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DISCORSO SOPRA LA MUSICA ANTICA E MODERNA

DI M. GIROLAMO MEI (1602)


Cittadino ed Accademico Fiorentino.
CON PRIVILEGIO.

IN VENETIA, M. DC. II. Appresso Gio. Battista Ciotti.


Con licenza de' Superiori.
AL MOLTO ILLUSTRE: SIG. BACCIO VALORI, PIERO DEL NERO.

IL suo, e mio Dottissimo Mei reputa per cosa certa, e per appunto dice cos. Il cantare de
gl'Antichi era in ogni Canzone una sola Aria, come noi sentiamo hoggi in Chiesa il salmeggiare
nel dire l'ufizio divino, e spezialmente quando si celebra solenne, ancorche il Coro di quelli, che
cantavano fusse appo di loro d'assai voci, come nelle Tragedie per legge determinatamente
deveva essere di 15. e come nelle Comedie era stato ristretto al numero di 24. Quanto poi al
Coro delle Satire, e di quello de ditirambici, e altri hynni soliti cantarsi in quella tal Religione da
moltitudine di cantanti insieme non h saputo osservare il numero di quelli, che vi cantassero.
Io h detto de Cori solamente, perche intorno alle persone della Scena, tanto della Tragedia,
quanto della Comedia, e della Satira, di quelli che soli cantassero qual si voglia maniera di
Poemi, s la Lira, sul Piffero, altro strumento, non occorre questa dubitazione, conciosia
che essendo una sola voce erano l'istesse, che quelle dello strumento che l'accompagnava, e se
le corde dell'Aria, che si cantavano dalla voce erano l'istesse, che quelle dell'instrumento, cos
circa l'acutezza, e gravit, come circa la prestezza, e lentezza del numero, e del rithmo suo
luogo se ne ragioner bastanza.
Hammi mosso, e fatto venire in questa credenza, che il Coro cantasse un'aria medesima;
massimamente l'osservare, che la Musica delli Antichi era tenuta si valoroso mezo commovere
gl'affetti, come si riscontra per molti accidenti raccontatici dalli Scrittori, e il vedere, che quella
de Musici nostri, , come si dice volgarmente, atta pi tosto ogn'altra cosa. Hor tutto questo
necessariamente forza, che nasconda opportune, e contrarie qualit, che ciascuna di esse
naturalmente si soglia tirar dietro, delle quali quelle dell'antica siano accomodate, e per se, atte
fare quello, che l'operavano; e per opposito quelle della moderna impedire: e questi
fondamenti e principij necessario, che siano naturali e saldi, e non trovati da altri, e variabili.
Hor di qu considerato, che tutta la Musica quanto n'appartiene al Canto, intorno alla quantit
della voce, e in quella parte spezialmente d'essere acuta, mezzana, e grave mi si cominci
rappresentare, che dovesse essere; prima, che la virt d'essa necessariamente havesse in
queste il suo principale fondamento; e di poi, che non essendo ciascuna di queste passioni della
voce la medesima, non era anco ragionevole, che ciascuna havesse le medesime facult: m
che cosi come esse erano contrarie tr se, e nascenti da contrari muovimenti; medesimamente
ancora era necessario che ciascuna havesse contrarie propriet, le quali havessero parimente
forza di produrre necessariamente contrari effetti.
Hor perche la voce era stata data dalla natura gl'animali, e all'huomo spezialmente per
significazione de concetti intrinsechi, era medesimamente ragionevole, che tutte queste diverse
qualit di lei, essendo tutte determinatamente distinte, fussero appropriate esprimere
ciascuna accomodatamente i propri suoi, e non quelli dell'altra. Onde l'acuta non potesse
esprimere acconciamente l'affezione della mezzana, e vie meno quella dell'alta, della grave:
anzi che la qualit dell'una doveva necessariamente, essendo sua opposita, contraria, essere
d'impedimento all'operazione dell'altra.
