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Universita degli Studi di Genova

Facolta di Scienze M.F.N.


Anno accademico 2003-2004
Tesina per il secondo anno del corso di
Dottorato in Fisica - XVIII ciclo

Lequazione di Boltzmann

Marco Martins Afonso


Indice

1 Introduzione 3
2 Lequazione di Boltzmann: ipotesi, enunciato e conseguenze 4
2.1 Lo spazio delle fasi e lequazione di Liouville . . . . . . . . . . 4
2.2 Lequazione di Boltzmann per sfere rigide e lipotesi di caos
molecolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
2.3 Le interazioni a distanza: la gerarchia BBGKY e lequazione
di Vlasov . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
2.4 Potenziale di interazione: il modello di Lennard-Jones e le
particelle di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
2.5 Il calcolo delle sezioni durto e delle grandezze statistiche as-
sociate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.6 Casi limite di interazione: lequazione di Fokker-Planck e i gas
di densita anomala . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.7 Derivazione dellequazione di Boltzmann nel caso generale . . 16
2.8 Gli invarianti durto e lequazione di scambio . . . . . . . . . . 19
2.9 Equilibrio: il teorema H e la distribuzione di Maxwell-Boltzmann 21
2.10 Linterazione gas-superficie e il principio del bilancio dettagliato 23
3 Risoluzione dellequazione di Boltzmann 25
3.1 Lequazione di Boltzmann linearizzata o lineare . . . . . . . . 25
3.2 Il modello BGK e le sue evoluzioni . . . . . . . . . . . . . . . 27
3.3 Il metodo delle espansioni di Hilbert e Chapman-Enskog . . . 30
3.4 Il metodo dei momenti di Grad: regime fluidodinamico . . . . 32
3.5 I regimi di rarefazione e di transizione . . . . . . . . . . . . . . 34
3.6 Altri metodi di risoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
4 Conclusione 37
A Appendice: nota biografica 40

2
Capitolo 1

Introduzione

Quando la densita di un gas decresce in modo da rendere il cammino libe-


ro medio non piu trascurabile rispetto a una lunghezza caratteristica della
geometria del flusso, i risultati ottenuti nella fluidodinamica dei continui ne-
cessitano di correzioni sempre piu rilevanti allaumentare del grado di rarefa-
zione, fino a dover introdurre la teoria cinetica dei gas e sostituire lequazio-
ne di Navier-Stokes con quella di Boltzmann. Questultima e unequazione
integro-differenziale non lineare, enunciata da Ludwig Boltzmann nel 1872,
complicata al punto tale da rendere necessarie tecniche matematiche di ap-
prossimazione per la risoluzione di problemi pratici. In effetti lequazione
di Boltzmann, oltre a descrivere flussi di rarefazione arbitraria ormai allor-
dine del giorno in aerodinamica, si e rivelata adatta (mediante appropriate
generalizzazioni) per lo studio del trasporto di elettroni in solidi e plasmi,
di neutroni in reattori nucleari, di fononi in superfluidi e di radiazione in
atmosfere planetarie e stellari. Essa risulta appropriata qualora applicata ai
gas diluiti, ma non ai gas densi o ai liquidi: la teoria cinetica di questi ultimi
risulta notevolmente piu complicata.

3
Capitolo 2

Lequazione di Boltzmann:
ipotesi, enunciato e
conseguenze

2.1 Lo spazio delle fasi e lequazione di Liou-


ville
Assumendo applicabili le leggi della meccanica newtoniana per un gas di N
particelle, per studiarne levoluzione appare naturale porsi nello spazio delle
fasi (6N + 1)-dimensionale, in cui le variabili indipendenti sono costituite da
r i , v i e t (i = 1, . . . , N). A priori si potrebbe pensare di risolvere esattamente
le equazioni r i = v i & v i = ai (r, v, t) con condizioni iniziali note r i (t = 0) &
v i (t = 0) per ogni particella: se cio fosse possibile si avrebbe una descrizione
istantanea esatta del gas in termini delle traiettorie generalizzate r i (t) &
v i (t) e la probabilita di trovare simultaneamente ogni particella i-esima in ri
con velocita v i diverrebbe una densita di certezza
N
Y
PN (r 1 , . . . , r N , v 1 , . . . , v N , t) = (r i r i (t))(v i v i (t)) ,
i=1

soddisfacente lequazione di Liouville


N
X N
X
t PN + v i r i P N + a i v i P N = 0 . (2.1)
i=1 i=1

4
Ovviamente, data lenormita di N, tale proposito e irrealizzabile, sia a causa
dellignoranza sulle condizioni iniziali che per la potenza di calcolo richiesta.
E preferibile quindi una trattazione in termini statistici, operando medie din-
sieme per calcolare le grandezze macroscopiche di interesse comune (problema
legato allergodicita) e accontentandosi di conoscere la densita di probabilita
dellevoluzione, che in generale risulta una funzione piu regolare della prece-
dente (nonche simmetrica nei vari argomenti, se le particelle hanno identica
massa m e interagiscono con le stesse leggi) e, derivando da un processo
lineare di media, continua a soddisfare lequazione omogenea (2.1). Notevo-
le importanza e rivestita anche dalle densita di probabilita condizionate di
ordine n (dette funzioni di distribuzione a n particelle)
(n)
PN (r 1 , . . . , r n , v1 , . . . , v n , t) = (2.2)
Z Z Z Z
= d3 r n+1 . . . d3 rN d3 v n+1 . . . d3 v N PN (r 1 , . . . , rN , v1 , . . . , vN , t) ,

che misurano la probabilita di trovare n particelle tra r i e r i + d3 r i con


velocita tra v i e v i + d3 v i , indipendentemente dalle altre N n particelle.
Il numero totale di particelle e esprimibile come integrale sullo spazio delle
(1)
fasi di una funzione di distribuzione F = NPN con normalizzazione
Z Z Z
N = d r d v F (r, v, t) = d3 r n(r, t) ,
3 3

ove la densita numerica (numero di particelle per unita di volume fisico) e


espressa da Z
n(r, t) = d3 v F (r, v, t) .

E inoltre comune introdurre la corrispondente funzione di distribuzione nor-


malizzata nello spazio delle velocita:

F (r, v, t)
f (r, v, t) = .
n(r, t)

Per concludere questo richiamo introduttivo appare infine opportuno scrivere


le espressioni di densita, velocita media e temperatura del gas:
Z
(r, t) = mn(r, t) = m d3 v F (r, v, t) ,

5
1
Z
u(r, t) = d3 v vF (r, v, t) ,
n(r, t)
m
Z
T (r, t) = d3 v c2 F (r, v, t) ,
3k
avendo indicato con k la costante di Boltzmann e con c la cosiddetta velocita
peculiare (legata allagitazione microscopica) c(r, v, t) = v u(r, t).

2.2 Lequazione di Boltzmann per sfere rigide


e lipotesi di caos molecolare
Per un gas composto da N particelle identiche, idealizzate come sfere rigide
di diametro s, la densita di probabilita PN (r 1 , . . . , r N , v 1 , . . . , v N , t) si an-
nulla per distanze relative |r i r j | < s e risulta discontinua in s. Oltre tale
distanza il moto delle particelle e sostanzialmente inerziale (eccezion fatta
per le forze esterne note) e vale lequazione di Liouville, (2.1).
Si integra ora tale equazione rispetto allintero spazio delle velocita di N n
particelle e alle loro posizioni, limitatamente alla regione occupata dal gas ed
escludendo gli insiemi dello spazio delle fasi per cui |ri r j | < s. Sfruttando
la definizione (2.2) e operando diverse integrazioni per parti (con relativa ap-
plicazione del teorema di Gauss) si ottiene unequazione che lega la funzione
(n)
di distribuzione a n particelle PN (r 1 , . . . , rn , v 1 , . . . , v n , t) con quella a n + 1
e a n + 2. Lintervento di questultima puo essere semplificato tenendo conto
della simmetria della funzione per scambio di particelle, e analogamente e
possibile trascurare i vari integrali di superficie (corrispondenti ai valori al
contorno) ipotizzando semplicemente che gli urti contro le pareti fisiche di
delimitazione facciano riemergere istantaneamente (e nello stesso punto) le
particelle incidenti con una qualsiasi velocita: si rimanda a un paragrafo suc-
cessivo lo studio piu approfondito di tali interazioni. In definitiva, indicando
con ni il versore entrante nella superficie sferica della particella i-esima lungo
la congiungente col centro della particella urtante (variabile di integrazione
indicata da un asterisco) e ponendo V i = v i v , si ha
n n
(n) (n) (n)
X X
t PN + vi r i P N + a i v i P N =
i=1 i=1
n Z Z
(n+1) (n+1)
X
= (N n)s2 dn d3 v [PN PN ]|V i n| , (2.3)
i=1

6
in cui lintegrale e esteso al semispazio |V i ni | < 0 (particelle entranti in
un urto) e gli argomenti delle funzioni di distribuzione a n + 1 punti sono
(n+1)
tali che nelli-esimo integrale a PN (r1 , . . . , rn , r i sn, v1 , . . . , v n , v , t)
(n+1)
corrispondono in PN le sostituzioni:

r i sn 7 r i + sn
v i 7 v i = v i ni (ni V i )
v 7 v = v + ni (ni V i )

Particolare interesse riveste lequazione corrispondente a n = 1:


Z Z
(1) (1) (1) (2) (2)
t PN + v r PN + a v PN = (N 1)s dn d3 v [PN PN ]|V n| .
2

