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Eduardo Pironio

VERSO UNA CHIESA


PASQUALE

pastorale oggi

a.v.e.

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PASTORALE OGGI 7

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Titolo originale
Escritos pastorales
1973 by
Biblioteca de Autores Cristianos
de la Editorial Catlica, S.A. - Madrid
Traduzione dallo spagnolo
di Enzo De Marchi
1974 by
A.V.E. - An. Veritas Editrice S.p.A., Roma

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Eduardo Pironio

VERSO UNA CHIESA


PASQUALE

EDITRICE A.V.E.
1974

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PRESENTAZIONE

La Biblioteca di Autori Cristiani (BAC) ha voluto includere nella sua preziosissima serie
di pubblicazioni alcuni miei scritti pastorali in gran parte gi conosciuti in America
Latina al fine di poter raggiungere un pubblico pi numeroso e fortemente interessato
ai problemi e alle prospettive provvidenziali della nostra Chiesa.

Ne ringrazio, di tutto cuore, i miei cari fratelli e amici di Spagna. Non tanto per me
(cosa interessa, in fondo, un uomo e il suo compito quanto per la Chiesa di Dio in
America Latina. Penso che la semplicit dei miei scritti, senza pretese di profondit
teologica e di eleganza di stile, possano aiutare a scoprire l'immagine di una Chiesa
profondamente invasa dallo Spirito di Dio, che sta oggi vivendo la sua ora pasquale di
croce e di speranza.

Debbo confessare che ho fatto una certa resistenza alla proposta di pubblicare questi
scritti. Ho chiara coscienza della povert di ci che c' in me. Oggi si pubblicano molte
cose; possibile, quindi, dedicare il tempo, sempre pi scarso ed agitato, unicamente
a ci che veramente valido e nuovo. Ci che scrivo non certamente nuovo. E
neppure valido, se non come espressione naturale e spontanea di un pensiero che si
va formando tra di noi.

Inoltre, questi scritti sono gi stati pubblicati e letti da molte persone. proprio
giustificata, dunque, questa nuova pubblicazione? Mi dicono di s, e io lo accetto.

Ciononostante, ed in definitiva una forma di povert spirituale, credo che sar utile a
tutti presentare una sintesi del mio pensiero e dell'esperienza gioiosa di una Chiesa
che sorge tra gli uomini come risposta evangelica alle legittime aspirazioni dei nostri
popoli.

II

La Chiesa in America Latina sta vivendo la sua ora. Non esattamente l'ora del
trionfo o del prestigio. l'ora del distacco e della morte, della presenza e della
donazione, della croce e della speranza. Qualcosa di definitivamente nuovo e
impegnativo ha luogo ad opera dello Spirito di Dio nella nostra Chiesa.

Non che ereditiamo l'esclusivit di un privilegio. Su tutta la Chiesa si d oggi


un'effusione particolare dello Spirito di Pentecoste. Ma noi avvertiamo pi
immediatamente la responsabilit di questa grazia. Gli uomini si aprono ad una
coscienza pi profonda della loro dignit e della loro vocazione. I popoli intuiscono il
proprio destino e scoprono pi chiaramente le loro possibilit storiche. La Chiesa vi
ritrova il suo posto di segno e strumento della presenza del Signore. Come
sacramento del Cristo pasquale.

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Che si aspettano, in concreto, i popoli dell'America Latina dalla loro Chiesa? Che li si
aiuti a raggiungere la salvezza integrale portataci da Cristo, Signore della storia. Che
sia veramente per essi universale sacramento di salvezza.

Questo richiede dalla Chiesa un atteggiamento essenzialmente missionario".


Penetrata dallo Spirito di Pentecoste, che dimora in lei come in un tempio,
introducendola nella verit completa e unificandola in comunione e ministero (LG 4).

La Chiesa esce dal Cenacolo per entrare, portatrice di salvezza, nel mondo.
Come una presenza incarnata e permanentemente trasformatrice di Ges.

Essa l'immagine dell' uomo nuovo che s' manifestato nel Cristo risorto quando,
per mezzo della croce, ha unito i due in un solo popolo, abbattendo il muro che li
separava (Ef 2,14-18).

La Chiesa in America Latina esperimenta la gioia e la fecondit di questa presenza. Da


Medelln in poi rimasta segnata dallo Spirito dell'interiorit e della preghiera, della
testimonianza e della profezia, della comunione e dell'impegno. la Chiesa della
Parola ricevuta e della Parola impegnata. La Chiesa, cio, della contemplazione e del
servizio. La Chiesa che, come Maria, rinnova quotidianamente la gioia della sua
fedelt al Padre e la responsabilit di una dedizione ai fratelli. La Chiesa realizza
simultaneamente il mistero dell'Annunciazione (Maria che riceve nella sua povert la
Parola) e il mistero della Visitazione (Maria, che va a comunicare la gioia della
salvezza ai suoi parenti).

III

questa la Chiesa che sta oggi nascendo tra di noi, per pura grazia di Dio, dinanzi alla
legittima aspettativa dei popoli e con la matura responsabilit di tutti i cristiani.

una Chiesa che conosce la sua responsabilit storica. Ma, soprattutto, capisce che
la sua fedelt a Dio pi importante di ogni cosa. Per questo accentua la sua
dimensione essenzialmente religiosa. E questo la conduce necessariamente, come in
Cristo Ges, a pensare all'uomo, alla sua situazione attuale e alla liberazione
definitiva.

la Chiesa che tutti esprimiamo e costruiamo nel dolore e nella speranza. la Chiesa
che si rinnova quotidianamente nella progressiva identificazione a Cristo. la Chiesa
che gli uomini presentano e reclamano come permanente presenza del Signore
risorto. , per questo, la Chiesa della Pasqua.

Proprio in Spagna, nella settimana di Missionologia di Burgos del 1972, parlavo della
Chiesa in America Latina come Chiesa della Pasqua. Penso che su di essa soffia
oggi lo Spirito di Dio. necessario raccogliere le sue aspirazioni ed essere fedeli alle
sue esigenze.

La Chiesa in Spagna ha generato, in gran parte, la Chiesa in America Latina. E


continua ad accompagnarla nella sua identit e nella sua crescita. Le semplici
riflessioni che sto presentando sono una specie di ringraziamento e di impegno.
Ringraziamento alla madre che ci ha dato la lingua e la fede. Impegno con gli uomini e
coi popoli che attendono il nostro messaggio di salvezza e la nostra presenza di vita.

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Pu il mondo europeo, penetrato di tanti secoli di civilt e di presenza, sperare
qualcosa dall'America Latina? Pu la Chiesa universale attendersi qualcosa dalla
svariata ricchezza delle Chiese particolari?

Credo di s. Oggi la Chiesa in America Latina vive la sua ora. necessario


accompagnarla generosamente nella sua croce e raccogliere con umilt il suo
messaggio di speranza.

Che la Vergine del S Nostra Signora di America e della Pasqua che ha vissuto cos
a fondo l'ora di Ges, ci aiuti a scoprire la nostra ora, ad amarla con intensit e a
realizzarla con prontezza lieta e semplice. A Lei affidiamo questo nostro frutto,
proclamando la nostra fiducia in Lei.

Eduardo Pironio

Vescovo di Mar del Plata


Presidente del CELAM

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VERSO UNA CHIESA PASQUALE

La Chiesa dell'America Latina sta oggi scoprendo la sua vera fisionomia. Non che
prima non l'avesse e non l'esprimesse. Sempre la Chiesa dell'America Latina ha
sperimentato e manifestato il carisma originale di cui lo Spirito l'ha rivestita.

certo, per, che oggi abbiamo preso particolarmente coscienza della nostra
vocazione specifica e della ricchezza che ci propria. Ci interessa in modo particolare
scoprire e presentare l'identit essenziale della Chiesa latinoamericana.
Comprendiamo meglio che la indivisa cattolicit della Chiesa composta dalla
variet delle Chiese locali (LG 23). Ci tocca, di conseguenza, vivere con autenticit
ci che nostro, non certo per superiorit e autoprestigio, ma con senso di
responsabilit e di servizio. Ogni Chiesa, in perfetta e piena comunione di spirito con la
Chiesa universale dev'essere fedele alla sua vocazione e al suo compito. Deve
sviluppare la propria ricchezza, manifestare il suo stile. l'unico modo di essere fedele
allo Spirito e di offrire agli uomini di una determinata cultura la presenza incarnata di
Ges, l'immutabile Signore della storia.

Per questo parliamo della Chiesa latinoamericana come di una Chiesa pasquale. In
che senso e perch? Non sar forse pasquale la Chiesa pellegrinante in Asia o in
Europa? S, certamente. Dal momento che, in definitiva, ogni Chiesa essenzialmente
pasquale. La Chiesa nasce dalla pasqua di Ges; la esprime e la celebra nel suo
mistero, la anticipa nella semente del Regno. Essenzialmente la Chiesa l'alleanza
che germoglia dalla pasqua della croce. Si pu mai concepire una Chiesa che non sia
il sacramento del Signore risorto? Si pu capire, pu costruirsi e vivere una Chiesa che
non proclami fondamentalmente la morte e la risurrezione di Ges, annunciando la sua
venuta?

Perch, allora, attribuiamo in proprio alla nostra Chiesa il carattere pasquale? Perch
la Chiesa della speranza, dell'annientamento e dello Spirito. Una Chiesa, insomma,
giovane e rinnovata, che ha il gusto della fecondit della povert e si appoggia solo
sulla forza interiore dello Spirito. Anche altre Chiese lo fanno. Per questo l'aspetto
pasquale non esclusivo ma caratteristico della Chiesa latinoamericana.
un'esigenza speciale della nostra Chiesa. Soprattutto nell'ora che stiamo vivendo.

II

Ricaviamo l'espressione dai Documenti di Medelln. Come risposta a una chiamata


di Dio, che ci interpella attraverso i legittimi e veementi reclami pastorali della
giovent, noi vescovi abbiamo fatto appello ad una Chiesa autenticamente povera,
missionaria e pasquale, staccata da ogni potere temporale e decisamente impegnata a
rendere libero ogni uomo e tutti gli uomini (Med. 5,15).

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Non a caso che troviamo questo testo proprio nel messaggio rivolto ai giovani, e che
il volto di una Chiesa autenticamente pasquale appaia come l'unica risposta alle loro
esigenze.

La Chiesa latinoamericana dev'essere, in un modo tutto speciale, la Chiesa della


pasqua. Si solennemente impegnata per la liberazione piena dell'uomo e dei popoli.
Si impegnata a realizzare la pasqua. Poich la liberazione intesa nella sua esigenza
biblica fondamentale essenzialmente un tema pasquale. Sempre, beninteso, che la
vediamo nella totalit religiosa ed escatologica di Cristo e del suo Vangelo.

Per questo, la Chiesa latinoamericana si presenta con le esigenze pasquali della


povert, della libert e della missione.

La Chiesa della pasqua non precisamente una Chiesa trionfalista o del potere.
Al contrario. Una Chiesa pasquale anzitutto una Chiesa dell'annientamento e della
crocifissione, della povert, della persecuzione e della morte. la Chiesa della
speranza e della gioia. Per nella profondit vera che viene dalla croce e dal silenzio.
C' un modo di perdere il valore della sofferenza e della povert: sottraendoli all'ambito
sacro del segreto (Mt 6,4-18).

Non neppure la Chiesa dell' automartirio. Oggi corriamo il rischio, noi cristiani, di
soccombere alla strana tentazione di proclamarci i permanenti perseguitati per causa
della giustizia (Mt 5,10). La Chiesa pasquale quella che nasce dal silenzioso cadere
sotto terra e dalla morte occulta del chicco di frumento (Gv 12,24). Conosce il gusto
della fecondit della persecuzione, ma non la provoca senza motivo.

III

Questa l'ora della Chiesa latinoamericana. necessario che la accogliamo con


gioia e umilt. Non l'ora della superiorit e del prestigio. Come se avessimo qualcosa
da insegnare agli altri, da dominarli. Come se le altre Chiese dovessero imparare da
noi ad essere fedeli. Come se fossimo gli unici che hanno conosciuto il tempo e il
momento (At 1,7).

l'ora della responsabilit e dell'impegno, della coscienza, del rinnovamento e del


servizio. L'ora di capire che giunto per noi il tempo propizio e il giorno della
salvezza (2 Cor 6,2). L'ora di conoscere nella semplicit quotidiana il segno dei tempi,
che questo il momento della nostra visita (Lc 19,44).

Il tema dell' ora di Ges eminentemente pasquale. essenzialmente orientato alla


sua morte e risurrezione. Da Cana fino alla croce l'annuncio e la prossimit dell' ora
viene ad impregnare di senso pasquale il vangelo di san Giovanni (Gv 2,4; 7,30; 8,20;
12,23; 13,1; 17,1): direttamente connesso col tema dello Spirito (Gv 7,39; 19,30-34).
Anche con la presenza di Maria, immagine e principio della Chiesa (LG 63 e 68).
interessante notare che i due unici momenti in cui san Giovanni parla della Vergine
sono quelli segnati dall' ora misteriosa di Ges (Gv 2,1ss; 19,25-27).

L'ora di Ges essenzialmente ora di annientamento e crocifissione, esaltazione e


speranza. l'ora della comunicazione dello Spirito attraverso la sua umanit
glorificata.

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Ma cos', poi, questa nostra ora in America Latina? Perch insistiamo tanto nel dire
che questa l'ora della nostra Chiesa?

Perch lo Spirito sta operando in noi in modo nuovo, ridestando energie e


responsabilit nascoste. Perch il Padre ci svela l'urgenza e la totalit del suo piano di
salvezza su di noi e sui nostri popoli. Perch il Signore ce lo sta chiedendo in assoluto.
Non un'ora di superiorit, ma di servizio.

Ci sono tre aspetti che caratterizzano oggi la nostra Chiesa in modo profondo ed
originale:

una maggior coscienza di dover scoprire e promuovere la propria ricchezza (pensiero


teologico, azione pastorale, impegno di evangelizzazione ecc.);

una maggior urgenza di rendersi presenti allo sviluppo integrale e alla liberazione
piena dei popoli (superamento del classico dualismo che separava fede e vita e che
costituisce uno dei pi gravi errori della nostra epoca: (GS 43);

una particolare vocazione all'esperienza e alla manifestazione della collegialit


(esprimere la Chiesa in comunione).

IV

1. Anzitutto, e fondamentalmente, la Chiesa dell'evento di Pentecoste (At 2,1ss). La


Chiesa, cio, che si sente piena dello Spirito Santo, che confida unicamente nelle
armi dello Spirito, tutta intesa ad esprimere il Signore risorto. Con questo affermiamo
una Chiesa povera, una Chiesa libera, una Chiesa sicura. Non della sicurezza umana
del prestigio e del potere, ma della fermezza inflessibile dello Spirito. Diciamo,
ugualmente, una Chiesa della carit, della gioia e della pace, che sono i primi frutti
dello Spirito (Gal 5,22).

2. Quindi, una Chiesa giovane, una Chiesa nuova. L'originalit della Pasqua la
nuova creazione (2 Cor 5,17; Ef 2,10). Una Chiesa pasquale avverte
necessariamente l'urgenza del nuovo. Ma del definitivamente nuovo. La novit in
Cristo, mediante lo Spirito. L'escatologico. Una Chiesa che si forma nel solo uomo
nuovo (Ef 2,15), Cristo, a immagine del quale dev'essere creato l'uomo nuovo
secondo le esigenze totali dello Spirito (Ef 4,23-24; Col 3,19).

La Chiesa latinoamericana una Chiesa giovane, una Chiesa nuova. Tuttavia non
solo una novit storica la nostra (abbiamo pochi secoli di esistenza). Si tratta della
novit profonda nello Spirito. il rinnovamento pasquale operato in noi dal Concilio e
da Medelln. una Chiesa che fa della giovent, in un continente prevalentemente
giovane, una delle sue pi urgenti priorit pastorali.

3. Una Chiesa in comunione. Il frutto della Pasqua , precisamente, lo spirito della


comunione. La Pentecoste genera nei discepoli un solo cuore e una sola anima (At
4,32). L'immagine della comunit primitiva, nata dalla pasqua di Ges, questa: Essi
erano assidui alla predicazione degli apostoli, alle riunioni comuni, alla frazione del
pane e alle preghiere (At 2,42).

la comunione reciproca dei pastori, delle Chiese particolari, dei popoli nuovi. la
comunione del Popolo di Dio col Cristo glorioso e con la totalit degli uomini.

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Per questo, tutto quanto riusciamo a fare tra noi per esprimere e realizzare la vera
riunione nello Spirito, equivale a preparare il volto di una Chiesa autenticamente
pasquale.

4. Una Chiesa che vive nella speranza. La Pentecoste ci ha fatti araldi di un evento di
salvezza. Testimoni della risurrezione del Signore (At 1,22). Proclamiamo che Dio ha
fatto di questo Ges il Signore e Cristo (At 2,36). Questo il permanente messaggio
pasquale della Chiesa.

Se qualcosa ci comunica la Pasqua, proprio l'adamantina solidit della speranza.


Nasce cos la Chiesa della luce e della fermezza. La Chiesa della certezza e della
gioia. Espressione della presenza permanente di Cristo, Signore della storia. Avete
fra di voi Cristo, la speranza della vostra gloria (Col 1,27).

La Chiesa pasquale essenzialmente la Chiesa della speranza. Con tutto ci che la


speranza implica per la Chiesa: di impegno e di cammino, di realizzazione e di attesa,
di tensione e di anticipo. La Chiesa si afferma nell'evento di Pentecoste.

5. Una Chiesa in stato di missione. la Chiesa che esce dal Cenacolo sotto l'impulso
dello Spirito. Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi (Gv 20,21).
Andate... insegnate... battezzate (Mt 28,19-20). la Chiesa orante e pellegrinante,
sofferente e profetica, imprigionata e libera: muore e d la vita. la Chiesa che si
sente invasa dallo Spirito per rendere testimonianza della risurrezione da
Gerusalemme... fino all'estremit della terra (At 1,8).

6. Una Chiesa profetica, evangelizzatrice. La pienezza dei tempi messianici, stando


alla testimonianza di Pietro nel giorno stesso della Pentecoste, caratterizzata dal
compimento di ci che disse il profeta Gioele: Io spander del mio Spirito sopra ogni
carne, e profeteranno i vostri figli e le vostre figlie (At 2,16ss).

la Chiesa che annuncia la buona novella di Ges (At 8,35). Proclama che il Regno
di Dio giunto e invita gli uomini alla conversione e alla fede (Mc 1,15). Spiega, nel
vario linguaggio degli uomini, le immutabili meraviglie di Dio (At 2,11). Non solo la
Chiesa che scopre il futuro o denuncia le ingiustizie. , soprattutto, la Chiesa che
proclama e rivela il Padre.

Si avverte pi che mai tra di noi la necessit di illuminare, far crescere e tradurre la
fede nella pratica.

7. Ma una Chiesa pasquale dovr essere necessariamente la Chiesa del distacco e


della povert, dell'annientamento e della croce, della persecuzione e della morte. Se
ce ne scandalizziamo, non abbiamo capito il Cristo; continuiamo ad avere pensieri
umani (Mt 16,23). Se ci lasciamo prendere dalla tristezza o dalla disperazione perch
ancora non crediamo in ci che anno annunciato i profeti (Lc 24,25-26). Se sguainiamo
la spada, non abbiamo capito il Maestro (Mt 25,52). Se continuiamo a ricercare la
sicurezza dei mezzi temporali o la fermezza dei poteri pubblici o l'influenza e il prestigio
dei gruppi politici, non abbiamo accolto il mistero di Cristo e la follia della croce (1 Cor
1,18). Una Chiesa pasquale essenzialmente una Chiesa del Cristo morto e risorto, di
Ges costituito Signore a motivo della sua obbedienza fino alla morte di croce (Fil 2,5-
11).

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V

Una Chiesa pasquale la Chiesa di Pietro e Paolo: quella che entrambi piantarono
col loro sangue. la Chiesa della testimonianza e del martirio. Perch siamo stati
oculari della sua maest... noi abbiamo udita questa voce, che veniva dal cielo, quando
eravamo con lui sulla montagna santa (2 Pt 1,16-18). Quella di Maria Maddalena che,
corse ad annunciare ai discepoli "ho veduto il Signore" e che le aveva detto tali cose
(Gv 20,18). Quella del protomartire Stefano, che vide la gloria di Dio... e i cieli aperti
(At 7,55-56). Quella dell'apostolo Giovanni che ud, vide, contempl, tocc la Parola
di Vita. Noi l'abbiamo veduta e ne rendiamo testimonianza (1 Gv 1,1-4).

Necessariamente, una Chiesa pasquale suppone sempre assurdi umani: il silenzio e la


croce. Se vogliamo che la nostra Chiesa latinoamericana sia veramente alleanza del
popolo, luce delle nazioni (Is 42,6),universale sacramento di salvezza (LG 48),
dobbiamo ritornare alle immutabili fonti evangeliche.

Pasqua maturit di silenzio e fecondit di croce. Una Chiesa pasquale presuppone la


parola. Ma la parola si genera nel silenzio, nell'attiva profondit della contemplazione.
Una Chiesa pasquale presuppone l'eucaristia. Per l'eucaristia donazione, servizio e
morte. Nella pienezza del silenzio e nel cuore della croce nascer la Chiesa della
pasqua.

Per ci stesso, una Chiesa pasquale la Chiesa che nasce in Maria. Quella che
incominci con lei come inizio. Quella che in lei si riflette come immagine. la
Chiesa che nasce dalla pienezza della sua fede nell'annunciazione, nell'ardore della
sua carit presso la croce, nella sua perfetta docilit allo Spirito di Pentecoste.

Una Chiesa pasquale in Maria come segno di sicura speranza e di consolazione


(LG 68).

Questa la Chiesa che tutti vogliamo esprimere. Lo far lo Spirito in noi nella misura in
cui saremo poveri, confidando in lui e donandoci. E, ancora, nella misura in cui
scopriremo il dolore dei nostri fratelli e ci decideremo a soddisfare le loro speranze.

Il Signore ci chiede di essere fedeli. Fedelt assoluta alla nostra ora. Fedelt all'identit
essenziale della nostra Chiesa. Fedelt allo Spirito di Pentecoste. Fedelt alla nostra
inderogabile vocazione: essere per gli uomini la Chiesa della Pasqua.

Bogot, 8 marzo 1971.

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INTERPRETAZIONE CRISTIANA DEI SEGNI
DEI TEMPI OGGI IN AMERICA LATINA

INTRODUZIONE:
IL TEMPO SALVIFICO DELL'AMERICA LATINA

1. La pienezza dei tempi in Cristo e nello Spirito


(Incarnazione e Pentecoste)

Ogni momento storico, a partire dall'incarnazione di Cristo, momento di salvezza. La


salvezza, infatti, in germe sin dagli inizi del mondo e mirabilmente preparata
nell'alleanza con l'Israele di Dio, irrompe in modo radicale e definitivo negli ultimi
tempi con la presenza salvifica di Ges e con l'azione vivificante del suo Spirito.
Presenza ed azione che si prolungano ora nel mistero sacramentale della Chiesa fatta
Popolo di Dio.

Cristo, nostro Dio e Salvatore (Tt 2,13), si costituisce centro di questa salvezza,
causa e principio di eterna salvezza (Eb 5,9). Per ci stesso si converte in chiave,
centro e fine di tutta la storia umana (GS 10).

La venuta di Cristo indica che giunta la pienezza dei tempi (Gal 4,4), che il Regno
di Dio gi presente in mezzo a noi (Mt 12,28), che la grazia di Dio si manifestata
col portare la salvezza a tutti gli uomini (Tt 2,11).

Cristo il punto culminante dei tempi che lo precedono, realizzando le promesse,


compiendo le aspettative: tutte quante le promesse di Dio, hanno in lui il loro "s";
perci anche per mezzo di lui noi possiamo pronunciare il nostro "amen!" a gloria di
Dio (2 Cor 1,20). Costituito dal Padre Signore e Messia (At 2,36), presiede ora alla
storia, dando contenuto di salvezza ai tempi che lo seguono, finch giunga il momento
della pienezza definitiva, quando si riuniscano sotto un solo capo, che Cristo, tutte le
cose (Ef 1,10).

Esaltato alla destra del Padre, il Signore risorto crea, mediante la piena effusione dello
Spirito Santo, la comunit dei credenti come universale sacramento della salvezza
(LG 48), come germe validissimo di unit, di speranza e di salvezza per tutta
l'umanit (LG 9).

Pentecoste significa la manifestazione di una Chiesa sulla quale stato diffuso lo


Spirito di profezia e di testimonianza, come comunit di fede, di speranza, e di carit
(LG 8), ove tutti si ritrovano uniti nella predicazione degli apostoli, nelle riunioni
comuni, nella frazione del pane e nelle preghiere (At 2,42).

La Chiesa prolunga cos, nella storia, il tempo della salvezza di Cristo e del suo
Spirito, dell'incarnazione e della Pentecoste.

2. Il giorno della salvezza per l'America Latina

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Vi sono, per, momenti speciali nella storia, segnati dal sigillo provvidenziale della
salvezza. Questo oggi dell'America Latina uno di essi.

Quando l'uomo prende coscienza della profondit della sua miseria, individuale e
collettiva, fisica e spirituale, comincia a ridestarsi in lui una fame e sete di giustizia
vera che lo prepara alla beatitudine di coloro che dovranno essere saziati: si viene
creando nel suo animo una capacit molto profonda di essere salvato dal Signore.

necessario che l'uomo, spiega san Tommaso, patisca prima l'umiliazione del proprio
peccato, sperimenti quindi la necessit di un liberatore, riconosca infine la sua
debolezza, per poter invocare l'aiuto del medico e aver fame della sua grazia. Solo
allora arriva il Salvatore inviato dal Padre nella pienezza dei tempi (S. Th. 3 q.1
a.5).

il modo di procedere di Dio lungo la storia della salvezza. Solo quando gli Ebrei
sentono in Egitto l'oppressione della schiavit Dio interviene per liberarli dalla casa di
schiavi (Es 13,3) e condurli, attraverso la peregrinazione nel deserto, alla terra
promessa. Solo quando il popolo di Dio, disperso nell'esilio, prende coscienza della
drammaticit della sua situazione, e mediante la parola dei profeti, della situazione di
peccato che la genera, Dio si impegna a raccogliere i dispersi per riunirli di nuovo nella
loro terra e nel loro tempio. Solo quando l'uomo soffre per l'inefficacia interna della
legge, irrompe Cristo con la sua grazia, che rende possibile il pieno compimento del
precetto dell'amore di Dio e del prossimo.

Per questo, bench il giorno della salvezza sia tutto il tempo attuale della Chiesa che
va dall'ascensione fino alla parusia, questo oggi dell'America Latina indica veramente
il tempo propizio, il giorno della salvezza (2 Cor 6,2).

3. Prospettiva di speranza

Questa la prima affermazione, piena di ottimismo soprannaturale e di responsabilit


cristiana, per colui che interpreta gli avvenimenti attuali alla luce della fede. Il Signore
glorificato vive ed opera sempre nella storia, preparando il Regno che dovr essere
definitivamente consegnato al Padre. Per ci sono momenti, e per l'America Latina
questo il suo, in cui l'azione salvifica di Dio si manifesta in modo particolare e nuovo.
Lo Spirito Santo ridesta simultaneamente: negli uomini, la coscienza della loro miseria;
nella Chiesa, la responsabilit della sua missione; nei popoli, la sicurezza della loro
salvezza mediante Cristo Ges.

Per ci stesso bene situarci in una prospettiva di speranza. Il tempo compiuto e il


Regno di Dio vicino (Mc 1,15). Io vi dico: alzate i vostri occhi e mirate i campi che
gi biondeggiano per le messi (Gv 4,35). Voi ben conoscete i tempi in cui siamo;
ormai ora che vi svegliate dal sonno, perch la salvezza a noi pi vicina ora di quanto
abbiamo creduto (Rm 13,11).

In definitiva, questa speranza poggia fondamentalmente sull'azione di Dio, che


l'unico che salva. C' una presenza nuova del Signore nel nostro continente che, dalla
profondit della sua miseria, acquista coscienza della sua missione e dei suoi valori e
cerca di essere totalmente liberato. C' un'azione nuova dello Spirito Santo che raduna
la Chiesa dell'America Latina perch, in questa espressione di collegialit che la
seconda Conferenza episcopale latinoamericana, prenda coscienza di s, si rinnovi e
si disponga al dialogo di salvezza col mondo.

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Questo segna il tempo e il momento (At 1,7) dell'America Latina. Erede delle
ricchezze della prima evangelizzazione, innegabilmente ispirata ai principi del Concilio
di Trento, la Chiesa dell'America Latina si prepara ora a una nuova proclamazione del
suo messaggio alla luce del Concilio Vaticano II. Per questo si raduna nella
comunione dello Spirito che assicura e manifesta l'evento di salvezza di una nuova
Pentecoste per l'America Latina.

4. Coscienza di una situazione di peccato

La speranza, tuttavia, reale quando si prende pure coscienza del fatto che il mistero
di iniquit in azione (2 Ts 2,7). evidente che, nella realt latinoamericana, c' una
situazione di peccato che dev'essere trasformata in realt di giustizia e santit.
Mentre la verit e la grazia ci liberano, il peccato ci riduce in schiavit (Gv 8,32-34). Di
qui la necessit urgente di una profonda conversione affinch giunga a noi il Regno di
giustizia, di amore e di pace: il tempo compiuto e il Regno di Dio vicino; pentitevi
e credete al Vangelo (Mc 1,15).

Tutti gli uomini e tutti i popoli devono sentirsi solidalmente colpevoli, impegnarsi a
vincere il peccato in se stessi, lottare per la liberazione dalle sue conseguenze (la fame
e la miseria, le malattie, l'oppressione e l'ignoranza). Vale in modo speciale per
l'America Latina la diagnosi cos semplice, forte, profonda di Paolo VI: Il mondo
malato. Il suo male risiede meno nella vanificazione delle risorse e nel loro
accaparramento da parte di alcuni, che nella mancanza di fraternit tra gli uomini e tra i
popoli (PP 66).

in questa duplice prospettiva di speranza fondamentale che dev'essere riaffermata, e


di reale situazione di peccato che dev'essere vinto, che dobbiamo oggi interpretare i
segni dei tempi in America Latina, attraverso la vocazione dell'uomo e la missione di
salvezza della Chiesa, universale sacramento di salvezza, comunit di fede, di
speranza e di carit.

I. VOCAZIONE DELL'UOMO

1. L'uomo come soggetto di redenzione della Chiesa

Puntiamo la nostra attenzione sull'uomo. Non perch l'uomo sia l'orizzonte ultimo della
Chiesa, dal momento che tutto vostro; ma voi siete di Cristo e Cristo di Dio (1
Cor 3,22-23). Ci interessa l'uomo perch l'uomo ora soggetto della redenzione della
Chiesa. Per noi uomini, e per la nostra salvezza discesa dai cieli la Parola, s'
rivestita della nostra carne e ha piantato la sua tenda in mezzo a noi. Ci interessa
l'uomo in quanto in lui si proietta il disegno di salvezza del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo. Questo uomo fragile e peccatore, ignorante ed oppresso, angosciato e
malato, che chiamato, nonostante tutto, ad essere felice. Questo uomo che, con la
sua intelligenza ed attivit creatrice, provoca il cambiamento e, allo stesso tempo lo
subisce (GS 4). Questo uomo, qualunque sia il suo stato intimo e la sua situazione
esteriore, portatore dell'immagine di Dio ed chiamato a riflettere la gloria di Cristo,
come Cristo riflette la gloria del Padre (2 Cor 3,8; 4,6). Ma l'uomo integrale, nell'unit
di corpo ed anima, di cuore e di coscienza, di intelletto e volont (GS 3).

La Chiesa si colloca di fronte a quest'uomo che, senza dire parola, la interroga sul
senso della vita, del dolore e della morte. La Chiesa cerca di comprenderlo, di dargli

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una risposta, di dargli vita. Proclama in faccia al mondo l' altissima vocazione
dell'uomo e il germe divino che in lui stato piantato sin dall'inizio. Gli offre ci
che possiede in proprio: una visione globale dell'uomo e dell'umanit (PP 13).

Alla nostra Chiesa latinoamericana interessa quest'uomo, cos com' e come si


presenta, con le sue angosce e speranze, le sue possibilit ed aspirazioni. La risposta
della Chiesa sempre Cristo, nella pienezza del suo messaggio e della sua vita. La
salvezza l presente, fatta parola e sacramento, fatta azione e testimonianza.

Solo alla luce del Verbo incarnato, immagine dell'invisibile Dio e primogenito di tutta la
creazione (Col 1,15), si pu chiarire il mistero dell'uomo. Cristo, che il nuovo
Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo Amore, svela anche
pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione (GS 22).

2. L'uomo immagine di Dio nella creazione


(imago creationis) (cfr S.Th. 1 q.93 a.4)

Creato a immagine di Dio, l'uomo porta nel suo intimo un germe divino (GS 3) che lo
invita al dialogo con Dio e lo destina alla piena unione con lui. L'uomo costituito
signore delle cose, chiamato a crearle continuamente di nuovo imprimendovi il proprio
sigillo spirituale e divino. Entra in comunione con gli altri uomini mediante la gioiosa
donazione di s e costituisce con essi la comunit umana. Cammina cos verso la sua
pienezza personale, realizzandosi nella dimensione totale della sua persona, aperta a
Dio e agli uomini, al mondo. questo il senso della sua vocazione allo sviluppo
integrale.

3. Imago recreationis. Il nuovo per mezzo di Cristo

Cristo illumina, con la sua parola e con i suoi gesti, questa vocazione dell'uomo. La
rende possibile col mistero della sua morte e risurrezione.

Incorporato a Cristo, per la fede e per il battesimo, l'uomo acquista una dimensione
nuova. Battezzato in Cristo Ges, ha rivestito Cristo (Gal 3,27). La novit originale di
Cristo viene introdotta nell'intimo dell'uomo mediante il dono dello Spirito, che fa nuove
tutte le cose. L'uomo cos creato in Cristo Ges (Ef 2,10), fatto in lui come
creatura nuova (2 Cor 5,17).

Si produce nell'uomo il vero cambiamento, la trasformazione radicale, che lo spinge ad


una nuova relazione pi profonda con Dio, con gli uomini, con le cose. Tutto ci che
viene prima interessa unicamente in quanto preparazione e figura. Ora ci che conta
la nuova creatura (Gal 6,15). Lo Spirito di adozione gli fa gridare a Dio: Abba!
Padre! (Rm 8,15; Gal 4,6).

Gli rivela che gli uomini non sono semplicemente fratelli, ma figli di Dio, redenti nella
speranza (Rm 8,24), eredi di una salvezza che dovr svelarsi pienamente alla fine dei
tempi (1 Pt 1,15): lo impegna in modo nuovo di fronte ad essi. Gli fa capire che il
mondo stato ugualmente rifatto in Cristo e che l'uomo deve impegnarsi nel tempo a
preparare i cieli nuovi e la terra nuova in cui abiter la giustizia (2 Pt 3,13).

4. Imago similitudinis. Il definitivo nella gloria

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La sua pienezza umana acquista cos, mediante l'inserzione in Cristo vivificatore (PP
16), una dimensione cristiana che trascende il tempo. Chiamato a riprodurre
l'immagine di Cristo primogenito fra molti fratelli (Rm 8,29), sperimenta la forza
interiore dello Spirito, che lo incita a completare la sua immagine nell'eternit, dove
saremo simili a lui perch lo vedremo quale egli (1 Gv 3,2). La novit definitiva
dell'uomo, la sua consumata pienezza, giunger in porto quando lo Spirito del Signore
Ges, che abita ora nei nostri cuori come anticipo e pegno, segnandoci con un sigillo
per il giorno della redenzione (Ef 4,30), risusciter infine i nostri corpi mortali (Rm
8,11) e li trasformer rendendoli conformi al corpo glorioso del Signore (Fil 3,21).

La vocazione ultima dell'uomo effettivamente una sola, quella divina (GS 22). Si
dar soltanto quando, predestinato dall'amore del Padre ad essere suo figlio adottivo
per mezzo di Ges Cristo, assicurer la sua salvezza nella maturit della santit
dinanzi a lui (Ef 1,4). Allora ci sar una comunione definitivamente nuova con Dio
Padre, Figlio e Spirito Santo, nella comunicazione ininterrotta dei santi, nel possesso
gaudioso della nuova creazione.

5. L'uomo, artefice del proprio destino

Ma ora, nel tempo, l'uomo chiamato ad essere se stesso, a fare, conoscere e avere
di pi, per essere di pi (PP 6). Artefice del proprio destino, ha una missione concreta
nel tempo e gli rivolta una chiamata divina. Nel disegno di Dio, ogni uomo
chiamato ad uno sviluppo, perch ogni vita vocazione (PP 15). Per questo gli sono
state date, fin dalla nascita, capacit che deve far fruttificare. stato pure seminato,
nel suo intimo, un seme divino che deve far germogliare per la vita eterna.

La realizzazione della sua vocazione comporta, anzitutto, una fedelt personale. Una
risposta gioiosa e totale a un appello divino. L'uomo scopre la sua missione concreta
nella storia e si impegna a realizzarla. Ci gli impone un atteggiamento permanente di
distacco e di generosa donazione. Il possesso egoistico dei beni non pu indurirlo o
chiuderlo, neppure la miseria paralizzarlo o distruggerlo. L'uomo vive in serena
tensione interiore lottando costantemente per essere fedele. La sua fedelt implica una
risposta a Dio, ma anche un insostituibile servizio ai fratelli. Essere fedele ad una
determinata vocazione significa cooperare solidalmente con tutti gli altri uomini alla
costruzione di una vera comunit fraterna.

6. Condizioni perch l'uomo possa realizzare la sua vocazione

Ma la fedelt personale dell'uomo si vede spesso compromessa da situazioni esterne


disumane. difficile, a volte, per non dire impossibile, rispondere alla vocazione divina
di uno sviluppo integrale della persona. Ci suppone un accesso moralmente facile alla
cultura, una normale partecipazione ai beni della civilt, una possibilit di godere del
lavoro in modo creativo, un'assunzione dei valori superiori d'amore, d'amicizia, di
preghiera e di contemplazione (PP 20).

Di qui la necessit imperiosa di creare condizioni di vita (culturali, sociali, economiche,


politiche) che rendano possibile all'uomo la fedelt personale alla sua vocazione
divina. Di qui pure l'urgente impegno che la Chiesa deve assumere di denunciare
profeticamente le situazioni ingiuste che chiudono all'uomo le possibilit concrete della
sua missione.

21
L'uomo chiamato da Dio al pieno sviluppo di se stesso. Pienezza, come gi
sappiamo, che deve realizzarsi in Cristo. La sua intelligenza si apre ad una
conoscenza profonda della natura, ad un particolare possesso della saggezza umana,
a una penetrazione luminosa della fede. Facilitare agli uomini del nostro continente le
strade che conducono alla svariata e ricca conquista della verit umana e divina
significa aprire ad essi i sentieri della salvezza.

L'uomo deve dominare la terra, strappare cio le sue ricchezze per metterle al
servizio, non di pochi privilegiati, ma di tutta l'umanit. Ci implica la possibilit di
perfezionare la creazione mediante un lavoro realizzato in condizioni degne della
persona umana e la partecipazione ai beni che le sono necessari.

L'uomo deve accettare liberamente il Regno di Dio, parteciparvi attivamente,


anticipando nel tempo la sua venuta (venga il tuo Regno!), facendo s che tutte le
cose vengano ad essere sottomesse alla signoria universale di Cristo.

7. L'uomo in una situazione di cambiamento

L'uomo viene realizzando la sua vocazione nel tempo come pellegrino dell'eternit.
Per questo vive essenzialmente in situazione di cambiamento. La sua condizione di
pellegrino gli fa vivere una serena tensione verso i beni futuri (Eb 9,11), con
assoluta fedelt all'immutabile e con generosa assunzione del nuovo, in costante
processo di rinnovamento, distacco e povert. Finch non entri nel riposo di Dio (Eb
4), l'uomo sempre in atto di farsi nel divenire del tempo, spogliandosi e
arricchendosi continuamente. In Cristo, mediatore di un'alleanza pi eccellente (Eb
8,6), cammina verso il definitivamente nuovo ed eterno, attraverso le cangianti
ricchezze della storia.

II. LA CHIESA UNIVERSALE SACRAMENTO DELLA SALVEZZA

1. Missione unica della Chiesa

Mediante il suo Spirito, il Signore risorto costitu il suo Corpo, che la Chiesa quale
universale sacramento della salvezza (LG 48).

Per questo Cristo venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verit,
per salvare e non per condannare, servire e non essere servito. E questa ora l'unica
missione della Chiesa (GS 3). Missione di ordine religioso che penetra, tuttavia, la
totalit dell'uomo (anima e corpo, individuo e societ, tempo ed eternit), l'insieme del
mondo e delle sue cose.

In quanto sacramento, la Chiesa segno e strumento di salvezza.

2. La Chiesa, segno di salvezza

Come segno, esprime nel tempo che il Regno di Dio ormai giunto a noi e che la
salvezza ci stata data per mezzo di Cristo, misteriosamente presente, nell'attivit

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incessantemente rinnovata del suo Spirito nella storia. La Chiesa piantata nel mondo
come segno innalzato tra le nazioni, come luce dei popoli.

La sua missione profetica la spinge a proclamare incessantemente le meraviglie della


salvezza, operate da Dio nella storia, provocando negli uomini atteggiamenti di
riconoscenza e di speranza. Svela all'uomo la sua vocazione divina. In nome di Cristo,
del quale prolunga la presenza, chiama l'uomo alla realizzazione del suo destino, gli
rivela il suo mistero, gli fa prendere coscienza della sua grandezza. Allo stesso tempo
lo scuote dalla sua situazione di miseria e di peccato, gli fa sentire la sua solitudine e
povert, sperimentare fame e sete di giustizia, bisogno di Dio e di comunione fraterna.
Gli rivela il senso delle cose e il valore positivo della creazione.

Come segno, ugualmente, denuncia l'ingiustizia esistente e il mistero di iniquit che


distrugge gli uomini, disgrega i popoli, rende la pace una chimera. Nella linea del Servo
di Jahv, la Chiesa avverte la chiamata di Dio: Ti ho dato come alleanza del popolo,
luce delle nazioni, per aprire gli occhi ai ciechi, per far uscire i prigionieri dalle carceri,
dalle prigioni quelli che vivevano nelle tenebre... Io ti ho posto a luce delle genti, per
portare la mia salvezza fino agli ultimi confini del mondo (Is 42,6-7; 49,6).

3. La Chiesa strumento di salvezza

Come strumento la Chiesa convoca gli uomini nell'unit della parola e dell'Eucaristia.
Proclama, a tempo e fuor di tempo (2 Tm 4,2), la buona novella della salvezza, che
venuta del Regno, e celebra il mistero della morte e risurrezione del Signore,
annunciando la sua venuta. Invita alla conversione e dispone gli uomini nella povert
e nella fame di giustizia, nella misericordia e rettitudine di cuore, nella disponibilit alla
pace, nell'annientamento e nella croce alla partecipazione attiva alla salvezza
mediante la loro entrata nel Regno. In una parola, annuncia e realizza il vangelo della
salvezza (Rm 1,16). Introduce a poco a poco nel cuore dell'uomo la novit della
grazia, semente divina, anticipazione della vita eterna, guidando l'umanit alla
definitiva ricapitolazione di tutte le cose in Cristo (Ef 1,10).

Continua a imprimere negli uomini il sigillo dello Spirito Santo promesso, che caparra
della nostra eredit e prepara la redenzione del popolo che Dio si acquistato a lode
della sua gloria (Ef 1,13-14). Col sangue di Cristo purifica le coscienze morte a causa
del peccato (Eb 9,14). Offre in nutrimento il corpo glorificato del Signore, che si
introduce in tutta la compagine umana, anima e corpo, come germe di immortalit,
come pane di vita eterna.

4. Esigenze dell'annientamento e della povert

La Chiesa posta nel mondo come segno e strumento di salvezza. Questa


salvezza, com' avvenuto in Cristo, suppone per la Chiesa un continuo stato di
annientamento e di croce, che porta alla risurrezione ed esaltazione definitive. Le vie
della salvezza sono, perci, vie di povert, di umiliazione, di servizio. Per con una
prospettiva di gloria e di speranza.

Cristo fu definitivamente glorificato nell'annientamento della sua incarnazione e della


sua croce (Fil 2). Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povert e le
persecuzioni, cos pure la Chiesa chiamata a prendere la stessa via per comunicare
agli uomini i frutti della salvezza (LG 8).

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Per essenziale fedelt al Vangelo e per solidariet con gli uomini e popoli del nostro
continente, la Chiesa dell'America Latina si sente oggi chiamata a dare una
testimonianza particolare di povert. Dev'essere segno di Cristo, che, si fece
povero per voi, pur essendo ricco, per arricchire voi con la sua povert (2 Cor 8,9). Si
sente unta dallo Spirito del Signore, che la invia a portare la buona novella ai poveri, ad
annunciare ai prigionieri la liberazione, il ricupero della vista ai ciechi, la libert agli
oppressi (Lc 4,18). Cosciente che il suo regno non di questo mondo pur
cominciando a realizzarsi misteriosamente in esso, proclama beati i poveri in spirito,
perch di essi il Regno dei cieli (Mt 5,3). Sperimenta, quindi, la necessit di vedersi
essa stessa libera da legami temporali che la compromettono, distaccata da beni non
necessari che la paralizzano.

Proclama di fronte a tutti gli uomini, esigendolo particolarmente dai suoi figli, il vero
senso della povert: come atteggiamento interiore, profondo e semplice. Non povero
chi si sente superiore, sicuro, forte. La vera povert avverte una necessit profonda di
Dio e degli altri. Non povero chi sente orgoglio della sua povert e la manifesta con
ostentazione. La povert essenzialmente servizio e amore, distacco e libert,
serenit e gioia. Non semina risentimenti, non genera amarezze, non provoca violenze.
Neppure costituisce uno stato definitivo. solo la condizione perch il Regno di Dio si
introduca tra di noi e ci faccia partecipi dei beni invisibili. pure condizione perch tutti
gli uomini trovino sulla terra i mezzi della loro sussistenza e gli strumenti del loro
progresso (PP 22), posto che Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa
contiene, all'uso di tutti gli uomini e popoli, e pertanto i beni creati debbono secondo un
equo criterio essere partecipati a tutti, essendo guida la giustizia e assecondando la
carit (GS 69).

5. Dimensione universale della salvezza

La salvezza abbraccia tutto l'uomo e tutti gli uomini. universale in tutte le sue
dimensioni.

Quando fu trascorso il numero dei secoli stabiliti, Dio mand suo Figlio, fatto da una
donna, e nato sotto la Legge, affinch riscattasse quelli che erano soggetti alla Legge,
e noi ricevessimo l'adozione di figli (Gal 4,4-5). Nel suo aspetto negativo, la salvezza
liberazione completa, superamento di ogni disgrazia, redenzione dal peccato e dalle
sue conseguenze (fame e miseria, malattia, ignoranza ecc.). La redenzione implica,
con l'incorporazione alla morte di Cristo, una liberazione da ogni schiavit. stato
distrutto il nostro corpo di peccato, perch non fossimo pi schiavi del peccato (Rm
6,6).

Nel suo aspetto positivo la salvezza sviluppo pieno di tutti i valori umani, introduzione
della grazia di adozione, rivestimento dell' uomo nuovo, creato a immagine di Dio
nella giustizia e nella vera santit (Ef 4,23).

l'uomo intero che ha da essere salvato: nella sua anima e nel suo corpo, nella sua
interiorit personale e nella sua relazione comunitaria. Il soggetto della redenzione la
persona umana nella sua dimensione totale.

Per la salvezza abbraccia pure tutti gli uomini e la loro storia, tutti i popoli e la
creazione intera, che, soggetta ora alla schiavit e liberata in speranza, aspetta
ardentemente la manifestazione della gloria di Dio negli uomini quando sar liberata

24
dalla servit della corruzione, per partecipare della gloriosa libert dei figli di Dio (Rm
8,18-25).

6. Prospettiva escatologica della salvezza

Questa salvezza gi in germe presente nella storia: Qui sulla terra il regno gi
presente, in mistero (GS 39), intimamente compenetrato con la comunit umana.
Nello stesso tempo oggetto di ricerca, di supplica, di attesa: Vieni, Signore Ges.

Il Signore risorto opera in modo permanente nel mondo per ricondurlo esplicitamente
sotto la sovranit di Dio, riducendo le potenze del male e facendo s che tutto il
progresso umano conduca alla ricapitolazione di Cristo capo. Il segno che il Regno di
Dio sta arrivando consiste nel fatto che Cristo continua a cacciare il male mediante lo
Spirito di Dio (Mt 12,28).

Distinto dal progresso umano, ma intimamente compenetrato e impregnato di esso, il


Regno di Dio cammina nella storia verso la consumazione definitiva: quando, vinto
l'ultimo nemico, che la morte, Cristo consegner al Padre il Regno affinch Dio sia
tutto in tutti (1 Cor 15,28). La salvezza integrale dell'uomo e dei popoli acquista cos
una dimensione escatologica e trascendente che le essenziale.

III. LA CHIESA SACRAMENTO DI UNIT

1. La Chiesa espressione della comunit divina

La Chiesa in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione


con Dio e dell'unit di tutto il genere umano (LG 1).

La Chiesa esprime e realizza la comunione divina. , essenzialmente, popolo


adunato nell'unit del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (LG 4). Nasce nel tempo
come manifestazione del disegno salvifico del Padre, che ci redime in Cristo con la
piena effusione del suo Spirito (Ef 1,3-14).

Costituita da Cristo come germe validissimo di unit, speranza e salvezza, come


comunione di vita, carit e verit, come strumento di redenzione universale, come
sacramento visibile di unit che salva, la Chiesa entra nella storia umana trascendendo
tempi e luoghi, per estendersi a tutte le nazioni (LG 9).

La salvezza fa entrare in piena comunione divina. Solo da essa pu derivare e irradiare


la perfetta comunit umana.

La Chiesa ora l'incaricata di raccogliere insieme i dispersi figli di Dio (Gv 11,52). La
salvezza suppone l'intercomunicazione degli uomini e dei popoli. Ci pu avvenire
unicamente nella realt del Cristo glorificato che, per mezzo della croce, abbatt il
muro di odio che separava i popoli, riconciliandoli con Dio in un solo Corpo e creando
di essi un sol uomo nuovo in se stesso (Ef 2,14-18).

2. La Chiesa comunione con Dio

Ci sono tre livelli di questa comunione.

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Il primo quello che si realizza nel mistero della Chiesa come presenza di Dio,
Sposa o Corpo di Cristo, Tempio dello Spirito Santo, Popolo di Dio.

Comunit di fede, speranza, carit (LG 8), la Chiesa nasce dalla parola e dal
sacramento, vive di essi. Nella misura in cui viene proclamata la parola di salvezza
(At 13,26) e celebrata l'Eucaristia, gli uomini entrano in comunione con Dio, che luce
e amore. Vi annunciamo ci che abbiamo visto e udito, affinch anche voi viviate in
comunione con noi. E la nostra comunione col Padre e col suo Figlio Ges Cristo
(1 Gv 1,3). La finalit ultima della Chiesa, la pienezza della sua missione di salvezza,
condurre gli uomini, congregati da Cristo nell'unit del suo Spirito, al riposo definitivo
del Padre.

Gli uomini entrano in comunione definitiva con Dio mediante il faccia a faccia della
visione (1 Cor 13,12). I popoli raggiungeranno la meta consumata della loro unit
quando siano congregati dal Signore, al suo ritorno, nella Gerusalemme celeste.

Nel frattempo, per, essenziale alla Chiesa continuare a crescere nell'attivit della
fede, nella fermezza della speranza, nel dinamismo della carit. La Chiesa cresce nella
sua realt interiore, provocando nelle sue membra un costante atteggiamento di
purificazione e di cambiamento, di trasformazione e di pienezza. Ci sono momenti della
storia in cui lo Spirito fa avanzare la sua Chiesa con particolare esigenza di santit.
Oggi viviamo uno di questi momenti. Il mondo attende dalla Chiesa, nell'insieme dei
suoi membri, un segno di Cristo, il Santo e il Giusto (At 3,14).

Per questo la responsabilit principale dei pastori radunati in assemblea di Dio in


America Latina, forse quella di impegnarsi nel promuovere la santit interiore della
Chiesa, farla crescere mediante la parola e l'Eucaristia, permettere la creazione di
cuori nuovi che si offrano a Dio quale ostia viva, santa, gradita a Dio, come atto di
culto, secondo la ragione (Rm 12,1).

3. La Chiesa comunione di battezzati

Arriviamo cos ad esprimere il secondo livello della comunione.

quello che si realizza nella comunione fraterna dei battezzati. Come il corpo,
infatti, uno solo ed ha molte membra, ma tutte le sue membra, pur essendo molte,
non sono che un solo corpo, cos il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati in un
solo Spirito, e Giudei e Gentili, e servi e liberi, per formare un corpo solo, e tutti siamo
stati dissetati con un solo Spirito (1 Cor 12,12-13).

La comunit cristiana si compone della svariata ricchezza di carismi, ministeri e attivit,


che lo stesso e unico Spirito distribuisce com'egli vuole, quali diverse manifestazioni in
vista del bene comune. essenziale alla Chiesa, in quanto comunit, la diversit dei
doni nell'unit dello Spirito. Organizz cos i santi per compiere l'opera del ministero e
per l'edificazione del corpo di Cristo, finch tutti insieme arriviamo all'unit della fede,
alla piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che
conviene alla piena maturit di Cristo (Ef 4,12-13).

Questa intercomunicazione richiesta dalla stessa comunione divina. Il calice della


benedizione, che noi benediciamo, non forse una comunione del sangue di Cristo? E
il pane che noi spezziamo, non forse una comunione del corpo di Cristo? E poich

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non vi che un pane solo, noi, pur essendo molti, formiamo un solo corpo; tutti infatti
partecipiamo del medesimo pane (1 Cor 10,16-17).

Il mondo si aspetta da noi la testimonianza viva di una comunit di amore. L'unit


cristiana sempre il segno della missione della Chiesa e la condizione perch il mondo
creda.

4. La Chiesa in comunione col mondo

Il terzo livello quello della comunione della Chiesa col mondo. Sacramento di Dio,
la Chiesa esprime e realizza, nella piena unit di Cristo, la comunit umana.

Sacramento del mondo, essa raccoglie ed esprime le aspirazioni dell'uomo all'unit.


Incarnazione di Cristo, la Chiesa fa sue le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce
degli uomini del nostro tempo, soprattutto dei poveri e di quanti soffrono (GS 1).

Diversa dal mondo, la Chiesa si sente, nonostante tutto, inserita in esso come
fermento e anima, profondamente compenetrata con la sua sorte terrena, responsabile
del suo destino sul piano della salvezza. Tale compenetrazione di citt terrena e citt
celeste non pu certo essere percepita se non con la fede; resta, anzi, il mistero della
storia umana, che turbata dal peccato fino alla piena manifestazione dello splendore
dei figli di Dio. La Chiesa, certo, perseguendo il suo proprio fine di salvezza, non solo
comunica all'uomo la vita divina, ma diffonde anche la sua luce che si ripercuote, in
qualche modo, su tutto il mondo, soprattutto per il fatto che risana ed eleva la dignit
della persona umana, consolida la compagine della umana societ, e immette nel
lavoro quotidiano degli uomini un pi profondo senso e significato (GS 40).

La Chiesa offre cos al mondo le sue ricchezze di salvezza. Allo stesso tempo prende
da esso in prestito i valori che gli sono propri, assimilandone linguaggio e cultura, in
modo da poter esprimere adeguatamente, secondo la diversit dei tempi e dei luoghi,
la perennit del suo messaggio.

Comunit di uomini nuovi in Cristo, incessantemente animati dallo stesso Spirito, la


Chiesa stabilisce col mondo una comunione di salvezza: comunione affettiva, in
quanto assume le sue angosce e speranze; comunione di parola, in quanto ascolta il
mondo e lo interpreta alla luce del Vangelo; comunione di azione e servizio, in quanto
solidarizza con la sua sorte e gli comunica la legge nuova dell'amore. Comprende che
tutti gli uomini sono fratelli, portatori dell'immagine di Dio e riflesso del volto di Cristo:
per essi si impegna a servire il Signore nell'affamato e nell'assetato, nel pellegrino e
nell'ignudo, nell'infermo e nel carcerato (Mt 25,34-46).

