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LIBERA UNIVERSITA’ DI LINGUE E COMUNICAZIONE

IULM

Corso di Laurea in Relazioni pubbliche e pubblicità


MILANO

L'ANDROGINO, UN FASCINO ANTICO

Docente che ha assegnato l’argomento della prova finale


Chiar.ma Prof.ssa Maria Tilde Bettetini

Prova finale di:


Giada Marraffini
Matr. N. 1002361

Anno Accademico 2010/2011

1
2
INDICE

Introduzione................................................................................... 5

1. L'androgino platonico.................................................................7
1.1 Androgino ed ermafrodito: due termini da non confondere............... 7
1.2 Il concetto di ermafrodito.......................................................... 11
1.3 Il concetto di androgino..............................................................18
1.4 Il Simposio, l'opera....................................................................23
1.5 Uomo Symbolon (simbolo)..........................................................30
1.6 Eros, Epithymia (desiderio).........................................................32
1.7 La ricerca della pienezza (Plesmoné)............................................36

2. Balzac e l'androgino romantico............................................... 39


2.1 L'androgino come metafora di un'epoca....................................... 39
2.2 Seraphita, sublimazione in chiave mistico/platonica....................... 45
2.3 Teoria della riminiscenza platonica, ripresa balzachiana.................. 51
2.4 Seraphita come Cupido, l'androgino ideale................................... 58
2.5 Spiritualità come amore asessuato.............................................. 65
2.6 Balzac e la moda del secolo XIX................................................. 66

3. L'androgino in pubblicità e nell'arte contemporanea............... 78


3.1 Femminilità androgina, Tamara de Lempicka................................ 78
3.2 Moda postmoderna che ribalta i ruoli, Armani............................... 85
3.3 L'androginia nella nuova rivoluzione comunicativa......................... 88
3.4 L'ibridazione delle categorie sessuali-identitarie............................ 93
3.5 ”The secret”: l'androgino per Campari......................................... 99
3.6 Campari Mixx, incroci di sguardi e di voci....................................105

Conclusioni..................................................................................112

Bibliografia – sitografia.................................................................114

3
4
INTRODUZIONE
In un'epoca dove la pubblicità domina qualsiasi ambito della vita
dell'uomo, permeando la città e bombardando gli individui ormai più che
“blasé”, il mio lavoro si propone di riscoprire e rivalutare il lavoro creativo
dei pubblicitari odierni come la definizione di una nuova mitologia
postmoderna.
Il soggetto protagonista della ricerca estetica sarà il concetto di androgino,
che seguendo una linea temporale che parte dalla mitologia antica,
attraverserà tappe essenziali come la filosofia platonica, il romanticismo
balzachiano, l'arte contemporanea e si concluderà con l'analisi semiotica
dei nuovi miti pubblicitari.
Approfondiremo il testo platonico del Simposio -dove si definiscono e si
inseriscono le forti radici mitologiche dell'androginia umana come genesi
dello stesso genere umano e della differenziazione sessuale- che servirà a
costruire le solide fondamenta per lo sviluppo di un discorso lungo
millenni; il quale, con grande soddisfazione dei pubblicitari, non ha mai
perso il suo fascino.
L'indagine sarà accompagnata da numerose opere d'arte che testimoniano
lo straordinario interesse per il tema da parte di svariati artisti.
Vedremo che la creazione dei nuovi miti moderni, nati in relazione
all'avvento della folla metropolitana e delle sue forme di credenza
superstiziosa, affonda le proprie radici nel mondo più profondo,
misterioso e inspiegabile dell'esperienza umana e delle sue paure. Ne sono
emblematici esempi il mutamento sessuale e l'ermafroditismo.
Mostreremo come questo processo di mitologizzazione della modernità
ritorni ai miti antichi, come nel caso del poco noto romanzo balzachiano
Seraphita, una delle più interessanti opere romantiche ispirate al
platonismo.
Proseguiremo la nostra indagine estetica riscoprendo l'essenza androgina
della pittrice Tamara de Lempicka che con uno straordinario femminismo
anticiperà e influenzerà anche la hâut couture postmoderna.

5
La ricerca si concluderà nella più lontana e curiosa speculazione platonica
mai sentita: l'uso del tema dell'androgino in creatività pubblicitaria come
éscamotage per influenzare il consumatore; Il quale viene condizionato
attraverso quel fascino antico che oggi, a differenza della filosofia
platonica che legava l'androgino all'ideale di “amore”, ci porta a dimensioni
lussureggianti e seducenti che a loro volta vengono ricondotte a prodotti
di consumo.

6
1. L'ANDROGINO PLATONICO
1.1 Androgino ed ermafrodito, due termini da non confondere
“Troverai spesso due cuori nello stesso petto:
guardati dagli inganni”
(Iscrizione su letto di legno, Ermafrodito Dormiente, Musée du Louvre, Parigi)

Androgino ed ermafrodito sono due termini che spesso vengono confusi, la


nostra trattazione permetterà di cogliere il profondo significato che li
distingue partendo proprio dall'etimologia dei termini da noi indagati.
Il termine Androgino rappresenta il mélange dei termini greci uomo e
donna e ci rimanda a una concezione tutta mentale, legata allo spirito, che
tende a ridonare unità interiore associando due sessualità e negandole
entrambe.
Il termine inoltre conserva in sé uno stampo sacro e per alcuni versi quasi
iniziatico, che ha portato filosofi come Jung a definirlo come archetipo,
cioè come forma simbolica elaborata dall'inconscio.
L'archetipo sarebbe quindi uno schema psichico con cui ognuno di noi
regola e gestisce i suoi rapporti col mondo che lo circonda,ne attenua i
possibili rischi e risolve le contraddizioni.1
La personalità androgina la ritroviamo in numerosi miti e leggende
durante il corso dei secoli, soprattutto in ambito politeistico, dove
numerosissime divinità assumono una particolare atemporalità. Basti
pensare a divinità come la dea egizia Nu che presenta caratteristiche né
femminili, né maschili che genera dal caos tutto l'universo.
In Grecia troviamo Dioniso che viene definito come l'essere duplice, che è
in grado di essere femminile tra i maschi e maschile tra le femmine, ma
anche Teseo, Eracle, Achille e soprattutto un Ercole, simbolo di virilità e
forza che desta stupore abbigliato con vesti femminili in numerose
raffigurazioni.

1 Jean LIBIS, Le mythe de l'androgyne, Paris 1980, pag 55

7
“Ercole e Onfale”, Pieter Paul Rubens, 1603, Museé du Louvre,
Parigi

I numerosi miti esplicitano il forte desiderio di unità androgina che è


connotato specifico di divinità.2
Il termine androgino, quindi, non si riferisce in nessun modo alle modalità
di riproduzione e neanche all'orientamento sessuale, ma fa piuttosto
riferimento a sembianze e comportamenti che provocano
nell'osservatore,quella che Elemire Zolla, riprendendo Platone, chiama
“l'umana nostalgia dell'interezza”.

Con Il termine Ermafrodito, invece, che prende il nome dall'unione di


Ermes e Afrodite in un famoso mito di cui parleremo più avanti, ci
riferiamo a una caratteristica fisica, che riguarda la sessualità dell'essere e
quindi la coesistenza di un unico attributo e una duplice sessualità. Qui
non parliamo di “Umana nostalgia dell'interezza” ma di due differenti
2 Franca FRANCHI, Le metamorfosi di Zambinella, Bergamo 1991, pag. 17

8
organi sessuali.
Questa caratteristica ha sempre fatto degli ermafroditi degli esseri
spaventosi, che spesso venivano o eliminati o usati come solo strumento
di piacere.3
In Grecia e a Roma essi venivano disprezzati e emarginati, ma perché? Se
abbiamo appena detto che in passato e soprattutto nelle culture elleniche
la coesistenza di una duplice natura veniva esaltata come divina, perché
se un essere nasceva ermafrodito questo doveva essere eliminato
Androgino sì, ermafrodito no?
Probabilmente questo atteggiamento contraddittorio degli antichi va
attribuito proprio alla distinzione che stiamo cercando di affrontare tra i
due termini in esame: se il carattere spirituale e divino dell'androgino
viene esaltato anche in numerose opere d'arte sia letterarie che figurative
come forma simbolica, e quindi come obbiettivo trascendente dell'essere
umano che tende alla divinità, queste caratteristiche se rinviate in un
essere umano in carne ed ossa trovano un particolare rifiuto da parte della
società, che non intende per nessuna ragione accettare questa
trasgressione.
E' quindi l'ermafroditismo a non essere accettato e non l'androginia divina,
dato che per gli antichi ritrovare un duplice genere in un unico essere
rappresentava la mostruosità per eccellenza.
I fatti raccontati dalla storia riguardo a queste nascite mostruose e
spaventose sono infiniti e tutti descritti come risultato di una natura che
aveva confuso e ingarbugliato i germi.
Vediamo qualche esempio di come viene affrontata la problematica
dell'essere ermafrodito nel corso dei secoli:
Nell'antichità quando un uomo nasceva con i segni reali o apparenti
dell'ermafroditismo, l'intera comunità si sentiva minacciata dalla collera
degli dei.
Per risolvere il problema e alleviare questa collera era necessario
sopprimere il nuovo nato anormale, a cui erano affidate tutte le colpe di

3 Franca FRANCHI, Le metamorfosi di Zambinella, Bergamo 1991, pag 20

9
cui era segno.4 Cosi la soluzione era evitare spargimenti di sangue
annegando i bambini o bruciandoli vivi.
Durante il medioevo nasce invece una macabra curiosità riguardo a questi
uomini fisicamente ambigui, una curiosità scientifica che però purtroppo
non aveva le basi tecniche per supportare le indagini e che quindi non
poteva avvalersi della capacità di comprendere i meccanismi di una tale
conformazione sessuale.
Le lacunose conoscenze scientifiche vennero cosi rimpiazzate da pregiudizi
misogeni, per cui sarebbe stata la conformazione dell'utero la causa della
loro nascita ambigua.
La problematica dell'ermafrodito ci riporta al processo di Giovanna D'arco,
ma in questo caso, diversamente dagli esempi sopracitati qui non abbiamo
in esame una donna nata con gli organi sessuali sia maschili che
femminili; in questo caso ci avviciniamo maggiormente al tema
dell'androgino più che a quello dell'ermafrodito, infatti la giovane Giovanna
nasce in un'epoca dove si crede possibile il passaggio da un essere meno
perfetto (la donna) a un essere più perfetto (l'uomo), ma nonostante ciò
la società non può accettare l'assunzione da parte di Giovanna D'arco di
un ruolo maschile, quello di combattente, così venne perseguitata,
giudicata eretica e infine messa al rogo.5
Nel Cinquecento troviamo invece trattazioni come quella di Ambroise Paré
che riprende la problematica degli ermafroditi da un punto di vista più che
altro sociale, in modo da dare loro una collocazione e una possibilità di
esistenza; infatti nel suo “Des monstres et des prodiges” esamina vari casi
di mutamento di sesso e privilegia il passaggio (come abbiamo visto
prima, tipico del medioevo) dal femminile al maschile:” dal momento che
una simile metamorfosi avviene in natura secondo le motivazioni e le
modalità addotte, non troviamo mai in eventi documentati che un uomo
sia diventato donna, poiché la natura tende sempre a ciò che è perfetto e
non al contrario”6.

4 Marie DELCOURT, Hermaphrodyte, mythes et rites de la bisexualité dans l'antiquité classique,1958,pag 23


5 Franca FRANCHI, Le metamorfosi di Zambinella, Bergamo 1991, pag 30
6 Jean LIBIS, Le mythe de l'androgyne, Paris 1980,pag 46

10
Paré distingue tre tipi di ermafrodito: quello autentico, i falsi, e quelli che
hanno i due sessi ben formati e che possono avvalersene ed utilizzarli per
la riproduzione.
Egli dispone precise leggi che regolano l'uso dei genitali per la
generazione:l'essere ermafrodito ha la facoltà di poter scegliere di quale
organo disporre, ma una volta fatta la scelta, non può cambiarla poiché
potrebbero succedere degli inconvenienti, e ciò verrebbe punito con la
pena di morte.7

1.2 Il concetto di ermafrodito


Il termine ermafrodito, come abbiamo detto, trae le sue origini
etimologiche da un famoso mito narrato nelle Metamorfosi di Ovidio.
Infatti il tema fondamentale di questa importante opera è “il mutare delle
forme in corpi nuovi”.
In questo mito si narra la nascita di un essere divino che conserva in sé
una duplice natura, quella maschile e quella femminile:
Ermafrodito è figlio di Ermes, dio messaggero e dei viaggi e di Afrodite,
dea dell'amore e della bellezza. Queste due divinità sono considerate
gemelle poiché rinascono insieme il quarto giorno di ogni mese lunare, e
sono comunque legate dall'essere protettori del commercio e degli scambi.
Il poeta di Sulmona racconta che un giorno, un giovinetto di nome
Ermafrodito di appena 15 anni, che si trovava a bere in una fontana venne
scorto dalla ninfa Salmacide.
Il giovane viene descritto da Ovidio come un ragazzo molto legato al
mondo della natura, della caccia,lontano dall'amore e dalle passioni, tutto
il contrario della bella ninfa.
Infatti Salmacide era in completa antitesi rispetto a Ermafrodito, ella si
dedicava soprattutto all'amore e alle passioni.
La ninfa fu subito colpita dalla bellezza del ragazzo e decise di trascorrere
il resto della sua vita con il suo nuovo amore, ma il giovane non si
innamorò della fanciulla, e la rifiutò.

7 Jean LIBIS, Le mythe de l'androgyne, Paris 1980, pag 89

11
É da notare come Ovidio faccia appello a un lessico colorito nel descrivere
come la ninfa cercò di attirare a se il giovane, un lessico che rimanda
addirittura a termini di uso militare:”vicimus, pugnantem, carpit, luctantia,
invita, nitentem..”8
Cosi la bella ninfa in preda alla collera, e al rifiuto del suo Ermafrodito,
prese la decisione di interpellare gli dei,come unica soluzione a un disagio
senza via di sbocco, che gli facesse il dono di unirli per sempre e non
esserne mai più separata, cosi si gettò violentemente al collo dell'amato e
da lui mai più si separò.”..et istum nulla dies a me nec me deducat ab
isto”.9
I due corpi furono così fusi per sempre dando luogo a una nuova creatura,
l'ermafrodito appunto, che conserva natura femminile e maschile, ma
soprattutto conserva in sé il Desiderio dell'unione, tema importante che
riprenderemo nel corso della trattazione.
Il risultato di questa fusione fu incantevole: un aspetto così sublime da
riconoscere la passionalità della madre e la purezza del padre,“cuius erat
facies, in qua materque paterque cognosci possent; nomen quoque traxit
ab illis.” 10
.
Tale figura è simile a Eros che conserva in sé la povertà della madre e la
virilità del padre, ma analizzeremo la figura di quest'ultimo più avanti.
Il mito si conclude con l'invocazione di Ermafrodito ai suoi genitori: “che
chiunque si bagni con le acque di quella fontana possa diventare
mezz'uomo come me!”.
Non si sa perché Ermafrodito lanci questa preghiera, forse per rabbia, o
forse per la speranza di ritrovare, un giorno, un essere simile a lui.11
Se osserviamo qual si voglia opera d'arte che rappresenta ermafroditi,
come ad esempio l'Ermafrodito dormiente del Bernini, Marsia ed
Ermafrodito, ecc... ci accorgiamo di come le sembianze siano
principalmente maschili.

8 Publio OVIDIO Nasone, Le metamorfosi,1999, Paolo Fedeli, pag 156-157


9 Publio OVIDIO Nasone, Le metamorfosi,1999, Paolo Fedeli, pag 164
10 Publio OVIDIO Nasone, Le metamorfosi,1999, Paolo Fedeli, pag 160
11 Marie DELCOURT, Hermaphrodyte, mythes et rites de la bisexualité dans l'antiquité classique,1958,pag 78

12
La ragione di questa scelta possiamo ritrovarla proprio nel mito raccontato
in precedenza, in quanto, ermafrodito nasce uomo, non donna, e solo
successivamente trasformato dalle divinità a causa del desiderio di
Salmacide.
Nei corpi raccontati dagli abili scultori, leggiamo un corpo maschile in cui
però continua a vivere spiritualmente e anche fisicamente il corpo e lo
spirito di Salmacide.
Le rappresentazioni in marmo degli ermafroditi sono bellissime e molto
numerose,inoltre raccolgono in sé quei principi dell'arte classica che ne
fanno dei capolavori senza eguali:
in questi capolavori ritroviamo l'imitazione della natura, il giusto contorno,
il delizioso panneggio, e naturalmente la generale e principale
caratteristica dei capolavori greci cioè la nobile semplicità e la quieta
grandezza, sia nella posizione che nell'espressione12
Come afferma Winckelmann, “il fascino estetico dell'ermafrodito sta nel
sintetizzare l'unione dei contrari, depositario di quell'ambiguità radicale su
cui di fatto si andrà articolando il discorso neoclassico”.