(1)
Si tratta evidentemente di unequazione non chiusa in PN (r, v, t), in quan-
to compare nellintegrale anche la funzione di distribuzione a due particelle.
Per operare la chiusura, Boltzmann avanzo lipotesi del cosiddetto caos mo-
lecolare, equivalente sostanzialmente al considerare nulla la correlazione fra
due particelle e allassumere la velocita di una particella scorrelata dalla sua
posizione. Piu precisamente, si pone
(2) (1) (1)
PN (r, r , v, v , t) = PN (r, v, t)PN (r , v , t) . (2.4)

Tale ipotesi viene verificata esattamente per un gas perfetto monoatomi-


co allequilibrio, in cui cioe la funzione di distribuzione sia stazionaria e le
particelle (non dotate di alcun grado di liberta interno) interagiscano re-
pulsivamente in modo molto intenso solo in regioni pressoche puntiformi.
Chiaramente non si puo dire altrettanto per gas non in equilibrio, tuttavia
occorre notare come nel procedimento per ricavare la (2.3) si siano espresse
le quantita coinvolgenti le particelle che hanno appena urtato in funzione
di grandezze precedenti lurto, come sottolineato dal vincolo sul dominio di
integrazione di n; e intuitivamente, due particelle che stanno per urtarsi pro-
vengono da regioni diverse e hanno storie separate, per cui lapplicabilita
della (2.4) non risulta irragionevole. La veridicita dellipotesi trova partico-
lare riscontro considerando un numero infinito di particelle, nel senso che per
la funzione di distribuzione limite
(n)
P (n) = lim PN
N

7
si trova lequazione di evoluzione
n
X n
X
(n) (n)
t P + v i r i P + ai vi P (n) =
i=1 i=1
n Z
X Z

= Ns2 dn d3 v [P (n+1) P (n+1) ]|V i n| ; (2.5)
i=1

occorre ovviamente prestare attenzione al fatto che, contemporaneamente a


N , occorre assumere s 0 in modo da mantenere finito il termine
Ns2 e salvaguardare allo stesso tempo lipotesi che il volume occupato dalle
particelle costituisca un insieme di misura (pressoche) nulla. La soluzione
della (2.5) si presenta nella forma fattorizzata
n
Y
(n)
P (r 1 , . . . , r n , v1 , . . . , vn , t) = P (1) (r i , v i , t) ,
i=1

in cui ogni singolo fattore soddisfa


Z Z
(1) (1) (1) 2
t P +vr P +av P = Ns dn d3 v [P (1) P(1) P (1) P(1) ]|V n| ,
(2.6)
in corrispondenza di una condizione iniziale altrettanto fattorizzata:
n
Y
P (n) (r 1 , . . . , r n , v 1 , . . . , v n , 0) = P (1) (r i , v i , 0) .
i=1

Si e cos ricavato il notevole risultato secondo cui per un insieme infinito


di sfere rigide puntiformi lipotesi di caos molecolare e autoconsistente e
tende a sussistere nel tempo: non occorre che lo stato indicato dalla (2.4) sia
stato preparato artificialmente, e sufficiente che esso si sia verificato in un
istante precedente e che sia in accordo con le condizioni fisiche al contorno
(interazione con le pareti) per mantenersi tale.

2.3 Le interazioni a distanza: la gerarchia


BBGKY e lequazione di Vlasov
Nel caso in cui la forza per unita di massa agente sulla i-esima particella
(ai ) sia la risultante di N 1 interazioni a due corpi (aij = a(r i , r j ), con

8
aii = 0) dipendenti dalle sole posizioni r i e rj , lequazione di Liouville (2.1)
puo essere scritta come
N
X N
X
t PN + v i r i P N + aij vi PN = 0 . (2.7)
i=1 i,j=1

Integrando lequazione (2.7) rispetto alle posizioni e alle velocita di N n


particelle, e sfruttando la definizione (2.2), si ottiene:
n n
(n) (n) (n)
X X
t PN + vi r i P N + aij vi PN +
i=1 i,j=1
n Z Z
(n+1)
X
+(N n) v i d3 r d3 v ai PN =0, (2.8)
i=1

dove ai = a(r i , r ).
Linsieme di equazioni costituito dalle (2.8), che legano le funzioni di distribu-
(n)
zione a n particelle (PN (r1 , . . . , rn , v 1 , . . . , v n , t)) con quelle a n+1 particelle
(n+1)
(PN (r 1 , . . . , r n , r , v 1 , . . . , v n , v , t)), e noto come gerarchia BBGKY, dai
nomi di Bogoliubov, Born, Green, Kirkwood e Yvon. Linteresse di queste
relazioni consiste non solo nel legame con lequazione di Boltzmann, ma anche
nella forma limite assunta quando il numero di particelle tende a infinito ma
allo stesso tempo le interazioni diventano uniformemente infinitesime, per
esempio di ordine , in modo che la forza totale (stimata come N) rimanga
finita. In tal caso la (2.8) diventa
X n Xn Z Z
(n) (n)
t P + v i r i P + N vi d r d3 v ai P (n+1) = 0 ,
3

i=1 i=1

che possiede una soluzione fattorizzata in cui la funzione di distribuzione di


particella singola soddisfa

t P (1) + v r P (1) + A(r, t) v P (1) = 0 , (2.9)

con Z Z
3
A(r, t) = N d r d3 v a(r, r )P (1) (r , v , t) .

Lequazione di Vlasov, (2.9), descrive il comportamento per brevi intervalli


di un sistema di corpi puntiformi debolmente interagenti a distanza: per

9
esempio gli elettroni di un gas ionizzato (forza elettrostatica) o le stelle di
una galassia (forza gravitazionale). Evidentemente essa non e applicabile
a un gas comune, in cui la vicinanza fra le particelle rende preferibile un
modello di urti tra sfere rigide.

2.4 Potenziale di interazione: il modello di


Lennard-Jones e le particelle di Maxwell
Linterazione fra particelle viene spesso modellizzata considerando forze cen-
trali, e di conseguenza conservative, tra coppie di corpi puntiformi. In tal
caso lintero problema e definito dalla forma del potenziale U, che nelle si-
tuazioni piu semplici viene assunto come legge a potenza in funzione della
distanza relativa r = |r1 r 2 |:
U(r) = Kr 1 . (2.10)
Valori positivi o negativi di K corrispondono rispettivamente a interazioni
repulsive o attrattive, date dallopposto del gradiente di U e dirette lungo la
congiungente le due particelle: il coefficiente (comunque > 1) corrisponde
quindi allesponente della proporzionalita inversa fra forza e distanza. Une-
stensione molto comune della forma precedente consiste nel potenziale di
Lennard-Jones, in cui si tiene conto di un range attrattivo a lunga distanza
accanto a un intenso core repulsivo:
U(r) = |Krep |r 1rep |Katt |r 1att ,
con rep = 13 e att = 7. Formulazioni alternative prevedono lintroduzione
di un termine esponenziale oppure, rifacendosi al modello a sfere rigide gia
menzionato, di un gradino infinito del tipo

per r < s
U(r) =
0 per r > s .
Limitandosi a espressioni del potenziale aventi forma di monomio in 1/r, le
comuni interazioni gravitazionali ed elettrostatiche presentano = 2; tut-
tavia, in teoria cinetica, risulta abbastanza diffuso lo studio delle cosiddette
particelle di Maxwell, caratterizzate dal valore = 5. Tale scelta, sebbene
senza riscontro fisico, ha particolare rilevanza per il fatto che in generale la
trattazione analitica dei processi durto e dei coefficienti di trasporto risulta

10
piuttosto difficile, tranne che in questo caso particolare.
Per evitare divergenze nel calcolo delle sezioni durto (si veda il paragrafo
seguente) si e soliti introdurre un cutoff angolare, cioe considerare nulla la
forza oltre una certa distanza critica s:
Kr 1 per r < s

U(r) =
Ks1 per r > s .
Si dimostra che, nel limite N & s 0 con Ns2 finito, lequazione di
Boltzmann (2.6) puo essere dedotta mediante un ragionamento molto simile
a quello applicato nel modello a sfere rigide, ammesso che U sia sufficiente-
mente piccolo e confrontabile con una misura della massa particellare (tale
circostanza viene normalmente verificata nei gas monoatomici). La possibi-
lita di urti multipli contemporanei e ora a priori presente, tuttavia la loro
rilevanza e nulla perche la loro probabilita e proporzionale a Ns3 ( 0).
Inoltre, occorrerebbe tener conto del fatto che dopo lurto la particella inci-
dente riemerge dalla sfera di interazione (di raggio s) in un punto diverso
da quello di ingresso anziche dallo stesso (ponendosi per semplicita nel siste-
ma di riferimento della particella bersaglio): tuttavia anche questo punto
diviene irrilevante per s 0.
In generale la presenza di termini attrattivi crea un certo grado di stabilita
e di correlazione fra le particelle (si pensi ai liquidi), per cui e preferibi-
le applicare questi concetti solo ai gas e considerare interazioni puramente
repulsive.

