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27 febbraio 2014
Indice
i
Capitolo 1
Il pianeta su cui viviamo e insignificante rispetto allUniverso: la sua massa e 1028 e le sue
dimensioni 1020 volte piu piccole. Dalla stella piu vicina a noi sarebbe impossibile osservare
il nostro sistema planetario, utilizzando le tecniche astronomiche convenzionali. I pianeti pos-
seggono solo lo 0.13% della massa del sistema solare (e Giove ne possiede la maggior parte).
Questo capitolo presenta una breve introduzione allo studio della Terra dal punto vista astrofisi-
co e propone alcune relazioni fra la sua storia e levoluzione del Sole, delle stelle e dellUniverso
intero. Queste relazioni sono importanti per comprendere levoluzione del nostro pianeta, perche
i processi che si sono verificati sulla Terra negli ultimi 4.6 miliardi di anni (Ga) furono in larga
misura predeterminati da massa, composizione e posizione iniziali della Terra.
Le osservazioni delle galassie piu lontane mostrano che lUniverso e in espansione, con gli oggetti
piu lontani che recedono a velocita prossime a quelle della luce. Di conseguenza, procedendo
a ritroso nel tempo, lUniverso doveva trovarsi in condizioni di densita maggiori dellattuale,
fino a raggiungere densita infinita circa 14 miliardi di anni fa, quando si verifico una immane
esplosione (Big Bang) che segno linizio delluniverso attuale.
Nellarco di circa 20 minuti dopo il big-bang, la composizione dellUniverso si assesto in
una configurazione praticamente uguale a quella attuale: 75% (in massa) di idrogeno, 25% di
elio, 0.01% di deuterio e tracce 1010 di Litio e Berillio; elementi piu pesanti erano assenti.
Nel 1963 i radioastronomi rilevarono una debole radiazione extra-terrestre, distribuita in modo
isotropo nello spazio, interpretata come un relitto di questo Big-Bang. Questa radiazione di
fondo e oggi cos diluita, cos diusa nello spazio, che la temperatura media, lontano da ogni
stella e di soli 2.7 K.
1
2 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DEL SISTEMA SOLARE
un oggetto abbastanza massivo (M > 0.013MS ) per produrre la fusione del deuterio ma non
abbastanza (M < 0.075 MS ) per la fusione sostenuta dellIdrogeno.
2(2H + 1 H 3
He + ),
3 He + 3He 4 He + 2 1 H + 2.
Questo triplo processo alfa richiede densita molto piu elevate della catena p p o del processo
catalitico CN O descritti sopra. Percio la sintesi di elementi piu pesanti dellelio non puo aver
luogo fintanto che sono presenti nel nucleo della stella sucienti percentuali di idrogeno. La fu-
sione dellHe si verifica quando una stella sucientemente massiva > 0.25 MS esaurisce la scorta
di Idrogeno nel nucleo sicche il termostato che manteneva lequilibrio fra gravita e agitazione
termica non e piu attivo. Si verifica allora la fusione dellidrogeno nel guscio che circonda il
nucleo stellare e la produzione di energia della stella supera di molto quella durante la fase della
4 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DEL SISTEMA SOLARE
4
He
56
24 Fe
Mg
20
Ne
E/nucleone (MeV)
6
16
O
12
C
8
Be
0
0 50 100
m (amu)
Figura 1.1: Energia nucleare di legame E per nucleone in funzione del peso atomico m. Notare la
preminenza di nuclei multipli di particelle e del gruppo del Fe.
sequenza principale. Gli strati esterni si espandono rareddandosi e la stella diventa una gigante
rossa.
La nucleosintesi oltre il Carbonio non richiede due reazioni in rapida successione (e quindi puo
avvenire in ambienti di minor densita) ma lelevata barriera Coulombiana richiede temperature
ancora piu elevate e quindi sono necessarie stelle ancora piu massive. La nucleosintesi procede
per aggiunta successiva di particelle alfa:
C + 4 He
12 16
O + ,
+ 4 He
16 O 20 Ne + ,
20
Ne + 4He 24 Mg + .
12
C + 12C 24
Mg +
I nuclei composti da 3-10 particelle alfa sono stabili e facili da produrre, sicche essi sono rela-
tivamente abbondanti. Nuclei dello stesso tipo ma piu pesanti sono troppo ricchi di protoni e
decadono rapidamente per emissione in nuclei arricchiti di neutroni.
Grandi quantita di elementi fino al picco di energia di legame del Fe possono essere prodotti dalle
reazioni illustrate sopra, ma la barriera Coulombiana e troppo grande per produrre in tal modo
quantita apprezzabili di nuclei piu massivi, come P b e U . Questi nuclei pesanti sono prodotti
principalmente per aggiunta di neutroni liberi che, essendo neutri, non debbono superare la
1.3. FORMAZIONE DELLE GALASSIE 5
essenzialmente energia termica, a meno che la nube non sia in rotazione molto rapida oppure
non sia molto turbolenta. Se |EG | > 2EK la nube puo collassare sotto lazione della propria
gravita. Da queste considerazioni energetiche si puo facilmente ricavare il raggio minimo della
nube perche il collasso possa avvenire: lenergia gravitazionale di una massa M distribuita con
densita uniforme allinterno di una sfera di raggio r vale
3 M2
EG = G
5 r
(G = 6.67 1011 Nm2 /kg2 e la costante gravitazionale), mentre lenergia termica puo essere
scritta come 32 nkT dove n e il numero di molecole che compongono la massa M , k e la costante
di Boltzmann (k = 1.38 1023 JK1 ) e T la temperatura assoluta; il numero di molecole n e
proporzionale alla massa:
M
n=
mamu
0 Vega
giganti
rosse
+2
magnitudo assoluta
Sole
+4
se
qu
en
+6
za
+8
pr
in
+10
cip
nane
al
e
bianche
+12
dove mamu e lunita di massa atomica mamu = 1g/NA = 1.6606 1024 g = 1.6606 1027 kg,
e il peso molecolare medio (in unita di massa atomica), NA e il numero di Avogadro NA =
6.022 1023 gmole1 = 6.022 1026 kmole1 . Quindi lenergia termica vale
3 M 3 RT M
EK = kT =
2 mamu 2
dove R = NA k e la costante dei gas (R = 8.31 103 J/kmole K). Per il teorema del viriale,
allequilibrio deve essere
mamu GM
|EG| = 2EK = rc = GM = (1.1)
5kT 5RT
Una nube puo collassare solo se |EG | > 2 EK , ovvero se r < rc = GM /5RT ; per esempio,
una nube con raggio di 1 pc (parsec, 1 pc = 3.086 1013 km) e massa pari alla massa solare
(MS 2 1030kg), alla minima temperatura di 2.7 K (la temperatura della radiazione di fondo)
non puo collassare. La relazione (1.1) puo essere riscritta per la sola massa, eliminando r tramite
la relazione M = 43 r3; si ottiene cos il criterio di Jeans: la nube condensa se la massa M
supera un valore critico, detto massa di Jeans MJ
& '3/2 & '1/2 & '3/2
5RT 4 RT 1
MJ = (1.2)
G 3 G
a 20-30 m fa
se
0R
10 T-
Ta
ur Inizio delle
-2 B i reazioni p-p
R
10 Sequenza
E
Ne
no
Ve rcur
e
Me
ra
-4
10
4 3 2 2 4 6 8 10
10 10 10 10 1 10 10 10 10 10
Temperatura superficiale della stella (K)
Tempo (anni)
Figura 1.3: (a) Percorso evolutivo di una stella attraverso il diagramma di Hertzsprung-Russell, fino
a confluire sulla sequenza principale, con una massa pari a MS (massa del Sole). Le linee oblique sono
i luoghi a raggio R costante. (b) Raggio di una protostella (in unita di RS ) in funzione del tempo,
confrontato con il raggio delle orbite attuali dei pianeti.