12 Johann WINCKELMANN, Il bello nell'arte, F. Pfister, 2008, pag. 30

13
“Ermafrodito dormiente”, musée du Louvre, Parigi

Questa magnifica opera è stata trovata in quella che oggi è via XX


Settembre a Roma; infatti in questa zona, nel seicento, abitavano i frati
carmelitani scalzi e proprio in quella via c'era una vigna in cui essi
volevano costruire una chiesa da dedicare a San Paolo,ma successe un
fatto inaspettato durante i lavori, infatti, nel 1619, nell'orto del convento,
emerse dalla terra il marmo bianco di una statua rappresentante un
ermafrodito dormiente.
Questa statua era una copia romana di un capolavoro ellenistico realizzato
dal bronzista Policle nel II secolo a. C..
L'abile scultore rappresentò un corpo bellissimo e sinuoso di qualcuno che
nel sonno si gira dolcemente per mostrare i suoi caratteri ambigui di
entrambi i sessi.
Infatti se osservato da dietro,l'oggetto della rappresentazione potrebbe

14
assomigliare a una bellissima donna dai fianchi morbidi e accoglienti, il
piede sembra muoversi con una grazia perfetta tra i dolci panneggi, ma se
si cambia prospettiva,la graziosa donna si trasforma in un uomo a tutti gli
effetti.
Questo ritrovamento destò imbarazzo tra i poveri frati che decisero di
regalarlo al cardinale Scipione Borghese, famoso collezionista d'arte.
Il necessario restauro venne affidato al suo scultore preferito:Gian Lorenzo
Bernini.
Lo sculture decise di appoggiare il corpo su un materasso “morbidissimo”,
e inserì anche un soffice cuscino sotto la testa del ragazzo, oltre al piede
sinistro che era mancante.
La nuova scultura venne cosi sdraiata su un letto di legno con lo stemma
dei Borghese con l'iscrizione:
“duplex cor uno in pectore, saepe invenies, cave insidias” ossia:”troverai
spesso due cuori in un solo petto, guardati dagli inganni”.
Successivamente la scultura venne venduta a Napoleone Bonaparte ed
oggi si trova nel museo del Louvre a Parigi.13 Seguono ora altri esempi di
ermafroditi di epoca classica in cui ritroviamo la natura soprattutto
maschile:

13 Www.specchioromano.it

15
Statua ellenistica di ermafrodito, copia in marmo di un affresco,
Ercolano

16
“Marsia e Ermafrodito”, Istanbul, Museo archeologico

17
1.3 Il concetto di ermafrodito
“San Giovanni Battista”, Leonardo da Vinci, 1508 circa, Parigi.

Il S. Giovanni Battista di Leonardo è stato portato a compimento dal


famoso artista dalla mente poliedrica in età matura: infatti lo facciamo
risalire al 1508\1513.
Ciò che ci colpisce a un primo sguardo del quadro, è la forte tenebra da
cui risale la figura protagonista.
Il soggetto rappresentato è un uomo in penombra, (la luce illumina da
sinistra) di genere ambiguo su cui Leonardo esprime la sua tecnica dello
sfumato: infatti le ombre del volto e del corpo sono fortemente sfumate.
Il protagonista del quadro rappresenta proprio il simbolo di bellezza
androgina,infatti l'opera risale a un'epoca(il Rinascimento) in cui si
indagava spesso a proposito dell'ideale androgino, e in questo caso il S.

18
Giovanni è proprio la rappresentazione degli opposti che unisce in sé la
potenza divina dei due sessi.14
Possiamo affermare grazie al Chastel (e grazie alla sua sottile
interpretazione delle luci e delle ombre secondo cui
verità:luce=bugia:tenebre) che il valore maggiore dell'opera è il dramma
stesso dello spirito umano.
Nel Battista il suo emergere dalle tenebre vuole proporsi come verità e
quindi stereotipo di bellezza ideale che approda necessariamente e
letteralmente al tran-sessuale, proprio perché deve “attraversare” le due
sessualità.
La figura protagonista sfoggia un sorriso misurato e cortese che ci ricorda
quello della Gioconda, lo sguardo ci cattura e a guardarlo ci sembra di
essere noi stessi indagati.
Questo dolce sorriso lascia trasparire i segni della sua alterità e ne
troviamo dolcezza e cattiveria, ironia e tenerezza. 15

Oltre allo sguardo e al sorriso possiamo notare la posizione delle mani: se


una posa sul petto, sede del cuore e dello spirito, e con fare muliebre
accompagna la lusinga amorosa degli occhi, l'altra mostra l'itinerario verso
Dio: infatti le tre dita simboleggiando la trinità, attestano l'unione con Dio
attraverso la preghiera.
Nel Battista emerso da ombre trasparenti, “la nature est le précurseur,
l'esprit est le verbe”16
La sottile croce che si intravede sullo sfondo, rappresenta il sacrificio e la
salvezza, ma soprattutto l'immagine carnale di una sacralità androgina.
I capelli lunghi del Battista simboleggiano il preservarsi a Dio non
passandosi il rasoio.
Il quadro dopo la rivoluzione francese arrivò al Louvre dove tutt'ora si
trova.
Il termine greco androgino deriva da ἀνήρ (anèr: uomo) e γυνή (gyné:
donna). Come abbiamo detto,il termine androgino conserva in sé una

14 Www.beniculturali.it
15 Luciano BOTTONI, Leonardo e l'androgino, Franco Angeli, 1998, Roma, pag 96
16 Luciano BOTTONI, Leonardo e l'androgino, Franco Angeli, 1998, Roma, pag 67

19
valenza molto più profonda e spirituale rispetto al termine ermafrodito:
infatti,in una prospettiva metafisica, l'incontro con l'androgino è sempre
stato inevitabile.
Quando la mente trascende i nomi e le le forme, tutto si eleva a qualcosa
di superiore e anche le distinzioni di genere perdono la loro valenza.
I mistici idealizzano l'esperienza del matrimonio divino come unione
spirituale e compensatoria, e l'amore come esperienza visionaria.17
La figura dell'androgino è presente nella maggior parte dei sistemi
religiosi,e rappresenta l'essere non manifesto, la sorgente di ogni
manifestazione.
La tradizione esoterica ebraica è permeata da questa teoria sull'androgino
e sin dalla Genesi ci fornisce le indicazioni cruciali:
“Facciamo l'uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza[...]siate
fecondi, moltiplicatevi e riempite la terra”18
Questa parte della Bibbia vine cosi interpretata dalla tradizione giudaica:
L'uomo rappresentato da Adamo è la Terra, l'Immagine come Figura e
Immaginazione. Secondo la Cabala è anche Destino o Forma, l'abito di
luce o corpo glorioso o corona.
Dio creò l'uomo maschio e femmina e li benedisse.
L'indicazione di essere fecondi e moltiplicarsi viene interpretata nel senso
che Adamo si estendesse al cielo e alla terra.
“Immagine” veniva letta come Uomo, e “Somiglianza” come Donna e
quindi l'uomo era destinato a regnare solo quando fatto a immagine e
somiglianza di Dio.
L'androgino Adamo è il riflesso di Dio e dunque anche Dio è androgino e
infatti, nella Cabala come nel Tantra indiano, Dio come manifestazione, è
l'androgino in congiunzione con se stesso, le due polarità unite in assoluta
beatitudine.
La frase “facciamo l'uomo a nostra immagine” viene spiegata nello Zohar
in questo modo: la scrittura si serve del plurale per segnalarci che la

17 Elemire ZOLLA, L'androgino,l'umana nostalgia dell'interezza, red edizioni, Roma, 1989, pag. 7
18 La sacra BIBBIA, Einaudi, Genesi, 1:26-28

20
creazione dell'uomo è avvenuta grazie alle due essenze divine che sono
simboleggiate dal maschio e dalla femmina.
L'uomo immagine rappresenta la ricchezza, e la donna somiglianza
rappresenta la povertà, e dunque, visto che le due essenze ne formano
una sola,ciò ci insegna che anche nel mondo, il ricco e il povero devono
costituire unità.19
Nel nome di Dio IHVH il cabalista legge (I) il padre, (H) la madre, (VH)
l'androgino cosmico, o figlio e figlia creati congiunti schiena contro schiena
ma separati nel processo di evoluzione del cosmo per poi ricongiungersi
faccia a faccia.
L'unione del maschio e della femmina è l'unione degli opposti,l'unione di
giustizia e giudizio, misericordia e severità, destra e sinistra, delle due
colonne o rami opposti dell'albero della vita.
Ad un certo punto Dio decise di dividere l'essere androgino in due, e lo
immerse una sorta di sonno o morte.
Dio diede vita alla donna a partire dal lato sinistro(o inferiore) di Adamo,la
divisione in due divenne realtà e solo quando l'uomo e la donna si
ricongiungono il corpo può ritrovare la sua unità originaria.
La congiunzione avverrà in questo modo: L'emanazione di Dio, che
rappresenta il Giusto e sta per il Fallo, penetra nell'emanazione inferiore
cioè la Misericordia che sta per l'utero. Il centro è la Giustizia.
Gli eserciti di Dio sono le due emanazioni: Gloria e Vittoria sono i testicoli
che raccolgono gli oli consacrati provenienti dall'alto, cosi, come troviamo
scritto nello Zohar,”ogni benedizione s'irradia dal cranio all'uomo quando il
respiro non viene esalato, e il seme bianco maschile e quello rosso
femminile si uniscono nell'estasi della passione e dello splendore”.
Solo a questo punto il giusto fruttifica e il fallo diviene ermafrodito e le
anime assorbite nel corpo divino uniscono il giusto (il Lingam:il fallo), alla
giustizia (Yoni:l'utero), “esse si innalzano verso il disco lunare,(da
notarel'analogia con il simbolo della luna nella tradizione classica) dove
vedono ciò che vedono, e nella loro allegria salgono e scendono, si

19 Franca FRANCHI, Le metamorfosi di Zambinella,Bergamo 1991. pag 30

21
avvicinano e si allontanano”20
In ciascun individuo sono quindi presenti una parte maschile e una
femminile ed esse sono presenti come opposti:come anima e ragione,
cuore e cervello, e anche se nella tradizione mistica ebraica si identifica la
parte sinistra femminile con il Male, gli insegnamenti esoterici affermano
che un uomo è tanto più grande quanto è più grande appunto questa
parte femminile perché quando riesce a dominarla essa diviene la sua
alleata e l'uomo perfetto contiene entrambe le forze in armonia fra loro. 21

Miniatura alchemica,”l'androgino e l'anima ispiratrice”

Yezale’el è l’Angelo in cui questa pienezza androgina si mantiene e viene


riproposta all’umanità.
E' evidente la somiglianza di questi contenuti con i testi platonici, in
particolare il Simposio ,in cui si riprende il discorso sull'androgino e
sull'origine dell'uomo, che verrà poi ripresa anche dalla tradizione
cristiana:
Nel Vangelo secondo Tommaso (apocrifo della seconda metà del II secolo),
si attribuisce a Gesù la seguente dichiarazione ai discepoli: “Quando farete
di due uno, e farete l'interno come l'esterno,e l'esterno come l'interno, e
ciò che è in alto come ciò che è in basso, e quando farete il maschio con la
femmina, una sola cosa, così che il maschio non sia maschio e la femmina

20 Abbé BUSSON, L'origine égyptienne de la Kabbale, Bruxelles, 1895 pag 78


21 Elemire ZOLLA, L'androgino,l'umana nostalgia dell'interezza, red edizioni, Roma, 1989, pag 64-66

22
non sia femmina,[....]allora entrerete nel Regno”.22
Questa frase sembra proprio descrivere il nostro San Giovanni Battista, e il
percorso tran-sessuale che deve compiere l'uomo per l'ascensione e come
anche nella tradizione cristiana sia presente la metamorfosi sessuale, la
trasformazione di un sesso nell'altro, ma anche la sublimazione della
sessualità.23
Ritroviamo quindi anche nel Vangelo il concetto di androginia.
Anche San Paolo nella Lettera ai Galati afferma che il battesimo cancella
ogni distinzione tra maschio e femmina.24
Nella tradizione Ebraica i cabalisti individuano del nome di Dio una sorta di
trinità fatta di padre, madre, e androgino, simile alla trinità cristiana di
padre, figlio e spirito santo.

1.4 Il Simposio, l'opera


“Una volta i sessi umani erano tre, gli uomini erano a tutto tondo...”
(Platone, Il Simposio)

Il Simposio è l'opera platonica di maggiore importanza e ispirazione per i


successivi studiosi dell'androginia, anche se come abbiamo visto, già
precedentemente,nello Zohar vengono descritti i processi di separazione
divina dell'essere perfetto in uomo e donna.
Infatti le menti più brillanti della storia tra cui Pitagora,Newton, Leibniz e
appunto Platone, esplorarono la saggezza nascosta nella Kabbalah e ne
furono profondamente influenzate.25
Nella cornice del famoso dialogo narrato, troviamo Apollodoro che riferisce
all'amico Glaucone quanto Aristodemo gli ha raccontato riguardo al
banchetto offerto dal poeta Agatone; siamo nel 416 a.C.
L'occasione di questo banchetto è data dalla vittoria di Agatone al
concorso tragico delle Grandi Dionisie. Al banchetto si riuniscono
personalità importanti dell'Atene di quei tempi e ognuno di loro esprime

22 Franca FRANCHI, Le metamorfosi di Zambinella,Bergamo 1991. pag 32


23 Henri-Charle PUECH, Sulle tracce della Gnosi, Milano 1985, pag 575
24 Franca FRANCHI, Le metamorfosi di Zambinella,Bergamo 1991. pag 33
25 Yehuda BERG, Il potere della Kabbalah, Feltrinelli, pag 69

23
una differente corrente di pensiero.
Il racconto inizia quando Socrate, ben vestito e preparato si sta dirigendo
verso casa di Agatone dove appunto si terrà il Simposio, quando lungo il
cammino si imbatte in un suo amico, Aristodemo e con questo (anche se
non invitato) si avvia per la casa del suo amico.
Durante il tragitto Aristodemo si accorge a un certo punto che Socrate non
stava camminando con lui, ma aveva rallentato per meditare, cosi sarà
proprio Aristodemo ad arrivare per primo a casa del festeggiato.
Una volta arrivati, sia Aristodemo che Socrate, gli uomini vengono accolti
da Agatone in modo molto ospitale e iniziano il pranzo e successivamente
il convito.
A questo punto dopo aver deciso, sotto consiglio di Erissimaco, di non
esagerare col bere,iniziano una discussione dove ogni personalità, e quindi
ogni filone di pensiero greco, può dire la sua e fare un discorso su un tema
particolare, suggerito proprio da Fedro: parleranno di Eros e dell'amore.
Ognuno di loro farà così un encomio a Eros a partire da Fedro e a
terminare con Socrate che con un magnifico racconto nel racconto parlerà
di Eros e della sua natura confutando il discorso di Agatone.
Iniziamo col parlare di Fedro e del suo discorso:
Fedro descrive Eros come il più antico degli dei, colui che generò il caos, e
per questo motivo non ci sono beni maggiori di quelli che da lui derivano:
secondo Fedro, è l'amore a riempire gli uomini di coraggio, come diceva
Omero, “quella forza guerriera che dio infonde”26.
Così gli amanti, uomini e donne, sono disposti a morire l'uno per l'altro, ne
sono esempi Alcesti,Orfeo e Achille che morendo o per salvare, o per
vendicare il proprio amato, commossero gli dei.
“E dunque, penso proprio di poter dire che Eros è tra gli dei il più antico e
il più degno di onori, e abilissimo nel far ottenere agli uomini, in vita e in
morte, virtù e felicità”27
In vita perchè dona coraggio, in morte perchè commuovendo gli dei dona

