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L'Arvùt Rav Laitman ci spiega


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Isaac Luria - L'Arì Matan Toràh - Il Dono


della Toràh
Baal HaSulam Poiché Tutti gli Israeliti sono Arevìm uno dell'altro (Sinedrio 27, Shvuot 39)
L'Arvut - La Garanzia
Il Rabash Questo è l'enunciato dell'Arvùt (L a Garanzia Spirituale), che tutto (gli appartenenti ad ) "Israel" Spirituale
divennero garanti uno dell'altro, dato che non fu data loro la Toràh non prima che fu chiesto ad
Rav Laitman ogni persona di Israel se accettava di ricevere il precetto dell'amore per il prossimo nella misura E' tempo di Agire
di come ciò è scritto «Ama l’amico tuo come te stesso» nella misura massima. Questo vuol dire L'Essenza della
Glossario Kabbalistico che ogni persona di Israel si impegnerà di prendersi cura e di lavorare per ogni singolo membro saggezza della
della nazione per soddisfare tutte le sue necessità, non meno di quanto è stato impresso Kabbalah
nell'uomo di prendersi cura delle proprie necessità.
La Saggezza della
Dopo che, l'intera nazione all’unanimità accettò disse: «Noi eseguiremo e sentiremo», ecco che Kabbalah e la
ogni singolo membro di Israel divenne garante affinché non venisse a mancare nulla per alcun Filosofia
membro della nazione e solo allora sarebbero stati degni di ricevere la Toràh e non altrimenti,
poiché nell'ambito di questa Arvùt globale ogni individuo della nazione si sarebbe liberato di tutte L'Essenza della
le sue preoccupazioni riguardo le necessità del proprio corpo, potendo (allora) osservare il Religione e il suo
precetto «Ama l’amico tuo come te stesso», in tutta la sua ampiezza potendo (allora) dare a tutti i Scopo
bisognosi tutto ciò che è in suo possesso, dato che (lui stesso) non deve più preoccuparsi della
sussistenza del proprio corpo, sapendo e sentendosi sicuro poiché seicentomila fedeli ed La Pace
amorevoli amici si trovano accanto e sono pronti a prendersi cura di lui. La Libertà
Proprio per questo motivo essi non furono pronti a ricevere la Toràh ai tempi di Abramo, Isacco e L'esilio e la
Giacobbe, ma solo quando uscirono dall'Egitto e formarono una nazione completa, di per sè, Redenzione
allora divenne realtà il fatto che ognuno sarebbe stato garantito di ogni sua necessità senza
avere preoccupazioni né dubbi a proposito. Eppure quando essi erano ancora mescolati tra gli La Pace nel Mondo
Egiziani, era d'obbligo che una determinata parte dei loro bisogni fosse in mano a quei selvaggi Introduzione al libro
estranei, colmi d'amore solo per se stessi. Di conseguenza quella parte dei loro bisogni che era "L'Albero della Vita"
in mano a degli estranei, non era per niente garantita per ogni individuo d'Israel, e la cui
mancanza gli amici non potevano colmare, poichè questo non era in loro potere. Com'è già stato Introduzione al
chiarito, fino a che l'individuo è disturbato dalle proprie preoccupazioni, egli non è nemmeno Talmud delle Dieci
capace ad iniziare l'adempimento del precetto «Ama l’amico tuo come te stesso». Sefirot