di fig. 1.3) la temperatura nella zona centrale cresce rapidamente, le molecole si ionizzano, il
raggio decresce da 104 a 102 raggi solari (cioe, per il Sole, dallattuale orbita di Nettuno a
quella di Mercurio); il calore prodotto dalla contrazione gravitazionale viene trasportato da moti
convettivi verso le regioni esterne e da qui viene emesso nello spazio sotto forma di radiazione
infrarossa di corpo nero a 2500 K (lunghezze donda 1 2 m): la stella raggiunge un massimo
di luminosita, della durata di poche decine di anni, dopo di che la contrazione continua, (fase C-D
di fig. 1.3) ad un ritmo molto lento e a temperatura esterna pressoche costante 2500 3500 K,
sicche la luminosita decresce lentamente, mentre le temperature interne salgono a 106 K,
innescando le prime reazioni nucleari che bruciano Deuterio, Litio, Berillio e Boro. Lenergia
generata da questi processi e suciente ad arrestare momentaneamente la contrazione.
Questo e lultimo stadio evolutivo della proto-stella prima dellingresso nella sequenza princi-
pale, noto come fase T-Tauri dal nome della prima stella ad essere stata osservata in questa fase:
e una fase estremamente importante per la formazione di un sistema planetario, la cui durata,
per una stella di massa solare, e 10 Ma. La fase T-Tauri e contrassegnata da una intensa
radiazione UV e da emissione di gas (vento stellare) che porta la stella a perdere oltre il 50%
della propria massa. La causa di questa fase e lesaurimento delle reazioni nucleari che bruciano
deuterio, litio, berillio e boro, seguita dalla caduta della materia verso il nucleo della protostella,
accompagnata da un aumento di velocita di rotazione e da intensa convezione interna.
10 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DEL SISTEMA SOLARE
In questa fase T-Tauri il raggio del Sole decresce lentamente (in 107 a) di un fattore 102 e
la luminosita decresce di un fattore 103; la luminosita varia in modo irregolare nel campo delle
lunghezze donda ottiche. La stella e circondata da una cromosfera estremamente attiva (T
2 104 K, densita 109 1012 atomi/cm3) caratterizzata da intensa emissione: la stella perde
massa ad un ritmo particolarmente elevato nella fase iniziale, quando e ancora circondata da
una nebula oscura (valori massimi di flusso 105 106 MS /a; per confronto, il flusso attuale
del Sole e 1014MS /a). La velocita di questo vento solare e molto elevata 102 103 km/s,
ed inibisce ulteriore accrescimento della proto-stella dalla nube proto-stellare. Lintenso flusso
di massa e considerato uno dei possibili responsabili della perdita di momento angolare della
stella, tramite interazione con i forti campi magnetici della fotosfera.
Infine, per eetto della continua contrazione, la temperatura interna supera 3 106 K,
valore suciente allinnesco delle reazioni protone-protone (fase D-E) e la pressione di radiazione
diventa suciente a bilanciare la forza gravitazionale: la stella si stabilizza fissandosi in un punto
della sequenza principale nel diagramma di Hertzsprung-Russel.
La posizione raggiunta dalla stella nella sequenza principale dipende solo dalla sua massa:
allestremita superiore della sequenza troviamo stelle con massa 10, 20 e perfino 50 volte la massa
solare, mentre nellestremo inferiore possiamo arrivare a solo circa 1/10 della massa solare.
degli strati esterni proietta gran parte del materiale presente nello spazio interstellare. Le su-
pernovae sono il principale meccanismo di nucleosintesi attraverso il quale si sono formati gli
elementi piu pesanti dellidrogeno e dellelio. Nel luogo dellesplosione resta il nucleo collassato
della stella originaria; se il nucleo possiede una massa compresa fra 0.1 e 3 masse solari, (e
cio avviene tipicamente se la stella possiede una massa di circa 10 MS ), si forma una stella
di neutroni, con densita dellordine di 1018 kg/m3 e raggio 10 km. Queste stelle di neutroni
ruotano rapidamente, perche conservano durante limplosione il momento angolare precedente,
e sono osservabili con tecniche radio-astronomiche (pulsar). Se il nucleo centrale supera 3 masse
solari, neppure la pressione neutronica puo bilanciare la gravita, il collasso prosegue fino alla
formazione di un buco nero.
La distribuzione degli elementi chimici nellUniverso puo essere studiata attraverso lanalisi di-
retta in laboratorio di campioni oppure attraverso lanalisi dettagliata degli spettri dei corpi
celesti. Il primo metodo e attualmente applicabile solo alla Terra, la Luna, Marte (analisi in-
situ) e alle meteoriti. Tutti gli altri dati sulle abbondanze relative degli elementi provengono
dalla spettroscopia: gli spettri ottici del Sole e delle stelle presentano migliaia di righe scure di
assorbimento, causate dalla presenza di vari atomi nelle relativamente fredde atmosfere esterne
delle stelle. Lintensita relativa di queste linee fornisce le abbondanze relative dei vari elementi
in una particolare stella. La composizione esterna del nostro Sole fornisce probabilmente gli
indizi piu attendibili sulla natura del materiale che ha dato origine alla formazione dei pianeti.
Il Sole possiede un forte campo gravitazionale che gli ha consentito di trattenere i gas piu
leggeri e gli strati esterni non sono contaminati dalla ulteriore produzione di He nelle regioni
centrali del nucleo. Le abbondanze solari mostrano una composizione in massa prossima a quella
prevalente in tutto lUniverso: 71% H, 27% He, 2% elementi piu pesanti (tabella 1.1).
Le abbondanze relative degli elementi pesanti presentano interessanti sistematicita (figu-
ra 1.4). In generale si nota un trend decrescente al crescere del numero atomico, con un deficit
anomalo di Li, Be e B, una sovrabbondanza di elementi attorno al Fe, una sistematica oscil-
lazione fra numeri atomici pari (piu abbondanti) e dispari (meno abbondanti). Non e ragionevole
pensare che il materiale disponibile per la formazione dei pianeti fosse significativamente diverso
da quello solare. Una conferma di questa supposizione e fornita dalle abbondanze relative degli
elementi pesanti presenti nelle condriti (meteoriti coeve alla formazione del sistema solare) e nel
Sole (figura 1.5).
Una volta si riteneva che la composizione dellUniverso fosse costante nel tempo, ma oggi e
chiaro che levoluzione stellare, e sopratutto le supernovae, hanno modificato significativamente
la composizione originaria. Lubiquita dellidrogeno e dellelio nellUniverso dimostrano che
questi elementi sono primordiali e le loro composizioni relative sono state praticamente fissate
quando lUniverso aveva solo pochi minuti di vita. Gli altri elementi sono stati sintetizzati
in seguito, attraverso reazioni controllate ed esplosive allinterno delle stelle. Possiamo quindi
concludere che il Sole e la Terra sono comparse nellUniverso in una fase alquanto tardiva. La
Terra e composta essenzialmente di elementi pesanti, che non esistevano nellUniverso originario.
Si dovette attendere che la prima generazione di stelle esplodesse in supernovae e contaminasse
di elementi pesanti il mezzo interstellare prima che potessero formarsi stelle contenenti elementi
12 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DEL SISTEMA SOLARE
Tabella 1.1: Abbondanze relative dei 15 piu abbondanti elementi chimici presenti nel sistema solare.
