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Hugo de Paganis

LASCESI DEL RISVEGLIO E LOTTUPLICE SENTIERO

Negli incontri che ritmicamente negli anni settanta del trascorso secolo avevo con Massimo
Scaligero incontri per i quali non ringrazier mai abbastanza il Cielo e i Numi talvolta egli
affrontava il tema delle ascesi dOriente, ricreandone ogni volta con la sua magica parola la viva
immagine e larcana atmosfera davanti agli occhi della mia anima. Di quelle antiche Vie, egli mi
illustrava gli aspetti pi luminosi, che avevano valore di perennit, separandoli da quegli aspetti
traseunti, oggi non pi attuali, dovuti allinevitabile adattamento del linguaggio dello Spirito alle
esigenze delle diverse civilt e della variet di tipi umani che in esse si manifestavano. Massimo
Scaligero curava di mostrarmi altres come quei luminosi contenuti di perennit (come amava
definirli) potessero ancora parlare alluomo pi moderno, alluomo attuale, quello pi radicalmente
immerso nellesperienza immanente del mondo.

Una particolare importanza, egli dava alla Via del Buddha, che non si era esaurita nelle varie forme
storiche chessa aveva assunto lungo un millennio in India, e neppure nelle successive
manifestazioni estremo-orientali del Buddhismo, in Cina e in Giappone, e nemmeno in quelle
tibetane, che maggiormente hanno risentito delle influenze indiane. Egli vedeva nelloperare del
Buddha un impulso cosmico che, al di l delle forme storiche assunte in Oriente, poteva
manifestarsi nellOccidente moderno in forme inaspettate, difficilmente ravvisabili dagli stessi
orientalisti e storici delle religioni, i quali difficilmente riescono a scorgere, a causa dellipnosi
prodotta in loro dallarido dato filologico e archeologico, limprevedibile elemento spirituale
vivente, generatore di impensate forme novelle, che difficilmente pu scorgere chi si nutra
unicamente di sia pure eruditi studi accademici.

Pi volte Massimo Scaligero mi dette concrete indicazioni operative, invitandomi espressamente a


sperimentarle nella mia pratica ascetica, traendole da insegnamenti del Buddha, che mi mostrava in
una luce per me davvero inaspettata. Traeva quelle preziose indicazioni sia dalle opere del Canone
pi del Buddhismo pi antico, sia da quelle del pi recente Buddhismo Mahyna. Di un autore, da
me molto amato, come Ngrjuna, arriv a dirmi che: egli era stato uno dei primi asceti, un
autentico precursore, della Via del Pensiero, come la concepiamo noi. Mi indic pure un punto nel
quale il Buddha Shakyamuni parla apertamente dellesperienza del pensiero vivente. Pi di una
volta mi espresse il pensiero che se, allinizio del Novecento, invece che i teosofi, avesse avuto di
fronte degli asceti formati nelle Vie dellOriente, Rudolf Steiner avrebbe donato contenuti di ben
altra radicalit e dirompenza spirituale.

Nella seconda met degli anni settanta, Massimo Scaligero volle darmi un suo scritto, un estratto da
un numero di East and West, la bella rivista del Is.M.E.O., chegli curava come redattore, recensore
di testi di orientalistica, e direttore responsabile. Larticolo ivi pubblicato era in inglese, ma avendo
smarrito il dattiloscritto originale in italiano, mi preg oltre che di studiarlo con attenzione e di
meditarlo bene di tradurlo in italiano: poi lui lo avrebbe rielaborato in una forma tale da poter
essere messo a disposizione degli amici impegnati nella Via. A quellepoca, purtroppo, le mie
conoscenze della lingua dAlbione erano meno che modeste (e ben modeste le mie competenze
linguistiche lo sono tuttora), per cui non riuscii ad adempiere onorevolmente, prima della sua
scomparsa (avvenuta non molto tempo dopo), il compito affidatomi.

Ma non desistei. Ne feci, nel tempo, due successive traduzioni, che invero mi soddisfacevano molto
poco. Vi sono ritornato sopra in questi giorni, mettendoci la massima buona volont. Naturalmente,
largomento, estremamente delicato, anche per chi ben lo comprenda, non facile da tradurre. Ma
limpresa pi difficile, in questopera di retroversione dallinglese allitaliano, rendere lo stile e
lefficacia della parola di Massimo Scaligero, parola che, nelle opere da lui pubblicate, manifesta
tutta la magia mantrica del suono e laurea trama del suo luminoso tessuto ideale. Comunque vi ho
messo tutto limpegno possibile per non tradire il suo pensiero. Per cui sono da imputare solo a me
tutti i difetti, che una inabile traduzione non mancher di mostrare, per i quali chiedo in anticipo la
benevola indulgenza del candido lettore.

