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Cuore

Pericardio-epicardio

Alterazioni degenerative

Degenerazione gelatinosa del tessuto adiposo

M: Nella cachessia
Pg: Grasso intracellulare sostituito da acqua, cellule rimpicciolite, tessuti acquosi, gelatinosi.

Chiazza tendinea

Ma: Ispessimento epicardio: bianco splendente, lievemente rilevato, spostabile! Soprattutto


superficie ventricolo destro.
DD: cicatrice miocardica: depressa,non spostabile!
Mi: Fibre connettive larghe, lucenti, rosse con van Gieson (ialine), scarsi nuclei.
E: Irritazione meccanica (carico abnorme) o cicatrice conseguente a pericardite.
Pr: Clinicamente senza importanza.

Adipositas cordis (= lipomatosis cordis)

Intorno ai vasi coronarici normalmente scarso tessuto adiposo subepicardico. Obesità  notevole
aumento del tessuto adiposo, ricopre quasi l’intera superficie, per cui traspare solo poco miocardio,
specie all’altezza del cono della polmonare tra le fibre miocardiche.
Pg: Iperalimentazione + scarso moto  adiposità generalizzata.
Se: Rapida insufficienza carsiaca per sovraccarico (obesità generalizzata = sovraccarico cardiaco).

Disturbi di circolo

Idropericardio

= versamento sieroso nel pericardio: contenuto pericardico normale: 5-20 ml

E: (a) infiammazione sierosa = essudato.


(b) stasi non infiammatoria [scompenso venoso generalizzato (vizi cardiaci) – ipoproteinemie e
disproteinemie edemi gene] = trasudato.
Pg: Stasi  vasodilatazione passiva, nonché insufficiente rifornimento di O2 ai capillari 
aumentata permeabilità vasale  versamento.
Pr: Un versamento pericardico cospicuo uccide il paziente per compressione del cuore 
tamponamento cardiaco.

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Emorragie

a) per diapedesi = senza rottura vasale


E: asfissia, ad es. del neonato.
Ma: emorragie puntiformi a morso di pulce, che non si lasciano asciugare sono prova di asfissia!
Lo: epicardio, lungo il solco coronarico. Anche sottopleuriche nelle scissure interlobari dei
polmoni: chiazze di Tardieu.

b) Per ressi = rottura della parete vasale.


Se: Emorragia massiva nel pericardio = tamponamento cardiaco.
E: Rottura del cuore da necrosi miocardica (infarto). Alterazioni infiammatorie o traumatiche
dei vasi coronarici, ferite del miocardio.

Infiammazioni

Eziologia e incidenza di pericardite acuta (da Khandaker MH e coll. 2010)

CONDIZIONE INCIDENZA STIMATA (%)


Idiopatica 85-90
Infettiva
 Virale 1-2
 Batterica 1-2
 Tubercolare 4
 Fungina Rara
 Parassitaria Rara
Neoplastica 7
Autoimmune 3-5
Post cardiotomia o chirurgia tiracica < 1%
Dissezione aortica < 1%
Traumi toracici < 1%
Irradiazione toracica < 1%
Reazione a farmaci < 1%
Infarto del miocardio 5-20 (nella specifica popolazione)
Miocardite 30 (nella specifica popolazione)
Uremia
 Prima della dialisi 5
 Dopo inizio della dialisi 13

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Pericardite secca = fibrinosa

Df: Infiammazione del pericardio con essudazione e deposito di fibrina sulla superficie esterna
del cuore.
Pg: traumatica; invasione neoplastica; propagazione di una tubercolosi linfoghiandolare;
propagazione di una miocardite; uremica; ematogeno-piemica; propagazione di un empiema
pleurico.
E:
1. Sepsi o propagazione di una infiammazione da organi contigui.
2. Uremia (= invasione del corpo con sostanze di rifiuto azotate)  escrezione attraverso il
pericardio.
3. Carcinosi pericardica = imoianto di cellule neoplastiche disseminate. In tal caso i filamenti di
fibrina sono spesso imbibiti di sangue.

NB.: L’infiammazione fibrinosa emorragica è molto sospetta per tumore.

4. infarto del miocardio: infiammazione perifocale = pericardite epistenocardica.

Ma: Depositi di fibrina costituiti da filamenti giallastri, staccabili con la pinzetta e disposti su
una superficie opaca.

N.B.: Placche fibrose = “aderenze”, da non confondere con le placche fibrose = connettivo
bianco: ricoperte da mesotelio integro; rimovibili solo con perdita di sostanza, poiché saldate
con l’epicardio. Il mesotelio in principio è ancora conservato = splendente, ma presto viene
distrutto = opaco.

Mi: Mesotelio inizialmente conservato  distrutto, apposizione di tozzi filamenti di fibrina.


Nella fibrina e nel pericardio infiltrati infiammatori: leucociti polimorfo nucleati, poi
gemmazione vasale, nonché macrofagi, linfociti a nuclei nudi, alcune plasmacellule. Poi
gemmazioni di cellule connettivali  formazione di cicatrice con aderenza. Estensione della
flogosi agli strati esterni del miocardio  miocardite corticale.
Si: Sfregamento (auscultazione), dolori.
De: a) l’organismo cerca di degradare la fibrina con l’aiuto dei leucociti polimorfo nucleati
(enzimi proteolitici)  poi di allontanarla. b) organizzazione: migrazione di numerosi istiociti =
macrofagi = clasmatociti e gemme capillari solide  canalizzazione. Migrazione di fibroblasti:
i fibrociti delle zone all’intorno si fanno rotondeggianti e si differenziano in fibroblasti 
tessuto di organizzazione.

N.B:: Tessuto di organizzazione = tessuto di granulazione, che noi troviamo:

a) nello stadio proliferativo di una infiammazione


b) nell’organizzazione di una trombosi
c) nella cicatrizzazione

Invecchiamento del tessuto di organizzazione  cicatrice = connettivo ialinizzato: i fibroblasti


diventano fibrociti (nuclei snelli), formazione di collageno, i capillari si obliterano, le cellule
dell’infiammazione scompaiono.

Se: Restitutio ad integrum se la fibrina viene lisata da enzimi proteolitici. Di regola  formazione
di cicatrice con aderenze:

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Accretio  aderenze a briglie.
Syncretio pericardii = saldatura totale e obliterazione del cavo pericardico da parte del connettivo.

Cuore a corazza:

ma: Aderenze di durezza ossea che cingono di un muro il cuore.


Pg: Deposito di masse calcaree in seno alla fibrina non disciolta.
M: Soprattutto in seguito a flogosi tubercolari del pericardio.
Se: Strozzamento del cuore se non liberato con atto operativo.

Pericardite purulenta

Mi: Leucociti polimorfo nucleati, leucociti in disfacimento, fibrina ±, siero.


Co: Diffusione di sostanze tossiche nel miocardio  danno del muscolo cardiaco o invasione del
miocardio  miocardite capsulare (superficiale).
Dg: In caso di febbre alta, condizioni gravi, dispnea, attenuazione dei toni cardiaci, si pensi sempre
alla possibilità di una pericardite purulenta!

Pericardite reumatica

Ma: focolai piccoli, stellati, giallo-biancastri, con area rossastra centrale nel pericardio. In paqrte
saldatura, in parte aderenza dei foglietti pericardici.
Mi: granulomi reumatici: infiltrati nel territorio circostante le più piccole arterie: linfociti,
plasmacellule, fibroblasti, istiociti voluminosi con nucleo allungato e lungo nucleolo; tra essi
sostanza fibrinoide.

Pericardite tubercolare

Pg: L’infezione tubercolare del pericardio è possibile per quattro vie:

1. ematogena (la più frequente)


2. per contiguità: invasione diretta del pericardio, ad es. da un linfonodo o da un focolaio
polmonare tubercolari.
3. canalicolare = per continuità: propagazione al pericardio in seguito a invasione di materiale
tubercolare da una linfoghiandola tubercolare in sede vicina.
4. linfogena.
Ma: epicardio e pericardio opacati, deposito di lacinie di fibrina. Aumento del disegno vasale
(iperemia). Dopo asportazione della fibrina, sono rilevabili noduli, della grandezza di un grano di
miglio (1-2.5 mm) caseificazione: orlatura di noduli tubercolari nell’epicardio e pericardio. Qua e là
nella cavità pericardica lamine caseose  deposito di calcio nelle masse caseificate  cuore a
corazza.
Mi: Noduli avascolari (tubercolo = nodulo): masse necrotiche con zona centrale giallastra =
caseificazione (non obbligatoria), radialmente circondate da tozze cellule ricche di citoplasma con
nucleo a suola di scarpa = cellule epitelioidi. Come elemento cardinale: cellule giganti tipo
Langhans. All’intorno linfociti a nuclei nudi.

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Malformazioni cardiache

Sviluppo del cuore

Due elementi caratterizzano le primissime fasi di sviluppo del sistema cardiocircolatorio:


l’emangioblasto e il fattore di crescita vascolare endoteliale!

Emangioblasto:
I vasi sanguigni e gli elementi del sangue condividono un precursore comune, l'emangioblasto.
Gruppi di cellule del mesoderma splancnico vengono specificate a divenire emangioblasti.
Si formano le isole sanguigne in cui le cellule interne diventano staminali emopoietiche e quelle
più esterne angioblasti che poi si differenzieranno in cellule endoteliali.

Fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF):


Animali mancanti di uno dei due alleli del fattore di crescita vascolare endoteliale muoiono
prima della nascita per il mancato sviluppo del sistema cardiovascolare.
Queste osservazioni indicano che lo sviluppo del sistema cardiovascolare dipende dalla
generazione di precisi gradienti di concentrazione di VEGF e che una diminuzione della

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quantità di VEGF prodotta durante lo sviluppo dell’embrione può portare a una diminuzione
dell’angiogenesi con conseguenze fatali.
Analogamente la distruzione dei geni codificanti i recettori tirosin-kinasici del VEGF, VEGFR-2
e VEGFR-1 risultano in gravi anomalie della formazione dei vasi sanguigni.
La produzione di VEGF può essere indotta dall’ipossia e in tal modo può essere stimolata, non
solo l’angiogenesi che accompagna la formazione degli organi durante lo sviluppo, ma anche
quella in situazioni patologiche.

La specificazione delle cellule del mesoderma cariogeno è indotta dal mesoderma adiacente
mediante BMP (che determina anche lo sviluppo del sangue) ed FGF.

Durante il processo della gastrulazione una parte del mesoderma migra dalla linea primitiva fino
al davanti della membrana faringea e si unisce con la parte omologa del lato opposto a formare
l'abbozzo cardiaco.
La delaminazione del mesoderma laterale che porta alla formazione del celoma dà luogo in
questa regione a una somatopleura e a una splancnopleura che formeranno le pareti della futura
cavità pericardica.
Nella splancopleura compariranno, a partire dal 20° giorno, prima delle isole, e quindi per
confluenza i due tubi endocardici.
Quando si delimita il corpo dell'embrione questi due tubi si avvicinano sulla linea mediana e la
chiusura dell'intestino cefalico li colloca in posizione ventrale.
Verso il 22° giorno, i due tubi endocardici si accollano e quindi si fondono in senso cranio-
caudale.
Questa fusione è seguita dalla scomparsa del mesocardio ventrale, poi, parzialmente, del
mesocardio dorsale.
Il tubo cardiaco impari e mediano, comincia a battere verso il 23° giorno!
Esso si accresce considerevolmente in una cavità pericardica che non si accresce con lo stesso
ritmo e va quindi incontro a un ripiegamento complesso.
Tra il 27° e il 29° giorno si stabilisce la vera e propria circolazione embrionale.

Al 28° giorno

L'atrio primitivo è diventato una grande cavità che si pone in dietro rispetto alla regione
ventricolare, e si sdoppia in due tasche, gli atrii destro e sinistro.
A questo punto il ventricolo è compreso fra il bulbo arterioso in avanti e gli atrii indietro.
La plica tra bulbo e ventricolo scompare rapidamente.

Tra 35° e 40° giorno

La separazione tra atri e ventricoli si accentua, restringendosi il canale atrio-ventricolare.


Nel lume di quest'ultimo compaioniono, sulla parete dorsale e ventrale due cercini endocardici
che si dirigono l'uno verso l'altro e finiscono col saldarsi per formare il setto intermedio.

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Al 40° giorno il canale atrio-ventricolare è diviso in due orifici atrio-ventricolari, destro e
sinistro.
Il mesenchima che circonda ciascun orificio prolifera e forma gli apparati valvolari atrio-
ventricolari: mitrale a sinistra, tricuspide a destra.

Sepimentazione interatriale

La divisione dei due atri inizia durante la 5° settimana secondo questa sequenza:
• Comparsa sulla parete postero-superiore di un setto falciforme, septum primum.
• Il septum primum delimita l'ostium primum.
• Durante lo sviluppo del septum primum e la chiusura dell'ostium primum compaiono
delle deiscenze nella parte superiore del septum che formeranno l'ostium secundum.
• Comparsa sulla parete antero-superiore del septum secundum a destra del septum
primum.
• Il septum secundum ricopre l'ostium secundum ma resta incompleto con la
formazione del foro ovale.

Sepimentazione interventricolare

 A partire dalla 5° settimana compare sulla parete ventricolare anteriore una cresta situata nel
piano mediano, inizio del setto interventricolare: esso è incompleto e lascia persistere la
comunicazione col bulbo arterioso.
 Nel bulbo arterioso si presentano due ispessimenti, i cercini aortico-polmonari, che
discendono a spirale che si uniscono formando il setto aortico-polmonare.
 La sepimentazione terminerà con la chiusura della comunicazione interventricolare, tramite
la coalescenza di tre formazioni provenienti da: cercine aortico-polmonare destro, cercine
aortico polmonare sinistro e cercine endocardico atrio-ventricolare posteriore: avrà così
origine la parte membranosa del setto interventricolare.

Circolazione fetale

 La placenta oltre al suo ruolo nutritivo assicura l'ematosi del sangue fetale.
 Il sangue fetale le arriva tramite le arterie ombelicali, rami del sistema aortico caudale.
 Esso viene riportato al feto dalla vena ombelicale fino al fegato, quindi dal dotto venoso
nel sistema della cava inferiore.
 Il piccolo circolo è shuntato tramite il foro ovale, che convoglia il sangue dal cuore
destro al sinistro, e dal dotto arterioso che devia il sangue dall'arteria polmonare verso il
sistema aortico.

Modificazioni alla nascita

• Alla nascita la circolazione placentare si interrompe.

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• La brusca depressione provocata dalla prima inspirazione nella cavità toracica
contribuisce alla messa in moto della circolazione polmonare.
• La pressione sanguigna diminuisce nell'arteria polmonare poiché essa inizia ad
alimentare una rete capillare dilatata a causa dell'espansione del parenchima
polmonare
• A causa di questo fatto la corrente sanguigna nel dotto arterioso si interrompe, la
parete muscolare di esso si contrae, ed in tal modo in qualche giorno si realizza una
chiusura completa
• L'afflusso di sangue polmonare nell'atrio sinistro vi determina un aumento di
pressione con conseguente accollamento del septum primum al septum secundum e
chiusura del foro ovale
• Nel giro di qualche settimana del dotto arterioso resterà solo il legamento fibroso e si
avrà la definitiva saldatura del septum primum al septum secundum

Oltre alle mutazioni genetiche molti fattori ambientali possono agire da agenti teratogeni causando
alterazioni dello sviluppo.
Il periodo di maggiore suscettibilità è quello compreso tra la terza e l’ottava settimana poiché è
l’epoca in cui si forma la maggior parte degli organi!
Periodo embrionale = fino alla fine dell’ottava settimana
Periodo fetale = periodo successivo della vita intrauterina

E: 1. Alterazioni cromosomiche: ad es. vizi cardiaci nella trisomia 21.