Hors questi pensieri, e fondamenti cominciai ad argumentare, che se la Musica de gl'antichi
havesse cantato pi arie mescolatamente insieme della medesima Canzone, come fanno i Musici
nostri con il lor basso, tenore, e contr'alto, e soprano, con pi parti, che queste con meno
ad un medesimo tempo, sarebbe stato senza dubbio impossibile, che ella havesse potuto si
gagliardamente muovere gl'affetti, che la voleva nell'uditore, come per tanti riscontri, e
testimoni di grandi, e nobili Scrittori si legge ogni passo che la faceva. Hor per vedere la verit
di questa conclusione pi distintamente e quasi in viso, possiamo, ripigliando i principij, e
fondamenti reali sopra accennati, prima vedere dove essi accompagnati con l'altre condizioni,
che necessariamente ci debbono intervenire, di necessit ci conduchino, e poi esaminarla con
l'autorit di quello, che se ne possa ritrarre per quanto se ne legga appresso coloro, che ce
n'habbian ne loro scritti lasciato qualche notizia.
Certa cosa adunque , che l'acutezza, e la grauit della voce Diastematica, e per dir cos
intervallativa, che quella, che proprio subietto della Musica, come qualit che nascono da
diverse, e in tutto opposite cagioni, venendo la prima dalla velocit, e l'altra della tardit del
moto, con che ella prodotta, son segni, e note proprie di diverse, e in tutto contrarie affezioni
dell'animante, delle quali ciascuna esprime naturalmente la sua. Medesimamente cosa chiara,
che le affezioni si muovono ne gl'animi altrui rappresentandosi loro quasi innanzi, per obietto,
per memoria que' tali effetti, che da queste tali apparenze sono fatte lorro apparire. Hor
questo con la voce altrimente fare non si pu, che con quella qualit di lei, sia ella, grave,
acuta, mezzana, che dalla natura l' stata proveduta per questo effetto, e che nota propria
e naturale di quello, che altri vuol commovere nell'uditore.
Simigliantemente cosa notissima, che de tuoni, i mezzani tra l'estrema acutezza e l'estrema
gravit, sono atti mostrare quieta, e moderata disposizione d'affetto; e i troppo acuti sono da
animo troppo commosso, e sollevato, e i troppo gravi da pensiere abietto, e rimesso nel modo
medesimo che il numero mezzano, tra la velocit, e la tardezza mostra animo posato, e la
velocit concitato, e la tardezza lento, e pigro, e insieme chiaro, che tutte queste qualit cos
dell'armonia, come del numero hanno per propria natura facolt di muovere affezioni simiglianti
ciascuna se. Onde i tuoni troppo alti, e i troppo gravi furono da i Platonici rifiutati nella loro
Republica; quelli per essere lamentevoli, e questi lugubri, e solamente ricevuti quelli di mezzo,
cosi come ancora f fatto da medesimi circa i numeri, e rithmi. Di pi tutte le qualit contrarie,
naturali acquistate che elle si siano, nel mescolarsi, e confondersi insieme indeboliscono, e in
un certo modo spuntano le forze l'una all'altra: se le son pari, del pari, se non son pari
proporzionatamente alla potenza, e vigore di ciascuna. Onde ne nasce, che ciascuna d'esse
mescolata con l'altra diversa da se opera quanto lei, imperfettamente, pochissimo. Perche
chi mescolasse con pari quantit d'acqua bollente, altrettanto di giacciata parimente discosto
con la soperchia freddezza sua, quanto la bollente con la soperchia sua caldezza dall'essere
temperata, non solamente non opererebbe la forza di ciascuna, ne in soverchio freddo, ne in
soverchio caldo, m si ridurebbero tutte due una mezzana disposizione non atta per sua
natura, ne rifreddare, ne riscaldare, se bene forse per qualche qualit del subietto intorno
gl'altri se ne servisse, essendo egli da per se per avventura disposto pi questo, che quello
eccesso, ella potesse apparir d'operare vi pi l'uno che l'altro.
Hor poiche tutte le cose proposte son indubitatamente vere, necessaria cosa , poiche la Musica
de gl'antichi faceva nel sentirsi effetti tanto gagliardi nel commuovere, quanto si legge, che ella
si valesse di quelle propriet, solamente, che erano atte destare quelli affetti, senza altrimente
mescolarvi cosa alcuna contraria, che le impedisse indebolisse la forza sua nell'operare. E
adunque necessario percioche tutti i cantanti, insieme cantassero non solamente le medesime
parole, m il medesimo tuono, e la medesima aria con la medesima quantit di tempo, e con la
medesima qualit di numero e rithmo: le quali tutte cose insieme fossero per propria natura
atte produrre l'effetto, che l'artefice suo s'ingegnava, e si proponeva in animo di condurre, e
questo altro non poteva essere, che un canto unito, e fermo tutto insieme, e diritto tutto
quello stesso fine per i soli naturali, e giusti mezi suoi.
