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Procedura Civile – Appunti sintetici Verde 1 e 2
Verde 1
Cap. 2
Giurisdizione Civile art. 1 cpc
Il codice non fornisce una definizione precisa di giurisdizione civile.
Verde ne offre una basata sul carattere soggettivo → è l’attività svolta dai giudici → ha ad oggetto
tutte le materie che la legge non affida alla giurisdizione penale e a quella amministrativa (principio
dell’unità della giurisdizione).
Ci sono vari tipi di giurisdizione → ordinaria e speciale → i giudici speciali non sono visti di buon
occhio dalla Costituzione che, infatti, non li prevede (es. giudici amministrativi); inoltre la Corte
Costituzionale deve valutare l’aderenza del loro operato alla Costituzione.
La giurisdizione civile va ulteriormente divisa →
a) contenziosa → caratterizzata da una controversia tra più soggetti che si presentano davanti al
giudice in posizione contrapposta
b) esecutiva → ha la funzione di tradurre in atto comandi ai quali la legge riconosce particolare
efficacia
c) volontaria → non vi è una controversia da risolvere, ma un negozio da gestire che richiede
l’intervento di un terzo imparziale (es. interdizione e inabilitazione, assenza e morte presunta).

Arbitrato artt. 806 – 831 cpc


È il mezzo al quale le parti possono ricorrere per sottrarre alla giurisdizione ordinaria la
decisione di una lite, realizzando così una sorta di giustizia privata (dettata da un privato
anziché da un giudice ordinario).
Ratio → le parti preferiscono rivolgersi agli arbitri →
1) per ottenere decisioni più rapide;
2) per ottenerle da persone di cui le parti hanno fiducia.
Corte Cost → è sempre un giudice ordinario che attribuisce alla decisione privata il
carattere di sentenza.
L’arbitrato (si ha nel campo dei diritti disponibili) si sovrappone alla giurisdizione civile →
nel senso che rappresenta un’alternativa riconosciuta alle parti.
Per quanto riguarda la capacità → gli arbitri (necessariamente in numero dispari) possono
essere cittadini italiani o stranieri, maggiorenni, non interdetti, né inabilitati, né falliti.
L’ufficio arbitrale si costituisce con accettazione scritta.
L’arbitrato disciplinato dal codice → rituale → gli arbitri decidono la controversia con
provvedimento destinato ad assumere efficacia di sentenza (exequatur).
Diverso è quello irrituale → si ha quando le parti, pur rimettendo la decisione ad arbitri
privati, lo fanno senza osservare le forme rigorose previste dalla legge, sicché la decisione
troverà la sua forza vincolante solo nel consenso delle parti stesse, come per qualunque
altro negozio, e non in un riconoscimento formale dell’organo giurisdizionale.
Le forme del procedimento → possono essere stabilite nel compromesso (contratto ad
hoc, col quale le parti devolvono agli arbitri una controversia tra di loro insorta, tranne
quelle ex artt. 409 e 442) → va stipulato per iscritto e deve determinare l’oggetto della
controversia, a pena di nullità; ovvero nella clausola compromissoria
(clausola di un contratto più ampio, con la quale le parti stabiliscono che tutte le
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controversie nascenti da tale contratto saranno decise da arbitri, purché si tratti di


controversie che possono formare oggetto di compromesso), in mancanza, gli arbitri
possono regolarsi nel modo che ritengono più opportuno.
Art. 818 → gli arbitri, a differenza dei giudici togati, non possono concedere sequestri né
altri provvedimenti cautelari.
Art. 819 → questioni incidentali → se nel corso del procedimento sorge una questione
che per legge non può essere oggetto di giudizio arbitrale, gli arbitri sospendono il
procedimento.
Art. 820 → gli arbitri devono pronunciare il lodo → la decisione della controversia, nel
termine di 180 gg. (termine sospeso in caso di ricusazione; termine interrotto in caso di
sostituzione) dall’accettazione della nomina e, una volta adempiuto all’incarico, hanno
diritto al rimborso delle spese ed all’onorario per l’opera prestata.
Art. 823 → il lodo è deliberato a maggioranza dei voti degli arbitri, è redatto per iscritto
ed ha efficacia vincolante tra le parti dalla data dell’ultima sottoscrizione.
Art. 822 → gli arbitri decidono la controversia secondo le norme di diritto, salvo che le
parti li abbiano autorizzati a pronunciarsi secondo equità (per consentire una giustizia più
aderente al caso concreto).
Art. 825 → la parte che intende far eseguire il lodo è tenuta a depositarlo presso il
Tribunale; questo, accertatane la regolarità formale, lo rende esecutivo con decreto
(il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione in tutti i casi in cui sarebbe soggetta a
trascrizione la sentenza avente il medesimo contenuto).
Contro il decreto che nega l’esecutorietà del lodo è ammesso reclamo, entro 30 gg. dalla
comunicazione, mediante ricorso al Tribunale in composizione collegiale. Il collegio,
sentite le parti, provvede con ordinanza non impugnabile.
Art. 827 → il lodo può essere impugnato davanti alla Corte d’Appello (indipendentemente
dal suo deposito) →
1) per nullità (→ a) compromesso nullo b) arbitri nominati irregolarmente c) lodo
pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro entro 90 gg. dalla notificazione;
decorso 1 anno dall’ultima sottoscrizione, l’impugnazione è improponibile. La nullità è
dichiarata con sentenza dalla CdA. Se il vizio colpisce solo una parte del lodo, è dichiarata
nullità parziale).
2) per revocazione straordinaria (→ casi ex art. 395 n. 1,2,3,6)
3) per opposizione di terzo (→ casi ex art. 404)
4) correzione degli errori materiali o di calcolo.
Verde → l’arbitrato ha delle caratteristiche originarie e una natura privata → se così non
fosse, infatti, si porrebbe in contrasto con l’art. 111 co. 1 Cost. che prevede che il giusto
processo sia regolato dalla legge.
L. 218/95 (riforma del dir. internaz. priv.) → la giurisdizione italiana può essere convenzionalmente derogata a favore di
giudici o arbitri stranieri solo se la deroga è fatta per iscritto e si controverta su diritti disponibili.
Il riconoscimento va chiesto con ricorso al Presidente della CdA, nella cui circoscrizione risiede l’altra parte (se tale parte
non risiede in Italia, è competente la CdA di Roma). Il Pres. della CdA decide con decreto, dopo aver verificato la
regolarità formale del lodo.

• arbitrato internazionale artt. 832 – 838 cpc


Qualora alla data della sottoscrizione della clausola compromissoria o del compromesso almeno una delle parti risieda o
abbia la propria sede effettiva all’estero, oppure qualora debba essere eseguita all’estero una parte rilevante delle
prestazioni nascenti dal rapporto al quale la controversia si riferisce, si applicano in quanto non in contrasto con le norme
sull’arbitrato internazionale quelle previste per l’arbitrato nazionale facendo comunque salve le disposizioni stabilite da
convenzioni internazionali.

• arbitrato estero artt. 839 – 840 cpc


L’arbitrato è estero quando la sede dell’arbitrato non è stata fissata in Italia. Il lodo interno è soggetto al procedimento
di omologazione (art. 825), mentre il lodo estero è soggetto al procedimento di riconoscimento (artt. 839 e 840).

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Questioni di giurisdizione
La nozione di giurisdizione è relativa.
Le questioni di giurisdizione → si pongono tra giudici di ordine diverso →
1) conflitti di giurisdizione fra un giudice ordinario e un giudice speciale, o tra gli stessi
giudici speciali (art. 37 → è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado (1) del
processo)
2) conflitti di attribuzione che sorgono fra autorità giudiziaria ordinaria e Pubblica
Amministrazione.
Sono risolte con il regolamento di giurisdizione.
Verde → il giudice civile è in grado di dirsi munito di giurisdizione quando la controversia
non rientra nella sfera di giurisdizione del giudice penale o amministrativo o di altro giudice
speciale.

Regolamento di giurisdizione art. 41 cpc

Il regolamento di giurisdizione → è uno strumento volto a consentire a ciascuna parte


(anche al Pm) di contestare la giurisdizione del giudice adito, ricorrendo alle SS. UU.
della Corte di Cassazione prima ancora che la causa sia stata decisa nel merito in primo
grado.
Dopo tale momento, non è più ammissibile e l’eventuale difetto di giurisdizione potrà
esser fatto valere con gli ordinari mezzi d’impugnazione (appello, ricorso in cassazione).
E’ una decisione preventiva (non è un mezzo di impugnazione perché non si dirige
contro un provvedimento del giudice) affinché non si ostacoli il processo.
In seguito al ricorso, il giudice dinanzi a cui pende la causa doveva sospendere il
processo.
La necessaria sospensione del processo, a seguito della proposizione del regolamento,
aveva nella pratica favorito un uso distorto di tale istituto, rivolto a fini meramente dilatori.
Per tale ragione, la L. 353/90 → ha opportunamente eliminato l’automaticità dell’effetto
sospensivo, attribuendo al giudice il potere di sospensione quando l’istanza di
regolamento di giurisdizione non gli appaia (valutazione sommaria del giudice)
manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente
infondata (art. 367 co. 1). Il g.i. o il Collegio provvede con ordinanza.
Acone → 1) manifesta inammissibilità → ipotesi in cui il giudice a quo rilevi la
sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente, del regolamento sulla questione di
giurisdizione in ordine alla quale si sia già formato il giudicato e, soprattutto, del
regolamento proposto fuori del termine preclusivo indicato dall’art. 41.
2) manifesta infondatezza → ipotesi in cui il regolamento venga usato come un
escamotage dilatorio.

Art. 367 co. 2 → una volta decisa la questione di giurisdizione, il processo prosegue
se viene riassunto entro 6 mesi dalla comunicazione della sentenza, altrimenti si estingue
→ ma la pronuncia della Cassazione sulla giurisdizione sopravvive all’estinzione.
Se il giudice, fatte le valutazioni ex art. 367, non sospende il processo e successivamente
il regolamento sia accolto, potremmo avere → 1) pericolo di situazioni irreparabili dovute
all’indebita prosecuzione 2) la caducazione degli atti compiuti dal primo giudice prima
della pronuncia della Cassazione.

(1)
nel processo si dice stato → ogni intervallo tra una fase (istruzione) e l’altra (decisione) ovvero un periodo
di sospensione o di interruzione del giudizio all’interno di una singola fase; grado → ogni fase del suo
svolgimento che compete al giudice adito per la prima volta o in sede di impugnazione.

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Efficacia delle sentenze della Corte di Cassazione pronunciate a seguito di proposizione


di regolamento di giurisdizione o di competenza → hanno un’efficacia pan-processuale o
di preclusione esterna → valgono in tutti i successivi processi relativamente allo stesso
diritto intercorrente tra le stesse parti.
Art. 41 co. 2 → regolamento di giurisdizione ad iniziativa della PA che non è parte
del processo → caso di conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato.
E’ un istituto di scarsa applicazione pratica.

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Cap. 3
Competenza processuale
Consiste nella quantità di giurisdizione che ogni organo giudiziario può esercitare in
concreto → essa è limitata in base a criteri di valore, materia e territorio.
L’individuazione del giudice competente non riguarda la persona fisica ma l’Ufficio
Giudiziario nel suo complesso.
D.Lgs. 51/98 → soppressione dell’ufficio del Pretore → passaggio della relativa
competenza al Tribunale.
Art. 6 → la competenza non può essere derogata per accordo delle parti, salvo che nei
casi stabiliti dalla legge.
Differenze con il rito del lavoro (artt. 413 e 428) →
a) il giudice del lavoro può rilevare l’incompetenza per tutta l’udienza di discussione;
mentre il giudice ordinario solo nella prima udienza di trattazione.
b) nel processo del lavoro, la parte deve eccepire l’incompetenza nella comparsa di
risposta; mentre nel processo ordinario può eccepirla fino alla prima udienza.
Il codice regola e distingue 3 tipi di competenza →

• per valore (criterio verticale → risponde a valutazioni che attengono all’importanza e


alle caratteristiche della lite)
Il Giudice di Pace → art. 7 → è competente (2) nelle cause aventi ad oggetto beni mobili
fino a 2582,28€ e risarcimento danni da circolazione di veicoli e di natanti fino a 15493,00€
D.Lgs. 51/98 → soppressione della figura del Pretore, sostituito dal Tribunale che
normalmente giudica in composizione monocratica, tranne ipotesi tassativamente indicate
in cui giudica collegialmente (art. 50bis cpc).
Il Tribunale è oggi giudice unico di I° grado.
La legge detta poi alcune regole dirette ad applicare il principio generale ai casi particolari
(artt. 10 – 17 cpc).
La violazione delle norme sulla competenza per valore può essere rilevata (dalle parti o
d’ufficio) non oltre la prima udienza di trattazione (art. 38 co. 1)
• per materia (criterio verticale)

E’ stabilita secondo la natura della causa, senza tener conto del valore di essa.
Il Giudice di Pace è competente per le cause relative all’apposizione di termini e osservanza delle
distanze; misure e modalità d’uso dei servizi condominiali; immissioni, esalazioni, rumori e simili che
superino la normale tollerabilità nei rapporti tra proprietari e detentori di abitazioni; opposizione a
sanzioni amministrative (tranne le ipotesi di competenza del Tribunale monocratico), ex D. Lgs. 507/99
(depenalizzazione dei reati minori).
Il pretore era competente per le azioni possessorie; denuncia di nuova opera e danno temuto; locazioni
e comodato; consegna e rilascio di cose; espropriazione di mobili e crediti.
Con la soppressione del pretore, le materie di sua competenza sono state attribuite al Tribunale.

(2)
il pretore era competente per le cause riguardanti beni mobili e immobili fino a 50 milioni.

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Art. 9 co. 1 → competenza residuale del Tribunale → è competente per tutte le cause che non sono
di competenza di altro giudice.
Art. 9 co. 2 → competenza per materia “esclusiva” del Tribunale → per le cause di imposte
e tasse, relative allo stato e alla capacità delle persone ed ai diritti onorifici, per la querela di falso,
per l’esecuzione forzata e, in generale, per ogni causa di valore indeterminabile.
L’incompetenza per materia, è assimilata alle altre ipotesi di incompetenza, e potrà perciò essere
rilevata solo entro la prima udienza di trattazione della causa (art. 38 co. 1).

• per territorio (criterio orizzontale → risponde a ragioni prevalentemente organizzative)

Il codice dispone, come criterio generale, la competenza del giudice del luogo in cui il convenuto ha la
residenza o il domicilio o, in subordine, la dimora (forum rei) e, per le persone giuridiche, il luogo in cui
queste hanno la sede oppure uno stabilimento (filiale, agenzia), con un rappresentante autorizzato a
stare in giudizio.
Art. 28 cpc → la competenza per territorio è derogabile per accordo delle parti (purché tale accordo si
riferisca ad uno o più affari determinati e risulti da atto scritto), salvo alcuni casi, per i quali si parla di
competenza territoriale inderogabile → cause in cui è obbligatorio l’intervento del Pm, casi di
esecuzione forzata e di opposizione alla stessa, di procedimenti cautelari e possessori e ogni altro caso
in cui l’inderogabilità è disposta espressamente dalla legge.
L’incompetenza per territorio, nei casi in cui questa sia inderogabile, può essere rilevata dalla parte o
anche d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza di trattazione (art. 38 co. 1 cpc).
Negli altri casi potrà essere eccepita al più tardi nella comparsa di risposta, altrimenti la competenza si
consolida presso il giudice adito (artt. 28 e 38 co. 2).

Perpetuatio jurisdictionis art. 5 cpc


Principio in forza del quale la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo
alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della
domanda.
Capograssi → l’art. 5 rappresenta un esempio della osmosi tra la scienza e la vita in
quanto codifica la dottrina chiovendiana della perpetuatio jurisdictionis, secondo la quale
la necessità di servirsi del processo non deve andare a danno (non solo dell’attore che ha
ragione, ma neppure) di chi debba servirsi del processo a causa del divieto di farsi ragione
con le proprie mani.
L’originaria formulazione dell’articolo aveva favorito l’insorgere di questioni interpretative,
il legislatore, pertanto, lo ha riformulato con la L. 353/90 → sia le modifiche normative
che gli eventuali mutamenti dello stato di fatto intervenuti nel corso del processo non
acquistano rilievo rispetto al processo già pendente.
L’art. 5 non si applica se il mutamento è conseguenza di una pronuncia di
incostituzionalità, dato che tali pronunce hanno efficacia retroattiva.
Proto Pisani → la modifica dell’art. 5 lascia irrisolti i problemi derivanti dal mutamento
della disciplina sostanziale del rapporto (essendo il principio applicabile solo al mutamento
delle norme sulla giurisdizione e sulla competenza) con la conseguenza che ogni qual
volta il legislatore, nel dettare la nuova disciplina sostanziale modificatrice della natura del

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rapporto, non abbia l’accortezza di dettare anche una disciplina transitoria relativa alla
giurisdizione o alla competenza, si riproporranno i problemi già visti sotto il vigore del
vecchio art. 5.
Verde → l’art. 5 non riguarda solo il processo civile, ma ha portata generale.

Valore della causa art. 10 cpc

Art. 10 → il valore della causa, ai fini della competenza, si determina in base alla
domanda.
Le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra
loro e gli interessi scaduti, le spese e i danni anteriori alla proposizione si sommano col
capitale (principio del cumulo).
Dobbiamo quindi guardare alla domanda (o alla somma delle domande).
Quando il valore è indeterminabile, la cognizione appartiene al Tribunale.
Tale articolo va correlato con → l’art. 14 co. 1 → nelle cause relative a somme di
denaro o a beni mobili, il valore (della causa) si determina in base alla somma o al valore
dichiarato dall’attore; se l’attore non ha detto nulla, il valore si presume nei limiti del
massimo della competenza del giudice adito.
Art. 14 co. 2 → il convenuto può contestare il valore dichiarato, ma solo nella prima
difesa; in tal caso il giudice decide, ai soli fini della competenza, in base a ciò che risulta
dagli atti.
Art. 14 co. 3 → se il convenuto non contesta, il valore rimane fissato, anche agli effetti del
merito (presunzione forte), nei limiti della competenza del giudice adito.

Giudice di Pace art. 7 cpc


In sede civile, al GdP sono state riconosciute dal legislatore ampie competenze, sia con
riguardo al criterio del valore che a quello della materia.
Per la precisione, ex art. 7 cpc → è competente per valore →
a) per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a 2582,28 €, se dalla legge
non siano attribuite alla competenza di altro giudice;
b) per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti,
purché il valore della controversia non superi i 15493,00 €.
Inoltre, qualunque sia il valore della controversia, è competente per materia →
a) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite
dalla legge, dai regolamenti e dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
b) per le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case;
c) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile
abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e
simili propagazioni che superino la normale tollerabilità;
d) per le opposizioni alle ordinanze-ingiunzioni previste dalla L. 689/81 (tranne in alcune
materie che sono di competenza del Tribunale), ex D.Lgs. 507/99 (depenalizzazione dei
reati minori).
In caso di connessione di cause pendenti dinanzi a GdP e Tribunali, i GdP vedono
esautorate le loro competenze a favore dei giudici superiori.
Art. 113 co. 2 cpc → il GdP può decidere secondo equità le cause il cui valore non
eccede 1032,91€.

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Foro artt. 18 – 30 cpc


Gli uffici giudiziari sono dislocati sul territorio dello Stato in maniera che ciascuno
possa esercitare le proprie funzioni in una determinata sfera territoriale.
Per individuare il foro competente a conoscere di una determinata controversia,
il legislatore ha previsto i cd. criteri di collegamento.
Si individuano →
- fori generali → si riferiscono a qualsiasi controversia
- fori speciali → si riferiscono a determinate controversie → esclusivi (quando il
convenuto vi è tratto a preferenza di qualsiasi altro), elettivamente concorrenti (se
l’attore può scegliere discrezionalmente tra l’uno e l’altro foro), successivamente
concorrenti (l’attore può adire l’uno solo in mancanza dell’altro).
Art. 18 co. 1 → salvo che la legge disponga altrimenti, è competente il giudice del luogo
in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio, e, se questi sono sconosciuti, quello del
luogo in cui il convenuto ha la dimora.
Art. 18 co. 2 → se il convenuto non ha residenza, né domicilio, né dimora in Italia, o se
anche la dimora è sconosciuta, è competente il giudice del luogo in cui risiede l’attore.
Rispetto alle persone giuridiche e alle associazioni non riconosciute, salvo che la legge
disponga altrimenti, è competente il giudice del luogo dove la persona giuridica ha sede.
Gli artt. 20 – 27 → individuano fori speciali relativi alle obbligazioni; diritti reali e azioni
possessorie; cause ereditarie; cause tra soci e tra condomini; cause relative alle gestioni
tutelari e patrimoniali; fori per la pubblica amministrazione; per la esecuzione forzata;
per le opposizioni all’esecuzione.
Tutti i fori sono derogabili, ad eccezione del foro inderogabile per le controversie ex
art. 28 cpc (→ la competenza per territorio può essere derogata per accordo delle parti,
salvo che per le cause previste dall’art. 70 nn. 1, 2, 3, 5; per i casi di esecuzione forzata, di
opposizione alla stessa, di procedimenti cautelari e possessori, di procedimenti in camera
di consiglio e per ogni altro caso in cui l’inderogabilità sia disposta espressamente dalla
legge).

Decisione sulla competenza


La pronuncia avviene sempre con sentenza → è idonea a definire il giudizio.
Ciò anche per dare la possibilità di impugnare → con regolamento di competenza →
mezzo di impugnazione contro le sentenze (quindi il giudice si è pronunciato).
C’è inoltre anche l’appello → è esaustivo e quindi preclude la possibilità di proporre il
regolamento di competenza. Ma se una delle parti propone l’appello, le altre possono
sempre proporre il regolamento di competenza.

Regolamento di competenza artt. 42 – 50 cpc


Eccezion fatta per l’ipotesi in cui sia esperito d’ufficio, il regolamento di competenza è il
mezzo di impugnazione proponibile avverso la pronuncia sulla competenza della parte
che afferma di essere stata lesa dalla stessa.
Più precisamente, è un mezzo di impugnazione ordinario → la sua proposizione
impedisce il passaggio in giudicato di tale pronuncia.
Art. 47 → procedimento → si propone con ricorso alla Corte di Cassazione a Sezioni
Unite; questo va notificato alle parti che non vi hanno aderito nel termine perentorio di

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30 gg. dalla comunicazione della sentenza (3) che abbia pronunciato sulla competenza o
dalla notificazione dell’impugnazione ordinaria.
Art. 48 → sospensione dei processi → i processi relativamente ai quali è chiesto il
regolamento di competenza sono sospesi dal giorno in cui è presentata l’istanza al
cancelliere.
Art. 49 → sentenza → il regolamento è pronunciato con sentenza in Camera di Consiglio
entro i 20 gg. successivi alla scadenza del termine ex art. 47 ult. co.
Con la sentenza la Cassaz. → statuisce sulla competenza, dà i provvedimenti necessari
per la prosecuzione del processo davanti al giudice che dichiara competente e rimette,
quando occorre, le parti in termini affinché provvedano alla loro difesa.
Il regolamento non è proponibile contro le pronunce del Giudice di Pace relative alla
competenza.
Può essere di 2 tipi →
1) necessario → art. 42 → ricorre quando la sentenza abbia pronunciato soltanto sulla
competenza, senza decidere il merito della causa, nonché contro i provvedimenti che
dichiarano la sospensione del processo ex art. 295.
Si dice necessario in quanto è l’unico mezzo con il quale possono essere impugnate le
sentenze che si pronunciano sulla competenza.
2) facoltativo → art. 43 → ricorre invece quando la sentenza abbia pronunciato sulla
competenza (affermandola) insieme col merito.
Si dice facoltativo in quanto la parte può impugnare la statuizione sulla competenza col
mezzo in esame oppure con i mezzi d’impugnazione ordinari.
I due rimedi sono comunque alternativi, non cumulativi.
Il regolamento d’ufficio → art. 45 → si ha invece quando, essendosi dichiarato con
sentenza incompetente il primo giudice, il giudice davanti al quale la causa sia stata
riassunta, ex art. 50, si ritenga anch’esso incompetente (cd. conflitto di competenza).
Il regolamento d’ufficio→ è però possibile solo in relazione alla competenza per materia o
per territorio di cui all’art. 28 cpc (cd. competenza inderogabile), infatti negli altri casi il
giudice indicato come competente nella pronuncia del primo giudice non può a sua volta
dichiararsi incompetente.
Art. 50 → riassunzione della causa dopo la sentenza sulla competenza → deve
avvenire nel termine perentorio all’uopo assegnato nella sentenza che statuisce sulla
competenza o, in mancanza, in quello di 6 mesi dalla comunicazione della stessa →
se la riassunzione avviene, il processo continua (gli atti sono salvi) davanti al II° giudice
come se fosse un processo unico (translatio judicii);
se la riassunzione non avviene, il processo si estingue.

Modificazioni della competenza per ragioni di connessione artt. 31 - 36 cpc


Connessione → coincidenza di taluni ma di non tutti gli elementi identificativi di 2 o più
azioni → soggetti, petitum, causa petendi.
Cause accessorie → art. 31 → è accessoria la domanda proposta subordinatamente ad
un’altra domanda e il cui accoglimento dipende dall’accoglimento di quest’ultima.
La regola generale → il giudice competente per la causa principale è competente anche
per la causa accessoria.
Cause di garanzia → art. 32 → la domanda di garanzia (proposta dal garantito contro il
garante) può essere proposta innanzi al giudice competente per la causa principale

(3)
per le altre impugnazioni i termini decorrono dalla notificazione. In questo caso non si è voluto far
dipendere il dies a quo dell’impugnazione da un atto della parte (la notificazione).

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affinché sia decisa nello stesso processo. Qualora ecceda la competenza per valore del
giudice adito, questi rimette entrambe le cause al giudice superiore assegnando alle parti
un termine perentorio per la riassunzione del giudizio davanti a quest’ultimo.
Dottrina → la norma si applica solo ai casi di garanzia propria → il garante è tenuto a
rispondere delle obbligazioni del garantito in virtù di un rapporto sostanziale nascente da
contratto o dalla legge.
Cumulo soggettivo passivo → art. 33 → l’attore può proporre, contro più persone,
domande diverse ma connesse per oggetto o titolo, davanti al giudice del luogo di
residenza di una di esse, per essere decise nello stesso processo.
Accertamenti incidentali → art. 34 → il giudice, se per legge o per esplicita domanda di
una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale
che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette la
causa a quest’ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione
davanti a lui.
Questione pregiudiziale → è quella la cui definizione costituisce una tappa necessaria
nell’iter logico che conduce alla decisione della causa, quindi non si può fare a meno di
affrontarla.
Eccezione di compensazione → caso di condanna con riserva → art. 35 → quando è
opposto in compensazione un credito che è contestato ed eccede la competenza per
valore del giudice adito, questi, se il titolo non è controverso oppure è facilmente
accertabile, nell’accogliere la domanda attorea, può emettere sentenza di condanna con
riserva di accertamento del controcredito, subordinando, quando occorre, l’esecuzione
della sentenza alla prestazione di una cauzione.
Compensazione → art. 1241 cc → deduzione di un fatto estintivo della pretesa creditoria
dell’attore, consistente nella estinzione, per quantità corrispondenti, dei debiti reciproci.
Ai fini dell’applicazione della norma non è sufficiente che l’attore contesti il diritto alla
compensazione (es. ipotesi di credito per la restituzione di cose di cui il proprietario sia stato
ingiustamente spogliato - art. 1246 cc), ma occorre una contestazione che investa i requisiti stessi
della compensazione.
In questo caso, se il giudice cui è stata rimessa la cognizione del controcredito perviene al suo
accertamento e dichiara la compensazione, la sentenza di accoglimento della domanda attorea
viene posta nel nulla.
Nel caso che sia già stata eseguita la condanna con riserva e pagata la cauzione, la pronuncia del
giudice costituisce titolo per il conseguimento della cauzione.
Domanda riconvenzionale → art. 36 → caso di condanna con riserva → si ha quando il
convenuto non si limita a difendersi, chiedendo il rigetto della domanda proposta contro di
lui, ma propone a sua volta una domanda esercitando, limitatamente ad essa,
un’autonoma azione.
Il convenuto in riconvenzione assume, a sua volta, veste di attore.
L’art. 36 → esclude la sua proponibilità incondizionata, ammettendola nei soli casi in cui
essa →
1) dipenda dal titolo dedotto in giudizio dall’attore → in tale ipotesi, la causa petendi della
domanda principale e quella della riconvenzionale sono identiche (es. il compratore cita il
venditore per ottenere la consegna della cosa, ed il venditore domanda il pagamento del
prezzo in via riconvenzionale);
2) dipenda dal titolo che già appartiene alla causa principale come mezzo di eccezione →
in tal caso, le causae petendi delle due domande sono diverse, e la domanda
riconvenzionale si ricollega alla domanda di rigetto della domanda attrice (es. l’eccezione
di compensazione sollevata dal convenuto, con domanda di condanna dell’attore, in via
riconvenzionale, al pagamento della differenza).

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Al di fuori di queste ipotesi → la domanda riconvenzionale deve ritenersi inammissibile


perché allarga l’oggetto del processo così come determinato dalla domanda dell’attore.

Incompetenza art. 38 cpc

Nozione → è il difetto di quella predeterminata cognizione interna, che individua il giudice


cui affidare ogni singola questione, a preferenza di giudici non di natura diversa, bensì
appartenenti allo stesso ramo di giurisdizione.
Art. 38 → l’incompetenza per materia, per territorio inderogabile e per valore sono rilevate,
anche d’ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione (art. 183); mentre l’incompetenza
per territorio derogabile è eccepita a pena di decadenza nella comparsa di risposta.
Art. 38 co. 2 → accertamento del giudice → il giudice decide ai soli fini della competenza,
in base a quello che risulta dagli atti e, quando necessario, dall’eccezione del convenuto.

Litispendenza art. 39 cpc


Si verifica quando vi è identità tra due o più azioni esercitate dinanzi all’Autorità Giudiz.
Due azioni sono identiche quando presentano identità di soggetti, lo stesso petitum e la
stessa causa petendi.
In questa ipotesi, l’art. 39 cpc → se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi,
quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d’ufficio,
dichiara con sentenza la litispendenza e dispone con ordinanza la cancellazione della
causa dal ruolo (criterio della prevenzione).
L’istituto della litispendenza tende ad impedire il simultaneo esercizio della funzione
giurisdizionale sulla stessa controversia da parte di più giudici, al fine soprattutto di evitare
la possibilità di un contrasto fra giudicati.
La litispendenza è dichiarata con sentenza → è possibile impugnarla con regolamento di
competenza (art. 42).

Continenza di cause art. 39 co. 2 cpc


Si ha quando una causa (o una pretesa oggetto di un processo) contiene in sé un’altra
causa (cioè una pretesa oggetto di un altro processo) cosicché la materia del contendere
di un giudizio comprende e coinvolge la materia del contendere dell’altro.
Si verifica pertanto tale fenomeno quando due azioni, contemporaneamente pendenti
davanti a giudici diversi, abbiano identici soggetti e causa petendi e differiscano solo
quantitativamente nel petitum.
Nel caso di continenza → art. 39 co. 2 → se il giudice preventivamente adito è
competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara
con sentenza la continenza e fissa un termine perentorio entro il quale le parti debbono
riassumere la causa davanti al primo giudice.
Se, invece, questi non è competente anche per la causa successivamente proposta,
la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate.
La prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione.
Il principio risponde ad una duplice esigenza → realizzare un’economia di giudizio
ed evitare l’emanazione di sentenze contraddittorie.
La sentenza sulla continenza → è possibile impugnarla con regolamento di competenza
(art. 42).

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Connessione di cause art. 40 cpc


Due azioni sono connesse se, malgrado siano diverse, abbiano in comune almeno uno
degli elementi di identificazione (soggetti, petitum, causa petendi).
È possibile individuarne 2 tipi →
1) soggettiva → data dall’identità di soggetti;
2) oggettiva → si ha quando è identico uno degli elementi oggettivi (causa petendi o
petitum).
Conseguenza della connessione è la riunione dei processi.
1. connessione soggettiva

Due azioni, oggettivamente diverse, sono connesse per il solo fatto che sono instaurate
fra le medesime persone.
La legge consente il loro cumulo in un solo processo (art. 104 cpc).
In tal caso il giudice può al contrario disporre la loro separazione, se vi è istanza di tutte le
parti, ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più
gravoso il processo; infine, il giudice può, se ne ricorre l’esigenza, decidere su alcune delle
azioni, ordinando la continuazione dell’istruzione sulle altre, ovvero la rimessione al
giudice inferiore di quelle di sua competenza (art. 279 co.2 n. 5).
2. connessione oggettiva

Due azioni sono connesse quando hanno in comune uno od entrambi gli elementi oggettivi (causa
petendi; petitum).
In tal caso possono proporsi congiuntamente in un solo processo, anche se i soggetti sono diversi (si
ha in tale ipotesi litisconsorzio) o, se proposte separatamente, possono essere riunite.
Ipotesi speciali di connessione → l’accessorietà, la garanzia, la pregiudizialità, la riconvenzionale.
• modifiche alla competenza per ragioni di connessione
L’esistenza di rapporti di connessione tra due o più azioni consente di derogare alle regole ordinarie
sulla competenza, stante la primaria esigenza della simultaneità del processo, nel senso che una delle
azioni connesse può essere proposta davanti al giudice competente per l’altra, anziché davanti a quello
che sarebbe competente secondo le norme ordinarie.
Ad es. la domanda di garanzia (chiamata in garanzia) può essere proposta al giudice competente per la
causa principale, affinché sia decisa nello stesso processo, anche se eccede la sua competenza per
valore e se appartiene alla competenza per territorio di altro giudice (art. 32 cpc).
Le modificazioni in esame sono però possibili solo per la competenza per territorio e per la competenza
per valore.
Art. 40 cpc → la connessione può essere eccepita dalle parti o rilevata d’ufficio entro la prima udienza.
Inoltre, nel caso in cui debbono riunirsi cause assoggettate a riti diversi, il principio generale è che tutte
le cause vengono trattate col rito ordinario, salvo che almeno una causa rientri tra quelle regolate dal
rito del lavoro, nel qual caso saranno tutte trattate con questo rito.
Se poi si verifica concorso tra più riti speciali, la causa principale attrae quella secondaria, ovvero
quella preventivamente promossa o, infine, prevale il criterio del valore.

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Art. 281novies → connessione tra cause di competenza del Tribunale in composizione


monocratica e cause di competenza del collegio → il giudice istruttore ne ordina la riunione e le
rimette in decisione al collegio che pronuncia su tutte le domande.

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Cap. 4
Principi fondamentali del processo civile
Verde → le nostre leggi processuali sono sufficientemente allineate ai principi del contraddittorio e del
giudice naturale precostituito per legge, ma non a quello del tempo ragionevole dei processi, data la
loro eccessiva durata.

1) principio della domanda


Art. 99 cpc → chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente.
Il giudice può provvedere solo a seguito di domanda (nemo iudex sine actore) e deve pronunciarsi
attenendosi strettamente all’oggetto della stessa, senza andare oltre i limiti di essa (principio della
corrispondenza tra chiesto e pronunciato).
Verde → tale principio garantisce la terzeità e l’imparzialità del giudice.
Le eccezioni sono limitate o addirittura incostituzionali → la più importante → il giudice può dichiarare
ex officio il fallimento di un imprenditore, quindi senza la domanda dei creditori → per la Corte Cost.
non è incostituzionale, anzi tale norma è a tutela degli interessi pubblici.
Verde → le eccezioni sono altamente sconsigliabili perché attentano l’imparzialità del giudice.
Una via di mezzo tra principio della domanda ed eccezioni → possibilità di proporre la domanda
al Pm → il Pm appare come parte, distinta dal giudice, quindi è garantita la terzeità del giudice (ipotesi
frequente nella tutela dei minori).
Ipotesi di giurisdizione condizionata → la parte può proporre la domanda se rispetta determinate

condizioni (sono una sorta di filtro) → per la Corte Cost. è ammissibile quando sia mirata a tutelare altri

diritti. In altri casi la Corte Cost. li ha dichiarati (tali filtri) incostituzionali → esempio →

opposizione ad una multa per responsabilità da circolazione stradale davanti al Giudice di Pace →
bisognava depositare presso la cancelleria del GdP la metà della sanzione amministrativa
(deposito cauzionale), pena l’inammissibilità dell’opposizione.
Questa norma, che mirava a deflazionare il contenzioso e evitare cause meramente dilatorie,
è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale.
Non si può onerare la parte, prima ancora di fare opposizione, dell’onere di pagare metà della
sanzione. È meccanismo che non tutela la parte economicamente più debole e che in contrasto
con l’art. 24 cost. non permette di adire liberamente l’autorità giudiziale.
Collegato al principio della domanda → arbitrato obbligatorio → è ora incostituzionale → per
determinate controversie, le parti erano obbligate per legge a ricorrere all’arbitrato. Ma in virtù del
principio della domanda → non vi possono essere leggi che prevedono arbitrati obbligatori.

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2) principio dispositivo e inquisitorio


Al potere di porre la domanda si aggiunge l’onere per l’attore di fornire la prova dei fatti che giustificano
le ragioni della domanda, così come il convenuto ha l’onere dell’eccezione.
Art. 115 → salvo i casi previsti dalla legge, il giudice decide sulla base dei fatti e delle prove introdotti
dalle parti o dal Pm.
Le eccezioni (→ ispezioni dei luoghi di causa, interrogatorio non formale delle parti, assunzioni di
nuovi testimoni) si risolvono in una rilevante possibilità per il giudice di intervenire al fine di controllare
le parti nell’indagine istruttoria e di evitare il loro monopolio esclusivo nella ricerca della verità.
Altra eccezione → rito del lavoro → art. 421 → il giudice può ammettere d’ufficio qualsiasi mezzo di
prova anche al di là dei limiti stabiliti dal codice civile.
Se il giudice non utilizza questi poteri d’ufficio? Non è possibile il ricorso in Cassazione, in quanto
è una sua facoltà usarli.
Art. 115 co. 2 → il giudice può, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione la nozione
di fatto che rientrano nella comune esperienza (cd. fatti notori → non devono essere provati ma vanno
comunque allegati dalle parti).

Principio inquisitorio → è il giudice a dover ricercare la verità senza essere condizionato dalle parti.

3) principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato


Art. 112 cpc → il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può
pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte solo dalle parti.
La prima parte dell’articolo sancisce il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato.
Un soggetto che propone domanda giudiziale dovrà esporre → 1) la posizione del fatto
2) la posizione della norma 3) la deduzione delle conseguenze giuridiche a lui favorevoli.
Il giudice quando emana il provvedimento deve collegarsi a queste 3 posizioni, ma non è vincolato ad
esse. Infatti il vincolo del giudice riguarda solo l’attività assertiva (4) delle parti (→ quella volta alla
prospettazione dell’episodio di vita).
La seconda parte dell’articolo si riferisce alle cd. allegazioni del convenuto.
Violazioni del principio della domanda e della corrispondenza →
1) difetto di pronuncia → si ha quando sulla domanda riconvenzionale proposta dalla parte non c’è
nessun giudicato che copre dedotto e deducibile → la parte che si è vista non decisa sulla domanda
riconvenzionale può proporre appello o fa ex novo la causa;
2) eccesso di pronuncia → il giudice pronuncia senza che siano state formulate istanze; si distingue,
a sua volta, in → a) difetto di ultrapetizione → si ha quando la decisione del giudice è in linea con la
domanda ma supera quanto richiesto → la sentenza in questo caso è nulla (la nullità processuale non
è mai insanabile, per il meccanismo dell’art. 161 co. 1) ma, il passaggio in giudicato della stessa, sana

(4)
altra è l’attività asseverativa → è volta a fornire al giudice elementi di convincimento.

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la nullità della sentenza; b) difetto di extrapetizione → si ha quando la decisione del giudice evidenzia
un sostanziale mutamento del petitum o della causa petendi.
In entrambi i casi il rimedio è costituito dalle impugnazioni.

4) principio del contraddittorio


Art. 101 cpc → il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può decidere sulla domanda se
non è stata data al convenuto la possibilità di intervenire (normalmente con la notifica dell’atto di
citazione e successiva comparizione). E’ necessario e sufficiente che la domanda sia notificata alla
controparte. Non ci possono essere deroghe a tale principio.
Si tratta di un principio che è d’aiuto al giudice e che dà attuazione al principio di difesa.
Esistono 2 modelli alternativi a tale principio → 1) contraddittorio eventuale (procedimento per
decreto ingiuntivo); 2) contraddittorio differito → c’è bisogno di un periculum particolare →
pregiudizio nell’attuazione del provvedimento cautelare.
Verde → la formulazione dell’art. 101 è infelice sia perché redatta con esclusivo riferimento al
processo di cognizione (dovrebbe invece avere portata generale) sia perché richiama la necessità
della comparizione personale delle parti (il nostro ordinamento prevede anche il processo in
contumacia).
Ipotesi patologiche di violazione del principio del contraddittorio →
1) contumacia involontaria → il giudice dichiara contumace una parte che non lo è volontariamente
(non è a conoscenza del processo); in questi casi si applica l’art. 161 (ma c’è un correttivo → art. 327
co. 2 → impugnazione oltre i termini) quindi passa in giudicato.
2) falsus procuràtor → il falso rappresentato è terzo: un soggetto si fa rappresentante di un altro
soggetto, inizia una causa senza procura ed il giudice non rileva il difetto di pronuncia.
Se si arriva ad una sentenza?
Per alcuni la sentenza è nulla e si applicano le regole relative alla contumacia involontaria.
Per altri, il f.p. “è falsamente una parte”; potrà fare opposizione di terzo per la revoca della sentenza in
qualsiasi momento.

5) principio dell’onere della prova


Nel nostro ordinamento l’onere della prova ricade sulle parti.
Art. 2697 cc → Chi vuol far valere un diritto in giudizio, deve provarne i fatti che ne costituiscono il
fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto
deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.
Fatti bisognosi di prova → 1) fatti costitutivi del diritto → quelli che sono a base della situazione
giuridica fatta valere in giudizio; 2) fatti estintivi, modificativi, impeditivi → quelli che hanno il potere
di estinguere, modificare, impedire gli effetti che i primi sono idonei a produrre.
Tale norma è di fondamentale importanza sistematica, in quanto, nel suo profilo oggettivo, fornisce al
giudice la regola di giudizio che egli dovrà adottare per accogliere o rigettare la domanda.

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6) libera valutazione delle prove


Art. 116 co. 1 → il giudice valuta le prove secondo il suo prudente apprezzamento (prove libere),
salvo che la legge disponga diversamente (prove legali).
Art. 116 co. 2 → il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte delle parti nell’interrogatorio
non formale, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal
contegno delle parti nel processo (→ deve trattarsi di una condotta qualificata → es. mancata
comparizione personale delle parti o mancata conoscenza dei fatti di causa da parte del difensore).
Argomenti di prova → sono indizi, circostanze equiparate alle presunzioni semplici quanto all’efficacia
probatoria.

7) principio della congruità delle forme allo scopo o della strumentalità delle forme, per il quale ogni atto
processuale deve essere compiuto nella forma che sia più idonea al raggiungimento dello scopo cui è preordinato;
8) principio dell’imparzialità del giudice
9) principio della acquisizione processuale, per il quale ogni elemento di prova, una volta introdotto nel processo,
rimane definitivamente acquisito alla causa e può essere utilizzato sia dalla controparte che dal giudice.
10) principio di oralità, da non intendersi nel senso che non sia ammessa la scrittura, ma nel senso che la parola
costituisce il mezzo prevalente di espressione.
11) principio della perpetuatio jurisdictionis
12) principio della motivazione, tale principio trova origine dalla Costituzione che all’art. 111 dispone che tutti i
provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.

Giudizio di Equità artt. 113 - 114 - 822 cpc


Si ha quando il giudice è autorizzato a giudicare in base a criteri di convenienza e di
comparazione degli interessi delle parti, prescindendo dall’applicazione di una norma
giuridica.
Si tratta, comunque, sempre di poteri giurisdizionali in quanto basati sulla legge e da
questa limitati. Infatti non esclude l’utilizzo di una norma di diritto in quanto l’equità
non può contrastare con i principi costituzionali.
È possibile distinguere 3 forme del giudizio di equità →
1) suppletiva → per le ipotesi in cui il legislatore rinunci a predisporre la disciplina legale
di particolari aspetti di una fattispecie e preferisca affidare al giudice il compito di
intervenire caso per caso (es. art. 1226 cc);
2) sostitutiva → quando, pur essendoci una disciplina legale, si consente al giudice di
decidere il caso concreto in modo diverso (es. art. 822 cpc).
3) formativa → quando non c’è la norma di diritto (ipotesi obsoleta).
Verde → l’art. 113 si riferisce all’equità sostitutiva, prevedendo che il giudice decida
secondo equità nelle ipotesi in cui vi siano norme giuridiche che non si adattano
perfettamente ad esse.

Il Giudice può decidere secondo equità →


a) quando la legge gli attribuisce espressamente tale potere ed in tal caso deve osservare
i principi regolatori della materia (ricordiamo che il Giudice di Pace decide secondo equità
le cause di valore fino a 1100 €);

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b) quando, avendo la causa ad oggetto diritti disponibili delle parti, queste gliene facciano
concorde richiesta (art. 114 cpc).
Disciplina processuale →
1) tutte le sentenze pronunciate secondo equità sono inappellabili (art. 339 cpc),
ma è ammesso ricorso per Cassazione solo per errores in iudicando ed in procedendo
(→ non può aversi un vizio di legge sostanziale, ex art. 360 n. 3 cpc, perché la
Cassazione verrebbe in tal modo a conoscenza del fatto);
2) devono essere esposte le ragioni di equità sulle quali è fondata la decisione (art. 118
disp. att. cpc).

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Cap. 5
Nozione di azione
Alla potestà giurisdizionale dello Stato, detta pure «potestà di rendere giustizia»,
corrisponde la potestà dei cittadini di «avere giustizia», comunemente detta «diritto
d’azione».
Azione → diritto di provocare l’esercizio della funzione giurisdizionale (cd. potere
d’azione) facente capo ad ogni singolo.
Verde → diritto sostanziale e fenomeno giuridico processuale sono fenomeni giuridici
distinti e il potere d’azione è il necessario elemento di raccordo tra l’uno e l’altro.
Elementi essenziali dell’azione →
1) i soggetti (→ i destinatari del provvedimento del giudice)
2) il petitum (→ l’oggetto (5) della domanda)
3) la causa petendi (→ la ragione in base alla quale si ritiene di avere una determinata
pretesa e perciò di poter ottenere un determinato provvedimento).
Affinché si svolga l’esercizio della funzione giurisdizionale e, quindi, affinché il processo
abbia inizio, è necessaria l’iniziativa da parte di un soggetto, che vi dia il primo impulso.
L’esercizio di tale iniziativa spetta →
a) ai privati cittadini in quanto tali (art. 24 Cost.);
b) allo Stato, nella persona del Pm.
L’esercizio dell’azione costituisce per la parte proponente un onere, nel senso che soltanto
con la proposizione della domanda l’interessato può far valere un suo diritto di fronte
all’autorità giudiziaria.
Effetti sostanziali della domanda → art. 2943 → interruzione della prescrizione →
una volta verificatasi l’interruzione, gli effetti sulla prescrizione sono → ex art. 2945 →
1) inizio di un nuovo periodo di prescrizione
2) sospensione della prescrizione per tutta la durata del processo (→ effetto necessario
perché se i termini di prescrizione continuassero a correre durante il processo, il giudice al
momento della decisione si troverebbe a decidere su diritti ormai estinti).
In base al criterio della specie e della natura l’azione può essere → di cognizione,
esecutiva, cautelare.

Azione di cognizione
Tende a provocare un giudizio nel senso più proprio del termine → l’organo giurisdizionale
è chiamato ad accertare la situazione giuridica esistente fra i contendenti ed a dichiarare,
con sentenza, chi dei due abbia ragione o torto.
In altre parole, la cognizione del giudice tende ad accertare se la domanda proposta è
fondata o infondata e, quindi, se deve essere accolta o respinta.
Per giungere a tale conclusione, il giudice dovrà compiere una duplice operazione →
1) accertare i fatti
2) valutare giuridicamente i fatti accertati, individuando le norme applicabili alla fattispecie,
ed applicandole concretamente.
In definitiva, le azioni di cognizione instaurano un processo che viene qualificato ordinario
perché è quello attraverso il quale si realizza la tutela di qualsiasi diritto soggettivo.
Esse si distinguono per la diversità del provvedimento cui tendono, ossia per il diverso tipo
di sentenza che viene domandata dall’attore →

(5)
oggetto diretto → il provvedimento di giustizia richiesto; oggetto indiretto → l’utilità concreta che si
cerca di ottenere attraverso il provvedimento.

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1) Azioni di Accertamento
Tendono ad ottenere una sentenza che accerti (l’incertezza deve essere non meramente
ipotetica e subiettiva) l’esistenza o l’inesistenza (accertamento negativo) di un rapporto
giuridico incerto e controverso, o di un fatto giuridicamente rilevante.
Sono tipiche?
Non c’è una disciplina normativa, quindi sembra che possano essere di carattere
generale.
Alcuni autori desumono l’esistenza di un’azione di accertamento generale dall’art. 100
cpc, che viene letto nel senso che l’interesse ad agire è elemento necessario e sufficiente
per proporre l’azione di accertamento.
Verde → l’art. 100 cpc dice solo che l’interesse ad agire è elemento necessario ma non
sufficiente.
Per le situazioni giuridiche assolute è possibile l’azione di accertamento, ovviamente vi
deve essere un interesse ad agire particolarmente pregnante (→ vanto o contestazione
del III° contro il quale si agisce).
Riguardo ai diritti relativi → non si può costruire un interesse all’accertamento.
Verde → azione generale di accertamento dei crediti → nel settore dei diritti di credito,
solo la legge potrebbe ammettere l’azione di accertamento, perché il creditore
insoddisfatto deve chiedere la condanna del suo debitore.
In queste azioni l’interesse ad agire ha un ruolo di enorme importanza perché concorre a
definire le ipotesi in cui il ricorso al giudice non è un’inutile provocazione.

2) Azioni di Condanna
Tendono ad ottenere (previo accertamento in ordine al rapporto giuridico) dal giudice un
comando, rivolto al soccombente, di eseguire in favore dell’attore la prestazione dedotta in
giudizio.
Le utilità della sentenza di condanna tipica → oltre ad accertare il rapporto controverso,
a) possiede efficacia esecutiva, ossia è titolo esecutivo ex artt. 474 e ss. cpc;
b) costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale sui beni del debitore;
c) trasforma le prescrizioni (del diritto accertato con sentenza) da brevi in lunghe (ai fini
dell’esecuzione forzata).
Di regola, la condanna presuppone la certezza dell’inadempimento.
Tuttavia, in determinati casi, e in via del tutto eccezionale, la legge consente che la
condanna venga anticipata, nel senso che possa venire pronunciata prima che sia
accertato l’eventuale inadempimento.
Tali casi sono →

A) le azioni di condanna in futuro → volte ad ottenere la condanna attuale ad una


prestazione non ancora eseguibile, in quanto soggetta a termine (es. condanna del
conduttore al rilascio dell’immobile prima della scadenza del termine previsto nel contratto
di locazione). La sentenza può essere utilizzata solo quando si verifica l’inadempimento.
Le sentenze sono tipiche → non c’è ancora l’attualità dell’adempimento.
Ipotesi tipiche →
1) licenza per finita locazione
2) sfratto per morosità
3) condanna con riserva delle eccezioni → il giudice condanna riservandosi la possibilità di
accertare le eccezioni, con possibilità di revocare l’ordinanza stessa. Proc. di convalida di
sfratto (es. ordinanza immediata di rilascio).

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Verde → sono ammissibili solo nei casi in cui la legge lo consente.


B) le azioni di condanna condizionale → volte ad ottenere la emanazione di una
sentenza in cui la eseguibilità della condanna è sottoposta al verificarsi della medesima
condizione cui è subordinato il diritto sostanziale fatto valere
(es.: condanna del venditore alla consegna al compratore della cosa venduta,
subordinatamente al pagamento del residuo prezzo da parte di quest’ultimo);

C) le azioni di condanna generica → art. 278 cpc → si hanno quando è già accertata la
sussistenza di un diritto di credito (an debeatur), ma è ancora controversa la quantità della
prestazione dovuta (quantum debeatur) → in tal caso, il Collegio può, su istanza di parte,
limitarsi a pronunciare la condanna generica alla prestazione, rinviando al proseguimento
del processo la liquidazione della somma dovuta.
Con la stessa sentenza, su istanza di parte, il Collegio può condannare il debitore al
pagamento di una provvisionale, nei limiti in cui ritiene già raggiunta la prova.
Le utilità della sentenza di condanna generica →
a) trasforma le prescrizioni brevi in lunghe
b) non è titolo esecutivo in quanto non vi è il quantum
c) è possibile iscrivere ipoteca giudiziale sui beni del debitore.
Siccome la situazione che è alla base delle azioni di condanna è standard, l’interesse ad
agire finisce col diventare irrilevante.

3) Azioni Costitutive
Tendono ad ottenere una sentenza che costituisca, modifichi o estingua un rapporto
giuridico (es. azione di annullamento del negozio giuridico o del matrimonio;
azione di risoluzione del contratto per inadempimento).
Le costitutive sono, a differenza di quelle di accertamento e di quelle di condanna, azioni
tipiche → art. 2908 cc → l’Autorità Giudiziaria ha il potere di costituire, modificare,
estinguere rapporti giuridici solo nei casi previsti dalla legge.
La sentenza è essa stessa esecutiva → soddisfa già interamente il creditore perché
contiene essa stessa il trasferimento.
Gli effetti della condanna costitutiva normalmente operano ex nunc → dal momento del
passaggio in giudicato della sentenza.
Vi sono, tuttavia, dei casi in cui alcuni effetti operano ex tunc (es. art. 464 cc →
la sentenza che dichiara l’indegnità di un erede opera dal momento in cui la causa di
indegnità è venuta ad esistenza).
Possono essere → a) necessarie → ipotesi in cui non è possibile costituire, modificare
o estinguere un rapporto se non tramite il giudice anche se le parti sono d’accordo (es.
scioglimento degli effetti civili del matrimonio). In tali azioni l’interesse ad agire no ha
rilievo → basta la sussistenza dei presupposti per proporre azione perché si abbia
automaticamente interesse ad agire.
b) non necessarie → ipotesi in cui i soggetti possono costituire, modificare o estinguere
una situazione giuridica anche al di fuori del processo, con la collaborazione dei soggetti
interessati. In tali azioni l’intervento del giudice è succedaneo al mancato accordo tra le
parti → si hai interesse ad agire quando non si è riusciti ad ottenere l’accordo in via
stragiudiziale.
Verde → tale distinzione è superflua, in quanto non ha ripercussioni in concreto e, quindi,
non ha rilievo pratico.

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Esempio particolare → art. 2932 cc → esecuzione dell’obbligo di concludere un


contratto preliminare → se uno dei contraenti viene meno all’obbligo di pervenire alla
stipulazione del contratto definitivo, l’altro può ottenere una sentenza costitutiva che
produca gli effetti del contratto non concluso.
Verde → novità dell’art. 2932 → ha reso fungibile la prestazione del consenso, che in
passato era ritenuto infungibile.
Siccome sono azioni tipiche, per poter agire in giudizio occorrerebbe solo che si sia
perfettamente realizzata l’ipotesi legislativa.
Se il giudice ritiene che essa non si sia realizzata, rigetta la domanda ma non perché
manca l’interesse ad agire ma perché difettano le stesse condizioni di diritto sostanziale.

Condizioni dell’azione
1) Interesse ad agire → art. 100 cpc → per proporre una domanda o per contraddire alla
stessa è necessario avervi interesse.
Per la sussistenza dell’interesse non si richiede alcuna indagine sulla fondatezza della
pretesa, la quale attiene invece al merito della domanda → la sua esistenza si determina
in base al vantaggio che si spera di conseguire con l’azione proposta.
L’interesse deve presentare altresì 2 requisiti →
a) la concretezza → nel senso che, senza l’intervento del giudice, l’attore subirebbe un
danno effettivo;
b) l’attualità → deve esistere al momento della pronuncia del giudice.
La mancanza dell’interesse comporta il rigetto della domanda, ed è rilevabile anche
d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.

2) Legittimazione ad agire → legittimazione attiva → consiste nella identità fra la


persona dell’attore e la persona che nella domanda stessa è indicata quale titolare del
diritto fatto valere.
Legittimazione a contraddire (o passiva) → consiste nell’identità della persona del
convenuto con la persona di fronte a cui tale potere di agire è dato.
Affinché il giudice sia in grado di esaminare la questione di merito, occorre che la lite sia
costituita fra quei soggetti che siano legittimi contraddittori.
Legittimazione straordinaria → ipotesi eccezionali in cui la legge consente di far valere
in giudizio i diritti altrui in nome proprio.

3) Possibilità del provvedimento richiesto ed esistenza del diritto.

Verde → l’analisi delle condizioni dell’azione non può che confermarne l’autonomia
rispetto al diritto sostanziale, anche perché l’indagine sull’esistenza delle condizioni stesse
si situa in un momento antecedente rispetto a quello dell’indagine del merito.

Le attività del convenuto

L’ordinamento riconosce al convenuto vari poteri →

1) contumacia → situazione giuridica in cui viene a trovarsi la parte che, dopo aver
proposto la domanda (attore) o dopo essere stata regolarmente citata (convenuto), non si
costituisce, neppure tardivamente.
La legge distingue 2 ipotesi →
a) dell’attore → art. 290 → se l’attore, dopo aver notificato la citazione, non ha iscritto la
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causa a ruolo [ma l’ha fatto il convenuto (cd. diligente)].


In tal caso, il convenuto, comparso alla prima udienza, fa richiesta della prosecuzione del
giudizio, nonostante la mancata costituzione dell’attore. Diversamente, il giudice dispone
la cancellazione della causa dal ruolo con la conseguente estinzione del processo.
b) del convenuto → art. 291 → se il convenuto non si costituisce, il giudice per
dichiararne la contumacia deve controllare la regolarità della citazione e della notifica;
se accerta un vizio che importi la nullità della notifica, fissa all’attore un termine perentorio
per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza.
Se il convenuto non si costituisce neppure all’udienza indicata, il giudice istruttore ne
dichiara la contumacia.
Se invece la citazione non è rinnovata, il giudice ordina la cancellazione della causa dal
ruolo e il processo si estingue.
Una volta dichiarata la contumacia, il processo continua nelle forme normali.
Art. 292 → notificazione e comunicazione di atti al contumace → le ordinanze che
ammettono l’interrogatorio o il giuramento e le comparse contenenti domande nuove o
riconvenzionali vanno notificate personalmente al contumace nel termine fissato dal
giudice istruttore.
Le altre comparse si considerano comunicate con il deposito in cancelleria e con
l’apposizione del visto del cancelliere sull’originale.
Tutti gli altri atti non sono soggetti a notificazione o comunicazione. Le sentenze sono
notificate alla parte (contumace) personalmente.
Art. 293 → costituzione del contumace → il contumace può sempre costituirsi fino
all’udienza di precisazione delle conclusioni.
Il contumace che si costituisce tardivamente accetta la causa nello stato in cui si trova,
salva la facoltà di disconoscere, nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal
giudice, le scritture prodotte contro di lui.
Tuttavia, egli può chiedere la rimessione in termini → art. 294 → può chiedere cioè, di
essere ammesso a compiere attività che gli sarebbero precluse (es. deduzione di prove),
se dimostra che la nullità della citazione o della sua notificazione gli hanno impedito di
avere conoscenza del processo o che la costituzione è stata impedita da causa a lui non
imputabile.
Il giudice istruttore, se ritiene verosimili i fatti allegati, ammette (quando occorre) la prova
dell’impedimento e quindi provvede, con ordinanza, sulla rimessione in termini delle parti.
Verde → equipara la contumacia alla mancata comparizione personale, che costituisce
comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione e quindi argomento di prova
del quale il giudice può servirsi per valutare le prove aliunde acquisite.

2) assenza → il convenuto in questo caso si costituisce, presentando in cancelleria l’atto


di costituzione con il quale dichiara di aver avuto notizia della lite, ma in seguito non
compare davanti al giudice rimanendo inerte.

3) contestazione della domanda → il convenuto, oltre a costituirsi e ad essere presente,


contesta che i fatti affermati dall’attore siano veri o che comunque siano idonei a produrre
le conseguenze giuridiche da lui volute. Egli dunque nega i fatti costitutivi addotti
dall’attore, adducendo delle prove contrarie limitatamente a tali fatti.

4) l’eccezione → le eccezioni sono le ragioni che il convenuto (ma anche l’attore nei
confronti della riconvenzionale) può addurre per impedire l’accoglimento della domanda
iniziale. Tali ragioni consistono in fatti modificativi, estintivi o impeditivi che, ex art. 2697
cc, il convenuto ha l’onere di provare.

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Art. 112 cpc → eccezioni di merito (riguardano la domanda dell’attore) → il giudice non
può pronunciare d’ufficio sulle eccezioni che possono essere proposte solo dalle parti.

5) domanda riconvenzionale → in questo caso il convenuto non si limita ad allegare


circostanze che arricchiscono il fatto originariamente fissato dal giudice, ma introduce nel
processo un nuovo rapporto o una nuova situazione giuridica collegata con quella dedotta
nell’atto introduttivo. Art. 36 → v. pag 8

6) accertamento incidentale → è la domanda con cui il convenuto mira a far accertare


l’esistenza o l’inesistenza di un rapporto giuridico diverso dal rapporto su cui è fondata la
domanda principale, per paralizzare quest’ultima.

7) accertamento negativo → costituisce esercizio di un’azione di mero accertamento


negativo con la quale il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda dell’attore, chiede
l’accertamento negativo circa la sussistenza del diritto vantato dall’attore con la sua
domanda.

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Cap. 6

Le parti del processo

Capacità di essere parte → è parte del processo chi compie gli atti del processo e
ne subisce gli effetti, ed è perciò destinatario dei provvedimenti del giudice.
Verde → la mancanza di disposizioni al riguardo è segno che detta capacità è interamente
disciplinata dalle norme che regolano la capacità giuridica (p. fisiche → dalla nascita;
p. giuridiche → con il riconoscimento).
Capacità processuale → è la capacità di stare in giudizio da sé, ponendo in essere atti
processuali in nome proprio e per proprio conto o per conto di altri. E’ la trasposizione, in
ambito processuale, della capacità di agire (→ raggiungimento dei 18 anni).

Rappresentanza processuale e la negotiorum gestio processuale

Nel processo si possono avere 2 forme di rappresentanza →

1) rappresentanza legale e necessaria (6) → prevista per coloro che non hanno il libero
esercizio dei diritti, per quei soggetti che pur essendo capaci di essere parti non hanno la
capacità processuale (minori, interdetti). In questo caso parte del processo è il solo
rappresentato.
In questo caso la parte deve servirsi della intermediazione di un altro soggetto.

2) rappresentanza volontaria → si ha quando la parte, pur avendo il libero esercizio dei


diritti, per sua scelta, senza giuridica necessità, conferisce ad un altro soggetto l’incarico
di stare in giudizio in suo nome e per suo conto.
In questo caso la parte ritiene opportuno servirsi della intermediazione di altro soggetto.

Tale possibilità, però, è notevolmente limitata dalla legge → art. 77 → essa, infatti,
deve essere conferita espressamente per iscritto (procura) e soltanto a chi sia
procuratore generale del rappresentato, oppure procuratore preposto a determinati affari
del rappresentato stesso (ed entro i limiti di tali affari).
Eccezioni → si potrà prescindere dalla procura scritta nei confronti dei suddetti soggetti
solo se debbano compiersi atti urgenti (es. azioni possessorie) o chiedersi misure cautelari
(es. sequestri).

Si discute sull’ammissibilità dell’istituto della negotiorum gestio processuale →


ipotesi in cui un terzo agisca in giudizio sfornito della necessaria procura e a prescindere
da una eventuale rappresentanza sostanziale, nelle vesti di gestore di negozi altrui (con la
possibilità di legittimare successivamente la sua attività).
Verde → tale ipotesi è inammissibile, in quanto consentirebbe all’interessato di fare
propri gli effetti della gestione del terzo solo se a lui favorevoli.
Ciò si tradurrebbe in un’intollerabile situazione di incertezza giuridica.
Per ragioni analoghe, è inammissibile anche il mandato senza rappresentanza →
un soggetto agisce in giudizio in nome proprio ma per conto del mandante, obbligandosi a
trasferire in capo a quest’ultimo gli effetti del processo.

(6)
diversa è la rappresentanza tecnica → si collega all’opportunità che la parte abbia nel processo una
sorta di intermediario, il quale “parli lo stesso linguaggio del giudice”. Tale intermediario è il difensore →
colui che necessariamente sta in giudizio in luogo della parte.

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In questo caso verrebbe alterato il principio del contraddittorio in quanto il processo si


svolgerebbe senza la partecipazione dell’effettivo interessato.

Sostituzione processuale art. 81 cpc


Il sostituto processuale è un soggetto che agisce nel processo in nome proprio, ma per far
valere un diritto altrui → egli quindi è parte, ma non è titolare del diritto fatto valere.
Si differenzia quindi dalla rappresentanza processuale, in quanto il rappresentante agisce
in nome e per conto altrui. Gli effetti del giudicato si produrranno nei confronti del
sostituito, titolare del diritto su cui la sentenza ha provveduto.
La sost. può aver luogo solo nei casi espressamente previsti dalla legge (es. artt. 108 e
111 cpc) → infatti, l’art. 81 cpc → fuori dei casi espressamente previsti dalla legge,
nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.
Si pensi, ad esempio, al caso dell’azione surrogatoria (art. 2900 cc), in cui il creditore,
per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, può esercitare i diritti e le
azioni che spettano, verso i terzi, al proprio debitore e che costui trascura di esercitare.
Forma forte di sostituzione → si ha quando il sostituto è legittimato non solo a proporre
la domanda ma anche a gestire autonomamente tutto il processo.
Forma debole di sostituzione → si ha quando il sostituto si sostituisce al titolare del
diritto solo nel proporre la domanda giudiziale ma poi il processo prosegue anche nei
confronti del secondo.
Poteri del sostituto processuale → può compiere tutti gli atti che non comportino o
pregiudichino la titolarità del diritto del sostituito; non può rendere la confessione
relativamente a fatti che riguardano il diritto del sostituito, non può deferire (7) o riferire (8)
il giuramento (lo può rendere), non può rinunciare all’impugnazione (ciò comporterebbe
un pregiudizio del sostituito).
Il sostituto può rinunciare al giudizio in primo grado?
Sì, perché la rinuncia non determina alcun effetto pregiudizievole per il sostituito, salvo
che l’estinzione non determini la prescrizione del diritto.
La rinuncia agli atti, infatti, comporta l’estinzione del processo (è una vicenda processuale
che non determina alcun giudicato, è una vicenda di rito) e l’estinzione del processo
non estingue l’azione → è quindi possibile riproporre la domanda.
Ma l’estinzione fa salvo solo l’effetto interruttivo non anche quello sospensivo.
[es. se la causa fosse durata 10 anni e poi il sostituto rinuncia agli atti dopo 11 anni, la
rinuncia determinando l’estinzione del processo, farebbe scattare la prescrizione del diritto
azionato. Pregiudicherebbe il sostituito, il quale potrebbe riproporre azione ma su un
credito prescritto].
In Appello, non sempre il sostituto può rinunciare all’impugnazione → l’estinzione in
Appello fa passare in giudicato la sentenza di merito. La rinuncia all’impugnazione
pregiudicherebbe comunque il sostituito che si vedrebbe vincolato ad una sentenza di
primo grado che passa in giudicato.

Verde → il potere d’impugnazione spetta sia al sostituto (→ parte nei cui confronti la
sentenza spiega effetti diretti o indiretti) sia al sostituito (→ soggetto nei cui confronti la
sentenza spiega effetti diretti e nei cui confronti si forma il giudicato sostanziale).

(7)
Deferire → sfidare la controparte a giurare
(8)
Riferire → il destinatario del giuramento non giura ma lo riferisce alla controparte, se i fatti sono comuni
alle due parti

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Il Pubblico Ministero artt. 69 – 73 cpc

La figura del Pm (9) risponde all’esigenza di evitare di affidare l’iniziativa processuale al


monopolio esclusivo dei privati o al giudice.
Nel processo → il Pm assume la veste di parte ed agisce come parte.
Art. 69 → il Pm esercita l’azione civile nei casi stabiliti dalla legge.
E’ inoltre un sostituto processuale → il legislatore gli riconosce, in casi tassativi,
la possibilità di assumere l’iniziativa processuale pur non essendo titolare della situazione
sostanziale controversa (legittimazione straordinaria).

Possiamo avere 2 categorie di situazioni →


1) Pm agente (funzione propulsiva) → art. 72 → quando il Pm propone l’azione ha gli
stessi poteri che competono alle parti e li esercita nelle forme che la legge stabilisce per
queste ultime.
2) Pm interventore (funzione di controllo) → art. 72 co. 2 → in un processo iniziato da
altri (tranne davanti alla Cassazione), il Pm può produrre documenti, dedurre prove,
prendere conclusioni nei limiti delle domande proposte dalle parti.
Art. 3 disp. att. cpc → il Pm può spiegare il suo intervento anche quando la causa si
trova davanti al collegio (→ è una deroga all’art. 268 → il terzo non può intervenire, dopo
che siano state precisate le conclusioni).
Art. 72 cco. 2- 3- 4 → il Pm ha il potere di proporre impugnazione contro le sentenze
(in materia di cause matrimoniali).
La sua mancata partecipazione (involontaria) → art. 397 → è sanzionata con la
revocazione della sentenza, proponibile anche dopo che sia passata formalmente in
giudicato.

Successione nel processo artt. 110 – 111 cpc


Tale fenomeno implica il mutamento di una delle parti processuali, senza che ciò comporti
la costituzione di un nuovo rapporto processuale.
Ciò può accadere a seguito di successione a titolo universale o di successione a titolo
particolare nel diritto controverso.

Art. 110 → successione a titolo universale → si ha quando la parte viene meno per
morte o per altra causa (es. l’estinzione della persona giuridica o la fusione di società)
in questo caso il processo è proseguito dal successore universale o nei sui confronti.
In tal caso il successore a titolo universale subentra alla parte nel rapporto processuale,
seppur non automaticamente, bensì attraverso il meccanismo della interruzione.
Se muore il legale, l’interruzione è automatica (esigenza di tutela del diritto di difesa).
Ipotesi tipica → fusione di società. In ipotesi di liquidazione non si ha successione
universale in quanto il soggetto resta immutato.
Nel campo del diritto pubblico → vi è una tendenza ad escludere una successione a titolo
universale, tranne che per gli enti autarchici territoriali → è comunque un problema da
risolvere caso per caso.

Art. 111 → successione a titolo particolare → si ha allorché, durante la pendenza del


processo, il diritto su cui si controverte viene acquistato da un terzo.
In tal caso non si ha il subingresso dell’avente causa al dante causa anche nel rapporto

(9)
Verde → è un funzionario dello Stato inserito nell’ordine giudiziario.

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processuale, ma il processo prosegue tra le parti originarie (realizzandosi un’ipotesi di


sostituzione processuale del dante causa rispetto al suo avente causa).
La res litigiosa viene trasferita ad un terzo nel corso del giudizio.
C’è l’esigenza di tutelare l’attore → non hanno rilevanza i trasferimenti della res avvenuti
successivamente alla notificazione.
Anomalie → la sentenza produce i suoi effetti diretti anche nei confronti di chi non è stato
parte del processo (terzo acquirente); possibilità di impugnazione da parte del successore
a titolo particolare (anche se non è stato parte del processo), salve le norme →
a) art. 1153 cc (acquisto in buona fede di beni mobili)
b) art. 2643 cc (trascrizione di beni immobili)
Se l’acquirente non intervenuto ha acquistato in buona fede una cosa mobile o ha
trascritto l’atto di acquisto di un immobile prima della trascrizione della domanda, il suo
acquisto non può essere compromesso dall’eventuale soccombenza dell’alienante.
Se poi il trasferimento a titolo particolare avviene mortis causa (cioè mediante legato),
il processo è proseguito dal successore universale o nei suoi confronti.
In ogni caso, il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato in causa
e, se le altre parti vi consentono, l’alienante o il successore universale possono essere
estromessi dal processo.

Ambito di applicazione dell’art. 111 → 1) tesi letterale restrittiva → la norma si


applica quando vi è perfetta coincidenza, identità tra l’oggetto del processo e l’oggetto del
trasferimento. Tale norma dunque non troverebbe applicazione quando non vi è perfetta
coincidenza; 2) tesi estensiva → la norma va applicata anche nelle altre ipotesi.

Litisconsorzio artt. 102 - 103 cpc

Ipotesi di complessità originaria → fin dal momento della proposizione della domanda.
Si ha quando nel processo vi è una pluralità di parti, e cioè quando vi sono più attori
(→ attivo); o più convenuti (→ passivo), oppure più attori e più convenuti (→ misto).
Rispetto al rapporto che lega le parti fra loro, il litisconsorzio può essere →

• litisconsorzio necessario

Quali sono le ipotesi? Non vi sono ipotesi tipiche ma si parla di 3 grandi ipotesi →
1) logica necessità → es. divisione della proprietà di un bene che appartiene a più soggetti;
2) ragioni di opportunità (ipotesi tassativa) → azione di responsabilità civile per la circolazione dei
veicoli;
3) sostituzione processuale → vi è una ragione di tutela del diritto di difesa del sostituito.

Ratio → esistono delle situazioni giuridiche sostanziali inscindibili nelle quali più di due
soggetti sono direttamente coinvolti, e questa inscindibilità deve essere trasferita nel
processo.

Art. 102 → si ha quando la decisione non può essere pronunciata che nei confronti di più
parti (cioè quando il rapporto sostanziale è uno rispetto a più soggetti, in quanto sussiste
una contitolarità del rapporto sostanziale che si fa valere).
Se il giudice rileva la mancanza di una delle parti (difetto di contraddittorio), ordina
l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito → se l’ordine di
integrazione è eseguito → il processo prosegue come se la domanda fosse stata
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notificata fin dall’origine a tutti i litisconsorti (si attua perciò una sanatoria con effetto
retroattivo).
Se le parti non ottemperano nel termine → il processo si estingue → art. 307co. 3 →
l’estinzione opera di diritto ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni
sua difesa.
Teoria prevalente → il giudice non può dichiarare d’ufficio l’estinzione, può pronunciare
una sentenza di rito (facendo salvi gli effetti sospensivi) con cui dà atto di non aver potuto
provvedere nel merito per difetto di contraddittorio.

La sentenza pronunciata nei confronti di taluni soltanto dei litisconsorti necessari è inutiliter data, cioè
non ha effetti non soltanto nei confronti dei litisconsorti pretermessi, ma anche nei confronti delle parti
tra le quali è stata pronunciata.
Verde → il litisconsorzio è necessario quando le cause sono connesse per la causa petendi.

L’esigenza dell’integrazione si pone anche nel giudizio d’impugnazione allorché la sentenza


impugnata sia stata pronunciata nei confronti di più di due parti, mentre il giudizio d’impugnazione è
stato promosso solo nei confronti di alcune di esse, e sempre che si tratti di cause inscindibili
(es. litisconsorzio necessario originario) o cause tra loro dipendenti, cioè quando per il vincolo di
connessione che le unisce la decisione dell’una spiega necessariamente i suoi effetti sull’altra
(es. pregiudizialità e garanzia propria) e comunque quando, anche per ragioni di ordine processuale, la
decisione presenta carattere indissolubile nei confronti di tutte le parti.
In tale ipotesi l’art. 331 → impone al giudice di ordinare l’integrazione, fissando il termine entro cui
l’impugnazione va notificata alla parte pretermessa.
Decorso inutilmente il termine l’impugnazione è dichiarata inammissibile.

Litisconsorte pretermesso → il giudice arriva alla sentenza senza tenerne conto → il litisconsorte
pretermesso non ha l’onere dell’impugnazione ma ha lo strumento dell’opposizione di terzo senza
alcun termine, oppure potrebbe fare una mera azione di accertamento della sentenza (emessa quindi
a contraddittorio non integro → ed è inutiliter data).
Verde → solo quando c’è una logica necessità, è possibile l’opposizione di terzo e la sentenza è
inutiliter data; → nelle altre ipotesi di litisconsorzio (propter opportunitatem) → la sentenza può
essere impugnata dal litisconsorte pretermesso [analogia con la norma sul contumace involontario]
(non è inutiliter data) → ciò per ragioni di economicità.