Non far lesegesi delle parole di Massimo Scaligero, ch di ben altre forze e sapienza dovrei essere
provvisto per un tale arduo compito. Tuttavia non rinuncio a indicare come il tema della
liberazione della memoria, della indipendenza dai condizionamenti di una natura inferiore, sia
stata trattata anche dal Dott. Giovanni Colazza, che di Massimo Scaligero fu amico e Maestro, nella
conferenza da lui tenuta a Milano, l8 dicembre 1940, recante il titolo La ricerca dellIo nel
periodo dellanima cosciente, trascritta dagli appunti dellottima Fanny Podreider. In quella
conferenza, come del resto in questo scritto di Massimo Scaligero, viene indicata operativamente
una ascesi di liberazione conoscitiva, basata sulla Filosofia della libert di Rudolf Steiner, secondo
la quale lesperienza spirituale del momento originario del pensiero, dellesperienza cosciente
e vivente dellidea lazione trasfiguratrice, anzi radicalmente trasmutatrice, dellintera vita
dellanima. Per cui dallesperienza del pensiero puro, del pensiero vivente, scaturiscono forze
morali, e non viceversa. Come viene mostrato da Massimo Scaligero in questo scritto, che vede qui
la luce, per la prima volta in lingua italiana.

***

Massimo Scaligero, What the Eightfold Path may still mean to mankind, tratto da East and
West, Year VII, N. 4 January 1957, pp. 365- 372.

CHE COSA L'OTTUPLICE SENTIERO PUO' ANCORA SIGNIFICARE PER


L'UMANITA'

Il ricordo dellOttuplice Sentiero nella nostra mente collegato ad un gruppo di regole morali
semplicissime, che nella nostra epoca, hanno un sapore leggermente antiquato, pur rappresentando
esse, come viene riconosciuto, i contenuti fondamentali del Buddhismo. Potremmo sentire che, se
paragonato, allaristocratica esperienza delle Upanishad e alle altezze metafisiche raggiunte dai suoi
ascetici autori, lOttuplice Sentiero, assieme alle Quattro Nobili Verit e alla Dodecupla Catena
della Prattya Samutpda, non sia altro che una versione pratica di verit sovrasensibili, talmente
allontanatasi da quelle altezze da dimenticare il nucleo essenziale delluomo, ltman-Purusha.

Ci dovrebbe essere consentito pensare che taluni mutamenti i quali, nello scenario spirituale
dellumanit, si presentano col succedere di ogni epoca di evoluzione alla precedente, debbano
avere a che fare con le modificazioni interiori delluomo stesso. Riforme religiose e lotte
filosofiche dovrebbero forse essere fatte risalire alle forme mutanti dellesperienza umana,
allemergere di una nuova relazione organica con la sfera sovrasensibile. Questo pu spiegare
perch nellambito di un dato sistema, pensatori tradizionali si trovino a fianco dei rappresentanti di
nuove prospettive e dei precorritori di future concezioni. Per la mancanza di coscienza della novit
di talune esperienze, questultimi aderiscono alle antiche espressioni; ci porta a fraintendimenti e a
conflitti. La grande polemica tra Realisti e Nominalisti allinterno della corrente ascetica aristotelica
nel Medioevo non potrebbe essere spiegata altrimenti. I due gruppi avevano una diversa esperienza
degli Universali e chiamavano con lo stesso nome loggetto della loro contrastante esperienza
interiore.

In maniera simile potrebbe spiegarsi la divergenza tra il Nyya-Vaiesika e le dottrine buddhiste.

Chiunque guardi imparzialmente alla vita umana nel corso dei secoli, alla storia dello spirito umano,
dovrebbe essere capace di rilevare, l dove ve ne siano, i cambiamenti chessa presenta. Lumanit
rimasta sempre la stessa? Come pu avvenire allora chessa afferri e riconosca se stessa persino
sotto condizioni che sono sprofondate e sepolte nella coscienza? Il mondo antico non certo la
proiezione dellintelletto attuale, che tenta di ricostruire qualcosa di diverso da s, un qualcosa che
mai esistette. Esso si rivela, invece, nella forza del suo proprio essere in quanto obbiettiva realt
alla quale il mondo moderno deve anelare per arrivare ad una comprensione.

Quanto allOttuplice Sentiero dovremo vedere se esso sia una formula meramente morale, che dia
per scontata una serie di beatitudini, che non possono essere postulate, ma che dovrebbero
piuttosto essere prima conquistate, o non sia piuttosto la formulazione morale di unesperienza
metafisica, che gi contenga in s, in uno stato di estrema purezza, la sapienza ultima
delle Upanishad, circa il tradurla in un metodo di vita, in uno stile umano, e che indaghi
ulteriormente in profondit. Una interpretazione strettamente morale potrebbe dunque essere il
risultato della comprensione del mero suono esteriore delle parole, e non dei contenuti cui esse
semplicemente alludono.