2. Lesioni da fattori ambientali dutante la gravidanza:
a) ipossia da emorragia materna; anossia da compressione nei miomi uterini.
b) danno da radiazioni.
c) passaggio diaplacentare di virus (ad es. virus della rosolia).
d) avitaminosi; anche iperdosaggio di vitamina A ecc.
e) infiammazioni
3. Una malformazione primitiva agente sfavorevolmente sulla dinamica circolatoria può causare
una malformazione secondaria, che spesso in tal caso rende possibile la vita (persistenza
dell’apertura del dotto di Botallo ecc.).
VIZI CON CIANOSI

1. Tronco arterioso comune: mancato sviluppo del setto aorto-polmonare. Dai due ventricoli
origina un vaso unico  suddiviso distalmente in aorta e polmonare: obbligatorio un difetto
del setto interventricolare. Uguali valori pressori nel piccolo e nel grande circolo.
2. Trasposizione dei grossi vasi: l’aorta origina dal ventricolo destro, la polmonare da quello
sinistro. Compatibile con la vita se esiste un difetto del setto interatriale o interventricolare
con shunt incrociato.
3. Sindrome di Taussing-Bing: Trasposizione dell’aorta con arteria polmonare a cavallo.
4. Tetralogia di Fallot:
 Stenosi polmonare
 Comunicazione interventricolare
 Destroposizione dell'aorta
 Ipertrofia del ventricolo destro
 Ne consegue una cianosi intensissima ed una dispnea in grado variabile

5. Trilogia di Fallot:
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 Stenosi della polmonare
 Difetto del setto interatriale
 Ipertrofia destra

6. Pentalogia di Fallot: tetralogia + difetto del setto interatriale.


7. Sindrome di Eisenmenger: tetralogia di Fallot senza stenosi della polmonare.
8. Stenosi tricuspidale.
9. Sindrome di Ebstein: anomalia della valvola tricuspide: i lembi valvolari si inseriscono in
profondità nel ventricolo destro. Ventricolo destro piccolo. – Fibroelastosi quale alterazione
secondaria.

VIZI SENZA CIANOSI

1. Difetto dell’ostium secundum: uno dei più frequenti vizi cardiaci congeniti.
2. Pervietà del forame ovale: nel 30% del totale delle autopsie. Clinicamente di solito privo di
importanza, poiché il septum primum viene pressato sul septum secundum dalla più elevata
pressione esistente nell’atrio sinistro.
Co: embolia crociata.
3. Sindrome di LUTEMBACHER = difetto del setto interatriale + stenosi mitralica.
4. Morbo do Roger: difetto del setto interventricolare (nel 30% del totale dei pazienti con
sindrome di Down).
5. Stenosi aortica: Pg: setto aorto-polmonare spostato verso sinistra ( aorta).
6. Stenosi del cono aortico.
7. Stenosi istmica dell’aorta = coartactio aortae:
a) tipo giovanile = congenito:
E: “insufficiente abbozzo aortico”. Stenosi abbastanza lunga. Il dotto arterioso di
regola non alterato, sbocca prima o dopo la stenosi.
b) Tipo dell’adulto (formatosi immediatamente dopo la nascita): stenosi circoscritta. Il
dotto arterioso sbocca nella zona stenotica.
Pg: Fisiologicamente occlusione del dotto arterioso attraverso trombosi e flogosi di
organizzazione. Qui: tessuto di granulazione  invadente l’aorta  raggrinzimento
in seguito a cicatrizzazione  stenosi.

Se: Marcata arteriosclerosi nell’ambito della metà superiore del corpo (ipertensione
arteriosa) nonché immediatamente al di sotto della stenosi (effetto istmico).
L’arteriosclerosi manca nella metà inferiore del corpo (pressione arteriosa più bassa).
_ Ciò dimostra che l’ipertensione costituisce un fattore importante nella genesi
dell’arteriosclerosi!
Circolo collaterale: a. toracica interna, arterie intercostali (  atrofia da
compressione delle costole, radiologicamente dimostrabile), e a. epigastrica
inferiore.

Conseguenze delle malformazioni cardiache:


1. pervietà del forame ovale o del dotto arterioso = tentativo di compensazione
circolatoria di una malformazione cardiaca primitiva.
2. mescolanza del sangue  ipossiemia.
3. stenosi valvolari (resistenza) o shunts (volume) sovraccaricano il cuore  ipertrofia
cardiaca  insufficienza cardiaca.
4. formazione di trombi  distacco  embolie. In:
a) ventricoli patologicamente deformati (formazione di vortici).

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b) Pervietà del dotto arterioso  notevole sovraccarico della sua parete 
formazione di un aneurisma  formazione di vortici  trombosi 
embolia.
5. endocardite lenta: frequente in cuori con malformazioni.

Miocardio

Alterazioni regressive

= alterazioni degenerative = miocardosi  a volte insufficienza cardiaca energetico-dinamica.

Necrosi

= morte cellulare + alterazione enzimatica. Infarto del miocardio; miocardite parenchimatosa.

Atrofia bruna

Atrofia = rimpicciolimento acquisito di un organo e delle sue cellule, fibre ecc.

E: vecchiaia, inattività, deficit alimentari, cachessia.

Ma: diminuzione nei confronti della norma della grossezza delle pareti nonché del peso del cuore
atrofico; colore bruno scuro (tabacco Kentucky!); trabecole rimpicciolite.

Attenzione: cuore con atrofia bruna (-) con contemporanea ipertrofia (+) presenta un normale
spessore delle pareti.

N.B.: Spessore della parete cardiaca: senza epicardio e senza trabecole:

Valori normali: ventricolo sinistro, misurato lungo il margine cardiaco sinistro, linea di
sezione posteriore (!) 12 mm;

ventricolo destro misurato all’altezza del cono della polmonare 3 mm;

Peso del cuore nell’adulto: circa 1/200 del peso corporeo = 300-340 g.

Mi: Fibre muscolari assottigliate, striature trasversale e longitudinale conservate. Interstizio un po’
ampliato. Nuclei più grossi della norma. Ai poli del nucleo, disposti a cono, granuli grossolani
giallo-bruni = lipofuscine.

Fragmentatio cordis

Mi: spezzettamento delle fibre miocardiche in sottili frammenti. Lacerazione delle fibrille
all’altezza delle linee cementanti.

Pg: Agonica, al momento dell’ultima contrazione o solo dopo la morte per l’influenza della rigidità
cadaverica.

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Degenerazione grassa delle fibre miocardiche

Df: Deposizione di goccioline di grasso nelle fibre miocardiche:

a) degenerazione grassa diffusa a piccole gocce:

E: tossica: avvelenamento da ipnotici, insufficienza epatica, tetracloruro di carbonio,


tossina difterica, arsenico, fosforo ecc.

b) Tigratura del miocardio

E: ipossia, di regola anemia.

Ma: macule gialle disposte parallelamente = gruppi di fibre mioca4diche in


degenerazione grassa.

c) degenerazione perifocale:

M: alla periferia di focolai necrotici: infarto del miocardo, ascesso.

E: Ipossia nella zona di confine dell’infarto + diffusione di sostanze tossiche.

Glicogenosi

Dimostrazione: colorazione con carminio di Best previa fissazione in alcool assoluto! = granuli in
rosso carminio. – Abbondante glicogeno nelle cellule miocardiche:

a. malattia da immagazzinamento di glicogeno

M: bambini, reni, fegato, cuore voluminosi. Spesso erroneamente diagnosticata come ipertrofia
cardiaca.

Mi: fibre miocardiche rigonfie; citoplasma pieno di grossi granuli di glicogeno. A volte glicogeno
atipico = difficilmente idrosolubile.

b. “Rabdomioma” del cuore: forma circoscritta di glicogenosi.

M: spesso associato a sclerosi tuberosa.

c. Glicogenosi secondaria del miocardio nella embriopatia dei diabetici.

d. cellule a midollo di sambuco ai bordi di un infarto.

Rigonfiamento torbido

Pg: rigonfiamento dei mitocondri.

M: sepsi, intossicazioni in genere: infezione generalizzata a rapido decorso, specie nel bambino.

Ma: organi come i colori a pastello, non lucenti, torbidi, tumefatti.

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Mi: cellule (o di solito anche nuclei) ingrandite. Mitocondri di forma vescicolosa (TEM).

Amiloidosi

Df: precipitazione di una sostanza omogenea colorabile in rosso con il Rosso Congonella parete dei
vasi del miocardio o nell’interstizio.

M: rarissima nel miocardio come forma primaria. In età avanzata non rari depositi focali.

Se: eventuale insufficienza cardiaca.

Emocromatosi

Ma : miocardio color bruno-cioccolato.

Mi: fibre di larghezza normale: striatura longitudinale e trasversale conservata, ammassi di granuli
bruni (con colorazione per il ferro di Perls: bleu scuro) nelle cellule miocardiche = emosiderina
inoltre: ceroide (=emofuscina) nella muscolatura liscia dei vasi.

Pr: possibile l’insufficienza cardiaca.

Cardiopatie Ischemiche
Def: Sindromi essenzialmente miocardiche conseguenti a un’insufficienza della perfusione
sanguigna attraverso le arterie coronarie.

Patologie potenzialmente occlusive delle arterie coronarie:

 Aterosclerosi

 Disgenesie

 Arteriti

 Embolie

 Mediosclerosi con calcinosi del bambino

 Pseudoxantoma elastico

 Degenerazione mucoide della media (associata a malattie di Marfan e Friedreich)

Aterosclerosi coronarica

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Fattori predisponenti:

 Sesso: Preponderanza maschile netta fino alla V – VI decade (Ruolo protettore degli
estrogeni fino alla menopausa)

 Fattore endocrino aterogeno: ipotiroidismo

 Diabete

 Ipercolesterolemia familiare

 Ipertensione arteriosa

 Vita sedentaria

 Tabagismo

 Obesità

Fig. Evoluzione della placca aterosclerotica

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Genesi ed evoluzione della placca (Vedi fig.)

1. i fattori di rischio danneggiano l’endotelio coronarico e lo rendono disfunzionale.

2. l’endotelio disfunzionale presenta ridotta biodisponibilità di ossido nitrico e una


eccessiva produzione di endotelina 1, che compromette l’emostasi vascolare;
accresciuta espressione di molecole di adesione (selectine, molecole di adesione
cellulari vascolari e molecole di adesione intercellulare); e aumento di
trombogenicità attraverso la secrezione di varie sostanze attive localmente.

3. Una volta che l’endotelio è stato danneggiato, le cellule infiammatorie,


specialmente i monociti, migrano nel sub endotelio legandosi alle molecole di
adesione endoteliali. In questa sede le cellule monocitarie si differenziano in
macrofagi.

4. I macrofagi digeriscono le LDL che sono anche penetrate nella parete arteriosa,
trasformandosi in cellule schiumose (foam cells) e causando la formazione di
strie lipidiche.

5. I macrofagi attivati rilasciano sostanze chemio tattiche e citochine (es.


interleuchine, monocyte chemoattractant protein 1 e TNF) che perpetuano il
processo reclutando altri macrofagi e cellule muscolari lisce che sintetizzano
componenti di matrice extracellulare (ECM) al sito della placca.

6. Ulteriormente i macrofagi elaborano metalloproteasi, cioè enzimi capaci di


degradare componenti dell’ECM, causando la degradazione e la “rottura” della
placca. Il rapporto tra macrofagi e cellule muscolari è importante ai fini della
stabilità della placca.

Tipi di placca:

 Placca stabile: Deposito lipidico scarso; rivestimento fibroso spesso; stenosi di grado
elevato; mai nelle biforcazioni

 Placca vulnerabile: Deposito lipidico ampio; più recente, meno stenosante; Localizzata
alla biforcazione; Infiltrato infiammatorio (Alta densità di macrofagi e linfociti T e
poche cellule muscolari!)

Lo: Soprattutto i segmenti prossimali dei grossi tronchi coronarici, ma anche i distali (soprattutto in
associazione a ipertensione).

In ordine di frequenza decrescente: arteria interventricolare anteriore, arteria coronarica destra e


circonflessa sinistra

Se: 1. Stenosi più o meno serrata

2. Trombosi

3. Conseguenze più gravi quando l’ostacolo al flusso è più severo e soprattutto più brutale.

Studi autoptici hanno messo in evidenza che la rottura della placca causa circa il 75% degli infarti
del miocardio fatali, mentre il restante 25% sono legate a una erosione endoteliale superficiale.

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Dopo la rottura della placca o l’erosione endoteliale, la matrice subendoteliale (ricca in potenti
sostanze procoagulanti) è esposta al sangue circolante; questa esposizione porta all’adesione
piastrinica seguita dall’attivazione e dall’aggregazione delle piastrine stesse con la formazione del
trombo. Solo nel 6% dei casi l’infarto miocardico non è dovuto ad aterosclerosi coronarica!

Se i circoli collaterali sono assenti e l’interruzione del flusso è totale si avrà un infarto cardiaco
transmurale o IMA Q.

Se il trombo determina una stenosi transitoria o una subocclusione senza efficienti circoli
collaterali, la necrosi si limiterà al tessuto muscolare sub endocardico e si avrà un infarto
subendocardico o IMA non Q:

Agenesie coronariche

 Aneurismi congeniti (soprattutto arteria coronaria sinistra)

 Nascita anomala della coronaria sinistra dalla polmonare

Arteriti occasionalmente fattori di stenosi e di trombosi

 Reumatica

 Infettiva

 Periarterite nodosa

 Horton

 Sifilide aortica

Embolie

 Gassose o calcaree (chirurgia cardiaca)

 Grassose

 Endocarditiche

Infarto del miocardio

Def: Un infarto del miocardio è un’area di cellule miocardiche morte limitata al territorio di
irrorazione di un’arteria coronarica ostruita anche temporaneamente in maniera tale da
impedire il flusso arterioso nel tessuto infartuato (Necrosi ischemica!).

Fasi iniziali: Malgrado nel cuore di cane i miociti compresi in una zona d’ischemia grave siano tutti
morti dopo 6 ore, la presenza di necrosi non può ancora essere messa in evidenza con
le tecniche di microscopia ottica.

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Necrosi delle bande di contrazione: si può verificare se il miocardio ischemico viene riperfuso con
successo entro 40-90 minuti dopo che si è prodotto il danno letale. Le fibre appaiono
eosinofile in microscopia ottica con sostituzione della regolare striatura con un
grossolano addensamento tipo zebratura. I nuclei sono difficilmente visibili. Dal punto
di vista ultrastrutturale le bande corrispondono a uno streaming elettrondenso delle
linee Z. Nella matrice di mitocondri rigonfi possono essere presenti precipitati di
fosfato di Ca in forma di granuli elettrondensi. La più frequente “necrosi coagulativa”
si verifica in mancanza di riperfusione.

Classicamente nel quadro anatomopatologico dell’infarto cardiaco vengono distinte tre fasi:

Infarto acuto

Visibile minimo dopo 8 ore.

Ma: giallo (degeneraz. grassa), rilevato (necrosi da coagulazione!) consistenza aumentata, opaco,
zona d’infiammaz. perifocale con vasi dilatati.