5. Impegno speciale dei laici

l'intera Chiesa a rendersi presente nel mondo. tutta la comunit cristiana che
diventa segno della presenza del Signore (AG 15).

Spetta tuttavia in modo particolare ai laici, a motivo della loro essenziale vocazione
secolare, esprimere questa presenza di salvezza del Signore nelle ordinarie condizioni
della loro vita familiare e sociale, in tutte ed ognuna delle attivit e professioni. Ogni
laico deve essere davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del
Signore Ges e un segno del Dio vivo (LG 38).

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Ci esige un impegno fondamentalmente evangelico col mondo, nel quale il laico,
dedicato a Cristo e consacrato dallo Spirito Santo (LG 34), si fa fermento e lievito di
Dio, realizzando la sua vocazione specifica di cercare il Regno di Dio trattando le
cose temporali e ordinandole secondo Dio (LG 31).

un impegno essenziale della sua fede, speranza e carit. Segno del Dio vivo, il
laico vive nel mondo il suo dinamismo teologale: lo interpreta a partire dalla fede, lo
trascende nella speranza, lo trasforma con la carit. Per questo la sua vita religiosa,
pienezza della sua santit nell'amore, si alimenta della parola e dell'Eucaristia, cresce
nell'intensit della sua preghiera e contemplazione, esprimendosi nella testimonianza
della sua attivit temporale. Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura
i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria
salvezza eterna (GS 43).

6. Amore di Dio e solidariet umana

Per assoluta fedelt a Cristo, il cristiano si sente impegnato col mondo. Dal momento
che deve amare Dio al di sopra di tutte le cose, il cristiano si sente spinto a
solidarizzare con gli uomini. Questo il comandamento che noi abbiamo ricevuto da
Cristo: chi ama Iddio, ami anche il proprio fratello (1 Gv 4,21). Questo il segno che
siamo passati dalla morte alla vita: se amiamo i nostri fratelli. E ci include un impegno
effettivo con gli uomini, non solo con la lingua e a parole, ma a fatti e in verit (1 Gv
3,14-18).

CONCLUSIONE

In America Latina stiamo vivendo un momento particolarmente grande. Momento


difficile e provvidenziale. Sua caratteristica essenziale il cambiamento anche per la
Chiesa, un invito di Dio ad un rinnovamento profondo.

La Chiesa in America Latina si interroga, nella sincerit dello Spirito, che cosa sia essa
per l'uomo, cosa significhi la sua presenza per i popoli latinoamericani, come stia
rispondendo alle loro inquietudini e speranze, realizzando le loro aspirazioni pi
profonde, che cosa apporti di originalmente nuovo a tutto il processo di
trasformazione e di sviluppo. Il continente latinoamericano guarda alla Chiesa con
aspettativa.

La risposta della Chiesa una sola: Cristo.

Per questo si dispone a rifletterlo nella totalit delle sue membra e delle sue istituzioni.
E ci esige un processo costante di conversione.

Il rinnovamento della Chiesa voluto dalla vitalit del Signore, che opera in esa, e
dall'ansiosa aspettativa degli uomini che attendono la loro salvezza. Sul volto della
Chiesa, che annuncia il Vangelo a tutta la creazione, risplender Cristo, luce delle
genti (LG 1). E cos il popolo che camminava nelle tenebre vide un grande chiarore
(Is 9,1).

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Rinnovata nello Spirito, in profonda comunione con Dio, di cui esprime il mistero, la
Chiesa far presente il Signore con la proclamazione della parola, la celebrazione
dell'Eucaristia e la viva testimonianza di tutti i cristiani, che manifesteranno l'attivit
della fede, i sacrifici della carit e la ferma speranza nel Signore nostro Ges Cristo
(1 Ts 1,3).

29
30
*
LA CHIESA-SACRAMENTO

INTRODUZIONE

1. Una semplice meditazione sulla Chiesa, che svela e insieme realizza il mistero
dell'amore di Dio verso l'uomo (GS 45), esige da parte nostra molta fede, molta
povert e molta carit. Correremmo il rischio di imparare molte cose sulla Chiesa,
senza per penetrarne mai il mistero. Soprattutto, senza aver gustato la salvezza che
in essa ci si offre. Senza aver ricevuto il Cristo che, per suo mezzo, nasce in noi.

Bisogna esser poveri per gustare Dio nella sua Chiesa. Ti rendo lode, o Padre,
Signore del cielo e della terra, perch hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e
le hai rivelate ai piccoli (Mt 11,25). Siamo beati perch ci stato dato conoscere i
misteri del Regno dei cieli (Mt 13,11). Ma se non saremo radicalmente poveri, come
Maria, la Chiesa non nascer in noi. Se non ci sentiamo, come Paolo il minimo tra
tutti i santi continuer a rimanerci nascosto il mistero tenuto celato, sin dalle origini
dei secoli, in Dio (Ef 3,8-9).

Dobbiamo essere poveri in misura tale da poter accettare con gioia i nostri limiti ed
attendere con pazienza il momento della rivelazione definitiva. Nella Chiesa
peregrinante ci sono realt che ci risulteranno sempre incomprensibili. Fanno parte
della follia della croce e dello scandalo del Cristo crocifisso (1 Cor 1,18-25). Voler
ottenere nel tempo una Chiesa definitivamente senza macchia, n ruga, n altro di
simile, ma santa e immacolata (Ef 5,27), sarebbe pretendere di anticipare la visione
della nuova Gerusalemme, che scendeva dal Cielo, pronta come una sposa
abbigliata per il suo sposo (Ap 21,2). Sarebbe voler consumare l'escatologia nel
tempo.

2. Per questo non si pu capire la Chiesa se non si parte dalla profondit della fede.
Non possiamo conoscere la Chiesa collocandoci in una prospettiva esclusivamente
storica o sociologica. Sarebbe come infrangere il mistero con un'approssimazione del
tutto superficiale. C' tutta una realt divina, trascendente e salvifica, che sfugge alla
penetrazione umana e che pu essere captata solo a partire dalla luminosit della
fede. Tale realt appartiene all'ambito di quelle cose che n la carne n il sangue
possono rivelarci, ma solo il Padre che nei cieli (Mt 16,17).

*
La Chiesa-Sacramento era stato preparato da Mons. Eduardo Pironio, allora vescovo-
segretario generale del CELAM, per servire come elemento di lavoro e riflessione nel II Corso
per formatori di Seminari, tenutosi a Caracas, dal 15 luglio al 15 agosto 1970.

Questo corso, organizzato dalla Organizzazione latinoamericana dei Seminari OSLAM, del
Dipartimento dei Ministeri Gerarchici del CELAM, riun formatori-educatori dei Paesi bolivariani
e del Centroamerica. (Nota dell'editore).

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Solo a partire dalla fede si possono comprendere le crisi e le ombre, le persecuzioni e
le croci, le debolezze e i limiti della Chiesa peregrinante. Gi presente in mistero (LG
3) la Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le
consolazioni di Dio, annunziando la passione e la morte del Signore Ges, fino a che
egli venga... svela al mondo, con fedelt, anche se non perfettamente, il mistero di lui,
fino a che alla fine dei tempi sar manifestato nella pienezza (LG 8).

3. Infine, per ben conoscere la Chiesa, occorre amarla. Colui che non ama non ha
conosciuto Dio (1 Gv 4,8). Ma pi che analizzata la Chiesa dev'essere vissuta. Solo
una conoscenza per connaturalit col divino, che esperienza ineffabile del mistero,
pu introdurci nella realt essenziale della Chiesa. Abbiamo appreso che la Chiesa
anzitutto la comunione in Cristo di tutti i rigenerati dallo Spirito di adozione (Rm 8,15).
La Chiesa siamo noi tutti. Mediante la Chiesa nasce e cresce Cristo nel cuore dei fedeli
(LG 64).

Ma necessario che la Chiesa nasca prima in noi, come nacque in Maria: nella
pienezza della sua fede al momento dell'annunciazione (Lc 1,26ss). Nell'ardore della
sua carit ai piedi della croce (Gv 19,25ss), nella perfetta docilit allo Spirito nella
Pentecoste (At 1,14). Sono i tre momenti provvidenzialmente segnati dalla presenza
della Madonna in cui la Chiesa nasce e si manifesta al mondo.

4. La Chiesa ci rivela il mistero di Cristo (LG 8). Ma il mistero definitivo della Chiesa
stessa ci viene anticipato in Maria, immagine e inizio della Chiesa (LG 68). In lei,
glorificata corpo e anima nei cieli, la Chiesa ha gi raggiunto la perfezione (LG 65).

Per questo una vera contemplazione di Maria, tipo della Chiesa, fatta adottando la
sua stessa povert e l'obbedienza amorosa della sua fede, ci pu forse svelare pi
rapidamente il mistero verginale della Chiesa Madre. Nel mistero della Chiesa, la
quale pure giustamente chiamata madre e vergine, la Beata Vergine Maria andata
innanzi, presentandosi in modo eminente e singolare, quale vergine e quale madre
(LG 63).

I. LA CHIESA SACRAMENTO DI CRISTO

5. Vari testi conciliari ci descrivono la Chiesa come sacramento. necessario


enumerarne alcuni:

La Chiesa in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione


con Dio e dell'unit di tutto il genere umano (LG 1). la prima definizione della
Chiesa, nella linea di una duplice comunione: con Dio e degli uomini tra loro. La
Chiesa, nella sua essenza, fa e manifesta questa duplice comunione. Essa
koinonia.

Per tutti e per i singoli sacramento visibile di questa unit salvifica (LG 9). Dio
convoca i credenti in Cristo, autore della salvezza e principio dell'unit e della pace,
per costituire il nuovo Popolo di Dio. Questa convocazione essenziale all'
ecclesia. San Cipriano chiama la Chiesa inseparabile unitatis sacramentum. l'unit
con Dio, l'unit di giudei e gentili, l'unit della creazione intera, l'unit storica dell'unico
Popolo messianico.

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6. Cristo... immise negli Apostoli il suo Spirito vivificatore, e per mezzo di lui costitu
il suo Corpo, che la Chiesa, quale universale sacramento della salvezza (LG 48). La
Chiesa sacramento viene qui presentata in un contesto escatologico. Dice relazione
essenziale col Cristo glorificato, con lo Spirito vivificante, con la restaurazione finale
dell'universo.

Lo stesso testo viene ripreso dalla Gaudium et Spes: Tutto ci che di bene il Popolo di
Dio pu offrire all'umana famiglia, nel tempo del suo pellegrinaggio terreno, scaturisce
dal fatto che la Chiesa l'universale sacramento della salvezza, che svela e insieme
realizza il mistero dell'amore di Dio verso l'uomo (GS 45). Ci troviamo nel cuore del
mistero della Chiesa: esprimere e realizzare l'amore di Dio per l'uomo, il disegno di
salvezza di Dio. La relazione fondamentale della Chiesa col mondo questa:
annunciare l'avvento-avvenimento del regno di Dio e offrire la salvezza all'umanit
intera. questa l'originalit del suo servizio.

Pure il decreto sull'attivit missionaria della Chiesa riprende il testo con queste parole:
Inviata per mandato divino alle genti per essere "sacramento universale di salvezza",
la Chiesa... si sforza di portare l'annuncio del Vangelo a tutti gli uomini (AG 1).
L'esistenza missionaria della Chiesa prende il suo slancio dal fatto di essere stata
costituita sacramento di salvezza.

Il Signore glorificato ha fondato la sua Chiesa come sacramento di salvezza (AG 5). La
stessa idea di sacramento dell'umana salvezza viene indicata nella Lumen Gentium, n.
59, sia pure senza espresso riferimento alla Chiesa.

7. In connessione con l'umanit di Cristo strumento della nostra salvezza e


sacramento originale la costituzione sulla sacra liturgia afferma: Dal costato di Cristo
dormiente sulla Croce scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa (SC 5). Pi
avanti, citando san Cipriano, la Chiesa presentata come sacramento di unit, cio
popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei Vescovi (SC 26).

Vi sono elementi che riprenderemo in seguito: unit e salvezza; la Chiesa, cio, in


quanto esprime e realizza la comunione piena e la salvezza universale.

8. necessario, prima, sottolineare che la Chiesa il sacramento primordiale della


presenza del Signore glorificato. Cristo vive ed opera nella Chiesa per la potenza
vivificante del suo Spirito. La Chiesa sacramento di Cristo in quanto esprime e
realizza la presenza sempre operante del Signore della gloria.

Se la Chiesa strumento della redenzione di tutti (LG 9), in altre parole, se la Chiesa
salva e santifica, perch in essa presente ed opera in modo permanente Cristo.
Perch segno e strumento della presenza operante di Cristo. Perch il suo
sacramento.

Solamente Cristo luce delle genti (LG 1). Ma il suo splendore si riflette sul volto
della Chiesa, la quale, nella comunit dei discepoli, si fa veramente luce del mondo
(Mt 5,14). Questo possibile nella misura in cui la Chiesa si renda (nella testimonianza
luminosa dei suoi figli) luce nel Signore (Ef 5,8). La Chiesa ha senso solo a partire
da Cristo, che in noi sempre presente e operante (SC 35).

La Chiesa scopre fedelmente nel mondo il mistero di Cristo, sia pure ancora avvolto di
ombre, finch non sia definitivamente rivelato (LG 8). Mentre dura il tempo del

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pellegrinaggio, la Chiesa esorta i suoi figli alla purificazione perch l'immagine di
Cristo risplenda pi chiara sul volto della Chiesa (LG 15).

Cristo, unico mediatore e via di salvezza, si fa a noi presente nel suo Corpo, che la
Chiesa (LG 14). La totalit della Chiesa, Popolo di Dio, Corpo di Cristo, Tempio dello
Spirito, esprime e comunica il mistero dell'amore di Dio per l'uomo. La Chiesa , per
questo, sacramento universale di salvezza (GS 45). Sacramento dell'amore di Dio che
entra nella storia per redimerci. Sacramento segno e strumento del disegno salvifico
di Dio.

9. Il mistero (sacramento) della Chiesa quello descritto da san Paolo all'inizio della
lettera agli Efesini: il piano di salvezza che il Padre traccia nella sua bont e saggezza,
fin da prima della creazione del mondo, perch Cristo lo realizzi nella pienezza dei
tempi, mediante la sua morte e risurrezione, e rimanga consumato con la piena
effusione dello Spirito Santo della promessa, a lode della sua gloria (Ef 1,3-14; LG 2-
4).

La Chiesa essenzialmente la convocazione (ecclesia) dei credenti in Cristo:


prefigurata sin dalle origini del mondo, mirabilmente preparata nell'Antica Alleanza,
costituita nella pienezza dei tempi, manifestata nella Pentecoste, sar gloriosamente
consumata nella parusia (LG 2). Sono le tre tappe del Cristo: preparato, realizzato,
consumato. Le tre tappe, pure, del sacramento: memoria, presenza, attesa.

Non si pu intendere la Chiesa se non come presenza, operante salvezza, del Cristo
glorificato. Esprime e realizza il suo mistero. Il mistero della ricapitolazione di tutte le
cose in Cristo (Ef 1,9-10), che verr realizzandosi progressivamente nel tempo, nella
misura in cui gli uomini riconosceranno a poco a poco la signoria universale di Cristo
(Fil 2,10-11), finch tutte le cose non gli siano definitivamente sottomesse: E quando
avr assoggettato a lui tutte le cose, allora il Figlio stesso far atto di sottomissione a
Colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinch Dio sia tutto in tutti (1 Cor 15,28).

10. il mistero nascosto alle generazioni passate, ora rivelato agli apostoli e ai profeti.
Per la proclamazione di questo mistero san Paolo stato costituito ministro: i gentili
sono coeredi, membra dello stesso Corpo e partecipi della stessa promessa in Cristo
Ges (Ef 3,1-12).

In altre parole, il mistero questo: il Padre ha risuscitato Cristo di tra i morti,


costituendolo Signore dell'universo e Capo supremo della Chiesa, che il suo Corpo e
la sua pienezza (Ef 1,22-23).

il mistero di Cristo che vive nel suo Corpo, che la Chiesa, e in essa completa ci
che manca ai suoi patimenti. Mistero che rimane nascosto da tutta l'eternit e che ora
Dio ha voluto manifestare ai suoi santi: Cristo tra di noi, la speranza della gloria (Col
1,24-27).

La Chiesa esprime e realizza il mistero grande di Cristo che si manifest nella carne,
fu giustificato nello Spirito, contemplato dagli Angeli, predicato in mezzo alle Genti,
creduto nel mondo, elevato nella gloria (1 Tm 3,16).

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11. Dall'ascensione fino alla parusia, Cristo prolunga tra di noi la sua presenza
attraverso la Chiesa. La Chiesa il suo sacramento: segno e strumento della
redenzione che offre al mondo e della gloria che sta dando continuamente al Padre.

Cristo vive nella totalit della Chiesa, che il suo Corpo e la sua pienezza (Ef 1,23;
Col 1,24; 1 Cor 12,27). Cristo vive nel dono dello Spirito Santo, che invia
permanentemente dal Padre per abitare nella Chiesa e nel cuore dei cristiani (1 Cor
3,16; 6,19). Cristo sempre presente nella sua Chiesa, in modo speciale nelle azioni
liturgiche: nella persona del ministro, sotto le specie eucaristiche, con la sua virt nei
sacramenti, nella sua parola, quando la Chiesa prega e loda (SC 7).

Cristo presente nei servi del Popolo di Dio: Nella persona dei Vescovi, ai quali
assistono i sacerdoti, presente in mezzo ai credenti il Signore Ges Cristo (LG 21).
presente nelle comunit cristiane: In queste comunit, sebbene spesso piccole e
povere e disperse, presente Cristo, per virt del quale si raccoglie la Chiesa, una,
santa, cattolica, apostolica (LG 26).

Tuttavia la Chiesa non segno perfetto della presenza di Cristo tra gli uomini, se alla
Gerarchia non si affianca e collabora un laicato autentico (AG 21). Solo quando si
alleino in perfetta armonia i carismi e le funzioni dei pastori e dei laici, la Chiesa offrir
dinanzi al mondo una testimonianza univoca, viva, efficace a Cristo, divenendo cos
segno luminoso di quella salvezza, che a noi venuta nel Cristo (AG 21).

12. Ricaviamo alcune conclusioni da questa realt fondamentale: la Chiesa come


sacramento di Cristo.

a) la Chiesa non in Cristo in modo definitivo e totale fin quando rimane peregrinante
nel tempo. solo suo corpo e sua pienezza estensiva. Sar pienamente Cristo quando
giunga allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturit di
Cristo (Ef 4,13).

Se la Chiesa fosse gi totalmente Cristo, non si spiegherebbero le sue ombre, i suoi


difetti. La Chiesa rivela con fedelt Cristo suo sacramento per lo fa ancora tra
ombre, in attesa della piena luminosit della rivelazione definitiva (LG 8). Per questo,
anche se frequentemente la Chiesa ci fa star male (i limiti e le miserie dei suoi figli),
non pu scandalizzarci la provvisoria debolezza della sua condizione di pellegrina.

b) Per ci stesso si impone a noi cristiani l'urgenza di una permanente riforma e


conversione. Cristo il santo, innocente, immacolato (Eb 7,26), che non conobbe
peccato (2 Cor 5,21), ma venne ad espiare i peccati del popolo (Eb 2,17). Mentre
invece La Chiesa, che comprende nel suo seno i peccatori, santa e insieme sempre
bisognosa di purificazione, mai tralascia la penitenza e il suo rinnovamento (LG 8).

Il cristiano avverte l'impegno di far s che la Chiesa rifletta ogni giorno pi


perfettamente il volto di Cristo. Vale per tutti quello che il Concilio richiede dai religiosi:
Per loro mezzo la Chiesa abbia ogni giorno meglio da presentare Cristo ai fedeli e agli
infedeli (LG 46). La Chiesa intera dev'essere fedele a Ges Cristo, alla sua vocazione
di santit. La Chiesa peregrinante chiamata da Cristo a questa continua riforma di
cui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno (UR 5).

c) Il rinnovamento della Chiesa si deve sempre ricercare attraverso il cammino di una


crescente identificazione con Cristo, e non con facili accomodamenti al mondo

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presente (Rm 12,1). L'adattamento delle strutture della Chiesa alle nuove circostanze
della storia va ispirato ad una piena fedelt al Vangelo. Il mondo dev'essere illuminato
dallo splendore di Cristo, luce delle genti, splendente sul volto della Chiesa (LG 1).

Lo stesso Cristo che, mediante lo Spirito di Pentecoste, costituisce la comunit dei


credenti in comunit profetica (At 2,17-18), armonizzata in un solo cuore e in un'anima
sola (At 4,32), Colui che edifica la sua Chiesa su Pietro (Mt 16,18-19), e sul Collegio
degli Apostoli uniti al loro capo (Mt 28,16-20). La Chiesa gerarchica e la Chiesa
comunit dei discepoli l'unica ed indivisibile Chiesa di Ges Cristo.

d) Sacramento di Cristo, la Chiesa paragonata, per una non debole analogia, al


Mistero del Verbo incarnato (LG 8). La Chiesa una sola complessa realt risultante
di un duplice elemento, umano e divino. Non possiamo negarli, separarli, confonderli.
La pretesa di una Chiesa esclusivamente carismatica (interiore, invisibile) distrugge il
sacramento-mistero. Alla Chiesa essenziale la sua visibilit, cos come le
essenziale la povert e l'abnegazione, la persecuzione e la croce. Non possiamo
opporre la Chiesa comunione alla Chiesa istituzione. Non avremmo alcuna
comunit di fede, di speranza, di carit in questo mondo se non ci fosse la
mediazione della gerarchia, della disciplina, dei sacramenti.

La vera Chiesa ha la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina,


visibile ma dotata di realt invisibili, fervente nell'azione e dedita alla contemplazione,
presente nel mondo e, tuttavia, pellegrina (SC 2).

La Chiesa una realt divina, trascendente, salvifica, in quanto fatta visibile, rivelata,
manifestata tra gli uomini. questo il senso della parola mistero che le applica il
cap. I della Lumen Gentium: La parola "mistero" non indica semplicemente qualcosa
di inconoscibile e di oscuro, bens, come molti ormai oggi ammettono, designa una
realt divina, trascendente e salvifica, che si rivela e si manifesta in qualche modo
visibile (Relatio, 1969).

II. SACRAMENTO DI UNIT

13. La Chiesa viene definita come sacramento di unit (SC 26): popolo santo, cio,
congregato e ordinato sotto la direzione dei vescovi. Riprenderemo in seguito l'idea di
Popolo di Dio.

Il cap. I della Lumen Gentium, al descrivere il mistero della Chiesa, ce la definisce: La


Chiesa in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio
e dell'unit di tutto il genere umano (LG 1).

Siamo nel cuore della storia della salvezza. La Chiesa esprime e realizza la totalit del
piano salvifico di Dio. La radice occulta e trascendente della Chiesa, che ha preso
forma storica e visibile in Ges Cristo, il disegno divino di salvezza. Questo divino
mistero di salvezza ci rivelato ed continuato nella Chiesa (LG 52).

La salvezza si traduce in categorie di liberazione e di unit universale: Ti ho dato


come alleanza del popolo, luce delle nazioni, per aprire gli occhi ai ciechi, per fare
uscire i prigionieri dalle carceri, dalle prigioni quelli che vivevano nelle tenebre (Is
42,6-7). Orbene mi disse il Signore, che dal seno materno mi ha formato per essere
suo servo, e ricondurre a lui Giacobbe e per radunargli Israele poca cosa che tu sia

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mio servitore per ristabilire le trib di Giacobbe, per ricondurre i superstiti di Israele.
Ecco, io ti pongo a luce delle genti e per portare la mia salvezza fino agli ultimi confini
del mondo (Is 49,5-6).

l'unit universale che si realizzer nel Cristo glorificato per mezzo della croce:
Quando sar stato innalzato da terra, trarr a me tutti gli uomini (Gv 12,32). Il
mistero pasquale (Nuova Alleanza) schiuder la via all' uomo nuovo creato con
l'unit dei due popoli dallo stesso Cristo, nostra pace, per il quale gli uni e gli altri
abbiamo accesso al Padre in un medesimo Spirito (Ef 2,14-18). Cristo dovr morire
non soltanto per la sua nazione, ma per raccogliere insieme i dispersi figli di Dio (Gv
11,52).

14. La Chiesa , anzitutto, sacramento di unit in quanto esprime e realizza tra di noi il
mistero della Santissima Trinit. Procedendo dall'amore dell'eterno Padre, fondata nel
tempo da Cristo Redentore, radunata nello Spirito Santo (GS 40), la Chiesa ci si
presenta come il popolo adunato nell'unit del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
(LG 4).

La Chiesa opera della Trinit (LG 2-4). Nasce dalla fonte d'amore del Padre (AG
2), che nella pienezza dei tempi manda il Figlio nel mondo affinch il mondo sia salvo
per mezzo di lui (Gv 3,16-17). Costituito Signore dell'universo, Cristo invier dal Padre
lo Spirito di verit (Gv 15,26), perch sia in noi per sempre e abiti con noi (Gv 14,16-
17).

La Chiesa esprime nel tempo la perennit del disegno salvifico del Padre, la presenza
permanente di Ges Cristo, Salvatore (Mt 28,20) e la costante interiorizzazione dello
spirito che abita in noi (Rm 8,11).

15. Sacramento di unit, la Chiesa segno e strumento della nostra comunione con
Dio e con gli uomini. Soprattutto mediante l'Eucaristia della quale la Chiesa
continuamente vive e cresce (LG 26) con la quale siamo elevati alla comunione
con lui e tra di noi (LG 7). L'Eucaristia essenzialmente comunione col sangue e
col corpo del Signore. Per questo, noi, pur essendo molti, formiamo un solo corpo;
tutti, infatti, partecipiamo del medesimo pane (1 Cor 10,16-17).

Lo stesso Vangelo della Parola di vita, che esisteva presso il Padre e si manifestata
a noi fino al punto di toccarla con le nostre mani viene annunciato affinch gli uomini
siano in comunione con noi. E la nostra comunione con il Padre e con suo Figlio
Ges Cristo (1 Gv 1,14). La rivelazione del Dio invisibile, che parla agli uomini come
ad amici, fatta per invitarli e ammetterli alla comunione con S (DV 2).

Iniziamo questa comunione con Dio nel battesimo. Quando tutti noi, battezzati in
Cristo Ges siamo stati incorporati alla sua morte e risurrezione e abbiamo
incominciato a condurre una vita nuova (Rm 6,3-4). Perch Cristo vive in me (Gal
2,20). Quando siamo stati creati in Cristo Ges (Ef 2,10), fatti in lui creatura nuova
(2 Cor 5,17), partecipi di una nuova vita, nascosta con Cristo in Dio (Col 3,3),
rivestiti di Cristo (quando fummo rivestiti dell' uomo nuovo) (Ef 4,24; Col 3,10).

La comunione con Dio suppone una progressiva configurazione a Cristo. Dal battesimo
fino alla morte e alla parusia. Dio ci predestin ad essere conformi all'immagine del
Figlio suo, affinch egli sia primogenito tra molti fratelli (Rm 8,29). Presuppone nel
tempo, una partecipazione alle sue sofferenze e una somiglianza alla sua morte (Fil
3,10). Giunger il momento in cui egli trasformer il corpo della nostra umiliazione,

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rendendolo simile al suo corpo glorioso (Flp 3,21). Si dar allora la comunione
definitiva e consumata: saremo simili a lui perch lo vedremo quale egli (1 Gv 3,2).

La Chiesa esiste per realizzare questa comunione, ogni giorno pi profonda, pi viva,
pi intatta, degli uomini con Dio. essenzialmente, una comunit di fede, di
speranza, di carit (LG 8). Principio interiore di questa unit nella comunione lo
Spirito Santo: principium unitatis, in communione (LG 13).

16. Ma la comunione si realizza tosto, per mezzo di Cristo nello Spirito Santo, nella
totalit dei membri del Popolo di Dio.

Il capitolo II della Lumen Gentium essenziale per una esatta e completa teologia
della Chiesa. Ci propone la fondamentale identit dei cristiani, prima della distinzione di
funzioni e carismi. Dio, pur potendo salvarci individualmente, volle invece santificare e
salvare gli uomini facendone un Popolo (LG 9). Popolo sacerdotale, profetico, regale.

In esso ci saranno, certamente, funzioni e carismi differenti. Ma prima della distinzione


sta la comune appartenenza all'unico Popolo di Dio: comune dignit dei cristiani, grazia
comune dei figli, comune vocazione alla santit, comune responsabilit apostolica (LG
32). Per voi sono vescovo. Con voi sono cristiano (sant'Agostino).

Questa comunione illumina le relazioni cristiane tra le diverse categorie del Popolo di
Dio: tra il Papa e i vescovi, tra il vescovo e i suoi sacerdoti, tra i pastori e i loro fedeli.
C' un'esigenza di comunione sacramentale ai fini dell'amicizia fraterna, della
corresponsabilit missionaria, dell'obbedienza matura e responsabile. Non si tratta
semplicemente di necessit pastorale o di tendenza sociologica. Nel pieno rispetto
dell'essenziale diversit di uffici e stati, tutti siamo anzitutto fratelli e discepoli del
Signore.

Questa comunione illumina pure le relazioni delle Chiese particolari con la Chiesa
universale. In ogni Chiesa particolare presente e opera la Chiesa di Cristo (CD 11).
Le Chiese particolari sono formate ad immagine della Chiesa universale, e in esse e
da esse costituita l'una e l'unica Chiesa cattolica (LG 23).

Ne viene, per ogni Chiesa particolare e per il vescovo che la presiede, la responsabilit
di svilupparla come propria, nella sua vocazione originale, al fine di apportare una nota
specifica alla molteplice ricchezza della Chiesa universale. In virt di questa
cattolicit, le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, e cos
il tutto e le singole parti sono rafforzate, comunicando ognuna con le altre e
concordemente operando per il completamento nell'unit (LG 13).

17. Infine la Chiesa sacramento di unit in quanto segno e strumento dell'unit di


tutto il genere umano. E insieme di tutta la creazione, che ha da essere ri-articolata
sotto Cristo (Ef 1,10) e definitivamente liberata dalla schiavit della corruzione, per
aver parte alla libert della gloria dei figli di Dio (Ef 8,21).

La Chiesa stata posta, come Cristo, alleanza del popolo, luce delle nazioni (Is
42,6), affinch tutti gli uomini possano conseguire la piena unit in Cristo (LG 1).

La Chiesa il popolo messianico che, bench per il momento non contenga tutti gli
uomini e appaia molte volte come un piccolo gregge, non cessa tuttavia di essere, il
germe validissimo di unit, di speranza e di salvezza per tutta l'umanit (LG 9). Tutti

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gli uomini sono chiamati a formare il nuovo popolo di Dio (LG 13), erede d'Israele,
popolo delle promesse e dell'alleanza. Abbraccia il mondo intero e tutti i tempi.
radicato in tutte le nazioni della terra. Assume ed eleva le ricchezze di tutti i popoli.
Tutti gli uomini sono chiamati a questa cattolica unit del Popolo di Dio, che prefigura
e promuove la pace universale, e alla quale in vario modo appartengono o sono
ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia infine tutti gli uomini, dalla
grazia di Dio chiamati alla salvezza (LG 13).

18. La Chiesa trascende i tempi e le culture. Comprende, come Popolo di Dio, tre
momenti: preparazione (Israele-Antica Alleanza), realizzazione (Cristo-Chiesa-Nuova
Alleanza), consumazione (Nuova Gerusalemme-Alleanza definitiva).

la ecclesia universalis progettata da Dio per portare a termine l'opera della


salvezza e riunire tutti i giusti, a partire da Adamo, dal giusto Abele fino all'ultimo
eletto (LG 2).

Finch non giunga il momento della restaurazione universale (At 3,21), finch siamo in
attesa della beata speranza (Tt 2,13), la Chiesa prega insieme e lavora, affinch
l'intera pienezza del cosmo si trasformi in Popolo di Dio, Corpo di Cristo e Tempio dello
Spirito Santo, e in Cristo, Centro di tutte le cose, sia reso ogni onore e gloria al
Creatore e Padre dell'universo (LG 17).

III. SACRAMENTO UNIVERSALE DI SALVEZZA

19. Nella Lumen Gentium, al n. 48, la presentazione della Chiesa come sacramento di
salvezza va unita a tre temi intimamente collegati tra loro:

la glorificazione di Ges, culminante nell'invio dello Spirito di vita. Per mezzo dello
Spirito costituisce il suo Corpo, che la Chiesa, come universale sacramento della
salvezza. La Chiesa il segno e lo strumento di Cristo risorto che salva;

la prospettiva escatologica: quando l'universo intero, intimamente unito all'uomo,


sia perfettamente rinnovato. Si dar allora la consumazione della salvezza universale;

l'anticipazione universale dell'escatologia: la restaurazione che attendiamo gi


cominciata con Cristo, portata innanzi con l'invio dello Spirito Santo e per mezzo di lui
continua nella Chiesa. Gi arrivata a noi l'ultima fase dei tempi e la rinnovazione
del mondo irrevocabilmente fissata. Ci significa che la salvezza si va facendo nel
tempo, mentre annunciamo il Regno e costruiamo il mondo. Con gli occhi fissi nei beni
futuri veniamo via via elaborando la nostra salvezza, mentre portiamo a termine l'opera
che il Padre ci ha affidato nel mondo.

20. La Gaudium et Spes, n. 45, riprendendo il testo della Chiesa come universale
sacramento della salvezza, lo ricollega direttamente a tre cose:

il servizio che la Chiesa offre al mondo: la venuta del Regno di Dio e la salvezza di
tutta l'umanit;

la fonte di questo servizio: l'amore di Dio per l'uomo, che la Chiesa manifesta e
realizza a un tempo;

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il mezzo di questa salvezza: l'incarnazione e glorificazione di Cristo, centro della
storia umana, per il quale tutto stato fatto e nel quale tutte le cose saranno
ricapitolate.

Il decreto Ad Gentes utilizza l'espressione in un contesto essenziale di missione. La


Chiesa fu inviata da Dio ai popoli per essere sacramento universale di salvezza (AG 1).
Cristo fond la sua Chiesa come sacramento di salvezza (AG 5) e mand gli apostoli in
tutto il mondo, com'egli era stato inviato dal Padre (Gv 20,21). Araldi del vangelo della
salvezza, gli apostoli predicarono la parola della verit e generarono la Chiesa
(sant'Agostino).

La Chiesa continua nel tempo la missione essenziale di Cristo, il quale venuto nel
mondo a rendere testimonianza alla verit, a salvare e non a condannare, a servire e
non ad essere servito (GS 3).

21. Cos' questa salvezza che Cristo venne a portarci e che ora la Chiesa prolunga
nel tempo?

condurre gli uomini (tutti gli uomini) alla perfezione consumata del proprio essere.
Ci avverr con la glorificazione definitiva dell'escatologia. la totalit degli uomini
corpo ed anima, cuore e coscienza, intelligenza e volont che dev'essere pienamente
salvata.

Questo esige la redenzione e la remissione dei peccati (Col 1,14). L'infusione della
nuova vita mediante lo Spirito di adozione, in virt del quale gridiamo: "Abba! Padre"
(Rm 8,15) esige pure il pieno sviluppo della personalit umana innestata
soprannaturalmente in Cristo per essere consumata nella gloria. La salvezza sar
piena in noi quando si realizzi il riscatto del nostro corpo (Rm 8,23). Quando
comparir Cristo, che la nostra vita, allora anche noi appariremo con lui nella
gloria (Col 3,4).

La salvezza implica, fondamentalmente, aver realizzato la propria vocazione, aver


raggiunto la maturit definitiva. La qual cosa si compie essenzialmente in Cristo.
Bisogna distinguere perfettamente la natura dalla grazia. Ma non si possono separare
nell'unit esistenziale dell'uomo, che dev'essere salvato, e la cui salvezza comincia a
realizzarsi nel tempo.

Il fatto che la Chiesa sacramento di salvezza significa che essa ha per compito di
porre l'uomo in condizione di poter realizzare pienamente il suo destino, di conseguire
la sua unica vocazione umano-divina. La Chiesa lo fa dandogli il Vangelo della
salvezza e la vita nuova nello Spirito. Ugualmente, per, liberandolo da tutte quelle
servit che gli impediscono di essere se stesso e di costruire liberamente la sua storia
come signore delle cose. Tutto vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo di Dio (1
Cor 3,22-23).

22. Ma la salvezza non si d solo sul piano delle persone. Ha essenzialmente un


riferimento sociale e cosmico. Sono i popoli disgregati dal peccato che devono
riacquistare la perduta unit. La salvezza comporta la vera comunit tra le nazioni. In
questo senso, la Chiesa essenzialmente germe di unit. La ricapitolazione finale
avverr quando la storia del mondo coincida con la storia della Chiesa. Quando il
Signore torner per consegnare il Regno al Padre, non ci sar pi allora che un solo
popolo: l'unico e definitivo Popolo dell'Alleanza.

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La salvezza tocca pure il mondo materiale. tutta la creazione gi redenta in
speranza che attende ansiosamente il momento della liberazione finale per aver
parte alla libert della gloria dei figli di Dio (Rm 8,21). Dalla purificazione del mondo
presente, dunque, attendiamo i cieli nuovi e la nuova terra, in cui abiter la giustizia
(2 Pt 3,13).

La Chiesa esprime e realizza questa salvezza definitiva, che abbraccia la totalit


dell'uomo e della sua storia, la comunit universale dei popoli e la natura intera.

23. Sacramento universale, la Chiesa comprende la totalit degli uomini, dal giusto
Abele fino all'ultimo eletto (LG 2). La salvezza si offre nella Chiesa anche a coloro
che cercano il Dio ignoto nei fantasmi e negli idoli, ignorando senza loro colpa il
Vangelo di Cristo e della sua Chiesa. Quelli che cercano sinceramente Dio... possono
conseguire la salvezza eterna (LG 16). La liturgia ci fa pregare per coloro che ti
cercano con cuore sincero. Preghiamo con fiducia il Padre Santo perch impietosito
hai teso la mano a tutti, affinch possa incontrarti chi ti cerca (anafora IV).

Tutto ci che di buono e di vero si trova in loro ritenuto dalla Chiesa come una
preparazione ad accogliere il Vangelo (LG 16; AG 3; GS 40). In tutti gli uomini di
buona volont lavora invisibilmente la grazia (GS 22). Sotto l'impulso della grazia,
l'uomo si dispone a riconoscere il Verbo di Dio, che prima di farsi carne per tutto
salvare e ricapitolare in se stesso, gi era nel mondo, come la luce vera che illumina
ogni uomo (GS 57).

L'attivit missionaria della Chiesa, che manifestazione o epifania del disegno di


salvezza di Dio, purifica dalle scorie del male ogni elemento di verit e di grazia
presente e riscontrabile, per una nascosta presenza di Dio, en mezzo alle genti... e lo
restituisce intatto al suo autore, Cristo (AG 9). Affinch la Chiesa possa offrire a tutti
gli uomini il mistero della salvezza, si chiede ai cristiani di inserirsi pienamente nella
loro vita culturale e sociale, di convivere familiarmente con essi, di manifestare loro
l'uomo nuovo di cui furono rivestiti nel battesimo, di mostrare con gioia e rispetto i
germi del Verbo seminati tra gli uomini e nelle loro realt (AG 11).

L'orizzonte salvifico della Chiesa si allarga cos ben oltre i confini delle sue strutture
visibili. Il Cristo che vive in essa che diede se stesso in riscatto per tutti (1 Tm 2,6)
opera in modo permanente nel cuore degli uomini le meraviglie della salvezza. il
Signore della storia che continua a mandare, da presso il Padre, lo Spirito della verit e
dell'amore, che fa nuove tutte le cose.

Sacramento universale di salvezza, la Chiesa esprime e realizza nel mondo la


presenza di Cristo, che l'unico salvatore (At 4,12). Esprime e realizza la comunione
degli uomini con Dio e degli uomini tra loro, e questa la pienezza della salvezza. Per
questo Dio ha convocato e costituito la Chiesa: affinch sia, per tutti e per i singoli
uomini, sacramento visibile di questa unit salvifica (LG 9).

41
42
*
CHIESA E MONDO

INTRODUZIONE

1. Si tratta di descrivere la relazione profonda esistente tra Chiesa e mondo, tra il


Popolo di Dio, cio, e il genere umano. In altre parole: stabilire la teologia della
presenza unica della Chiesa nel mondo e determinare la sua missione religiosa e
umana.

Partiamo sempre dalla identit fondamentale della Chiesa con Cristo. Essa
essenzialmente il sacramento del Signore glorificato: lo esprime e lo comunica agli
uomini per la gloria del Padre. La sua finalit escatologica e di salvezza (GS 40).
La sua missione esclusivamente religiosa (GS 42) ma, per ci stesso, profondamente
umana (GS 11). Come per Cristo, il suo regno non di questo mondo (Gv 18,36).
Ma si va facendo nella storia, anticipando il secolo nuovo e preparando il regno
consumato.

Sempre per questo, per assoluta fedelt a Cristo, che per noi uomini e per la nostra
salvezza discese dal cielo, la Chiesa si sente fondamentalmente compromessa con la
storia, identificata col destino della comunit umana, inviata da Cristo al mondo non
per condannarlo, ma perch il mondo sia salvato per mezzo di essa (Gv 3,17). La
Chiesa si sente realmente e intimamente solidale col genere umano e con la sua
storia (GS 1).

Si tratta allora di pensare alla Chiesa in quanto esiste in questo mondo e vive ed opera
in esso (GS 40). Scoprire il dinamismo storico del Popolo di Dio, impegnato a portare il
Regno manifestazione in Cristo e costituzione in germe nella Chiesa alla sua
consumazione definitiva (LG 5). Vedere fino a che punto i cristiani, per il fatto di essere
precisamente situati nell'attesa escatologica del Signore, si sentono evangelicamente
impegnati a compiere fedelmente i propri doveri terreni (GS 43).

2. Diciamo subito che non cos semplice precisare con esattezza la relazione tra
Chiesa e mondo. Potremmo semplicemente identificarli: la Chiesa il mondo
(identificare progresso temporale e Regno di Cristo, citt terrena e citt eterna).
Potremmo per anche tenerli troppo separati: la Chiesa fuori del mondo, a fianco
del mondo, o di fronte al mondo. Che significa, ad esempio, che la Chiesa si apre
positivamente al mondo, o si rivolge al mondo? Che cos' la Chiesa? Non il
Popolo di Dio in cammino nella storia? Non sono forse i cristiani in quanto esistenti nel
mondo? Il Popolo di Dio inserito entro l'umanit (GS 11).

In un certo senso la Chiesa coincide col mondo: almeno se ci riferiamo a quella


porzione di mondo costituita dai cristiani. Essi sono nel mondo ci che l'anima nel
corpo (Lettera a Diogneto. Cfr LG 38). La Chiesa realt sociale e fermento della
storia (GS 14). La Chiesa composta da uomini, i quali appunto sono membri della
citt terrena, chiamati a formare gi nella storia dell'umanit la famiglia dei figli di Dio...
*
Cfr nota all'inizio del capitolo precedente.

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cammina insieme con l'umanit tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima
sorte terrena, ed come il fermento e quasi l'anima della societ umana destinata a
rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio (GS 40).

Chiesa e mondo sono due realt distinte, ma intimamente compenetrate. Hanno una
stessa origine e uno stesso termine: la ricapitolazione definitiva in Cristo (Ef 1,10). I
membri della Chiesa sono pure membri del mondo. Ma, soprattutto, vive e agisce in
entrambe le realt lo stesso Cristo Signore della storia: Egli l'immagine
dell'invisibile Dio, il primogenito di tutta la creazione... la Testa del Corpo, cio della
Chiesa (Col 1,15-18).

3. Conviene, tuttavia, sottolineare anche ci che originalmente nuovo,


specificamente diverso nella Chiesa. Incorriamo oggi nella tentazione di identificarla
semplicemente col mondo. Il nuovo della Chiesa, ci che la differenzia
essenzialmente dal mondo, Cristo stesso, glorificato e manifestato in essa. lo
Spirito Santo che abita in essa come in un tempio. Certamente, la Chiesa formata da
uomini che vivono nella storia. Ma sono uomini nati di nuovo (Gv 3,3-5), creati in Cristo
Ges (Ef 2,10), edificati su di lui come abitazione di Dio nello Spirito (Ef 2,22). Sono
una costruzione nuova. Stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di
Dio (1 Pt 2,4-10).

Spetta alla Chiesa, per esigenza evangelica, illuminare il mondo e animare la


costruzione della citt terrena. Per la stessa autonomia della realt temporale esige
che si delimitino accuratamente i campi. Si deve accuratamente distinguere il
progresso terreno dallo sviluppo del Regno di Dio (GS 39). L'evangelizzazione, pur
esigendo la promozione umana, non ne la stessa cosa.

Per intendere nella sua vera profondit la relazione tra Chiesa e mondo, stabilendo
cos le basi per un dialogo di salvezza, sarebbe opportuno analizzare questi tre punti:

a) prospettiva escatologica della Chiesa e del mondo.

b) Cristo, Verbo incarnato, Signore della storia, in cui il Padre ricapitoler tutte le
cose.

c) L'uomo nuovo, formato a immagine di Cristo, l'uomo perfetto.

I. PROSPETTIVA ESCATOLOGICA

4. nell'ambito della speranza cristiana, essenzialmente attiva e creatrice, che deve


collocarsi la relazione essenziale: Chiesa e mondo.

Passa la figura di questo mondo (1 Cor 7,31). Sono essenziali a questo mondo la
caducit e la provvisoriet. Per questo si chiede ai cristiani di non accomodarsi al
mondo presente (Rm 12,2). Un'amicizia definitiva col mondo sarebbe inimicizia con
Dio (Gc 4,4). Questo mondo provvisorio segnato dalla concupiscenza degli uomini
passa. Solo il cristiano, che compie la volont del Padre, rimane per sempre (1 Gv
2,15-17). Per questo si esige dall'uomo che viva in atteggiamento di povert e di
distacco, pellegrino della citt futura (Eb 13,14), aspettando i cieli nuovi e la terra
nuova, in cui abiter la giustizia (2 Pt 3,13).

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Anche la Chiesa peregrinante partecipa di questo carattere provvisorio. Porta la figura
fugace di questo mondo, e vive tra le creature, le quali sono in gemito e nel travaglio
del parto sino ad ora e sospirano la manifestazione dei figli di Dio (LG 48). Di qui la
sofferenza per i suoi limiti. Annuncia il mistero di Cristo, ma ancora tra ombre (LG 8).
Per la virt dello Spirito Santo rimasta sempre sposa fedele del suo Signore e non
ha mai cessato di essere segno di salvezza nel mondo. Per la debolezza delle sue
membra, chierici o laici, ha infranto a volte la fedelt allo Spirito e sperimenta la
necessit continua di purificazione e di rinnovamento (GS 43).

Essa sulla terra il germe e l'inizio del Regno (LG 5). Lo annuncia e lo fa crescere
visibilmente nel mondo. Anelando per con impazienza alla consumazione del Regno.
La Chiesa non definitivamente il Regno di Dio, bens l'inizio. Neppure pu
identificarsi il Regno col progresso umano.

5. Ma tutto tende alla ricapitolazione definitiva in Cristo (Ef 1,10). Quando tutte le
cose, quelle della terra e quelle del cielo, saranno riconciliate col Padre per mezzo di
Cristo, ci sar la pace e l'unit universale (Col 1,20). Ci sar giustizia nei nuovi cieli e
sulla nuova terra. Tutte le schiavit saranno infrante. La salvezza avr raggiunto il suo
termine. Il mondo si identificher con la Chiesa. La Chiesa sar definitivamente il
Regno consumato e Cristo, Signore della storia, consegner il Regno al Padre perch
Dio sia tutto in tutti (1 Cor 15,28).

L'escatologia d unit alla storia della Chiesa e del mondo. Fa s che entrambe le
realt abbiano finalmente a coincidere. La finalit della Chiesa la salvezza
escatologica. Il mondo stato fatto per la definitiva trasformazione in Cristo.

La Chiesa e il mondo si uniscono nella redenzione iniziale. Tutte due sono stati salvati
in speranza (Rm 8,24). Per, fondamentalmente, entrambi si uniscono nella
speranza escatologica: Fino ad ora la creazione tutta geme e soffre le doglie del
parto. E non solo la creazione, ma anche noi che possediamo le primizie dello Spirito,
noi stessi gemiamo nel nostro intimo anelando alla redenzione del nostro corpo (Rm
8,22-27).

La creazione intera sar liberata da ogni schiavit e il mondo rimarr definitivamente


trasformato al ritorno del Signore. Sar il momento in cui la nuova Gerusalemme
scender dal cielo vestita a festa come una sposa promessa nel giorno delle sue
nozze. La stessa voce dir dal trono: Ecco il tabernacolo di Dio fra gli uomini. E
insieme: Ecco, io faccio nuove tutte le cose (Ap 21,1-5).

6. Non si tratta, per, di un'attesa passiva ed oziosa. La speranza cristiana


essenzialmente produttiva, creatrice. Cristiano l'uomo che si impegna a ri-creare
senza posa le cose, ri-facendo la storia, svelando e anticipando il futuro. E qui sta la
missione essenzialmente religiosa della Chiesa. Essa non pu essere segno di
salvezza nel mondo (GS 43) se non assume e non santifica quotidianamente, come
Cristo, la realt temporale.

La Chiesa testimonia che gi arrivata a noi l'ultima fase dei tempi e la rinnovazione
del mondo irrevocabilmente fissata e in certo modo reale anticipata nel mondo
(LG 48). Sin d'ora ci sentiamo avvolti dalla gloria futura che si riveler in noi (Rm
8,18), impegnati nel tempo a comunicarla ai nostri fratelli.

A partire dalla speranza escatologica, cristiani quali siamo, aspettiamo, come


salvatore, il Signore nostro Ges Cristo (Fil 3,20), e viviamo austeramente in attesa

45
della beata speranza e della gloriosa manifestazione del grande Iddio e salvatore
nostro Ges Cristo (Tt 2,12).

E tuttavia ci sentiamo impegnati a trasformare la terra e a preparare il mondo futuro.


Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bens piuttosto stimolare la
sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell'umanit
nuova che gi riesce ad offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo
(GS 39).

7. Per questo stesso motivo la Chiesa non si limita ad annunciare una vita futura
alienando l'uomo dal suo impegno col mondo presente. Gli insegna a vivere le
esigenze concrete della sua fede. Peccherebbe, certamente, contro la speranza
escatologica chi si sognasse una piena liberazione dell'umanit mediante i soli sforzi
umani, alimentando la convinzione che tutti i suoi desideri verrebbero pienamente
soddisfatti dal futuro regno dell'uomo sulla terra (GS 10). Ma peccherebbe
ugualmente contro la speranza cristiana colui che evadesse dal tempo col pretesto
dell'eternit. La speranza escatologica non diminuisce l'importanza degli impegni
terreni, ma anzi d nuovi motivi a sostegno della attuazione di essi (GS 21).

C' stato di grave danno dividere troppo lo spirituale dal temporale, la vita religiosa
dalla attivit quotidiana, la fede dalle occupazioni professionali e sociali. Il distacco
che si costata in molti tra la fede che professano e la vita quotidiana, va annoverato tra
i pi gravi errori del nostro tempo (GS 43). Ci torna a dire che la costruzione del
mondo rientra pienamente nella sfera della vita religiosa.

Per esigenze che scaturiscono dalla salvezza escatologica, la Chiesa non solo
annuncia che il Signore viene (1 Cor 16,22), ma che gi venuto e ha piantato la
sua tenda tra di noi (Gv 1,14). La pienezza dei tempi messianici, tempi di pace e di
giustizia, di liberazione e di felicit gi arrivata a noi, poich la grazia di Dio si
manifestata come sorgente di salvezza per tutti gli uomini (Tt 2,11). Quando la Chiesa
predica ora il Vangelo del Regno sa che annuncia la buona novella della salvezza per
la totalit degli uomini e della storia, per il loro tempo e per l'eternit. Sa bene, cio,
che il mondo stato consacrato dalla presenza del Verbo e che sar definitivamente
ricapitolato in Cristo, primogenito tra i morti (Col 1,18).

II. CRISTO SIGNORE DELLA STORIA

8. proprio questo Cristo, Signore della gloria, che, con la sua incarnazione e col
suo mistero pasquale, stabilisce una salda relazione tra Chiesa (che il suo Corpo) e il
mondo. La Parola di Dio, per la quale tutte le cose sono state fatte sin dall'inizio, si
fece carne e abit (piant la sua tenda) fra noi (Gv 1,1-14). Da allora l'uomo e la
storia, il mondo con le sue realt hanno con Dio un nuovo tipo di relazione.

Con l'incarnazione il Figlio di Dio si unito in certo modo ad ogni uomo (GS 22).
Attraverso la sua natura umana tutta la creazione viene assunta e trasformata.

La realt temporale conserva la sua autonomia originale. Pi nulla ora, per,


definitivamente profano. In certo qual modo l'universo ha ricevuto un inizio di
consacrazione e di redenzione dalla presenza e dall'attivit del Verbo.

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Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto stato creato, fattosi carne lui stesso,
venuto ad abitare sulla terra degli uomini, entr nella storia del mondo come l'Uomo
perfetto, assumendo questa e ricapitolandola in s (GS 38). Il Verbo di Dio, per
mezzo del quale tutto stato creato, si fatto egli stesso carne per operare, lui l'uomo
perfetto, la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale (GS 45).

Tre idee si ripetono in questi due testi: il Verbo creatore, il Verbo che entra nella storia
come uomo perfetto, il Verbo ricapitolatore di tutte le cose.

Cristo stabilisce una relazione profonda tra creazione e redenzione, tra ordine di natura
e ordine della grazia, tra storia umana e storia della salvezza. Tutto stato creato per
mezzo di lui e per lui (Col 1,16). Per lo stesso Cristo, primogenito di tutta la
creazione, in cui tutte le cose sono state create, anche Capo della Chiesa,
primogenito della nuova creazione, per mezzo della quale tutte le cose sono
riconciliate col Padre (Col 1,15-20). In Cristo Dio riconciliava il mondo con se stesso.
Dio salvatore e Dio creatore sono sempre lo stesso Dio, e cos pure si identificano il
Signore della storia umana e il Signore della storia della salvezza (GS 41).

9. Cristo inaugura la nuova creazione. Le cose cominciano a intrattenere con Dio e


tra di loro una nuova relazione. Quando Cristo appare sono ormai presenti i tempi
ultimi e definitivi (Eb 1,2). Egli manifesta pienamente all'uomo il suo mistero, gli svela la
sublimit della sua vocazione. Vocazione suprema che , in realt, una sola: quella
divina. Col suo mistero pasquale introduce nella storia dell'Alleanza nuova. Col dono
del suo Spirito fa l'uomo nuovo, formato a immagine del Figlio, primogenito fra molti
fratelli. Cristo si offre come l'uomo perfetto. Al mistero pasquale di Cristo rimane, in
certo modo, associato ogni uomo di buona volont (GS 22).

Il mistero del Padre, il disegno della salvezza definitiva, che nella pienezza dei tempi
tutto venga ad avere Cristo per capo, ci che nei cieli e ci che sulla terra (Ef 1,10).
Di conseguenza, Cristo si converte in chiave, centro e fine di tutta la storia umana
(GS 10). Il Signore il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia
e della civilt, il centro del genere umano, la gioia di ogni cuore, la pienezza delle loro
aspirazioni (GS 45). Cristo l'Alfa e l'Omega, il primo e l'ultimo, il principio e la fine
(Ap 22,13).

L'incarnazione redentrice colloca Cristo nel cuore dell'universo. Tutto sussiste in lui
(Col 1,17). Cristo non solo Signore del sabato (Mc 2,28), ma di tutte le cose. Pu
parlare ed agire con autorit perch Maestro e Signore (Gv 13,13). Il Padre ha
posto tutto nelle sue mani (Gv 3,35). Per questo tutto ci che fa il Padre, fa ugualmente
il Figlio (Gv 5,19).

10. , tuttavia, il mistero pasquale morte, risurrezione, ascensione quello che fa


essenzialmente di Ges il Signore della storia. Cristo si annient fino alla morte di
croce, e per questo Dio lo esalt e gli diede un nome che sopra ogni nome, perch al
nome di Ges ogni lingua confessi che Cristo Ges il Signore a gloria di Dio Padre
(Fil 2,5-11).