26 PLATONE, Simposio o sull'amore, Feltrinelli , Milano, 1995, pag. 174


27 PLATONE, Simposio o sull'amore, Feltrinelli , Milano, 1995, pag. 51

24
eternità, inoltre l'amante, essendo pieno di dio, è più divino dell'amato e
per questo molto superiore spiritualmente.
Fedro cede successivamente la parola a Pausania che prima di iniziare il
suo encomio, trova giusto precisare che non esiste un solo Eros, ma più di
uno, sarà quindi importante farne la giusta distinzione per poter
giustamente lodare l'uno o l'altro tipo di amore. Gli amori sono due, come
la Venere è duplice, esiste l'amore volgare, quello che attrae i corpi degli
uomini e delle donne indistintamente: questo amore non lega gli spiriti
ma solo i fisici ed è chiamato appunto amore “pandemio”.
Esiste poi un amore celeste, chiamato “Uranio” che è un amore non
volgare ma spirituale e che porta necessariamente gli uomini con altri
uomini,questo perchè, secondo Pusania, gli ultimi sarebbero superiori in
intelligenza e forza di carattere.
A parte il discorso sessista è da notare come Pausania rifletta
successivamente sulla differenza tra un amore fisico rispetto a uno
spirituale: infatti afferma che un amore che pone le sue basi
sull'attrazione fisica è infedele, in quanto la bellezza svanisce e nel
momento in cui è svanita l'amore si dissolve, mentre il vero amante ama
l'anima che non svanisce mai, e per questo è fedele per sempre.
Il discorso di Pausania procede raccontandoci come siano differenti, in
Grecia, gli approcci verso gli amori omosessuali.
Arriva ora il turno di Aristofane, che però, colto dal singhiozzo, deve
saltare il turno.
A prendere il posto di Aristofane sarà Erissimaco, che in qualità di medico,
vuole approfondire scientificamente il discordo di Pausania per lui
incompleto, dicendo che è vero che esistono due tipi di amori, ma non
soltanto negli esseri umani, ma in tutti gli esseri viventi presenti sulla
terra, e questo fa il nostro dio ancora più grande.
Un Eros duplice quindi, come ha già giustamente affermato Pausania, ma
Erissimaco, prende spunto dalle sue conoscenze sue conoscenze riguardo i
corpi umani per spiegare come negli uomini talvolta si sviluppi un amore
rivolto al bene, e talvolta rivolto al male.

25
É da Uranio che deriva il benessere, l'armonia, e la felicità tra il corpo e
l'anima, mentre nell'Eros pandemico troviamo solo disordine e sofferenza.
É anche compito del medico indirizzare l'uomo verso il giusto scopo, dato
che altrimenti si tratta proprio di una malattia, di un'indole perversa
innata nell'uomo che bisogna necessariamente contrastare.
Le cure a queste perversioni sono attività volte a ristabilire l'equilibrio,
come la musica, l'astronomia, la divinazione, tutte attività che portano lo
spirito umano verso il giusto amore.
È ora il turno di Aristofane. Dopo aver ringraziato sarcasticamente l'amico
medico per i consigli suggeritigli per fargli passare il singhiozzo, inizia il
suo discorso, la parte del Simposio più importante per la nostra
trattazione, è qui che si rivela il mito dell'androgino, e Platone, per bocca
di Aristofane inizia il racconto delle vere origini dell'uomo.
Il discorso , nella sua forma, lascia intravvedere tra le righe una tesi
penetrante, che già annuncia la bella argomentazione di Diotima.
Si deve notare e sottolineare la grandezza di Platone nell'attribuire ad
Aristofane un ruolo così importante dell'opera, nonostante i precedenti che
ci sono stati tra loro: infatti quest'ultimo infamò Socrate e gli causò non
pochi guai fino proprio all'ultimo processo.
Platone odiava quest'uomo, e non si fece problemi ad attribuirgli un
singhiozzo da ubriacone, ma comunque con grande onestà gli riconosce un
grande spirito immaginario e gli affida uno degli interventi più interessanti
del libro.28
Riprendendo la mitologia più grandiosa, ci offre una piccola commedia
sull'amore, per lui a differenza di Pausania, l'amore è uno soltanto, e la
sua essenza e il suo scopo è quello di cercare unità, che un giorno hanno
perduto e ne descrive i benefici che derivano da questa ricongiunzione: qui
si mostra il potere del Dio, che è l'unico che può guarire l'uomo dal male,
e che può regalargli la felicità.
Il discorso spiega i tre momenti del dramma umano: per prima cosa la
descrizione della natura originaria (un tutto pieno), poi la separazione, e

28 Genevieve DROZ, I miti platonici, edizioni Dedalo, Bari, 1994, pag 38

26
poi l'amore come tentativo di ritrovamento. In origine gli uomini erano
raddoppiati, “un tutto pieno, rotondi di forma” e di tre specie:
maschi,femmine, e androgini.
Poiché troppo forti e superbi Zeus li divise in due e da allora ognuno vive
nella ricerca della propria metà perduta.
Ogni uomo e ogni donna secondo la sua condizione originaria, cerca
l'uomo e la donna che gli corrisponde.
Se in origine faceva parte di un essere totalmente maschile il nuovo uomo
sarà omosessuale, se era un essere totalmente femminile sarà una
lesbica, se invece era un essere androgino allora sarà un essere
eterosessuale.
Aristofane conclude avvertendo gli uomini di non essere superbi, altrimenti
Zeus potrebbe arrabbiarsi nuovamente e ridurre gli uomini a
“bassorilievi”.
È interessante la grande differenza che si può cogliere tra questo mito e
quello raccontato in precedenza riguardo a Ermafrodito di Ovidio: se
analizziamo l'ultima parte del mito di quest'ultimo, ricordiamo come
l'ultima preghiera lanciata da Ermafrodito dopo la fusione con Salmacide
sia la seguente: ”che chiunque si bagni con le acque di questa fontana
possa diventare mezz'uomo come me!”.29
Se il nostro Ermafrodito conoscesse il mito platonico si accorgerebbe che è
proprio il contrario, sono gli uomini comuni a essere “mezzi” mentre lui
grazie alla ninfa ritrova la pienezza.30
A questo punto il discorso di Aristofane è terminato e dopo che ognuno ha
rivolto i propri complimenti all'uomo sarà Agatone a proseguire con gli
encomi:il suo discorso, particolarmente bello dal punto di vista stilistico,
consiste principalmente nella descrizione dettagliata di Eros, ma sotto un
profilo estetico: infatti Amore viene descritto come bello, soave, giovane,
eterno temperante e valoroso: senza Eros non ci sarebbero tante cose tra
cui la poesia e la procreazione, e la caratteristica più bella di questa

29 Publio OVIDIO Nasone, Le metamorfosi,1999, Paolo Fedeli, pag 189


30 Genevieve DROZ, I miti platonici, edizioni Dedalo, Bari, 1994, pag 46

27
divinità è che riesce a infondere agli uomini queste virtù.
A questo punto interviene Socrate che con immensa umiltà inizia il suo
discorso avvisando i partecipanti di non essere abile come loro nel
pronunciare lodi, ma in ogni caso ci proverà.
La prima parte del discorso di Socrate consiste nel confutare il discorso di
Agatone per mezzo di tecniche addirittura di natura logica: infatti
attraverso delle semplici domande (metodo socratico) egli mette in crisi
l'amico. Le domande che gli pone sono le seguenti: “Prima di tutto,l'amore
ha un oggetto, ed in base a questo si definisce: è infatti desid
erio di qualcosa, e, siccome si desidera solo ciò che non si
possiede,evidentemente non possiede questo qualcosa. Stando alle tue
parole si direbbe che l'oggetto del desiderio amoroso sia il bello, che poi è
anche il buono: ora, come può Amore essere bello e buono, se non
possiede il bello ed il buono? Perché, se li possedesse, non li
desidererebbe”31. Agatone, confuso, riconosce l'esattezza dell'obiezione.
A questo punto si introduce la straordinaria figura di Diotima:
Socrate spiega che questa donna gli ha rivelato la vera essenza di Eros,
infatti non si può affermare che questo sia buono o cattivo, bello o brutto,
poiché l'amore sta proprio tra i due termini, non è né divino né mortale
sta a metà strada e per questo viene definito dalla donna come un
Demone. Diotima spiega la natura di Eros, chi sono i suoi genitori, ma
questo discorso lo riprenderemo più avanti.
I concetti importanti del discorso di Socrate sono che l'amore è desiderio
del bello, e l'amante desidera che diventi suo il bello, ma perchè? Per
essere felice.
È questo che gli uomini, tutti gli uomini vogliono, essere felici possedendo
per sempre l'oggetto bello del prorio amore, che non deve essere
necessariamente una donna o un uomo, a volte gli uomini finiscono con
l'innamorarsi del potere, o dell'arte, ma tutti lo vogliono possedere per
sempre, e l'unico modo per trattenere per sempre il bello sta nella
procreazione che è legata all'immortalità. Non esiste procreazione senza

31 PLATONE, Simposio o sull'amore, Feltrinelli , Milano, 1995, pag 56

28
bellezza, da qui nasce la definizione che Socrate da di Amore: desiderio di
possedere il bene per sempre, di procreare nel bello per l'immortalità.
Ma esistono diversi gradi dell'Eros platonico:come abbiamo detto l'uomo
incontra il bello, e scoprendo anche la bellezza dell'anima si innamora
della persona in questione e decide di procreare per mettere al mondo figli
vicini agli dei immortali.
Al secondo stadio del processo evolutivo, se l'uomo è sulla giusta via,
inizia a comprendere che è l'anima la cosa migliore del suo amato, visto
che la bellezza svanisce, a questo punto sarà pronto a cogliere la bellezza
delle attività umane, e scoprirà la scienza suprema cioè quella
dellaconoscenza e della sapienza, al culmine del suo iter verso la
perfezione, l'uomo riuscirà a cogliere il Bello in sé che è intatto ed intan
gibile e sta in tutte le cose del mondo, solo a questo punto l'uomo riesce a
cogliere l'essenza delle cose e diventa davvero immortale.
L'ultimo personaggio a irrompere nella casa è Alcibiade, che ubriaco inizia
una lunga lode a Socrate che sfocia nella dichiarazione amorosa:
“Sappiate che a lui non importa nulla se uno è bello e ne fa così poco
conto quanto nessun altro, né gli interessa se è ricco o se ha un altro
titolo di quelli che, per la gente, portano alla felicità. Ritiene di ben poco
conto tutti questi beni, e che noi, vi assicuro, non siamo nulla e passa la
sua vita ostentando candore e scherzando, ma quando poi si impegna
seriamente e si apre, non so se uno ha mai visto le splendide qualità che
ha all'interno: io le ho già osservate, da tempo, e mi apparvero così
divine, dorate, belle e meravigliose da provare che si doveva fare subito
quel che Socrate comandava.[...]Si potrebbero dire, senza dubbio, molte
altre cose per lodare Socrate e tutte da far meraviglia, ma mentre per
ogni altro atteggiamento nella vita tali cose si potrebbero dire anche di
altri, il fatto di non essere egli simile a nessuno degli uomini, né degli
antichi, né di quelli di adesso, questa è cosa degna di ogni meraviglia. […]
Ma come è fatto quest’uomo, quanto a stranezza, lui e i suoi discorsi,
neppure cercando si potrebbe trovare uno che gli si avvicini né tra gli
uomini d'ora, né tra quelli di un tempo, a meno di metterlo a confronto

29
con quelli che dico io, cioè non con un uomo, ma con i sileni e i satiri, lui e
i suoi discorsi.”

1.5 Uomo Symbolon


Come abbiamo appena detto quindi, un giorno Zeus volendo castigare
l'uomo senza distruggerlo, lo tagliò in due.
Da allora noi viviamo secondo le modalità della mutilazione e della
mancanza: “da uno siamo diventati due e da tutto siamo diventati parti,
dal medesimo due altri, estranei l'uno all'altro ma per ciò stesso attirati
l'uno dall'altro alla ricerca nostalgica del nostro alter ego.”32
Nella mitologia greca il sole,la luna e la terra hanno due
concezioni simboliche particolari infatti il sole indica l'uomo,la terra è
donna,mentre la luna che sta a metà tra i due si riferisce proprio
all'androgino che si pone come elemento di congiunzione tra gli dei e gli
uomini.
Gli uomini tra sole e terra tendono a qualcosa di sproporzionato rispetto
alle loro possibilità e per questo giudicati troppo trasgressivi e
presuntuosi. Di qui la punizione di Zeus che si propone di restituire ordine
consentendo congiunzioni indefinite ma momentanee, al solo fine della
riproduzione della specie. Da allora “ciascuno di noi è simbolo di un uomo,
la metà che cerca l'altra metà, il simbolo corrispondente”. Questo concetto
di “Metà” e di “Simbolo” è ricorrente della cultura classica infatti esisteva
una vecchia tradizione che consisteva nel prendere un oggetto, che poteva
essere un anello, una moneta, o qualsiasi altro oggetto, e regalarne una
metà a un amico o a un ospite.

32 Genevieve DROZ, I miti platonici, edizioni Dedalo, Bari, 1994, pag 39

30
Un esempio di Simbolo greco:

L'oggetto veniva poi conservato di generazione in generazione per


permettere ai discendenti della famiglia di conoscersi e riconoscersi.
Questo segno di riconoscimento si chiamava appunto Simbolo; infatti è
proprio questo il significato originale le della parola.
Il Symbolon designava la “Tessera Hospitalitatis”, un segno con cui si
accertava l'ospitalità data e ricevuta.33
Conseguentemente alla divisione inflitta da Zeus, ciascuno di noi è simbolo
di un uomo che cerca la sua metà corrispondente per la sua
ricomposizione.34
J.Trouillard presenta una interessante differenziazione tra l'uso delle
parole greche Symbolon (simbolo) e Synthema (segno):Il Synthema ha un
carattere divino e quindi invisibile e ineffabile che però si offre e si
manifesta all'uomo sotto forma di Symbolon.
Il simbolo sarebbe quindi il segno sotto una certa forma o figura,35 vero e
proprio strumento di redenzione in quanto memoria di una condizione
primordiale alla quale dobbiamo ritornare uscendo dai limiti meramente
simbolici, a cui l'essere nostro è stato ridotto.36

33 Umberto CURI, La cognizione dell'amore:eros e filosofia, Feltrinelli, Milano 1997, pag 39


34 PLATONE, Simposio o sull'amore, Feltrinelli , Milano, 1995, pag 28-29
35 Nicoletta SCOTTI Muth , Proclo negli ultimi quarant'anni, Vita e Pensiero, Milano 1995,pag 298
36 Umberto CURI,La cognizione dell'amore:eros e filosofia ,Feltrinelli, Milano 1997 pag 80

31
1.6 Eros, Ephitymia (Desiderio)
Nella grande opera del Simposio possiamo quindi rinvenire molte fonti per
la trattazione della nostra tesi,uno dei punti fondamentali da analizzare
per penetrare meglio il concetto di amore nella concezione classico
platonica è proprio la figura di Eros, che per bocca di Diotima ci viene
presentato in modo non convenzionale sia per noi che per i partecipanti
del simposio.
Chi si aspettava che il nostro Eros non fosse un Dio ma addirittura un
Demone? Nessuno, e neanche Socrate.
Eros viene così descritto non come una divinità ma come un demone a
metà strada tra ciò che è divino e ciò che è umano.
Il suo compito sarà quindi quello di mediare tra le due dimensioni
contrapposte e Diotima ci spiega ciò con la metafora della filosofia: ”Eros
come amore del sapere”.
Infatti Eros non riesce ad arrivare a un sapere certo e definitivo, ma non
riesce neanche a rassegnarsi all'ignoranza.
“Vive tra la sapienza e l'ignoranza, ed ecco come avviene: nessun dio si
occupa di filosofia e nessuno tra di loro ambisce a diventare sapiente
perché tutti lo sono già. Chiunque possegga veramente il sapere, infatti,
non fa filosofia; ma anche chi è completamente ignorante non si occupa di
filosofia, e non desidera affatto la sapienza. Proprio questo è sconveniente
nell'essere ignoranti: [...] non si desidera qualcosa se non si avverte la
sua mancanza”37
Ora vediamo come viene narrata nel Simposio la nascita di Eros che è
figlio di Penia(povertà)e Pòros(possibilità,audacia): nel mito si narra che in
occasione della nascita di Afrodite gli dei fecero un banchetto e, come è
costume nelle feste, venne a mendicare Penia. Quando Poros, ebbro di
nettare, entrò nel giardino di Zeus e, appesantito si pose a dormire, Penia
si stese al suo fianco e divenne gravida di Eros.38 Socrate spiega:” Povero
sempre,non bello ma ispido e duro,vagabonda scalzo e giace per terra