Mi: Al centro fibre muscolari omogenee rosse senza nuclei; fibre muscolari in degen. grassa nella
zona marginale con iperemia e infiltrato infiammatorio.

Infarto subacuto

Dopo 2-3 settimane.

Ma: rosso (con capillari pieni di emazie).

Mi: Fibre muscolari necrotiche distrutte da leucociti polimorfon., scomparse (necrosi da


colliquazione!). Fagociti con piccole zone di pigmento bruno (lipofuscina liberatasi in seguito alla
distruzione delle fibre). Granuloma da riassorbimento con capillari neoformati, fibroblasti, cell.
Mononucleate infiammatorie. In tale fase coesiste una quota di cellule che vanno incontro a morte
cellulare programmata.

Fisiopatologia:

La caduta della pO2 tessutale comporta una serie di alterazioni metaboliche come aumento della
CO2 e riduzione di ATP e creatin fosfato. Tali eventi portano a danno di membrana. La ridotta
disponibilità di ATP ha come conseguenza l’aumento di Ca2+ intracellulari per riduzione
dell’assunzione da parte del reticolo e dell’estrusione dalla cellula. L’aumento del calcio
intracellulare e quindi a livello mitocondriale produce un’ulteriore diminuzione della produzione di
ATP. Gli ioni Ca2+ hanno, insieme ai radicali liberi derivati dall’ossigeno, un ruolo centrale nel
meccanismo di danno del miocardiocita. I radicali dell’ossigeno sono in grado di danneggiare la
membrana col processo di perossidazione dei lipidi.

Evento centrale della necrosi = disgregazione del sarcolemma!

La necrosi dei miocardio citi porta alla liberazione di molecole intracellulare che vengono usate
nella diagnostica come markers di citolisi.

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ENZIMI TEMPO DI TEMPO DI TEMPO DI VANTAGGI/SVANTAG
COMPARS PICCO NORMALIZZAZIO GI
A PLASMATIC NE
O

CK-MB 6-8 24-30 ore < 3 giorni Rapido e poco costoso;


diagnosi di infarto acuto/
scarsa sensibilità nel
periodo precoce < 6 ore o
più tardivo > 36 ore e per
danni miocardici minori
evidenti con le troponine

MIOGLOBIN 1-3 ore 6-12 ore 24-36 ore Alta sensibilità; utile per
A diagnosi precoce/ rapido
ritorno ai valori base; non
distingue in concomitanza
di danno muscolare
scheletrico

TROPONINE 5-10 ore 1-4 giorni 5-14 giorni Maggiore sensibilità e


(T-I) specificità della CK;
diagnosi di infarti recenti
fino a due settimane/
bassa sensibilità in fase
precoce; limitata capacità
di rilevare piccoli infarti
tardivi

Tabella. Markers bioumorali di necrosi nell’IMA.

Infarto pregresso

Entro 4-6 settimane.

Ma: bianco (connettivo duro retratto; tutte le cicatrici si retraggono!).

Mi: collageno +++, capillari obliterati, cellule infiammatorie scomparse, salvo i linfociti
(dimostrabili ancora a lungo). Qualche fibra muscolare conservata nell’ambito della cicatrice.

Sequele dell’infarto miocardico:

 Morte cardiaca immediata = improvvisa insufficienza cardiaca

 Insufficienza cardiaca

 Formazione di trombi sulla parete interna del cuore

 Formazione di aneurisma ventricolare sinistro (vedi più avanti)

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 Pericardite epistenocardica con eventuali aderenze

 Insufficienza cardiaca graduale

Aneurisma e pseudoaneuriasma ventricolare sinistro:

Def: l’aneurisma è una area più o meno ampia e dilatata di sottile miocardio cicatriziale che si
muove discineticamente. Raramente la rottura è contenuta dal pericardio sovrastante per cui si crea
uno pseudoaneurisma.

Fre: L’aneurisma è una complicanza presente nel 4% dei pazienti con IMA e nel 23% dei pazienti
con IMA fatali.

Se: Lo pseudo aneurisma è scoperto spesso accidentalmente e richiede urgente correzione


chirurgica a causa dell’alta probabilità di rottura. Aneurisma e pseudoaneurisma possono portare a
insufficienza cardiaca congestizia ed eventi embolici,

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Cardiomiopatie

Def: affezioni che colpiscono il muscolo cardiaco e che non sono conseguenza di altre patologie
cardiovascolari come la cardiopatia ischemica, l’ipertensione arteriosa, le cardiopatie congenite, i
vizi valvolari.

CLASSIFICAZIONE CARDIOMIOPATIE
American Heart Association 2006
GENETICHE MISTE ACQUISITE
Cardiomiopatia ipertrofica Cardiomiopatia dilatativa Infiammatorie (miocardite)
Cardiomiopatia aritmogena del Cardiomiopatia restrittiva Da stress
cuore destro/displasia
Non compattazione del Peripartum
miocardio ventricolare
Malattie da accumulo Indotte da tachicardia
Difetti di conduzione In figli di madri con diabete
insulino-dipendente
Miopatie mitocondriali
Anomalie dei canali ionici

Miocardiopatia ipertrofica

Def: ipertrofia asimmetrica del cuore (Teare 1958) su base eredofamiliare e genetica relativa alle
proteine sarcomeriche. Il termine associato ostruttiva o non ostruttiva riguarda la presenza o meno
di un gradiente pressorio subaortico o intraventricolare.

Gen: eredità autosomica dominante a penetranza variabile. Le proteine interessate possono essere
diverse. La prima a essere identificata è stata la catena pesante della miosina (a livello di 14q).

Ma: ipertrofia soprattutto del setto interventricolare con rapporto setto:parete posteriore superiore a
1,3 (Diversa dall’ipertrofia secondaria!).

Mi: Disorganizzazione di fasci muscolari, miofibrille e mio filamenti. Cellure miocardiche bizzarre
ampie e corte. Gruppi di cellule disorganizzate (complessivamente oltre il 5%) nel contesto di aree
di cellule ipertrofiche o normali.

Clin: quadro clinico molto variabile che va dalla semplice dispnea alla morte improvvisa. Spesso
diagnosticata occasionalmente in pazienti asintomatici.

Cardiopatia aritmogena del cuore destro/displasia

Def: è una patologia del muscolo cardiaco caratterizzata clinicamente da aritmia ventricolare non
ischemica originantesi dal ventricolo destro con rischio di arresto cardiaco. È una delle maggiori
cause di morte in giovani e atleti.

Epid: la prevalenza nel Veneto è stata stimata tra 1:2000 e 1:5000

Gen: nella forma classica dominante sono state reperite anomalie nei geni codificanti proteine
desmosomiali: desmoplachina placofilina-2, desmogleina-2, desmocollina-2.

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Ma: dilatazione aneurismatica del ventricolo destro con sostituzione del muscolo cardiaco da parte
di tessuto adiposo.

Mi: Per la diagnosi è necessaria la presenza di fibrosi e di alterazioni degenerative dei miocardio citi
insieme con sostituzione da parte di tessuto adiposo. Frequentemente presente una componente
infiammatoria di accompagnamento.

Non compattazione del miocardio ventricolare

Def: Alterazione dello sviluppo embriologico per cui le pareti ventricolari non si compattano e il
ventricolo ha aspetto spongioso con persistenza di profondi recessi tra le trabecole miocardiche in
comunicazione con la cavità ventricolare. Può essere isolata o associarsi ad cardiopatie congenite.
Pg: durante lo sviluppo embrionale il miocardio appare come un reticolo spugnoso di trabecole e
recessi. Tra la V e l’ VIII settimana di gestazione normalmente si verifica un processo di
compattazione e gli spazi intertrabecolari più cospicui si trasformano in vasi. Tale processo di
compattazione procede dall’epicardio all’endocardio e dalla base alla punta del cuore. La non
compattazione deriverebbe proprio da un arresto di tale processo.
Gen: Può avere carattere familiare (44% dei casi). Una delle mutazioni possibili è stata rinvenuta a
carico del gene G4.5 su Xq28 che codifica per un enzima, la tafazzina, che partecipa al
metabolismo della cardiolipina.
Sede: più frequente all’apice.
Se: aritmie gravi, disfunzione sistolica ed evoluzione verso IC, possibili fenomeni tromboembolici.

Cardiomiopatia dilatativa

Def: malattia del miocardio caratterizzata da dilatazione e ridotta funzione sistolica del ventricolo
sinistro non secondaria a malattie sistemiche.
Ez: malattia idiopatica, in un quarto dei casi familiare con trasmissione autosomica dominante.
Ma: cuore ingrandito. Ipertrofia inadeguata, cioè non proporzionata alla dilatazione delle cavità.
Mi: alterazioni aspecifiche. Fibrosi interstiziale di modesta entità con cardiomiociti di dimensioni
variabili con anomalie nucleari bizzarre.
Clin: progressivo deterioramento della funzione ventricolare  necessità di trapianto cardiaco!

Cardiomiopatia restrittiva

Fre: più rara rispetto alle forme ipertrofica e dilatativa.


Def: malattia del miocardio caratterizzata da alterata distensibilità dei ventricoli che presentano
normali dimensioni e funzione sistolica (alterata funzione diastolica!).
Pg: ignota; in alcuni casi familiare (possibile coesistenza nella stessa famiglia di cardiomiopatia
ipertrofica).
Ma: peso del cuore poco aumentato. Ventricoli di normali dimensioni e spessore (o poco
aumentato). Atri dilatati.
Mi: fibrosi interstiziale e disarrangiamento dei cardiomiociti.
Clin: decorso lentamente progressivo.

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INDICAZIONI PER LA BIOPSIA ENDOMIOCARDICA

• Definite
– Monitoraggio rigetto trapianti cardiaci
– Monitoraggio cardiotossicità da antracicline
• Possibili
– Diagnosi e monitoraggio di miocarditi
– Diagnosi di cardiomiopatie secondarie
– Diagnosi differenziale fra cardiopatie restrittive e costrittive

MIOCARDITI

Possono essere classificate per:


 Eziologia
 Cellularità dell’infiltrato
 Cratteristiche cliniche

CLASSIFICAZIONE MIOCARDITI

EZIOLOGIA TIPO CELLULARE CLINICA


 Virus  Linfocitario  Acuta
(Enterovirus,  Gigantocellulare  Fulminante
specialmente  Eosinofilo  Cronica
Coxsackie9  Granulomatoso Prolungata
 Batteri Latente
 Funghi
 Rickettsie
 Spirochete
 Protozoi, parassiti
 Altre cause
d’infezione
 Farmaci, sostanze
chimiche
 Allergia,
collagenopatie e
malattie
autoimmuni
 Srcoidosi
 Radiazioni
 Idiopatiche

Clin: Prendere in considerazione l’ipotesi di miocardite in pz. Febbrili con insufficienza cardiaca,
dolori toracici, aritmie!
Nel sangue periferico aumento di PCR, LDH, CK-MB e troponina T (utile per la diagnosi
immediata).
Frequente evoluzione in cardiomiopatia dilatativa.

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MIOCARDITE ACUTA

 Ma: A occhio nudo il cuore appare ipertrofico, molle e flaccido; le cavità, distese,
contengono spesso trombi. Al taglio il miocardio appare pallido e giallastro con macchie e
strie grigio-chiare o rosso-brune.
 Mi: Criteri diagnostici istopatologici: infiltrazione di molte grandi o piccole cellule
mononucleate; rottura fusione o scomparsa di cardiomiociti; edema interstiziale. La
presenza di reperti istologici anomali nelle biopsie endomiocardiche rende definitiva la
diagnosi di miocardite, tuttavia la loro assenza non la esclude.

MIOCARDITI CRONICHE
Ez: più probabilmente virale o immunitaria
Ma: Ipertrofia-dilatazione generalmente più marcata che nella miocardite acuta. Al taglio il
miocardio, rosso e compatto, presenta zone fibrose biancastre, puntiformi o lineari.
Mi: infiltrati cellulari mononucleati, fibrosi interstiziale, sostituzione adiposa.

ALCUNE FORME PARTICOLARI

Miocardite eosinofila

Pg: sostanze citotossiche come le proteine cationiche che si trovano nei granuli degli eosinofili
Ez: condizioni allergiche, ipersensibilità a farmaci, infezioni parassitarie, idiopatiche (maggior parte
dei casi!)
Mi: a livello miocardico infiltrati eosinofili (eosinofilia nel sangue periferico), de granulazione
eosinofili, perdita e fusione di cardiomiociti, edema interstiziale e fibrosi, occasionale associazione
con endocardite.

Miocardite difterica
= miocardite parenchimatosa (tre i sintomi principali della difterite: infiammazione della gola,
paralisi del velopendulo e miocardite)

Pg+Mi : Tossina difterica lesione a focolai delle cellule miocardiche  necrosi eosinofila. Solo
secondariamente infiltrazione flogistica:
fase 1: leucociti polinucleati, fagociti, edema
fase 2: linfociti, plasmacellule, istiociti, edema
fase 3: formazione di cicatrice, a focolaio, senza particolari rapporti topografici con i vasi
Epid: nei paesi industrializzati, la difterite è una malattia quasi scomparsa grazie all'introduzione
della vaccinazione DT e DTp (tetano-difterite e tetano-difterite-pertosse); la malattia rimane
endemica nei paesi in via di sviluppo.
Età: prima della vaccinazione malattia infantile (6-12 mesi = scomparsa IgG materne!)
Co: Insufficienza acuta! Raramente insufficienza cronica da miocardiosclerosi.

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Miocardite interstiziale (di Fiedler)

Def: Miocardite acuta diffusa. Vecchia entità nosologica ormai in disuso che comprendeva un
gruppo eterogeneo di entità a origine virale e autoimmuni!
Clin: soprattutto in giovani adulti con rapida insufficienza cardiaca o morte improvvisa.
Mi: fibre miocardiche non alterate. Nell’interstizio: voluminosi infiltrati a disposizione
perivascolare costituiti da linfociti, plasmacellule, eosinofili, fagociti, fibroblasti, gemmazioni
vasali.
Pg: Infiammazione acuta, quantunque manchino leucociti polinucleati!

N.B.: Criterio decisivo a favore dell’infiammazione acuta: non la presenza di leucociti polinucleati,
ma l’assenza di neoformazione connettivale o sclerosi; per una flogosi cronica: non i linfociti e le
plasmacellule, ma la presenza di neoformazione connettivale o sclerosi.

Miocardite di Fiedler = analoga alla nefrite interstiziale e alla epatite interstiziale. Ipotesi:
infiammazioni immunizzanti: Azione di un antigene di solito batterico  comparsa di linfociti e
plasmacellule  formazione di anticorpi.