La risurrezione di Ges non semplicemente un segno a conferma della sua missione


(Gv 2,18-22) e neppure solo il principio della nostra risurrezione e la garanzia della
nostra fede (1 Cor 15,22ss). Fondamentalmente, la risurrezione di Cristo la
manifestazione dell' uomo nuovo (Ef 2,15), del secondo Adamo... vivificante (1
Cor 15,45), del discendente di Davide costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo
Spirito di santit, con la risurrezione dai morti (Rm 1,4). Esaltato alla destra del Padre,

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Cristo costituito Kyrios, Signore dell'universo. Per questo Egli invia costantemente al
mondo lo Spirito della promessa. Questo Ges, che gli uomini hanno crocifisso, Dio lo
ha costituito Signore e Cristo (At 2,36).

Con la risurrezione di Cristo si manifesta l' umanit nuova. Nel Cristo glorificato alla
destra del Padre incominciano a ricapitolarsi tutte le cose. lui il fedele testimone, il
capo dei re della terra, il Creatore di tutto (Ap 1,5-8). Dal Padre, Cristo invier il suo
Spirito, che abiter in noi (Rm 1,11) e ci far nuova creatura in lui (Gal 6,15).

un altro segno della sua signoria universale: Cristo oltre a ricapitolare e rinnovare
l'universo intero intimamente unito all'uomo per mezzo del suo Spirito vivificante,
costituisce pure il suo Corpo, che la Chiesa, come universale sacramento della
salvezza (LG 48). Popolo di Dio inserito nella comunit umana per far s che la sua
storia si trasformi in storia di salvezza.

11. Cristo, cui il Padre ha affidato ogni potere in cielo e in terra (Mt 28,18), vive ed
opera permanentemente nella storia. Nel cuore degli uomini stata piantata per
sempre la semente del Verbo (LG 11). Seguita ad essere la luce vera che illumina
ogni uomo che viene al mondo (Gv 1,9). Di conseguenza, opera misteriosamente
negli uomini per condurli alla sua Chiesa.

Nel frattempo ha comunicato all'insieme del suo popolo, sacerdotale e profetico,


questa potest regale, questa signoria sulle cose (LG 36). Creato a immagine di Dio,
l'uomo stesso era gi stato fatto signore delle cose (Gv 1,28).

Nella liturgia invochiamo il Padre Santo: A tua immagine hai creato l'uomo e gli hai
affidato l'universo intero, perch servendo unicamente te, suo creatore, dominasse
tutto il creato (anafora IV).

Ma fatto uomo nuovo in Cristo (Col 3,10), rivestita l'immagine dell'uomo celeste (1
Cor 15,49), il cristiano partecipa in modo nuovo della signoria universale di Cristo:
Tutto vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo di Dio (1 Cor 3,22-23).

12. Cristo, Signore della storia, continua ora a esercitare la sua signoria nella Chiesa.
Attraverso l'attivit dei cristiani che, allo stesso tempo, proclamano il Vangelo e
trattano le cose temporali, ordinandole secondo Dio (LG 31). Stimolati dalla loro
fede, i laici costruiscono il mondo e sono insieme testimoni di Cristo in mezzo a tutti
(GS 43). Essendo dedicati a Cristo e consacrati dallo Spirito Santo... consacrano a
Dio il mondo stesso (LG 34). Allo stesso tempo, come fermento e lievito divino, sono
davanti al mondo testimoni della risurrezione e della vita del Signore Ges e un segno
del Dio vivo (LG 38).

Spetta al Popolo di Dio, partecipe della regalit di Cristo, essere segno della presenza
divina nel mondo (AG 15) e, contemporaneamente, mosso dalla fede, discernere
negli avvenimenti i veri segni della presenza di Dio nell'universo (GS 11). Vuol dire
che il Popolo di Dio deve manifestare al mondo Cristo, Signore della storia e rivelatore
agli uomini che lo cercano con cuore sincero la sua misteriosa presenza.

Cos la Chiesa, germe e inizio del Regno (LG 5), far a poco a poco in modo che
tutte le cose si incamminino verso la definitiva ricapitolazione in Cristo. Solo quando
tutto sia stato a lui sottomesso, Cristo consegner il Regno al Padre, ed egli stesso gli
si sottometter affinch Dio sia tutto in tutte le cose (1 Cor 15,24-28).

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III. L'UOMO NUOVO, FORMATO A IMMAGINE DI CRISTO, UOMO PERFETTO

13. Cristo inaugura i tempi messianici, che sono i tempi del rinnovamento
universale. Lui ci reca il definitivamente nuovo. Anche se continuiamo ad attendere
i nuovi cieli e la nuova terra (2 Pt 2,13), la nuova Gerusalemme (Ap 21,24), il
riscatto del nostro corpo (Rm 8,23), la consumazione della novit avverr quando
torner Ges. Allora il Signore della storia grider: Ecco che faccio un mondo nuovo
(Ap 21,5).

Ma la risurrezione di Cristo ci d gi in anticipo l'uomo nuovo (Ef 2,15), prototipo


della nuova umanit. D'ora in avanti, l'uomo, creato ad immagine di Dio, sar
rigenerato dallo Spirito per riprodurre l'immagine di Cristo, primogenito fra molti
fratelli (Rm 8,29).

Mediante il battesimo l'uomo liberato dal peccato, dalla legge e dalla morte. Comincia
ad avere in Cristo una vita nuova (Rm 6,3-11). la vita di Cristo in lui (Gal 2,20), dal
momento che, nel battesimo, si rivestito di Cristo (Gal 3,27). Vivendo in Cristo,
l'uomo una creatura nuova: le vecchie cose sono passate, ecco, ne sono nate delle
nuove (2 Cor 5,17). Ed questo ci che ora unicamente conta: La nuova creatura
(Gal 6,15).

All'uomo nato dall'alto (Gv 3,3), viene richiesto che si spogli dell'uomo vecchio per
rivestirsi dell' uomo nuovo, creato secondo Dio, nella giustizia e santit della verit
(Ef 4,24). Si esige da lui che si sbarazzi del vecchio fermento per essere una pasta
nuova (1 Cor 5,7). l'uomo nuovo che si va rinnovando in ordine alla conoscenza,
conformandosi all'immagine di colui che lo cre. Nell'uomo nuovo non vi pi n greco
n giudeo, n circonciso n incirconciso, n barbaro n scita, n schiavo n libero, ma
soltanto Cristo, che tutto in tutti (Col 3,10-11).

14. La Chiesa svela all'uomo la sua altissima vocazione e il germe divino che in
lui stato seminato sin dall'inizio (GS 2). La grandezza della dignit umana consiste
nella sua vocazione alla comunione con Dio (GS 19). Alla luce di Cristo immagine
del Dio invisibile e uomo perfetto, la Chiesa svela all'uomo il suo mistero (GS 22).

Fatto a immagine di Dio e associato al mistero di Cristo (nella presente economia


cristiana lo , in qualche modo, ogni uomo), l'uomo chiamato a realizzare la sua
vocazione divina, ad essere artefice del proprio destino, soggetto attivo e creatore della
storia. l'uomo liberato in Cristo (Gal 5,1) che cammina verso la pienezza della
liberazione finale per aver parte alla libert della gloria dei figli di Dio (Rm 8,21).
questa la sua vocazione: Fratelli, siete stati chiamati alla libert (Gal 5,13).

La Chiesa offre all'uomo i mezzi per realizzarsi nella pienezza del suo essere e
liberarsi progresivamente dalla schiavit fondamentale del peccato (Rm 6,6ss) e da
tutte le sue conseguenze (egoismo, ignoranza, miseria, morte ecc.). La Chiesa non si
accontenta di parlare all'uomo, di ascoltarlo. Si sente coinvolta nell'impegno a
rinnovarlo e condurlo alla pienezza del suo essere.

Tutto ci non si avvera mentre viviamo nel corpo... lungi dal Signore (2 Cor 5,6).
Avverr quando lo vedremo faccia a faccia (1 Cor 13,12) e saremo allora simili a
lui, perch lo vedremo quale egli (1 Gv 3,2). Giungeremo alla comunione definitiva
quando il Signore Ges Cristo trasformer il corpo della nostra umiliazione,

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rendendolo simile al suo corpo glorioso (Fil 3,21). Quando si manifester Cristo,
nostra vita, allora ci manifesteremo anche noi con lui, pieni di gloria (Col 3,4). Nel
frattempo, finch non giunga il momento della definitiva perfezione dell'uomo nuovo,
viviamo trasformando il mondo e aspettando con amore la sua venuta (2 Tm 4,8).

15. L'uomo anticipa la sua comunione nel tempo. Non pu vivere solo. Molto meno
vivere solo per s. fatto per gli altri. In definitiva, per Dio. Per questo l'uomo non pu
ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di s (GS 24). L'uomo fatto a
immagine di Dio essenzialmente donazione.

Questo fonda il suo essenziale senso comunitario. Il mondo la comunit umana. La


Chiesa la comunit dei credenti in Cristo. Il cristiano si sente essenzialmente inserito
nella comunit umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di
Dio (GS 40).

L'uomo nuovo essenzialmente uomo per gli altri. Colui che ha ricevuto lo Spirito di
adozione che gli fa chiamare Dio col nome di Padre e gli altri uomini: fratelli. Colui
che stato trasformato dalla nuova legge dell'amore (Mt 22,34-40; Gv 13,34). Colui
che impara a scoprire in ogni uomo il suo prossimo (Lc 10,29ss). Che sa che non pu
amare Dio se non ama davvero i suoi fratelli (1 Gv 4,20-21).

Ci comporta aiutare gli altri ad essere pienamente uomini, a rivestire, cio, l'uomo
nuovo secondo lo schema di Cristo, uomo perfetto.

Mediante il dono del suo Spirito, Cristo ha costituito la Chiesa come nuova comunione
fraterna (GS 32). missione religiosa della Chiesa, libera da ogni legame con
qualsiasi forma particolaristica di civilt o qualsiasi sistema politico, economico o
sociale, promuovere l'unit e consolidare la comunit umana secondo la legge divina
(GS 42).

16. Infine, l'uomo nuovo avverte l'impulso a completare la creazione, a costruire il


mondo, a realizzare la storia. Non l'uomo che sogna il futuro senza porvi mano. Che
lo attende semplicemente, lo interpreta nel momento presente. l'uomo che viene
creando il suo futuro tutti i giorni.

l'uomo che, aspettando una nuova terra, sente per ci stesso l'obbligo di
perfezionare questa che la sua. Sa che questo il modo di preparare, coi frutti
eccellenti della natura e del suo sforzo, i beni trasfigurati che incontrer nel regno
consumato (GS 31). Sa che costruire il mondo un'esigenza della sua vita religiosa
(GS 43). Che non pu professare la propria fede senza cimentarla con la vita e che la
sua attivit temporale una forma di far avanzare ora il Regno del Signore.

La Chiesa Popolo di Dio inserito nella comunit umana reclama la presenza attiva
dei cristiani nel mondo. In modo specificamente diverso per i pastori, i religiosi e i laici.
Dalla voce profetica dei pastori i laici hanno diritto di aspettarsi luce e forza spirituale
(GS 43). Ai laici spetter, come vocazione propria, cercare il Regno di Dio, trattando
le cose temporali e ordinandose secondo Dio (LG 31). I religiosi, in forza del loro
stato, testimoniano in modo splendido e singolare che il mondo non pu essere
trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini (LG 31).

CONCLUSIONE

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17. Sacramento di Cristo, uomo perfetto, la Chiesa si incarna nella storia per salvare
integralmente l'uomo e ricapitolare in s tutte le cose. La sua incarnazione sempre
attuale e concreta: si realizza ora e qui.

Sacramento di unit, tutto il Popolo di Dio si sente incorporato alla comunit umana e
impegnato a trasformarla in fraterna comunione di figli di Dio. La Chiesa si sa germe
di unit e di speranza per tutto il mondo.

Sacramento universale della salvezza, la Chiesa riceve dallo Spirito l'impulso a


comunicare nel tempo la restaurazione promessa, che stiamo aspettando,
trasfigurando il mondo e preparando i beni della citt futura.

Solamente in Cristo e a partire da lui pu avvenire il dialogo di salvezza tra la Chiesa e


il mondo. Solamente in lui possono incontrarsi. Perch Cristo venuto per la vita del
mondo (Gv 6,51).

Alla stregua di Cristo, la Chiesa a questo soltanto mira: che venga il Regno di Dio e si
realizzi la salvezza dell'intera umanit (GS 45).

Anche cristiani, viviamo pur sempre nel mondo. Senza dimenticarlo, disprezzarlo o
condannarlo. Come luce e come sale (Mc 5,13-16). Come lievito nuovo (1 Cor 5,7).
Come anima della societ e fermento della storia.

Camminiamo attivamente nel tempo verso la restaurazione di tutte le cose (At 3,21).
Quando sia tornato il Signore della storia sar definitivamente consumato il Regno e
sigillata per sempre la storia della salvezza.

Nel frattempo, sappiamo che il tempo compiuto e il Regno di Dio vicino (Mc 1,15)
e che noi, figli della luce appartenenti al giorno, dobbiamo indossare la corazza della
fede e della carit e abbiamo per elmo la speranza della salvezza (1 Ts 5,5-8).

Costruiamo il mondo perch il Signore viene presto. Vieni, Signore Ges! (Ap 22,20).

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RIFLESSIONE TEOLOGICA
*
SULLA LIBERAZIONE

INTRODUZIONE

1. Il tema della liberazione non nuovo; antico quanto la storia del Popolo
d'Israele. Non nemmeno puramente profano o temporale: biblico ed escatologico
quanto il mistero pasquale di Cristo, Signore dell'universo. Non neppure un tema che
inciti alla violenza: in se stesso profondo e pacificatore come la riconciliazione attuata
dalla donazione generosa della croce.

Ma dobbiamo capirlo rettamente. Diciamo anzitutto che esso non esaurisce l'essenza
del cristianesimo, n la riflessione teologica, n la missione della Chiesa. Voler ridurre
tutto il messaggio cristiano alla liberazione significa renderlo parziale, restringere
l'orizzonte della teologia e ridurre l'attivit apostolica. pur sempre vero che l'unica
cosa importante il regno di Dio e la sua giustizia (Mt 6,33), e che la predicazione
del Cristo crocifisso l'unica forza e sapienza di Dio per coloro che sono chiamati (1
Cor 1,23-24).

Insistere esclusivamente sulla liberazione pu portarci a non vedere il mistero di Cristo


e della sua Chiesa nel suo insieme. Inoltre, la vera libert esige sempre l'autentico
servizio di Dio. Liberi come siete, non usate della libert come velo che copre la
malvagit, ma agite come servi di Dio (1 Pt 2,16).

2. Il tema della liberazione dev'essere colto nel contesto globale della storia della
salvezza e della missione essenzialmente religiosa della Chiesa. Come Cristo, la
Chiesa inviata per evangelizzare i poveri e... annunziare ai prigionieri la libert...,
rendere liberi gli oppressi (Lc 4,18). Si tratta della buona novella del regno (Mt 9,35),
e della libert essenziale dello Spirito (2 Cor 3,17).

La via che porta al cambiamento passa sempre per le esigenze interiori delle
beatitudini evangeliche (Mt 5,3-11). Prima di pretendere di trasformare le strutture
necessario rivestirsi dell'uomo nuovo, che stato creato ad immagine di Dio, nella

*
La riflessione teologica sulla liberazione era stata preparata da Mons. Eduardo Pironio, allora vescovo-
segretario generale del CELAM, per l'Incontro dei Presidenti e Segretari delle Commissioni episcopali
latinoamericane per l'educazione, che si svolto a Medelln (Colombia) dal 26 agosto al 3 settembre
1970.

Questo incontro stato promosso dal Departamento de Educacin del Consejo DEC (Ufficio per
l'educazione del Consiglio) per riflettere sul tema: Educazione liberatrice, secondo quanto indicato
dai concetti contenuti nelle Conclusioni della Seconda Conferenza Generale dell'Episcopato
latinoamericano (Bogot, 24 agosto; Medelln, 26 settembre-ottobre 1968).

Diverse idee esposte da Mons. Pironio nella terza parte di questo lavoro: Missione liberatrice della
Chiesa, appaiono in altri suoi scritti, forse gi noti al pubblico. Questo tema costituisce da molto tempo
l'oggetto delle riflessioni dell'autore.

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vera giustizia e santit (Ef 4,24). In questo senso la liberazione comincia
dall'interno, con il rinnovamento quotidiano dell' uomo interiore (2 Cor 4,16).

Ogni uomo ha bisogno di essere liberato interiormente. Per ottenere definitivamente la


vita bisogna avere il coraggio di perderla (Mt 16,25). veramente libero solo colui che
si lascia conquistare da Cristo Ges (Fil 3,12) e incatenare dallo Spirito (At 20,22).
Possono proclamare la liberazione soltanto coloro che liberati dal peccato, sono
diventati schiavi della giustizia (Rm 6,18).

Se il cristiano vuole convertirsi in profeta e artefice della liberazione (un'esigenza della


sua vocazione apostolica), deve cominciare con l'essere povero e crocifisso, vero
amico di Dio e fratello di tutti gli uomini. In nome della liberazione possiamo
schiavizzare il pensiero degli altri, considerandoci i possessori unici della verit.
Sempre in nome della liberazione possiamo facilmente condannare i nostro fratelli,
giudicando i loro atteggiamenti con superficialit precipitata. La liberazione dell'uomo,
in definitiva, ci interessa perch c'interessano Dio e l'azione redentrice di Ges Cristo;
perch c'interessa la gloria del Signore (2 Cor 3,18) riflessa in ciascuno degli uomini,
come nel volto di Cristo si riflette la gloria di Dio (2 Cor 4,6).

3. Il significato cristiano della liberazione sgorga dal mistero pasquale di Cristo, morto
e risuscitato per tutti; esige la ricreazione dell'uomo attraverso il dono interiore dello
Spirito e tende alla confluenza finale delle cose nella consumazione dell'escatologia.
Non possiamo perdere di vista questa prospettiva essenziale senza cadere nelle
limitazioni utopiche delle concezioni materialistiche.

Il Concilio lo rileva esplicitamente: Alcuni... dai soli sforzi umani attendono una vera e
piena liberazione dell'umanit, e sono persuasi che il futuro regno dell'uomo sulla terra
appagher tutti i desideri del loro cuore (GS 10).

Questo significa che la liberazione autentica e piena presuppone l'attivit e lo sforzo


dell'uomo, ma esige anche la comunicazione interiore dello Spirito che d la vita (Rm
8,2). Presuppone la dominazione completa della terra (Gn 1,28) dove cresce quel
corpo dell'umanit nuova che gi riesce ad offrire una certa prefigurazione che
adombra il mondo nuovo (Gs 39), ma esige inoltre la tensione escatologica
fondamentale, nell'attesa di una terra nuova.

Tra le forme dell'ateismo moderno non va trascurata quella che si aspetta la


liberazione dell'uomo soprattutto della sua liberazione economica e sociale. Si
pretende che la religione sia d'ostacolo, per natura sua, a tale liberazione, in quanto,
elevando la speranza dell'uomo verso una nuova vita futura e fallace, lo distoglie
dall'edificazione della citt terrena (GS 20). Per il cristiano essenziale la piena
fedelt ai suoi impegni temporali (GS 43); con questo egli pone i presupposti per una
societ nuova, in cui l'uomo nuovo possa sviluppare pienamente la sua personalit,
realizzare liberamente il suo destino ed essere generosamente fedele alla sua
vocazione divina.

Il cristiano, tuttavia, non pu dimenticare che un profeta e testimone dei beni invisibili
e cittadino del cielo (Fil 3,20), e che si trova in una situazione transitoria di
pellegrinaggio (Eb 13,14). La liberazione cos concepita interna ed esterna, temporale
ed eterna essenzialmente evangelica. Questo Vangelo... annunzia e proclama la
libert dei figli di Dio, respinge ogni schiavit che deriva in ultima analisi dal peccato
(GS 41).

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4. La via che porta alla liberazione quella di Cristo: la donazione generosa di se
stesso fino alla morte di croce. L'unico sangue che dev'essere sparso il sangue del
Cristo, che con spirito d'eternit offr se stesso immacolato a Dio (Eb 9,14). La
liberazione non presuppone la violenza, anzi, la rifiuta. L'unica violenza richiesta
quella del regno e della perfetta applicazione delle beatitudini.

In questo senso si distorce completamente il concetto di liberazione (e le sue esigenze


nei Documenti episcopali di Medelln) quando la si confonde con la rivoluzione
violenta o con la giustificazione delle guerriglie. Nessuno pu prendere a pretesto
Medelln per seminare il caos, e nessuno pu accusare Medelln di aver provocato la
violenza: n direttamente n indirettamente.

necessario leggere Medelln nel suo contesto, essenzialmente religioso, di evento


salvifico. Solo cos si potranno interpretare giustamente espressioni dure e ambigue,
quali situazioni di peccato, strutture ingiuste, violenza istituzionalizzata,
desiderio di liberazione ecc. Medelln non propone assolutamente di superare le
ingiustizie esistenti con nuove ingiustizie e con alterazioni violente dell'ordine.

Oggi tutti parlano di liberazione. Alcuni temono questa parola, altri ne abusano.
Esiste una mole immensa di letteratura sul suo contenuto (dalla pi valida e profonda
alla pi leggera e superficiale). necessario quindi puntualizzare il fatto,
interpretarlo alla luce della Scrittura e segnalare poi qual la missione liberatrice
della Chiesa.

I. IL FATTO

5. compito della teologia interpretare, alla luce del Vangelo, gli avvenimenti che
formano la trama della storia e all'interno dei quali la Chiesa si muove in una
dimensione provvidenziale.

Per quanto riguarda il tema della liberazione, il fatto ci si presenta sotto tre
prospettive diverse: quella dell'aspirazione universale dei popoli alla liberazione, quella
dell'impegno crescente di determinati gruppi (ad esempio i giovani), quella
dell'atteggiamento assunto dalla Chiesa latinoamericana a Medelln.

Il desiderio di liberazione costituisce una caratteristica fondamentale del nostro tempo


in America Latina. Le generazioni giovani sono particolarmente sensibili a questo
fenomeno. E la Chiesa ha cercato di ascoltare con fedelt la voce dello Spirito. un
fatto che, se tale aspirazione legittima, l'impegno del cristiano per la libert
irrinunciabile, fermo restando che il suo compito resta inquadrato nella cornice religiosa
delle sue esigenze evangeliche essenziali, vale a dire che egli capisce che la
liberazione non implica la violenza, n pu essere ridotta unicamente al superamento
delle servit immediate della storia.

La sua proposta sempre escatologica e comprende tutto l'uomo.

Un sordo clamore si alza da milioni di uomini che chiedono ai loro pastori una
liberazione che non giunge loro da nessuna parte (Med. 14,2). La risposta star,
quindi, nel presentare una Chiesa autenticamente povera, missionaria e pasquale,
senza compromessi con il potere temporale, audacemente impegnata nella liberazione

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di ogni uomo e di tutti gli uomini (Med. 5,15). Sar questa, soprattutto, la risposta
migliore alle legittime veementi proteste della giovent.

Non sempre, tuttavia, il desiderio di liberazione dei popoli coincide esattamente con la
risposta essenzialmente religiosa che pu dare la Chiesa. Inoltre, sebbene il concetto
di liberazione (e quindi l'impegno per la libert) abbia elementi in comune con altre
ideologie, esso presenta per il cristiano una dimensione molto diversa ed esclusiva:
anche se il termine lo stesso, il suo contenuto essenzialmente diverso.

La liberazione costituisce una delle aspirazioni pi profonde e pi forti dei nostri


popoli. uno dei segni dei tempi che dobbiamo interpretare alla luce del Vangelo.

Questa aspirazione profonda fa parte del piano salvifico di Dio. Dio che chiama
l'uomo. un'irruzione della sua grazia, un inizio della sua azione di salvezza. Dio fa
scoprire all'uomo la profondit della sua miseria e la grandezza del suo destino. Gli
rivela il suo vuoto, ma anche la sua vocazione divina a realizzarsi nella pienezza del
suo essere.

6. Questo desiderio di liberazione sgorga dalla coscienza sempre pi chiara e


dolorosa di uno stato di dipendenza e di oppressione interna ed esterna: del dominio
dell'uomo sull'uomo, di un popolo su altri popoli. Questa visione, pi profonda e pi
tragica, completa e approfondisce la semplice costatazione immediata di uno stato di
sottosviluppo e di emarginazione. Tocca le radici stesse del problema e ne indica le
cause.

Parallelamente risveglia negli uomini e nei popoli la coscienza che essi stessi, per
volont di Dio, sono gli artefici del loro destino. Tuttavia, essi si sentono incatenati da
condizioni di vita sistemi e strutture che impediscono loro di essere gli autentici
realizzatori della propria vocazione, i costruttori attivi della storia.

Per questo sentono l'urgente necessit di cambiamenti strutturali profondi, che


permettano loro di creare un uomo nuovo, nell'attesa di una societ pi giusta e
fraterna.

Da una parte, la liberazione comporta l'eliminazione di qualsiasi tipo di servit; dall'altra


parte la proiezione nel futuro di una societ nuova in cui l'uomo, libero da pressioni
paralizzanti, possa essere il soggetto attivo delle proprie decisioni. Ci significa, da un
lato, che la liberazione viene intesa come superamento di qualsiasi schiavit; dall'altro
lato, come vocazione ad essere uomini nuovi, creatori di un mondo nuovo.

Non si tratta semplicemente di sviluppare certe possibilit (economico-sociali), affinch


gli uomini abbiano di pi. Si tratta di cambiare radicalmente quelle strutture ingiuste
che impediscono che gli uomini siano di pi.

7. Spesso tra noi questo legittimo desiderio di liberazione accompagnato da


disperate manifestazioni di violenza. Non possiamo n approvarle n giustificarle: La
violenza non n evangelica n cristiana (Paolo VI). Ma non possiamo neppure
condannarle con leggerezza senza analizzarne seriamente le cause. Esiste una
violenza istituzionalizzata (Med. 2,16) che provoca spesso il dramma della violenza
armata. Certe grandi crisi della storia insegna Paolo VI avrebbero potuto essere
superate se le riforme necessarie avessero prevenuto tempestivamente, con
coraggiosi sacrifici, le rivoluzioni esplosive della disperazione (Bogot, 23 agosto
1968).

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Un tentativo cristiano di liberazione deve sempre essere fatto per le vie della pace, ma
della pace vera, che frutto della giustizia e dell'amore. Se il cristiano crede nella
fecondit della pace per arrivare alla giustizia, crede anche che la giustizia una
condizione irrinunciabile per la pace (Med. 2,16).

Qualsiasi cambiamento di struttura, radicale e profondo, dev'essere fatto dal di dentro,


con l'effettiva partecipazione di tutti e un'adeguata trasformazione interiore. Per
necessaria la rapidit escludendo la precipitazione e la violenza.

8. Questo il fatto: da una parte vediamo che gli uomini e i popoli aspirano
profondamente alla loro liberazione, dall'altra parte, in determinati gruppi (cristiani e
non cristiani) aumenta la sensibilit a impegnarsi per la libert.

Tocca alla Chiesa interpretare questo fatto alla luce del Vangelo. Essa deve anzitutto
prendere coscienza della sua drammatica importanza. Nell'introduzione alle
Conclusioni di Medelln i Vescovi dicevano: Siamo alle soglie di una nuova epoca
storica del nostro continente, piena di anelito di emancipazione totale, di liberazione da
qualsiasi servit, di maturazione personale e di integrazione collettiva (Med. 1,4).

La liberazione suppone che venga eliminato tutto ci che opprime, che l'uomo sia
aiutato a realizzare pienamente il proprio destino e che la storia venga costruita
nell'autentica comunit dei popoli. La strada per la liberazione sempre quella della
maturazione personale nella vera comunione degli uomini: fare in modo che ogni
uomo sia l'artefice principale del proprio successo o del proprio fallimento, che possa
crescere in umanit, che valga di pi, che sia di pi (Populorum Progressio 15).

La Chiesa a Medelln scopre una situazione dolorosa di sottosviluppo e di


emarginazione, prodotta da strutture di dipendenza sociale, economica, politica e
culturale. La radice del sottosviluppo la dipendenza ingiusta. Ci sono strutture
ingiuste mantenute colpevolmente da gruppi con interessi di potere che impediscono
a molti l'accesso alla cultura, la partecipazione alla vita politica, la migliore ripartizione
dei beni naturali. Da questo derivano gli atteggiamenti di protesta e le aspirazioni alla
libert. Da questo deriva anche la lotta di un impegno che liberi e renda umani (Med.
10,2).

9. Di fronte al fatto e all'urgenza della sua lotta, la Chiesa assume l'impegno


evangelico di liberare pienamente l'uomo, e tutti gli uomini. Ci proprio dell'essenza
della sua missione, in quanto continuatrice di quella di Cristo, il Salvatore. Dio
stesso che, nella pienezza dei tempi, manda suo Figlio affinch, fatto carne, venga a
liberare tutti gli uomini da tutte le schiavit alle quali li assoggetta il peccato. Nella
storia della salvezza, l'opera divina un'azione di liberazione integrale e di promozione
dell'uomo in ogni sua dimensione (Med. 1,3 e 4).

Non deve sembrare strano, perci, che, in fondo, quasi tutti i Documenti di Medelln
puntino allo stesso scopo: impegnare la Chiesa nel processo di promozione umana
integrale degli uomini e dei popoli, affinch ogni uomo e ogni popolo possa realizzare
liberamente la propria vocazione originale e personale.

A questo tendono anche l'impegno per una nuova evangelizzazione del continente
(che permetta una fede pi personale e comunitaria, pi matura e impegnata) e la
revisione delle strutture visibili della Chiesa.

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Non deve neppure sembrare strano che la maggioranza dei Documenti sia orientata
in base alle esigenze evangeliche della liberazione integrale e piena.

10. Alcuni di essi, tuttavia, meritano un'attenzione particolare, quali ad esempio, quelli
sulla Giustizia, l'Educazione, la Catechesi, i Movimenti laicali, la Povert della Chiesa.

Concretamente, nel campo dell'educazione, la liberazione viene presentata come


anticipazione della redenzione piena di Cristo (e quindi compito essenziale della
Chiesa) e come autentica creazione dell' uomo nuovo, fatto a immagine del Cristo
pasquale, primogenito tra molti fratelli (Med. 4,9).

L'educazione liberatrice quella che trasforma la persona da educare in soggetto


del proprio sviluppo concepita essenzialmente come creatrice; un'educazione
che anticipa il nuovo tipo di societ nella quale l'uomo (fatto persona in comunione) si
sente redento dalle servit ingiuste e si trasforma in artefice del proprio destino (Med.
4,8).

11. L'idea di liberazione costituisce una delle idee forza di Medelln, una linea
teologica presente nella maggioranza dei suoi Documenti.

necessario, tuttavia, interpretarla bene, in tutta la sua ricchezza biblica, in tutto il suo
contenuto pasquale ed escatologico, nella totalit delle sue esigenze evangeliche.

Non possiamo ridurre la liberazione alla pura e semplice sfera dell'interiore e del
definitivo (grazia ed escatologia) ma neppure all'elemento puramente storico e
temporale.

La liberazione dev'essere intesa, alla luce di Cristo e del suo mistero pasquale, nel suo
senso pieno: come realizzazione nel tempo della salvezza integrale, nella totalit
dell'uomo e della sua storia, nella tensione permanente verso la consumazione
escatologica.

La liberazione presuppone essenzialmente la creazione dell' uomo nuovo, in modo


nuovo, pieno e definitivo, secondo il modello del Signore risuscitato fatto uomo
nuovo (Ef 2,15) dallo Spirito di santit (Rm 1,4) che gli ha ridato la vita (Rm 8,11), il
che suppone l'essere ricreati in Cristo attraverso il dono dello Spirito e il
perfezionamento per mezzo della gloria.

Uomo nuovo vuol dire rapporti nuovi con Dio, con gli uomini, con il mondo. Vuol dire
uomo in piena comunione divina, fraterna, cosmica, uomo che veramente figlio di
Dio, fratello degli uomini e padrone delle cose; che si decide a creare una societ
nuova, pi giusta e fraterna.

12. La liberazione ha quindi un significato temporale e uno eterno. Si realizza gi


nella storia (o meglio, l'unico modo di realizzare la storia), per ancora non pu
essere perfetta fino a quando il Signore non torni. Si inserisce sempre nella tensione
della speranza escatologica. L'uomo si realizza nella sua pienezza compiuta (anche
sotto il profilo umano) nell'eternit. Egli sar definitivamente se stesso solo quando
raggiunger la perfezione della somiglianza a Dio (1 Gv 3,2).

La liberazione ha inoltre un significato spirituale e un significato materiale. tutto


l'uomo che dev'essere liberato (corpo e anima, cuore e coscienza, intelligenza e
volont) (GS 2). Ci significa togliere dal suo cuore il peccato che rende schiavi (Gv

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8,34), liberarlo dal potere delle tenebre per trasportarlo nel regno del Figlio dell'amore
(Col 1,10).

Ma significa anche liberarlo da tutte le servit derivate dal peccato (egoismo,


ingiustizia, ignoranza, fame, miseria, nudit, morte ecc.).

La liberazione, infine, ha un significato personale e uno sociale (in un certo senso, un


significato cosmico). Non solo l'uomo ad essere liberato: sono anche i popoli,
l'intera comunit umana, tutta la creazione, liberata gi nella speranza (Rm 8,20-
21). L'uomo pienamente liberato non solo nella sua interiorit personale, ma anche
nel suo rapporto essenziale con gli altri uomini e con il mondo intero.

L'uomo completamente libero quando pu fare liberi gli altri, quando pu costruire
liberamente la propria storia, quando pu preparare il mondo per la sua liberazione
completa. Solo allora sar veramente signore, a immagine di Cristo Signore della
storia.

II. IL SIGNIFICATO BIBLICO DELLA LIBERAZIONE

13. Il significato cristiano della liberazione piena, pacifica e feconda ci viene


manifestato solamente in Cristo e nel suo mistero pasquale.

Possiamo vederlo da tre punti di vista convergenti:

a) quello della storia della salvezza, che culmina nel mistero pasquale di Cristo,
Signore dell'universo. La liberazione si situa nel centro di questa storia;

b) quello della creazione dell'uomo nuovo, ri-creato in Cristo Ges per mezzo dello
Spirito. La liberazione tende essenzialmente alla creazione di questo uomo nuovo;

c) quello della speranza cristiana. La liberazione presuppone l'attivit creatrice della


speranza cristiana e tende al suo perfezionamento escatologico.

In definitiva, la liberazione si colloca sempre nella prospettiva di una pasqua (quella di


Cristo, quella dell'uomo e quella della storia).

a) La storia della salvezza

14. Raggiunge la sua pienezza in Cristo, unto dallo Spirito del Signore mandato per
evangelizzare i poveri, ad annunziare ai prigionieri la libert, a restituire ai ciechi la
vista, a rendere liberi gli oppressi (Lc 4,18-21).

Cristo ci libera dal peccato, dalla legge e dalla morte. Ci fa essenzialmente liberi: Per
essere liberi ci ha liberato Cristo (Gal 5,1). Annunciare il messaggio del regno ai
poveri e agli oppressi gi una forma di liberazione, quella operata dalla conoscenza
della verit, che ci fa liberi (Gv 8,32). Tutta la vita e la morte di Cristo fattosi schiavo
fino ad accettare la croce (Fil 2,7) hanno un significato di piena liberazione. Cristo lo
manifesta in special modo nei suoi miracoli: cacciare i demoni, curare una malattia,
risuscitare un morto, sono nello stesso tempo segni della gloria divina e della
liberazione dell'uomo.

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Il mistero liberatore di Cristo preparato nell'Antica Alleanza.

15. L'Esodo descrive la liberazione d'Israele dalla schiavit in Egitto. C' tutto uno
stato di oppressione che tende a far sparire i figli d'Israele (Es 1,11-14). Israele
comincia a prenderne coscienza e grida a Dio per essere liberato. Si sente oppresso
da una dura schiavit (Es 6,9).

Dio allora interviene e ispira la missione liberatrice di Mos (Es 2,23-24). La liberazione
presuppone sempre il risveglio della coscienza davanti alla profondit della miseria e
alla drammaticit della situazione.

L'intervento di Dio gratuito e definitivo; provocato da due motivi: dall'oppressione


ingiusta degli egiziani e dal clamore sollevato dagli israeliti. Ho ben veduto l'afflizione
del mio popolo che in Egitto e ho ascoltato i loro lamenti per causa dei suoi
oppressori: ben conosco i suoi affanni! sono sceso per liberarlo dalle mani degli
egiziani, per farlo salire da quella terra verso una terra buona e spaziosa... Or dunque
le grida dei figli d'Israele son giunte a me, e ho anche veduto l'oppressione con cui gli
egiziani li opprimono. Vieni, ti mander da Faraone e tu farai uscire dall'Egitto il mio
popolo, i figli d'Israele (Es 3,7-10).

Mos inviato dal Dio dell'Alleanza (il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe) (Es 3,13-15),
il Dio eternamente fedele alle sue promesse, che sta costantemente agendo in mezzo
al suo popolo, che, in definitiva, andr facendo la storia d'Israele.

16. Dio interviene per una liberazione politica ( Israele che esce dalla schiavit di
Egitto). Tale liberazione segner l'inizio del Popolo di Dio come popolo nuovo, libero,
consacrato (Es 6,5-7); un popolo che tra tutti i popoli della terra apparterr
esclusivamente a Jahv come regno dei sacerdoti e nazione santa (Es 19,4-6), per
essere erede e testimone dell'attesa messianica davanti al mondo (Ef 1,11-12).

Dio libera Israele facendolo uscire dalla casa della schiavit (Es 13,3) per condurlo
in una terra nuova. La Pasqua sar sempre il memoriale di questo avvenimento
salvifico e liberatore. Il passaggio del mar Rosso (Es 14) momento centrale
dell'intervento liberatore di Dio segner il punto di partenza per il popolo nuovo,
costituito definitivamente nella Alleanza del Sinai, come Popolo di Dio (Es 19,4-6;
24,3-8).

Il canto trionfale di Mos (Es 15) sar per sempre in Israele la celebrazione liturgica
della liberazione. Ogni israelita lo user per cantare la fedelt del Dio che salva. D'ora
in avanti per Israele Dio sar quello che fece uscire il suo popolo dall'Egitto. Tutte le
volte che (ad esempio nel caso del povero e oppresso dei salmi) si vorr far appello
alla fedelt del Dio dell'Alleanza per risolvere una situazione difficile, si ricorderanno le
meraviglie salvatrici di Dio che marca le acque del mar Rosso con il segno de una
nuova creazione e liberazione, vale a dire con il segno di una pasqua. Tutto il mondo
ricorder che Jahv ha tracciato una strada nel mare e un sentiero nelle acque
impetuose (Is 43,16).

17. Ci che importa, tuttavia, non il fatto materiale dell'uscita dalla casa della
schiavit, ma sia dal punto di vista della storia di Israele, sia, soprattutto, nella sua
prospettiva eminentemente religiosa la creazione di un popolo libero e consacrato, un
popolo che appartenesse esclusivamente a Dio (Es 19), un popolo figlio (Es 4,22), un
popolo sposa (Is 50,1; Os 2,1ss), un popolo erede delle promesse, principio e seme
della salvezza del mondo.

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Un popolo in cammino: che va facendo la sua storia guidato dalla mano di Dio, che
per ancora non ha raggiunto la sua tappa definitiva. La lunga peregrinazione nel
deserto necessaria per ravvivare l'attesa della terra nuova che stilla latte e miele,
per avere un'esperienza feconda del provvisorio e sentire materialmente i continui e
amorosi interventi del Dio che va compiendo la sua opera di liberazione.

Mancher soltanto l'attesa della pienezza dei tempi. Nel cuore del popolo di Israele,
in cammino verso la sua liberazione finale, si radica la speranza dei tempi messianici
annunciati dai profeti come tempi di giustizia, di libert, di pace, di prosperit, di
liberazione dalle potenze straniere, di riunione di quelli che erano dispersi nei paesi
stranieri. Cristo compir questa speranza e ne aprir una nuova.

18. Nel frattempo Israele caduto di nuovo per infedelt all'alleanza nella schiavit.
La voce dei profeti minaccia il castigo, chiama alla conversione e annuncia la
speranza. I prigionieri in Babilonia piangeranno il loro esilio e la loro oppressione
presso i salici del fiume, sospirando il ritorno alla propria terra. Anche questa volta Dio
interviene gratuitamente, per pura misericordia, e il Santo d'Israele si converte
essenzialmente nel Liberatore.

Questa seconda liberazione si inserisce nella stessa linea della prima: come
quando... il suo bastone (alz) sul mare come fece con gli egiziani. E sar in quel
giorno: allontaner il fardello di esso dalla tua spalla e il giogo di esso dal tuo collo
scomparir (Is 10,26-27).

Tutto ci, per, un cammino verso Cristo: appoggiandosi a Colui che ha liberato
Israele dall'Egitto, aspettano Colui che liberer Israele (Lc 24,21).

I salmisti interiorizzano fanno pi personale questa idea di liberazione. Spesso la


liberazione costituisce il tema della preghiera nei Salmi; unita al tema del povero,
dell'abbandonato, dell'oppresso. Liberami, Jahv, abbi piet di me (Sal 26,11).
Nelle tue mani raccomando il mio spirito, tu mi liberi, Jahv (Sal 31,6). Mio aiuto e
mia salvezza sei Tu Signore, non tardare! (Sal 70,6). Il Signore per il salmista sar la
Rocca, la Fortezza, il Liberatore (Sal 17,3).

19. I profeti invocano pressantemente la liberazione del povero, dello sfruttato,


dell'oppresso. Questo il vero digiuno e il vero culto.

Il digiuno voluto da Dio questo: Rompete... i legami della malvagit, sciogliete i


vincoli del giogo, rimandate liberi gli oppressi e infrangete ogni giogo. Spezza il tuo
pane all'affamato e i poveri raminghi conduci a casa tua, quando vedi un ignudo
rivestilo e non ritirarti da chi carne tua (Is 58,6-7).

Il vero culto sta in questo: Se voi migliorerete la vostra condotta e il vostro operato, se
agirete secondo giustizia tra l'uomo e il suo compagno, se non opprimerete lo
straniero... allora soltanto io abiter con voi in questo luogo (Ger 7,5-7).

Attraverso i profeti Dio continua a chiamare alla conversione dall'ingiustizia e


dall'oppressione. l'uomo stesso che deve essere interiormente liberato dal suo
egoismo per non diventare l'ingiusto dominatore degli altri.

Il profeta Amos si scaglia contro coloro che opprimono i deboli, schiacciano e


calpestano i poveri, sterminano gli umili, usano a torto bilance fraudolente,

61
calpestano la giustizia. Il vero culto non sta n nelle feste n nei sacrifici di torelli
grassi, ma nel far s che la giustizia scorra come un torrente perenne (Am 5,24).

Nel popolo d'Israele si va risvegliando la coscienza di uno stato di oppressione, cresce


la speranza in colui che deve venire a liberarlo e si intensifica il clamore.

Il Liberatore promesso viene chiamato Servitore di Jahv, eletto, formato e consacrato


per essere alleanza con il popolo, luce alle genti; perch tu aprissi gli occhi ai ciechi,
perch strappassi alle catene i prigionieri, dalla prigione coloro che dimorano nelle
tenebre (Is 42,6-7).

Lo Spirito di Jahv lo unge ed inviato per annunziare la buona novella ai poveri, per
curare i contriti di cuore, per chiamare a libert i prigionieri e alla liberazione i detenuti
(Is 61,1).

20. Cristo segna la pienezza dei tempi e l'adempimento delle profezie: Oggi si
compiuta questa scrittura (Lc 4,17-21). Egli nato sotto la legge per riscattarci dalla
schiavit della legge; nato da donna per darci la realt nuova di figli adottivi (Gal 4,4).

Essenzialmente, Cristo Colui che salver il suo popolo dai suoi peccati (Mt 1,21).
Si sottometter alla debolezza della carne di peccato, perch Egli colui che toglie il
peccato del mondo (Gv 1,29). Per liberare l'uomo dalla schiavit del peccato e dalla
morte, Cristo pagher il riscatto della propria vita (Mt 20,28). Comincer a far prendere
coscienza di uno stato di schiavit.

Chi fa il peccato schiavo (Gv 8,34). Voi avete per padre il diavolo (Gv 8,44).

La missione liberatrice di Cristo si realizza su due piani: quello delle anime (Cristo
annuncia la buona novella del regno la verit che ci fa liberi [cfr Gv 8,32] e introduce
nelle anime la grazia del perdono: sono perdonati i tuoi peccati [Mt 9,2]; una
maniera di farci passare dalle tenebre alla luce, di liberarci fondamentalmente dal
demonio e dal peccato) e quello dei corpi (Cristo sazia la fame materiale, guarisce gli
infermi, risuscita i morti).

In definitiva, si tratta di due aspetti di una stessa liberazione completa: se Cristo


guarisce e scaccia i demoni, segno che il regno di Dio giunto tra noi (Lc 11,20). Il
segno che Cristo colui che doveva venire infatti questo: I ciechi vedono, gli zoppi
camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risorgono, e la buona
novella annunziata ai poveri (Lc 7,20-23).

21. Il mistero pasquale segna il momento decisivo della nostra liberazione operata da
Cristo. Con la sua morte, risurrezione e ascensione al cielo, Cristo rompe i legami del
demonio, del peccato, della legge e della morte. Rende possibile un popolo nuovo
formato dall'unione di giudei e di gentili (Ef 2,14). Mediante l'effusione del suo Spirito
nella Pentecoste crea definitivamente l' uomo nuovo. Dal Padre manda lo Spirito di
adozione che cancella in noi lo spirito di schiavit (Rm 9,15). Questa sar ora la nostra
vocazione: Fratelli, siete stati chiamati alla libert (Gal 5,13).

Con il suo mistero pasquale, Cristo non tocca solamente l'interno dell'uomo: la carne
glorificata dell' ultimo Adamo anticipazione e pegno della liberazione futura del
nostro Corpo (1 Cor 15,12ss).

62
La liberazione si proietta su tutta la creazione liberata in speranza (Rm 8,24). Cristo
stato costituito definitivamente Signore dell'universo. Tutte le cose gli sono state
sottomesse dal Padre fin dal principio. Egli operer incessantemente nella storia per
mezzo della misteriosa comunicazione del suo spirito, cercando di far s che tutti gli
uomini entrino nel Popolo di Dio e che il popolo redento si trasformi in Chiesa.

Tuttavia, finch durer la storia, la liberazione star sempre facendosi. Ogni forma di
schiavit finir e Dio ci far definitivamente liberi soltanto al ritorno del Signore.
Allora finir l'egoismo che genera ingiustizia, schiavit e dipendenza. Allora sar anche
sottomesso l'ultimo nemico, la morte (1 Cor 15,26).

b) L' uomo nuovo

22. Il tema della liberazione intimamente legato a quello dell' uomo nuovo, creato
in Ges Cristo dallo Spirito (Ef 4,24; 2,15; Col 3,10ss), in accordo con il prototipo di
umanit nuova inaugurata nella persona di Cristo, risuscitato come ultimo Adamo (1
Cor 15,45).

Tutto l'Antico e il Nuovo Testamento indicano un rapporto con il nuovo. Cristo ci


porta l'elemento definitivamente nuovo, inaugura la nuova creazione; nella sua
risurrezione comincia l'umanit nuova.

Il cristiano l'uomo nuovo che s'impegna a rinnovare il mondo secondo il modello della
risurrezione di Cristo. L'uomo nuovo l'uomo creato nella giustizia e nella vera
santit.

tutta un'antropologia cristiana che si pone alla base della liberazione: l'uomo come
immagine di Dio, partecipa della sua intelligenza e della sua libera volont, dotato di
capacit per penetrare nel mistero delle cose e dominarle (Gn 1,28), chiamato alla
comunione profonda con lui, attraverso la conoscenza e l'amore, e fatto per portare a
termine l'opera della creazione attraverso la padronanza spirituale sul suo lavoro.

L'uomo va costruendo cos la sua storia: in permanente evoluzione creatrice, in un


rapporto esenziale con gli altri e con le cose; in un rapporto intrinseco e fondamentale
con Dio.

L'uomo soggetto attivo e non semplice oggetto del suo sviluppo integrale.
pienamente uomo quando ha la capacit di progettare il suo futuro, di formarlo
progressivamente con le ricchezze del presente e del passato; quando pu scoprire la
sua vocazione originale e i mezzi indispensabili per realizzarla; quando lo Spirito di
adozione pu gridare dentro di lui Abba! Padre! (Rm 8,15). Tutto ci che impedisce
all'uomo di essere se stesso e di realizzare liberamente il suo destino, distrugge in lui
l'immagine originale di Dio.

23. Anche qui si manifesta la forza liberatrice di Cristo nel mistero pasquale.
Incorporati alla sua morte e alla sua risurrezione per mezzo del battesimo, cominciamo
ad avere una vita nuova in Cristo (Rm 6,4). Non siamo pi schiavi del peccato ed
entriamo al servizio di Dio (Rm 6,6-13) Crocifissi con Cristo per il battesimo, Cristo
vive in noi (Gal 2,19-20).

L' uomo nuovo essenzialmente ricreato in Cristo dallo Spirito Santo: creati in
Cristo Ges (Ef 2,10), siamo in lui una creatura nuova: le cose vecchie sono
passate, ecco sono divenute nuove (2 Cor 5,17). Per mezzo del battesimo ci siamo

63
rivestiti di Cristo (Gal 3,27). L'unica cosa che conta ora la creatura nuova (Gal
6,15). All'uomo, nato dall'alto (Gv 3,31) si chiede che si spogli dell'uomo vecchio e si
rivesta dell' uomo nuovo (Ef 4,24; Col 3,10). Si richiede da lui che si purifichi dal
vecchio fermento per essere una massa nuova (1 Cor 5,7).

tutto l'uomo anima e corpo che si fa nuovo mediante lo Spirito di adozione che
ci stato comunicato, che abita dentro di noi come in un tempio e che ci d la
sicurezza del rinnovamento e della liberazione definitiva. Se lo Spirito di Colui che ha
risuscitato Ges dai morti abita in noi, Colui che ha risuscitato dai morti Cristo Ges,
render la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi
(Rm 8,11).

24. Per questo l' uomo nuovo essenzialmente l'uomo della pasqua.

l'uomo libero "eravate schiavi del peccato" ma ora liberati dal peccato siete diventati
schiavi della giustizia (Rm 6,17-18); l'uomo luce: Eravate un tempo tenebre, ma ora
siete luce nel Signore (Ef 5,8); l'uomo fratello: Colui che ama suo fratello dimora
nella luce e nessun ostacolo in lui. Ma chi odia suo fratello nella tenebra (1 Gv
2,10-11); l'uomo Cristo: Vivo, ma non io, vive invece Cristo in me (Gal 2,20);
analogamente l'uomo dell'unit: Creare in se stesso dei due un solo uomo nuovo,
ristabilendo la pace (Ef 2,15). Vi siete rivestiti dell'uomo nuovo..., dove non vi pi
n Greco n Giudeo... ma in tutto e in tutti Cristo (Col 3,10-11). Vi siete rivestiti di
Cristo: non c' pi n Giudeo n Greco... Tutti siete uno solo in Cristo Ges (Gal 3,27-
28).

L'uomo nuovo l'uomo liberato dal peccato e dalla morte attraverso la comunicazione
dello Spirito: La Legge infatti dello spirito di vita in Cristo Ges (mi) ti ha liberato dalla
Legge del peccato e della morte (Rm 8,2). Il dato specifico dell'uomo nuovo figlio di
Dio la libert dello Spirito. Non abbiamo ricevuto lo spirito di servit ma quello di
adozione (Rm 8,15).

25. Ri-creato in Cristo Ges, l'uomo esprime ora un rapporto nuovo con gli altri e con
tutta la creazione. Nato da Dio (1 Gv 4,7), sente l'urgenza di impegnarsi, perch
ama Chi ha generato, con tutto quello che nato da lui (1 Gv 5,1). Amatevi
ardentemente a vicenda con tutto il cuore (come esseri ri-generati) (1 Pt 1,22-23).
libero solo chi si sforza veramente di rendere liberi gli altri.

Anche il rapporto con il mondo nuovo. Fatto libero nel Cristo pasquale, l'uomo si
sforza di portare a termine l'opera della creazione, liberandola cos progressivamente
della servit della corruzione e preparandola a partecipare alla gloriosa libert dei figli
di Dio (Rm 8,20-21). L'uomo nuovo migliora le cose, rende pi confortevole il mondo e
prepara nel tempo i germi della nuova terra e dei nuovi cieli.

L'uomo nuovo partecipa alla Signoria di Cristo sull'universo: Tutto vostro; ma voi
siete di Cristo e Cristo di Dio (1 Cor 3,22-23).

L'uomo nuovo fondamentalmente l'uomo cristiano, vale a dire l'uomo in Cristo,


sempre che lo intendiamo in tutta la sua ricchezza ed esigenza evangelica.

L'uomo nuovo l'uomo spirituale, vale a dire quello che vive secondo lo Spirito
(Rm 8,5ss).

64
In sintesi: l' uomo nuovo quello che pu costruire liberamente la sua storia, essere
veramente artefice del suo destino, realizzare pienamente la sua vocazione umana e
divina.

Questo uomo nuovo esiste, perch lo Spirito del Signore Ges ci sta continuamente
ri-creando in Cristo; ma ancora prigioniero di molte schiavit che nascono
dall'egoismo e dall'ingiustizia e gli impediscono di essere se stesso, cio di assumere
effettivamente il ruolo di agente e soggetto del proprio sviluppo integrale che procede
verso la sua pienezza.

La moltiplicazione di questo uomo nuovo urgente. Non avremo un continente


nuovo senza strutture nuove e rinnovate; soprattutto non ci sar un continente nuovo
senza uomini nuovi, i quali, alla luce del Vangelo, sappiano essere veramente liberi e
responsabili (Med. 1,3).

c) La speranza cristiana

26. Infine, il tema della liberazione si riallaccia a quello della speranza cristiana. La
nostra salvezza oggetto di speranza (Rm 8,24). Siamo stati sigillati dallo Spirito
per il giorno di redenzione (Ef 4,30).

San Paolo chiama il cristiano colui che spera (Ef 2,12-13); san Pietro, colui che sa dare
ragione della sua speranza (1 Pt 3,15). Ma la speranza cristiana essenzialmente
produttiva e creatrice. Il cristiano l'uomo impegnato a ricreare continuamente le cose,
a ri-fare la storia, scoprendo e anticipando il futuro.

Dal punto di vista biblico, la liberazione nasce dalla Pasqua e si consuma


nell'escatologia. Sul piano personale, la rivelazione comincia con il battesimo in cui il
nostro uomo vecchio stato crocifisso e abbiamo smesso di essere schiavi del
peccato (Rm 6,6) e raggiunge la sua pienezza nella gloria, quando saremo
somiglianti a lui, perch lo vedremo quale egli (1 Gv 3,2).

Il punto finale della liberazione segnato dall'escatologia, il ritorno del Signore. L'uomo
raggiunger la pienezza dell'immagine allora, quando il Salvatore e Signore Ges
Cristo trasfigurer il corpo della nostra umiliazione, rendendolo simile al corpo della
sua gloria (Fil 3,20-21). Sar la manifestazione dell'uomo definitivamente nuovo nella
rivelazione gloriosa di Cristo, nostra vita (Col 3,3-4).

la tensione inevitabile e gioiosa della speranza cristiana. L'essere nuovo ci gi


stato dato nella vita nascosta con Cristo in Dio; ma ancora non stato
pienamente manifestato. Gi ora siamo figli di Dio, per ancora non evidente
ci che saremo (1 Gv 3,1-2). Gi lo Spirito abita in noi come anticipo e pegno della
redenzione futura, ma stiamo sospirando dentro di noi per la redenzione del nostro
corpo (Rm 8,23). La speranza cristiana possesso e desiderio, riposo e attivit,
presenza e cammino.

27. Il momento finale della missione liberatrice di Cristo sta per giungere ed oggetto
della nostra speranza: siamo in attesa della beata speranza e della gloriosa
manifestazione del grande Iddio e Salvatore nostro Ges Cristo, che sacrific se
stesso per redimerci da ogni iniquit e prepararsi un popolo eletto (Tt 2,13-14).

Solo allora l'uomo sar strappato dalla schiavit della morte, l'ultimo nemico che lo
opprime. Cristo sar l'unico Signore al quale tutte le cose si sottometteranno

65
spontaneamente ed egli stesso consegner il suo dominio al Padre perch Dio sia tutto
in tutte le cose (1 Cor 15,26-28).

