio
di p ro sp e ttiv a da p a rte d ell'istituzione trad izio n alm en te p ro te ttiv a
e p e r questo autosufficiente e chiusa.
L educazione in p ro sp e ttiv a c ristia n a richiede l accoglienza di u n
p ro g etto di v ita che ci d ato in dono; coloro che sono chiam ati a
testim o n iare questo evento, si sentono dep o sitari di u n a resp o n sa
b ilit che p o tre b b e vanificarsi q uando tro p p o allarg ata. P er questo,
c o rre sp o n sa b ilit e a p e rtu ra non sono m ai dati assoluti, p erch esi
gono il co n fro n to con esigenze irrin u n c iab ili e la grad u alit, sulla m i
su ra dell'oggettiva capacit d interiorizzazione da p a rte dei soggetti.
Ma q u ali sono queste esigenze educative e queste cap acit p e rso
nali? Fino a che p u n to corresponsabilizzare?
Anche se m olti o p e ra to ri vivono questi p roblem i solo a livello
p ratico , le differenti soluzioni a d o tta te p e r m ette re in can tiere la

401
26
co m u n it educativa h anno alla radice qu esti nodi cu ltu rali. Se non
vogliam o rid u rre l'a p p a re n te consenso sulla co m u n it educativa ad
u n dato solo form ale, dobbiam o affro n tare questi nodi: ap p ro fo n
d ire il significato sostanziale della co m u n it educativa, dire cio a
q u a li obiettivi deve tendere e com e deve s tru ttu ra rs i p er p o terli rag
giungere.

2.1. La funzione della c o m u n it ed u cativa sul piano ed u ca tivo

La p rim a annotazione rig u a rd a la ragione di esistenza della co


m u n it educativa.
N on vogliam o risolvere in a s tra tto il p ro b lem a della sua id en tit,
m a, al c o n trario , vogliam o co m p ren d ere m eglio cosa sia la co m u n it
educativa, definendo qual la sua funzione, quali com piti le sono
affidati nel com plesso sistem a educativo.
La n o s tra posizione categorica: u n a co m u n it indispensa
bile nellazione educativa, p erch essa diventa il luogo di riferim en to ,
in tem po di plu ralism o , p er la form azione e l'eventuale cam bio degli
atteggiam enti.
Q uest'afferm azione so ste n u ta da u n 'ip o te si m olto vicina alle
intuizioni di Don Bosco e alla p ra ssi della sua fam iglia. Don Bosco
ci h a insegnato a d a re m olto peso a llam biente com e p rim a e fonda-
m en tale p ro p o sta educativa.
P er m otivare m eglio lafferm azione e com prenderne la p o rta ta
op erativ a, suggeriam o tre stim oli com plem entari. Il p rim o colloca
la co m u n it educativa sul p ian o delloggettivit educativa: insiste
rem o in fa tti sulla necessit di fare della co m u n it educativa u n luogo
in cui si attivino processi fo rm ativi. Il secondo tra d u c e queste istanze
sul piano della p re sa di coscienza soggettiva: nel sostegno della co
m u n it educativa le p ro p o ste si tra d u c o n o in atteggiam enti. Il terzo,
infine, g u a rd a p i al fu tu ro , all'educazione com e progettazione: la
co m u n it educativa pu d iventare lo spazio esistenziale dove ciascuno
diventa capace di p ro g e tta re nuovi sistem i sim bolici.

a) La c o m u n it ed u ca tiva p e r a ttiv a re p r o c e s si fo r m a tiv i


Con il term in e p r o ce ssi info rm ativi, u n poco vago, indichiam o
l'insiem e degli interventi, d ire tti e in d ire tti, m ed ian te cui circo
lano d eterm in ati valori in u n a convivenza educativa. A ttraverso que
sti processi, i m em b ri della co m u n it e n tra n o in c o n ta tto con p ro
p o ste u lte rio ri risp e tto alle loro esperienze, pi ricche del gi acqui
sito. In questo confronto, che coinvolge tu tti, in u n ra p p o rto di dare
e ricevere, si realizza la m atu razio n e delle persone.
P arliam o di processo p erch tu tto questo avviene sul ritm o
dell'esistenza reale del gruppo um ano; quindi sem pre in term in i

402
dinam ici. E di processo form ativo , perch pensiam o ad u n 'o p e
razione prom ozionale.
Ci p rem e sotto lin eare il significato di q u e stazione globale. Con
essa rifiutiam o p e ren to riam en te due ipotesi, che ricordiam o, convinti
che, q uando la co m unit si lascia irre tire in queste secche, abdica
alla p ro p ria funzione educativa.
In prim o luogo si rifiuta di co n sid erare m a tu ra la p erso n a che fa
coincidere il p e r m e con l in s : che non accoglie cio un p rin
cipio di verificazione, se questo proviene dal di fuo ri della sua im m e
d iata esperienza, perch colloca sem pre a llin te rn o del suo sistem a
o del suo gruppo di riferim en to il c riterio di ogni valutazione. evi
den te che chi condivide q u esta p ro sp e ttiv a non riesce a p a rla re di
processi fo rm ativ i e non com prende n ep p u re il pro b lem a della m a
tu rit p ersonale o di gruppo.
Si rifiuta per anche l ipotesi o p posta, quella cio che stu d ia i
processi fo rm ativi unicam ente com e stru m en to p er fa r passare, in
m odo p i efficace, u n a b a tte ria di valori definitivam ente costitu iti.
In questo caso, la funzionalit dei processi fo rm ativ i si m isu ra in
base alla loro efficacia stru m en tale, al fa tto cio che sono pi o m eno
a d a tti a far raggiungere obiettivi estrin seci alla p erso n a e alla com u
n it. I valori sfuggono alla discrezionalit della com unit, delle d u
catore, dei giovani. Sono altrove , al sicuro nei cen tri cu ltu rali,
decisionali, politici o religiosi. La co m u n it educativa s in te rro g a u n i
cam ente sul cosa fare p e r farli p a ssa re pi adeguatam ente [ valori

E ATTEGGIAMENTI ITINERA RIO ].


Definendo com e funzione della co m u n it educativa la capacit di
attiv a re processi form ativi, cerchiam o, al co n tra rio , di elab o rare u n a
reale a lte rn a tiv a a questi due m odelli inadeguati.
Il soggetto delle concrete valorizzazioni (di quel processo cio che
trad u ce i valori in q u ad ri di riferim en to p e r le concrete situazioni di
vita, sollecitando ogni p erso n a ad ela b o rare u n suo sistem a di signi
ficati) sem pre la com unit: tu tte le p erso n e che in essa sanno e sp ri
m ersi in un processo di crescita perm an en te. Nel crogiuolo di q u esto
soggetto vivente, i valori p rendono corpo, in u n a riform ulazione capace
di elab o rare in m odo creativo anche i dati perenni.
A ttraverso i processi form ativi, la co m u n it educativa sollecita
ciascuno ad acquisire quelle conoscenze e quegli atteggiam enti che
determ in an o u n a m a tu ra e seria com petenza professionale , p re
su p p o sto indispensabile p er ogni capacit critica.
Cos, la co m u n it educativa diventa co n cretam en te luogo di so
cializzazione m a tu ra , perch a iu ta a d acquisire le norm e e i com
p o rta m e n ti socialm ente rilevanti, favorendo u n a progressiva e c ri
tica partecipazione.

403
b ) Lo s v ilu p p o dei p ro ce ssi fo r m a tiv i ha bisogno del so steg n o di
un a m b ien te
Quali processi form ativi?
P er il m om ento non aggiungiam o a ltre inform azioni, perch siam o
convinti che non possibile definire in a s tra tto i processi fo rm a
tivi. Il procedim ento c o rre tto u n altro : stab ilire lobiettivo a cui
i p ro cessi devono tendere e scaten are la creativ it della com unit,
p e r decidere i co ncreti processi, p ro n ti a m odificarli sulla m isu ra
dellobiettivo [ -r m e t o d o ] .
R iprenderem o il discorso, indicando alcuni di questi obiettivi,
qu an d o studierem o tra breve lid e n tit e la m a tu rit della co m u n it
educativa.
In questo contesto ci poniam o un pro b lem a p i radicale. neces
sario un am biente p e r attiv a re processi fo rm ativi o possono essere
disciolti nel groviglio del sistem a sociale, affidati ad u n a societ de
scolarizzata ?
La m atu razio n e di u n a p e rso n a si realizza a tto rn o al nodo esisten
ziale degli atteggiam enti: n ellacquisizione di atteggiam enti positivi
(p e r coloro che, com e noi, si isp iran o a llUomo nuovo, Ges C risto:
quelli che co rrispondono agli atteggiam enti fon d am en tali della
fede, speranza, carit), e nel consolidam ento o nel cam bio p ro g re s
sivo di quelli gi interiorizzati.
I processi form ativi si m isu ran o su questo p a ra m etro . La loro
valid it s ta o cade nei term in i in cui sanno p ro d u rre atteggiam enti.
Loperazione di acquisizione, consolidam ento e cam bio non avviene
nel vuoto: essi, al co n trario , m a tu ra n o p e r esperienza e p e r id en ti
ficazione. Definiamo identificazione il processo a ttrav e rso cui una
persona, anche senza esserne c h iaram en te consapevole, giunge a far
p ro p rie qualit, c a ra tte ristic h e e valori, percep iti in u n a ltra p erso n a
rico n o sciu ta com e im p o rta n te e autorevole. I valori che si resp ira n o
nell'istitu zio n e educativa, quelli che s tru ttu ra lm e n te riscu o to n o con
senso, quelli in ca rn ati nei m odelli di riferim ento, sono sem pre la pi
incisiva p ro p o sta form ativa, p erch in canalano i diversi c o m p o rta
m en ti verso il loro consolidam ento in atteggiam enti, a ttra v e rso ap
p u n to il processo d identificazione.
Si richiede quindi u n luogo fo rn ito di sufficiente om ogeneit cul
tu ra le e carico di fascino, p e r risu lta re capace di creare identifica
zione, u n luogo in cui si faccia esperienza di un m odo qualificato di
vivere da uom ini, p e r risu lta re p o sitiv am en te propositivo.
In u n tem po di p luralism o com e il n o stro , m olte istituzioni
fo rm ative si sono rid o tte a crocevia d isartico lato e disim pegnato, in
cui scorrono le p ro p o ste le pi disp arate. E cos scade la capacit
di a ttrazio n e dei m odelli positivi.

404
La co m u n it educativa, se ben com presa e vissuta, pu rap p re sen
ta re invece lindispensabile m om ento di riferim en to e rinforzo sociale.
La co m u n it diventa cos il luogo privilegiato p e r sp erim en tare
in concreto i valori: quelli irrin u n ciab ili, p rese n ti nella m em oria so
ciale della collettivit, a ttrav e rso la m ediazione d ell'ad u lto (p er evi
ta re di c o stru ire il p resen te tagliando i pon ti con il p assato); e quelli
innovativi, facendo della co m unit il crogiuolo di questi valori, m e
d ian te il confro n to critico con m odelli e la p artecipazione ad espe
rienze significative.

c) La c o m u n it ed u ca tiva p e r p r o d u r r e nuovi s im b o li
Se esprim iam o e, in p a rte alm eno, costitu iam o la re a lt a ttrav e rso
sim boli (quelle s tru ttu re significative, cio, m ediante le quali qual
cuno dice qualcosa su qualcosa a qualche altro ), u n im p o rta n te obiet
tivo educativo d eterm in ato dalla cap acit di utilizzare bene i sim
boli e di p ro d u rn e co n tin u am en te di nuovi. In questo uso-produzione
ci si ra p p o rta con la realt, p e r tra sfo rm a rla .
Q u estesigenza coinvolge im m ed iatam en te la co m unit educativa;
in u n co n testo p lu ra lista , essa diventa luogo privilegiato di revisione
critica dei sim boli esisten ti e di elaborazione di nuovi.
N ella co m unit educativa si dicono m olte parole, si u san o quindi
m o lti sim boli. Sono tu tte paro le e sim boli personali, lib e rati? O non
rap p re sen ta n o l eco delle m ille suggestioni in d o tte, che ogni giorno
siam o c o stre tti ad assum ere, n o stro m algrado?
Un c o rre tto processo di revisione c ritic a dei sim boli p rese n ti ab i
tu alm e n te nella com u n it educativa richiede la verifica delle cate
gorie con cui viene com presa, in te rp re ta ta e rila n cia ta ogni provoca
zione che giunge dalla re a lt alla co m u n it educativa; da quella re a lt
da cui non si pu sfuggire e che, p ro p rio p e r questo, fo rm a la m a
te ria irrin u n c iab ile di ogni stim olo educativo.
P e r fare ci, la co m unit educativa utilizza saggiam ente le s tr u
m entazioni adeguate: la dinam ica di gru p p o e l anim azione culturale,
p e r analizzare i processi che h anno com e radice i fenom eni di confor
m ism o di gruppo, le scienze della com unicazione p er v alu tare i di
stu rb i com unicativi, le scienze sociologiche e econom ico-politiche p e r
v a lu ta re i condizionam enti s tru ttu ra li che stan n o alla radice di m o lte
situazioni co m u n itarie [ ^ c o m u n i c a z i o n e s o c i a l e ^ g r u p p o ] .
Allin te rn o di questi processi di coscientizzazione lib eratrice tro v a
spazio la capacit di p ro d u rre nuovi sim boli, sul piano religioso, po
litico-culturale, delle relazioni in te rp erso n ali e dei processi sociali,
lasciando cam po libero alla fan tasia, alla creativ it, alla capacit
inventiva.
A questo livello l'educazione si fa pro sp ettiv a: ab ilita a diventare
uom ini nuovi.

405
In u n contesto di pluralism o, in u n tem po in cui la c re a tiv it si
f a tta tro p p o spesso sp o ntaneism o o in cui affiorano rig u rg iti reg res
sivi, la com u n it educativa diventa indispensabile, perch solo fa
cendo esperienza di questi nuovi sim boli si pu sp erare in u n a nuova
q u a lit di vita.

2.2. Sul piano d e lleducazione alla fede


La co m unit educativa h a p u re u n im p o rtan za irrin u n ciab ile in
ord in e a lleducazione dei giovani alla fede.
Si pu p a rla re in fa tti di u n ra p p o rto s tre tto tra educazione ed
evangelizzazione, solo se si riconosce la po ssib ilit d intervenire,
alm eno in m odo in d iretto , p e r sollecitare, sostenere e far m a tu ra re
la p ersonale decisione di fede [ e v a n g e l iz z a z io n e e e d u c a z io n e ] .
In qu esta p ro sp ettiv a, la com u n it educativa non solo l occa
sione esterna, in cui si sviluppa quel processo so p ra n n a tu ra le
che sfugge alle sue dinam iche, perch coinvolge solo il dialogo m i
sterio so tra la grazia divina e la lib e rt delluom o. E ssa m olto di
pili. Se questo dialogo salvifico avviene sem pre sul ritm o sacram en
tale, servendosi cio di m ediazioni um ane, le dinam iche pro fo n d e
della co m u n it educativa offrono quel sacram en to capace di soste
n e re (o di vanificare) l evento che p roduce e sollecita la fede.
Perch queste afferm azioni n o n restin o nel vago, suggeriam o tre
m ovim enti com plem entari, che costituiscono la co m u n it educativa
condizione della salvezza.
a) C om un it edu cativa e significativit dell'evento salvifico
L evento di Dio che chiam a a salvezza, nella logica d ellin c a rn a
zione, sem pre P arola che in terp ella, risp o n d en d o a dom ande esi
stenziali profonde. Q uesto fatto , vero in ogni caso sul piano ogget
tivo, deve risu lta re soggettivam ente vero, com e h a ric o rd ato anche
Il rin n o va m e n to della catechesi: Con la grazia dello S p irito S anto,
cresce la v irt della fede se il m essaggio c ristian o appreso e assi
m ilato com e "buona n ovella, nel significato salvifico che h a p e r la
v ita q u o tid ian a dell'uom o (RdC 52).
Come si n o ta il docum ento so tto lin ea il peso condizionante (e
q u in d i salvifico; perch sostiene l accoglienza del dono dello S p irito
o ne m otiva il rifiuto) ra p p re se n ta to d a llorizzonte di significativit
soggettiva in cui viene esp erim en tato l annuncio.
Viviam o in un tem po di larga disaffezione religiosa e di fo rte plu
ralism o antropologico. Per m olti giovani la P arola di salvezza non
ra p p re se n ta pi u n a risp o sta alle p ro p rie attese: perch queste attese
sono sta te m an ip o late o perch essa fo rm u la ta in u n inculturazione
lo n ta n a da quella giovanile.
La co m unit educativa, p e r definizione, offre uno spazio d iden
tificazione; e quindi di fo rte significativit. Q uando essa v ib ra anche

406
della Parola di salvezza, quest'evento pu operare in tutta la sua
sconvolgente potenza: la significativit soggettiva perm ette al dono
dello Spirito di far crescere fede e salvezza.
La comunit educativa cosi sacramento di salvezza, perch nella
sua costituzione, nella carica didentificazione e nel clima antropo-
logico che in essa si respira (e cio in questi segni umani, traspa
renti di trascendenza), essa si fa appello ad una decisione esisten
ziale libera e responsabile per il dono di Dio.
R iletta in una logica sacramentale, la comunit educativa risulta
m olto pi che semplice occasione salvifica. N el sacramento cri
stiano, anche se con intensit ed efficacia diversificate, il segno con
tiene sempre la salvezza a cui appella.