Guardiamo pi da vicino alla retta visione, al retto pensiero, alla retta parola, alla retta azione, al
retto metodo di vita, al retto sforzo, alla retta esperienza, alla retta meditazione, ossia alla
formulazione verbale dellOttuplice Sentiero. Gli otto punti sono ovviamente attitudini ed esercizi
che non possono essere separati luno dallaltro. Il segreto del loro reale significato sta nella loro
struttura, nel loro accordo, nei sottili legami tra essi.

Una virt, una qualsiasi attitudine interiore, per luomo moderno anzitutto e soprattutto un
qualcosa di astratto, quasi uno slogan. Lesperienza razionale quella che rende luomo capace di
edificare la scienza e la visione scientifica del mondo. Ma il metro di misura della mera conoscenza
non pu in alcun modo essere applicato alla visone delluomo antico. Studiosi come Eliade,
Kerenyi, Dumzil hanno dato unimmagine viva della differenza tra lesperienza antica e quella
moderna della natura e del mondo. I veri organi di conoscenza erano altri. Luomo antico, un essere
prerazionale e prefilosofico, non sperimentava astrattamente il pensiero, in quanto la corrente
vivificatrice della volont scorreva direttamente nel suo pensare. Una virt non avrebbe potuto
essere pensata astrattamente l dove luomo moderno, invece, pu essere razionalmente persuaso,
con ottime ragioni, a condannare un modo di vivere nei confronti del quale, in effetti, egli non
abbastanza forte da liberarsene ma una volta introdotta nellanima come pensiero, quella virt
avrebbe mostrato sin dal principio la sua forza trasformatrice.

Limportanza attribuita a dhran e a dhyna, ossia alla concentrazione e alla meditazione, nei testi
tradizionali pu essere scorta nellesperienza attraverso la quale luomo realizzava il suo essere: nel
pensiero egli viveva, per cos dire, come in un organismo sottile non limitato alla testa, bens
pervadente lintero suo corpo e la sua anima.

Lo Yoga, la dottrina dei chakra, la nozione delle nd, e il lato pratico dello shaktismo sono intesi
nellInduismo a corporificare lo spirito e a spiritualizzare il corpo, e possono essere
giustificatamente messi in relazione con lidea dellantica identit tra lessere e il pensare. Il mistico
realizzava se stesso nel pensare e sentiva chegli non era, allorch era cosciente unicamente del suo
corpo; egli si sentiva disperdere e quasi svanire nel processo sensorio, laddove invece egli sentiva il
proprio essere integrale, mentre era impegnato nel pensare meditativo. Per lui lessere era pensare e
il pensare essere. Al di fuori dellattivit interiore suscitata dal pensare egli non era. Allinterno di
essa, egli percepiva il proprio essere, la propria vita. Nella meditazione luomo viveva realmente. In
altre parole, le astrazioni erano ignote allasceta antico, poich il pensiero era volont, al tempo
stesso che jna era autorealizzazione.

Solo dopo la nascita del pensiero riflesso, dialettico e filosofico, lessere e il pensare si scissero in
due funzioni distinte. La vita e le idee vennero tenute separate, finirono in posizioni contrastanti, e
sorse il problema della loro relazione, che da allora stato il secolare problema della filosofia, sino
alle sue ultime manifestazioni. Lesistenzialismo solleva nuovamente il problema non con
lintenzione di risolverlo, bens con quella di soffiare nuovamente sulla mala fiamma della dualit
mediante una dialettica trincerata, esasperata.
La disputa, lungamente condotta, sembr trovare la sua soluzione in un momento dellevoluzione
del pensiero occidentale, allorch Cartesio pronunci il suo cogito, ergo sum. Ci port a ulteriori
discussioni, ma non cambi nulla, in quanto quel cogitare e quel esse erano in se stessi
espressione della frattura tra speculare e vivere, chegli intendeva risanare. Se un discepolo del
Buddha avesse potuto parlare a Cartesio, avrebbe potuto dirgli: Tu non puoi essere nel
tuo pensare, perch il tuo pensiero non , poich esso un mero riflesso. Perci, quando pensi,
tu non sei, proprio come limmagine riflessa da uno specchio non , anche se essa appartiene ad un
oggetto reale. Cogito qui significa non entia coagito, ergo non sum. (Michelstaedter).

una questione vitale, scottante, che sta alla base dei pi tormentosi problemi attuali, in quanto noi
vediamo ancora lessere fuori del pensare, cosicch si cade inevitabilmente o in un realismo
materialista, o in un realismo metafisico, i quali riconfermano ambedue la dualit, lastrattezza, e il
limite.