Attraverso il suo mistero pasquale morte, risurrezione e ascensione al cielo Cristo


stato costituito Signore dell'universo. Questo Ges che gli uomini hanno crocifisso,
Dio l'ha costituito Signore e Messia (At 2,36). Il supremo annichilamento della croce
la via che porta alla sua definitiva esaltazione come Signore a gloria di Dio Padre
(Fil 2,5-11).

Cristo, per mezzo del quale tutte le cose sono state create (Gv 1,3; Col 1,16) nella
prima creazione, ora il Principio della ri-creazione (Col 1,8), assume la storia e
ricapitola in s tutte le cose..., quelle nei cieli e quelle che sono sulla terra (Ef 1,10).

Egli stabilisce cos un rapporto profondo tra la creazione e la redenzione, tra l'ordine
della natura e quello della grazia, tra la storia umana e quella della salvezza.

Elevato alla destra del Padre, costituito Signore della storia, Cristo esercita ora il suo
potere attraverso l'attivit impegnata dei cristiani; ma sempre in una tensione creatrice
di speranza.

28. Nel frattempo tutta la creazione attende, tra le doglie del parto, il momento della
manifestazione della gloria di Dio, della definitiva liberazione da ogni schiavit e della
partecipazione alla gloriosa libert dei figli di Dio (Rm 8,18-23). La speranza biblica
essenzialmente una speranza cosmica: orientata verso l'unico futuro del mondo.
Quando il Signore ritorner, la creazione intera sar liberata da ogni schiavit e il
mondo sar definitivamente trasfigurato.

La liberazione escatologica si manifesta cos a tre livelli:

quello dell'uomo definitivamente nuovo immagine di Dio, figlio di Dio,


Signore delle cose;

quello dei popoli, che avranno raggiunto la meta della loro storia, si saranno
integrati pienamente nella comunit umana e formeranno veramente l'unico Popolo di
Dio, il Popolo delle promesse e dell'alleanza;

quello del mondo: che sar trasformato in cieli nuovi e terra nuova in cui abiter
la giustizia (2 Pt 3,13).

29. Ma la speranza cristiana essenzialmente attivit e impegno; non una attesa


passiva e oziosa della felicit dell'aldil, di una liberazione futura; non evasione dal
tempo, ma costruzione effettiva della storia. La speranza escatologica non diminuisce
l'importanza degli impegni terreni, ma anzi d nuovi motivi a sostegno dell'attuazione di
essi (GS 21).

Nella valutazione positiva dei beni temporali sempre aperti alla perfezione
escatologica, il cristiano si sente impegnato a livello evangelico a cambiare
incessantemente il mondo, a creare condizioni di vita veramente umane, a fare ogni
giorno la storia, in perfetta comunione con i suoi fratelli. In virt del dinamismo creatore
della speranza escatologica, il cristiano si lancia ogni giorno a trasformare la terra e a
preparare il mondo futuro.

66
La liberazione qualcosa che si sta gi compiendo dalla pasqua di Cristo, ma che
ancora non pu essere completa finch il Signore non ritorni. Nel frattempo un
impegno che viene essenzialmente dalla Chiesa, in quanto continuatrice della missione
unica di Cristo: salvare il mondo, redimerlo, liberarlo.

III. MISSIONE LIBERATRICE DELLA CHIESA

30. Considerando cos la liberazione nel suo contesto globale: spirituale e materiale,
personale e sociale, temporale ed eterno, la Chiesa non pu assumerla come
compito proprio, come missione essenziale. In definitiva, la Chiesa come Cristo deve
provvedere alla salvezza integrale di tutti gli uomini e di tutti i popoli. Cristo, nostro
Salvatore..., ha incentrato la sua missione nell'annunzio della sua liberazione ai
poveri (Med. 14,7).

Si tratta, tuttavia, di collocare la liberazione nel suo contesto biblico e pasquale; si


tratta, cio, di una liberazione piena; ci significa, anzitutto, togliere il peccato del
mondo quel peccato che fondamentalmente rende schiavi (Gv 8,34).

Liberare completamente l'uomo significa metterlo in condizioni tali che egli possa
essere veramente l'artefice del suo destino temporale ed eterno, che possa realizzare,
con la perfetta libert alla quale stato chiamato (Gal 5,13), la sua unica vocazione
umana e divina; il che esige di aiutare l'uomo a liberarsi da tutte le schiavit derivate
dal peccato.

a) Situazione di peccato

31. La missione unica della Chiesa sacramento universale di salvezza comporta,


come in Cristo, di togliere il peccato del mondo (Gv 1,2): perch la salvezza
comporta sempre una liberazione dal peccato mediante la comunicazione della grazia
di Cristo che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del
Figlio del suo amore, nel quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati (Col
1,13-14).

Medelln ci parla di una situazione di peccato (Med. 2,1), e si riferisce concretamente


a una situazione di ingiustizia che grida al cielo, che genera tensioni e provoca
violenza, che mantiene ingiustamente in uno stato di oppressione, di dominio e di
dipendenza uomini e popoli. Conviene spiegare un po' meglio questa espressione che
pu sembrare piuttosto dura e forse ingiusta; tuttavia, nessuna liberazione ha senso se
non nella doppia prospettiva di una vocazione fondamentale alla libert e di una
dolorosa esperienza del mistero di iniquit che sta sempre operando (2 Ts 2,7).

32. Il peccato si verifica sempre all'interno dell'uomo, il quale grazie alla sua libert
capace di rifiutare l'amore e di instaurare l'ingiustizia: vale a dire, capace di rifiutare
Dio. Fondamentalmente sempre l'uomo che pecca. Per dall'ambito personale si
passa alle attivit dell'uomo, alle sue istituzioni e alle sue cose, alle strutture che egli
ha creato. La stessa creazione opera del Dio buono pu essere sottoposta alla
vanit e alla schiavit per volere di Colui che ve l'ha assoggettata (Rm 8,20).

Nascono da qui delle situazioni che, se soggettivamente non sono dovute alla
responsabilit immediata di molti, risultano essere, tuttavia, oggettivamente delle
situazioni di peccato: esse costituiscono un disordine, lo manifestano e lo generano.

67
compito della Chiesa scoprirle, denunciare le cause oggettive che ne formano
l'origine, aiutare a superarle nella misura in cui dipendono dalla volont colpevole degli
uomini. Non sempre le differenze sociali l'emarginazione o la dipendenza sono
dovute a una ingiustizia immediata e quindi rivelatrice di una situazione di peccato. A
volte fanno parte di un disegno divino, il cui mistero dev'essere penetrato in un altro
modo.
L'uomo, a volte, l'unico responsabile della sua infedelt personale alla sua vocazione
divina che lo chiama a uno sviluppo integrale, del non accettare generosamente il
proprio destino, del non uscire da una schiavit esterna o interna che lo opprime, del
mantenersi passivamente sotto il dominio di altri o sotto la schiavit della propria
natura, del non decidersi ad essere pienamente se stesso. Il peccato sta dunque
dentro l'uomo stesso. Qui il compito liberatore della Chiesa consiste nel fargli scoprire
la sua origine divina e la sua missione, nel risvegliare la sua coscienza, nell'infondergli
la potenza vivificatrice dello Spirito.

33. Ci sono, tuttavia, situazioni che dipendono da atteggiamenti ingiusti, pi o meno


consci, di altri, atteggiamenti che fondamentalmente danno origine a uno stato di
oppressione e di dipendenza: l'accumulazione eccessiva di beni materiali, che Dio ha
creato per il servizio di tutti, in mano di pochi, con la conseguente situazione di miseria
della maggioranza (fame, nudit, malattia, mancanza di case, di lavoro...);
accaparramento del potere decisionale da parte di pochi con la conseguente
mancanza di partecipazione della maggioranza; condizioni infraumane di esistenza che
rendono praticamente impossibile a molti l'accesso ai beni della civilt e della cultura;
interesse di pochi a ritardare ingiustamente lo sviluppo integrale degli altri.

Tutto questo costituisce un opprimente stato di dipendenza a livello di popoli, di classi


e di persone che impedisce il pieno esercizio della libert. La dipendenza sociale,
economica, politica e culturale impedisce che un uomo o un popolo si realizzino nella
loro propria originalit.

Il peccato qui sta nell'ingiustizia degli uomini che per egoismo, per evasione o per
insensibilit creano o mantengono colpevolmente delle strutture che opprimono la
dignit umana, dando origine a uno stato di violenza istituzionalizzata che provoca
facilmente le esplosive tentazioni della disperazione (Paolo VI). Tutto ci distrugge,
ostacola o sfigura l'immagine di Dio nell'uomo. Attacca Dio (e questo il peccato)
attaccando la sua opera. Rende difficile la libert personale e compromette la pace.

34. compito della Chiesa della sua missione liberatrice di denunciare


profeticamente queste ingiustizie, di risvegliare la coscienza delle classi dirigenti e di
impegnare i suoi membri nella trasformazione pacifica, ma rapida, globale e profonda,
delle strutture. compito della Chiesa ispirare, promuovere e assumere la
responsabilit di un cambiamento autentico che non solo renda possibile agli uomini di
avere di pi e di vivere meglio, ma anche di essere di pi e di trasformarsi
realmente in liberi artefici del proprio destino.

Nella sua missione liberatrice, la Chiesa non pu tranquillizzare gli oppressi,


addormentarli nella loro schiavit o alienarli nella loro rassegnazione. La sua missione
di annunziare ai prigionieri la libert... rendere liberi gli oppressi (Lc 4,18).

b) Missione della Chiesa

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35. La missione della Chiesa, come quella di Cristo, di liberare dal peccato (ma in
tutte le sue forme e in tutte le sue conseguenze). Il suo compito diretto non di
costruire la citt terrena, ma di preparare nel tempo la Gerusalemme finale. La
Chiesa... ha una finalit di salvezza ed escatologica (GS 40). La sua missione
esclusivamente religiosa (GS 42), ma per ci stesso profondamente umana (GS
11).
La missione essenziale della Chiesa di annunziare la buona novella del regno, che ci
viene dato gi da adesso; di ri-creare gli uomini in Cristo, di condurli per mezzo dello
Spirito alla loro pienezza compiuta nella gloria del Padre. In altre parole, la sua
missione essenziale di offrire a tutto l'uomo (anima e corpo, tempo ed eternit) la sua
salvezza integrale; cosa che suppone l'impegno a liberarlo gi da adesso dal peccato e
dalla schiavit, ad aiutarlo a realizzare tutti i suoi valori umani, e inserirlo nel Cristo vivo
per mezzo della fede e della carit.

Nasce cos la missione evangelizzatrice della Chiesa, eminentemente religiosa e


apostolica. Il messaggio centrale sar sempre lo stesso: Che Cristo morto per i
nostri peccati secondo le Scritture, che fu sepolto e fu risuscitato secondo le Scritture il
terzo giorno (1 Cor 15,3-4), vale a dire, il nostro compito sempre di annunziare la
buona novella di Ges (At 8,35).

La realt religiosa del nostro popolo battezzato nella gran maggioranza, ma


evangelizzato solo superficialmente esige un impegno serio in tutti i membri della
nostra Chiesa: quella di assimilare profondamente la parola di Dio per portare gli
uomini a una cosciente purificazione della loro fede, alla loro piena maturazione e al
loro autentico impegno. Sar tutto il lavoro di una catechesi e di una liturgia
autenticamente rinnovate.

36. Tuttavia, l'evangelizzazione trasmissione della buona novella della salvezza


attraverso la parola e la testimonianza se autentica comprende necessariamente
tutto l'ambito della promozione umana, se integrale e piena. Si tratta di campi
essenzialmente distinti, ma misteriosamente compenetrati e inseparabilmente uniti.

La missione della Chiesa una sola: salvare integralmente l'uomo, cos come la
vocazione ultima dell'uomo effettivamente una sola, quella divina (GS 22).

Non possiamo ridurre il Vangelo a una semplice dichiarazione dei diritti dell'uomo n a
una violenta protesta contro l'ingiustizia dei potenti. Il Vangelo essenzialmente la
manifestazione della grazia salvatrice d'Iddio (che) si manifestata... a tutti gli
uomini (Tt 2,11), un postulato alla conversione e alla fede, perch il Regno di Dio
entrato nella storia attraverso Cristo (Mc 1,15). un invito all'annichilamento e alla
croce come condizione essenziale dell'imitazione del Signore (Mt 16,24).
un'esortazione alla vigilanza e alla fedelt (Mt 4,44). Il Vangelo essenzialmente la
rivelazione all'uomo dell'azione salvatrice di Dio.

Perci stesso, tuttavia, il Vangelo non pu ridursi a una proclamazione astratta dei
misteri divini, completamente staccato dalla situazione concreta dell'uomo che
dev'essere salvato, e che dev'esserlo gi da ora. Le beatitudini evangeliche
costituiscono una meta che si deve cominciare a raggiungere gi nel tempo.

37. A Ges Cristo interessa l'uomo del suo tempo. Si identifica con lui nella sua
situazione concreta e lo assume nella sua totalit, meno che nel peccato. Sente la
necessit di aprirgli i misteri del regno dei cieli (Mt 13,11), ma sente compassione
della moltitudine che lo segue in povert (Mt 15,32). Concede al paralitico la grazia

69
del perdono dei suoi peccati, ma gli restituisce anche la scioltezza delle membra
paralizzate (Mc 2,1-13). Invia i suoi apostoli ad annunziare la buona novella, ma d
loro anche il potere di curare gli infermi dovunque vadano (Lc 9,1-6): vale a dire che la
proclamazione del regno e la sua vicinanza vanno sempre di pari passo con una
liberazione e promozione dell'uomo. Il segno che il regno di Dio giunto a noi che
Cristo scaccia il male per mezzo dello Spirito di Dio (Mt 12,28).

Quando la promozione umana viene intesa nella sua dimensione totale (inserimento
vitale in Cristo fino alla vita eterna), inseparabile da un'autentica evangelizzazione,
che deve portare l'uomo a una piena realizzazione della sua immagine divina. Quando
l'uomo non pu partecipare ai beni della civilt e della cultura, quando non pu liberarsi
da se stesso dalle schiavit che lo opprimono, quando non pu essere egli stesso
l'artefice della sua vocazione divina, la Chiesa si sente impegnata a proclamare il
Vangelo della salvezza, chiamando i responsabili alla conversione, rendendo
testimonianza della verit, reclamando la giustizia, chiedendo insistentemente l'amore.

38. Tuttavia, la missione profetica della Chiesa responsabilit di tutto il Popolo di


Dio, dev'essere necessariamente esercitata in modo diverso dal clero e dai laici. Tutti
siamo responsabili della stessa missione evangelizzatrice della Chiesa: ma in modi
diversi.

Anche nel campo della pura e semplice proclamazione della fede in ordine a una
religiosit pi profonda e pi matura, il laico deve assumere la sua condizione,
essenzialmente secolare, e realizzare la sua missione apostolica con la parola e la
testimonianza, impegnandosi a fondo in tutti e singoli i doveri e affari del mondo, e,
guidato dallo spirito evangelico, santificare il mondo dall'interno a modo di fermento
(LG 31). La vocazione apostolica dei laici l'impegno concreto della loro fede deve
esplicarsi dall'interno, e non dal di fuori del proprio impegno temporale (Med. 10,11).

39. Tuttavia, nell'ambito della promozione umana che la missione evangelizzatrice


della Chiesa esige una netta delimitazione dei campi, affinch i laici non esigano dalla
gerarchia vescovi e sacerdoti ci che non pu dare. Dai sacerdoti i laici possono
aspettare un orientamento e un impulso spirituale, ma non debbono pensare che i
loro pastori siano sempre in grado di poter dare loro immediatamente una soluzione
concreta per tutte le questioni, anche gravi, che si presentano. Non questa la loro
missione. Piuttosto i laici assolvano la loro funzione alla luce della sapienza cristiana e
con l'osservanza attenta della dottrina del Magistero (GS 43). Compito dei pastori di
animare i gruppi apostolici, facendoli riflettere e maturare nell'azione attraverso un
costante riferimento al Vangelo.

La Gerarchia vescovi e sacerdoti esposta a un doppio rischio: di assumere


atteggiamenti specifici dei laici (nuova forma di clericalismo), o di evitare
sistematicamente per ignoranza, insensibilit, paura o mancanza di comprensione di
quello che comporta la sua missione specifica (obbligo assoluto di evangelizzare,
impegno pieno del lato spirituale e di quello religioso) la denuncia concreta delle
ingiustizie evidenti, il richiamo chiaro e coraggioso ai principali responsabili affinch
trasformino rapidamente e globalmente le strutture che attentano alla dignit umana e
alla promozione dei popoli.

CONCLUSIONE

70
40. Ci troviamo di fronte a un fatto: l'aspirazione legittima di tanti uomini e di tanti
popoli che anelano la loro liberazione. un'aspirazione che sorge da una coscienza
sempre pi chiara della propria vocazione originale e dalla dolorosa esperienza delle
diverse forme di schiavit inumane.

Tocca alla Chiesa illuminare tale aspirazione dalla sua prospettiva pastorale e
impegnarsi audacemente per la piena liberazione dell'uomo, affinch questi possa
essere veramente l'artefice del proprio destino, il realizzatore della storia, il costruttore
libero e attivo del proprio futuro.

Se non lo far la Chiesa con le efficaci armi dello spirito, cercheranno di farlo altri
con la disperata violenza del sangue.

Di qui la responsabilit comune dei cristiani. Pacificatori (Mt 5,9) per la loro stessa
essenza, dovranno essere i testimoni del Vangelo della salvezza (Rm 1,16), i profeti
della giustizia, gli ardenti araldi dell'amore.

Essi stessi cominceranno a farsi liberare da Cristo e a farsi trasformare dallo Spirito
nell' uomo nuovo (Ef 4,24; Col 3,10), nella nuova creazione (Gal 6,15), nel nuovo
fermento (1 Cor 5,7), trasformandosi per gli uomini in autentici artefici della
liberazione cristiana la pacifica e profonda liberazione dello Spirito che nata dalla
pasqua di Ges e sar compiuta con la venuta gloriosa del Signore della storia.

Per essere liberi ci ha liberato Cristo (Gal 5,1). Questa ora la nostra vocazione.

La nostra missione, come quella di Cristo di evangelizzare i poveri... annunziare ai


prigionieri la libert... rendere liberi gli oppressi (Lc 4,18).

71
72
FIGURA TEOLOGICO-SPIRITUALE
*
DEL VESCOVO

INTRODUZIONE: IL MOMENTO EPISCOPALE

1. necessario comprendere bene, anzitutto, il momento episcopale. pieno di


ricchezze e di rischi, di luminosit e di ombre, di comunione e di tensioni. Alla luce dello
Spirito dobbiamo scoprire le esigenze della nostra ora e sforzarci di essere fedeli,
assumendo con gioia il nostro impegno e con serenit il nostro difficile ministero.

Non mai stato n facile n comodo essere vescovi. Sempre la parola di Dio che ci
han caricato sulle spalle nell'ordinazione sacerdotale si convert in dolorosa e
soavissima esigenza. Ma oggi risulta tremendamente difficile ed eroico. Chi di noi, in
un'ora come questa, desidererebbe essere vescovo? E chi non ha sentito una qualche
volta la tentazione di liberarsi con la rinuncia? passato il tempo in cui la figura del
vescovo era venerata, la sua parola indiscussa, la sua autorit pienamente accettata.

Oggi il vescovo diventato un segno di contraddizione. , pi che mai, l'uomo


crocifisso. L'importante comprendere che ci qualcosa di divino e gustare nella
gioia dello Spirito la fecondit della croce. la croce di non veder chiaro. La croce
della ricerca di nuove forme pastorali. La croce di non essere compresi nelle nostre
esigenze e accettati nei nostri limiti. La croce di non saper comprendere pienamente gli
altri. La croce di no capire integralmente il linguaggio delle generazioni nuove. La croce
dell'impotenza. La croce di doverci spogliare di un pensiero che ci sembrava infallibile,
distaccarci da atteggiamenti che ci risultavano sicuri, abbandonare metodi che
avevamo gi assimilati. La croce di dover essere sempre disponibili ad ascoltare, ad
imparare, per cominciare tutti i giorni da capo.

2. Il Concilio Vaticano II esplicitando e completando l'ecclesiologia del Vaticano I


ha sottolineato la figura del vescovo: come sacramentalmente partecipe della
consacrazione e missione di Cristo. Maestro, Pastore e Pontefice (LG 21; CD 2); come
membro del collegio episcopale (LG 22; CD 2 e 3); come principio visibile di unit nella
sua Chiesa particolare (LG 23). Tutto questo, che costituisce la sua grandezza, si
converte pure in peso di responsabilit.

La funzione del vescovo si definisce oggi come atteggiamento essenziale di ministero,


servizio o diaconia (LG 24). L'ecclesiologia del Vaticano II si incentra
*
La riflessione Figura teologico-spirituale del vescovo fu preparata da Mons. Eduardo Pironio, allora
vescovo-segretario generale del CELAM, per essere presentata all'assemblea plenaria di quello che allora
si chiamava Consejo Episcopal de Amrica Central CEDAC. Quest'assemblea si tenne nella citt di
Antigua Guatemala, verso la fine di maggio del 1970.

La riflessione venne in seguito pubblicata nel Bollettino CELAM del mese di giugno del 1970, n. 34.

73
fondamentalmente nella misteriosa realt del Popolo di Dio. I pastori sono stati
consacrati dallo Spirito per pascerlo continuamente e incrementarlo, per servirlo, cio,
in ordine alla salvezza (LG 18). Per ci stesso la figura del vescovo dev'essere definita
sulla base di una particolare configurazione a Cristo Pastore, del suo eccelso
ministero (LG 21) a vantaggio dell'intero Popolo di Dio, e ancora sulla base di una
chiara intuizione dei segni dei tempi.

Comprendere il momento episcopale significa, quindi, comprendere che qualcosa


di nuovo sta succedendo nella Chiesa e nel mondo.

Il vescovo situato in una Chiesa che si rinnova incessantemente per la forza dello
Spirito, per essere luce delle genti (LG 1) e universale sacramento della salvezza
(LG 48). Una Chiesa che essenzialmente Popolo di Dio adunato nell'unit del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (LG 4). Il vescovo sorge dall'identit
fondamentale di questo popolo per presiederlo nel nome del Signore, non come chi
comanda, ma come chi serve. Per voi sono il vescovo. Con voi sono il cristiano
(sant'Agostino).

Il vescovo posto in un mondo che cambia profondamente e acceleratamente (GS 4)


e che pone alla Chiesa interrogativi e aspirazioni nuove (GS 9 e 10). Un mondo che si
ridesta alla coscienza dei propri valori, che aspira alla completa liberazione dell'uomo
e che esige sempre pi la presenza salvifica della Chiesa. Un mondo in marcia verso
l'unit, sofferente di dolorose tensioni. Un mondo che scopre l'ingiustizia, soffre squilibri
profondi portando alla ribalta continue tentazioni di violenze.

In questa situazione nuova della Chiesa e del mondo, il vescovo esercita il suo
ministero pastorale sicuro della potenza dello Spirito Santo che lo ha rivestito di forza
per essere l'autentico testimone della Pasqua (At 1,8).

3. Il momento episcopale pieno di ricchezze. Il vescovo realizza una particolare


presenza di Cristo (LG 21). Gli conferita in un modo speciale e nuovo la grazia dello
Spirito Santo per il sommo sacerdozio o somma del sacro ministero. Respira la
certezza dell'indefettibile successione apostolica (LG 20).

Ma il momento episcopale anche pieno di dolorose tensioni. Si danno, in primo


luogo, nel cuore stesso del vescovo: vuole essere fedele alla verit, senza
adulterazioni (2 Tm 4,1-5); comprende che il vangelo della salvezza (Rm 1,16)
essenzialmente la predicazione di un Cristo crocifisso (1 Cor 1,23) e che, nel suo
ministero, non deve ricercare il favore degli uomini, ma quello di Dio (Gal 1,9-10). Sa
per anche che, a volte, non pu parlare agli uomini come a spirituali, ma come a
esseri di carne, come a bambini in Cristo (1 Cor 3,1). La sua funzione di maestro si fa
tremendamente dolorosa. Non tutti accettano facilmente la sua irrinunciabile missione
di profeta. Alcuni vorrebbero un messaggio pi tranquillo e disinteressato. Altri un
Vangelo pi teso e rivoluzionario.

Lo stesso avviene con la sua funzione di pastore. Sa che deve precedere le sue
pecore con l'esempio e l'esortazione, che deve sforzarsi di conoscerle una ad una nella
loro complicata interiorit, che dev'essere disposto a spendere quotidianamente la sua
vita per esse. Ma sa anche che ha ricevuto dal Signore una potest sacra non per
distruggere, ma per costruire; non per essere servito, ma per servire e che tale
potest sacra richiede, a volte, l'esercizio fermo dell'autorit.

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Nel suo intimo il vescovo soffre. Sa che deve ascoltare i suoi sudditi per scoprirvi la
voce dello Spirito. Ma la fedelt alla parola richiede a volte di dissentire dai giudizi degli
altri. Sa che deve avere un cuore di padre, fratello e amico pieno di comprensione e
di inesauribile misericordia ma sa anche che il servizio definitivo per il bene totale dei
suoi figli, fratelli e amici, gli impone atteggiamenti di fermezza apostolica e di apparente
durezza evangelica.

Esternamente la figura del vescovo viene oggi fortemente messa in causa. Il suo
magistero discusso. La sua autorit respinta o sminuita. Il vescovo viene oggi a
trovarsi con frequenza al centro delle contestazioni e critiche che si agitano in
seno allo stesso Popolo di Dio. Dal vescovo si esige molto: viene ogni giorno
osservato, interpretato, discusso. Frequentemente si va ben pi in l dei suoi giusti
reclami. In ogni caso non gli si fa la giustizia di capirlo nella misteriosa povert dei suoi
limiti umani.

Ma oggi questo uno dei segni dei tempi. bene che li penetriamo con serenit e
siamo generosamente fedeli agli inviti dello Spirito. evidente che esiste oggi, in
moltissimi casi, una pericolosa crisi di fede, una perdita del senso soprannaturale, un
misconoscimento del mistero della Chiesa nella sua realt invisibile e divina. Ma
ugualmente certo che lo Spirito di Dio sta chiamando noi vescovi attraverso le
contestazioni e le crisi ad una revisione dei nostri atteggiamenti di fondo, ad una pi
profonda comprensione della nostra funzione ministeriale, ad una pi umile e generosa
assunzione della nostra insostituibile diaconia episcopale. Sar troppo duro affermare
che abbiamo bisogno di convertirci ogni giorno?

4. In ogni caso questo momento episcopale cos provvidenzialmente ricco e


difficile richiede da noi tre atteggiamenti fondamentali: povert, fiducia, comunione.

Povert. Nel riconoscimento sereno dei nostri limiti, nell'accettazione lieta dell'aiuto
che ci viene dagli altri, nell'imperiosa necessit di una costante comunicazione del
Signore. Il vescovo non sa tutto, non pu tutto. E tuttavia il popolo gli chiede tutto,
come se fosse perfetto. Oggi si sono allargati i campi della sua attivit pastorale
(superando, inoltre, i confini della sua Chiesa particolare), si sono acutizzati i problemi,
moltiplicate le esigenze del suo servizio, si fatto pi chiaro il senso della sua
responsabilit universale. una grazia di Dio non perdere la pace quando le cose si
complicano. Che fare quando i compiti soverchiano i nostri talenti e le nostre forze?
Avere la semplicit sufficiente per riconoscerci incompleti e approfittare dei lumi dei
nostri provvidi cooperatori e necessari consiglieri. Il vescovo povero
necessariamente ascolta, consulta, riceve. Soprattutto il vescovo povero confida, prega
e si affida a Colui per il quale nulla impossibile.

Fiducia. Nella presenza costante del Signore Ges Cristo, immagine del Padre, la
cui consacrazione e missione prolunga e condivide. Nella misteriosa operazione dello
Spirito Santo, la cui effusione speciale gli fu data nella consacrazione episcopale
(LG 21). importante che il vescovo si senta in possesso del dono dello Spirito
Santo che gli fu comunicato mediante l'imposizione delle mani. Ogni vescovo,
successore degli apostoli, anzitutto testimone dell' evento di Pentecoste. Deve
manifestare questa certezza e questa speranza. Il primo servizio che dobbiamo
prestare al nostro popolo quello dell'irremovibile sicurezza che ci comunica la
promessa e la pasqua di Ges. Dobbiamo eliminare dal nostro ministero l'angoscia, la
paura, il pessimismo. Di fronte alle crisi acute che scuotono oggi la Chiesa universale
(spesso le nostre stesse Chiese particolari) non ci dobbiamo stancare di ripetere le
consolanti parole del Signore: Non si turbi il vostro cuore. Dobbiamo evitare,

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soprattutto, di diffondere contagiosamente il nostro pessimismo convertendoci in
profeti di sventura (Giovanni XXIII). (Al tema della fiducia Paolo VI dedic tutto il
discorso tenuto alla Conferenza Episcopale Italiana il 19 aprile 1970).

Comunione. Nella corresponsabile assunzione dei nostri problemi, nella


vantaggiosa comunicazione delle nostre esperienze, nel generoso scambio dei nostri
beni. Non ci sono oggi problemi che tocchino una sola diocesi o un solo Paese. La
marcia verso l'unit uno dei segni dei tempi. La nostra risposta dev'essere di vivere a
fondo, e in pratica, il nostro affetto collegiale. Forse facile pretenderlo quando ne
abbiamo bisogno; pi difficile viverlo quando ne hanno bisogno gli altri (e sarebbe
terribile se non avessimo neppure sensibilit sufficiente per scoprirlo). I diversi
problemi delle nostre Chiese particolari esigono oggi di essere esaminati insieme: a
livello di Conferenza episcopale, di Consiglio regionale o di Consiglio latinoamericano.
Tutti abbiamo qualcosa da offrire e qualcosa da ricevere. Fa difetto la comunione piena
dei vescovi tra loro: per l'esattezza della diagnosi, per la sicurezza della riflessione, per
l'efficacia degli atteggiamenti pastorali.

I. IL VESCOVO AL SERVIZIO DEL POPOLO DI DIO

1. La figura del vescovo la sua teologia e spiritualit dev'essere definita a partire


dalla sua essenziale relazione col Popolo di Dio, che serve in vista della salvezza.
stato configurato a Cristo, Capo e Pastore, per pascere e sempre pi accrescere il
Popolo di Dio (LG 18). Gli stata comunicata la grazia dello Spirito Santo (LG 21)
per il servizio dei fratelli (LG 18).

Lo Spirito Santo ha consacrato gli apostoli e i loro successori, i vescovi come primi e
autentici testimoni della pasqua. L'ufficio che il Signore affid ai pastori del suo popolo
un vero servizio che nella sacra Scrittura chiamato significativamente "diaconia",
cio ministero (LG 24).

importante sottolineare l'essenza di questo servizio e le esigenze concrete di questo


popolo.

Che cos' servire?

rendere la totalit dei doni e dei carismi, la totalit della vita e della funzione
pienamente disponibile al bene degli altri. In ultima analisi, servire dare
quotidianamente la vita per gli altri. Vivere permanentemente in atteggiamento di
donazione ed essere sempre disposti a morire per la vita del mondo.

Il servizio episcopale si inscrive nella linea del Servo di Jahv (cfr Is 42,1-9; 49,1-6;
50,4-11; 52,13 - 53,12): l'eletto, formato e consacrato dallo Spirito, che si sente
particolarmente sostenuto quasi nel palmo della mano; colui che fu chiamato ad essere
alleanza del popolo e luce delle genti; che ricevette udito e linguaggio di discepolo; che
realizz la sua missione nella semplicit e nella dolcezza; che speriment, a volte, la
sensazione dell'insuccesso e la tentazione dello scoraggiamento; che non sottrasse le
spalle alla croce; che si caric dell'infermit di tutti gli uomini; che seppe sperare nella
sera della crocifissione, l'alba della Pasqua.

Serve veramente gli uomini solo colui che si sente costretto (incatenato) dallo Spirito
(At 20,22), come servo di Cristo (Rm 1,1). Ognuno ci consideri come ministri di

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Cristo (1 Cor 4,1). Il servizio episcopale passa sempre attraverso il cuore della croce
e si consuma nel mistero della Pasqua.

2. La prima forma di servizio il Vangelo: Paolo, servo di Ges Cristo, chiamato


apostolo, consacrato al Vangelo di Dio (Rm 1,1).

Il vescovo servitore maestro, testimone, profeta. Gli stato affidato il Vangelo perch
lo proclami. , essenzialmente, il banditore della fede, maestro autentico,
testimone della verit divina. Tra i principali doveri dei vescovi eccelle la
predicazione del Vangelo (LG 25; CD 12). In tutte le sue forme: il kerigma, la
catechesi, l'illuminazione cristiana delle realt temporali. Consacrato dallo Spirito il
vescovo essenzialmente banditore e apostolo (1 Tm 2,7) della buona novella della
salvezza, costituito ministro del Vangelo per annunciare a tutti le incomprensibili
ricchezze di Cristo, e di mettere in luce di fronte a tutti quale sia il piano di questo
mistero tenuto celato, sin dalle origini dei secoli, in Dio (Ef 3,7-9).

Il vescovo si sente unto, soprattutto oggi, in vista della luminosa e ardente


proclamazione del Vangelo: Guai a me se non annunciassi il Vangelo! (1 Cor 9,16).
Anche se il ministero del vescovo si consuma nell'Eucaristia, della quale la Chiesa
continuamente vive e cresce (LG 26), il Popolo di Dio congregato dalla parola che
suscita la fede, la matura e la conferma. Il vescovo non annuncia solo il Vangelo; ne
assicura anche l'immutabile permanenza e l'interpretazione autentica.

Ma non basta che predichi la parola (insistendo) a tempo e fuori tempo (2 Tm 4,2).
necessario che egli stesso si converta in servo della parola, in discepolo del Signore, in
voce ardente dello Spirito.

La parola deve nascere in lui come luce e fuoco. Dev'essere fedele alla parola che
predica: penetrarla con gusto nella sua interiorit e proclamarla coraggiosamente nella
sua integrit. Non pu sminuirla per comodit, sfigurarla per pigrizia, occultarla per
vilt.

La parola di Dio deve sbocciare in lui, quasi trasbordando dalla pienezza della sua
contemplazione, come un'eco esterna di ci che ha visto e udito. Sempre la parola
dev'essere testimonianza.

Inoltre il servizio episcopale della parola dev'essere una risposta concreta alle
esigenze reali del suo popolo. Ci suppone una grande capacit di capire la storia,
decifrare i segni dei tempi e penetrare nelle angosce degli uomini. Il magistero
episcopale non si riduce a ripetere le verit rivelate, ma esige lo sforzo di interpretare,
correggere o confermare, partendo dalla fede, la situazioni concrete della storia (CD
12). Il profeta annuncia sempre le invariabili meraviglie di Dio nel vario linguaggio degli
uomini.

Il vescovo maestro della fede e testimone della verit divina. Deve, per questo,
penetrare nella parola rivelata con lo studio, la riflessione e il dono dello Spirito di
saggezza. Gli necessario, per, anche stare attento ai segni dei tempi, ascoltare con
attenzione le voci del suo popolo (sacerdoti, religiosi, laici), consultare con umilt i
teologi autentici. Lo Spirito lo assiste e lo illumina; ma lo spinge anche a sollecitare con
evangelica semplicit la saggezza degli altri.

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3. La seconda forma di servizio l'Eucaristia. Il vescovo , essenzialmente, il
Pontefice del Popolo di Dio costituito affinch offra doni e sacrifici (Eb 5,1). cos,
in fondo, che fa la Chiesa e genera il suo popolo alla vita divina.

Il vescovo-servo l'economo della grazia del supremo sacerdozio (LG 26). la


fonte della vita sacramentale soprattutto dell'Eucaristia nella sua Chiesa particolare.
Non c' l'Eucaristia senza il vescovo. Come non ci pu esser unit che il frutto
principale dell'Eucaristia senza il vescovo.

Per il servizio episcopale dell'Eucaristia esige da lui un triplice impegno:

Egli stesso deve lasciarsi trasformare in quello che celebra e riprodurre visibilmente
nella sua vita il mistero di una morte e di una risurrezione; egli stesso deve assumere
uno stato di vittima e convertirsi ogni giorno nel pane vivo per la vita del mondo; egli
stesso dev'essere un uomo spoglio, crocifisso, mangiato.

La sua preoccupazione dev'essere di creare la comunit diocesana ed ecclesiale.


L'Eucaristia genera l'unit. Ma l'Eucaristia autentica suppone una comunit. Se vi sono
divisioni tra di voi dice san Paolo questo non pi un celebrare la Cena del Signore
(1 Cor 11,17-20).

una cosa magnifica la concelebrazione presieduta dal vescovo: un segno della


comunione sacramentale del presbiterio. Ma se la comunit diocesana spezzata per
la tensione di alcuni, l'incomprensione di altri, o l'indifferenza di molti non si realizza
ormai pi in profondit la misteriosa presenza del Signore.

La santit dei membri della diocesi particolarmente il bene spirituale dei sacerdoti
dipende in gran parte dalla funzione e dall'atteggiamento santificatore del vescovo.
Spetta a lui, in primo luogo, far maturare la fede e far crescere in grazia i membri del
suo popolo (LG 26; CD 15). La pienezza del sacerdozio cristiano risiede nel vescovo.
a lui che tocca generare, dalla pienezza della santit di Cristo (LG 26), il popolo
sacerdotale.

Il Concilio chiede insistentemente ai vescovi l'attenzione spirituale per i sacerdoti. Non


v' dubbio che la mediocrit sacerdotale, e la dolorosa defezione di molti sacerdoti,
dipende fondamentalmente dalla loro responsabilit personale e dalla loro mancanza
di fedelt all'impegno evangelico che hanno contratto. Ma noi vescovi dobbiamo
esaminarci, con sincerit davanti a Dio, se ci siamo sempre occupati con generosit
della situazione umana e della vita spirituale dei nostri sacerdoti.

4. La terza forma di servizio il governo. Il vescovo-servo vicario e legato di


Cristo (LG 27) per reggere, con cuore di pastore buono, la Chiesa particolare che gli
stata affidata. Unitamente al papa e agli altri vescovi, ha l'ufficio di reggere la casa del
Dio vivente (LG 18).

Nella consacrazione episcopale gli stata conferita un'autorit e una potest sacra.
Dev'essere sicuro di essa. Deve esercitarla con saggezza e con fermezza, senza facili
concessioni, senza paura n vilt. Deve ugualmente esercitarla con bont e semplicit,
non come chi comanda ma come chi serve (Mt 20,24-28).

L'autorit divina e insostituibile. Deve, per, essere esercitata nella linea di un


servizio e nella dimensione generosa del cuore del buon pastore, che sa comprendere
i momenti e gli uomini, le possibilit e i limiti, la fragilit e le ricchezze.

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Il servizio episcopale della sacra autorit si inscrive sempre nel cuore della carit
pastorale. Vegliare il gregge che ci stato affidato suppone in noi pi che la forza e il
dominio molto amore, generosa abnegazione, luminosa testimonianza (1 Pt 5,1-3).

5. Rimangono ora da determinare, in questa funzione di servizio del vescovo, le


esigenze concrete del suo popolo.

Segnaliamo, anzitutto, i sacerdoti. Il Concilio li situa sempre in relazione immediata col


vescovo. Essi sono i saggi collaboratori dell'ordine episcopale e suo aiuto e
strumento (LG 28), e suoi necessari collaboratori e consiglieri (PO 7). Partecipano
col vescovo dell'unico sacerdozio e ministero di Cristo e formano con lui un unico
presbiterio. Essi realizzano, insieme al vescovo, una misteriosa presenza di Cristo:
nella persona dei vescovi, ai quali assistono i sacerdoti, presente in mezzo ai
credenti il Signore Ges Cristo (LG 21).

Essi ricevono, coi vescovi e coi diaconi, il servizio della comunit presiedendo in
luogo di Dio (LG 20). In ognuna delle assemblee dei fedeli rendono presente il
vescovo, e, sotto la sua autorit rendono visibile in ogni luogo la Chiesa universale
(LG 28).

Sono intimamente uniti tra di noi con la fraternit sacerdotale, ma in modo speciale
essi formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono ascritti sotto il
proprio vescovo (PO 8).

Ci impone ad ogni vescovo una serie di esigenze pastorali: deve amarli come padre,
come fratello, e come amico (LG 28; PO 7); deve preoccuparsi delle loro condizioni
spirituali, intellettuali e materiali (CD 15, 16; PO 7), dovendo prendersi cura con la
massima seriet della continua formazione del proprio presbiterio (PO 7); deve
ascoltarli con piacere, consultarli e dialogare con essi (PO 7), dal momento che anche
a loro stato comunicato, nella loro ordinazione, lo Spirito di grazia e di consiglio;
deve avere una predilezione speciale per i sacerdoti in crisi o che avessero in qualche
modo mancato (CD 16).

La prima preoccupazione di ogni vescovo devono essere i suoi sacerdoti. Se non


facesse altro che attendere alla loro santificazione e all'efficacia del loro ministero,
avrebbe impiegato bene il suo tempo e svolto il suo compito episcopale (Paolo VI).

6. Altra categoria del Popolo di Dio che deve accaparrare la preoccupazione di ogni
vescovo sono i religiosi. Essi testimoniano col loro stato in modo splendido e
singolare che il mondo non pu essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle
beatitudini (LG 31). Con la loro preghiera e immolazione silenziosa, con l'esempio
della vita, con la generosa dedizione alle opere apostoliche, i religiosi lavorano con
ogni impegno e diligenza per l'edificazione e l'incremento del Corpo mistico di Cristo, e
per il bene delle Chiese particolari (CD 33).

Spetta ai vescovi comprendere e animarli nella loro propria originale vocazione.


Stimolarli perch siano fedeli al loro carisma specifico nella Chiesa e vivano a fondo lo
spirito genuino della loro congregazione o istituto. Edificheranno cos la Chiesa
universale. Per, sempre col dovuto rispetto alla loro vocazione specifica nella Chiesa,
i vescovi li integreranno pienamente nella loro pastorale diocesana e li chiameranno a
collaborare attivamente alla costruzione della Chiesa particolare. Pur nel rispetto dei

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diritti dell'esenzione, non si concepisce oggi una congregazione religiosa estranea ai
problemi specifici della diocesi.

7. Per ultimo, la sollecitudine pastorale del vescovo si concentra sui laici.


Costituiscono l'immensa maggioranza del Popolo di Dio. Frequentemente la relazione
che il vescovo ha con loro non cos diretta o di ogni giorno. Sono i sacerdoti a
rappresentare il vescovo di fronte ad essi. Ciononostante le esigenze del laicato
dinanzi al vescovo sono molteplici:

Anch'essi hanno bisogno del vescovo maestro, santificatore e pastore. Reclamano


un contatto pi diretto. Hanno bisogno della sua parola, della sua Eucaristia (la
celebrazione domenicale del vescovo, in cattedrale, un sacramento segno e
strumento della comunit diocesana). In questo senso il vescovo deve saper ben
gerarchizzare il suo tempo.

Hanno bisogno di essere ascoltati dal vescovo. Ci sono campi specifici che sono
soprattutto di dominio dell'attivit temporale: i laici vi possono apportare la loro
competenza e il senso reale di ci che vive il popolo. Sono essi che possono ispirare la
parola profetica dei vescovi.

Il loro apostolato non ha senso senza il vescovo. La missione apostolica del laico
deriva essenzialmente dalla chiamata e dall'invio da parte del vescovo. Questo il
significato fondamentale del sacramento della confermazione sacramento della
testimonianza e della profezia riservato normalmente al vescovo. Ogni apostolato
deve inserirsi nella pastorale diocesana, promossa e presieduta dal vescovo.

II. IL VESCOVO E LA CHIESA UNIVERSALE

Il concilio ha definito la collegialit episcopale (LG 22). necessario ora esplicitarne le


conseguenze pratiche sia in ordine alla Chiesa particolare, per cui il compito del
vescovo trascende i limiti della propria diocesi, sia in ordine alla sua perfetta
comunione col capo, per cui il vescovo sente la corresponsabilit per la Chiesa
universale, sia ancora in ordine alla relazione con altri vescovi, per cui ogni vescovo
partecipa alla sollecitudine per tutte le Chiese.

La consacrazione episcopale fa del vescovo un membro del Corpo o Collegio


episcopale. Da un punto di vista sacramentale, il vescovo dice relazione essenziale
con la Chiesa universale. consacrato dallo Spirito Santo per servire in comunione
gerarchica col Capo e coi membri del Collegio alla totalit del Popolo di Dio che
cammina nella storia.

Questo ci impone una triplice esigenza:

1. Vivere a fondo l'affetto collegiale (LG 23; CD 6) sia pure nella dedizione diretta
per la Chiesa particolare. La Chiesa particolare realizza in sintesi la Chiesa universale,
non ne unicamente una porzione.

L' affetto collegiale suppone una permanente sollecitudine per tutte le Chiese
soprattutto per le vicine e pi povere. In primo luogo deve sentire dolorosamente
come propri i problemi delle altre diocesi. Deve quindi prodigare un aiuto fraterno nella
misura delle sue possibilit, verificando sempre le sue necessit particolari, agli altri
vescovi offrendo loro beni materiali e personale apostolico. In quanto membri del

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Collegio episcopale e legittimi successori degli apostoli, per istituzione e precetto di
Cristo (i singoli vescovi) sono tenuti ad avere per tutta la Chiesa una sollecitudine...
che sommamente contribuisce al bene della Chiesa universale (LG 23). L'urgenza
missionaria appartiene all'essenza stessa della Chiesa.

Potremmo interrogarci se la povert spirituale delle nostre Chiese particolari non


obbedisca spesso di fatto al nostro scarso senso missionario. Non siamo, a volte,
sufficientemente generosi per offrire quello stesso aiuto di cui lamentiamo la necessit.
Altre diocesi pi povere possono aver bisogno dei nostri aiuti economici. Pi ancora,
altre diocesi (o altri lavori a livello nazionale, regionale, o addirittura continentale)
possono chiederci il sacrificio di elementi sacerdotali molto validi.

Sappiamo che la collegialit episcopale viene esercitata sotto la suprema autorit di


Pietro e mai senza di essa in modo solenne nei Concili ecumenici e ogni volta che
il papa convoca i vescovi per un' azione collegiale. Ma l' affetto collegiale
dev'essere vissuto in modo permanente come qualcosa di essenzialmente costitutivo
di ogni vescovo. Appartiene all'essenza dell'episcopato la natura e la forma collegiale
(LG 22).

In questo senso, quando lo reclamino esigenze nazionali, regionali o universali, il


vescovo non deve sentirsi angustiato dalla sua Chiesa particolare che rimane
apparentemente trascurata. Ci possono essere urgenze della Chiesa universale che
passano in primo piano di fronte alla sua cura diretta della Chiesa particolare. Ci
costituisce oggi una croce dolorosa per molti vescovi, presi come sono da compiti che
trascendono le proprie diocesi. Dovranno, pure, spesso sopportare l'incomprensione e
la critica dei loro stessi diocesani. C' tutto un lavoro di educazione del popolo
(particolarmente tra i sacerdoti) nella linea della corresponsabilit dei vescovi di fronte
alla Chiesa universale. Occorre, soprattutto, uno sforzo per cambiare da parte nostra
una mentalit esclusivamente vincolata alle urgenze della Chiesa particolare.
Certamente, la miglior maniera di edificare la Chiesa universale reggere bene la
propria Chiesa facendola maturare nella fede e nella carit, costruendola nell'unit,
impegnandola nello spirito apostolico e missionario. Per il vescovo non deve mai
perdere di vista l'universalit n lasciarsi catturare dai problemi locali. , anzitutto,
vescovo della Chiesa di Dio. Teologicamente, nessun vescovo pu sentirsi estraneo
a ci che sta succedendo in un'altra diocesi o nella Chiesa universale.

2. Altra esigenza della collegialit episcopale sforzarsi per apportare alla Chiesa
universale il vario e molteplice di ogni Chiesa particolare. Questo Collegio, in
quanto composto da molti, esprime la variet e l'universalit del Popolo di Dio, in
quanto poi raccolto sotto un solo capo, significa l'unit del gregge di Cristo (LG 22).
Ci torna a dire che la vera unit della Chiesa universale presuppone la svariata
ricchezza delle Chiese particolari. Ricchezza che elargisce lo stesso ed unico Spirito
per l'edificazione dello stesso Corpo (1 Cor 12,11-12).

In questo senso, ogni vescovo deve avvertire l'urgenza per l'autentica cattolicit della
Chiesa di apportare lo specifico della sua Chiesa particolare. Nella misura in cui la
costruisce come sua propria (sempre in perfetta comunione con il capo e i restanti
membri del Collegio episcopale), tende alla vera unit della Chiesa universale. In virt
di questa cattolicit, le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la
Chiesa, e cos il tutto e le singole parti sono rafforzate, comunicando ognuna con le
altre, e concordemente operando per il completamento nell'unit (LG 13).

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Questo suppone in ogni vescovo una grande capacit di interpretare, assumere,
creare la propria Chiesa. Non crearla in un senso di separazione o di scisma (non
sarebbe la Chiesa di Ges Cristo), ma di svilupparla nei suoi valori propri,
promuovendone la ricchezza originale. Non lo stesso una Chiesa d'America Latina e
una Chiesa d'Oriente. C' qualcosa di ecclesiale, frutto dello stesso Spirito, che
anima la totalit della Chiesa, che abbiamo da offrire alle Chiese degli altri continenti.

Per ci stesso ogni vescovo deve interpretare la sua Chiesa, cercare cio di
scoprirne la ricchezza e comprenderne le necessit. A questo scopo dovr saper
decifrare la realt globale (socio-economica e politica, culturale e religiosa) del suo
popolo. Questo suppone un contatto con le diverse categorie di uomini. Suppone
ancora un dialogo costante col suo presbiterio e col suo laicato.

I singoli vescovi rappresentano la propria Chiesa (LG 23). Ci significa, anzitutto,


che il vescovo, in quanto principio e fondamento di unit nella sua Chiesa
particolare, il segno dell'intera comunit diocesana. In essa presente la Chiesa,
ma ci significa anche che ogni vescovo rende presente, nell'unit della Chiesa
universale, le legittime aspirazioni e la svariata ricchezza della propria Chiesa.

3. Una terza esigenza della collegialit episcopale la perfetta comunione col capo
del Collegio episcopale. Unicamente cos assicurata la perfetta unit della Chiesa
universale nella legittima variet delle Chiese particolari. Solo cos l'episcopato rimane
uno solo e indiviso (LG 17). La comunione del vescovo col papa non pu essere
considerata solo su di un piano puramente amministrativo o giuridico; di ordine
strettamente teologico e sacramentale.

L'unica Chiesa di Ges Cristo stata fondata sul Collegio degli Apostoli, presieduto da
Pietro. Il Signore ha posto solo Simone come pietra e clavigeo della Chiesa, e lo ha
costituito pastore di tutto il suo gregge; ma l'ufficio di legare e sciogliere, che stato
dato a Pietro, noto essere pure stato concesso al Collegio degli Apostoli, congiunto
col suo Capo (LG 22).

In virt di questa comunione, i vescovi non solo partecipano delle angosce e delle gioie
del papa; si sentono pure solidalmente responsabili della crescita e del governo della
Chiesa universale. In modo particolare si sentono corresponsabili dell'evangelizzazione
del mondo. tutto il Corpo dei pastori che ha ricevuto la cura di annunciare in ogni
parte della terra il Vangelo (LG 23). I singoli vescovi devono sentirsi incitati a
promuovere e difendere l'unit della fede e la disciplina comune a tutta la Chiesa,
imprimendo alla Chiesa particolare un senso missionario pratico ed effettivo.

Ugualmente in virt di questa comunione s'impone ad ogni vescovo una doppia


fedelt: quella di aderire pienamente, con tutta la sua Chiesa particolare, al
magistero pontificio e quella di presentare al sommo pontefice, con sincera lealt, la
propria opinione su problemi che toccano la Chiesa universale, interpretando dinanzi a
lui le inquietudini e i problemi urgenti della sua Chiesa particolare.

III. IL VESCOVO E LA CHIESA PARTICOLARE

1. Il vescovo sacramentalmente membro del Collegio episcopale, corresponsabile,


quindi, della totalit del mistero della Chiesa. La sua missione dice quindi relazione
diretta e immediata con una Chiesa particolare che gli stata affidata come propria.

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necessario sottolineare, anzitutto, il senso ed il valore di questa Chiesa particolare.
Non solo una parte o porzione della Chiesa universale, come se questa fosse
semplicemente la somma giustapposta delle diverse Chiese particolari. Paolo scrive
alla Chiesa di Dio che in Corinto e ci significa che, in ogni Chiesa particolare,
presente, si realizza e opera mediante la parola e l'Eucaristia del vescovo la Chiesa
universale (CD 11). Vivere a fondo la Chiesa particolare vivere il mistero della totalit
della Chiesa. Non c' pi che una sola Chiesa, come non c' pi che una sola
Eucaristia e un unico Cristo. La comunit riunita sotto il ministero del vescovo, attorno
al suo altare e nella proclamazione del suo Vangelo, rende presente Cristo e la sua
Chiesa (LG 26).

Per la pienezza del suo sacerdozio, il vescovo la presenza di Cristo nella sua Chiesa
particolare. Questo esige la perfetta integrazione del presbiterio e del popolo con il
vescovo. Il mistero totale della Chiesa pienamente realizzato nel vescovo, nel suo
clero e nel suo popolo. Non v' celebrazione legittima dell'Eucaristia, non si d
autentica predicazione del Vangelo, non c' perfetta realizzazione dell'apostolato senza
il vescovo. Rompere la comunione con il vescovo rompere la comunione con la
Chiesa.

Il Popolo di Dio peregrinante in una diocesi determinata costituisce ed esprime la


Chiesa di Cristo se vive pienamente una triplice comunione: col proprio vescovo (del
Vangelo e dell'Eucaristia del vescovo partecipa sempre in tutti i casi), con i restanti
membri della sua comunit apostolica e missionaria (nella cui pastorale organica si
sente attivamente inserito) e con la totalit della Chiesa di Cristo (di cui fa propria ogni
giorno la sollecitudine universale).

Creare e presiedere questa comunione nella propria Chiesa particolare compito


essenziale del vescovo. Potremmo concretarla in tre aspetti.

2. Prima di tutto il vescovo presenza di Cristo (cfr LG 21). Partecipa in sommo


grado della sua consacrazione e missione. Come il Padre ha mandato me, anch'io
mando voi! (Gv 20,21). Lo stesso Spirito che consacr Ges, consacra pure il
vescovo, successore degli apostoli, come testimone autorevole della Pasqua.

Questa consacrazione non riveste solo il vescovo di un'autorit speciale. Lo configura,


fondamentalmente, a Cristo Pastore in un modo speciale, lo impegna a riprodurre
costantemente la sua immagine di Servo di Jahv e lo porta a vivere il mistero
permanente di una morte e di una risurrezione. In termini biblici, la consacrazione va
sempre unita ai concetti di sacrificio e di santificazione. Per ci stesso il vescovo
dev'essere, essenzialmente, l'uomo della croce e deve essere pure il santificatore,
colui che corre senza posa verso la perfezione (Fil 3,12).

Cristo vive nel vescovo per costruire e presiedere la sua Chiesa. Vive pure per
immolarsi quotidianamente al Padre e comunicare la sua salvezza agli uomini. Il clero
e il popolo dovrebbero facilmente scoprire in ogni vescovo non solo il potere e il
messaggio di Cristo, ma anche la trasformante irradiazione della sua presenza.

Cristo immagine del Padre, Sant'Ignazio di Antiochia chiama, precisamente, il


vescovo tipo del Padre. La paternit spirituale propria del vescovo. Nessuno pi di
lui merita di essere chiamato padre. Di fronte al suo clero e al suo popolo pu
ripetere le parole di san Paolo: Quand'anche voi aveste migliaia di pedagoghi in
Cristo, non avreste tuttavia molti padri; perch sono io che vi ho generati in Cristo

83
Ges mediante il Vangelo (1 Cor 4,15). Il ministero episcopale tende a generare e far
crescere Cristo nel cuore della sua Chiesa.