2.5 Il calcolo delle sezioni durto e delle gran-


dezze statistiche associate
Dando per noti i concetti fondamentali degli urti binari e limitandosi a una
loro trattazione classica, si ricorda che, in funzione del parametro durto b e
della velocita relativa iniziale V0 , langolo di deflessione e dato da
Z 1/2
2r 2 U(r)

b 2 2
=2 dr r b , (2.11)
rm r MV02
dove M indica la massa ridotta e rm la distanza di massimo avvicinamento
fra i centri delle particelle, che soddisfa lequazione implicita
2
2 2rm U(rm )
rm b2 =0.
MV02

11
Nel caso di sfere rigide rm equivale alla somma dei due raggi, per cui si ha
semplificazione da problema dinamico a geometrico: = 2 arccos(b/rm ); in
caso di potenziale di interazione (2.10) si hanno invece i seguenti casi notevoli:

br0 1
= 2 rm = p 2
& = 2 arcsin p
p1 + r0 1 p 1 + r02
2 2
b 1 + r0 1 + r r0
= 3 rm = & = p 0 2
r0 1 + r0
q 1/2
b
= 5 rm = r04 + 2 r02 ,
r0
1/(1)
con r0 = b [MV02 /K( 1)] .
Sfruttando la simmetria assiale del problema attorno alla direzione individua-
ta dalla velocita relativa iniziale, si ottiene per la sezione durto differenziale
lespressione
b() db
(V0 , ) = ,
sin d
in cui si e sfruttata la biunivocita della relazione (2.11) tra b e per invertirla.
Come sempre il caso piu semplice e rappresentato dallurto fra due sfere
2
rigide, per cui = rm /4 e la sezione durto totale, definita come lintegrale
angolare Z Z
S(V0 ) = d (V0 , ) = 2 d sin (V0 , ) ,
2
risulta semplicemente S = rm (area fisica del cerchio massimo della sfera di
influenza). Il discorso diventa piu delicato quando si trattano le interazioni
a potenziale del tipo (2.10), perche per piccoli angoli di deflessione si trova
che ha un andamento simile a elevato a una potenza compresa fra 4 e
2 per esponenti 2 (per esempio si hanno i casi particolari

K2 4
= 2 (V0 , ) = sin
4M 2 V04 2
2K 2 ( )
= 3 (V0 , ) =
MV02 2 (2 )2 sin

con espressioni esplicite esatte) e quindi S diverge. Cio indica la necessita


di introdurre la meccanica quantistica o la fisica dei plasmi, tuttavia si nota
intuitivamente come gli urti corrispondenti a piccole deflessioni generino solo

12
un debole trasferimento di impulso ed energia e dunque le quantita fisica-
mente rilevanti siano altre. Piu precisamente, e molto comune introdurre le
cosiddette sezioni durto generalizzate
Z
Sn (V0 ) = 2 d sin (1 cosn ) (V0 , ) ,

con n intero positivo: si ha che la grandezza S1 gioca un ruolo importante


nello studio del coefficiente di diffusione, mentre altre proprieta di trasporto
come la viscosita e la conducibilita termica dipendono da S2 . Per sfere rigide
2 2
si trova S1 = rm e S2 = 2rm /3, mentre le interazioni a potenza inversa
rendono ora risultati regolari tranne che nel caso = 2.
Partendo dalla nozione di sezione durto e sfruttando metodi generali di teoria
cinetica, e possibile ricavare le seguenti relazioni tra grandezze statistiche per
gas monospecie di massa particellare m:
r
8kT
velocita media v = ,
m
r
2kT
velocita piu probabile = (< v) ,
m
r
3kT
velocita quadratica media = (> v) ,
m
1
cammino libero medio = ,
2n
1
intervallo medio fra due urti successivi = .
2nv
Risulta di particolare interesse lestensione allo studio degli urti fra due diver-
se specie molecolari, indicate dai pedici 1 e 2 , di cui si conoscano le funzioni di
distribuzione normalizzate nello spazio delle velocita f e le densita numeriche
n; il numero di urti per unita di tempo fra particelle che subiscono scattering
nellangolo solido d e dato da

dI = V (V, )n1 f1 (v 1 )n2 f2 (v 2 ) d3 v 1 d3 v 2 d , (2.12)

formula generale che pero richiede laccortezza di inserire un fattore 1/2 per
evitare conteggi doppi qualora le due specie siano identiche. Tale artificio sus-
siste anche per lespressione del tasso complessivo durto, cioe per il numero

13
di urti fra particelle 1 e 2 per unita di tempo e volume, dato dallintegrale
angolare e sulle velocita della quantita precedente; in particolare, per sezioni
durto totali costanti 12 , si ha
q
I = 12 n1 n2 v12 + v22 .

Considerando un numero arbitrario di specie diverse si ottiene la seguente


forma per il cammino libero medio:
1
i = P p .
j ij nj 1 + mi /mj

2.6 Casi limite di interazione: lequazione di


Fokker-Planck e i gas di densita anomala
Qualora il potenziale non presenti cutoff e linterazione si estenda allinfi-
nito, come gia notato si possono generare divergenze di vario tipo. I nuovi
termini non creano particolari problemi per esponenti > 4, tuttavia cio
non risolve il problema per le particelle cariche ( = 2). Per queste ultime
lequazione di Vlasov (2.9) fornisce una buona descrizione per tempi brevi,
ma per intervalli indefinitamente lunghi (con distanze che tendono a infinito)
e preferibile trattare queste interazioni (piccole ma non uniformemente) in
modo statistico, tenendo conto che il loro effetto globale puo essere immagi-
nato come una sequenza continua di lievi deviazioni quasi casuali. A tal fine,
detta a(r, v, t) la forza per unita di massa (variabile casuale) che interviene
nellequazione del moto
dv
= a(r, v, t) ,
dt
ci si riconduce a specificare le sue proprieta statistiche, che in media devono
riflettere linfluenza esercitata dalle altre particelle. La scelta piu comune con-
siste nel considerare una variabile gaussiana -correlata nel tempo (cioe ogni
correlazione temporale, di durata generalmente estesa su un certo intervallo
finito, viene concentrata in un unico istante), avente valor medio
ha(r, v, t)i = C(r, v, t)
e covarianza
h[a(r, v, t1 ) C(r, v, t1 )][a(r, v, t2 ) C(r, v, t2 )]i = 2D(t1 t2 ) .

14
La grandezza D viene detta tensore di diffusione nello spazio delle velocita,
mentre il vettore C, dovendosi annullare per v = u (velocita media), e legato
al concetto di deriva e di attrito esercitato dalle particelle vicine. Di conse-
guenza, considerando le variazioni di velocita in un intervallo t, sussistono
le seguenti relazioni: Z t+t
v = d a(r, v, )
t

hvi
lim = C(r, v)
t0 t
hv vi
lim = 2D(r, v)
t0 t
Senza scendere eccessivamente nei dettagli, si dimostra che la funzione di
distribuzione soddisfa lequazione di Fokker-Planck (generalizzata):

t F + v r F = v v : (DF ) v (CF ) . (2.13)

Le espressioni di D e C devono soddisfare alcuni vincoli, quali la conservazione


(in media) di impulso ed energia: se ne deducono le condizioni
Z Z Z
d v F C = 0 = d v F tr(D) + d3 v F v C ,
3 3

che impongono una dipendenza di D e C da F . Ulteriori considerazioni di


isotropia suggeriscono le espressioni

D = DI & C = Cc ,

con D e C funzioni opportune di r e c (velocita peculiare). In tal caso la


(2.13) si riduce a:

t F + v r F = 2v (DF ) + v (CcF ) .

Assumendo D e C indipendenti da v, si trova la seguente relazione con la


temperatura:
D = CRT ,
con R =costante specifica del gas.
Un ragionamento alternativo consiste nello studio dgli urti corrispondenti
a s , che intuitivamente generano anche piccole deflessioni (si ricordi
che il raggio dazione delle particelle appare nellequazione di Boltzmann

15
solo attraverso la sezione durto). Langolo di deflessione e il modulo della
variazione di velocita risultano cos quantita piccole, e mediante semplici
sviluppi alla Taylor si deduce:
Z Z Z
C(v) = d d v V (, V )F = d3 v V (V )F ,
3

1 1
Z Z Z
3
D(v) = d d v V V (, V )F = d3 v (V 2 I V V )(V )F ,
2 4
essendo lintegrale angolare definito come:
Z /2
(V ) = lim d V (, V ) sin cos2 .
0 /2

Ovviamente il discorso precedente vale per F sufficientemente regolare: in


tal caso si dimostra che il fatto di tener conto della parte di interazione a
grande distanza del potenziale non e rilevante se > 2.
Il limite di gas denso e ottenuto invece assumendo al solito N & s 0
ma con Ns3 finito; in tal caso la trattazione diventa alquanto complicata,
perche la finitezza del volume complessivamente occupato dalle particelle
induce due effetti in competizione fra loro: la riduzione dello spazio dispo-
nibile tende a incrementare il numero di urti, tuttavia esso viene diminuito
dallapparizione di un fenomeno di schermatura (si noti che Ns2 ).
Sostanzialmente la difficolta di questo caso consiste nella rilevanza delle inte-
razioni a piu corpi e nella non applicabilita del principio di sovrapposizione,
che per esempio consente di ricavare lequazione di Fokker-Planck come com-
binazione di molte interazioni a due corpi.
Si noti infine che sussiste unultimo possibile limite, corrispondente a N
& s 0 con Ns3 0 ma contemporaneamente Ns2 : si parla allora
di gas di Knudsen, caratterizzati da cammino libero medio infinito e urti
trascurabili. La loro trattazione puo essere ricondotta a quella dei comuni
gas di Boltzmann assumendo .

2.7 Derivazione dellequazione di Boltzmann


nel caso generale
Lequazione di Boltzmann e stata ricavata esattamente nel caso delle sfere
rigide, con la sola assunzione aggiuntiva del caos molecolare. E pero istruttivo
vederne una deduzione piu costruttiva, basata sulle ipotesi seguenti.

16
Il gas e assunto sufficientemente rarefatto, in modo da tener conto dei
soli urti fra coppie di particelle, tuttavia il cammino libero medio e
notevolmente minore delle dimensioni caratteristiche del problema.