LIdealismo, e i suoi sviluppi sino a Giovanni Gentile, sembrarono avere bandito l essere come
oggetto di ogni discussione razionale. Esso potrebbe al massimo essere oggetto per il meditare, o la
molla per un nuovo tipo di azione, basata sulla forza di alcune intuizioni razionali gi acquisite. Ma
lesistenzialismo lo risollev nuovamente come problema centrale del suo orientamento, e Martin
Heidegger pot riscoprirlo e riportarlo alla luce, come se nessuno lo avesse prospettato e
dialetticamente risolto prima. La ragione per cui questo problema viene sempre riproposto di nuovo
e non viene trovato alcun indizio alla sua soluzione, deve essere scorto nello stato attuale del
pensiero umano: pensiero disanimato, privo della dimensione della profondit, anche se pu
brillantemente dissertare sulla profondit.

Indubbiamente Hegel tocc il soggetto, sebbene non lo portasse alle sue estreme conseguenze.
Lessere, dice egli nella Scienza della logica, una pura intuizione, e tale anche il nulla in
quanto semplicemente identico allessere. Ovviamente, pura intuizione qui intesa a significare un
pensiero che si esaurisce completamente nel suo oggetto ideale. Ma questa precisamente la
ragione per la quale esso non si esaurisce, bens riemerge oltre la contraddizione e nel suo ri-
emergere, anche se in un lampo che breve se misurato in tempo umano, uno con leternit.
Lulteriore manifestazione nella quale lessere pensiero che percepisce lessere, non pu essere
considerato implicito nella dialettica di Hegel, n nellautocoscienza di Fichte, n nellidentit di
Schelling. Tuttavia, lintera filosofia dellidealismo un anelito sublime verso una sintesi di essere
e di pensare, tuttavia soltanto un anelito, senza il costante perseguire il fine della sua realizzazione.

Quella realizzazione, ovviamente, non pu essere il frutto di unulteriore speculazione. Il sentiero


delle ragioni e delle argomentazioni dilegua nellindefinito della razionalit, mentre tutto annuncia
che lo Spirito deve divenire esperienza o vanificare nel regno degli fantasmi. Lidealismo o la
filosofia, che la stessa cosa, in quanto non c filosofia che nella sua essenza non sia idealismo,
dovrebbe esser capace di concordare postulato che il pensiero non sia una funzione meramente
soggettiva, in quanto nel suo esser prima di venire assunto dal soggetto, luomo, esso una forza
universale, cosmica, sovraindividuale, una realt spirituale, essere; essere nel quale luomo pu
essere, senza il quale egli non pu essere; e in effetti egli non , poich il pensiero pensiero
riflesso, poich egli sempre proteso verso fondamenti esteriori, miti, esseri o rivelazioni, senza
realizzare che quelli, nella misura in cui sono oggetti del suo pensiero, sono pensiero essi stessi.
Pensando, io non sono al di fuori della realt, in quanto i pensieri appartengono alle cose, anche se
essi sorgono dentro di me: lanima delle cose trova la sua espressione in me attraverso il mio
pensiero, certamente non attraverso il pensiero riflesso, bens attraverso il retto pensiero, che pu
essere identificato con quello che Shri Aurobindo chiama Pensiero Paracleto. Affinch lanima
delle cose possa rivelarsi in me come pensiero, quel pensiero non devo sfuggirlo, bens devo
soffermarmi in esso. Devo fermare il flusso concretamente reale del pensiero, accoglierlo in me
come forza, vivere con esso. Questo ci che significano concentrazione e meditazione. Saltare da
un pensiero allaltro, in un permanente divagare, in una continua incapacit di controllare e
contemplare, cosicch solo la superficie delle idee ci attraversi sorvolando come astrazione o
lombra dello spirito: questo il pensare volatile, riflesso, divagante, infecondo, irreale, al quale
devo necessariamente opporre un essere un Dasein, un esistere, una materia, una realt, che mai
estinguer la mia sete, in quanto non possedendo il tipo di pensiero che loro appartiene, sono per
questo tagliato fuori dalle cose, dallesistere, dalla vita.

***

ovvio che, se quel tipo di pensiero impotente usualmente rivolto ad una vita irreale, si volge ora a
considerare lOttuplice Sentiero, non pu vedere in esso altro che una serie di regole, apprezzabili
unicamente dal punto di vista morale, cosa che oggi lascia pi che altro freddi. Il pensare non
lessere, lessere non il pensare. Perci il pensiero, per es. quello della retta azione, pu dar via
soltanto ad astrazioni circa il giusto modo di fare le cose. Tuttavia se ammettessimo che un
discepolo del Buddha potesse mettersi in quella condizione nella quale il pensare era una forza
vivente, diverrebbe allora comprensibile come per lui il meditare sulla retta azione significasse
cogliere al tempo stesso il principio dinamico necessario a compiere quel tipo dazione.