Il clero, in modo particolare, ha bisogno di scoprire il vescovo-padre. Per questo il


vescovo deve voler bene davvero ai suoi sacerdoti e spendere per loro il suo tempo.
Deve preoccuparsi del bene materiale e spirituale dei suoi sacerdoti: lui il primo
responsabile della santificazione del suo clero (spesso pu anche diventare
responsabile della sua crisi). Deve dialogare con essi, incorporarli effettivamente al suo
ministero pastorale. Deve visitarli, stare con loro. Deve sforzarsi di costruire l'unit
diversificata del suo presbiterio.

Il vescovo presenza di Cristo. Da lui gli viene la propria autorit, ordinaria e


immediata. Non un semplice funzionario e rappresentante del papa. Non dev'essere
considerato vicario del romano pontefice (LG 27). essenzialmente vicario e legato
di Cristo, per reggere, con potest propria, la sua Chiesa particolare. Questo gli d
sicurezza nel suo ufficio: Cristo che vive ed opera per mezzo di lui, ma questo lo
impegna ugualmente a non limitarsi ad eseguire ordini ricevuti. Alla luce dello Spirito, e
in piena comunione col papa, deve sforzarsi di interpretare, assumere, creare
la sua Chiesa particolare.

3. Il vescovo ha ricevuto, insieme ai presbiteri e ai diaconi, il servizio della


comunit (LG 20). Vi presiede in nome di Dio come maestro di dottrina, sacerdote del
culto sacro e ministro dotato di autorit.

Ci troviamo sempre nella linea di un ministero, cio di un vero servizio o diaconia.


Ministero che non pu assumere da solo, bens in sacramentale unione col suo
presbiterio. Ministero, infine, che tende a creare e promuovere la comunione in Cristo
della sua Chiesa.

Le sue tre funzioni di servizio magistero, sacerdozio, governo potremmo ora


riassumerle in una frase sola: Io sono il buon pastore. Poich nel ministero del
vescovo si inscrivono la predicazione del Vangelo, la celebrazione dell'Eucaristia,
l'esercizio dell'autorit come servizio.

Ci siamo fin troppo abituati a ripetere la formula: Padre e pastore della diocesi.
Proprio per questo, talvolta, non la valorizziamo abbastanza. Conviene che ne
sottolineiamo la responsabilit e ne fissiamo i tratti essenziali.

Il vescovo essenzialmente pastore (com' essenzialmente padre). Non si tratta di


condurre passivamente un gregge. Il vescovo deve suscitare e promuovere
responsabilit. Unicamente col presbiterio e col laicato deve studiare la realt globale
della sua diocesi, programmare insieme l'attivit pastorale e assegnare ad ognuno
l'impegno personale di un incarico. Non basta che il vescovo approvi o permetta
semplicemente un'esperienza. Deve assumerla e orientarla. Impegnarvi pure, in certo
modo, tutta la comunit diocesana.

Come buon pastore, il vescovo deve conoscere profondamente la realt globale


della sua diocesi (non solo in campo religioso, ma anche in quello sociale, economico,
culturale ecc.). Deve conoscere pure nell'interiorit profonda delle loro aspirazioni e
dei loro problemi gli agenti della pastorale (sacerdoti, religiosi e laici), che collaborano
direttamente col suo ministero.

84
Come buon pastore dev'essere sempre disposto a dar la vita per le sue pecore; dare
la vita di Cristo, che vive in lui, fatta parola, Eucaristia, testimonianza; dare i talenti che
gli sono stati comunicati; dare il tempo di cui lui stesso ha bisogno; dare la voce che
denuncia un'ingiustizia, che chiama gli uomini alla conversione e annuncia la buona
novella della venuta del Regno.

4. Il vescovo, infine, il visibile principio e fondamento di unit nella sua Chiesa


particolare (LG 23). Non ci pu essere Chiesa particolare senza il Vangelo e
l'Eucaristia del vescovo. Ovunque i presbiteri adunino il popolo nella parola e celebrino
la cena del Signore, rendono presente il vescovo (LG 28).

L'unit della Chiesa particolare non di ordine puramente amministrativo o giuridico,


appartiene all'ordine sacramentale. La Chiesa essenzialmente comunione. Le
esigenze di unit non vengono imposte dal di fuori, per mera necessit di un ordine, o
per semplice spinta di efficacia pastorale, ma per il dinamismo interno dello Spirito, che
ci riunisce tutti in un unico Corpo, la cui espressione visibile, nella Chiesa particolare,
il vescovo. Non bastano norme e decreti. Si pu avere un'accettazione formale di tutte
le prescrizioni episcopali e l'unit continuare a rimanere infranta. Vi manca la fede
animata dalla carit.

Teologicamente, il vescovo principio di unit. In lui si realizza la Chiesa particolare.


Il vescovo nella Chiesa, e la Chiesa nel vescovo, dice san Cipriano.

In pratica, per, si moltiplicano a volte quelle tensioni che fanno sussultare


dolorosamente una Chiesa. Non sempre la colpa dei vescovi, ma neppure sempre
dei cristiani.

Come principio di unit il vescovo deve saper discernere i carismi e armonizzarli. Deve
cominciare col rispettare la legittima variet di doni e servizi nella Chiesa. In ogni
Chiesa particolare lo Spirito pu suscitare diverse forme di attivit pastorale (PO 8).
Non pu il vescovo pretendere all'uniformit. Spetta al vescovo esaminarle se sono
dello Spirito e integrarle. Il pluralismo di idee e di metodi pu distruggere la
comunit; ma pu anche arricchirla. Tutto dipende dall'autenticit e dalla povert con
cui si espongono e dalla saggia prudenza del vescovo che discerne, interpreta,
armonizza. Il vescovo, in definitiva, deve aver fede nel carisma che gli stato dato per
ascoltare, per interpretare e per unire. In una parola, per costruire, nello Spirito, la
comunione della sua Chiesa particolare.

CONCLUSIONE

Oggi tremendamente difficile ed eroico essere vescovi. Il papa stesso lo riconosce


con semplicit evangelica: Tutti i giorni, nell'esercizio del nostro ministero apostolico,
notiamo quanto difficile e grave sia diventato il ministero del vescovo. Veramente, la
funzione episcopale non pi un titolo di onore temporale, bens un dovere di servizio
pastorale. E che servizio! (11 aprile 1970).

Una Chiesa agitata e un mondo in trasformazione. Esigenze intrinseche e difficolt


esterne. E tuttavia la nostra ora: l'ora di Dio per noi, provvidenzialmente ricca e
feconda, penetrata di croce e carica di speranza. Dobbiamo viverla con serenit e con
gioia, con sicurezza e fiducia, con fedelt e povert. Non temete. Questa per la
Chiesa un'ora di coraggio e di fiducia nel Signore (Paolo VI, 24 agosto 1968).

85
Oggi si richiede dal vescovo saggezza, bont e fermezza. Saggezza per vedere, bont
per comprendere, fermezza per condurre. Sono le virt del vero capo. Ma sono,
soprattutto, le virt del padre, del pastore, dell'amico.

Ce le conceder senza dubbio se glie le chiediamo con la povert della Madonna lo


Spirito di verit, di forza e di amore.

86
*
IMMAGINE TEOLOGICA DEL SACERDOTE

INTRODUZIONE: L'ORA DEL SACERDOTE

1. Cristo visse intensamente la sua ora. Era l'ora destinatagli dal Padre. Cristo non
l'aveva scelta e nemmeno programmata nei dettagli; era semplicemente la pienezza
dei tempi (Gal 4,4). Cristo la visse nel suo essenziale atteggiamento sacerdotale: la
gloria del Padre nella redenzione degli uomini. Era questa l'opera (Gv 17,4).

Cristo ci insegna a vivere la nostra parte. Quest'ora sacerdotale cos particolarmente


dura e difficile, cos piena di tensioni e di rischi, cos dolorosamente oscura e agitata,
l'ora di Dio per noi. Non dobbiamo n temerla n eluderla; dobbiamo comprenderla,
amarla, assumerla in tutta la sua ricchezza. Per prima cosa ci si chiede di non
angustiarci: Non si turbi il vostro cuore n si spaventi (Gv 14,27).

La crisi sacerdotale ci preoccupa: mancanza di vocazioni, diserzione dal ministero,


disorientamento nei sacerdoti. Tutto ci provoca in molti casi ambiguit, discredito,
sfiducia. Desidereremmo che la realt sacerdotale, cos tradizionalmente stabile e
sovrumana, non fosse mossa dai cambiamenti. Eppure il sacerdote, interiormente
consacrato dallo Spirito, continua ad essere nel mondo (Gv 17,15). La storicit parte
essenziale della sua struttura. logico che la rapidit e la profondit delle
trasformazioni si ripercuotano su di lui.

La fragilit della sua condizione umana lo rende provvidenzialmente capace di


mostrarsi indulgente verso gli ignoranti e i traviati (Eb 5,2); l'umano la sua
ricchezza e il suo pericolo. Se ci scandalizziamo troppo perch non abbiamo ancora
capito il mistero della Chiesa. Se le condizioniamo l'adesione personale della nostra
fede alla luminosit di una figura indiscussa perch ancora non ci siamo lasciati
conquistare da Cristo (Fil 3,12), o perch continuiamo a essere bambini in Cristo
(1 Cor 3,1).

2. Dobbiamo affrontare quest'ora sacerdotale con realismo, serenit, speranza, ma


con speranza cristiana, che essenzialmente attivit creatrice, costante e impegnata.

Il problema non esclusivo dei sacerdoti e non neppure, primordialmente, una loro
caratteristica. Fondamentalmente di tutto il Popolo di Dio. Infatti, in primo luogo, vi
sempre il Popolo di Dio in un'autentica teologia del sacerdote. Quando parliamo di crisi
sacerdotale dobbiamo prima collocarci di fronte al problema delle crisi della comunit
cristiana. Il sacerdote frequentemente un segno e un frutto di questa crisi. Dobbiamo
chiederci, inoltre, cos' che sta facendo il Popolo di Dio veramente valido ed

*
Lo studio Immagine teologica del sacerdote fu richiesto a Mons. Eduardo Pironio, allora vescovo-
segretario generale del CELAM, dagli organizzatori delle Jornadas Sacerdotales de Guatemala. Queste si
tennero alla fine del mese di luglio de 1970. L'autore ritocc, in seguito, alcuni pensieri e il lavoro fu di
nuovo presentato alla IV riunione continentale della Organizzazione Seminari latinoamericani OSLAM,
che ebbe luogo a San Miguel, Buenos Aires, dal 14 al 19 settembre.

87
essenziale per aiutare il sacerdote a superare i suoi problemi: semplicemente pregare?
Lo facessimo almeno bene!

Tuttavia, non esiste una grande responsabilit attiva della comunit cristiana di fronte
ai suoi pastori? Non capita a volte che i cristiani monopolizzino il sacerdote a
servizio esclusivo della loro salvezza? Non lo lasciano spesso in una pericolosa
solitudine per il fatto che il sacerdote vive del soprannaturale e dell'invisibile?
Oppure non lo contaminano facilmente della loro superficialit o del loro mondanismo?
Non sono a volte i cristiani i principali responsabili della sensazione d'insuccesso, di
sradicamento o di inutilit dei sacerdoti?

Il sacerdote un dono gratuito di Dio, una manifestazione dell'amore del Padre. Ma lo


Spirito Santo lo sceglie, lo consacra e lo sostiene nel cuore di una comunione
veramente sacerdotale e missionaria.

3. San Giovanni ci parla dell'ora di Ges. importante comprenderla nella sua


fecondit divina; ugualmente importante illuminare della sua luce la nostra ora
sacerdotale.

A Cana di Galilea Ges avverte la Madre: L'ora mia non ancora venuta (Gv 2,4).
Pretendono di arrestarlo nel tempio, ma non era ancora venuta la sua ora (Gv 7,30;
8,20). L'imminenza dell'ora annunciata da Ges: venuta l'ora (Gv 12,23). E
ancora: Sapendo Ges che era venuta la sua ora (Gv 13,1). E, infine, Padre,
giunta l'ora (Gv 17,1).

Cos' quest'ora misteriosa di Ges? l'ora sacerdotale per eccellenza: l'ora della
sua glorificazione mediante la croce, l'ora della fecondit della sua missione, l'ora della
riconciliazione degli uomini col Padre. venuta l'ora nella quale dev'essere glorificato
il Figlio dell'Uomo. In verit vi dico: se il granello di frumento, caduto in terra, non
muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (Gv 12,23-25).

l'ora della Pasqua e, per ci stesso, l'ora della croce e della speranza,
dell'annientamento e dell'esaltazione (Fil 2,7-11), della massima donazione per i suoi
amici (Gv 15,13), del supremo servizio fino alla morte (Mt 20,28), della glorificazione
definitiva mediante lo Spirito della verit che ci comunicher dal Padre (Gv 16,13-15).

Umanamente l'ora dell'assurdo, l'ora della croce che non si comprende (Mt 16,21-23;
Lc 9,44-45; 18,31-34); l'ora della tristezza, dell'angoscia e della paura (Mt 26,37-38;
Mc 14,33-34; Lc 22,44); l'ora della solitudine (Mt 26,40). Diremmo che l'ora della crisi
(Padre mio, se possibile, passi da me questo calice, Mt 26,39). Coincide in parte
con l'ora del potere delle tenebre (Lc 22,53).

Per questo Cristo, che ardentemente desiderava il battesimo di quest'ora (Lc 12,49-
50), si sente profondamente scosso: Adesso l'anima mia conturbata! E che dir?
Padre, salvami da quest'ora! Ma appunto per questo che io sono venuto in
quest'ora! (Gv 12,27).

Cristo am quest'ora; in essa si abbandon al Padre definitivamente (Gv 14,31); gli


uomini furono riconciliati col Padre e pacificati per mezzo del sangue della sua croce
(Col 1,20).

88
Quest'ora sacerdotale di Cristo, l'ora della fecondit del suo mistero pasquale, stata
segnata dalla presenza di Maria (Gv 2,1ss; 19,25-26) e consumata dal dono dello
Spirito di vita (Gv 7,37-39; 19,30).

4. necessario che il sacerdote viva la sua ora, che assuma con generosit il
tempo e il momento (At 1,7) che il Padre ha disposto nel suo amore.

Per il sacerdote anche l'ora della sua pasqua. Un'ora di dolore e di agonia, di
annientamento e di morte, d'incertezza e di ricerca; un'ora di luce e di speranza, di
fecondit e di gioia, di suprema donazione e di servizio. Dio ce lo chiede in modo
assoluto, integrale. Unicamente a partire dalla prospettiva dell'assoluto di Dio e della
nostra donazione senza calcoli, potranno dissiparsi molti nostri dubbi e rasserenarsi i
nostri animi.

Perch certo che il momento duro per il sacerdote. pieno di oscurit e di paura, di
tristezza e di angoscia, di solitudine e di stanchezza; ma anche un momento di
ricerca sincera, di autentica generosit, di fedelt al Vangelo, di docilit allo Spirito e di
impegno nel mondo.

Il sacerdote vuol servire davvero a un mondo che non lo capisce pi. l'uomo di Dio,
testimone dell'Assoluto, presenza del Signore risorto. Per che cosa significa questo
per un mondo secolarizzato che proclama la morte di Dio? Il Vangelo del Regno
non arriva a preoccupare l'uomo che conquista lo spazio: la salvezza che gli viene
offerta dai sacerdoti non gli interessa. Il sacerdote si sente fuori posto e solo,
incompreso e strano, al massimo pietosamente compatito. Sembrerebbe che il mondo
non ne abbia pi bisogno.

5. Anche la Chiesa ha cambiato. Una miglior penetrazione del mistero della Chiesa e
un miglior adattamento alle circostanze concrete della storia hanno imposto al
sacerdote una profonda revisione delle sue strutture mentali, delle sue abitudini
tradizionali, degli atteggiamenti pastorali. Si sono modificate le sue relazioni coi laici e
col mondo. Non pi ormai l'unico padrone della missione salvifica della Chiesa; non
possiede pi il monopolio della verit, della parola, del profetismo; non l'unico
sacerdote, non l'unico apostolo. Tutto il Popolo di Dio sacerdotale, profetico, regale.

Allora s'interroga sinceramente dinanzi a Dio chi mai egli sia, cosa significhi per il
mondo la sua esistenza, quale sia la sua missione specifica nella Chiesa. Queste
domande, spesso, non se le formula in modo esplicito, ma le soffre nel suo intimo
senza esprimerle.

Il problema, in fondo, il seguente: la sua identit sacerdotale. Nel momento della


promozione del laico, non si oscura forse un po' la figura del sacerdozio ministeriale?
Quando si insiste tanto perch la Chiesa s'incorpori nel processo della storia e s'incarni
nella comunit umana, che senso ha l'esistenza di quest'uomo segregato dal mondo,
estraneo alla professione e alla famiglia?

Per questo occorre approfondire la natura e la missione del sacerdozio ministeriale;


ricercare le linee fondamentali di un'autentica teologia del presbitero. Credo che ci sia
possibile unicamente situandosi in questa triplice prospettiva:

l'unico sacerdozio di Cristo;


la Chiesa Popolo sacerdotale;
il servitore della comunit.

89
I. IL SACERDOZIO UNICO DI CRISTO

6. Non potremo mai capire il sacerdote se lo stacchiamo dalla consacrazione e dalla


missione di Cristo; cio dalla sua relazione essenziale e diretta con la persona di
Cristo, unico sacerdote.

Tutto prende avvio da qui: Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi (Gv
20,21).

Questo spiega la trascendenza unica della nostra missione: non succediamo a Cristo,
lo prolunghiamo; non c' pi un unico ed eterno sacerdote: Cristo, ma lui vive in noi e
opera attraverso il nostro ministero. Agiremo sempre in persona Christi: sia che
annunciamo la parola o celebriamo l'Eucaristia o guidiamo la comunit dei credenti. La
nostra missione questa: fare in modo che Cristo continui a manifestarsi nella storia
come il solo mediatore tra Dio e gli uomini (1Tm 2,5), l'unico che salva (At 4,12).

Ci spiega pure il carattere definitivo della nostra consacrazione. Qualcosa dentro di


noi cambiato in modo assoluto; siamo rimasti segnati per sempre dal sigillo di
Cristo; continuiamo a essere fragili e abbiamo bisogno di offrire ogni giorno sacrifici
tanto per i peccati propri quanto per quelli del popolo (Eb 5,3). Ma lo Spirito Santo ci
ha configurati in modo essenzialmente nuovo a Cristo consacrandoci in modo
irrevocabile a Dio. I presbiteri, in virt dell'unzione dello Spirito Santo, sono marcati da
uno speciale carattere che li configura a Cristo sacerdote in modo da poter agire in
nome di Cristo, capo della Chiesa (PO 2). Non si tratta di una semplice destinazione
esteriore per il compimento transitorio di una funzione, la comunicazione interiore di
poteri irrevocabili che rendono atti a riprodurre l'immagine di Cristo, sommo ed eterno
sacerdote, partecipando al suo ufficio di unico mediatore (LG 28).

Ci spiega ancora la nostra sicurezza e il nostro impegno. Cristo vive in noi perch lo
comunichiamo e operiamo in suo nome. Il nostro ministero prende le mosse da
un'elezione amorosa e da una chiamata definitiva. Non si tratta di un gusto personale,
di una nostra iniziativa o di un'esigenza della comunit; si tratta di una risposta
generosa a qualcuno che ci ha chiamato, che ha il diritto di aspettarsi la totalit
assoluta della nostra risposta. Non siete voi che avete eletto me, ma io ho eletto voi e
vi ho destinati affinch andiate e portiate frutto (Gv 15,16). Queste parole ci
tranquillizzano (Cristo conosceva la nostra miseria), ma ci stimolano anche
all'impegno.

7. Il Concilio collega sempre il ministero sacerdotale alla consacrazione e missione di


Cristo (LG 28; CD 1; PO 2). Colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo
(Gv 10,36) ci ha fatti partecipi del suo ministero.

necessario insistere un po' su questa consacrazione e missione sacerdotale di


Cristo.

La lettera agli Ebrei, che ci descrive il sacerdozio unico di Cristo sottolinea


particolarmente tre aspetti:

La consumazione del sacerdozio di Cristo. Appartiene essenzialmente alla


missione del sacerdozio condurre la comunit al luogo del riposo definitivo di Dio
(anche in questo Cristo superiore a Mos). Cristo assicura, sia pure in modo iniziale,

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l'arrivo presso il Padre di tutti gli uomini attraverso la propria umanit glorificata.
Avendo, dunque, un grande Pontefice che attravers i cieli, Ges, Figlio di Dio,
stiamo fermi nella fede che professiamo (Eb 4,14). Cristo, venuto come Sommo
Sacerdote dei beni futuri, attraversando una tenda pi perfetta... entrato una volta
per sempre nel santuario... dopo averci ottenuto una redenzione eterna (Eb 9,11.24).

Questo fondamentale: l'umanit glorificata di Cristo ci assicura la redenzione e la


comunicazione dei beni futuri. Il punto capitale di quanto andiamo dicendo questo:
noi abbiamo un Pontefice s grande, che si assiso alla destra del trono della Maest
nei cieli (Eb 8,1).

Questo aspetto illumina la trascendenza essenziale del nostro ministero. Realizziamo il


nostro sacerdozio nella storia e tuttavia non siamo sacerdoti per il tempo n per i beni
visibili. Ci sentiamo solidali con gli uomini, ma la nostra missione si colloca nella linea
del sacramento: esprimiamo e comunichiamo la vita eterna che si stata anticipata.

L'umano in profondit del sacerdozio di Cristo. Perci dovette essere in tutto


simile ai fratelli, per diventare un Pontefice misericordioso e fedele in ci che riguarda
Dio, per i peccati del popolo (Eb 2,17-18). Non abbiamo un Pontefice che non possa
compatire alle nostre infermit, poich egli stato messo alla prova in tutto come noi,
escluso il peccato (Eb 4,15). Per questo Cristo assume la debolezza della nostra
carne, l'intensit della croce, il sapore della morte. Egli impara ad obbedire alla scuola
della sofferenza (Eb 5,8).

Questo aspetto ci rende Cristo molto vicino, lo introduce pienamente nel cuore degli
uomini; inoltre, illumina la problematica essenzialmente umana dei sacerdoti. Ogni
sacerdote tolto di tra gli uomini e restituito agli uomini (Eb 5,1); dovr essere un
segregato, ma non un separato; Essi non potrebbero essere ministri di Cristo se
non fossero testimoni e dispensatori di una vita diversa da quella terrena; ma d'altra
parte non potrebbero nemmeno servire agli uomini se si estraniassero dalla loro vita e
dal loro ambiente (PO 3).

In altre parole, l'umano presente nel sacerdozio di Cristo spiega la nostra debolezza e
allo stesso tempo reclama e orienta la nostra inserzione nel mondo.

La perennit del sacerdozio di Cristo. Il suo sacerdozio unico e si prolunga ora nei
ministri che ha eletti: Ha un sacerdozio non trasmissibile... perch egli sempre vivo
(Eb 7,25). La lettera agli Ebrei insiste sul fatto che Cristo si offerto una volta per
sempre (Eb 7,27; 10,10), che si tratta di un solo sacrificio, di una sola offerta,
mediante la quale ha resi perfetti in eterno quelli che ha santificato (Eb 10,11-14) e
divenne principio di eterna salvezza (Eb 5,9).

L'unico sacerdote Cristo. lui l'unica vittima. Noi partecipiamo in modo nuovo del
suo sacerdozio (anche della sua condizione di vittima) e ci sentiamo specialmente
rivestiti della sua persona, dei suoi poteri, delle sue funzioni.

Questo ci tranquillizza perch lui sempre vivo. Per ci impegna pure perch lui
santo, innocente, immacolato (Eb 7,25-26). Egli ci mantiene in un essenziale
atteggiamento di umilt e di dipendenza: siamo semplicemente il sacramento dell'unico
sacerdozio di Cristo.

8. Ci conviene ora sottolineare l'atteggiamento fondamentale dell'anima sacerdotale


di Cristo: Cristo essenzialmente l'inviato del Padre. Operer sempre, quindi, nella

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linea di questo invio. Egli non venuto per fare la sua volont, bens quella del Padre
che lo ha inviato (Gv 3,34; 5,30; 6,38). La parola che annuncia non sua, ma di colui
che lo ha inviato (Gv 14,24).

Ci che interessa a Cristo la gloria del Padre. A questo tende radicalmente il suo
sacerdozio: Io ti ho glorificato sulla terra, avendo compiuto l'opera che mi hai dato da
fare (Gv 17,4). Cristo si manifesta come la via che conduce al Padre, l'immagine
del Padre, una sola cosa col Padre (Gv 14,31).

Per il Padre ha mandato il proprio Figlio nel mondo perch il mondo sia salvato per
mezzo di lui (Gv 3,17). La salvezza piena degli uomini entra nel dinamismo
essenziale dell'unico sacerdozio di Cristo che non venne a chiamare i giusti, ma i
peccatori (Mt 9,13). Egli fu inviato alla ricerca delle pecorelle perdute della casa
d'Israele (Mt 15,24). Cristo annuncia la buona novella del Regno (Mt 1,15), toglie il
peccato del mondo (Gv 1,29), cura gli ammalati, scaccia i demoni e risuscita i morti.
Tutto questo rientra nell'ufficio sacerdotale, tende a salvare l'uomo e il mondo, a far s
che tutte le cose siano definitivamente ricapitolate in lui (Ef 1,10).

9. Il sacerdozio di Cristo si inscrive nella linea del Servo di Jahv (Is 42,1-9; 49,1-6;
50,4-11; 52,13 - 53,12).

unto dallo Spirito e mandato dal Padre a proclamare la buona novella ai poveri, a
curare i cuori stanchi, ad annunciare la libert agli schiavi, la liberazione ai prigionieri
(Is 61,1; Lc 4,18-19).

La missione del Servo di essere alleanza del popolo, luce delle nazioni, per aprire
gli occhi ai ciechi, per fare uscire i prigionieri dalle carceri, dalle prigioni quelli che
vivevano nelle tenebre (Is 42,6-7).

Sar necessario che il Servo passi attraverso il mistero di una croce e di una morte;
solo cos vedr la luce e giustificher moltitudini (Is 53,11); dovr essere uomo dei
dolori, assuefatto alle sofferenze, piagato per le nostre iniquit, calpestato per i
nostri peccati, offre la sua vita in espiazione, per poter vedere la sua discendenza.

il cammino pasquale del sacerdozio di Cristo; l che deve necessariamente


sfociare. Lui stesso ci si d a conoscere come colui che non venne per essere servito
ma per servire e dar la sua vita in riscatto per molti (Mt 20,28).

Per il frutto sacerdotale per eccellenza del mistero pasquale di Ges Cristo stata la
comunicazione dello Spirito Santo.

10. Il sacerdozio di Cristo contrassegnato, nelle sue tre tappe principali, da una
speciale presenza ed effusione dello Spirito Santo.

L'incarnazione segna l'inizio del sacerdozio di Cristo; vi consacrato sacerdote, nel


seno verginale della Madonna, per virt dello Spirito Santo (Lc 1,35). l'unzione
perfetta per il Servo di Jahv (Is 42,1; 61,1). Cristo riceve allora la pienezza dello
Spirito (Is 11,2).

La teofania del Giordano indica l'iniziazione del ministero apostolico e missionario di


Cristo sacerdote. Su di lui discende lo Spirito Santo, in forma visibile, come segno della
completa effusione dello Spirito di profezia (Lc 3,22). La vita pubblica di Cristo (il suo

92
ministero sacerdotale fatto di parole e di gesti di salvezza) si far sotto la guida
permanente dello Spirito.

Il mistero pasquale morte, risurrezione, ascensione segna il punto culminante del


sacerdozio di Cristo. Cristo, Mediatore unico della Nuova Alleanza, offrir se stesso a
Dio in virt dello Spirito Santo, per purificarci col suo sangue e trasformarci in
servizio (culto) al Dio vivente (Eb 9,14).

Mediatore della Nuova Alleanza, che l'Alleanza dello Spirito, Cristo, glorificato alla
destra del Padre, comunicher agli uomini (a tutta la creazione) il frutto essenziale del
suo sacerdozio: lo Spirito Santo. Per questo la Pentecoste l'avvenimento sacerdotale
per eccellenza: consuma il mistero sacerdotale di Cristo, consacra definitivamente gli
apostoli per il ministero e forma nel Popolo di Dio la comunit profetica e sacerdotale
dei tempi messianici.

II. LA CHIESA POPOLO SACERDOTALE

11. Il sacerdozio unico di Cristo si trasmette anzitutto alla totalit del Popolo di Dio.
la Chiesa intera ad essere costituita Corpo sacerdotale di Cristo mediante la
comunicazione dello Spirito di Pentecoste.

Ci risulta esplicitamente dalla dottrina del Concilio: Nostro Signore Ges, "che il
Padre santific e invi nel mondo", ha reso partecipe tutto il suo Corpo Mistico di quella
unzione con la quale stato unto: in esso, infatti, tutti i fedeli formano un sacerdozio
santo e regale, offrono a Dio ostie spirituali per mezzo di Ges Cristo, e annunziano le
grandezze di colui che li ha chiamati per trarli dalle tenebre ed accoglierli nella sua luce
meravigliosa (PO 2).

Cristo Signore, Pontefice assunto di mezzo agli uomini, fece del nuovo popolo "un
regno e sacerdoti per il Dio e Padre suo" (LG 10).

Il sacerdozio ministeriale sorge da un popolo sacerdotale ed destinato al suo


servizio. La missione essenziale del sacerdote sar il ministero di questa comunit
sacerdotale. Non che l'elezione e i poteri derivino dalla comunit. Nessuno si
prende tale dignit da se stesso, ma chi chiamato da Dio (Eb 5,4). Il dono
spirituale che ci rende atti al ministero ci stato conferito con l'imposizione delle
mani dall'assemblea dei presbiteri (1 Tm 4,14; 2 Tm 1,6). Cristo che ci invia dal
Padre lo Spirito, che ci rende testimoni della sua Pasqua (At 1,8).

Per Cristo ci elegge dal seno della comunit dei suoi discepoli (Lc 6,13). Chiam
presso di s quelli che volle (Mc 3,13) e, dopo averli istruiti e rivestiti di poteri speciali,
li invi a proclamare che il Regno dei cieli vicino (Mt 10,7). Cristo, dunque, procede
in quest'ordine: la comunit, i dodici, Pietro.

Il sacerdote agisce unicamente in nome di Cristo che lo riveste del potere sacro
dell'ordine per offrire il sacrificio, perdonare i peccati e far s che i fedeli si riuniscano
tutti in un sol Corpo (PO 2). In tutti i casi, all'inizio e al termine della loro missione, vita
e ministero dei presbiteri dicono essenzialmente relazione alla comunit cristiana
sacerdotale, profetica e regale.

12. necessario, di conseguenza, sottolineare le ricchezze e le esigenze di questo


Popolo di Dio sacerdotale. Dio poteva salvarci individualmente; invece, ha voluto farci,

93
in Cristo, in solo Popolo santo; un Popolo consacrato, di esclusiva appartenenza a Dio,
inserito nella storia e nella comunit umana; un Popolo messianico, che costituisce
per tutta l'umanit un germe validissimo di unit, di speranza e di salvezza (LG 9).

Un Popolo che essenzialmente comunione di vita, di carit e di verit.


importante sottolineare questa idea di comunione nella totalit dei membri della
Chiesa: la comunione con Dio, coi cristiani, col mondo. La Chiesa Popolo
sacerdotale s'incarna nel mondo per redimerlo; per lo fa solo come comunit
cristiana, segno della presenza del Signore (AG 15).

Il nostro ministero sacerdotale in relazione essenziale con la Chiesa in quanto


comunione. Al sacerdote tocca precisamente realizzare e presiedere questa
comunione come espressione visibile dello Spirito, che il principio di unit nella
comunione (LG 31).

Inoltre, si capiranno meglio le esigenze sacerdotali di comunione con il vescovo, coi


presbiteri e coi laici. C' una comunit cristiana elementare cui tutti ugualmente
apparteniamo, nella quale tutti abbiamo una stessa dignit di figli, una stessa
vocazione di santi, una stessa responsabilit di apostoli. Ancorch siano diversi i
carismi e differenti le funzioni.

13. Questo Popolo unico sacerdotale. Dio ha fatto di noi un regno e sacerdoti (Ap
1,6; 5,10). Era stato gi preparato nell'Antica Alleanza: Voi sarete per me un regno di
sacerdoti, gente santa (Es 19,6). Fu per definitivamente costituito in Cristo. Su di lui,
pietra viva, siamo stati edificati in modo da formare un santo sacerdozio, per offrire
dei sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Ges Cristo. il Popolo di Dio che
formiamo come stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione sacra, popolo tratto in salvo,
affinch annunziamo le meraviglie di colui che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua
luce ammirabile (1 Pt 2,4-10).

Segnaliamo alcune ricchezze di questo sacerdozio comune dei fedeli.

Il sacerdozio comune dei fedeli, quantunque differisca essenzialmente dal sacerdozio


ministeriale, partecipa dell'unico sacerdozio di Cristo (LG 10). Ogni battezzato stato
realmente consacrato, mediante l'unzione dello Spirito, per un sacerdozio santo. Di
conseguenza, tutto nella vita del cristiano essenzialmente sacerdotale. Tutto acquista
la dimensione sacerdotale dell'anima di Cristo: la gloria del Padre e la redenzione del
mondo.

In virt di questo sacerdozio regale, ogni cristiano (tutto il Popolo di Dio) concorre
attivamente all'oblazione dell'Eucaristia ed offre il proprio corpo a Dio come ostia
viva e... atto di culto secondo la ragione (Rm 12,1). Ci impone al cristiano il dovere di
una progressiva configurazione a Cristo, una crescita nella santit, che il modo
fondamentale di esercitare in pratica il sacerdozio che ha ricevuto.

Sempre in virt di questo sacerdozio, i cristiani consacrano a Dio il mondo stesso


(LG 34). La costruzione quotidiana della citt temporale si converte in offerta spirituale
gradita a Dio per mezzo di Ges Cristo (1 Pt 2,5), perch fatta da uomini dedicati a
Cristo e consacrati dallo Spirito Santo (LG 34).

14. Il sacerdozio di Cristo nella sua Chiesa essenzialmente profetico e regale: tutto
il Popolo di Dio che partecipa del dono profetico di Cristo (LG 12); lo Spirito che

94
distribuisce i carismi della Chiesa come vuole (1 Cor 12,11). Questo ci suggerisce
tre cose:

il Popolo di Dio possiede il senso della fede; l'universalit dei fedeli non pu
sbagliarsi nel credere (LG 12). Spetta, quindi, al sacerdote (e anche al vescovo) porsi
in ascolto di questo senso profetico del Popolo;

il sacerdozio comune dei fedeli tende alla proclamazione delle meraviglie di Dio
(At 2,11), all'annuncio di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce
ammirabile (1 Pt 2,9). La testimonianza della Pasqua esigenza della consacrazione
battesimale e dell'unzione dello Spirito della promessa (At 1,8). Il Popolo di Dio, che ha
ricevuto l'unzione che proviene dal Santo (1 Gv 2,20), ha sempre qualcosa da dire,
sia al mondo sia ai pastori;

il sacerdozio ministeriale al servizio della comunit dei credenti deve condurre i


cristiani alla maturit della loro fede, alla perfezione della loro carit, all'impegno attivo
della loro speranza. Ci significa che il sacerdote ha ricevuto il servizio della
comunit (LG 20) per fare il Popolo sacerdotale di Dio.

15. Dovremmo aggiungere qualcosa di pi. Se tutta la Chiesa Popolo sacerdotale di


Dio, la straordinaria grandezza del presbitero la sua diaconia o servizio.
Presiediamo in nome del Signore per fare la sua comunione. La ricchezza della parola
e il potere del sacramento che ci sono stati affidati ci riguardano semplicemente come
ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio (1 Cor 4,1). L'unica cosa che ci si
chiede fedelt al nostro ministero. Non ci pu essere nulla nella nostra esistenza o
nel nostro agire che ci distacchi dalla comunit. Ci che ci distingue il servizio che
nasce da una consacrazione: Vostri servi per Ges (2 Cor 4,5).

Ma ugualmente certo che la comunit cristiana, dal cui seno sacerdotale sorge il
ministro che la presiede, responsabile della grandezza spirituale e della fecondit
apostolica dei suoi presbiteri. A tutto il Popolo di Dio interessa che i suoi ministri siano
veramente una presenza incarnata del Signore. Dipende da tutto il Popolo sacerdotale
che i sacerdoti siano esclusivamente i servi di Ges Cristo (Rm 1,1) per annunciare
il Vangelo di Dio.

Ci non vuol dire che i sacerdoti dipendano, nella loro efficacia ministeriale come nei
loro poteri, dalla comunit cristiana. ben vero, per, che essa ha una responsabilit
speciale nella santit dei suoi pastori, nella fecondit della loro missione. Ad ogni
modo, il ministero sacerdotale non si pu concepire se non come il servizio di Cristo
per la costruzione del suo Popolo.

III. IL SERVO DELLA COMUNIT

16. I due poli che definiscono la vita e il ministero dei presbiteri sono Cristo e la
comunit. In altre parole, Dio e il mondo. Il sacerdote l'uomo inviato da Dio a
redimere i fratelli. questa una frase troppo ripetuta, ma il sacerdote non ha proprio
alcun senso senza Cristo e senza gli uomini: servo di Cristo per gli uomini; il servitore
degli uomini per la gloria del Padre. Per questo il sacerdote presenza di Dio ma
anche sintesi dell'umano.

La figura del sacerdote, paradossale simbolo dell'Assoluto in un mondo secolarizzato,


s'inserisce essenzialmente in una triplice comunit: cristiana (il Popolo sacerdotale, dal

95
quale sorge e al quale serve), sacerdotale (la fraternit sacramentale del presbitero col
suo vescovo) e umana (il mondo degli uomini e della loro storia). Il sacerdote non pu
essere concepito se non in relazione fondamentale con la comunit; egli stesso
l'uomo che esprime e realizza la comunione; il sacramento di Cristo che congiunge
l'umano al divino.

forse pensabile un sacerdote che non sia, come Cristo, immagine dell'invisibile Dio
(Col 1,15)? Si pu pensare a un sacerdote che non sia in tutto simile ai fratelli (Eb
2,17)?

Pienamente uomo: con la sua ricchezza e i suoi rischi, con la sua forza e i suoi limiti,
con la sua capacit dolorosa di comprendere e di sbagliare; disposto a capire le nostre
debolezze (perch lui stesso le soffre), ad assaporare la sofferenza e la morte, ad
assumere le angosce e le speranze degli uomini. Nulla vi di genuinamente umano
che non trovi eco nel loro cuore (GS 1).

Ma anche pienamente Cristo: con la sua serenit e la sua forza, con il suo spirito di
sacrificio e di offerta, con la sua donazione e il suo servizio. Vivendo solo per la gloria
del Padre, nella generosa dedizione ai fratelli, assaporando il gusto della croce (Gal
6,14) e del dar la vita per gli amici (Gv 15,13).

17. Potremmo descrivere il sacerdote come: l'uomo particolarmente eletto dal Signore
e consacrato dallo Spirito che lo configura a Cristo sommo sacerdote e lo fa ministro
di Cristo Capo mediante una potest sacra per servire il Popolo sacerdotale di Dio, in
ordine alla formazione di un'autentica comunit di salvezza.

Spieghiamo brevemente questa descrizione provvisoria.

L'umano essenziale al sacerdote. Cristo, per esserlo, dovette assumere la fragilit


della nostra carne; preso di mezzo agli uomini (Eb 5,1).

Per un uomo chiamato. Io ho eletto voi (Gv 1,16): il mistero di una risposta
definitiva, di un impegno irrevocabile. Il Signore ha diritto a scegliere in modo assoluto.
Lo ha fatto con gli apostoli.

L'unzione dello Spirito Santo consacra il sacerdote per sempre, lo sigilla in Cristo per
l'eternit. Non una destinazione transitoria, tocca, infatti, l'essenza del suo essere e
lo trasforma. Inoltre, una consacrazione che lo afferma e lo impegna, lo rende
fondamentalmente santo e santificatore, lo converte in strumento dello Spirito.

Il sacerdote rimane configurato a Cristo Sacerdote (partecipe della sua mediazione


unica) e ministro di Cristo Capo. Gli tocca costruire e presiedere la comunit, vivificarla
sempre mediante il dono dello Spirito.

Al sacerdote viene conferita una potest sacra: non un semplice titolo o una
funzione. Celebrare l'Eucaristia, perdonare i peccati, annunciare il Regno in modo
originale, condurre con sicurezza gli uomini al Padre, suppone un potere nuovo ed
esclusivo che comunicato al sacerdote mediante l'infusione particolare dello Spirito.

Per caratteristica del sacerdote servire. Anzitutto a Cristo e, a partire da lui, al


popolo sacerdotale e a tutta la comunit umana. Non si pu capire il ministero
sacerdotale se non nella linea essenziale della diaconia. Anch'egli, come Cristo,

96
non venne per essere servito, ma per servire (Mt 20,28). Non predichiamo noi
stessi, ma Cristo Ges, il Signore, invece, siamo i vostri servi per Ges (2 Cor 4,5).

Il servizio sacerdotale si concretizza nella formazione di una comunit di salvezza.


La parola, l'Eucaristia, l'autorit sacra, tendono essenzialmente a questo: a creare una
comunit di fede, di speranza, di carit (LG 8). Il sacerdote l'uomo che fa la
comunione: degli uomini con Dio e degli uomini fra loro; il segno dello Spirito Santo
che , nella Chiesa, principio di unit nella comunione (LG 13). Non si tratta
semplicemente di una comunit di salvati; si tratta essenzialmente di una Chiesa che
universale sacramento di salvezza (LG 48).

18. La caratteristica del sacerdote ci che lo distingue dal laico e dal religioso,
assimilandolo al vescovo di costruire e presiedere la comunit. Egli, esercitando
l'ufficio di Cristo, Pastore e Capo, raccoglie la famiglia di Dio, quale insieme di fratelli
animati da un solo spirito (LG 28). Se Cristo ha costituito dei ministri nella sua Chiesa
a vantaggio degli uomini perch i fedeli fossero uniti in un solo corpo (PO 2).

A questo tende il ministero della parola: il Popolo di Dio viene adunato anzitutto per
mezzo della parola del Dio vivente, che tutti hanno il diritto di cercare sulle labbra dei
sacerdoti (PO 4). Questo il primo servizio oggi cos assolutamente
imprescindibile del sacerdote verso gli uomini: annunciare agli uomini Ges,
proclamare loro la buona novella del regno, chiamarli alla conversione. questo il loro
obbligo principale per costituire e incrementare il Popolo di Dio (PO 2).

A questo, ugualmente, tende la celebrazione dell'Eucaristia, fonte e culmine di tutta


l'evangelizzazione (PO 5). Non si d autentica comunit cristiana se non avendo
come radice e come cardine la celebrazione della sacra Eucaristia (PO 6). Per questo
tocca qui il suo vertice la funzione dei presbiteri (PO 2), perch soprattutto
esercitano il loro sacro ministero nel culto eucaristico o sinassi (comunione) (LG 28).

Infine, il compito del pastore non si limita alla cura particolare dei fedeli, ma si estende
propriamente anche alla formazione dell'autentica comunit cristiana (PO 6).

A tale scopo necessario che il sacerdote sappia discernere i carismi e sappia


armonizzarli ed anche necessario che egli sia un autentico educatore della fede
che conduca i cristiani a sviluppare la propria vocazione e a vivere quella libert
con cui Cristo ci ha liberati (PO 6).

Non si tratta di presiedere la comunit come chi comanda, ma come chi serve.

19. Per ben intendere la teologia del presbitero occorre ancora sottolineare tre cose:

Cristo, della cui consacrazione e missione fatto partecipe. Bisogna situare


essenzialmente il sacerdote nella linea del santificato e inviato, nella prospettiva
essenziale del Servo di Jahv. Bisogna analizzare a fondo i quattro canti di Isaia. Il
sacerdote ci presentato come: l'eletto, formato e consacrato dallo Spirito; chiamato
per essere alleanza del popolo e luce delle genti; che ha ricevuto udito e linguaggio di
discepolo; che non si schivato dal portare la croce; che si messo sulle spalle i
patimenti di tutti gli uomini; che ha sperato, la sera della crocifissione, nell'alba della
Pasqua.

Il vescovo, la cui funzione ministeriale fu trasmessa ai presbiteri (PO 2). Non si


pu capire la funzione sacerdotale senza il vescovo poich: Nella persona dei

97
vescovi, ai quali assistono i sacerdoti, presente in mezzo ai credenti il Signore Ges
Cristo (LG 21) e perch i vescovi assunsero il servizio della comunit con i loro
collaboratori, sacerdoti e diaconi (LG 20).

I sacerdoti sono unti dallo Spirito Santo come saggi collaboratori dell'ordine
episcopale e suo aiuto e strumento, chiamati a servire il Popolo di Dio (LG 28). Per la
fondamentale comunione nello stesso sacerdozio e ministero, i vescovi dovranno
considerare i loro sacerdoti come fratelli e amici, anzi, qualcosa di pi: necessari
collaboratori e consiglieri nel ministero (PO 7). Si tratta, certamente, di una cosa
seria: i presbiteri rendono presente il vescovo (LG 28) nelle loro celebrazioni e il
vescovo non pu agire senza il suo presbiterio.

A partire dalla comunione episcopale si pu capire anche la relazione dei sacerdoti tra
di loro: non li unisce una semplice amicizia professionale o una comune necessit
pastorale. Sono uniti da un'intima fraternit sacerdotale (sacramentale) (PO 8).
Infatti, non concepibile un sacerdote solo o chiuso in se stesso. La solitudine
sacerdotale un controsenso e l'autentica amicizia sacerdotale non una semplice
necessit umana: una intrinseca esigenza decorrente dal sacramento.

La comunit umana, alla cui definitiva salvezza destinato il sacerdote. Il suo


servizio al Popolo di Dio in ordine all'impegno per la salvezza degli uomini ed egli,
pertanto, non pu sentirsi estraneo agli uomini stessi. Dio deve dargli una capacit
molto profonda per capirli, una generosit originale per darsi.

Dovr considerare i laici come discepoli del Signore, fratelli tra fratelli (PO 9).
Certamente dovr sentire la sua responsabilit unica di padre e maestro. Li dovr
continuamente generare in Cristo, farli maturare nel Vangelo (1 Cor 4,15), ma sentir
nel suo intimo la fondamentale comunione cristiana: Per voi sono il vescovo, con voi il
cristiano (sant'Agostino).

Il sacerdote sacramento di Cristo e membro della comunit dovr sentire la gioia


della presenza del Signore e l'ansiosa aspettativa degli uomini; egli l per decifrare
evangelicamente il mondo, per comprendere gli uomini, per affidarli a Ges Cristo
Salvatore.

20. Possiamo ora comprendere l'identit essenziale dei presbiteri, indicare ci che
distingue specificamente il sacerdozio ministeriale dal sacerdozio comune dei cristiani.

Partecipano entrambi dell'unico sacerdozio di Cristo, dicono tutt'e due relazione alla
missione salvifica della Chiesa, sono l'uno ordinato all'altro. E tuttavia, differiscono
essenzialmente e non solo di grado (LG 10).

Potremmo descrivere cos ci che specificamente diverso nel sacerdozio


ministeriale:

una consacrazione speciale che ci configura a Cristo Sacerdote per operare


pubblicamente nella persona di Cristo Capo (PO 2);

l'unzione dello Spirito Santo ci segna con un carattere speciale e ci conferisce


una potest sacra (LG 10; PO 2) che ci abilita a offrire il sacrificio e perdonare i
peccati in ordine a che tutti i fedeli siano uniti in un solo Corpo PO 2);

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ci destina essenzialmente, partecipando della consacrazione e missione del
vescovo, al servizio della comunit (LG 20): specificamente nostro compito servire
il Popolo sacerdotale costruendolo e presiedendolo come comunione in Cristo.

Il sacerdozio ministeriale, con la potest sacra di cui investito, forma e regge il


Popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico in persona Christi e lo offre a Dio a
nome di tutto il popolo (LG 10). La funzione dei presbiteri, in quanto strettamente
vincolata all'ordine episcopale, partecipa dell'autorit con la quale Cristo stesso fa
crescere, santifica e governa il proprio Corpo (PO 2).

CONCLUSIONE

21. Terminiamo chiedendoci: Ha senso il sacerdote in un mondo secolarizzato?


Continua a essere l'uomo di Dio? Gli uomini distratti del nostro tempo, si aspettano
qualcosa da lui? Ha qualcosa di specifico da fare in una Chiesa che tutt'intera Popolo
sacerdotale e che promuove cos intensamente l'apostolato dei laici?

Per tentare la risposta dovremo sintetizzare alcune cose gi descritte:

Si pu capire il sacerdote solo a partire da Cristo e in vista del servizio della


comunit. Consacrato dallo Spirito e inviato dal Padre per essere, come Cristo,
immagine dell'invisibile Dio (Col 1,15), dev'essere pi che mai l'uomo di Dio, ma
del Dio vero, quello del Vangelo: del Dio che Padre, del Dio che amore, del Dio che
entr nella storia per assumerla e ricapitolare in s tutte le cose. Il mondo respinge
solo il Dio incurante degli uomini, estraneo ai loro problemi, lontano dalla storia.

Inviato dal Padre a salvare il mondo, il sacerdote riveste essenzialmente l'immagine


di Cristo, il Servo di Jahv. Egli stato destinato ad essere alleanza del popolo e
luce delle genti e, quindi, deve avere un'immensa capacit di assumere le colpe, le
sofferenze, le ferite degli uomini. Il modo concreto di servire dar la vita. In questo
senso dev'essere l'uomo degli uomini.

Il sacerdote essenzialmente l'uomo della comunit: della comunit cristiana che


forma e presiede, della comunit umana che serve e assume, della comunit
sacerdotale in cui si sente sacramentalmente inserito come fratello e amico, come
provvido cooperatore, come organo e aiuto, come necessario consigliere del
vescovo.

Il Popolo sacerdotale spera molto nei sacerdoti oggi pi che mai. La maturit cristiana
dei laici il loro impegno evangelico nel mondo sta richiedendo il servizio insostituibile
della parola e dell'Eucaristia del sacerdote. Per una parola che sia stata prima
generata nel cuore dallo Spirito. Un'Eucaristia che sia stata profondamente assimilata.

Solo cos si costruisce la comunit e si formano i testimoni. Solo cos gli uomini
comprenderanno che Dio ha visitato il suo popolo (Lc 7,16).

99
100
*
SPIRITUALIT SACERDOTALE

INTRODUZIONE

1. Di spiritualit cristiana ce n' una sola, quella di realizzare pienamente il Vangelo.


il Vangelo che ci dar una progressiva trasformazione in Cristo attraverso l'azione
santificatrice dello Spirito.

Non esiste vocazione definitiva all'infuori di questa: essere santi. In lui ci aveva eletti...
affinch fossimo santi e immacolati dinanzi a lui (Ef 1,4); Questa la volont di Dio:
la vostra santificazione... Iddio ci ha chiamati a vivere nella santit (1 Ts 4,3-7);
Siccome Dio che vi ha chiamati santo, voi pure dovete essere santi in tutta la vostra
condotta (1 Pt 1,15).

La spiritualit cristiana prende il suo avvio dal battesimo, suppone il quotidiano


approfondimento della grazia di adozione filiale e sfocia nella perfetta somiglianza con
Cristo nella gloria. Per fondamentalmente l'azione dello Spirito Santo che scolpisce
a poco a poco in noi l'immagine di Cristo primogenito fra molti fratelli (Rm 8,29). La
santit pi compito di Dio che sforzo umano: Dio che produce in noi secondo i
suoi disegni, il volere e l'operare (Fil 2,13).

Realizzare la santit tendere alla perfezione attraverso le strade della spiritualit


evangelica significa vivere nella semplicit dell'esistenza d'ogni giorno la fede, la
speranza e la carit. Qui c' tutto. In definitiva i santi saranno coloro che hanno
manifestato l'attivit della fede, i sacrifici della carit e della ferma speranza nel
Signore nostro Ges Cristo (1 Ts 1,3).

Al cristiano si chiede fedelt al Vangelo, che significa: vivere a fondo lo spirito delle
beatitudini (Mt 5,3ss), amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stessi (Mt
22,34ss), essere sempre nella gioia e pregare senza interruzione (1 Tes 5,16-17),
essere veramente poveri, amare la croce, gustare il silenzio della preghiera. Tutto ci
valido per tutti.

2 altrettanto certo, per, che il sacerdote ha un modo specifico (e una sua via) di
tendere alla santit. Lo stesso esercizio del ministero sacerdotale essenzialmente
santificante. Infatti, i presbiteri raggiungeranno la santit nel loro modo proprio se
nello Spirito di Cristo eserciteranno le proprie funzioni con impegno sincero e
instancabile (PO 13).

La particolare configurazione a Cristo Sacerdote gli impone un modo nuovo (e anche


un'esigenza nuova) di essere santo. Consacrato in modo speciale dallo Spirito Santo, il
sacerdote esprime Cristo lo contiene e lo comunica con caratteristiche proprie.

*
Cfr nota del capitolo precedente.

101
Vale per ogni battezzato il grido de san Paolo: Non sono pi io che vivo, ma Cristo
che vive in me (Gal 2,20), ma il sacerdote lo realizza con particolare intensit.
Valgono ugualmente per ogni cristiano le parole dell'Apostolo: ( manifesto che voi)
siete una lettera di Cristo (2 Cor 3,3), per il sacerdote lo in modo unico e originale.

Il sacerdote esprime una relazione speciale a Cristo in quanto immagine dell'invisibile


Dio. Servo di Jahv, Buon Pastore. Questo ci traccer tre linee fondamentali
della nostra spiritualit sacerdotale:

il sacerdote come mistero d'amore;


il sacerdote come servo di Cristo per gli uomini;
la carit pastorale centro e anima della nostra spiritualit.

3. L'elemento specifico della spiritualit sacerdotale deriva dal fatto che il sacerdote
l'uomo consacrato dallo Spirito Santo per fare e presiedere la comunione nella Chiesa.
Egli lo strumento dello Spirito, principio di unit nella comunione.

Ci esige una particolare comunione con il vescovo, della cui consacrazione e


missione fatto partecipe. La spiritualit sacerdotale come tutta la teologia del
presbitero in connessione molto stretta con la teologia e la spiritualit del vescovo.

Ci richiede, soprattutto, una comunione molto profonda con Cristo Sacerdote e Capo,
col mistero pasquale della sua morte e risurrezione. La spiritualit sacerdotale , in
modo specialissimo, quella del testimone della Pasqua e suppone, quindi, la croce, la
gioia, la speranza. Di conseguenza la comunione permanente dello Spirito di
Pentecoste.

I. FEDELI AL VANGELO

4. La prima cosa che ci chiede il Vangelo di essere veramente poveri. Poveri della
radicale povert che visse la Madonna.

Solo cos riusciremo a comprendere le esigenze assolute del Vangelo (perch il


Vangelo viene rivelato solo ai semplici: Mt 11,25-27) e troveremo il coraggio per
impegnare definitivamente la nostra fedelt. Dalla povert sorge la fiducia (Questo
impossibile agli uomini, ma a Dio tutto possibile: Mt 19,26), e la fiducia genera la
disponibilit completa (Lc 1,38).

Abbiamo complicato troppo le cose. Cos non comprendiamo pi esigenze chiare come
queste: Siate perfetti com' perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48); Se uno vuole
venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua
(Lc 9,23-24); Se il tuo occhio ti d scandalo, levatelo (Mc 9,47). O, se le
comprendiamo, ci sembrano cose irrealizzabili per il mondo secolarizzato in cui
viviamo. Siamo contagiati dall'angoscia e dallo scandalo dei discepoli: Questo
linguaggio duro. Chi lo pu ammettere? (Gv 6,60).

Possiamo concretamente interrogarci: Continua ad essere valido il sacerdote come


uomo di Dio? Che senso ha la sua irrinunciabile vocazione alla santit? Come
parlare di silenzio e di preghiera, di annientamento e di croce, di obbedienza e di
verginit? Se queste cose hanno perso il loro senso, non pi valida la nostra vita
consacrata ed assurdo il nostro oscuro ministero.

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Dobbiamo, per, collocarci in una prospettiva essenzialmente diversa: la prospettiva
unica della fede e della totalit del Vangelo. Non possiamo ridurre il Vangelo a certe
cose o interpretarlo in base alle cangianti circostanze storiche. Al contrario, la luce
del Vangelo che deve penetrare nei segni attuali dei tempi.