Le velocita delle particelle urtanti sono assunte statisticamente indi-


pendenti, analogamente si trascura ogni possibile correlazione tra la
velocita e la posizione di ogni singola particella.

Le particelle e le interazioni fra loro sono assunte a simmetria sferi-


ca, anche se le asimmetrie presenti nella maggior parte dei gas reali
sono ugualmente trattabili con un notevole incremento delle difficolta
matematiche.

Si considerano applicabili le leggi della meccanica classica non relativi-


stica (eccetto per la sezione durto, esportabile dalla fisica quantistica).

Si trascurano gli effetti delle azioni esterne sulla sezione durto e si


considerano solo forze a divergenza nulla nello spazio delle velocita
(v a = 0: oltre alle forze indipendenti dalla velocita tale condizione
e per esempio soddisfatta anche dalla forza di Lorentz).

La scala di lunghezza tipica della funzione di distribuzione e molto


maggiore della distanza di azione delle forze interparticellari e la sua
scala temporale e tale da non darne variazioni apprezzabili durante il
breve intervallo di un urto.

Nello spazio delle fasi si considerano le trasformazioni



r = r + v dt
v = v + a(r, v, t) dt

che presentano matrice jacobiana data da

(r , v )
J= ,
(r, v)

con det(J) = 1 + v a dt + . . . 1. Ne consegue la conservazione del


volume nello spazio delle fasi (d3 r d3 v = det(J) d3 r d3 v = d3 r d3 v), per cui
il numero di particelle attorno al punto (r , v ), dN = F (r , v , t) d3 r d3 v =
F (r + v dt, v + a dt, t) d3 r d3 v, differisce da quello al punto (r, v), dN =

17
F (r, v, t) d3 r d3 v, solo per il tasso netto di cambiamento dovuto agli urti,
indicato con
DF 3 3
dN dN = d r d v dt .
Dt
Sostituendo le varie espressioni si ricava
DF
F (r + v dt, v + a dt, t) F (r, v, t) = dt ,
Dt
che in seguito a uno sviluppo di Taylor diventa
DF
(t + v r + a v ) F = .
Dt
A questo punto e necessario esplicitare il secondo membro, che indica la va-
riazione del numero di particelle intorno a (r, v) a causa degli urti ed e quindi
scrivibile come differenza fra gli effetti di riempimento e di svuotamento:

DF DF (+) DF ()
= .
Dt Dt Dt
Il secondo addendo e facilmente calcolabile sfruttando la (2.12), per cui (po-
nendo V = |v v |, dove lasterisco indica la variabile di integrazione prima
indicata dal pedice 2 e si tralascia ovunque il pedice 1 ):

DF (r, v, t) ()
Z Z
3
= d v d V (V, )F (r, v, t)F (r, v , t) . (2.14)
Dt
Il primo termine e ricavabile in modo del tutto analogo alla (2.14) studiando
le collisioni inverse, che per motivi di simmetria presentano esattamente gli
stessi parametri (angolo di deflessione, velocita baricentrale e modulo della
velocita relativa, e di conseguenza si ha d3 v 1 d3 v 2 = d3 v 1 d3 v 2 ), quindi

dI = V (V , )F (r, v1 , t)F (r, v 2 , t) d3 v 1 d3 v 2 d =


= V (V, )F (r, v 1 , t)F (r, v 2 , t) d3 v 1 d3 v 2 d =

DF (r, v, t) (+)
Z Z
= d v d V (V, )F (r, v , t)F (r, v , t) .
3
(2.15)
Dt
Si ricava percio lequazione di Boltzmann nella forma
Z Z
(t + v r + a v ) F = d v d V (V, )(F F F F ) ,
3
(2.16)

18
con ovvio significato dellapice e dellasterisco posti accanto a F . La non
linearita dellequazione, oltre a un eventuale contributo dovuto alla possibile
dipendenza di a da F (generalmente trascurato), e resa evidente dalla natura
del secondo membro, indicato con Q(F, F ) e detto integrale durto.
In termini della velocita peculiare, a causa della nuova forma assunta dalle
derivate parziali

F (r, v, t) F (r, c, t) ci (r, v, t) F (r, c, t)




7 + =



t t t ci
F (r, c, t) ui (r, t) F (r, c, t)


=






t t ci


F (r, v, t) F (r, c, t) ci (r, v, t) F (r, c, t)
7 + =

rj rj rj ci


F (r, c, t) ui (r, t) F (r, c, t)
=


rj rj ci






F (r, v, t) F (r, c, t)


7 ,



vj cj

la (2.16) diventa

{t + (u + c) r + [a t u (u + c) r u] c } F =
Z Z
= d c d |c c |(V, )(F F F F ) .
3

In presenza di gas multispecie sussiste unequazione per la funzione di distri-


buzione di ogni specie, Fi = Fi (r, v i , t), e bisogna tener conto degli urti con
tutti gli altri tipi di particelle esistenti. Posto ai = ai (r, v i , t) si ha
XZ Z
(t + v i r + ai vi ) Fi = d v j d |v i v j |(V, )(Fi Fj Fi Fj ) .
3

2.8 Gli invarianti durto e lequazione di scam-


bio
Particolare interesse riveste lo studio dellintegrale durto Q(F, F ) (che ri-
mane funzione di r, v e t) qualora esso venga moltiplicato per una generica

19
funzione w(c) e nuovamente integrato sulla variabile v. La grandezza
Z Z Z
w = d v d v d wV (V, )(F F F F )
3 3

rappresenta infatti la variazione subita da w a causa di tutti i possibili urti


e risulta invariante sia per scambio tra i componenti della coppia urtante
(cambiamento delle quantita con asterisco nelle rispettive senza asterisco e
viceversa) sia per scambio tra situazione iniziale e finale dello stesso compo-
nente (cambiamento delle quantita con apice nelle rispettive senza apice e
viceversa). Essa e quindi esprimibile equivalentemente nei seguenti modi:
Z Z Z
w = d v d v d w V (V, )(F F F F )
3 3

Z Z Z
= d v d v d w V (V, )(F F F F )
3 3

Z Z Z
= d v d v d w V (V, )(F F F F ) .
3 3

Sommando le quattro espressioni precedenti si ricava


1
Z Z Z
w = d v d v d V (V, )(F F F F )(w + w w w ) ,
3 3
4
che esprime semplicemente il fatto che la variazione di w dovuta a ipotetici
urti invertiti e uguale a quella degli urti diretti. Riscrivendola nella forma
1
Z Z Z
w = d v d v d V (V, )F F (w + w w w )
3 3
2
si puo notare come la variazione totale di w sia ovviamente nulla qualora es-
sa rappresenti un invariante durto, cioe una quantita conservata durante
una collisione. Si dimostra che ogni funzione w avente w = 0 e esprimibile
come combinazione lineare degli invarianti durto elementari, rappresentati
da massa, impulso ed energia delle particelle: tale proprieta e anche fisica-
mente intuibile considerando il fatto che ogni altro invariante indipendente
dai precedenti consentirebbe la scrittura di una relazione aggiuntiva fra le
coppie di velocita iniziale e finale di un urto, il che non ha ragione di acca-
dere. Si indicano con l gli invarianti durto fondamentali (l va da 1 a 5,
comprendendo le tre componenti della velocita), per cui se w = 0 allora

20
w = 0 + 1 v + 2 v 2 (l costanti).
Lequazione di scambio viene ottenuta applicando le stesse operazioni di mol-
tiplicazione per w e di integrazione su v anche al primo membro dellequazio-
ne di Boltzmann, e uguagliando a una delle espressioni di w, anche nel caso
generico in cui non si tratti di un invariante durto. La forma piu semplice di
questa equazione si ottiene in termini della velocita totale anziche di quella
peculiare:
Z Z Z
t d v F w + r d v F vw d3 v F a v w =
3 3

1
Z Z Z
= d v d v d V (V, )F F (w + w w w ) .
3 3
(2.17)
2

2.9 Equilibrio: il teorema H e la distribuzio-


ne di Maxwell-Boltzmann
La quantita Z Z
3
H(t) = d r d3 v F (r, v, t) ln F (r, v, t)

assume una notevole importanza perche collegata allentropia tramite (t) =


kH(t). Il fondamentale teorema H di Boltzmann stabilisce che
dH(t)
0,
dt
e di conseguenza, a meno di imporre particolari condizioni al contorno che
consentano un flusso entrante di H, esso non aumenta mai, bens decresce
fino a raggiungere un valore limite stazionario (la divergenza e vietata da
considerazioni sullenergia totale). Per la dimostrazione basta sostituire, in
dH(t) dF (r, v, t)
Z Z
= d r d3 v (1 + ln F (r, v, t))
3
,
dt dt
la derivata temporale di F (che rappresenta il primo membro dellequazione
di Boltzmann) con lintegrale durto (corrispondente secondo membro):
dH(t)
Z Z Z Z
= d r d v d v d V (V, )(F F F F )(1 + ln F ) .
3 3 3
dt
Operando manipolazioni del tutto simili a quelle descritte nel paragrafo
precedente, si giunge a

21
dH(t) 1 F F
Z Z Z Z
3 3 3
= d r dv d v d V (V, )(F F F F ) ln .
dt 4 F F

Lintegrando, e di conseguenza lintegrale, non risultano mai positivi, e anzi


si annullano solo nel caso che F F = F F . Oltre a dimostrare il teorema
H, questo prova anche che condizione necessaria e sufficiente per raggiungere
una situazione di equilibrio (assenza di variazioni temporali) e ln F (r, v , t) +
ln F (r, v , t) = ln F (r, v, t) + ln F (r, v , t), cioe ln F deve essere un invarian-
te durto. Ne consegue che la funzione di distribuzione allequilibrio deve
essere esprimibile come esponenziale di una combinazione lineare degli in-
varianti durto elementari, e una ridefinizione dei vari parametri conduce
allespressione canonica della distribuzione di Maxwell-Boltzmann:
 3/2
1 2 /2kT
 m 3/2 2
F0 = em|vu| f0 = emc /2kT . (2.18)
2mkT 2kT