• litisconsorzio facoltativo
Art. 103 pt. 1 → proprio → ipotesi di domande connesse per il titolo (diverso petitum, stessa causa
petendi → risarcimento danni per lo stesso fatto) o per l’oggetto dal quale dipendono;
Art. 103 pt. 2 → improprio → quando la decisione dipende dalla risoluzione di identiche questioni (di
diritto o di fatto).
Art. 103 co. 2 → principio della separazione → Il giudice può disporre, nel corso dell’istruzione o

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nella decisione, la separazione delle cause, se vi è istanza di tutte le parti, ovvero quando la
continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo, e può rimettere al
giudice inferiore le cause di sua competenza.
Tale principio risolve le complicazioni nascenti dal fatto che nello stesso processo si trovano a
convivere più cause fornite ciascuna della propria individualità.
Rilevanza pratica → solo quello proprio attua una vera connessione; quello improprio risponde ad
esigenze di economicità.
Rilevanza dell’attività istruttoria → confessione e giuramento → si applica per analogia la norma
del litisconsorzio necessario → quindi sono liberamente valutabili dal giudice.

La dottrina ha individuato un’ipotesi intermedia → litisconsorzio unitario → art. 2378 cc →


impugnazione delle delibere assembleari → ciascuno dei soci assenti o dissenzienti può impugnare per
conto suo la deliberazione, ma le impugnazioni della medesima deliberazione devono essere istruite
congiuntamente e decise con un’unica sentenza.

Intervento nel processo artt. 105 – 107, 267 – 272, 498 – 500 cpc
Si verifica quando in un processo già iniziato subentra un soggetto diverso dalle parti
principali.
L’intervento può essere →

Art. 105 → intervento volontario → si fonda sull’iniziativa spontanea del terzo →


è di 3 tipi→
1) principale → quando il terzo afferma un diritto proprio in contrasto sia con l’attore, sia
col convenuto (es. Tizio rivendica una cosa nei confronti di Caio, Sempronio interviene
sostenendo che la cosa è sua).
2) litisconsortile o adesivo autonomo → quando il terzo, pur facendo valere un diritto
autonomo, assume una posizione uguale o parallela a quella di una delle parti
(es. un socio interviene nel processo in cui un altro socio ha impugnato una deliberazione
dell’assemblea, ritenuta invalida, art. 2377 co. 2 cc).
3) adesivo dipendente → che è quello del terzo che, avendo interesse alla vittoria di una delle parti
in causa, partecipa al giudizio per sostenere le ragioni di tale parte (per non subire gli effetti di una
sentenza sfavorevole) [es. un condebitore solidale interviene nella causa promossa dal creditore nei
confronti di un altro condebitore].
Verde → la necessità di questo intervento si ha nei casi di pregiudizialità giuridica e in quelli di
pregiudizialità meramente economica.
Poteri dell’interventore →
- nel principale e nell’adesivo autonomo → ha gli stessi poteri delle parti, se interviene
tempestivamente; --
- nell’adesivo dipendente → può compiere solo le attività che sostengono la posizione di una delle
parti (es. allegazione di prove). Non può impugnare la sentenza, ma se questa viene impugnata può
partecipare all’impugnazione.

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Modi e tempi → l’intervento avviene con comparsa da depositare nella cancelleria del giudice; il terzo
può intervenire fino a che non siano precisate le conclusioni. Onde evitare che quest’ultima vicenda
comprometta il regolare svolgimento del processo → art. 268 co. 2 → il terzo accetta la lite in statu et
terminis e quindi non può compiere atti che non siano più consentiti ad alcuna altra parte, salvo che
non compaia volontariamente per l’integrazione necessaria del contraddittorio (ipotesi di litisconsorzio
necessario).

Interventi coatti → ricorrono quando la partecipazione di terzi al processo è provocata da


un’iniziativa delle parti originarie (ad istanza di parte) o da un’iniziativa del giudice (per ordine del
giudice).
Art. 106 → intervento coatto su istanza di parte → quando una parte chiama nel processo un terzo
al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende di essere garantita.
Presupposti sono →
- la comunanza delle cause rispetto alla situazione sostanziale del terzo
- la connessione (è variamente intensa → per il petitum o per la causa petendi; per il petitum e per la
causa petendi).
Entro quali limiti si può chiamare in causa un terzo?
a) attore → solo se tale esigenza sorge dalla previa valutazione del giudice della difesa del convenuto
svolta nella comparsa di risposta. In tal caso egli deve chiedere l’autorizzazione alla chiamata al
giudice istruttore
b) convenuto → deve farne dichiarazione nella comparsa di risposta e deve chiedere lo spostamento
della prima udienza per consentire la citazione del terzo ex art. 163bis
c) terzo → in quanto diviene convenuto a tutti gli effetti.
Art. 107 → intervento coatto per ordine del giudice (iussu iudicis) → si ha allorché questi
disponga l’intervento ritenendo che il processo debba svolgersi nei confronti di un terzo al quale
la causa sia comune (è un rimedio contro l’inerzia delle parti originarie).
L’ordine non è diretto al terzo, ma alla parte che deve provvedere alla chiamata.
Se la parte non ottempera mediante citazione, la causa viene cancellata dal ruolo (può essere poi
riassunta).
Si può avere nei →
1) rapporti alternativi (ipotesi giustificabile) → caso di contestazione della legittimazione passiva →
il convenuto dichiara che altri è il reale destinatario degli effetti del provvedimento richiesto.
2) rapporti pregiudiziali rispetto a quelli dedotti in giudizio (ipotesi controversa)
3) rapporti dipendenti da quelli oggetto del processo (solo in queste ipotesi per alcuni non si
violerebbe il principio del contraddittorio e della domanda, in quanto il terzo verrebbe chiamato in causa
per estendere nei suoi confronti gli effetti della sentenza; Verde → il giudice viola il principio del
paritario trattamento delle parti nel processo).

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Disciplina processuale → la chiamata avviene tramite citazione. Se nessuna delle parti provvede alla
citazione del terzo, il giudice istruttore dispone con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo.
L’intervento può effettuarsi anche nel processo esecutivo.

Estromissione dal processo artt. 108 – 109 - 111 - 354 cpc


Indica l’uscita dal processo di una parte che originariamente vi aveva partecipato, a
seguito di un provvedimento del giudice.
La legge contempla solo alcune ipotesi specifiche →
Art. 108 → estromissione del garantito → si verifica allorché questi abbia chiamato in
causa il soggetto da cui pretende essere garantito e quest’ultimo compare, accettando di
assumere la causa in luogo del garantito. L’estromissione è disposta dal giudice con
ordinanza, ma la sentenza di merito spiega i suoi effetti anche contro l’estromesso.
Verde → si può avere solo nei casi di garanzia propria (10) e solo quando il garantito non
eserciti l’azione di regresso nei confronti del garante.

Art. 109 → estromissione dell’obbligato → concerne chi, richiesto della prestazione da


parte di due diversi soggetti, ognuno dei quali afferma il proprio esclusivo diritto, si dichiara
pronto ad eseguire la prestazione a favore di colui che risulterà averne diritto.
In tal caso il giudice può ordinare il deposito della cosa o della somma dovuta e, effettuato
il deposito, disporre l’estromissione dell’obbligato.
Si tratta di un’ipotesi contraria a quella della contestazione della legittimazione passiva
→ il convenuto originario si limita ad eccepire di non essere il vero titolare della situazione
giuridica passiva e chiama in causa il vero titolare del diritto.

Art. 111 → successione a titolo particolare nel diritto controverso → l’articolo dispone
che in caso di trasferimento del diritto, nel corso del processo, per atto tra vivi a titolo
particolare il processo prosegue tra le parti originarie (ossia con l’alienante).
In caso di trasferimento a titolo particolare mortis causa il processo è proseguito dal
successore universale.
In ogni caso, il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel
processo e, se le altre parti vi consentono, l’alienante o il successore universale possono
essere estromessi.

L’estromissione è prevista anche dall’art. 354 cpc come motivo di rimessione in appello
della causa al primo giudice.

(10)
Art. 106 → chiamata in garanzia → ricorre quando il convenuto chiama in causa il proprio garante per
riceverne aiuto o per esercitare nei suoi confronti l’azione di regresso.
Garanzia impropria → è di elaborazione giurisprudenziale: ci sono diversi rapporti collegati (es. Rca) →
nasce dal legame economico tra i diversi rapporti.
Garanzia propria → si ha quando un terzo è tenuto a rispondere delle obbligazioni di una parte verso l’altra
in virtù di un rapporto previsto dalla legge (evizione) o nascente da contratto (fideiussione).

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Cap. 7

Atti processuali

Il processo è una serie di atti concatenati regolati da dei termini e finalizzati all’emanazione
di una decisione.
Tra gli atti processuali esistono 2 tipi di collegamento →
1) collegamento temporale → termini → mantengono le attività processuali concentrate
(termini acceleratori o finali) e offrono alle parti uno spatium temporis sufficiente per poter
compiere gli atti di loro pertinenza (termini dilatori).
Termini acceleratori → sono ordinatori → per cui la loro inosservanza non produce
decadenza e possono essere prorogati o abbreviati dal giudice; vi sono però delle ipotesi,
espressamente previste dalla legge, di termini perentori → la cui inosservanza comporta
ipso iure decadenza dal compimento dell’atto processuale; non possono essere abbreviati
o prorogati, nemmeno per accordo delle parti.
Art. 155 co. 1 → i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge non li
qualifichi espressamente come perentori.
Computo dei termini → art. 155 → indica il meccanismo attraverso il quale si conteggia il
tempo entro cui vanno compiuti determinati atti processuali, in particolare →
per il computo ad anni o a mesi → si segue il calendario comune; per il computo a giorni
→ non si tiene conto del giorno iniziale e di quello finale se coincide con un giorno festivo.
Il computo è, comunque, sospeso dal 1° Agosto al 15 Settembre (L. 742/69) per tutte le
attività processuali fatta eccezione per materie specifiche previste dalla legge
(provvedimenti d’urgenza).
2) sequenza logico-giuridica → preclusioni → perdita o estinzione del diritto di
compiere un atto processuale dovuta all’incompatibilità con l’attività già svolta oppure al
fatto di avere già esercitato il diritto.

Cosa giudicata art. 324 cpc


Indica la immodificabilità del provvedimento del giudice, quando sono stati esperiti tutti
i mezzi di impugnazione contro di esso, previsti dalla legge, ovvero quando essi non sono
più proponibili per il decorso dei termini.
Art. 324 → la sentenza passa in giudicato (formale) quando essa non è più soggetta né a
regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per Cassazione, né a revocazione
(ordinaria) per i motivi di cui all’art. 395 n. 4 (→ sentenza effetto di errore di fatto risultante
dagli atti del processo) e n. 5 (→ sentenza contraria ad altra precedente che abbia autorità
di cosa giudicata tra le parti).
Si ha, dunque, giudicato formale → quando la sentenza diviene irretrattabile
sotto 2 profili →
1) diviene incontestabile in giudizio ad opera delle parti
2) e, correlativamente, intoccabile da parte del giudice.

Il giudicato sostanziale → art. 2909 cc → l’accertamento contenuto nella sentenza


passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa.
Il giudicato sostanziale, infatti, impone alle parti l’obbligo di osservare quanto stabilito dal
giudice quasi come se fosse una legge speciale vigente solo nei loro confronti.
Se poi il giudice si pronunzia, per errore, una seconda volta sulla medesima controversia,
malgrado il precedente giudicato, le parti possono ricorrere per Cassazione se il giudice
ha rigettato una eccezione di (—), oppure agire per revocazione.

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Limiti →

a) oggettivi → si riferiscono all’oggetto della sentenza ed alla causa petendi; la (—),


infatti, si forma su tale oggetto in relazione alla causa petendi, e non anche sulle questioni
eventualmente presentatesi in corso di causa e risolte incidenter tantum;
b) soggettivi → la cosa giudicata non fa stato che tra le sole parti, i loro eredi ed aventi
causa; essa cioè deve essere riconosciuta da tutti, ma i suoi effetti non si estendono ai
terzi (res inter alios iudicata tertio neque nocet neque prodest).
Le sentenze passate in giudicato rimangono peraltro assoggettabili a revisione e a
revocazione e/o opposizione di terzo.

Gli atti processuali di parte

I modelli generali di questi atti sono fissati dalla legge che ne fissa i requisiti di contenuto e
forma, sarà poi compito della parte rifarsi al modello e riempire l’atto.
Se l’atto è conforme al modello → il giudice lo valuterà come fondato o infondato in
base al suo contenuto intrinseco.
Se l’atto non è conforme al modello → il giudice lo riterrà, a seconda dei casi, nullo,
inefficace, inammissibile, irricevibile.

I provvedimenti del giudice

Sono gli atti conclusivi del processo.


Art. 131 → la legge prescrive i casi in cui il giudice pronuncia sentenza, ordinanza e
decreto. In mancanza di tali prescrizioni, i provvedimenti sono dati in qualsiasi forma
idonea al raggiungimento dello scopo.
Sono tipici e sono di 3 tipi →

1) Sentenza → deve essere pronunciata in nome del Popolo Italiano e deve contenere →
l’indicazione del giudice che l’ha pronunciata, l’indicazione delle parti e dei loro difensori, le conclusioni
del Pm e delle parti, la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e in
diritto della decisione, il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice.
Tipologie →
- di mero accertamento (→ accerta l’esistenza di una data situazione giuridica);
- di condanna (→ condanna una parte ad un determinato comportamento)
- costitutiva (→ dà luogo ad una modificazione della situazione giuridica preesistente).
- definitiva → quella che definisce, chiude il giudizio;
- non definitiva → quella che non definisce il giudizio, poiché con essa il giudice decide il merito solo
parzialmente o risolve una questione pregiudiziale o preliminare in un senso che consenta la
prosecuzione del processo.
A seconda, infine, che il giudice ritenga fondata (d’accoglimento) o meno (di rigetto) l’esigenza di
tutela prospettata dall’attore con la domanda giudiziale.

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Se il giudice sbaglia provvedimento?

a) sentenza in luogo di ordinanza → il regime giuridico del provvedimento è dato dal suo
contenuto decisorio (prevale la sostanza sulla forma → principio sempre applicato dalla
giurisprudenza).
Sentenza che decide sull’opposizione all’esecuzione → sentenza impugnabile con
l’appello e con il ricorso per Cassazione.
Sentenza che decide sull’opposizione agli atti esecutivi → sentenza non impugnabile con i
normali mezzi di impugnazione ma solo con il regolamento di competenza e con il ricorso
per Cassazione ex art. 111 Cost.
b) ordinanza in luogo della sentenza → il regime giuridico del provvedimento è quello
che si ricava dalla forma dell’atto (prevale la forma sulla sostanza)

2) Ordinanza → è il provvedimento che il giudice istruttore emana nel corso del


procedimento per regolarne il corretto svolgimento.
Essa assolve tipicamente alla funzione ordinatoria del processo, essendo diretta a
risolvere le questioni che possono sorgere tra le parti in ordine all’iter del procedimento,
nel contraddittorio delle stesse.
L’ordinanza, quantunque succintamente motivata, in nessun caso può pregiudicare la
decisione della causa; è revocabile e modificabile dal giudice che l’ha pronunciata ed è
soggetta al controllo del collegio in sede di decisione della causa (se di sua competenza).
Può essere pronunciata in udienza e fuori udienza → in quest’ultimo caso, essa deve
essere comunicata alle parti a cura del cancelliere (art. 134 cpc) anche a mezzo di telefax
o email (L. 80/2005)

3) Decreto → provvedimento con il quale si svolge, normalmente, un’attività preparatoria


del processo, o di vari atti di esso (es.: quello che abbrevia i termini di comparizione;
quello di nomina del custode; quello di fissazione delle modalità di vendita etc.).
Assolve, di solito, ad una funzione ordinatoria del processo e non presuppone, di regola,
la preventiva instaurazione del contraddittorio tra le parti, come ad es. nella giurisdizione
volontaria (art. 737), nei provvedimenti cautelari (art. 672 co. 4) e nei decreti di ingiunzione
(art. 641).
Talvolta, però, accade che per le pronunce di alcuni decreti debbano essere ascoltate le parti
(es. ammissibilità dell’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità).
Il decreto è pronunciato d’ufficio o su istanza, anche verbale, della parte.
Se è pronunciato su ricorso in forma scritta, è riportato in calce al medesimo.
Quando l’istanza è proposta verbalmente, se ne redige processo verbale e il decreto è inserito nello
stesso.
Il decreto non deve essere motivato, salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla
legge; è datato ed è sottoscritto dal giudice (art. 135 cpc), oltre che dal cancelliere.
Il decreto non è di regola né revocabile né impugnabile. .

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Comunicazioni e notificazioni

Gli atti processuali sono normalmente recettizi → vanno comunicati o notificati.

- Comunicazione → art. 136 → atto del cancelliere, con il quale questi informa le parti e
gli altri soggetti processuali che si sono verificati fatti rilevanti per il processo (es. è
intervenuto un provvedimento del giudice).
Si effettua per dovere d’ufficio e non necessita, quindi, di una richiesta delle parti.
Si realizza a mezzo di biglietto di cancelleria (notizia abbreviata dell’atto), in carta non
bollata, composto da 2 parti di cui una è consegnata al destinatario e l’altra è conservata
nel fascicolo d’ufficio.
Spiega i suoi effetti indipendentemente dal fatto che il destinatario abbia preso visione
dell’atto.
Può avvenire o mediante consegna diretta al destinatario o è rimesso all’ufficiale
giudiziario per la notifica, che in questo caso è strumentale alla comunicazione.

- Notificazione → strumento necessario ed indispensabile per instaurare il contraddittorio.


Quando non è disposto altrimenti, sono eseguite dall’Ufficiale Giudiziario su istanza di
parte o su richiesta del Pm o del cancelliere.
L’Ufficiale Giudiziario esegue le notificazioni mediante consegna al destinatario (a mani
proprie), o ad altra persona, che sia legittimata a ricevere l’atto per conto di lui (persona di
famiglia, addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, o in loro mancanza, portiere dello
stabile dove si trova l’abitazione e, sussidiariamente, vicino di casa), di una copia
integrale e conforme all’originale dell’atto da notificarsi.
Successivamente l’Ufficiale Giudiziario redige la relazione di notifica, certificante
l’eseguita notificazione ed indicante tutti i dati ad essa relativi.
Art. 140 → nel caso di irreperibilità od incapacità o rifiuto delle persone legittimate a
ricevere la notificazione, l’Ufficiale Giudiziario deposita la copia nella casa comunale,
provvedendo poi ad informare con le opportune modalità l’interessato di tale deposito.
Forme particolari sono previste dagli artt. 142 – 143 – 145 cpc.
Art. 145 → la notificazione alle persone giuridiche va fatta presso la loro sede.
Per effettuarla, l’Ufficiale Giudiziario può servirsi (ed anzi abitualmente si serve) del
servizio postale.
La notificazione, per quanto il codice preveda solo la figura dell’Ufficiale Giudiziario, può
essere eseguita, oltre che da questo, anche dall’aiutante Ufficiale Giudiziario, o dal messo
di conciliazione, nel caso in cui manchino oppure siano impediti sia l’Ufficiale Giudiziario
che l’aiutante.
Art. 147 → tempo → le notificazioni non possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21.
Art. 150 → notificazione per pubblici proclami → è prevista quando la notificazione nei
modi ordinari sia difficile per il rilevante numero di destinatari o per l’impossibilità di
identificarli tutti.
Art. 160 → nullità della notificazione → quando non sono osservate le disposizioni circa
la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla
persona a cui è fatta o sulla data, salva l’applicazione degli artt. 156 e 157 (→ la nullità
non può essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato).
L. 53/94 → possono inoltre provvedervi (anche in materia amministrativa e stragiudiziale)
gli avvocati, purché muniti di procura alle liti (ex art. 83 cpc) ed autorizzati dal Consiglio
dell’Ordine nel cui albo sono iscritti.
Nell’esercizio di tale funzione, l’avvocato è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto e
gli eventuali abusi sono qualificati come illeciti disciplinari.

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Nullità degli atti processuali

Esigenza di certezza → il processo è molto formale, segue certe regole.


Esigenza di stabilità → non è possibile che la nullità di un atto si trascini fino alla fine del
processo.
Nullità → la conseguenza di una violazione delle norme processuali così grave da
rendere l’atto inidoneo al raggiungimento dello scopo.
La nullità non opera d’ufficio ma deve essere fatta valere nel processo entro certi termini,
altrimenti si sana.
Nullità formali → art. 156 co. 1 → non può essere pronunciata la nullità di alcun atto del
processo per inosservanza di forme, se la nullità non è comminata dalla legge (principio
della tassatività delle nullità)
co. 2 → può tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali
indispensabili per il raggiungimento dello scopo (principio della inidoneità allo scopo)
co. 3 → non può però mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è
destinato (principio della strumentalità delle forme).
Lo scopo → funzione tipica che la legge ha assegnato all’atto all’interno del processo.

Nullità extraformali → dipendono dall’inesistenza dei presupposti dell’atto necessari per il


compimento degli atti del processo. Trovano disciplina nelle singole norme che le
prevedono.

Se lo scopo non è raggiunto → 2 categorie di nullità →


a) nullità relativa → è rilevabile solo su istanza della parte interessata nella prima istanza
o difesa successiva al compimento dell’atto (altrimenti il vizio è sanato), non deve inoltre
avervi dato causa e non devi aver rinunciato, anche tacitamente, a farla valere;

b) nullità assoluta → è rilevabile dal giudice d’ufficio nei soli casi previsti dalla legge.
E’, di regola, insanabile salvo eccezioni (es. art. 164).

Art. 162 → pronuncia sulla nullità → nel pronunciare la nullità, il giudice deve disporre,
quando è possibile, la rinnovazione degli atti ai quali essa si estende.

Sia le nullità assolute che quelle relative devono essere oggetto di una pronuncia del
giudice (pronuncia costitutiva), in mancanza della quale l’atto nullo rimane in vita.

Utile per inutile non vitiatur e conversione degli atti processuali

Art. 159 co. 1 → limite esterno all’estensione della nullità → la nullità di un atto non
comporta quella degli atti precedenti, né di quelli successivi che ne sono indipendenti.
Art. 159 co. 2 → limite interno all’estensione della nullità → la nullità di una parte
dell’atto non colpisce le altre parti che ne sono indipendenti.
Art. 159 co. 3 → principio della conversione dell’atto nullo → se il vizio impedisce un
determinato effetto, l’atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo.
Particolare forma di nullità → art. 158 → derivante da vizi relativi alla costituzione del
giudice o all’intervento del Pm → è insanabile e va rilevata d’ufficio, salva la disposizione
dell’art. 161 (→ è insanabile solo entro il grado di giudizio nel quale si è verificata).

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Nullità delle sentenze art. 161 cpc

Bisogna combinare il regime delle nullità con quello dell’impugnazione delle sentenze.
Tutte le nullità della sentenza o degli atti che l’hanno preceduta, se non vengono fatte
valere con l’impugnazione sono sanate.
Art. 161 co. 1 → la nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per Cassazione
può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di
impugnazione.
Tale norma sancisce il principio secondo cui i vizi della sentenza si traducono in motivi
di gravame → sicché essi non possono più farsi valere quando siano decorsi i termini per
proporre impugnazione e la sentenza sia passata in giudicato.
La norma si ritiene applicabile anche a quei provvedimenti che, pur non avendo la forma
della sentenza, hanno natura sostanzialmente decisoria e sono suscettibili di divenire
incontrovertibili (es. decreto ingiuntivo).
Unica eccezione → art. 161 co. 2 → mancata sottoscrizione della sentenza da parte del
giudice → è talmente grave che non può essere sanata.
Si parla di nullità insanabile o di inesistenza della sentenza (Art. 158 → è una nullità
extraformale in quanto manca un presupposto).

Il regime delle spese processuali artt. 91 – 95 cpc

In tema di spese, il sistema accolto dal cpc poggia su 2 criteri →


1) anticipazione → art. 90 → nel corso del processo ciascuna delle parti ha l’onere di
provvedere alle spese per gli atti che compie e per quelli che chiede, e deve anticipare le
spese per gli atti necessari al processo, quando l’anticipazione è posta a suo carico dalla
legge o dal giudice. In caso di mancato adempimento, il giudice emana un provvedimento
esecutivo di condanna all’anticipazione della somma necessaria.
Tale articolo è stato abrogato dal DPR 115/2002 e sostanzialmente recepito dall’art. 8 del
DPR stesso.

2) soccombenza → art. 91 → il soccombente deve sopportare tutte le spese del


processo, anche quelle anticipate dall’altra parte.
Tale criterio si ispira al principio chiovendiano secondo il quale il processo non deve
danneggiare l’attore che ha ragione.

Temperamenti →
a) art. 92 co. 1→ il giudice può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte
vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue, e può, indipendentemente dalla
soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che,
per trasgressione al dovere di cui all’art. 88, essa ha causato all’altra parte.
b) art. 92 co. 2 → il giudice può, se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti
motivi esplicitamente indicati nella motivazione, compensare, parzialmente o per intero, le
spese tra le parti.

La statuizione sulle spese è contenuta nella sentenza che chiude il processo davanti al
giudice. Di conseguenza deve trattarsi di una sentenza definitiva (processuale o di merito);
le sentenze non definitive (processuali o di merito) non contengono condanna alle spese.

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Responsabilità aggravata art. 96 cpc

L’art. 96 prevede 2 ipotesi di responsabilità per l’illecito processuale →


1) prima ipotesi → può essere condannata al risarcimento dei danni, su istanza dell’altra
parte, la parte soccombente che abbia agito o resistito con mala fede o colpa grave;
2) seconda ipotesi → la condanna al risarcimento dei danni può essere pronunziata,
sempre su istanza della parte danneggiata, nei confronti dell’attore o del creditore
procedente che ha agito senza la normale prudenza.

Con tale norma il legislatore ha voluto sanzionare la lite temeraria → la temerarietà si


concretizza nella conoscenza dell’infondatezza della domanda (mala fede) o nella carenza
di ordinaria diligenza (colpa grave).

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Verde 2

Cap. 1 - Rito a cognizione piena ordinario

Introduzione della causa: la citazione art. 163 cpc


E’ l’atto con cui l’attore invita il convenuto a comparire davanti al giudice in
un’udienza predeterminata.
Con esso si propone la domanda giudiziale nel processo di cognizione di I° grado →
a questo fine è atto sempre necessario, salvo le eccezioni di legge (art. 316 cpc).
Può, però, trovare luogo anche all’infuori del processo di I° grado → per proporre appello
in via principale, per la revocazione e per l’opposizione di terzo.
E’ atto formale → deve essere sottoscritto dalla parte personalmente o dal suo difensore
(al quale deve aver conferito procura ad litem) e doppiamente recettizio → per produrre i
suoi effetti deve essere notificato al destinatario ed inoltre si rivolge anche al giudice
(mediante la nota di iscrizione a ruolo) al quale si chiede una pronuncia sulla controversia.
Contenuto → art. 163 cpc →
1. l’indicazione dell’ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta;
2. nome, cognome, residenza dell’attore e del convenuto, nonché delle persone che ne
hanno la rappresentanza ed assistenza;
3. l’oggetto della domanda ossia l’indicazione esatta del provvedimento che si vuole
ottenere (cd. petitum immediato), rispetto al bene da tutelare (cd. petitum mediato);
4. l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono le ragioni della
domanda (causa petendi);
5. l’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti di cui l’attore intende valersi;
6. il nome e cognome del procuratore dell’attore e l’indicazione della procura;
7. l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione e l’invito al convenuto a costituirsi
in giudizio nel termine di 20 gg. prima dell’udienza indicata e di comparire all’udienza
fissata; inoltre, sarà necessaria anche l’avvertenza che la costituzione oltre il termine
anzidetto implica le decadenze di cui all’art. 167 cpc (→ la non proposizione di domande
riconvenzionali).

nn. 1, 2, 6, 7 → vocatio in ius → costituzione del rapporto processuale in contraddittorio


con l’altra parte.
nn. 3, 4 → editio actionis → individuazione dell’oggetto del processo.

• Nullità della citazione

Art. 164 cpc → la citazione è nulla →


a. se vi è omissione o incertezza assoluta sull’indicazione del giudice, sull’individuazione
delle parti o sull’oggetto della domanda;
b. se sia assegnato al convenuto un termine di comparizione inferiore a quello stabilito
dalla legge;
c. se è stata omessa l’indicazione della data dell’udienza di comparizione.
L’articolo poi prevede 2 nuove ipotesi di nullità della citazione →
d. l’omissione dell’avvertimento al convenuto che la costituzione oltre i termini comporta la
decadenza di cui all’art. 167 cpc novellato (nuovo n. 7 dell’art. 163 cpc);
e. l’omissione dell’esposizione dei fatti posti a fondamento della domanda, di cui all’art.
163 n. 4 cpc.

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Vizi sub a, b, c, d → vocatio in ius


sub e → editio actionis.

L’art. 164 ha anche modificato il regime della sanatoria della nullità → può avvenire →

1) per la vocatio in ius → a seguito della costituzione in giudizio del convenuto (in questo
modo la funzione dell’atto di citazione è realizzata); a seguito della rinnovazione della
citazione, disposta d’ufficio dal giudice, in mancanza della costituzione del convenuto.
Se il convenuto si costituisce, è come se l’atto abbia raggiunto il suo scopo e si ritiene
valido ed efficace fin dall’inizio.
Se invece il convenuto non si costituisce, il giudice dispone la rinnovazione dell’atto di
citazione, questa sana i vizi, e gli effetti della domanda si producono sin dal momento della
prima notificazione (la sanatoria opera dunque ex tunc).
Se tale rinnovazione non viene eseguita, si avvia il meccanismo estintivo ex art. 307 co. 3.
2) per l’editio actionis → anche in questo caso la nullità è sanabile → costituzione del
convenuto o rinnovazione della citazione per ordine del giudice.
Tale sanatoria opera ex nunc (cioè dal momento in cui l’atto viene sanato).
Verde → è più corretto dire che non c’è sanatoria reale ma che tale meccanismo tende a
tenere in vita il processo incardinato sulla base dell’atto nullo.

Termine per comparire art. 163bis cpc

Tra la notificazione della citazione e l’udienza di comparizione devono trascorrere termini


liberi (11) non minori di 90 gg. se il luogo della notificazione si trova in Italia e di 150 gg.
se si trova all’estero.
Nelle cause che richiedono pronta spedizione il Presidente può, su istanza dell’attore e
con decreto motivato, abbreviare fino alla metà tali termini.

Costituzione dell’attore e del convenuto artt. 165 – 166 – 167 – 171 cpc

Art. 165 → costituzione dell’attore → l’attore entro 10 gg. dalla notificazione della
citazione al convenuto, ovvero entro 5 gg. nel caso di abbreviazione dei termini, deve
costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore (o personalmente nei casi consentiti dalla
legge), depositando in cancelleria la nota d’iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo.
Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel
Comune ove ha sede il Tribunale.

Art. 166 → costituzione del convenuto → il convenuto deve costituirsi a mezzo del
procuratore (o personalmente nei casi consentiti dalla legge) almeno 20 gg. prima
dell’udienza di comparizione o almeno 10 gg. prima nel caso di abbreviazione dei termini
ovvero almeno 20 gg. prima dell’udienza fissata ex art. 168bis co. 5, depositando in
cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di risposta.
Art 167 → comparsa di risposta → in essa il convenuto deve proporre tutte le sue
difese, indicare i mezzi di prova di cui vuole valersi, formulare le conclusioni e dichiarare
se intende chiamare un terzo in causa.
A pena di decadenza deve proporre eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni
processuali e di merito non rilevabili d’ufficio.

(11)
termine libero → è computato escludendo sia il giorno iniziale che il giorno finale.

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Art. 171 → ritardata costituzione delle parti → se nessuna delle parti si costituisce nei
termini stabiliti, si applica l’art. 307 cco. 1 e 2 (→ il processo che non è stato iscritto a
ruolo, cade in stato di quiescenza, dal quale può essere tratto con atto di riassunzione
entro 1 anno dal termine entro il quale si sarebbe potuto costituire il convenuto).
Se una delle parti si è costituita entro il termine assegnatole, l’altra parte può costituirsi
fino alla prima udienza, ma restano ferme le decadenze di cui all’art. 167.
La parte che non si costituisce neppure in tale udienza è dichiarata contumace con
ordinanza del Giudice Istruttore, salva la disposizione dell’art. 291.

Iscrizione della causa e designazione del giudice istruttore artt.168–168bis

Art. 168 → iscrizione della causa a ruolo → all’atto della costituzione dell’attore o del
convenuto, il cancelliere iscrive la causa nel ruolo generale e contemporaneamente
forma il fascicolo d’ufficio.

Art. 168bis → designazione del giudice istruttore → formato il fascicolo d’ufficio, il


cancelliere lo presenta senza indugio al Presidente del Tribunale, il quale, con decreto
designa il Giudice istruttore davanti al quale le parti debbono comparire, se non creda di
procedere egli stesso all’istruzione.
La designazione deve avvenire non oltre il 2° giorno successivo alla costituzione della
parte più diligente.
Subito dopo la designazione, il cancelliere iscrive la causa sul ruolo della sezione.
Se nel giorno fissato per la comparizione il Giudice istruttore non tiene udienza, la
comparizione delle parti è d’ufficio rimandata all’udienza immediatamente successiva
tenuta dal giudice designato.
Il giudice istruttore può differire la data della prima udienza fino ad un massimo di 45 gg.

Art. 170 → notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento → dopo la


costituzione in giudizio, tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore
costituito, salvo che la legge disponga altrimenti.

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Cap. 2

Istruzione della causa

Poteri del giudice istruttore artt. 175 – 179 cpc

Art. 175 → il Giudice istruttore esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale
svolgimento del procedimento, fissa le udienze e i termini entro i quali le parti debbono
compiere gli atti processuali.
Art. 176 → tutti i provvedimenti del giudice istruttore, salvo che la legge disponga
altrimenti, hanno la forma dell’ordinanza.
Art. 177 → l’ordinanza non può mai pregiudicare la decisione della causa e può essere
modificata o revocata dal giudice che l’ha pronunciata.
Restano immodificabili ed irrevocabili → 1) le ordinanze pronunciate sull’accordo delle
parti 2) le ordinanze dichiarate non impugnabili dalla legge 3) le ordinanze ancora
assoggettate a reclamo.
Art. 178 → l’ordinanza, quando dichiara l’estinzione del processo, è impugnabile dalle
parti con reclamo immediato al collegio.
Tale reclamo va presentato con semplice dichiarazione nel verbale d’udienza o con ricorso
al Giudice istruttore, entro 10 gg. dalla pronuncia dell’ordinanza.

Trattazione della causa artt. 180 – 181 cpc

La comparizione è la presenza di fatto della parte alle singole attività, ed in particolare alle
udienze (12) .
Di regola, avviene attraverso il difensore che ha la rappresentanza processuale della
parte, ma in alcuni casi è richiesta la presenza personale della stessa (es. quando il
giudice dispone l’interrogatorio libero delle parti, ovvero quando alla parte sia deferito
l’interrogatorio formale).
Art. 180 → forma di trattazione → la trattazione della causa è orale e di essa si redige
processo verbale.
Art. 181 co. 1 → mancata comparizione di entrambe le parti → il giudice istruttore
fissa un’udienza successiva di cui il cancelliere dà comunicazione alle parti costituite.
Se nessuno compare, dispone, con ordinanza non impugnabile, la cancellazione della causa dal ruolo
con ordinanza non impugnabile e il processo si estingue se non è riassunto nel termine di 1 anno (art.
307 co. 1).
In caso di mancata comparizione del convenuto già costituito il processo può continuare in
assenza di esso.
Art. 181 co. 2 → mancata comparizione dell’attore già costituito → perché il processo continui,
è sempre necessaria la richiesta del convenuto → in mancanza di questa richiesta, il giudice fissa una
nuova udienza, di cui è data comunicazione all’attore tramite il cancelliere.
Se alla nuova udienza l’attore non compare, il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo ed il

(12)
udienza → luogo e momento in cui il giudice, venendo a contatto con le parti o con i loro difensori,
ascolta le difese, prende i vari provvedimenti, raccoglie le prove. Nel processo ordinario di competenza del
Tribunale vi sono generalmente più udienze (non pubbliche) davanti al giudice istruttore, nelle quali avviene
la trattazione e l’istruzione della causa. Le udienze dinanzi al Collegio sono invece di regola pubbliche.

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processo si estingue immediatamente (art. 307 co. 1), sempre che il convenuto non chieda che si
proceda in assenza di lui.
In caso di mancata comparizione del convenuto che non si sia costituito prima e neppure alla
prima udienza → il giudice istruttore, verificata la regolarità della notifica dell’atto di citazione, ne
dichiara la contumacia ed ordina che il processo prosegua in assenza di lui (art. 171 co. 3).

Prima comparizione delle parti e trattazione della causa art. 183 cpc

Attività svolte dal giudice istruttore → interrogatorio libero delle parti (le risposte non
hanno efficacia di prova, sono argomenti di prova) e conciliazione delle parti.
Essa comprende quella attività di giudizio diretta → 1) all’individuazione delle parti in
causa 2) alla modificazione e precisazione ad opera delle stesse delle domande proposte,
nonché 3) all’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto che sorreggono le rispettive
pretese.
A seguito della riforma di cui alla L. 353/90 → il thema decidendum deve esser definito
già nell’atto di citazione e nella comparsa di risposta, limitandosi la possibilità di
modificare domande, eccezioni e conclusioni già formulate in base a un rigido sistema di
preclusioni →
1^ preclusione → sarà riconosciuta alle parti, infatti, solo la possibilità di precisare e,
previa autorizzazione del giudice, modificare domande, eccezioni e conclusioni, ma solo
alla prima udienza di trattazione.
2^ preclusione → se richiesto, il giudice potrà fissare un termine perentorio, 30 gg., per il
deposito di memorie contenenti tali precisazioni o modificazioni.
Va poi precisato che modifica della domanda significa rettifica della stessa con riguardo al
medesimo petitum e alla medesima causa petendi , nel senso che, qualora uno di tali
elementi della domanda mutasse, avremmo proposizione di una domanda nuova, come
tale sempre inammissibile.
Il nodo centrale della trattazione → la prima udienza.
La nuova disciplina processuale intende favorire il contatto diretto del giudice con le parti,
stabilendo che la mancata comparizione di una delle parti alla prima udienza, senza
giustificato motivo, costituisce un comportamento suscettibile di essere apprezzato dal
giudice per trarre argomenti di prova, evidentemente a sfavore della parte stessa.
Il giudice provvederà alla prima udienza ad interrogare liberamente le parti, allo scopo
anzitutto di individuare con precisione il thema decidendum nonché di individuare fatti non
contestati e di acquisire comunque elementi utili per la decisione. Inoltre tale interrogatorio
si pone come momento necessario del tentativo di conciliazione.