Tu riscontri chiaramente che il caso del dono della Toràh doveva essere differito fino al tempo Equivalenza della
dell’esodo dall’Egitto, quando sarebbero divenuti una nazione a sé, cioè fino a quando tutti i loro Forma
bisogni non fossero stati nelle loro mani, senza più dipendere dagli altri. Solo allora sarebbero
divenuti degni di ricevere L'Arvut suddetta, ed è appunto allora che fu data loro la Toràh. In base a Introduzione al
questo è chiaro che, anche dopo la ricezione della Toràh, se pochi d'Israele tradissero e Talmud delle Dieci
ritornassero all’infamia dell’amore per se stessi senza considerare il loro prossimo, ecco che la Sfirot - articolo n°155
stessa misura di necessità che era nelle mani di queste poche persone assillerà ogni singolo Gli Scritti dell'Ultima
individuo d'Israele costringendolo a provvedere lui stesso, dato che questi pochi non avranno per Generazione
lui pietà, e ad ogni modo sarà reso impossibile a tutto Israel l’adempimento del precetto
dell'amore per il prossimo. Ciò perverrà, poichè quei ribelli, causeranno agli osservanti della Dal Libro Pri Khakhàm
Toràh di restare nella propria infamia, nell'amore di se stessi, non potendosi, di conseguenza, - Lettere di Santità
impegnare nel precetto: «Ama l’amico tuo come te stesso» e non potendo completarsi
nell'amore per il prossimo senza il loro aiuto, com'è stato detto.
Ecco davanti ai tuoi occhi, che tutti i membri d'Israele sono garanti uno dell'altro, sia da parte
dell'adempimento che da parte della negazione, dato che da parte dell'adempimento, vale a dire,
se adempieranno L‘Arvut fino al punto che ognuno si prenderà cura e colmerà tutte le mancanze
dei suoi amici, ecco che essi saranno in grado, per questa ragione, di osservare pienamente la
Toràh ed i precetti, cioè apportare compiacimento di Spirito al proprio Artefice. E così, da parte
della negazione, vale a dire se una parte dei membri della nazione non desiderassero
adempiere L‘Arvut ma essere immersi nell'amore per se stessi, ecco che quest’ultimi
causeranno al resto della nazione di rimanere immersi nella loro infamia e bassezza, senza
trovare nessuna via d’uscita per uscire dalla loro sudicia condizione, come è stato chiarito.

18. È per questo motivo che il Tanà (Rabbi Shimon Bar Yochai) descrisse L‘Arvut con la
similitudine di due persone che si trovavano su una barca. Uno di loro cominciò a trivellare sotto
di sé, facendo un buco nella barca. L’amico gli disse «Perché buchi la barca?» e l’altro rispose
«Che cosa ti importa, io sto facendo un buco sotto di me, non sotto di te». Il primo gli disse: «Sei
uno stolto, periremo entrambi in questa barca!»
Questo vuol dire che, com'è stato scritto, che questi disfattisi del carico sono immersi nell' amore
per se stessi, ed ecco che creano con le loro azioni un recinto di ferro che impedisce a chi si
attiene alla Toràh, perfino di cominciare ad osservare la Toràh e i precetti fino in fondo, vale a dire
nella misura dello scritto «Ama l’amico tuo come te stesso», che è la scala per raggiungere la

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nella misura dello scritto «Ama l’amico tuo come te stesso», che è la scala per raggiungere la
Sua adesione. E quanto giuste erano le parole della parabola, che dicevano: «Sei uno stolto!
Periremo entrambi in questa barca».

19. Rabbi Elazar, figlio di Rabbi Shimon, amplia ancora di più il concetto dell’Arvut, e non si
accontenta che tutta la gente di Israele sia garante uno verso l'altro, ancorché il mondo intero
entra nell'Arvut. In verità non v’è una disputa a proposito, dato che tutti ammettono che in primo
luogo sarebbe stato sufficiente che una sola nazione osservasse la Toràh, almeno all'inizio della
correzione del mondo, e non sarebbe stato possibile, in una sola volta, cominciare con tutte le
nazioni, secondo quanto dissero i nostri Saggi, il Signore si rivolse con la Toràh ad ogni nazione
e stirpe ma essi non vollero riceverla. Il che significa che erano immersi nella squallidità
dell’amore per se stessi, cioè al di sopra del proprio Khotem (ndr. naso, la parte della ricezione
nel Partzuf Spirituale), alcuni nell’adulterio, altri nel furto ed omicidio e così via, fino al punto che
a quei tempi non sarebbe stato possibile nemmeno considerare di chiederli se approvavano di
rinunciare all’amore per se stessi.
Pertanto il Creatore non trovò nessun popolo e nessuna lingua degni di ricevere la Toràh a parte i
figli di Abramo, Isacco e Giacobbe, i quali furono sorretti dal merito dagli avi. Come dissero i
nostri saggi: «Gli avi osservavano la Toràh per intero ancor prima che fosse loro consegnata», il
che significa che grazie all’elevatezza delle loro anime, essi ebbero l’abilità di conseguire tutte le
vie del Signore nella distinzione della Spiritualità della Toràh, che deriva dall’adesione a Lui,
senza l'anticipazione della scala dei (precetti) pratici della Toràh pur non avendo affatto la
possibilità di osservare (com'è ricordato sopra, nel brano 16), e fu senza dubbio la purezza del
corpo e l’elevatezza del Nefesh dei nostri santi avi ad agire sui loro figli e su i figli dei loro figli, e
questo loro merito fu il sostegno di quella stessa generazione e di ogni singolo membro della
nazione che si assunse questo sublime Lavoro ed ognuno disse "a piena bocca (ndr. senza
esitare)": «Faremo e sentiremo». Per questa ragione furono eletti, tra tutti i popoli il popolo della
Sgulà (virtù ). Si è verificato che solamente i membri della nazione d’Israele entrarono nell’Arvut
richiesta e non i membri delle altre nazioni del mondo, dato che essi non vi parteciparono.
Questo è semplicemente una realtà di fatto, e come Rabbi Elazar potrebbe disputarlo (il Rabbi
Shimon Bar Yokhai)?

