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di Carlo Molari
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stato il mistero della Chiesa». Egli citò poi diversi testi dal Concilio, dalla Lumen gentium alla
Gaudium et spes e concluse: «Come appare chiaro da questi testi, che abbiamo creduto opportuno di
richiamare alla vostra attenzione, il Concilio Vaticano II non ha mirato ad approfondire e
completare la dottrina cattolica sul peccato originale, già sufficientemente dichiarata e definita...
Esso ha voluto soltanto confermarla ed applicarla secondo che richiedevano i suoi scopi,
prevalentemente pastorali». Ricordò poi che lo scopo del Simposio era quello di approfondire la
dottrina «essendo pienamente persuasi che Vescovi e sacerdoti non possono degnamente adempiere
la loro missione di illuminazione e di salvezza del mondo moderno, se non sono in grado di
presentare, difendere ed illustrare le verità della fede divina con concetti e parole più comprensibili
alle menti formate alla odierna cultura filosofica e scientifica». Le discussioni dei teologi in realtà
procedettero con molta libertà sia durante i lavori che dopo. Nell'ottobre dello stesso anno infatti fu
pubblicato il Catechismo Olandese, in gestazione da tempo. Una particolare commissione di sei
Cardinali di diversa nazionalità creata appositamente dal Papa pur lodandolo lo giudicò
insufficiente per molti punti tra cui anche la dottrina sul peccato originale.
Paolo VI il 30 giugno 1968 proclamò il Credo conciliare in cui era ripetuta la dottrina tradizionale:
«... Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui
commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta
le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all'inizio nei nostri
progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l'uomo non conosceva né il male né la
morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue
proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed
è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento,
che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, «non per imitazione, ma per
propagazione», e che esso pertanto è proprio a ciascuno» (Osservatore Romano, 1 luglio 1968).
Anche Benedetto XVI ha ripreso più volte il tema soprattutto nel 2008 quando da più parti sono
state formulate critiche pubbliche nei confronti della dottrina del peccato originale. Mercoledì 10
dicembre 2008 ad es. ha detto: «Cari fratelli e sorelle, seguendo san Paolo abbiamo visto nella
catechesi di mercoledì scorso due cose. La prima è che la nostra storia umana dagli inizi è inquinata
dall'abuso della libertà creata, che intende emanciparsi dalla volontà divina... Abbiamo detto che
questo inquinamento della nostra storia si diffonde sull'intero suo tessuto e che questo difetto
ereditato è andato aumentando ed è ora visibile dappertutto... La seconda è questa: da san Paolo
abbiamo imparato che esiste un nuovo inizio nella storia e della storia in Gesù Cristo, Colui che è
uomo e Dio. Con Gesù, che viene da Dio, comincia una nuova storia formata dal suo sì al Padre,
fondata perciò non sulla superbia di una falsa emancipazione, ma sull'amore e sulla verità». Il Papa
non parla di uno stato di perfezione-perduto, ma insiste sul fatto che con Cristo l'uomo è entrato in
una fase nuova di libertà. C'è una verità profonda nel discorso del Papa ed è l'incidenza del male
lungo i tornanti della storia umana. Il male non si propaga semplicemente a livello sincronico, per
contagio nel presente, ma anche lungo l'asse temporale verso il futuro. Questa incidenza è iniziata
ben presto data l'imperfezione e l'incompiutezza della umanità primitiva. La creatura umana infatti
non poteva accogliere in un istante tutto il dono della sua perfezione. Le scelte negative d'altra parte
incidono nella trasmissione della vita alle generazioni successive. Prendere coscienza di questa
condizione e viverne coerentemente è la sapienza che l'uomo ha acquisito progressivamente e di cui
il racconto biblico in un linguaggio mitico, simbolico e profetico, è un'espressione chiara.
La difficoltà ad accettare la dottrina tradizionale non sta nell'ammissione dell'incidenza di scelte
negative nella trasmissione della vita, bensì nella convinzione che l'uomo sia emerso all'esistenza in
forma perfetta, che abbia avuto qualità straordinarie poi perdute e in particolare che egli non fosse
soggetto alla morte. La morte entrata con il peccato non è certo la morte fisica, ma la seconda
morte, la possibilità del distacco da Dio, fonte della vita. La verità fondamentale della dottrina è
quindi che nella storia il male accompagna l'origine di ogni uomo, mentre la supposta perfezione
originaria di Adamo con la conseguente immortalità e l'attribuzione automatica della condizione di
peccato a tutti i discendenti sarebbero due rivestimenti culturali provvisori.
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Rileggere il peccato originale
di Carlo Molari
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illusorio di numerose decisioni umane e inducono le ingannevoli idolatrie delle creature. L'unica differenza
è che l'esperienza della insufficienza delle cose è oggi molto più precoce e generalizzata di quanto lo
fosse nei secoli scorsi, più lenti nei processi e più limitati nelle offerte