b ) C o m u n it ed u ca tiva e s o s te g n o alla vita di fed e


La salvezza dono che richiede unaccoglienza; un'accoglienza
giocata nella quotidianit della propria esistenza, prima che sui gesti
rituali e liturgici. Anche nel sostenere questaccoglienza, la comunit
educativa ha un grosso peso.
Se essa sollecita ad una progettazione di s lontana dagli atteg
giamenti fondamentali che definiscono l uomo nuovo in Ges Cristo,
il suo essere-appello difficilmente riuscir a produrre accoglienza. I l
giovane abilitato ad uno stile di vita non cristiano non riesce
ad accogliere il dono di Dio o, se lo accoglie, lo riduce a sola espres
sione formale.
Quando, invece, nella comunit si respira unaria da nuove crea
ture , perch gli atteggiamenti a cui ciascuno sollecitato corri
spondono a quelli definitivi della fede-speranza-carit teologale, essa
sostiene strutturalmente la decisione di fede. Diventa cos grazia
divina: luogo in cui la potenza di Dio, incarnandosi nelle mediazioni
umane, incontra l'uomo e lo salva.
Anche in questa prospettiva, la comunit educativa m olto pi
che semplice occasione. Essa diventa condizione , sostegno sal
vifico alla decisione di fede. Certo, g li atti cristiani decisivi possono
essere com piuti soltanto personalmente. Soltanto individualmente si
pu credere, sperare, amare, incontrare Dio, come solo individual
mente si pu tentare di sottrarsi a questo incontro. Ma tutte queste
azioni si com piono nel grembo materno della comunit: solo
attraverso essa.
La fede della comunit sostiene e custodisce la nostra debole fede,
la vivifica e la rigenera.

c ) C o m u n it ed u ca tiva e m e zzi sop ra n n a tu ra li ( c e le b ra z io n i


della sa lv e z z a )

Accanto a queste due funzioni intrinseche e come loro espressione


esterna pi tipica, possiamo collocare quel fatto a cui facile pen

407
sare quando si parla deHimportanza della comunit educativa in
ordine a lleducazione dei giovani alla fede.
La tradizione salesiana l ha giustamente sottolineato spesso.
N ello spazio vitale della comunit, i giovani hanno lopportunit
d incontrare la parola di Dio, di celebrare i sacramenti, di spe
rimentare la comunione ecclesiale, quella comunione che radical
mente dono e promessa, oltre la faticosa comunione umana.
Il linguaggio tradizionale chiama spesso questi eventi salvifici
mezzi soprannaturali . N o i preferiam o indicarli come celebrazio
ni di una salvezza che si fa, per dono di Dio, sul ritm o della vita
quotidiana, per evitare quel rischio di ritualismo che ridurrebbe, in
ultim a analisi, la comunit (ecclesiale e quella educativa salesiana
che suo evento) a semplice occasione di processi che la investono
solo indirettamente.
Grosso modo, per, il fatto resta, anche se con sfumature diverse.
Ed una cosa m olto importante, che sottolinea la funzione irrinun
ciabile della comunit in ordine all'educazione dei giovani alla fede.
Il giovane cristiano, incontrando in una comunit, in cui s'iden
tifica gioiosamente, la proposta della Parola di Dio e dei sacramenti,
riesce ad accoglierli come qualcosa d'im portante e di decisivo.
Non bisogna poi dimenticare che queste celebrazioni producono
la salvezza che celebrano. Esse hanno quindi una profonda portata
educativa e umanizzante, perch la salvezza di Dio fa veramente uomo.
Per questo, la comunit che celebra il dono d Dio frequentemente
diventa sempre pi educativa ; sempre pi luogo di esperienza
di un nuovo modo di progettarsi come uomini.

2.3. L unit della fu n z io n e ed u ca tiva e eva n gelizza trice nella c o m u


nit ed u ca tiva

N el progetto salesiano, l'educazione conduce e sostiene l'educa


zione alla fede, mentre la vita di fede diventa un profondo e irrinun
ciabile momento educativo.
Questa reciprocit trova nella comunit educativa il suo momento
di verit; anzi, esso rappresenta la funzione pi tipica della nostra
comunit educativa.
Abbiamo sottolineato come i due momenti, educativo e pastorale,
si richiamino intensamente. La comunit educativa luogo di sal
vezza proprio nello spessore educativo in cui si definisce, per il dono
di Dio che l ha costituita concretizzazione del suo progetto salvifico;
questo spessore umano sispira e si consolida nel riferim ento espli
cito a llevento di Ges Cristo.
Ma tutto questo proposta ai giovani solo quando essi lo spe
rimentano nel vissuto in cui sono immersi: quando cio la sintesi

408
dei due momenti, educativo e pastorale, rappresenta il clima che si
respira e la ragione dellidentificazione.
Fedeli a Don Bosco, noi non integriam o educazione ed evangeliz
zazione solo ripetendo a parole il loro accordo profondo; ma
costruendo uno spazio di vita dove le cose vanno cos. N ella comunit
si fa esperienza che l uomo diventa sempre pii uomo, se sa acco
gliere l'uom o nuovo che Ges Cristo, mentre chi ha accolto questo
dono di Dio lo esprime in una continua passione liberatrice e p ro
mozionale per l uomo.
La funzione della comunit educativa quindi tutt'altro che m ar
ginale, soprattutto per i giovani che vivono in luoghi educativi ed
ecclesiali in cui difficilmente si fa esperienza di questintegrazione
anche a causa dellattuale pluralismo antropologico e teologico.

3. Orientamenti operativi: la comunit educativa al lavoro

Il capitolo sugli orientamenti operativi potrebbe diventare m olto


lungo, perch un argomento come quello su cui stiamo lavorando
coinvolge m oltissim i problem i concreti.
Per evidenti ragioni, dobbiamo fare delle scelte. Privilegiam o per
ci quei temi pii urgenti, sul cui confronto ogni comunit educativa
pu elaborare poi le sue strategie.

3.1. A lla ricerca d i u n 'im m a g in e c o n d iv is a di c o m u n it ed u ca tiva

Abbiam o aperto questo studio con un sospetto: il largo consenso


sulla comunit educativa si frantuma quando ci si scontra sui p ro
blem i concreti della sua gestione. Se la nostra ipotesi vera, dobbia
m o costatare che il pluralismo culturale non rappresenta solo il con
testo in cui sono collocate anche le nostre comunit, ma esso le attra
versa profondamente.
Per realizzare in modo corretto e sufficientemente omogeneo i p ro
cessi di progettazione educativa quindi importante tentare di rag
giungere un'immagine condivisa di comunit educativa.
Sul piano form ale, questo significa definire il grosso nodo del rap
porto tra unit e diversit nella stessa comunit. Sul piano sostanziale
dovrem o poi individuare il nucleo minimo di valori su cui costruire
l unit (ne parlerem o al paragrafo successivo).
N ella comunit educativa matura, aperta e pluralista, non tutti
possono fare le stesse cose e soprattutto queste non possono essere
prodotte allo stesso modo. Lo proibisce il rispetto dellirrepetibilit
personale e il dovere di accogliere il diverso-da-s come proposta di
arricchimento. Lo impedisce il clima di pluralismo: a prescindere
dalla sua valutazione, esso resta un dato con cui fare i conti. D altra

409
parte, non si pu parlare di comunit educativa se non quando si
raggiunge un minimo di convergenza sui valori di fondo e sugli obiet
tivi dell esercizio della comune corresponsabilit.
L unit potrebbe essere ridotta ad unesigenza-limite. In questo
caso trova spazio la diversificazione, ma a scapito della convergenza,
perch essa giocata su dati cosi esigui da risultare inesistenti. Op
pure l'unit potrebbe essere pretesa in unenfasi totalizzante e onni
comprensiva. In questo caso, si brucia la diversificazione, trasfor
mando la necessaria unit in una piatta uniformit.
La soluzione di questo conflitto non sta nel giusto equilibrio ,
incapace di cogliere la radice dei problemi. E neppure pu essere la
sciata ai rigurgiti autoritari o agli espropri soggettivi, perch siamo
in una dimensione costitutiva della comunit.
L unit si costruisce attorno alla condivisione, dialettica e pro
gressiva, di quel nucleo di significati operativi che definisce la no
stra comunit educativa: la sua funzione, la sua identit e maturit.
La diversificazione invece la traduzione operazionale di questo
quadro condiviso. Si tratter di una diversificazione m olto ampia, per
ch sostenuta dalle responsabilit e dalle sensibilit personali, dai
com piti e dalle urgenze educative, in una parola, da quel concreto e
quotidiano qui-ora in cui prendono corpo e si riform ulano valori
e obiettivi.
In questa proposta, unit e diversificazione sono in reciproco rife
rimento: l unit si concretizza nella diversificazione e le diverse ope
razioni trovano un punto di raccordo profondo e di verifica nei valori
costitutivi dellunit.

3.2. Un n u c le o c o n d iv is o di v a lo r i: il p r o g e tto ed u ca tivo -p a sto ra le


salesiano

Per costituire comunit educativa non sufficiente che i m embri


condividano un'immagine di comunit. R idotto cos, infatti, il di
scorso resterebbe prevalentemente sul piano form ale: si condivide
la struttura portante, senza entrare nel m erito dei valori che questa
struttura chiamata a sostenere e a produrre.
Si pu parlare seriamente di comunit educativa solo quando si
realizza una convergenza dinamica anche attorno ai valori che so
stengono il processo educativo. M a proprio qui nascono i problem i
pi gravi, se teniamo presente il fatto del pluralismo e la necessaria
collaborazione interculturale in cui realizziamo il nostro servizio.
Non possiamo elaborare noi un nostro progetto e chiedere l'ade
sione a questo servizio, proponendolo in termini strumentali o di
discriminazione. Ci troverem m o spesso da soli: con un m eraviglioso
progetto tra le mani, ma con nessuno disposto ad accoglierlo. E se
anche trovassimo qualcuno capace di sopportare questa manipolazio

410
ne ideologica, vanificheremmo alla radice la nostra pretesa educativa,
dal momento che per educare si richiede, come dato minimo, la con
divisione dei fini educativi.
Il problem a si complica, quando ci si rende conto che le nostre
istituzioni educative, per fedelt alla loro matrice, hanno irrinuncia
b ili obiettivi evangelizzatori.
Esistono quindi conflitti sulla definizione della funzione educa
tiva, a partire dallimmagine di uomo e di sistema sociale in cui ci
si riconosce. Ed esistono contrasti sull'obiettivo di evangelizzazione
a cui questa funzione chiamata. Non possiamo infatti dare per scon
tata l'esperienza e la domanda di fede, n per i nostri collaboratori
n tanto meno per i giovani che cercano il nostro servizio educativo.
Sul piano pratico, poi, questi contrasti si traducono nel difficile accordo
sulle priorit, sui ritmi, sull'utilizzazione delle strutture, sul signi
ficato da attribuire a formule-chiave come rispetto della persona ,
fare proposte ...
Se le cose stanno cos, possiamo ancora parlare di comunit
educativa? Non m eglio riform ulare tutto sulla logica, pi comoda,
dell'offerta-domanda?
La Congregazione Salesiana, in un momento importante della sua
autoconsapevolezza, ha ridefinito il suo progetto educativo-pastorale
affermando che unautentica evangelizzazione si attua entro un p ro
getto che m ira alla totale prom ozione dell'uomo, allo sviluppo inte
grale del singolo e dei gruppi (CG 21, 81).
Crediamo che in questo orientamento sia possibile riform ulare la
corresponsabilit educativa e pastorale: esso assicura la collabora
zione e quindi costruisce comunit.
Compreso in questa prospettiva, il nostro progetto educativo di
venta luogo di comunione e di confronto, anche tra diversi. Essendo
centrato sull'uomo e sulla sua maturazione integrale, tutti coloro
che sono interessati alla sua form azione risultano i benvenuti. Si ri
chiede la disponibilit a cercare e a servire l'uomo.
Certo, questo non deve risultare qualunquismo pratico: stempe
rando il nucleo valoriale non si fa corresponsabilit n comunit.
Quando si seriamente concentrati attorno a llimpegno di prom uo
vere l uomo, non c sicuramente il rischio del qualunquismo. Anche
perch sappiamo, almeno nella fede, che non possono esistere m olte
definizioni di uomo. C solo l Uomo: la sua immagine un dono
offerto, da ricercare continuamente e collegialmente.
Tutti hanno qualcosa da proporre in questa ricerca, perch tutti
sono gi stati afferrati dallUomo. La nostra comune ricerca la ten
sione, non ancora risolta, a conquistare la sua risposta. Siamo ancora
in ricerca, tutti, perch, afferrati almeno implicitamente (m a sempre
realm ente) dalla sua risposta, cerchiamo ogni giorno con unattesa
pi radicale.

411
Questa disponibilit a cercare, in atteggiamento di accoglienza e
di servizio, determina il nucleo minimale attorno cui costruire la
comunit educativa. Si pu trasbordarlo per eccesso, quando si pensa
di possedere gi tutta la verit e ci si offre come suo venditore pre
suntuoso; o per difetto, quando si rifiuta di concentrarsi sullacco
glienza e sul servizio delluomo. Gli uni e gli altri non possono col
laborare nella comunit educativa, perch non hanno nulla da con
dividere. Ed negata cos la corresponsabilit, alla radice.
Come si nota, il minimo per fare comunit non concepito in
prospettiva di quantit ma d intensit di consapevolezza. Lo sviluppo
di questo germe, che la comunit serve e sollecita in tutti, non avviene
per m oduli aggiuntivi, ma mediante sviluppo, germinazione, passag
gio dall'im plicito al sempre pi esplicito.
Avviene, in altre parole, mediante crescita in umanit, fino a quella
pienezza di s che scopriamo, quando decidiamo gioiosamente di
accogliere Colui che gi ci possiede e cinveste del suo amore.
Questorientamento va storicizzato e concretizzato, ricordando
che ci troviam o in un periodo culturale in cui anche le affermazioni
pi impegnative (come, per esempio, centralit della persona, servizio
a lluomo, promozione integrale ...) possono risultare equivoche, quindi
insufficienti per definire il nucleo minimo da condividere.
Questopera di concretizzazione va realizzata in situazione, tenendo
conto per in modo complementare di questi elementi;
il riferim ento continuo, come criterio decisivo e normativo,
ai documenti scritti e vissuti dalla Famiglia Salesiana: essi determ i
nano il progetto educativo e pastorale salesiano; perci solo nella con
divisione dinamica e progressiva di questo dato si rispetta la sale-
sianit delle differenti comunit educative;
l attenzione a llidentit istituzionale delle nostre opere, anche
n ellinnegabile differenziazione che le caratterizza: diverso il con
senso minimo richiesto per costituire comunit educativa in ambiente
scolastico, da quello richiesto per un centro giovanile e una parroc
chia; diverso ancora quello incarnato in una piccola comunit che
vive nuove presenze in situazione di frontiera;
la responsabilit costituzionale della comunit ispettoriale,
principale garante e testimone della salesianit a livello delle diverse
situazioni locali.
Ritorniam o, per altre strade, ad un tema pregiudiziale in tutto il
nostro studio: la comunit educante per tutti, anche se a titoli
diversi. Perch tutti, giovani, educatori, genitori e forze sociali, sono
in fase di educazione, iniziale e/o permanente. E questa convergenza
educativa assicurata dal contributo che ciascuno offre e riceve
dallaltro.

412
3.3. I so g g e tti della c o m u n it ed u ca tiva

N ella comunit educativa salesiana sono soggetti d ellunico pro


getto educativo e pastorale:
la comunit dei salesiani, come nucleo centrale e animatore
della crescita di tutti verso la responsabilit di risultare qui-ora i
segni e i portatori deUamore di Dio ai giovani;
i giovani, perch, come Don Bosco, sappiamo di dover realiz
zare la missione educativa ed evangelizzatrice (e quindi di dover im
postare il progetto relativo) non solo in mezzo ai giovani e per essi,
ma con loro e per mezzo di loro;
i cooperatori e quegli exallievi che hanno fatto una scelta
educativa dispirazione cristiana (e quindi almeno implicitamente:
una scelta evangelizzatrice); essi allargano la responsabilit anima
trice della comunit salesiana, perch si offrono come testimoni
del progetto educativo di Don Bosco;
i collaboratori laici: insegnanti, animatori professionali nei
settori delle attivit educative, il personale tecnico e am ministrativo;
i genitori dei giovani, che sono i prim i e principali responsa
b ili della loro educazione;
i diversi organismi della chiesa locale;
le forze sociali presenti sul territorio, come prescrivono alcune
legislazioni civili, per aprire fattivam ente la comunit educativa
alla realt e fare della comunit educativa stessa un centro di anima
zione educativa-evangelizzatrice nel territorio.
Certo, questelenco, nella prassi educativa quotidiana, va orga
nizzato in un quadro di riferim ento che suggerisca le precise scelte
di campo della comunit educativa.
Non si tratta infatti di stabilire l'organigram m a di un complesso
produttivo, n tanto meno di elencare i responsabili per dividersi i
com piti gestionali o per controllarne m eglio i canali di comunicazione,
ma di definire gli orientamenti fondamentali della nostra relazione
educativa.
Al centro stanno i giovani, come persone e come condizione, al
cui servizio tutti si pongono.
I salesiani sono allorigine di questo processo di maturazione glo
bale, perch sono consapevoli di esistere per produrre attorno a s
uomini nuovi, dal momento che il loro carisma costitutivo li lancia
in una missione di educazione evangelizzatrice.
La collaborazione e l accordo con coloro che a titolo diverso com
partecipano questa missione non hanno ragioni strumentali, quasi fos
simo costretti a cercare collaboratori perch non bastiamo pi da
soli. Significa al contrario la coscienza pratica che il condividere la

413
stessa vita ci chiede di tradurre in atteggiamento di servizio libera
tore questo stato di fatto.
Siamo inoltre consapevoli che questa collaborazione profonda e
partecipante si pu attivare solo quando tutti diventano capaci di
relazioni interpersonali autentiche.