Labbondanza dellIdrogeno e convenzionalmente posta pari a 106.
pesanti. Praticamente tutti gli elementi presenti sulla Terra sono stati prodotti allinterno di
stelle nate, evolute ed esplose prima della formazione del sistema solare.
1. Tutti i pianeti si muovono su orbite piane lungo traiettorie ellittiche con il Sole in uno dei
fuochi. Per determinare la forma di unellisse in un piano, occorre fornire 2 parametri, per
esempio i semiassi maggiore a e minore b, oppure il semiasse maggiore a e la distanza c
di ciascuno dei fuochi dal centro; in astronomia e consuetudine assegnare a e leccentricita
e = c/a. Indicando con rs la distanza di un pianeta dal Sole, abbiamo:
a(1 e2 )
rs = (1.3)
1 + e cos f
1.7. REGOLARITA E SISTEMATICITA NEL SISTEMA SOLARE 13
H
8 He
7
6
Ne Mg Si
4 N S
Ar
Fe
3 Ca
Ni
Al
Na Cr
2 P Ti Mn
1 Cl K Co
F Zn
Cu
0 Li
V
Ge SeKr
Sr
B Zr
-1 Be
Sc
Ga Mo Te Xe
Ba Pb
Rb Y Ru PdCd
Sn Ce Nd Pt
Br Gd Dy Er Yb
-2 As
Nb Sm
Os Hg
I Cs La Hf W Ir
Ag
-3 Rh In
Sb Pr
Eu Tb
Ho
Tm
Au
Tl Bi
Lu TaRe
-4
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80
Figura 1.4: Abbondanza cosmica degli elementi chimici. Notare la scala logaritmica in ordinata.
Lidrogeno e lelio sono circa mille volte piu abbondanti della maggior parte degli altri elementi. Le
abbondanze relative sono calcolate rispetto al silicio, al quale e assegnato il valore 10,000. Notare il picco
pronunciato attorno al ferro, la rarita degli elementi litio, berillio e boro, e la modulazione fra elementi
contigui con numero atomico pari e dispari. Lidrogeno e lelio sono stati prodotti poco dopo il big-bang,
mentre tutti gli altri elementi sono stati sintetizzati da reazioni di fusione nucleare nellinterno delle stelle.
Confrontare con la figura 1.1.
O
10 C
N
1 Fe
Mg
S
-1
10 Na Al
Ni
Ca
atmosfera solare (log)
-2 Cr
10 Mn
K
Co P
-3
10 Ti
Zn
Cu
-4
10 Ga
Sr Sc
-5 Rb
10 B
Y Ba
-6 Pb
10 Ce
Pr Be Li
La
-7
10 Tm
Th
-8
10
-8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1
10 10 10 10 10 10 10 10 1 10
condriti carbonacee (log)
Figura 1.5: Abbondanze degli elementi chimici nellatmosfera solare in funzione di quelle relative alle
condriti carbonacee di tipo C1. La corrispondenza 1:1 per la maggior parte degli elementi indica che il
Sole e le condriti carbonacee si sono formate a partire dallo stesso materiale interstellare che costituiva
la primitiva nebula solare. Tutte le abbondanze sono date in termini di numero di atomi per atomo di
silicio. Le scale sono logaritmiche.
14 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DEL SISTEMA SOLARE
dove f e lanomalia vera (langolo eliocentrico fra il perielio del pianeta e la sua posizione
istantanea). Queste grandezze sono descritte graficamente in figura 1.6.
2. La velocita areale di un pianeta attorno al Sole e costante. Cioe, una linea che congiunge
un pianeta al Sole, spazza aree uguali in tempi uguali:
dA
= costante (1.4)
dt
3. I quadrati dei periodi di rivoluzione Pa attorno al Sole, espressi in anni, sono uguali al
cubo dei semiassi maggiori aAU , espressi in A.U.
1. Ciascuno dei due corpi si muove su unorbita piana lungo traiettorie ellittiche con il fuoco
di ciascuna ellisse posto nel centro di massa rCM = (m1r1 + m2 r2)/(m1 + m2 ) del sistema.
2. Una linea che congiunge i due corpi (e cos pure una linea che congiunge ciascun corpo
col centro di massa), spazza aree uguali in tempi uguali. Questa e una conseguenza della
conservazione del momento angolare.
3. Il periodo di rivoluzione Prev di una coppia di corpi attorno al loro centro di massa e dato
da
4 2a3
2
Prev = (1.6)
G(m1 + m2 )
Pianeta
r
b Sole f perielio
afelio a ae
Pianeta
perielio
(a) r f
Sole
Primo punto longitudine zero
dell'Ariete
i
piano dell'eclittica
(b)
afelio
Figura 1.6: (a) Elementi orbitali di un pianeta: il Sole e in uno dei fuochi dellellisse e il vettore r
denota la posizione eliocentrica istantanea del pianeta. Il semiasse maggiore dellellisse e a, il semiasse
minore e b, mentre e denota leccentricita. Lanomalia vera f e langolo fra il perielio e la posizione del
pianeta. (b) Geometria di unorbita in tre dimensioni: i e linclinazione dellorbita, la longitudine del
nodo ascendente largomento del perielio.
i. materiali rocciosi, (silicati, ferro) contenenti Si, Mg, Fe, S in composizione con O, punto
di condensazione 103 K, abbondanza nel materiale cosmico pari a 1 (per riferimento);
16 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DEL SISTEMA SOLARE
Pianeta a e i
(AU) (gradi) (gradi) (gradi)
Mercurio 0.387 0.206 7.005 48.33 77.46
Venere 0.723 0.007 3.394 76.68 131.56
Terra 1.000 0.017 0.0 0.0 102.94
Marte 1.524 0.093 1.850 49.56 336.60
Giove 5.203 0.048 1.303 100.46 14.33
Saturno 9.543 0.056 2.489 113.67 93.06
Urano 19.192 0.046 0.773 74.01 173.01
Nettuno 30.069 0.009 1.770 131.78 48.12
Plutone 39.412 0.249 17.142 110.3 224.1
Tabella 1.2: Parametri orbitali dei pianeti: a semiasse maggiore, e eccentricita, i inclinazione (rispetto
al piano delleclittica), longitudine del nodo ascendente, longitudine del perielio.
iii. gas (H, He), punto di condensazione inferiore a 10 K, abbondanza cosmica pari a 200.
In tabella 1.5 e riportata la composizione percentuale stimata dei pianeti e la figura 1.7
mostra che i corpi del sistema solare si distribuiscono con grossolana approssimazione secondo
le classi su menzionate.
Contrariamente alla massa, fortemente concentrata nel Sole, il momento angolare del Sistema
Solare e fortemente concentrato nei pianeti: al Sole ne compete solo lo 0.5%, mentre Giove
contribuisce per il 61%.
La maggior parte del momento angolare va attribuito al moto di rivoluzione dei pianeti ma
una sorprendente regolarita appare anche dallo studio dei momenti angolari di rotazione (o di
spin) dei vari corpi del sistema solare, (pianeti, satelliti, asteroidi). In fig. 1.8 vediamo come
il momento angolare di spin H in funzione della massa M sia descritto ragionevolmente bene
dalla relazione
H = 1.47 107 M 5/3 (in unita SI) (1.7)
Fra le altre regolarita osservate menzioniamo la distribuzione dei pianeti in funzione della
distanza dal Sole, descritta con buona approssimazione da una progressione geometrica nota
come legge di Titius-Bode:
2. Le orbite dei pianeti giacciono quasi sullo stesso piano e il Sole si trova in prossimita del
centro delle orbite.
3. I pianeti si muovono attorno al Sole tutti nella stessa direzione, che e la direzione di
rotazione del Sole.