Tale espressione vale anche per gas multispecie, applicandosi alla funzione di
distribuzione di ognuna di esse, a patto di sostituire m con la massa parti-
cellare della specie in questione.
Il significato del teorema H e piuttosto profondo ma non deve essere soprav-
valutato: evidentemente esso e valido quando vale lequazione di Boltzmann,
e questultima sussiste esattamente solo in presenza di caos molecolare, per
cui la derivata temporale di H puo anche non essere una funzione continua.
Esiste un apparente paradosso, lobiezione di Zermelo, basata sul teorema
di Poincare, secondo cui ogni sistema confinato ritorna prima o poi indefi-
nitamente vicino a qualsiasi punto dello spazio delle fasi, e quindi anche la
grandezza H deve riapprossimare il suo valore iniziale, tornando a crescere se
inizialmente in diminuzione. In realta cio accade per ogni singola realizzazio-
ne, mentre il teorema H si applica in media, e comunque il ciclo di Poincare ha
durata molto maggiore delleta delluniverso. Unaltra apparente contraddi-
zione (obiezione di Loschmidt) e quella legata allirreversibilita congenita nel
teorema, contrapposta alla reversibilita della meccanica classica su cui e ba-
sato: se per levoluzione diretta si ha dH/dt < 0, allora considerando il moto
inverso (ugualmente possibile) si ottiene dH/d(t) = dH/dt > 0. La pre-
senza di un prima e di un dopo e interpretata a livello statistico in termini
probabilistici, in alternativa si puo pensare che la freccia del tempo sia ot-
tenibile proprio invertendo la relazione iniziale: non t1 < t2 H(t1 ) > H(t2 )
bens H(t1 ) > H(t2 ) t1 < t2 .

22
2.10 Linterazione gas-superficie e il principio
del bilancio dettagliato
Per un gas contenuto in un recipiente risulta tuttaltro che banale il proble-
ma delle condizioni al contorno: basti pensare che, assumendone particolari
forme, puo accadere che il teorema H cambi completamente significato o ad-
dirittura non sussista del tutto, mentre la distribuzione maxwelliana puo non
essere in grado di soddisfarle attraverso i suoi parametri liberi e in tal caso
il gas non raggiunge mai lequilibrio. Per linterazione gas-superficie solida
sono stati proposti vari modelli, anche in relazione al fatto che, a differenza
dei liquidi, non e richiesta la condizione di aderenza alle pareti e quindi gli
schemi di flusso possono risultare molto diversi. In generale, limitandosi ai
casi in cui ogni particella urtante viene riemessa nello stesso punto e istante
(cioe trascurando i fenomeni di adsorbimento e catalisi), occorre esplicitare
la forma della densita di probabilita B(v v ; r, t) (non negativa) che una
particella collidente con la frontiera del dominio nel punto r allistante t e
avente velocita v ne riemerga con velocita v . Indicando con u0 la velocita
della parete e con n il versore perpendicolare alla superficie e diretto verso
il gas, sussiste il vincolo di normalizzazione
Z
d3 v B(v v ; r, t) = 1 ,

limitatamente alle velocita iniziali che soddisfano (v u0 ) n < 0 e con


dominio di integrazione esteso al semispazio (v u0 ) n > 0. Il principio di
conservazione della massa impone anche la condizione
Z
|(v u0 ) n|F (r, v , t) = d3 v B(v v ; r, t)|(v u0 ) n| F (r, v, t) ,

limitatamente alle velocita finali che soddisfano (v u0 )n > 0 e con dominio


di integrazione esteso al semispazio (v u0 ) n < 0. Ne consegue la relazione
Z
d3 v (v u0 ) nF (r, v , t) = 0 ,

con integrazione ora estesa a tutto lo spazio, e quindi luguaglianza fra le


componenti normali della velocita media del gas e della parete: (uu0 )n =
0. Riscrivendo in termini della velocita peculiare si ottiene (v u0 )n = c n

23
e quindi
Z

|c n|F (r, v , t) = d3 v B(v v ; r, t)|c n| F (r, v, t) ,

limitatamente alle velocita peculiari che soddisfano c n > 0 e con dominio


di integrazione esteso al semispazio c n < 0.
Riguardo la forma specifica di B, Maxwell ipotizzo inizialmente che le pa-
reti (lisce) riflettano specularmente in maniera perfettamente elastica, ma
notando che in questo modo non si eserciterebbe alcuna tensione obliqua fra
superficie solida e gas (fatto contrario alle evidenze sperimentali) modifico
la sua ipotesi considerando la possibilita che le particelle urtanti vengano
riemesse in equilibrio termico con la parete in una direzione casuale. Unendo
i due modelli, si e soliti introdurre il coefficiente di adattamento , pari
alla frazione di particelle che subiscono questo processo di termalizzazione
(sperimentalmente vicina allunita), e scrivere
1 2
B(v v ; r, t) = (1)(v v 2n(c n))+ 2 2
|c n| e|v u0 | /2RT0
2R T0
(con c n < 0 < c n), dove T0 indica la temperatura della parete che
puo variare da punto a punto, cos come la sua velocita. Unimportante
conseguenza deriva dalla considerazione che, per una questione di simmetria
speculare in situazione di equilbrio, il numero di particelle che modificano
la loro velocita da v u0 a v u0 a causa dellinterazione deve essere
uguale a quello delle particelle che passano da v R v u0 2n(c n) a
v R v u0 2n(c n); cio implica
2 /2RT 2 /2RT
|c n|B(v v ; r, t)e|vu0 | 0
= |c n|B(v R v R ; r, t)e|v u0 | 0
.
Si tratta del cosiddetto principio del bilancio dettagliato (soddisfatto dalla
forma di B ipotizzata da Maxwell), legato alla questione della reversibilta
della fisica classica: esso si applica anche agli urti interparticellari e corri-
sponde allassunzione (tuttaltro che banale) che la probabilita di passare
da una coppia iniziale di velocita (v, v ) a una finale (v , v ), indicata con
B(v, v v , v ), equivale non solo a B(v , v v, v ) (ovviamente)
ma anche a B(v , v v, v ).
Un possibile raffinamento del modello di Maxwell, senza modificare nel detta-
glio il nucleo di interazione B, consiste nellintrodurre due diversi coefficienti
di adattamento n e t per le componenti della velocita rispettivamente
normale e tangenziale alla parete.

24
Capitolo 3

Risoluzione dellequazione di
Boltzmann

Lequazione di Boltzmann risulta integro-differenziale alle derivate parziali,


oltre che non lineare e funzionale: questultimo termine si riferisce al fatto
che lincognita F appare nellintegrale durto non solo con gli argomenti v
(variabile indipendente corrente) e v (variabile muta di integrazione), ma
anche con v e v , che sono le variabili trasformate delle precedenti in seguito
allurto. Ne consegue che trovare soluzioni analitiche esatte e sostanzialmen-
te impossibile, eccezion fatta per la distribuzione di Maxwell, che peraltro
corrisponde a una situazione di equilibrio e puo essere ricavata con altri
ragionamenti, e per una soluzione trovata da Ikenberry e Truesdell senza
particolare significato pratico ma solo illustrativo. Occorre quindi introdurre
metodi di approssimazione, analitici o numerici, che permettano di trova-
re una soluzione simile a quella esatta, mantenendone certe caratteristiche
importanti e trascurandone di volta in volta altre meno rilevanti.

3.1 Lequazione di Boltzmann linearizzata o


lineare
La maggior parte delle tecniche di approssimazione consiste in metodi per-
turbativi, in cui si sceglie un parametro , sufficientemente piccolo in certe
situazioni, e si espande F in serie di potenze di o in sue successioni asin-
totiche. Lespansione in generale non risulta convergente ma solo asintotica,
tuttavia essa fornisce solitamente risultati corretti per un certo intervallo di

25
valori di . In particolare presenta un notevole interesse il caso in cui, dopo
aver sviluppato la funzione di distribuzione come

X
F = i Fi ,
i=0

si studia la conseguente espansione dellintegrale (quadratico) durto



X i
X
X i
X
i i
Q(F, F ) = Q(Fj , Fij ) = Qi , Qi = Q(Fj , Fij )
i=0 j=0 i=0 j=0

in funzione delloperatore bilineare simmetrico


1
Z Z
Q(G, g) = d v d V (V, ) (G g + G g Gg G g) .
3
2
Una caratteristica comune alla maggior parte di queste espansioni risiede
nel fatto che lapprossimazione di ordine zero e costituita dalla maxwelliana
F0 , che comunque in generale non ha il vincolo di soddisfare lequazione
di Boltzmann e puo presentare parametri (densita, velocita media, tempe-
ratura) dipendenti da spazio e tempo (si parla di maxwelliana locale):
tale caratteristica non influisce su Q, che non agisce sulla dipendenza spazio-
temporale di F . Di conseguenza si ha Q0 = Q(F0 , F0 ) = 0, mentre il generico
termine della serie puo essere spezzato nella forma
i1
X
Qi = 2Q(F0 , Fi ) + Q(Fj , Fij ) ,
j=1

in cui il secondo addendo rappresenta semplicemente un termine di sorgente


(i ) essendo gia noto dal passo precedente. Ne consegue che linformazione
rilevante e contenuta nelloperatore (lineare nellincognita Fi ) Q(F0 , Fi ), per
cui si pone solitamente hi = Fi /F0 e si studia loperatore linearizzato di
Boltzmann
2
(h) = Q(F0 , F0 h)
F0
che soddisfa Qi = F0 (hi ) + i . Sfruttando le proprieta della maxwelliana
si deduce
Z Z
(h) = d v d V (V, )F0 (h + h h h) .
3
(3.1)

