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ANTONINO

CASSARÀ E ROBERTO ANTIOCHIA

Antonino Cassarà, detto Ninni, nasce a Palermo il 7


maggio 1947. Dopo aver superato il concorso per
Commissario di P.S. è destinato alla Questura di
Reggio Calabria e poi di Trapani. In quest’ultima sede
ebbe modo di conoscere il giudice Giovanni Falcone,
diventandone presto il “braccio destro operativo”.
Successivamente trasferito alla Questura di Palermo,
diventa il vicedirigente della Squadra Mobile,
impegnandosi con determinazione nel contrasto alla
criminalità organizzata.

Nelle indagini sulla mafia palermitana avrà quindi


modo di lavorare con Giuseppe Montana,
partecipando alla celebre inchiesta “Pizza Connection”, nonché, con il pool di
Rocco Chinnici, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Giuseppe Ayala. Alle
indagini di Ninni Cassarà si deve infatti il “Rapporto dei 162” che svela, per la
prima volta, l’organigramma di tutta “Cosa nostra” grazie anche alle prime
dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia; il patrimonio conoscitivo così
acquisito sul contesto mafioso non ha precedenti, permettendo, quindi, di
gettare le basi per l’istruzione del maxiprocesso.

Durante l’estate del 1985 la Squadra Mobile di Palermo è fortemente impegnata


nello sviluppo delle indagini volte a disarticolare la rete criminale di “Cosa
nostra” grazie alla dedizione degli uomini che la compongono. Tuttavia, la
ferocia della mafia palermitana aveva già recentemente colpito, il 28 luglio, la
sezione “catturandi” uccidendone il direttore, il Commissario Giuseppe Montana
con il quale, Ninni Cassarà, aveva un rapporto fraterno.

A seguito della morte di Salvatore Marino e della rimozione del vertice della
Squadra Mobile di Palermo, Ninni Cassarà si trova di fatto a dirigerne le
operazioni in una situazione tutt’altro che semplice.

Il 6 agosto 1985, il vicequestore Cassarà, attorno alle ore 15.30, faceva rientro
nella propria abitazione di via Croce rossa per il pranzo, scortato da un Alfetta
blindata e da tre uomini agenti di Polizia: Roberto Antiochia, Natale Mondo,
Giovanni Salvatore Lercara.
Una volta giunti all’abitazione e dopo aver salutato la moglie Laura Cassarà
affacciata al balcone dell’appartamento, un commando di nove uomini armati di
kalashnikov spara – affacciandosi dallo stabile di fronte - in direzione di Cassarà,
appena sceso dalla macchina blindata. Nell’agguato sono stati sparati più di
duecento colpi d’arma da fuoco che porteranno alla morte il vicequestore
Cassarà sulle scale di casa propria, spirando fra le braccia della moglie accorsa
per soccorrere il marito. Ninni Cassarà lasciava tre figli. È stato insignito della
Medaglia d’oro al valore civile.

Il 6 agosto 1985, i sicari di Cosa nostra uccidono anche il


ventitreenne Roberto Antiochia che, al momento
dell’esplosione dei colpi, provò a fare da scudo al
vicequestore. Antiochia, giovane agente di Polizia
trasferito da qualche mese a Roma, in quei giorni doveva
trovarsi in ferie; volontariamente, quindi, aveva chiesto
di rientrare a Palermo con l’intenzione di aiutare gli ex-
colleghi della Squadra Mobile nelle indagini sull’omicidio
di Montana. Consapevole dei gravi rischi, si era
ciononostante offerto per la scorta di Ninni Cassarà.

Roberto Antiochia nasce a Terni il 7 giugno 1962. Dopo aver completato gli studi
superiori a Roma, entra in Polizia a soli diciotto anni, frequentando la Scuola di
Piacenza. Nel corso della carriera svolge le proprie funzioni presso Milano e
Torino per poi essere assegnato a Palermo dove lavora a fianco di Giuseppe
Montana e Ninni Cassarà.

Nel 1985 è trasferito alla Criminalpol di Roma, tuttavia, sebbene in congedo per
il periodo di ferie estive ad Ostia, decide di recarsi volontariamente in Sicilia per
il funerale di Montana e portare il suo personale aiuto agli ex-colleghi della
Mobile di Palermo.

È stato insignito della Medaglia d’oro al valore civile. A Roberto Antiochia è


inoltre dedicata la via della Questura di Terni e il Commissariato di Orvieto.

Sua madre Saveria da quel 6 agosto 1985 si è impegnata con tutta se stessa e per
tutta la vita come testimone di legalità, prima col Circolo Società Civile e poi con
Libera, per mantenere vivo il ricordo di Roberto e dei suoi amici poliziotti,
Beppe e Ninni, riuscendo con le sue parole e la sua testimonianza nelle scuole,
nelle parrocchie, nelle biblioteche, nei circoli di tutta Italia, a tramandare il
valore inestimabile delle loro azioni e del loro sacrificio.
Lo Stato ha onorato il sacrificio di Antonino Cassarà e di Roberto Antiochia, con
il riconoscimento concesso a favore dei loro familiari, costituitisi parte civile nel
processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui
alla legge n. 512/99.

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