3.4. L iv e lli d i p a rtecip a zio n e

Abbiam o m olte volte posto l accento su due atteggiamenti quali


ficanti per la vita della comunit educativa: la dinamicit e la ten
sione a crescere. E abbiamo individuato nello stile di animazione lo
stim olo propulsivo di questa crescita.
Possiamo perci dire, con un'immagine, che la comunit edu
cativa si costruisce come una spirale in cui il nucleo centrale allarga
sensibilit e corresponsabilit verso le periferie pi estreme. Questo
fatto importante: per non svuotare la corresponsabilit, vanificando
cos la comunit, e per non annullare la responsabilit educativa,
deprivando cosi la comunit della sua ragione costitutiva.
Queste esigenze, quando sono tradotte in termini operativi, diven
tano la proposta di un m odello differenziato di partecipazione. Si
richiede sempre la partecipazione, anche dei nuclei estremi della spi
rale. Ma si realizza una partecipazione con intensit differenziata,
sulla misura della vicinanza/lontananza dal centro della spirale.
Questa differenziazione non discriminante, perch il nucleo centrale
tende ad allargarsi fino a quelli periferici, mediante un processo di
animazione. E perch il rapporto tra centro e periferia non mai
in una direzione, ma si attua sempre in una logica di reciprocit,
di dare e ricevere nello stesso tempo.
Concretamente, tutto questo comporta una partecipazione a li
velli diversi:
la comunit salesiana garantisce l ispirazione fondamentale del
progetto educativo e il suo influsso reale sulle program m azioni delle
diverse attivit e settori operativi;
questa responsabilit condivisa in modo pieno anche con
tutti coloro che assumono come determinante la finalit evangeliz
zatrice del nostro progetto educativo; per questo i prim i collaboratori
a piena partecipazione sono scelti all'interno della Famiglia Salesiana
e tra le persone capaci d inserirsi in un programma apostolico;
nella comunit educativa trovano conveniente integrazione e
assumono unadeguata partecipazione anche coloro che, senza par
tecipare alla stessa scelta di fede, aderiscono ai valori prom ozionali
d elluomo e agli orientamenti educativi fondamentali del progetto
salesiano;

414
la comunit educativa infine aperta a corresponsabilizzare
tutti coloro che in qualche modo sono sinceramente impegnati per
la prom ozione umana dei giovani, disponibili a realizzare questo in
un atteggiamento di ricerca e di confronto.

3.5. S tr u ttu r e di c o rre s p o n s a b ilit e di p a rtecip a zion e

La comunit educativa ha bisogno di strutture e norme che rego


lino la partecipazione e assicurino la corresponsabilit [ p a r t e c ip a
z i o n e ].
Quando invece la gestione delle riunioni o l impianto operativo
della corresponsabilit comunitaria lasciato troppo al caso, si corre
il rischio d innescare pericolosi processi di manipolazione. Ogni co
munit si crea le sue strutture di confronto e di dialogo. Afferm ata
l esigenza, possiamo perci fare solo degli esempi, ricorrendo a tra
dizioni educative abbastanza diffuse: consigli a livelli diversi, assem
blee, m etodologie per la program mazione e la definizione degli obiettivi
e per la verifica, organi di coordinamento e di decisione ...
Non inutile ricordare che il corretto esercizio di queste strut
ture partecipative richiede una competenza tecnica, da acquisire m e
diante lo studio delle discipline specializzate (la dinamica di gruppo,
per esempio, e l animazione socio-culturale).
Questa fiducia e rispetto degli apparati tecnici rappresenta una
precisa esigenza salesiana, come logica conseguenza della consape
volezza che esiste uno stretto rapporto tra educazione (e relative scien
ze delleducazione) ed evangelizzazione.

4. Conclusione: la comunit educativa soggetto della programma


zione educativo-pastorale

Il pluralismo culturale non solo investe le nostre comunit edu


cative ma le attraversa. Esse ne risultano segnate profondamente
nella loro costituzione e in tutte le loro espressioni operative. L ab
biamo ricordato m olte volte.
Questo fatto ha un peso nei processi educativi e pastorali.
I giovani infatti ricevono proposte diverse, qualche volta persino
contraddittorie. Si confrontano con differenti m odelli duomo, in
teoria e nella quotidiana frequentazione dei loro educatori. Incontrano
esperienze di vita cristiana disomogenee. Sentono parlare dei loro
problem i con toni e con prospettive di soluzione m olto disarticolati.
Anche il loro coinvolgim ento nei processi educativi si realizza con
accentuazioni diversissime.
D altra parte non si pu sognare la riprivatizzazione dellazione
educativa e pastorale: quando gestita in un a tu per tu , indivi

415
dualista e settoriale, i conflitti sembrano smorzati, ma si corre il
rischio dell'autoritarismo, della manipolazione e dellinefficacia pratica.
L'unica soluzione quella prospettata: la comunit educativa come
soggetto a pieno titolo della progettazione e dell'operazione educa
tiva e pastorale.
Comunit come soggetto non equivale a spersonalizzazione, in un
anonimato massificante che rilancia sul collettivo e sullo strutturale
ogni responsabilit.
L'educazione e l'educazione alla fede sono, radicalmente, un processo
personale, anche se si svolgono nel grembo materno di una comunit,
e quindi con risonanze strutturali e collettive. Per questo si educa solo
quando ci si aiuta ad accogliere-rifiutare con piena responsabilit per
sonale il m odello dell'uomo che la comunit efficacemente propone.
E quando si afferma, contro ogni disimpegno, che la comunit pro
positiva nella trasparenza di ogni persona.
I l dialogo interpersonale assicura la dinamicit e la crescita, anche
se innesca conflitti, mentre l'equ ilibrio omeostatico dell'istituzione
pu generare la quiete della morte.
I conflitti sono dentro la comunit educativa. Le assicurano
la vivacit e la rendono aperta al cambio e alla ricerca; la radicano
profondamente nell'oggi giovanile e culturale.
Fare della comunit educativa il soggetto di ogni intervento signi
fica accettare i ritm i lenti di una progettazione che ricerca il consenso
sostanziale di tutti, significa dedicare tempo ed energie per attivaie
il confronto e costruire questo consenso.
Questa prospettiva garantisce per il continuo contrappeso delle
esperienze personali: di coloro che sono lanciati per i temi dell'evan
gelizzazione e di quelli che chiedono una prom ozione progressiva del
l'umano; di coloro che hanno i piedi per terra e di quelli che sognano
ad occhi aperti; dei giovani e di coloro che la vita ha gi arricchito
di un greve bagaglio di esperienze.
L'accordo possibile e la comunit diventa concretamente il sog
getto perch ciascuno serve la crescita di tutti: dona e accoglie,
consapevole che la solidariet salvifica del singolo con gli altri cos
profonda che il suo individuale essere uomo-nuovo non pu venire
separato daH'essere-nella-comumt.

B IB L IO G R A F IA

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T o n e l l i R., G ru p p i giovanili e esperienza di Chiesa, Rom a, L A S , 1983.

417
27
33^___________
LA SOCIET

G u id o G a tti

1. Fede e scienze della societ - 2. La societ nella storia della salvezza - 3. So


ciet umana e Chiesa - 4. L insegnamento sociale della Chiesa - 5. L'uomo e la
societ - 6. Diritti della persona e principio di sussidiariet - 7. La destinazione
universale dei beni; propriet privata e partecipazione - 8. Il solidarismo - 9. La
critica dei sistemi reali e delle loro logiche - 10. Un'educazione liberatrice.

1. Fede e scienze della societ

Ogni progetto educativo si propone di favorire lo sviluppo del


l uomo nella sua umanit. Ogni educazione quindi sempre anche
e soprattutto educazione morale.
Un aspetto assolutamente decisivo dell'umanit delluomo la sua
relazionalit, che fa delluomo un essere della cultura e della societ.
L uomo gioca n ellattuazione della sua socialit la riuscita o il
fallim ento della sua autorealizzazione.
L educazione morale, anche quella che sinscrive nelleducazione
della fede ed quindi oggetto delle sollecitudini delloperatore pasto
rale, non si esaurisce nella form azione deU anima bella , ma per
larga parte form azione del cittadino giusto, delloperatore di pace,
del costruttore leale e creativo della citt terrena . Ogni educa
zione quindi in larga parte educazione delle virt sociali, form a
zione alla vita sociale. Una delle cose che colpiscono di piia n ellacco
stamento della letteratura sui problem i dello sviluppo morale e del
l educazione morale appunto il fatto che tale sviluppo quasi
esclusivamente inteso come sviluppo del senso della giustizia.
Il carattere morale maturo per questi autori non solo con
trassegnato dallautonomia e dalla razionalit ma anche e soprattutto
dallaltruismo, cio dalla capacit di ragionare, decidere e agire met
tendo gli interessi e i bisogni degli altri sullo stesso piano dei propri,
considerando gli altri come persone, cio come fini e non come mezzi.
In questa visione della maturit m orale evidentemente inclusa
una visione della giustizia e della societ.
L operatore pastorale, sollecitato dalla stessa problematica, oggi
cos viva nella nostra cultura, si chiede quale visione della socialit

418
umana, della societ ideale, delle esigenze della giustizia, della soli
dariet e della carit deve ispirare la sua azione educativa.
Si chiede inoltre quanto di questa visione nasce da una pura con
siderazione neutrale deHuomo e della societ, che egli pu condivi-
dere con ogni uomo di buona volont, e quanto di essa non sia invece
tributario della fede e quindi specificamente cristiano.
A questi interrogativi vogliono almeno abbozzare una risposta le
pagine che seguono.
Del soggetto societ si occupano da punti di vista complemen
tari diverse discipline scientifiche, alcune prevalentemente descrittive
(com e la statistica e la sociografia) altre variamente interpretative
(com e la sociologia, la filosofia del fatto sociale, la critica sociale).
Sulla societ si pu fare anche un discorso diversamente proget
tuale (le varie form e di ideologia politica che progettano m odelli di
societ ispirate a diverse scale di valo ri) e norm ativo ( l etica sociale
che prescrive determinati com portam enti sociali come moralmente
vincolanti).
Tutte queste discipline conservano nei confronti della fede e quindi
della teologia una certa a u to n o m ia e p is te m o lo g ic a che naturalmente
tanto pi grande quanto pi esse restano nel polo della mera descrit-
tivit.
Autonom ia epistemologica significa qui che esse hanno un loro
proprio oggetto (la societ umana in quanto fatto em pirico o in quanto
fatto puramente intrastorico) e una propria m etodologia di ricerca
(statistica, sperimentale, filosofica) diversa dalloggetto e dal m etodo
della riflessione di fede.
Questo non significa che la fede non abbia nulla da dire circa il
soggetto societ , ma significa soltanto che ci che dice la fede sulla
societ riguarda dimensioni del fatto sociale che non possono essere
colte da considerazioni puramente empiriche e da nessuna riflessione
razionale che utilizzi dati attinti alla pura esperienza umana.
Ci che la teologia e la fede dicono sulla societ lo attingono
da una form a di esperienza non puramente umana: l'incontro con
la parola di Dio rivolta a noi in Cristo.
I contenuti prim ari di tale rivelazione non riguardano natural
mente una qualche teoria empirica o puramente razionale della so
ciet ma la v o c a z io n e g lo b a le d e llu o m o alla luce del progetto d'amore
di Dio nei suoi confronti; progetto che si viene realizzando, con la
collaborazione dell'uomo, lungo la storia della salvezza.

2. La societ nella storia della salvezza

II fatto sociale, con la sua m ultiform e fenom enologia (la naturale


socialit dell'uomo, le diverse form e storiche di organizzazione so
ciale, la progettazione sociale, l'etica sociale), visto dalla riflessione

419
di fede come ogni altra realt umana, in quanto inserita nella storia
della salvezza e quindi nella parabola c re a z io n e -p e c c a to -re d e n z io n e .
Ricordiam o peraltro che questa parabola non esprime tanto una
su c c e ssio n e c ro n o lo g ic a di e re ma una c o n c re z io n e esistenziale di
stra ti della realt: tutta la realt umana simultaneamente buona
delloriginaria bont creaturale, orientata a Cristo come suo essen
ziale compimento, segnata dalla negativit del peccato, e salvata in
Cristo di una salvezza che recupera la sua positivit creaturale e la
porta ad una pienezza di essere di cui solo Dio possiede il segreto
e la capacit produttiva [ ^ c r is t ia n o ].
La societ non sta comunque dentro la storia della salvezza in
un m odo puramente generico (com e ci stanno in fondo tutte le altre
realt della storia, come l economia, l arte, la tecnica, il sapere uma
n o) ma con una precisa posizione privilegiata.
Sia la radicale socialit delluomo che le diverse form e concrete
di attuazione di questa socialit, cio le diverse realizzazioni storiche
del bisogno umano di convivenza, rappresentano una buona realt
creaturale, non totalmente corrotta dal peccato e redenta da Cristo,
ma oltre a questo esse, pur nei lim iti che sono propri di tutte le
realt umane, vengono utilizzate dalla parola di Dio come ca teg o rie
s im b o lic h e per rivelare alluomo i contenuti della salvezza offerta da
Dio a lluomo in Cristo.
Tale salvezza infatti descritta nella Bibbia con form e di linguag
gio che, direttamente o simbolicamente, fanno riferim ento al fatto
sociale; si pensi a parole ed espressioni come R e g n o di D io , R e g n o
d ei cieli, G e r u s a le m m e n u o va , comunione dei santi, fam iglia dei figli
di Dio.
Ultimamente, la salvezza progettata da Dio per l uomo e in cui si
attua la sua pienezza di essere, di vita e di felicit, consiste in una
c o m u n io n e , in uno stare insieme d elluomo con Dio, ma anche
degli uomini tra di loro, in una comunicazione che supera ogni bar
riera d incomunicabilit e in un rapporto di fraternit e di amore
che supera ogni divisione ed ogni egoismo, e nello stesso tempo ogni
aspettativa di bene e di felicit da parte d elluomo stesso.
Verso questa salvezza l uomo chiamato a camminare nella storia,
realizzando in essa, con un impegno etico ispirato alla fede, form e
sempre solo parziali e im perfette (e quindi p rovvisorie) di convivenza
e di fraternit.
Queste form e di fraternit non sono ancora la salvezza, non sono
ancora il Regno di Dio, ma ne sono u n 'a n ticip a zio n e e una p re p a
razione, qualcosa che costituir la materia del Regno. Di tale fra
ternit, come di ogni altro buon frutto dellumana operosit, ci
detto dal Concilio Vaticano I I che, una volta realizzati nella storia,
li ritroverem o, ma trasfigurati e purificati da ogni ambiguit, quando
Cristo consegner il Regno al Padre (GS 38).

420
3. Societ umana e Chiesa

Di queste anticipazioni-preparazioni della comunione del Regno di


Dio, la Chiesa quella che m eglio rappresenta nel tempo tale regno
transistorico (d i una rappresentativit cos efficace da potersi confi
gurare come sacramentale: la Chiesa infatti sacramento, cio segno
efficace del Regno).
La Chiesa [...] riceve la missione di annunziare e instaurare in
tutte le genti il Regno di Cristo e di Dio e di questo regno costituisce
in terra il germe e l in iz io (LG 5) [ -^ c h ie s a ].
Definita volentieri in passato come s ociet e oggi pi frequen
temente come p o p o lo di Dio, essa rappresenta una form a di co
munione nella carit che, mentre annuncia la fraternit del regno, ne
rende presente come unanticipazione e una prefigurazione credibile.
Pur sottolineando la sua alterit radicale e la sua trascendenza rispetto
a ogni altra form a di societ umana, essa resta un paradigma del posto
della socialit umana e della comunione nel progetto divino di salvezza.
Il regno sar appunto quella comunione che la Chiesa prefigura
ed inaugura: esso ricuperer in una specie di risurrezione ogni form a
storica di fraternit e di comunione; ne rappresenter la trasfigura
zione e il compimento.
Il Regno di Dio quindi in una misteriosa continuit con l impresa
civile dell'uom o nella storia; esso perpetua ma insieme trascende i
valori di fraternit e di amore realizzati dalluomo lungo il tempo;
li trascende perch si costruisce intorno ad una comunione fontale
con Dio che pu essere ultimamente solo un dono di Lui.
Queste sono le grandi linee di una visione teologica e di fede della
societ, nell'am bito della storia della salvezza. Nessuna scienza sociale
pu naturalmente dire qualcosa su queste realt: la dimensione sto
rico-salvifica del sociale sta dentro la storia ma nascosta nel mistero,
allom bra della croce, che nasconde la gloria della risurrezione; ogget
to di una speranza che trova fondamento solo nelle promesse di Dio.

