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1 A Dictionary of Deities and Demons in the Bible, a cura di K. van der Toorn, B.
Becking e P. van der Horst, Brill - Eerdmans, Leiden - Boston - Kln - Grand Rapids, Mi. -
Cambridge 1995, 19992 .
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per tutte la questione del buon ordine relegando gli agenti malefici nel tempo
del mito. Vinti, annientati o ridotti allimpotenza, gli operatori di caos appar-
tengono infatti al tempo delle origini e le loro eventuali incursioni o ritorni
nellattualit sono limitati e comunque fronteggiati insieme da di e uomini
che vivono solidali nel cosmo ordinato.
Le coordinate spaziali, non meno che quelle temporali, possono far indi-
viduare e comprendere vari processi di demonizzazione. Accanto alla sequen-
za cronologica che contrappone il tempo caotico a quello cosmico, si registra
nel Vicino Oriente anche la sequenza spaziale, per cui pi ci si allontana dal
centro, familiare e ordinato, pi si accentuano i tratti demoniaci che con-
notano chi vive distante da noi. Come in quasi ogni cultura umana, anche nel
Vicino Oriente infatti lo spazio non viene mai percepito come omogeneo,
ma risulta differenziato qualitativamente, soprattutto in funzione del senso di
sicurezza del soggetto. La progressione: focolare domestico fi casa fi villag-
gio fi esterno conosciuto fi esterno sconosciuto ovvero quella, pi sociologi-
ca, famiglia fi clan fi circolo dei vicini/amici fi estranei fi nemici, costitui-
scono delle seriazioni fondamentali in questa ideologia. Esse rimandano ad
una visione concentrica che, a sua volta, presuppone una concezione geo-
grafica secondo cui la (propria) terra pensata come un nucleo altamente ci-
vilizzato, circondato da periferie pi o meno in contrasto con essa. Questa
progressione giunge ad individuare i limiti che dividono il cosmo dal caos e,
di conseguenza, il bene dal male (e i loro rispettivi rappresentanti). Si sco-
pre cos che gi a livello umano laltro remoto diviene progressivamente
un estraneo inquietante, un barbaro, un nemico o addirittura un mostro di-
sumano ai limiti del demoniaco. Tanto in Mesopotamia che in Egitto, ad
esempio, le aree pianeggianti, abitate e irrigue, si contrapponevano di fatto
alle regioni circostanti montagnose e/o desertiche; le prime erano abitate da
esseri umani, la periferia era dimora di creature inquietanti (stranieri, barba-
ri, animali pi o meno mostruosi, demoni); il civile e stabile centro si con-
trapponeva dunque alla caotica e mobile periferia. Corollario di questo che
la centralit significava positivit, bene, ordine, stabilit, laddove la periferia
era sinonimo di disordine, negativit, improduttivit e minaccia per il centro
e perci residenza naturale e elettiva di esseri nocivi e malefici.
S detto dunque che le leggi, create dalluomo, sono relative a ogni sin-
gola cultura. Solo quando si pretende di essere ispirati in senso soprannatu-
rale ed esclusivo, nasce la convinzione, o addirittura la fede, che le proprie
leggi siano le giuste, le uniche, le assolute. Riguardando il proprio codice di
comportamento come lunico assolutamente giusto, sorge anche lidea che
chi lo minaccia sia il responsabile assoluto del caos, del male. Questo si veri-
fica di solito in quelle religioni che si fondano sulla credenza in un unico dio,
concepito come assolutamente onnipotente e buono. Ma allora, se unico il
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dio, se unica la sua legge, unico tende a configurarsi il suo avversario (anche
se, alla pari del dio buono, pu essere provvisto di eventuali accoliti e fian-
cheggiatori). Alla relativit delle norme etico-sociali di un politeismo caso
assolutamente prevalente nellantico Oriente si contrappone dunque, al-
meno su certi piani, lassolutezza che viene conferita alle leggi che reggono
un sistema monoteistico.
Che dice la teologia al riguardo? Bene, una volta tanto va daccordo con
la storia delle religioni, poich nel linguaggio teologico male appunto
linfrazione, volontaria e cosciente, di una norma o di una regola.
Giungiamo qui al punto-chiave sul quale deve essere attirata lattenzio-
ne e che costituisce un carattere distintivo di tutte le religioni del Vicino
Oriente antico: la differenza di visione e di impostazione che contraddistin-
gue i politeismi e i monoteismi. Nei primi, gli di come i cosiddetti demoni
sono immanenti al mondo e alla natura, per cui bene e male sono concetti
relativi che si risolvono in valori (o antivalori) commisurati alluomo e alle
sue esigenze. Qui, la stessa pluralit di esseri sovrumani impedisce che ve ne
sia uno assolutamente onnipotente. Le divinit sono concepite come aspetti e
valori permanenti della realt e non ne esiste una che abbia poteri sconfinati,
nel bene come nel male. Ovunque vige una tensione dialettica che sfaccetta
le prerogative delle varie figure, generalmente tutte capaci, in potenza, di
aiutare o minacciare gli uomini.
Nelle religioni politeistiche del Vicino Oriente antico bene e male appaio-
no parcellizzati, divisi e distribuiti tra le varie entit, anche se, beninteso, esi-
stono figure tendenzialmente pi propense a nuocere che a beneficare, e vice-
versa. Qui troveremo anche una gerarchia, ma anche lessere soprannaturale
pi debole avr una sua piccola fetta di attribuzioni e sar potenzialmente in
grado di aiutare luomo o di nuocergli. Si tratta di un contesto in cui esistono
i mali e non il male metafisico, in cui esistono agenti malefici pi o meno
specializzati, ma non c un super-esperto e depositario di tutto il negativo.
Prevale lambivalenza, anche le divinit pi benevole presentano aspetti di-
versi e talora apertamente contrastanti, mostrando lati benefici accanto ad
altri temibili e distruttivi.
Ora, se c una cultura in particolare che non ci consente di applicare
una distinzione, anche convenzionale, tra entit positive e demoni malefici
quella dellantico Egitto. Qui tale differenziazione non esiste neppure a li-
vello terminologico. Cos, mentre netjer designa generalmente gli di, esso
pu applicarsi a tutte le entit soprannaturali, a prescindere dallestensione e
dal carattere dei loro poteri. Altre denominazioni non rendono il termine de-
mone, poich per esempio akhu designa particolarmente lo spirito del morto,
laddove secheru si usa per entit inferiori che eseguono gli ordini di di pi
potenti, senza particolari connotazioni positive o negative.
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da cui provengono minacce continue che investono quasi ogni aspetto esi-
stenziale delluomo.
Bibliografia selettiva
AA.VV., Gnies, anges et dmons (Sources Orientales, 8), Seuil, Paris 1971.
AA.VV., Il diavolo nella tradizione, nellarte, nella letteratura, nella teologia, in
Abstracta 36 (aprile 1989).
T. Abusch - K. van der Toorn (a cura di), Mesopotamian Magic. Textual, Historical,
and Interpretative Perspectives, STYX, Groningen 1999.
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