Chiusa la prima udienza, la causa risulterà matura per la decisione.

Rimessione in termini art. 184bis

Art. 184bis → la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per cause ad essa
non imputabili può chiedere al giudice istruttore di essere rimessa in termini.

Verde → il legislatore esclude che l’istituto possa essere esteso a situazioni che si
verifichino dopo che il procedimento si è concluso, ciò per evitare che i tempi processuali
si allunghino oltremodo.

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(13)
Ordinanze decisorie artt. 186bis – ter – quater cpc

Il legislatore consente che, con esse, siano pronunciati provvedimenti che anticipano, in
corso di causa, gli effetti della pronuncia di condanna.

art. 186bis → ordinanza per il pagamento di somme non contestate → su istanza di


parte, il giudice istruttore può disporre, fino al momento della precisazione delle
conclusioni (solo dopo che il giudice abbia accertata l’impossibilità di conciliare la lite), il
pagamento delle somme non contestate (14) dalle parti costituite. Se l’istanza è proposta
fuori dall’udienza, il giudice dispone la comparizione delle parti ed assegna il termine per
la notificazione.
L’ordinanza costituisce titolo esecutivo (ma non titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale)
e conserva la sua efficacia in caso di estinzione del processo (Verde → conserva efficacia
esecutiva).
L’ordinanza non può mai pregiudicare la decisione della causa, ed è revocabile e
modificabile sia dal Giudice Istruttore durante l’iter della trattazione che dal Collegio in
sede di decisione della causa, senza bisogno di mezzi d’impugnazione.

art. 186ter → ordinanza-ingiunzione → fino al momento della precisazione delle


conclusioni, nei casi in cui sia ammissibile il decreto ingiuntivo , per essere il credito
fondato su prova scritta, la parte può chiedere al giudice istruttore, in ogni stato del
processo, di pronunciare con ordinanza ingiunzione di pagamento di una somma
(di denaro) o di consegna (certa quantità di cose fungibili, es. 1 quintale di grano),
ovvero una cosa mobile determinata.
Se l’istanza è proposta fuori dall’udienza, il giudice dispone la comparizione delle parti ed
assegna il termine per la notificazione.
L’efficacia esecutiva può essere conferita al provvedimento o ex art. 642 o, se la
controparte è rimasta contumace, ex art. 648, con la precisazione che la provvisoria
esecutorietà non può essere disposta ove la controparte abbia disconosciuto la scrittura
privata prodotta contro di lui o abbia proposto querela di falso contro l’atto pubblico.
Se l’ordinanza è prodotta contro la parte contumace, questa, se vuole evitare che
l’ordinanza diventi esecutiva, deve costituirsi nei 20 gg. dalla notifica.
L’ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili e conserva la sua efficacia
in caso di estinzione del processo. Essa inoltre costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca
giudiziale.

art. 186quater → ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione → dopo la


chiusura dell’istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che abbia proposto
domanda di condanna al pagamento di somme o alla consegna o al rilascio di beni, può
disporre con ordinanza, nei limiti in cui ritiene raggiunta la prova (prova piena della pretesa
azionata con la domanda), il pagamento ovvero la consegna o il rilascio, provvedendo
contestualmente sulle spese di lite.
Tale ordinanza costituisce titolo esecutivo ed è revocabile con la sentenza che definisce il
giudizio.
Essa acquista efficacia di sentenza impugnabile in 2 casi →
1) estinzione del giudizio
2) se la parte intimata non manifesta entro 30 giorni dalla sua pronuncia in udienza o

(13)
Proto Pisani le definisce → ordinanze interinali.
(14)
Proto Pisani → la non contestazione deve essere parziale, cioè i fatti costitutivi dedotti dall’attore
devono essere parzialmente contestati.

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dalla comunicazione, con ricorso notificato all’altra parte e depositato in cancelleria, la


volontà che sia pronunciata la sentenza.

Provvedimenti e attività del giudice istruttore artt. 187 – 190 cpc

Art. 187 → il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di
merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al collegio
Può rimettere le parti al collegio affinché sia decisa separatamente una questione di
merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il
giudizio.
Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla
competenza o ad altre pregiudiziali (15) ma può anche disporre che siano decise
unitamente al merito.
Qualora il collegio provveda a norma dell’art. 279, co. 2 n. 4, i termini di cui all’art. 183 co.
8, non concessi prima della rimessione al collegio, sono assegnati dal giudice istruttore, su
istanza di parte, nella prima udienza dinanzi a lui.
Il giudice dà ogni altra disposizione relativa al processo.

Art. 188 → Il giudice istruttore provvede all’assunzione dei mezzi di prova (202-262) e,
esaurita l’istruzione (art. 110) rimette le parti al collegio per la decisione a norma
dell’articolo seguente.

Art. 189 → rimessione al collegio → il giudice istruttore, quando rimette la causa al


collegio (a norma dei primi 3 commi dell’art. 187 o dell’art. 188) invita le parti a precisare
davanti a lui le conclusioni (16) che intendono sottoporre al collegio stesso, nei limiti di
quelle formulate negli atti introduttivi o, a norma dell’art 183. Le conclusioni di merito
debbono essere interamente formulate anche nei casi previsti dall’art. 187cco. 2 e 3.
La rimessione investe il collegio di tutta la causa, anche quando avviene ex art. 187 cco. 2
e 3.

Art. 190 → comparse conclusionali e memorie → le comparse conclusionali (17)


debbono essere depositate entro il termine perentorio di 60 gg. dalla rimessione della
causa al collegio e le memorie di replica (18) entro i 20 gg. successivi.
Per il deposito delle comparse conclusionali il giudice istruttore, quando rimette la causa al
collegio, può fissare un termine più breve, comunque non inferiore a 20 gg.

(15)
questione pregiudiziale → questione meramente procedurale, di rito, la cui risoluzione condiziona lo
svolgimento del processo (es. questione di legittimità processuale delle parti costituite).
(16)
precisazione delle conclusioni → atto con cui le parti formulano in modo preciso e definitivo le
conclusioni ovvero le richieste che intendono sottoporre al giudice, tenendo conto degli elementi emersi nel
corso dell’istruzione probatoria.
(17)
comparsa conclusionale → atto scritto con cui la parte o il suo avv. espone in precise posizioni, che
prendono il nome di conclusioni, i provvedimenti che si richiedono al giudice sulla base delle originarie
domande, delle risultanze istruttorie nonché del globale svolgimento del processo.
(18)
memoria di replica → atto scritto avente il contenuto di una mera risposta alle deduzioni avversarie:
esso non può presentare conclusioni nuove.

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Cap. 3

Istruzione probatoria

Momento della fase istruttoria nel quale vengono raccolte le prove necessarie alla
decisione delle questioni individuate e discusse in sede di trattazione.

Prove
Sono i mezzi processuali necessari per fornire la dimostrazione della esistenza o
inesistenza di un fatto dedotto da una delle parti.
Le prove possono essere → legali (→ la valutazione è predeterminata dalla legge) [es.
scrittura privata; giuramento decisorio; confessione] o liberamente valutabili (→ possono
essere liberamente valutate dal giudice) [es. testimonianza].
In ordine al momento in cui si formano → prova precostituita (→ la parte ha solo l’onere
di produrla in giudizio, ponendola a disposizione del giudice. Essa, infatti, viene formata
fuori e, normalmente, prima del processo, per motivi anche diversi da quelli giudiziari [es.
prova documentale]) e prova costituenda o non precostituita (→ viene formata soltanto
nel processo attraverso una particolare attività, detta assunzione del mezzo di prova, la cui
acquisizione è condizionata alla sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge) [es.
testimonianza].
Prova diretta → il giudice controlla la veridicità del fatto in forza di un riscontro di carattere
sensoriale che lo mette in relazione diretta con il fatto rappresentato (es. ispezione).
Prova indiretta → il giudice deve servirsi di uno strumento di mediazione.
Prove storiche → il mezzo è di per sé idoneo a rappresentare il fatto da provare.
Prove critiche → il giudice perverrebbe alla rappresentazione del fatto da provare
attraverso un’operazione intellettiva più complessa.
Oggetto della prova → i fatti (19) dedotti dalle parti a fondamento delle loro domande ed
eccezioni. Se la parte non fornisce tali fatti non potrà veder accolta la propria domanda od
eccezione.
Di regola il giudice non può porre a fondamento della decisione che le prove proposte
dalle parti o dal Pm; solo in casi eccezionali, tassativamente previsti dalla legge, il giudice
può d’ufficio disporre l’assunzione di mezzi di prova (es.: ispezione di persone e cose).
Assunzione delle prove → è disposta dal giudice con ordinanza→ art. 184 → udienza
necessaria → il giudice istruttore procede all’assunzione dei mezzi di prova ammessi.
Dunque l’indicazione di mezzi di prova può avvenire con gli atti introduttivi del giudizio,
nella prima udienza di trattazione o nella successiva, disciplinata dall’art. 184, salva
l’ipotesi della rimessione in termini (art. 184bis → la parte che dimostra di essere
incorsa in decadenza senza colpa, può chiedere al giudice di essere rimessa in termini),
e tranne il caso in cui la necessità per la parte sorga a seguito dell’ammissione d’ufficio
di mezzi di prova.
Per il caso in cui siano disposti d’ufficio mezzi di prova, è previsto che ciascuna parte
possa dedurre, entro un congruo termine (perentorio), i mezzi di prova che si rendono
necessari in relazione a quelli ordinati d’ufficio.
La possibilità di presentare mezzi di prova è, comunque, interpretata restrittivamente →
si intendono tali solo quelli che siano risultati indispensabili a seguito del contraddittorio
della prima udienza di trattazione.

(19)
sono esclusi i fatti non contestati, i fatti ammessi, i fatti inverosimili, i fatti notori.

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Dopo l’istruttoria c’è una udienza per la precisazione delle conclusioni → modello
ordinario di decisioni → scambio delle memorie di replica.

Mezzi di prova
Spesso è usato quale sinonimo di «prova», con la precisazione che la prova è il risultato
che con i mezzi di prova si mira a realizzare, formando il convincimento del giudice sulla
veridicità di un patto dettato in giudizio.

Atto pubblico artt. 2699 e ss. c.c


Prova documentale (precostituita) redatta, con le richieste formalità, da un notaio o da
altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è
formato.
L’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso → 1) della provenienza del
documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato e 2) delle dichiarazioni e dei fatti che
questi attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (art. 2700 cc).
Tale efficacia probatoria non si estende, tuttavia, al contenuto sostanziale delle
dichiarazioni delle parti: il notaio, infatti, non può accertare né garantire che esse abbiano
detto il vero.
Non è perciò necessaria la querela di falso per impugnare l’intrinseca verità delle
dichiarazioni delle parti.
Art. 2701 cc → conversione dell’atto pubblico → il documento formato da un ufficiale
pubblico incompetente o incapace, ovvero senza l’osservanza delle formalità prescritte,
se è stato sottoscritto dalle parti, ha la stessa efficacia probatoria della scrittura privata.
Tra gli atti pubblici rivestono particolare importanza gli atti di fede privilegiata.
Affinché un atto pubblico possa considerarsi fide-faciente occorre che esso →
a) promani da un pubblico ufficiale cui la legge riconosca una speciale potestà
certificatrice
b) contenga quanto detto al pubblico ufficiale e quanto da lui attestato come detto o
accaduto
c) sia redatto nelle forme prescritte dalla legge.
Gli atti fide-facienti sono un numerus clausus → solo quelli cui la legge attribuisce
espressamente tale valore.

Scrittura privata artt. 2702 - 2703 cc; artt. 214 - 220 cpc

Prova documentale (precostituita) di natura dichiarativa; essa, infatti, ha per contenuto


una dichiarazione dell’autore del documento, che può essere una dichiarazione di scienza
o di volontà.
In particolare, costituisce scrittura privata qualunque documento scritto, non proveniente
da un pubblico ufficiale, e sottoscritto dalla parte.
La scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle
dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne
riconosce la sottoscrizione (riconoscimento espresso) ovvero se questa è legalmente
considerata come riconosciuta (art. 2702 cc).
Si considera riconosciuta la sottoscrizione autenticata dal notaio o da altro Pubblico
Ufficiale a ciò autorizzato.
L’autenticazione consiste nell’attestazione da parte del Pubblico Ufficiale che la
sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell’identità della
persona che sottoscrive.

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Art. 215 cpc → riconoscimento tacito → la scrittura privata prodotta in giudizio si ha per
riconosciuta se la parte comparsa non la disconosce, o non dichiara di non conoscerla
nella prima udienza, o nella prima risposta successiva alla produzione; e se la parte, alla
quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta, è contumace, salvo l’art. 293 co.
3 (→ il contumace che si costituisce tardivamente in giudizio può disconoscere le scritture
prodotte contro di lui nella I^ udienza o nel termine assegnato dal Giudice Istruttore).
Qualora la scrittura privata venga disconosciuta, la parte che l’ha prodotta in giudizio e
che intende ancora valersene deve proporre istanza per la verificazione giudiziale
della stessa aprendo in tal modo un accertamento incidentale sull’autenticità della
scrittura. Tale istanza può proporsi anche in via principale.
La scrittura privata autenticata o riconosciuta nei vari modi su elencati ha l’identica
efficacia probatoria dell’atto pubblico.

Giudizio di verificazione della scrittura privata artt. 216 - 220 cpc

Tende ad accertare la paternità di una scrittura privata.


Può proporsi in via principale o in via incidentale.
In via incidentale → si ha quando la parte che, nel corso di un processo, ha prodotto,
a fini probatori, una scrittura privata, intende valersene, pur di fronte al disconoscimento
della controparte. Dovrà, a tal fine, proporre un’azione incidentale di accertamento nello
stesso processo in cui la scrittura è stata prodotta.
Per proporre tale domanda sarà sempre necessario il requisito dell’interesse ad agire,
nella specie dato dalla rilevanza della scrittura come prova nel processo principale e
dall’insufficienza delle altre prove esistenti.
In via principale → cioè in un processo ad hoc.
L’interesse ad agire consisterà in tal caso nella possibilità di dover utilizzare la scrittura a
fini probatori in un futuro processo oppure in via stragiudiziale (es. per trascrizioni,
iscrizioni, etc.).
Il giudizio di verificazione si differenzia dal processo per querela di falso perché può avere
ad oggetto solo una scrittura privata non riconosciuta ed accerta solo la provenienza
dell’atto (ossia l’autenticità della sua sottoscrizione), mentre la querela di falso accerta la
genuinità di un documento.
Nel procedimento di verificazione è ammesso ogni tipo di prova, anche se per lo più si
ricorre alla consulenza tecnica, mediante la comparazione grafica tra la sottoscrizione
da verificare ed altre scritture sicuramente provenienti dalla parte che ha disconosciuto
il documento.
Art. 220 → sull’istanza di verificazione pronuncia sempre il collegio.

Querela di falso artt. 221- 227 cpc; art. 99 disp. att. cpc

E’ l’unico rimedio all’efficacia probatoria della scrittura privata → istanza diretta ad


ottenere l’accertamento della falsità di un atto pubblico o di una scrittura privata
riconosciuta o autenticata.
Può essere proposta da colui contro il quale si vuol far valere la scrittura, in qualsiasi
stato e grado del giudizio, finché la verità del documento non sia stata accertata con
sentenza passata in giudicato.
Con la querela di falso si può contestare tanto il contenuto del documento quanto la sua
provenienza o attribuzione alla persona che ne appare l’autore.
Può essere proposta → in via principale → con citazione sottoscritta dalla parte, dando
luogo ad un giudizio autonomo, ovvero in via incidentale → con dichiarazione personale
della parte da unirsi al verbale di udienza, proposta cioè nel corso di un procedimento in
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cui la controparte alleghi, come prova, il documento contestato.


Nel processo è obbligatorio l’intervento del Pm.
Art. 225 → sulla querela di falso pronuncia sempre il collegio → efficacia della sentenza
sul falso → tale giudizio, pur essendo un giudizio di parti, ha per oggetto la verità o la
falsità di un documento e non si limita alla forza probatoria di esso, così da essere
opponibile erga omnes.

Documento informatico
E’ la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, secondo quanto
previsto dal regolamento attuativo dell’art. 15 della legge Bassanini (DPR 513/97), è equiparato a
quello cartaceo.
L’approvazione del regolamento produce quale effetto che l’originale di un documento informatico
cessa di essere quello cartaceo per diventare quello informatico, quello, cioè, contenuto in un file
conservato nella memoria di un elaboratore.
Il regolamento prescrive che il documento informatico ha la stessa efficacia che è attribuita alla
scrittura privata (art. 2702 cc) quindi fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza
delle dichiarazioni di chi l’ha sottoscritto, purché sia conforme alle disposizioni dello stesso
regolamento e delle regole tecniche successivamente emanate (DPCM 8-2-1999).

Testimonianza artt. 2721 - 2726 cc artt. 244 - 257 cpc


Prova costituenda → è la dichiarazione di scienza che un soggetto fa davanti al giudice,
sotto giuramento, di fatti importanti per il giudizio in corso.
In genere la prova testimoniale è guardata con sfiducia dal legislatore, per cui la legge
pone dei limiti oggettivi → artt. 2721 – 2722 – 2723 cc → non è ammessa →
1) per provare contratti il cui contenuto sia di valore superiore ai 2,50 € , a meno che il
giudice non la ritenga opportuna, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del
contratto e di ogni altra circostanza;
2) per provare patti anteriori, contemporanei o successivi ad un accordo scritto;
3) per provare un contratto per cui è richiesta la forma scritta “ad probationem” o
“ad substantiam” la controparte, nella prima risposta può opporsi a tale prova, chiedere
controprova o estendere l’ambito soggettivo e/o oggettivo di essa.
Limite soggettivo → art. 246 cpc → non possono testimoniare coloro che hanno nella
causa un interesse che potrebbe legittimare un loro intervento in giudizio.
Una facoltà d’astensione, invece, spetta a coloro che possono far valere il segreto
professionale, il segreto d’ufficio e il segreto di Stato.
Eccezioni al divieto (limiti oggettivi) della prova testimoniale → art. 2724 cc →
è ammessa in ogni caso 1) se vi è un principio di prova scritta 2) se il contraente si è
trovato nell’impossibilità morale e materiale di procurarsi una prova scritta 3) se il
contraente ha perduto, senza colpa, il documento che gli forniva la prova.
Art. 2725 cc → prova scritta ad probationem e ad substantiam → quando, secondo la
legge o la volontà delle parti, un contratto deve essere provato per iscritto, la prova per
testimoni è ammessa solo quando il contraente ha perduto, senza colpa, il documento.
Ci ricolleghiamo all’art. 421 → poteri istruttori del giudice del lavoro → non può
superare i limiti della prova scritta ad substantiam.

Assunzione della prova testimoniale


Art. 244 → la prova testimoniale deve essere dedotta con l’indicazione specifica delle
persone da interrogare e dei fatti della causa, dedotti per articoli separati e specifici.
Dopo che il giudice istruttore, con ordinanza, ha ammesso la prova testimoniale,
i testimoni, con l’intimazione a comparire effettuata per mezzo dell’Ufficiale Giudiziario,

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hanno l’obbligo di comparire dinnanzi al g.i., di prestare giuramento e di farsi identificare.


È possibile anche che il giudice proceda a confronto in caso di divergenza tra deposizioni
di due o più testimoni, a rinnovazione di testimonianza già effettuata per chiarimenti o
ad assunzione (d’ufficio) di nuovi testi se i soggetti già ascoltati si sono riferiti, per la
conoscenza dei fatti, ad essi.

Confessione artt. 2730 - 2735 cc; artt. 228 - 232 cpc

Prova legale → art. 2730 → è la dichiarazione di scienza che una parte fa della verità di
fatti ad essa sfavorevoli (20) e favorevoli all’altra parte.
Oggetto → soltanto i fatti della causa, siano essi costitutivi o estintivi o modificativi o
impeditivi.
Giurisprudenza → alla base della confessione deve esservi l’animus confitendi.
La dichiarazione confessoria è irretrattabile → nel momento in cui è resa, esce fuori dal
potere del soggetto di disporne.
Limiti → art. 2731 cc → 1) soggettivo → non è efficace se non proviene da persona
capace di disporre del diritto controverso (qualora sia fatta da un rappresentante, è
efficace solo se fatta entro i limiti in cui questi vincola il rappresentato);
2) oggettivo → deve riguardare un diritto disponibile.
La confessione può essere →
a) giudiziale → art. 2733 cc → quando è resa in giudizio → in questo caso forma piena
prova contro colui che l’ha fatta purché non verta su fatti relativi a diritti non disponibili.
La confessione giudiziale costituisce una delle ipotesi di prova legale.
Essa può essere spontanea o provocata dall’interrogatorio formale.
b) stragiudiziale → art. 2735 cc → quando è fatta fuori del giudizio → essa, se è resa
alla parte o a chi la rappresenta, ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale;
se è resa ad un terzo o se è contenuta in un testamento è liberamente apprezzata dal
giudice.
La stragiudiziale, per produrre la sua efficacia probatoria, deve essere, a sua volta,
provata in giudizio; in tal caso → art. 2735 co. 2 → vieta che essa possa essere provata
per testimoni, se verte su un oggetto per il quale la prova testimoniale non è ammessa
dalla legge.

Giuramento artt. 2736 – 2739 cc


È la dichiarazione con cui una parte asserisce come vero un fatto a sé favorevole, nella forma
solenne prevista dalla legge; per effetto del giuramento il fatto cui si riferisce si ritiene come pienamente
e definitivamente provato (prova legale).
Art. 2737 → può prestare giuramento solo chi è capace di disporre del diritto a cui i fatti si riferiscono.
Può essere deferito solo sopra un fatto proprio della parte (giur. de veritate) oppure sulla conoscenza
che essa ha di un fatto altrui (giur. de notitia).
Art. 2739 → il giuramento non può essere deferito → 1) per la decisione di cause relative a diritti
indisponibili per le parti 2) se attiene ad un fatto illecito 3) riguardo ad un fatto per cui sia richiesta la
forma scritta ad substantiam 4) per negare un fatto che da atto pubblico risulti avvenuto alla presenza
di un pubblico ufficiale.

(20)
fatto sfavorevole al dichiarante → quello che in concreto sia idoneo a produrre conseguenze giuridiche
svantaggiose per colui che volontariamente e consapevolmente ne riconosca la verità.

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Corte Costituzionale sent. n. 334/96 → illegittimità dell’ammonimento circa l’importanza religiosa del
giuramento, nonché delle parole che facevano riferimento alla divinità. A seguito di detto intervento, la
formula è → “Consapevole della responsabilità che col giuramento assumo, giuro …” (art. 238).

• giuramento decisorio artt. 233 – 239 cpc


Art. 2736 → quello che una parte deferisce all’altra per farne dipendere la decisione totale o parziale
della causa.
Art. 233 → il giuramento decisorio può essere deferito in qualunque stato della causa davanti al
giudice istruttore.
Art. 234 → la parte cui è stato deferito può riferirlo all’avversario, cioè invitare il deferente a giurare fino
a quando non abbia dichiarato di essere pronta a giurare.
Art. 235 → la parte che ha deferito o riferito il giuramento decisorio non può revocarlo quando
l’avversario ha dichiarato di essere pronto a prestarlo.
Art. 236 → se nell’ammettere il giuramento decisorio il giudice modifica la formula proposta dalla parte,
questa può revocarlo personalmente o mediante il suo procuratore.
Per espressa disposizione di legge → art. 2738 cc → la dimostrazione della falsità del giuramento può
essere data solo nel giudizio penale, ma essa non influisce sulla sentenza emanata in base al (—)
falso; il soccombente può solo chiedere il risarcimento del danno.

• giuramento suppletorio artt. 240 – 243 cpc


È deferito d’ufficio dal giudice ad una delle parti al fine di decidere la causa, quando la domanda o le
eccezioni non sono pienamente provate, ma non sono del tutto sfornite di prova (semiplena probatio).
Limiti → può essere deferito solamente dall’organo giudicante (art. 240); se deferito ad una delle parti
non può essere da questa riferito all’altra (art. 242).
Per il suppletorio valgono le stesse norme che regolano la prestazione di quello decisorio (art. 243).

Una particolare specie → giuramento estimatorio → è deferito dal collegio ad una delle parti solo se
non è possibile accertare altrimenti il valore della cosa domandata (art. 241).

Consulenza tecnica d’ufficio artt. 61- 64, 191 - 201 cpc

Finalità → offrire all’attività del giudice l’ausilio di cognizioni tecniche di un esperto.


Il consulente tecnico è uno degli ausiliari del giudice, la cui attività serve per integrare
l’attività di quest’ultimo, sia in quanto può offrire elementi per valutare le risultanze di
determinate prove, sia in quanto può offrire elementi diretti di giudizio.
Art. 61→ quando è necessario, il giudice può farsi assistere per il compimento di singoli
atti o per tutto il processo da uno o più consulenti con particolare competenza tecnica.
La scelta del consulente tecnico deve essere fatta di regola tra le persone iscritte in albi
speciali.
Il consulente tecnico è nominato, con ordinanza, dal giudice istruttore o dal Collegio su
richiesta delle parti ovvero d’ufficio.
Art. 63 → il consulente prescelto ha l’obbligo di prestare il suo ufficio, tranne l’esistenza,
riconosciuta dal giudice, di un valido motivo di astensione; egli può essere altresì ricusato

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dalle parti e sulla ricusazione provvede il giudice che l’ha nominato.


Gli esiti della consulenza non sono vincolanti per il giudice che può discostarsene
motivando opportunamente.
Art. 64 → responsabilità del consulente → se incorre in colpa grave nell’esecuzione
degli atti, è punito con l’arresto fino ad 1 anno o con l’ammenda fino a 10329€.
Figure particolari → interprete (artt. 122 e 124 co. 2 cpc) e traduttore (art. 123 cpc).
Quando il giudice nomina un consulente, è consentito anche alle parti nominare propri consulenti,
con dichiarazione da rendere nel termine assegnato dal giudice.
I consulenti tecnici di parte hanno il compito di assistere alle indagini ed alle operazioni del consulente
d’ufficio e di partecipare alle udienze e alla camera di consiglio tutte le volte che vi interviene il
consulente del giudice, con la facoltà di prospettare, nell’interesse delle rispettive parti, le loro
osservazioni sui risultati delle indagini tecniche (eventualmente depositando una propria relazione
scritta).

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Cap. 4

La decisione della causa

Sono 3 i modelli decisori →

a) processo dinanzi al Tribunale con decisione affidata al giudice singolo →


art. 281quater → le cause nelle quali il Tribunale giudica in composizione monocratica
sono decise, con tutti i poteri del collegio, dal giudice designato.
Art. 281quinquies → decisione a seguito di trattazione scritta o mista → il giudice,
fatte precisare le conclusioni ex art. 189, dispone lo scambio delle comparse conclusionali
(da depositare entro 60 gg. dall’udienza di precisazione delle conclusioni) e delle memorie
di replica (da depositare nei 20 gg. successivi) e, quindi, deposita la sentenza in
cancelleria nei 30 gg. successivi.
Se una delle parti lo richiede, il giudice, disposto lo scambio delle sole comparse
conclusionali, fissa l’udienza di discussione orale non oltre 30 gg. dalla scadenza del
termine per il deposito delle comparse medesime.
La sentenza è depositata entro i 30 gg. successivi all’udienza di discussione.
Art. 281sexies → decisione a seguito di trattazione orale → il giudice, se non dispone
ex art. 281quinquies, fatte precisare le conclusioni, può ordinare la discussione orale della
causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un’udienza successiva e pronunciare
sentenza al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa
esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.
In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del
verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria.

b) processo dinanzi al Tribunale con decisione affidata al collegio → art. 190 →


le parti devono depositare le comparse nel termine perentorio di 60 gg. dalla rimessione
della causa al collegio e le memorie di replica nei 20 gg. successivi.
Facoltà ulteriore per le parti → art. 275 → è possibile chiedere la discussione orale della
causa.

c) processo dinanzi al Giudice di Pace → art. 321→ il Giudice di Pace, quando ritiene
matura la causa per la decisione, invita le parti a precisare le conclusioni e a discutere la
causa. La sentenza è depositata in cancelleria entro 15 gg. dalla discussione.

Rapporti tra collegio e giudice monocratico

1) il collegio ritiene che la causa a lui rimessa è a trattazione monocratica →


art. 281septies → restituisce la causa al Tribunale con ordinanza non impugnabile
2) il giudice unico ritiene che la causa è a decisione collegiale → art. 281octies →
provvede ex artt. 187 – 188 – 189
3) convivenza di causa rimessa a decisione monocratica e collegiale →
art. 281novies → il giudice ne ordina la riunione e le rimette al collegio.

Queste norme vanno collegate all’art. 50quater → violazione dei criteri di competenza
interna → in questi casi si ha nullità della sentenza ex art. 161 co. 1.

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Artt. 50bis – ter – quater → giudizi a decisione collegiale → 1) giudizi nei quali è
obbligatorio l’intervento del Pm o quelli devoluti a sezioni specializzate 2) nelle procedure
concorsuali 3) nelle materie societarie 4) in materia successoria 5) in tema di
responsabilità dei magistrati 6) procedimenti in camera di consiglio.

Fase decisoria in senso stretto

Art. 276 → deliberazione → la decisione è deliberata in segreto nella camera di


consiglio. Ad essa possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla
discussione.
Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide gradatamente le questioni
pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d'ufficio e quindi il merito della causa.
La decisione è presa a maggioranza di voti. Il primo a votare è il relatore, quindi l'altro
giudice e infine il presidente.
Se intorno a una questione si prospettano più soluzioni e non si forma la maggioranza alla
prima votazione, il presidente mette ai voti due delle soluzioni per escluderne una, quindi
mette ai voti la non esclusa e quella eventualmente restante, e così successivamente
finché le soluzioni siano ridotte a due, sulle quali avviene la votazione definitiva.
Chiusa la votazione, il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo. La motivazione è
quindi stesa dal relatore, a meno che il presidente non creda di stenderla egli stesso o
affidarla all'altro giudice.

Art. 277 → pronuncia sul merito → il collegio nel deliberare sul merito deve decidere
tutte le domande proposte e le relative eccezioni, definendo il giudizio.
Tuttavia il collegio, anche quando il giudice istruttore gli ha rimesso la causa ex art. 187
co. 1, può limitare la decisione ad alcune domande, se riconosce che per esse soltanto
non sia necessaria un'ulteriore istruzione, e se la loro sollecita definizione è di interesse
apprezzabile per la parte che ne ha fatto istanza.

Art. 279 → forma dei provvedimenti del collegio → Il collegio quando provvede soltanto
su questioni relative all'istruzione della causa, senza definire il giudizio, pronuncia
ordinanza.
Il collegio pronuncia sentenza →

1) quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione o di competenza;

2) quando definisce il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o


questioni preliminari di merito;

3) quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito;

4) quando, decidendo alcune delle questioni di cui ai nn. 1, 2 e 3, non definisce il giudizio
e impartisce distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione della causa;

5) quando, valendosi della facoltà di disporre la separazione delle cause che siano state
riunite per ragioni di connessione soggettiva o oggettiva, decide solo alcune delle cause
fino a quel momento riunite, e con distinti provvedimenti dispone la separazione delle altre
cause e l'ulteriore istruzione riguardo alle medesime, ovvero la rimessione al giudice
inferiore delle cause di sua competenza.

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I provvedimenti per l'ulteriore istruzione, previsti dai nn. 4 e 5, sono dati con separata
ordinanza.

I provvedimenti del collegio, che hanno forma di ordinanza, comunque motivati, non
possono mai pregiudicare la decisione della causa. Salvo che la legge disponga altrimenti,
essi sono modificabili e revocabili dallo stesso collegio, e non sono soggetti ai mezzi di
impugnazione previsti per le sentenze. Le ordinanze del collegio sono sempre
immediatamente esecutive. Tuttavia, quando sia stato proposto appello immediato contro
una delle sentenze previste dal n. 4 del co. 2, il giudice istruttore, su istanza concorde
delle parti, qualora ritenga che i provvedimenti dell'ordinanza collegiale siano dipendenti
da quelli contenuti nella sentenza impugnata, può disporre con ordinanza non impugnabile
che l'esecuzione o la prosecuzione dell'ulteriore istruttoria sia sospesa sino alla definizione
del giudizio di appello.
L'ordinanza è depositata in cancelleria insieme con la sentenza.

Art. 280 → con la sua ordinanza il collegio fissa l’udienza per la comparizione delle parti
davanti al Giudice Istruttore o davanti a sé.
Art. 282 → esecuzione provvisoria → la sentenza di I° grado è provvisoriamente
esecutiva tra le parti.
Art. 283 → provvedimenti sull’esecuzione provvisoria in appello → il giudice
d’appello, su istanza di parte, proposta con impugnazione principale o incidentale, quando
sussistono gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una
delle parti, sospende in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza
impugnata, con o senza cauzione.

Correzione delle sentenze e delle ordinanze artt. 287 – 289 cpc

Art. 287 → le sentenze contro le quali non sia stato proposto appello e le ordinanze non
revocabili possono essere corrette, su ricorso di parte, dallo stesso giudice che le ha
pronunciate, qualora egli sia incorso in omissioni o in errori materiali o di calcolo.
Art. 288 → se tutte le parti concordano nel chiedere la stessa correzione, il giudice
provvede con decreto. Se è chiesta da una delle parti, il giudice provvede con ordinanza.

Ratio → la correzione è volta ad eliminare errori del provvedimento inteso solo come
documento (non toccano la sostanza della decisione).

Sentenze definitive e non definitive

Il regime delle sentenze è diverso se la sentenza è definitiva (→ i termini per


l’impugnazione prendono a decorrere immediatamente) o non definitiva (→ la parte
interessata può sospenderne il decorso, facendo tempestivamente riserva di gravame).
Sono non definitive → quelle che rigettano questioni processuali impedienti →
a) le pregiudiziali di merito ex art. 34
b) le preliminari di merito ex art. 187 co. 2 (21)
Sono definitive → quelle che decidono alcune delle domande, separandole dalle altre.

(21)
questione preliminare di merito → qualsiasi questione inerente al merito della causa, la cui risoluzione
pregiudica la decisione finale del giudizio in corso. E’ introdotta da eccezioni (es. la prescrizione del diritto
controverso).

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Criterio giurisprudenziale di distinzione → ove il giudice emette ordinanza di


separazione delle domande decise da quelle non decise, là c’è sentenza definitiva
(il processo si fraziona in singoli processi e quindi pronunciando sentenza su quel diritto
consuma il suo potere decisorio in ordine a quel processo);
ove non l’ha emanata, là c’è sentenza non definitiva (il processo è unico; il giudice non
consuma la sua potestà decisionale).

Il procedimento in contumacia artt. 290 – 294 cpc

Contumacia → mancata costituzione in giudizio di una parte portata alle sue estreme
conseguenze, in quanto non effettuata neppure tardivamente ex art. 171.
La mancata presenza di tutte le parti comporta la cancellazione della causa dal ruolo ex
artt. 181 e 309.
Diversa dalla contumacia è l’assenza → non partecipazione al giudizio di una parte già
costituita.

Art. 290 → contumacia dell’attore → nel dichiarare la contumacia dell’attore a norma


dell’art. 171 ult. co., il giudice istruttore, se il convenuto ne fa richiesta, ordina che sia
proseguito il giudizio e dà le disposizioni previste nell’art. 187, altrimenti dispone che la
causa sia cancellata dal ruolo, e il processo si estingue.

Art. 291 → contumacia del convenuto → se il convenuto non si costituisce e il giudice


istruttore rileva un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione, fissa all’attore
un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza.
Se il convenuto non si costituisce neppure all’udienza fissata a norma del comma
precedente, il giudice lo dichiara contumace con ordinanza.
Se l’ordine di rinnovazione della citazione di cui al co. 1 non è eseguito, il giudice ordina
la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue ex art. 307 co. 3.

Art. 292 → notificazione e comunicazione di atti al contumace → l’ordinanza che


ammette l’interrogatorio (22) o il giuramento (23) , e le comparse contenenti domande
nuove o riconvenzionali da chiunque proposte sono notificate personalmente al
contumace nei termini che il giudice istruttore fissa con ordinanza.
Le altre comparse si considerano comunicate con il deposito in cancelleria e con
l’apposizione del visto del cancelliere sull’originale.
Tutti gli altri atti non sono soggetti a notificazione o comunicazione.
Le sentenze sono notificate alla parte personalmente.

Dottrina → l’elencazione contenuta nell’art. 292 è tassativa.

Art. 293 → costituzione del contumace → la parte che è stata dichiarata contumace può
costituirsi in ogni momento del procedimento fino all’udienza di precisazione delle
conclusioni (24) .
La costituzione può avvenire mediante deposito di una comparsa, della procura e dei
documenti in cancelleria o mediante comparizione all’udienza.

(22)
si tratta dell’interrogatorio formale → art. 230 → teso a provocare la confessione.
(23)
ci si riferisce al giuramento decisorio → il solo che è necessario notificare al contumace.
(24)
tale preclusione risponde all’esigenza di non ostacolare l’esercizio della funzione giurisdizionale,
una volta che la causa sia stata rimessa all’organo giudicante (il “collegio”) per la decisione.

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In ogni caso il contumace che si costituisce può disconoscere, nella prima udienza o nel
termine assegnatogli dal giudice istruttore, le scritture contro di lui prodotte.

Art. 294 → rimessione in termini → il contumace che si costituisce può chiedere al


giudice istruttore di essere ammesso a compiere attività che gli sarebbero precluse se
dimostra che la nullità della citazione o della sua notificazione gli ha impedito di avere
conoscenza del processo o che la costituzione è stata impedita da causa a lui non
imputabile.
Il giudice, se ritiene verosimili i fatti allegati, ammette, quando occorre, la prova
dell’impedimento, e quindi provvede sulla rimessione in termini delle parti.
I provvedimenti previsti nel comma precedente sono pronunciati con ordinanza.
Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche se il contumace che si costituisce
intende svolgere, senza il consenso delle altre parti, attività difensive che producono
ritardo nella rimessione al collegio della causa che sia già matura per la decisione rispetto
alle parti già costituite.

Coordinamento tra l’art. 294 e l’art 164 cpc

Potrebbe verificarsi che il convenuto, nonostante la nullità dell’atto, sia posto in condizioni
di avere conoscenza del processo e non della pretesa.
In questi casi il vizio non è rimediabile e i meccanismi di sanatoria funzionano solo ex nunc
(cioè con un’incidenza marginale sul processo).