4. L insegnamento sociale della Chiesa

Questo non esclude che la rivelazione getti anche sulle dimensioni


puramente umane una specie di luce riflessa, capace di chiarirne le d i
mensioni etiche e quindi di orientare la progettualit e la critica sociale.
E questo spiega perch la riflessione di fede (attraverso quella
form a di magistero della Chiesa che ha preso il nome di insegna
mento sociale della Chiesa , ma anche attraverso la teologia morale
e un certo tipo di pensiero sociale ispirato, se non proprio dedotto,
dalla fed e) abbia elaborato un suo discorso sulla societ con conte
nuti soprattutto etici, pi o meno separato e non del tutto om o

421
geneo rispetto alle form e di pensiero sociale puramente laico o non
cristiano.
Questo tipo di discorso ha avuto una sua evoluzione lungo i secoli,
che stata massima negli ultim i decenni, in corrispondenza con la
rapidissima accelerazione della storia e con le trasform azioni cultu
rali del nostro mondo.
Quest'accelerazione ha anzi costretto ad un ripensamento cosi
radicale di tale discorso da mutarne nel giro di pochi anni il senso
e l identit, oltre che i contenuti.
Da complesso abbastanza rigido e coerente di dottrine e di princpi
esso si trasform ato in una chiave di lettura della realt sociale, piii
fo r m a le -m e to d a lo g ic a che non c o n te n u tistic a e dottrinale.
Di questa mutazione paradigma il cambio didentit registrato
dalla dottrina sociale della Chiesa , dopo la O c to g e s im a A d v e n ie n s .

4.1. L in se g n a m e n to socia le della C h iesa c o m e d o ttrin a

La dottrina sociale della Chiesa sorta essenzialmente come appli


cazione della m orale cristiana ai problem i della societ. Essa non
nata da un astratto bisogno di sistematizzazione dottrinale: ha voluto
essere la risposta della Chiesa alla cosiddetta q u e s tio n e socia le ,
cio ai problem i sociali sorti con la rivoluzione industriale e con lo
sfruttamento capitalistico da essa occasionato.
Tali problem i parvero consistere soprattutto nei con flitti che la
rivoluzione industriale sollevava tra le classi; questi conflitti rap
presentavano un disordine che bisognava equamente comporre. Il
problem a era quindi di natura prevalentemente m orale ed era appunto
in forza di questa sua indole m orale che la Chiesa si rivendicava una
competenza in questo campo (R N 8). Essa pensava di possedere, co
me maestra autentica dei princpi morali, l unica vera soluzione del
problema. Tale soluzione viene in fondo dal vangelo, ma attraverso
la mediazione di un pensiero m orale e di una dottrina sul dover
essere della societ che, in forza del suo radicarsi nella natura stessa
dell'uomo, viene detta appunto d iritto n aturale .
Per questo m otivo l'insegnamento sociale della Chiesa fini per dar
luogo a una specie di filosofa socia le cristiana (R N 14) o di s o
c io lo g ia ca ttolica (Q A 9).
Con questa dottrina, la Chiesa intendeva precisare i d iritti e i
doveri delle parti in conflitto e quindi delineare i tratti generali di
una societ conform e al vangelo e alla legge naturale.

4.2. L in se g n a m e n to socia le della C h iesa c o m e p ro fe z ia

N ei documenti pii recenti, il magistero sociale della Chiesa ha


com inciato a presentare gradualmente caratteristiche diverse. Non
sono soltanto mutati, attraverso unevoluzione omogenea, rispon

422
dente alle mutazioni del fatto sociale, i suoi contenuti; cambiata
anche la sua stessa id en tit : la Chiesa muove ora da una pi viva
coscienza della solidariet che la lega al mondo; non si sente estra
nea o superiore ad esso, come giudice imparziale tra le parti in lotta;
si sente profondamente inserita nella storia, sottoposta ai suoi condi
zionamenti: condivide le aspirazioni e i drammi dellumanit e desi
dera aiutarla nella realizzazione dei suoi desideri m igliori (GS 4,
OA 1-2). Il suo atteggiamento non quindi solo quello di colui che
insegna ma anche quello di chi umilmente ascolta, di chi riconosce
di avere anche da imparare (GS 44).
I problem i vengono affrontati quindi con una nuova m etodologia
di approccio, improntata ad una lettu ra realistica del fatto sociale
nella sua dimensione storica e quindi di continua trasformazione
(O A 42). L'insegnamento sociale della Chiesa si sviluppa attraverso
una riflessione condotta a contatto delle situazioni m utevoli di que
sto mondo (O A 42).
La Chiesa riconosce il carattere inedito di m olti problem i e i
profon di e rapidi mutamenti provocati dallintelligenza e dallatti
vit creativa d elluomo (GS 4).
Ma la realt sociale ha bisogno di un crite rio di lettu ra e questo
il v a n g e lo : dovere della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e
di interpretarli alla luce del vangelo (GS 4).
Naturalmente la luce del vangelo illumina primariamente solo
la vocazione divina delluomo e solo indirettamente i problem i con
tingenti della societ.
Questo spiega la pi p recisa d elim ita z io n e che l insegnamento so
ciale della Chiesa traccia d ei p r o p r i c o m p iti e la maggiore c o n s a p e
vo lezza che ha d ei p r o p r i lim iti.
II problem a sociale non ammette mai una soluzione definitiva
(P T 53). La Chiesa non intende quindi pronunciare una parola unica
e proporre una soluzione di valore universale (O A 4). Di per s
non spetta alla Chiesa in quanto comunit religiosa e gerarchica fo r
nire soluzioni concrete in campo economico e politico per la causa del
la giustizia nel mondo (S i n o d o d ei V e s c o v i sulla giustizia n el m o n d o ,
n. 8). La Chiesa anzi mette in guardia contro ogni assolutizzazione
ideologica e afferma una netta distinzione tra fede e ideologia (O A 27).
I l presupposto di tutto ci una nuova consapevolezza d.e\\a u to -
n o m ia d elle realt terren e, dotate di leggi e valori propri (GS 36).
Conseguenza di questautonomia sar un certo prevedibile e leg it
tim o p lu ra lis m o di scelte politiche e sociali, com ponibile per s con
l'unit della fede e con l ubbidienza al magistero (O A 46).
Unaltra conseguenza quindi una maggiore resp o n sa b ilizza zio n e
d ei laici in ordine allelaborazione dei progetti e delle scelte sociali;
essi non saranno pi ridotti ad esecutori m ateriali del dettato magi-
steriale ma associati, individualmente a seconda delle loro compe

423
tenze, o con le comunit locali di cui fanno parte, a quella lettura
della societ e a quella ricerca delle soluzioni possibili e doverose
che com pito non pi del solo magistero ma anche di tutta la comu
nit ecclesiale, anzi di tutti gli uomini di buona volont (O A 4).
Il magistero sociale della Chiesa ha assunto pertanto oggi assai
pi il carattere di un in te r v e n to p r o fe tic o , cio di u n istanza c ritic o
lib era trice, operante nei confronti di qualsiasi realizzazione o sistema
sociale stabilito, che non quello di unideologia, ossia di una dottrina
sociale propositrice e legittim atrice di un sistema sociale ben defi
nito, alternativo agli altri, ma pur sempre im perfetto e provvisorio.

5. L'uomo e la societ

Fermo restando quindi che una dottrina sociale cristiana deve


rappresentare, sullesempio dell'attuale insegnamento della Chiesa,
pi una ch ia ve di lettu ra che non un corpo ben definito e coerente
di dottrine essenzialistiche, che scadrebbero troppo facilm ente ad
ideologia, sistematicamente in ritardo rispetto alla perenne novit
del dinamismo sociale sempre immerso nella storia, resta da chie
dersi in quali enunciazioni si possa oggi concretizzare tale chiave
interpretativa, come si possano form ulare i risultati dell'im patto tra
dati di fede e realt sociale, cos come ci sono presentati dallin
segnamento sociale della Chiesa.
Il prim o problema da prendere in considerazione naturalmente
quello del rapporto tra persona e societ. La radicale socialit del
l uomo non qui soltanto un dato di constatazione puramente em
pirica o di riflessione razionale sulla natura umana, un segno della
vocazione delluomo alla comunione con Dio e con gli altri uomini,
comunione che per lui compimento supremo e salvezza trascendente.
La socialit umana, alla luce di questo dato di fede, non pu pi
essere vista in maniera puramente strumentale. Se luomo fatto
p er la societ ( z o n p o litic n come dicevano i greci) non solo
perch un essere povero e pieno di lacune e dimpotenze: la societ
n o n il m ezzo con cui egli soddisfa bisogni individuali cui non ba
sterebbe da solo. D'altra parte la persona umana non a sua volta
l ingranaggio di una grande m.acchina sociale, subordinato a llattua
zione di finalit collettive, che passano sopra la sua testa, rispetto
alle quali essa mezzo invece di fine.
La societ (cio gli altri) non per l uomo un mezzo ma neppure
un fine; n elluno e n ellaltro caso sarebbe compromessa la dignit
della persona umana e la sua essenziale relazionalit.
La societ, in quanto apertura agli altri nellamore, piuttosto
un c o m p im e n to , cio l'unica via della sua autorealizzazione. L'uom o
un essere in divenire e si costruisce nella misura in cui si apre agli
altri, non come un predatore ma come un fratello.

424
6. Diritti della persona e principio di sussidiariet

In questa luce vanno visti alcuni princpi che regolano i rapporti


tra persona e societ.
Il prim o quello che afferma alcuni d iritti fo n d a m e n ta li ed in a
lien a b ili della p e rs o n a u m a n a (d iritto alla vita, all'integrit fisica,
alla cultura, a llinformazione, alla libert di coscienza e di religione,
all'uso di una giusta parte dei beni della terra). In diverse occasioni
e con form ulazioni diverse proclamate dal magistero sociale della
Chiesa, essi sono la prim a conseguenza deUassolutezza (che non
indipendenza o autosufficienza ma non-strumentabilit) e dignit della
persona umana.
Il secondo principio quello di su ssid ia riet per il quale i rap
porti tra lo stato, gli individui e i corpi intermedi della societ devono
essere regolati in m odo da non sottrarre ai singoli e alle societ inter
m edie le competenze che essi sarebbero capaci di gestire, tanto
quanto lo stato che pretende avocarle a s (Q A 35).
Si tratta di spostare il pi in basso possibile nella struttura pira
midale dell'autorit sociale (quindi il pi possibile vicino alla persona
e al suo ambito diretto di decisione e di autonoma operabilit) il bari
centro dell'iniziativa in campo politico-sociale, e quindi anche la fo r
mazione della volont sociale.
Anche questo principio , come si vede, una conseguenza della
non-strumentabilit della persona; ma esso presuppone anche il rifiuto
di una concezione puramente meccanicistica della societ, pensata
come una gigantesca macchina dotata di un unico m ovim ento e gui
data da un centro cibernetico totalizzante, capace di annullare ogni
libert e iniziativa (e quindi ogni valore personale) dei singoli.

7. La destinazione universale dei beni; propriet privata e parteci


pazione

Un principio legato invece alla radicale socialit della persona


umana quello della destinazione universale dei beni della terra e
quindi del ca ra ttere non prim ario ma d e riva to e s u b o rd in a to della
p r o p r ie t p riva ta (in particolar m odo dei beni di produzione o beni
capitali). La propriet privata subordinata appunto a quest'uni
versale ed equa utilizzazione delle risorse economiche da parte di
tutti gli uomini.
Anche qui si afferma da una parte il prim ato della persona sulle
cose e sui princpi astratti (com e il diritto di propriet) ma anche il
carattere solidale e non privatistico di questo prim ato e del dom inio
dell'uom o sulle cose, in cui esso si concretizza.
Uno strumento concreto di questa comune partecipazione di tutti
all'uso dei beni della terra stato spesso visto dall'insegnamento so

425
ciale della Chiesa in una d iversa d is trib u z io n e d ei b e n i che assicu
rasse a tutti la possibilit di possedere una giusta quota-parte di beni
anche capitali; oggi si preferisce dire che al di l della propriet,
intesa come astratta titolarit di un diritto sui beni, quello che conta
xm 'effettiva d iv is io n e d el p o t e r e che essi danno, attraverso form e
(da progettare) di partecipazione da parte dei nullatenenti al potere
decisionale dei grandi organismi econom ici e in particolare della gran
de impresa capitalistica. il problema, non ancora soddisfacente
mente risolto in nessun sistema politico e sociale, della p a rtecip a zio n e
e di unautentica d e m o cra zia eco n o m ic a .
Questi erano i valori che in fondo la Chiesa intendeva difendere
quando difendeva la propriet privata, pur auspicandone sempre
un diverso assetto che ne assicurasse a tutti i vantaggi e le occasioni
di personalizzazione e responsabilizzazione.

8. Il solidarismo

Un ultim o principio deUinsegnamento sociale della Chiesa che


m erita di essere preso qui in considerazione quello che potrem m o
chiamare del solidarismo. Esso vuole essere una form a di e q u ilib r io
d in a m ic o tra le due opposte unilateralit del c o lle ttiv is m o , riduttivo
del valore irriducibile della persona, e d e ll'in d iv id u a lis m o , negatore
della sua essenziale relazionalit. Esso discende quindi dall'afferm a
zione dialettica del carattere insieme assoluto ( = non strumenta
lizzabile) e relazionale della persona [ -^ p e r s o n a ].
Senza negare l esistenza della conflittualit all'interno della so
ciet, anzi riconoscendo ad essa un certo carattere positivo, se oppor
tunamente incanalata e disciplinata, esso tiene conto della solidariet
reale che unisce, lo vogliano o meno, gli uomini tra di loro, per il bene
com e per il male, cos che i loro interessi, se sono entro certi ambiti
concorrenti e tali da dividerli oggettivamente, sono insieme anche e
insuperabilmente complementari, cos da farne degli alleati obbligati.
Di qui l'appello ad un impegno etico per la disciplina e l'autodi
sciplina dell'inevitabile conflittualit, attraverso canali istituzionali
di esercizio (la com petizione politica democratica, la com petizione
ideologica, lo sciopero, ecc.) e attraverso una normativa etica che le
impedisca di travolgere il fragile tessuto della solidariet sociale
con esiti negativi per tutti.
Il solidarismo postula quindi una solid a riet dina m ica , sollecitata
dal conflitto alla ricerca continua di form e di attuazione concreta di
un'organizzazione della societ che sia pi giusta e pi rispettosa
dei d iritti di tutte le persone e di tutti i gruppi sociali.
Tale solidariet-verso'la-giustizia pu essere conseguita solo con
l incontro e la composizione non violenta delle istanze contrastanti,
in una progressiva co n v e rg e n z a -d a l-b a s s o d'interessi comuni o com

426
plementari, di compromessi ragionevoli, di pacificazioni almeno p rov
visorie, attraverso cui le parti in causa accettano ognuna di confron
tare lealmente le proprie istanze con quelle contrapposte e rinunciano
ad afferm arle nella loro astratta integrit per accettare una com posi
zione che perm etta la realizzazione del bene superiore di una convi
venza ordinata e pacifica.
Tale principio dovrebbe presiedere alla dialettica, sempre inevitabil
mente un po' conflittuale, tra le varie classi {in te r c la s s is m o d in a m ic o ).

9. La critica dei sistemi reali e delle loro logiche

A questo punto necessario precisare ancora una volta che queste


linee dottrinali non costituiscono in nessun m odo quello che si suole
chiamare unideologia politica, cio un preciso m odello norm ativo
di societ, gi immediatamente realizzabile e universalmente valido,
e tanto meno una qualche strategia politica o l'appoggio a un qualche
m ovim ento politico storico.
Esse rappresentano piuttosto un criterio in base al quale ogni
ideologia politica, ogni strategia di lotta politica e ogni concreto m o
vim ento politico sono giudicati insufficienti. Si tratta cio di ch ia vi di
lettu ra critica del fatto sociale, premessa indispensabile ma non suffi
ciente per ogni progettazione ed azione politica. In d is p e n s a b ile per
ch senza l'identificazione esatta dell'anello che non tiene non pen
sabile alcuna azione politica trasform atrice e liberatrice; n o n suffi
c ien te perch un progetto sociale non pu mai essere ottenuto solo
per via deduttiva da princpi e da ispirazioni di natura etica; esso
include valutazioni e scelte che non sono mai pre-contenute in nessun
sistema globale di pensiero.
Il magistero stesso non si peraltro accontentato di fornire le
chiavi interpretative di questa lettura critica; ne ha fornito degli
esempi concreti con i suoi pronunciamenti nei confronti sia del ca p i
ta lism o reale (iv i compreso il n e o -c a p ita lis m o o capitalismo delle
societ industriali avanzate) sia del s o c ia lis m o reale.
Questa lettura critica non si ferm ata ad un'indicazione empirica
delle insufficienze delle concrete attuazioni dei due massimi siste
m i , diventata d en u n cia d elle c o n tra d d iz io n i in tern e, e si direbbe
essenziali, delle opposte logiche operative.
Cos la critica del capitalismo denuncia del carattere irrazio
nale del suo impersonale sistema cibernetico: il mercato cosiddetto
libero; denuncia del carattere individualistico del suo criterio e
m otore di sviluppo; le esigenze del profitto e la propriet privata
dei mezzi di produzione; denuncia infine della subordinazione del
l uomo alle cose, im plicito in tutta la sua logica.
Del socialismo viene denunciata l intima, e anche qui si direbbe
insuperabile, connessione tra la collettivizzazione consequenziale del

427
la vita economica ed un totalitarism o politico, ideologico e culturale
che trasforma l'uom o in un ingranaggio meccanico della societ,
onnicontrollato da uno stato che, per non avere pi in s lim ite alcuno
ai suoi poteri, non pu pi essere considerato stato di d iritto ,
al servizio delluomo.
La critica di ambedue i sistemi reali esistenti e l'abbandono
della pretesa di proporre un proprio progetto di societ come alter
nativa altrettanto reale nei loro confronti potrebbe portare al qua
lunquismo o a una specie di nichilismo amaro e senza speranza nella
misura in cui sembra togliere respiro alla trasformazione sociale
chiudendo ad essa ogni prospettiva immediata e garantita di successo.
In realt la trasformazione sociale cui spinge la fede si apre su pro
spettive di un fu tu ro diverso , non immediatamente configurabile e
raggiungibile; una vera e propria terza via che non sta per accanto
alle altre due, come alternativa reale ed immediata, ma sta al di l di
ogni concreta via e di ogni concreto progetto od attuazione sociale.
N on ci si arriva scegliendo uno tra i progetti esistenti, magari perfe
zionandone l'efficienza e quindi potenziandone in realt la logica per
versa, ma facendo valere nei loro confronti la critica liberatrice del
vangelo e la testimonianza profetica della fede. Critica e testim o
nianza che non restano evasive nella misura in cui accettando, senza
assolutizzarlo, l'interm edio e il provvisorio, si protendono attiva
mente (con la progettazione dell'inedito, con la sperimentazione con
tinua e la verifica coraggiosa di ogni sperimentazione) verso form e
di organizzazione sociale che siano prefigurazioni credibili del Regno.