4. Lasse di rotazione del Sole ha una piccola ma significativa deviazione (7.2) rispetto al
piano delleclittica.
5. Il Sole possiede il 99.87% della massa ma solo lo 0.5% del momento angolare del sistema
solare.
6. Gli assi di rotazione dei 6 pianeti maggiori sono progradi, con modeste deviazioni assiali;
Venere, Urano e Plutone sono retrogradi.
7. I pianeti interni sono di massa piccola e consistono di materiali rocciosi, inclusi il Fer-
ro e i suoi composti; quanto maggiore e la vicinanza al Sole, tanto piu refrattaria e la
composizione.
8. I pianeti giganti si trovano allesterno dei pianeti terrestri, possiedono masse elevate la
composizione e dominata da Idrogeno Elio e ghiaccio, la massa decresce da Giove a Saturno
a Urano/Nettuno.
9. Gli asteroidi sono innumerevoli piccoli corpi rocciosi concentrati fra Marte e Giove; tranne
che per i corpi piu grandi (con raggio > 100 km, la distribuzione delle dimensioni e
compatibile con una evoluzione collisionale.
18 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DEL SISTEMA SOLARE
10. Le comete sono corpi di ghiaccio ancora piu numerosi ( 101213) oltre lorbita di Net-
tuno, divisi in due popolazioni: la fascia di Edgeworth-Kuiper (in prossimita del piano
delleclittica) e la nube di Oort (distribuita isotropicamente attorno al Sole).
11. I pianeti giganti sono circondati da strutture anulari, dette anelli planetari, composti di
frammenti di piccole dimensioni, oltre a un cospicuo numero di satelliti.
13. Tutti i pianeti, molti asteroidi e molti satelliti maggiori presentano dierenziazione inter-
na, con i materiali piu densi al centro; cio implica che nel passato questi corpi erano in
prossimita dello stato fuso.
14. Le superfici della maggior parte dei pianeti interni e dei satelliti presentano numerosi crateri
da impatto ed evidenze di attivita tettonica e vulcanica nel passato; pochi corpi mostrano
evidenze di attivita vulcanica attuale. In alcuni pianeti (e.g. Mercurio) la superficie e
satura di crateri da impatto e cio non potrebbe avvenire alle frequenze di impatto attuali.
Diverse Teorie sono state proposte per spiegare le regolarita sopra menzionate, ma il prob-
lema della formazione ed evoluzione del Sistema Solare e ancora lontano da una comprensione
soddisfacente. Fra le dicolta principali menzioniamo la ignoranza delle condizioni iniziali che,
unita alla irreversibilita dei processi fisici e chimici intervenuti dopo la formazione, rende egual-
mente plausibili scenari di evoluzione estremamente diversi fra loro. Inoltre, a dierenza degli
studi sulla evoluzione delle galassie o delle stelle, che poggiano su una base statistica estrema-
mente ricca (circa 1010 galassie, di diverse dimensioni, masse e strutture), abbiamo informazioni
dettagliate su un unico sistema planetario, il che non ci consente facilmente di discriminare fra
1.7. REGOLARITA E SISTEMATICITA NEL SISTEMA SOLARE 19
Tabella 1.5: (a) Caratteristiche delle tre classi di materiale cosmico. (b) Stima della composizione dei
pianeti, in percentuale.
le proprieta che sono plausibilmente comuni a tutti i sistemi planetari da quelle peculiari del
nostro.
Di conseguenza, le diverse Teorie proposte devono necessariamente fare ricorso ad alcune
ipotesi non verificabili. Possiamo in particolare discriminare fra 3 classi di teorie, a seconda
delle ipotesi di partenza:
(b) I Pianeti si sono formati, a partire da materiale alterato dalla residenza entro una stella,
dopo che il Sole era diventato una stella normale, per eetto della interazione gravitazionale
con unaltra stella passata nelle vicinanze.
(c) I Pianeti si sono formati dopo il Sole, a partire da materiale interstellare a seguito di cattura
gravitazionale.
Per discriminare fra queste ipotesi sarebbe necessario conoscere leta del Sole e dei Pianeti.
Leta del sistema solare e nota con buona approssimazione dalla datazione, con metodi radio-
isotopici, delle meteoriti condritiche (i piu vecchi oggetti del sistema solare) che mostrano uneta
di 4.56 0.01 Ga. Le rocce terrestri e lunari sono piu giovani, (3 4.4 Ga per le rocce lunari,
< 4 Ga per le rocce terrestri). Dal confronto fra la composizione attuale del Sole e la sua presunta
composizione originaria, possiamo stimare leta del Sole in 5 Ga. La vicinanza fra queste due
eta, pur non essendo necessariamente in contraddizione con le ipotesi (b) e (c), ci induce a ritenere
la prima ipotesi maggiormente convincente. Inoltre, alla luce delle recenti scoperte di numerosi
sistemi planetari attorno alle stelle vicine al Sole, lipotesi (b) tende ad essere abbandonata
perche la probabilita di un incontro ravvicinato fra due stelle e estremamente bassa. Nelambito
della ipotesi (a), ce attualmente ampio consenso su alcune modalita di formazione del Sistema
Solare, e su alcuni meccanismi che possono spiegare le sistematicita riscontrate. Ne accenniamo
brevemente nel resto del Capitolo.
20 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DEL SISTEMA SOLARE
8
Ferro
7
6 Terra
Densita` (g/cm 3 )
Mercurio
5 Venere
4 Cerere Io
Roccia Marte
3 Luna
Europa
Callisto Ganimede
2 Dione Rea Nettuno Sole
Titano Giove
Ghiaccio
1 Plutone Urano
Teti Giapeto Gas
Saturno
-6 -4 -2 0 2 4 6
log massa/M
10 T
Figura 1.7: Densita dei pianeti e dei satelliti del sistema solare in funzione della massa (scala logaritmica,
in unita della massa terrestre)
38 Giove
10 Saturno
Urano
Nettuno
2
Terra
5/3 Marte
HM Venere
30 Mercurio
10
1 Ceres
26 4 Vesta
10
29 altri asteroidi
22
10
433 Eros
18
10 1685 Toras
1566
Icarus 1620 Geographos
12 16 20 24 28
10 10 10 10 10
Massa (kg)
Figura 1.8: Correlazione (in scala logaritmica) fra massa e momento angolare di rotazione dei pianeti
(escluso Plutone) e 35 asteroidi (con dimensioni, forma e velocita di rotazione noti).
a lunghezze donda millimetriche da parte dei gas, da emissione infrarossa da parte delle polveri
e dalla luce visibile della stella diusa dalle polveri; le masse dei dischi vanno da poche unita a
diverse centinaia di masse gioviane. Nelle stelle della sequenza principale le masse dei dischi sono
considerevolmente inferiori a quelle tipiche delle proto-stelle nella fase T-Tauri; inoltre molti dis-
chi attorno a stelle della sequenza principale presentano delle ampie regioni vuote al centro (in
Beta-Pictoris il disco si estende allesterno di 20 AU), facendo supporre che nelle regioni interne
la materia potrebbe essersi gia condensata a formare dei pianeti.
sistema planetario. Tuttavia e dicile pensare che durante la fase di espulsione dei gas non sia
avvenuta nessuna perdita di materiali refrattari. Allestremo opposto, secondo altre teorie, la
massa del disco era confrontabile con la massa solare.