Hora infino qu ci conduce, come chiaramente apparisce, il discorso fondato s i principi naturali
posti di sopra. M che egli poi in fatto veramente fusse un modo tale di cantare argumento
bastante ce ne debb'essere, oltre pi altri, che se ne potrebbe addurre, questo spezialmente,
che tra gli Scrittori antichi (lasciando stare al presente da l'uno de lati Platone, Aristotele,
Atheneo, Proclo, Polluce, Vitruvio, e pi altri, i quali in molti luoghi incidentemente, se ben
lungo, & assai diffusamente hanno parlato di questa facult, conciosia che per ventura altri
potrebbe pensare, e dire, che non venne loro proposito il raccontare ogni particolarit di lei)
in quelli stessi, e dottissimi, & accuratissimi che ne scrissero espressamente e diligentemente
l'arte (de quali tra Greci, e Latini, n'ho letti ben quindici) in nessuno si trova nome alcuno che
apparisca non che altro rispondere, ad alcun di quelli, che si chiamano da Musici da cento
cinquant'anni in qu, dal quale tempo si fa conto che questa de nostri tempi habbia havuto la
sua origine, basso, tenore, contr'alto, e soprano, cosa che se da quei tempi indietro si fusse mai
cantato pi arie insieme come poi s' messo in uso, non si pu ne si debbe con ragione credere
che potesse mai essere avvenuto.
Aggiungeteci poi di pi, che di quelle, che i nostri chiamano consonanze imperfette come il
Semiditono, il Ditono, l'Hessacordo minore, il maggiore, e tutte l'altre tali non si trova appresso
gl'antichi, come di consonanze memoria alcuna. Il che senza dubbio da chi vuole giustamente
discorrere della cosa non si debbe, ne ragionevolmente si pu credere, che per altra cagione sia
stato, se non manifestamente, perche quelli non se ne servivano, e perci non le conoscevano
con la pratica, ne le considerarono per la loro imperfezione, e il loro non servirsene,
ragionevole che nascesse, perche essi cantando tutti un'aria sola, e havendo in esso fine tutto
diverso da quel de moderni, non havevano quella necessit, che n'hanno i nostri. Perche questi
l'hanno ricevute e approvate solo per la necessit che s' scoperta loro addosso, di variare
gl'accordi di queste tante, e diverse loro arie insieme, conciosia che altramente senza questa
cura questo loro modo con le consonanze perfette sole, essendo esse pochissime, riusciva loro
di troppo tedio all'orecchio. Il diletto del quale senza altro fine pi oltre, di penetrare con il
concetto loro pi efficacemente all'animo, destare in altrui pi questo, che quello affetto,
solamente hoggi la mira del loro cantare, del qual tedio essi hanno tanta paura, e pongono
tanto soverchia diligenza in ischifarlo, e con tanta delicatura, che perci tra loro ricevuto per
legge insino l'essere peccato grande, quando due consonanze perfette della medesima spezie si
seguitano immediatamente l'una l'altra.
E che appo gli antichi il loro non ragionarne nella loro pratica sia nato dal non l'havere in uso, e
non dall'imperfezione sola (come altri per ventura si penserebbe potere argumentare) di quelle
assai manifestamente si pu giudicare, e quasi vedersi in faccia, dal vedere che essi hanno
ragionato di molt'altre qualit di questi medesimi intervalli, e di pi altri, per chiamarli al
presente cos, imperfetti, come della diesi con harmonia delle due chromatiche, del lemma
semituono, della sesquiottava, e tuono; e chiamatoli tutti con uno stesso nome dissonanti, se
bene atti al canto: come quelli, che veramente in fatto non si servendo d'alcuno di loro, se non
semplicemente per intervalli tali della voce, e non affatto alcuno per consonanze; non hebbero
gusto alcuno di questa loro tale qualit, ne perci f punto loro necessario considerare
l'essenza, e accidenti, e virt sue.