20. Però, la fine della correzione del mondo, avverrà nel far conoscere a tutti gli esseri umani il
mistero del Suo Lavoro, com'è scritto: «L’Eterno sarà Re su tutta la terra; in quel giorno l’Eterno
sarà Uno e il Suo Nome Uno». E lo scritto ha fatto la precisazione di «In quel giorno» e non prima
e così anche in alcuni brani: «… dato che la terra sarà colma della conoscenza dell’Eterno, … e
ad esso affluiranno tutte le nazioni» ecc.
In effetti, il ruolo d'Israele verso l’intero mondo assomiglia al ruolo dei nostri santi Avi verso la
nazione d’Israele, cioè, proprio come il merito dei nostri Avi ci ha servito per svilupparci e per
purificarci fino a farci diventare degni della ricezione della Toràh, dato che se non fosse stato per i
nostri Avi che osservarono tutta la Toràh ancora prima che questa, fosse stata loro consegnata,
senza dubbio non saremmo stati prescelti fra tutte le altre nazioni. In più la nazione di Israele ha il
mandato attraverso l'impegno nella Toràh e nei precetti di Lishmà, di consentire a se stessi e a
tutte le persone del mondo di evolvere fino a ricevere questo sublime Lavoro dell’amore per il
prossimo, che è la scala per raggiungere la Meta della Creazione cioè l’adesione a Lui, come è
stato spiegato.
Questo succede in modo che ogni singolo precetto che ogni individuo d'Israele compie per
apportare compiacimento di Spirito al suo Artefice non avverrà con il pagamento di una
ricompensa e con l’amore di se stessi, ma con l’apporto in qualche misura dello sviluppo di tutte
le persone del mondo. Poiché questa cosa non è conseguita d'un colpo solo, ma pian piano, con
uno sviluppo graduale, fino a che si moltiplicheranno in una quantità così grande da portare tutta
l'umanità alla purificazione desiderata. Questo è ciò che i nostri Saggi hanno denominato con
l'espressione: «far inclinare il piatto della bilancia a favore del merito». Il che vuol dire che il peso
della purificazione necessaria è stato raggiunto. I nostri Saggi lo hanno paragonato a chi lo pesa
col piatto della bilancia, dove la sentenza è data dall’inclinazione del piatto una volta raggiunto il
peso desiderato da colui che pesa.