37 PLATONE, Simposio o sull'amore, Feltrinelli , Milano, 1995, pag 23


38 PLATONE, Simposio o sull'amore, Feltrinelli , Milano, 1995, pag 33

32
dato che non ha tetto”39 insomma conserva la sua radice “povera”
derivante dalla madre,ma Eros è anche figlio della possibilità, del
passaggio,”d'altro canto, come suo padre, cerca sempre ciò che è bello e
buono, è virile, audace, risoluto, gran cacciatore è amico della sapienza ed
è ricco di trucchi, e così si dedica alla filosofia nell'arco di tutta la sua vita”.
È quindi fortemente presente sia in Platone che nel suo maestro Socrate
un forte dualismo e una forte contrapposizione tra verità e ignoranza,
metafora di un profondo dissidio interiore tra insoddisfazione e
irrequietezza.40
Platone fa un magnifico discorso retorico sulle contraddizioni della vita, in
cui ci si trova spesso a essere divisi tra la sete di avere e la mancanza, tra
la fragilità e la grandezza, tra miseria e ricchezza.41
Intendendo quindi Eros come metafora della filosofia riusciamo a capire
come sia amore ascensivo, che mira alla verità assoluta e senza alcun
interesse, ecco il motivo delle sue origini “ricche”; ma nello stesso tempo
è condannata a vagabondare nel buio prima di arrivare alla luce, e questo
è il motivo delle origini umili derivanti da Penia. Ma Platone arriva a
definire molto precisamente il ruolo mediatore di Eros,proprio come
dicevamo in precedenza.
È suo compito far incontrare le due anime sole che sono state
precedentemente separate, è suo compito la ricongiunzione tra maschile e
femminile poiché un tempo tendevano all'assoluto come la luna che sta a
metà tra il sole e la terra.
Ora grazie a Eros l'uomo può aspirare a ritrovare la sua parte mancante, e
finchè non la troverà, egli si sentirà un amputato, povero e vagabondo.
Ed è qui che ritroviamo in parte anche la figura di ermafrodito: come
ricordiamo suo padre era Ermes, Dio messaggero, interprete. Non è simile
il ruolo di Eros?
Il punto cruciale però è un passaggio, fondamentale per la piena
comprensione dell'amore platonico:qui si dischiude la follia.

39 PLATONE, Simposio o sull'amore, Feltrinelli , Milano, 1995, pag 28


40 Leon ROBIN, La teoria platonica dell'amore, Celuc 1973, pag 81
41 PLATONE, Simposio o sull'amore, Feltrinelli , Milano, 1995, pag 41

33
Una volta che l'uomo è stato punito da Zeus, ed è quindi ritornato sulla
terra (o sul sole),
ed ha quindi lasciato per (quasi) sempre il mondo celeste, egli ha perso la
Follia.
Ma cerchiamo di capire meglio cosa si intende per follia.
Per follia intendiamo quello stato d'animo in cui perdiamo la coscienza, e
la dimensione del sé, agiamo senza renderci bene conto di cosa stiamo
facendo ed è il nostro istinto più irrazionale a dettare i nostri movimenti.
Non è forse l'amore?
Infatti il congedo dal mondo degli dei e quindi dalla follia è solo apparente:
nell'atto sessuale ritroviamo la congiunzione delle due metà perfette, il
ricongiungimento ci dona piacere ed estasi ma nello stesso tempo ci turba
e la sua comparsa non è mai separata dall'angoscia, tanto che Pan, il Dio
della sessualità è proprio il Dio del panico e la sua irruzione segna il
collasso della ragione, il cedimento dell'io, la follia.
In questo modo finalmente la distanza tra umano e divino si ridimensiona
per poi tendere allo zero e l'uomo torna ad essere abitato dalla divinità e
lo spettacolo che si apre è sempre folle.
Tutto ciò grazie a Eros che essendo demone e quindi essendo tra l'uomo e
il divino intercede tra le divinità e gli uomini, e permette una
comunicazione tra essi dando vita alle cosiddette Manie platoniche come
l'arte, il sesso o la poesia.
Grazie a questi esseri superiori, il mondo trova coerenza e unità, il mondo
delle idee può abbracciare il mondo terreno.
Come sostengono Léon Robin e altri autori, Eros in Platone richiama la
morte assegnando42 “ad Ade gli stessi effetti che attribuisce all'amore” e
parlandone “quasi negli stessi termini”43.Ma cerchiamo di capire cosa si
intende per Epitymia, il termine greco che si traduce come brama,
desiderio, appetito, avidità, passione.44
“Noi fummo interi, e il desiderio dell'antica unità così come la sua ricerca

42 Leon ROBIN Introduzione al Simposio, Belles Lettres, Paris 1989 pag VII VIII
43 Virgilio MELCHIORRE, Metacritica dell'eros, Vita e pensiero 1977, Roma, pag 73
44 Www.grecoantico.it

34
ha per nome Eros” e l'antica unità è la condizione preumana.
Possiamo riflettere sul fatto che in realtà il desiderio è proprio l'essenza
dell'umanità,ciò che siamo,ciò di cui siamo costituiti essenzialmente, la
nostra materia, il nostro nocciolo, siamo desideri ambulanti che cercano
costantemente di soddisfare le proprie esigenze. Il cuore batte, il sangue
scorre, il corpo si muove soltanto a causa di un desiderio che chiede di
essere appagato. Come afferma il Rabbino Ashlag, un cabalista, se non
fosse per un desiderio interiore, gli esseri umani non muoverebbero
neppure un dito.45
Cosi Eros, agendo sul nostro desiderio più passionale ci porta alla
congiunzione con la nostra metà, risolvendo un bisogno non più passionale
ma intellettuale e trascendente:
Per Platone è chiaro che le anime di due innamorati che hanno passato
una vita insieme, tendono a qualcosa d'altro rispetto ai soli piaceri
amorosi che non sono capaci di esprimere; e se mentre giacciono insieme
comparisse loro Efesto con i suoi strumenti e chiedesse loro cosa
desiderano l'uno dall'altro, se sia per caso il desiderio di unirsi il più
possibile e stare sempre insieme giorno e notte, vita e morte, per
diventare una cosa sola, direbbero che è proprio questo che vorrebbero,
fondersi per sempre poichè precedentemente erano interi: e dunque il
nome amore significa questo tendere e muovere verso l'unità e l'intero.46
Ma il concetto di ephitymìa è molto più chiaro nella Repubblica IV.
E' noto che Socrate in questo dialogo arriva a mettere in parallelo l'animae
la città a conclusione di una lunga ricerca sulla giustizia. L'anima è triplice
in quanto desidera , vuole, conosce. L'anima concupiscibile, Ephitymia o
sensualità localizzata nel ventre porta l'anima al bene del corpo, il Tymos,
quella amorosa, localizzata nel cuore, che non conosce, ma che vuole con
tutta la forza, porta l'anima verso ciò che è bello e buono, il Nous cioè
l'anima razionale, localizzata nella testa, parte divina dell'uomo che è in
grado, attraverso la dialettica, di portare l'anima alla conoscenza

45 Yehuda BERG, Il potere della Kabbalah, Einaudi, pag 28


46 PLATONE, Simposio o sull'amore, Feltrinelli , Milano, 1995, pag 20

35
dell'intellegibile e dell'idea di bene.47

1.7 La ricerca della pienezza, Plesmoné

Mediatore tra gli uomini e gli dei, Eros, interviene al limite dell'umano,
dove il senso gioca col non senso e dove non si da nuova parola se non
liberando ad ogni istante l'antica follia.
Così la condizione simbolica, che tralaltro non consente all'uomo di
distogliere l'occhio dal proprio taglio, restituisce all'erotismo il suo senso:
“non solo vicenda di corpi, ma traccia di una lacerazione e quindi ricerca di
quella pienezza di cui ogni amplesso è memoria, tentativo,e sconfitta.48”
Ma per cogliere l'erotismo come ci è stato descritto da Platone attraverso
Socrate, in relazione alla morte e alla nascita, dobbiamo tenere ben
presente il fulcro della questione cioè il cedimento dell'io che è in atto nel
momento in cui la follia si schiude, e quindi il rapporto non è più con
qualcun altro ma con l'altra parte di noi stessi.
Se ci soffermiamo su questo concetto possiamo riflettere sul come il solo
avvinghiarsi al corpo dell'altro, prima di un contatto, è una Presa. Umberto
Galimberti così commenta il Simposio:“Per il solo fatto di esserci accanto,
l'altro, ci concede di perderci nella nostra follia e di riprenderci. Se l'essere
amato diventa, per chi lo fa oggetto d'amore, la trasparenza del mondo,
se ciò che attraverso di lui appare è l'essere pieno, illimitato che
oltrepassa di gran lunga i limiti dell'individualità, è pur vero che tutto ciò è
possibile solo nella violazione della sua e della nostra individualità, quindi
in un atto che richiama, nella metafora dell'omicidio e del suicidio, la
dissoluzione della morte. Ma allora, l'amore è l'anticipazione della morte
nel corso della vita, quel gioco rischioso intorno al limite dove si
affollanodivieti e trasgressioni.”49
Ma se ascoltiamo con attenzione il discorso di Diotima, ella ci può far
cogliere a pieno il conflitto esistente tra le due parti della coppia,
tral'amato e l'amante. La saggia donna coglie Eros nel dissidio interiore e
47 Genevieve DROZ, I miti platonici, edizioni Dedalo, Bari, 1994, pag 58
48 PLATONE, Simposio o sull'amore, Feltrinelli , Milano, 1995, pag 28-29
49 PLATONE, Simposio o sull'amore, Feltrinelli , Milano, 1995, pag 22-23

36
l'angoscia che risiede nell'amante, mentre l'amato è dolce e sublime:” Hai
creduto che Eros sia la cosa amata, non l'amante, questo il motivo per cui
ti appariva tutto bello. E in effetti il vero oggetto d'amore è bello, soave,
perfetto, degno di ogni beatitudine. Invece chi ama si trova in una
condizione ben diversa,come appunto ho cercato di spiegarti.”50
Nella Kabbalah ritroviamo ancora una volta i principi platonici:
Nello Zohar il concetto di destra si riferisce al principio maschile: la fluente
emanazione esterna della divina energia che i cabalisti hanno chiamato
Luce. Il concetto di sinistra si riferisce al principio femminile:l'entità che
riceve energia che fluisce nella destra. I cabalisti identificano la sinistra
come Vaso. Quindi l'uomo è in realtà una forza della Luce o Divino piacere.
Questa fluente, beata Luce cerca soltanto di appagare e di arricchire. Il
vaso è principio femminile, creato al solo scopo di accettare e provare il
piacere costituito dal flusso della Luce.
In poche parole, destra e sinistra, sono il Condividere e il Ricevere, o la
causa e l'Effetto. Lo Zohar ci dice che la luce creò il Vaso in modo che i
due potessero essere uniti in una specie di matrimonio divino, o sacro
rapporto, per tutta l'eternità.Questa è la ragione per cui la Luce creò come
prima cosa il vaso. Ora abbiamo quindi quelli che sembrano essere gli
ingredienti di una perfetta relazione: destra e sinistra connesse, maschio e
femmina uniti in un tutt'uno, appagamento e desiderio come una sola
cosa. Poi esiste però anche una speciale legge dell'attrazione,riflettiamo su
questo:
La Luce e il Vaso sono in realtà degli opposti per natura infatti un giorno
vennero separati l'una dall'altro a causa della loro natura contraria, ma per
fortuna la Luce possedeva un'infinita saggezza e quindi previde la
separazione, dunque quando creò il Vaso, La luce incluse in esso la
soluzione al problema. La Luce permeò il vaso con una caratteristica della
luce stessa. 51
Le attinenze coi testi platonici sono palesi. Lo Zohar inoltre
prosegue descrivendo il senso di beatitudine che incorre nell'uomo nel

50 PLATONE, Simposio o sull'amore, Feltrinelli , Milano, 1995, pag 53


51 Yehuda BERG, Il potere della Kabbalah , Einaudi, pag 22-24

37
momento in cui la Luce pervade il Vaso; Non è proprio come quando le
due metà platoniche separate da Zeus ritrovano armonia insieme?
Con la distinzione però, che nello Zohar non ritroviamo l'accezione
negativa di follia “maniaca” che invece leggiamo tra le righe platoniche.

38
2. BALZAC E L'ANDROGINO ROMANTICO
2.1 L'androgino come metafora di un'epoca
Come abbiamo detto in precedenza, il tema dell'androgino ha sempre
suscitato parecchio interesse e curiosità, nel medioevo si cerca di dare una
spiegazione pseudoscientifica a riguardo degli ermafroditi ma senza grossi
successi.
Nell'ottocento, epoca segnata dal positivismo, in cui ogni manifestazione
incontrava necessariamente una spiegazione scientifica, si affronta anche
il tema da noi trattato, ma è necessario chiarire che la trattazione di questi
argomenti in chiave scientifica, da personalità illustri e stimate come
Darwin o Spencer, ha una genesi che riguarda proprio la natura dell'uomo,
anche per spiegare in termini positivi e razionali la radicata mentalità
ottocentesca fortemente maschilista che ha caratterizzato fortemente il
secolo, e che ha posto le basi al prossimo antisemitismo del secolo
successivo.
Ma cerchiamo di capire meglio il legame che intercorre tra il tema del
maschilismo romantico e il nostro riguardante l'ermafroditismo.
Così scriveva Darwin nel suo “The Descent of Man”(1871): “ qualche
remoto progenitore, nel mondo dei vertebrati debba essere stato
ermafrodito o androgino”52.
Questa teoria che ormai abbiamo già conosciuto, in ambiti però non
scientifici ma letterari e mistici, prosegue descrivendo appunto la divisione
dell'essere ermafrodito in due esseri, l'uomo e la donna.
Secondo il famoso scienziato questo processo di separazione era ancora in
atto secondo i laboriosi processi naturali, ed è proprio la natura a stabilire
le differenze tra le due, profondamente diverse, creature: l'uomo
responsabile del ciclo creativo dell'evoluzione, mentre la donna adibita alla
riproduzione con funzioni conservative, ed ecco spiegati i rispettivi ruoli
dei due sessi nella società.
Il discorso inizialmente interessato all'androginia, che sfocia nel
maschilismo viene ripreso da Herbert Spencer che facendo tesoro delle

52 DARWIN, The descent of man, Penguin Group, USA, 2007, pag 159

39
parole di Darwin, scrive nel “First Principles” che: “l'evoluzione si può
definire come un mutamento da un'omogeneità incoerente a
un'eterogeneità coerente”53, concetto molto classico-medievale, che ci
ricorda la storia di Giovanna D'arco.
Per Spencer quindi “l'evoluzione dell'uomo era necessariamente la
conseguenza del processo di differenziazione, sempre più distinta tra i
sessi, per cui a ciascuno veniva affidato il suo compito su scala
universale”54.
Lo stampo fortemente maschilista e offensivo nei confronti del gentil sesso
destò non poche rivolte femministe che si schierarono contro la presunta
“coerente eterogeneità”.
Le tesi di Darwin, Spencer, e altri ebbero molto successo così da
influenzare fortemente anche il mondo artistico, caratterizzato da
raffigurazioni di donne vuote dagli sguardi spenti, il cui ruolo nella società
era pari a un oggetto di arredamento.

53 Bram DIJKSTRA, Idoli di perversità, Garzanti libri, Milano 1988, pag 357
54 Bram DIJKSTRA, Idoli di perversità, Garzanti libri, Milano 1988, pag 260

40
“Ragazza col kimono blu”, Reid Robert Lewis,1880circa.