Apparisce adunque assai chiaro per le cose dette, che la musica appresso gli antichi (cantassesi
le loro canzoni, da molte, da poche voci) era un canto, e un'aria sola. Onde non debbe pi
oltre parere maraviglia s'ella faceva per commuovere altrui gl'affetti suoi cos gagliardi, come si
legge quando ella era composta, come si dice, da buon Maestro; e ordinata da artefice in essa
giudizioso, & esercitata poi da persone perite, e uoci accomodate; conciosia che cantandosi da
tutti una medesima aria in un semplice tuono, e appresso i migliori con picciol numero di corde
in maniera che col suo scendere, e salire non trapassaua punto i naturali confini di quello
affetto, che le parole sue mostrauano di volere esprimere; seruendosi insieme di numero, e
rithmo presto, lento temperato, secondo che dall'intendimento del concetto suo si
disegnaua d'esprimere, non poteua non conseguitare sempre, o per lo pi, quanto lei, tutto
quello che altri si proponeua.
Ne medesimamente per opposito dee parere cosa punto fuora di squadra, come si dice; ne
strana, se la musica de nostri tempi non f nessuna di queste marauiglie, conciosia che ella
portando in certo modo seco nell'animo dell'uditore un medemo tempo diuerse, e contrarie
note d'affetti, mentre che la mescola indistintamente insieme arie, e tuoni dissimigliantissimi, e
di natura contrari gl'uni, gl'altri; quantunque ciascuna di queste cose habbia da per se
naturalmente propria qualit, e forza atta destare, e muouere con la sua simiglianza proprie
affezioni, non ne pu comunemente per se medesima commouere alcuna: anzi chi sanamente
considera, pu per contrario manifestamente apparire non hauere ella per sua natura a modo,
non che altro da potere con ragione pensarui.
Perche essendo necessario, che la forza, e virt dell'aria, e de tuoni acuti indebolisca, e spunti il
vigore, e potere de graui, e siano per opposito della naturale quantit di questi
scambieuolmente indeboliti, e affiacchiti, non pu pi oltre l'animo di chi ode, distratto in un
medesimo tempo, e quasi in istante in diuerse, e contrarie parti per la mescolanza delle diuerse
note, che propriamente gl'appresentano insieme diuersi, e contrarij affetti, essere dalla forza di
qual si voglia d'esse quasi sospinto pi questo, che quello; essendo che da quello stesso
che l'una in certo modo violentemente lo tira, l'altra con egual forza lo ritiene: Non altramente
che auuerrebbe d'una Colonna, la quale posata egualmente per tutto s la sua basa, se altri per
atterrarla le attaccasse al luogo del capitello, due, piu canapi eguali tirati ciascuno
oppositamente, e con egual distanza da eguali forze. Perche ne questa con tutte le forze che vi
si adoperassero, si smuouerebbe punto dal luogo suo, se gi ella forse da per se da qualche
parte non fusse per suo difetto disaiutata: conciosia che la forza opposita resisterebbe alla
violenza contrappostale: ma se altri con tutti medesimi ordigni, e con tutte le medesime forze la
violentasse tirando da una sola parte, non sarebbe (auuiso io) punto marauigliosa cosa se tutto
questo sforzo insieme fusse di tanto potere, che l'atterrasse.
Aggiugnete poi nella musica de nostri sopra tutte le cose dette, che il sentimento della
continuata delicatezza de loro accordi, e consonanze, e cento altre soperchie maniere d'artifizio,
che eglino son'ite quasi col fuscellino, come s'usa dire, cercando d'allettare pi l'orecchie, di
sommo impedimento al commuouere l'animo ad affezione alcuna occupato, e quasi legato
principalmente con questi lacciuoli di cos fatto piacere: tutte cose diuerse, se non contrarie
quello che nell'affetto di sua natura, necessario; perche l'affetto, e il costume vuol essere cosa
semplice, e naturale, almeno apparire cos fatto, & hauere per mira solo se, volere
commuouere se stesso in altri. segno ve ne sia, che se altri sopraggiunga in una brigata, doue
alcuni pianghino, alcuni ridino, altri ragionino quietamente, e altri faccin briga insieme, & altri
saltino per ebriachezza, e altri faccino altro, non hauendo egli seco per uentura da per se
particolar inclinazione qualch'un di questi affetti, non si muouer per ci cosa alcuna dello
stato suo verso di quelli, se non fosse nel restare confuso del fatto: ma se per opposito altri
sopragiunga in compagnia doue tutti si lamentino, tutti faccin festa, sar bene gran
preparazione, naturale, d'animo quella, che non si commoua, e non si disponga in qualche
maniera, secondo quelli affetti.