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Cap. 5

Vicende anomale del giudizio di primo grado


Sospensione del processo artt. 295 – 298 cpc
È l’arresto temporaneo dello svolgimento del processo, disposto dal giudice quando si
verificano determinati eventi stabiliti dalla legge. Il processo riprenderà il suo corso quando
sarà scaduto il termine fissato dal giudice o quando sarà cessato il motivo che ha
determinato la sospensione.
Il codice prevede 4 forme →
1) necessaria → art. 295 → il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso
in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione
dipende la decisione della causa.
E’ disposta dal giudice quando la decisione della controversia è intimamente connessa
alla risoluzione di altra controversia penale, civile o amministrativa;
2) impropria → casi in cui il processo è sospeso solo apparentemente, in quanto se ne
sospende solo il regolare cammino, ma il processo continua (è deviato) davanti ad un altro
giudice per lo svolgimento di una fase speciale, determinata dalla necessità di far decidere
una delle questioni del processo da un giudice diverso competente, in modo esclusivo, per
quella questione (es. nelle ipotesi di regolamento di giurisdizione; nei casi di regolamento
di competenza; nei casi in cui viene instaurato un giudizio costituzionale delle leggi).
3) per pregiudizialità → ratio → l’influenza che su di un processo può esercitare la
soluzione di altro processo
a) civile
b) logica (→ un rapporto giuridico si pone come elemento della fattispecie del diritto
soggettivo dedotto nel processo) → in questo caso i processi dovrebbero essere riuniti,
correndo tra di loro un necessario rapporto di continenza
c) tecnica (→ vengono in rilievo i legami tra rapporti giuridici, tali che il giudicato sugli uni
ha effetto sugli altri) → è questo il campo della sospensione
d) amministrativa (→ ipotesi residuale)
e) penale
4) concordata → art. 296 → il Giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, può disporre
che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a 4 mesi.
Art. 297→ fissazione della nuova udienza dopo la sospensione → se col
provvedimento di sospensione non è stata fissata l’udienza in cui il processo deve
proseguire, le parti debbono chiederne la fissazione entro il termine perentorio di 6 mesi
dalla cessazione della causa di sospensione di cui all’art. 3 cpp o dal passaggio in
giudicato della sentenza che definisce la controversia civile o amministrativa di cui
all’art. 295.
Nell’ipotesi dell’art. 296 l’istanza deve essere proposta 10 gg. prima della scadenza del
termine di sospensione.
L’istanza si propone con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al Presidente del
Tribunale.
Il ricorso, col decreto che fissa l’udienza, è notificato a cura dell’istante alle altre parti nel
termine stabilito dal giudice.

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Art. 298 → effetti della sospensione → durante la sospensione non possono essere
compiuti atti del procedimento (25) .
La sospensione interrompe i termini in corso, i quali ricominciano a decorrere dal giorno
della nuova udienza fissata nel provvedimento di sospensione o nel decreto di cui
all’art. 297.

Interruzione del processo artt. 299 – 305 cpc


È un arresto temporaneo del processo determinato dalla necessità di assicurare
l’integrità del contraddittorio, a seguito di eventi che abbiano menomato l’attiva
partecipazione al processo delle parti o dei loro rappresentanti legali o dei loro procuratori
in giudizio (morte della parte o perdita della capacità di stare in giudizio; morte o perdita di
capacità del rappresentante; morte, radiazione dall’albo o sospensione dell’avvocato).
Limiti oggettivi → 1) non si può interrompere il processo di Cassazione che, una volta
avviato, prosegue d’ufficio 2) non si può interrompere il processo esecutivo, che sarebbe
privo di contraddittorio 3) non si può interrompere la prima fase del procedimento
monitorio.
Eventi che riguardano la parte o il suo rappresentante legale →
- se avvengono prima della costituzione in giudizio → il processo si interrompe.
- se avvengono a giudizio in corso (quindi dopo la costituzione in giudizio) → l’evento
viene in rilievo solo se dichiarato nel processo dal rappresentante legale.
Morte (o perdita della capacità processuale) del difensore → interrompe automaticamente
il processo.
Morte (o perdita della capacità processuale) del contumace → l’interruzione si ha quando
viene notificato un atto, dalla relata di notifica si accerta la morte e il giudice interrompe il
giudizio. Questo va riassunto entro 6 mesi dalla notizia della causa di interruzione,
altrimenti si estingue.
Una volta interrotto, il processo può → a) proseguire se la persona o le persone
legittimate si costituiscono in giudizio, in luogo della parte rispetto alla quale si è verificato
l’evento. La prosecuzione può avvenire mediante deposito della comparsa di costituzione
o mediante ricorso, con il quale si chiede la fissazione di un’udienza;
b) essere riassunto per iniziativa dell’altra parte, che chiede al giudice, con ricorso, la
fissazione dell’udienza (si ha citazione, se è già stata fissata l’udienza).
Art. 305 → la riassunzione va fatta nel termine perentorio di 6 mesi, altrimenti il processo
si estingue.
La giurisprudenza ha individuato una terza via, la riassunzione preventiva → può essere
posta in essere dalla parte non colpita dall’evento interruttivo, prima che l’interruzione sia
dichiarata, notificando una sorta di atto riassuntivo personalmente a chi ha diritto a
proseguire il giudizio essendo stato colpito dall’evento interruttivo.

(25)
si ritiene possibile che il giudice autorizzi le parti al compimento di atti urgenti → art. 669quater co. 2 →
prevede come ammissibile l’stanza e quindi la concessione di provvedimenti cautelari durante la
sospensione (e l’interruzione) del processo.

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Estinzione (non satisfattiva) del processo artt. 306 – 310 cpc


L’estinzione non satisfattiva si ha quando il processo si chiude senza pervenire ad una
decisione definitiva sulla controversia.
Il codice prevede 2 casi →
1) rinuncia agli atti del giudizio → art. 306 → espressa dichiarazione, effettuata
personalmente dall’attore o a mezzo di procuratore speciale, di voler porre fine al
processo.
Tale dichiarazione per produrre effetti necessita del consenso esplicito ed incondizionato
di tutte le parti costituite che potrebbero aver interesse alla prosecuzione del processo.
Il giudice, se la rinuncia e l’accettazione sono regolari, dichiara l’estinzione con ordinanza
o (se sorgono contestazioni sugli atti) con sentenza.
Il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo.
2) inattività delle parti (26) → art. 307 → si verifica quando le parti non hanno compiuto gli
atti di impulso che consentono la prosecuzione del processo (→ mancata o tardiva
costituzione).
L’estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni
altra sua difesa. Essa, dunque, non può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
E’ dichiarata con ordinanza (reclamabile) dal giudice istruttore o con sentenza dal
collegio giudicante, a seconda che venga eccepita dinanzi all’uno o all’altro.
In questo caso le spese ricadono sulle parti che le hanno anticipate.

Art. 309 → contro l’ordinanza di estinzione è ammesso reclamo al collegio.


Effetti dell’estinzione → art. 310 → l’estinzione non estingue l’azione (→ la parte
conserva il diritto ad ottenere dal giudice il provvedimento che aveva chiesto nel
procedimento estinto); fa venir meno gli atti del processo; sopravvivono solo le sentenze
processuali della Cassazione in tema di giurisdizione o di competenza e le sentenze di
merito emanate nel corso del processo.

Le spese → 1) nel caso di estinzione per rinuncia agli atti → il rinunciante deve
rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo 2) nel caso di rinunzia per
inattività → le spese ricadono sulle parti che le hanno anticipate.

(26)
Inattività semplice (→ prima che venga dichiarata l’estinzione si apre un periodo di quiescenza (il
processo si estingue se non è riassunto entro 1 anno) del processo [cd. cancellazione dal ruolo]).
Inattività qualificata (→ casi in cui il legislatore ha offerto alle parti la possibilità di sanare alcune situazioni
processuali e le parti non vi abbiano provveduto [casi di estinzione immediata]).

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Cap. 6

Le impugnazioni

Rispondono a 2 esigenze → controllo sul provvedimento e certezza del provvedimento.


Sono rimedi giuridici attribuiti alle parti (ed eccezionalmente a soggetti che non sono stati
parti del processo) per rimuovere uno svantaggio derivante da un provvedimento del
giudice (che consentono così di chiedere il nuovo esame della causa e la pronuncia di una
nuova decisione ad un diverso giudice).
Presupposto → le sentenze dei giudici possono essere inficiate da errori sia di fatto
(inerenti all’accertamento della verità processuale) sia di diritto (relativi all’individuazione
della norma applicabile e all’elaborazione interpretativa).
In ossequio al principio della certezza dei rapporti giuridici, però, l’esercizio delle
impugnazioni è limitato nel tempo (decorso, infatti, il termine stabilito dalla legge senza
che l’atto sia stato impugnato è inammissibile, e l’atto acquista stabilità giuridica
diventando cosa giudicata) e nei gradi (generalmente sono consentiti solo 2 gradi →
l’appello e il ricorso per Cassazione).
L’esperibilità dell’impugnazione è subordinata all’esistenza di →
a) un provvedimento impugnabile (→ oggetto delle impugnazioni sono le sentenze)
b) un apprezzabile interesse (concreto, diretto e personale) ad impugnare (→ I° grado
→ interesse ad agire)
c) legittimazione ad impugnare (→ I° grado → legittimazione ad agire).
Il diritto d’impugnare è un diritto disponibile per cui la parte ha diritto di rinunciare alla
impugnazione già proposta determinando l’estinzione del processo e, conseguentemente,
il passaggio in giudicato della sentenza.
Sono 5 → regolamento di competenza, Appello, ricorso per Cassazione, revocazione,
opposizione di terzo.
Si distinguono in →
1) ordinarie → quelle che, finché sono proponibili o pendenti, impediscono che la
sentenza impugnata passi in giudicato (ex art. 324) → sono il regolamento di competenza,
l’Appello, il ricorso per Cassazione e la revocazione ordinaria;
2) straordinarie → le impugnazioni la cui proponibilità non impedisce il passaggio in
giudicato della sentenza, e che sono perciò proponibili anche contro sentenze non più
soggette a controllo o riesame → sono la revocazione straordinaria e l’opposizione di
terzo.
A differenza delle ordinarie, esse non costituiscono una fase ulteriore del processo in cui
fu pronunciata la sentenza, ma danno vita ad un nuovo processo.
Le impugnazioni sono soggette al principio generale dell’iniziativa di parte → il controllo
sulle sentenze non avviene mai d’ufficio, ma solo su domanda della parte interessata.
Legittimato all’impugnazione → soltanto chi è stato parte nel processo in cui la sentenza
è stata pronunciata (salvo il caso dell’opposizione di terzo), anche se è rimasto
contumace.
Sono altresì legittimati → 1) gli interventori principali e adesivi autonomi 2) il successore a
titolo particolare 3) il successore a titolo universale 4) i chiamati in garanzia, nell’ipotesi in
cui il garante sia stato chiamato in giudizio affinché gli sia estesa anche l’efficacia di
accertamento sul rapporto principale.
L’effetto sospensivo dell’appello è destinato a venir meno per effetto della L. 353/90, che
ha sancito la provvisoria esecuzione automatica (art. 351) della sentenza di I° grado
(salvo sospensione disposta dal giudice di appello).

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Criterio esclusivo → art. 330 → luogo di notificazione dell’impugnazione → se


nell’atto di notificazione della sentenza la parte ha dichiarato la sua residenza o eletto il
suo domicilio nella circoscrizione del giudice che l’ha pronunciata, l’impugnazione deve
essere notificata nel luogo indicato.
Criterio sussidiario → se mancano dichiarazione o elezione, la sentenza si notifica →
a) presso il procuratore costituito b) nella residenza dichiarata c) nel domicilio eletto per il
giudizio.
Criterio ulteriormente sussidiario → art. 330 ult. co. → notifica personale alla parte
→ quando manca la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio e, in ogni caso,
dopo 1 anno dalla pubblicazione della sentenza, l’impugnazione, se è ancora ammessa
dalla legge, si notifica personalmente ex artt. 137 ss.

L’impugnazione oggettivamente complessa


Rimedi di giustizia → errores e ingiustizia del provvedimento → appello (→
impugnazione a critica libera).
Rimedi di legalità → errores in iudicando e in procedendo → ricorso per Cassazione (→
impugnazione a critica vincolata).
Riguardo alla struttura → giudizi rescindenti → davanti ad un giudice superiore → ricorso
per Cassazione; giudizi rescissori → davanti allo stesso giudice che ha emesso la
sentenza impugnata → appello.
Le ipotesi di complessità oggettiva → si hanno sia nel processo con due sole parti,
sia nel processo con pluralità di parti quante volte la decisione abbia dato luogo ad una
soccombenza ripartita → può aversi nell’àmbito di uno stesso capo di sentenza [es. la
sentenza condanna a pagare 50, là dove l’attore aveva chiesto 100 e il convenuto aveva
opposto di non dovere alcunché] o di più capi.
Accanto a questi casi di soccombenza ripartita, in quanto riguardano statuizioni che
incidono su beni della vita (soccombenza pratica) si devono aggiungere i casi in cui la
parte pur avendo avuta accolta la richiesta, abbia visto rigettate alcune questioni, ritenute
assorbite (soccombenza teorica).
Siccome anche in questo settore si può presentare la necessità di proporre impugnazioni
incidentali. Il legislatore ha escogitato alcuni strumenti vòlti ad evitare che tali
impugnazioni diano luogo ad autonomi procedimenti, sia per evitare i giudicati
contraddittori, sia per ragioni di economicità → impugnazione incidentale → art. 333 →
è proposta, a pena di decadenza, da coloro i quali, già coinvolti dalla impugnazione
principale (soccombenza reciproca), chiedono a loro volta, nello stesso processo,la
riforma della sentenza impugnata per propri interessi.
In ipotesi di litisconsorzio necessario → art. 332 → cause inscindibili o dipendenti.
In ipotesi di litisconsorzio facoltativo → art. 332 → cause scindibili → il giudice ordina che
sia notificata l’impugnazione anche alle altre parti.
Impugnazione incidentale tardiva → art. 334 → le parti contro le quali è stata proposta
impugnazione possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è
decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza.
In tal caso, se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l’impugnazione
incidentale perde ogni efficacia.
Nel caso in cui una parte ignora che l’altra ha impugnato e, quindi non sa che esiste una
impugnazione principale → riunione delle impugnazioni → art. 335 → tutte le
impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite,
anche d’ufficio, in un solo processo.

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Vicenda preclusiva del potere di impugnare


Acquiescenza all’impugnazione civile art. 329 cpc
È una causa di decadenza dalla impugnazione (che risulta pertanto inammissibile) →
consiste nell’accettazione espressa (→ si concreta in un atto di volontà, unilaterale e non
recettizio, proveniente dalla parte personalmente o dal suo procuratore speciale) della
sentenza oppure in una sua accettazione tacita (→ desunta dal compimento, da parte del
soggetto interessato, di atti incompatibili con la volontà di proporre l’impugnazione).
Quest’ultima ipotesi non può ritenersi sussistente nel caso in cui una parte abbia
spontaneamente eseguito una sentenza esecutiva oppure abbia effettuato un pagamento,
al solo scopo di evitare atti esecutivi nei suoi confronti.
L’acquiescenza deve essere eccepita dalla parte interessata, e non può, quindi, essere
rilevata ex officio dal giudice.
Art. 329 co. 2 → acquiescenza tacita qualificata o impropria → l’impugnazione parziale
importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate (sulle quali si forma
pertanto il giudicato). Quindi il soccombente, nel momento in cui impugna solo in parte la
sentenza, finisce con l’accettare la parte residua.

Vicenda estintiva del potere già esercitato


Art. 338 → estinzione del processo di impugnazione → se l’impugnazione proposta
viene meno, non è possibile riproporla, così che la sentenza impugnata passa in giudicato.
Il passaggio in giudicato della sentenza non avviene se ne siano stati modificati gli effetti
con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto.

Cause scindibili ed inscindibili artt. 331 – 332 cpc

La distinzione rileva al fine di identificare le parti del giudizio d’impugnazione.

Cause inscindibili → quelle in cui la pluralità di parti nel giudizio (derivante da


litisconsorzio necessario o da motivi sopravvenuti, come la successione mortis causa ad
una parte di più soggetti) impone che il giudice debba verificare che il giudizio di
impugnazione si svolga nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato alla fase
precedente. Se trova che qualcuno sia stato omesso, ordina alle parti di integrare il
contraddittorio. Se l’integrazione non avviene, l’impugnazione viene dichiarata
inammissibile. Se l’integrazione avviene, l’atto di impugnazione ha efficacia ab origine.

Cause scindibili → quelle in cui la pluralità di parti nel giudizio (derivante da connessione
oggettiva o litisconsorzio facoltativo) non impone che anche il giudizio d’impugnazione si
svolga nei confronti di tutte le parti → il rapporto con un soggetto può restare deciso in un
modo, quello con un altro soggetto in modo diverso senza che si verifichi contrasto di
giudicati.

Effetto espansivo interno ed esterno delle sentenze art. 336 cpc

Art. 336 co. 1 → effetto espansivo interno → la riforma o la cassazione parziale ha


effetto anche sulle parti della sentenza dipendenti dalla parte riformata o cassata.
Art. 336 co. 2 → effetto espansivo esterno → la riforma o la cassazione estende i suoi
effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata.

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Impugnazione delle sentenze non definitive artt. 340 e 361 cpc

La parte soccombente ha a disposizione un’alternativa →


a) impugnare immediatamente
b) fare riserva di impugnazione entro il termine per impugnare e, in ogni caso, non oltre la
prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza non definitiva, con la
precisazione che non può più farsi riserva e, se già fatta, rimane priva di effetto, quando
contro la stessa sentenza da alcuna delle parti sia proposta impugnazione immediata.
Se la parte non impugna nei termini ordinari e non fa riserva, la sentenza passa in
giudicato.
Sintesi →
1) originariamente → non era prevista l’impugnazione immediata delle sentenze non
definitive;
2) con la riforma del 1950 → fu prevista tale possibilità; l’art. 336 co. 2 venne a disciplinare
anche questa situazione e fu necessario modificarlo;
3) con la riforma del 1990 → si è ripristinata la formula originaria dell’art 336 co. 2,
secondo cui la riforma della sentenza non definitiva ha effetto immediatamente e non dopo
che la sentenza sia passata in giudicato.

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Cap. 7

I singoli mezzi di impugnazione

Appello artt. 339 - 359 cpc

Art. 339 → in questa sede sono appellabili nel termine perentorio di 30 gg. dalla
notificazione della sentenza ad opera della controparte (termine breve: artt. 325 e 326) →
ovvero, in mancanza di notificazione, nel termine di 1 anno dalla pubblicazione della
sentenza (termine lungo: art. 327), tutte le sentenze pronunciate in I° grado.
Le sentenze del GdP pronunciate secondo equità sono appellabili esclusivamente per
violazione delle norme sul procedimento, violazione di norme costituzionali o comunitarie
ovvero dei principi regolatori della materia.
Sono inappellabili quelle per le quali le parti si sono accordate ad omettere l’appello; le
sentenze che hanno deciso una controversia individuale di lavoro o in materia di
previdenza e assistenza obbligatoria di valore non superiore a 25€; le sentenze dichiarate
non appellabili dalla legge.
Particolare disciplina → sentenze non definitive → rispetto a queste, infatti, la parte può
fare appello immediato nei termini ovvero fare riserva di appello (27) insieme con la
sentenza definitiva.
Tale riserva non può farsi (e se è fatta rimane senza effetto) se la sentenza non definitiva
è appellata immediatamente da alcuna delle altre parti.
Ci sono anche ordinanze appellabili → es. quelle ex art. 186quater nel caso di
successiva estinzione del processo o di rinuncia della parte intimata alla pronuncia della
sentenza.
Art. 341 → competenza → l’appello contro le sentenze del Giudice di Pace e del
Tribunale si propone, rispettivamente, al Tribunale ed alla Corte di Appello nella cui
circoscrizioneha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza.
Art. 342 → l’appello si propone con atto di citazione → oltre ai requisiti ex art. 163,
contiene anche l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione
(mediante i quali l’appellante seleziona quali parti o capi della sentenza intende
impugnare).
Cosa succede se l’appellante dimentica di specificare i motivi d’impugnazione?
È un’ipotesi di nullità dell’appello che però da luogo ad inammissibilità.
La Cassazione nel 2001 ha affermato → nel momento in cui la parte non specifica i
motivi di impugnazione, è vero che compie una nullità, ma tale nullità comporta
l’impossibilità per il giudice di conoscere le ragioni per cui è stato chiamato a decidere.
Dato che si tratta dell’impugnazione di una sentenza di I° grado, questo è motivo
d’inammissibilità dell’appello, con la conseguenza che una volta dichiarato inammissibile
l’appello, si ha la consumazione del potere d’impugnare.
Art. 358 → anche se non sono decorsi i termini per appellare, la parte non può proporre
ex novo l’appello, con la conseguenza che la sentenza di primo grado passa in giudicato.
Art. 344 → intervento in appello → nel giudizio di appello è ammesso soltanto
l’intervento dei terzi che potrebbero proporre opposizione ex art. 404 cpc.
Art. 345 → limitazioni → disciplina dei nova →
1) non possono essere proposte domande nuove (→ quelle che presentano variazioni

(27)
diverso è l’appello con riserva dei motivi → processo del lavoro → il datore di lavoro tende ad ottenere
una sospensione dell’efficacia del dispositivo.

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negli elementi identificativi dell’azione proposta in I° grado) e, se proposte, devono essere


dichiarate inammissibili d’ufficio.
2) non possono essere proposte nuove eccezioni che non siano state proposte in I°
grado (→ il divieto opera per le sole eccezioni in senso stretto, ossia per i fatti impeditivi,
modificativi o estintivi del diritto affermato dall’attore, la cui deduzione sia rimessa
all’iniziativa del convenuto (eccezione di compensazione, di annullamento e rescissione)
Il divieto non opera invece per le eccezioni in senso improprio, che consistono nella
semplice negazione dei fatti costitutivi dedotti dall’attore a fondamento della propria
pretesa.
La giurisprudenza ammette pacificamente la proposizione delle eccezioni riconvenzionali
le quali, pur ampliando il tema della controversia, non mirano alla pronuncia di un
provvedimento favorevole che attribuisca un bene determinato in contrapposizione al bene
richiesto dalla controparte con la domanda originaria. Esse tendono solo ad una pronuncia
di rigetto della domanda attraverso la deduzione di un diritto idoneo a paralizzare quello
fatto valere dall’attore).
3) non sono ammessi nuovi mezzi di prova, a meno che non siano indispensabili o si
dimostri che l’inutilizzo è incolpevole.
4) possono domandarsi gli interessi, i frutti, gli accessori maturati dopo la sentenza
impugnata, nonché il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa.
5) può sempre deferirsi il giuramento decisorio (→ la dottrina ritiene ammissibili anche il
suppletorio e l’estimatorio).
Art. 346 → decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte → le domande
e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente
riproposte in appello, si intendono rinunciate.
Cosa si intende per domande non accolte?
a) domande non accolte perché rigettate → le domande sono oggetto di appello perché il
giudice, chiamato a decidere su di esse, ha svolto un accertamento sul diritto dedotto in
giudizio, ritenendolo esistente o inesistente.
La parte soccombente pregiudicata dalla decisione del giudice, avrà interesse ad
impugnare con le forme dell’appello (principale; incidentale).
b) domande non accolte perché non esaminate → domande non accolte perché non
esaminate dal giudice o perché il giudice conosce solo una di essa.
Esempio → domande alternative → propongo in via alternativa due domande: chiedo che il mio
diritto (situazione giuridica o situazione di fatto) venga tutelato o mediante l’accoglimento dell’una o
dell’altra domanda. Se voglio tutelare il mio possesso → propongo alternativamente azione di
spoglio e azione di manutenzione (artt. 1168 – 1170 cc). L’accoglimento della domanda di
manutenzione esclude l’accoglimento della domanda di spoglio e viceversa.
E cosa si intende per eccezioni non accolte?
Sono quelle respinte o dichiarate assorbite dalle statuizioni espresse o pretermesse dal
giudice di I° grado. Esse vanno sempre espressamente riproposte sia che si tratti di
eccezioni di merito sia che si tratti di eccezioni di rito.
Art. 348 → improcedibilità dell’appello → l’appello è dichiarato improcedibile, anche
d’ufficio, se l’appellante non si costituisce in termini.
Art. 350 → trattazione → il giudizio si svolge interamente dinanzi al collegio solo in Corte
d’Appello, mentre in Tribunale è trattato e deciso dal giudice monocratico.
Art. 351 → provvedimenti sull’esecuzione provvisoria → sull'istanza prevista ex art.
283 (28) il giudice provvede con ordinanza nella prima udienza.
La parte può, con ricorso al giudice, chiedere che la decisione sulla sospensione sia
pronunciata prima dell'udienza di comparizione. Davanti alla Corte di Appello il ricorso è

(28)
istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza.

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presentato al Presidente del Collegio.


Il Presidente del collegio o il Tribunale, con decreto in calce al ricorso, ordina la
comparizione delle parti in camera di consiglio, rispettivamente, davanti al collegio o
davanti a sè.
Con lo stesso decreto, se ricorrono giusti motivi di urgenza, può disporre provvisoriamente
l'immediata sospensione dell'efficacia esecutiva o dell'esecuzione della sentenza; in tal
caso, all'udienza in camera di consiglio il collegio o il tribunale conferma, modifica o revoca
il decreto con ordinanza non impugnabile.
Art. 352 → decisione (29) → esaurita l'attività prevista negli artt. 350 e 351, il giudice, ove
non provveda ex art. 356, → 1) se non vi è bisogno di istruzione, invita le parti a precisare
le conclusioni e dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di
replica (ex art. 190), così che la sentenza sia depositata in cancelleria nei 60 gg.
successivi 2) se vi è bisogno di istruzione o il giudice ritenga indispensabile l’assunzione
di una prova, il giudice pronuncia ordinanza con cui ammette la prova, salva la possibilità
di emanare sentenza non definitiva ex art. 279 n. 4.
Art. 352 co. 2 → se l'appello è proposto alla Corte di Appello → ciascuna delle parti, nel
precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente dinanzi al
collegio. In tal caso, fermo restando il rispetto dei termini indicati nell'art. 190 per il
deposito delle difese scritte, la richiesta deve essere riproposta al Presidente della corte
alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Il Presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data dell'udienza di
discussione da tenersi entro 60 gg.; con lo stesso decreto designa il relatore.
La discussione è preceduta dalla relazione della causa; la sentenza è depositata in
cancelleria entro i 60 gg. successivi.
Art. 352 co. 3 → se l'appello è proposto al Tribunale → il giudice, quando una delle parti
lo richiede, dispone lo scambio delle sole comparse conclusionali a norma dell'art. 190 e
fissa l'udienza di discussione non oltre 60 gg. dalla scadenza del termine per il deposito
delle comparse medesime; la sentenza è depositata in cancelleria entro i 60 gg.
successivi.
Art. 353 → rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione o di competenza
→ il giudice d’appello, se riforma la sentenza di I° grado dichiarando che il giudice
ordinario ha sulla causa la giurisdizione negata dal primo giudice, pronuncia sentenza con
la quale rimanda le parti davanti al primo giudice.
Le parti debbono riassumere il processo nel termine perentorio di 6 mesi dalla
notificazione della sentenza.
Se contro la sentenza d’appello è proposto ricorso per cassazione, il termine è interrotto.
Art. 354 → rimessione al primo giudice per altri motivi → fuori dei casi previsti
nell’articolo precedente, il giudice d’appello non può rimettere la causa al primo giudice
tranne che dichiari nulla la notificazione della citazione introduttiva, oppure riconosca che
nel giudizio di I° doveva essere integrato il contraddittorio o non doveva essere
estromessa una parte, ovvero dichiari la nullità della sentenza di I° ex art. 161 co. 2.
Il giudice d’appello rimette la causa al primo giudice anche nel caso di riforma della
sentenza che ha pronunciato sull’estinzione del processo a norma e nelle forme
dell’art. 308.
Nei casi di rimessione al primo giudice previsti nei commi precedenti, si applicano le
disposizioni dell’art. 353.

(29)
decisioni → 1) negative per ragioni processuali (casi di impugnazione inammissibile, improcedibile,
estinta); 2) di rigetto nel merito (possono essere confermative o sostitutive della sentenza del primo
giudice); 3) di accoglimento per ragioni processuali e rimessione al primo giudice (casi tassativi ex
artt. 353 – 354); 4) di accoglimento per ragioni di merito (hanno sempre carattere sostitutivo).

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Se il giudice d’appello dichiara la nullità di altri atti compiuti in I° grado, ne ordina,


in quanto possibile, la rinnovazione ex art. 356.
L’appello nel processo del lavoro → va proposto con ricorso; valgono le stesse
limitazioni per quanto riguarda i nova.

• appello incidentale art. 343 cpc


Deve essere proposto (dall’appellato), a pena di decadenza, dinanzi allo stesso giudice
nella comparsa di risposta, all’atto della costituzione in cancelleria.
Se l’interesse a proporre l’appello incidentale sorge dalla impugnazione proposta da
persona diversa dall’appellante principale, tale appello si propone nella prima udienza
successiva alla proposizione di detta impugnazione.
Presuppone una soccombenza reale → è dunque inammissibile l’appello incidentale volto
ad ottenere la modifica della motivazione o il riesame di questioni risolte in senso
favorevole.

La nullità formale dell’atto di appello


Art. 359 → nei procedimenti d’Appello si osservano, in quanto applicabili e compatibili, le
norme dettate per il procedimento in primo grado davanti al Tribunale. Tra queste
disposizioni rientra l’art. 164 → se l’atto di appello ha un vizio che riguarda la vocatio in ius
o l’edictio actionis, saranno possibili le sanatorie previste.

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Ricorso per Cassazione artt. 360 – 391bis cpc


È un mezzo di impugnazione che non dà luogo, a differenza dell’appello, ad una nuova
valutazione del merito della causa, ma soltanto ad una verifica della correttezza della
decisione sotto il profilo dell’esatta applicazione delle norme di diritto processuale e
sostanziale.
In quanto tale, a differenza dell’appello, non ha effetto sospensivo, né devolutivo e
dà luogo ad un nuovo ed autonomo processo, distinto dal giudizio di merito di I° e di II°
grado (la Corte di Cassazione è giudice della sola legittimità ovvero è solo giudice del
diritto).
È, inoltre, un mezzo di impugnazione rescindente → presuppone la denuncia di vizi
specifici della sentenza e porta ad una nuova decisione solo se i vizi affermati sussistono
→ in caso affermativo la sentenza viene annullata (iudicium rescindens), dopo di che, nei
limiti di tale annullamento, dovrà essere pronunciata da un altro giudice una nuova
sentenza sostitutiva di quella annullata (iudicium rescissorium).
Art. 360 → il ricorso per Cassazione è ammesso solo contro gli errori di diritto,
tassativamente elencati (errores in iudicando ed in procedendo) →
a) motivi attinenti la giurisdizione (le ipotesi sono quelle ex art. 37)
b) violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di
competenza
c) violazione o falsa applicazione di norme di diritto (è il motivo principale → errores in
iudicando) e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro
d) nullità della sentenza o del procedimento (errores in procedendo)
e) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio (motivo controverso, potrebbe dar luogo ad indebite dilatazioni del giudizio).
Ricorso omisso medio o per saltum → può inoltre essere impugnata con ricorso per
Cassazione una sentenza appellabile del Tribunale, se le parti sono d’accordo per
omettere l’appello; ma in tal caso l’impugnazione può proporsi soltanto per violazione o
falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro.
Non sono immediatamente impugnabili con ricorso per Cassazione le sentenze che
decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio.
Il ricorso avverso tali sentenze può essere proposto, senza necessità di riserva, allorché
sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio.
Anche il ricorso per Cassazione, come gli altri mezzi di impugnazione, è previsto
nell’interesse della parte che si ritenga lesa dalla ingiustizia della sentenza.
Tuttavia, l’art. 363 → ricorso nell’interesse della legge (ipotesi residuale) → quando le
parti non hanno proposto ricorso nei termini o vi hanno rinunciato, ovvero quando il
provvedimento non è ricorribile in Cassazione e non è altrimenti impugnabile, il
Procuratore generale presso la Corte di Cassazione può chiedere che la Corte enunci
(anche d’ufficio) nell’interesse della legge il principio di diritto al quale il giudice di merito
avrebbe dovuto attenersi. La pronuncia della Corte non ha effetto sul provvedimento del
giudice di merito.
Lo scopo della norma → consentire un’interpretazione della legge che valga per i giudizi
futuri, al fine di garantire la certezza del diritto.
Art. 361 → riserva facoltativa di ricorso contro sentenze non definitive →
in questi casi il ricorso può essere differito, su riserva della parte soccombente, a pena di
decadenza, entro il termine per la proposizione del ricorso, e in ogni caso non oltre la
prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza stessa.
La domanda è introdotta con ricorso → art. 365 → deve essere sottoscritto da un
avvocato iscritto nell’apposito albo dei difensori presso la Corte di Cassazione e munito di
procura speciale, a pena di inammissibilità.

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Art. 369 → il ricorso va depositato presso la cancelleria della corte, a pena di


improcedibilità, entro 20 gg. dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto.
La parte, contro cui il ricorso è diretto, ha 2 possibilità →
a) art. 370 → se si limita ad una mera difesa, chiedendo il rigetto del ricorso, notifica
controricorso, che formalmente è modellato sul ricorso.
b) art. 371 → nel caso di soccombenza ripartita, la parte può proporre ricorso
incidentale, con cui chiede la cassazione della sentenza impugnata per la parte in cui lo
pregiudica.
Il destinatario del ricorso incidentale può a sua volta resistere con controricorso.
Art. 372 → non è ammesso il deposito di atti che non siano stati già prodotti nei
precedenti gradi, tranne quelli che riguardano → a) la nullità della sentenza impugnata
b) l’ammissibilità del ricorso e del controricorso.
Art. 373 → il ricorso per Cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza, a meno
che non vi sia istanza di parte e da essa possa derivare un danno grave e irreparabile.
Vicende anomale → artt. 390 – 391→ la parte può rinunciare, con atto sottoscritto dalla
parte o dal suo avvocato, al ricorso principale o incidentale finché non sia cominciata la
relazione all’udienza e su tale rinuncia la Corte provvede con sentenza (quando deve
decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento) o con ordinanza (ha efficacia di titolo
esecutivo).
La Corte decide sempre a Sezioni Unite sulle questioni di giurisdizione e sui conflitti di
giurisdizione o di attribuzione; inoltre, il primo presidente può disporre che la Corte si
pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentino una questione di diritto già decisa in
senso difforme da più sezioni semplici, ovvero che prospettino una questione di massima
di particolare importanza.
In tutti gli altri casi, la Corte pronuncia a Sezioni Semplici.
Artt. 374 - 375 → la decisione avviene in modo diverso, a seconda che debba essere
deliberata in camera di consiglio oppure previa discussione in udienza.
Decide con ordinanza → in situazioni di palese inammissibilità della proposta (ricorso).
Le sentenze della Cassazione possono essere di 3 tipi →
1) di rettificazione → se la sentenza impugnata è erroneamente motivata, ma il
dispositivo è conforme al diritto, la Corte si limita a correggere la motivazione (pur
rigettando il ricorso);
2) di rigetto → se i motivi addotti sono infondati, il ricorso è rigettato e il ricorrente è
condannato al pagamento delle spese;
3) di accoglimento → se il ricorso è accolto, viene emessa una sentenza che cassa la
sentenza impugnata ovvero se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte
potrà anche decidere direttamente il merito.
Queste ultime decisioni danno luogo a 2 ipotesi →

1) cassazione senza rinvio → art. 382 → quando la Corte ritiene che la causa non
poteva essere proposta (la cassazione travolge tutti gli atti del processo) o il processo
proseguito (la cassazione cancella tutti gli atti a partire da quello la cui nullità non era stata
dichiarata) o quando vi è un difetto assoluto di giurisdizione.
Ulteriore caso → la Corte, accogliendo il ricorso per violazione o falsa applicazione di
norme di diritto, pronuncia essa stessa la decisione di merito, non ritenendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto.

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2) cassazione con rinvio → art. 383 → in caso di accoglimento del ricorso per violazione
o falsa applicazione di norme di diritto, la Corte rinvia la causa ad altro giudice di grado
pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata.
Nel caso previsto nell’art. 360 co. 2, la causa può essere rinviata al giudice che avrebbe
dovuto pronunciare sull’appello al quale le parti hanno rinunciato.
La Corte, se riscontra una nullità del giudizio di primo grado per la quale il giudice
d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa a quest’ultimo.

La cassazione con rinvio ha una funzione importantissima se è determinata dalla riscontrata


violazione o falsa applicazione di norme di diritto → in tal caso → art. 384 → la Corte enuncia il
principio di diritto. La Corte, quando accoglie il ricorso, cassa la sentenza rinviando la causa ad altro
giudice, il quale deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte, ovvero
decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Giudizio di rinvio artt. 392 - 394 cpc


Art. 392 → riassunzione della causa → viene fatta con citazione, davanti al giudice di
rinvio, da ciascuna delle parti, entro 1 anno dalla pubblicazione della sentenza della Corte
di Cassazione.
Art. 393 → estinzione del processo → se viene violato tale termine, il processo si
estingue ma la sentenza della Cassazione mantiene i suoi effetti vincolanti in un eventuale
nuovo processo instaurato con la riproposizione della domanda.
Tale norma imprime al giudizio di rinvio il carattere di giudizio rescissorio → la
Cassazione con la sua sentenza ha rescisso l’intero processo precedente ed ha caducati
tutte le decisioni emesse fino a quel momento, così che il giudice di rinvio deve ricostruire
una decisione di merito che ormai non esiste più.
Art. 394 → procedimento in sede di rinvio → in sede di rinvio si osservano le norme
stabilite per il procedimento davanti al giudice al quale la Corte ha rinviato la causa.
In ogni caso deve essere prodotta copia autentica della sentenza di cassazione.
Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui
fu pronunciata la sentenza cassata.
Nel giudizio di rinvio può deferirsi il giuramento decisorio, ma le parti non possono
prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la
sentenza cassata, salvo che la necessità delle nuove conclusioni sorga dalla sentenza di
cassazione (divieto di nuove conclusioni).
Il giudice di rinvio → a) è vincolato all’osservanza del principio di diritto stabilito dalla Corte
di Cassazione nella sentenza in cui ha disposto il rinvio
b) pronuncia sentenza nei modi ordinari → b1) se il rinvio è avvenuto dinanzi al giudice di
I° grado, la sentenza è appellabile b2) se il rinvio è avvenuto in appello, la sentenza è
ricorribile.
Verde → principio di diritto → è la norma del caso controverso così come è stata
individuata dal giudice di legittimità.
Può essere → 1) proprio (→ ha luogo quando la sentenza è cassata per violazione di
legge o omessa motivazione ed ha funzione prosecutoria, cioè mira ad una nuova
definizione della controversia sulla base di criteri di giudizio fissati dalla Cassazione.
Giudice competente è il giudice indicato dalla Cassazione);
2) improprio (→ ha luogo quando la sentenza è cassata per nullità della sentenza o del
procedimento ed ha funzione restitutoria, cioè mira ad una ripetizione di quella fase di

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merito risultata priva dei requisiti necessari al corretto svolgimento del processo.
Giudice competente è il giudice che ha emesso la decisione cassata).