Chiunque studi testi come lAnguttara, il Majjhima Nikya e lAbhidharmakoa trover ovvia
questa identit tra lessere e il pensare. Attraverso di essa, lasceta poteva avvertire nel suo pensare
la corrente della vita, e con ogni pensiero egli accoglieva un elemento di potenza della volont.
Vasubandhu, per esempio, afferma che latto del pensare (vitarka) lespressione dellorgano del
pensiero. Egli traccia, inoltre, una distinzione tra il pensiero sottile e quello ordinario. Quello una
sorta di pensiero spirituale. Tale distinzione ancor oggi necessaria per indicare fino a che punto i
contenuti sperimentati in una regola ascetica possano accordarsi al livello di coloro che si
conformano ad essa.

Se accettiamo la validit di questa osservazione nei confronti di qualsiasi dottrina spirituale, essa
pu condurci a distinguere chiaramente il valore di un principio morale basato sulla sua
realizzazione e sulla sua pratica concreta da qualsiasi altro, prodotto dalla umana capacit di
astrazione. Quanto allOttuplice Sentiero, non ci deve trarre in inganno la sua semplicit. Nel caso
esso venisse esposto da qualcuno che lo avesse realizzato in se stesso, dovrebbe essere valutato
secondo il metro dato sopra, ovverossia in quanto espressione di un mondo spirituale, piuttosto che
di logica umana. Il retroscena interiore delle otto attitudini dovrebbe essere sperimentato mediante
meditazione, onde possa scaturire il senso del loro accordo. Quel accordo, una volta conquistato
mediante intuizione, se afferrato e richiamato spesso alla mente nella sua luminosit fulgurea, pu
improvvisamente fluire nellanima del ricercatore come forza di determinazione interiore: proprio il
tipo di determinazione interiore necessaria a seguire regolarmente ognuno degli otto sentieri.
LOttuplice sentiero non scaturisce dalla moralit, bens forze morali scaturiscono da esso. Grazie al
Sentiero luomo non legato ad una regola, bens deve egli stesso creare la regola in ogni singolo
caso. Dunque soltanto un metodo verso la conseguimento della Sapienza. In questo senso sono da
ricordarsi le parole di Avaghosa: La Sapienza ha la facolt di penetrare i dharm cos come essi
sono, e la funzione di disperdere la tenebra dellillusione che avvolge i dharm e cela la loro
essenza. Chiaramente questo riconoscimento dei dharm porta alla conoscenza della legge
del karma, cos come indicheranno in seguito gli Yogacrin trattando delllayavijna. Daltronde,
le antiche dottrine buddhiste parlano dei tre segreti, del pensiero della parola e dellazione, e li
concepiscono come limite alla trama e al tessuto invisibile del karma. Ogni fatto o karma viene
visto come un atto spirituale. Nei fatti il karma si mostra e al contempo si cela. Un essere
umano, impigliato nella rete della my, scambia i fatti per la verit evidente e perde la possibilit
di osservarli dallaltezza di un atto interiore. Ma grazie ad un occhio interiore dischiuso,
liniziato pu osservarle come lettere di un alfabeto sovrasensibile attraverso il quale
il karma trova la sua espressione, rivelando il segreto della sua precedente incarnazione e il suo
sentiero futuro. La via che porta alla liberazione pu essere vista solo con occhi chiarificati,
. [hson tep thyms iknoi, sin dove lanimo giunge] (Parmenide, I).

Appare, dunque, come unicamente una serie di atti interiori possa smascherare la catena dei
fatti, della quale lesistenza samsarica intessuta, questultima essendo la catena senza fine di
fronte alla quale ogni individuo si ritrova con la stessa avversione e con gli stessi problemi, con
tutte le situazioni ricorrenti di sofferenza e di impotenza. Luomo necessita della pratica paziente,
persistente, di atti interiori mediante i quali egli pu lottare libero da avijj, da memoria samsarica,
da tutto ci che lo vincola al suo apparente strumento corporeo (skandha, vsan, samskr), e
rivivere in se stesso la propria memoria spirituale (l [anmnesis] di Platone), cio il
ricordo della sua natura primordiale, conducendo alla liberazione. Questo il senso dellOttuplice
Sentiero: che abitudini mentali, complessi, routine, costituiscono una memoria che lega lessere
umano ad una natura inferiore, che non il suo destino, con la quale egli si identifica ciecamente.
Persistere per mesi, per anni, in una serie di atti mentali, voluti indipendentemente dalla propria
natura, pu spezzare la catena di abitudini e rendere il discepolo capace di estirpare la falsa
memoria, rivivendo in suo luogo la reale memoria delluomo. Cos lOttuplice Sentiero implica la
creazione di nuove abitudini, che portano a rivivere lo stato primordiale delluomo.