Malattia di Chagas (Tripanosomiasi americana)

Epid: Circa 50.000.000 di persone che vivono in un’area compresa tra la California e l’Argentina (il
maggior numero in Brasile) sono infettate dal Tripanosoma cruzi alcune migliaia di essi si
ammalano o muoiono di miocardite cronica di Chagas.
Pg: Trattasi di un protozoo flagellato intracellulare appartenente cioè all’ordine dei mastigofori,
trasmesso da un vettore artropodo. Dalla cute (dove a volte possono produrre nel sito di
inoculazione il cosiddetto chagoma = gonfiore infiammatorio protratto) il parassita raggiunge il
sistema reticolo-endoteliale e quindi il cuore (miocardite acuta nel 5% dei casi!) e/o il sistema
nervoso (meningoencefalite in neonati e pz. HIV positivi).
Clin: presentazioni possibili con morte improvvisa, insufficienza cardiaca congestizia o
complicanze tromboemboliche.
Ma: Pericardio opacato lungo i vasi coronarici. Cuore globoso con apice arrotondato, a volte
aneurismatico con eventuale trombo murale. Aumento di spessore del miocardio un po’ meno
pronunciato che nella miocardiopatia dilatativa idiopatica. Il peso dell’organo può essere normale in
caso di morte improvvisa.
Mi: infiltrato linfoplasmocitario a tutto spessore densamente concentrato nel setto interventricolare
lungo la branca destra del fascio di His, che lascia il posto nel tempo a una fibrosi.
Le cellule gangliari del plesso vagale cardiaco sono ridotte di numero per cui si pensa che la
fisiopatologia della malattia di Chagas sia legata a un’alterazione dei recettori dell’acetilcolina.

Sarcoidosi cardiaca

Pg: sconosciuta (Propionibacterium acnes? Isolabile dai tessuti)


Diag: Reperto dei classici granulomi non necrotizzanti alla biopsia endomiocardica.

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ENDOCARDITI

Criteri classificativi
 Localizzazione
 Struttura macroscopica
 Andamento clinico
 Eziologia

Secondo la localizzazione
 Valvolare
 Parietale

Secondo la struttura macroscopica


 Verrucosa (vegetazioni fino a 2 mm)
 Poliposa (vegetazioni di 5 mm e più)
 Ulcerosa
 Ulcero-poliposa

Secondo l’andamento clinico


 Acuta
 Subacuta
 Cronica
 Recidivante

Secondo l’eziologia
 Forme non infettive (abatteriche)
 Forme infettive (batteriche)

Forme non infettive


 Endocardite reumatica
 Endocardite trombotica abatterica = Endocardite verrucosa tossica seu marantica
 Endocardite atipica di Libman-Sacks
 Endocardite parietale fibroblastica di Löffler

Forme infettive
 Endocardite acuta e subacuta batterica
 Endocardite tubercolare
 Endocardite sifilitica
 Endocardite micotica
 Endocardite virale

Endocardite infettiva
Def: infezione microbica della superficie endocardica valvolare spesso accompagnata da danno
e/o distruzione delle soggiacenti strutture valvolari
Età: 30 – 40 anni in era preantibiotica, 45 – 65 anni negli ultimi decenni
Sesso : M/F = 1.6-2.5/1
Incidenza: dopo i 30 anni 15-30 casi per 100.000 abitanti per anno
Dal 55 al 75 % dei casi di endocardite infettiva su valvola nativa si hanno in relazione ad
anomalie congenite o acquisite della valvola stessa
In circa il 31 % dei casi le valvole sono normali, ma i pazienti hanno condizioni predisponenti
non cardiache

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Condizioni valvolari predisponenti
 Degen. mixomatosa della mitrale 29%
 Degen. valvolare calcifica 21%
 Valvola aortica bicuspide o altre anomalie congenite 13%
 Cicatrice post-reumatica 6%

Condizioni generali predisponenti


 Abuso di droghe
 Terapia immunosoppressiva
 Abuso di alcool
 Tumori maligni (soprattutto ca. del colon)
 Diabete

Agenti microbici
 Stafilococco aureo (ma anche Gram-negativi e candida) = tossicodipendenti
 Streptococcus bovis = ca. del colon
 Streptococcus pneumoniae = etilisti
 Miceti = paz. in terapia immunosoppressiva
 Gram-negativi = diabetici
 Streptococcus viridans è ancora comune anche in casi di valvole post-reumatiche

Patogenesi dell’endocardite infettiva: Formazione di un trombo sterile su una lesione valvolare


endocardica Colonizzazione e riproduzione di microorganismi Invasione del tessuto
valvolare

Cause di batteriemia
 Procedure odontoiatriche
 Procedure chirurgiche in generale
 Procedure diagnostiche

Sede delle lesioni nell’endocardite infettiva


 Le valvole sono colpite più frequentemente dell’endocardio parietale; più frequentemente in
valvole insufficienti che stenotiche
 Il cuore sinistro viene colpito più frequentemente del destro (9 – 11%)
 Vi è una frequenza discendente in questa sequenza: aortica (39-46%) > mitrale (30-35%) >>
tricuspide >> polmonare
 Aortica + mitralica = 18 – 24 %

Complicanze emboliche
 Soprattutto da vegetazioni grandi e friabili
 Clinicamente evidenti = 15 – 35%
 In serie autoptiche = 45 – 65%

Patologia
L’esame istologico e microbiologico della valvola rimossa chirurgicamente è obbligatorio
E’ consigliato l’uso di colorazioni per i batteri (Brown e Brenn) e i funghi (Gomori argento
metenamina e PAS)
Macro: Vegetazioni di colore da rosa a rosso o giallo inizialmente localizzate sul bordo di
chiusura delle valvole, preferibilmente sul versante atriale nelle v. atrioventricolari e su quello
ventricolare in quelle semilunari. “Kissing lesions” estensione della lesione dal margine di
chiusura di un lato a quello opposto.

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Le vegetazioni acute sono costituite da piastrine, fibrina, neutrofili, microorganismi
Vegetazioni “in fase di guarigione”: linfociti, macrofagi, plasmacellule e cellule giganti
Vegetazioni “guarite”: ispessimento dei lembi valvolari, perforazioni o calcificazioni

Conseguenze
 Generalmente insufficienza valvolare dovuta a disfunzione o perforazione dei lembi
valvolari; aneurismi valvolari si possono formare per erosione senza distruzione; raramente
le masse vegetanti possono produrre stenosi.
 Possibile embolia nelle arterie coronarie con infarti e ascessi miocardici.
 Dilatazione atriale o ventricolare (es. dilatazione ventricolare sinistra secondaria a
insufficienza valvolare cronica)

Endocardite non infettiva

In relazione a: tumori maligni, malattie infiammatorie croniche, coagulazione intravascolare


disseminata, uremia, ustioni e cateterismo intracardiaco
Eziologia: probabilmente depositi di piastrine e fibrina su lesioni minori dell’endotelio nel
ambito di un quadro di ipercoagulabilità (es. lupus anticoagulante, anticorpi antifosfolipidi,
adenocarcinoma, CID) o trauma superficiale dei lembi valvolari (cateterismo intracardiaco)
Sede: nel cuore sinistro valvola aortica > valvola mitrale. Tricuspide e polmonare spesso in
relazione a cateterismo cardiaco.
Macro: vegetazioni di dimensioni variabili, grigio-rosa, friabili, molli o consistenti lungo il
margine di chiusura valvolare sulla superficie atriale delle v. atrioventricolari o su quella
ventricolare delle semilunari. Non si associa ulcerazione o perforazione valvolare (criterio
diagnostico)
Micro: piastrine e fibrina con poche cellule infiammatorie. La valvola sottostante è normale e le
colorazioni speciali non evidenziano microorganismi

Febbre reumatica
Def: Malattia infiammatoria acuta immunomediata che generalmente fa seguito a una
infiammazione del faringe sostenuta dallo Streptococco Beta-emolitico di gruppo A.
La proteina M degli streptococchi avrebbe una reazione crociata con alcune glicoproteine del
cuore, delle articolazioni e di altri organi evocando una risposta autoimmune.
Diagnosi febbre reumatica:
 Criteri maggiori: poliartrite migrante a carico delle grosse articolazioni, cardite, noduli
sottocutanei eritema marginato cutaneo, corea di Sydenham
 Criteri minori: febbre, artralgia, elevazione indici infiammatori
 La diagnosi viene fatta in base ai criteri di Jones: evidenza di una precedente infezione da
streptococco di gruppo A con presenza di due criteri maggiori o un criterio maggiore e due
minori
Mi:
Corpi di Aschoff
 Def: lesioni cardiache caratteristiche in corso di febbre reumatica acuta
 Lo: Soprattutto pericardio e miocardio
 Micro: focolai di necrosi fibrinoide circondati da linfociti, macrofagi, occasionali
plasmacellule e particolari tipi di istiociti attivati detti cellule di Anitschkow (a forma di
bruco) e di Aschoff

ENDOCARDITE REUMATICA VERRUCOSA


Lo: valvola mitrale > valvola aortica. Propagazione all’atrio = endocardite di Mac Callum

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Fase dell’essudazione: reazione Ag-Ab con lesione endoteliale, essudazione di plasma e
successivo edema della parete valvolare
Reazione tissulare: piccole verruche giallo-rosse di 1-2 mm; masse di fibrina, alla base istiociti
disposti radialmente e al centro connettivo in preda a rigonfiamento fibrinoide
Fase di organizzazione: piccole verruche giallo-rosse difficilmente asportabili;
neovascolarizzazione della valvola e presenza di fibroblasti, linfociti e plasmacellule
Vecchia cicatrice: le commessure spesso sono saldate e si ha la stenosi e la calcificazione
secondaria o la insufficienza per retrazione; le corde tendinee sono ispessite.
Microscopicamente tessuto di organizzazione con fibroblasti, collagene e vasi in parte obliterati.

ENDOCARDITE DI LIBMANN-SACKS
Generalità: classicamente donne giovani con lupus eritematoso;
Pg: Anticorpi antifosfolipidi; Sindrome da anticorpi antifosfolipidi, anche in assenza di Lupus,
con trombosi e trombocitopenia
Macro: soprattutto valvola mitrale. Depositi grossolani verrucosi, ampi. Propagazione
all’endocardio parietale
Micro: vegetazioni composte di fibrina con neovascolarizzazione e infiltrato infiammatorio di
cellule mononucleate; evoluzione in placche fibrose ev. calcifiche

Endocardite parietale eosinofila (Löffler)


Sindrome ipereosinofilica (SI): ipereosinofilia cronica > 1500 eosinofili/mm3 per 6 mesi o al
momento della morte, fenomeni tromboembolici e arterite generalizzata
Cause SI: in genere sconosciute; a volte leucemia, Hodgkin, allergie, infestazioni parassitarie
ecc.
Macro: trombi murali, cardiomegalia in fase acuta; nei paz. Che sopravvivono miocardio
ispessito
Micro: Connettivo + ammassi di leucociti eosinofili, parietali, non valvolari; ev. miocardite
eosinofila

Tumori cardiaci

Classificazione
• Tumori non neoplastici ed amartomi
• Myxoma cardiaco
• Neoplasie benigne e di basso grado
• Sarcomi cardiaci
• Altri tumori maligni

Tumori non neoplastici ed amartomi


• Trombi murali
• Fibroelastoma papillare
• Rabdomioma cardiaco
• Fibroma cardiaco
• Emangioma cardiaco
• Ipertrofia lipomatosa del setto interatriale

Amartoma: Errore di sviluppo locale derivante dallo stesso foglietto


embrionale del tessuto in cui si trova. Prodotto abnorme di
differenziazione, non tumore. Può andare incontro a trasformazione
maligna. 27
Fibroelastoma papillare
Pg: Crescita amartomatosa di tessuto endocardico
Macro: anemone di mare
Lo: ovunque nell’endocardio, ma soprattutto valvole aortica e mitrale
Micro: strutture papillari rivestite da cellule endoteliali, con una matrice ricca di collagene e
proteoglicani con poche cellule muscolari lisce; lo stroma mixoide è tipico e fibre elastiche si
ritrovano soprattutto alla base della lesione
DD: mixoma (mancano strutture vascolari e infiammazione)
Se: sintomi neurologici se nel cuore sn; embolie; prolasso in un orificio coronarico

Mixoma cardiaco
Fr: 75% delle masse cardiache escisse
Pg: la vecchia teoria che sia un trombo organizzato è stata scartata; nel 7% dei casi familiare
Età: 50 anni
Lo: 80% dei casi atrio sinistro
Macro: è la norma che non invada il miocardio; le lesioni possono essere a superficie liscia con
presentazione clinica con congestione polmonare o a superficie friabile con presentazione embolica
Micro: le cellule tumorali formano anelli, nidi e sincizi lineari che spesso sembrano provenire dalle
strutture vascolari. Le strutture sono spesso infiltrate da macrofagi e linfociti con abbondante
emosiderina; le mitosi sono rare. Lo stroma mixoide è variabile con numerosi dendrociti positivi per
il fattore XIIIa. Le cellule possono esprime la proteina S-100, markers endoteliali e actina.
DD: emangioma e sarcoma cardiaco

Complesso di Carney
I mixomi cardiaci familiari si possono presentare nel quadro di un complesso sindromico descritto
da JA Carney nel 1985 caratterizzato da pigmentazione cutanea, tumori fibromixoidi della pelle,
mixomi del cuore, iperattività endocrina ed eredità autosomica dominante
La malattia è geneticamente eterogenea; sono stati mappati due loci sui cromosomi 17q22-24 (locus
CNC1) e 2p16 (CNC2) Le alterazioni a livello di CNC1 corrisponderebbero a mutazioni sul tumor
suppressor gene PRKAR1A

Neoplasie benigne e di basso grado


• Paraganglioma
• Leiomioma
• Tumore a cellule granulose
• Schwannomi
• Neurofibromi
• Teratomi
• Tumori a cellule germinali

Sarcomi
• Angiosarcomi
• Sarcomi miofibroblastici inclusi Fibrosarcomi e fibrosarcomi mixoidi
• Istiocitoma fibroso maligno (MFH)

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Tumori secondari
• Possono essere rimossi per palliazione e si comportano localmente come lesioni a lenta
crescita
• Melanomi
• Sarcomi
• Carcinoma del rene ed epatocellulare: anche come estensioni dirette dalla vena cava
inferiore
• Linfomi (raramente primitivi)

MALATTIA ATEROSCLEROTICA

L’aterosclerosi è una malattia cronica, diffusa, ad andamento progressivo, che interessa


principalmente le arterie elastiche e muscolari. Le lesioni precoci dell’aterosclerosi compaiono già
nell’età infantile. La malattia conclamata è rappresentata da una placca fibroateromasica intimale.
La comparsa delle manifestazioni cliniche è dovuta ai cosiddetti “eventi acuti di placca” che
corrispondono all’ulcerazione con conseguente trombosi, oppure all’accrescimento progressivo
delle placche stesse con stenosi del lume arterioso.

Fisiopatologia delle cellule endoteliali e delle cellule muscolari lisce

1. Cellule endoteliali. Le loro alterazioni sono alla base del processo. In condizioni normali la
superficie endoteliale ha una funzione anticoagulante e antitrombotica.

Le molecole che esercitano la più potente attività antiaggregante piastrinica sono la prostaciclina
PG2 e l’ossido nitrico (NO).

L’endotelio promuove inoltre l’attività dei meccanismi anticoagulanti, mediati principalmente dalla
proteina C e dalla proteina S; l’endotelio partecipa inoltre alla fibrinolisi secernendo l’attivatore
tessutale della plasmina (t-TPA).

Le cellule endoteliali, che contribuiscono alla normale regolazione del tono vascolare, in seguito a
stimoli lesivi secernono sostanze ad azione vaso costrittiva come l’endotelina.

L’endotelio disfunzionante perde la sua permeabilità selettiva e l’ingresso di lipoproteine nella


parete vascolare è tra gli eventi iniziali nella genesi delle lesioni aterosclerotiche.

In seguito allo stimolo da parte di citochine o di altri fattori, le cellule endoteliali assumono un
fenotipo pro infiammatorio, caratterizzato dall’espressione di molecole di adesione per i leucociti
come V-CAM, I-CAM1 e selectina E, dalla produzione di molecole ad azione pro coagulante e pro
trombotica, nonché di citochine e fattori di crescita.