10. Uneducazione liberatrice

Per la realizzazione di alternativa radicalmente diversa,


ancora nascosta nelle pieghe del futuro ma gi urgente con la forza
dei problem i irrisolti, gi oggetto della tensione utopica, anche se
non gi immediatamente program m abile come obiettivo di un'azione
politica a breve periodo, pi im portante che non lazione diretta
sulle strutture, pure necessaria (e comunque non direttamente dedu
cibile dalla fede), la sensibilizzazione previa delle coscienze [ edu
c a z io n e ].
Oggetto ultim o di ogni trasformazione sociale la creazione di
un uom o nuovo. Il credente pensa che esso non sar il risultato auto
matico di una qualche strutturazione ottim ale della societ, ma potr
essere forgiato solo con una paziente azione educativa.
Educare alla giustizia e alla fraternit pi importante che fare
giustizia e creare strutture di fraternit, anche se non si pu educare
veramente senza fare e senza coinvolgere nellazione.
Si suole dire oggi che l educazione sociale che deve creare le
premesse d elluomo nuovo e di un mondo nuovo deve essere una

428
ed u ca zio n e libera trice. Si vuole dire con questo che l educazione so
ciale non deve risolversi in una qualche form a di socializzazione, cio
di plagio, avente lo scopo di form are difensori integrati ed acritici
di un qualunque sistema.
Una simile educazione non tende a cambiare la societ e tanto
meno l uomo ma vuole form are unicamente l'uomo come lordine
stesso lo vuole, fatto cio a sua immagine; non un uomo nuovo
bens la riproduzione dell'uomo cos come (S i n o d o d ei V e s c o v i
sulla giustizia n el m o n d o , n. 10).
L'educazione liberatrice esige invece il rinnovamento del cuore,
basato sulla conoscenza del peccato, nelle sue manifestazioni indivi
duali e sociali .
Per questo necessario risvegliare la fa colt critica che porta
a riflettere intorno alla societ nella quale viviam o ed ai suoi valori,
preparando gli uomini ad abbandonare definitivamente quegli stessi
valori quando cessano di essere utili agli uomini (I b i d . ).
La capacit critica cui si deve educare non peraltro quella che
si esaurisce in stereotipi ideologici, diventando propaganda faziosa
e manichea e quindi legittim azione ideologica di un'altra violenza
e di un'altra oppressione.
Veramente liberatrice quella critica che include la revisione con
tinua e spassionata degli stessi interessi, schemi e pregiudizi propri,
del proprio gruppo e del proprio partito preso .
Liberatrice solo quella critica che accetta di farsi progettazione
realistica, attraverso il ca lcolo o n e s to d elle p o ssib ilit e d elle c o m p a
tibilit p r e s e n ti e la coerenza tra mezzi e fini.
Liberatrice quindi quell'educazione che rimane c o n tin u a m e n te
ap erta al fu tu ro , che insegna, pi ancora che cose nuove, il m etodo
per restare discepoli delle cose, disponibili allinedito che ci viene
incontro dal futuro.
Una simile educazione naturalmente soprattutto educazione
morale, cio tra sm issio n e d ei valori.

B IB L IO G R A F IA

A u b e r t J.M., M ora le sociale p ou r notre temps, Paris, Descle de B ro u w e r,


1970 (trad. it.: M ora le sociale, Assisi, Cittadella, 1972).
D i'e z - A le g r ia J.M., La teologia di fron te alla realt storica, A s s is i, C it t a
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N o d a r i M .V . ( E d . ) , Fanciullo e societ, Vicenza, E d . d e l Rezzara, 1980.
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R a w l s J., A theory of justice, Cam bridge M ass., H a rv a rd Press, 1978 (trad .
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R o d r i'g u e z F., Sociedad y persona. Salam anca, Im p. K ad m o s , 1979.
S o r g e B., Capitalismo, scelta di classe, socialismo, Rom a, Coines, 1973.

429
34.
CHIESA

E m ilio A lb e r ic h

1. Unit e pluralit di significato del termine Chiesa - 2. Incidenza pasto


rale-educativa della Chiesa - 3. La svolta del Vaticano I I - 4. Per unesperienza
di Chiesa pastoralmente e pedagogicamente significativa - 5. Interiorizzazione
e maturazione del senso della Chiesa - 6. Una Chiesa da costruire.

1. Unit e pluralit di significato del termine Chiesa


Ogni riflessione pedagogica e pastorale in riferim ento alla realt
della Chiesa esige in prima istanza un chiarimento sul significato o
significati del termine Chiesa.
Dal punto di vista che qui interessa, va segnalato anzitutto l uso
m olto im proprio, ma tanto frequente, di riferirsi con la parola
C h iesa a elementi o livelli parziali della Chiesa stessa, com e per
esempio: il Papa, i vescovi, la curia romana, i documenti del magi
stero, e simili. In un senso teologicamente pi esatto e pastoralmente
pi fecondo si parla di Chiesa invece per indicare, nella variet delle
sue realizzazioni, la c o m u n it c re d e n te in C risto , nella totalit delle
sue componenti e nella variet delle sue funzioni, carismi e ministeri
che lo Spirito vi suscita.
Cos intesa, la realt della Chiesa si esprime e si realizza a d iv e rs i
live lli d'incarnazione storica: come Chiesa u n iversa le, come Chiesa
p a rtic o la re in una regione o nazione (p er esempio: la Chiesa latino
americana, la Chiesa spagnola), come Chiesa loca le presieduta dal
vescovo (d iocesi) e come articolazione all'interno delle chiese locali,
soprattutto nelle form e delle p a rro c c h ie o chiese presbiterali. Altre
espressioni intermedie della realt ecclesiale (com e per esempio: gli
istituti religiosi, le associazioni e movimenti, i diversi gruppi e co
m unit) sono legittim e incarnazioni della Chiesa, ma sempre in rife
rimento di appartenenza e di comunione coi livelli fondamentali
sopra indicati.

2. Incidenza pastorale-educativa della Chiesa

In riferim ento allambito concreto di attivit educativa e pasto


rale, il tema della Chiesa appare im plicato almeno in tre im portanti
momenti o aspetti del progetto operativo: come m e to d o e lu o g o di

430
educazione (nella form a soprattutto dell esperienza di Chiesa ),
come o b ie t t iv o educativo personale (acquisto e interiorizzazione del
senso della Chiesa ) e come m eta p a stora le globale (il proget
to di Chiesa da costruire).
a ) In prim o luogo, un progetto educativo-pastorale cristiano, e
tanto pi se anche salesiano, ritiene essenziale portare a matura
zione la dimensione ecclesiale della crescita cristiana, attraverso una
in ten sa e c o n v in c e n te esp erien za d i Chiesa, cos come appare chiara
mente nella prassi di Don Bosco e nella tradizione salesiana. Espe
rienza vuol dire immediatezza, realt vissuta e sperimentata, og
getto di riflessione e di espressione, luogo concreto di verifica e di
confronto [ - ^ l 'e s p e r ie n z a , m e z z o e d u c a t iv o ].
Nom inare questimportante esigenza educativa significa pure ve
der affacciarsi gli aspetti problem atici della realt concreta, nellefFet-
tiva prassi educativa e pastorale degli ambienti educativi: quale espe
rienza di Chiesa viene realmente offerta? come vengono testimoniati
e vissuti i valori della comunione, d elluniversalit ecclesiale, della
apertura ecumenica, della solidariet missionaria? come vengono su
perati i pericoli d'isolamento auto sufficiente, di unilateralit opera
tiva, di trionfalism o istituzionale?
b ) In secondo luogo, la tradizione e lo spirito salesiano sono
anche unanimi nel considerare obiettivo essenziale del lavoro educa
tivo-pastorale l in teriorizza zion e di u n m a tu r o sen so della Chiesa.
Attraverso Y esp erien za della Chiesa deve maturare quel sen so della
C h iesa che fa di ogni cristiano un m em bro convinto e responsabile
allinterno della comunit ecclesiale.
Non mancano, alla luce dell'esperienza, form e chiaramente inade
guate di vivere la propria appartenenza ecclesiale. M olto spesso do
mina tra i giovani un atteggiamento di contestazione, di critica e per
sino di rifiuto nei confronti dellistituzione ecclesiale. Altre volte, e
forse pi frequentemente, c semplicemente indifferenza, disaffezione,
totale mancanza dinteresse per la Chiesa e i suoi problem i. Oppure,
quasi a llopposto, ci possono essere form e poco convincenti e imma
ture d'identificazione ecclesiale, com e lentusiasmo ingenuo e acri
tico, il trionfalism o apologetico, l esaltazione unilaterale di alcuni
gruppi o movimenti, ecc. Sono problem i e situazioni che sollecitano
un chiarimento concettuale e un ripensamento del proprio progetto
educativo.
c ) A un terzo livello di considerazione, la Chiesa diventa pure
in quanto ogni attivit o program mazione
o b ie t t iv o p a stora le g loba le,
pastorale-educativa si pone anche necessariamente come portatrice
e stim olatrice di un certo p r o g e tto d i Chiesa. In form a pi o meno
consapevole, si sempre prom otori di un determinato m odello eccle
siologico, sia esso semplice conservazione del m odello esistente o

431
prospettiva di una Chiesa diversa, rinnovata. La qualit del progetto
perseguito qualifica anche, evidentemente, il program ma pastorale
o educativo intrapreso.
Anche a questo riguardo sorgono spontanee alcune domande:
q u a le C h iesa si vuole effettivamente costruire? qu a le p r o g e tto di
rinnovamento ecclesiale merita davvero di venire form ulato e pro
mosso? Anche qui non mancano posizioni inadeguate, insoddisfacenti.
Per esempio: concepire la prassi pastorale in funzione conservatrice,
restauratrice, al servizio di un m odello di Chiesa che viene dal pas
sato e che si vuole immobile, insensibile ai richiami della grande
svolta conciliare. Oppure, spingere talmente la dimensione impegna
tiva del servizio della Chiesa al mondo da far perdere di vista l iden
tit dellautentica missione ecclesiale. Oppure, concepire la m ili
tanza cristiana in term ini di crociata o di rivendicazione di diritti,
di fronte alla societ civile, in term ini pi di attaccamento a posi
zioni di potere che di servizio al bene di tutti. Sono aspetti svariati
di una complessa problematica che invita per allanalisi accurata dei
propri obiettivi operativi e a un ripensamento sincero dei propri
orizzonti ecclesiologici.

3. La svolta del Vaticano II

Entrare nel m erito delle questioni form ulate sopra significa anzi
tutto domandarsi qu a le m o d e llo d i C h iesa sta effettivamente a monte
dei nostri progetti e attivit pastorali. Ora, a questo proposito fon
damentale richiamarsi aU'ecclesiologia del Concilio Vaticano I I e alla
profonda svolta che ha rappresentato in questo campo.
Anche se il Vaticano I I non ha assunto propriamente nessun mo
dello ecclesiologico particolare, si pu dire senzaltro che esso segna
la fine di una certa c o n c e z io n e ecclesiolog ica , a dominante istitu zio
nale e giuridica, propria deHepoca preconciliare. quellecclesio
logia, chiamata anche g iu rid ico -sto rica , o anche gerarcologica
(Congar), che prevale dal secolo x iv al Vaticano II, e appare caratte
rizzata dallattenzione al polo gerarchico della Chiesa, dal predom inio
del concetto di societ perfetta e dalla pratica identificazione della
Chiesa col Regno di Dio. una visione fortem ente piramidale della
Chiesa, dominata cio dalla marcata d isuguaglianza tra i m embri
della Chiesa e dalla rigida contrapposizione tra gerarchia e popolo,
tra Chiesa docente e Chiesa discente , m olto centralizzata (la
Chiesa concepita come unistituzione universale diretta dal governo
centrale di Rom a), facilmente dominata da mentalit trionfalista e
apologetica, e quindi in atteggiamento prevalentemente polem ico e
negativo nei confronti delle altre confessioni, religioni e ideologie.
A proposito di questa visione ecclesiologica, cui il Concilio ha inteso

432
porre fine, ci sono da dire almeno due cose, strettamente collegate
coUinteresse di queste pagine. Anzitutto, che questo m odello di Chiesa
era quello fortem ente dominante nel secolo scorso, specie nel ponti
ficato di Pio IX, e quindi presente anche in form a evidente nel pen
siero di Don Bosco. Questo fatto obbliga i salesiani a interpretare
in fo r m a d in a m ica la loro fedelt al Fondatore. Non si tratta cio
di ripetere o conservare una visione di Chiesa in gran parte superata,
ma di ripensare lo slancio apostolico di Don Bosco nel nuovo con
testo ecclesiologico del Vaticano IL
La seconda osservazione riguarda la suddetta concezione eccle
siologica, che, anche se ufficialmente corretta e superata dal Concilio,
c o n tin u a di fa tto a essere p re s e n te nella mentalit e nella prassi di
moltissim e persone e gruppi, data la lentezza e difficolt di recezio n e
del Concilio e delle sue istanze pi decisive. Di qui l esistenza di tanti
conflitti e tensioni, anche in campo educativo-pastorale, e la necessit
di adoperarsi per un effettivo rinnovamento della mentalit teologica
degli operatori e responsabili.
Di fronte al m odello ecclesiologico giuridico-istituzionale, il Con
cilio ha inteso presentare una visione rinnovata della Chiesa, che
pu essere chiamata globalmente ecclesiologia d i c o m u n io n e e di
s e rv iz io , di cui possiamo richiamare sinteticamente alcuni tratti
caratterizzanti:
prevalenza dellaspetto c o m u n io n a le sulla dimensione g era r
chica, con la relativa accentuazione della fondamentale eguaglianza
di tutti i m embri della Chiesa (LG 32) e con la valorizzazione dei
ca rism i e m in is te ri vari della comunit (LG 12) (ecclesiologia di co
munione);
visione u n iversa listica della salvezza, non lim itata ai confini
della visibilit ecclesiale, ma diffusa in tutta l estensione dell'umanit
e della storia, dovunque all'opera col suo dinamismo lo Spirito di
Cristo (L G 16): il concetto di Chiesa come sacramento universale
di salvezza sottolinea la nuova visione del rapporto ecclesiale con
la totalit del progetto salvifico;
d istin zio n e tra C h iesa e R e g n o d i D io , di cui la Chiesa segno,
prim izia e popolo testimone (LG 5): in questa luce appare anche
rinnovato il rapporto Chiesa-mondo, inteso soprattutto in chiave di
servizio e testimonianza (ecclesiologia di servizio);
nuova visione delle c o n fe s s io n i cristia n e n o n ca ttolich e, delle
cristia n e e delle istanze cu ltu ra li m o d e rn e , in clima,
relig io n i n o n
non di contrapposizione, ma di dialogo e collaborazione;
consapevolezza del carattere s to ric o , p e re g rin a n te e im p e r fe tto
della Chiesa nel tempo, che appare, s, santa, ma anche bisognosa di
purificazione, e quindi al di l di ogni esaltazione trionfalistica (LG 8).

433
28
alla luce di questo rinnovato m odello di Chiesa che vanno esa
minate e ripensate le questioni riguardanti la dimensione ecclesiale
del progetto educativo e pastorale salesiano.