Il termine memoria non stato scelto a caso. Da una parte, esso riflette lidea che un gruppo di
abitudini inconsce, che tendono a ripetersi ciecamente i vsan e i samskr della dottrina
buddhista dallaltra, esso spesso usato dalla moderna psicologia nello stesso senso riguardo
allazione di riflessi condizionati e alla vita dellinconscio. Delay la chiama memoria
inferiore, il che equivale affermare la mancanza di una memoria superiore, la quale caratterizza,
invece, il vero essere umano.

A questo punto, luomo moderno pu trovare una via per comprendere e, nel caso, praticare
lOttuplice Sentiero, per quel che di verit vivente esso ancor oggi contiene. Esso conduce ad un
risveglio della memoria spirituale, che gi sveglia nella sfera sovrasensibile di ogni essere e dorme
nellincoscienza, sopraffatta da una falsa memoria che impone, da una zona pi profonda, tutte le
associazioni e persino pensieri. Quella dimensione interiore, che manca alla moderna psicologia,
luomo potrebbe trovarla nellOttuplice Sentiero, cos come egli potrebbe rivivere nel suo pensiero
la relazione reciproca, che le otto attitudini hanno tra di loro, sino a che essa non scaturisca
improvvisamente nellanima come una forza alla quale egli potrebbe attingere per praticarle una per
una.

Per raggiungere ci, loccidentale dovrebbe, come ho detto sopra, meditare sulle singole otto
attitudini, cos da averle continuamente presenti nella sua coscienza, sino a che esse possano, ad un
determinato momento, muoversi e combinarsi da s nella sua anima, disvelandogli cos la loro
reciproca relazione interiore, la loro natura univoca, come fossero raggi irradianti da un unico
centro. Naturalmente, un tale esercizio inteso a superare la scissione tra essere e pensare, cui
ho accennato pi sopra, e che non era un problema per i discepoli del passato. Il nostro pensiero
disanimato attingerebbe ad una nuova sorgente di vita mediante la meditazione. Cos la corrente
della volont fluisce nel pensare e lo solleva al di sopra dei consueti processi cerebrali. Cos
vengono poste le condizioni per le rette attitudini.

Per esempio, se luomo moderno volesse seguire il sentiero del retto giudizio e tentare di
rettificare ogni suo giudizio, attraverso lo sforzarsi a quel pensare cosciente cui ho alluso, noterebbe
che il giudizio pu essere allaltezza della verit del suo oggetto, unicamente allorch pu affermare
lelemento eterno che loggetto contiene. Un tale giudizio non potrebbe pi condannare alcunch, in
quanto inevitabilmente sposerebbe lessenza di bont e di bellezza presente comunque in ogni cosa
oltre la sua apparenza.

Il sentiero del retto giudizio implica, dunque, unatteggiamento di positivit nei confronti di tutti gli
esseri e di tutte le cose. Una tale modo di pensare dovrebbe essere nutrito attraverso una costante
percezione del lato buono e luminoso dei fatti, delle cose e delle persone, in particolar modo quando
ci arduo a trovarsi. Non intendo dire che loccasionale lato oscuro di una cosa dovrebbe essere
trascurato, ma che la critica spontanea dovrebbe essere smorzata e lattenzione deliberatamente
diretta verso gli aspetti positivi. Questa volont rafforza la nostra facolt di guardare al lato
favorevole, costruttivo, che non pu mancare e non deve essere creato dalla nostra immaginazione,
bens osservato e afferrato nella sua concretezza, oltre il lato negativo che generalmente ci colpisce
per primo. Questo sar il principio di un comportamento in armonia con lo spirito, attraverso il
quale non possiamo accostare alcunch in maniera svalutativa, in quanto ogni complessit
[poliedricit] pu essere ricondotta ad un tutto armonioso. Lamentarsi del lato negativo delle cose
tipico del punto di vista umano e deriva dal nostro atteggiamento generale verso lesperienza. una
inconscia ed egoistica severit con il mondo, dominata da idee preconcette che nascono dalle
esperienze passate. Colui che possa liberarsi di quelle idee, sar capace di formarsi ed avere un
giudizio autonomo, i.e. un retto giudizio: egli non giudicher secondo la nostra consueta deviazione,
che ci esclude da un contatto diretto con la realt.