2. Cellule muscolari lisce. Proliferazione e migrazione delle cellule muscolari lisce hanno un
ruolo importante nella riparazione del danno vascolare, ma anche in processi patologici

29
come l’aterosclerosi. In seguito a stimolazione da parte del PDGF (prodotto dalle piastrine,
ma anche dalle cellule endoteliali, dai macrofagi e dalle stesse cellule muscolari lisce
attivate) acquistano una capacità proliferativa e migrano nella tonaca intima.

Epidemiologia e fattori di rischio


3. Fattori di rischio controllabili

1. Fumo di sigaretta
2. Ipertensione arteriosa
3. Iperlipidemia
4. Diabete mellito
5. Presenza di elevati livelli ematici di omocisteina

4. Fattori di rischio non modificabili

1. Età
2. Sesso
3. Predisposizione genetica

Iperlipidemia. In particolar modo l’aumento delle lipoproteine a bassa densità e del colesterolo,
gioca un ruolo di primaria importanza nello sviluppo delle lesioni aterosclerotiche. Il principale
componente della porzione lipidica delle placche fibroateromasiche è rappresentato dal colesterolo
e dai suoi esteri provenienti dal plasma. Difetti genetici nel metabolismo delle lipoproteine sono
associati ad un’incidenza precoce di aterosclerosi. L’ipercolesterolemia familiare si caratterizza per
un deficit genetico dei recettori cellulari per le lipoproteine a bassa densità (LDL) con conseguente
elevazione dei loro livelli ematici. La riduzione dei livelli di colesterolo sotto 265 mg/ml causa una
riduzione del rischio. Le HDL, in grado di rimuovere l’eccesso di colesterolo dai tessuti periferici e
grazie alla loro capacità antiossidante, hanno un effeto protettivo nei confronti dell’aterosclerosi.

Le caratteristiche morfologiche e la progressione delle placche nell’aorta è simile a quella delle


arterie coronarie. Tuttavia fenomeni come l’erosione della placca non sono visibili nell’aorta e
lesioni aortiche come le ulcere aterosclerotiche penetranti non vengono ritrovate nelle coronarie.

Strie lipidiche (xantomi intimali)


Ma: lesioni piatte o minimamente rilevate giallastre che si osservano sulla superfice intimale.
Mi: deposito di lipidi extracellulari, all’interno dei macrofagi e delle cellule muscolari lisce. I lipidi
extracellulari sono costituiti o da accumulo di particelle di LDL (gocciole esterificate ricche di
colesterolo) o provenire dalla dissoluzione di macrofagi schiumosi (liposomi multi lamellari non
esterificati ricchi in colesterolo).
Età: le strie lipidiche aortiche si vedono prima delle corrispondenti lesioni coronariche. Dai primi
anni della seconda decade aumentano fino ai 35 per poi declinare rapidamente.

Ispessimento intimale diffuso


È presente nelle arterie prima che si sviluppi l’aterosclerosi, specie nei vasi più proni ad essa come
coronarie e aorta. Un’intima ispessita fibrocellulare è presente nelle arterie coronarie e nell’aorta
con l’invecchiamento. Ci sono due tipi di ispessimento: diffuso ed eccentrico. Quello eccentrico è
un’alterazione focale associata a branche e orifizi. Il tipo diffuso o muscolo elastico è associato ai
segmenti lunghi e si sviluppa circonferenzialmente e longitudinalmente. L’ispessimento intimale
diffuso deve considerato non come uno stadio precoce dell’aterosclerosi, ma come intima normale
perché universalmente presente nelle arterie e perché mostra una ordinata organizzazione con
cellule muscolari lisce, elastina e proteoglicani.

30
Ispessimento intimale patologico
Come nelle arterie coronarie anche le placche aortiche possono progredire senza passare per una
fase xantomatosa. Il termine ispessimento intimale patologico è stato introdotto di recente per
definire alcune lesioni aterosclerotiche in fase precoce ritrovate in soggetti con morte improvvisa.
Età: L’ispessimento intimale senza deposito intracellulare di lipidi è comune nelle arterie anche in
giovanissima età.
Def: l’intima ha uno spessore che ammonta a più di un quinto di quello della intera parete aortica
Mi: lesione con deposito lipidico extracellulare, perdita di cellule muscolari lisce intimali
tipicamente adiacenti alla media e infiltrazione macrofagica di vario grado prossima al lume.

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Classificazione istologica delle lesioni aterosclerotiche (American Heart Association –
mod. Dalager S, 2012)
tipo nome caratteristiche definizione
0 Intima normale o Assenza di cellule Assenza di cellule
ispessimento intimale schiumose schiumose, può esibire
lieve ispessimento
intimale o infiltrato
linfocitario
I Xantoma intimale Cellule schiumose Cellule schiumose
isolate singole e isolate

II Strati di cellule Cellule schiumose


schiumose multiple ≥ a 2 strati
III Ispessimento intimale Depositi di colesterolo Minore accumulo di
patologico con assenti o pochi materiale amorfo e
cristalli di colesterolo incolore che spiazza le
normali strutture
intimali
IV Placca con core Core lipidico Cavità incolore
lipidico extracellulare (core contenente cristalli di
necrotico) colesterolo
V fibrosi Ialinizzazione con
fibre birifrangenti
VI Placca complicata Alterazioni di Difetti di superfice,
superficie, ematoma o placche emorragiche o
trombosi trombi luminali
VII Placca calcifica Calcificazione ≥ 50% Calcificazione ≥ 50%
dell’area della placca dell’area della placca
con o senza core
lipidico
VIII Placca fibrosa Placca fibrosa senza Placca fibrosa con
core lipidico ialinizzazione senza
core lipidico (a meno
che il core non sia
andato incontro a
completa
calcificazione)
IX Occlusione cronica Arteria occlusa Arteria occlusa dalla
(totale) cronicamente placca e da tessuto
fibroso (assenza di
trombi)

Ateroma
Def: Malattia dell’intima delle arterie caratterizzata dall’accumulo di materiale lipidico associato
con reazioni cellulari.
Ma: “Placche” rilevate.
Mi: istologicamente la maggioranza delle lesioni rilevate presenta lipidi extracellulari o core lipidici
e sono perciò caratterizzati come fibroateromi. È stata anche usata la categoria intermedia di
preateroma con depositi di lipidi extracellulari senza un core necrotico distinto.

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Possiamo riconoscere un “fibrous cap Atheroma” con un core necrotico ben evidente e uno spesso
strato fibroso sovrastante e un “thin fibrous cap atheroma” con uno strato fibroso sottile infiltrato da
macrofagi e linfociti con rare cellule muscolari lisce e un core necrotico sottostante (possibile
emorragia interna).
Età: in età più avanzata rispetto alle strie lipidiche. Continuano ad aumentare tra 40 e 80 anni e sono
associate soprattutto a ipertensione
Sesso: M›F
Razza: nessuna predilezione

Forme di calcificazione non aterosclerotica delle arterie

Pg: sconosciuta

Entità:
1. Sclerosi calcifica della media di Mönckeberg
Lo: arterie muscolari medie e piccole
Età: >50
Clin: non ostruttiva, ma ev. visibile all’Rx!
Mi: calcificazioni limitate alla media, ben visibili col metodo di Von Kossa.
2. Calcificazioni della lamina elastica interna (in genere nelle arterie temporali)
3. più di frequente 1 + 2!

Arteriolosclerosi

Def: ispessimento e indurimento della parete delle piccole arterie e delle arteriole.
Mi: La struttura della parete è cancellata dalla ialinosi. Una forma iperplastica viene definita come
ispessimento intimale fibromuscolare.
Pg: ipertensione e diabete mellito ne sono le maggiori cause.

AORTA

Ectasia annuloaortica

La maggior parte delle dilatazioni della radice aortica (74-90%) sono idiopatiche (ectasia
annuloaortica)
Def: dilatazione aneurismatica dell’aorta ascendente con insufficienza valvolare
Età: idiopatica nella IV, V, e VI decade; associata a sindrome di Marfan in età più giovanile
Pg: dilatazioni aortiche sono presenti nel 50% dei parenti dei pazienti con ectasia idiopatica
Macro: dilatazione piriforme dell’aorta ascendente; la dissezione come la rottura è possibile
Micro: alterazioni aspecifiche come medionecrosi e frammentazione delle fibre elastiche;
alterazioni secondarie delle valvole come ispessimento e fibrosi o assottigliamento e stiramento

Valvola aortica bicuspide congenita

Presente nell’ 1 - 2% della popolazione


M/F: 1.4 - 4 a 1
Eredità autosomica dominante con bassa penetranza
E’ la più frequente causa di stenosi aortica nel gruppo di età 50 – 70 anni
La stenosi si produrrebbe in circa l’80% delle valvole

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La v. bicuspide è associata ad aumentato rischio di dissezione aortica e di endocardite infettiva
Presente nell’ 1 - 2% della popolazione
M/F: 1.4 - 4 a 1
Eredità autosomica dominante con bassa penetranza
E’ la più frequente causa di stenosi aortica nel gruppo di età 50 – 70 anni
La stenosi si produrrebbe in circa l’80% delle valvole
La v. bicuspide è associata ad aumentato rischio di dissezione aortica e di endocardite infettiva

Sindrome di Marfan

Clin: Nel 70-85% dei casi malattia autosomica dominante


Incidenza da 1 su 10000 a 1 su 20000
Difetto della glicoproteina chiamata fibrillina su cui si deposita la tropoelastina per formare le
fibre elastiche; due forme omologhe del gene FBN1 e FBN2 sono situate in 15q21 e 5q3.
Mutazioni sono state trovate in quasi tutti i 65 esoni del gene della Fibrillina-1
Clin: Pazienti alti con estremità allungate e dita affusolate; i legamenti delle mani e dei piedi
sono lassi e la testa è dolicocefala (Abraham Lincoln)
Deformità della colonna, pectus excavatum
Alterazioni oculari: ectopia lentis (sublussazione del cristallino)
Anomalie cardiovascolari: dilatazione della radice aortica (da medionecrosi cistica) 39%;
dissezione aortica 36%; prolasso della mitrale 21%

Dissezione aortica

Def.: Scollamento della tonaca media da parte di una colonna di sangue parallela all’asse
maggiore dell’arteria
Età media = 60 anni
Sesso M/F = 2-3/1
Tipicamente inizia a pochi centimetri dall’annulus della valvola aortica con una lacerazione
trasversale dell’intima e della media
La degenerazione cistica della media è l’alterazione istologica che si riscontra abitualmente
nella dissezione
Le condizioni comunemente associate con la dissezione e la degenerazione cistica della media
sono: ipertensione (almeno 70% dei pazienti), valvola aortica bicuspide, e sindrome di Marfan
Ma nel 20% dei pazienti (con dissezione prossimale) non esiste altra condizione che l’ectasia
annuloaortica (idiopatica)

Alterazioni aortiche (non aterosclerotiche) correlate all’età

Macro: dilatazione del vaso possibile in ogni tratto con aumento della rigidità
Micro: frammentazione dell’elastina, ispessimento dell’intima e fibrosi

Medionecrosi cistica

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Degenerazione della media: raccolta di proteoglicani e comparsa di strutture di tipo cistico nella
media
Medionecrosi: perdita di nuclei nella media (apoptosi)
Questi aspetti possono essere presenti in grado minore nell’anziano, mentre è presente i misura
maggiore in associazione a quadri congeniti: Marfan, valvola aortica bicuspide, ectasia
annuloaortica in giovani pazienti
Schlatmann e Becker (1977) riconoscono tre gradi di medionecrosi cistica sulla base
dell’estensione delle alterazioni cistiche, della frammentazione delle fibre elastiche, e della
perdita di nuclei
Tuttavia in molti casi di dissezione aortica inclusi quelli nella S. di Marfan le alterazioni sono di
lieve entità

Aneurisma aterosclerotico

E’ la forma più frequente di aneurisma


La sede più comune è l’aorta addominale tra l’imbocco delle renali e la biforcazione, ma sono
frequenti anche le localizzazione nelle arterie iliache e in quelle degli arti inferiori
Macro: forma saccata o navicolare, placche fibroateromasiche nell’intima
Micro: media atrofica con distruzione sia della componente muscolare liscia che di quella
elastica. Infiltrati linfocitari nell’avventizia attorno a vasi e nervi
Complicanze: trombosi, embolia e rottura
Pg: Malattia familiare poligenica. E’ presente nel 29% dei fratelli e nel 6% delle sorelle dei
pazienti. Malattie monogeniche associate: sindrome di Marfan e di Ehlers-Danlos.
Fattore di rischio: fumo; il 90% dei pazienti ha fumato; rischio moltiplicato per 6 in quelli che
hanno fumato per più di 40 anni e per 7 per quelli che hanno fumato più di 20 sigarette al giorno

Aneurisma aterosclerotico infiammatorio

E’ una variante dell’aneurisma aterosclerotico tipica dell’aorta addominale descritta da Walker


et al. nel 1972 che ammonta all’ 11% degli AAA operati
Coesiste una periaortite cronica e a volte un’arterite coronarica (autoimmunità?)
Micro: media e avventizia non più discernibili comprese in un connettivo fibroso denso sede di
un infiltrato infiammatorio

TUMORI VASCOLARI

Sono frequenti, ubiquitari e si incontrano a tutte le età. La maggior parte riproduce le strutture dei
vasi sanguigni o dei vasi linfatici con predominanza di cellule endoteliali. Altri sono fatti da cellule
mesenchimali periva scolari.

Emangioma (Angioma)
Pg: natura amartomatosa
Fre: è il tipo più frequente di neoformazione vascolare
Ma: focolaio rosso scuro di consistenza spongiosa. Sulla pelle e le mucose focolaio rosso scuro, di
consistenza spongiosa. Ne esistono due varietà:

35
1. emangioma piano: formato da una macchia rosso-violacea a contorno figurato
2. emangioma tuberoso: prominente, violaceo, a superfice mammellonata
l’angioma artero-venoso appare come un gomitolo di vasi separati da laghi sanguigni e contenuti in
un tessuto sclerotico brunastro carico di pigmento emosiderinico
Mi: l’aspetto microscopico e anch’esso variabile
1. emangioma capillare: comprende piccoli vasi a lume stretto contenenti emazie, la cui parete
è costituita da un endotelio con la sua membrana basale
2. emangioma cavernoso: i lumi vascolari sono dilatati, anfrattuosi e comunicanti
3. emangioma cellulato o emangiendotelioma benigno: l’endotelio è iperplastico e i lumi
virtuali; la neoplasia appare compatta con qualche sparsa cavità capillare sparsa
4. emangioma venoso: i vasi componenti hanno struttura parietale venosa e, a seconda della
localizzazione, possono essere immersi in un tessuto connettivo-adiposo contenente cellule
muscolari lisce
5. angioma arterovenoso o malformazione arterovenosa (MAV): è più di frequente a
localizzazione encefalica ed è formato da un groviglio di vasi a parete arteriosa, capillare o
intermedia indovate in un tessuto gliotico. Molto spesso la lesione può provocare emorragie.

Linfangioma
Fre: meno comune dell’emangioma
Ma: piccole masse bluastre o grigiastre scoperte a occhio nudo in giovane età o alla nascita a livello
del collo, della lingua, delle labbra, del pavimento buccale e del cavo ascellare. Localizzazioni
profonde sono descritte anche a livello delle tuniche digestive, del mesentere, della regione retro
peritoneale e del mediastino.
Mi: può essere anch’esso capillare o cavernoso. Il lume dei vasi può contenere linfociti.
L’mmunoistochimica può mettere in evidenza positività per marker specifici come la podoplanina.