Metteteci di pi la somma vanit dell'uso delle molte corde, fuor d'ogni naturale conuenienza
considerato; uogliamo in tutte quante le parti insieme quasi un corpo solo, vero in ciascuna
d'esse disperse, cosa sempre appresso gl'antichi biasimata da tutti gl'huomini di giudizio,
appresso i quali non si sente forse altra querela pi frequente contro la insolenza, e sciocchezza
de musici di loro tempi; come quella che sia non punto naturale affetto; conciosia che, come
pu sentirsi ognuno, comunemente chi si lamenta, non si parte mai dalle corde acute, e per
contrario chi mesto non s'allontana mai dalle graui se non una tale leggiere distanza: laquale
non mai (perche ella non sarebbe accomodata, ne atta un tal fine) aggiugne al mediocre
stato, non che essa lo trapassi, come noi sentiamo fare all'arie di questi nostri musici, i quali
non solamente con l'intero corpo di tutte queste loro arie mescolate insieme, m ben spesso
con una sola soprano, tenore, quale essa si sia, arriuano saltando hor'all ins & hor
all'ingi, mediatamente, immediatamente sino allo spazio tal volta d'undici, dodici corde.
Ne medesimamente da lasciar indietro qualche negligenza de nostri intorno al numero, e
rythmo in tutte le parti, si considerata ciascuna disperse, come di tutto il corpo di esse insieme,
il quale infinite volte per non dir sempre mai in tutte queste, contrario alla natura della cosa,
che vuol esprimere il concetto, che si significa dalle parole, il quale ragioneuolmente si
douerebbe sopr'ogn'altra considerazione seguitare, ed senza alcuna propria distinzione in
ciascuna; anzi per uentura diuerso quello dall'una parte, e quello nell'altra, essendo che molte
volte nel medesimo tempo il soprano pena si mouer quando il tenore uoler, e il basso se
n'andr passeggiando quasi in calce solate: veramente per opposito, il che di quanta
imperfezione sia cagione, e quanto di forza si lieui per ci all'espressione dell'affetto, dalla quale
naturalmente si commuoue il simile in chi ode, ne mestier altrimente ragionarne, essendo
cosa, che pu essere notissima, come si dice, pesciolini, non che chi uoglia discretamente
considerare la natura stessa di ciascuno delli affetti: perche chi di si tardo intelletto, che non
possa ageuolmente comprendere, se egli si metter riguardare il vero, che con altra prestezza
pronunzia l'infuriato, e con altra lentezza si raccomanda il supplicante, che non ragiona chi h
l'animo quieto? al quale poco pensiero di numero si pu quasi come per colmo della misura
arrogere di pi la souerchia diminuzione del tempo introdottasi con poca conuenienza naturale
di mouimento della uoce, cominciandosi dalle note da queste chiamate Massime, e diminuendo
sin quelle, che si chiamano da medesimi Semicrome,
sopra i quali tutti impedimenti quasi come capo si dee porre la perturbazione, e mescuglio delle
parole, e cincistiata, come dice il Fiorentino di quelle, d'onde non penetra l'intelletto di chi ode
la virt del concetto, che in esse espresso, si come ne l raccolgono bene spesso anch'essi
medesimi che le cantano, il quale per ben compreso potrebbe da per se solo esser atto
commuouere affetto in alcuni.
M che diremo noi intorno ci, che il soprano spesse volte canti in principio delle parole d'un
concetto, e le replichi, e il tenore sia mezzo d'esse, e il basso nell'ultime, e altre parti altroue,
siano nelproferirle da se difformi, non altro ueramente, se non che questo tira anch'esso
diritto quel medesimo segno, che tutte l'altre cose poste di sopra, il quale di strarne l'animo
in diuerse, e se cosi occorra, contrarie parti, la quale distrazione facendo percuotere
disunitamente tutte queste quasi punte, e non nel centro medesimo, non hauendo per ci
valore, ne forza bastante, anzi l'una disaiuto all'altra, non fa il pertugio in esso, e non vi
penetra, e cos non vi desta affetto, rouescio di quello che per prouerbio si dice della gocciola
d'acqua, la quale unitamente percotendo il medesimo luogo della pietra finalmente l'incaua.