Levoluzione della nebula protoplanetaria puo essere divisa in quattro fasi: collasso, evoluzione
dinamica interna, condensazione ed espulsione del materiale non condensato.
temperatura elevata, e quindi una stella in rapida rotazione tende a rallentare per eetto di mo-
menti magnetici frenanti esercitati dalla parte interna del disco; le particelle ionizzate acquistano
momento angolare e tendono ad allontanarsi dal centro di attrazione ma sono rallentate dalle
collisioni con particelle neutre di gas, via via piu abbondanti man mano che ci allontaniamo dalle
calde regioni interne disco, che ruotano a velocita kepleriane. Si verifica cos un trasferimento
di momento angolare dal proto-Sole al disco. Inoltre, i campi magnetici diventano sempre piu
deboli allontanandosi dalla proto-stella. I dischi proto-planetari osservati infatti non sembrano
estendersi fino alla superficie della protostella, a conferma della presenza, nelle fasi giovanili di
formazione delle stelle, di un meccanismo di espulsione di materia dal centro della nebula.
La perdita di momento angolare non e una peculiarita del nostro Sole: la figura 1.9 mostra
la velocita equatoriale di rotazione delle stelle nella sequenza principale, in funzione del tipo
spettrale.
velocita` di rotazione osservata (km /s)
150
100
50
Sole
A0 A5 F0 F5 G0 G5
Tipo spettrale
Figura 1.9: Velocita di rotazione delle stelle nella sequenza principale in funzione del tipo spettrale.
Il brusco calo fra F0 e F5 e attribuito alla rimozione di momento angolare da parte del vento
stellare durante la fase T-Tauri. In questa fase, il vento solare passava accanto alla Terra ad una
velocita di 450 km/s ed il Sole perdeva massa al tasso massimo di 1023kg/a. La fase T-Tauri duro
circa 10 Ma durante i quali la massa del Sole si dimezzo ed il suo raggio si contrasse dallorbita
di Mercurio al suo valore attuale (7 105 km). Questo vento solare spazzo il neonato sistema
solare e trascino con se i gas e i residui non ancora condensati della nebula.
Le instabilita gravitazionali possono produrre rapidi trasferimenti di materia allinterno del disco
protoplanetario. Un disco assottigliato in rotazione, in particolari condizioni, puo diventare
instabile e linstabilita genera onde di densita spirali che trasportano massa e momento angolare
fino al raggiungimento di una nuova configurazione di equilibrio. Questo meccanismo limita la
massa del disco ad un valore inferiore o al piu uguale a quello della massa della proto-stella.
24 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DEL SISTEMA SOLARE
Dato che tutte le molecole orbitano attorno alla stella in orbite approssimativamente kepleriane,
quelle piu vicine al centro si muovono piu velocemente di quelle piu lontane. Le collisioni
tenderanno ad accelerare le molecole piu esterne, spingendole ancor piu verso lesterno, e a
rallentare quelle interne, che cadranno verso il centro. Il disco evolve allora secondo modalita
diusive, con tempi caratteristici tc 2/ proporzionali al quadrato delle dimensioni del disco
(o meglio, della porzione del disco in considerazione), e inversamente proporzionali alla viscosita
cinematica . Questo meccanismo tuttavia e ineciente se la viscosita e determinata solo dai
moti termici molecolari; puo diventare eciente se il disco e ricco di turbolenza, nel qual caso
la viscosita puo essere di parecchi ordini di grandezza piu elevata. La turbolenza puo essere
generata da moti convettivi trasversali al piano mediano del disco, innescati da gradienti termici
fra la parte interna e le superfici esterne che si rareddano per irraggiamento. Di conseguenza,
la temperatura nella nebula decresce sia con la distanza dalla stella che con la distanza dal piano
mediano del disco.
1.8.5 Condensazione
Nel corso del rareddamento della nebula, alcuni elementi condensano dallo stato gassoso e sono
interessati da reazioni chimiche a diverse temperature. I minerali refrattari, come le terre rare,
ossidi di Al, Ca, T i (per es. il corundio Al2 O3 e la perovskite CaT iO3) condensano a temperature
di 1700 K. A T 1400 K condensano Fe e Ni (a formare una lega); a temperature appe-
na piu basse condensano silicati di magnesio come la fosterite Mg2 SiO4 e lenstatite MgSiO3.
Procedendo il rareddamento sotto i 1200 K, compaiono i primi feldspati: dapprima i composti
piu refrattari come il plagioclasio CaAl2 Si2O8 poi, (T 1100 K) i feldspati di sodio e potassio
(Na, K)AlSi 3O8. Al decrescere della temperatura hanno luogo reazioni chimiche: in particolare,
si hanno reazioni che coinvolgono il ferro con H2S (a T 700 K, con formazione di troilite FeS)
e con acqua (a 500 K, con formazione di ossido di ferro FeO + H2). Ulteriori reazioni fra FeO e
composti come lenstatite e la fosterite producono olivine e pirosseni con contenuto intermedio
di ferro (Mg, Fe)2SiO4, (Mg, Fe)SiO3. Sotto i 500 K, lacqua gioca un ruolo estremamente im-
portante nel formare silicati idrati. Sotto i 200 K compare il ghiaccio dacqua, e a temperature
un po inferiori i gas di ammoniaca e metano condensano rispettivamente sotto forma di idrati e
clatrati (N H3 H2O, CH4 6H2O). Sotto 40 K si formano ghiacci di CH4 e Ar. A temperature
inferiori a 25 K condensano ghiacci di CO e N2.
Uno schema di massima delle densita e delle temperature presenti nella nebula e rappresen-
tato in figura 1.10.
Nonostante le molte incertezze relative allevoluzione chimica e termica dei dischi protoplan-
etari, e chiaro che i silicati e minerali metallici esistono pressoche in tutto il disco, ma i ghiacci
condensano solo nelle regioni esterne allorbita di Marte. Nella nebula gli elementi che formano
ghiacci sono di gran lunga piu abbondanti degli elementi refrattari sicche le porzioni esterne
della nebula contengono grandi quantita di ghiacci. Allinterno dellorbita di Mercurio la tem-
peratura era probabilmente troppo elevata per consentire anche la condensazione degli elementi
refrattari.
1.8. LA FORMAZIONE DEI PIANETI. 25
Caldo (1500 K)
Tiepido (300 K) Freddo (30 K)
Urano
Giove Saturno
Mercurio Terra Nettuno
Venere Marte
GMS 1 dP
gef f = 2
r gas dr
dove il secondo termine e laccelerazione prodotta dal gradiente di pressione, ed e positivo dato
che la pressione diminuisce allontanandosi dalle regioni interne del disco. In unorbita circolare,
questa accelerazione ecace e controbilanciata dallaccelerazione centrifuga gas
2
r. La velocita
26 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DEL SISTEMA SOLARE
angolare del gas e quindi (supponendo piccola laccelerazione dovuta al gradiente di pressione)
( & '
GMS r2 dP
gas (1 ) con =
r 3 2GMS gas dr
Per r = 3 AU (valore intermedio fra Terra e Giove), impiegando la legge di stato dei gas,
P g RT / e dT /dr = (1200 K/4 AU) si ottiene 6 103 . Il gas quindi ruota con
velocita 0.6% minori ) delle velocita kepleriane: alla distanza r = 3 A.U. dal sole, la velocita
kepleriana vale v = GMs /r = 17 km/s e il gas ruota quindi con una velocita inferiore di v =
6 103 v = 100 m/s. Le particelle piu grandi, muovendosi con velocita approssimativamente
kepleriane, incontrano un forte vento contrario che sottrae parte del loro momento angolare e le
fa spiraleggiare verso la stella. Corpi di dimensioni metriche nelle regioni interne (destinate ad
ospitare i pianeti terrestri) migrano con la massima rapidita: in soli 100 anni si portano da 1 AU
fino sulla superficie della proto-stella. Quindi la formazione dei planetesimi deve essere avvenuta
molto rapidamente. Le particelle piu piccole invece sono piu fortemente accoppiate con i gas e,
trascinate da essi, si avvicinano meno alla stella. Anche i planetesimi di dimensioni chilometriche
migrano verso la stella, ma lentamente, perche la quantita di moto e proporzionale alla massa
mentre le forze di drag sono proporzionali alla superficie e il rapporto superficie/massa e tanto
piu piccolo quanto maggiori sono le dimensioni del corpo.