21. Queste sono le parole di Rabbi Elazar, figlio di Rabbi Shimon, il quale disse che il mondo
viene giudicato secondo la sua maggioranza ecc., e la sua intenzione riguarda il ruolo della
nazione Israeliana di approntare il mondo fino ad una certa purificazione, fino a quando, saranno
idonei ad assumersi il Suo lavoro, non meno di quanto lo furono (i figli di) Israel al tempo della
ricezione della Toràh. Questo è chiamato nel linguaggio dei nostri saggi, che essi hanno già
raggiunto la maggior parte dei meriti, fino a sovrastare il piatto del debito nella bilancia, che è
l’impuro amore verso se stessi.
Certo, se il piatto (della bilancia) del merito, che è la sublime comprensione della qualità
dell’amore per il prossimo, abbonda e supera il piatto dell’immondo debito, essi saranno pronti
a decidere ed a consentire dicendo: «Faremo ed udiremo» come disse Israele. Prima però, vale
a dire prima di raggiungere la maggior parte dei meriti, è certo che allora l'amore per se stessi
determinerà se essi rifiuteranno di ricevere il Suo Giogo, che Egli sia benedetto.
La sua (di Rabbi Elazar) affermazione: «Se un uomo ha compiuto un precetto, sia egli beato per
aver fatto prevalere il piatto dei meriti, a favore di se stesso e di tutto il mondo», vale a dire che
finalmente la parte del singolo individuo d'Israele viene annessa alla misura dell'ultimo
piegamento della bilancia, come colui che pesa i semi di sesamo e li aggiunge uno ad uno sul
piatto della bilancia, fino a rendere decisiva la pendenza. Certamente ognuno vi prende parte,
poiché senza la sua partecipazione tutto ciò non sarebbe completato.
Quindi (Rabbi Elazar) parla dell’atto del singolo membro d'Israele che determina il piegamento
del piatto dei meriti, a favore di se stesso e di tutto il mondo, e quando terminerà questo fatto e il
cedimento decisivo del piatto sarà a favore del merito del mondo intero, allora ogni singolo
individuo avrà partecipato, poiché senza le sue azioni l’inclinazione definitiva della bilancia
sarebbe venuta a mancare.
Tu trovi così che Rabbi Elazar, figlio di Rabbi Shimon, non disputa l’enunciato dei nostri saggi che
affermano che tutti Israele sono garanti gli uni degli altri, mentre Rabbi Elazar, il figlio di Rabbi
Shimon, parla invece della correzione del mondo intero la quale arriverà nel futuro, mentre i nostri
saggi parlano del presente, quando soltanto Israele si è assunta la Toràh.

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22. A questo proposito Rabbi Elazar, figlio di Rabbi Shimon, si aiuta per mezzo dello scritto,
riferendo che «un solo peccatore perderà molto bene», dato che, come è stato già chiarito sopra,
(brano 20), la percezione della profonda emozione che giunge all'uomo nell'occuparsi dei i
precetti tra l’uomo e il suo Dio è identica alla percezione di profonda emozione che giunge
all'uomo nell'occuparsi nei precetti tra l’uomo ed il suo compagno. Questo succede poiché egli è
obbligato a compiere tutti i precetti nel Lishmà, senza nessuna speranza d'amore per se stesso,
vale a dire che non ritorni a lui nessuna illuminazione e nessuna speranza, per mezzo di questo
suo sforzo, sotto forma di pagamento di una ricompensa o sotto forma di onore e così via, perché
qui, in questo punto l’elevato amore di Dio e l’amore per il suo compagno si uniscono diventando
proprio uno (come è ricordato sopra nel brano 15).
Si trova che egli arreca in questo una certa misura di progresso nella scala dell’amore per il
prossimo in tutte le persone del mondo nella loro totalità, poiché questo gradino, che l’individuo
avrebbe causato con le sue azioni, sia in grande o in piccola misura, alla fin fine si congiungerà
nel futuro nel passaggio del mondo nel piatto dei meriti, poiché anche la sua stessa parte viene
inserita e aggiunta al inclinazione definitiva della bilancia (come è ricordato sopra nel brano 20, e
rifletti bene riguardo la parabola di colui che pesa i sesami).
Chi commette una sola trasgressione, il cui significato è che non riesce a sconfiggere e
conquistare il suo immondo amore per se stesso e di conseguenza prorompe in un furto ecc.,
ecco che determina per se stesso e per il mondo intero il piatto del debito, dato che con la
rivelazione dell’impurità dell'amore per se stesso la natura più spregevole della creazione torna a
rinforzarsi, ed ecco che egli sottrae una certa misura della determinazione del piatto (della
bilancia) del merito finale, in modo simile ad una persona che torna e toglie dal piatto della
bilancia quel unico seme di sesamo che il suo amico aveva messo, e si trova che nella stessa
misura il piatto del debito torna e si solleva un poco verso l’alto. Ne consegue che egli riporta il
mondo indietro, come dissero: «Un peccatore perderà molto bene» dato che, per non aver potuto
trattenere la sua piccolissima brama, ha provocato che la spiritualità del mondo intero sia tornata
indietro.