26
A partire dallequazione linearizzata sussiste evidentemente la possibilita di
sfruttare gli strumenti dellalgebra lineare: il risultato piu interessante con-
siste nello studio degli autovettori delloperatore e si trova che quelli cor-
rispondenti allautovalore nullo sono i 5 invarianti durto fondamentali l .
Esiste un caso di notevole interesse in cui lequazione di Boltzmann risulta
di per se lineare. Si consideri infatti una miscela di due gas aventi masse
molecolari molto diverse: e evidente che le particelle piu pesanti risentono
poco degli urti con quelle leggere e lequazione per la loro funzione di di-
stribuzione permane normalmente quadratica, coinvolgendo urti fra coppie
di esse stesse; al contrario, la dinamica delle particelle leggere non e guidata
dagli urti fra loro coppie, perche influsso di gran lunga maggiore sul moto di
una particella leggera e dato dallurto contro una pesante: ne consegue che
nellequazione per la funzione di distribuzione delle particelle leggere linte-
grale durto presenta una dipendenza non piu quadratica ma sostanzialmente
solo lineare dallincognita, avendo trascurato gli urti fra coppie e ottenendo
quindi sempre prodotti fra una funzione di distribuzione pesante e una
leggera. La differenza piu notevole col caso linearizzato sta nel fatto che
ora lunico invariante di collisione riguardo le particelle leggere e la loro mas-
sa, perche nel loro sottoinsieme impulso ed energia non sono conservati a
causa degli urti con le particelle pesanti, che in questa descrizione fungono
da corpi esterni; inoltre lincognita stessa del problema e ora una normale
funzione di distribuzione, di per se positiva, mentre nel caso linearizzato le
incognite hi non soggiacciono a tale restrizione. Attraverso questa analisi e
possibile risolvere problemi di trasporto di neutroni, fotoni o elettroni.

3.2 Il modello BGK e le sue evoluzioni


Il problema principale nella risoluzione dellequazione di Boltzmann e da-
to dalla natura complicata dellintegrale durto, sia nella versione completa
(2.16) che in quella linearizzata (3.1). Non e quindi sorprendente che ne siano
state proposte versioni alternative piu semplici, note come modelli durto:
ogni equazione alla Boltzmann in cui sia effettuata tale sostituzione vie-
ne detta equazione modello o modello cinetico. Lidea fondamentale
consiste nella considerazione che gran parte dei dettagli delle interazioni bi-
narie non influenza significativamente i valori delle quantita macroscopiche
di interesse, per cui la struttura fine delloperatore Q(F, F ) puo essere resa
tranquillamente piu grossolana considerando un operatore piu semplice q(F ),

27
che ne mantenga solo le proprieta medie e qualitative.
Il modello cinetico di gran lunga piu diffuso e quello cosiddetto del tempo di
rilassamento o BGK (dalle iniziali di Bhatnagar, Gross e Krook), proposto
peraltro indipendentemente anche da Welander nello stesso periodo. I punti
chiave che loperatore q deve soddisfare sono la tendenza verso la distribu-
zione maxwelliana (teorema H) implicita nellintegrale durto e la relazione
sugli invarianti durto riguardo Q che implica
Z
d3 v l q(F ) = 0 . (3.2)

La prima condizione viene implementata semplicemente supponendo che ogni


urto cambi la funzione di distribuzione F in modo proporzionale alla distanza
di questultima da una maxwelliana F0 , cioe q(F ) = [F0 (v) F (v)], in cui
la frequenza di collisione viene generalmente assunta come dipendente
da spazio e tempo ma non dalla velocita (tale restrizione viene eliminata in
metodi piu complessi). I parametri liberi della maxwelliana locale (, u e T )
vengono fissati dalla (3.2), che impone
Z Z
d v l F0 (v) = d3 v l F (v) :
3

in ogni punto e istante F0 deve avere la stessa densita, velocita media e


temperatura di F . In principio la non linearita di q puo essere molto peggiore
di quella di Q, che e semplicemente quadratico: infatti q contiene F sia
al numeratore che al denominatore di un esponenziale tramite u e T che
appaiono in F0 . Una possibile scorciatoia e costituita dalla possibilita di
partire dallequazione linearizzata, tuttavia anche la forma completa puo
condurre a utili equazioni integrali non lineari per le variabili macroscopiche.
E piuttosto interessante studiare in dettaglio la semplificazione risultante
dellintegrale durto nel caso di gas monospecie. Si ha che la funzione di
distribuzione delle particelle che contribuiscono agli urti di riempimento
(2.15) e, come ipotizzato, una maxwelliana:

DF (+)
Z Z
= d v d V (V, )F0 F0
3
.
Dt
Sfruttando la (2.18) tale espressione puo essere riscritta come

DF (+)
Z Z
= d v d V (V, )F0 F0 ,
3
Dt

28
per cui lintegrale durto diventa
DF
Z Z Z Z
3 3
= F0 d v d V (V, )F0 F d v d V (V, )F .
Dt
I due integrali possono essere visti come frequenze medie durto e sono quindi
scrivibili come inversi di tempi caratteristici, rispettivamente 1/0 e 1/F ,
ottenendo
DF F0 F
= .
Dt 0 F
Il significato fisico sottostante e che le particelle che seguono la funzione di
distribuzione reale F vengono rimosse esponenzialmente a causa degli urti
con un tempo scala F e vengono sostituite da altre particelle (che seguono
F0 ) su tempi 0 . Daltra parte, trascurando le reazioni chimiche e i vari
processi di ionizzazione o ricombinazione, gli urti non creano ne distruggono
particelle, quindi si deve avere F = 0 . Lespressione finale dellintegrale
durto e dunque
"  3/2 #
DF 1 1 2
= em|vu| /2kT F .
Dt 0 2mkT

Quanto detto giustifica il nome alternativo del modello, tempo di rilassa-


mento.
Il metodo BGK risolve facilmente alcuni problemi, fra i quali il rilassamento
verso lequilibrio in un caso spazialmente omogeneo, in cui si trova levolu-
zione temporale a partire dalla funzione di distribuzione (arbitraria) iniziale
G(v):
F (v, t) = G(v)et + (1 et )F0 (v) .
I parametri , u e T in F0 possono essere calcolati mediante G, essendo
costanti, e il significato di e proprio quello di inverso del tempo di rilassa-
mento verso lequilibrio.
Altrettanto facilmente puo essere dimostrato il teorema H, mentre uno svan-
taggio e costituito dal fatto che il numero di Prandtl assume un valore sba-
gliato Pr = 1 (per confronto si veda anche il paragrafo successivo). A tale
sbaglio si puo porre rimedio considerando il cosiddetto modello ellissoidale
statistico (ES), in cui si sostituisce una gaussiana tridimensionale localmente
anisotropa alla maxwelliana (che e una gaussiana isotropa), in modo da poter
disporre di almeno due parametri liberi, invece del solo , per catturare con-
temporaneamente gli andamenti dei coefficienti di viscosita e conducibilita

29
termica. Un altro raffinamento del metodo BGK originale consiste nella pro-
cedura proposta da Gross e Jackson, che lo sfrutta come punto di partenza
per generare una gerarchia sistematica che approssima lintegrale durto con
accuratezza arbitraria: presentato inizialmente come studio delle autofunzio-
ni per le particelle di Maxwell, e stato successivamente esteso anche ad altri
casi.

3.3 Il metodo delle espansioni di Hilbert e


Chapman-Enskog
Un semplice studio sugli ordini di grandezza presenti nei vari termini del-
lequazione di Boltzmann mostra lesistenza di due fondamentali rapporti
adimensionali: /t e /l , corrispondenti ai quozienti di intervallo e cammi-
no libero medio rispettivamente con un tempo e una lunghezza caratteristici
del problema (t e l ). In prima approssimazione tali rapporti possono esse-
re considerati confrontabili (in realta essi differiscono per unaltra quantita
adimensionale, detta numero di Sherwood, solitamente prossima allunita),
e il rapporto tipico tra il primo e il secondo membro dellequazione e fornito
dal numero di Knudsen, definito come Kn = /l e analogo al rapporto fra
i numeri di Mach e di Reynolds. Si vuole studiare il limite di gas piutto-
sto denso, con Kn piccolo: una semplice riscalatura delle variabili in termini
adimensionali conduce allora alla forma

(t + v r + a v ) F = Q(F, F ) ,

intendendo = Kn come il parametro piccolo di sviluppo. Nonostante ap-


paia subito evidente il problema dovuto al fatto che esso moltiplica tutte le
derivate e quindi sia possibile fonte di singolarita, e utile tentare lespansione
di Hilbert (3.1) sostituendo direttamente nellincognita F . Si ha

X
X
i
(t + v r + a v ) Fi1 = i Qi ,
i=1 i=0

da cui Q0 = 0 (cioe F0 e una maxwelliana) e

(t + v r + a v ) Fi1 = Qi (i 1) .