5. La chiamata di Cristo assoluta: Vendi quanto hai... poi vieni e seguimi (Mt
19,21) ed esige sempre una risposta totale e definitiva: Chiunque mette mano
all'aratro e si volta indietro, non adatto per il regno di Dio (Lc 9,62). Gli apostoli
hanno coscienza dell'assoluto della chiamata e della risposta: Noi abbiamo lasciato
ogni cosa (Mt 19,27).

Nella vocazione del sacerdote, come in quella degli apostoli, si verifica sempre il
carattere assoluto della vocazione di Abramo: Lascia il tuo paese, il tuo parentado, la
casa di tuo padre e va' nella terra che io ti mostrer (Gn 12,1).

Solo nella pienezza della fede la stessa che ha reso felice Maria (Lc 1,45) si pu
captare l'assoluto della chiamata e praticare l'obbedienza senza troppe domande: Per
la sua fede Abramo, chiamato da Dio, ubbid per andare in una terra che doveva
ricevere in eredit senza sapere dove andava (Eb 11,8).

6. In quanto sacerdoti dobbiamo essere veramente poveri, sapere che il momento


che ci tocca vivere molto difficile. Ci si chiede di tutto, vero; ma Dio opera
meraviglie nelle anime povere.

Prima gli uomini ci guardavano con venerazione e rispetto, oggi ci guardano con
indifferenza o con piet. Prima si aspettavano tutto da noi, oggi non interessa pi che il
Cristo che presentiamo. Si fa strada allora la pericolosa tentazione di falsificare la
parola di Dio (2 Cor 4,2), di lasciarci assimilare dall'instabilit del loro mondo (Rm
12,2) o di presentare un Cristo troppo umano (Ef 4,20): Non cos che vi stato
insegnato da Cristo.

Non questo il cammino per salvare l'uomo e nemmeno questo il modo di soddisfare
le sue aspirazioni pi profonde. In fondo, il mondo attende da noi che siamo fedeli alla
nostra vocazione originale di testimoni dell'Assoluto, che non sfiguriamo il linguaggio
della croce (1 Cor 1,18).

Occorre che manifestiamo Dio nella totalit della nostra vita: che insegniamo agli
uomini come sia ancora possibile la gioia e la speranza, la fedelt alla parola data,
l'immolazione quotidiana alla volont del Padre e la donazione generosa ai fratelli. Ci
significa che dobbiamo mostrare loro come per guadagnare la vita occorra perderla
(Mt 16,25), come per comperare il regno ci sia da vendere tutto (Mt 13,44-46), come
per essere fecondi sia necessario cadere sotto terra (Gv 12,24), come per entrare nella
gloria ci sia da assaporare la croce (Lc 24,26), come per amare davvero si debba
imparare a dar la vita per gli amici.

La nostra esistenza sacerdotale non ha senso senza una completa fedelt al Vangelo
e ci implica silenzio e solitudine, annientamento e croce, servizio e donazione. Implica
l'eroismo di dare ogni giorno la vita. Forse, relativamente facile dare la vita in un solo
momento solenne della nostra esistenza ma pi difficile consumare la donazione
nella semplicit, nel nascondimento e nella monotonia dell'esistenza d'ogni giorno.

7. Essere fedeli al Vangelo implica essenzialmente vivere e comunicare la gioia


profonda del mistero pasquale. qui che s'incentra il ministero e la vita dei presbiteri.

103
Essi lo annunciano con la parola, lo realizzano con l'Eucaristia, lo esprimono nella
totalit della loro esistenza perch il sacerdote l'uomo del mistero pasquale.

Il sacerdote il testimone della risurrezione del Signore, con tutto ci che presuppone
di croce e di speranza, di distacco e di povert, di annientamento e di morte, di
donazione e di servizio, di esaltazione, di fecondit e di vita; con tutto quello che la
Pasqua implica di serenit interiore, di coraggio e di luce. Perch la Pasqua acquista la
sua pienezza nella Pentecoste, in cui ci viene comunicata la pace, la forza, la
chiarezza dello Spirito.

Dobbiamo essere fedeli al Vangelo. Ogni sacerdote, come Paolo, servo di Ges
Cristo, chiamato apostolo, consacrato al Vangelo di Dio (Rm 1,1).

Questa fedelt, oggi cos dolorosamente messa in crisi, sta richiedendo da noi
sacerdoti il fondamentale atteggiamento della Vergine Maria: Beati piuttosto quelli che
ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica (Lc 11,28).

Qui c' tutto: darci con generosit alla totalit assoluta del Vangelo, non solo in parte.
Ricevere nella povert, ruminare nel silenzio, realizzare con spirito disponibile la parola
che ci stata detta. Questa stessa parola che gli uomini attendono, per essere salvi,
dalle nostre labbra di profeti, dal nostro cuore di testimoni.

Detto in modo pi semplice: gli uomini vogliono vedere Ges nel sacerdote (Gv 12,21)
perch, in fondo, il grido d'invocazione sempre lo stesso: Mostraci il Padre e ci
basta (Gv 14,8).

II. CONSACRATI DALLO SPIRITO

8. Abbiamo ricevuto nell'ordinazione sacerdotale lo Spirito di santit: Spirito di


luce, di fortezza e di amore; Spirito della profezia e della testimonianza; Spirito della
Pasqua; Spirito della gioia, della pace e della speranza. Siamo stati consacrati dallo
Spirito del Signore per fare la comunione tra gli uomini (Is 42,1; 61,1). La vita e il
ministero del sacerdote hanno un senso solo a partire da una particolare
consacrazione e guida dello Spirito, come avveniva in Cristo.

Cristo stato unto sacerdote nel seno verginale della Madonna, per mezzo dello
Spirito Santo (Lc 1,35). Lo Spirito lo consacr per portare la buona novella ai poveri,
per annunciare ai prigionieri la liberazione, il recupero della vista ai ciechi, per dare la
libert agli oppressi (Is 61,1-2; Lc 4,18-20). Nella vita e nel ministero di Cristo tutto
avviene sotto la guida dello Spirito (Lc 4,1). Soprattutto avviene per opera dello Spirito
Santo il mistero pasquale di un sangue che si offre a Dio per purificarci e per darci
una nuova vita (Eb 9,14).

Se dobbiamo essere fedeli al Vangelo per scoprire le linee fondamentali di


un'autentica spiritualit sacerdotale dovremo sforzarci di capire pure le nuove
esigenze della Chiesa e le attuali aspettative degli uomini. sempre lo stesso Spirito
del Signore che rigenera costantemente la Chiesa e ci parla attraverso i segni dei
tempi. Per questo c' un modo nuovo di esprimere Cristo dinanzi agli uomini.

per fondamentale che il sacerdote lo esprima, che sia veramente Cristo per la gloria
del Padre e la redenzione degli uomini. In un certo senso, il mistero di ogni sacerdote
Cristo fra di voi, la speranza della gloria (Col 1,27).

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9. La nostra vita non ha senso fuori di una relazione essenziale con la consacrazione
e missione di Cristo. Quegli che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo (Gv
10,36) Lui che ci ha eletti (Gv 15,16) e ci ha fatto partecipi dell'unzione dello Spirito
inviandoci agli uomini: Come tu hai mandato nel mondo me, anch'io ho mandato nel
mondo essi (Gv 17,18).

Il mondo porta con s i suoi problemi, ha le sue ricchezze e i suoi rischi, Cristo lo sa
bene e, infatti, previene i suoi inviati: Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha
odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ci che suo: ma poich non siete
del mondo perch io, scegliendovi, vi ho fatto uscire dal mondo, il mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che vi ho detto: il servo non da pi del suo padrone (Gv
15,18-20).

Per questo Cristo chiede al Padre che non li tolga dal mondo, ma che li preservi dal
maligno e, soprattutto, li consacri nella verit. Ogni consacrazione esige separazione,
dedizione esclusiva, sacrificio.

Il sacerdote situato nel mondo; lo ama e lo soffre; lo capisce, lo assume, lo redime.


Ma il suo cuore segregato e consacrato totalmente a Dio mediante lo Spirito. La sua
missione in seno al mondo, non fuori: Voi siete il sale della terra... la luce del
mondo (Mt 5,13-14). Ma sar autentico testimone della Pasqua solo se verr unto
dalla forza dello Spirito Santo (At 1,8). Infatti, se lo Spirito non lo trasformer
interiormente in Ges Cristo, la parola del sacerdote non sar fuoco, la sua presenza
non sar quella luminosa di Cristo e i suoi gesti non saranno comunicatori di speranza.

10. Questo l'essenziale: I presbiteri, in virt dell'unzione dello Spirito Santo, sono
marcati da uno speciale carattere che li configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter
agire in nome di Cristo, Capo della Chiesa (PO 2).

La consacrazione dello Spirito ci segna in modo definitivo, ci cambia radicalmente in


Cristo lasciandoci, tuttavia, l'esperienza della fragilit e la possibilit dello stesso
peccato (Eb 5,2-3). Lo Spirito ci d la sicurezza, ma ci lascia anche la sensazione
serena di ci che piccolo e povero; ci illumina interiormente, ma ci impone la ricerca,
lo studio, la consultazione; ci irrobustisce con la sua potenza sovrumana, ma ci fa
anche sentire la costante necessit degli altri.

L'unzione dello Spirito Santo ci configura a Cristo Sacerdote e ci d la capacit di


operare in nome di Cristo Capo.

11. Tutto ci che appartiene a Cristo santificato dallo Spirito risulta per noi modello e
tipo sacerdotale. Ci sono tuttavia tre cose che dobbiamo notare con una certa
preferenza:

L'assoluto del sacerdozio di Cristo; cio il carattere radicale delle sue relazioni con il
Padre.

Cristo venuto a chiamare i peccatori (Mt 9,13), a cercare le pecore perdute della casa
d'Israele (Mt 15,24), perch il mondo si salvi per mezzo di lui (Gv 3,17). Per questo
moltiplica il pane, cura gli ammalati, risuscita i morti. In altre parole a Cristo interessa
l'uomo con i suoi problemi, la sua felicit e la sua liberazione definitiva.

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Ma a Cristo, fondamentalmente, interessa il Padre: la sua gloria, la sua volont. Cristo
si muove solo nella linea di colui che lo ha inviato e per questo rifugge da una
leadership politica (Gv 6,15; 18,36) o dall'arbitrato puramente umano (Lc 12,13-14).

La sfera di Cristo esclusivamente quella del Padre. Di qui l'importanza essenziale del
silenzio, della solitudine e dell'adorazione. Di qui ancora la libert di fronte ai poteri
temporali o all'interpretazione ingiusta dei suoi atteggiamenti. Di qui il valore assoluto
della sua croce e della sua morte: affinch il mondo riconosca che io amo il Padre
(Gv 14,31).

L'universalit dell'amore di Cristo. Egli sente una preferenza per i poveri, per gli
ammalati, per i peccatori. Ma il suo amore non esclusivo: mangia anche con i ricchi,
come Zaccheo o Simone; conversa con gli intellettuali, come Nicodemo; ama di
predilezione Giovanni (Gv 13,23), il giovane che lo interpella (Mc 10,21) e l'accogliente
famiglia di Betania (Gv 11,5). Il suo amore abbraccia la totalilt dell'uomo: cura le
malattie, perdona i peccati, elegge gli apostoli, Finalmente, un amore che si d fino
all'estremo (Gv 13,1) e si esprime nella donazione della propria vita per gli amici (Gv
15,13).

Il senso di totale distacco e povert che vive come esperienza fondamentale: Le


volpi hanno delle tane e gli uccelli dell'aria dei nidi; ma il Figlio dell'uomo non ha dove
posare il capo (Mt 8,20). Ci si rivela in tal modo la generosit di Cristo che si fece
povero per noi, pur essendo ricco, per arricchire noi con la sua povert (2 Cor 8,9).

Egli proclama che questa la condizione per possedere il regno: Beati i poveri in
spirito, perch di essi il regno dei cieli (Mt 5,3). La esige, soprattutto, dagli apostoli o
missionari del regno: Non prendete niente per il viaggio, n bastone, n bisaccia, n
pane, n denaro, n abbiate due tuniche (Lc 9,3). Questa l'unica forma per seguirlo
e per possederlo. Infatti, per guadagnare Cristo conoscerlo, conoscere il potere della
sua risurrezione, essere in comunione con le sue sofferenze ed avere il privilegio di
diventargli simili nella sua morte bisogna perdere tutte le cose, tenerle per immondizie
(Fil 3,8-11).

Cristo esige costantemente dai suoi apostoli la fede, il distacco e il servizio. In una
parola: Cristo esige assolutamente tutto. Ancora una volta: solo chi intende, nella fede,
l'assoluto della grazia e della chiamata potr essere capace di donarsi con gioia. E a
riguardo della verginit, Ges dice precisamente: Non tutti capiscono questa parola,
ma soltanto quelli ai quali concesso (Mt 19,11).

III. MISTERO D'AMORE

12. La figura del sacerdote non pu essere compresa e accettata che a partire dalla
fede. Diversamente la sua esigenza diventa assurda (la sua obbedienza, la sua croce,
il suo silenzio e la sua verginit). Il sacerdote sar essenzialmente, alla stregua di
Cristo, segno di contraddizione (Lc 2,34). Se pretendiamo di giudicarlo
umanamente, egli costituir sempre uno scandalo e una follia (1 Cor 1,23).

Ma la fede ci fa situare il sacerdote nel cuore del mistero divino che mistero d'amore:
Dio amore (1 Gv 4,16). La prima cosa che rivela il sacerdote che Dio ha tanto
amato il mondo che ha sacrificato il suo Figlio Unigenito (Gv 3,16). Un'esistenza
sacerdotale , come quella di Cristo, una donazione al Padre e un segno che Dio non
vuole la condanna del mondo, ma che il mondo sia salvo per mezzo di lui (Gv 3,17).

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Il nostro sacerdozio non ha senso se non nel contesto essenziale dell'amore. Il
sacerdote un uomo che Cristo ha amato in maniera unica: Come il Padre ha amato
me, cos io ho amato voi (Gv 15,9). Per questo lo ha prevenuto con l'elezione: Non
siete voi che avete eletto me, ma io ho eletto voi (Gv 15,16); per questo ha
comunicato loro la sua stessa missione: Come il Padre ha mandato me, anch'io
mando voi (Gv 20,21). Quando si dice che il sacerdote esprime Cristo lo stesso che
dire che esprime l'amore del Padre.

Lo Spirito Santo ha consacrato il sacerdote perch sia rivelazione e donazione estrema


dell'amore. Se uno non ha la capacit di amare con Ges, non pu essere sacerdote;
se non sa esprimere compassione della moltitudine stanca e abbattuta (Mr 9,36), o
della folla che soffre la fame (Mt 15,32), se non sa commuoversi dinanzi al dolore (Lc
7,13) e piangere dinanzi alla morte (Gv 11,35), non pu essere sacerdote; se
l'indifferenza inaridisce il suo cuore, non pu vivere il mistero della sua verginit
consacrata. Solo nell'assoluto possesso dello Spirito di amore possibile la gioia del
celibato sacerdotale.

13. Il sacerdote sacramento dell'amore di Dio. Egli esprime e realizza l'amore di Dio
per gli uomini; un segno che Dio essenzialmente amore (Es 34,6; 1 Gv 4,16) ed
entrato per amore nella storia. La sua predicazione si riassume in questi termini:

Vi parler apertamente del Padre... il Padre stesso vi ama (Gv 16,26-27). Ci d la


certezza dell'iniziativa interamente gratuita dell'amore del Padre: Tale amore consiste
in questo: non siamo noi che abbiamo amato Dio, ma lui che ha amato noi ed ha
amato suo Figlio come vittima di propiziazione per i nostri peccati (1 Gv 4,10).

Solo in questa prospettiva essenziale dell'amore si capiranno le esigenze assolute del


silenzio, dell'obbedienza, della verginit e della croce. L'amore esige profondit
interiore, unit nella comunione, fecondit nella morte, universale donazione nella
carit.

Il silenzio indispensabile per entrare nell'intimit divina, per scoprire il mistero


dell'uomo, per ricevere la parola che dovr essere proclamata come testimonianza
sacra, per dire al Padre quello che ci conviene (Rm 8,26). Per questo lo Spirito che
lo realizza in noi.

Ci sono ancora due aspetti che meritano di essere sottolineati quando parliamo del
sacerdote come mistero di amore: la paternit e l'amicizia. Il sacerdote
sacramento della paternit divina ed pure l'amico di Dio per gli uomini.

Indichiamo solamente alcuni punti.

14. Sacramento della paternit divina. Se c' un nome che merita di esser dato al
sacerdote (e, a maggior ragione, al vescovo) quello di padre. vero: solo Dio
Padre (Mt 23,9), solo Dio buono (Mc 10,18), solo Cristo il Maestro e il Signore (Gv
13,14), come solo Cristo Sacerdote. Per, allo stesso modo che Cristo immagine
del Padre (Col 1,15; Eb 1,3), e colui che lo ha visto ha visto il Padre (Gv 14,9), cos
pure il sacerdote (che sacramento di Cristo) esprime e realizza la fecondit del
Padre. Egli un grido permanente che Dio Padre. Per questo piego le ginocchia al
Padre, dal quale prende nome ogni paternit sia nei cieli sia sulla terra (Ef 3,14-15).

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Oggi, il mondo ha bisogno di sperimentare Dio come Padre e Cristo come Signore
della storia. Il mondo, oggi, non pu pensare a un Dio troppo distante, a un Cristo
troppo estraneo; non pu sentirsi solo, abbandonato, orfano. Per questo se il sacerdote
veramente padre (senz'essere sfigurato dal paternalismo), la sua presenza
benedetta, il suo ministero ricercato.

Il sacerdote genera attraverso la parola e il sacramento: Quand'anche voi aveste


migliaia di pedagoghi in Cristo, non avreste tuttavia molti padri: perch sono io che vi
ho generati in Cristo Ges mediante il Vangelo (1 Cor 4,15). Ma non basta
comunicare la vita, occorre anche l'educazione nella fede e la crescita progressiva in
Cristo: O figli miei, per i quali io soffro di nuovo i dolori del parto, finch non sia
formato in voi il Cristo (Gal 4,19).

Essere padre straordinariamente bello: conferisce pienezza e gioia all'esistenza


sacerdotale. Ma anche tremendamente difficile perch la vera paternit esige una
donazione totale di noi stessi, fatta nella semplicit quotidiana dal soprannaturale.

Un vero padre deve possedere: saggezza per vedere, bont per comprendere,
fermezza per guidare e, soprattutto, un vero padre presuppone di essere testimone
permanente: Siate miei imitatori, come anch'io lo sono di Cristo (1 Cor 11,1).

15. Il Sacramento dell'amicizia divina. Uno degli elementi che i contemporanei


apprezzano e ricercano di pi l'autentica amicizia. Cristo stabilisce una relazione
profonda coi suoi sacerdoti: Non vi chiamo pi servi, perch il servo non sa quel che
fa il padrone; vi ho chiamato amici, perch vi ho fatto conoscere tutto quello che ho
udito dal Padre mio (Gv 15,15). L'amicizia con Cristo presuppone due cose: compiere
i suoi precetti e gustare i segreti del Padre. Questo significa entrare in comunione col
Padre, per mezzo di Cristo, ed un'opera dello Spirito Santo.

In questo modo il sacerdote si trasforma in amico di Dio per gli uomini. Ma non un
amico qualunque, non un semplice compagno di viaggio. Come Abramo, amico di
Dio (Gc 2,23), che ha creduto in Dio e si messo in cammino senza sapere dove
andava a finire (Eb 11,8).

Il sacerdote dev'essere ben vicino e ben dentro il mondo degli uomini. Deve saper
interpretarli, accompagnarli, redimerli comunicando, per, costantemente Dio,
portandoli a Dio e rimanendo, quindi, in comunione ininterrotta con Dio per esprimerlo
nella sua parola, nei suoi gesti, nella sua semplice presenza.

Cos' un amico? colui che sa ascoltare con interesse, che sa parlare al momento
giusto, che fa la stessa strada dell'amico.

Ascoltare con interesse: far nostri i problemi degli altri, assumere le preoccupazioni,
alleggerire la croce dei fratelli. Il sacerdote accoglie tutto in silenzio, lo conserva, lo
trasforma in preghiera. Non facile farlo tutti i giorni e con tutti.

Parlare al momento opportuno: cio la parola giusta al momento giusto. La parola che
illumina, che rialza, che rasserena. Non si tratta di dire molte cose. A volte un silenzio
pi fecondo e consolante della parola.

Fare la stessa strada dell'amico: non basta indicare col dito la rotta da seguire; bisogna
percorrerla quotidianamente coi fratelli. Avvicinarsi a loro, indovinare la tristezza e il
disanimo, interpretare loro la Scrittura, spezzare il pane (Lc 24,13ss).

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Quant' difficile fare la strada di tutti gli uomini con l'inalterabile serenit del primo
giorno o la gioia incontenibile del primo incontro! E tuttavia lo Spirito ci ha consacrati
perch andassimo a proclamare la buona novella ai poveri, a curare i cuori stanchi
(Is 61,1).

IV. SERVITORE DI CRISTO PER GLI UOMINI

16. Uno degli aspetti che pi chiaramente incidono nella spiritualit del sacerdote,
oggi, la sua condizione di servitore. Ne scaturiscono molte esigenze di fronte a
Cristo e agli uomini.

Il sacerdote ha ricevuto il servizio della comunit (LG 20); costituito saggio


collaboratore dell'ordine episcopale, e suo aiuto e strumento, chiamato a servire il
Popolo di Dio (LG 28).

La spiritualit sacerdotale s'inscrive essenzialmente nella linea del servizio. entrare


nelle ricchezze ed esigenze del Servo di Jahv, di Cristo che non venne per essere
servito ma per servire e a dar la sua vita in riscatto per molti (Mt 20,28).

Il sacerdote servo di Ges Cristo, chiamato apostolo, consacrato al Vangelo di Dio


(Rm 1,1). Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di
Dio (1 Cor 4,1). Non predichiamo noi stessi, ma Cristo Ges, il Signore; noi, invece,
siamo i vostri servi per Ges (2 Cor 4,5).

Non c' pi che un modo di servire pienamente gli uomini: servire Ges Cristo. Cos
come c' modo di servire autenticamente Ges Cristo: servire gli uomini. Vi ho dato
l'esempio affinch come vi ho fatto io facciate anche voi (Gv 13,15).

17. Cos' servire? porre la totalit dei nostri doni e carismi la totalit della nostra
vita a piena disposizione del bene integrale dei fratelli. Servire dar tutto ci che
abbiamo o, meglio, tutto ci che siamo. Servire fare ogni giorno dono della propria
esistenza, essere disposti a dar la vita per gli amici.

La prima cosa che ci chiede il servizio degli uomini di sentirli veramente fratelli e che
essi ci sentano pienamente uomini con una gran capacit di capirli, di amarli, di
assumerne angustie e speranze. Gioite con chi gioisce; piangete con chi piange
(Rm 12,15). Servire gli uomini condividere i loro dolori e la loro povert, scoprire le
loro aspirazioni, attendere ad esse.

La spiritualit sacerdotale esige una personalit umana molto ricca e sviluppare il


senso sacro degli autentici valori umani: la sincerit e la giustizia, la fermezza e la
fedelt, la semplicit e l'amicizia, il distacco e la generosit, la gioia e l'equilibrio, il
coraggio e la lealt.

Questa non n la prima n l'unica cosa, certo. Per sta alla base di una piena
trasformazione in Cristo; un'esigenza della presenza salvatrice dei testimoni della
Pasqua nel mondo. Essi non potrebbero essere ministri di Cristo, se non fossero
testimoni e dispensatori di una vita diversa da quella terrena; ma d'altra parte, non
potrebbero nemmeno servire gli uomini se si estraniassero dalla loro vita e dal loro
ambiente (PO 3).

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18. C', tuttavia, un modo di servire che tipico del sacerdote; come ministro della
parola e dell'Eucaristia, come colui che possiede un'autorit sacra. In qualsiasi delle tre
funzioni, il sacerdote serve facendo e presiedendo la comunit cristiana.

Mediante la parola serve gli uomini aprendo loro i misteri del regno dei cieli (Mt
13,11), tracciando il cammino delle beatitudini (Mt 5,3-11), sottolineando il
comandamento principale (Mt 22,34-40). Li serve, soprattutto, convocandoli in
assemblea di Dio: Il Popolo di Dio viene adunato anzitutto per mezzo della parola del
Dio vivente, che tutti hanno il diritto di cercare sulle labbra dei sacerdoti (PO 4).

Lui stesso, per, deve farsi servitore della parola, deve avere un linguaggio da esperti
perch sappia parlare agli stanchi (Is 50,4). La parola deve entrare nel sacerdote
come luce e come fuoco, dev'essere generata nel suo cuore (come in Maria) prima che
nasca sulle sue labbra di profeta. Egli deve ascoltare in silenzio, deve pregare e
contemplare molto, deve ricevere con povert la parola e abbandonarsi ad essa con
generosit.

In questo modo il ministero della parola essenzialmente santificante (PO 13).


Partecipa, infatti, direttamente della carit di Dio, si fa voce dell'unico Maestro ed
posseduto dall'ardore dello Spirito.

19. Per mezzo dell'Eucaristia serve gli uomini consacrando il pane vivo disceso dal
cielo e comunicando la carne di Cristo per la vita del mondo (Gv 6,51). Ma,
soprattutto, realizzando, tramite l'Eucaristia, la comunit ecclesiale. Mediante
l'Eucaristia la Chiesa continuamente vive e cresce (LG 26). Non possibile che si
formi una comunit cristiana se non avendo come radice e come cardine la
celebrazione della sacra Eucaristia (PO 6). Per ci stesso funzione essenziale del
presbitero cha presiede e fa la comunit la celebrazione dell'Eucaristia (LG 28; PO
5). Inoltre, il suo compito evangelizzatore tende a culminare essenzialmente
nell'Eucaristia.

Ma anche qui il sacerdote deve convertirsi egli stesso in servo dell'Eucaristia, lasciarsi
trasformare nel Cristo pasquale, assumere la sua essenziale condizione di vittima,
assimilare la sua anima di buon Pastore che d quotidianamente la vita, entrando in
comunione profonda con Cristo, col vescovo e il suo presbiterio, con tutti i cristiani, col
mondo.

Celebrare bene l'Eucaristia preparare un'assemblea cristiana dove si mangi


veramente la cena del Signore, senza divisioni che lacerino l'unico Corpo di Cristo
(1 Cor 11,17-33). L'Eucaristia genera l'unit, per l'Eucaristia comunione col corpo e
col sangue di Cristo sarebbe sacrilegio se non esiste comunione coi fratelli: Non vi
che un pane solo, formiamo un solo corpo; tutti infatti partecipiamo del medesimo
pane (1 Cor 10,16-17). Servire l'Eucaristia , per il sacerdote, purificarsi
dall'indifferenza e dall'egoismo, lasciarsi invadere dallo spirito di carit.

20. Infine, il sacerdote serve mediante l'autorit sacra che ha ricevuto direttamente da
Cristo. La sua autorit non viene dalla comunit, ma essenzialmente posta al suo
servizio. Io sono in mezzo a voi come uno che serve (Lc 22,27), dice il Signore.
Cristo ha sottolineato il carattere di servizio dell'autorit: non come padroni e signori,
ma come servi e schiavi: Chi vorr tra voi diventare grande, sar vostro servo (Mt
20,24-28). Questo l'esempio di Cristo: Se vi ho lavato i piedi io, Signore e Maestro,
dovete anche voi lavarvi i piedi l'un l'altro (Gv 13,14). San Pietro raccoglie la lezione e
la trasmette: Esorto gli anziani che sono fra voi, io, anziano come loro, che sono stato

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testimone delle sofferenze di Cristo... pascete il gregge di Dio a voi affidato, non come
costretti, ma spontaneamente, secondo lo Spirito di Dio; non per vile interesse, ma di
cuore. Non fate pesare la vostra autorit sui partecipi dell'eredit, quasi foste
dominatori, ma come modelli del gregge (1 Pt 5,1-3).

Sono tutte esigenze della carit pastorale. Esercitare l'autorit come Cristo significa
avere l'anima del buon Pastore. L'autorit esige dal sacerdote uno speciale
atteggiamento di servizio. Ma anche qui vogliamo sottolinearlo questo servizio
fatto di saggezza, di bont, di fermezza.

21. La spiritualit del sacerdote servo di Cristo per gli uomini ci viene chiaramente
anticipata nei quattro canti del Servo di Jahv (Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-11; 52,13;
53,12). Rileviamone alcuni punti:

Sicurezza e confidenza del Servo:

Ecco il mio servo che proteggo, il mio eletto, in cui si compiace l'anima mia; ho posto
su di lui lo Spirito mio (Is 42,1).

Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e t'ho preso per mano, ti ho formato... (Is
42,6).

Il Signore mi ha chiamato fin dal seno materno, fin dalle viscere di mia madre ha
ricordato il mio nome... mi custod sotto l'ombra della sua mano... dal seno materno mi
ha formato per essere suo servo... (Is 49,1-2.5a).

Missione del servo:

Ti ho dato come alleanza il popolo, luce delle nazioni, per aprire gli occhi ai ciechi, per
fare uscire i prigionieri dalle carceri, dalle prigioni quelli che vivevano nelle tenebre (Is
42,6-7).

Io ti pongo a luce delle genti per portare la mia salvezza fino agli ultimi confini del
mondo (Is 49,6).

Condizioni del Servo:

Il Signore Dio m'ha dato un linguaggio da iniziati perch io sappia parlare agli stanchi.
Ogni mattina egli risveglia il mio orecchio, perch io ascolti come un discepolo (Is
50,4).

Non grider, non alzer la voce... Non spezzer la canna ammaccata, no spegner la
fiammella vacillante (Is 42,2-3).

Uomo dei dolori, assuefatto alla sofferenza... fu piagato per le nostre iniquit, fu
calpestato per i nostri peccati (Is 52,3-5).

V. LA CARIT PASTORALE

22. Costituisce il centro della spiritualit sacerdotale. la carit del buon Pastore,
conoscitore personale delle sue pecore, pronto a dar la vita per esse, con inquietudine

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missionaria per quelle che sono fuori (Gv 10,14-16), sempre disposto a ricercare e
caricare sulle spalle quella smarrita (Lc 15,4-7).

Ezechiele profetizza contro i cattivi pastori che pensano a se stessi (Ez 34,1ss), che si
prendono il latte delle pecore, che si fanno vestiti con la loro lana, che sacrificano le
pecore pi grasse, che non irrobustiscono le pi deboli, che non si occupano di quelle
malate, che non curano quelle ferite, che non ricercano quelle perdute, che
spadroneggiano con violenza e con durezza. Anche Geremia grida contro i pastori che
lasciano perdere e disperdersi le pecore (Ger 23,1ss).

Il salmo 22 ci dipinge Jahv come pastore sollecito del suo popolo: Il Signore il mio
pastore, nulla mi manca. Cristo realizzer, nella sua persona, il consolante annuncio
di Ezechiele: Ecco, io stesso cercher le mie pecore e ne avr cura (Ez 34,11).
L'immagine di Cristo buon Pastore segner il compimento delle profezie e additer
ai pastori della Chiesa la profondit spirituale della sua donazione agli uomini.

23. La carit pastorale sintetizza la spiritualit sacerdotale. Infatti, come la carit in


generale, il vincolo della perfezione (Col 3,14).

Per questo il Concilio riduce tutto alla carit pastorale. Il ministro stesso si rivela
essenzialmente santificante poich la triplice funzione sacerdotale presuppone e
genera la carit del buon Pastore (PO 13). L'unit di vita dei presbiteri
(contemplazione e azione) si ottiene mediante l'esercizio della carit pastorale (PO
14) e, soprattutto, la carit pastorale illumina le esigenze assolute dell'umilt e
dell'obbedienza (PO 15), della verginit consacrata (PO 16), della povert sacerdotale
(PO 17).

24. Che cos' la carit pastorale? Potremmo descriverla come l'abbandono eroico e
gioioso alla volont del Padre che ci guida a una generosa e semplice donazione agli
uomini, in sacramentale comunione coi nostri fratelli.

La carit pastorale , essenzialmente, vivere in comunione. Se il sacerdote l'uomo


eletto e consacrato per fare e presiedere la comunione, si capisce come la carit
pastorale sia l'anima della sua spiritualit. Tutta la sua vita dovr essere immolazione e
offerta, donazione e servizio, obbedienza e comunicazione.

La carit pastorale si realizza cos su tre piani: quello di Dio, quello degli uomini e
quello del vescovo col suo presbiterio.

Il sacerdote vive in permanente comunione con Dio (in essenziale atteggiamento di


immolazione e di offerta) con l'intensit della preghiera, la serenit della croce, la
semplicit occulta del quotidiano. Vivere in permanente atteggiamento di fiat, sentire
la gioia della fedelt.

La comunione di salvezza con gli uomini (atteggiamento di donazione e di servizio)


esige nel sacerdote un gioioso morire a se stesso, una particolare sensibilit ai
problemi umani, un'inalterabile disponibilit all'ascolto, all'interpretazione, al darsi
generosamente agli altri. E tutto questo suppone una perfetta libert interiore e una
capacit molto profonda di amore universale.

La comunione col vescovo e col suo presbiterio esige che si viva a fondo un'
obbedienza responsabile e volontaria (PO 15) e la misteriosa fecondit di
un'autentica amicizia sacerdotale. Obbedienza e amicizia sono esigenze di una

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profonda comunione sacramentale, di una stessa partecipazione alla consacrazione e
alla missione di Cristo Sacerdote, e non una semplice convenienza o esigenza di
un'azione pastorale pi efficace. L'amicizia sacerdotale una grazia, un segno della
presenza dello Spirito che santifica. I presbiteri sono tutti uniti tra di loro per un' intima
fraternit sacerdotale (sacramentale) (PO 8). Il sacerdote non deve solo obbedire e
rispettare il proprio vescovo. Deve, prima di tutto, volergli bene davvero come a un
padre, a un fratello e a un amico (LG 28; PO 7).

25. Nella carit pastorale ritrovano il loro senso oggi in modo particolare tre
esigenze assolute del sacerdote: l'atteggiamento contemplativo, la sua obbedienza, il
suo celibato.

Ci sono valori assoluti che non possono andare smarriti: il silenzio, la preghiera, la
contemplazione. Chiedono di essere vissuti in modo nuovo, pi profondo, pi
autentico. Ma tutta la Chiesa essenzialmente impegnata con l'uomo e incarnata nel
mondo che oggi deve assumere un'anima contemplativa. Solo nel silenzio si genera
la parola che merita di essere annunciata; solo la preghiera ci tiene in equilibrio in Dio;
solo la contemplazione ci rende capaci di capire l'uomo. Continua ad essere valido
l'atteggiamento di Cristo orante (Lc 3,21; 5,15-16; 6,12; 11,1-4; 22,39ss; Gv 17; Lc
9,28). L'attuale momento sacerdotale caratterizzato da una lamentevole perdita della
capacit di silenzio, del valore della preghiera, del senso della contemplazione.

Il silenzio necessario come capacit indispensabile per l'equilibrato incontro con noi
stessi, per assimilare profondamente la parola che abbiamo da annunciare, per
imparare a dialogare davvero con gli altri. Le cose grandi avvengono sempre nella
pienezza del silenzio. La preghiera indispensabile per partecipare nel tempo della
gioia e della visione, per non perdere la profondit interiore, per evitare la stanchezza o
la monotonia dell'azione, per avere qualcosa di sempre nuovo da offrire agli uomini. La
contemplazione necessaria per realizzare bene la nostra funzione profetica, per
decifrare i segni dei tempi, perch si formi in noi uno stato permanente di disponibilit,
di comunione e di servizio.

Ma che il silenzio sia pieno della parola! La preghiera sia un grido ineffabile allo Spirito
(Rm 8,26) e la contemplazione sia riposo attivo nella visione del Padre.

Oggi, il sacerdote deve amare la fecondit del silenzio poich merita di essere
pronunciata unicamente la parola che germoglia nel silenzio, ma pure fecondo solo il
silenzio che termina in una parola.

Il sacerdote, nell'intensit dell'orazione, deve assaporare l'incontro col Padre. La


mattina, avanti giorno, si alz, usc e si rec in un luogo deserto, e l si mise a
pregare (Mc 1,35). Ges si rec sul monte a pregare e trascorse tutta la notte in
orazione a Dio (Lc 6,12). Nell'era del rumore, dell'azione e della parola, Cristo ci
insegna il silenzio, la solitudine, la preghiera.

Preghiera che sia un incontro personale col Signore, preghiera che sia assimilare in
silenzio la Scrittura, preghiera che sia ricercare insieme nella meditazione comunitaria
del Vangelo le vie dello Spirito. L'importante non pensare o dire molto; l'importante
tacere, offrirsi e contemplare. Ascoltare il Signore e lasciare che lo Spirito si impossessi
del nostro silenzio per gridare: Abba! Padre!. Nella vita del sacerdote ci che conta
veramente il clima di preghiera. Ma a questo scopo indispensabile avere
momenti di tranquillit per il dialogo esclusivo col Padre.

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26. Un'altra esigenza assoluta del sacerdote l'obbedienza. Ma essa valida solo
nella misura in cui sia un'immolazione a Dio; ha senso solo come comunione di
Chiesa (PO 15). Per un'obbedienza autentica, matura e responsabile si richiedono
queste tre cose:

Un profondo atteggiamento di fede. Solo a partire di qui l'uomo potr avere il


coraggio di morire, di mettersi in cammino, come Abramo, di darsi in pienezza, come
Maria.

Un semplice atteggiamento d'amore. Affinch il mondo riconosca che io amo il


Padre e che opero come il Padre mi ha ordinato (Gv 14,31). Ci che vale
precisamente, nel mistero della croce e della morte del Signore, la sua spontanea
immolazione al Padre per amore. Pu obbedire solo chi ama davvero e si sente
personalmente amato. Maria ha potuto dire il suo s perch fece l'esperienza di aver
trovato grazia agli occhi di Dio.

Un sincero atteggiamento di dialogo. L'obbedienza pu essere leale, franca,


sincera. Avere il virile coraggio soprannaturale di dire le cose e manifestare le nostre
inquietudini. Ricercare insieme al superiore il piano del Padre. L'obbedienza pu venir
spezzata per ribellione (non fare ci che ci comandano), ma anche per indifferenza o
vilt (non parlare quando dobbiamo).

27. Infine, la carit pastorale d un senso alla nostra verginit consacrata. La si pu


capire solo in un contesto di amore e di amore assoluto. Il Signore ha diritto a una
forma di amore esclusivo. Non che il celibato sia intrinsecamente essenziale al
nostro ministero, per segno e allo stesso tempo stimolo alla carit pastorale, e
fonte di speciale fecondit nel mondo (PO 16). La verginit consacrata immolazione
e offerta gaudiosa a Dio, donazione e servizio generoso ai fratelli, paternit spirituale.
Attraverso di essa il sacerdote diventa luminoso testimone della speranza
escatologica, rivelatore dei beni invisibili, profeta dei beni futuri.

Per importante vivere il celibato come pienezza di fede e di amore, non come
negazione o come morte. Il celibato sacerdotale un modo di vivere anticipatamente la
risurrezione, un modo di esprimere sensibilmente la fecondit della Pasqua. Per
questo bisogna viverlo nella gioia del mistero pasquale.

CONCLUSIONE

Con la Vergine fedele

28. La profondit interiore di un sacerdote frutto dello Spirito di amore che ci fu dato e
che abita in noi (Rm 5,5) si rivela normalmente nella parola che annuncia, nella
serenit che comunica, nella gioia pasquale che lascia trasparire.

Oggi questo fondamentale nel nostro ministero. Gli uomini ne avvertono il bisogno, lo
ricercano. In definitiva, desiderano che siamo per essi gli uomini di Dio, l'espressione di
Cristo, che facciamo la strada con loro, come testimoni dell'Assoluto.

Pi di qualunque altro il sacerdote dev'essere il semplice artigiano della pace (Mt 5,9).
In un mondo di tensioni e di violenze, la sua presenza superando scoraggiamenti e
stanchezze dev'essere pi che mai un messaggio di speranza e di gioia. Un
messaggio, cio, della Pasqua che egli incarna. Che il Dio della speranza vi riempia

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di gaudio e di pace nel credere, affinch abbondiate nella speranza, per la potenza
dello Spirito Santo (Rm 15,13).

29. Oggi gli uomini si muovono nell'incertezza, nell'angoscia, nella paura. I sacerdoti
fanno anch'essi quest'esperienza sofferta: il prezzo doloroso di un'ora cos ricca che
stiamo vivendo, cos piena di ricerche autentiche, di esigenze del Signore cos nette e
della presenza misteriosa del suo Spirito.

Un'ora che chiede da noi generosit totale, fermezza ed equilibrio. Dobbiamo capire e
amare questa nostra ora sacerdotale con le sue luci e le sue ombre, le sue possibilit e
i suoi rischi, la sua fecondit e la sua croce. Dobbiamo impegnarci per essa con la
nostra fedelt.

Fedelt a Cristo, che ci ha chiamati in un modo assoluto; fedelt alla Chiesa la cui
comunione realizziamo e presiediamo come strumenti dello Spirito; fedelt agli uomini,
per la cui integrale salvezza siamo stati costituiti umili servi.

30. L'ora sacerdotale di Cristo stata segnata da una singolare presenza dello Spirito
Santo e di Maria. Sar cos anche la nostra.

Nel seno verginale della Madonna, lo Spirito Santo ha unto Ges Cristo sacerdote.
Cos far con noi.

Nella povert della Vergine lo Spirito ha generato la fedelt alla parola: Ecco l'ancella
del Signore; si faccia in me secondo la tua parola (Lc 1,38). Per servire pienamente
gli uomini occorre abbandonarci generosamente al Padre, come Maria.

Nella povert e nel silenzio verginale della Madonna troveremo sempre, noi sacerdoti,
la via della disponibilit semplice per essere fedeli. Beata colei che ha creduto (Lc
1,45).

Comprenderemo, soprattutto, che l'unico veramente fedele il Signore. Egli stesso, il


Dio della pace, vi conceda una perfetta santit, sicch tutto il vostro essere, spirito,
anima e corpo, si conservi irreprensibile, per la venuta del Signore nostro Ges Cristo.
Colui che vi chiama fedele e lo far (1 Ts 5,23-24).

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RIFLESSIONI SULL'AMICIZIA

Nessun uomo, pur possedendo tutti i beni esteriori,


sceglierebbe di vivere senza amici (san Tomasso).

L'uomo fortunato ha bisogno di amici


(Aristotele).

1. Ogni contatto con un uomo superiore ci benefico. Non amiamo, per, la sua
utilit o il suo diletto, il beneficio della sua virt o il godimento della sua presenza, ma il
bene della sua persona. Questo amore di benevolenza. Quando la benevolenza
mutua e si basa su una somiglianza manifesta e presentita, allora sorge l'amicizia:
benevolentia mutua non latens. (Questo non uno studio ordinato sull'amicizia; si
tratta, invece, semplicemente di riflessioni originate dalla lettura dei libri VIII e IX
dell'Etica di Aristotele, coi commentari di san Tommasso e dei passi della Summa
Theologiae: 1-2 q. 4 a. 8 e 2-2 q. 23-33).

L'amicizia consiste nell'amare qualcuno che ci ama. il privilegio dei perfetti. Ogni
amicizia si basa su una comunicazione di vita. Nella comunicazione della filosofia si
stabilisce tra il maestro e il discepolo una somiglianza proporzionale che genera
un'amicizia di sovrabbondanza. Al maestro spetta pi amare che non essere amato. Il
discepolo retribuisce secondo l'affetto della sua volont: una forma per equilibrare la
reciprocit voluta dall'amicizia. Per questo Aristotele dice che la vita della filosofia non
traducibile n in denaro n il discepolo pu corrispondere al maestro con ugual
prezzo; pu, invece, corrispondergli il sufficiente, conforme proporzione, come si
retribuisce a Dio e ai genitori (IX Etica 1). L'amicizia che esiste tra il maestro e il
discepolo appartiene, dunque, al genere delle amicizie tra disuguali, quali quella
esistente tra l'uomo e Dio, tra il figlio e i genitori.

Solamente le anime grandi che amano il bene della virt e lo rendono trasparente
sono soggetti dell'autentica amicizia. Coloro che vivono in pienezza la vita dello spirito
saggezza filosofica e bene morale sono atti all'amicizia e l'amicizia loro
necessaria. Solamente i buoni sono semplicemente amici, gli altri sono amici per
analogia (VIII Etica 4).

L'amicizia non possibile alle anime mediocri perch la prima condizione dell'amicizia
il discernimento e il sacrificio. Ci che caratterizza essenzialmente l'amore di amicizia
la generosit della benevolenza. L'amicizia un amore reciproco, ma tipico
dell'amicizia amare pi che non essere amati. Di conseguenza la vera dignit
dell'amico si misura dall'intensit con cui ama. Inoltre, l'amicizia opera il bene della
virt: gli amici si fanno quotidianamente migliori nella convivenza virtuosa. L'amicizia
non semplice benevolenza oziosa semplice voler il bene dell'amico ma
benevolenza attiva e realizzatrice.

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L'amicizia presuppone una grande ricchezza interiore. Se non una virt, certo
almeno che procede dalla virt e la produce. Est enim virtus quaesam, vel cum virtute
(VIII Etica 1). La virt veramente amabile. Ci che specifica l'amicizia onesta
unica e autentica amicizia il bene in quanto tale, il bene onesto. Il bene utile (come il
denaro e gli onori) o il bene dilettevole (come il piacere di una conversazione)
specificano piuttosto un amore di concupiscenza. Le amicizie che ne risultano
amicizia utile e amicizia dilettevole realizzano il concetto di amicizia solo in modo
accidentale, secondario, analogico. Si avvicinano per alla vera amicizia, la precedono
e l'accompagnano. La perfezione dell'amicizia si realizza solo nell'amicizia onesta (VIII
Etica 3; S. Th. 1-2 q. 26 a. 4 ad 3).

Solo la virt veramente amabile e l'unico veramente amante il virtuoso. Egli


sente la necessit di fare il bene perch il virtuoso perfetto e la perfezione di un
essere sta nel suo operare. Nessun uomo pu vivere senza amici, ha scritto Aristotele.
Per l'amicizia un privilegio dei perfetti e avere un vero amico un segno di
perfezione. Si esige la presenza di un amico pi per ricchezza interiore che per
necessit. l'uomo felice che sente la necessit degli amici; non perch l'amicizia
fondi la sua felicit al pi le conferisce il suo diletto, ma perch la felicit esige di
essere comunicata. dunque dell'uomo felice avere amici ai quali fare del bene.

Non si pu realizzare vera amicizia se non tra anime grandi. Nello stesso tempo ed
il primo beneficio della vera amicizia essa fa progressivamente migliori le anime.
L'amicizia che insudicia o fa peggiorare l'amicizia puramente utile o dilettevole,
fondata sui beni esterni che immiseriscono e dividono. Coloro che stimolano
un'amicizia virtuosa ma, in verit, cercano un'amicizia utile, sono peggiori dei falsari di
monete, dice Aristotele (VIII Etica 3). L'amicizia onesta, che la pi grande, la pi
perfetta, l'unica duratura, rara. E ci perch i virtuosi sono pochi e tale amicizia esige
una convivenza lunga e stabile.

2. L'amicizia un ritrovare se stessi nella persona dell'amico. L'amico non altro


in quanto altro, ma altro in quanto io stesso; l'amico come un altro io
amicus est alter ipse, dicono costantemente Aristotele e san Tommaso.
precisamente su questa unit che si fondano due caratteristiche dell'amicizia:
l'indovinare i sentimenti dell'amico e il rivelare i segreti pi intimi. Indoviniamo le
reazioni intime di fronte a reazioni concrete leggendo in noi stessi e apriamo i nostri
segreti all'amico senza profanarli perch non li tiriamo fuori da noi stessi, ma,
semplicemente, li prolunghiamo. C' una zona dell'anima inviolabile e sacra, dove non
arrivano se non Dio e l'amico. L'amico vi entra come un estraneo, ma quasi
moltiplicandosi. Essendovi per gli amici un solo cuore e una sola anima dice san
Tommaso l'amico non trae fuori dal cuore ci che rivela all'amico (In Jo. 15, lect. 3).
Confidare all'amico i nostri segreti, pertanto, come tornare a dirli a noi stessi,
sperimentando la gioia di una liberazione e la pienezza di un arricchimento.

L'essenza dell'amicizia costituita dal fatto che l'altro viene ad essere me stesso.
In virt della somiglianza scoperta o presentita, l'amico si sente prolungato nella
persona dell'amico. L'alterit in quanto tale si oppone essenzialmente all'amicizia;
spezza l'unit, e l'unit la radice dell'amore. Cos come l'unit il principio
dell'unione, allo stesso modo l'amore, col quale ognuno ama se stesso, la forma e la
radice dell'amicizia (S. Th. 2-2 q. 25 a. 4).

Amiamo solamente noi stessi e amiamo gli altri in quanto sono un prolungamento di
noi stessi (S. Th. 1-2 q. 27 a. 3). Ma non si tratta di un amore individualista o
biasimevole. l'amore con cui le parti si amano per conseguire il bene del tutto. Le

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parti non esistono se non per il tutto. Quando amano se stesse e si amano fra loro,
perch amano il bene del tutto (S. Th. 1-2 q. 109 a. 3).

San Tommaso dice che ci sono tre modi di amare noi stessi (S. Th. 2-2 q. 25 a. 7). Uno
comune a tutti gli uomini; l'altro tipico dei buoni; l'altro ancora dei cattivi. Tutti gli
uomini amano naturalmente il proprio essere e la sua conservazione. Desiderano
vivere. Per i buoni desiderano vivere secondo la parte razionale, mentre i cattivi
secondo la parte sensitiva. Il primo un amore di s ordinato, il secondo amore
biasimevole.

L'uomo interiore quello veramente saggio si ama spiritualmente, secondo


l'intelletto, che ci che abbiamo di pi divino e che ci fa simili a Dio. Quando ci
amiamo cos, amiamo la nostra somiglianza divina. Di conseguenza, anche nell'umano
amiamo Dio. Nessuno ci pi prossimo di noi stessi.

L'uomo che si ama cos, ordinatamente, secondo la parte superiore e divina, desidera
per s il bene della virt; desidera vivere da virtuoso; fa il possibile per riuscirci; sente
la gioia del raccoglimento perch nella solitudine interiore gusta la dolcezza del bene
che sente, gode con la memoria del bene passato e pregusta la speranza del bene
futuro; sperimenta la necessit di rimanere solo, nella solitudine inviolabile e
arricchente della persona. Per questo una delle condizioni previe dell'amicizia la
solitudine. L'uomo virtuoso soggetto dell'autentica amicizia vi sperimenta la serenit
dei suoi appetiti ordinati, vive in pace e diventa pacificatore. Per questo il vero amico
porta sempre la pace.

L'uomo esteriore si ama sensitivamente, secondo la natura corporea che egli ritiene
la cosa principale nel suo essere. Egli spezza cos l'unit della persona. Non v'
ordine, n riposo, n pace. Odia il bene dello spirito saggezza o virt e sfugge al
raccoglimento perch il raccoglimento verrebbe ad essere per lui un incontro che lo
disgrega in se stesso. I cattivi non possono convivere con se stessi; hanno bisogno di
uscire verso i beni esterni e poich i beni esterni dividono, neppure possono convivere
con gli altri. Per questo non possono essere amici, dal momento che l'atto principale
dell'amicizia il vivere insieme.

In definitiva, ci che si oppone all'amicizia l' io egoista l'esteriore, il sensitivo,


l'uomo vecchio. Per l' io virtuoso l'interiore, lo spirituale, l'uomo nuovo
necessario all'amicizia e la fonda.

3. Ogni amicizia un incontro con se stessi nella persona dell'amico, ma non si tratta
di un incontro egoista. Amiamo il bene dell'amico e della sua persona, non l'utilit o il
diletto che ne riceviamo. Ci significa amore di benevolenza. La benevolenza il
primo elemento, il pi essenziale e il pi caratteristico dell'amicizia. Gli altri due sono la
reciprocit e la somiglianza (o comunicazione di vita). La benevolenza significa
disinteresse; la reciprocit amare chi ci ama; la somiglianza, parentela di anime.

Si chiama amico colui al quale non chiediamo nessun bene (S. Th. 1-2 q. 26 a. 4 ad 1):
non amiamo il piacere della sua presenza, anche se la desideriamo e gliene siamo
grati. Sospiriamo e provochiamo, invece, la sua stessa persona, per la quale
desideriamo ogni bene. Se per l'amico fosse meglio il bene della separazione e
dell'assenza (un viaggio che spiritualmente lo arricchisce o un posto che lo privilegia),
glielo auguriamo di cuore, anche se ce ne dispiace. Saper strapparci dall'amico perch
egli trionfi segno di vera amicizia. Quando lo catturiamo perch non si allontani,
pecchiamo di egoismo per l'utilit o il diletto.

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Ciononostante la convivenza propria dell'amicizia a causa del diletto. L'atto principale
dell'amicizia la convivenza con l'amico (VIII Etica 5) poich essa sorge dalla stessa
natura umana. L'uomo, infatti, naturalmente animale politico e, quindi, fatto per la
convivenza (IX Etica 10). La convivenza una disposizione per l'amicizia perch
produce la comunicazione della vita, approfondisce la conoscenza il presentimento
dell'amico e fonde rapidamente le anime. L'amicizia si fonda sulla somiglianza che si
scopre nella fusione fondamentale della personalit degli amici: un medesimo volere e
un medesimo non volere. Per questo suppone una larga convivenza e una severa
maturazione.

Le amicizie rapide come quelle dei giovani che amano pi per passione veemente e
passeggera che per elezione serena e matura suppongono piuttosto volont di
amicizia che amicizia in se stessa. L'amicizia sorge di colpe quando gli amici si
riconoscono come reciprocamente amabili. Tutto il resto una preparazione
all'amicizia; indica solamente che vogliamo essere amici (VIII Etica 3).

Ci che si oppone alla convivenza si oppone anche all'amicizia. Per questo i solitari
che non sopportano il vivere insieme e rifuggono dalla conversazione non sono atti
all'amicizia. Aristotele enumera fra di essi gli anziani e le persone severe, la cui
compagnia troppo infarcita di lamentele e piagnistei. Gli anziani sono pi benevoli
che amici e, tuttavia, la mancanza di diletto sensibile pu essere superata dalla
soddisfazione spirituale della saggezza o della virt dell'anziano. Cerchiamo la loro
compagnia perch ci impegna ad essere e ci fa migliori. Nell'amicizia degli uomini lo
stare insieme genera sempre perfezione; gli stessi amici si fanno reciprocamente
migliori nell'operare insieme e nell'amarsi (IX Etica 14).

Le separazioni lunghe e totali possono diminuire o anche spezzare l'amicizia perch


essa un'abitudine che si conserva con la ripetizione degli atti. Per questo l'amicizia
esige incontro, almeno spirituale, con l'amico. Le lettere, per esempio, possono essere
fondamentalmente una richiesta di convivenza, una forma di convivenza con l'amico.
Quando l'amico ritorna, la gioia del nuovo incontro risulta cos pi profonda.

4. Ogni amicizia si fonda sulla somiglianza che una comunicazione di esistenze e


senza comunione di vita non si d amicizia. Quanto pi intima la comunione, tanto
pi profonda risulta l'amicizia. La somiglianza, dice san Tommaso (S. Th. 1-2 q. 27 a.
3), causa dell'amore. Ancora: la somiglianza essenzialmente causa dell'amicizia
(VIII Etica 4). Essa, infatti, imparenta gli uomini e li unifica: per sua virt l'affetto
dell'uno si dirige verso l'altro come verso se stesso. El primo passo dell'amicizia amar
bene se stessi; il secondo amare il proprio simile. L'uomo ama perch quasi alter
ego ipse, ma la somiglianza proviene dal fatto che entrambi procedono da uno stesso
principio e formano parte di un medesimo punto; amando il tutto, le parti si amano tra
loro.

La reciproca coscienza di questa somiglianza genera l'amore mutuo dell'amicizia che,


in definitiva, l'incontro cosciente di due amori reciproci di benevolenza (P. Philippe,
Le rle de l'amiti dans la vie chrtienne, Angelicum, Roma 1938). La reciprocit della
benevolenza necessaria perch ci pu anche essere un amore reciproco di
concupiscenza, come l'amore sensuale dei fidanzati che risulta essere un egoismo a
due. Questa reciprocit, inoltre, si deve manifestare pi a fatti che a parole: il
sacrificio che prova la profondit dell'amicizia.