Le forze molecolari dominano i processi di aggregazione che portano alla formazione di plan-
etesimi di dimensioni chilometriche (le energie dei legami di Van der Waals sono 0.1 J/kg
e diventano confrontabili con lenergia gravitazionale di un corpo con diametro 1 km), poi
diventano importanti le interazioni gravitazionali fra planetesimi.
fuga dai corpi piu massivi, allora questi embrioni planetari (detti anche protopianeti) crescono
molto rapidamente. La distribuzione di massa dei corpi solidi diventa fortemente non uniforme,
con i corpi piu grandi che crescono molto piu velocemente dei corpi piu piccoli. Finalmente,
i protopianeti accrescono la maggior parte dei materiali solidi (che ruotano piu lentamente)
nel raggio dazione del loro campo gravitazionale e la fase di rapido accrescimento ha termine.
I proto-pianeti che si muovono su orbite fortemente ellittiche hanno maggiore probabilita di
incontri ravvicinati e quindi sono instabili. Simulazioni numeriche dellinterazione a N -corpi
mostrano che pochi embrioni planetari vengono persi dalle regioni interne, mentre gli embrioni
nella fascia degli asteroidi sono espulsi per eetto della perturbazione di Giove e delle loro
mutue interazioni. Laccumulo di numerosi embrioni planetari in un piccolo numero di pianeti
deve essere avvenuto tramite collisioni fra proto-pianeti di massa confrontabile. Il sistema Terra-
Luna potrebbe essersi formato a seguito di un enorme impatto di questo tipo. Le inclinazioni
degli assi di rotazione dei pianeti giganti forniscono ulteriori evidenze di simili impatti durante
il periodo di accrescimento.
Negli anni 1960-1970 lesplorazione spaziale ha fornito dati fondamentali per la comprensione
della evoluzione del sistema planetario. Sulla Terra, le rocce piu antiche hanno eta massime di
3800 Ma, ma i processi tettonici ed erosivi limitano molto la possibilita di estrarne informazioni
sulla storia iniziale del pianeta. Le rocce lunari ci forniscono un flash dei primi 700 Ma del
sistema solare: i campioni prelevati dai mari sono databili circa 3300 3800 Ma; quelli prele-
vati dagli altopiani (highlands) raggiungono 4200 Ma, ma rocce anche piu antiche mostrano che
la Luna doveva essere molto calda (superficie allo stato fuso) 4400 Ma fa. La Terra primitiva,
essendo piu grande della Luna, rimase calda piu a lungo e lattivita vulcanica e fenomeni di de-
gassamento dovevano essere estremamente diusi (formazione di oceani e atmosfera primitiva).
I pianeti del sistema solare che non possedevano atmosfere abbastanza dense (Mercurio, Marte
e Luna) furono soggetti ad un intenso bombardamento di meteoriti. Le rocce lunari piu antiche
non sono di origine vulcanica, ma si presentano come frammenti saldati insieme, allinterno di
masse rocciose, suggerendo unorigine da impatto collisionale. Su Mercurio la craterizzazione
raggiunge la saturazione: ogni punto del pianeta e stato soggetto a ripetute collisioni. Stessa
sorte deve aver subito anche la Terra, ma i processi tettonici ed erosivi ne hanno cancellato
ogni traccia. Le rocce lunari dimostrano che la fase piu intensa del bombardamento termino
4000 Ma fa, quando la maggior parte dei piu grandi ammassi rocciosi era ormai andata ad ac-
crescere i pianeti ed i loro satelliti. Dalla craterizzazione desumiamo quindi che la fase finale
di accrescimento dei pianeti avvenne tramite limpatto di frammenti sulla superficie dei pianeti.
Estrapolando allindietro questo meccanismo si puo concludere che lorigine stessa dei pianeti
puo essere spiegata in termini di processi di accrescimento. Cos crebbero in particolare i roc-
ciosi pianeti interni del sistema solare. Negli stadi finali di accrescimento i pianeti potrebbero
aver soerto collisioni periferiche che spiegherebbero le diverse inclinazioni degli assi di rotazione
rispetto ai piani orbitali. La teoria dellaccrescimento prevede come corollario una enorme dissi-
pazione di energia cinetica in calore da parte degli oggetti che impattavano con il protopianeta.
Sulla Terra la temperatura superficiale sarebbe stata dellordine di 104 K. In queste condizioni
i materiali piu densi poterono separarsi gravitazionalmente da quelli meno densi, dando luogo
alla formazione del nucleo. La Luna, essendo piu piccola, raggiunse temperature inferiori, perse
28 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DEL SISTEMA SOLARE
presto lenergia termica generata dallimpatto delle meteoriti, lattivita tettonica cesso 4000 Ma
fa e quella vulcanica 3200 Ma fa.
La Terra e influenzata ancora oggi da alcuni fenomeni astronomici, quali la caduta di materia
e di radiazioni. Il Sole genera fenomeni di grande energia nei suoi strati superficiali quali i
flares che proiettano nello spazio nubi di particelle cariche; passando accanto alla Terra queste
interagiscono con latmosfera superiore generando le aurore e provocando disturbi ionosferici che
interferiscono con le comunicazioni radio. La densita delle macchie solari varia con un ciclo di
circa undici anni. Ci sono deboli evidenze che questa attivita possa influenzare il clima.
Lo spazio interplanetario contiene ancora frammenti rocciosi che si infrangono contro lat-
mosfera superiore a velocita di decine di km/s. Frammenti con masse superiori ad 1 kg raggiun-
gono la superficie terrestre (se ne registrano circa una ventina lanno). Le meteoriti piu grandi
(100 o piu tonnellate) non vengono frenate quasi per niente dallatmosfera e producono crateri
dimpatto.
Il meteor-crater in Arizona, profondo 170 m e largo 1200 m, ha uneta di circa 50 mila anni
e si formo per limpatto di un meteorite del raggio di soli 25-30 m, con una velocita di 70 mila
km/h. Lenergia sviluppata fu pari a 4 volte la bomba di Hiroshima e produsse 300 milioni di
tonnellate di sedimenti (debris), che ricoprono le aree circostanti fino a 10 km di distanza (e
riempiono il fondo stesso del cratere per uno spessore di 210-240 m). Sono stati identificati a
tuttoggi circa 170 crateri da impatto sulla Terra.
Levento di Tunguska, che spazzo unarea enorme della foresta siberiana nel 1906, fu prob-
abilmente dovuto alla collisione con una cometa, un evento estremamente raro (probabilita
stimata in 109 per anno). La massa di meteoriti intercettate dalla Terra in un anno ammonta
a 104 105 tonnellate, per lo piu in forma di particole pesanti meno di un grammo.
Cosa avverrebbe sulla Terra in caso di impatto di un grosso meteorite ? Una teoria imputa
ad un evento di questo tipo la scomparsa del 75% delle specie viventi avvenuta circa 65 Ma
fa, nellarco di poche migliaia di anni. La biosfera in tal caso sarebbe sottoposta a variazioni
notevoli. Prove di un impatto di questo tipo sono conservate in strati sedimentari depositatisi
65 Ma fa, dove si riscontra una anomala presenza di Iridio di provenienza extraterrestre. Ma
estinzioni di massa potrebbero avvenire per eetto di cause terrestri, quali un considerevole
aumento dellattivita vulcanica su scala globale. Altro possibile candidato di origine extra-
terrestre potrebbe essere una supernova a meno di 30 a.l. di distanza che avrebbe immerso la
Terra in raggi X e particelle di alta energia, con modificazioni dellatmosfera e aumento delle
malattie da radiazione, danni genetici, brusca diminuzione di temperatura e siccita su scala
globale. Teorie di questo tipo, pur aascinanti, sono per loro natura dicili da confermare.
