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Storia della lingua
italiana
Le lingue sono interessate da
continui mutamenti, prodotti
... del bel paese là dove ’l sì suona.
Dante Alighieri, nel XXXIII canto dell’Inferno
dall’evoluzione della storia
culturale, sociale, politica ed
economica dei popoli e delle loro
relazioni che sono anche di tipo
linguistico. L’italiano è perciò, come
ogni lingua, un sistema dinamico
che ha visto succedersi nel tempo
diverse varietà.
Il latino
Per ricostruire le origini della lingua italiana dobbiamo risalire fino ai Latini, il popolo che si stanziò lungo
le rive del Tevere nell’VIII secolo a.C. La loro lingua era il latino: la lingua indoeuropea che molto più
tardi avrebbe costituito la base dell’italiano e delle altre lingue romanze o neolatine.
In origine il latino era parlato in una zona molto limitata e fu con l’affermarsi del potere romano – prima con
la repubblica, poi con l’impero – che il latino divenne la lingua ufficiale in tutti i territori sottomessi a
Roma, pur conservando nella lingua parlata peculiarità diverse da una regione all’altra.
stica furono colpiti dal fatto che molte lingue europee Indoeuropei
Oceano Slavi
un’unica famiglia linguistica che venne definita in- Atlantico
Britanni Germani
ri
Celti ini b Medi
doeuropea, con riferimento all’estensione geografica Galli Ven
i at m
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Persiani
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(osserva la carta a lato). Reti
i r
Ill lb a n es Sciti
Ittiti Armeni
Mar
Baschi A
Liguri Mar Nero Caspio
Etruschi a ci i
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Iberi T Lid Caucasici
Sardi Assiri
Greci
Se prendiamo ad esempio la parola “madre” vedia- Sicani Sumeri
Punici
mo che in molte lingue presenta un’evidente somi- Berberi
Mar Mediterraneo
Fenici
Aramei
Cananei
glianza: Ebrei Ebrei
Egizi Accadi Caldei
sanscrito*: màta latino: mater Libici Babilonesi
francese: mère tedesco: Mutter 1 Arabi
slavo: mat spagnolo: madre
inglese: mother iranico: màdar Fig. 1 – Carta delle migrazioni dei popoli di lingua indoeuropea:
le migrazioni, a partire dal II millennio a.C., sono alla base
* il sanscrito è l’antica lingua indiana con la quale della differenziazione della lingua originaria in numerose lin-
sono scritti tutti gli antichi testi sacri induisti gue diverse.
Oceano
Atlantico
Francese
Franco-
Se prendiamo ad esempio la parola “fare” dal latino provenzale Mar
es
Ladino Caspio
he
Catalano
Sardo
portoghese: fazer francese: fair
spagnolo: hacer romeno: face
2 Mare Mediterraneo
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■ Indovinello veronese
Se pareva boves Spingeva davanti a sé i buoi L’indovinello si riferisce
alba pratalia araba, arava i campi bianchi, all’atto della scrittura, presentato
albo versorio teneba: teneva un aratro bianco come un’aratura: i buoi sono le
et negro semen seminaba. e seminava un seme nero dita, i campi bianchi la carta,
l’aratro bianco la penna, il seme
nero l’inchiostro.
■ Placito di Capua
Sao ko kelle terre, per kelle fini So che quelle terre con quei Si tratta di una formula di
qui ki contene trenta anni le confini, che qui (cioè sulla carta) giuramento di alcuni testimoni
possette parte Sancti Benedicti. si indicano, le possedette per che prova l’appartenenza
trent’anni la parte di San trentennale di certe terre
Benedetto (cioè il monastero all’abbazia benedettina, che
benedettino di Montecassino). quindi può usufruirne. Il
documento è scritto in volgare,
anche se contiene ancora
qualche traccia di latino:
possette, Sancti Benedicti.
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Fig. 3 – Miniatura del XIV sec. con scena di commercio.
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Petrarca e Boccaccio
Altri due letterati toscani che contribuirono ad imporre il dialetto
fiorentino come lingua di tutti gli italiani furono Francesco Pe-
trarca (1304-1374) e Giovanni Boccaccio (1313-1375) che oltre
a numerose opere in latino scrissero anche in volgare. Il primo è
autore del Canzoniere, una raccolta di liriche scritte in un linguag-
gio che si discosta intenzionalmente da quello del volgare parlato
per tenere un tono più elevato ed elegante; il secondo è autore del
Decameron, una raccolta di novelle nelle quali è utilizzato un fio-
rentino popolare, ma dalla sintassi molto elaborata, strutturata sul 5
modello latino. Fig. 5 – Miniatura da un’edizione francese del
Decameron.
I vantaggi del volgare fiorentino
Il volgare fiorentino si impose come lingua scritta anche nel resto della penisola per due motivi principali:
1. la maggiore vicinanza del toscano al latino, che si può notare con facilità osservando la tabella sotto, gli
conferiva una maggiore comprensibilità rispetto ad altri volgari e chi conosceva il latino (notai, giudici,
medici, religiosi, scrittori) poteva impararlo facilmente
2. l’importanza della civiltà fiorentina sia dal punto di vista economico sia culturale e la fama dei suoi scrit-
tori.