4. Per unesperienza d Chiesa pastoralmente e pedagogicamente


significativa

Nella cornice dei lineamenti ecclesiologici del Vaticano I I non


solo possibile, ma doveroso riesaminare i differenti aspetti d e ll'e s p e
rienza d i C h iesa che effettivam ente viene vissuta e promossa nei
diversi ambienti operativi salesiani. L'operazione diventa tanto pi
urgente in quanto, proprio nella fedelt alla tradizione salesiana,
l accento non va messo tanto sul m o d o e i term in i con cui si parla
della Chiesa, quanto sulla rea le esp erien za di Chiesa che l intera
comunit fa e trasmette. Ora, di quest'esperienza rinnovata di Chiesa
possibile esplicitare alcuni aspetti qualificanti, da augurare sempre
presenti.
a) Anzitutto la tensione verso il progetto del Regno, intesa come
a tte g g ia m e n to d i s e rv iz io al m o n d o , per la prom ozione globale di
tutti gli uomini, con preferenza per i pi poveri e abbandonati. Questo
suppone l abbandono di posizioni ecclesiocentriche , che mettono
la Chiesa al centro dellinteresse (attenzione prevalente a chi gi
dentro della Chiesa, alle proprie opere, alle attivit intra-ecclesiali)
e trionfalistiche (difesa a oltranza d elloperato della Chiesa, auto
esaltazione, spirito di crociata, ecc.), per dimostrare soprattutto la
p a ssio n e p e r l 'u o m o e per la sua lib era zio n e in tegra le da tutte le fo r
me antiche e moderne di schiavit e di asservimento [ -r p r o m o z io n e
in t e g r a l e ] .
b) In secondo luogo un'autentica esperienza di Chiesa deve avere
il carattere della globalit, del rispetto cio della totalit d elle e s p re s
s io n i della realt ecclesiale. Ci vogliam o riferire soprattutto alle tipi
che fu n z io n i o m ed ia zio n i ecclesia li che costituiscono il tessuto con
creto dei segni manifestativi della Chiesa come inizio del Regno e
sacramento universale di salvezza:
il segno d e ll'a m o r e -s e r v iz io , o segno della diaconia, come testi
monianza di un m odo nuovo di amare e di servire, in una societ
dominata dallegoismo e dal dom inio deHuomo sull'uomo: l espe
rienza del segno della diaconia si vive in manifestazioni concrete di
dedizione e dimpegno capaci di rendere credibile l'annuncio evan
gelico del Dio dell'am ore e del Regno dellamore;
il segno della c o m u n io n e -fra te rn it , o segno della k oinonia,
come testimonianza di un modo nuovo di convivere e di stare insieme
da fratelli, di fronte alla logica dellambizione, della ricerca del po
tere e della sopraffazione: l esperienza del segno della koinonia com

434
prende la possibilit di sperimentare la fraternit, il rispetto delle
persone, l accoglienza, la partecipazione, la comunicazione, nel supe
ramento delle diverse form e di autoritarismo, d'isolamento, dintol
leranza, ecc. [ ^ COMUNIT e d u c a t iv a ] ;
il segno d e ll'a n n u n c io e della p a ro la ecclesiale, come testim o
nianza gioiosa del messaggio evangelico e confessione esplicita di
Cristo Signore come salvatore e punto di riferim ento essenziale della
vita e della storia: la testimonianza vissuta di una fe d e con ta g iosa
che si presenta come parola liberante e significante, come risposta
ai pili profondi interrogativi deHuomo, come fonte continua di signi
ficato e di speranza;
il segno della litu rgia e della p regh iera , come insieme cio di
riti e segni manifestativi dellesperienza cristiana come esperienza di
liberazione e di salvezza: la liturgia diventa luogo privilegiato della
esperienza di Chiesa quando riesce ad esprimere, attraverso il lin
guaggio totalizzante della celebrazione, la pienezza e la gioia di una
vita cristianamente illuminata e trasformata.
Unesperienza significativa di Chiesa deve comprendere in fo r m a
linsieme di questi quattro momenti m anife
eq u ilib ra ta e a rm o n ica
stativi della missione ecclesiale, senzindulgere a form e esasperate
di polarizzazione parziale (p er esempio: privilegiando in modo quasi
esclusivo qualcuno dei momenti, o escludendo praticamente l eser
cizio di qualcuno di essi, ecc.). Naturalmente, rimangono sempre
aperti non pochi problemi, sia nel m odo di articolare l insieme delle
diverse funzioni ecclesiali, sia nel m odo concreto di realizzare e rin
novare ognuna di esse.

c) In terzo luogo, l esperienza di Chiesa include necessariamente


anche la realt complessa e differenziata d e ll'a p p a ra to istituzionale,
col suo intreccio di organismi, dicasteri, gerarchie, burocrazie, ordina
menti, ecc. una realt di cui non si pu fare a meno, ma che va
sempre sottomessa al vaglio purificatore del discernimento ecclesiale,
alla luce delle istanze evangeliche e, nel nostro caso, degli orienta
menti conciliari. Qui c campo aperto per un sincero esame di co
scienza e per un illuminante e coraggioso intervento educativo, tanto
pi urgente in quanto qui si trova di fatto uno degli elementi deter
minanti della crisi del senso della Chiesa e d ellappartenenza eccle
siale di m olti giovani. Qui si trova anche un importante banco di
prova per un impegno educativo che non deve indulgere n a trion
falism i n a disfattismi, ma mostrare obiettivit e coraggio profetico
nel prospettare una Chiesa pi libera, pi povera e pi fedele alla
sua identit profonda.

435
5. In teriorizzazione e m aturazion e del senso della Chiesa

Come obiettivo educativo e pastorale, la maturazione del s e n so


d ella C h iesarappresenta un traguardo fondamentale da collocare al
l interno di ogni progetto educativo salesiano. Esso fa parte del dina
mismo della crescita cristiana, com e dimensione integrante dellespe
rienza globale di fede e di vita. Come obiettivo educativo e pastorale,
pu essere approfondito ed esplicitato, tenendo conto delle indica
zioni ecclesiologiche del Concilio e delle specifiche esigenze di ogni
crescita umana verso la maturit. Appartengono in questo senso alla
crescita equilibrata del senso della Chiesa:
a ) l acquisto e maturazione del s en so di a p p a rten en za alla Chie
sa, attraverso un processo didentificazione affettiva e operativa che
perm etta al soggetto di sentirsi m em bro in senso pieno e responsabile
della comunit ecclesiale, ai suoi diversi livelli di espressione;
b ) l aumento progressivo della c o n o sc e n z a e a m o r e nei riguardi
della realt ecclesiale: si presuppone cio un approfondim ento pro
gressivo nella conoscenza della tradizione, della storia e delluniver
salit della Chiesa, in modo da apprezzarne sempre meglio le mani
festazioni svariate e approfondirne l amore;
c ) l approfondim ento del m is te r o p r o fo n d o della Chiesa, in m o
do da cogliere il nucleo interiore della sua realt, come opera dello
Spirito e corpo di Cristo: nella linea di quest'approfondimento c
la maturazione del senso della fede nel mistero della Chiesa: c re d o
E c c le s ia m I;

d ) la crescita nel senso di p a rtecip a zio n e resp o n sa b ile e nello svi


luppo di un equilibrato sen so c r itic o : non c autentico senso della
Chiesa senza la disponibilit generosa alla partecipazione nei diversi
m omenti e livelli dellattivit ecclesiale, superando latteggiamento
consumistico o passivo di fronte alla realt ecclesiale; ma v i appar
tiene anche un equilibrato senso critico, che permetta il discernim*ento,
la valutazione differenziata, il giudizio sereno, il coraggio della denun
cia, la dialettica dellopinabile, a llinterno della vita della Chiesa;
e ) l apertura a V im p e g n o e c u m e n ic o e m issio n a rio , come parteci
pazione allo sforzo per la ricom posizione dellunit dei cristiani e alla
dinamica apostolica dellevangelizzazione;
f ) lo sviluppo del senso della fed elt alla Chiesa, nelle dimensioni
fondamentali del suo incarnarsi storico: fedelt alla m em oria
ecclesiale (senso dell apostolicit ), fedelt a llorizzonte universale
della Chiesa (senso della cattolicit ), fedelt al dinamismo di aper
tura verso un futuro diverso e m igliore (fed e nello Spirito).
Sono indicazioni e rilievi che hanno bisogno di essere calati nelle

436
situazioni concrete di ogni ambiente e program ma per acquistare i
contorni di veri obiettivi educativi da inserire in un progetto realistico
di azione pastorale e educativa.

6. Una Chiesa da costruire

Di enorme valore pedagogico si rivela infine il p r o g e tto di


C h iesa del fu tu r o che in qualche m odo viene fatto balenare davanti
ai giovani e verso la cui realizzazione si orientano gli sforzi di tutti.
Un progetto dinamico e avvincente, che canalizzi gli ideali giovanili
e perm etta di superare la critica sterile dellistituzione, appare come
fattore di prim o piano nella riuscita di un adeguato progetto educativo
e pastorale.
Quale progetto di Chiesa? possibile delineare i tratti della
Chiesa da costruire? Un tentativo, sempre discutibile, pu essere
fatto, tenendo presente l'ideale ecclesiologico del Vaticano I I e le
tendenze e aspirazioni che, come segni dei tempi, emergono nella
vita concreta della Chiesa di oggi. N e tentiamo un quadro descrittivo,
in questi termini:

6.1. U n a C h iesa diaconale, serva d e ll'u m a n it

l istanza centrale dellecclesiologia di servizio , maturata nel Con


cilio e sviluppatasi in seguito, che dovrebbe essere caratterizzata:
dal superamento d e ll'e c c le s io c e n tr is m o : come si gi accen
nato sopra, la Chiesa dovr apparire meno preoccupata di se stessa,
delle sue conquiste e istituzioni, per sentirsi pi protesa verso il
mondo degli uomini concreti da umanizzare e da salvare, tutta pos
seduta dalla passione per il Regno di Dio;
dalla rin u n cia al p o te re , nella convinzione che il potere, anche
assunto a scopo di bene, cela dentro di s il pericolo di ambiguit
denunciato nel Vangelo, in quanto facile strumento di dominio, di
connivenze e di oppressione;
dalla scelta p referen zia le p e r i p o v e r i, come ha fatto solenne
mente la Chiesa latinoamericana a Puebla, come esigenza di credi
bilit e di fedelt alla missione liberatrice presente nel cuore del
messaggio di Cristo.

6.2. U n a C h iesa in sta to di eva n gelizza zion e

La convinzione che evangelizzare la grazia e la vocazione pro


pria della Chiesa, la sua identit pi profonda (E N 14) una risco
perta del nostro tempo, destinata a cambiare in profondit la fisio
nomia tradizionale delle nostre comunit e attivit pastorali. Questa

437
convinzione segna la fine ufficiale del periodo di cristianit e ob
bliga la Chiesa a ripensare il proprio ruolo in un mondo segnato
dal pluralismo culturale e dal processo di secolarizzazione. La nuova
prospettiva ecclesiologica appare contrassegnata da questi tratti fon
damentali:
p r im a to d e lleva n g elizza zion e sulla sa cra m en ta lizza zion e: se la
pratica generalizzata della sacramentalizzazione caratterizzava la pras
si pastorale tradizionale, ora si delinea il primato della dimensione
evangelizzatrice, e quindi la ricerca prioritaria di itin era ri di fede,
in form a continuata e permanente, lungo tutto l'arco dell'esistenza
cristiana;
a p ertu ra al d ia logo, a lla sco lto , alla c o lla b o ra z io n e : se prima
si era abituati a chiudersi nella difesa della propria verit, al riparo
da contatti e confronti ritenuti sempre pericolosi, ora i cristiani, pur
nella fedelt alla propria identit, sanno di dover aprirsi al dialogo
sincero con le altre confessioni, religioni e ideologie, alla ricerca
sincera della verit pi piena, in ascolto delle pi svariate voci che
testimoniano la presenza dello Spirito;
p r o m o z io n e di una C h iesa d i c re d e n ti im p eg n a ti: se la prassi
tradizionale metteva al centro delle proprie preoccupazioni la cura
e il consolidamento dei fed eli praticanti , ora il nuovo orizzonte
ecclesiologico fa tendere l interesse verso una Chiesa di v e r i cred en ti,
non solo fedeli ai doveri religiosi tradizionali, ma soprattutto im p e
gn a ti nella testimonianza effettiva nel cuore del mondo e della societ.

6.3. U na C h iesa se g n o di c o m u n io n e

L esigenza della comunione, centrale nella nuova visione eccle


siologica del Vaticano H, si risolve in tutta una serie d'istanze di
varia portata e rilevanza:
Chiesa u n iversa le, c o m u n io n e di C h iese p a rticola ri, come incar
nazione storica del mistero della Chiesa nelle diverse culture e situa
zioni storiche;
comunit locale, c o m u n io n e di c o m u n it : anche la comunit
locale, come la parrocchia, chiamata a superare il burocraticismo
e la rigidit istituzionale, per aprirsi allaccoglienza e promozione
di gruppi e comunit pi ridotti e significativi, capaci di sostenere
e alimentare il cammino di fede dei credenti; tra questi gruppi e
comunit si situano anche le comunit e istituzioni religiose, che
devono essere fedeli alla loro peculiare identit, ma in spirito di
comunione, e quindi d'integrazione e cooperazione, con la pi vasta
comunit ecclesiale cui appartengono;
Chiesa di c a rism i e m in is te ri: la Chiesa del futuro dovr saper
valorizzare in form a nuova i doni e le capacit dei suoi membri, orien

438
tandosi verso una m olteplicit di m inisteri che arricchiranno note
volm ente le possibilit di testimonianza e di presenza; si propugna
in questa prospettiva la promozione di nuovi carismi e ministeri a
partire dalla base ecclesiale ( ministeri dal basso ) e, in form a
urgente, il riconoscimento effettivo della d ignit e eguaglianza della
donna, superando le attuali discriminazioni; appare anche urgente
l'a p e rtu ra della C h iesa al m o n d o d ei giova n i, non nella prospettiva
abituale di attenzione ad essi, ma come comunit ecclesiale che si
ric o n o s c e in essi e lascia spazio reale ai giovani come protagonisti
corresponsabili della vita ecclesiale;
Chiesa in stato d i rifo r m a : il com pito, tanto urgente quanto
difficile, della riform a istituzionale della Chiesa: riguarda la revi
sione in profondit dei diversi elementi istituzionali ecclesiali, da
quelli centrali romani fino ai nazionali e locali, per renderli meno
pesanti e ambigui e pi aperti al dinamismo della missione eccle
siale; le resistenze e difficolt trovate nel cammino della riform a
costituiscono di fatto un serio ostacolo alla credibilit del messaggio
cristiano, specialmente tra i giovani [ c o n d iz io n e g io v a n il e ],

6.4. U n a C h iesa aperta al fu tu r o

Una Chiesa che vuole ridare credibilit al Vangelo, nel mondo


di oggi, devessere aperta al futuro, meno preoccupata di salvare
le posizioni del passato e pi protesa, sotto le movenze dello Spirito,
verso la novit del futuro che le stato promesso. Si pu dire che
lepoca presente chiede alla Chiesa;
il co ra g g io della ve rit : della verit appassionatamente cercata
e proclamata, della verit libera e schietta, della verit inquietante
e perturbatrice, anche di fronte alla stessa infedelt ecclesiale;
il co ra g g io della n o v it : non per amore della novit in s, ma
come espressione di abbandono nello Spirito che conduce la Chiesa
verso un futuro sempre aperto e im prevedibile: il senso della me
moria e della tradizione, essenziale nellesperienza ecclesiale, non
deve m ortificare lo slancio della ricerca di nuove form e dincarnare
e di form ulare il messaggio cristiano; i giovani rimangono spesso
sconcertati e delusi di fronte alle contraddizioni di una Chiesa che
predica la libert nello Spirito e si manifesta poi ostinatamente attac
cata alle proprie umane tradizioni;
il co ra g g io della fe d e : la Chiesa del futuro dovr essere capace,
come Abramo, di abbandonare la propria terra e le sicurezze acqui
site per aprirsi nella fede alle promesse di Dio; se la Chiesa della
cristianit era in qualche modo una Chiesa installata, sicura di
s, confortevolm ente radicata in una societ che in gran parte essa
stessa aveva contribuito a costruire, oggi la Chiesa chiamata a

439
abbandonare privilegi e posizioni acquisite per rim ettersi in cam
mino, sorretta dalla fede incrollabile nel Dio delle promesse che si
rivelato in Ges Cristo e ha inviato lo Spirito rinnovatore.
Un progetto educativo e pastorale dev'essere aperto aUorizzonte
stimolante di un progetto avvincente di Chiesa, capace di entusia
smare i giovani e di portarli a una matura partecipazione a llimpegno
ecclesiale al servizio del Regno.

B IB L IO G R A F IA

S u lla svolta ecclesiologica del V atican o I I e le nuove prospettive sulla


Chiesa cf.:
A cerb i A ., D u e ecclesiologie. Ecclesiologia giuridica ed ecclesiologia di
com unione nella L u m en G e n tiu m , B ologn a, Dehoniane, 1975.
B a r a u n a G. (E d .), La Chiesa del Vaticano I I , Firenze, Vallecchi, 1965.
CoNGAR Y.M ., M inisteri e com unione ecclesiale, B ologn a, Dehoniane, 1973.
CoNGAR Y.M ., Un p opolo messianico. La Chiesa sacram ento di salvezza. La
salvezza e la liberazione, B rescia, Queriniana, 1976.
M o n d in B., L e nuove ecclesiologie. U n'im m agine attuale della Chiesa, Rom a,
Paoline, 1980.
P h i l i p s G., La Chiesa e il suo m istero nel Concilio Vaticano I I , 2 voli.,
M ilano, Jaca B ook, 1969.
Sul tem a della Chiesa e l educazione al senso della Chiesa nella tradi
zione salesiana cf.:
A lb e r ic h e ., L esperienza e il senso della Chiesa nella tradizione sale
siana , in: R. G i a n n a t e l l i (E d .), Progettare leducazione oggi con D on
B osco, Rom a, L A S , 1981, pp. 258-278.
M e d ic a G .M ., I Concili generali e la Chiesa Cattolica nel pensiero di D on
Bosco, in; R ivista di Pedagogia e Scienze Religiose 1 (1963) 2, pp. 3-28.
S t e l l a P., D o n B osco nella storia della religiosit cattolica, 2 voli., Rom a,
LA S, 19792-198P.
V a l e n t i n i e ., D on B o sco e la Chiesa , in: I n Ecclesia, Rom a, L A S , 1977,
pp. 215-234.