Per queste ragioni lasciando indietro ogn'altra autorit, & argumentazione apparisce, stimo io,
esser vero, che la musica, e cantare de gli antichi fusse un canto fermo, il quale perci con le
sue qualit ben guidato potesse fare naturalmente quelle proue, che noi sentiamo
raccontarsene, il che non possibile che si faccia patto alcuno della Musica, e cantare ne
nostri tempi.
M forse para qualcuno, che alle cose cosi conchiuse ne conseguiti due quasi inconuenienti: il
primo che se la musica antica era veramente un cantar fermo ella mal volentieri pu non
apparire per la sua ageuolezza cosa grossolana, e perci d'hauersi hauere in tanto conto: l'altro
che non seruendosi essa dell'uso delle consonanze, poiche tutti cantauano una medesima
aria, che fine farsi tanta diligenza, e scalpore da suoi scrittori intorno loro, e insino
capigliarsi nel uolere gli uni difendere la ragione d'alcuna d'esse contro l'autorit d'altri, che non
l'accettauano, come si s esser auuenuto tra i Tolomaici, e i Pitagorici nel non voler questi, che
la Diapason, e Diatessara, chiamata da moderni l'undecima, fusse riceuuta nel numero delle
consonanze; e quelli nel fare ogni forza per rimetterla, e manteneruela.
Hor quanto al primo perche le passioni e d'affetti neturali son tutti senza molta fatica come quei
che nascono da inclinazione, e principi nati con esso noi, e per ci ageuoli ad imitarsi, e
d'esprimersi, e conseguentemente commuouersi ne hanno bisogno se non d'attitudine, e
disposizione conueniente quello, che le sono; ne f loro mestiero di altra maggiore industria,
che di quella che secondo la natura loro; cio ne di souerchia, ne di negligente per fare che le
comparischino: ed questa opposizione molto simile chi dicesse, che perche il fuoco, e
l'acqua son cose comuni, e con leggier industria nascendo le legne, e le fontane chiarissime in
mezzo boschi, e nelle montagne per lo pi si possano procacciare, e hauerne l'effetto
dell'un'intorno al riscaldare; e dell'altra nell'estinguere la sete, rinfrescare; fusse cosa in tutto
disprezzabile: senza che non egli cos credeuole, che la musica delli antichi fusse tanto
ageuole cosa bene acquistarsi, e impadronirsene perche chi considera il tutto pu vedere che
come s'usa dire qualche non entraua nelle maniche, andaua ne gheroni, conciosia che le
diverse, e esquisite diuisioni delli interualli tra corda, e corda secondo i generi, Enharmonico,
Chromatico, Diathonico erano pi per ventura malageuoli, ben possedersi, che non oggi
questa moltitudine di consonanze si nell'aggiustarli perfettamente, con la voce nel portarla da
corda, corda, come nell'uso di ciascuna maniera di per s, e nel mescolare insieme quelle, che
s'usauano mescolare; le quali tutte diuisioni, e uso d'esse non si pu ragioneuolmente pensare
che per altra cagione siano cos in tutto state dismesse, e abbandonate, se non per la loro non
punto comune, e volgare ageuolezza, di che pu esserci assai bastante segno, e argumento il
vedere, che tr tanto grandi artefici, che sono stati di questa nostra di quelli per, che
veramente l'hanno conosciute, non chi h per ancora hauuto chi si sia mai saputo condurre
rimetterle in uso; anzi ne hanno lasciato, come si dice per prouerbio del color de caualli gialli,
interamente spegnere in certo modo il seme, senza che per lo pi da comuni Maestri di questa
nostra musica moderna uniuersalmente si vuole credere, che tutte l'altre diuisioni d'interualli, e
distribuzioni di corde, da quella sola in fuor, che essi per pratica hanno solamente apparata,
erano appo gl'antichi immaginazioni, e discorsi (che cos gli dicono essi) di dotti. Nel che per si
pu altri dolere meno, se non darsi pace del fatto loro, poiche essi in virt di queste parole
confessano liberamente il vero, e tanto meno marauigliarsi, quando insino tempo di
Plutarcho si diceua questo medesimo da quei musici di poca fatica essere stato della diuisione
del genere Enharmonico.