Impugnazione per revocazione artt. 395 - 403 cpc


È un mezzo d’impugnazione fondato sull’esistenza di particolari circostanze che, se
fossero state conosciute dal giudice, avrebbero portato ad una decisione diversa.
Modalità → artt. 398 – 400 → si propone con citazione davanti allo stesso giudice (30)
che ha pronunciato la sentenza impugnata e va depositata, a pena di improcedibilità,
in cancelleria entro 20 gg. dalla notificazione o con ricorso (→ processo del lavoro).
La proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per
cassazione.
Può essere →
1) ordinaria → art. 395 nn. 4 e 5 → quando impedisce il passaggio in giudicato della
sentenza (d’appello e pronunciata in unico grado) tale impugnazione sospende il termine
per il ricorso per Cassazione quando la revocazione proposta è manifestamente infondata.
2) straordinaria → art. 395 nn. 1, 2, 3 e 6 → quando è proponibile anche dopo il
passaggio in giudicato della sentenza, ad eccezione delle sentenze di I° grado ancora
appellabili. Con essa si fa valere un vizio occulto, cioè un vizio che non si può rinvenire o
dedurre dall’esame della sentenza (es. dolo del giudice).
Termine → 30 gg. dalla notifica della sentenza.

Art. 396 → revocazione straordinaria delle sentenze per le quali è scaduto il termine
per l’appello → disposizione che esprime il favor del legislatore per l’appello (unico
mezzo a critica libera) → le sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello
possono essere impugnate per revocazione nei casi ex art. 395 nn. 1,2,3,6.

Art. 397 → nelle cause in cui l’intervento del Pm è obbligatorio ex art. 70, le sentenze ex
artt. 395 – 396 possono essere impugnate per revocazione straordinaria dal Pm →
1) quando la sentenza è stata pronunciata senza che egli sia stato sentito
2) quando la sentenza è l’effetto della collusione operata dalle parti per frodare la legge.

Art. 401 → sospensione dell’esecuzione → il giudice della revocazione può


pronunciare, su istanza di parte inserita nell’atto di citazione, l’ordinanza di sospensione,
con lo stesso procedimento in camera di consiglio ivi stabilito.
Art. 402 → decisione → con la sentenza che pronuncia la revocazione il giudice decide il
merito della causa e dispone l’eventuale restituzione di ciò che siasi conseguito con la
sentenza revocata.
Il giudice, se per la decisione del merito della causa ritiene di dover disporre nuovi mezzi
istruttori, pronuncia, con sentenza, la revocazione della sentenza impugnata e rimette con
ordinanza le parti davanti all’istruttore.
Art. 403 → impugnazione della sentenza di revocazione → non può essere impugnata
per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione.
Contro di essa sono ammessi i mezzi d’impugnazione ai quali era originariamente
soggetta la sentenza impugnata per revocazione.

Corte Costituzionale → sentenza del ‘96 → ha reso revocabili anche le sentenze della
Corte di Cassazione, e il legislatore ha subito adeguato il codice di rito, introducendo un

(30)
si intende “lo stesso ufficio giudiziario”.

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apposito articolo → il 391bis → co. 1 → se la sentenza della Cassazione è affetta da


errore materiale o di fatto di cui all’art. 395 n. 4, si può proporre revocazione direttamente
e di nuovo dinnanzi alla stessa Corte di Cassazione.
Termini → 60 gg. dalla notificazione della sentenza o, in mancanza della notificazione, 1
anno dalla pubblicazione della stessa.
L’art. 391bis inoltre stabilisce che la pendenza del termine per la revocazione della
sentenza della Corte di Cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza
impugnata (ossia della sentenza della cassazione impugnata con revocazione).
Ma effettivamente sorge un problema in quanto è contraddittorio dire che una sentenza
impugnata con revocazione ordinaria passa in giudicato; ciò perché una sentenza passa
in giudicato quando sono stati esperiti tutti i mezzi d’impugnazione ordinari, ed essendo
la revocazione ordinaria un mezzo di impugnazione ordinario, la pendenza del giudizio
di revocazione ordinaria avverso la sentenza della Cassazione non dovrebbe consentire il
passaggio in giudicato della sentenza.
Quindi nonostante sia stato proposto un mezzo d’impugnazione ordinario, la sentenza
comunque passa in giudicato.
Il motivo è semplice → si vuole evitare un uso distorto del mezzo, si vuole cioè evitare
che la parte soccombente proponga revocazione adducendo come motivo un errore di
fatto assolutamente inesistente, al solo scopo di perdere tempo; per evitare cioè che la
sentenza della Corte di Cassazione passi in giudicato.
Sempre per lo stesso motivo, in caso d’impugnazione per revocazione delle sentenze
della Corte di Cassazione, non è ammessa né la sospensione dell’esecuzione della
sentenza passata in giudicato né è sospeso il giudizio di rinvio. Quindi se la Cassazione
cassa con rinvio, il giudizio di rinvio prosegue normalmente a prescindere
dall’impugnazione della sentenza per revocazione; ma in tal modo si crea un ibrido, ossia
un motivo di revocazione ordinario che dà luogo ad un mezzo d’impugnazione che si pone
a metà tra l’impugnazione ordinaria e quella straordinaria; ciò perché è ordinario quanto al
motivo (errore di fatto) e straordinario quanto alla disciplina

Opposizione di terzo artt. 404 - 408 cpc

Mezzo di impugnazione straordinario → proponibile nonostante il passaggio in


giudicato della sentenza, concesso al terzo per rimuovere gli effetti pregiudizievoli che una
sentenza, pronunciata tra altre persone, può avere sulla sua sfera giuridica.
Caratteristiche eccezionali → è proponibile da chi non fu parte nel giudizio sfociato nella
sentenza impugnata; è un rimedio facoltativo, in quanto la sua mancata proposizione non
determina preclusioni.
Opposizione ordinaria → art. 404 co. 1 → quella concessa al terzo contro una sentenza
passata in giudicato che pregiudica un suo diritto (tutela generica).
Opposizione revocatoria → art. 404 co. 2 → quella concessa ai terzi, creditori o aventi
causa di una delle parti, che soffrirebbero un pregiudizio di fatto quando la sentenza,
sfavorevole al loro debitore o dante causa, sia stata pronunciata a loro danno per effetto di
dolo o collusione tra le parti (tutela particolare).
Art. 405 → l’opposizione è proposta, con citazione, davanti allo stesso giudice che ha
pronunciato la sentenza (31) .
Art. 406 → procedimento → davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il
procedimento davanti a lui, in quanto non derogate da quelle del presente capo.

(31)
si tratta di competenza funzionale, come tale non derogabile neanche per motivi di connessione.

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Art. 407→ sospensione dell’esecuzione (32) → il giudice dell’opposizione può


pronunciare, su istanza di parte inserita nell’atto di citazione, l’ordinanza di sospensione,
con lo stesso procedimento in camera di consiglio ivi stabilito.
Art. 408 → decisione → il giudice, se dichiara inammissibile o improcedibile la
domanda o la rigetta per infondatezza dei motivi, condanna l’opponente al pagamento di
una pena pecuniaria di 2€ se la sentenza impugnata è del Giudice di Pace, di 2€ se è del
Tribunale e di 2€ in ogni altro caso.
Il contenuto della sentenza di accoglimento varia in relazione al motivo che è posto a
base dell’impugnazione.

Termini →
per l’opposizione ordinaria → non c’è termine
per l’opposizione revocatoria → il termine è di 30 gg. dal giorno in cui il terzo è venuto a
conoscenza del dolo o della collusione.

Varie categorie di terzi


1) Terzi rispetto al processo e non rispetto alla controversia → a) litisconsorte
pretermesso b) falso rappresentato c) avente causa in pendenza di lite
I soggetti sub a) e b) → è discutibile possano considerarsi terzi
2) Terzi rispetto al processo e alla controversia → a) titolare di una situazione
alternativa e/o incompatibile b) titolare di una situazione pregiudicata c) titolare di una
situazione dipendente
Il soggetto sub a) → può opporsi in via ordinaria.
Il soggetto sub b) → può far valere in via incidentale l’inopponibilità della sentenza.

(32)
tale norma è finalizzata alla tutela del terzo che potrebbe subire un irreparabile pregiudizio in seguito
all’esecuzione del provvedimento.

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Cap. 8
Processo di esecuzione artt. 474 – 632 cpc

Azione esecutiva → è diretta ad ottenere la concreta soddisfazione del creditore


indipendentemente dalla volontà del debitore.
Caratteristiche → abbiamo 2 soggetti che in partenza non sono sullo stesso piano
(il debitore, che deve pagare; il creditore, che deve essere soddisfatto).
Si vuole dunque tutelare un soggetto rispetto ad un altro, infatti nel procedimento di
esecuzione si agisce proprio per soddisfare il creditore. In questo caso il principio del
contraddittorio è applicato in maniera più blanda.
Particolare è il ruolo del giudice → spesso infatti è assente; il soggetto pubblico centrale
è l’Ufficiale Giudiziario (soggetto che agisce).
Le azioni esecutive presuppongono un titolo esecutivo, da cui risulta l’esistenza del
diritto dell’attore, e che tale titolo sia in possesso del creditore procedente
(nulla executio sine titulo).
A seconda se il diritto è stato accertato nella sua specificità, oppure come eseguibile nella
forma generica che consegue alla sua trasformazione in denaro, o al suo sorgere
direttamente come credito di denaro, il processo di esecuzione si atteggia in modi
diversi→
a) esecuzione forzata in forma generica o per espropriazione → espropriazione
mobiliare presso il debitore - espropriazione presso terzi - espropriazione immobiliare -
espropriazione di beni indivisi - espropriazione contro il terzo proprietario
b) esecuzione forzata in forma specifica → esecuzione per consegna di cose mobili o
rilascio di immobili - esecuzione forzata di obblighi di fare o non fare

Titolo esecutivo art. 474 cpc


È l’atto in base al quale è possibile iniziare l’esecuzione forzata.
Più precisamente, esso è il documento con cui viene accertato o costituito il diritto del
creditore da realizzarsi in via esecutiva e da cui risulta un diritto di credito → certo (la cui
esistenza sia certa), liquido (determinato nel suo ammontare), esigibile (non sottoposto né
a condizione né a termine).
Art. 474 co. 2 → i titoli esecutivi sono →

1) le sentenze
2) gli altri provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva: alcune
ordinanze (art. 179), verbali di conciliazione, decreti ingiuntivi, licenze e sfratti convalidati,
provvedimenti possessori, etc.
3) le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute,
le cambiali ed altri titoli di credito, nonché altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce la stessa
efficacia [es. verbali di conciliazione]
4) gli atti ricevuti da notaio o altro pubblico ufficiale.
I primi 2 gruppi sono giudiziali (si formano all’interno di un processo);
gli ultimi 2 sono stragiudiziali.

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I titoli sub 1, 2, 4 → per valere come titolo per l’esecuzione forzata, devono essere muniti
della formula esecutiva (→ ingiunzione scritta che viene apposta su una copia conforme
del provvedimento o dell’atto).
Art. 475 → individua i legittimati attivi del processo di esecuzione → co. 2 → il creditore
e i suoi successori (inter vivos, mortis causa, universali e particolari).
Art. 477 → individua i legittimati passivi del processo di esecuzione → il debitore e i suoi
eredi (quindi solo successori universali mortis causa).
L’art. 477 va interpretato sistematicamente con → l’art. 111 cpc → anche il successore
particolare inter vivos è destinatario degli effetti del titolo esecutivo;
e con l’art. 1595 co. 3 cc → rapporti tra subconduttore e conduttore → la sentenza tra
conduttore e locatore esplica i suoi effetti anche nei confronti del subconduttore.
Art. 478 → prestazione della cauzione → se l’efficacia del titolo esecutivo è subordinata
a cauzione, non si può iniziare l’esecuzione forzata finchè quella non sia stata prestata.
Art. 479 → notificazione del titolo esecutivo → deve essere fatta alla parte
personalmente. Ma se il titolo esecutivo è costituito da una sentenza, la notificazione,
entro l’anno dalla pubblicazione, può essere fatta a norma dell’art. 170.

Precetto artt. 480 - 482 cpc


Oltre al titolo esecutivo, al debitore va notificato anche il precetto → art. 480 →
consiste nella formale intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo
entro un termine non minore di 10 gg. (termine dilatorio), con l’avvertimento che,
mancando l’adempimento, si procederà ad esecuzione forzata.
Art. 481 → diviene inefficace se l’esecuzione non è iniziata entro 90 gg. (termine
acceleratorio) dalla sua notificazione. Il termine resta sospeso se contro il precetto è
proposta opposizione ex artt. 615 e 617.
Effetti processuali → termine dilatorio [10 gg.] e termine acceleratorio [90 gg.];
effetti sostanziali → messa in mora del debitore.
Il precetto si considera atto preliminare all’esecuzione forzata, la cui notificazione è
dunque necessaria perché possa esercitarsi l’azione esecutiva nei confronti del debitore.
Non contenendo alcuna domanda giudiziale, esso può essere sottoscritto dalla parte
personalmente.
È atto recettizio, non producendo alcun effetto se non è portato a conoscenza del suo
destinatario.
Il precetto va notificato alla parte personalmente.
Art. 482 → termine ad adempiere → l’esecuzione forzata non può iniziare prima che sia
decorso il termine indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi 10 gg.
dalla notificazione.

Espropriazione forzata in generale artt. 483 – 490 cpc


Si caratterizza per il pignoramento, la vendita dei beni e la distribuzione del ricavato.
In queste fasi si possono inserire le opposizioni o l’intervento di altri creditori.
E’ costituito da un complesso di atti diretti a sottrarre coattivamente al debitore determinati
beni facenti parte del suo patrimonio ed a convertirli in denaro, al fine di soddisfare il
creditore procedente, in attuazione della loro funzione di garanzia generica delle
obbligazioni ex art. 2740 cc.
È una forma di esecuzione indiretta → a differenza dell’esecuzione in forma specifica
(che è diretta), non ha ad oggetto proprio il bene dovuto.
È una forma di esecuzione liquidativa e satisfattiva → possono essere soddisfatti

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coattivamente i crediti aventi ad oggetto una somma di danaro, sia che questo fosse il loro
oggetto originario, sia che l’oggetto del credito sia divenuto tale soltanto in vista della sua
soddisfazione coattiva.
A seconda del suo oggetto, può essere →
1) mobiliare, per la quale era competente il pretore;
2) immobiliare, di competenza del Tribunale.
D.Lgs. 51/98 → tutta la materia è di competenza del Tribunale.
L. 302/98 → possibilità di delegare a notai le operazioni di vendita nell’espropriazione di
beni mobili registrati o beni immobili → ciò ha determinato un notevole alleggerimento del
carico di procedimenti gravanti sui giudici.
Art. 483 → cumulo dei mezzi di espropriazione → il creditore può valersi
cumulativamente dei mezzi di espropriazione previsti dalla legge, ma, su opposizione del
debitore, il giudice dell’esecuzione con ordinanza non impugnabile, può limitare
l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice
stesso determina.
Art. 484 → giudice dell’esecuzione → l’espropriazione è diretta dal giudice
dell’esecuzione.
Art. 485 → audizione degli interessati → quando la legge o il giudice ritengono
necessario sentire le parti, il giudice stesso fissa con decreto l’udienza.
Art. 486 → forma delle domande e delle istanze → le domande e le istanze sono
proposte oralmente al giudice dell’esecuzione (quando avvengono in udienza) e con
ricorso (negli altri casi).
Art. 487 → forma dei provvedimenti del giudice → i provvedimenti del giudice
dell’esecuzione sono dati con ordinanza (modificabile o revocabile dallo stesso giudice),
salvo che la legge disponga altrimenti.
Art. 489 → luogo delle notificazioni e delle comunicazioni →
1) ai creditori pignoranti → nella residenza o nel domicilio eletto nell’atto di precetto;
2) ai creditori intervenuti → nella residenza o nel domicilio eletto nella domanda di
intervento.
Esistono, inoltre, forme speciali → di beni indivisi (artt. 599 - 601); contro il terzo
proprietario (artt. 602 - 604).

Pignoramento artt. 491 – 497 cpc


È l’atto con cui ha inizio l’espropriazione forzata, tutto ciò che avviene prima è un’attività
pre-esecutiva.
Unica eccezione → espropriazione delle cose date in pegno e dei mobili soggetti ad
ipoteca (es. gli autoveicoli), in cui l’esecuzione inizia direttamente con l’istanza di
assegnazione o di vendita.
Unica definizione possibile → art. 492 → è una ingiunzione che l’Ufficiale Giudiziario fa
al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito,
esattamente indicato, i beni che vi si assoggettano e i frutti di essi.
L’Ufficiale Giudiziario pone in essere il pignoramento su istanza del creditore, previa
esibizione da parte dello stesso del titolo esecutivo e del precetto ritualmente notificati.
Funzione → vincolare i beni da assoggettare all’esecuzione, sottraendoli alla libera
disponibilità del debitore.
Effetti sostanziali → tale vincolo rende inefficaci (l’atto è valido ma l’effetto non è
efficace), solo nei confronti del creditore pignorante e dei creditori eventualmente
intervenuti nell’espropriazione, gli atti di disposizione compiuti dal debitore relativamente

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ai beni pignorati (cd. inefficacia relativa), trascritti in epoca successiva al pignoramento,


nel caso di espropriazione immobiliare, ovvero non aventi data certa anteriore al
pignoramento, se si tratta di espropriazione mobiliare;
Effetti processuali → sono relativi ai due termini che scattano nel processo
dell’esecuzione (dilatorio, 10 gg.; acceleratorio, 90 gg.), termini che cadenzano il processo
di esecuzione.
Art. 497 → il pignoramento perde efficacia se dal suo compimento sono trascorsi 90 gg.
senza che venga chiesta l’assegnazione o la vendita del bene.
Nell’espropriazione forzata, il pignoramento può avere 3 forme →
1) pignoramento mobiliare presso il debitore artt. 513 - 542 cpc
Art. 513 → l’Ufficiale Giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, può ricercare
i beni mobili da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti.
Su istanza del creditore può anche pignorare cose che non si trovano in luoghi a lui
appartenenti ma delle quali può direttamente disporre.
Inizia con l’atto di pignoramento eseguito dall’Ufficiale Giudiziario, il quale deve →
a) ricercare le cose mobili da pignorare a casa o nei luoghi appartenenti al debitore
b) scegliere le cose da pignorare [sono impignorabili → le cose sacre, la fede,
commestibili, strumenti di lavoro]
c) indicare il valore delle cose pignorate
d) ingiungere al debitore di astenersi da atti di disposizione e provvedere a nominare un
custode.
Art. 517 → il pignoramento deve essere eseguito sulle cose che l’Ufficiale Giudiziario
ritiene di più facile e pronta liquidazione, nel limite di un presumibile valore di realizzo pari
all’importo del credito precettato aumentato della metà.
Art. 529 → trascorsi 10 gg. dal pignoramento il creditore pignorante o quello interessato
munito di titolo esecutivo può chiedere →
a. la distribuzione del denaro
b. l’assegnazione dei titoli di credito e delle altre cose il cui valore risulta da listino di Borsa
o di mercato
c. la vendita degli altri beni.
Art. 523 → l’Uff. Giud. che trova un pignoramento già iniziato da altro Uff. Giud. continua
le operazioni con lui e insieme redigono unico processo verbale.
Art. 524 → l’Uff. Giud. che trova un pignoramento già compiuto ne dà atto nel processo
verbale e procede al pignoramento degli altri beni.
Il pignoramento mobiliare si realizza in forma orale → poi l’Ufficiale Giudiziario ne dà atto
nel processo verbale.
Se per errore vengono pignorati beni di terzi, si applica l’art. 2914 cc → non hanno
effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono
nell’esecuzione, le alienazioni di beni mobili di cui non sia stato trasmesso il possesso
anteriormente al pignoramento, salvo che risultino da atto avente data certa.
Prevarranno dunque le ragioni dei creditori.
Al terzo soccombente è riconosciuta la possibilità di proporre opposizione di terzo
all’esecuzione, con contestuale istanza di sospensione dell’esecuzione.
- Tipico esempio → cassetta di sicurezza → ne dispone il debitore (ha lui la chiave) ma
si trova in Banca.

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2) pignoramento presso terzi artt. 543 - 554 cpc

Ha ad oggetto un bene mobile del debitore in possesso di terzi o crediti del debitore verso
i terzi. A tale esecuzione, pertanto, partecipa oltre al creditore e al debitore anche il terzo,
come soggetto solo a fini processuali.
Art. 543 → è un atto complesso → pertanto il pignoramento contiene non solo
l’ingiunzione al debitore, ma anche l’intimazione al terzo di non disporre delle somme o
cose dovute, l’indicazione preventiva del creditore delle cose o delle somme da pignorare
(indicazione generica), nonché la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti
al giudice del luogo di residenza del terzo, affinché faccia la cd. dichiarazione di quantità
→ deve specificare di quali cose si trova in possesso e di quali somme è debitore (→ ex
art. 547 → se c’è la dichiarazione positiva, il pignoramento si perfeziona e il processo
continua; se ciò non avviene, si ha su istanza di parte un giudizio di cognizione, di
accertamento sul credito o sulla proprietà del bene).
Art. 544 → 1) se il credito pignorato è garantito da pegno, si intima a chi detiene la cosa
data in pegno di non eseguire la riconsegna senza ordine del giudice 2) se il credito
pignorato è garantito da ipoteca, l’atto di pignoramento deve essere annotato nei libri
fondiari.
Art. 545 → crediti impignorabili → a) crediti alimentari b) crediti riguardanti sussidi di
grazia c) somme dovute a titolo di stipendio
L’intervento, l’assegnazione e la vendita si svolgono invece secondo la normale
procedura.
Il pignoramento presso terzi si realizza in forma scritta.
- Tipico esempio → conto corrente bancario → pignoramento di un credito del debitore
nei confronti della Banca → in questo caso dovrà essere citato il direttore della Banca.

3) pignoramento immobiliare artt. 555 – 598 cpc

Ha ad oggetto i beni immobili (precisamente individuati) del debitore con le loro


pertinenze, nonché i diritti reali di godimento su beni immobili.
Diversamente dal pignoramento mobiliare la scelta dei beni è fatta dallo stesso creditore in
un momento anteriore.
Il pignoramento immobiliare si realizza in forma scritta.
Inoltre, tale pignoramento attraversa 2 diverse fasi → 1) la notifica del pignoramento al
debitore e 2) la successiva trascrizione dell’atto nei registri immobiliari ad opera
dell’Ufficiale Giudiziario.
Art. 567 → trascorsi 10 gg. il creditore pignorante può chiedere la vendita dell’immobile
pignorato, e solo se l’incanto vada deserto, l’assegnazione.
Ultimo atto → distribuzione della somma ricavata → avviene sempre su iniziativa del
giudice dell’esecuzione.
Proto Pisani → la trascrizione assume una importanza determinante allo scopo di creare
il vincolo di indisponibilità relativa a favore del creditore pignorante e dei creditori
intervenuti nell’esecuzione. Siccome lo scopo del pignoramento consiste nel creare tale
vincolo di indisponibilità relativa, si ritiene che la trascrizione abbia in queste ipotesi
funzione costitutiva → il pignoramento, anche tra debitore e creditore, si perfeziona solo
dal momento della trascrizione.

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Altre 2 fattispecie di pignoramento →


a) pignoramento di beni indivisi artt. 599 - 601 cpc
Ha ad oggetto la quota ideale di un bene immobile appartenente al debitore.
Ratio → evitare che i comproprietari, accordandosi con il debitore, arrechino un
pregiudizio al creditore.
Si realizza in 2 momenti → 1) avviso del creditore a tutti i contitolari di non separare la
propria quota del debito senza ordine del giudice; 2) le 3 modalità di pignoramento →
il giudice può → a) separare la quota in natura spettante al debitore;
b) vendere la quota spettante al debitore lasciando intatta la comunione con sostituzione
del debitore con l’acquirente;
c) disporre la divisione secondo le regole generali.
Se si procede alla divisione giudiziale, si ha sospensione per legge dell’esecuzione
finché sulla stessa non intervenga un accordo fra le parti o sia pronunciata una sentenza
di I° grado passata in giudicato o d’appello.
b) pignoramento contro il terzo proprietario artt. 602 - 604 cpc

Trova applicazione in tutti i casi in cui il proprietario del bene espropriato, pur essendo
estraneo al rapporto debitorio, è gravato da responsabilità per debito altrui.
Si attua → a) quando il terzo è proprietario di un bene gravato da ipoteca o di cosa
soggetta a pegno; b) quando il terzo ha acquistato beni gravati da ipoteca o cose date in
pegno; c) quando l’alienazione del bene da parte del debitore è stata revocata x frode (art.
2901cc).
Terzo proprietario → è equiparato dalla legge al debitore, in quanto colpito direttamente
dall’esecuzione. Gli devono essere notificati titolo esecutivo e precetto. Unica cosa che
non può fare il debitore → il terzo proprietario può riacquistare il bene nella procedura
della vendita.
Esempio in ipotesi di azione revocatoria → art. 2901 cc → il debitore ha venduto un
suo bene ad un terzo in concorso fraudolento per sottrarlo al creditore, questi procede con
azione revocatoria e il giudice dispone che la vendita non ha effetti nei confronti del
creditore. A questo punto il creditore potrà utilizzare l’espropriazione contro il terzo
proprietario.
• Il debitore può evitare il pignoramento?

Art. 494 → pagamento nelle mani dell’Ufficiale Giudiziario → il debitore può evitare il
pignoramento versando nelle mani dell’Ufficiale Giudiziario la somma per cui si procede e
l’importo delle spese, con l’incarico di consegnarli al creditore.
All’atto del versamento si può fare riserva di ripetere la somma versata.
Può altresì evitare il pignoramento di cose, depositando nelle mani dell’Ufficiale
Giudiziario, in luogo di esse, come oggetto di pignoramento, una somma di danaro eguale
all’importo del credito o dei crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di 2/10.

• Conversione del pignoramento art. 495 cpc


Si verifica allorché il debitore chieda, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione,
la sostituzione della cosa pignorata con una somma di denaro pari all’importo (delle spese
e) dei crediti dovuti al creditore pignorante e ai creditori intervenuti.
La sostituzione si chiede al giudice dell’esecuzione.

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All’atto dell’istanza, bisogna versare 1/5 della somma descritta perché il debitore deve
dare prova delle sue buone intenzioni.
A seguito dell’istanza, il giudice fissa un’udienza nella quale vengono sentiti i creditori e il
debitore perché il giudice deve valutare la somma complessiva per la conversione.
Oltre al credito per cui si procede, infatti, potrebbero essere intervenuti altri creditori,
anche se non muniti di titolo esecutivo.
Al termine di questa valutazione il giudice provvederà con ordinanza a stabilire la somma
da sostituire al bene pignorato. È un’ordinanza esecutiva (perché provvedimento
pronunciato dal giudice dell’esecuzione), impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi.
Tale istituto ha la finalità di non sottrarre a tempo indeterminato i beni alla libera
circolazione, sostituendo ad essi il denaro.
L. 302/98 → ha reinserito la possibilità della rateizzazione, ma solo se l’espropriazione è
immobiliare. Il mancato versamento anche di una sola rata, comporta la perdita del
beneficio (che può essere chiesto una sola volta).

• Riduzione del pignoramento art. 496 cpc


È il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione, su istanza del debitore esecutato
o d’ufficio, sentiti il creditore pignorante e i creditori intervenuti, riduce il vincolo del
pignoramento ad alcuni soltanto dei beni sottoposti ad esecuzione, disponendo
contestualmente la liberazione degli altri, quando il valore degli stessi è superiore
all’importo dei crediti per cui si procede e alle spese.

Intervento di altri creditori (fase eventuale) artt. 498 – 500 cpc

Dopo la fase del pignoramento, si può avere l’intervento di altri creditori → non avremo
una procedura concorsuale, ma singolare, in quanto coinvolge solo alcuni creditori.
Il creditore che vuole intervenire deve essere titolare (deve darne prova scritta al giudice,
questi poi decide con ordinanza circa l’ammissibilità dell’intervento) di un diritto certo,
liquido ed esigibile (l’esigibilità non è richiesta nell’espropriazione immobiliare).
Non occorre dunque il titolo esecutivo.
Dobbiamo fare 3 distinzioni →
1) creditori che intervengono con titolo esecutivo → possono dare impulso
all’esecuzione
2) creditori interventori privilegiati e chirografari → chi ha un diritto di prelazione,
risultante da pubblici registri, sarà soddisfatto per primo → art. 498 → il creditore
pignorante deve avvisarli dell’inizio del pignoramento; se non lo fa, il giudice non
procederà alla vendita del bene. Il bene venduto è libero da gravami (effetto purgativo
della vendita); i creditori chirografari non hanno diritto di essere avvisati.
3) creditori interventori tempestivi e tardivi → il momento a cui si fa riferimento è la
prima udienza della fissazione della vendita o dell’assegnazione.
Queste distinzioni incidono nella fase della distribuzione del ricavato → 1) i creditori
tempestivi hanno diritto a parteciparvi 2) i creditori tardivi possono avvantaggiarsi di ciò
che residua.
La fase successiva è quella della vendita.
Nozione di Creditore → è il titolare di un diritto di credito.
— chirografari → sono dei creditori semplici, in quanto il titolo del loro diritto si affida soltanto ad un
documento (chirografo) non assistito da alcuna garanzia, all’infuori di quella della correttezza del debitore e
della esecuzione forzata in caso di inadempimento;
— privilegiati → quando il loro credito è garantito da una causa legittima di prelazione. In tal caso il

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creditore non entra in concorso con i chirografari, ma ha diritto di far valere per intero il suo credito sul bene
oggetto di prelazione: gli altri creditori concorrono proporzionalmente su ciò che rimane.

Vendita artt. 501 – 504 cpc

Questa fase serve a trasformare i beni pignorati in somme di denaro.


Determina il trasferimento coattivo del bene dal debitore al terzo.
E’ una vendita a titolo derivativo che ha effetto purgativo (→ il bene oggetto della vendita
forzata viene venduto all’acquirente libero da qualsiasi vincolo; se era gravato da pegno o
ipoteca, questi si estinguono).
Art. 501 → l’istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati non può essere
proposta se non decorsi 10 gg. dal pignoramento; per le cose deteriorabili può essere
proposta l’assegnazione o la vendita immediata.
Dopo tale istanza, il giudice competente fissa l’udienza per l’autorizzazione dell’uno o
dell’altra. Tale udienza segna il momento preclusivo per l’intervento tempestivo dei
creditori e costituisce il termine ultimo entro il quale devono essere fatte valere le
opposizioni agli atti esecutivi.
La vendita si fa → con incanto → vendita all’asta attraverso offerte successive
contestuali; senza incanto → attraverso offerte successive ma non contestuali.
La vendita si fa per contanti. Le cose da vendere si offrono singolarmente oppure a lotti
secondo la convenienza.
Nell’esecuzione immobiliare, ha luogo davanti al giudice dell’esecuzione.
Dopo l’incanto, possono ancora farsi offerte di acquisto, entro 10 gg., purché il prezzo
offerto superi di almeno 1/6 quello raggiunto nell’incanto.
Dell’incanto si redige processo verbale.
Art. 504 → cessazione della vendita forzata → se la vendita è fatta in più volte o in più
lotti, deve cessare quando il prezzo già ottenuto raggiunge l’importo delle spese e dei
crediti menzionati nell’art. 495 co. 1.
Nell’espropriazione mobiliare → il prezzo deve essere pagato immediatamente (arg. ex
art. 540 co. 2), nell’espropriazione immobiliare → nel termine e nel modo fissati
dall’ordinanza che dispone la vendita (art. 585).
L. 302/98 → ha eliminato l’anacronistico riferimento al sistema delle “candele vergini”,
sostituendolo col tempo di 3 minuti dall’offerta per poter aggiudicare l’immobile.
Tale legge ha anche previsto il caso di delega al notaio da parte del giudice (art. 591bis).

Assegnazione artt. 505 - 508 cpc


È alternativa alla vendita, rimessa alla discrezione dei creditori.
Consiste nell’attribuzione diretta del bene pignorato al creditore sulla base di un
determinato valore, al fine di soddisfare il suo credito.
Art. 505 → se sono intervenuti altri creditori, può essere chiesta a vantaggio di uno solo o
di più, d’accordo fra tutti.
Art. 506 → l’assegnazione può essere fatta solo per un valore non inferiore alle spese di
esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione anteriore a quello dell’offerente.
Art. 507 → l’assegnazione si fa mediante ordinanza del giudice dell’esecuzione.
Tale ordinanza è immediatamente esecutiva → quindi non è revocabile dal giudice
dell’esecuzione. Essa è impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi ma non è
ricorribile in Cassazione ex art. 111 Cost.
E’ un atto al tempo stesso liquidativo e satisfattivo immediato, ed ha natura di datio in

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solutum (33) o di datio pro solvendo (34) , a seconda che abbia per oggetto una cosa o un
credito.
Il creditore pignorante può chiedere l’assegnazione dei beni pignorati entro tali limiti →
a) espropriazione mobiliare → può essere chiesta sin dall’inizio per i titoli di credito o
per quei beni il cui valore risulti da listino di borsa o di mercato (art. 529 cpc).
Per tutti gli altri beni, invece, può essere chiesta solo in seguito alla mancata vendita al
primo incanto (art. 538 cpc);
b) espropriazione immobiliare → può essere chiesta soltanto dopo il vano esperimento
della vendita con incanto [(—) volontaria o facoltativa]; qualora il giudice dell’esecuzione
ritenga di non accogliere la domanda di assegnazione (perché questa non risponde ai
requisiti di cui all’art. 589 cpc), dispone l’amministrazione giudiziaria;
c) espropriazione mobiliare presso terzi → è l’unica forma satisfattoria prevista, quando
il pignoramento riguardi somme di denaro immediatamente esigibili o esigibili in un termine
non superiore ai 90 gg. (art. 533 cpc).

Distribuzione della somma ricavata artt. 509 - 512 cpc


È l’ultima fase del processo di esecuzione e consiste nella ripartizione fra i creditori della
somma ricavata dalla vendita forzata dei beni del debitore.
Tale fase si risolve in una semplice attribuzione, se vi è un solo creditore pignorante,
senza intervento di altri creditori; è, invece, una vera e propria distribuzione (piano di
riparto), se oltre al creditore pignorante concorrono altri creditori.
In caso di espropriazione mobiliare → piano di riparto concordato (accordo dei creditori)
o giudiziale (predisposto dal giudice).
In caso di espropriazione immobiliare → sempre piano di riparto giudiziale →
il giudice fissa un’udienza di discussione del piano di riparto e alla fine, se viene formato in
via amichevole, lo approva.
Se ci sono contestazioni → art. 512 → impugnazione del contenuto del piano di riparto
→ si inizia un giudizio di cognizione piena (di accertamento). In questo caso il giudice può
ordinare la sospensione parziale o totale della distribuzione della somma ricavata.

Esecuzione forzata in forma specifica

Ha ad oggetto obblighi di fare, di non fare, di consegna, di rilascio.


Si mira ad ottenere l’esecuzione della prestazione originaria; rispetto ad essa ci sarà
1 creditore e 1 debitore (solo quelli originari).
Non è consentito l’intervento dei creditori, in quanto il bene oggetto dell’esecuzione è
fuoriuscito dal patrimonio del debitore in seguito alla sentenza di condanna.
C’è dunque un solo rapporto obbligatorio.
Art. 605 → anche in questo caso c’è bisogno della notificazione del precetto.
Non va confusa con la tutela in forma specifica → si ha quando si verifica un illecito e
l’ordinamento prevede una tutela che ripristina la situazione preesistente all’illecito (è una nozione
di diritto sostanziale).

(33)
datio in solutm → mezzo di estinzione dell’obbligazione a carattere satisfattorio → il debitore si libera
dall’obbligazione eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, sempre che il creditore vi
acconsenta.
(34)
datio pro solvendo → l’obbligazione si estingue solo con la riscossione del credito ceduto.

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Ci sono 2 forme →

1) per consegna e per rilascio artt. 605 – 611 cpc

In entrambi i casi l’esecuzione si realizza, nella fase fisiologica del procedimento, in


assenza del giudice dell’esecuzione.
Altra caratteristica → mancanza di un fascicolo d’ufficio.
Art. 183 d. att. → il giudice provvede con decreto su istanza delle parti.
Unica ipotesi di presenza necessaria del giudice → art. 611 → liquidazione delle
spese → in questo caso il decreto del giudice vale titolo esecutivo (equiparabile al decreto
ingiuntivo).
Unici titoli che possono essere a fondamento di questa esecuzione → i titoli giudiziali.

Per consegna → è una forma di esecuzione diretta a far conseguire al creditore il


possesso di una determinata cosa, mobile o immobile, oggetto del suo diritto.
In particolare, essa ha luogo ogni volta che si tratti di trasferire dall’esecutato
all’esecutante un bene che è stato dichiarato appartenente a quest’ultimo.
Art. 2930 cc → se non è adempiuto l’obbligo di consegnare una determinata cosa,
mobile o immobile, l’avente diritto può ottenere la consegna o il rilascio forzati a norma
delle disposizioni del cpc.
Art. 606 → il procedimento è affidato all’Ufficiale Giudiziario (già il precetto individua il
bene) → può cercare il bene in ogni luogo esso si trovi (ovviamente glielo dirà il creditore)
ed avrà tutti i poteri che ha in sede di pignoramento (art. 513).