Tumore glomico
Lo: ubiquitario, ma soprattutto regioni provviste di glomi neuro-mio-arteriosi, in particolare tessuto
sottocutaneo dei segmenti distali degli arti e regione periunguele.
Clin: estremamente dolorosi!
Ma: noduli bluastri e angiomatosi al taglio
Mi: lumi vascolari tappezzati da endotelio, circondati da piccole cellule rotonde dal citoplasma
chiaro di tipo pericitario (positività per l’actina del muscolo liscio).

Emangiopericitoma
Lo: tegumenti, fascia muscolare, connettivi profondi o viscerali come la regione retro peritoneale,
tubo digerente o utero. A volte lesione intracranica ad appoggio durale. Le localizzazioni alla
coscia, al mediastino e al polmone sono considerate a prognosi peggiore.
Pro: prognosticamente poco prevedibili. Possibilità di metastasi, abitualmente tardive!
Ma: neoplasia nodulare che può diventare voluminosa
Mi: Proliferazione densa di elementi periva scolari corrispondenti a due tipi di periciti:
1. periciti ovoidi o cubici a nucleo chiaro d’aspetto glomico
2. periciti allungati e ossifili somiglianti a cellule muscolari lisce
gli elementi pericitari sono singolarmente circondati da fibre reticolari. Queste cellule si arrangiano
attorno a multipli capillari sanguigni.

Angiosarcoma
Fre: raro
Def: neoplasia maligna con disseminazione per via ematica, risultato della proliferazione di cellule
endoteliali atipiche e poco differenziate.

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Mi: l’identificazione è facile quando le cellule riproducono strutture vascolari. L’architettura può a
volte essere pseudo papillare. Le cellule possono staccarsi dal contorno delle strutture neoformate
come bullette (chiodini a cappella). Nei casi più complessi la positività immunoistochimica per
markers vascolari come fattore VIII, CD31 e CD34 possono aiutare nella diagnosi.
Sindrome di Stewart e Treves: linfangiosarcoma dei tegumenti a livello di un arto superiore
linfedematoso in seguito a una mastectomia con linfadenectomia del cavo ascellare seguita o no da
radioterapia. Si può tuttavia ritrovare in altre circostanze.

Sarcoma di Kaposi (SK)

Pg: azione causa dell’herpes virus umano tipo 8 (HHV8). Si può presentare in quattro forme.
1. SK endemico: si osserva in Africa; nei bambini è una condizione molto maligna localizzata
nei linfonodi, mentre l’adulto ha un decorso più indolente
2. SK classico: si sviluppa negli arti inferiori dei soggetti anziani. Si comporta come un tumore
cutaneo a basso grado di malignità, con metastasi ematogene e linfonodali
3. SK nell’immunosoppressione terapeutica: simile alla forma classica
4. SK epidemico: si osserva nei pazienti con AIDS, soprattutto maschi omosessuali. È un
tumore cutaneo (ma anche di mucose e visceri) altamente maligno, che si diffonde ai
linfonodi e agli organi viscerali
Ma: evolve in tre fasi
1. fase di chiazza: lesioni piatte, purpuree
2. fase di placca: lesioni purpuree lievemente rilevate, consistenti
3. fase nodulare: lesioni purpuree rilevate a cupola, consistenti
Mi: la classica istolagia dimostra la presenza di cellule fusate, con canali vascolari compressi a tipo
fessure contenenti globuli rossi. L’immunoistochimica consente di osservare una reazione positiva
nucleare per l’HHV8.

37
VASCULITI

Oltre alle vasculiti secondarie a noxe patogene esterne o a condizioni patologiche generali si
riconoscono vasculiti primarie sistemiche. Queste ultime sono malattie infiammatorie dei vasi
legate a meccanismi immunitari o idiopatiche che hanno un’incidenza di più di 100 casi per milione
di abitanti.

Nome e definizione delle vasculiti primarie adottati dal Chapel Hill Consensus Conference
(1992)

Vasculiti dei grandi vasi


 Arterite temporale a cellule giganti: arterite granulomatosa dell’aorta e delle sue branche
principali con predilezione per i rami extracranici della carotide. Spesso interessa l’arteria
temporale. In genere interessa pazienti di oltre 50 anni ed è spesso associata con polimialgia
reumatica
 Arterite di Takayasu: infiammazione granulomatosa dell’aorta e dei suoi rami principali. In
genere in pazienti di meno di 50 anni
Vasculiti dei medi vasi
 Poliarterite nodosa: infiammazione necrotizzante di medie e piccole arterie senza
glomerulonefrite o vasculite in arteriole, venule o capillari
 Malattia di Kawasaki: arterite che coinvolge grandi, medie e piccole arterie associata con
sindrome muco cutanea linfonodale. Le arterie coronarie sono spesso interessate. Aorta e
vene possono essere coinvolte. In genere si ha nei bambini
Vasculiti dei piccoli vasi
 Granulomatosi di Wegener: infiammazione granulomatosa che coinvolge il tratto respiratorio
e vasculite necrotizzante che colpisce piccoli e medi vasi. Comune la glomerulonefrite
necrotizzante
 Sindrome di Churg–Strauss: infiammazione ricca di eosinofili e granulomatosa del tratto
respiratorio, vasculite necrotizzante dei piccoli e medi vasi associata con asma ed eosinofilia
 Poliarterite microscopica: vasculite necrotizzante dei piccoli vasi con scarsi o assenti depositi
immuni. Può essere presente arterite necrotizzante di piccole e medie arterie. La glomerulo
nefrite necrotizzante è molto comune. Spesso capillarità polmonare
 Porpora di Henoc-Schönlein: vasculite con depositi immuni soprattutto di Ig-A nei piccoli
vasi. Tipicamente coinvolge pelle, intestino e glomeruli ed è associata con artralgie e artrite.
 Vasculite essenziale crioglobulinemica: vasculite con depositi immuni di crioglobuline nei
piccoli vasi e crioglobuline nel siero. Pelle e glomeruli sono spesso interessati
 Angiite cutanea leucocitoclasica: angiite cutanea leucocitoclasica isolata senza
interessamento vasculitico sistemico o glomerulonefrite

Dal punto di vista istologico perciò ci troviamo di fronte a due categorie:


1. Vasculiti granulomatose: arterite temporale, arterite di Takayasu, granulomatosi di
Wegener e malattia di Churg-Strauss
2. Vasculiti non granulomatose: poliarterite nodosa, malattia di Kawasaki, poliarterite
microscopica, porpora di Henoc-Schönlein, vasculite cutanea leucocitoclasica e
vasculite essenziale crioglobulinemica

Ulteriormente raggruppando le alterazioni per calibro dei vasi abbiamo:

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 Nelle vasculiti dei grossi vasi: iniziale infiltrato infiammatorio irregolare con cellule giganti
che possono contribuire a formare granulomi. Le tuniche esterne sono le prime a essere
coinvolte. La lamina elastica è distrutta e rimpiazzata da tessuto fibroso (DD con
aterosclerosi!). A lungo termine la parete vascolare appare ispessita.
 Nelle vasculiti dei medi vasi: le caratteristiche alterazioni sono date da necrosi fibrinoide e
infiltrato infiammatorio cronico spesso segmentale. Come nelle forme dei grossi vasi ci può
essere perdita della lamina elastica, cellule giganti e granulomi e sviluppo di fibrosi e
aneurismi.
 Nelle vasculiti dei piccoli vasi: interessati i letti capillari di pelle, polmoni e reni.
Deposizione di fibrina, leucocitoclasia (detriti cellulari). Infiltrato polimorfo nucleato e
linfocitario.

Laboratorio
Oltre all’elevazione degli indici infiammatori, in un considerevole numero di pazienti con
Granulomatosi di Wegener, poliangite microscopica, sindrome di Churg-Strauss e forme limitate di
tali condizioni, vengono formati anticorpi detti anti-neutrophil cytoplasm antibodies (ANCA)
contro enzimi e proteine batteriche presenti nei granuli citoplasmatici di granulociti e monociti. Essi
sono dimostrabili tramite tecniche di immunofluorescenza indiretta. Gli ANCA si dividono in C-
ANCA (citoplasmatici) e P-ANCA (perinucleari).

Pg: I meccanismi immunopatogenetici di vasculite sono stati messi in relazione alle quattro forme
di ipersensibilità di Coombs e Gell. Ipersensibilità Tipo I  vasculite allergica; Ipersensibilità Tipo
II anticorpo mediata (citotossica)  Vasculiti con ANCA (Wegener); Ipersensibilità da
immunocomplessi Tipo III  Vasculiti da immunocomplessi (porpora di Henoc-Schönlein);
Ipersensibilità cellulo-mediata Tipo IV  Arterite a cellule giganti.

39
MALATTIE AUTOIMMUNI

Per autoimmunità si intende una risposta immune dell’organismo contro componenti propri detti
auto antigeni. L’autoimmunità può intervenire in condizioni fisiologiche come l’eliminazione dei
globuli rossi invecchiati in cui intervengono degli autoanticorpi.
Le malattie autoimmuni sono delle condizioni patologiche in cui è presente una reazione
autoimmune duratura e primitiva che porta a danno tissutale. I meccanismi sono dati dalle reazioni
di ipersensibilità dal tipo II al tipo IV, mentre non si conosce alcun tipo di patologia di questo tipo
che agisca per mezzo di IgE dando luogo a una reazione di ipersensibilità di tipo I.
Le malattie autoimmuni possono variare da entità che colpiscono un solo organo o tessuto come la
tiroidite cronica linfocitaria o il diabete mellito giovanile di tipo I (insulino-dipendente) a malattie
con interessamento multi organo tipo il lupus eritematoso sistemico (LES). Esistono anche forme a
comportamento intermedio come la sindrome di Goodpasture con anticorpi contro strutture della
membrana basale di polmone e rene.
In ordine decrescente di organospecificità e, quindi, crescente di generalizzazione possono essere
elencate le seguenti entità:
1. tiroidite cronica linfocitaria (Hashimoto)
2. ipertiroidismo autoimmune (morbo di Basedow)
3. insufficienza surrenalica cronica (morbo di Addison)
4. anemia megaloblastica (perniciosa)
5. diabete giovanile insulino-dipendente (tipo I)
6. Miastenia grave
7. anemia emolitica autoimmune
8. leucopenia idiopatica
9. trombocitopenia idiopatica (morbo di Werlhof)
10. sindrome di Goodpasture
11. penfigo volgare
12. cirrosi biliare primitiva
13. sindrome di Sjögren
14. poliartrite cronica
15. febbre reumatica
16. polimiosite
17. dermatomiosite
18. sclerodermia
19. LES
20. malattie miste del tessuto connettivo

40
COLLAGENOPATIE

Sotto questo termine vengono raccolte patologie non organo specifiche che si distinguono per la
presenza di vasculite, necrosi fibrinoide e presenza di autoanticorpi. Di frequente riscontro è la
presenza di anticorpi contro strutture nucleari.

Sostanza ialina e sostanza fibrinoide


L’espressione sostanza ialina designa sostanze di aspetto vitreo, aniste (non cellulate), e omogenee
che nelle sezioni istologiche si colorano in rosa-rosso con l’eosina. Si dice in questi casi che si
tratta di ialinosi o ialinizzazione.
Tale aspetto si può ritrovare in differenti condizioni, per esempio: depositi ialini compatti di
vecchie cicatrici o vecchi focolai di tubercolosi fibrocaseosa; o l’spessimento ialino della pleura
dovuto a pleurite cronica; o la ialinosi fisiologica della parete dei vasi ovarici e uterini al momento
della menopausa; o anche la ialinizzazione di tumori come i leiomiomi o certi carcinomi tiroidei.
L’espressione sostanza fibrinoide designa tutte le sostanze che nei tessuti somigliano alla fibrina
con la sua struttura filamentosa omogenea o grossolanamente fibrillare o ancora finemente
granulosa. La sua colorazione con l’eosina è rosso-viva.
Anche in questo caso il reperto può essere osservato in diversi ambiti, nella parete dei piccoli vasi,
negli spazi intercellulari, in malattie come nefropatie acute, reumatismo articolare acuto,
radiodermiti ecc. nella placenta depositi di fibrinoide sono presenti dall’inizio della gravidanza e
aumentano fino al suo termine sia nei villi che nella placca basale (strie di Nitabuch).

Lupus eritematoso sistemico

Def: È una malattia autoimmune generalizzata che nel suo decorso cronico-recidivante può colpire
pressoché tutti gli organi e soprattutto pelle, articolazioni, reni e membrane sierose.
Gli autoanticorpi che si possono ritrovare sono Ab anti-nucleo (ANA), Ab anti DNA a doppio
filamento ( Anti-dsDNA) o Ab anti-istone. Altri autoanticorpi che possono essere ritrovati sono
diretti contro il complesso fosfolipidi-proteine di leucociti, eritrociti e piastrine. Questi anticorpi
possono essere legati a fenomeni di ipersensibilità tipo II e III.
Epid: Incidenza = 2-8 (in Italia circa 60.000 persone affette con un incremento di circa 1500 nuovi
casi diagnosticati ogni anno).
Sesso: 85% donne
Età: 20-40
Pg: L’esatta patogenesi del LES rimane sconosciuta, tuttavia si pens ache essa sia multifattoriale.
Per la patogenesi del LES potrebbero avere importanza fattori genetici, ormonali, infettivi (herpes
virus), ambientali (medicamenti come idralazina, procainamide, D-penicillamina).
La produzione di autoanticorpi contro il DNA a doppio filamento e altri autoantigeni nucleari è
caratteristica della malattia. Questi antigeni target sono spesso modificati e/o traslocati quando le
cellule apoptotiche vanno incontro a necrosi secondaria come conseguenza della loro deficente
clearance in pazienti con LES. In individui normali le cellule apoptotiche sono rapidamente rimosse
dai macrofagi in un contesto anti-infiammatorio; questo non elicita risposta immune. Nel lupus le
cellule apoptotiche non vengono eliminate in maniera appropriate, gli autoantigeni fuoriescono e
sono presentati alle cellule B da cellule follicolari dendritiche nei tessuti linfoidi secondari. In tal
modo vengono attivate cellule B autoreattive con produzione di anticorpi antinucleo. In seguito si
formeranno immunocomplessi con residui nucleari apoptotici in situ o nei vari tessuti.

La Gamma delle manifestazioni del LES è ben documentata dall’elenco dei criteri diagnostici
dell’American Rheumatism Association (in ordine di specificità):
 Eritema cutaneo discoide
 Malattia neurologica

41
 Eruzione cutanea agli zigomi
 Fotosensibilità cutanea
 Ulcerazioni orali
 Alterazioni renali (nefrite luposa)
 Prove di alterazione immunologica
 Alterazione ematologica
 Infiammazione delle sierose
 Presenza di anticorpi anti-nucleo
 Artrite

Cute

Eruzioni cutanee di vario tipo sono presenti in circa l’80% dei pazienti con LES. I quadri più
comuni sono:

 LE discoide cronico
Placche teleangectasiche squamose rosse, rotonde (discoide), sulla faccia, sul cuoio
capelluto ( alopecia cicatriziale a chiazze). Le lesioni guariscono a partire dal centro cute
atrofica con perdita della normale pigmentazione. I follicoli sono zaffati di cheratina.
 Eruzione cutanea agli zigomi

Eruzione eritematosa rossa, lievemente rilevata, simmetrica, delle guance e del dorso del
naso (Eritema a farfalla).
 Lesioni cutanee vasculitiche

Si tratta di vasculiti neutrofile purpuriche acute del derma superficiale, che di vasculiti
linfocitarie con chiazze di eritema lievemente rilevate; rappresentano aspetti importanti delle
eruzioni cutanee del lupus. Spesso il loro significato non è riconosciuto, perché le eruzioni
non corrispondono al classico tipo discoide o zigomatico.
 Reazioni di fotosensibilità

Lesioni orali

Nel 20% dei pazienti. Simili al lichen planus.