23. Con queste parole si chiarifica molto bene quello che abbiamo sollevato sopra (brano 5),
circa il fatto che la Toràh è stata data specificatamente alla stirpe della nazione Israeliana, perché
è certo ed inequivocabile che lo scopo della Creazione è imposto all’intera specie umana tutta
quanta, che sia nera, bianca o gialla, senza nessuna differenza nella sua essenza. Però a causa
della discesa della natura degli esseri umani al livello più indegno, com'è stato spiegato sopra,
dove l'amore per se stessi governa in un dominio senza limiti su tutta l’umanità, non c’era
nessuna via né nessun accesso per negoziare con loro e per spiegar loro di decidere e accettare
di assumersi, pur con una promessa generica, l’uscita dai loro limiti ristretti verso un mondo
ampio d’amore per il prossimo, tranne che per la nazione Israeliana, dato che (Israel) erano stati
in antecedenza in schiavitù nel regno selvaggio d’Egitto per quattrocento anni, soffrendo grandi e
terribili sofferenze. E sono conosciute le parole dei nostri saggi che dissero: «Come il sale
dolcifica la carne, così le sofferenze purificano i peccati dell’uomo» il che vuol dire che apportano
al corpo una grande purificazione ed oltre a ciò, la purificazione dei loro santi padri è stata loro
d’appoggio (come è ricordato sopra nel brano 16) e questa è la cosa fondamentale, come
testimoniano a proposito alcuni scritti della Toràh.
Acausa di queste due anticipazioni essi furono qualificati a ciò ed infatti lo scritto che li riguarda e
li denomina, utilizza la forma singolare, com'è scritto: «Ed Israele si accampò là, di fronte al
monte», che i nostri saggi interpretano “come un solo uomo con un unico cuore”, poiché ogni
singolo individuo della nazione rimosse completamente l’amore per se stesso e tutta la sua
attitudine fu quella di beneficiare il proprio amico, come abbiamo dimostrato sopra (brano 16),
esponendo il significato del precetto «Ama il tuo amico come te stesso», consideralo con
attenzione. Ecco che tutti gli individui nella nazione si unirono assieme e divennero un cuore
solo ed un’unica persona, dato che solo allora furono preparati a ricevere la Toràh.

24. E perciò, e in base alla necessità detta sopra, la Toràh fu consegnata esclusivamente alla
nazione Israeliana, alla stirpe di Abramo, Isacco e Giacobbe, poiché non si potrebbe nemmeno
pensare che un estraneo vi prendesse parte. Infatti per questo motivo la nazione Israeliana fu
corretta e preparata per essere una specie di passaggio, poichè tramite loro (i suoi membri ) le
scintille della purificazione affluissero a tutta la specie umana nell’intero mondo. Questo
(succederà) in tal modo che codeste scintille di purificazione si moltiplicheranno ogni giorno
come chi devolve tesori, fino al punto che si colmeranno nella misura desiderata, cioè fino a che
essi si svilupperanno e giungeranno al punto che potranno capire il piacere e la quiete che si
trova nel fulcro dell’amore per il prossimo. Giacché allora capiranno (la necessità) di determinare
il piatto della bilancia dalla parte del merito e s'inseriranno sotto il Suo Giogo, che Egli sia
benedetto, ed il piatto della bilancia del debito sarà dissipato dal mondo.

25. Ora non ci resta che completare ciò che abbiamo spiegato (brano 16) circa la ragione per la
quale la Toràh non fu data ai nostri padri, poiché il precetto «Ama l’amico tuo come te stesso»
che è l’estremo di tutta la Toràh, quando tutti gli altri precetti ruotano intorno a questo precetto per
interpretarlo e spiegarlo, ecco che non è idoneo ad essere osservato individualmente, ma
solamente col consenso preliminare dell’intera nazione.
Di conseguenza la cosa durò fino alla loro uscita dall’Egitto, quando divennero degni di
osservarlo, ed allora fu chiesto a loro a priori se ogni singola persona della nazione avrebbe
accettato di assumersi questo precetto. Dopo che tutti furono d’accordo in proposito, fu concessa
loro la Toràh. Consideralo attentamente. Rimane in ogni modo ancora da chiarire dove troviamo,
nella Toràh, che tutti i figli d'Israel furono interpellati riguardo a questa domanda e che furono
d’accordo a proposito, ancora prima di ricevere la Toràh.