Alla seconda opposizione, che stimaua di soperchio la tanta diligenza de gli scrittori di questa
facolt nel cercare, e si accuratamente disputare della natura, e propriet delle consonanze,
chiamate da nostri perfette, e del numero d'esse, ancorche da quelli dell'imperfette non si sia
pur fatto parola, poiche quelli nel loro cantare non si seruiuano come consonanze, ne dell'uso di
quelle essendo, puo dico rispondere, l'essere il reale fine della scienza in tutto differente da
quello dell'arte; conciosiache fine, e mira propria della scienza, considerare ogn'accidente del
suo subietto, e le cagioni, e propriet di quelli per la sola cognizion del vero, e del falso
senz'altro pi rispetto del'uso, a che se ne seruiuano l'arti, le quali se ne vagliono, per
instrumento, per materia, altramente condurre il fine loro; Onde l'Arithmetica diligente v
esaminando, e ricercando le propriet de numeri cos considerati per se stessi, come referiti ad
altri, se essi verbi grazia son parimente pari, se son quadrati, cubi, primi, e incompositi,
multiplici, super particulari, super pazienti l'uno dell'altro, e cento altre loro considerazioni,
delle quali non si serue cosa del mondo l'arte, e pratica del fare i conti in niuno de gl'atti suoi
di raccorre, di trarre, di multiplicare, di partire. Percioche quest' bastante fine l'operare
rettamente senza pi, e quella vuol contentare l'intelletto con la cognizione del vero, e del falso
delle passioni con accidenti del subbietto suo. Hor medesimamente auuiene nella musica, la
scienza della quale v diligentemente inuestigando, e considerando tutte le qualit, e propriet
delle constituzioni esistenti, e or dini delle voci musicali, si le semplici di ciascuna, come le
respettiue, tr le quali sono le consonanze, e questo non per altro fine che per venire in
cognizione della verit stessa, termine perfetto d'ogni speculazione, e per accidente del falso,
lasciando poi all'arte seruirsi di quelle stesse voci, delle quali esso h conosciuto la verit, come
torna meglio commodo al fine, che l' proposto in tutto, e per tutto senza altra limitazione.
E di qui per ventura che la scienza considera solamente le consonanze perfette senza curarsi
pi oltre dell'imperfette, non si seruendo spezialmente di queste cosa alcuna nell'arte stessa.
Perche hauendo le perfette certa forma d'essere, e immutabile causa determinata, e finita,
nascendo tutte dalla virt, e misuratamente proporzionata, e semplice de gl'interualli distinti da
i due termini rispondentisi poteuan interamente intendersi, e determinatamente sapersi, &
hauersene il vero; m l'imperfette per opposito erano al tutto impossibili possedersi
determinatamente, e certamente dall'intelletto, hauendo esse per suo nascimento, e quasi
fonte, senz'altra certa, e determinata regola la sola imperfezione dell'udito, per mezzo del quale
si vuol giudicare della giusta qualit della quantit; obbietto commune con tutti gl'altri
sentimenti, e non proprio suo. Onde si come natura propria d'ogni imperfezione essendo
queste indeterminate, e infinitamente uariabili, e non cadendo perci sotto alcuna semplice,
certa, e nota proporzione di termini, sarebbe stato somma vanit il cercare la certezza, e tanto
maggiormente non essendo esse appo loro in uso alcuno.
e che ciascuna di quelle, e di queste siano veramente di sua natura a tali come s' detto, segno
aperto, e manifesto ce ne dee essere, che le perfette compariscono tra i medesimi termini, e
corde della voce sempre le medesime in tutte le diuisioni de generi, Enharmonici,
chromatici, Diatonici che essi si sieno, il che manifesta cosa che dell'imperfette non pu
essere, perche come si trouerr mai il semiditono tra tre corde nell'Enharmonico? il ditono ne
chromatici? pur ne gl'altri Diatonici fuor che nel solo chiamato da gl'antichi Ditoneo? che
quel solo, che hoggi di tanti ci resta in uso, e quello che di queste vero: simigliantemente
anche vero delle seste (che cosi le chiamano i nostri) e maggiori, e minori, e medesimamente di
tutte l'altre loro simiglianti approuate tutte da musici moderni, e riceuute in luogo di consonanze
per non apparire all'udito quanto l'altre interamente dissonanze, se bene in verit essi l'hanno
chiamate differenza di quelle veramente consonanze, si come le sono imperfette, &
accettatole per le ragioni poco sopra allegate.