Quest'opera d'arte impressionista ci illustra la condizione sociale della


donna nell'ottocento.
Il soggetto è una dolce donna borghese in contemplazione di qualche
pesce rosso in una boccia d'acqua, ma il ruolo importante lo rivestono il
kimono blu e i pesci. Vediamo perché.
Se si osserva bene il dipinto troviamo sullo sfondo, appeso al muro, un
ventaglio blu che ci ricollega al kimono:due accessori della casa anzi tre
considerando anche la donna.
Una donna annoiata intenta ad osservare quanto più stupido oggetto, dei
pesci che sguazzano in cattività.
La donna osserva nello specchio d'acqua la sua condizione sociale
pressoché nulla.

Tornando al nostro tema è però particolare il fatto che invece nella


letteratura romantica europea venga coltivato un ideale di androgino
inteso prevalentemente come comunione di anime, non inserito in un

41
contesto sessuale.
Il romanticismo tedesco è caratterizzato dai riferimenti all'androgino per
esempio con Humbold che supera la tradizione classica e fa dell'androgino
una caratteristica specifica della divinità, oppure in Inghilterra troviamo
Blake con una nuova mitologia in cui l'archetipo androgino e i termini
cristiani si caricano di diversi significati, il dramma ricorrente è appunto la
perdita dell'androginia per la caduta di Adamo.
In Francia scrittori come Michelet realizzano personaggi maschili androgini
con la funzione di poter meglio comprendere la personalità femminile e
poterla amare meglio, in rapporti quasi Lesbo.55
Lo stesso Honoré de Balzac che approfondiremo meglio in seguito, ha
coltivato numerose amicizie all'insegna dell'ambiguità, come testimoniano
numerose lettere a presunti amanti.
Ritroviamo quindi, anche nel romanticismo un duplice giudizio riguardo
all'essere androgino- ermafrodito: se nella scienza darwiniana l'essere
primordiale ermafrodito ha la funzione di generare la divisione e quindi la
differenziazione tra i sessi, l'androginia conserva ancora i caratteri divini
propri della tradizione mitica e classica di cui abbiamo parlato attraverso la
trattazione platonica.
Ma per capire meglio come viene affrontato il tema dell'androgino
nell'ottocento, è necessario penetrare meglio il periodo storico in cui è
inserito il romanticismo.
L'ottocento è innanzitutto il secolo della nuova borghesia, sia dal punto di
vista sociale, che economico, che politico: la nuova classe borghese, in
contrasto con l'aristocrazia feudale, progressivamente prende il controllo
della società, imponendo nuove regole, che modificano la vecchia
concezione di stato.
La società cambia fortemente e anche il mondo della letteratura subisce
una rivoluzione, la diffusione della stampa trasforma il mondo
intellettuale, prima rivolto solo all'aristocrazia, in un'industria culturale
vera e propria dove i romanzi hanno il ruolo di divertire e allietare il nuovo

55 Bram DIJKSTRA, Idoli di perversità, Garzanti libri, Milano 1988, pag 59

42
borghese annoiato.
La letteratura di genere accoglie nuovi contenuti e nuovi bisogni
proiettandosi oltre. “La pagina della scrittura seriale di consumo si popola
di dispositivi che non appartengono alle regole della comunicazione
alfabetica ma a quella del corpo, del look, della chiacchiera, del tempo
libero, del desiderio incontrollato di vita vissuta: sesso, delitto,
travestimenti, maschere, morte, tutti linguaggi fortemente sensoriali, che
la grande narrativa restituisce.”56
Inquadriamo il tema dell'androgino, quindi, come emblema delle
contraddizioni di un momento storico e di una cultura, non solo in funzione
critica, di denuncia sociale, ma ad indicare il fascino di quelle zone
d'ombra, quell'ambiguità, che combattute dall'ideologia illuministica,
appaiono invece alla cultura romantica costitutive dell'essenza dell'uomo.57
Goethe nel Wilhelm Meister (1777)crea un personaggio protagonista
intensamente ambiguo che può in qualche modo anticipare il periodo da
noi trattato: Mignon, una donna che attraverso il travestimento maschile
(dal meno perfetto al più perfetto) si apre all'avventura, e racchiude in sé
la volontà di non sottostare al ruolo tradizionale di donna.
Il travestimento quindi sia come escamotage per sottrarsi al ruolo
sottomesso femminile, ma anche per “un rifiuto della vita sessuale sotteso
ad una aspirazione alla spiritualità, ma segretamente ancorato ad una
profonda ostilità nei confronti della famiglia”58
Mignon, che in francese significa carino, sfizioso, in realtà è lontana
dall'essere una figura pura e angelica ma invece torbida e ambigua.
Lo spirito della protagonista diviso tra carnalità e spiritualità è molto
stimolante per il lettore, ma il pubblico che lo accoglie non è ancora
abbastanza maturo per poter comprendere a pieno la parabola della
sublimazione angelica della natura ermafrodita.
Ma tornando al discorso riguardo la metafora dell'epoca possiamo

56 ABRUZZESE,BORELLI, L'industria culturale, Carocci editore, pag73


57 Franca FRANCHI, Le metamorfosi di Zambinella, Bergamo 1991, pag.83
58 Marie DELCOURT, deux interprétations romantiques du mythe de l'androgyne, Mignon et Séraphita, Revue
des langues vivantes, 1972, pag 228

43
introdurre un nuovo termine della nostra trattazione:l'impotenza.
Questa caratteristica affligge i protagonisti di varie opere letterarie che
sono caratterizzati da un'immagine androginizzata in cui gli intellettuali
tendono sempre più ad identificarsi in quanto l'esilio dell'aristocrazia
sembra corrispondere a quella stessa migrazione al proprio interno che
l'artista sta compiendo nel tentativo di sottrarsi all'invadenza dei nuovi
valori borghesi, così si da il via a personaggi molto di moda che si fanno
carico dell'impotenza di una classe politica, per assumere le sembianze di
personaggi fragili e quasi femminilizzati, che al posto di valorizzare i valori
aristocratici della forza e dell'eroismo, assumono atteggiamenti propri
dell'inquietudine romantica. Per esempio troviamo personaggi come René
di Chateaubriand, Olivier ou le secret di Duras o Olivier di Latouche ecc
ecc..
L'impotenza di cui parliamo è quindi di matrice storico-ideologica poiché
riprende la crisi dell'aristocrazia conseguente alle vicende napoleoniche.
Balzac però fa un passo in avanti. Se gli scrittori fin ora citati fanno un
percorso metaforico tutto legato alla matrice storica del tempo, Balzac
decide di mettere da parte i disagi storici dell'epoca poiché sembravano
ormai inattuali.
Sorge però una nuova forma di ambiguità, tutta estetica, che riguarda la
conciliazione dell'arte con il mondo borghese, nasce cosi Sarrasine, un
romanzo all'insegna dell'ambiguità nell'arte che nell'ottica balzachiana non
è legata solo al suo statuto originario, ma anche al contesto storico in cui
si esplicita.
Lo scrittore francese esplicita il suo pensiero negli esordi di un suo
romanzo, parla dei nuovi dominatori della Francia, che regnano senza fede
e sentimento, questi sono l'or et le plaisir, forze negative che permeate in
tutte le classi e in tutti gli ambiti hanno ostacolato il lavoro creativo.
Balzac sa cogliere meglio di chiunque altro l'ambiguità della nuova realtà
sociale, il suo carattere ibrido, che segue una logica perversa e rigorosa.59
La redistribuzione delle ricchezze coinvolge anche l'aristocrazia ma non è

59 Franca FRANCHI, Le metamorfosi di Zambinella, Bergamo 1991, pag113

44
lei a controllarla è la finanza borghese.
Da qui l'impotenza della noblesse che nei romanzi si traduce
nell'androginizzazione del personaggio.
Il nuovo artista come l'aristocratico tende al piacere, senza curarsi della
provenienza del denaro, possiamo dire che per Balzac l'artista si innamora
della propria opera d'arte che egli stesso ha prodotto, ma deve poi
accettare che sia desiderata anche da altri in grado di comprenderla.
Questo discorso, coinvolgendo la concezione stessa dell'arte e
conferendogli un'ambiguità di fondo, fa dell'androgino la sua metafora
migliore.
L'opera d'arte perde le connotazioni di armonia presenti nell'epoca classica
e neoclassica descritte da Winckelmann come l'armonia, la serenità per
diventare inquietante e maledetta.
La metafora dell'androgino come specchio dell'epoca incerta e ambigua in
cui vive Balzac lo rende sicuramente l'esito più affascinante della
riflessione sulla natura dell'arte, ma questa immagine mitica segna anche
la tensione verso “la sublimazione degli istinti in chiave mistica che
pervade tutta la religiosità dell'epoca60”.

2.2 Seraphita, sublimazione in chiave mistico-platonica


Nel 1835, dalla penna di Balzac, nasce un romanzo che non solo riassume
il tema dell'androgino di cui abbiamo sinora parlato, ma lo supera:
Séraphita.
Questo straordinario romanzo è inserito nella famosa raccolta balzachiana
chiamata “La comédie humaine”, occupa però una posizione particolare
nella raccolta, infatti è il terzo di tre romanzi che raggruppa col nome di
Libro mistico, gli altri due sono: L'historie intellectuelle de Louis lambert e
i Proscritti.
A differenza dei classici racconti, questo tratta tutta una serie di teorie
filosofiche e mistiche a cui Balzac era interessato, infatti il genere più
conosciuto dell'autore è il racconto realistico, in cui viene raccontato con

60 Franca FRANCHI, Le metamorfosi di Zambinella, Bergamo 1991, pag 127

45
minuzia la società ottocentesca della nuova borghesia, come vedremo per
esempio nella “Patologia della vita sociale”.
Séraphità è un romanzo mistico appunto, e di difficile interpretazione, è
per questa ragione uno dei meno letti e anche tutta la successiva critica
sia contemporanea che postuma dell'autore si è sempre chiesta cosa
volesse realmente comunicarci l'autore, in ogni caso noi affronteremo il
romanzo in termini specifici, come esempio di figura androgina mistica del
romanticismo.
Il romanzo resta comunque abbastanza “ermetico”, e l'autore
nell'introduzione scrive una frase abbastanza sibillina che ci confonde
ancora di più a proposito del suo personale pensiero:”Non crediate però
che io creda in ciò che dico: il poeta è soltanto l‟interprete di
ciò che vede e racconta. Il mio pensiero sarà altrove”.
Forse con questa frase non vuole che prendere le distanze da un campo
che in realtà lo attraeva parecchio, ovvero tutto ciò che la sensibilità
umana non riesce a sentire, come anche i sogni e lo stato di incoscienza.
Stiamo parlando di tutta quella sfera mistica, esoterica, cabalistica, in cui
energie misteriose e non visibili vivono tra gli uomini attraendoli o
respingendoli come magneti, infatti anche proprio il magnetismo lo
attraeva molto, insomma, ciò che lo affascinava era quello che lui stesso
definisce “ il lato misterioso della realtà”.
Insieme a questi interessi, Balzac, coltiva anche un certo interesse per il
cosiddetto materialismo, e quindi conosce Locke, Hobbes, e anche
Spinoza.
Nel romanzo che stiamo analizzando, ma anche in tutti gli altri racconti
della raccolta, ritroviamo anche l'interesse giovanile dell'autore riguardo
allo studio dell'immortalità dell'anima e a quello della preghiera.61
Il romanzo è ambientato in un paesino isolato tra i fiordi norvegesi, Jarvis,
nel cui castello vive una strana creatura ambigua, di una bellezza
mutevole e melanconica.

61 Curtius ERNST, Balzac. La memorabile biografia di un autore che mise in palcoscenico un'epoca, Bompani,
1998, pag 123

46
Il paesaggio gelido, bianco, isolato, silenzioso, rappresenta la manque.
Il mistero che conserva in sé la creatura è quello di racchiudere una
duplice natura maschile e femminile, infatti incontriamo talvolta Séraphita
e talvolta Séraphitus.
Le due facce della creatura protagonista sono rispettivamente amate da
un uomo e da una donna del villaggio, che attraverso di essa scopriranno
l'amore divino, trascendente che finirà per legare i due per l'eternità.
Attraverso questo personaggio Balzac è riuscito a illuminare con la luce
dell'arte un tema fondamentale dell'antropologia arcaica di cui abbiamo
trattano sin ora, l'androgino considerato come immagine esemplare
dell'uomo perfetto.62
Anche la fisicità di Séraphita risente del doppio genere, e quando Balzac a
un certo punto del racconto descrive l'essere in questione sembra che stia
osservando il nostro Ermafrodito dormiente restaurato dal Bernini:
“Nel vederlo adagiato così avvolto nel suo indumento abituale che
somigliava tanto a una vestaglia da donna quanto a un cappotto maschile,
era impossibile non attribuire a una giovane fanciulla i piedi minuscoli, che
il dormiente lasciava pendere quasi per esibire la delicatezza con la quale
la natura li aveva modellati; ma la sua fronte, ma il profilo della testa si
sarebbero detti espressione della forza umana giunta al massimo grado”63

Séraphita vuole essere l'esemplificazione della formulazione in chiave


mistica del tema dell'androgino, un racconto, che come scrive l'autore
“vuole riassumere le due nature in un solo essere come Fragoletta, ma
con la differenza che considero questa creatura un angelo giunto alla sua
ultima trasformazione che spezza il suo involucro per salire in cielo. É
amato da una donna e da un uomo, ai quali dice, prendendo il volo, che in
lui, l'angelo purissimo, hanno amato l'uno e l'altra l'amore che li legava, e
rivelata la passione che li unisce, lascia loro l'amore sottraendosi alle
miserie terrene”64

62 Honoré de BALZAC, Séraphita, biblioteca Reverdito editore pag 32


63 Honoré de BALZAC, Séraphita, biblioteca Reverdito editore pag 36
64 Franca FRANCHI, Le metamorfosi di Zambinella, Bergamo 1991, pag 129

47
In questo romanzo troviamo l'unione divina di stampo platonico, che
trascende le cose terrene e riesce ad approdare al bello in sé e quindi
all'amore divino e spirituale, un amore però non fisico ma celeste. Infatti
la stessa Séraphità spiega:
“Voglio un gran bene a voi e a Minna, credetemi! Ma vi fondo in un solo
essere. Così riuniti per me siete un fratello o se volete una sorella.
Sposatevi, in maniera che vi possa vedere felici prima di lasciare per
sempre questo pianeta di tribolazioni e di sofferenze […] il cielo che vi ha
destinati l'uno all'altro”
ecco come con un matrimonio divino si potranno raggiungere i cieli.
Minna e Wilfrid, rispettivamente innamorati dell'essere doppio, ardono di
passione nel vedere il loro amato, nel vedere la sua bellezza soffrono per
non poterla possedere, incontrano l'eros-penia, quello scalzo e povero e
per niente dolce e soave.
I due amano Séraphita in un modo incompatibile con la creatura, essi
amano in modo terreno infatti nel romanzo la protagonista esorta dicendo
a Minna: “je n'ai rien de ce que tu veux de moi. Ton amour est trop
grossier puor moi.”.

È importante poi stabilire che la natura di Séraphita non è ermafrodita (“


Jamais Séraphita n'a été vue dans sa nudité”), bensì androgina e questo
per chiarire che non è la bipolarità sessuale a contraddistinguere il
protagonista ma la sublimazione dei due sessi, egli è quindi asessuato.65
Ma Balzac con questa duplice personalità, maschile e femminile, ci vuole
avvicinare al concetto di Désir: in base all'osservatore l'essere cambia, è
soggettivo, frutto del desiderio.
Il superamento delle tensioni pulsionali si risolve paradossalmente in un
desiderio indefinito, mai veramente colmabile.
L'androginia è quindi vista come oggetto specifico di una ricerca tutta
protesa ad un'armonizzazione dell'io, per cui tutto prende equilibrio.
L'immagine suggestiva della perla, simbolo dell'androgino platonico, ed

65 Honoré de BALZAC, Séraphita, biblioteca Reverdito editore pag 254

48
attribuito alla perfezione angelica acquisita per trasmutazione è ricorrente
nel romanzo, in cui l'ideale è al tempo stesso tensione verso l'assoluto e
l'autodistruzione.
Ma la caratteristica del romanzo che più lo avvicina a uno stampo mistico
è il suo essere imbevuto, soprattutto nel quarto capitolo, delle teorie di
Swedenborg( 1688-1772):
Inventore, scienziato, teologo, scrittore di più di cinquanta libri in latino,
considerato tra i precursori dello spiritismo, riassume il suo pensiero nella
seguente dichiarazione:
«Ho visto mille volte che gli angeli hanno forma umana e mi sono
intrattenuto con loro come l'uomo si intrattiene con l'uomo, a volte con
uno solo, a volte con più di uno, e non ho visto nulla in loro che differisse
dall'uomo in quanto alla forma. Affinché non si potesse dire che si trattava
di illusione, mi è stato concesso di vederli in pieno stato di veglia, mentre
ero padrone di tutti i miei sensi ed in uno stato di limpida percezione.»