Gli stimoli del nostro temperamento, della nostra educazione, le relazioni stabilite nella nostra
giovent e la prospettiva delle cose formatasi a quellepoca, disgraziatamente ci portano a a
guardare le cose e le persone secondo modelli fissi e ci predispongono a giudiz, che dovrebbero
sempre essere rivisti alla luce di una sempre rinnovata ragione. Essi sono cos profondamente
radicati da attendersi da noi soltanto una sorta di reazioni obbligate, il cui automatismo ha acquisito
la forza dellimpersonalit. Attraverso la pratica del retto pensare ci liberiamo di essi e guardiamo
alle cose in un modo nuovo, tale da arrivare alla loro intima realt.
A questo punto pu dischiudersi l occhio spirituale e pu essere raggiunta la visione diretta
attraverso la quale pu delinearsi il segreto del karma degli esseri che contempliamo. Ci
inevitabile in quanto lattitudine al giudizio spassionato e allimmergersi nella realt interiore delle
cose oltre il loro apparire ci rende capaci di cogliere la relazione sottile tra la loro essenza e la loro
esistenza. Il giudizio positivo getta luce su tutto ci che un essere umano alberga di bene, e ci
conduce a vedere il dharma, che opera nei livelli inferiori, samskrta, cio le forze che trattengono
quellelemento positivo dal venire alla superficie. Ci porta a vedere i retroscena che impediscono ad
un uomo di muovere lungo la propriaa direzione creativa, secondo il suo dharma superiore
(asamskrta, nirvanico). Cos noi progrediamo verso la comprensione degli altri e arriviamo ad una
pi profonda e pi costruttiva pratica della verit, e a rendere concreta la pratica dellamore verso il
prossimo (maitr).

Il sentiero della retta visione simile. Esso porta ad una disciplina delle nostre rappresentazioni,
affinch esse possano riprodurre fedelmente la realt degli esseri e delle cose. Ci implica
soprattutto di non accettare niente in quanto precedentemente giudicato e sistemato, e di rivedere
tutte le nostre rappresentazioni e prospettive attraverso il ritornare in contatto con gli oggetti. Se
qualcuno, per es. ascolta un giudizio che ha gi sentito altrove, dovrebbe osservarlo come se ora lo
udisse per la prima volta, e meravigliarsi se questa volta non gli rivelasse qualcosa di nuovo o non
gli apparisse in una nuova luce. Questa pratica dimostrer se alcunch di nuovo nato in noi stessi,
se possiamo capire meglio e pi profondamente che non nel passato.

Seguire questo sentiero significa raggiungere una purificazione della memoria, in quanto
tratterremo ci che vero e vivo, e ci libereremo di quella memoria ingannevole, che la
stratificazione delle nostre reazioni soggettive. Se a qualcosa ci sta dinanzi in un dato momento, e
noi vi opponiamo una nozione gi acquisita, ci riferiamo automaticamente ad un contenuto della
nostra memoria, rinunciando allesperienza viva. Se, quando ci viene detto qualcosa di nuovo,
attingiamo al deposito di idee che abbiamo raccolto in circostanze simili in passato, ci tagliamo
fuori da ogni giudizio realmente attivo. Se, invece, decidiamo di riesaminare levento in maniera
nuova, il giudizio presente, maggiormente obbiettivo, si paleser di fronte alla percezione. Questo
il metodo per controllare l area, dalla quale emergono i contenuti della memoria che usualmente
affiorano a rafforzare i nostri giudizi stereotipi. Detergere questarea dalla quale il passato impone
le sue esigenze al presente, significa in certo qual modo liberarsi del determinismo del tempo: il
tempo diventa spazio, ovverossia vediamo il tempo come se fosse disteso nello spazio e a nostra
portata nel presente. Il ricordo cessa di essere una morta eco de passato e lascia cadere ogni
configurazione che nel passato possa averlo incrostato. Ci dimportanza vitale, in quanto noi
possiamo rimuovere dalla nostra coscienza un veleno pericoloso, la catena delle menzogne che
tratteniamo come memorie. Ma la memoria spirituale, libera dai ricordi ingannevoli, la forza
stessa mediante la quale lanima realizza il tempo come spazio in se stessa e muove in esso a
volont come in un continuo presente.

Le altre sei attitudini vengono illuminate dal retto giudizio e dalla retta visione. Grazie a quelle, gli
ideali della vita vengono riconosciuti per quello che realmente sono, in quanto essi non possono pi
coincidere con ci che impermanente o non affondi le sue radici nelleternit, e lanelito umano
trova infine il suo scopo. La retta aspirazione diviene una forza che libera luomo da ogni miraggio
ingannevole, e dai suoi miti inferiori sui quali vengono disperse tante energie umane.
Da ci nasce limpulso a non agire pi secondo propensione individuale, ma unicamente
accogliendo linteriore richiesta degli esseri e delle cose, il che significa volere allo stato puro,
vale a dire non aver bisogno di agire sotto lo stimolo del proprio vantaggio o delle proprie
preferenze, ma unicamente per amore delloggetto. Loggetto a sua volta, come ho detto sopra, pu
essere compreso nella sua realt grazie al retto giudizio e alla retta visione. La volont, allorch
liberata dai motivi egoico-sentimentali, che sono i suoi stimoli abituali, diviene forte in se stessa e si
collega con la sorgente impersonale del suo potere. Il volere umano, si dovrebbe dire, a questo
punto quasi coincide col volere degli Di.