Hora fatta apparire la verit di quanto s' proposto, e risposto all'apparenti opposizioni, che
inconuenientemente pareua nascessino, da venire di mano in mano rispondendo, e
sodisfacendo particolari quesiti delle vostre lettere.
Quanto mirabili effetti della Musica de gl'antichi nel muouere gl'affetti, e non vederne alcun
vestigio nella moderna, se si vorr riguardare con sano occhio alle cose discorse dio sopra
ageuolmente potra auuenire, che noi non ce ne marauigliano pi oltre, conciosiache quella de
nostri non habbia il medesimo fine forse per non hauere ella come haueua l'antica, modo da
poterlo conseguitare; hauendo questa per obbietto suo il solo diletto dell'udito, e quella in
condurre altrui per questo mezzo nella medesima affezione che se.
L'impresa che io sono stato dietro pi tempo f stata tutta per vedere di ritrouare, che cosa
appresso gl'antichi s'intendesse per tuono, verbi grazia, Dorio, frigio, altro, e se questi erano i
medesimi, che quelli che i moderni chiamano, primo, secondo, terzo, & insino all'ottauo tuono,
non mi parendo per quanto n'haueua letto, che cosi potesse essere si come hoggi ueramente
credo essere certissimo che non siano. Perche questi che i nostri chiamano tuoni non hanno le
condizioni medesime che si conosce hauere hauute quelli; e se bene Franchino, e il Glareano,
e pi altri grandi ingegni de moderni hanno voluto insino riporre nostri i nomi antichi per
meglio farloci credere, e chiamare i pari, plagij in luogo di secondo, quarto, sesto, e ottauo.
Hypodorio, Hipophrigio, Hipolidio, & Hypomixolidio; & i non pari in luogo di primo, terzo, quinto,
e settimo, Dorio, Frygio, Lydio, e Mixolydio, si raccoglie nondimeno con viuissime ragioni, che la
verit non poi cosi. Conciosiache queste, che i nostri chiamano Tuoni non sono altro che le
pure spezie, e forme diuerse della Diapason, & ottaua differenti per acutezza, e grauit l'una
dall'altra solamente secondoche le si trouano collocate nell'ordine della sistema, constituzione,
scala che altri si voglia dire delle corde, e voci musicali. Hor il tuono Hypodorio, e
Hypophrigio, e cosi tutti gl'altri appo gl'antichi nasceuano dalla mutazione de luoghi, che si
feceua delle intere constituzioni delle voci, delle Diapason, & ottaue, de gl'altri sistemi, e
constituzioni perfette, imperfette, che le si fossero, quando, nel mutarle di luogo le
diuentauano pi acute, pi graui, che esse naturalmente nella constituzione, e sistema
comune non soleuano essere, la quale constituzione, e sistema naturale, e comune, e non
alterata di luogo essi chiamauano il tuono Dorio, la cui propria Diaposon, e ottaua era quella di
mezzo, che contenuta da i due Tetracordi disgiunti. Cio tra la corda chiamata da gl'antichi
Hypatemescon, e da i nostri Elami, e la corda chiamata da quelli Netediezeugmenon, e da
questi Elami inclusiuamente.
Ma perche questa, cosa fuora de quesiti, e presupone infinite considerazioni precedenti, e
molte cose conseguenti perfettamente comprendersi, le quali non si possono ristringere in si
stretto corso quanto quello di rispondere per una lettera, non entrer pi oltre in
ragionamento di ci; stimando massimamente, che questo vi debba essere a bastanza per
hauere qualche particolare lume del disegno mio in questa impresa, della quale mi resta hoggi
finire una picciola parte, se bene la piu importante, che quella dell'uso de modi, e tuoni, cio
come, & essi si seruiuano pi dell'uno, che dell'altro, e perche; darolle fine se Dio vorr
qualche volta.
IL FINE.

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