Una delle principali caratteristiche del pensiero swedenborghiano


riguardala sussistenza del Cielo spirituale tramite l'esistenza del suo
corrispettivo negativo, cioè Infernale.
In Dio troviamo tutto ciò che è bene e ciò comporta (come sostiene anche
S. Tommaso riprendendo le teorie platoniche) l'esistenza del male che lo
corrisponde: emerge così l'importanza della coesistenza degli "opposti"
nella psiche dell'individuo. Esisterebbe un equilibrio tra mondo naturale
(quello in cui stiamo vivendo) e mondo spirituale, e in quest'ultimo, tra i
tre diversi regni che lo compongono: "Mondo degli spiriti, Paradiso e
Inferno".
Da qui ne deriva che la vita dell'uomo nel mondo materiale è destinata a
proseguire nel corrispettivo mondo spirituale, dove non esiste la
temporalità, ma l'eternità, e la resurrezione è il nome con cui si intende il
passaggio, presente nella parte finale del romanzo, a questa nuova vita
spirituale: numerose sono infatti le descrizioni di questa vita, che
Swedenborg disse di aver sperimentato attraverso numerosi stati di pre

49
morte. Le sue presunte comunicazioni con gli spiriti furono secondo le sue
testimonianze "faccia a faccia, come si parla da uomo a uomo".
La dottrina delle corrispondenze e la vita di Swedenborg sono
rappresentati accogliendo l'idea che gli effetti terrestri siano legati alle loro
cause celesti e che l'uomo sia il tramite tra la dimensione naturale e quella
spirituale.
In cerca di una superiore evoluzione, l'emancipazione della vita umana
attraversa dunque tre distinte fasi, rappresentate da altrettante tipologie
di individui: gli istintivi, che assecondano necessità e bisogni animaleschi;
gli speculativi, che regolano la loro interpretazione del mondo in base alla
logica; e i "divini", che vivono nella purezza, nell'amore e seguono la
saggezza del cuore.
Ma cerchiamo di riflettere a partire dal nome proprio Seraphita:questo
nome deriva da Serafino, cioè angelo divino. Uno dei nomi conosciuti dei
serafini è appunto Seraphiel.
Gli angeli serafini, (da "Seraph") appartengono al più alto ordine di angeli,
con il ruolo di guardiani del trono di Dio. Essi stanno attorno al trono
divino cantando la musica delle sfere (musica celeste) e regolando il
movimento del cielo cosi come viene comandato da Dio, e che emanano
una luce così potente e brillante che nessuno, se non occhi divini, possa
guardarli. Quattro di loro circondano il trono di Dio, dove bruciano
eternamente per amore e zelo per Dio. Sono angeli dalle sei ali.
Ma se proviamo ad approfondire questa descrizione ci accorgiamo di
ritrovare gli angeli dalle sei ali addirittura nello Zohar.
Infatti nel vecchio manoscritto troviamo la frase “l'angelo che ha sei ali
giammai non muta”66, probabilmente perché già completo,
Quanto al nome dei Serafini, esso ci rivela il loro continuo ed incessante
movimento attorno alle realtà divine, “il calore, l'ardore, il ribollire di
questo eterno movimento continuo, stabile e fermo, la capacità di rendere
simili a se stessi i subordinati, elevandoli energicamente, facendoli ribollire
ed infiammare fino ad un calore uguale al loro, il potere catartico simile

66 PELADAN, Dell'androgino. Ass. Libri Perduti, Il sonno della ragione, 2011 pag 66

50
alla folgore, la natura luminosa e risplendente che mai si occulta e che è
inestinguibile, fugatrice di ogni tetra oscurità”.
Infatti Séraphita ascende al cielo non trasformando la sua carne ma
sublimandola, diventando compiutamente un angelo, un serafino.
La carne diverrà verbo, ed essa diverrà la parola di dio.
Nel romanzo appaiono poi oltre a Minna e a Wilfrid altri due personaggi: il
pastore Becker, che rappresenta l'incapacità della religione istituzionale di
cogliere la verità che solo attraverso il mistico si presenta agli occhi di chi
sa vedere; qui è importante sottolineare il pensiero di Balzac a proposito
delle religioni istituzionali, considerate alla stregua della politica mentre
solo il misticismo poteva avere veri effetti trascendenti.
La critica nei confronti della religione la leggiamo anche in alcune sue
affermazioni eloquenti: Per esempio:”Credetemi: c‟è nelle idee religiose
una certa misura oltre la quale tutto è vizioso” oppure, “Voi sapete quali
sono le mie religioni, io non sono religioso e non credo alla chiesa romana,
trovo che se c'e' qualche piano degno queste sono le trasformazioni
umane, che fanno camminare l'essere verso zone sconosciute, è la legge
della creazione superiore”
Oltre al pastore troviamo il vecchio servitore di Séraphita, che rappresenta
la fede ingenua, primordiale, quella che non chiede nulla e si appaga nel
credere.

2.3 Teoria della riminiscenza platonica, ripresa balzachiana


Abbiamo fin'ora descritto un romanzo di carattere fortemente mistico che
stando ben attento a non sfociare nella religione, è permeato da teorie
trascendentali, come ad esempio quelle di Swedenberg.
Ma leggendo il libro è anche palese l'ispirazione platonica, non
dimentichiamo che il tema dell'androgino è di carattere principalmente
classico, e infatti i riferimenti al famoso filosofo greco sono numerosi e
molto profondi.
Un tema che Balzac riprende molto chiaramente è appunto quello della
riminiscenza platonica ma vediamo dove e come:

51
A un certo punto del primo capitolo, Séraphita sta facendo un discorso
dove spiega che “Gli uomini si ingannano sempre nelle loro scienze, poiché
non vedono che tutto, su questo pianeta, è relativo e si coordina a una
rivoluzione generale, a una produzione costante che comporta
necessariamente un progresso e un fine. L'uomo stesso non è una
creazione finita , diversamente Dio non esisterebbe”: Minna quindi dice:”
Come hai trovato il tempo d'imparare tante cose?” e l'essere risponde:”Le
ricordo”.
Il riferimento alla teoria della riminiscenza platonica è confermato dal fatto
che poco dopo Séraphita chiede a Minna se non si senta delle ali, che è un
altro riferimento a Platone, nel Fedro, in cui si trova il mito del cocchio
alato, che collega la riminiscenza a un'esistenza preempirica dell'anima in
contatto con le essenze assolute e con le realtà in sé.

Il mito racconta di un'ipotetica biga guidata da un auriga, rappresentante


della parte razionale dell'anima (logistikòn), e trainata da due cavalli: uno
bianco, raffigurante la parte dell'anima con sentimenti e passioni più alti
(thymeidès), e un cavallo nero, che rappresenta la parte dell'anima
concupiscibile (epithymetikòn), quella con pensieri più bassi quali gli
istinti e i desideri turpi. I due cavalli sono tenuti per le briglie dall'auriga
che, rappresenta la ragione: questa non si muove in modo autonomo ma
ha solo il compito di guidare. La biga deve essere diretta verso l'iperuranio
un luogo metafisico a forma di anfiteatro dove risiedono le idee.
Lo scopo dell'anima, infatti, è contemplare il più possibile l'Iperuranio e
assorbirne la sapienza delle idee. L'auriga quindi deve riuscire a guidare i
cavalli nella stessa direzione, verso l'alto, tenendo a bada quello nero e
spronando quello bianco, in modo da evitare o ritardare il più possibile il
"precipitare" nella reincarnazione. Chi è precipitato subito rinascerà come
una persona ignorante o comunque lontana dalla saggezza filosofica,
mentre coloro che sono riusciti a contemplare l'Iperuranio per un tempo
più lungo rinasceranno come saggi e come filosofi.
C'è da dire che neanche i commentatori della Pleiade, non si sono mai

52
accorti della pluralità dei riferimenti che Balzac ha fatto all'opera
platonica.67
La risposta che da Séraphita è di grande significato, che ci porta a un
livello superiore, che ci fa capire la natura spirituale dell'essere.
Il “ricordo” ha un significato importante sia nel pensiero platonico che in
quello cabalistico, vediamo come.
Nel Menone Platone scrive:“L'anima dunque, poiché immortale e più volte
rinata, avendo veduto il mondo di qua e quello dell'ade, in una parola
tutte quante le cose, non c'è nulla che non abbia appreso. Non v'è dunque
da stupirsi se si può fare riemergere alla mente ciò che prima conosceva
della virtù e di tutto il resto. Poiché d'altra parte la natura tutta è
imparentata con se stessa e l'anima ha tutto appreso, nulla impedisce che
l'anima, ricordando (ricordo che gli uomini chiamano anche
apprendimento) una sola cosa, trovi da sé tutte le altre, quando uno sia
coraggioso e infaticabile nella ricerca. Sì, cercare ed apprendere sono, nel
complesso, reminiscenza! Non dobbiamo quindi affidarci al ragionamento
eristico: ci renderebbe pigri ed esso suona dolce solo alle orecchie della
gente senza vigore; il nostro, invece, rende operosi e tutti dediti alla
ricerca; convinto d'essere nel vero, desidero cercare con te cosa sia
virtù”68.
Ma bisogna distinguere quella che Platone chiama anamnesis cioè
riminiscenza, dalla mneme cioè il ricordo.
In ogni caso, nell'estratto proposto, Socrate, citando l'immortalità e la
trasmigrazione delle anime, afferma la convinzione secondo la quale
ricercare e imparare non sono altro che un richiamare alla memoria, cioè
un ritrovare da sé un sapere preesistente.
Nel Teeteto invece si cita la riminiscenza attraverso la metafora del
travaglio e al parto dell'anima che arriva a mettere alla luce la verità della
quale essa è gravida.69
Questa metafora è anche ricollegabile al fatto che la madre di Platone

67 Franca FRANCHI, Le metamorfosi di Zambinella, Bergamo 1991, pag 194


68 PLATONE, Menone, Laterza 2004, pag 81
69 Genevieve DROZ, I miti platonici, edizioni Dedalo, Bari, 1994 pag 71

53
come mestiere faceva nascere i bambini, è quindi chiaro il riferimento alla
pratica socratica della maieutica .70
L'anima è immortale e può rinascere più volte, prima dell'esistenza del
corpo ha già contemplato tutto (proprio come Séraphita) e ha posseduto
la conoscenza, è chiaro quindi che l'anima abbia dei ricordi, di questo
sapere, anche se riuscire in questa pratica richiede sforzo e tenacia.
È anche possibile verificare questo concetto e infatti Platone racconta che
un giorno, uno schiavo, guidato da Socrate, riuscì da solo a “ricordare” la
formula del quadrato perfetto.
Anche se questo concetto che viene chiamato appunto “riminiscenza” può
essere confuso con la semplice logica, vale la pena di cercare.
Ma nel Fedro troviamo un concetto cardine che ci permette di collegare il
discorso platonico con quello balzachiano:
Abbiamo detto che l'anima quando era libera dalla carne sapeva, mentre
una volta incarnata, ha dimenticato.
L'amore è il mezzo che permette di realizzare questa facoltà, ed ecco la
vera natura di Séraphità.
Il personaggio androgino, sembra essere in terra trattenuto da forze
sconosciute che gli recano non poche sofferenze:”Soffre, pensò il vecchio,
ma lei non vuole confessarmelo, muore tal quale fiore colpito da un raggio
di sole troppo ardente”.71
Ma non solo, perché sono numerosi i passaggi del romanzo che ci
esprimono la sofferenza dell'essere in questo mondo che non le
appartiene:“Il mio cuore non palpita più, non vivo che di me e per me,
sento con lo spirito, respiro con la fronte, vedo con il pensiero, muoio
d'impazienza e desideri. Nessuno quaggiù, ha il potere di esaudire le mie
brame, di calmare la mia smania, e ho disimparato a piangere. Solo solo.
Mi rassegno e attendo.” 72

Questa sofferenza vuole raccontarci di un corpo celeste intrappolato nella


carne, ma che grazie alla sua natura non umana ma androgina e quindi

70 PLATONE, Simposio o sull'amore, Feltrinelli , Milano, 1995,, pag 15


71 Honoré de BALZAC, Séraphita, biblioteca Reverdito editore pag 37
72 Honoré de BALZAC, Séraphita, biblioteca Reverdito editore pag 34

54
divina, conserva in sé i caratteri trascendenti non comuni all'uomo che per
esempio le permettono di ricordare e rendere partecipe Minna dei suoi
saperi elevati.
Abbiamo detto che è l'amore a permettere la riminiscenza, e cos'altro
sarebbe Séraphita se non amore?
Amore per Minna e per Wilfrid, uomini in carne, che grazie all'incontro con
la creatura hanno incontrato il vero amore, quello divino che trascende le
cose terrene e che li unirà per sempre.
Questa preziosa chiave per la nostra interpretazione deriva dal Fedro
dunque, che si basa sul delirio amoroso come punto di partenza di tutta
una lunga analisi della natura dell'anima. Ma in che modo?
L'uomo incontrando la vera bellezza di cui abbiamo parlato anche per
quanto riguarda il Simposio,attiva l'emozione estetica che condurrà a la
bellezza autentica, il bello in sé.
Minna e Wilfrid vengono allora trasportati, posseduti, da un entusiasmo
quasi divino, proporzionale quindi, se la teoria della riminiscenza è vera
alla realtà che avranno potuto contemplare in precedenza.
Ma da Platone ci viene anche spiegato che non tutte le anime hanno visto
in egual modo, alcune hanno visto, mentre altre solamente intravisto, e da
questa differenza distingue gli esseri intellettuali da quelli bruti.
Anche se non possiamo parlare di un essere bruto e uno saggio, è proprio
questo concetto appena desctitto che a parer mio che segna la distanza
tra Séraphita e Minna (e Wilfrid).
Come abbiamo detto la creatura definisce l'amore di Minna trop grossier,
per questo le loro anime non si toccano, ma grazie al loro incontro sulla
terra, una volta che l'essere androgino sarà tornato in cielo, le anime dei
due ragazzi si eleveranno perché hanno incontrato il divino.
Ma proviamo a forzare il discordo platonico del Fedro secondo un'ottica
balzachiana: se solamente le anime rette e valorose, e in particolare,
quelle che si sono completamente consacrate alla filosofia possono
accedere a un sapere, possiamo dire che se paragoniamo la filosofia
platonica al mondo trascendente divino monoteista possiamo definire la

55
seguente proporzione:

filosofia:sapere=Séraphità:divino.

Cerchiamo di spiegare meglio:


La filosofia classica ammette che attraverso la dialettica si ascenda al
mondo delle idee, questo iter è percorribile attraverso la maieutica e
quindi attraverso la riminiscenza, ma se osserviamo il discorso da un
punto di vista se non cristiano almeno mistico, in cui distinguiamo una
figura divina, possiamo dire che nel romanzo il/la protagonista attraverso
la sua esperienza terrena permetterà ai ragazzi di conoscere, attraverso
l'amore, che poi non è altro che riminiscenza, il divino.
Ma questo viene spiegato abbastanza chiaramente dalla creatura
androgina che usa metafore palesemente platoniche riguardo ai suoi
poteri superiori:
“Soltanto gli iniziati ai segreti dell'arte comprendono appieno lo statuario e
guardano la figura marmorea vi riconoscono l'intero mondo delle idee che
ne ha guidato la mano. [...] Ebbene, in me c'è una sorta di specchio nel
quale si riflette la natura morale, con le sue cause e i suoi effetti.
Penetrando in tal modo nelle conoscenze indovino il passato e
l'avvenire.”73

Il sapere è quindi ricordo; per esempio la dea della memoria,


Mnemosyne,colei che sa “tutto ciò che è stato e che sarà” accoppiandosi
con Zeus generò Tersicore che è la dea della danza e delle arti, ma perché
questo?
Con questa generazione la mitologia cerca di spiegarci il concetto che
stiamo trattando, la dea danza “ricordando” la danza e la musica e
permette di risalire al mondo delle idee e rintracciare l'idea stessa di
danza.