Il retto volere si realizza nella retta azione, per cos dire, in una ora rigorosamente ricorrente
corrispondenza tra potenza e atto. Diviene al contempo chiaro che viene richiesta una maniera
interiore dagire, che infine retta meditazione, espressa nel mondo visibile nella retta azione.
Lazione, in realt, di una sola specie: atto dello spirito che a volte porta come veste la
contemplazione o retta meditazione e a volte lazione. La sintesi di tutto nella retta maniera di
vivere, che conduce ad un ininterrotto accordo tra retta meditazione nella quale confluiscono retto
pensare, retta visione e retto volere e retta azione.

Ma la catena di queste sette movenze dellanima pu penetrare nelle profondit dellessere solo
mediante il retto sforzo, cio attraverso una resistenza paziente portata avanti per mesi ed anni, con
impeto imperterrito, e attraverso risoluta devozione, sino a che infine essa non operi come la natura
stessa.

A questo punto appare evidente come lOttuplice Sentiero non agisca in quanto imperativo morale o
sociale, ma per il fatto che esso sia intessuto di una serie di atti interiori, condotti sempre mediante
un particolare modo di pensare, che retto pensiero o pensiero puro. La sorgente dellintuizione
chiamata sempre a scaturire nellanima s da generare le varie attitudini indipendentemente dagli
antichi vsan, epper persino oltre il limite della conoscenza o della sapienza acquisita. Per luomo
moderno, la chiave dellintero processo nella riconquista del pensare in quanto uguale allessere.
Fuori di un pensiero vivente, gli otto sentieri non possono restare altro che astratte direttive
etiche, le forme esteriori di una saggezza, intesa a celare legoismo umano sotto la cornice di una
qualche dignit.

Qui la moralit in realt non il presupposto, bens una conseguenza, che non viene neppure posta
come un fine, e quindi non neppure voluta, in quanto lOttuplice Sentiero ed il pensiero
trasparente, non pi legato ad alcuno strumento fisico, divengono il sentiero verso la realizzazione
di ci che la filosofia moderna designa intuitivamente come il fondamento: quello che non ha
altro supporto che se stesso. In questo senso, il suo conseguimento, come afferma il Buddha a
proposito della verit nel Samyutta Nikya, oltre ci che e ci che non , oltre la dualit,
cio oltre quello stato umano mediante il quale, secondo Eraclito
[nthropos en euphrne phos ptetai heaut, luomo nella notte accende a s una
luce, in Clemente Alessandrino, Stromata, IV,141, 2].

Alcuni secoli pi tardi, Ngrjuna parl del Madhyamika, come di un sentiero ugualmente distante
dallessere e dal non-essere, che illustra con precisione intuitiva l area spirituale dellesperienza
interiore, che pu liberare veramente luomo dai vsan, dallantica natura, dal samsra, cos come
da ogni forma di conoscenza, o anche di saggezza ad essi legata.
Nei confronti delluomo, lOttuplice Sentiero pu essere tradotto in una psicologia aristocratica o
piuttosto che in una psicologia in una vera scienza dellanima. Ognuno degli otto sentieri porta
alla liberazione di un aspetto della memoria, vale a dire, di ci che, in quanto passato, presente
nelluomo ed esige dispoticamente da lui determinate abitudini ed una particolare visione del
mondo. Allorch libero dalla falsa memoria, luomo pu guardare indietro alla sua vita e risalire
obbiettivamente la catena dei suoi ricordi. Pu cos volgere allinizio della sua attuale vita terrena,
l dove egli non si trover di fronte al nulla, bens ad un Essere reale che viveva in lui prima della
sua nascita. Lucidamente, egli pu raggiungere la soglia di unesperienza dellIo Superiore, di un
Essere che gli sta di fronte in maniera reale, indipendente da nascita e morte. Proprio questa
esperienza pu conferire un senso alla sua vita e rivelargli che lOttuplice Sentiero ancora non
stato conosciuto dalluomo, in quanto esso deve ancora essere percorso.

Massimo Scaligero

Commento

Marina Sagramora

Inviato il 27/06/2015 alle 10:39

Una encomiabile iniziativa quella di tradurre questo importante articolo di Massimo Scaligero. Pi
volte mi ero cimentata anchio nella stessa traduzione, sentendo per ogni volta il linguaggio
lontano dalla costruzione che lAutore sicuramente aveva dato allo scritto originale, e quindi ho
desistito. Bisogna invece osare, come ha fatto in maniera pi che adeguata Hugo de Paganis, per
permettere di leggerlo e apprezzarlo anche a chi non conosce linglese, o a chi, pur conoscendolo
magari in maniera scolastica, fatica a comprenderlo del tutto, e dopo aver iniziato la lettura desiste a
met della prima pagina

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