440
INDICI
IN D IC E T E M A T IC O

Am bien te 29, 249, 345, 349, 379 Compagnie 8 (v. Gruppi giovanili)
educativo 29, 85, 373 Comportamento 212, 338
fam iliare 381 autoritario 370
fattore educativo 379-385 democratico 185
fsico 381 Comprensione 368
Am icizia 84, 384 Comunicazione 47 97 (v. Mass me
A m ore 39, 136, 154, 368 dia)
Am orevolezza 76, 83, 352 di massa 261
Analisi della situazione 22 e societ 259
A nim atore 355-363, 357, 397 sociale e educazione 257-272
Anim azione 285-309, 355 Comunit 136
culturale 285, 290, 298, 308 cristiana 46, 68, 163, 249, 434
p astorale 304 di base 46
A pprendim ento 220 ecclesiale 42, 68, 143, 251
Apostolato 215 educativa 269, 353, 371, 399-
Assistenza 78, 84, 206-218, 349 417
Atteggiam enti 34, 67, 119, 144-155, evangelizzatrice 46
231, 359 Condizione giovanile 333-343 (v.
di fede 44, 66 Giovani)
educativi 368 Contestazione giovanile 274
Attitudini 231 (v. A tteggiam enti) Conversione 39
Attivism o 220 Corresponsabilit 24, 204, 415
A utogoverno 211 Counseling 227
A uton om ia personale 33, 201 Creativit 124, 154, 170, 201
Autorit 154, 370 Crescita 197
personale 82
B on t 154, 198, 369 sociale 82
Carit 126, 130 umana 31, 379
Cristiano 41, 113, 130, 132-143, 419
Castighi 214 Cultura 53, 156-164, 221, 291
Catechesi 38, 57, 61-71, 113, 406 e educazione 158
Catechism o 60 e socializzazione 158
Catechista 48, 56, 60, 68, 246 (v. giovanile 335, 337
Insegnanti) Curricolo 15, 189
Catecum enato 48, 62
Centri giovanili 48 (v. G ru p p i gio Democrazia 273, 426
van ili) Destinatari (v. Soggetti)
Chiesa 41, 136, 307, 421, 430-440 Dialogo 47, 215, 218
Cittadino 79 Didattica 219-225
C ollaborazion e 20, 24, 47, 170 Disciplina 211
C olloquio 236, 255, 256 Discipline scolastiche 222

443
Docimologia 311 e politica 71, 160, 340
Donna 109, 439 e religione 340
e scuola 339
Educabilit 110 Giustizia 70, 426
Educando 32, 328 (v. Soggetti) G razia 125
Educatore 166, 196, 199, 206, 210, G ru p p o/i 20, 86, 109, 204, 279, 374,
344-354, 360, 369. 386-398
autorevole 346 anim atore 20
autoritario 346, 370 dei coetanei 234, 280, 382
della fede 246 giovanili 163, 373, 398
democratico 185, 346 istituzionali 48
maturo 347 prim ario 302
salesiano 139, 206, 349 sociali 109
Educazione 20, 26-37, 101, 113, 144 spontanei 278
158, 197, 276, 306
cristiana 37, 40, 43, 117, 161, Identificazione 404
252, 406 Id eologia 157, 423
funzionale 30 Im p egn o sociale 71
intenzionale 30, 32 Inculturazione 28, 31, 114
liberatrice 38, 428 Individualizzazione 185
permanente 275, 362 In form azion e 236, 314
sessuale 82 Iniziazione
sociopolitica 71, 80 liturgica 46, 62, 253
Esperienza/e 142 sacram entale 254
di chiesa 434 Insegnam ento 35, 219
di fede 65 della religione 50-61
di gruppo 397 sociale della chiesa 422
educativa 198, 200, 213 Insegnanti 35, 56, 221, 235
mezzo educativo 197-205 Interessi 230
religiosa 66 Istituzioni form ative 278, 339
Evangelizzazione 38-49, 50, 61, 113, Itin erario 43, 95, 97, 188-196, 251
162, 408, 437
L avo ro 338
Famiglia 163, 234, 250, 279, 330,
L eadership 168, 391
381
L ib e rt responsabile 33, 201, 212
Fatto
Linguaggio 301
educativo 197
religioso 115
Fede 126, 407 M ass m edia 259, 261, 280 (v. Co
Fede 126, 407 m unicazione)
matura 67, 127, 129 M aturazione 40, 45, 48, 67, 215
e scienze della societ 418 M atu rit 82
Formazione 34, 54, 557, 389 cristiana 40, 43, 66, 125, 127
um ana 80, 119, 126, 197
Genitori 236 (v. Famiglia) M ediazione 152, 248
Giovani 333 (v. Condizione giova culturale 53, 191
nile) M etodo 83, 175-187, 283, 288
e chiesa 340 ascetico 179
e famiglia 342 didattico 220
e lavoro 338 educativo 178, 182

444
esistenziale 179, 184 strutturale 158
preventivo 178 Prassi educativa 189, 329, 359
scientifico 224 Pregh iera 253
terapeutico 178, 183 Prem i 214
Metodologia 177, 200, 303 Presenza educativa 211
Modello 18, 107, 212 Procedim ento 180
lineare 194 Processo/i 151
modulare 194 decisionale 195
ricorsivo 195 di cam biam ento 394
tecnologico 191 di com unicazione 271
Modulo 6 di socializzazione 158
Morale 292 form ativi 404
individuale 295 Profession alit 165-172, 207
sociale 295 P rofessione 242
Motivazione 24, 152 Progettazione 15, 112, 191
Progetto 95, 107, 110
Neocomportamentismo 220 cristiano 138
di vita 43, 115
Obiettivi 93-100, 110 educativo p astorale 15-25, 63
deiranimazione culturale 290 151, 154, 161, 181, 195, 308,
didattici 95 336, 396, 410
educativi 43, 53, 95 P ro g ra m m a 17, 87, 255
vocazionali 253 Program m azion e (v. Progettazio
Orientamento 226-241 ne)
educativo 227 Prom.ozione integrale 39 113-131,
e pastorale vocazionale 242- 161
256 P ro p riet privata 425
personalizzato 254 R ap p orto educativo 348, 364-376
Ragione 82
Partecipazione 24, 184, 201, 273- R azionalit 325
284, 414, 425, 436 Relazioni interpersonali 168, 252,
Pastorale 20, 36, 305 366, 374
scolastica 59 R eligione 81, 115, 297, 341
vocazionale 248, 254 e evangelizzazione 56
Paternit 85 insegnam ento 50-59
Pedagogia 30, 177, 329 R espon sabilit 33, 153
dei valori 149 Ricerca 303
vocazionale 248, 254 Ricevente 269
Perfezione cristiana 39 R in forzi 214
Persona 79, 325-332, 386
matura 43, 122 Sacram enti 45, 254
Personalit 122, 230, 331 Salvezza cristiana 39, 116
cristiana 138 Scuola 34, 52, 114, 162, 234, 278,
Piano educativo 19, 402 (v. Pro 280, 330, 339
getto educativo) cattolica 18, 51, 55, 163
Pluralismo 21, 70, 105, 141, 399, educativa 52, 115
423 salesiana 69
culturale 158 Senso della vita 202, 299
religioso 51 Sistem a preventivo 79-91

445
Socializzazione 31, 114, 158, 203 Trasmissione culturale 298 (v. Co
Societ 70, 257, 260, 418-429 municazione)
educante 29, 275
Soggetti 24, 32, 110, 158, 261, 413 Uomo 70, 101-112, 121, 141, 224,
Solidariet 154 289, 326, 424
Solidarismo 426
Speranza 40, 125, 129 Valori 22, 121, 144, 185, 233, 257,
Stadi evolutivi 238 403
Struttura/e 158 e atteggiamenti 144-155
di partecipazione 415 Valutatori 318
Sussidiariet 425 Valutazione 292, 310-321
Verifica 23
Territorio 29 Virt 127
Testimonianza 40 Vocazione 242 (v. Orientamento)
Tipo/i 108 laicale 244
pedagogici 178 religiosa 245
professionali 237 sacerdotale 246

446
IN D IC E G E N E R A L E

Presentazione .................................................................................... 5

S o m m a r i o ............................................................................................ 9
Abbreviazioni e s i g l e ........................................................................... 11

I. ASPETTI GENERALI

1. PROGETTO EDUCATIVO PASTORALE (Juan V e c c h i) . . . . 15


1. S ig n ific a t o ................................................................................ 15
2. Le ragioni o d ie rn e ................................................................... 20
3. Aspetti contenutistici...............................................................22
4. Dinamica di elaborazione di un p ro g e tto ............................. 24
B i b l i o g r a f i a ....................................................................................25

2. EDUCAZIONE (C a rlo N a n n i ) ...................................................... 26


1. L enfasi sull'educazione sotto il segno deHambiguit . . . . 26
2. L educazione come p ro b le m a .................................................. 27
2.1. I vari aspetti delle d u c a z io n e ..........................................27
2.2. Diverse prospettive nella considerazione delleducazione 28
2.3. Complessit dei contesti e d u c a tiv i................................. 29
2.4. Molteplicit e disomogeneit del sapere relativo alledu
cazione ................................................................................30
3. Il propriamente ed u ca tivo ...................................................... 30
3.1. Educazione intenzionale ed educazione funzionale . . . 30
3.2. Educazione, inculturazione, socializzazione..................... 31
3.3. Il ruolo delleducando nellattivit e d u c a tiv a .................32
3.4. Un senso forte di educazione: leducazione alla capacit
di decisioni responsabili.................................................. 33
4. L educazione nella s c u o la ...................................................... 34
5. I limiti delledu cazion e...........................................................36
6. Educazione, pastorale e vita la ic a le ......................................36
B i b l i o g r a f a ....................................................................................37

447
3. EVANGELIZZAZIONE E EDUCAZIONE (G iu sep p e G r o p p o ) . . 38
1. Presupposti e p r i n c p i ...........................................................38
1.1. L evangelizzazione-catechesi implica un processo di edu
cazione liberatrice e um anizzatrice..................................38
a ) Finalit d eirevan gelizza zion e......................................39
b ) L evangelizzazione-catechesi implica la promozione
u m a n a ............................................................................39
1.2. L evangelizzazione-catechesi come processo educativo di
maturazione della fede, di conversione in un mondo
secolarizzato....................................................................... 40
2. Conseguenze operative............................................................... 41
2.1. Evangelizzazione dei cristiani anagrafcamente tali . . . 41
2.2. Componenti di un itinerario di maturazione nella fede
( = educazione alla f e d e ) .................................................. 43
a ) Le componenti personali della maturazione nella fede 43
L opzione globale di f e d e ......................................43
Dallopzione globale di fede al progetto di vita ispi
rato dalla f e d e ...........................................................43
Dallopzione globale di fede allacquisizione delle
attitudini c ris tia n e .................................................. 44
Itinerario di maturazione nella fede e sacramenti 45
b ) La componente comunitaria della maturazione nella fede 46
La piccola comunit evangelizzatrice..................... 46
La comunit del d ia lo g o .......................................... 47
1) L atteggiamento di d ia lo g o ................................. 47
2) Il dialogo come comunicazione......................... 47
3) Il dialogo come collaborazione......................... 48
Comunit in cui si attua una maturazione della
fede a dimensione catecumenale............................. 48
E i gruppi istituzionali?.......................................... 48
3. Conclusione................................................................................49
B i b l i o g r a f a ....................................................................................49

4. INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE ED EVANGELIZZAZIO


NE (Josep h G e v a e r t ) ................................................................... 50
1. Alcune precisazioni................................................................... 50
2. Il pluralismo r e lig io s o ...........................................................51
3. Lesigenza della scuola e d u c a t iv a .......................................... 52
4. L IR come materia scolastica.................................................. 54
5. Creare reali possibilit per impostare la vita secondo la fede 55
6. Insegnamento della religione ed evangelizzazione.................56
6.1. La catechesi in senso s tr e tt o .......................................... 57
6.2. Il rapporto con levangelizzazione......................................58
7. Insegnamento della religione e pastorale scolastica . . . . 59
B ib lio g r a fa 60

448
5. CATECHESI (E m ilio A l b e r i c h ) .................................................. 61
1. Per un chiarimento concettuale e term inologico..................... 61
2. Catechesi e progetto educativo p a s to r a le ............................. 63
3. Il rinnovamento conciliare e postconciliare della catechesi . . 64
3.1. La catechesi, annuncio di Cristo come Parola significante
per l uomo doggi nellesperienza di f e d e ......................... 65
3.2. La catechesi, educazione della fede, per lapprofondimento
degli atteggiamenti di fede in vista della maturit cristiana 66
3.3. La catechesi, azione ecclesiale, opera della comunit per
la c o m u n it ....................................................................... 68
3.4. La catechesi, celebrazione della fede e iniziazione alla
celebrazione della f e d e .......................................................69
3.5. La catechesi, azione liberatrice e iniziazione allimpegno
responsabile nella societ.................................................. 70
B i b l i o g r a f a ....................................................................................71

6. SISTEMA PREVENTIVO (Juan V e c c h i ) ......................................72


1. Significato e f o n t i ................................................................... 72
2. Unispirazione u n i t a r i a ...........................................................74
3. Il criterio p re v e n tiv o ...............................................................77
4. Obiettivi e contenuti: luomo e il cristiano; la persona e il
c itta d in o ....................................................................................79
5. Il principio del metodo: lam orevolezza................................. 83
6. Interventi coerenti e con vergen ti..........................................85
7. Le opere o i programmi e d u c a tiv i................................. 87
B i b l i o g r a f i a ....................................................................................89

II. GLI O B IE TTIV I

7. O B IE TTIV I (M ic h e le P e l l e r e y ) .................................................. 93
1. Alcune distinzioni u t i l i ...........................................................93
2. Il concetto di o b ie ttiv o ...........................................................94
3. Problematizzazione del c on cetto.............................................. 95
4. La definizione e la formulazione degli o b ie ttiv i..................... 98
B i b l i o g r a f i a ....................................................................................100

8. UOMO (C a rlo N a n n i ) ................................................................... 101


1. Importanza di questo tema in un p ro getto ............................. 101
2. L immagine dell'uomo m o d ern o .............................................. 102
3. L uomo post-moderno............................................................... 103
4. Tra pluralismo e riduzionismo antropologico......................... 105

449
29
5. Idea, progetto, m odello, tipo . 107
6. Q uale m odello d uomo? . . . 108
7. D al progetto-uom o agli obiettivi 110
B i b l i o g r a f i a .................................. 112

9. PROMOZIONE INTEGRALE (G iu se p p e G r o p p o ) 113

1. Il cristiano, l educazione, la salvezza integrale, l'evangelizza-


z io n e -c a te c h e s i............................................................................. 113
1.1. Il cristiano, l educazione e la scu ola............................. 114
a ) Educazione, inculturazione, socializzazione . . . . 114
b ) La funzione educatrice della scuola e il fatto religioso 115
1.2. Salvezza cristiana e promozione umana integrale . . . 116
2. L'educazione cristiana come promozione umana integrale . 117
2.1. Educazione attuale, autenticamente umana, in un oriz
zonte di f e d e ....................................................................... 117
2.2. Educazione specificamente cristiana................................. 118
3. Progetto di promozione integrale (umano-cristiana) . . . . 119
3.1. Componenti fondamentali della maturit umana . . . . 119
a ) La capacit di costruirsi un progetto di vita autenti
camente umano che unifichi organicamente le aspira
zioni autenticamente umane della p erson a .................119
b ) Il possesso dei tratti positivi della personalit . . . 122
c) La personalit integrata o m a tu ra ............................. 124
3.2. La maturit c ris tia n a .......................................................125
a ) La condizione ontologica dei cristiano come vita di
grazia ...........................................................................125
b ) Descrizione della maturit cristiana come maturit
autenticamente umana in un orizzonte di fede e come
maturit del cristiano nella sua specificit di credente 127
B i b l i o g r a f i a .................................................................................... 131

10. CRISTIANO (C esa re B i s s o l i ) ...................................................... 132


1. Il significato o r i g i n a l e ...........................................................132
1.1 I lineamenti essenziali del cristia n o ................................. 133
1.2. In sintesi: chi il cristian o ?..........................................137
2. Problemi a ttu a li....................................................................... 137
2.1. Difficolt di una percezione organica ed armonica dei di
versi elementi che formano la personalit cristiana . . . 138
2.2. Substrato antropologico atto a reggere il progetto cristiano 138
2.3. Processo educativo per realizzare un uomo come cristiano
in maniera tale che possa essere un cristiano veramente
uomo ................................................................................138