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La somiglianza specifica che proviene dalla comunicazione nella stessa forma
umana fonda l'amicizia naturale. Gli uomini sono, in una certa misura molto ampia,
amici gli uni degli altri. Ogni uomo naturalmente amico del suo simile (VIII Etica 1).
Basandoci su questa amicizia abbiamo sentimenti di compassione per tutti gli uomini,
anche se non li conosciamo, e li aiutiamo anche se ci sono estranei. Esiste una
somiglianza ontologica, sostanziale, specifica che d origine alla filantropia.

La somiglianza civile, che una comunicazione di vita nei beni spirituali della nazione,
fonda l'amicizia politica. Non si tratta unicamente di una somiglianza che proviene dalla
circostanza di essere nati in uno stesso Paese, una stessa regione o in una stessa
citt; si tratta, soprattutto, di un accostamento d'anime tra concittadini. Ci che
configura la vera amicizia politica non la semplice difesa della sovranit nazionale,
ma la comune identificazione nella cultura, nelle tradizioni, nella religione ecc. che
sono i beni spirituali della nazione stessa. necessario, talvolta, rompere la concordia
esterna per rifare l'autentica comunit politica quando questa s' persa. su questo
che si fonda il diritto della rivoluzione giusta. A dispetto delle ideologie diverse, c'
l'amore del tutto della nazione che unifica le parti e pospone gli interessi particolari e di
gruppo. Quando l'egoismo degli uomini governanti o sudditi antepone il bene degli
individui o del gruppo, si spezza l'unit della nazione e va persa l'amicizia politica.
Anch'essa, infatti, si alimenta del disinteresse dei cittadini. Solo cos perdendosi come
parte per reintegrarsi nella salvezza del tutto ha senso dare la vita per la patria.

Viene poi una somiglianza naturale pi stretta: quella del sangue. Questa somiglianza
fonda l'amicizia familiare (amicizia coniugale, amicizia paterna, amicizia filiale, amicizia
fraterna). C' un insieme di cose fisiche o morali che rendono pi visibile e pi
profonda questa somiglianza. Non solo il sangue; ci sono di mezzo pure il
temperamento, gli interessi, le tradizioni domestiche, l'educazione comune ecc. che
creano i vincoli familiari.

L'amicizia coniugale sorge dalla natura stessa dell'uomo che pi animale


coniugale che non animale politico perch la societ domestica anteriore e pi
necessaria della societ civile. Ci che costituisce il fondamento della societ
domestica non tanto la tendenza naturale a generare, quanto l'inclinazione a
ricercare il bene della vita umana. L'amicizia coniugale va preceduta da un'amicizia di
elezione; l'affinit delle anime dev'essere scoperta e vissuta prima dell'unione dei corpi.
Nella convivenza coniugale, l'amicizia di elezione si fa sempre pi profonda nella
permanente comunicazione di vita e di sacrificio. Ci che afferma l'amicizia coniugale
sono i figli, che sono un bene comune di entrambi. Qui si d la vera comunit di vita.
Per questo la sterilit volontaria, che causa di separazione nel matrimonio, spezza o
indebolisce l'amicizia coniugale.

L'amicizia paterna cha va dai genitori ai figli pi radicale, pi antica e pi


disinteressata dell'amicizia filiale. L'amicizia della madre pi profonda e pi intensa
dell'amicizia del padre. I genitori cominciano ad amare i figli ancor prima di generarli e li
amano come una parte strappata da loro stessi quando nascono. Comprendono
maggiormente il prolungamento di se stessi in loro e di conseguenza la somiglianza
e l'amore pi profondo. L'amicizia paterna pi vicina alla predilezione con cui
ognuno ama se stesso. Per questo ogni amicizia familiare deriva da essa come dal
proprio principio.

L'amicizia filiale pi soave e pi inquieta ed un'amicizia che va unita all'onore: si


tratta di un'amicizia con giustizia, come verso un bene sovraeccellente, come quella
dell'uomo verso Dio.

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L'amicizia fraterna si fonda nella radice comune, nella convivenza, nel sangue, nella
partecipazione allo stesso organismo familiare. Quanto pi prossimi nell'et e
nell'educazione, tanto pi intensa risulta essere, ordinariamente, l'amicizia tra fratelli.

Ci sono pure le amicizie utili, che sorgono dalla comunicazione di vita nelle imprese
economiche. Le amicizie speciali nate da una convivenza fortuita assai raramente
serie e durature come quelle che esistono tra alunni di una stessa promozione o i
passeggeri di una stessa traversata. L'amicizia divina o carit soprannaturale che si
fonda sulla comunicazione della stessa felicit di Dio. La carit dice san Tommaso (S.
Th. 2-2 q. 25) una certa amicizia con Dio ed la massima perfezione dell'uomo.
Quando l'amore a Dio amicizia, abbiamo la carit perch ci pu anche essere un
amore a Dio molto mediocre, di semplice utilit o di diletto o, anche, una semplice
benevolenza oziosa. San Tommaso che conosce bene la psicologia del cuore umano
e sa che il sentimento pi nobile e pi profondo l'amicizia prova l'eccellenza della
carit dicendo che non si tratta di un amore qualunque, ma di un amore di amici.
Dall'amicizia divina scaturisce immediatamente l'amicizia umana: amando Dio amiamo
tutto ci che di Dio, amiamo la somiglianza di Dio nell'uomo.

5. Ma la vera amicizia umana quella che scaturisce dalla elezione fondata su una
somiglianza scoperta o presentita: gli stessi gusti, le stesse maniere di vedere, le
stesse ansie; una vera identificazione di volont: idem velle, idem nolle. Ci non
significa che gli amici debbano avere sempre lo stesso temperamento, la stessa
formazione culturale e le stesse opinioni. L'amicizia appartiene alla volont, la diversit
delle opinioni all'intelligenza. All'amico pu piacere la musica di Bach o la Metafisica di
Aristotele, mentre noi non riusciamo a intenderle pienamente. L'amico pu dedicarsi ad
attivit diverse dalle nostre, per, in fondo, c' un'unione indistruttibile di volont.
Quanto all'essenziale, si pensa allo stesso modo e si vuole nello stesso modo.

La scoperta di questa parentela spirituale con l'amico ci inebria di gioia, vi intravediamo


un mutuo arricchimento. Nella misura in cui la convivenza affettuosa ci dischiude
l'intimit dell'amico, facciamo l'esperienza della letizia sobria e profonda del nostro
moltiplicarsi e ritrovarci: ci sentiamo prolungati. Non si tratta di una semplice
soddisfazione sensibile e passeggera. chiaro che il trovare l'amico e la sua presenza
ci utile e dilettevole, ma non questo che importa. La gioia che ci causa l'incontro il
presentimento dell'amico, la motivazione per il bene stesso dell'amico: il suo essere
spirituale, la sua scienza, la sua virt, la sua santit. Il bene dell'amico il nostro, le
sue azioni sono le nostre. Di qui sorge, quindi, ma solo secondariamente, la gioia per
la sua presenza e la gioia della speranza che possesso anticipato dell'amico.

L'amicizia d'elezione pi profonda e realizzatrice dell'amicizia familiare. Infatti, mentre


l'amicizia familiare pi immediata e stabile, perch pi naturale (S. Th. 2-2 q. 26 a.
8 ad 1), l'amicizia di elezione pi intima e disinteressata. Si fonda nella parentela
delle anime che pi unificante di quella dei corpi. Per questo l'amicizia rara e con
pochi. La cerchia degli amici non pu essere molto ampia; e anche in una cerchia cos
ristretta, l'intimit si riduce a uno, due, tre amici al massimo. E ce n' sempre uno,
amico, con cui ci si trova di pi, di cui condividiamo i trionfi, compatiamo le pene,
indoviniamo i segreti: egli veramente alter ego ipse.

Di fronte al vero amico l'amicizia c'impone questi due movimenti di convivenza: a)


chiamare rapidamente l'amico per comunicargli i nostri beni; solo pi tardi per dirgli i
nostri mali; b) prontamente accorrere senz'essere chiamati per alleviare le sue
disgrazie; avvicinarsi umilmente per chiedergli benefici.

122
Una legge di questa amicizia vera la sincerit. L'adulazione si oppone all'amicizia (S.
Th. 2-2 q. 115). vero che l'amicizia esige un piacevole stare insieme, ma l'amicizia
autentica non ha paura di rattristare l'amico quando si tratta di evitare un male o di
promuovere un bene maggiore. Gli adulatori sono incapaci di avere amici.

6. Ogni somiglianza non genera, per s, amicizia, ma solo la somiglianza scoperta


nella convivenza: Mutua redamatio non latens. Ci sono per dei casi in cui la
somiglianza solo presentita. Sorge allora l'amore e l'amore a sua volta genera
conoscenza. San Giovanni dice di Dio che colui che non ama non lo pu conoscere.
L'amicizia suppone una conoscenza previa dell'amico; ma la conoscenza vera, la pi
intima, quella che si converte in una specie di divinazione dell'amico, quella che
sorge dalla stessa convivenza. L'amore ha una profondit maggiore dell'intelligenza.
L'amicizia presuppone una conoscenza previa di ci che amabile somigliante,
nostro nell'amico. Allora ci accostiamo all'amico perch la realt amabile che pu
essere la sua scienza, il suo talento o la sua virt ci risulta utile o piacevole. In tal
modo ci avviciniamo al maestro perch ci faccia scuola, o al santo perch ci perfezioni.
Ma nella misura in cui viviamo insieme ad essi scopriamo che ci che veramente
amabile la presenza stessa del maestro o del santo, allora l'amicizia diventa
semplicemente onesta. La radice della vera conoscenza lo stare insieme.

Non necessaria neppure una somiglianza totale. certo che l'amicizia consiste in
una specie di uguaglianza, per si pu dare un'uguaglianza proporzionale tra persone
dissimili. Rimane una somiglianza analogica (VIII Etica 7). Tra padre e figli, tra maestro
e discepoli, tra Dio e uomo pu esistere un'amicizia di eccellenza o di
sovrabbondanza. La reciprocit solo proporzionalmente uguale perch suppone il
rispetto di una dignit e il riconoscimento di un primato. Quando il distacco molto
grande e manca l'analogia, l'amicizia si perde. Con i troppo saggi e virtuosi non
potremmo intrattenere amicizia se non a condizione che ci eleviamo con essi alla virt
o alla saggezza. Diversamente li perderemmo come amici.

7. L'elogio pi grande dell'amicizia stato fatto da Aristotele e da san Tommaso.


Aristotele quando disse che l'uomo non pu vivere senza amici e che tra le cose
necessarie alla vita umana la pi importante e fondamentale l'amicizia (VIII Etica 1).
San Tommaso scrisse nella Summa: per agire virtuosamente l'uomo necessita
dell'aiuto degli amici, sia nelle opere della vita attiva, sia in quelle della vita
contemplativa (S. Th. 1-2 q. 4 a. 8).

L'amicizia il pi nobile dei sentimenti umani e il pi grande dei valori creati l'amico.
San Tommaso dimostra che la mormorazione (il parlare segretamente male di un
amico all'altro amico con l'intenzione di spezzare l'amicizia) un peccato pi grave
della detrazione o della contumelia. E ci perch il danno inferto al prossimo molto
pi grave, dal momento che lo si priva di un bene maggiore. L'amico vale pi della
fama. La fama solo una disposizione dell'amicizia (S. Th. q. 74 a. 2).

Ci sono momenti in cui la presenza dell'amico ci particolarmente necessaria: quando


abbiamo riportato un trionfo o quando soffriamo. Nessuno pu sopportare la tristezza
da solo per lungo tempo. Lo stesso bene onesto, in quanto presuppone sforzo e
tristezza, esige la presenza dell'amico (VIII Etica 6). Quando l'amicizia molto
radicata, l'amico rivela le sue pene, ma lo fa con timidezza perch non vuole far male
all'amico buttandogli addosso le sue tristezze. proprio di animi effeminati
muliebriter dispositi dilettarsi di avere amici angosciati; dell'amico, per, indovinare
le pene e accorrere a condividerle senza esservi chiamato. In questi casi, quando il

123
dolore molto profondo, vale di pi il semplice stare insieme nel silenzio che non tanti
convenevoli. Allevia maggiormente la presenza silenziosa dell'amico che cento discorsi
di condoglianze.

Ma la perfezione dell'amicizia appare, soprattutto, nel culmine della buona sorte.


L'uomo felice ha bisogno di amici, hanno scritto Aristotele e san Tommaso. Non si
tratta di una necessit utile o piacevole. L'uomo virtuoso, il perfetto, ha in se stesso la
suprema ragione della sua felicit; ha bisogno, tuttavia, di avere qualcuno a cui fare del
bene: un'esigenza della sua ricchezza interiore e della perfezione del suo operare
virtuoso. Per questo, come dicevamo all'inizio, l'amicizia vera privilegio dei perfetti ed
, per ci stesso, un segno di perfezione.

Per l'imperfetta felicit della terra, fatta di lacrime e di sforzi, non imprescindibile la
gioiosa presenza dell'amico che ci consola e ci sostiene, ci eleva e ci perfeziona. Il
trovarlo costituisce, tra le miserie del tempo, la pi imbarattabile delle ricchezze. Tra i
godimenti accidentali della gloria, san Tommaso colloca il ritrovarsi con l'amico (S. Th.
1-2 q. 4 a. 8).

La felicit perfetta consiste nella visione intuitiva di Dio. L'uomo vi trover la pienezza
completa della sua perfezione. Quanto all'essenziale, non manca altro che la
beatitudine, ma il completamento della felicit esige ancora la presenza irrinunciabile
dell'amico. La morte pu infrangere nel tempo l'amicizia, ma nel solco aperto dalla
ferita stato segnato l'incontro definitivo.

La suprema perfezione dell'amicizia si raggiunge, dunque, nell'eternit. L si


raggiunger la massima somiglianza e la pi inalienabile convivenza.

124
LO SPIRITO SANTO E LA CHIESA
*
IN AMERICA LATINA

La Pentecoste, pienezza del mistero pasquale, significa sempre per la Chiesa


l'avvenimento che dischiude una speranza, crea un impegno e infonde un'energia
nuova.

Quest'anno Pentecoste giunge in un momento particolarmente grave e decisivo: per la


Chiesa universale e, in modo tutto speciale, per la nostra Chiesa latinoamericana. Per
questo noi pastori abbiamo atteso quest'anno la Pentecoste con pi ansia e sicurezza
che mai, col desiderio di una docilit profonda all'azione misteriosa dello Spirito.

Ma cosa significa Pentecoste per noi? Non vorrei addentrarmi troppo nella dimensione
teologica dell'avvenimento (ma poi possibile non farlo?). Preferisco ad ogni modo
fare un'altra cosa. Vorrei presentare, cio, a mo' di semplice riflessione sulla speranza
quale dev'essere l'azione dello Spirito Santo nel momento attuale della nostra Chiesa
in America Latina. Dal momento che i laici dicono che sperano qualcosa dai sacerdoti e
i sacerdoti dicono che sperano qualcosa dai vescovi. In quanto vescovi, quindi, ci
rimane solo da dire che abbiamo fiducia nello Spirito Santo (non solo per noi, ma per
tutto il Popolo di Dio in America Latina).

1. Un po' pi di coraggio

Nel mondo voi avrete afflizioni; ma fatevi coraggio: io ho vinto il mondo (Gv 16,33).

Il momento difficile. Si aggravano le tensioni, si moltiplicano le crisi. Si direbbe che la


Chiesa stia manifestando delle crepe. Cominciamo a sentire paura, tristezza, angoscia.
Diventiamo pessimisti.

la stessa sensazione che ebbero gli apostoli nel vivere il mistero della croce, prima di
Pentecoste. Ma venne su di loro la forza dello Spirito Santo (At 1,8), facendoli
audaci testimoni del Signore risorto.

In quest'ora ci occorre particolarmente la forza sovrumana dello Spirito: perch la


paura non ci schiacci n lo scoraggiamento ci butti a terra; perch sentiamo con pi
forza che mai la presenza operante del Signore della gloria che con noi tutti i giorni
(cfr Mt 28,20); perch le crisi non ci spaventino, le tensioni non ci facciano perdere
l'equilibrio, i rischi non ci paralizzino.
*
Il testo originale di questo lavoro fu scritto da Mons. Eduardo Pironio nel giugno 1969, come editoriale
del bollettino del CELAM, n. 22 dello stesso mese.
Anche se cronologicamente la festivit dello Spirito Santo viene celebrata in un'epoca determinata
dell'anno, vale quanto al significato per qualunque tempo e qualunque circostanza, a maggior ragione per
le attuali condizioni della Chiesa latinoamericana. Pentecoste significa sempre per la Chiesa
l'avvenimento che dischiude una speranza, crea un impegno e infonde un'energia nuova.
Le idee esposte dall'autore non hanno solo valore per il tempo in cui si celebra la venuta dello Spirito
Santo, ma vogliono soprattutto far parte del processo di esperienza concreta e del quotidiano accadere
dell'incarnazione della Chiesa nelle realt latinoamericane. (Nota dell'editore).

125
Speriamo, allora, dallo Spirito Santo la forza che ci rassicura nella speranza.

2. Un po' pi di chiarezza

Lo Spirito di verit, egli vi guider verso tutta la verit (Gv 16,13). C' troppa
confusione tra noi. La si ritrova nel mondo intero. Confusione di idee e di principi,
confusione di metodi e di azione. Tutti siamo alla ricerca senza vederci ancora chiaro e
tutti ricerchiamo con la stessa fedelt al Signore, con lo stesso amore alla Chiesa, con
lo stesso desiderio di interpretare bene il momento degli uomini.

Quando lo Spirito discese sopra gli apostoli, a Pentecoste, li introdusse nella verit
completa, svel loro l'interiorit del mistero di Ges, la portata di tutte le sue
esigenze. Fece capire loro, soprattutto, il senso della croce.

Oggi avvertiamo pi che mai la necessit dello Spirito della verit che ci insegna ogni
cosa (Gv 14,26). Lo Spirito di profezia che ci guidi a proclamare, nel linguaggio degli
uomini, le immutabili meraviglie di Dio (At 2,11). Che ci insegni a leggere nei segni
dei tempi il piano adorabile del Padre. Che ci aiuti a interpretare profondamente
l'uomo collocandoci nell'unica prospettiva del Verbo incarnato. Che ci conduca a
penetrare maggiormente (e questa saggezza) nella verit immutabile per
incorporare profeti con tutto ci che la profezia ha di carisma, d'impegno e di
rischio nel nuovo tempo degli uomini. Che ci insegni a parlare con audacia serena e a
tacere con soprannaturale prudenza.

Dunque, speriamo dallo Spirito Santo la luce beatissima che ci faccia vedere chiaro un
orizzonte oscuro e ci porti a parlare con precisione divina in un momento confuso.

3. Pi capacit di dialogo

quasi diventato uno slogan parlare di dialogo. Come vescovi ci siamo impegnati a
istituzionalizzare il dialogo. Dio ci insegner la strada perch dialogare non facile.
facile, certo, scrivere pagine intere e tessere interminabili monologhi sul come abbia
da svolgersi il dialogo, ma ci che veramente difficile il dialogo stesso. Cominciamo
solo ora a impararlo.

Dialogare non semplicemente ascoltare (anche se lo facciamo con sincerit e


affetto). Dialogare significa entrare (per quanto possibile) nel pensiero e nel cuore
dell'altro; significa, in un certo senso, assumere generosamente l'altro. Per questo
occorre esser poveri, distaccati da se stessi; occorre imparare a morire. E ci non
facile, anche se lo vogliamo davvero.

Solo quando lo Spirito la rese radicalmente povera, Maria pot entrare nella parola che
le era stata annunciata ed entr a sua volta in lei la Parola che abit fra noi. Fu
questo il dialogo vero e sostanziale che diede inizio alla Nuova Alleanza. Solo quando
lo Spirito di Pentecoste li ebbe spogliati della loro mentalit carnale, gli apostoli
poterono entrare nell'interiorit di Ges (parlare con lui e ascoltarlo con nuovo senso
spirituale) captando il diverso linguaggio degli uomini per consegnare poi loro l'unica
parola di salvezza.

Oggi avvertiamo il bisogno che lo Spirito ci insegni a dialogare o, meglio ancora, che lui
stesso dialoghi in noi per mezzo nostro perch il dialogo sia un modo di rifarsi e di
arricchirsi reciprocamente, perch il dialogo non sia una successione pi o meno

126
serena di monologhi chiusi, perch il dialogo soprattutto non sia una tattica meschina
per far s che l'altro pensi ed agisca come noi vogliamo. Non crediamo, talvolta, che il
vescovo dialoghi semplicemente perch ci chiama o ci visita o ci ascolta? Ma non
anche vero che, ancora pi spesso, crediamo di dialogare perch facciamo accettare
al vescovo ci che ci pare e piace? Il dialogo una cosa ben diversa.

Lo Spirito Santo che ha reso possibile il dialogo, in Cristo, tra Dio e l'uomo colui
che deve creare in tutti una capacit molto profonda di dialogo e, a questo scopo,
dovr farci ben pi poveri e distaccati, pi semplici e generosi.

Per questo speriamo per la nostra Chiesa lo Spirito che parl per mezzo dei profeti,
e che l'unico che interpreta ci che vi nel profondo dell'uomo.

4. Pi capacit di comunione

Studiatevi di conservare l'unit di spirito nel vincolo della pace (Ef 4,3).

Scopriamo sempre meglio la Chiesa come comunione, sperimentiamo sempre di pi


le ansie degli uomini per l'unit e, tuttavia, si fa ogni volta pi difficile l'unione tra di noi.
Ci sforziamo per raggiungere l'unit tra cristiani e, come cattolici, diventiamo sfasati
all'interno, Cerchiamo l'unione col mondo e intanto le tensioni crescono tra i diversi
settori dell'unica Chiesa. Ogni giorno diventa pi difficile esercitare l'autorit e
l'obbedienza. Si fa sempre pi radicale la separazione dei carismi. Prima la Chiesa era
solo la gerarchia, ora la Chiesa sono solo i laici (pi ancora, siamo noi o sono io).

Pentecoste ci ha portato la grazia di superare la dispersione di Babele. Non ha


uniformato le lingue, le ha moltiplicate. Era lo stesso Spirito che parlava in diverse
lingue dicendo le stesse meraviglie di Dio (Pietro e Paolo scrivono diverso e
discutono duramente, ma lo Spirito crea in tutti un solo cuore e una sola anima; cfr
At 4,32). E tutta la Chiesa di Pentecoste si manifesta al mondo come la comunit del
Signore che rimane unita nella predicazione degli apostoli, nelle riunioni comuni,
nella frazione del pane e nelle preghiere (At 2,42).

Lo Spirito Santo dovr creare in noi la comunione profonda dell'unica Chiesa


peregrinante in America Latina con carismi e funzioni differenti, con mentalit e
temperamenti diversi (gli uni troppo audaci, gli altri troppo timidi; alcuni troppo lenti, altri
troppo impazienti), ma tutti ugualmente fedeli allo stesso Vangelo (senza sfigurarlo
nella sua fondamentale esigenza di croce e di rinuncia, d'impegno e di servizio). Tutti
ugualmente docili allo stesso Spirito che divide i suoi doni come vuole (1 Cor 12,11).

Speriamo nello Spirito Santo: non perch ci faccia uguali, ma perch ci faccia uguali,
ma perch ci faccia fratelli. Speriamo nello Spirito di amore perch faccia di noi un solo
Corpo.

5. Spirito di conversione

Viviamo un momento in cui tutti dobbiamo convertirci, cambiare la nostra mentalit, i


nostri atteggiamenti. una esigenza della vicinanza imminente del regno (cfr Mc 1,15).

Tutta la Chiesa deve porsi in atteggiamento di conversione. Ci suppone, anzitutto,


prendere coscienza serena di un peccato che portiamo dentro (se dicessimo che non
abbiamo alcun peccato, inganneremmo noi stessi; 1 Gv 1,8). Suppone anche di
scoprire che c' un peccato negli uomini, nei loro atteggiamenti e nelle loro istituzioni e

127
che di questo peccato siamo tutti, in un modo o nell'altro, complici e responsabili. ci
che a volte chiamiamo situazione di peccato (ingiustizie, disuguaglianze, insensibilit
di fronte al dolore e alla povert ecc.).

Nella Pentecoste la forza rinnovatrice dello Spirito provoca le prime conversioni. Pietro
predica, nell'ora stessa della Pentecoste, sulla misteriosa effusione dello Spirito e invita
alla conversione. Quelli che accolsero la sua parola furono battezzati e in quel giorno
furono aggregate circa tremila persone (At 2,41).

La conversione si realizza anzitutto negli stessi apostoli (cio, all'interno della Chiesa,
nei primi vescovi e nei primi discepoli). Lo Spirito di Pentecoste crea in essi un cuore
nuovo.

C'era gi stata in essi una prima conversione con la chiamata stessa di Ges, ma era
necessaria ora questa conversione definitiva dello Spirito perch rivelassero
veramente il Signore nel volto della Chiesa giovane. Cambiarono mentalit: ora
capivano Ges in un altro modo, ora comprendevano i misteri del regno, parlavano
pure in una maniera nuova. Il loro linguaggio, che gli uomini misteriosamente
afferravano, esprimeva la follia della croce (1 Cor 1,13).

Oggi occorre che lo Spirito Santo operi una conversione in noi tutti; che discenda sulla
sua Chiesa e la purifichi preparando la bellezza perfetta della nuova Gerusalemme
dell'Apocalisse (Ap 21,2); che prenda pienamente possesso di noi, ci faccia ardere del
suo fuoco lasciando in noi cuori nuovi con una gran capacit d'amore a Dio e agli
uomini, con desideri ardenti d'immolazione e di donazione, di accettazione della croce
con Cristo e di offerta della vita per la salvezza del mondo.

Tutto questo (insieme a tutto il resto che non possiamo descrivere ora) ci che
speriamo dallo Spirito Santo per la nostra Chiesa in America Latina esattamente in
questi giorni di una nuova Pentecoste. Che ci dia coraggio, ci illumini per veder chiaro,
dialoghi in noi, ci aiuti a vivere in comunione, ci converta.

Tutto questo (e altro ancora), ne siamo certi, lo Spirito Santo operer in noi perch
Cristo ha promesso di inviarcelo dal Padre, perch la Chiesa in America Latina si
solennemente impegnata, a Medelln, a riceverlo e a comunicarlo e perch tutti lo
attendiamo con pi urgenza e certezza che mai nell'unione fraterna, nell'orazione
silenziosa, con Maria, Madre di Ges (cfr At 1,14).

128
AMERICA LATINA: CHIESA DELLA PASQUA

INTRODUZIONE

1. Un'interpretazione della Chiesa latinoamericana dev'essere fatta a partire dalla


fede. Questo l'unico modo di penetrarne la profondit sacramentale e il dinamismo
nella sua realt senza sfigurarla nella sua missione.

Questo, pi che uno studio o un'analisi della nostra Chiesa, vuol essere una semplice
meditazione fatta collocandoci all'interno della sua vita e del suo mistero.

Non si tratta di descrivere semplicemente una realt con le sue luci e le sue ombre, o
di enumerarne superficialmente i problemi o i principali progetti. Potremmo cadere
facilmente, a seconda della prospettiva in cui ci poniamo, nella disperazione o
nell'euforia. Sarebbe, in ogni caso, un'autoconsiderazione che si chiude alla vera
comunione con l'unica Chiesa di Ges Cristo.

Il primo errore sarebbe quello di latinoamericanizzare la Chiesa, ponendoci come


maestri critici o come dei modelli. In questo senso dobbiamo stare attenti a non
esagerare il mistero o il prodigio di una Chiesa latinoamericana.

Pertanto, sulla base della fede, ci sforziamo di scoprire il disegno di Dio sulla nostra
Chiesa e per capire e assumere il tempo e il momento (At 1,7); penetriamo nella
situazione concreta dei nostri popoli per situarli nell'unico contesto della storia della
salvezza. La Chiesa, infatti, sacramento primordiale di Cristo, l'attualizzazione
quotidiana della salvezza.

Un'interpretazione autentica della Chiesa latinoamericana suppone sempre questa


triplice considerazione:

la sua perfetta fedelt a Cristo,


la sua risposta evangelica alla realt globale del continente,
la sua generosa comunione con la totalit della Chiesa universale.

2. La Chiesa latinoamericana sta vivendo la sua ora: ora di croce e di speranza, di


possibilit e di rischi, di responsabilit e d'impegno. bene che ce ne rendiamo conto,
che la amiamo e la viviamo con intensit comunitaria. Lo Spirito Santo sta operando
meraviglie nella nostra povert, ma per questo non possiamo dormire sugli allori, e,
invece, dobbiamo impegnarci generosamente.

C' da aggiungere che quest'ora provvidenziale della nostra Chiesa non pu essere
vissuta da noi soli, per noi soli. qui che entra in gioco fondamentalmente il mistero
della comunione.

129
La Chiesa latinoamericana dev'essere fedele al suo disegno, alla sua fisionomia, alla
sua vocazione originale. Lo Spirito Santo continuer a svilupparne la fecondit col suo
dinamismo; ridester in tutti l'inquietudine della ricerca e l'impegno del compito di
creare. Non possiamo semplicemente impostare o ripetere schemi: dovremo essere
fedeli allo Spirito facendo s che la Chiesa latinoamericana sia pienamente se stessa.

Ma perch questo si realizzi essa ha bisogno della ricchezza spirituale delle Chiese
sorelle. questo il senso fondamentale dell'aiuto indispensabile: promuovere la
crescita interna di ogni Chiesa perch possa essere fedele alla sua specifica
vocazione.

Ci possono essere due modi per paralizzare la vita di una Chiesa: lasciarla totalmente
in balia della sua energia giovanile o pretendere di imprigionarla dentro modelli che le
sono estranei.

Ma esiste anche un altro modo per paralizzarla e questo dipende da noi stessi,
quello cio di sfigurare o asfissiare la nostra Chiesa: vivere, cio, ripiegati su di noi,
troppo presi da ci che nostro, senza offrire generosamente la nostra povert alla
ricchezza molteplice della Chiesa universale. Ci sono sempre nuovi doni dello Spirito
nella dolorosa penuria delle nostre giovani Chiese e noi faremo maturare la nostra
Chiesa nella misura della nostra apertura e della nostra donazione. Paolo scrive delle
Chiese della Macedonia: La loro gioia sovrabbondante e la loro pur grande povert si
sono manifestate con effusione nella loro generosa liberalit (2 Cor 8,2).

3. evidente che la Chiesa latinoamericana sta vivendo una tappa nuova e


provvidenziale della sua storia. Lo ha fatto notare Paolo VI nel corso della sua visita in
America Latina: Per una convergenza di circostanze profetiche si inaugura oggi, con
questa visita, un nuovo periodo della vita ecclesiastica (discorso di apertura della
Seconda Conferenza episcopale latinoamericana, Bogot, 24 agosto 1968). I Vescovi
latinoamericani lo hanno ugualmente affermato nel loro Messaggio ai popoli
dell'America Latina: Crediamo di essere in una nuova era storica. Essa esige
chiarezza per vedere, lucidit per diagnosticare, solidariet per agire.

Fondamentalmente ci che contraddistingue quest'ora provvidenziale della nostra


Chiesa una particolare effusione dello Spirito della Pentecoste. di qui che viene
l'anelito alla conversione e la solidit della speranza. Non intenderemmo ci che sta
succedendo nella Chiesa latinoamericana se tentassimo di spiegarlo unicamente come
un tentativo superficiale di attualizzazione o come un semplice frutto di pressioni
storiche. C' qualcosa di pi profondo e definitivo: Dio si sta manifestando in modo
nuovo, reclamando la trasformazione interiore di ogni uomo.

Questa manifestazione di Dio ha, tra le altre, due espressioni concrete:

a) le aspirazioni legittime dei popoli che interpellano evangelicamente la Chiesa, e

b) la maggior coscienza che la Chiesa latinoamericana sta acquistando della globalit


della sua missione essenzialmente religiosa.

Circa il primo punto citiamo semplicemente due testi dei Documenti di Medelln:

Ci troviamo alla soglia di una nuova epoca storica del nostro continente, piena di
anelito di emancipazione totale, di liberazione da ogni servit, di maturazione
personale e di integrazione collettiva (Introduzione 4).

130
Un sordo clamore nasce da milioni di uomini, che chiedono ai loro pastori una
liberazione che non viene loro da nessuna parte (Povert 2).

In sintesi: aspirazione a ci che libero, personale, comunitario; anelito di


partecipazione, personalizzazione, liberazione.

Circa il secondo punto, ricordiamo quel che insegna il Concilio: La natura della Chiesa
si mostra di natura religiosa e per ci stesso profondamente umana (GS 11). Quali
sono le dimensioni umane del messaggio evangelico e le esigenze storiche dei valori
religiosi ed eterni?

Quando diciamo che l'ora della Chiesa latinoamericana fondamentalmente segnata


da una particolare effusione dello Spirito di Pentecoste, vogliamo inquadrarla in un
contesto essenzialmente salvifico. Vogliamo dire che l'immagine della Chiesa
latinoamericana non pu essere definita partendo da una prospettiva semplicemente
socio-economica e politica. Ci che in essa importa il sacramento, il segno cio e lo
strumento di Cristo risorto.

Per ci stesso se si vuole capire bene il mistero della Chiesa latinoamericana


necessario partire da un autentico atto di fede nell'azione feconda dello Spirito Santo
che, da una parte, ci stimola alla conversione (mediante una profonda assimilazione a
Cristo morto e risorto) e alla contemplazione e, dall'altra parte, ci spinge alla missione
e alla testimonianza. La Chiesa dev'essere, infatti, nel mondo come fermento di
trasformazione e segno del Dio vero.

Tutte queste sono esigenze e frutto di comunione e portano a presentare l'immagine


della Chiesa latinoamericana, Chiesa della Pasqua, sotto tre aspetti essenziali e
concreti: Chiesa dell'evento di Pentecoste, Chiesa profetica, Chiesa liberatrice
dell'uomo.

L'espressione Chiesa pasquale si ricava dai Documenti di Medelln: Che si presenti


in modo sempre pi nitido nell'America Latina il volto di una Chiesa autenticamente
povera, missionaria e pasquale, staccata da ogni potere temporale e decisamente
impegnata a rendere libero ogni uomo e tutti gli uomini (Giovent 15).

Ma cosa significa una Chiesa pasquale? Una Chiesa del distacco e della povert,
dell'annientamento e della croce, della fecondit e della speranza.

I. CHIESA DELL'EVENTO DI PENTECOSTE

Tutti furono ripieni di Spirito Santo (At 2,4)

4. Anzitutto necessario sottolineare nella Chiesa latinoamericana la sua fedelt allo


Spirito. Le interessa l'uomo, la liberazione dei popoli, la costruzione attiva della storia
ma a partire dalle esigenze fondamentali del Vangelo, in una fondamentale prospettiva
di fede, in essenziale tensione escatologica.

Sarebbe falso concepire il momento della Chiesa latinoamericana fuori dell'ambito


specifico della salvezza e di una salvezza che ha come unico principio Cristo (At 4,12)
e che abbraccia la totalit dell'uomo e della sua storia. La Pentecoste, pienezza del
mistero pasquale, non una semplice celebrazione dello Spirito o una

131
commemorazione storica della sua discesa. un evento che, per la particolare
effusione dello Spirito Santo, manifesta la Chiesa (LG 2) rendendola universale
sacramento di salvezza (LG 48).

Questo evento si ripete permanentemente nella Chiesa, ma ci sono momenti


provvidenziali di salvezza in cui la Chiesa sperimenta la fecondit e l'impegno
dell'avvenimento di Pentecoste: e ci suppone una sincera conversione, una profonda
comunione e un irresistibile dinamismo nella missione.

Allora la Chiesa si sente vero sacramento del Signore e fermento di Dio per la
trasformazione dei popoli, germe validissimo di unit, di speranza e di salvezza (LG
9).

Quello che sta accadendo nella Chiesa dell'America Latina non frutto
dell'improvvisazione di alcuni o del talento e dello sforzo degli uomini: ,
essenzialmente, opera dello Spirito Santo che ci chiama tutti alla conversione e ci fa
sperimentare l'angoscia dei popoli che attendono il nostro servizio e la nostra
quotidiana testimonianza di fede.

5. Insistiamo sul fatto della conversione. di qui che comincia la ricerca delle nuove
vie, l'esigenza dei cambiamenti fondamentali, l'impegno evangelico dei criteri per la
trasformazione del mondo.

Questa conversione, frutto interiore dello Spirito, suppone una fede matura e attiva,
una speranza ferma e creatrice, una carit ardente e concreta (1 Ts 1,3). il senso
dell'uomo nuovo di san Paolo (Col 3,10) che esige che ci spogliamo di quello di
prima per rivestirci autenticamente di Cristo, dell'uomo nuovo, creato secondo Dio,
nella giustizia e santit della verit (Ef 4,24).

La Chiesa, mentre prosegue il suo pellegrinaggio nel tempo, si va ringiovanendo e


rinnovando con la forza del Vangelo e con l'azione incessante dello Spirito (LG 4)
perch la coscienza di essere santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, mai
tralascia la penitenza e il rinnovamento (LG 8).

Vi sono per momenti nella storia in cui tale chiamata alla conversione si fa pi
urgente. Uno di questi momenti quello che stiamo vivendo in America Latina come
una grazia e un'azione dello Spirito e anche come un impegno solennemente
annunciato. Noi, vescovi, a Medelln, abbiamo affermato: Durante questi giorni ci
siamo riuniti, mossi dallo Spirito del Signore, per orientare una volta di pi i compiti
della Chiesa in un'ansia di conversione e di servizio. Abbiamo visto che il nostro
impegno pi urgente di purificarci nello spirito del Vangelo, noi tutti membri e
istituzioni della Chiesa cattolica (Messaggio ai popoli dell'America Latina).

Penso fondamentalmente a queste tre cose:

come cristiani non avevamo ancora assimilato profondamente Ges Cristo


(conoscevamo superficialmente il Vangelo o avevamo studiato tecnicamente Cristo,
senza gustarlo nel suo mistero);

abbiamo introdotto un divorzio fra la fede e la vita (ci accontentiamo di proclamare la


fede o di celebrarla nella liturgia, ma non la realizziamo in concreto nell'amore e nella
giustizia);

132
per lo stesso motivo avevamo perso la sensibilit cristiana di fronte alle angosce
degli uomini e cos non abbiamo saputo illuminare le loro speranze e non ci siamo
intesi sulla costruzione positiva della storia.

Una Chiesa dell'evento di Pentecoste dev'essere una Chiesa della conversione nel
senso di un ritorno fondamentale a Cristo di cui saremo una semplice trasparenza e
alle esigenze radicali del discorso della montagna: Siate perfetti come il Padre (Mt
5,48); Realizzate la pienezza della nuova giustizia (Mt 5,20). Occorre che ci
impegniamo veramente ad essere il sale della terra e la luce del mondo (Mt 5,13-16), a
vivere quotidianamente lo spirito delle beatitudini evangeliche (Mt 5,1ss). Questo
l'unico modo di essere cristiani, di esprimere la Chiesa e di trasformare il mondo.

Questa conversione lo confessiamo con sincera fedelt allo Spirito ci si presenta


come un dovere urgente e l'abbiamo gi cominciata, Ma ci manca ancora molto. Non
siamo perfetti. Come Paolo continuiamo a correre per conquistarlo, perch anche noi
siamo stati conquistati da Ges Cristo (Fil 3,12ss).

6. Pentecoste ci assicura un particolare rivestirci dello Spirito di verit, di forma e


d'amore. Lo andiamo sperimentando in diverse forme e a vari livelli nella fisionomia,
nelle inquietudini e nei compiti della nostra Chiesa latinoamericana.

Lo Spirito della verit ci introduce in Cristo, ci discopre il mistero dell'uomo, ci interpreta


la storia. lo Spirito d'interiorit, di preghiera e di dialogo. In lui la Chiesa si ritrova in
un atteggiamento contemplativo che provoca l'assimilazione della parola: la riceve, la
rumina, la comunica.

La Chiesa latinoamericana, Chiesa della missione e del servizio, dell'attivit e della


presenza, della comprensione dell'uomo e della solidariet con la storia, pone le sue
basi sull'interiorit, cerca di essere una Chiesa contemplativa. Per questo esiste la
riflessione dei nostri teologi e la sapida meditazione della parola rivelata.

Lo Spirito di fortezza ci comunica l'audacia equilibrata e il fuoco sereno dei testimoni.


Da un lato, ci brucia la parola che non pu essere adulterata o venir omessa, dall'altro
lato, si accentuano i rischi, crescono le tensioni, si moltiplicano le difficolt. Viviamo in
un continente carico di speranze ma anche pieno di conflitti, di disperazione e di
violenza. Tutto ci pu insinuare nella Chiesa, come contrario, la disastrosa tentazione
dello scoraggiamento, del pessimismo e della disperazione. In un contesto qual il
nostro facile ripiegarsi nel silenzio o convertirsi in profeti di sventura (Giovanni
XXIII).

Abbiamo bisogno di sperimentare in noi l'inflessibile fermezza dello Spirito e di


comunicare agli uomini la sicurezza che viene dalla Pentecoste. Fanno un danno
enorme alla Chiesa il dubbio, la paura, la tristezza. La Chiesa dell'America Latina
raccoglie e proclama l'esortazione di Paolo VI a Bogot: Non temete. Questa per la
Chiesa un'ora di coraggio e di fiducia nel Signore (24 agosto 1968).

Lo Spirito d'amore genera in noi la capacit di offerta e di servizio e, soprattutto,


costruisce la Chiesa comunione, intima unione con Dio e unit di tutto il genere
umano (LG 1). La Chiesa dell'America Latina sperimenta oggi l'urgenza della sua
risposta di salvezza all'uomo e della sua missione religiosa nel mondo.

Pu correre il rischio in alcuni suoi membri o nell'insistenza di alcuni atteggiamenti di


secolarizzarsi (perdendo cos la sua essenziale condizione di fermento e diventando

133
sale insipido), cos come prima aveva corso con frequenza il rischio di
disumanizzarsi (dimenticando il senso dell'incarnazione di Cristo).

Lo Spirito d'amore ci ricorda l'inseparabilit pratica delle due dimensioni del


comandamento principale (Mt 22,34-40; 1 Gv 4,20).

Oggi, la Chiesa dell'America Latina, rivestita dello Spirito d'amore, si sente


particolarmente chiamata a vivere e ad esprimere la comunione: Dio e l'uomo, liturgia e
promozione, Vangelo ed Eucaristia. questa la sua grazia e la sua responsabilit e
questa pure lo diremo nella conclusione la provvidenziale finalit del CELAM.

7. Per la Chiesa dell'evento di Pentecoste ci suggerisce un'altra cosa: quello che


conta, in definitiva, lo Spirito Santo. lui che ci trasmette la sicurezza e il distacco
della Chiesa; in altre parole, il senso totale della speranza.

La Chiesa latinoamericana una Chiesa povera: di beni materiali, di ricchezza di


tradizioni, di talenti personali.

Ma la povert precisamente la fonte della sua fecondit. Forse proprio questo che
si attendono da lei le altre Chiese, perch la povert apre fondamentalmente a Dio.

Una Chiesa povera conta solo sulle armi dello Spirito.

Non si appoggia su risorse materiali, su poteri temporali e nemmeno sulle possibilit


umane dei suoi membri. Ci che conta unicamente l'infallibile efficacia dello Spirito.
L'uomo si salva per la forza del Vangelo (Rm 1,16), per la saggezza della croce ( 1 Cor
1,24) e per il potere dello Spirito (Lc 24,29; 1,35).

La povert parte della nostra vocazione latinoamericana. Se la si capisce bene essa


definisce la figura particolare della nostra Chiesa, spoglia e in cammino, libera da
legami e cosciente dei suoi limiti, fiduciosa in Dio e luminosa del Signore risorto. Non
solo un modo di vivere la solidariet con coloro che soffrono o di manifestare la propria
protesta; , anzitutto, un segno che il Signore venuto; la sicurezza che il regno di
Dio entrato nella storia.

Ma la povert dev'essere assunta nella gioia e nel silenzio. La proclamazione solenne


la distrugge, genera nell'animo amarezza e suscita negli uomini la ribellione. Una
Chiesa veramente povera ha fame di Dio e sperimenta la letizia del servizio; la
Chiesa della speranza e della carit perch la sua preoccupazione quella di salvare
l'uomo, la sua unica ricchezza Cristo, la sua unica forza lo Spirito Santo.

II. CHIESA PROFETICA

Andate per tutto il mondo; predicate il Vangelo a ogni creatura (Mc 16,15).

8. La missione essenziale alla Chiesa che tutta quanta inviata da Cristo al mondo
per essere universale sacramento di salvezza (AG 1). L'attivit missionaria della
Chiesa un'esigenza radicale della comunione.

La Chiesa in America Latina provvidenzialmente Chiesa della Pasqua sente oggi


l'urgenza di proclamare il Vangelo. Nella totalit dei suoi membri lo Spirito ridesta e
anima il carisma della profezia. Per questo si assume come compito principale la piena
evangelizzazione dei popoli.

134
Essa spinta da due principi:

uno teologico: la fede suppone la proclamazione della parola (Rm 10,14);


un altro storico: abbiamo un continente battezzato, ma solo superficialmente
evangelizzato.

Quando diciamo piena evangelizzazione intendiamo dire l'annuncio della totalit del
Vangelo. Dobbiamo essere fedeli alle esigenze del messaggio e alla sua trasmissione
integrale e chiara.

Noi non siamo i padroni della parola, ma i suoi ministri. Vale per ogni profeta
l'esortazione rivolta da Dio a Geremia: Tutto quanto ti ordiner lo dirai... Ecco, io
metto le mie parole sulla tua bocca (Ger 1,7-9). Nemmeno Cristo il grande Profeta
sente di avere il diritto di inventare la dottrina o di modificarne le parole: Io non ho
parlato di mio; ma il Padre stesso che mi ha mandato mi ha prescritto quello che devo
dire e insegnare (Gv 12,40).

A partire da una situazione concreta tentiamo di penetrare la parola e di attualizzare il


Vangelo; senza, per, pretendere di dissimularne le esigenze o di sviare la potenza
dello Spirito.

Una piena evangelizzazione significa anche un'altra cosa: che la proclamazione


autentica del Vangelo che suscita e matura la fede tende essenzialmente
all'Eucaristia come al suo punto culminante.

Non possiamo separare, e tanto meno opporre, Vangelo e sacramento, Chiesa


profetica e Chiesa cultuale. San Paolo ci parla come responsabilit e grazia del suo
ministero della liturgia del Vangelo di Dio affinch l'offerta dei Gentili sia gradita,
essendo santificata dallo Spirito Santo (Rm 15,16).

Infine, una piena evangelizzazione presuppone che debba sfociare nell'impegno


pratico della fede. Generare la fede nel cuore dei cristiani significa impegnarli per la
vita. in questo senso che va il rimprovero di san Giacomo: Fratelli, che serve a uno
dire che ha la fede, se non ha le opere?... Mostrami, se puoi, la tua fede senza le
opere, ed io ti mostrer con le opere la mia fede (Gc 2,14ss).

Ci significa che l'evangelizzazione piena se autentica proclamazione della parola


nello Spirito comunica agli uomini il mistero totale di Dio, che si rivela in Cristo; sa
ricavare la dimensione umana dell'avvenimento della salvezza e impegna i cristiani
nella promozione integrale di tutto l'uomo e di tutti gli uomini.

Non possiamo semplicemente identificare evangelizzazione e promozione umana, ma


non possiamo neppure tenerle troppo separate. La fede tocca la sua perfezione nella
realizzazione pratica della giustizia e della carit. cos che si fa strada la pace.

9. La Chiesa dell'America Latina fa fronte ora a due compiti urgenti e concreti in


ordine all'evangelizzazione dei suoi popoli: un'interiorizzazione nella fede (e ci
suppone illuminazione, purificazione, maturazione e impegno) e una compenetrazione,
in base alla fede, della realt globale latinoamericana.

L'urgenza dell'evangelizzazione non solo nostra, un'esigenza dello Spirito nella


Chiesa universale. Per in America Latina continente vasto e nuovo la avvertiamo

135
con drammatica insistenza. qui che ci si pone precisamente la necessit di
moltiplicare gli agenti dell'evangelizzazione (sacerdoti, religiosi e laici) e di rivedere le
diverse forme di trasmissione del messaggio (predicazione, catechesi, liturgia, mezzi di
comunicazione sociale).

In molti casi manca un'elementare propedeutica alla fede anche in zone popolose e
centrali. Non si tratta semplicemente di un problema di emarginazione o di distanza; si
tratta di assenza del senso religioso, d'insensibilit di fronte ai valori dello spirito, di
mancanza d'interesse dinanzi alla proclamazione del Vangelo. Dio ha smesso di
essere un elemento necessario.

Senza dubbio su questa situazione hanno influito i cambiamenti rapidi e universali che
hanno colpito profondamente i sistemi di vita e hanno modificato la prospettiva
religiosa. Ma c' stata anche una presentazione astratta e disincarnata del messaggio
cristiano, un'immagine fredda di Dio, come fosse estraneo al mondo, lontano dalla
storia, senza alcun legame con la sorte terrena dell'uomo. Non era il Dio vivo della
Rivelazione, manifestato in Cristo immagine del Padre (Col 1,15; Eb 1,3),
costantemente fedele alle sue promesse e presente tra noi fino alla fine (Mt 28,20).

Manca, soprattutto, profondit nella fede e questo dipende, almeno in parte, dalla
carenza di cuori puri e distaccati gli unici capaci di vedere Dio (Mt 5,8) e di accogliere
nella povert la rivelazione del Padre (Mt 11,25).

Dipende, per, principalmente da una mancanza di riflessione autentica e di


penetrazione pi semplice e quotidiana della parola di Dio. La vita si sente senza
collegamento con la fede (molto spesso, addirittura, opposta alla fede, quasi una sua
negazione pratica).

Non si giunti a provocare nella coscienza adulta un'opzione personale e definitiva. La


fede continuer pertanto ad essere un corpo estraneo e aggiunto, qualcosa che si
sente, si celebra o si pratica a tratti. Non, per, qualcosa di definitivamente
nuovo ed essenziale che unicamente d senso all'esistenza quotidiana, alla missione
concreta e ai rapporti col prossimo.

Quando la fede profonda, tutto cambia nella vita del cristiano perch Cristo diventa
qualcuno per lui e cos anche l'uomo, in cui Cristo si manifesta (Mt 25). A partire dalla
fede si impara ad interpretare la storia come disegno di salvezza, e ci importante
per noi. Infatti, urgente penetrare la realt globale latinoamericana in base alla fede.

C' un fatto che ci preoccupa particolarmente: i giovani che costituiscono un vero


corpo sociale in America Latina si sentono fortemente interpellati nella loro fede dalla
penosa situazione in cui vivono i nostri popoli (emarginati e oppressi) e dalle loro
legittime aspirazioni alla liberazione. C' in essi una sensibilit tutta speciale per
scoprire il grido dello Spirito in questo segno dei tempi. Essi percepiscono, per, con
frequenza come l'unico modo di vivere la fede di essere cristiani sia l'impegnarsi
nella rivoluzione e nella violenza. Difetta qui un'interiorizzazione della fede, un
approfondimento autentico del Vangelo, una vera interpretazione dei fatti nel contesto
della salvezza.

10. Questo ci conduce a esplicitare il senso della Chiesa profetica. Oggi, insistiamo
con urgenza per avere questa Chiesa in America Latina e possiamo dire che questa
una delle caratteristiche fondamentali della nostra Chiesa, come Chiesa della Pasqua.

136
Fortunatamente lo Spirito ci fa sentire, come responsabilit e come grazia, la necessit
di assumere generosamente la nostra funzione profetica. Potremmo forse anche dire
senza che ci significhi superiorit o spirito di dominio che la Chiesa in America
Latina si manifesta al mondo come la Chiesa della profezia. Il suo grido profetico
costituisce oggi una sua vocazione per la totalit della Chiesa universale. E questo,
certamente, non per un merito della nostra Chiesa, ma per la particolare situazione che
vive il continente.

Dobbiamo intendere bene il senso della profezia. Non si tratta semplicemente di


denunciare la ingiustizie o di gridare contro il peccato degli uomini. Anche questo
rientra nel compito del profeta (se autentico), ma non n l'unica cosa n la
principale.

Inoltre, la passione del profeta lo Spirito Santo, non l'aggressivit umana. Una delle
caratteristiche pi nitide del vero profeta la coscienza dei suoi limiti e la dolorosa
esperienza della sua impotenza e della sua paura (cfr Ger 1,4-10; Is 6,1ss; Ez 2). Di
qui la sua resistenza e la tentazione di sottrarsi alla missioni affidatagli.

Il profeta l'uomo dello Spirito che annuncia, nel suo nome, le cose di Dio. Il profeta
uomo di preghiera, fedele alla trasformazione personale della parola. Il profeta
povero e rivestito della forza dello Spirito. Il profeta ama profondamente tutti i suoi
fratelli e batte evangelicamente al loro cuore per salvarli.

Quando parliamo della nostra Chiesa latinoamericana come di una Chiesa profetica,
intendiamo prendere la profezia in tre sensi:

Come proclamazione delle meraviglie di Dio nel linguaggio diverso degli uomini.
l'evento profetico di Pentecoste, quando lo Spirito Santo scende sugli apostoli e
annuncia cos i tempi definitivi (At 2). Il contenuto fondamentale di tale comunicazione
profetica il fatto della risurrezione di Ges, che il Padre ha costituito Signore e
Cristo (At 2,36). Il suo frutto la conversione e la formazione della comunit cristiana
primitiva (At 2,37-47).

Come interpretazione salvifica della storia, come lettura, cio, degli avvenimenti umani
nel contesto della storia della salvezza. Il profeta intuisce il disegno di Dio e scopre ad
ogni momento il passaggio di Ges, Signore della storia. Egli impegna cos gli uomini a
cimentare praticamente la fede nella trasformazione del mondo.

Come chiamata evangelica alla conversione. A partire dalla manifestazione di Dio e


dall'annuncio dell'imminenza del regno, il profeta chiama alla conversione e ne indica
le strade (Mt 3,1ss). questo il senso della missione di Giovanni Battista il pi grande
dei profeti antichi (Lc 7,28) che predica il battesimo di penitenza per la remissione
dei peccati (Lc 3,3ss) e rivela Cristo, gi presente in mezzo agli uomini come
Agnello che toglie i peccati del mondo (Gv 1,26-29).

Una Chiesa profetica denuncia chiaramente la ingiustizie con l'audacia dello Spirito;
ma lo fa solo quando, cosciente della sua fragilit e della sua povert, si sia lasciata
pienamente rivestire dallo Spirito della santit rivelando Cristo nella sua totalit.

11. Per lo stesso motivo, una Chiesa profetica ha bisogno di vivere a fondo, a partire
dalla profondit interiore dello Spirito, due elementi essenziali: la fede e la preghiera.
per questa strada che deve camminare la Chiesa dell'America Latina come Chiesa
della Pasqua. Anzitutto la fede: come risposta a Dio e sicurezza sulla sua parola, come

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abbandono e fiducia. La Chiesa dell'America Latina sente oggi una chiamata speciale
a essere germe validissimo di unit, di speranza e di salvezza (LG 9) nel nostro
continente. Essa deve essere fedele, come Maria che colei che ha creduto (Lc
1,45). I popoli latinoamericani attendono dalla nostra Chiesa vescovi, presbiteri,
religiosi e laici i frutti concreti di una fede che illuminazione, testimonianza e
impegno.

La Chiesa latinoamericana, inoltre, deve trasmettere la propria nella risurrezione di


Cristo. Credere che Cristo risorto avere la certezza che Cristo vive: nella Chiesa,
come suo sacramento; nel mondo, come Signore della storia; nel volto di ogni uomo,
che cammina alla ricerca.

Infine, la preghiera. Una Chiesa profetica dovr essere necessariamente


contemplativa. Possiamo annunciare solo la Parola di vita che i nostri occhi hanno
contemplato e che le nostre mani hanno toccato: Quello che abbiamo veduto e che
abbiamo udito. Solo cos da un annuncio profetico che nasce dell'esperienza della
realt contemplata si pu sperare il frutto di una Chiesa comunione che genera gioia
e speranza (1 Gv 1,1-4).

La Chiesa in America Latina Chiesa della parola e dell'azione, dell'incarnazione e del


servizio, della trasformazione e del cambiamento vuole quindi essere la Chiesa del
silenzio, della preghiera, della contemplazione.