Manifestazioni neurologiche

Oltre a disturbi psichiatrici di causa ignota si possono avere disturbi neurologici (es. convulsioni) il
cui substrato si può ritrovare in lesioni da focale demielinizzazione, microinfarti (occlusione
vascolare da aggregazione piastrinica dovuta ad anticorpi anti-fosfolipidi) e perdita neuronale.

Lesioni renali

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L’interessamento renale nel LES è frequente ed è una causa importante di morbidità e mortalità; nel
60-70% dei casi è dimostrabile microscopicamente una glomerulo nefrite da immunocomplessi. La
gravità può variare da alterazioni minori (albuminuria asintomatica) a quadri che possono portare a
insufficienza renale. Il danno è più di frequenta a livello glomerulare con quadri di

 Nefropatia membranosa diffusa. Caratterizzata dalla presenza di IgG, IgM, IgA, C3 e C1q,
depositi sottoepiteliali che possono formare le lesioni wirw-loops (anse a filo di ferro).
Questo quadro si associa a sindrome nefrosica e progressione verso l’insufficenza renale.
 Glomerulo nefrite membranoproliferativa. Depositi di complessi immuni in sede
sottoendoteliale (principalmente C3 e piccole quantità di IgG). Sipossono osservare anche
depositi intramembranosi e mesangiali. Questo quadro progredisce rapidamente verso
l’insuffucenza renale.
 Glomerulo nefrite proliferativa segmentale renale con proliferazione del mesangio di tipo
segmentale e spesso con necrosi fibrinoide della matassa. Questo quadro è associato con
ematuria, proteinuria e lenta progressione.

La nomenclatura della WHO divide i quadri in cinque classi:

1. Rene normale in microscopia luce, immunoistochimica e microscopia elettronica


2. lieve glomerulo nefrite mesangiale con deposito di immunoglobuline e complemento
3. glomerulonefrite proliferativa focale-segmentale (meno del 50% dei glomeruli colpiti)
4. glomerulonefrite diffusa proliferativa (40-50% dei pazienti con LES)
5. glomerulonefrite membranosa (generalmente proteinuria severa e sindrome nefrosica)

Nel LES possono essere presenti alterazioni vascolari extraglomerulari e lesioni tubulari (nefrite
interstiziale).

Alterazioni ematologiche

Sono frequenti: alcune su base ignota, altre su base autoimmune.

 Anemia normocitica ipocromica


 Anemia emolitica autoimmune (circa il 10% dei casi), con anticorpi antieritrocitari e
positività del test di Coombs
 Riduzione del conteggio dei leucociti nel sangue periferico (linfopenia!)
 Trombocitopenia
 Trombofilia per presenza di anticorpi anti-cardiolipina

Alterazioni muscolo scheletriche


Dolori articolari e altri sintomi artritici sono presenti nel 90% dei pazienti, epossono precedere la
diagnosi di LES di molti anni.
 Artrite: di solito inizia alle dita, al polso e al gomito. Una necrosi ossea avascolare può
essere presente. Le superfici sinoviali possono essere ricoperte da deposizione di fibrina, e la
cartilagine articolare può mostrare alterazioni simili a quelle riscontrate nelle forme lievi di
artrite reumatoide
 Alterazioni ossee. Osteoporosi, necrosi avascolare poliarticolare.
 Mialgie che possono corrispondere nella biopsia muscolare a una vasculite linfocitaria.

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Sierose

Frequentemente si può osservare polisierosite. Una sierosite fibrinosa acuta con essudato siero-
fibrinoso può in seguito portare a fibrosi o cicatrizzazione.

Sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi


Def: Dal 40 al 50% dei pazienti con LES sviluppano anticorpi contro il complesso proteina-
fosfolipidi. Condizioni nelle quali sono presenti tali anticorpi in assenza di lupus vengono definite
sindromi primarie da anticorpi anti-fosfolipidi. Si tratta presumibilmente della più frequente
malattia autoimmune interessante i tessuti molli del corpo.
Pg: produzione di anticorpi diretti contro proteine plasmatiche formanti complessi con i fosfolipidi
come annessina V, β2-glicoproteina, proteina S e proteina C.
Mi: ipercoagulabilità  trombosi venose e arteriose. Le trombosi arteriose sono associate con
ischemia cerebrale, ma anche cardiaca, mesenterica e renale. Le trombosi venose si ritrovane a
livello delle vene profonde degli arti inferiori, ma anche del rene, del fegato e della retina. Possono
essere oltre a ciò osservati aborti, endocarditi verrucose e trombocitopenia.
Clin: data la possibilità che alcuni di questi anticorpi si leghino all’antigene cardiolipinico si può
avere una falsa positività alla sierodiagnosi per la sifilide che può per altro a sua volta venire usata
nella diagnostica della sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi.

Sclerodermia
Su base clinica vengono distinte le seguenti forme:
1. Sclerodermia generalizzata: malattia rapidamente progressiva caratterizzata
dall’interessamento cutaneo generalizzato e dal precoce interessamento di organi interni
come (con importanza decrescente): tratto gastrointestinale, polmoni, reni, scheletro,
ghiandole salivari, cuore, muscolatura, sistema nervoso.
2. sclerodermia localizzata (Acrosclerosi): rimane per lungo tempo circoscritta in determinate
zone della cute. Vengono riconosciute forme particolari a placca (morfea), lineari e
sottocutanee.
3. sindrome CREST: così denominata per la presenza di Calcinosi cutanea, fenomeno di
Raynaud, alterata motilità Esofagea, Sclerodattilia, Teleangectasie.

Epid: incidenza 0.6-1.2


Sesso: cinque volte più frequente nel sesso femminile.
Pg: la patogenesi è ancora sconosciuta. La fibrosi sarebbe conseguenza di un’attivazione del sistema
immunitario. I linfociti CD4+ attivati porterebbero al rilascio di citochine che potrebbero a loro
volta attivare i fibroblasti e/o danneggiare i capillari. Molecole come il PDGF e TGF-β potrebbero
indurre la produzione di collagene e di altre molecole della matrice..
Mi: la cute presenta un interessamento del derma sostituito da tessuto fibroso. Questo ispessimento
si estende al sottocutaneo e provoca un graduale aumento della rigidità della cute, con uno
stiramento e un’atrofia dell’epidermide sovrastante. Le lesioni interessano soprattutto le dita e la
faccia. La fibrosi provoca anche distruzione degli annessi cutanei.
L’interessamento del tratto gastroenterico riguarda soprattutto l’esofago la cui parete diviene rigida
per sostituzione della tunica muscolare con tessuto fibroso.
Nel polmone una fibrosi interstiziale porta alla distruzione degli spazi aerei distali con l’istaurarsi di
un quadro di polmone “a favo d’api”.
L’interessamento renale è conseguenza dell’interessamento vasale. L’iperplasia intimale delle
arterie di piccolo calibro può portare all’occlusione dei vasi. Si associa necrosi fibrinoide delle

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arteriole afferenti e di porzioni della matassa glomerulare. Il complesso di tali alterazioni è detto
rene sclerodermico acuto.

Miopatie infiammatorie

Le tre miopatie infiammatorie idiopatiche più importanti sono:


 Polimiosite (PM)
 Dermatomiosite (DM)
 Miosite a corpi inclusi (IBM)

Clin: si riscontra una ipostenia muscolare prossimale acuta o subacuta, mentre l’ interessamento
distale è tardivo, tranne che nell’ IBM in cui è comunemente precoce. L’aumento della VES e del
CK sierico e un pattern miopatico dell’EMG sono elementi caratteristici. La diagnosi definitiva di
queste patologie è basata sulla biopsia muscolare.
La PM in genere si presenta negli adulti. E’ definita negativamente per l’ assenza di alcuni caratteri:
coinvolgimento cutaneo, debolezza dei muscoli oculari o facciali, storia familiare, segni di
endocrinopatia, miosite a corpi inclusi o storia di esposizione a tossine o farmaci miotossici. La PM
può presentarsi separatamente o in congiunzione con altre malattie autoimmuni e infezioni virali
(come quella da HIV). La DM colpisce sia bambini che adulti e l’ interessamento muscolare si
accompagna a quello cutaneo che può assumere vari aspetti tra cui quello classico costituito da una
colorazione lilla su naso, guance, fronte e attorno alle unghie delle mani. In alcuni pazienti non vi è
manifesta debolezza muscolare, ma solo lesioni cutanee (Dermatomiosite senza miosite); la biopsia
muscolare mostra tuttavia i classici segni della miosite.La DM può presentarsi anche in
associazione con sclerosi sistemica o malattie miste del connettivo. Sigurgeirsson (1992) ha
dimostrato nella propria casistica l’ associazione di un carcinoma con la PM nel 9% dei casi e nel
15% dei casi con la DM. I tumori in questione sono siti in genere nel polmone e nel colon negli
uomini e nella mammella e nelle ovaie nelle donne.
L’ IBM esordisce in età adulta e ha un rapporto maschio/femmina di 3:1. In circa un quarto dei casi
può esservi ereditarietà dominante o recessiva.
Ha un pattern selettivo di interessamento muscolare: distalmente soprattutto estensori del piede e
flessori profondi delle dita nell’ avambraccio; prossimalmente quadricipite, ileopsoas, bicipite e
tricipite. Nel 60% dei pazienti è presente disfagia. Malattie autoimmuni sistemiche sono associate a
IBM nel 15% dei casi (Rugiero, 1995).

Pg: Dal punto di vista patogenetico la risposta immune nella DM sembra di tipo umorale,
diretta contro antigeni non identificati probabilmente endoteliali, della rete microvascolare del
muscolo, mentre nella PM e nella IBM sembra essere di tipo cellulo-mediato e diretto contro
antigeni sarcolemmali.
Nella DM immunocomplessi e depositi di C5b-9 sarebbero alla base di processi di necrosi
vasculitica antecedenti alla flogosi del tessuto muscolare che causerebbero, con meccanismo
ischemico, l’atrofia perifascicolare tipica. Sono presenti inoltre linfociti T CD4+ in sede
perivascolare. Tuttavia la presenza di cellule T CD8+ e macrofagi nelle aree colpite, analogamente a
quanto avviene nella PM e nella IBM, suggerisce la compartecipazione di una risposta cellulare.
Nella PM e nella IBM non è, invece, presente microangiopatia. La risposta cellulo-mediata sarebbe
ristretta a cellule esprimenti l’ antigene MHC-I.
Nonostante siano stati presi in esame vari agenti virali come paramixovirus, enterovirus, CMV,
EBV, virus influenzali, non è stata ritrovata alcuna evidenza in favore di un ruolo specifico di questi
agenti nella patogenesi delle miopatie infiammatorie. Tuttavia differenti retrovirus (HIV, HTLV-I,

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simian immunodeficiency virus e foamy virus) sono in grado di provocare quadri di PM e IBM con
caratteristiche di immunità cellulo-mediata tipiche di queste patologie.

Mi: Dal punto di vista istopatologico nella PM gli infiltrati di cellule infiammatorie sono un
reperto fondamentale per la diagnosi. Essi sono composti da linfociti, macrofagi e plasmacellule e si
ritrovano soprattutto nei fascicoli in relazione alle fibre necrotiche o a piccoli vasi sanguigni. In
alcuni casi al posto di infiltrati focali si rileva una flogosi sparsa endomisiale. Altre caratteristiche
tipiche sono la presenza di fibre o gruppi di fibre sparsi in necrosi, spesso in rapporto a un infiltrato
macrofagico e di frequente pallide (ghost-like) a volte basofile (rigeneranti).Le reazioni per le
attività enzimatiche ossidative possono mettere in evidenza la presenza di fibre "moth-eaten", cioè
con aree soprattutto periferiche di assente attività enzimatica.
Nella polimiosite cronica rimane l' infiltrato endomisiale che si accompagna, per altro, a fibre
ipertrofiche, splitting, nuclei centrali, rigenerazione, fibrosi ed eventualmente "fibre-type grouping".
L' atrofia delle fibre di tipo 2 di frequente riscontro è da attribuire in maniera prevalente al
trattamento steroideo. Come risultato dei quadri più severi la biopsia può mostrare un ampia
sostituzione del tessuto muscolare da parte di tessuto fibroso e adiposo.
Il quadro istopatologico della DM è caratterizzato dal fatto che gli infiltrati infiammatori si
ritrovano in sede perivascolare e nei setti interfascicolari. La necrosi di arteriole e/o capillari può
portare a infarti muscolari. L' atrofia perifascicolare messa in evidenza da piccole fibre arrotondate
alla periferia di singoli fascicoli è frutto, come detto precedentemente, di ischemia cronica. Edema
endomisiale, necrosi, miofagocitosi, rigenerazione e fibre "moth-eaten" possono anche essere
presenti.
La IBM possiede come principale caratteristica istopatologica la presenza di vacuoli
("rimmed vacuoles") negativi per la fosfatasi acida e rivestiti da un materiale basofilo e sudanofilo
presenti in un numero variabile di fibre. In alcune fibre muscolari possono essere presenti inclusioni
eosinofile. La microscopia elettronica mette in evidenza a livello nucleare e citoplasmatico la
presenza di inclusioni filamentose di 10-20 nm di diametro. L' infiltrato infiammatorio è in genere
endomisiale e in rapporto ai vasi.

MALATTIA REUMATOIDE

Def: è una malattia multi sistemica del tessuto connettivo i cui effetti dominanti sono sulle
articolazioni e provocano l’artrite reumatoide.
Lab: la diagnosi si basa sulla dimostrazione di anticorpi noti come fattori reumatoidi, questi
reagiscono con siti antigenici sul dominio CH2 della porzione Fc delle IgG. Il tipo più comune di
fattore reumatoide è una IgM che può formare immunocomplessi con le IgG circolanti.
Titoli elevati di fattore reumatoide sono associati con un andamento grave e progressivo della
malattia, in particolare quando ci siano complicazioni sistemiche e noduli reumatoidi sottocutanei.
Classicamente i fattori reumatoidi sono dimostrabili attraverso la reazione di Waler-Rose
(agglutinazione di eritrociti di pecora chehanno adsorbito anticorpi di coniglio anti-pecora) e il test
di agglutinazione al lattice.