450
3. Formare il cristiano o g g i ...................................................... 139
3.1. Una rilettura salesiana...................................................... 139
3.2. Essere cristiano secondo Ges C r is to ............................. 140
3.3. L umanit dell'essere cristia n o ..........................................141
3.4. Essere cristiano per esperienza..........................................142
B i b l i o g r a f i a ....................................................................................143

11. VALORI E ATTEGGIAMENTI (P ie tr o G i a n o l a ) ......................... 144


1. I valori e leducazione...............................................................144
2. Gli atteggiamenti come valori v is s u ti......................................145
3. Il processo di valorazione oggettiva, soggettiva, personale . . 147
4. Pedagogia dei valori e degli atteggiam enti............................. 149
5. Il posto dei valori e degli atteggiamenti nella dinamica del
progetto e d u c a tiv o ................................................................... 151
6. Principali valori e atteggiamenti di un progetto educativo . .... 153
B i b l i o g r a f i a ....................................................................................154

12. CULTURA (G iancarlo M i l a n e s i ) .................................................. 156


1. Elementi concettuali per una definizione di cultura . . . . 156
2. Cultura e socializzazione; cultura ed educazione..................... 158
3. Produzione, diffusione e fruizione della cultura nel progetto
educativo pastorale salesiano.................................................. 161
4. Conclusione............................................................................... 164
B i b l i o g r a f a ....................................................................................164

13. PROFESSION.ALITA (N atale Z a n n i ) ..........................................165


1. Professionalit termine com plesso..........................................165
2. Modelli di p rofession alit...................................................... 166
3. Caratteristiche della p ro fessio n a lit ......................................169
4. Conclusione............................................................................... 171
B i b l i o g r a f i a ....................................................................................171

III. LE METODOLOGIE

14. METODO (P ie tr o G i a n o l a ) ...........................................................175


1. C o n c e tto ....................................................................................175
2. Sviluppo s to ric o ....................................................................... 176
3. I metodi nella pedagogia e nell'educazione............................. 177
3.1. Metodi e d u c a tiv i...............................................................178

451
3.2. Princpi di m e t o d o ...........................................................179
3.3. Metodi come p roced im en ti.............................................. 180
4. Il metodo nel progetto educativo pastorale salesiano . . . . 181
4.1. A livello di metodo educativo globale ......................... 182
4.2. Princpi di metodo nel progetto educativo pastorale
s a le s ia n o ........................................................................... 185
B i b l i o g r a f i a ....................................................................................187

15. ITINERARIO (M ic h e le P e l l e r e y ) .................................................. 188


1. Il c o n c e tto ................................................................................188
2. Problematizzazione del con cetto .............................................. 189
3. Elementi fondamentali di un itin e ra rio ..................................192
B i b l i o g r a f i a .................................................................................... 196

16. L ESPERIENZA, MEZZO EDUCATIVO (L o re n z o M a c a rio ) . . . 197


1. Il fatto e d u c a t iv o ................................................................... 197
2. Le qualit di unesperienza educativa......................................198
3. Guida aHesperienza e d u c a t iv a .............................................. 200
3.1. Perfezionamento dcHautocoscienza e dellautonomia per
sonale ................................................................................201
3.2. Introduzione sempre pi personale nella realt e nel
senso della v i t a ............................................................... 202
3.3. Acquisizione o perfezionamento della capacit di con
tatto u m a n o ....................................................................... 203
3.4. Rafforzamento del senso di responsabilit e correspon
sabilit ................................................................................204
3.5. Progressiva maturazione della scelta professionale e iden
tificazione con il ruolo corrispondente............................. 205
B i b l i o g r a f i a .................................................................................... 205

17. ASSISTENZA COME PRESENZA A TTIVA DELL'EDUCATORE


(H e r b e r t F r a n t a ) ........................................................................... 206

1. Attualit di una reinterpretazione.......................................... 206


2. Assistenza come categoria pedagogica......................................207
2.1. D e s c r iz io n e ....................................................................... 207
2.2. Necessit ed im p ortanza.................................................. 208
3. Assistenza: aspettative di r u o lo .............................................. 209
3.1. Aspettative p e r s o n a l i .......................................................210
3.2. Aspettative s o c i a l i ...........................................................210
a ) Presenza attiva in funzione dellautogoverno . . . . 211
D i s c ip lin a ............................................................... 211

452
Comportamento di m o d ello ......................................212
Esercizio nelluso della lib e r t ............................. 212
Forme metacomunicative e r in f o r z i..................... 214
b ) Cura come offerta di elementi di maturazione . . . . 215
c ) Contatto dialogato come apostolato della parola . . . 215
d ) Princpi di fondo nel realizzare lassistenza.................217
4. Conclusione................................................................................218
B i b l i o g r a f i a ....................................................................................218

18. DIDATTICA (G e rm a n o P r o v e r b i o ) .............................................. 219


1. La p a r o l a ................................................................................219
2. Premesse sto ric o -teo ric h e ...................................................... 219
3. Una didattica umanizzante...................................................... 221
4. Umanizzare le discipline scolastiche......................................222
5. La scelta del p ro v v is o rio ...................................................... 225
B i b l i o g r a f a ....................................................................................225

19. ORIENTAMENTO (K le m e n t P o l c e k ) ..........................................226


1. T e r m i n i ....................................................................................226
2. Componenti e finalit del processo..........................................227
3. Componenti morfologiche e biofisiche......................................228
4. Componenti della personalit.................................................. 230
4.1. I n t e r e s s i ........................................................................... 230
4.2. A ttitu d in i........................................................................... 231
4.3. V a l o r i ............................................................................... 233
5. F a tto ri........................................................................................233
5.1. F a m i g l i a ........................................................................... 234
5.2. C o m p agn i........................................................................... 234
5.3. S c u o l a ............................................................................... 234
6. I n t e r v e n t i ............................................................................... 235
6.1. S o g g e t t o ........................................................................... 235
6.2. Insegnanti ....................................................................... 235
6.3. G e n i t o r i ........................................................................... 236
6.4. In fo r m a z io n e ................................................................... 236
7. Teorie della s c e lta ................................................................... 236
7.1. Esperienze dellinfanzia...................................................... 237
7.2. Tipi professionali...............................................................237
7.3. Stadi e v o lu tiv i................................................................... 238
8. F i n a l i t ....................................................................................239

453
9. C o n c lu s io n e ................................................................................... 240
B ib lio g r a fia ........................................................................................ 241

20. ORIENTAMENTO E PASTORALE VOCAZIONALE (Juan V e c c h i) 242


1. C o n c e tto .................................................................................... 242
2. Vocazione e vocazioni ...........................................................243
3. Pedagogia vocazionale............................................................... 248
3.L Gli am b ien ti....................................................................... 249
3.2. Gli itin e r a r i....................................................................... 251
3.3. L'orientamento person alizzato..........................................254
4. Aspetti programmatici e organizzativi......................................255
B i b l i o g r a f a ....................................................................................256

21. COMUNICAZIONE SOCIALE E EDUCAZIONE (F ra n co L e v e r ) 257


1. Chiarimenti p relim in a ri...........................................................257
2. Comunicazione e societ: complessit della societ / efficienza
della c o m u n ic a zio n e ...............................................................259
3. Soggetto umano e comunicazione di massa: quale modello
interpretativo? ....................................................................... 261
4. Quali le aree din terven to ...................................................... 266
B i b l i o g r a f i a .................................................................................... 272

22. PARTECIPAZIONE (G u g lielm o M a l i z i a ) ......................................273


1. Concetto e rilevanza ed u ca tiva.............................................. 273
2. La partecipazione alleducazione.............................................. 276
3. Educare alla p a rte c ip a zio n e .................................................. 279
B i b l i o g r a f a ....................................................................................283

23. ANIMAZIONE (M a r io Pollo - Riccardo T o n e l l i ) ......................... 285


1. Cosa lanimazione cultu rale.................................................. 285
2. Componenti metodologiche...................................................... 288
3. Obiettivi dellanimazione cu ltu rale..........................................290
3.1. Abilitare alluso dei simboli e dei segni nel terreno uni
ficante della cu ltu ra...........................................................291
3.2. Abilitare alla valutazione etica degli strumenti ed al loro
corretto u s o ....................................................................... 292
3.3. Creare uno spazio-tempo discontnuo e non omogeneo,
espandendone la dimensione.............................................. 293
3.4. Immunizzare contro il principio di conform it.................294

454
3.5. Una sintesi tra morale individuale e morale sociale . . . 295
3.6. La dimensione religiosa dellu o m o ..................................297
4. Perch l animazione culturale o g g i ..........................................298
4.1. La crisi didentit storico-culturale e dei meccanismi di
trasmissione c u ltu ra le .......................................................298
4.2. Unidentit fuori da un orizzonte di s e n s o .....................299
4.3. La crisi della transazione tra privato e pubblico . . . . 300
4.4. Crisi di governabilit e crisi di linguaggio......................... 301
5. Gli strumenti dellanim azione.................................................. 302
5.1. La teoria della comunicazione u m an a............................. 302
5.2. Il gruppo p r im a r io ...........................................................302
5.3. La metodologia della r i c e r c a ..........................................303
6. L animazione nella p a s to ra le.................................................. 304
7. L animazione culturale e pastorale nel progetto educativo . . 308
B i b l i o g r a f i a ....................................................................................309

24. VALUTAZIONE (S ilva n o S a r t i ) .................................................. 310


1. Significato del te rm in e ...........................................................310
2. Evoluzione della p roblem atica.............................................. 311
3. Scopo e ruolo della valutazione.............................................. 312
4. Momenti essenziali della valutazione......................................314
5. Strumenti per la raccolta delle inform azioni......................... 314
6. La rilevazione delle in form azion i..........................................316
7. Il confronto delle informazioni coi criteri .....................316
8. L espressione dei ris u lta ti......................................................317
9. I v a lu t a t o r i........................................................................... 318
10. Osservazioni conclusive...........................................................320
B i b l i o g r a f a ....................................................................................321

IV. I SOGGETTI

25. PERSONA (C a rlo N a n n i ) ...........................................................325


1. Progetto e persona: i rischi della razionalit......................... 325
2. L uomo come p e r s o n a ...........................................................326
3. L educando-persona................................................................... 328
4. Conseguenze di queste affermazioni in pedagogia e nella pras
si e d u c a t i v a ........................................................................... 329
5. I limiti deHaffermazione personalistica..................................330

455
6. Persona e p e rs o n a lit .................................................................. 331
B ib lio g r a fia ........................................................................................ 332

26. LA CONDIZIONE GIOVANILE (R en a to M i o n ) ......................... 333


1. Verso una concettualizzazione della condizione giovanile . . 333
l.L Le componenti della tematica sulla condizione giovanile 333
1.2.Definizione concettuale sociologica di condizione giovanile 334
2. Condizione giovanile: categoria essenziale nella formazione
dei progetti educativi e pastorali.............................................. 336
3. Problematiche culturali della condizione giovan ile.................337
3.1. Il comportamento in rapporto al la v o r o ......................... 338
3.2. Il comportamento nelle istituzioni fo rm a tiv e .................339
3.3. Il comportamento nei confronti del sociale e del politico 340
3.4. Il comportamento nei confronti della religione e della
C h i e s a ................................................................................340
4. Conclusione: Condizione giovanile e scelta della Congrega
zione S a le s ia n a ....................................................................... 341
B i b l i o g r a f a .................................................................................... 343

27. EDUCATORE (J o s M anuel P r e l l e z o ) .......................................... 344


1. Alcune precisazioni................................................................... 344
2. Dalleducatore autoritario alleducatore autorevole . . . 346
3. L educatore salesiano............................................................... 349
B i b l i o g r a f a .................................................................................... 354

28. ANIMATORI (A ld o E l l e n a ) ...........................................................355


1. L animatore e le tecniche di anim azione............................. 355
2. La formazione degli a n im a to ri.............................................. 357
3. Atteggiamenti e princpi o p e ra tiv i.......................................... 359
4. Educatori-animatori ............................................................... 360
B i b l i o g r a f a ....................................................................................362

29. RAPPORTO EDUCATIVO (H e r b e r t F r a n t a ) ............................. 364


1. Problemi in tro d u ttiv i............................................................... 364
1.1. Descrizione e attu alit.......................................................364
1.2. Lo studio del rapporto edu cativo......................................365
2. Realizzazione del rapporto edu cativo......................................366
2.1. Relazioni interpersonali nel gruppo degli educatori (E-E) 366
2.2. Interazione educativa nella categoria educatori-giovani
(E-G) ................................................................................367

456
a) Il modo di proporre i contributi edu cativi.................367
b ) Atteggiamenti e d u c a t iv i.............................................. 368
Dimensione emozionale ( E ) ......................................368
La dimensione controllo (C) come autorit . . . . 370
c ) Aspetti o r g a n iz z a tiv i.................................................. 371
2.3. Il gruppo dei giovani (G - G ).............................................. 373
3. Conclusione................................................................................375
B i b l i o g r a f i a ....................................................................................375

V. GLI AM BIENTI

30. L AMBIENTE, FATTORE EDUCATIVO (L o r e n z o M a ca rio) . . . 379


1. L ambiente, fattore necessario di c res c ita ............................. 379
2. Significativit educativa della m b i e n t e ................................. 380
3. L ambiente fis ic o ....................................................................... 381
4. L ambiente f a m ilia r e ...............................................................381
5. L'ambiente del gruppo dei c o e ta n e i......................................382
6. Importanza e significato educativo dellam b ien te.................383
B i b l i o g r a f i a ....................................................................................385

31. GRUPPO (P i o S c i l l i g o ) ............................................................... 386


1. La persona come gru pp o...........................................................386
2. La persona come giustificazione del g ru p p o ......................... 386
3. La ricerca del g ru p p o ...............................................................388
4. Il gruppo come strumento di form azion e............................. 389
5. Il gruppo come spada a doppio t a g lio ................................. 390
6. La leadership nei g r u p p i ...................................................... 391
7. Il gruppo e il processo del cam biam ento............................. 394
8. I gruppi come proposta in un progetto educativo pastorale....396
B i b l i o g r a f i a ....................................................................................398

32. COMUNIT EDUCATIVA (R icca rd o T o n e l l i ) ............................. 399


1. Verso la comunit edu cativa.................................................. 401
2. Quale comunit ed u ca tiva...................................................... 401
2.1. La funzione della comunit educativa sul piano educativo 402
a ) La comunit educativa per attivare processi formativi 402
b ) Lo sviluppo dei processi formativi ha bisogno del
sostegno di un am bien te.............................................. 404
c ) La comunit educativa per produrre nuovi simboli 405

457
2.2. Sul piano deH'educazione alla f e d e ................................. 406
a ) Comunit educativa e significativit dellevento
s a l v i f i c o ....................................................................... 406
b ) Comunit educativa e sostegno alla vita di fede . . . 407
c ) Comunit educativa e mezzi soprannaturali (cele
brazioni della s a lv e z z a ).............................................. 407
2.3. L unit della funzione educativa e evangelizzatrice nella
comunit e d u c a tiv a ...........................................................408
3. Orientamenti operativi: la comunit educativa al lavoro . . . 409
3.1. Alla ricerca di unimmagine condivisa di comunit edu
cativa ................................................................................409
3.2. Un nucleo condiviso di valori: il progetto educativo-pa-
storale s a le s ia n o ............................................................... 410
3.3. I soggetti della comunit educativa................................. 413
3.4. Livelli di p artecip a zio n e.................................................. 414
3.5. Strutture di corresponsabilit e di partecipazione . . . . 415
4. Conclusione; la comunit educativa soggetto della program
mazione edu cativo-pastorale.................................................. 415
B i b l i o g r a f a ....................................................................................416

33. LA SOCIET (G u id o G a t t i ) ...................................................... 418


1. Fede e scienze della s o c ie t .................................................. 418
2. La societ nella storia della sa lvezza ................................. 419
3. Societ umana e C h ie s a ...................................................... 421
4. L insegnamento sociale della C h iesa......................................421
4.1. L insegnamento sociale della Chiesa come dottrina . . . 422
4.2. L insegnamento sociale della Chiesa come profezia . . . 422
5. L uomo e la s o c ie t ............................................................... 424
6. Diritti della persona e principio di sussidiariet.................425
7. La destinazione universale dei beni; propriet privata e par
tecipazione ................................................................................425
8. Il s o lid a r is m o ....................................................................... 426
9. La critica dei sistemi reali e delle loro lo gich e.....................427
10. Uneducazione lib e r a tr ic e ...................................................... 428
B i b l i o g r a f a ....................................................................................429

34. CHIESA (E m ilio A l b e r i c h ) ...........................................................430


L Unit e pluralit di significato del termine Chiesa . . . . 430
2. Incidenza pastorale-educativa della C hiesa............................. 430
3. La svolta del Vaticano II . . . ............................. 432

458
4. Per unesperienza di Chiesa pastoralmente e pedagogicamen
te significativa........................................................................... 434
5. Interiorizzazione e maturazione del senso della Chiesa . . . 436
6. Una Chiesa da c o s tr u ire ...................................................... 437
6.1. Una Chiesa diaconale, serva dellu m a n it .....................437
6.2. Una Chiesa in stato di evangelizzazione......................... 437
6.3. Una Chiesa segno di com unione......................................438
6.4. Una Chiesa aperta al fu tu ro .............................................. 439
B i b l i o g r a f i a ....................................................................................440

In dice t e m a t i c o ....................................................................................441

459

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