Art. 607 → il creditore può trovare che una cosa mobile da consegnare risulti pignorata →
la consegna a questo punto si deve fermare e la parte esecutante potrà far valere le sue
ragioni se proporrà opposizione di terzo ex art. 619.

Per rilascio → in questa ipotesi la parte esecutata va avvisata 3 gg. prima del giorno in
cui si procederà (preavviso di rilascio dell’Uff. G.); dopo i 3 gg., l’Ufficiale Giudiziario
(utilizza i poteri ex art. 513) si reca nel luogo ove si trova l’immobile ed immette nel
possesso dell’immobile il creditore.
Art. 610 → il giudice interviene solo se sorgono difficoltà che non ammettono dilazioni →
sono problemi che nascono dalla scarsa chiarezza del titolo o da difficoltà attuative o
interpretative del titolo esecutivo. In caso di contestazione di titoli, si può utilizzare
l’opposizione.
La parte istante anticipa le spese che gli verranno poi liquidate alla fine.

2) degli obblighi di fare o non fare artt. 612 – 614 cpc

È diretta a far conseguire al creditore la medesima prestazione specifica di “fare” oggetto


del suo diritto ovvero la eliminazione di quanto posto in essere dal debitore in violazione
del suo obbligo di “non fare” (Proto Pisani → obblighi di disfare) .
Il procedimento inizia con ricorso del creditore al giudice dell’esecuzione → art. 612 →
individua le modalità dell’esecuzione → sentita la parte interessata, indica con ordinanza
l’Ufficiale Giudiziario e le persone che dovranno compiere le opere non eseguite o
distruggere quelle eseguite. Il contenuto dell’obbligo è individuato nell’ambito del titolo
esecutivo.
Limiti dell’ordinanza → se il giudice interferisce (va oltre il) nel titolo esecutivo →
opposizione all’esecuzione (l’ordinanza ha contenuto di sentenza);

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se il giudice si mantiene nei limiti del titolo esecutivo → opposizione agli atti esecutivi.
Esempio tipico → infiltrazioni d’acqua da parte dell’inquilino del piano superiore.
Le prestazioni devono essere fungibili → per realizzarle, in casi rari, si usano sanzioni
indirette (es. artt. 18 e 28 Stat. dei Lav. → l’art. 28 è il massimo delle sanzioni indirette →
prevede una sanzione penale che incide sulla libertà personale).
Art. 2931 cc → se non è adempiuto un obbligo di fare, l’avente diritto può ottenere che
esso sia eseguito a spese dell’obbligato nelle forme stabilite dal cpc.
Art. 2933 cc → se non è adempiuto un obbligo di non fare, l’avente diritto può ottenere
che sia distrutto, a spese dell’obbligato, ciò che è stato fatto in violazione dell’obbligo.
D.Lgs. 51/98 → competente per entrambe le ipotesi è il Tribunale.

Opposizioni nel processo esecutivo


Le opposizioni sono parentesi di cognizione nel processo esecutivo → sono autonome
rispetto al processo esecutivo; si inseriscono nell’esecuzione.
Con esse si instaura un processo di cognizione ordinaria volto ad accertare l’esistenza o
meno della violazione del diritto del debitore o del terzo.
Sono strumenti che anche (e soprattutto) il debitore può utilizzare per difendersi, nel caso
in cui ritenga che un atto dell’esecuzione forzata abbia ingiustamente leso un suo diritto.
Sono di 3 tipi →

1) opposizione all’esecuzione artt. 615 – 616 cpc

Consiste nella contestazione, da parte del debitore, del diritto del creditore a procedere
ad esecuzione forzata (si contesta l’an).
Con essa si contesta l’azione esecutiva per una questione di merito, deducendo
l’ingiustizia dell’esecuzione perché senza titolo esecutivo (deve esistere per tutta la durata
dell’esecuzione, fin dal momento iniziale), perché il diritto è stato estinto oppure perché
l’esecuzione ha colpito determinati beni dei quali il debitore affermi la impignorabilità.
Questioni di rito → si contesta, in sostanza, l’esistenza nel caso concreto delle
condizioni dell’azione esecutiva.
Le ragioni di merito si devono sposare col principio che il giudicato copre dedotto e
deducibile (nel caso di titoli giudiziali). Esempio → eccezione di pagamento.
IMP → Non possono essere fatti valere i vizi che andavano impugnati con l’appello.
Oggetto → titoli giudiziali (sentenze), titoli stragiudiziali (cambiali).
Prima dell’inizio dell’esecuzione → si propone nella forma di opposizione al precetto,
mediante citazione proposta al giudice competente per valore o materia e per territorio a
norma dell’art. 27 cpc. Non è possibile la sospensione perché non c’è ancora nulla da
sospendere.
Dopo il pignoramento → si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione, il quale
provvede all’istruzione della causa, se competente a conoscerla, ovvero rimette le parti
al giudice competente per valore (art. 616), assegnando un termine perentorio per la
riassunzione della causa.
Può essere fatta valere l’impignorabilità dei beni → contestazione sulla regolarità
dell’esecuzione (art. 615 co. 2).
Non possono essere pignorati beni che servono all’attività lavorativa del debitore.
La sospensione del processo può essere adottata ex art. 624, su istanza di parte,
quando ricorrono gravi motivi → presumibile fondatezza dell’opposizione (fumus).
Art. 625 → sull’istanza per la sospensione il giudice dell’esecuzione provvede con
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ordinanza.
La sospensione è uno strumento di natura cautelare → regolato dal procedimento
cautelare uniforme (Proto Pisani); che segue la disciplina delle ordinanze del giudice
dell’esecuzione (giurisprudenza e dottrina maggioritaria).
La sentenza finale è una sentenza normalmente appellabile.

2) opposizione agli atti esecutivi artt. 617 – 618 cpc

Consiste nella contestazione, da parte del debitore, della regolarità formale del titolo
esecutivo o del precetto (e delle loro notificazioni) oppure anche degli atti del
procedimento di esecuzione (quomodo).
Essa, quindi, è diretta a sollevare una questione puramente processuale, impugnandosi
con essa il singolo atto esecutivo, di cui si sostiene l’invalidità.
Prima che sia iniziata l’esecuzione → si propone con atto di citazione al giudice che
sarebbe competente per l’esecuzione da notificarsi nel termine perentorio di 5 gg. dalla
notificazione del titolo esecutivo e del precetto (o dal giorno in cui i singoli atti furono
compiuti).
Iniziata l’esecuzione → si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione (qualora sia
impossibile proporle prima) nel termine di 5 gg. dal giorno in cui i singoli atti furono
compiuti.
Si può contestare la potestà ordinatoria del giudice dell’esecuzione → è una valvola
residuale per quegli atti non contestabili con l’opposizione all’esecuzione.
Legittimati → i soggetti destinatari dell’atto che si vuole impugnare.
Sospensione → art. 618 → rientra tra i provvedimenti indilazionabili a cui il giudice
provvede con ordinanza durante l’udienza di comparizione delle parti (potere più ampio del
giudice dell’esecuzione).
Tale opposizione è decisa con sentenza non impugnabile → 2 rimedi →
1) regolamento di competenza (art. 187 d. att.);
2) ricorso straordinario per Cassazione (art. 111 Cost.) → ci si basa sulla qualificazione
data dal giudice nella sentenza.

3) opposizione di terzi all’esecuzione artt. 619 – 622 cpc

Può essere proposta dal terzo che pretende di avere la proprietà o altro diritto reale sui
beni pignorati. Può essere utilizzata dunque solo nell’ambito dell’espropriazione forzata in
generale.
Ha natura di azione di accertamento negativo → è volta ad affermare l’illegittimità
dell’esecuzione, in rapporto al suo oggetto, di fronte al diritto del terzo.
Può essere proposta solo dal momento in cui il bene viene colpito dall’azione esecutiva
(es.: dal momento del pignoramento oppure dall’emissione del precetto) e si propone con
ricorso al giudice dell’esecuzione.
Legittimato attivo è sempre il terzo, il quale dovrà avere un diritto opponibile per vincere
l’opposizione.
Può essere →
a) tempestiva → se proposta prima della vendita o dell’assegnazione del bene;
b) tardiva → se proposta successivamente (può essere fatta valere fino a un momento
finale che è la vendita forzata). In quest’ultima ipotesi, i diritti del terzo potranno farsi
valere solo sulla somma ricavata (e non più sul bene che, una volta venduto, è perso), fino
a che la medesima non sia stata distribuita tra i creditori.
Limite alla prova testimoniale → art. 621 → no ai testimoni, la prova del diritto del terzo

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(dell’acquisto e dell’affidamento al debitore) può essere solo documentale.


Unica eccezione → professione o commercio esercitati dal terzo o dal debitore, che
rendano verosimile l’esistenza del diritto.
Sospensione → può essere disposta dal giudice, su istanza di parte, se ricorrono gravi
motivi.
Si chiude con sentenza appellabile.
Oggetto del giudizio → solo la situazione opponibile al creditore (non i rapporti di
proprietà tra debitore e terzo).

C’è poi → l’opposizione ex art. 512 → contestazione in sede di distribuzione →


tra i creditori o tra debitori e creditori, quando il ricavato non è sufficiente per tutti.
Il termine iniziale per la proposizione delle contestazioni coincide con l’udienza di
distribuzione.
Si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione, che provvede all’istruzione della causa.
Legittimati a contestare la sussistenza dei crediti → il debitore (o il terzo esecutato) e
i creditori (quando la massa attiva sia insufficiente);
Legittimati a contestare l’esistenza di diritti di prelazione → soltanto i creditori (infatti i
diritti di prelazione incidono solo nei rapporti tra i creditori).
Art. 624 co. 2 → sospensione necessaria → quando sorge una controversia ex art. 512,
il giudice sospende totalmente o parzialmente la distribuzione della somma ricavata.
Effetti della sentenza → preclusione interna al riparto.

Sospensione del processo esecutivo artt. 623 – 628 cpc


E’ una stasi del procedimento esecutivo.
Art. 623 → 3 ipotesi (oltre al caso ex art. 624 co. 2) →
1) ex lege (è necessaria, automatica → ipotesi sono tassative → espropriazione di beni
indivisi finché non sia definito il giudizio di divisione);
2) disposta dal giudice dell’impugnazione (casi in cui il giudice dispone la sospensione
dell’esecutività e quindi dell’esecuzione, eventualmente intrapresa, del titolo; è facoltativa
ed il provvedimento del giudice sarà meramente dichiarativo; secondo alcuni si intende
anche il giudice dell’opposizione al precetto [posizione minoritaria]);
3) disposta dal giudice dell’esecuzione a seguito di opposizioni (→ art. 624 → gravi
motivi → presumibile fondatezza dell’opposizione; il provvedimento del giudice è
latamente cautelare; presupposti → presenza di una delle opposizioni – istanza di parte –
valutazione del giudice).
Art. 625 → la sospensione è data con ordinanza (nei casi urgenti, con decreto) e dura
fino al passaggio in giudicato della sentenza. Nei casi urgenti è data con decreto.
Art. 626 → quando il processo è sospeso non sono ammessi atti esecutivi, salvo che il
giudice disponga altrimenti.
Art. 627 → il processo esecutivo deve essere riassunto con ricorso nel termine
perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione e, in ogni caso, non più tardi di 6 mesi dal
passaggio in giudicato della sentenza di I° grado o dalla comunicazione della sentenza di
appello che rigetta l’opposizione.

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Estinzione del processo esecutivo artt. 629 – 632 cpc


Si intende la cessazione anticipata del processo per una causa che impedisce la sua
prosecuzione.
Si può avere →

1) per rinuncia agli atti → art. 629 → il processo si estingue se, prima
dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, il creditore pignorante e quelli muniti di titolo
esecutivo rinunciano agli atti.
Dopo la vendita il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti i creditori concorrenti
(muniti e non muniti di titolo esecutivo, perché tutti hanno uguale diritto di soddisfarsi sul
ricavato). Non è richiesta l’accettazione del debitore esecutato.
Effettuata la rinuncia, il giudice dell’esecuzione deve verificarne la regolarità e, quindi,
pronunciare ordinanza con cui nega o dichiara l’estinzione.

2) per inattività delle parti → art. 630 → il processo si estingue quando le parti non lo
proseguono o non lo riassumono nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice.
L’estinzione opera di diritto ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni
altra sua difesa.
E’ dichiarata con ordinanza del giudice dell’esecuzione → contro di essa è ammesso il
reclamo al collegio (e non l’opposizione agli atti esecutivi). Su di esso il collegio provvede
con sentenza in camera di consiglio (35) .
3) per mancata comparizione in udienza → art. 631 → se nel corso del processo
nessuna delle parti si presenta all’udienza, il giudice fissa una udienza successiva.
Se alla nuova udienza non si presenta nessuna delle parti, il giudice dichiara l’estinzione
del processo con ordinanza.
Tale forma di estinzione avviene automaticamente senza la necessità di una eccezione di
parte ed opera retroattivamente.
Altra forma di estinzione → espropriazione immobiliare → per inosservanza del
termine perentorio, 60 gg., per il deposito della certificazione ipocatastale.
Anche qui il giudice la può dichiarare d’ufficio.
Effetti dell’estinzione → art. 632 → se l’estinzione avviene prima della vendita (solo
alcuni creditori sono chiamati ad accettare), essa rende inefficaci (caducazione) gli atti
compiuti;
se avviene dopo la vendita (tutti i creditori sono chiamati ad accettare), la somma ricavata
è consegnata al debitore (quindi vendita e assegnazione conservano la loro efficacia).
Avvenuta l’estinzione del processo, il custode rende al debitore il conto, che è discusso e
chiuso davanti al giudice dell’esecuzione.
Con l’ordinanza di estinzione è disposta sempre la cancellazione della trascrizione del
pignoramento.
Le spese del processo estinto sono a carico delle parti che le hanno anticipate.

(35)
Corte Cost. sent. 195/81 → illegittimità costituzionale dell’art 630 ult. co. nella parte in cui non
estende, in relazione all’art. 629, il reclamo previsto dall’art. 630 ult. co., all’ordinanza del giudice
dell’esecuzione dichiarativa dell’estinzione del processo esecutivo per rinuncia agli atti.

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Cap. 9
Procedimenti speciali
Sono procedimenti che il legislatore ha inserito nel Libro IV del cpc, eterogenei tra loro, ma
accomunati dalla specialità della disciplina che, per vari aspetti, si differenzia da quella del
rito ordinario.
Si possono così distinguere:
a) procedimenti sommari → caratterizzati dal fatto che in essi la cognizione è sommaria,
nel senso che il giudice emette la pronuncia sulla base di un accertamento incompleto o
superficiale. Essi tendono comunque ad una pronuncia di merito destinata a divenire
incontrovertibile, ossia a passare in giudicato. Appartengono ai procedimenti sommari,
i procedimenti di ingiunzione e di convalida di sfratto.
b) procedimenti cautelari → si caratterizzano per la loro strumentalità al giudizio di
merito.
c) procedimenti camerali → ossia quelli mediante i quali viene esercitata la cd. volontaria
giurisdizione, in quanto non vi è una vera controversia da risolvere, bensì un negozio o un affare
da gestire che, per svariati motivi, richiede l’intervento partecipativo di un terzo estraneo e
imparziale (es. nomina del curatore dello scomparso; provvedimenti relativi a minori o incapaci;
apposizione e rimozione di sigilli; formazione dell’inventario);
d) infine, vi sono i procedimenti che svolgono una funzione marginale o sostitutiva dell’attività di
cognizione (es. riconoscimento delle sentenze straniere e procedimento arbitrale).

Procedimento di ingiunzione artt. 633 – 656 cpc

La specialità della disciplina va rapportata al procedimento a cognizione piena →


1) speciali condizioni di ammissibilità
2) specialità di attuazione del contraddittorio (differito, dopo l’emanazione del
provvedimento; eventuale, il soggetto ingiunto ha facoltà di proporre o meno opposizione)
3) specialità riguardo al provvedimento emanato dal giudice.
Alternatività del procedimento → scelta una strada non si può utilizzare l’altra.
Sommarietà del procedimento → concerne la cognizione del giudice → si svolge solo su
determinati elementi costitutivi della fattispecie o è limitata a determinati mezzi di prova.
Modello tedesco → procedimento monitorio puro → la cognizione del giudice è limitata
alla semplice affermazione dell’attore.
Modello austriaco → procedimento monitorio documentale → la parte deve provare i
fatti che sono a fondamento della sua pretesa.
Modello italiano → monitorio puro + monitorio documentale (è un ibrido) →
condizioni di ammissibilità → art. 633 cpc →
1) oggetto → a) diritto di credito di una somma di denaro liquida (deve essere determinata
nel suo ammontare o facilmente determinabile con operazioni matematiche) ed esigibile
(non deve essere sottoposto a condizione), b) diritto alla consegna di una determinata
quantità di cose fungibili, c) diritto alla consegna di cosa mobile determinata;
2) documentazione → a fondamento della domanda vi deve essere una prova (qualsiasi
tipo di prova) scritta (nozione più ampia di prova documentale). Chi ha un titolo di credito
→ può agire direttamente in via esecutiva.
Art. 637 → giudice competente → il Giudice di Pace o il Tribunale che sarebbe
competente secondo il procedimento ordinario; ha competenza ordinaria (per materia, per

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territorio, per valore), non ha poteri cognitivi pieni ma sommari (secondo alcuni il giudice
deve comunque verificare il fumus).
Art. 638 → la domanda si propone con ricorso → va depositato presso la cancelleria del
giudice. Questi può sospendere momentaneamente il procedimento quando ci sia bisogno
di integrazioni.
Art. 640→ rigetto della domanda → il giudice, se ritiene insufficientemente giustificata la
domanda, dispone che il cancelliere ne dia notizia al ricorrente, invitandolo a provvedere
alla prova. Se il ricorrente non ritira il ricorso o non risponde all’invito, il giudice lo rigetta
con decreto motivato.
Art. 641→ il giudice, se esistono le condizioni ex art. 633, emana il decreto ingiuntivo (36)
→ ordina il pagamento entro 40 gg. dalla notificazione del provvedimento.
In mancanza di adempimento, si procederà ad esecuzione forzata.
Se ricorrono giusti motivi, il termine può essere ridotto a 10 gg. oppure aumentato a 60 gg
Art. 642 co. 1 → provvisoria esecuzione → quando è fornita al giudice una particolare
prova scritta (cambiale, assegno, atto notarile), questi, su istanza del ricorrente, ingiunge
(non c’è discrezionalità) al debitore di pagare senza dilazione autorizzando in mancanza
l’esecuzione provvisoria del decreto e fissando il termine ai soli effetti dell’opposizione.
Art. 642 co. 2 → l’esecuzione provvisoria può essere concessa (vi è discrezionalità)
anche se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, ma il giudice può imporre al
ricorrente una cauzione.
Art. 642 co. 3 → in tali casi il giudice può anche autorizzare l’esecuzione senza
l’osservanza del termine dilatorio di 10 gg. contenuto nel precetto.
Quando c’è litispendenza?
Art. 643 → si ha solo con la notificazione (37) del decreto ingiuntivo alla controparte.
Il debitore ingiunto, notificatogli il decreto, nei 40 gg. valuta se instaurare o meno un
giudizio di opposizione.
L’opposizione al decreto ingiuntivo → fase eventuale → la sommarietà si trasforma in
procedimento a cognizione piena.
La competenza del giudice è funzionale ed inderogabile → è competente il giudice che
ha emanato il decreto ingiuntivo (nel caso di domanda riconvenzionale → la competenza è
del giudice superiore).
Art. 645 → l’opposizione si propone con citazione (con ricorso, in materia di lavoro) →
si ha una sorta di impugnazione del decreto ingiuntivo. In questo caso si ha un’inversione
formale delle parti → infatti propone opposizione la parte convenuta ed è suo onere far sì
che il giudizio prosegua e non si estingua.
Tale inversione non si ripercuote sull’onere della prova → art. 2697 cc → chi fa valere in
giudizio un diritto, ossia l’attore, deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
Ipotesi particolare → art. 647 → esecutorietà per mancata opposizione o per
mancata attività dell’opponente → se non è stata fatta opposizione nel termine stabilito,
oppure l’opponente non si è costituito, il giudice che ha pronunciato il decreto, su istanza
anche verbale del ricorrente, pronuncia l’esecutività del decreto. In questo caso, dichiarato

(36)
rappresenta l’atto conclusivo della prima fase del procedimento di ingiunzione, caratterizzato da una
cognizione sommaria, prevista per i crediti fondati su prova scritta e per quelli derivanti da prestazioni
professionali di avvocati e procuratori, notai ed altri esercenti arti o libere professioni per i quali esiste una
tariffa legalmente approvata. Ai sensi dell’art. 634 cpc → anche i crediti degli artigiani (e dei prestatori di
servizi in genere) potranno essere assistiti dal (—): è sufficiente l’esibizione della fattura perché l’autorità
giudiziaria competente possa emettere il provvedimento d’urgenza.
(37)
Corte Cost. Sent. 477/2002 → in tema di notificazioni a mezzo posta, stabilisce il principio, avente
valenza generale, della scissione del momento perfezionativo della notificazione.

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esecutivo il decreto, l’opposizione non può essere più proposta né proseguita (salvo il
disposto dell’art. 650).
Art. 648 → provvisoria esecuzione in pendenza di opposizione → se l’opposizione
non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione, il giudice istruttore, con ordinanza
non impugnabile, concede l’esecuzione provvisoria del decreto, qualora non sia già stata
concessa ex art. 642. Il giudice concede l’esecuzione provvisoria parziale del decreto
ingiuntivo opposto limitatamente alle somme non contestate (dlgs. 231/2001).
Art. 648 co. 2 → deve in ogni caso concederla, se la parte che l’ha chiesta offre una
cauzione per l’ammontare di eventuali danni.
Art. 649 → sospensione della provvisoria esecuzione → si ha quando il giudice
istruttore ritenga che vi siano gravi motivi che configurino una potenziale fondatezza
dell’opposizione. Anche in questo caso si ha ordinanza non impugnabile.
Tale norma è un correttivo alla pronuncia provvisoriamente esecutiva del decreto inaudita
altera parte a tutela del debitore ingiunto ed opponente.
Art. 650 → opposizione tardiva → l’intimato può fare opposizione oltre il termine fissato
nel decreto (40 gg.), quando dimostri di non aver avuto tempestiva notizia del decreto per
irregolarità della notificazione, per caso fortuito o per forza maggiore (38) .
In questo caso si può avere sospensione dell’esecutorietà ex art. 649.
L’opposizione non è più ammessa decorsi 10 gg. dal primo atto di esecuzione.
Modo di estinzione dell’opposizione → art. 652 → la conciliazione → si ha quando le
parti si conciliano nel giudizio di opposizione, in questo caso il giudice, con ordinanza non
impugnabile, dichiara o conferma l’esecutorietà del decreto.
Il provvedimento finale → art. 653 → se l’opposizione è rigettata con sentenza
passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva oppure è dichiarata con ordinanza
l’estinzione del processo, il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia
esecutiva.
Se l’opposizione è accolta totalmente, la sentenza, dichiarativa dell’inesistenza del
diritto, elimina il decreto.
Se l’opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente
dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione mantengono i loro effetti nei limiti della somma
ridotta.
Art. 656 → impugnazione → Il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo ex art. 647, può
essere impugnato per revocazione (quando sia preclusa l’opposizione ordinaria) e con
opposizione di terzo.

Procedimento di convalida di sfratto artt. 657 – 669 cpc


Procedimento sommario diretto ad ottenere dal giudice l’emanazione di un provvedimento
(ordinanza), che convalidi la licenza ovvero lo sfratto per scadenza del termine o per
mancato pagamento del canone pattuito.
Possono valersi di questa procedura soltanto il locatore o il concedente in caso di →
locazione, affitto a coltivatore diretto, mezzadria, colonia parziaria.
Soggetto passivo della procedura sarà, nel primo caso, il conduttore; nel secondo caso,
l’affittuario coltivatore diretto, il mezzadro o il colono.
Art. 657 → 3 ipotesi tassative →

(38)
Corte Cost. sent. 120/76 → illegittimità costituzionale dell’art. 650 co. 1, nella parte in cui non
consente l’opposizione tardiva dell’intimato che, pur avendo avuto conoscenza del decreto ingiuntivo, non
abbia potuto, per caso fortuito o forza maggiore, fare opposizione entro il termine fissato nel decreto.

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1) licenza (disdetta) per finita locazione → si intima prima della scadenza del contratto,
per impedire la rinnovazione tacita di esso; è una ipotesi di condanna in futuro → il
locatore anticipa i tempi, ottiene un titolo che può utilizzare già il giorno immediatamente
successivo alla scadenza del contratto;
2) sfratto → si intima dopo la scadenza del contratto di locazione;
3) sfratto per morosità → art. 658 → si intima per mancato pagamento dei canoni alle
scadenze stabilite. E’ una particolare protezione per il locatore, infatti è sufficiente il
mancato pagamento di 1 solo canone.
Art. 660 → particolarità del procedimento → 1) atto iniziale del procedimento è la
citazione, che deve fare il locatore (ha valore negoziale) 2) il termine a comparire è molto
ridotto (20 gg.) 3) è richiesto che il locatore avvisi l’inquilino che la mancata presenza
rende valido lo sfratto (espresso avvertimento) 4) l’inquilino può opporsi anche senza la
presenza di un avvocato 5) art. 661 → il giudice competente è il Tribunale del luogo in cui
si trova l’immobile locato 6) il giudice all’udienza ha poteri più ampi riguardo alla ritualità
dell’intimazione → questa deve avvenire a mani dell’inquilino, in caso contrario l’Uff. Giud.
deve spedire avviso all’intimato dell’effettuata notificazione con lettera raccomandata; se il
giudice sospetta che non sia andata a buon fine, può disporre che sia rinotificata.
All’udienza di convalida di sfratto possono verificarsi 3 ipotesi →
1) art. 662 → se non compare il locatore → l’intimazione è senza effetto, il giudice
dichiarerà estinto il procedimento; rimane in piedi solo l’effetto negoziale (risoluzione del
contratto);

2) art. 663 → se non compare il conduttore → il giudice convalida lo sfratto, appone


dietro alla citazione (esiste dunque un solo originale che è nelle mani del locatore, non c’è
nella cancelleria del Tribunale; in caso di smarrimento, dunque, si deve iniziare il
procedimento ex novo) un timbro con il quale si convalida lo sfratto e fissa l’inizio
dell’esecuzione.
Per alcuni → il giudice non emana una sentenza, ma prende atto di una situazione
(compie attività di certificazione).
3) se compare il conduttore (e si oppone) → il giudice non può convalidare lo sfratto,
dovrà fissare un’udienza di discussione dando un termine alle parti per integrare gli scritti.

Art. 664 → pagamento dei canoni → nel caso di sfratto per morosità, il giudice adito
pronuncia separato decreto ingiuntivo (39) per l’ammontare dei canoni scaduti e da
scadere fino all’esecuzione dello sfratto, e per le spese relative all’intimazione.
Il decreto è immediatamente esecutivo ma contro di esso può essere proposta
opposizione ex art. 645. L’opposizione non toglie efficacia all’avvenuta risoluzione del
contratto.
Art. 665 → attribuisce un potere enorme al giudice → ordinanza non impugnabile di
rilascio → condanna con riserva delle eccezioni del convenuto → il giudice valuta
l’opposizione, emette questa ordinanza che non è una condanna definitiva per il
conduttore. Presuppone →
a) l’istanza del locatore

(39)
dottrina → tale decreto ingiuntivo, poiché può riguardare anche canoni di locazione ancora da scadere,
costituisce un’ipotesi tipica di azione di condanna in futuro. Tale azione di cognizione è ammissibile solo
nei casi tassativamente previsti dalle legge, in quanto l’esercizio dell’azione giurisdizionale postula l’attualità
dell’interesse ad agire.

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b) che non ricorrano gravi motivi in contrario


c) eccezione non fondata su prova scritta dell’intimato che si oppone.

Disciplina dell’ordinanza non impugnabile di rilascio → una volta emessa, ha vita


propria?
Nel caso in cui il giudizio si estingue, non sopravvive a meno che la legge non lo stabilisca
espressamente. Necessita della conferma e non ha valore di sentenza.
Art. 666 → ordinanza per il pagamento di canoni non contestati → nel caso di sfratto
per morosità, se il convenuto nega la propria morosità, è un invito che il giudice fa alla
parte di pagare entro 20 gg. In caso di mancato pagamento, il giudice convalida
l’intimazione di sfratto e pronuncia decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni.
Art. 667 → mutamento del rito → pronunciati i provvedimenti ex artt. 665 e 666,
il giudizio prosegue nelle forme del rito speciale, previa ordinanza di mutamento di rito.
Rimedi contro l’ordinanza di convalida di sfratto (è irretrattabile, i mezzi di
impugnazione sono eccezionali) →
- rimedio tipico → art. 668 → opposizione tardiva → è possibile in 2 ipotesi →
1) quando il conduttore prova di non aver avuto conoscenza della intimazione per nullità
della notificazione;
2) l’intimato, avuta conoscenza dell’intimazione, non ha potuto fare opposizione per caso
fortuito o forza maggiore (ipotesi prevista dalla Corte Cost.).
Termine di decadenza → decorsi 10 gg. dall’inizio dell’esecuzione, non si può fare
opposizione tardiva. Tale opposizione non comporta la sospensione dell’efficacia
esecutiva dell’ordinanza di convalida di sfratto.
- rimedio giurisprudenziale → impugnazione (appello) → solo per determinati motivi,
quando si contesta la mancanza di presupposti generali o specifici per il rilascio
dell’ordinanza di convalida di sfratto.
E’ possibile il ricorso per Cassazione?
La giurisprudenza è per una risposta negativa; la dottrina (minoritaria) per una risposta
positiva.
La Corte Cost. è intervenuta in varie fasi → a) ha ammesso l’opposizione del terzo, sia
ordinaria che revocatoria; b) ha ammesso la revocazione → equipara le ordinanze alle
sentenze → in ipotesi di dolo e per errore di fatto del giudice.
Rapporto tra appello e revocazione → Verde → la Corte Cost. non ha ridotto la portata
dell’appello → può esserci in tutte le ipotesi di revocazione.

Condanna con riserva


Mira a prevenire l’abuso del diritto di difesa da parte del convenuto a fini meramente
dilatori.
Ipotesi tipiche → art. 1462 cc → clausola limitativa della proponibilità delle eccezioni
art. 35 – 36 cpc → eccezione di compensazione
domanda riconvenzionale
art. 665 cpc → ordinanza di immediato rilascio dell’immobile locato.

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Procedimento cautelare artt. 669bis – 669quaterdecies cpc


Ha finalità sussidiaria ed accessoria, in quanto diretto ad assicurare e garantire l’efficace
svolgimento e il proficuo risultato delle azioni di cognizione ed esecutive.
E’ volto ad evitare che il diritto che si intende cautelare sia in qualsiasi modo pregiudicato.
Verde → l’azione cautelare è un’azione astratta in quanto non è collegata alla prova piena
dell’esistenza del diritto. Acquista, quindi, rilievo l’interesse ad agire, come condizione
della tutela.
Presupposti →
1) fumus boni iuris → la verosimiglianza (e non certezza) dell’esistenza del diritto di cui
si chiede la tutela in via principale;
2) periculm in mora (40) → il fondato timore che, mentre si attende quella tutela, il diritto
dell’attore possa essere oggetto di un pregiudizio irreparabile o comunque grave.
Distinguiamo tutele sommarie cautelari (→ sono esclusivamente strumentali al
provvedimento cautelare che segue; se dopo l’emanazione del provvedimento cautelare
non segue il procedimento per cognizione, il provv. cautelare perde la sua efficacia.
Chi ha la titolarità di un diritto non è danneggiato dunque dalla durata del procedimento)
e tutele sommarie non cautelari (→ categoria eterogenea → difettano della strumentalità
(decreto ingiuntivo); assumono stabilità se non segue il proced. a cognizione piena. Sono
caratterizzate da forte autonomia).
Ci sono poi i provv. sommari interinali → sono emanati nel corso della normale
istruttoria.
Disciplina uniforme → procedimento cautelare uniforme →
artt. 669bis – 669quaterdecies → si applica a tutti i procedimenti cautelari previsti dal cpc
e da leggi speciali con essi compatibili, tranne l’istruzione preventiva (ha una disciplina
autonoma).
Gli istituti del procedimento cautelare uniforme → artt. 669bis → la domanda si introduce
con ricorso da depositare presso la cancelleria del giudice competente.
Il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti in cui svolgerà una istruttoria sommaria
e dopo provvederà accogliendo o rigettando la domanda cautelare.
Il provvedimento può essere chiesto anche ante causam oltre che in corso di causa.
La domanda deve contenere l’indicazione del fumus e del periculum.
Criterio generale → il giudice competente si individua in base alla regola fondamentale
del merito (per la causa a cognizione piena) sia ante causam che in corso di causa.
Regola, questa, che subisce eccezioni o specificazioni dettate dal legislatore.
Art. 669ter → competenza anteriore alla causa → prima dell’inizio della causa di merito,
la domanda si propone al giudice competente a conoscere il merito.

(40)
Calamandrei distingue tra →
a) pericolo da infruttuosità → configurabile allorquando durante il tempo necessario allo svolgimento
dell’ordinario processo di cognizione possano sopraggiungere fatti tali da rendere più difficoltosa o addirittura
impossibile l’attuazione della sentenza a cognizione piena. Alla neutralizzazione di tale pericolo mirano
provvedimenti cautelari della specie del sequestro conservativo.
b) pericolo da tardività → configurabile invece allorquando sia la mera durata del processo a poter essere
causa di pregiudizio del diritto.

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Art. 669ter co. 2 → le eccezioni riguardano il Giudice di Pace (giudice non togato) →
non ha competenza cautelare, la domanda va fatta al Tribunale dello stesso circondario.
Art. 669quater → competenza in corso di causa → quando vi è causa pendente per il
merito, la domanda si propone al giudice della stessa. Se il giudice istruttore non è stato
ancora designato, la domanda va presentata al presidente del Tribunale che provvede a
designare il magistrato. Se si è in pendenza di termini per proporre impugnazione, la
domanda si propone al giudice che ha pronunziato la sentenza.
Art. 669quinquies → non hanno tale competenza nemmeno gli arbitri → la domanda va
proposta al giudice che sarebbe stato competente se le parti non si fossero rivolte al
collegio arbitrale.
Ipotesi di competenza derogabile dalle parti → in questo caso la domanda cautelare
ante causam si propone al giudice originariamente individuato dalla legge (art. 28).
Presentata la domanda, qual è il procedimento?
Art. 669sexies → 2 modalità →
1) a contraddittorio integro → co. 1 → il giudice, sentite le parti, procede nel modo
che ritiene più opportuno agli atti di istruzione e provvede con ordinanza all’accoglimento
o al rigetto della domanda;
2) a contraddittorio non integro → quando la convocazione dell’altra parte potrebbe
pregiudicare l’attuazione del provvedimento, il giudice provvede con decreto motivato
assunte, ove occorre, sommarie informazioni.
Tale provvedimento è provvisorio, necessita di un’altra fase → udienza di comparizione
delle parti entro 15 gg. dal decreto. A tale udienza il giudice, con ordinanza, conferma,
modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto.
Il decreto emesso inaudita altera parte va notificato all’altra parte entro 8 gg. a pena di
nullità.
L’istruzione della domanda (indispensabile per poter addivenire ad una decisione) in
questa fase è semplificata → non si sentono testimoni, ma persone informate sui fatti
(non prestano giuramento).

Finita l’istruzione, segue la decisione del giudice → ordinanza →


1) di accoglimento
2) di rigetto
Art. 669terdecies → in entrambi i casi lo strumento di opposizione all’ordinanza è il
reclamo (è una sorta di appello) → va proposto al Collegio (se l’ordinanza è emanata da
un giudice del Tribunale) o alla Corte d’Appello (se è emanata da una C. d’Appello).
Rigetto → per fumus o per periculum (→ in questo caso la domanda può essere
riproposta solo se mutano le motivazioni o le circostanze) o per incompetenza del
giudice adito (→ art. 669septies → la domanda cautelare può essere riproposta anche
negli stessi termini).
Accoglimento → art. 669octies → quando il giudice accoglie la domanda cautelare,
pronuncia un’ordinanza motivata con la quale fissa un termine perentorio non superiore
a 30 gg. per l’inizio del giudizio di merito, se la domanda cautelare è stata proposta ante
causam.
Se il giudice non fissa alcun termine, la causa di merito deve essere, comunque iniziata
entro il termine massimo di 30 gg.
Tale termine decorre dalla pronuncia in udienza dell’ordinanza o in mancanza dalla sua

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comunicazione.
In caso di controversie di lavoro, il termine decorre dal momento in cui la domanda è
divenuta procedibile, ossia dopo che sia stato esperito il tentativo obbligatorio di
conciliazione.
Art. 669novies → inefficacia del provvedimento cautelare → si ha quando il giudizio di
merito non è iniziato nei termini (30 gg.); si avrà ugualmente inefficacia, se il giudizio è
iniziato nei termini ma si estingue; inoltre il provvedimento perde efficacia (sanzionatoria),
quando non è prestata la cauzione prevista dal giudice.
In questi casi → art. 669novies co. 2 → la parte interessata propone ricorso al giudice
che ha emesso il provvedimento cautelare → il giudice instaura il contraddittorio (integro)
e, se non c’è contestazione, decide con ordinanza (che dichiara l’inefficacia del
provvedimento); se invece c’è contestazione, il giudice dovrà istruire una causa a
cognizione piena e decidere con sentenza provvisoriamente esecutiva. Nelle more di
questo accertamento se ci sono motivi sopravvenuti per la revoca o la modifica, il giudice
può optare per queste soluzioni.
Sia in caso di ordinanza che di sentenza → il giudice dovrà dare dei provvedimenti che
ripristino lo status quo ante.
Art. 669decies → revoca o modifica del provvedimento → sono disposte nel corso della
istruzione, su istanza di parte, con ordinanza del giudice istruttore se si verificano
mutamenti nelle circostanze (→ cause interne e esterne al processo).
Sia la revoca che la modifica vanno presentate allo stesso giudice che ha emesso il
provvedimento.
Proto Pisani → la competenza ex art. 669decies va riconosciuta anche al Giudice di Pace,
qualora sia giudice di merito della causa.
Art. 669duodecies → attuazione dei provvedimenti → salvo quanto disposto per i
sequestri, l’attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro avviene
ex artt. 491 e ss. (giudice competente sarà il giudice dell’esecuzione), mentre l’attuazione
delle misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare
avviene sotto il controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare, il quale
ne determina anche le modalità di attuazione e, ove sorgano difficoltà o contestazioni, dà
con ordinanza i provvedimenti opportuni, sentite le parti.
Tra i cautelari si distinguono →
a) quelli che tendono ad assicurare una situazione di fatto in vista della futura cognizione: vi rientrano i mezzi di
istruzione preventiva, come la prova testimoniale a futura memoria e l’accertamento tecnico preventivo; il sequestro
giudiziario su beni di cui sia controversa la proprietà o il possesso) ovvero della futura esecuzione (sequestro
conservativo);
b) quelli che tendono ad attuare in via preventiva provvedimenti che, se fossero posti in essere in un momento
successivo, arriverebbero tardivamente (cd. provvedimenti urgenti e temporanei);
c) quelli che tendono ad assicurare preventivamente l’uguaglianza delle parti in conflitto (denunzie di nuova opera e di
danno temuto in cui il giudice dà immediatamente i provvedimenti urgenti e necessari).