26. Sappi che codeste cose sono palesi a tutte le persone istruite, per quell’invito che Dio mandò
ad Israele tramite Mosé prima della ricezione della Toràh, com'è scritto (Esodo, Parashà Itrò, 19,
5): «Or dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il
mio tesoro particolare (ndr. in ebraico - Sgulà, qualità miracolosa); poiché tutta la terra è mia; e
sarete per me un regno di sacerdoti e un popolo santo. Queste sono le parole che dirai ai figliuoli
d’Israele. E Mosè venne, chiamò gli anziani del popolo, ed espose loro tutte queste parole che
l’Eterno gli aveva ordinato di dire. E tutto il popolo rispose concordemente e disse: "Noi faremo
tutto quello che l’Eterno ha detto". E Mosè riferì all’Eterno le parole del popolo».

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Questi i discorsi non sembrano adatti al loro ruolo dato che l'intelletto implica che se una
persona offre al suo amico la possibilità di fare un determinato lavoro e vuole sentire il suo
consenso, ecco che dovrebbe chiarirgli un esempio del tipo del lavoro offerto e riferirgli qual è il
salario. Solo allora chi riceve è in condizione di considerare se respingere o accettarlo. Qui, in
questi due brani, non troviamo in apparenza né un esempio del lavoro e neanche la sua paga,
visto che dice: «Or dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto» e non ci
spiega in cosa consiste la voce né in cosa consiste il patto. Poi dice: «Sarete fra tutti i popoli la
mia Sgulà, poiché tutta la terra è mia, ma non è dimostrato con questo se Egli ce lo comanda,
vale a dire, se dobbiamo sforzarci di essere una Sgulà fra tutti i popoli, oppure se questa è una
promessa benefica per noi.
Dobbiamo anche capire la connessione con la fine dello scritto: «Poiché tutta la terra è mia». Qui
ci sono le tre traduzioni: Unkelus, Yonatan Ben Uziel, e Il Yerushalmi e tutti i commentatori come
Rashi ed il Ramban eccetera, che spiegano a malapena il semplice significato di questo scritto
ed Iben Ezra dice, a nome di Rabbi Marinos, che il “poiché” sta per “sebbene” ed egli interpreta
così: «Sarete per me Sgulà tra tutti i popoli, sebbene tutta la terra sia mia». Iben Ezra stesso
tende ad accordarsi con quest'interpretazione, ma essa non è in conformità con i nostri Saggi
che dissero il “poiché” serve per quattro interpretazioni: "o", nel caso di, “salvo che”, “che”. Egli
aggiunge per di più una quinta interpretazione: “sebbene”.
La scrittura termina: «Sarete per me un regno di sacerdoti ed un popolo santo». Anche qui non è
evidente dal testo se questo è un precetto per il quale uno si deve sforzare, oppure una buona
promessa. Anche queste parole «un regno di sacerdoti» non hanno alcuna interpretazione o un
caso simile nell’intera Bibbia. È soprattutto necessario definire, in tutti i casi, la differenza tra «un
regno di sacerdoti» e «un popolo santo», dato che il significato ordinario di sacerdozio è uno con
la santità, e in ogni modo è comprensibile che un regno composto solo di sacerdoti è, in effetti,
un popolo santo, di conseguenza le parole «popolo santo» sono superflue.