73 Honoré de BALZAC, Séraphita, biblioteca Reverdito editore pag 56

56
“Tersicore”, Antonio Canova, 1811

Anche nella antica kabbalah è presente il concetto di riminiscenza, infatti


secondo i cabalisti la vera sostanza di cui è costituito il mondo umano, ha
una fonte ben più remota dell'origine del nostro universo fisico, la miriade
di desideri, bisogni, impulsi che pervadono la nostra mente esiste da
prima ancora dell'alba dei tempi.
Qualunque siano i desideri che in questo preciso momento si agitano nel
nostro cuore, essi in realtà sono ricordi che perdurano nella nostra anima,
reminiscenze radicate nella nostra essenza, come si legge anche nel
romanzo: “Credetemi, i miracoli sono dentro di noi, non fuori. É cosi che si
sono compiuti i fatti naturali, (…) né i più oscuri messaggeri di Dio o i suoi
profeti più famosi, sono stati superiori a quanto potreste essere voi”

57
2.4 Seraphita come Cupido, L'androgino ideale
A questo punto desidero riflettere sulla figura di Séraphita a livello fisico,
un corpo che però non rimarrà mai fine e se stesso ma che come tutta la
sua figura trascenderà il mondo terreno. Vediamo come.
Nel romanzo sono numerose le descrizioni dell'essere androgino, che ci
viene presentato da Balzac come una figura ambigua ma bellissima, una
bellezza spirituale che richiama l'attenzione dei due giovani innamorati.
L'attrazione tuttavia che essi provano per Sèraphita-Sèraphitus si
dimostrerà non carnale bensì spirituale, ma osserviamo la descrizione
balzachiana:
“Le mani[...], per quanto mollemente affilate, sembravano possedere una
forza uguale a quella che il creatore ha messo delle diafane giunture dei
granchi. I lampi emanati dal suo sguardo dorato gareggiavano con i raggi
del sole e sembrava che lui, anziché riceverne la luce, gliela inviasse. Il
suo corpo, sottile e gracile come quello d'una fanciulla era l'attestazione di
una di quelle nature in apparenza deboli, ma la cui possanza uguaglia
sempre il desiderio e che al momento voluto sono forti.[...] I capelli che
parevano inanellati dalla mano d'una fata e sollevati da un alito
concorrevano ad accrescere l'illusione prodotta dal suo atteggiamento
etereo. Ma il contegno privo di sforzo era il risultato di un fenomeno
morale più che di un abito corporeo[...] agli occhi di un uomo però
avrebbe eclissato con la sua grazia femminea le più belle teste dipinte da
Raffaello”74.E continua:
“Il colorito di Séraphitus era di un candore sorprendente, cui le labbra
rosse, le sopracciglia brune e le ciglia sericee davano ancora maggior
risalto, unici tratti che interrompessero il pallore di un volto la cui
regolarità perfetta non andava per nulla a scapito dell'intensità dei
sentimenti che vi si riflettevano senza scosse e senza violenza. Tutto nel
suo volto esprimeva la forza e la quiete.”
Una tale minuziosa descrizione ci fa immaginare un essere celeste, un
angelo, meravigliosa creatura di passaggio sulla terra, ma se riflettiamo

74 Honoré de BALZAC, Séraphita, biblioteca Reverdito editore pag 28-29

58
sulla base dei nostri studi platonici possiamo fare un'importante
considerazione.
La luminosità dello sguardo della creatura non è altro che amore, tuttavia
se parliamo d'amore androgino ci riaffiora della mente il nostro Eros ma in
una accezione particolare: Quando Platone ce lo descrive per bocca di
Diotima ci fa notare la differenza tra amato e amante: se l'amato è bello e
soave, non è la stessa cosa per l'amante che vive nell'inquietudine di
perdere o di non ottenere l'oggetto designato, ed è qui che ci possiamo
riallacciare alla figura di Séraphita, o meglio, al suo aspetto.
Non è forse “bella e soave” la nostra creatura? É proprio l'oggetto d'amore
di cui si parla nei testi platonici e che permette l'evoluzione a gradini più
alti verso il divino
Se ben ricordiamo Eros viene descritto da Diotima non come un dio ma
come una creatura tra gli uomini e gli dei, non è forse come per
Séraphita?Lo stesso Balzac la definisce Demone:” L'essere[...] mi sembra
uno di questi rari e tremendi demoni ai quali è dato di estinguere gli
uomini, di incalzare la natura e di farsi partecipi della potenza occulta di
Dio”.75
Anche il fatto che la creatura non abbia età ci ricollega al mito di Cupido
(Eros nella mitologia romana) che è rappresentato sempre sotto
sembianze puerili proprio come Sèraphita che fu sempre giovane.
Come Eros egli è unione di opposti, se il primo è figlio di Poros e Penia,
egli è per i suoi amanti insieme vita e morte, amore e odio, uomo e
donna.
Questo paragone tra Sèraphita ed Eros viene sostenuto anche nella cultura
iconografica romantica, con numerose raffigurazioni di Cupido alquanto
ambigue.
Osservando per esempio le seguenti opere d'arte, non ritroviamo in
qualche modo la bellezza ambigua e delicata di Séraphita?
Nell'immagine il bacio di Cupido alla bella Psiche ci ricorda il candore e la
purezza dei gesti che Séraphità rivolge alla ingenua Minna, mentre nella

75 Honoré de BALZAC, Séraphita, biblioteca Reverdito editore pag57

59
morte di Giacinto si intravedono Wilfrid e Sèraphitus.
Anche se gli artisti presi in considerazione dipinsero soggetti mitologici
diversi dalla vicenda balzachiana,quali la favola di Amore e Psiche o la
Morte di Giacinto e quindi la triste vicenda di Apollo raccontata da Ovidio,
le immagini dell'epoca raccontano comunque corpi femminei e poco virili,
soprattutto quello di Cupido. Cerchiamo di capire le motivazioni:
“Cupido e psiche”, François Gérard, Museo del Louvre, Parigi

60
Jean Broc, La morte di Giacinto, Museo Rupert, 1801

Fu importante il cambiamento nella cultura ottocentesca riguardo ai


soggetti da ritrarre, infatti se in un primo momento era la donna,
portatrice di femminilità e vacuità, il soggetto prediletto degli studi
artistici, col tempo le cose cambiarono.
Il maschilismo già palesemente dimostrato negli “occhi vitrei” e svuotati
delle donne di Renoir e Manet, prese il sopravvento ipotizzando un amore
ideale totalmente maschile poiché la donna se ne era dimostrata
indegna,portatrice di forme appetibili, non madre ideale, ma idolo di
perversità76 a causa della sua conformazione altamente seduttiva che
corrompe lo spirito.
Chi meglio di un essere maschile effeminato poteva rimpiazzare l'intensità
spirituale della donna?
Nella “Scuola di Platone” Jean Delville fa assumere ai suoi personaggi

76 Bram DIJKSTRA, Idoli di perversità, Garzanti libri, Milano 1988, pag 306-307

61
caratteristiche femminili:
“La scuola di Platone” Jean Delville,1867, museo d'Orsay, Parigi

L'opera in esame è una tela di grosse dimensioni, dipinta da un artista


belga facente parte della corrente dei simbolisti.
Essa presenta tratti piuttosto peculiari.
Osservando l'opera vediamo una scena particolare che ci ricorda Gesù in
predicazione coi dodici apostoli se non fosse che Platone in questo caso è
l'unico vestito mentre gli altri sono nudi e presentano tratti decisamente
femminili.
Inoltre i personaggi si presentano ai nostri occhi “accoppiati”, o
quantomeno in atteggiamenti complici e intimi.
Il paesaggio circostante sembra irreale, i colori celesti ci fanno pensare
che sia ambientato in un paradiso terrestre, si avverte il calore e il
profumo emanato dalla flora.
Ma perché Delville ha creato questo particolare parallelo tra il mondo
platonico e quello cristiano, oltretutto in un'atmosfera alquanto ambigua?
Si potrebbe ipotizzare un insulto al mondo cristiano e quindi la
raffigurazione satirica del figlio di Dio che predica ai nudi apostoli.
Ma se ci informiamo sull'artista, scopriamo come egli apprezzasse le teorie
platoniche, e condivideva gli studi sulla natura dell'uomo androgino, ecco
la ragione di una tale raffigurazione.

62
L'idealismo platonico era condiviso da numerosi artisti e poeti, un
idealismo basato sulle teorie darwiniane, fortemente ostili nei confronti
della femminilità.
Il modo in cui gli intellettuali fondevano Darwin e Platone si può desumere
dall'intervento di un anonimo lettore della Revue Blanche a uno scottante
dibattito pubblicato sulla rivista circa le tendenze omosessuali di Wagner,
dove elementi di idealismo platonico e teorie evoluzionistiche si mischiano
a formare concetti alquanto singolari, che uniti al sogno di potenza riflesso
dell'immagine popolare del dio biondo con gli occhi azzurro-acciaio che
avrebbe dominato il futuro del mondo non fa che schernire le donne e le
minoranze più deboli.
Infatti gli uomini comuni venivano definiti deboli, non virili, e non inclini ad
atti di violenza che invece giustificarono le azioni future per salire al
culmine della scala evolutiva senza doversi trascinare il peso dei deboli e
dei poveri.
A proposito del ruolo sociale della donna del XIX secolo di cui abbiamo
precedentemente parlato, troviamo qualche riferimento nel romanzo
francese, e in questi riferimenti possiamo anche ipotizzare un
superamento di questo stato di inferiorità attraverso la figura androgina:
Come leggiamo nel romanzo ciò che lega l'uomo alla donna è mortificante
per una donna dei nostri giorni,

“Noi altre dobbiamo piacervi sempre, farvi rilassare, mostrarci


invariabilmente allegre e abbandonarci soltanto ai capricci che vi
divertono.[...]Povere donne! Io le compiango. Quando invecchiano le
abbandonate e per voi non hanno né un cuore né un'anima! Ebbene io ho
cent'anni[...] andatevene da Minna!”77
In questo estratto troviamo la consapevolezza dello scrittore della
condizione femminile e perché no, una denuncia.

77 Honoré de BALZAC, Séraphita, biblioteca Reverdito editore pag 42

63
2.5 Spiritualità come amore asessuato
Analizzando la figura protagonista del romanzo francese da noi preso in
questione, possiamo capire come Balzac abbia voluto mettere al mondo
una creatura celeste, non terrena, che anzi soffre tra le piccolezze umane
e che ha come obbiettivo l'innalzarsi verso il divino.
Per questa ragione l'amore che Minna e Wilfrid nutrono verso la creatura
androgina non viene ricambiato come loro vorrebbero, anche se tra le tre
figure esiste comunque uno scambio d'amore che verrà compreso dai due
ragazzi solo alla fine del racconto.
È interessante poi sottolineare come si possa ritrovare nell'atteggiamento
di Wilfrid (e anche di Minna) una sorta di amor cortese che si raffigura
nella rassegnazione davanti alla inaccessibilità dell'oggetto adorato, come
l'abbandono alle pene d'amore, e il masochismo sentimentale dell'uomo:
tutte caratteristiche del moderno romanticismo amoroso in cui l'amante
nostalgico e rassegnato esalta il carattere negativo dell'amore.
Amore come “ciò che è lontano” senza un oggetto tangibile e definito.78
Ma cerchiamo di capire la differenza tra i due tipi di amore: se Minna e
Wilfrid volessero possedere la creatura perché attratti da essa, Séraphita
professa un amore divino, ma per capire meglio citiamo Balzac:
“Tu non mi amerai mai, sono troppo imperfetta, mi disdegni” disse la
fanciulla. “Minna, la violetta mammola nascosta ai piedi della quercia si
dice: il sole non mi ama, non viene da me. Ma il sole si dice: se lo
illuminassi, questo piccolo fiore morirebbe!. Amico del fiore, insinua
dolcemente i suoi raggi tra il fogliame della quercia e li attenua per
colorare i petali della sua diletta. Non so trovarmi veli e schermi a
sufficienza affinché tu non mi veda ancora troppo, per ora. Rabbrividiresti
se mi conoscessi meglio.[...]”79.
Con questa sublime metafora l'autore spiega l'amore che egli nutre per la
fanciulla, che è un amore puro, dolce, non volgare e soprattutto non
concupiscibile.

78 ABRUZZESE,BORELLI, L'industria culturale,Carocci editore, pag 44


79 Honoré de BALZAC, Séraphita, biblioteca Reverdito editore pag 32

64
Séraphita come essere androgino non è portatrice né di genere né di
sesso.
Egli è solo un medium per unire i due fanciulli simili tra loro che attraverso
di essa arriveranno al piacere divino in senso platonico.
Quindi se paragoniamo l'androgino romantico di Balzac con quello
platonico sotto questo punto di vista troviamo una grossa differenza,
infatti se l'essere primordiale platonico “doppio” una volta diviso da Zeus
non fa che ricercare la sua metà per potersi ricongiungere fisicamente in
un atto comunque sessuale che porti alla pace dei sensi attraverso il coito,
nel caso di Séraphita il discorso è assai differente. In questo caso la
creatura androgina non è alla ricerca dell'unione ma è, come abbiamo più
volte detto, il mezzo per l'unione, è l'amore divino che permetterà la
relazione tra i due giovani.

2.6 Balzac e la moda del secolo XIX


Abbiamo visto come la figura dell'androgino sia un modo per esprimere il
disagio di un'epoca che era in profonda trasformazione, stavano
cambiando i principali equilibri che dominavano la società prima
dell'avvento della borghesia.
Gli intellettuali dell'epoca subirono la trasformazione del mondo artistico
che prese le sembianze di una vera e propria industria culturale in cui
l'avvento e soprattutto il miglioramento dell'uso della stampa fecero del
manoscritto un oggetto alla portata di tutti e non solo di una fortunata
élite.
Oltre alla stampa anche la fotografia ribaltò il mondo artistico,
trasformando l'opera d'arte in qualcosa di facilmente riproducibile,
insomma, il mondo intellettuale non era più lo stesso.
L'Europa era cambiata, le città erano cambiate, e anche il mondo celeste!
Vediamo come:
Molto prima dell'epoca romantica, cioè nell'alto medioevo, a partire dal
duecento avviene una importante trasformazione nella geografia
dell'aldilà, che testimonia proprio il cambiamento della società sempre

65
legato all'avvento di una nuova classe dirigente.
L'ancien régime mette al mondo il cosiddetto “popolo grasso” che stava tra
i signori e i contadini che nel pensiero teologico si traduce nel Purgatorio
che sta tra l'inferno e il paradiso.
Luogo quindi destinato a chi si è comportato mediocreter bene o
mediocreter male.
É quindi importante afferrare il concetto di una profonda metamorfosi
della società derivante dal sopravvento della borghesia che si tramuta in
un cambiamento della città e delle mode.
Nasce un concetto che ai tempi dell' ”era contadina” era sconosciuto: il
tempo libero.
Il tempo libero nasce dalla differenziazione tra tempo del lavoro e tempo
non per il lavoro ed è conseguente all'industrializzazione.
Come impiegare quindi questi spazi liberi? Nascono attività come il
turismo, lo sport, le passeggiate nei parchi metropolitani, il tempo libero
quindi come gioco, come ricreazione,che modifica positivamente la qualità
della vita e ne diventa metro principale.
Il fenomeno più significativo che si individua della nuova società è quello
della moda.
Da quando l'opera d'arte muore come cosa sacra, è la vita stessa il
palcoscenico della dimensione estetica, dove regna il superfluo, la moda,
ma soprattutto la “socievolezza” e la “civetteria” che domineranno il secolo
da noi trattato e anche quello successivo.
L'ostentazione della ricchezza fungerà proprio da collante per i rapporti
interpersonali attraverso i nuovi oggetti culturali.
Possiamo affermare che:
Consumi: Comunicazione= Mode: Socializzazione80
A tutto ciò si aggiunge la nascita della pubblicità che appunto mette in
piazza l'effimero, sostituendosi alla preghiera e parlando a noi stessi come
se conoscesse i nostri desideri meglio di chiunque altro.
Nasce la figura del Flaneur, termine intraducibile in italiano, introdotto da