Reclamo cautelare art. 669terdecies cpc

Mezzo di impugnazione del provvedimento cautelare → strumento generale per ottenere


una 2^ pronuncia rispetto all’istanza cautelare.
Consente un esame più ponderato dei provvedimenti.
Caratteristiche → è rivolto ad un giudice diverso (giudice collegiale) rispetto a quello che
ha emesso il provvedimento cautelare (giudice monocratico) e tendenzialmente superiore.
Regole processuali → art. 739 co. 2 → il ricorso deve essere proposto nel termine
perentorio di 10 gg. dalla comunicazione o dalla notificazione del decreto; il decorso di tale
termine rende inammissibile la domanda di reclamo. Il Collegio, convocate le parti,
pronuncia ordinanza non impugnabile con la quale conferma, revoca o modifica il
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provvedimento cautelare.
Art. 669terdecies co. 5 → il provvedimento reclamato può essere oggetto di revoca o di
modifica → ciò che conta è l’aderenza della cautela alla situazione di fatto.
Contenuto della impugnazione → impugnazione a critica libera → errores in
procedendo, fumus, periculum.
Il limite di ammissibilità è che non vengono fatte nuove istanze cautelari rispetto a quelle di
I° grado.
Art. 669terdecies ult. co. → “cautela sulla cautela” → sospensione dell’efficacia del
provvedimento cautelare laddove l’attesa per il provvedimento di reclamo arrechi grave
danno; tale sospensione può essere subordinata alla prestazione di una congrua
cauzione.
Corte Cost. sent. n. 235/94 → illegittimità costituzionale dell’art. 669terdecies co. 1,
nella parte in cui non ammette reclamo anche contro l’ordinanza di rigetto della domanda
di provvedimento cautelare.
Pertanto il co. 1 va letto nel senso di ammettere il reclamo sia contro il provvedimento di
accoglimento sia contro quello di rigetto.
I provvedimenti adottati in base al (—) generalmente non sono impugnabili in Cassazione
dato che non sono suscettibili di acquisire l’efficacia di cosa giudicata.
L. 353/90 → ha limitato il reclamo alle sole ordinanze con cui il giudice istruttore (che non
operi come giudice unico) dichiara l’estinzione del processo.

Provvedimenti cautelari

Sequestro
È un mezzo di difesa preventiva del diritto, che ha lo scopo di garantire la conservazione e
l’indisponibilità di determinati beni o cose, per il periodo necessario alla soluzione della
controversia o al conseguimento del diritto dell’attore.
(41)
• sequestro giudiziario art. 670 cpc
È diretto a garantire un preteso diritto (reale o di obbligazione) su una cosa oggetto di
controversia.
E’ strumentale alla sentenza di condanna alla consegna o al rilascio del bene.
Tutela la disponibilità materiale futura del bene.

Art. 670 n. 1 → sequestro di beni (mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni)
- fumus → quando ne è controversa la proprietà o il possesso;
- periculum → è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea
per evitare il rischio che i beni siano soggetti ad alterazioni se lasciati nella disponibilità
della controparte o di un terzo

Art. 670 n. 2 → sequestro di prove (tutto ciò che può costituire fonte di prova in giudizio)
- fumus → quando è controverso il diritto all’esibizione o alla comunicazione;
- periculum → è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea per evitare il rischio
che le prove siano soggette ad alterazioni se lasciate nella disponibilità della controparte o
di un terzo.

(41)
Proto Pisani → tende a garantire la parte che richiede il provvedimento da atti di disposizione sia
materiali che giuridici del bene in questione. Ciò non può avvenire per i beni immobili, per i quali
l’indisponibilità è assicurata dalla trascrizione della domanda giudiziale.

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Proto Pisani → data la particolare funzione che esso persegue, dovrebbe essere
compreso tra i provvedimenti di istruzione preventiva.

Come si attua?
Art. 676 → nomina del custode → nel disporre il sequestro, il giudice nomina il custode e
può nominare tale quello dei contendenti che offre maggiori garanzie e dà cauzione.
In tal caso si verifica una interversione del possesso → il medesimo soggetto continuerà
a possedere il bene, ma in qualità di custode e come tale sottoposto a sanzioni di natura
anche penale, in caso di mancata osservanza degli obblighi.
Art. 677 → esecuzione → si seguono le regole dell’esecuzione per consegna o rilascio, in
quanto applicabili.
Art. 675 → termine d’efficacia → il provvedimento che autorizza il sequestro perde
efficacia se non è eseguito entro 30 gg. dalla pronuncia.
Non possono essere oggetto di sequestro → i diritti di credito, il denaro, le energie.
Possono esserne oggetto → i titoli di credito.
(42)
• sequestro conservativo art. 671 cpc

Ha la finalità di garantire il credito e di assicurarne la realizzazione, quando vi sia fondato


timore di perdere la garanzia dello stesso.
Art. 671 → è una anticipazione del pignoramento, e tende a garantire la fruttuosità pratica
di una futura espropriazione forzata.
- fumus → è tutelato un diritto di credito.
- periculum → sottrazione della garanzia del credito; sulla base di 2 elementi →
1) soggettivo (comportamento del debitore);
2) oggettivo (consistenza patrimoniale del debitore rispetto al credito che si aziona).

Si risolve in un vincolo di indisponibilità sulla cosa oggetto di sequestro ed ha ad oggetto


→ art. 678 → beni mobili (si seguono le regole dell’espropriazione);
art. 679 → beni immobili del debitore (si esegue attraverso la trascrizione) o somme a lui
dovute, nei limiti in cui la legge ne permetta il pignoramento.
Art. 684 → revoca del sequestro → il debitore può ottenere dal giudice istruttore, con
ordinanza non impugnabile, la revoca del sequestro conservativo prestando idonea
cauzione per l’ammontare del credito che ha dato causa al sequestro e per le spese, in
ragione delle cose sequestrate.
Art. 686 → conversione del sequestro conservativo in pignoramento → basta una
sentenza (di I° grado) di condanna esecutiva e in più occorre un presupposto formale
(onere che grava sul soggetto che ha ottenuto la sentenza) → art. 156 d. att. →
formalizzazione delle attività da parte del creditore sequestrante (deposito della sentenza
presso il giudice dell’esecuzione entro 2 mesi dalla comunicazione della stessa).
Gli effetti del pignoramento retroagiscono al momento in cui è stato eseguito il sequestro.
Con la conversione abbiamo un passaggio all’espropriazione.
Caso speciale di sequestro → art. 687 → sequestro liberatorio → il giudice può
ordinare il sequestro delle somme o delle cose che il debitore ha offerto o messo a

(42)
Proto Pisani → limiti dell’istituto → è utile solo contro il pericolo da infruttuosità, mentre non garantisce
adeguata tutela in caso di tardività. Ciò è evidente quando i crediti non assolvono prevalentemente una
funzione patrimoniale (es. crediti di lavoro).

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disposizione del creditore per la sua liberazione, quando è controverso l’obbligo o il modo
del pagamento o della consegna, o l’idoneità della cosa offerta.

Procedimenti di denunzia di nuova opera e denunzia di danno temuto

Azioni di nunciazione → mirano a tutelare la proprietà o il possesso del bene da una


situazione di pericolo attuale o futuro e da eventuale danno → hanno finalità cautelare.

1) denunzia di nuova opera (art. 1171 cc) → azione con cui il proprietario, il titolare di un
altro diritto reale di godimento o il possessore denunzia un’opera da altri intrapresa e non
terminata (se non è trascorso 1 anno dal suo inizio), quando abbia ragione di temere che
da essa possa derivare danno alla cosa che forma oggetto del suo diritto o possesso.
Fumus → controversia relativa alla titolarità del possesso.
Periculum → danno che può derivare da una nuova opera.

Il contenuto del provvedimento è predeterminato dal legislatore → divieto della


continuazione dell’opera o autorizzazione alla sua continuazione.

2) denunzia di danno temuto (art. 1172 cc) → azione con cui il proprietario, il titolare di
altro diritto reale di godimento o il possessore si rivolge all’autorità giudiziaria, quando
tema che da un albero, una costruzione od altro (cose, comunque, già esistenti) stia per
derivare un danno grave e prossimo alla cosa che forma oggetto del suo diritto o del suo
possesso.

Art. 688 → entrambe le azioni si introducono con ricorso al giudice del luogo nel quale è
avvenuto il fatto denunciato (art. 21 cpc).
La competenza è sempre del Tribunale, in quanto, applicandosi a tali azioni il rito
cautelare, ex art. 669quater → se la causa pende davanti al Giudice di Pace la domanda si
propone al Tribunale.

Il procedimento si articola in 2 fasi →

I^) di natura sommaria e cautelare → è volta alla emanazione dei provvedimenti provvisori
ed urgenti onde evitare il verificarsi del danno;
II^) di merito → è diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto e la conseguente
emanazione del provvedimento definitivo.

L. 353/90 → a tale procedimento si applica la procedura prevista dagli artt. 669quater ss., per
cui il giudice, sentite le parti, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti istruttori
indispensabili, e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda.
Se accoglie la domanda, il giudice deve fissare un termine perentorio (non superiore a 30 gg.)
per l’inizio del giudizio di merito.
Se la rigetta, deve provvedere alle spese del provvedimento cautelare.
Contro il provvedimento del giudice può proporsi reclamo.

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Provvedimenti d’urgenza art 700 cpc [norma di chiusura dei provv. caut.]

Misure cautelari atipiche → tendono ad assicurare la tutela in via provvisoria di un diritto


che risulterebbe irrimediabilmente pregiudicato se si attendesse la definizione in sede
ordinaria della controversia, relativamente ad una fattispecie che, pur degna di tutela
giuridica, non è contemplata in alcun provvedimento cautelare tipico.
Avendo carattere provvisorio, sono destinati ad essere sostituiti dalla decisione di merito,
ove risulti accertata l’esistenza del diritto; diversamente verranno automaticamente meno.
Presupposti per l’emissione →
- periculum → fondato motivo di temere l’insoddisfazione del proprio diritto a seguito
di un giudizio ordinario, per l’esistenza di un pericolo di danno imminente (43) ed
irreparabile (44) (violazione di un diritto personale; diritto di credito non realizzato,
che non assolva funzione prevalentemente patrimoniale);
- fumus → dovrà, sulla base di un giudizio di verosimiglianza, essere ritenuto esistente il
diritto di cui si chiede tutela.
- E’ necessario, infine, che non esista un altro provvedimento cautelare tipico, idoneo nel
caso concreto ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito.
I provvedimenti d’urgenza hanno quindi carattere sussidiario.
L. 353/90 → ha abrogato gli artt. 701 e 702 cpc che riguardavano la procedura, che è
stata sostituita dalla normativa dei provvedimenti cautelari in generale (artt. 669bis ss).
La domanda si propone sempre con ricorso.
Contro l’ordinanza che lo concede, è ammesso reclamo → entro 10 gg., da proporsi al
Tribunale per i provvedimenti pretorili e, nell’ambito del Tribunale al collegio, contro i
provvedimenti del giudice singolo.
Il provvedimento d’urgenza perde di efficacia → se entro 30 gg. non si dia inizio al
giudizio di merito (art. 669octies), nonché se nel giudizio di merito il diritto a cautela del
quale la misura era stata concessa venga dichiarato inesistente.
Proto Pisani evidenzia un limite → l’ampio potere discrezionale affidato al giudice, per il
fatto che il legislatore non ha tipicizzato né il periculum in mora né i contenuti del
provvedimento.

(43)
la dottrina è concorde nel ritenere che un pregiudizio sia imminente sia quando si sia verificato o si stia
verificando, sia quando sia incombente ma non si sia effettivamente realizzato.
(44)
Satta → solo i diritti assoluti potrebbero subire un pregiudizio irreparabile, perché solo con riferimento a
tali diritti il soggetto attivo può vantare un potere immediato sul bene, già costituito prima del processo.
Montesano → il pregiudizio è irreparabile quando nelle inevitabili more del giudizio di merito, l’attore non
possa servirsi di alcun rimedio sufficientemente efficace contro la situazione di inferiorità che gli deriva dal
danno minacciato. Andrioli → il giudizio è irreparabile quando non è suscettibile di reintegrazione in forma
specifica e non è risarcibile (cd. teoria empirica, sposata anche da Proto Pisani).

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Procedimento di istruzione preventiva artt. 692 – 699 cpc


Si ha allorché, per ragioni d’urgenza, un mezzo istruttorio viene assunto prima dell’inizio
del giudizio cui si riferisce o, comunque, prima che il giudice istruttore lo abbia ammesso.
E’ una misura cautelare prevista in funzione dell’efficienza dell’istruzione probatoria →
mira ad evitare che vadano dispersi nelle more (periculum) dell’instaurazione di un
giudizio ordinario di cognizione, gli elementi di prova utilizzabili in esso.
L’accertamento del periculum è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice della
cautela.
L’urgenza deriva dal timore che le prove possano mancare prima di poter essere utilizzate
nel processo, sia che questo abbia avuto inizio, sia che non lo abbia avuto ancora.
Ratio → ha la funzione di acquisire la dichiarazione di testimoni, fare accertamenti tecnici
e ispezioni giudiziali.
Il giudice procede ad una adeguata valutazione circa l’ammissibilità e la rilevanza
della testimonianza da assumere o eventualmente già acquisita.
Art. 693 → l’istanza relativa va rivolta al giudice competente per il merito con ricorso →
deve contenere i motivi dell’urgenza che la giustificano e i fatti sui quali debbono essere
interrogati i testimoni.
Procedimento → in seguito all’istanza, il giudice fissa con decreto l’udienza di
comparizione e stabilisce un termine perentorio per la sua notificazione.
Quindi provvede con ordinanza non impugnabile sull’ammissione del mezzo di prova →
1) se ammette la prova testimoniale, fissa l’udienza per l’assunzione e designa il giudice
2) se ammette l’accertamento tecnico o l’ispezione giudiziale, nomina il consulente
tecnico e fissa la da d’inizio delle ispezioni.
In casi di eccezionale urgenza può pronunciare con decreto.
Art. 692 → assunzione preventiva di testimoni → audizione a futura memoria →
testimonianza assunta antecedentemente alla fase istruttoria da chi abbia fondato motivo
di temere che stiano per mancare uno o più testimoni, le cui deposizioni siano necessarie
ai fini dell’accertamento della controversia.
Art. 696 → accertamento tecnico e ispezione giudiziale→ complesso di operazioni
dirette a far acquisire al giudice cognizioni tecniche sui fatti di causa, di cui egli non ha
la conoscenza (es. verifica dello stato di fatiscenza di un edificio) o a fornire elementi di
supporto nella valutazione di prove già acquisite.
Oggetto dell’ istruzione preventiva o dell’ispezione giudiziale preventiva → evitare che
si disperdano gli elementi di prova utilizzabili nel giudizio di merito perché deteriorati o
modificati.
A seguito di 2 successivi interventi della Corte Cost. → sentt. 471/90 e 257/96 →
l’istruzione preventiva è ora esperibile anche sulle persone e non solo sulle cose, purché
ci sia il consenso della persona oggetto dell’(—).

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Procedimenti possessori artt. 703 – 705 cpc

Possesso → situazione sostanziale di mero fatto.

1) Azione di reintegrazione (privazione del possesso) → art. 1168 cc → è l’azione


concessa al possessore e a colui che detiene non per ragioni di servizio o di ospitalità
(cd. detentore qualificato), che siano stati violentemente o occultamente spogliati del
potere di fatto sulla cosa, per consentirgli di essere rapidamente reintegrati in esso.
Legittimato passivo è l’autore materiale dello spoglio o colui che ha acquistato da questi,
pur essendo consapevole dello spoglio.
Termine per proporre l’azione → 1 anno dalla sofferta lesione, che decorre dalla data
dello spoglio ove questo sia palese e, in caso di spoglio clandestino, dal giorno della sua
scoperta.

2) Azione di manutenzione (turbativa del possesso) → art. 1170 cc → è diretta a tutelare


i possessori (non i detentori) contro le molestie o le turbative, di fatto o di diritto, per
ottenere dal giudice un provvedimento che ordini la immediata cessazione della turbativa;
essa è altresì concessa contro lo spoglio non violento o non clandestino.
Con tale azione è tutelabile soltanto il possesso avente ad oggetto un bene immobile o
un’universalità di mobili.
Il possesso tutelabile, inoltre, deve essere ultrannuale, continuo e non interrotto, non
acquistato con violenza o con clandestinità.
Termine per proporre l’azione → 1 anno dalla molestia o dallo spoglio e la domanda
si propone al giudice del luogo in cui è avvenuto il fatto denunciato (art. 21 co. 2 cpc).

Procedimento comune → art. 703 → le domande si propongono con ricorso al


Tribunale del luogo in cui è avvenuto il fatto denunciato. Il giudice provvede ex artt. 669bis
e ss.
In queste 2 ipotesi c’è per forza una tutela d’urgenza → altrimenti si renderebbe inutile
la tutela del possesso.
Esiste il merito possessorio?
Alcuni ritengono che esiste solo la cognizione sommaria; altri ritengono che esiste
anche il merito possessorio (cognizione piena). Tra questi c’è chi dice che c’è una
unica fase e si passa poi alla cognizione piena, e chi dice che bisogna seguire
gli artt. 669bis e ss.
Soluzione → Corte di Cassaz. sent. 98/84 → il merito possessorio c’è; l’atto
introduttivo è unico (ricorso originario); il provvedimento è reclamabile. Secondo la
Cassaz. per una situazione di mero fatto, ci sono 5 gradi di giudizio.
Importanza del merito possessorio → art. 705 → divieto di proporre giudizio
petitorio → il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio,
finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita (45) .

(45)
Corte Cost. sent. 25/92 → illegittimità costituzionale dell’art. 705 co. 1 nella parte in cui subordina la
proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria o all’esecuzione della
decisione nel caso che ne derivi o possa derivarne un pregiudizio irreparabile al convenuto.

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Il convenuto può però proporre il giudizio petitorio quando dimostra che l’esecuzione
del provvedimento possessorio non può compiersi per fatto dell’attore.

Capitolo 1bis

Il procedimento dinanzi al Giudice di Pace artt. 316 – 322 cpc

Art. 316 → forma della domanda → citazione a comparire a udienza fissa, è ammessa
anche la domanda orale.
Art. 317 → deroga all’art. 77 → le parti possono farsi rappresentare dinanzi al GdP da
persona munita di mandato scritto in calce alla citazione.
Art. 319 → costituzione delle parti → le parti si costituiscono depositando in cancelleria
la citazione o il processo verbale o, quando occorre, la procura.
Art. 320 → procedimento → nella prima udienza il giudice interroga liberamente le parti
e tenta la conciliazione. Se la conciliazione riesce, se ne redige processo verbale.
Se la conciliazione non riesce, il giudice invita le parti a determinare in maniera definitiva il
tema della controversia, a produrre documenti e a richiedere mezzi di prova da assumere.
In tal caso il giudice può fissare una sola seconda udienza per ulteriori deduzioni e
richieste di prova, che potranno essere assunte anche in udienza o udienze successive.
Art. 321 → decisione → il GdP, quando ritiene matura la causa per la decisione, invita le
parti a precisare le conclusioni e a discutere la causa.
La sentenza è depositata in cancelleria entro 15 gg. dalla discussione.
Art. 322 → la conciliazione → il GdP ha la competenza per la conciliazione in sede non
contenziosa (46) . Se la conciliazione riesce e la controversia rientra nella competenza del
GdP, si redige processo verbale che ha valore di titolo esecutivo.
Se invece la controversia è di competenza di altro giudice, il processo verbale ha valore di
scrittura privata riconosciuta in giudizio.
Le sentenze del GdP → sono appellabili davanti al Tribunale; sono inappellabili quelle
pronunziate secondo equità.

(46)
composizione amichevole della lite operata al di fuori del giudizio, in un momento anteriore al processo e
finalizzata proprio ad evitare quest’ultimo.

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Cap. 2bis

Processo del Lavoro artt. 409 – 441 cpc

E’ alternativo al rito a cognizione piena ma è solo apparentemente residuale.

E’ sufficiente che la domanda trovi il suo titolo giuridico (causa petendi) in uno dei
rapporti ex art. 409 (anche se estinto o ancora da costituire), mentre non è necessario
che ciò che viene chiesto in concreto (petitum) sia una conseguenza immediata e diretta
del rapporto di lavoro indicato come causa petendi.

Art. 409 → ambito di applicazione → controversie relative a →


1) rapporti di lavoro subordinato privato, ovvero altri rapporti di lavoro caratterizzati dalla
parasubordinazione (47)
2) rapporti derivanti dai contratti agrari (salva la competenza delle sezioni specializzate
agrarie)
3) rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale che si concretino in una
prestazione continuativa, coordinata e personale
4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o
prevalentemente attività economica
5) rapporti di lavoro pubblico (semprechè non siano devoluti dalla legge ad altro giudice).
Inoltre sia applica anche alle controversie sindacali e previdenziali.

Ratio dell’art. 409 → attribuire al giudice ordinario la competenza esclusiva in materia di


pubblico impiego.

Art. 410 → tentativo di conciliazione (extragiudiziale) obbligatorio →


chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti di lavoro di cui all’art.
409 cpc deve →
a) o avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti e accordi collettivi
(conciliazione sindacale);
b) o, non intendendo avvalersi delle suddette procedure, promuovere, anche tramite
l’associazione sindacale di appartenenza, il tentativo di conciliazione presso la
commissione di conciliazione individuata ex art. 413 (conciliazione amministrativa).
La comunicazione della richiesta di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende,
per la durata del tentativo e per i 20 gg. successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni
termine di decadenza.
La commissione, ricevuta la richiesta, tenta la conciliazione convocando le parti, per una
riunione da tenersi non oltre 10 gg. dal ricevimento della richiesta.
Art. 410bis → termine → il tentativo di conciliazione deve essere espletato entro 60 gg.

(47)
rapporti che si realizzano in una prestazione d’opera personale la quale, pur senza svolgersi alle
dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore, si inserisce tuttavia con continuità nella organizzazione
dell’impresa

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dalla presentazione della richiesta.


Trascorso inutilmente tale termine, il tentativo di conciliazione si considera comunque
espletato ai fini dell’art. 412bis. (48)

Art. 411→ processo verbale di conciliazione → se la conciliazione riesce, si forma


processo verbale che è depositato nella cancelleria del tribunale competente per territorio
e, nell’ipotesi di conciliazione sindacale, presso la Direzione Provinciale del Lavoro a cura
del datore di lavoro, del lavoratore o dell’associazione sindacale.
Il giudice, su istanza della parte interessata, accertatane la regolarità formale, lo dichiara
esecutivo con decreto.
art. 412 → verbale di mancata conciliazione → se la conciliazione non riesce, si forma
processo verbale con l’indicazione delle ragioni del mancato accordo; in esso le parti
possono indicare la soluzione anche parziale sulla quale concordano, precisando, quando
è possibile l’ammontare del credito che spetta al lavoratore. In quest’ultimo caso il
processo verbale acquista efficacia di titolo esecutivo, osservate le disposizioni all’art. 411
cpc.
Art. 412bis → procedibilità della domanda → l’espletamento del tentativo di
conciliazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e, in suo difetto,
il giudice sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di 60 gg. per proporre
istanza di conciliazione obbligatoria alla commissione amministrativa.
Trascorso inutilmente il termine ex art. 410bis (→ 60 gg. dalla richiesta), il processo deve
essere riassunto nel termine perentorio di 180 gg.
Se il procedimento non viene riassunto, il giudice, ex officio, dichiara con decreto
l’estinzione del processo.

Artt. 412ter – 412quater → arbitrato irrituale previsto dai contratti collettivi → in caso
di fallimento del tentativo di conciliazione, le parti, se i contratti collettivi lo prevedono,
possono ricorrere all’arbitrato irrituale → è esperibile sia nelle controversie ex art. 409 sia
in quelle di dipendenti della PA.
Le controversie circa la validità del lodo sono di competenza del Tribunale (in funzione di
giudice del lavoro) della circoscrizione in cui è la sede dell’arbitrato.
Il lodo può essere impugnato entro 30 gg. dalla notificazione; se non è impugnato o se
l’impugnazione è rigettata, è dichiarato esecutivo con decreto.

(48)
per le controversie relative al pubblico impiego → la domanda diventa procedibile trascorsi 90 gg. dalla
presentazione della richiesta.

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Le caratteristiche di tale processo →

a) art. 413 → giudice competente → è attribuita una competenza per materia


inderogabile al Tribunale in funzione di giudice del lavoro in composizione monocratica
(in I° grado) ed alla Corte d’Appello (per l’impugnazione).
Per la competenza per territorio, invece, abbiamo 3 fori alternativi →
1) luogo in cui è stato stipulato il contratto di lavoro
2) luogo in cui ha sede l’azienda
3) luogo in cui si trova la dipendenza dell’azienda presso cui è addetto il lavoratore al
momento della fine del rapporto
e 1 foro sussidiario → se non si può ricorrere a nessuno dei 3, c’è il foro generale delle
persone fisiche → giudice del luogo in cui il convenuto ha domicilio o residenza.
Art. 413 ult. co. → sono nulle le clausole derogative della competenza per territorio
(inderogabilità relativa atipica in quanto non è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del
giudizio).
Tale disposizione va coordinata con l’art. 428 → l’incompetenza del giudice può essere
eccepita dal convenuto soltanto nella memoria difensiva ovvero rilevata ex officio dal
giudice non oltre l’udienza di discussione della causa.
L’incompetenza è dichiarata con sentenza (impugnabile con regolamento di competenza)
Eccepita l’incompetenza, il giudice rimette la causa al Tribunale in funzione di giudice del
lavoro, fissando un termine perentorio non superiore ai 30 gg. per la riassunzione con rito
speciale.
b) è favorita la concentrazione, oralità e immediatezza del procedimento;
c) è stabilita la effettiva gratuità del processo (gli atti, i documenti e i provvedimenti per le
controversie in materia di lavoro sono esenti, senza limite di valore, dalla imposta di bollo, di
registro e da ogni tassa).
d) è consentita la partecipazione del sindacato.
e) peculiarità → art. 414 → la domanda si propone con ricorso (49) dell’attore → deve
contenere tutti gli elementi della vocatio in ius e dell’editio actionis. E’ quindi esclusa a
priori la contumacia dell’attore.
Nullità del ricorso → si applicano in via analogica le norme previste dall’art. 164 →
1) vizi della vocatio in ius → sono sanabili ex tunc con la costituzione spontanea del
convenuto e rinnovazione dell’atto nullo;
2) vizi della editio actionis → non saranno mai sanabili ex tunc, né lo potranno essere
con la costituzione spontanea del convenuto ma solo con la rinnovazione – integrazione
dell’atto nullo.
f) peculiarità → art. 421 → maggiore ampiezza dei poteri istruttori del giudice del
lavoro → può superare i limiti oggettivi alla prova testimoniale (è ammessa senza limiti
di valore in relazione ai contratti) e alla prova per presunzioni (restano ferme l’efficacia
della confessione e del giuramento decisorio).

(49)
si differenzia dalla citazione in quanto è un atto che viene portato prima a conoscenza del giudice
(mediante il deposito in cancelleria) e successivamente della controparte (mediante notificazione).

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Il giudice, inoltre, può disporre, su istanza di parte, l’accesso sul luogo di lavoro e
l’esame dei testimoni sul luogo stesso.
Proto Pisani → l’accesso deve essere sempre disposto dal giudice laddove la parte lo
richieda.
g) peculiarità → questione di rito → art. 426 → passaggio dal rito ordinario al rito
speciale → quando rileva che una causa promossa secondo il rito ordinario riguarda uno
dei rapporti previsti dall’art. 409, il giudice con ordinanza dispone il mutamento del rito,
fissa l’udienza di discussione, concede un termine perentorio per l’integrazione degli atti
introduttivi (→ deposito in cancelleria di una memoria);
questione di rito che coinvolge una questione di competenza → art. 427 →
passaggio dal rito speciale al rito ordinario → quando rileva che una causa promossa
secondo il rito speciale riguarda un rapporto diverso da quelli previsti dall’art. 409,
il giudice, se la causa rientra nella sua competenza, dispone che gli atti siano messi
in regola con le disposizioni tributarie; altrimenti la rimette con ordinanza al giudice
competente, fissando un termine perentorio non superiore ai 30 gg. per la riassunzione
con il rito ordinario.
h) in caso di connessione (→ cumulo di domande soggette a riti diversi) → eccezione
all’art. 40 co. 3 → il rito del lavoro sarà prevalente rispetto sia al rito ordinario che rispetto
agli altri riti speciali.

Udienza di discussione

Art. 415 → depositato il ricorso, il giudice, con decreto in calce al ricorso stesso, fissa,
entro 5 gg., l’udienza di discussione nel rispetto dei termini a comparire.
L’attore, entro 10 gg. dal decreto, deve notificare il ricorso al convenuto, in modo tale che
tra la data della notificazione e quella dell’udienza intercorra un termine (libero) non
minore di 30 gg.
Tra il giorno del deposito e quello dell’udienza non devono decorrere più di 60 gg.
Termini → 5gg. – 10 gg. – 60 gg. → termini acceleratori → la loro inosservanza non
inficia la validità degli atti processuali;
30 gg. → termine dilatorio → l’inosservanza non vizia il ricorso introduttivo ma il
successivo atto di evocazione del giudizio.
Art. 416 → il convenuto → deve costituirsi almeno 10 gg. prima dell’udienza di
discussione (nel rito ordinario ex art. 105, la parte può intervenire fino ad uno stadio
avanzato) mediante il deposito di una memoria difensiva (50) (→ deve contenere, a pena
di decadenza → eventuali domande riconvenzionali, eccezioni non rilevabili ex officio,
mezzi di prova di cui vuole avvalersi).
Se viene proposta domanda riconvenzionale → art. 418 → peculiarità (→ è una variante
del processo) → il convenuto deve proporla nella memoria difensiva e chiedere (nella
stessa memoria difensiva) lo slittamento dell’udienza di discussione (→ ciò è necessario
per consentire all’attore di apprestare le opportune difese (memoria difensiva) in merito a
quanto richiesto dal convenuto nella domanda riconvenzionale, nonché di proporre
eventualmente la reconventio reconventionis → cioè di una nuova domanda
riconvenzionale con relativa istanza di fissazione di un’ulteriore udienza di discussione).
Se non richiede lo slittamento, la domanda riconvenzionale è inammissibile.
Art. 420 → l’udienza di discussione fissata dal giudice costituisce il fulcro di tutto il
procedimento → è unica, anche se spezzettata in più udienze → serve a creare il primo
contatto tra le parti. A questo scopo è espressamente stabilito l’obbligo di comparizione

(50)
è l’equivalente della comparsa di risposta nel rito ordinario.

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personale delle parti, dalla cui mancanza il giudice può trarre valutazioni ai fini della
decisione.
Se, invece, le parti sono presenti (nell’udienza fissata per la discussione della causa)
il giudice le interroga liberamente (→ ratio → fissazione definitiva del thema probandum
e decidendum) sui fatti della causa e tenta la conciliazione della lite.
Se la conciliazione non riesce, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia
sentenza anche non definitiva, dando lettura del dispositivo.
Quando la causa non può essere decisa immediatamente bisogna procedere alla sua
istruzione.

Art. 429 → nell’udienza → il giudice pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo
(parte strettamente decisoria) in udienza (→ così da non dover attendere la pubblicazione
per poter disporre di un titolo esecutivo). Entro 15 gg. dovrà depositare la sentenza
completa delle motivazioni.

Tale sentenza di I° grado è provvisoriamente esecutiva ope legis → sia per il lavoratore
che per il datore di lavoro.
La differenza sta nella possibilità di inibitoria (→ facoltà di chiedere la sospensione
dell’esecuzione) → per il datore → il giudice d’appello può disporre la sospensione
dell’esecuzione solo se c’è pericolo di un danno gravissimo; per il lavoratore → quando
ci sono gravi motivi.
Art. 431 co. 4 → la sospensione è disposta a seguito di una valutazione comparativa dei
danni e può essere anche parziale e, in ogni caso, l’esecuzione provvisoria resta
autorizzata fino a 258 €.
Possibili vizi della sentenza → mancata lettura del dispositivo in udienza, difformità tra
dispositivo e motivazione (Proto Pisani → la motivazione deve prevalere sul dispositivo).

Art. 429 co. 3 → rivalutazione monetaria dei crediti di lavoro → in caso di condanna al
pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, il giudice deve determinare ex officio,
oltre agli interessi legali maturati, anche il maggior danno derivante al lavoratore dalla
svalutazione monetaria del suo credito.

Intervento dei terzi (→ è una variante del processo)

Art. 419 (51) → intervento volontario → è lo stesso stabilito per il convenuto (10 gg. prima
della prima udienza) e va effettuato con le stesse modalità.
Art. 420 → intervento coatto → il giudice fissa una nuova udienza, curando di notificare
al terzo chiamato il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e la memoria del
convenuto. I termini sono gli stessi previsti per quello volontario.

Ordinanze anticipatorie art. 423 cpc

Art. 423 → co. 1 → il giudice, in ogni stato e grado del procedimento, dispone il
pagamento delle somme non contestate (su istanza di parte);
co. 2 → o il pagamento di una somma a titolo provvisorio quando ritenga il diritto accertato
e nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova (su istanza del lavoratore).

(51)
Corte Cost. sent. 193/83 → sentenza additiva → l’art. 419 è illegittimo nella parte in cui non prevedeva
la possibilità di fissazione di una nuova udienza in caso di intervento volontario. Ciò infatti è in contrasto
con il diritto di difesa dell’interventore.

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E’ accertato l’an debeatur, il quantum debeatur è ancora parziale.


co. 3 → tali ordinanze costituiscono titolo esecutivo.
Sono provvedimenti di tipo anticipatorio, destinati a caducarsi a seguito dell’emanazione
della sentenza. Come tali, non sono impugnabili.
co. 4 → solo le ordinanze del co. 2 sono revocabili con la sentenza che decide la causa.
Se si estingue il processo, si estingue anche l’ordinanza provvisionale.
Omologo nel rito ordinario → art. 278 → sentenza di condanna generica
(provvisionale) → quando è già accertata la sussistenza di un diritto, ma è ancora
controversa la quantità della prestazione dovuta, il collegio, su istanza di parte, può
limitarsi a pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, disponendo
con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione.
In tal caso il collegio, con la stessa sentenza e sempre su istanza di parte, può altresì
condannare il debitore al pagamento di una provvisionale, nei limiti della quantità per cui
ritiene già raggiunta la prova.
L’art. 278 configura una deroga al principio di concentrazione della decisione, consentendo al
giudice di decidere separatamente, in momenti diversi, nel corso del medesimo giudizio, la
questione relativa alla sussistenza del diritto e quella inerente all’ammontare della prestazione
dovuta.

Appello artt. 433 – 441 cpc

Giudice competente → art. 433 → la Corte d’Appello nel cui distretto ha sede il Tribunale
che ha emanato la sentenza di I° grado.
Se l’esecuzione inizia prima della notificazione della sentenza → art. 433 co. 2 →
appello con riserva dei motivi → deve contenere l’esposizione sommaria dei fatti e i
motivi dell’impugnazione. Tali motivi vanno depositati entro 30 gg. dalla notificazione della
sentenza. L’appello privo dei motivi specifici è inammissibile.
L’appello con riserva dei motivi viene proposto avverso il solo dispositivo e con l’unico
scopo di ottenere la sospensione dell’esecuzione.
Con esso si propone opposizione all’esecuzione e non un’opposizione al precetto, infatti
non si può impedire che l’esecuzione inizi ma, solo una volta che è iniziata l’esecuzione,
si può ottenere la sospensione.
Atto introduttivo → art. 434 → ricorso → va presentato entro 30 gg. dalla notificazione
della sentenza o, in mancanza di notificazione della sentenza, entro 1 anno dalla
pubblicazione della stessa.
Depositato il ricorso, il Presidente della CdA fissa con decreto, non oltre 60 gg. dal
deposito, l’udienza di discussione → non sono previsti né l’interrogatorio libero delle
parti né il tentativo di conciliazione.
Art. 436 → l’appellato deve costituirsi almeno 10 gg. prima dell’udienza mediante
deposito di una memoria difensiva in cancelleria. Nella stessa memoria dovrà proporre i
motivi di un eventuale appello incidentale.
Disciplina dei nova → domande ed eccezioni nuove sono inammissibili ex officio.
Conclusa la discussione → art. 437 → il collegio pronuncia la sentenza dando lettura
del dispositivo in udienza.
Tale sentenza, in caso di condanna, è provvisoriamente esecutiva ope legis.
La sentenza può avere contenuto processuale →
1) di inammissibilità
2) di improcedibilità
3) di estinzione
oppure contenuto di merito →

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1) di accoglimento
2) di rigetto (anche parziale)

Art. 438 → la sentenza va depositata entro 15 gg. dalla pronuncia.


Art. 439 → la CdA, se ritiene che il procedimento in I° grado non si sia svolto secondo il
rito previsto, procede al mutamento del rito ex artt. 426 e 427.
Art. 440 → sono inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di valore
non superiore a 25 € (limite irrisorio, norma inapplicata).
Proto Pisani → nel caso di appello presentato con citazione (in luogo del ricorso), la
presentazione nei termini impedisce il passaggio in giudicato della sentenza di I° grado.
Ricorso per Cassazione
Il codice non detta alcuna disposizione per i mezzi di impugnazione diversi dall’appello,
pertanto si ritiene che vadano applicate le norme previste per il rito ordinario (in
quanto applicabili).

Vicende anomale del processo


Sospensione, interruzione, estinzione del processo.
Contumacia del convenuto.
si applica la disciplina prevista per il rito ordinario.

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