Nei pianeti esterni abbondano i satelliti naturali: alcuni sono probabilmente asteroidi catturati
gravitazionalmente, altri potrebbero essersi formati tramite modalita di accrescimento analoghe
a quelle dei pianeti veri e propri. I pianeti minori, o asteroidi, sono probabilmente planetesimi
rimasti dopo la fine della fase di accrescimento: la loro massa cumulativa e troppo piccola (solo
2% della Terra) per generare un pianeta. Le comete potrebbero essere planetesimi, composti di
polveri, ghiaccio, ammoniaca e metano, provenienti dai confini estremi del sistema solare.
Anelli planetari
Gli anelli di Saturno sono noti fin dai tempi di Galileo, anche se la loro corretta identificazione
e dovuta ad Huygens. Nel 1977 losservazione di occultazioni di una stella ha permesso di
individuare un sistema di anelli attorno ad Urano. Successivamente le sonde Voyager hanno
messo in evidenza tenui anelli anche attorno a Giove e Nettuno. Lorigine di queste strutture fu
spiegata dallastronomo francese Roche in termini dello sgretolamento di un satellite per eetto
delle forze mareali generate dal pianeta stesso. Supponiamo che questo ipotetico satellite ruoti
su se stesso con moto sincrono (periodo di rotazione uguale al periodo di rivoluzione attorno al
pianeta) e che sia costituito di materiale privo di coesione, sicche esso e tenuto assieme dalla
sola gravita. Il satellite abbia massa ms e raggio rs . Il pianeta abbia massa mp e raggio rp . Un
elemento di massa dm del satellite e soggetto allattrazione gravitazionale del pianeta
Gmp
gp =
R2
dove R e la distanza di dm dal centro di massa del pianeta (supponendo trascurabile la massa del
satellite, di modo che il centro di massa del sistema coincida con il centro del pianeta). Inoltre
dm e soggetto allaccelerazione centrifuga, dovuta al moto del satellite attorno al pianeta
gc = 2 R
dove e la velocita angolare di rivoluzione del satellite. Nel centro di massa del satellite, posto
a distanza R0 dal centro del pianeta, le due accelerazioni si equilibrano
Gmp Gmp
2 R0 = = 2 =
R20 R30
che e la terza legge di Keplero per unorbita circolare. Se il satellite ha dimensioni finite, tuttavia,
non si puo avere perfetto equilibrio in tutto il volume del satellite, dato che laccelerazione di
gravita decresce mentre laccelerazione centrifuga cresce con R. La gravita ecace che agisce
nel centro di massa del satellite e nulla
& '
Gmp 1 R0
g0 = 2 + 2 R0 = Gmp 2 + 3 =0
R0 R0 R0
tuttavia una risoluzione al limite delle possibilita dellastronomia classica. Fra le stelle piu vicine
a noi, Lalande-21185 e fortemente indiziata di possedere un pianeta. Recentemente, grazie al-
limpiego del telescopio spaziale Hubble e di tecniche spettrografiche ad alta risoluzione (in grado
di rivelare shift-Doppler dovuti a moti relativi di soli 3 m/s), sono state trovate evidenze di altri
sistemi planetari, attorno alle stelle 51-Pegasi, 70-Virgini, 47-Ursae Majoris e 55-rho1 Cancri.
51-Pegasi e una stella della classe G2-3 V, si trova a 57 a.l. di distanza dalla Terra ed
il pianeta (scoperto da Mayor e Queloz nel 1995) dista dalla stella 7 milioni di km
(meno di Mercurio dal Sole), completa unorbita in 4.2 giorni, ha una massa 50% di
quella di Giove, una temperatura alla superficie 103 K. Ce anche qualche indizio (non
confermato) della presenza di un secondo pianeta piu distante dalla stella.
70-Virginis e una stella G4 V a 78 a.l. da noi, molto simile al Sole, ma alcune centinaia di
gradi piu fredda e, probabilmente, 3 Ga piu vecchia; il suo pianeta (scoperto con tecniche
di spettroscopia Doppler da Marcy e Butler nel 1996) percorre unorbita eccentrica in 116
giorni e possiede una massa 9 volte Giove. La sua temperatura superficiale dovrebbe
essere di 85 C, e consentire quindi lesistenza di molecole organiche e di acqua.
47-UMa e una stella di classe G0 V, a 44 a.l. dalla Terra; il suo pianeta presenta un
periodo orbitale di 1100 giorni, la massa e 3 volte quella di Giove, il suo raggio orbitale
circa doppio della distanza Terra-Sole. Anche questo pianeta probabilmente e in grado di
supportare lesistenza di acqua liquida.
55-rho1 Cancri e una stella di classe G8 V, a 45 a.l. dalla Terra. Il suo pianeta, scoperto
nellaprile 1996 da Marcy & Butler, presenta una massa pari a 0.8 masse di Giove. Dopo
la messa a punto della tecnica spettrografica ad alta risoluzione, Marcy & Butler stanno
annunciando continuamente scoperte di nuovi sistemi planetari.
Pianeti sono stati individuati anche in orbita attorno alle pulsar PSR1257+12 (3 pianeti
con masse analoghe a quelle della Luna e 2-3 masse terrestri) e PSR0329+54 (1 pianeta
di massa < 2 masse terrestri). Questi pianeti, di masse analoghe alla massa della Terra,
si devono essere formati dopo la supernova che ha prodotto la pulsar.
Se osserviamo da Terra una stella tramite uno strumento sensibile ad una assegnata banda
elettromagnetica X, possiamo misurare il flusso di radiazione FX (ovvero lenergia captata dallo
strumento, per unita di superficie e di tempo). Pogson defin nel 1856 una stella di prima
grandezza (magnitudo mX = 1) una stella 100 volte piu luminosa di una stella di sesta
grandezza (magnitudo mX = 6). La definizione di magnitudo apparente di una stella nella
banda X e quindi la seguente
mX = 2.5 log10 FX + C
banda B: nel visibile, colore blu (lunghezze donda 435 nm, banda di massima
sensibilita delle pellicole fotografiche)
banda V : nel visibile, colore rosso (lunghezze donda 555 nm, banda di massima
sensibilita dellocchio umano)
Due nuove bande sono state introdotte piu recentemente per assegnare una corretta valutazione
di output energetico alle giganti rosse
Magnitudo assoluta.