III. LA CHIESA LIBERATRICE DELL'UOMO

Mi ha inviato ad annunziare la buona novella ai poveri, la liberazione ai prigionieri (Lc 4,18).

12. Esiste una connessione molto intima molto evangelica e pasquale tra la
consacrazione dello Spirito, l'annuncio della buona nuova ai poveri e la proclamazione
della liberazione ai prigionieri (Is 61,1). la relazione intrinseca tra l'evento della
Pentecoste, la proclamazione autentica del Vangelo e la liberazione piena degli
oppressi. La stessa liberazione frutto della proclamazione del Vangelo.

Una delle caratteristiche fondamentali della nostra Chiesa latinoamericana uno dei
suoi impegni pi solenni e costanti quello della liberazione. Tema biblico e pasquale
che occorre intendere nella sua pienezza e nella sua ricchezza. Infatti, potremmo
abusare del termine e potremmo pure svuotarlo del suo contenuto integrale di
salvezza.

La liberazione costituisce una delle idee chiave dei Documenti di Medelln e


possiamo dire che il momento latinoamericano segnato da un anelito crescente di
liberazione e di impegno religioso della Chiesa. La Chiesa dev'essere una risposta a
questa chiamata dello Spirito manifestata nell'aspirazione degli uomini e nel grido dei
popoli.

Ma la liberazione nel pieno senso della parola anche il centro della storia della
salvezza e il frutto concreto della Pasqua. Per questo la Chiesa latinoamericana se fa
davvero l'esperienza della sua vocazione originale come Chiesa della Pasqua dovr
essere necessariamente liberatrice degli uomini.

Ma, in sostanza, che cos' la liberazione? la realizzazione nel tempo della salvezza
integrale che ci ha portato Cristo in essenziale tensione escatologica. La storia si viene
realizzandola attraverso l'impegno di fede dei cristiani, ma si consumer nella gloria.

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Da una parte, la liberazione implica il riscuotersi da ogni servit, iniziando dal peccato
che fa schiavi (Gv 8,33), dall'opposizione o dipendenza ingiusta. Dall'altra parte, la
creazione di condizioni tali da rendere possibile all'uomo di essere soggetto attivo della
propria storia.

In termini biblici, la liberazione coincide con la redenzione, ma estesa alla totalit


dell'uomo, dei popoli e del cosmo.

la creazione dell'uomo nuovo (Ef 2,15; 4,24; Col 3,10), rigenerato dall'alto con
l'azione dello Spirito (Gv 3,4) e rivestito di Cristo (Gal 3,27); l'uomo che stato fatto
in Cristo nuova creatura (2 Cor 5,17) e che ora vive, come figlio di Dio, secondo lo
Spirito che abita in lui e lo guida e grida nel suo intimo al Padre e lo conduce alla
manifestazione perfetta e alla gloriosa libert dei figli di Dio (Rm 8).

L'uomo nuovo il figlio di Dio: la sua forma Cristo; il suo principio interiore lo Spirito;
la sua meta la gloria definitiva del Padre. l'uomo libero, fraterno, signore delle cose.

Quando in America Latina parliamo di liberazione non vogliamo chiuderci dentro


categorie esclusivamente socio-economiche e politiche. Non questo il concetto
evangelico che proclamiamo. Sarebbe una forma di ateismo moderno (GS 20). E
nemmeno vogliamo limitarci alla formazione di un uomo nuovo secondo lo schema
provvisorio di una temporanea proiezione storica (GS 10).

Quello che ci interessa la totalit dell'uomo, la globalit della sua salvezza, la


ricchezza piena della sua libert in Cristo (Gal 5,1).

Per non escludiamo nemmeno anzi, lo esige l'unit dell'uomo e della missione
essenzialmente salvifica di Cristo la serie di condizionamenti temporali che non
permettono all'uomo di realizzare la sua vocazione divina, di essere padrone del suo
destino, di riflettere veramente l'immagine di Dio e far crescere i germi del Verbo (AG
11) piantati nel suo intimo fin dall'inizio. Il Vangelo annunzia e proclama la libert dei
figli di Dio, respinge ogni schiavit che deriva in ultima analisi dal peccato (GS 11).

La liberazione, nel senso pieno della parola, abbraccia la totalit dell'uomo: anima e
corpo, tempo ed eternit, persona e comunit; si inscrive nel dinamismo escatologico
della redenzione presentatoci da Paolo nella lettera ai Romani. Non solo l'uomo che
possiede gi le primizie dello Spirito ma tutto il cosmo, redento in speranza, anela
vivamente e cammina verso la liberazione perfetta e consumata. Questa avverr
quando Cristo ritorner e sottomesso l'ultimo nemico, che la morte affider al
Padre il regno definitivo affinch Dio sia tutto in tutti (1 Cor 15,28).

13. Per comprendere la liberazione cristiana necessario penetrarla e scoprirla


dall'interno del mistero pasquale di Cristo. Egli Colui che venne a togliere i peccati
del mondo (Gv 1,29), a salvare il popolo suo dai suoi peccati (Mt 1,21), a dar la
sua vita in riscatto per molti (Mt 20,28). questo il senso della sua incarnazione
redentrice, della sua predicazione del regno e della sua manifestazione della gloria nei
miracoli, della sua vita e della sua morte, della sua croce e della sua risurrezione.
Cristo venuto per spezzare l'impero del demonio e per strapparci dalla schiavit del
peccato, della legge e della morte (Rm 8,21).

A questo scopo Cristo ci ha comunicato la verit che ci libera (Gv 8,32) e ha infuso
in noi un'acqua zampillante fino alla vita eterna (Gv 4,14). Noi siamo liberi nello

139
Spirito di adozione che abbiamo ricevuto (Rm 8,15) come frutto della glorificazione di
Cristo mediante la croce (Gv 7,39). qui che raggiunge la sua pienezza la storia della
salvezza, che comincia con la liberazione d'Israele dalla casa di servit (Es 13,3).

Il mistero pasquale di Cristo rigenera totalmente l'uomo lo fa integralmente nuovo e


chiamato alla libert (Gal 5,23) e lo libera da ogni schiavit derivante dal peccato:
egoismo, ignoranza, fame, miseria, ingiustizia, morte...

Cristo non si accontenta di perdonare i peccati o di predicare la buona novella del


regno: moltiplica i pani, cura gli infermi e risuscita i morti. A Cristo interessa la totalit
dell'uomo e l'integralit della sua salvezza. La Chiesa prolunga ora la missione
salvatrice del Signore (GS 3).

14. Pi che dare una spiegazione teologica del senso stesso della liberazione, vorrei
descrivere il modo in cui oggi viene interpellata la Chiesa in America Latina e qual
nell'attivit della speranza e nella fecondit delle beatitudini evangeliche il cammino
verso la liberazione cristiana del continente.

Vi una manifestazione di Dio nel ridestarsi della coscienza dei nostri popoli. La
Chiesa lo assume con audacia nello Spirito per impedire che si autodistruggano nella
disperazione.

Da una parte, gli uomini scoprono la loro situazione infraumana, la loro


marginalizzazione, la loro ingiusta dipendenza (a tutti i livelli: socio-economico, politico,
culturale ecc.). La Chiesa come coscienza critica (Sinodo del 1971) che scaturisce
dalla profondit del Vangelo la definisce come una situazione di peccato
(Med.,Pace 2,1). Esiste uno stato di ingiustizia strutturale che grida al cielo (Populorum
Progressio 30).

Tocca alla Chiesa e ci esigito dalla sua missione essenzialmente religiosa


denunciare questa situazione e provocare la conversione. compito primordiale della
Chiesa togliere il peccato del mondo: dal cuore degli uomini o dall'interno delle
istituzioni, proclamare il cambiamento radicale e urgente delle strutture (Populorum
Progressio 32). E ci senza incitare alla violenza o alimentare la disperazione o
l'amarezza. La Chiesa lancia il grido della conversione e crea una coscienza nuova
con la forza del Vangelo e col potere dello Spirito, seguita a credere nell'infallibile
efficacia della parola e dell'azione di Dio sebbene abbia perso la fiducia nella parola e
nella promessa degli uomini.

D'altra parte, gli uomini e i popoli scoprono la loro vocazione divina e il senso della
storia, si sentono spinti ad essere soggetti attivi nella realizzazione del loro destino. Gli
uomini e i popoli non possono tralasciare di essere se stessi, non possono tradire per
pigrizia o per servit la loro vocazione unica e suprema (GS 22), non possono
contemplare passivamente dal di fuori come si va facendo la storia senza di loro, non
possono autodistruggersi come persone e come popoli, non possono spegnere
l'immagine di Dio nella loro vita e nei loro compiti.

La Chiesa si sente impegnata anche in questo senso: a rivelare agli uomini la globalit
della loro dignit personale (Populorum Progressio 13), a incoraggiare e a facilitare la
realizzazione della loro vocazione divina, a solidarizzarsi con le loro angosce e le loro
speranze. Essa dev'essere, infatti, l'anima della societ (GS 40).

140
qui, soprattutto, che si fa sentire l'urgenza concreta dell'impegno di fede dei cristiani
perch ci che l'anima nel corpo, questo siano nel mondo i cristiani (Lettera a
Diogneto, cfr LG 38). La fedelt del cristiano ai suoi compiti temporali costruendo cos
la storia con spirito evangelico espressione pratica della sua fede e manifestazione
della sua perfetta fedelt al prossimo e a Dio (GS 43).

15. Questo il cammino evangelico della liberazione cristiana del continente. Tra noi
si avverte in seno alla Chiesa stessa una specie di stanchezza e di scoraggiamento.
L'unica strada che sembra aperta il disperato tentativo della violenza per cui sembra
risultare sterile la parola, lento il cambiamento, improbabile la conversione.

Ma seguendo questa strada dovremmo negare il Vangelo, diffidare della fecondit della
croce e rinunciare all'infallibile efficacia della parola.

Perci pi che mai necessario insistere sull'attivit creatrice della speranza cristiana
e sul potere trasformante delle beatitudini evangeliche.

La speranza tensione escatologica; suppone distacco e vigilanza. Ma, per, anche


creazione e impegno. La speranza escatologica non diminuisce l'importanza degli
impegni terreni (GS 21). Infatti, mentre attendiamo i cieli nuovi e la nuova terra, in
cui abiter la giustizia (2 Pt 3,13), ci chiesto di costruire la storia e di trasformare il
mondo. La speranza cristiana, pertanto, attivit e comunione lungo il cammino.

necessario comunicare agli uomini scoraggiati la certezza della risurrezione, la


permanente presenza di Cristo, Signore dell'universo, e la continua attivit dello Spirito
Santo in seno alla storia. Bisogna gridare in faccia agli uomini che il regno di Dio
presente in mezzo a noi ed esige conversione e dedizione di fede (Mc 1,15).

In America Latina stiamo vivendo un capitolo, molto duro e difficile ma


straordinariamente fecondo, della storia della salvezza. La pace possibile a patto che
tutti assumiamo questo capitolo come una grazia e un appello perch crediamo
possibili la giustizia e l'amore, e questo perch crediamo che il Vangelo infallibile.

Se viviamo il dinamismo creatore della speranza cristiana che non attesa passiva e
oziosa, ma sicurezza e impegno, attivit e fermezza giunger per l'America Latina
l'ora della sospirata liberazione. Per la speranza di pochi non sufficiente, occorre la
speranza della Chiesa.

In quanto cristiani, siamo tutti chiamati ad essere interamente fedeli al discorso della
montagna, a vivere a fondo le beatitudini evangeliche. Finora le abbiamo imparate ed
insegnate; ora occorre celebrarle nella vita. Non siamo veramente poveri, n
mansueti, n misericordiosi. Non abbiamo fame sincera di giustizia. Non abbiamo
amato Dio con tutta l'anima n abbiamo scoperto Cristo nei fratelli. Per questo non
abbiamo assaporato la croce n abbiamo servito davvero gli uomini.

I popoli sperano da noi la liberazione. O la offriamo loro nella fecondit pacificante del
Vangelo, o se la cercheranno loro per le strade della violenza.

Il momento che sta vivendo l'America Latina momento di salvezza e di grazia


decisivo ed una delle sfide pi grandi per la Chiesa: o il Vangelo un'utopia, o noi
cristiani non stiamo vivendo il Vangelo perch l'unico cammino verso la vera
liberazione passa sempre attraverso la Pasqua di Ges annientamento e risurrezione,

141
croce e speranza e si prolunga tra di noi con lo spirito trasformante delle beatitudini
evangeliche.

CONCLUSIONE

16. Questa la Chiesa dell'America Latina che, oggi, va scoprendo la sua fisionomia
propria e, a partire dalla povert, cerca di essere fedele alla sua vocazione originale.
Essa si sente particolarmente impegnata per la causa del Signore, evangelicamente
interpellata dalle aspirazioni dei popoli e penetrata dallo Spirito di Pentecoste. la
Chiesa della Pasqua: Chiesa in comunione piena di speranza, Chiesa della profezia e
della testimonianza, Chiesa della novit pasquale e della missione, Chiesa sacramento
del Signore risorto.

Sta nascendo ora tra di noi, cos come nacque in Maria: nella povert, nel silenzio,
nella disponibilit. In essa la Vergine fedele, l'umile ancella del Signore (LG 56) la
Chiesa dell'America Latina impara ed afferma la propria fedelt: allo Spirito, che la
ricopre della sua ombra (Lc 1,35), e agli uomini, che si aspettano il suo servizio (Mt
20,28).

Uno dei segni dell'azione di Dio in America Latina provvidenziale ispirazione dello
Spirito alla sua Chiesa stata la creazione del CELAM (Consiglio Episcopale
latinoamericano). La sua natura teologica precisamente questa: esprimere e fare la
comunione tra le Chiese particolari. Non una struttura di governo una
superconferenza ma un organismo di servizio. Esso , fondamentalmente, un'anima e
uno spirito.

L'essenza del CELAM manifestare e promuovere la collegialit episcopale a servizio


della comunione dei fedeli. Molto prima che il Concilio definisse la collegialit
episcopale, e che il Sinodo dei vescovi la approfondisse, il CELAM viveva gi queste
realt e le realizzava. stata un'intuizione provvidenziale e un dono di Dio alla nostra
Chiesa e, per questo, ne sentiamo gioia come di una grazia e la responsabilit come di
un impegno.

Il CELAM non la Chiesa dell'America Latina, non la esaurisce nella pienezza della
sua ricchezza, nella totalit delle sue prospettive. Ma la esprime nell'originalit della
sua ricerca e nella forza trasformante della sua presenza: come sacramento del
Signore, come sacramento di unit, come sacramento universale di salvezza.

Se dovessimo sintetizzare i frutti conseguiti del CELAM, ne segnaleremo i seguenti:

aver creato un senso di collegialit episcopale e di comunione di Chiese particolari;

aver aiutato a scoprire il volto tipico della Chiesa latinoamericana e la sua vocazione
originale nel contesto di comunione della Chiesa universale;

aver dato impulso e dinamismo alla presenza della Chiesa nell'attuale


trasformazione del continente;

aver promosso una propria riflessione teologico-pastorale sulla realt globale


latinoamericana;

142
aver contribuito col suo pensiero autoctono e con la sua semplice esperienza alla
svariata ricchezza della Chiesa universale.

Noi viviamo cos la comunione dello Spirito (2 Cor 13,13). Abbiamo bisogno di essere
poveri e generosi: poveri per ricevere con gioia; generosi per dare con semplicit.

In America Latina sperimentiamo pi che mai la necessit di una Chiesa comunione.


Per questo vi chiediamo nel Signore di aiutarci: a pensare e costruire questa Chiesa di
speranza. Per questo vi offriamo anche il poco che siamo e che abbiamo: sono i doni
di Dio nella nostra Chiesa della Pasqua.

Questa Chiesa che si esprime nell'unit dell'insegnamento e della comunione, della


frazione del pane e delle preghiere (At 2,42).

Formiamo un solo corpo perch abbiamo bevuto tutti di un solo Spirito (1 Cor 12,13).

Dall'America Latina continente di croce e di speranza l'unico annuncio che possiamo


offrire e l'unico invito che formuliamo che viviamo tutti in comunione, che la nostra
comunione sia col Padre e col Figlio, Ges Cristo, affinch il mondo sperimenti la
fecondit di salvezza della nostra gioia completa nello Spirito (1 Gv 1,3-4).

Burgos, 9 agosto 1972


Settimana di missionologia.

143
144
LA PROMOZIONE INTEGRALE DELL'UOMO
ALLA LUCE DI MEDELLN

INTRODUZIONE

1. Medelln non solo un documento, , anzitutto, un avvenimento di salvezza, un


provvidenziale intervento di Dio nella Chiesa dell'America Latina, cos come lo stato il
Concilio Vaticano II per la Chiesa universale. Medelln non solo da leggere, ma da
accogliere come un dono e da accettare come un impegno.

Per lo stesso motivo non possibile interpretare Medelln in base a criteri


esclusivamente umani, ma a partire dal cuore stesso della fede e di una fede dono
del Padre che penetra simultaneamente nella Parola rivelata e nella storia quotidiana
degli uomini.

Pi che una serie di conclusioni disuguali nella loro rifinitura e perfezione Medelln
costituisce una visibile manifestazione dello Spirito e una chiamata concreta alla
vocazione dei cristiani.

A causa di un diverso tipo di lettura ossia per una lettura superficiale, euforica o
pessimistica, o tentandone un'esegesi parziale attraverso un'ottica aprioristica
Medelln ha perso per molti il suo significato religioso e la sua efficacia evangelica.

Per alcuni, Medelln l'unico modo di leggere il Vangelo (il Vangelo si trova solo l). Per
altri, costituisce la deviazione pratica della missione essenzialmente religiosa della
Chiesa (la Chiesa si messa in un campo che non le appartiene).

2. necessario situare di nuovo Medelln nel contesto della storia della salvezza
come un capitolo speciale che lo Spirito di Dio ha scritto nella nostra Chiesa
latinoamericana e da interpretarsi, dunque, a partire dalla fede e da integrare nella
comunione della Chiesa universale. Perch anche questo essenziale: Medelln si
capisce solo in base alla situazione concreta dei popoli latinoamericani, ma non pu
rinchiudersi in se stesso come in una specie di creazione radicalmente originale e
unica o in un trionfalismo di scoperta esclusiva e perfetta. Dio va tessendo la storia
della salvezza in capitoli diversi e complementari nella comunione dinamica dell'unica
Chiesa di Ges Cristo.

cos che dobbiamo situare la fisionomia propria e la vocazione originale della Chiesa
latinoamericana: e cio, come una forma specifica di scrivere il suo capitolo nell'unica
storia della salvezza. Medelln stato precisamente questo: uno sforzo sincero e
contemplativo per scoprire il volto peculiare della nostra Chiesa, in perfetta comunione
con la Chiesa universale e per essere fedeli alle esigenze concrete dello Spirito.

3. Medelln una risposta evangelica della Chiesa alle aspirazioni legittime degli
uomini e dei popoli latino-americani; una forma storica di attualizzazione del Vangelo
che suppone una lettura attenta dei segni dei tempi tra di noi, fatta sempre alla luce

145
della fede, e una perfetta fedelt alla parola di Dio che ci trasforma e ci
responsabilizza. Gli avvenimenti non creano la parola; la parola di Dio che li scopre e
li interpreta.

Insistiamo nel dire che Medelln va letto, interpretato e realizzato a partire dalla fede. Il
contenuto centrale del suo documento il seguente: Cristo, nella sua Chiesa, salva
integralmente l'uomo.

Questo , precisamente, il senso della promozione umana integrale che vorremmo ora
mettere in rilievo. E questo anche il senso fondamentale della Gaudium et Spes e
della Populorum Progressio che Medelln non fa che esplicitare ed applicare al
continente.

Logicamente, non si tratta di fare un'esegesi di tutte le conclusioni di Medelln. Sarebbe


troppo lungo e pretenzioso. Vorrei semplicemente sottolineare il senso pieno della
promozione umana, la sua connessione diretta con la Buona Novella di Ges e con le
esigenze concrete dei cristiani.

I. VANGELO E PROMOZIONE UMANA INTEGRALE

4. Medelln insiste su due idee fondamentali: evangelizzazione e promozione umana


ponendosi di fronte all'uomo latinoamericano che dev'essere integralmente salvato in
Cristo. Ci che importa alla Chiesa come continuatrice della missione di Cristo
Salvatore di essere autenticamente universale sacramento di salvezza (LG 48).

Medelln, pertanto, parte sempre dalla situazione concreta in cui vivono i nostri popoli:
l che lo Spirito ci interpella attraverso le necessit e le aspirazioni legittime degli
uomini. Questo ci conduce a entrare a fondo nel mistero della Chiesa e nelle esigenze
evangeliche della sua missione essenzialmente religiosa.

La Chiesa deve annunciare la Buona Novella di Ges, indicare la presenza del suo
regno, suscitare la fede, chiamare gli uomini alla conversione (Mc 1,15), comunicare
loro la certezza e la gioia della risurrezione perch vivano con gioia nella speranza
(Rm 12,12), aiutarli a scoprire Colui che gi presente in mezzo ad essi, ma che essi
ancora non riconoscono (Gv 1,26), dire ai popoli sfortunati che arrivato Cristo a
curare i cuori stanchi (Is 61,1).

5. Il primo compito della Chiesa che Medelln assume storicamente la


proclamazione autentica del Vangelo. Abbiamo un continente battezzato, ma appena
superficialmente evangelizzato. Di qui nasce l'urgenza di una predicazione, di una
catechesi, di una liturgia rinnovate. Si tratta di preparare le anime al dono della fede e
di far s che la fede dei battezzati cresca nella conoscenza di Cristo e nella maturit
dell'impegno quotidiano.

Un'evangelizzazione piena suppone sempre tre cose:

la proclamazione autentica della totalit del Vangelo;

il culminare della parola nella celebrazione dell'Eucaristia;

la realizzazione della fede nella pratica della vita e nella costruzione positiva della
storia.

146
Un uomo di fede pienamente evangelizzato fedele alla totalit del messaggio di
Ges, si nutre del sacramento e s'impegna nella trasformazione del mondo.

Non possiamo semplicisticamente identificare il Vangelo e la promozione umana e non


possiamo nemmeno, altrettanto superficialmente, separarli. Quando l'evangelizzazione
completa implica necessariamente l'apertura e la promozione umana ed esige
l'impegno del cristiano, e quando la promozione umana integrale nella sua essenza,
nasce dalla fecondit del Vangelo e si consuma nell'inserzione del Cristo vivo mediante
la fede e la carit (Populorum Progressio 15 e 21).

necessario allora che descriviamo i valori fondamentali che costituiscono


un'autentica promozione umana. Si tratta, evidentemente, della promozione di tutto
l'uomo e di tutti gli uomini (Populorum Progressio 14). La Chiesa dell'America Latina si
impegnata perch il fermento evangelico penetri la totalit dell'uomo e dei suoi
popoli.

6. La prima cosa da sottolineare la vocazione dell'uomo. La vocazione ultima


dell'uomo effettivamente una sola, quella divina (GS 22). Sono qui in causa gli
elementi che provengono sia dalla pura liberalit di Dio, sia dal generoso sforzo degli
uomini.

Promuovere l'uomo significa renderlo fedele alla sua unica vocazione: aiutarlo a
scoprirla nella sua ricchezza e a realizzarla nella sua pienezza. E ci in gioiosa
comunione coi fratelli per costruire insieme la storia ed edificare il regno. Nel disegno
di Dio ogni uomo chiamato a uno sviluppo, perch ogni vita vocazione
(Populorum Progressio 15).

Tutto ci implica che l'uomo si ritrovi nelle sue capacit reali per scoprire il disegno di
Dio sulla sua vita, per poter essere artefice del suo destino e soggetto attivo della
storia. Solo cos sar autentica l'immagine di Dio (Gn 1,27) e nella sua persona
libera si manifester la gloria del Signore (2 Cor 3,18). La vera libert quella con cui
Cristo ci ha liberati (Gal 5,1) quella che pone l'uomo nelle condizioni pratiche di
essere se stesso e di realizzare con fedelt la propria vocazione. Dotato d'intelligenza
e di libert, l'uomo responsabile della sua crescita, cos come della sua salvezza...
Ciascuno rimane... l'artefice della sua riuscita e del suo fallimento (Populorum
Progressio 15).

La promozione umana esige una visione globale dell'uomo (Populorum Progressio


13), un senso sicuro della comunit e una conoscenza chiara della finalit della storia.
In altre parole: che cos' essenzialmente l'uomo, come avviene nel tempo la sua
comunione con gli altri, verso quali mete cammina la speranza della storia e la ricerca
gioiosa dell'unit tra i popoli?

7. Proprio per rispondere a questi interrogativi, risulta che uno dei valori fondamentali
della promozione umana la ricerca della verit a tutti i livelli: di ricerca sincera, di
partecipazione alla cultura, di grato accoglimento della fede, di gioia consumata nella
visione. Tutto questo appartiene, infatti, alla pienezza dell'uomo fatto a immagine di Dio
e chiamato ora per assoluta gratuit divina a contemplare Dio faccia a faccia (1
Cor 13,12) per essere simile a lui (1 Gv 3,2). La somiglianza con Dio ci viene data
precisamente dalla partecipazione alla sua conoscenza, alla sua libera volont e alla
sua signoria universale sulle cose.

147
Ora, quando si precludono all'uomo come frequentemente accade da noi il cammino
della verit e l'accesso normale della cultura, viene a mancare un elemento essenziale
alla sua promozione. Cos pure quando si pongono difficolt all'apertura alla fede e alla
contemplazione, anche se sovrabbondano i beni materiali e la ricchezza viene
condivisa da tutti.

Non si pu parlare di promozione umana finch esiste un'emarginazione dolorosa e


sistematica dalla scienza e dalla cultura, dalla verit e dal Vangelo.

8. Un altro valore fondamentale la partecipazione, ossia la possibilit reale per tutti


gli uomini di partecipare attivamente alla costruzione della storia e ai beni della natura
e della civilt.

Abbiamo gi parlato prima della partecipazione alla verit. Vorrei ora insistere su
queste altre forme di condivisione dei doni di Dio e dello sforzo creatore degli uomini.

Finch esistono disparit eccessive pochi hanno molto (cultura, ricchezza, potere,
prestigio), mentre molti hanno poco (Med., Pace 3) impossibile parlare di
promozione umana. Il Vangelo una proclamazione della pace in un'esigenza di
giustizia; non un invito alla rassegnazione passiva, ma una chiamata urgente alla
conversione.

La partecipazione di tutti ai beni della natura non una superficiale demagogia umana,
ma un'elementare esigenza del piano divino. Dio ha destinato la terra e tutto quello
che essa contiene, all'uso di tutti gli uomini e popoli, e pertanto i beni creati debbono
secondo un equo criterio essere partecipati a tutti, essendo guida la giustizia e
assecondando la carit (GS 69).

9. C' un'altra forma di partecipazione forse pi profonda ed esenziale che


necessario mettere in rilievo: l'uomo vuole partecipare attivamente alla realizzazione
positiva della storia. Non si accontenta di contemplare, applaudire o subire gli
sforzi degli altri e non pu neppure, per volont divina, scaricare sugli altri la propria
responsabilit creatrice. Ognuno, infatti, deve assumere con generosit, con gioia la
sua ineludibile missione, il suo compito insostituibile. Il mondo, fraterno e umano,
dev'essere costruito da tutti.

su questo piano che ogni uomo e ogni popolo sentono l'urgenza di un impegno e la
gioia di una fedelt. In fondo, si tratta sempre dell'inviolabile fedelt al piano di Dio e a
una vocazione specifica. Il problema questo: Dio non ha voluto ultimare il mondo e la
sua creazione; ha lasciato all'uomo che lo terminasse col suo lavoro (Gn 2,15). Dio non
ha neppure voluto ultimare la redenzione; ha voluto che l'uomo la completasse con la
sua croce (Col 1,24).

In quanto immagine di Dio, l'uomo deve terminare la creazione e completare la


redenzione. Per ci stesso deve partecipare attivamente alla trasformazione del mondo
e alla costruzione positiva della storia. Ogni emarginazione nel processo dinamico dei
popoli produce un amaro senso di frustrazione, brucia la legittima aspettativa degli
uomini, impedisce la realizzazione del piano di Dio e genera la disperazione della
violenza (cfr Med. 1 e 2).

Quest'anelito alla partecipazione con le sue possibilit creatrici e i suoi rischi


esplosivi si fa pi forte e sensibile nella giovent. Essa il futuro gi cominciato e
costituisce tra di noi una classe definita e una caratteristica specifica dei nostri popoli.

148
La promozione umana vi trova la sua forza e la sua speranza. La giovent non esprime
solo aspirazioni di un gruppo determinato, ma anche il grido incontenibile della storia
(cfr Med. 5).

10. Infine, c' un valore fondamentale che necessario sottolineare nella promozione
umana integrale: quello della comunione. L'uomo non si realizza pienamente se non
nell'apertura all'altro e nel dono. La parola di Vita si manifestata a noi perch
entrassimo in comunione e la nostra comunione diventasse consumata con il
Padre e con il Figlio Ges Cristo (1 Gv 1,1-4). l'unico modo perch il nostro gaudio
sia perfetto.

Uno dei segni evidenti della promozione integrale dei popoli la gioia profonda e vera.
Esiste la tristezza nei popoli poveri, emarginati, oppressi; ma, forse, la cosa pi tragica
la mancanza di felicit in quei popoli o in quegli uomini che possiedono tutto. Manca
loro la letizia degli umili e degli affamati che il Signore ha saziato di beni (Lc 1,53).

Questa comunione suppone la perfetta convivenza e la generosa solidariet tra gli


uomini. Ma questo, a sua volta, esige una profonda capacit di accettazione dell'altro e
di donazione completa di se stesso. Non si tratta solo di condividere i beni (gli stessi
beni materiali, ma con cuore chiuso e diviso), bens di incontrarsi profondamente nello
Spirito e di comunicare reciprocamente nella speranza in modo permanente.

Questo tipo di comunione tra noi raro perch ci manca la fecondit dell'amore che ci
fa camminare nella luce (il che significa, camminare in Dio, perch Dio luce... e se
camminiamo nella luce, come egli stesso luce, noi siamo in comunione gli uni con gli
altri (Gv 1,5-7).

Per questa strada ci apriamo a una dimensione pi profonda della comunione: alla sua
fonte e alla sua consumazione. La vera comunione, infatti, un'apertura al dono dello
Spirito, un'incorporazione al Cristo risorto, una convivenza familiare con la Trinit
Santissima, la cui contemplazione definitiva sar il gaudio sovrabbondante della
comunione perfetta dei cieli.

Per questo la promozione umana integrale esige il dono della grazia e la sua perfetta
consumazione nella gloria. Essa abbraccia la totalit dell'uomo e lo trascende in Dio;
comincia nel tempo e raggiunge la sua pienezza nell'eternit.

11. C' ancora un altro aspetto della comunione che necessario mettere in evidenza:
la solidariet stessa tra i popoli. Lo segnala Paolo VI nella Populorum Progressio (cfr
principalmente la prima parte): se i popoli si chiudono in se stessi pi ancora, se i
popoli si dividono in oppressori e oppressi non si potr mai raggiungere la
promozione umana integrale. Infatti, per la costruzione di un mondo nuovo
necessaria la comunicazione fraterna e feconda.

Questa fraternit universale dei popoli un'esigenza del Vangelo e un anticipo


dell'unit del Popolo di Dio nell'escatologia: La Chiesa prega insieme e lavora,
affinch l'intera pienezza del cosmo si trasformi in Popolo di Dio, Corpo di Cristo e
tempio dello Spirito Santo, e in Cristo, centro di tutte le cose, sia reso ogni onore e
gloria al Creatore e Padre dell'universo (LG 17).

II. PROMOZIONE INTEGRALE E PIENA LIBERAZIONE

149
12. Medelln offre una formula nuova specificamente latinoamericana alla
promozione umana integrale. Vi si parla con insistenza di liberazione e vi si afferma
che i nostri popoli aspirano alla loro liberazione e alla loro crescita in umanit,
attraverso l'incorporazione e partecipazione di tutti nella stessa gestione del processo
di personalizzazione (Messaggio ai popoli).

Occorre per intendere il termine liberazione nel suo senso essenzialmente


evangelico e pasquale poich questa stessa parola straordinariamente ricca di
contenuto biblico pu lasciarci nell'ambiguit e offrirci contenuti limitati o
diametralmente opposti.

Ci troviamo alla soglia di una nuova epoca storica del nostro continente, piena di
anelito di emancipazione totale, di liberazione da ogni servit, di maturazione
personale e di integrazione collettiva (Med., Introduzione 4). Un sordo clamore
nasce da milioni di uomini che chiedono ai loro pastori una liberazione che non
perviene loro da nessuna parte (Med. 14,2).

La Chiesa si sente interpellata dagli uomini e dai popoli del continente e deve offrire
loro, nella totalit dei suoi membri, la salvezza recataci da Cristo. E la Chiesa trova
nelle radici profonde della sua missione essenzialmente religiosa la sua identit
fondamentale con Cristo, Servo di Jahv, unto dallo Spirito e inviato dal Padre ad
annunziare la Buona Novella ai poveri, la liberazione ai prigionieri (Lc 4,18). Per
questo essa manifesta che tutta l'opera divina nella storia della redenzione
un'azione di avanzamento e di liberazione dell'uomo, che ha come unico impulso
l'amore (Med. 1,4).

La liberazione piena esplicita il dinamismo della promozione umana; va alle radici


stesse dell'emarginazione e del sottosviluppo; non si limita a proclamare un
miglioramento delle condizioni di vita nella linea di un semplice progresso o sviluppo
superficiale bens chiama al mutamento profondo e radicale del cuore dell'uomo e
delle sue strutture.

La Chiesa scopre cos che, al fondo della situazione attuale, esiste uno stato di
dipendenza ingiusta e di oppressione che nasce dal peccato degli uomini e impedisce
ai popoli di essere soggetti attivi della loro storia e che la liberazione risponde a questa
coscienza e a questa aspirazione.

Approfondendo le linee tracciate da Paolo VI nella Popolorum Progressio di una


urgenza di cambiamenti profondi e universali, Medelln ci parla costantemente dell'idea
chiave che attraversa tutte le sue conclusioni: la liberazione.

13. Ma cos' la liberazione? la realizzazione nel tempo della salvezza integrale che
Cristo ci ha portato in permanente tensione escatologica.

Questo significa che la liberazione non pu essere rinchiusa nei limiti del tempo, ma
che raggiunger la sua consumazione nell'eternit, quando l'ultimo nemico che la
morte sar distrutto e Cristo consegner il regno al Padre perch Dio sia tutto in
tutti (1 Cor 15,26-28); quando la creazione intera, adesso sottomessa alla vacuit a
causa del peccato dell'uomo, sar liberata dalla servit della corruzione, per avere
parte alla libert della gloria dei figli di Dio (Rm 8,21); quando l'uomo raggiunger la
pienezza dell'adozione filiale nella trasfigurazione del suo corpo glorioso (Fil 3,21) e si
manifester definitivamente la nuova creatura (Gal 6,15), solo allora l'uomo sar
totalmente liberato e rivestito dell'uomo nuovo (Ef 4,24).

150
La liberazione si va facendo nel tempo nella misura in cui tutti entriamo nel processo
della salvezza e ci decidiamo a costruire la storia, ma trascende il tempo nell'attivit
creatrice della speranza. Non possiamo delimitare questo processo come se si
trattasse di qualcosa di semplicemente terreno.

14. La liberazione ci apre positivamente a Dio. Questo significa che c' qualcosa che
ci opprime dentro di noi: il peccato; e qualcosa che ci libera dal di dentro: il dono dello
Spirito. Infatti chiunque fa il peccato schiavo del peccato (Gv 8,34). Ogni tipo di
servit, dunque ingiustizia, ignoranza, emarginazione, miseria ecc., nasce dal
peccato. Allora necessario cominciare col redimere l'uomo dal peccato che lo rende
schiavo. Cristo definito come colui che toglie i peccati del mondo (Gv 1,29) e
questa anche la missione della Chiesa. Una missione essenzialmente religiosa e
perci stesso profondamente umana (GS 11).

La liberazione cristiana raggiunge la totalit dell'uomo e della sua storia e ci significa


che si riferisce a tutti gli aspetti che compongono la vita attiva dell'uomo e la fisionomia
propria dei popoli: aspetto sociale, economico, politico, culturale, religioso. Non
possiamo dividere l'uomo (anima e corpo, cuore e coscienza, tempo ed eternit) e non
possiamo neppure spezzare l'unica storia dei popoli (vocazione suprema della
comunione definitiva in Cristo).

Per questo stesso motivo la liberazione cristiana prende il suo slancio dall'interno
dell'uomo: suppone un nascere dall'alto per mezzo dello Spirito (Gv 3,5), un morire al
peccato e un dover vivere per Iddio in Ges Cristo (Rm 6,11), uno spogliarci
dell'uomo vecchio per rivestirci dell'uomo nuovo, che si va rinnovando in ordine alla
conoscenza, conformandosi all'immagine di colui che lo cre (Col 3,10), vivendo
quotidianamente la gioia e la fecondit di una nuova creatura in Cristo (2 Cor 5,17).
In definitiva: essere con semplicit figli di Dio, liberi dal peccato, dalla Legge e dalla
morte (Rm 8,2).

La liberazione cristiana suppone, anzitutto, la comunicazione della verit (la


conoscenza interiore della parola ci far veramente liberi: Gv 8,31-32) e l'infusione
dello Spirito di adozione che, strappandoci dallo spirito di schiavit e dal timore, ci fa
esclamare: Abba! Padre! (Rm 8,15).

15. Per non possiamo starcene fermi a una dimensione disincarnata e astratta della
liberazione cristiana. Cristo la parola di Dio fatta carne che abita permanentemente
tra di noi (Gv 1,44). Egli vive attivamente nella Chiesa, che il segno e lo strumento
della sua presenza. La fecondit della risurrezione di Cristo continua a rinnovare la
storia e la sua signoria universale continua a esigere un cambiamento profondo della
totalit dell'uomo e delle sue cose perch il fermento del Vangelo penetri anche nelle
strutture.

A causa del peccato che ci che, in definitiva, rende schiavi esistono situazioni di
ingiustizia che impediscono la promozione integrale dell'uomo, la sua partecipazione
attiva alla costruzione della storia, il libero compimento della sua vocazione specifica,
la sua pi perfetta e facile realizzazione del regno. Tutto ci provoca, a sua volta, uno
stato di tensioni e di conflitti incompatibile con la gioia della salvezza integrale portataci
da Cristo e, per lo stesso motivo, si rende impossibile la fecondit di una pace stabile e
sicura.

151
Quando un uomo oppresso da un altro uomo o un popolo oppresso da un altro
popolo viene infranto il disegno salvifico del Padre, si nega il Vangelo e si sbarra il
cammino della speranza. La Chiesa, allora, continuando la missione di Ges Cristo,
deve gridare il Vangelo della salvezza (Rm 1,16), annunciando ai poveri la Buona
Novella, proclamando la liberazione dei prigionieri (Lc 4,18), chiamando i responsabili
alla conversione e impegnando i cristiani nella fede.

16. La promozione integrale esige una piena liberazione con tutto quello che essa
implica di distacco da ogni servit derivante dal peccato e di creazione di condizioni tali
da permettere all'uomo di essere soggetto attivo della storia, artefice del suo destino,
vero figlio di Dio, fratello degli uomini, signore dell'universo.

La promozione integrale suppone una progressiva configurazione a Cristo fino a


raggiungere nella gloria la maturit della sua pienezza (Ef 4,13) e la piena liberazione
suppone la rigenerazione interiore dello Spirito, la sua incessante attivit in noi fino ad
avere parte alla libert della gloria dei figli di Dio (Rm 8,21).

tutto l'uomo e sono tutti gli uomini a dover essere pienamente liberati in Cristo. Le
esigenze liberatrici del Vangelo, infatti, pur trascendendo il tempo e le cose,
mantengono una dimensione profondamente storica e umana.

In definitiva, la promozione umana integrale e la piena liberazione vi saranno solo


quando, secondo il disegno salvifico del Padre, tutte le cose saranno riunite sotto un
unico Capo, Cristo (Ef 1,10).

In questo senso profondamente biblico e pasquale, interiore ed esteriore, personale e


comunitario, temporale ed eterno, opera dello Spirito e compito di pace dell'uomo nella
giustizia si parla a Medelln di Chiesa liberatrice, di educazione liberatrice, di
catechesi liberatrice, di pastorale liberatrice inserite nella missione esclusiva e
totale di Ges Cristo Salvatore del mondo e Signore della storia.

III. ESIGENZA E IMPEGNO DA PARTE DEI CRISTIANI

17. Se per promozione umana integrale e per piena liberazione intendiamo la


pienezza della salvezza portataci da Cristo e offertaci come dono dello Spirito nella
Chiesa, non potremo, in quanto cristiani, rimanere indifferenti e, molto meno, potremo
rimanere indifferenti come sacerdoti.

Ci si chiede anzitutto la conversione, assunta con serenit e in perfetta fedelt alla


parola e di essere puri mediante la parola che ci stata annunciata (Gv 15,3). Un
tempo abbiamo potuto pensare che la Chiesa fosse definitivamente perfetta, ma il
Concilio ci ricorda che la Chiesa santa insieme e sempre bisognosa di purificazione,
mai tralascia la penitenza e il suo rinnovamento (LG 8).

Anche come vescovi, riuniti a Medelln, mossi dallo Spirito del Signore, abbiamo
sperimentato che il nostro impegno pi urgente era di purificarci nello Spirito del
Vangelo in un'ansia di conversione e di servizio.

Ma cosa significa per noi convertirci? Significa tornare a Ges, alle esigenze radicali
del suo Vangelo, all'impegno quotidiano con gli uomini. La conversione, infatti, falsa
se il Cristo pasquale non manifestato dalla nostra vita; falsa se non amiamo

152
davvero i nostri fratelli (1 Gv 4,20); falsa se gustiamo con gioia la parola ma senza
metterla in pratica nella vita quotidiana (Lc 8,13).

Convertirsi significa cambiare nel profondo dell'essere; significa rivestire


autenticamente l'uomo nuovo, creato secondo Dio, nella giustizia e santit della
verit (Ef 4,24).

Questa conversione quella che ci porta a scoprire e servire quotidianamente Cristo


nei nostri fratelli (Mt 25), ma anche a cercarlo e ad abbandonarci a lui nell'intimit
gioiosa e feconda con il Padre. Ci che conta, in ultima analisi, Cristo glorificatore del
Padre e salvatore dell'uomo.

18. La conversione ci pone in un atteggiamento di vera povert, che significa:


accettazione serena dei nostri limiti, coscienza chiara della nostra miseria, fame di Dio,
necessit di preghiera, apertura ai doni dei nostri fratelli, letizia nel servizio. La povert,
infatti, distacco e purezza, assenza di sicurezza di s e fiducia invincibile in colui al
quale nulla impossibile (Lc 1,37). Solo i poveri sperimentano la gioia del regno che
sorge in essi (Mt 5,3) e l'urgenza di condividere la sorte dei pi diseredati. La povert
viene assunta come dono e offerta agli altri come speranza e, cos, non vissuta come
angoscia o come grido di protesta, ma come identificazione con Cristo, il quale si fece
povero per voi, pur essendo ricco, per arricchire voi con la sua povert (2 Cor 8,9).

Assunta in questo senso, la povert ci fa capaci di scoprire il dolore dei fratelli e di


darci al loro servizio con l'energia di salvezza dello Spirito. Il segno della vera povert
la serenit della testimonianza vissuta nella trasparenza del silenzio e la letizia del
servizio realizzato senza parole nella vita d'ogni giorno. La proclamazione solenne
della povert, invece, non fa altro che bruciarla e distruggerla.

19. necessario che ci convertiamo se vogliamo promuovere integralmente e liberare


pienamente gli uomini e i popoli. Solo nella misura in cui ci lasceremo salvare dal
Signore trasformandoci in lui e rivestendo la sua immagine di uomo nuovo potremo
comprendere la dimensione globale della promozione umana e responsabilizzarci nella
fede.

Convertirci vivere a fondo il discorso della montagna, assimilare lo spirito delle


beatitudini evangeliche. Quando il cristiano veramente sale della terra e luce del
mondo (Mt 5,13-14), quando fermento di Dio nella storia e lievito nuovo (1 Cor 5,7),
quando evidentemente una lettera di Cristo scritta con lo Spirito di Dio dal
ministero sacerdotale (2 Cor 3,1-3), la testimonianza della sua fede e l'attivit della sua
speranza si tradurranno concretamente in promozione integrale dell'uomo e in piena
liberazione dei popoli nella realizzazione della giustizia e nella pratica dell'amore.

20. Un'altra esigenza della promozione umana, valida per la totalit della Chiesa ma,
in modo tutto speciale, per i sacerdoti, la contemplazione. Si tratta di un valore che
deve essere integrato come si esprime Paolo VI nella totalit dello sviluppo integrale
dell'uomo (cfr Populorum Progressio 20).

Ma l'esigenza della contemplazione soprattutto un'urgenza attuale della Chiesa.


Infatti, stiamo avvertendo la mancanza di una gran capacit di silenzio per ricevere la
parola di salvezza che ci viene detta. E cio sentiamo l'esigenza della
contemplazione per scoprire il mistero dell'uomo in tutta la sua grandezza e in tutta la
sua miseria, nella sua angoscia e nella sua speranza, nelle sue possibilit e nelle sue
paure e la problematica concreta dei popoli (nella loro situazione attuale e nella loro

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precisa vocazione storica). Manca la profondit interiore per vedere con chiarezza, per
conservare la serenit e l'equilibrio e non perdere l'audacia trasformatrice dello Spirito.
Manchiamo della preghiera necessaria per evitare la stanchezza, la superficialit, la
dispersione.

Fa difetto, soprattutto, la preghiera che serve a incontrare Dio e a gustare la sua


presenza, a scoprire il Signore nel volto del fratello e nel ritmo della storia, a ricevere
nell'intimit lo Spirito dell'amore e a comunicarlo permanentemente agli uomini che
soffrono nella solitudine e ai popoli che si paralizzano nell'isolamento. Ci manca una
grande capacit di silenzio, di preghiera, di contemplazione per scoprire a ogni instante
il disegno di Dio sulla storia, realizzandolo nell'adamantina solidit della speranza. Ci
manca la contemplazione per creare, diffondere e gustare il gaudio della comunione.

21. Quest'esigenza di contemplazione particolarmente valida per il sacerdote. Egli,


infatti, stato costituito profeta presso le genti (Ger 1,5), stato consacrato per
annunziare la buona novella ai poveri, la liberazione ai prigionieri (Lc 4,18), stato
inviato a curare i cuori stanchi (Is 61,1). Il Signore gli ha dato un linguaggio da
esperti perch sappia parlare agli stanchi (Is 50,4). Tutto questo esige da lui una
grande capacit contemplativa per ricevere, come Maria, la parola che dev'essere
comunicata e che ci far beati (Lc 11,27).

La missione profetica ardente e difficile suppone un'intima docilit alla parola:


capacit di riceverla, profondit per assimilarla, disponibilit per realizzarla, potenza
spirituale per comunicarla. Il sacerdote profeta deve proclamare le meraviglie della
salvezza aperta alla totalit degli uomini e dei popoli, deve interpretare la storia come
realt di salvezza, deve chiamare evangelicamente alla conversione. Il sacerdote
profeta deve aiutare l'uomo a scoprire la sua vocazione, a leggere in ogni popolo il suo
disegno di salvezza, a denunciare evangelicamente le ingiustizie che sbarrano il
cammino a un'autentica promozione. E per fare tutto ci occorre essere contemplativi.

Solo dalla profondit interiore della preghiera, il sacerdote, ministro consacrato della
parola, potr offrire agli uomini e ai popoli la vera e totale dimensione della promozione
umana integrale.

22. Questo stesso atteggiamento contemplativo, lungi dal farne un disincarnato,


genera nel cristiano una sensibilit evangelica di fronte ai problemi dell'uomo e alle
esigenze della storia. Si tratta di una sensibilit pratica in cui si manifesta l'impegno
concreto della fede. Il cristiano, infatti, non pu limitarsi a celebrare il dono della fede,
deve manifestarlo nelle opere (Gc 2,14-18), con una fede semplice e luminosa, che
penetri sapidamente in Dio, ma attiva e trasformatrice.

Oggi, al cristiano s'impone una grande capacit di assumere le angosce e le speranze


degli uomini, e questa capacit richiesta particolarmente al sacerdote. Il cristiano, e
ancor meno il sacerdote, non pu restarsene indifferente e inattivo di fronte alla penosa
situazione di uomini e di popoli che non possono realizzare la loro vocazione e che
vivono nel sottosviluppo, in uno stato di emarginazione e d'ingiusta dipendenza e
neppure pu limitarsi a compatire la loro sorte o a predicare una rassegnazione
passiva.

La sensibilit evangelica del sacerdote, di fronte ai problemi umani, deve tradursi in


gesti concreti. Anzitutto, egli deve proclamare la totalit del Vangelo e chiamare i
responsabili alla conversione; deve svelare a tutti la sublimit della sua vocazione
suprema offrendo loro la possibilit concreta della salvezza integrale; deve far

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maturare la fede dei cristiani per un'attiva testimonianza di carit e per impegnarli
comunitariamente nella trasformazione del mondo.

Se la Chiesa un universale sacramento di salvezza (LG 48), essa deve incarnarsi


nella storia, nella totalit dei suoi membri, e manifestare al mondo la gioia di una
triplice fedelt: a Cristo, all'integralit della sua opera salvatrice, all'uomo che ha
bisogno di essere salvato.

Vi sono molte altre esigenze che potremmo esplicitare nel cristiano se egli vuole
davvero impegnare la sua fede per la promozione integrale dell'uomo. Ma tutto pu
essere riassunto nei termini seguenti: assimilare a fondo e vivere con gioia pasquale la
fecondit trasformatrice delle beatitudini evangeliche.

CONCLUSIONE

23. Per terminare, una semplice parola di impegno e di speranza. Sembrerebbe


utopistico ci che stiamo offrendo ed esigendo, ma il Signore vive in mezzo a noi fino
alla fine (Mt 28,20), ci comunica incessantemente lo Spirito che fa nuove tutte le
cose e ci grida dal cuore della storia: Fatevi coraggio: io ho vinto il mondo (Gv
16,33).

Il cristiano dev'essere un araldo del regno e un testimone di speranza, ma di una


speranza attiva, creatrice, indomabile e contagiosa che nasce di continuo dalla croce
pasquale e chiede a tutti certezza nel Signore, fiducia nell'uomo, impegno quotidiano
con la storia.

Il cristiano dev'essere l'araldo di un regno che gi iniziato, di un regno che presente


in mezzo a noi ed un regno di verit e di vita, di santit e di grazia, di giustizia, di
amore e di pace (Prefazio di Cristo Re). Ora, solo se il regno nasce in noi e noi lo
esprimiamo nella Chiesa sacramento del Signore risorto vi sar per gli uomini la
promozione integrale, la liberazione globale, la piena redenzione in Cristo.

Se siamo fedeli alla Verit, alla Giustizia e all'Amore saremo veramente gli artefici
della pace (Mt 5,9).

per la totalit della Chiesa la comunit fraterna dei cristiani che deve dare questa
testimonianza. per questo che noi vescovi abbiamo detto a Medelln: Che si
presenti in modo sempre pi nitido in America Latina il volto di una Chiesa
autenticamente povera, missionaria e pasquale, staccata da ogni potere temporale e
decisamente impegnata a rendere libero ogni uomo e tutti gli uomini (Med. 5,15a).

la Pasqua di Ges assunta dall'insieme dei cristiani nella sua croce e nella sua
speranza, nella sua morte e nella sua donazione, nel suo distacco e nella sua
fecondit quella che dar al mondo la gioia di una promozione umana integrale fatta
secondo lo schema finale dell' uomo nuovo (Ef 2,15) e del mondo nuovo (Ap
21,5); fatta secondo lo schema di Ges Cristo, immagine dell'invisibile Dio, il
Primogenito di tutta la creazione... il Primogenito di fra i morti (Col 1,15-18).

Eduardo Pironio
Vescovo di Mar del Plata
Presidente del CELAM

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NDICE

7 Presentazione

11 Verso una Chiesa pasquale

17 Interpretazione cristiana dei segni dei tempi oggi in America Latina

17 Introduzione: Il tempo salvifico dell'America Latina

17. - 1. La pienezza dei tempi in Cristo e nello Spirito (Incarnazione e Pentecoste).


17. -2. Il giorno della salvezza per l'America Latina. 18. -3. Prospettiva di speranza.
19.- 4. Coscienza di una situazione di peccato.

19 I. Vocazione dell'uomo

19. -1. L'uomo come soggetto di redenzione della Chiesa. 20. -2. L'uomo immagine di
Dio nella creazione. 20. - 3. Imago recreationis. Il nuovo per mezzo di Cristo. 20.
-4. Imago similitudinis. Il definitivo nella gloria. 21. - 5. L'uomo, artefice del
proprio destino. 21. - 6. Condizioni perch l'uomo possa realizzare la sua vocazione.
22. - 7. L'uomo in una situazione di cambiamento.

22 II. La Chiesa universale sacramento della salvezza

22. - 1. Missione unica della Chiesa. 22. 2. La Chiesa, segno di salvezza. 23. - 3. La
Chiesa strumento di salvezza. 23. - 4. Esigenze dell'annientamento e della povert.
24. - 5. Dimensione universale della salvezza. 25. - 6. Prospettiva escatologica della
salvezza.

25 III. La Chiesa sacramento di unit

25. - 1. La Chiesa espressione della comunit divina. 25. - 2. La Chiesa comunione


con Dio. 26. - 3. La Chiesa comunione di battezzati. 27. - 4. La Chiesa in comunione
col mondo. 27. - 5. Impegno speciale dei laici. 28. - 6. Amore di Dio e solidariet umana.

28 Conclusione

31 La Chiesa-sacramento

31 Introduzione

32 I. La Chiesa sacramento di Cristo

36 II. Sacramento di unit

39 III. Sacramento universale di salvezza

43 Chiesa e mondo

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43 Introduzione

44 I. Prospettiva escatologica

46 II. Cristo Signore della storia

49 III. L'uomo nuovo, formato a immagine di Cristo, uomo perfetto

50 Conclusione

53 Riflessione teologica sulla liberazione

53 Introduzione

55 I. Il fatto

59 II. Il significato biblico della liberazione


59. - a) La storia della salvezza. 63. - b) L' uomo nuovo. 65. - c) La speranza cristiana

67 III. Missione liberatrice della Chiesa


67. - a) Situazione di peccato. 68. - b) Missione della Chiesa.

70 Conclusione

73 Figura teologico-spirituale del vescovo

73 Introduzione: Il momento episcopale

76 I. Il vescovo al servizio del Popolo di Dio

80 II. Il vescovo e la Chiesa universale

82 III. Il vescovo e la Chiesa particolare

85 Conclusione

87 Immagine teologica del sacerdote

87 Introduzione: L'ora del sacerdote

90 I. Il sacerdozio unico di Cristo

93 II. La Chiesa popolo sacerdotale

95 III. Il servo della comunit

99 Conclusione

101 Spiritualit sacerdotale

101 Introduzione

102 I. Fedeli al Vangelo

104 II. Consacrati dallo Spirito

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106 III. Mistero d'amore

109 IV. Servitore di Cristo per gli uomini

111 V. La carit pastorale

114 Conclusione

117 Riflessioni sull'amicizia

125 Lo Spirito Santo e la Chiesa in America Latina

125. -1. Un po' pi di coraggio. 126. - 2. Un po' pi di chiarezza. 126. - 3. Pi capacit di


dialogo. 127. - 4. Pi capacit di comunione. 127. - 5. Spirito di conversione

129 America Latina: Chiesa della Pasqua

129 Introduzione

131 I. Chiesa dell'evento di Pentecoste

134 II. Chiesa profetica

138 III. La Chiesa liberatrice dell'uomo

142 Conclusione

145 La promozione integrale dell'uomo alla luce di Medelln

145 Introduzione

146 I. Vangelo e promozione umana integrale

149 II. Promozione integrale e piena liberazione

152 III. Esigenza e impegno da parte dei cristiani

155 Conclusione

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Si stampi
Aurelio Signora
Arc. Prelato
Pompei, 24-VI-74

Finito di stampare
nel mese di settembre 1974
dalla Tipografica Pompei - Pompei (Na)
per conto della
Editrice A.V.E., Via Aurelia, 481 - Roma (00165)

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