27. Tuttavia, secondo tutto ciò che abbiamo spiegato dall'inizio dell'articolo sin qui, gli scritti sono
delucidati in base alla loro struttura, secondo la loro appropriata funzione d'essere una
rappresentazione di una negoziazione che comprende un’offerta ed un consenso. Questo vuol
dire che Egli offre loro veramente, con queste parole, l'intera forma e tutto il contenuto del Lavoro
(Spirituale) della Toràh e dei precetti, attribuendo il compenso che è degno di essere udito.
Poiché la forma del lavoro della Toràh e dei precetti è espressa nello scritto: «Sarete per me un
regno di sacerdoti», poiché un regno di sacerdoti vuol dire che tutti voi, dal più piccolo al più
grande, sarete come sacerdoti. Vale a dire, che proprio come i sacerdoti i quali non hanno alcun
appezzamento né possedimento rurale né nessuna proprietà materiale in terra, perché il Signore
è il loro possedimento, così l’intera nazione sarà organizzata nella sua complessività in modo
tale che la terra e tutto quello che vi si trova sarà tutta consacrata al Signore. E la terra non potrà
essere lavorata da alcuno se non per osservare i precetti del Creatore e per soddisfare le
necessità del suo prossimo, i cui desideri non saranno in difetto, in modo tale che nessun
individuo dovrà preoccuparsi dei propri bisogni.
In questo modo persino i lavori secolari - come il raccolto, la semina, ecc. sono considerati
proprio come i lavori dei sacrifici che i sacerdoti compivano nel tempio, infatti che differenza c'è
tra l'occuparsi del precetto di fare sacrifici per il Signore, che è un precetto di Assè (ndr. Uno dei
248 precetti rispetto ai quali va compiuta un'azione per eseguirli) e se io eseguo il precetto di
Assè: «Ama l’amico tuo come te stesso»? Si deduce che chi raccoglie il suo campo per nutrire il
suo prossimo è simile a colui che si leva per compiere un sacrificio al Signore. Inoltre, è
ragionevole assumere che il precetto di Assè: «Ama l’amico tuo come te stesso», sia più
importante di chi fa il sacrificio, come l’abbiamo dimostrato sopra (capitoli 14 e 15).
Però, con ciò la cosa non termina qui, perché l’intera Toràh ed i precetti furono dati con l’unico
scopo di purificare con essi Israel, che è la purificazione del corpo (vedi brano 12), dopo la quale
(ndr. il popolo d’Israele) otterrà a mezzo di essi la vera ricompensa che è l’adesione a Lui, che è
l o scopo della creazione (come è ricordato sopra nel brano 6, consideralo con attenzione).
Questa ricompensa è espressa nelle parole «un popolo santo» dato che, attraverso l’adesione a
Lui, siamo divenuti santi, com'è scritto: «Sarete santi perché, Io, l’Eterno vostro Dio sono Santo».
Ecco, vedi che nelle parole «un regno di sacerdoti» viene espressa tutta la forma del Lavoro che
riguarda l’apice di «Ama l’amico tuo come te stesso», che vuol dire un regno fatto interamente di
sacerdoti, che il Signore è il loro possedimento e non hanno nessuna proprietà personale fra
tutti gli averi materiali; e dobbiamo ammettere, volenti o nolenti, che questa è l'unica definizione
che si possa comprendere riguardo a questo «regno di sacerdoti». Poiché non puoi spiegarlo
per mezzo del sacrificio sull’altare degli immolati, dato che questo non potrebbe essere detto
rispetto all’intera nazione, perché chi sono coloro che fanno i sacrifici? Così pure per quanto
riguarda l'atto di prendere i regali del sacerdozio, chi sono coloro che donano? Anche spiegando
ciò rispetto al discorso della santità dei sacerdoti, eppure è già stato detto: «Un popolo santo»?
Ecco che per forza di cose, il significato di tutto ciò non è altro che il Creatore è il loro
possedimento, essendo essi stessi privi di ogni proprietà materiale, il che vuol dire la misura di
«Ama l’amico tuo come te stesso», che comprende l’intera Toràh e con le parole «un popolo
santo» viene espressa tutta la forma dell'assegnamento della ricompensa che è l’adesione,
come dimostrato sopra.