Il flusso F di radiazione emessa da una sorgente diminuisce al crescere della distanza R dalla
sorgente, dato che lenergia emessa deve ridistribuirsi su superfici di area crescente come R2
(attenuazione geometrica). Se il mezzo intercorrente fra sorgente e osservatore non e vuoto,
allattenuazione geometrica si aggiunge lattenuazione dissipativa dovuta allassorbimento di
1.9. SISTEMI PLANETARI EXTRA-SOLARI 33
energia da parte di gas e polveri. Detta I lenergia emessa da una sorgente per unita di tempo,
se trascuriamo lattenuazione dissipativa, abbiamo:
I
F (R) =
4R2
e di conseguenza la magnitudo apparente aumenta (il flusso diminuisce) allaumentare della
distanza. Per confrontare la radiazione I emessa da oggetti posti a distanze diverse, dovremmo
osservarli tutti dalla stessa distanza. La formula precedente ci consente di calcolare facilmente
il flusso di radiazione F0 che osserveremmo ad una distanza R0, conoscendo il flusso F misurato
2
alla distanza R: F0 = F R R20
. Possiamo calcolare quindi dalla magnitudo apparente la magnitudo
assoluta M , cioe la magnitudo apparente che avrebbe un oggetto osservato ad una distanza
standard R0, convenzionalmente definita come 10 pc (10 pc = 32.616 a.l. = 2 106 A.U.):
* +
R2
M = 2.5 log10 F0 + C = 2.5 log10 F 2 + C = 2.5 log10 F + C 5 log10 R + 5 log10 10 pc
R0
In definitiva quindi
M = m 5 log10 R + 5 (R in parsec)
Il Sole ha una magnitudo assoluta M = 4.5, Sirio (che dista 8.6 a.l.) ha M = +1.46, la maggior
parte delle stelle hanno 10 < M < +17.
d
m i vi = Fi per ciascuna massa puntiforme,
dt
dove vi = dri/dt e la velocita della massa i-esima. Consideriamo la grandezza
,
G= mvi ri
i
34 CAPITOLO 1. LE ORIGINI DEL SISTEMA SOLARE
dove la somma e su tutte le particelle del sistema. La derivata di G vale (indicando con un
punto le derivate rispetto al tempo)
dG ,
= mi vi ri + mi vi ri (1.10)
dt i
dove T e lenergia cinetica del sistema di particelle. Lequazione (1.10) diventa quindi
d , ,
m i vi ri = Fi ri + 2T (1.11)
dt i i
Per una singola particella che si muove in un campo di forza centrale abbiamo quindi
. /
1 V
T = r
2 r
e, se V = arn+1 , dove lesponente e scelto in modo che la forza vada come rn , allora
V
r = (n + 1)V.
r
Quindi, per un campo centrale il teorema del viriale diventa
n+1
T = V
2
e per il campo gravitazionale (n = 2)
1
T = V.
2
e dato il numero atomico, sotto il simbolo e data la massa atomica (media pesata fra i vari isotopi).
Figura 1.11: Tavola periodica degli elementi (Tabella di Mendeleev): sopra il simbolo di ciascun elemento
36
1 2
H He
1.00797 4.00260
3 4 5 6 7 8 9 10
Li Be B C N O F Ne
6.941 9.01218 10.81 12.01115 14.0067 15.9994 18.99840 20.179
11 12 13 14 15 16 17 18
Na Mg Al Si P S Cl Ar
22,98977 24.305 26.98154 28.0861 30.9376 32.06 35.453 39.948
19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36
Rb Sr Y Zr Nb Mo Tc Ru Rh Pd Ag Cd In Sn Sb Te I Xe
85.4678 87.62 88.9059 91.22 92.9064 95.94 98.9062 101.07 102.9055 106.4 107.868 112.40 114.82 118.69 121.75 127.60 126.9045 131.30
55 56 57 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86
Cs Ba La Hf Ta W Re Os Ir Pt Au Hg Tl Pb Bi Po At Rn
132.9054 137.34 138.9095 178.49 180.9479 183.85 186.2 190.2 192.22 195.09 196.9665 200.59 204.37 207.19 208.9804 (210) (210) (222)
87 88 89 104 105 106
Fr Ra Ac
(223) 226.0254 (227) (261) (260) (263)
58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71
Lantanidi Ce Pr Nd Pm Sm Eu Gd Tb Dy Ho Er Tm Yb Lu
140.12 140.9077 144.24 (147) 150.4 151.96 157.25 158.9254 162.50 164.9304 167.26 168.9342 173.04 174.97
90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103
Attinidi Th Pa U Np Pu Am Cm Bk Cf Es Fm Md No Lr
232.0381 231.0359 238.029 237.0482 (244) (243) (247) (247) (251) (254) (257) (258) (255) (256)
1.9. SISTEMI PLANETARI EXTRA-SOLARI 37
Esercizi
la massa molecolare media. In base al criterio di Jeans, mostrare che, se si verifica una contrazione a
T costante la nube diventa progressivamente piu instabile; se invece la variazione di EG conseguente alla
contrazione e trattenuta dalla nube sotto forma di calore, la nube diventa progressivamente piu stabile.
[Suggerimento: calcolare le variazioni EG e EK connesse ad una contrazione r < 0, rispettivamente
nei due casi].
Esercizio 2. La perdita di momento angolare da parte del Sole e uno dei punti critici in tutte le teorie
evolutive del sistema solare. Secondo lo schema evolutivo accennato in precedenza, la distanza interstellare
nel cluster era di 1.5 a.l. 1016 m; lindipendenza gravitazionale si instaura tipicamente ad un decimo di
questo valore (1015 m). Le osservazioni astronomiche ci dicono che le nubi che si stanno condensando a
formare cluster di stelle ruotano in 3 107 a. Quale dovrebbe essere il periodo di rotazione del Sole in
regime di conservazione del momento angolare ? Quale sarebbe stato il periodo della protostella quando
il suo raggio arrivava allorbita di Giove ? Confrontare gli ordini di grandezza dei valori ottenuti con i
Periodi di rotazione del Sole (25.3 giorni) e di rivoluzione di Giove (12 anni). [Il diametro attuale del
Sole e 1.39 106 km, il diametro dellorbita di Giove e 1.5 1012 m].
[Risposta: TS = 0.02 giorni, TJ = 67.5 anni]
Esercizio 3. Nellatmosfera solare Litio Berillio e Boro sono particolarmente rari mentre il Ferro e
particolarmente abbondante (vedi figura 1.4). Sapresti darne una plausibile giustificazione ?
Esercizio 5. Per quale motivo la temperatura della nebula proto-planetaria era maggiore nelle regioni
centrali rispetto alle regioni esterne ? E come si spiega il fatto che i pianeti giganti si siano formati solo
nelle regioni esterne ?
Esercizio 6. Le osservazioni mostrano che la maggior parte dei pianeti e gli asteroidi ruotano tutti
con circa lo stesso periodo P (come ordine di grandezza). Questa e nota come osservazione di Alfven. I
processi di accrescimento diventano sempre meno ecienti, man mano che questi corpi si avvicinano al
limite di stabilita rotazionale, cioe quando laccelerazione di gravita GM/R2 diventa insuciente a fornire
laccelerazione centripeta 2 R; mostrare che nelle condizioni limite, per un pianeta a densita costante, il
periodo di rotazione dipenderebbe solo dalla densita.
limitarsi a considerare un planetesimo che impatti sul proto-pianeta con velocita pari alla velocita di
fuga dal pianeta stesso, che lenergia cinetica sia tutta convertita in calore, trascurando le perdite per
irraggiamento].
[Risposta: Rmin = 1300 km]
Esercizio 8. Mostrare che lenergia gravitazionale di un pianeta sferico di raggio a e massa M a densita
2
costante vale E = 35 GM a (G e la costante di gravitazione universale). Generalizzare il risultato ad un
pianeta dierenziato in un mantello con densita 2 e un nucleo con densita 1 con transizione in r = c.
Per la Terra, 1 = 1.07 104 kg/m3, 2 = 4.5 103 kg/m3, a = 6371 km, c = 3486 km: calcolare il rilascio
di energia U prodotto dalla dierenziazione del nucleo e valutare laumento di temperatura medio T
che sarebbe prodotto se tutta questa energia fosse trattenuta come calore. (Il calore specifico delle rocce
e di 103 J kg1 K1, il calore latente L 4 105J/kg).
[Risposta: U = 4.3 1031 J, T = 6600 K]