Artrite reumatoide

Def: poliartrite simmetrica caratterizzata dalla distruzione di cartilagine articolare e dalla sua
sostituzione con un panno infiammatorio cronico
Clin: interessa principalmente le articolazioni periferiche sinoviali quali le dita e il polso, ma può
colpire anche il ginocchio e le articolazioni più prossimali. Le articolazioni diventano rigonfie,
dolenti e calde e la cute sovrastante e arrossata.
Sesso: F:M=2-3:1

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Età: 35-45
Le alterazioni patologiche principali in ordine temporale sono:
 Sinovite reumatoide caratterizzata da
- sinovia rigonfia e villosa
- infiltrato flogistico linfoplasmacellulare nello stroma sinoviale
- essudato nel cavo articolare
- fibrina sulla superfice della sinovia
- edema dei tessuti molli circostanti
 distruzione della cartilagine articolare
- formazione del panno: tessuto di granulazione che sostituisce la cartilagine articolare
a iniziare dai bordi
 erosioni osteolitiche al di sotto del panno (visibili alla Rx)
 esitano deformità articolari con ev. segni secondari (atrofia muscolare) dovuti all’immobilità
dell’articolazione colpita

Cute
Le lesioni cutanee caratteristiche dell’artrite reumatoide sono noduli reumatoidi e vasculite
 noduli reumatoidi: in genere si presenta come nodulo consistente sottocutaneo sulla
superficie anteriore degli avambracci o su altre prominenze ossee. Questi noduli si
presentano nel 25% dei casi spesso nei casi con artrite grave e interessamento viscerale.
Mi: aree di collagene degenerato (necrosi fibrinoide) circondate da flogosi granulomatosa
con cellule giganti.
 La vasculite può presentarsi come vasculite acuta neutrofila con porpora e occasionali foci
di ulcerazione o come vasculite linfocitaria con eruzione a chiazze eritematosiche.

Occhio
 Cheratocongiuntivite secca a causa di flogosi linfocitaria che può colpire le ghiandole
lacrimali
 Sclerite per degenerazione colla genica simile a quella cutanea
 Scleromalacia perforante per progressione della sclerite

Polmone
Polmonite interstiziale che porta a quadri di fibrosi simili a quelli della sclerosi sistemica. Possono
essere presenti noduli reumatoidi sia nel polmone che nella pleura
Sindrome di Caplan: associazione del polmone dei minatori (silicosi) con granulomi reumatoidi

Disturbi ematologici
Nell’artrite reumatoide è frequente l’anemia delle malattie croniche, mentre una minoranza di
pazienti manifesta ipersplenismo e linfadenopatia.
 Anemia ipocromica normocitica. Probabilmente dovuta a a difetti di utilizzazione del ferro.
Nel midollo si possono osservare aggregati follicolari di linfociti
 Iperplasia follicolare dei linfociti
 Sindrome di Felty: splenomegalia, linfadenopatia, anemia e leucopenia in soggetti con
artrite reumatoide
 Aumento di sensibilità alle infezioni (ev. sepsi!)

Polmone
Sarcoidosi

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Def: malattia granulomatosa cronica a eziologia ignota, caratterizzata da flogosi granulomatosa non
necrotizzante in molti tessuti.
Sesso: lievemente più frequente nelle donne
Età: più di frequente prima di 40 anni
Epid: gradiente di latitudine con aumento di frequenza da Sud a Nord
Mi: granulomi con cellule giganti simili a quelli tubercolari, ma senza la necrosi caseosa. Essi sono
multipli e possono aumentare di volume divenendo confluenti. Le cellule giganti possono contenere
concrezioni sferiche calcifiche laminari (Corpi di Schamann o corpi asteroidi).
Clin: la malattia è lentamente progressiva, ma con possibilità di remissioni spontanee per cui i
granulomi diventani più piccoli e collagenizzati. Nel polmone questa fase di guarigione può
provocare un’estesa fibrosi.
Lo: gli orgaqni più di frequente interessati sono il sistema linforeticolare, i polmoni, la cute, gli
occhi, l’encefalo. Ma granulomi asintomatici possono essere dimostrati istologicamente in molti
altri organi come cuore, muscolo scheletrico, ghiandole lacrimali e tratto gastrointestinale.

Organi linfoidi
Nella sarcoidosi l’interessamento linforeticolare si manifesta con un ingrossamento dei linfonodi.
Linfonodi: in genere interessamento bilaterale e simmetrico dei linfonodi dell’ilo polmonare
associato a infiltrazione del parenchima polmonare. Meno di frequente linfonodi ascellari e
cervicali.
Milza: spesso interessata, ma evidenza clinica di splenomegalia solo nel 5% dei casi.

Polmoni
La frequente infiltrazione polmonare diffusa provoca un difetto ventilatorio restrittivo e una
riduzione degli scambi gassosi. È presente un’infiltrazione interstiziale di granulomi sarcoidei che
successivamente può portare alla fibrosi progressiva.

Lesioni cutanee
Sono molto frequenti.
 Eritema nodoso
Ma: masse sottocutanee caratteristiche, molli, di color rosso porpora, di solito sugli stinchi o
sulle cosce, talvolta accompagnate da febbre e malessere, e spesso associate ad artralgia.
Mi: lesione infiammatoria del grasso sottocutaneo, abitualmente associata ad infiammazione
delle grandi vene. Non si vedono granulomi formati, ma solo qualche eventuale cellula
gigante associata ai focolai di liponecrosi.
Clin: associato spesso alla linfadenopatia ilare bilaterale, ha buona prognosi.
 Granulomi sarcoidosici cutanei
Possono manifestarsi con papule brune (talora associate con i follicoli piliferi e seguite da
perdita di peli) placche e noduli fissi bruno/rossastri, e con un quadro caratteristico detto
lupus pernio. Questa forma, associata a un grave interessamento generale, presenta placche
persistenti, gommose, color porpora lucente sulla faccia, sulla punta del naso, alle estremità
delle dita e alle orecchie.

Interessamento oculare
Frequente sintomo di presentazione nelle donne.
L’alterazione più frequente è l’uveite che può essere acuta (autolimitantesi) o cronica. Quest’ultima
è una forma grave che può provocare alterazioni persistenti del visus e che è associate a forme di
sarcoidosi clinicamente più estese e aggressive.

Interessamento del sistema nervoso

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In circa il 10% dei pazienti. Particolarmente frequente in pazienti con infiltrazione polmonare
diffusa e lesioni oculari.
Quadri riscontrabili sono:
 Meningite cronica
 Lesioni dei nervi cranici (da meningite della base)
 Processi espansivi emisferici
 Mononeuriti multiple

Tubercolosi

La famiglia dei micobatteri include i bacilli tubercolari umano e bovino, il bacillo della lebbra e
altre specie, designate come micobatteri atipici, che si ritrovano normalmente negli animali o
nell’ambiente e che possono causare malattia nell’uomo in presenza di condizioni favorenti.
La parete cellulare dei micobatteri contiene lunghe catene glicolipidi che e/o fosfoglicani che
proteggono questi parassiti facoltativi intracellulari dagli attacchi degli enzimi lisosomiali. Altri
micosidi fissano avidamente la fucsina basica dopo trattamento con soluzione acida di HCL o acido
acetico. Poiché la coltura per micobatteri richiede tempi lunghi per la formazione di colonie (quello
della lebbra non è stato ancora neanche coltivato con successo!) la proprietà dell’alcool-acido
resistenza è importante per una precoce identificazione batterioscopica.
La reazione ai micobatteri da parte dell’organismo è tipicamente cronica e granulomatosa, cioè
dominata da macrofagi. Alcuni micobatteri, tuttavia, come ad es. il M. Chelonei hanno crescita
rapida e possono dare lesioni suppurative.
Pg: gli anticorpi dell’ospite contro le proteine tubercolari hanno un ruolo irrilevante nella
progressione della malattia umana, mentre i meccanismi immuni cellulo-mediati e l’attivazione dei
macrofagi linfochino-mediatasono di primaria importanza.
Epid: la tubercolosi (TB) continua a declinare in molte zone sviluppate del pianeta, nello stesso
tempo essa sta tragicamente crescendo nelle regioni più povere, specie laddove l’AIDS è diventato
endemico. Infatti nei paesi tropicali nei pazienti ammalati di AIDS la TB assume il ruolo
opportunistico sostenuto altrove dai funghi o da altri micobatteri.
Nei paesi sviluppati la TB geriatrica è diventata la forma dominante con presentazioni cliniche
atipiche. Gli anziani che presentano riattivazione dell’infezione sono spesso afflitti da altre
condizioni come diabete, neoplasie o malattia polmonare cronica ostruttiva che rendono il quadro
clinico complicato da interpretare.
La cosiddetta tubercolosi urbana è legata all’abuso di droghe o all’immigrazione.

TB primaria = infezione di un ospite immunologicamente naif


TB secondaria o post-primaria = reinfezione o riattivazione del bacillo in un ospite già
sensibilizzato

Complesso di Ghon
Benché i bacilli tubercolari possano penetrare per via digestiva o anche cutanea la lesione primaria
usuale è un focolaio singolo polmonare in sede sub pleurica (focolaio di Ghon). Da quest’ultimo,
per via linfatica, i bacilli stabiliscono un focolaio satellite a livello di un linfonodo ilare omolaterale
(complesso di Ghon). Questo complesso, dopo un precoce e isolato episodio di batteriemia, spesso
guarisce o calcifica spontaneamente, rendendo l’infezione latente ciò nonostante in questa fase la
lesione sia istologicamente negativa per il bacillo tubercolare.
Nell’infezione da bacillo bovino il complesso primario può essere localizzato nelle tonsille o nella
regione ileo-cecale con coinvolgimento dei linfonodi cervicali o mesenterici.

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TB primaria progressiva
Si ha quando il focolaio primitivo invece di guarire si espande

Foci di Simon
Anche se la lesione primaria guarisce si può avere diffusione per via ematica con formazione di foci
satelliti (foci di Simon) e consolidamento in sede sub apicale bilaterale.

TB polmonare progressiva post-primaria


In relazione alla resistenza dell’ospite i foci di Simon possono regredire, rimanere stazionari o
espandersi dando la cosiddetta TB polmonare progressiva post-primaria (TBPP) che è quindi
caratterizzata da coinvolgimento polmonare sub apicale in assenza di lesioni ilari che non siano una
cicatrice calcifica.
La TBPP prosegue nel suo lento decorso cronico con tendenza delle lesioni a cavitarsi.

Broncopolmonite tubercolare
I bacilli tubercolari diventano osservabili nell’escreato quando le lesioni si aprono nelle vie aeree.
Si creano lesioni satelliti a livello delle vie aeree terminali e creando il quadro della
broncopolmonite tubercolare.

Foci extrapolmonari
Sono possibili in pressoché tutti gli organi per disseminazione per via linfatica o ematica i nuovi
focolai possono a loro volta guarire, crescere localmente o essere la sorgente di una nuova
disseminazione miliare. Al momento della progressione extrapolmonare il complesso primario può
essere guarito.

Tubercolosi miliare
La disseminazione miliare accompagna regolarmente la TB primaria progressiva; nell’infezione
post-primaria può essere scatenata dal drenaggio di un focus caseoso in un vaso maggiore. Le
disseminazioni miliari colpiscono principalmente i polmoni, ma nelle forme più gravi possono
essere disseminate in tutto l’organismo.

Complicanze
Erosione vasi arteriosi (tardiva!) con emoftisi; fistole bronco pleuriche; empiema; laringite.
Versamenti pleurici e pleurite fibrinosa possono essere complicanze precoci.

Mi: la caratteristica istologica della TB è il granuloma centralmente necrotico o tubercolo composto


di cellule epitelioidi, cioè macrofagi attivati strettamente interdigitali conteneti elaborati organelli e
cellule giganti multinucleate di Langhans con nuclei disposti a ferro di cavallo.
La proliferazione fibroblastica e la deposizione di collagene possono accentuarsi con la
cronicizzazione dando luogo alla cosiddetta tubercolosi fibrocaseosa. Foci caseosi di lunga durata
tendono a calcificare specie in pazienti con tubercolosi trattate o in guarigione spontanea.
Ma: I tubercoli possono crescere da dimensioni microscopiche a quelle di un grano di miglio (TB
miliare); con una crescita ulteriore e la coalescenza le aree di necrosi coagulativa assumono
l’aspetto macroscopico caratteristico della necrosi caseosa.
Lo svuotamento di masse caseose nei bronchi o in altri visceri cavi porta alla formazione di
caverne.

Coinvolgimento extrapolmonare
 La tubercolosi surrenalica bilaterale, causa del morbo di Addison, è diventata rara

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 Tubercolosi addominale: ulcere tubercolari ileali possono essere confuse col morbo di Chron
o il cancro. La laparotomia può mettere in evidenza tubercoli peritoneali.
 Osteomielite tubercolare. Può essere presente in ogni segmento dando quadri a volte
caratteristici (colonna  malattia di Potts; dita  spina ventosa)
 L’artrite cronica tubercolare può essere più rapidamente distruttiva di quella reumatoide o
degenerativa
 Tubercolosi renale: può portare a “piuria sterile” (segno precoce di allarme!) e esitare in
pionefrosi
 Tubercolosi genitale: salpingite ed endometrite tubercolare con rara evoluzione caseosa
(vecchia dottrina del Monaldi = ogni organo ha la sua forma di TB!).
 Meningite tubercolare (della base!) ed ev. tubercoloma intracerebrale

Granulomatosi di Wegener

Def: vasculite necrosante a predominanza granulomatosa


Clin: inizia spesso come rinite acuta con ulcerazioni della mucosa e si estende alle vie aeree
superiori, i bronchi, i polmoni, la milza e soprattutto i reni (insufficienza renale!).
Mi: le lesioni sono costituite da granulomi polimorfi con elementi linfoplasmocitari, istiociti e
cellule giganti ripartite senz’ordine o arrangiate attorno a un’aria di necrosi d’aspetto fibrinoide.
I piccoli vasi arteriosi, venosi e capillari , sono dissociati da una necrosi dello stesso tipo; le loro
alterazioni ricordano quelle dei fenomeni tissutali d’ipersensibilità.

Silicosi

Def: pneumoconiosi (= malattia dei polmoni da pulviscolo = termine generale) causata da polvere
di quarzo.
M: minatori, tagliapietre, lavoratori in fabbriche di abrasivi e in fonderie.
Pr: inguaribile. La progressione è inarrestabile anche dopo cessazione dell’esposizione.
Pg: inalazione di particelle contenenti silice liber (biossido di silicio) con diametro da 0.5 a 5 μ. Da
distinguere dalle silicatosi, che sono eventualmente fibrogene e che sono dovute all’aspirazione di
silicati come le impurità del berillio, il caolino o il talco.
Particelle di silice più piccole  alveoli  fagocitosi dei macrofagi  distruzione fagociti 
nuovi fagociti ancora necrotici  all’intorno linfociti, plasmacellule, istiociti, fibroblasti (reazione
fibroblastica)  fibrosi
Ma: il nodulo silicatico è di consistenza dura e legnosa e di colore grigio-ardesia o nero. I limiti
sono netti e la taglia abituale è di 2-5 mm fino a una mela (!) soprattutto nei lobi superiori del
polmone. Le linfoghiandole regionali sono ugualmente colpite (i fagociti bloccano i seni marginale
e intermedio).
In genere è associata a un’antracosi (particelle di carbone) può anche classicamente svilupparsi
come silicotubercolosi (minatori affetti da silicosi  sviluppo rapido di TBC).
Mi: Nodulo silicotico a coccarda con dall’interno all’esterno: necrosi connettivale centrale (zona più
vecchia), mantello di connettivo vecchio ialino, zona di connettivo più giovane, vallo di cellule
pneumoconiotiche (fagociti contenenti cristalli di quarzo), flogosi perifocale. In luce polarizzata
visibili aghi di silice tra le lamelle collageniche.
Se: cuore polmonare; ev. polmoniti per perdita della funzione dei linfonodi.

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