28. Ora possiamo comprendere bene anche le precedenti parole, in tutta la loro misura, poiché
dice: «Se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto», vale a dire fare un patto su
quello che vi dico qui, cioè «sarete per me una Sgulà fra tutti i popoli, nel senso che sarete per
me la Sgulà, e per mezzo vostro le scintille della purificazione e la raffinazione dei corpi saranno
estese a tutti i popoli ed alle nazioni del mondo, visto che le nazioni del mondo non sono ancora
per niente pronte a ciò, ed Io (ndr. come lo dicesse il Borè ) ho bisogno in ogni modo di una
nazione con la quale iniziare ora, affinchè diventi una Sgulà tra tutte le altre nazioni». Quindi lo
scritto termina con: «Poiché tutta la terra è mia» che significa che tutti i popoli della terra come voi
mi appartengono, e sono destinati ad unirsi a me.
Solo che ora, quando essi non sono ancora in grado di attuare questo compito, Io ho bisogno di
un popolo di Sgulà, e se siete d’accordo su ciò, vale a dire essere il rimedio fra tutti i popoli, Io vi
ordino di essere per me «un regno di sacerdoti» che è la distinzione dell’amore per il prossimo
nel suo aspetto finale di «Ama l’amico tuo come te stesso», che è l’apice della Toràh nella sua
totalità e dei precetti. «Una santa nazione» che è la ricompensa nella sua forma finale nel «e
aderire a Lui, che Egli sia benedetto», che include tutta la retribuzione che è possibile far
conoscere.
Questo è ciò che i nostri Saggi ci hanno fatto udire commentando il finale dello scritto: «Queste

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Questo è ciò che i nostri Saggi ci hanno fatto udire commentando il finale dello scritto: «Queste
sono le parole che dirai ai figli d’Israele», precisando «Queste sono le parole», «niente di meno»
e «niente di più». Dove vediamo che Mosè non avrebbe potuto aggiungere o sottrarre alle parole
del Signore, fino al punto da fare il Creatore ammonirlo in proposito, non avendo trovato alcun
esempio del genere in tutta la Toràh, ma al contrario è scritto nei suoi confronti: «Che è il più
fedele in tutta la mia casa».

29. Su ciò che è stato detto è ben chiaro che riguardo alla descrizione del Lavoro nella sua
caratteristica finale, com'è spiegato con le parole «un regno di sacerdoti» che è la definizione
finale di «Ama l’amico tuo come te stesso», in verità Mosè avrebbe potuto considerare di
indugiare, e non svelare tutto in una volta la forma del Lavoro in una tal grande ed elevata
esorbitanza, per timore che i figli di Israel non avessero voluto distaccarsi da tutte le loro
proprietà materiali e consegnando tutto il loro patrimonio ed i loro averi al Creatore, secondo il
significato delle parole «regno di sacerdoti», simile al modo in cui scrisse il Rambam, che alle
donne e ai bambini piccoli è vietato rivelare il puro asservimento, il quale deve essere (compiuto)
senza lo scopo di essere ricompensati, ma bisogna aspettare che crescano e diventino saggi
ed allora avranno il coraggio di eseguirlo, come è scritto sopra. Di conseguenza il Creatore fece
precedere l'avvertenza suddetta «non di meno», presentando loro la vera natura in tutta la sua
elevatezza ed esorbitanza espressa nelle parole: «Un regno di sacerdoti».
E così, per quanto riguarda l'assegnazione della ricompensa definita nelle parole: «Ed un popolo
santo», Mosè avrebbe potuto considerare di spiegare ed ampliare loro molto di più riguardo la
soavità e la sublime delicatezza che sono recondite nella Sua adesione, che Egli sia benedetto,
per renderli idonei ed avvicinarli affinché ricevessero ed accettassero questa immensa enormità
che consiste nel separarsi da tutte le proprietà di questo mondo, nella distinzione di "sacerdoti".
Di conseguenza l'avvertimento gli giunse «non di più», solo rendere insondabile e non
specificare tutta la distinzione dell’assegnamento della ricompensa che è inclusa solamente in
queste parole: «Un popolo santo».
La ragione di tutto ciò è che se egli avesse rivelato loro la meravigliosa esultanza che c'è
nell'’essenza della ricompensa, ecco che necessariamente essi avrebbero frainteso il tutto ed
avrebbero accettato il Suo lavoro, che Egli sia benedetto, per ottenere per loro stessi questa
buona ricompensa, cosa che sarebbe stata considerata come chi fa il servizio per “se stesso”, e
l’amore di se stesso, quando tutta l'intenzione è distorta, come è ricordato sopra (brano 13),
consideralo con attenzione.
Ed ecco che è stato interpretato riguardo alla misura della forma del lavoro espressa nelle parole
«un regno di sacerdoti» dove gli fu detto «niente di meno», e circa la misura insondabile
dell'assegnamento della ricompensa espressa nelle parole ed «un santo popolo», gli fu detto
«niente di più».

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