30
Di conseguenza si puo ripetere il trattamento linearizzato (esposto in un
paragrafo precedente) sulle incognite hi che obbediscono a
(t + v r + a v ) (F0 hi1 ) = F0 (hi ) + i ,
i1
X
con h0 = 1 , 1 = 0 , i = Q(F0 hj , F0 hij ) (i 2) .
j=1

Il problema puo essere affrontato passo per passo e il risultato e il seguente:


occorre risolvere le equazioni di Eulero (non viscose) dei fluidi, ordinarie nella
prima approssimazione e linearizzate disomogenee nelle successive.
In questo modo si puo estrarre una descrizione macroscopica in termini di
densita, velocita media e temperatura, tuttavia sorge spontanea una doman-
da: tale espansione e lecita? Un indizio per una risposta in senso negativo
viene dalla considerazione che il limite di fluido ideale e singolare, per cui
ogni piccola deviazione genera correzioni non esprimibili mediante metodi
perturbativi regolari: in sostanza la dipendenza di F da non e analitica.
Una scorciatoia a questa difficolta viene dallespansione di Chapman-Enskog,
in cui si sviluppa non la soluzione ma lequazione stessa. Sostanzialmente il
punto fondamentale e il medesimo del metodo precedente, cioe che la funzio-
ne di distribuzione dipenda da spazio e tempo solo tramite i parametri , u
e T (si ha che F0 e sempre una maxwelliana), ma la differenza importante
consiste ora nellesattezza di questi ultimi; inoltre lo sviluppo (3.1) presenta
adesso Fi dipendenti implicitamente da e quindi non richiede analiticita. Il
risultato e che occorre fin dal principio fissare un livello L-esimo di appros-
simazione e valutarvi la soluzione: se si vuole passare a un livello successivo
occorre risolvere un sistema di equazioni completamente nuovo e piu compli-
cato. Per L = 1 se ne deriva lequazione di Navier-Stokes per fluidi aventi
comportamento termico alla Fourier, con coefficienti di trasporto dipendenti
solo dalla temperatura e da costanti molecolari; in particolare la viscosita
risulta proporzionale al libero cammino medio ma indipendente dalla densita,
fatto confermato dagli esperimenti solo successivamente, mentre la conduci-
bilita termica e tale che il numero di Prandtl cp / (cp calore specifico a
pressione costante) ha un buon accordo con il valore sperimentale di 2/3 per
gas monoatomici.
Per L = 2, invece, si ottengono le cosiddette equazioni di Burnett, di diffi-
cile utilizzo pratico: questo fatto sottolinea come lespansione di Chapman-
Enskog sia in un certo senso ultraraffinata, tenendo in considerazione ec-
cessiva i contributi dei diversi ordini in e aggiungendo addirittura soluzioni

31
spurie in determinati casi. Esistono quindi tecniche di miglioramento ba-
sate sulla sostituzione delloperatore di Eulero con quello di Navier-Stokes
nellespansione di Hilbert, in modo da poter trattare anche le zone in cui
questultima fallisce. E cos possibile studiare non solo le regioni normali,
ma anche strati limite (cioe raccordo con le condizioni al contorno), onde
durto e stati iniziale e finale (evoluzione a tempi lunghi, di ordine 1/),
tutte situazioni in cui la rapidita di variazione spazio-temporale dei para-
metri non consente la regolarita dei parametri necessaria per lutilizzo del
metodo originale.

3.4 Il metodo dei momenti di Grad: regime


fluidodinamico
Un metodo di soluzione matematicamente equivalente a quello esposto nel
paragrafo precedente fu proposto da Grad e prende il nome di metodo dei
momenti. Esso consiste nel ricavare equazioni di trasporto per le grandezze
macroscopiche sfruttando vari momenti di velocita dellequazione di Boltz-
mann, cioe moltiplicando questultima per una certa potenza della velocita
(in modulo o anche attraverso componenti) e integrando su tutto lo spazio
della stessa variabile velocita. Come ogni tecnica basata su tale schema,
anche questa si scontra con il ben noto problema della chiusura, per cui nel-
lequazione del momento n-esimo compare anche quello (n + 1)-esimo; ne
consegue che per ottenere equzioni chiuse occorre fermarsi a un determinato
ordine ed esprimere un momento piu elevato in funzione di altri piu bassi
mediante relazioni di chiusura, operando cos ipotesi implicite sulla funzione
di distribuzione: generalmente si attua questa operazione sul quartordine
e lo si esprime in funzione degli ordini zero e due, ottenendo equazioni di
trasporto per i momenti da zero a tre.
Senza entrare eccessivamente nei dettagli, e sufficiente ricordare che densita,
velocita media e temperatura corrispondono rispettivamente a momenti di
ordine zero, uno e due e che il momento di ordine n e collegato da relazioni
tensoriali al flusso del momento di ordine n 1. Per una grandezza fisica w
(funzione della velocita) si definisce
Z
(w)
(r, t) = d3 v vw(v)F (r, v, t) ,

32
cosicche appare naturale introdurre le seguenti quantita tensoriali:
(m) (mv )
flusso di massa = i = ui , flusso di impulso = i j = ui uj + pij ,
Z


tensore delle pressioni = pij = m d3 c ci cj F ,

1 1
Z
pressione (scalare) = p = tr(p) = d3 v c2 F ,
3 3



tensore delle tensioni = ij = pij pij ,

1
Z
flusso di calore: tensore ijk = m d3 c ci cj ck F vettore i = ijj ,
2
Z
momento del quartordine = Rijkl = m d3 c ci cj ck cl F .

Il primo tentativo di ottenere equazioni chiuse a partire dalla (2.17) consiste


nellipotizzare equilibrio termodinamico locale, cioe che vi siano sufficienti
urti per poter approssimare la funzione di distribuzione con una maxwel-
liana avente parametri dipendenti da spazio e tempo. In questo modo si
ottengono le cosiddette equazioni di Eulero, che costituiscono una sorta di
approssimazione di ordine zero e la cui applicazione a fluidi non esattamente
in equilibrio risulta piuttosto critica. Fra di esse e compresa lequazione di
continuita t + r (u) = 0.
Il passo successivo di approssimazione permette di giungere anche a rela-
zioni di trasporto, in cui cioe siano presenti lievi deviazioni dallequilibrio.
Particolare rilievo riveste la chiusura ipotizzata da Grad, che conduce alla
cosiddetta approssimazione dei 20 momenti: essa si basa sullipotesi che il
momento del quartordine sia legato a quello del secondo dalla relazione
1
Rijkl = (pij pkl ij kl + termini simmetrizzati) .
mn
Si puo mostrare che essa equivale sostanzialmente a uno sviluppo alla Chap-
man-Enskog e viene spesso scritta senza i termini di tensore delle tensioni,
che corrispondono a ordini superiori nel parametro piccolo. In questo mo-
do si ottengono relazioni chiuse nellinsieme costituito dalle incognite , ui ,
pij e ijk , per un totale di 20 quantita indipendenti. Tale descrizione risul-
ta pero ridondante, nel senso che dalle 10 componenti del tensore di flusso
di calore e possibile ridursi alle 3 del corrispondente vettore senza perdere
eccessivamente in ricchezza di descrizione: in sostanza, si impone la relazione
2
ijk = (ij k + termini simmetrizzati) .
5
33
Si giunge cos alle equazioni di Navier-Stokes, che descrivono levoluzione
delle 13 quantita (da cui il nome di approssimazione dei 13 momenti) date
dalla densita, dalla velocita media, dal tensore delle pressioni e dal vettore
del flusso di calore: in particolare si derivano le ben note relazioni secondo
cui questultimo e proporzionale allopposto del gradiente di temperatura e
il tensore delle tensioni dipende da quello di deformazione, cioe dalla matrice
costruita a partire dai gradienti di velocita.
Lestensione ai gas multispecie non presenta particolari problemi, mentre
ulteriori livelli di semplificazione possono essere elencati come segue.
Approssimazione dei 10 momenti: si trascura completamente il flusso
di calore, che a priori costituisce una quantita del terzordine, e si man-
tiene leffetto del tensore delle tensioni, corrispondente a una grandezza
del secondordine.
Approssimazione degli 8 momenti: si tiene conto del vettore del flusso
di calore ma si trascurano le tensioni, spesso fisicamente meno rilevanti
del precedente.
Approssimazione dei 5 momenti: trascurando completamente tensio-
ni e flusso di calore si ritorna alla descrizione alla Eulero per gas mo-
nospecie, ma in presenza di piu componenti si ottiene un altro insieme
di equazioni di uso comune.
Indipendentemente dal grado di approssimazione scelto, il metodo di Grad
e le espansioni di Hilbert e Chapman-Enskog caratterizzano il cosiddetto
regime fluidodinamico, in cui lesiguita del cammino libero medio rispetto
alle dimensioni caratteristiche del flusso consente una descrizione in termini
continui della materia.

3.5 I regimi di rarefazione e di transizione


Il limite opposto rispetto alle situazioni studiate finora ha luogo quando
Kn 1, cioe se gli urti interparticellari sono trascurabili rispetto a quel-
li contro le pareti o comunque non contribuiscono efficientemente a riportare
il gas in una situazione di equilibrio: si parla quindi di regime di rarefazione.
Tale situazione puo essere ulteriormente divisa in due sottocasi distinti: si
parla di regime senza urti per flussi su scala molto grande, per esempio
nellalta atmosfera, mentre si da il nome di flusso libero ai problemi in cui
si studia linterazione di tali gas con oggetti di dimensioni finite (quali un
tubo quasi sotto vuoto o una navicella spaziale).