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sezione Storia della lingua italiana
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La prosa scientifica
Le variazioni più importanti che la lingua italiana subì in questo secolo derivano soprattutto dall’uso che ne
fecero gli scienziati: in particolare Galileo Galilei seguito da Francesco Redi ed Evangelista Torricelli. I
contributi riguardarono principalmente gli aspetti lessicali e sintattici. Per adattarsi alle esigenze della scien-
za, che più di altri ambiti esige chiarezza ed essenzialità, l’italiano del Seicento acquisì una prosa più asciutta:
periodi brevi, frasi essenziali (soggetto, predicato e complementi); e continuò ad arricchirsi dal punto di
vista del lessico.
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sezione Storia della lingua italiana
Un secolo di rinnovamento
Il Settecento, caratterizzato dall’Illuminismo, è per la cultura e per la lingua italiane un periodo di grande
rinnovamento sia per i contatti che alcune regioni e città hanno con importanti nazioni straniere, sia per il
nuovo modo di intendere la società e il rapporto Stato-cittadino, sia per la diffusione della cultura dovuta a
nuovi mezzi di comunicazione come i giornali e di espressione culturale come il teatro.
La lingua e la società
Vediamo insieme nello schema sottostante qual era la situazione della lingua italiana nella società sette-
centesca:
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Il problema dell’alfabetizzazione
Al momento dell’unità d’Italia (1861) la lingua italiana era ancora patrimonio di pochi: era conosciuta in
Toscana e a Roma, mentre nel resto d’Italia la utilizzava un numero ristretto di persone e oltre il 70% della
popolazione era analfabeta.
Unificare la lingua
Il problema della lingua italiana cessa a questo punto di essere una disputa tra intellettuali e diviene un
fatto sociale e politico incentrato su due questioni principali:
la scuola deve assumersi il compito di insegnare l’italiano agli italiani
va ridotta la distanza tra lingua parlata e lingua scritta, poiché costituisce un limite alla produzione
letteraria e relega il Paese a posizioni di retroguardia rispetto alle altre nazioni.
Nel 1868 venne nominata una commissione per verificare i mezzi di attuazione di questo programma di
alfabetizzazione del Paese. Tra i relatori era presente anche Alessandro Manzoni che propose di diffondere
il modello del fiorentino parlato dalle persone colte. Questa posizione accese un animato dibattito tra gli
studiosi che rivendicavano un ruolo da parte di altre varianti dialettali e rifiutavano un modello imposto
dall’alto: tra questi Carducci, Settembrini e Graziadio Isaia Ascoli, iniziatore della linguistica scientifica
italiana.
Lessico
L’evolversi della società civile porta a coniare nuovi vocaboli nell’ambito del linguaggio politico-civile;
entrano nel lessico comune parole come massa, federalismo, liberale, socialista e le parole destra e sinistra
acquisiscono la loro accezione politica.
La creazione di nuovi vocaboli avviene inoltre utilizzando il meccanismo di suffissazione (vedi p. 394):
-izzare: economizzare, universalizzare…
-oide: antropoide, asteroide, metalloide…
Notevole è anche l’uso del prefisso -in (inesatto, inoffensivo...).
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Un rapido cambiamento
Tra gli ultimi venti anni dell’Ottocento e i primi del Novecento la situazione linguistica del Paese cambiò
radicalmente: la percentuale di coloro che nel primo decennio del Novecento conoscevano la lingua italia-
na era salita al 50% e circa un 20% della popolazione adulta poteva dirsi “italofona” cioè in grado di parlare
la lingua italiana. È un cambiamento assai rapido che oltre ai vantaggi derivanti dalla formazione di un ap-
parato statale unitario che esigeva la presenza di una classe dirigente – a Roma e nei capoluoghi regionali
– in grado di esprimersi in un’unica lingua e all’istituzione della scuola elementare obbligatoria (legge Cop-
pino 1859) poté contare su diversi fattori.
Lessico
Per quanto concerne il lessico, la lingua italiana ha vissuto in tempi recenti una significativa evoluzione:
sono nati molti neologismi (“parole di recente ideazione”), sono entrate a far parte dell’italiano molte
parole straniere (in particolare inglesi).
I neologismi si presentano più di frequente in culture che stanno cambiando rapidamente, e in situazioni
dove c’è una rapida diffusione dell’informazione. Spesso sono creati mediante la combinazione di parole
già esistenti o aggiungendo nuovi suffissi e prefissi. Un neologismo può essere creato per abbreviazione o
da un acronimo, sullo stampo di una parola esistente o semplicemente giocando con dei suoni. Ecco al-
cuni esempi: messaggiare spedire un messaggio SMS; scannerizzare, scansionare, scansire l’atto
di copiare un’immagine con uno scanner; chattare utilizzare un sistema di chat per dialogare in tempo
reale con altre persone.
Dal dopoguerra ad oggi la lingua da cui l’italiano ha più attinto è senza dubbio l’inglese e tra i motivi
principali vi è il fatto che essa è le lingua utilizzata dalla scienza e dalla tecnologia.
L’avvento del computer e della globalizzazione ha fatto sì che l’italiano, come del resto altre lingue, faces-
se proprie espressioni come file, hard-disk, mouse, e-mail, report, meeting, compact-disk (cd). Inoltre, l’esi-
stenza di una società multirazziale basata sull’incontro di lingue e culture diverse ha introdotto nell’uso
comune anche termini legati a usanze, tradizioni e fattori sociali e religiosi provenienti da lingue meno
conosciute: kebab (turco), ramadan (arabo), chador (persiano), imam (arabo).
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