34
Lo studio di questultimo regime trae spunto dalla considerazione di base che
le particelle riflesse dallurto con il corpo esterno percorrono generalmente
una grande distanza prima di collidere con le altre particelle e quindi non
interferiscono con il flusso incidente. Di conseguenza lipotesi fondamentale
(peraltro valida solo per i corpi convessi ma non per quelli concavi) e che ogni
particella incidente non porti alcuna traccia di (eventuali) precedenti urti col
corpo esterno: cio consente di assumere una condizione iniziale di equilibrio
termodinamico locale, tenendo comunque conto del carattere prettamente
individuale e non collettivo dellinterazione particelle-oggetto. Lapplicazio-
ne principale riguarda lo studio del trasferimento di calore e delle forze di
resistenza e portanza che si generano per esempio su una navicella spazia-
le: un paragone col regime fluidodinamico sottolinea come i risultati siano
ovviamente simili per basse velocita ma differiscano notevolmente per moti
supersonici. A tal proposito e curioso rilevare come in questa situazione non
si possano formare onde durto (descritte viceversa come superfici di discon-
tinuita nella descrizione alla Eulero e come regioni di rapida variazione dei
parametri in quella di Navier-Stokes), mentre gli strati limite saranno gene-
ralmente spessi e diffusi.
Un problema molto interessante e quello delleffusione, cioe della fuoriu-
scita di un gas da un orifizio sulla parete di un recipiente. Il risultato piu
notevole consiste nel fatto che il flusso netto di particelle uscenti risulta sem-
pre maggiore nellapprossimazione idrodinamica (cioe quando il diametro del
buco e notevolmente maggiore del cammino libero medio) rispetto a quella
cinetica (situazione opposta): tale fenomeno e collegato al cosiddetto conge-
lamento termico, per cui il gas, pur espandendosi nel vuoto (o in un ambiente
di densita comunque minore), non riesce a supplire alla propulsione neces-
saria per mantenere il flusso. Analogamente e possibile trattare lestensione
del flusso di Poiseuille ai gas rarefatti: pur con le dovute precauzioni (per
esempio si ottengono risultati diversi a seconda che il gradiente imposto di
pressione sia dovuto a differenze di temperatura o di densita), anche in que-
sto caso si trova che la portata del tubo diminuisce al crescere del cammino
libero medio.
Il caso piu difficile da trattare corrisponde naturalmente alla situazione in-
termedia, in cui il numero di Knudsen assume valori vicini allunita: si parla
allora di regime di transizione. Il trattamento analitico di questo regime ri-
sulta molto problematico, in quanto non esistono parametri piccoli assumibili
come punto di partenza per metodi perturbativi: di conseguenza, a parte casi
speciali di risoluzione, occorre rifarsi a tecniche numeriche.

35
3.6 Altri metodi di risoluzione
Tra gli altri metodi di soluzione dellequazione di Boltzmann, importanza par-
ticolare riveste la tecnica di separazione delle variabili, soprattutto quando
applicata alla forma linearizzata. In questo modo, infatti, dopo aver trovato
un insieme completo di soluzioni elementari in variabili separate, grazie al
principio di sovrapposizione e possibile combinarle linearmente per trovare la
soluzione generale; i valori dei coefficienti della sovrapposizione vengono quin-
di determinati sfruttando le condizioni iniziali e al contorno. La dipendenza
spazio-temporale risulta in genere esponenziale, del tipo exp[i(k r + t)],
e il problema si riconduce allo studio della relazione di dispersione tra k e
(in generale complessi). Trovati i modi normali, occorre poi sovrapporli
sui valori discreti dei due parametri e integrarli su quelli continui. Il passo
successivo, relativo allimposizione delle varie condizioni, e stato risolto in
casi particolari dotati di simmetria, quali i flussi di Poiseuille e Couette, il
problema di Kramers e il flusso di shear; piu in generale e possibili trattare
casi in cui il dominio occupato dal gas occupa lo spazio intero, un semispazio
o una fetta compresa fra due piani (o due cilindri). In questo modo e anche
possibile descrivere i fenomeni di propagazione del suono e diffusione della
luce in gas monoatomici.
Un altro metodo molto comune e dato dalla trasformazione dellequazione
integro-differenziale in una puramente integrale, riconducendo cos il proble-
ma alla determinazione delloperatore inverso lungo le caratteristiche. Ov-
viamente come punto di partenza puo essere assunta sia lequazione completa
che quella linearizzata, oppure unequazione modello tipo BGK o ellissoidale.
Accanto alla tecnica perturbativa esiste poi un altro approccio molto diffu-
so, costituito dal metodo variazionale. Esso e impiegato soprattutto quando
non si e interessati a ricostruire il campo di flusso del gas ma solo alcune
grandezze totali, caratteristiche del problema in questione.
Grazie alla potenza raggiunta dai calcolatori, negli ultimi anni hanno infine
subito un notevole sviluppo le procedure numeriche, quali la tecnica delle
ordinate discrete e soprattutto il metodo Montecarlo. Tale termine si riferi-
sce a unampia varieta di procedure computazionali il cui elemento comune
consiste in una simulazione matematica del fenomeno fisico, su un computer
ad alta velocita.

36
Capitolo 4

Conclusione

Quando si studia un gas, diversi tipi di approcci possono essere utilizzati. In


particolare si hanno tre fondamentali distinzioni:
gas denso gas rarefatto
validita dellapproccio continuo (Navier-Stokes) necessita dellap-
proccio microscopico
fluttuazioni statistiche trascurabili fluttuazioni statistiche significa-
tive
Le tre distinzioni sono ovviamente legate fra loro, ma unanalisi piu dettaglia-
ta conduce al grafico della pagina seguente, che rappresenta una dimensione
caratterisica l (espressa in metri) in ordinata e il rapporto fra la densita
reale e quella in condizioni standard 0 in ascissa.
A parte la definizione arbitraria di alcuni fattori vicini allunita, uno studio
sugli ordini di grandezza rivela che le tre rette si intersecano approssimati-
vamente in un unico punto. Inoltre si nota come il limite di validita delle-
quazione di Navier-Stokes sia intermedio fra gli altri due: in particolare per
i gas rarefatti esso risulta piu critico rispetto al livello di significativita delle
fluttuazioni statistiche, tuttavia tale situazione si inverte in presenza di gas
denso.
Come considerazione conclusiva, introducendo il parametro = Ns3 /W dato
dal rapporto tra il volume occupato dalle particelle e quello complessivo, si
ha che il numero di Knudsen puo essere riscritto come Kn W 2/3 /Ns2 =
N 1/3 2/3 ; assumendo un andamento N si ha quindi, per N ,
la seguente suddivisione:

37
1. < 2 Kn : gas di Knudsen,

2. > 2 Kn 0: gas continui,

3. = 2 Kn finito: gas alla Maxwell-Boltzmann.

l (metri)
100

validita dellapproccio continuo


* (Navier-Stokes)
10

necessita
1 gas - gas
dellapproccio
rarefatto denso
microscopico
0.1

0.01

0.001 fluttuazioni
statistiche
0.0001  trascurabili

fluttuazioni
1e-05
statistiche
significative
1e-06

1e-07

1e-08
1e-10 1e-08 1e-06 0.0001 0.01 1 100
/0

Figura 4.1: Relazione fra i diversi approcci utilizzabili.

38
Bibliografia

[1] Carlo Cercignani, Mathematical methods in kinetic theory, Plenum Press


(1969)

[2] Carlo Cercignani, Theory and application of the Boltzmann equation,


Scottish Academic Press (1975)

[3] Carlo Cercignani, Rarefied gas dynamics: from basic concepts to actual
calculations, D.G. Crighton, Cambridge University Press (2000)

[4] Graeme Austin Bird, Molecular gas dynamics and the direct simulation
of gas flows, Oxford Engeneering Science Series 42, Clarendon (1994)

[5] Kerson Huang, Statistical mechanics, John Wiley & sons (1963)

[6] Tamas I. Gombosi, Gaskinetic theory, Cambridge University Press


(1994)

[7] James Hopwood Jeans, An introduction to the kinetic theory of gases,


Cambridge University Press (1960)

39
Appendice A

Appendice: nota biografica

Ludwig Eduard Boltzmann nacque a Vienna il 20 febbraio 1844 da un impie-


gato delle imposte e dalla figlia di un ricco mercante. Dopo aver frequentato
il ginnasio a Linz si iscrisse in Fisica allUniversita di Vienna, divenendo
assistente di Josef Stefan e ottenendo successivamente la cattedra di Fisica
Matematica. Nel 1876 si sposo con Henriette von Aigentler, da cui ebbe 2
figli maschi e 3 femmine. In seguito si trasfer a Graz, dove dopo la cattedra
in Fisica ottenne anche lincarico di Preside di Facolta e poi di Rettore del-
lUniversita. Nel frattempo divenne membro dellAccademia Imperiale delle
Scienze e consigliere del Governo e di Corte, oltre a ricevere le laurea honoris
causa a Oxford e nel Massachusetts. Si dedico quindi alla Fisica Teorica (ti-
tolare della cattedra a Monaco di Baviera, Vienna e Lipsia) e divento socio
straniero dellAccademia dei Lincei. Il 5 settembre 1906 mor suicida a Duino
(Trieste).
Fu uno dei piu grandi fisici della storia: oltre ai suoi celeberrimi risultati
in Meccanica Statistica e Termodinamica (legge di Stefan-Boltzmann), diede
importanti contributi in Elettromagnetismo (misura della costante dielettri-
ca nei gas e sua anisotropia nei cristalli) e in Viscoelasticita (suo il principio
di sovrapposizione). Della matematica, Boltzmann fu piu un utente che
un creatore, mentre in filosofia si dichiarava un materialista e ammirava
le teorie evoluzionistiche di Darwin.
Fu un personaggio controverso e le sue idee innovative (sullatomismo, lirre-
versibilita, ecc.) furono spesso fraintese e osteggiate.

40

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