80 ABRUZZESE,BORELLI, L'industria culturale,Carocci editore, pag 180

66
Beaudelaire che per descrivere la nuova modernità presenta questa figura
la quale non è altro che un uomo il quale preso dall'ozio e dalla pigrizia,
passeggia per le vie parigine senza meta, condotto dalla stessa città che
finalmente offre un'urbanistica molto più interattiva, per usare un termine
nostro, che permette uno svago tutto nuovo.
Anche la letteratura metterà in luce questa nuova figura della metropoli
che sembra proprio riassumere la modernità in senso lato.
“Boulevard de Montmartre au printemps, nuite”,Camille
Pissarro,1897, Londra

Le due opere citate del famoso artista, appartenente al movimento


impressionista, rappresentano lo stesso soggetto, uno di giorno e uno di

67
notte.
Viene descritta una delle più famose strade parigine dove l'atmosfera era
viva e il flaneur attraversava le sue ore: donne e uomini, carrozze coi
cavalli e vetrine, ecco la nuova Parigi.
Ma non perdiamo di vista la nostra ricerca di partenza, e ritroviamo come
filo conduttore delle nostre trattazioni il grande Balzac che ora, in vesti di
curioso e strampalato Sociologo, si appresta a una magnifica descrizione
realista della nuova società parigina, colma di contraddizioni e
magnificenze.
Donne, seduzione, e sottile critica si fanno spazio nel “Trattato della vita
elegante”, saggio non compiuto facente parte di una trilogia dal nome
“Patologia della vita sociale” insieme alla “Teoria dell'andatura” e il
“Trattato degli eccitanti moderni”.
Estrapolare il significato del saggio, significherà per noi un primo approccio
verso la moda e la pubblicità che tratteremo in seguito.
Ma vediamo di cosa si tratta.
Un trattato che detta precise regole per l'eleganza, le quali dettano le
differenze tra ricco, bruto ed elegante, infatti Balzac scrive: “Il bruto si
copre, il ricco e lo sciocco si adornano, l'elegante si veste.81”
Gli aforismi sono numerosi e molto attuali,infatti, nonostante il suo feroce
classismo, per Balzac la ricchezza è condizione necessaria ma non
sufficiente dell'eleganza: "un uomo diventa ricco; nasce elegante".
Per Balzac, ad esempio, la divisione della società in classi è naturale, e
ovvia: "Simili alle macchine a vapore, gli uomini irreggimentati al lavoro si
presentano tutti sotto la stessa forma e non hanno nulla di individuale…
Per tutti questi infelici la vita si riduce a un po' di pane nella madia e
l'eleganza a una cassa di stracci". 82

Un altro punto fondamentale del trattato è il punto di vista dell'autore


sullo stile di vita necessario a una vita elegante: l'uomo non deve né
lavorare né essere passato dal lavoro, infatti egli distingue: la vita

81 Honoré de BALZAC, Patologia della vita sociale,1982 ,Longanesi editore,pag 39


82 Honoré de BALZAC, Patologia della vita sociale,1982 ,Longanesi editore,pag 71

68
occupata, la vita d'artista, la vita elegante.
Nel primo caso l'uomo “strumento” è una sorta di zero sociale, “che non
comporrà mai una somma se non è preceduto da una cifra”.
L'artista è un'eccezione perché fa del suo lavoro un ozio e del suo ozio un
lavoro, è alternativamente elegante e trascurato, non subisce leggi ma le
impone.
Anche se povero e squattrinato, l'artista è sempre l'espressione di un
grande pensiero e per questo domina la società.
Ma il ruolo principale, come ci suggerisce il titolo del trattato è proprio
l'uomo elegante:
la vita elegante è “lo sviluppo della grazia e del gusto in tutto ciò che ci
appartiene e ci circonda”.
Balzac inoltre sostiene che il fulcro europeo della vita elegante sia proprio
a Parigi, infatti “le persone che non vengono spesso a Parigi non saranno
mai del tutto eleganti”.
L'eleganza diventa quindi un punto fermo nella mente del famoso
intellettuale che si lega verosimilmente col concetto di moda che adesso
spiegheremo, reggendosi su meccanismi ben definiti.

Se pensiamo all'Ancien Regime il concetto di moda era ben diverso da


quello di oggi e anche dalla moda contemporanea a Balzac, infatti gli usi e
i costumi erano tutti concentrati intorno al potere, per esempio a
Versailles, erano le istituzioni del cerimoniale a dettare le mode e i
comportamenti sociali, mentre nelle società industriali caratterizzate da
crescente mobilità sociale e fluidità, era il fenomeno dell'imitazione e
dettare legge, e la classe inferiore cercava l'imitazione della casta alta,
mentre quest'ultima si affrettava a cambiare moda proprio per sfuggire a
questa rincorsa. Quindi la moda era segnata dall'imitazione e dalla
conseguente differenziazione, mentre oggi è ancora diverso: la società è
talmente fluida, cangiante, policentrica, che si costituisce di numerose
sottoculture che vogliono affermare il proprio stato sociale attraverso

69
status simbol particolari.83
Ma se vogliamo fare una completa analisi della società ottocentesca e
degli importanti cambiamenti non possiamo non far presente l'enorme
rivoluzione apportata dall'avvento della Réclame che apposta
principalmente nei Grand Magasin parigini, inizia ad avere un grande
successo e ad attirare l'attenzione verso beni voluttuari di ogni genere.
Ma “l'affiche” nasce dal quadro, come primo media della storia e saranno
proprio gli artisti del tempo a vestire i panni dei primi creativi, come per
esempio nel caso di Toulouse Lautrec.
In questi frangenti assistiamo persino al primo caso di litigio tra creativo e
produttore, in quanto la pubblicità non rendeva giustizia al prodotto.
La vicinanza estrema tra opera d'arte e pubblicità non fu subito apprezzata
dagli intellettuali dell'epoca come si può bel immaginare infatti venne
considerata “un'arte mobile e degenerata”84.
Nasce la figura del Blasé, cioè l'individuo metropolitano saturo di stimoli,
che non riesce a provare interesse per niente perché ha già visto e
sperimentato tutto.
Dal 17 settembre al 18 dicembre 2011 le Scuderie del Castello Visconteo
di Pavia ospitano la mostra:
Degas, Lautrec, Zandò les folies de Montmartre.
L'esposizione presenta 100 opere di tre maestri della nouvelle peinture,
quali Edgar Degas, Henri de Toulouse-Lautrec e Federico Zandomeneghi,
messi per la prima volta in dialogo sul mito di Montmartre, centro pulsante
della vita artistica parigina di fine Ottocento e d’inizio Novecento.

83 ABRUZZESE,BORELLI, L'industria culturale pag 187


84 ABRUZZESE,BORELLI, L'industria culturale, Carocci editore, pag 190

70
“Il mito di Montmartre nasce alla metà dell’Ottocento, quando la “Butte”
subisce una trasformazione radicale da quartiere rurale a fulcro della vita
notturna parigina. Leguinguettes, semplici bistrot con giardino, evolvono
in locali da ballo e l’indiavolato french cancan sulle musiche di Offenbach,
diviene la principale attrazione. Di sabato e di domenica il villaggio si
veste a festa e il Moulin de la Galette, il Mirliton, lo Chat noir, il Moulin
Rouge sono presi d’assalto dalla crescente ed eterogenea folla parigina.
Caffè-concerto, teatri, baracche d’avanspettacolo, e ancora il circo,
popolato da cavallerizze e acrobati, mettono in scena il gioco della vita per
farne una metafora festosa. Ad azionare la macchina dello spettacolo sono
vedettes, impresari, attrici, chansonniers, ma anche prostitute, fioraie e
strilloni che partecipano all’economia del “piacere” della Parigi notturna.
Testimoni di questa brulicante atmosfera sono, secondo la definizione data
da Baudelaire, i “pittori della vita moderna”. Degas introduce straordinarie
novità tematiche, scegliendo di rappresentare le istantanee pittoriche di
chanteuses, di ballerine, o di donne alla toilette. Zandò, degasiano a tutti
gli effetti, elabora la lezione del maestro per trasferirla a Lautrec, che

71
apprende questo vocabolario ma scrive un libro completamente nuovo. La
sua, infatti, non è solo una scelta artistica, ma anche di vita. Una scelta di
marginalità che lo porta alla scoperta della psicologia profonda dei suoi
modelli. E così, solo grazie alle sue opere, le stelle di Montmartre, che il
passare del tempo avrebbe eclissato, continuano a vivere, insieme a
donne da balera e a prostitute, colte nella loro dignità e rassegnata
malinconia. Les folies de Montmartre non sono solo infatti lustrini e
paillettes, ma storie di incontri, passioni, scambi e drammi personali. I
pittori della vita moderna sono prima di tutto “uomini” della vita moderna
e la mostra si propone di offrirne – per parole e immagini – l’affascinante
ritratto intimo.”85
La mostra viene proposta in una magica cornice: il Castello Visconteo di
Pavia ed in particolare nella scuderia.
Nell'angolo all'interno della magia di un castello medievale, cento opere
d'arte provenienti da tutto il mondo ci portano nell'atmosfera parigina del
XIX secolo.
Donne, Città, Bordelli e Circhi sono i temi ricorrenti.
La donna assume il ruolo di protagonista e viene affrontata in termini
decisamente diversi dal passato, una donna còlta in attimi privati, intimi,
donne borghesi ed eleganti sorprese alla toilette in atteggiamenti non
sempre nobilitanti come se le si stesse sbirciando dal buco della serratura.
Non troviamo donne vestite con abiti eleganti in posa o in situazioni
formali, ma in attimi privati, al riparo da sguardi indiscreti.

85 Www.scuderiapavia-wordpress.it

72
“La tinozza”, Edgar Degas, 1886, Parigi

Donne inserite sia in ambienti privati domestici, sia all'interno di locali


mondani, circensi o all'interno di palcoscenici e bordelli.
Stupende le ballerine di Degas, raffigurate durante i loro esercizi o dietro
le quinte, descritte nei momenti di sforzo fisico come metafora dello sforzo
del pittore che “passo dopo passo” affina la sua capacità nel disegno di
muscoli, caviglie, spalle.
Il pittore raffigura le ballerine dipinto dopo dipinto quasi in sequenza,
attratto dalla loro bellezza, creando magnifici effetti di luce e di ombre.

73
“La ballerina” Edgar Degas, 1888, Lugano

L'altro importante fulcro della mostra è il quartiere di Montmartre, cuore


pulsante della notte parigina in cui personaggi insoliti, clown, prostitute e
ballerine riempiono i famosi locali della zona come ad esempio il Moulin de
la Galette o Le Chat Noir, dove si possono incrociare sia gente semplice e
comune, sia borghesi affermati in cui vi trovano svago.

74
“Moulin de la Galette” Federico Zandomeneghi, 1978-90, Milano

Insieme a Degas e Zandò è presente nella mostra come nella vita artistica
parigina Henry Toulouse Lautrec, figlio di importanti personalità nobili,
nato con una malformazione alle gambe, egli si dedica alla pittura, e si
inserisce perfettamente negli ambienti intellettuali e bohemienne della
Parigi da noi trattata.
Lautrec racconta ambienti frizzanti e mondani, donne comuni e semplici,
malinconiche e stanche, vinte dalla vita all'interno dei locali notturni come
per esempio nel A la Bastille nel quale la protagonista, agghindata con un
fiocco rosa, è ritratta frontalmente in un attimo di pausa, con uno sguardo
tra l'orgoglio e la sfida.

75
“A la Bastille”, Henry Toulouse Loutrec,1888

Lautrec dà vita anche a nuovi strumenti come l’affiche , per dar voce alla
nuova cultura di Montmartre attingendo dal mondo notturno, domestico,
circense, teatrale e letterario. I personaggi da lui ritratti nei manifesti
diventeranno i veri protagonisti del mito di Montmartre diffondendo
la vitalità della Butte nel mondo.

76
3. L'ANDROGINO IN PUBBLICITA' E NELL'ARTE CONTEMPORANEA
3.1 Femminilità androgina: Tamara de Lempicka
È affascinante scoprire come il tema dell'androgino sia toccato non solo da
più punti di vista (mistici, filosofici, religiosi, artistici) ma anche attraverso
il corso dei secoli senza perdere il suo “fascino antico” che incuriosisce e
attrae.
Abbiamo visto come nella classicità l'androgino è trattato da Platone e
rappresentato da abili scultori nei numerosi Ermafroditi, successivamente
la speculazione platonica tocca personalità intellettuali durante tutto il
romanticismo attraverso Balzac e tanti altri.
Ora testimonieremo il fatto che anche nel mondo contemporaneo il fascino
dell'androgino con i suoi relativi intrinsechi significati non ha perso il suo
obbiettivo e lo faremo seguendo la via estetica del mondo artistico.
Prenderemo come esempio una delle personalità più suggestive e rilevanti
del Novecento che ha affascinato il mondo coi suoi dipinti e col suo modo
di vedere il mondo, vedremo come spesso nelle sue opere d'arte
rintracciamo tracce di personalità e corpi androgeni e soprattutto capiremo
il perchè di questa scelta.
Tamara Rosalia Gurwik-Gorska, in arte de Lempicka (dal cognome del
marito Lempicki), famosa ai suoi tempi più per la sua mondanità che per
la sua pittura, nasce il 16 maggio 1898, forse a Varsavia, come dichiarava,
oppure più probabilmente a Mosca.
Nel 1911 compie un importante viaggio in Italia insieme alla nonna
materna, durante il quale scopre la sua passione per l'arte.
Icona dello stile, donna stravagante e bisessuale dichiarata, Tamara de
Lempicka era conosciuta sia per la sua arte che per la sua persona. Una
vita fatta di spostamenti, che la portarono dalla Russia all'Europa e dal
vecchio continente fino agli Stati Uniti, per terminare poi la sua vita in
Messico.
L'osservatore sarà quindi testimone della babele di correnti che Tamara de
Lempicka era solita rielaborare, arrivando alla sintesi rappresentata dal
suo stile, unico e accattivante. Tamara è riuscita a inventare un nuovo

77
linguaggio figurativo che veicola anche tutti quei nuovi ambiti di di cui si
fanno portavoce i primi decenni del 1900: la fotografia di moda, la
pubblicità e il mondo del cinema.
La pittura di Tamara fa da trait d'union tra la pittura classica e quella post
industriale che si approccia a numerosi cambiamenti.
Nei primi decenni del XX secolo movimenti d'avanguardia come il
futurismo italiano e russo, l'espressionismo tedesco, il dadaismo e il
surrealismo prendono tutti le distanze, pur nelle loro specificità e
differenze, dalla tradizionale concezione dell'arte come forma pura
distaccata dalla vita, infatti le avanguardie rappresentano una forma di
autocritica, ma in questo caso ci troviamo di fronte a un'arte palesemente
borghese che aspira a trascendere una realtà sentita come coercitiva ed
insoddisfacente.86
Tamara de Lempicka era una donna forte, indipendente, ricca e
consapevole, ed il carisma dei suoi quadri lo attesta: linee forti, colori
pieni, sguardi gelidi, e pochi sorrisi.
I soggetti sono soprattutto donne bionde, alte, eleganti e seducenti.
La corrente a cui appartiene è l'Art Déco, uno stile che si è affermato a
Parigi in onore della grande Esposizione internazionale del 1925 di arti
decorative e industriali moderne.
Questa corrente deriva dall'Art Nouveau ma non ne conserva la
naturalezza delle forme, poiché adotta forme più geometriche ed
essenziali. Infatti non possiamo parlare di Art Dèco tout court ma piuttosto
di un postcubismo neoclassicista in cui le figure sono scomposte in piani
monocromatici e geometrici ma mai astratti. Le figure emergono in tutta
la loro plasticità e le donne hanno uno sguardo altamente seduttivo,
androgino e misterioso, avvolte in stoffe colorate, eleganti e alla moda.87

86 ABRUZZESE,BORELLI, L'industria culturale, Carocci editore pag 146


87 Gioia MORI, Tamara de Lempicka, Giunti editore 1999 pag 11

78
“Portrait de la duchesse de la Salle”,Tamara de Lempicka, 1925,
Collezione privata

Apertamente bisessuale la Lempicka non fu isolata nel manifestare le sue


propensioni, e l'icona di questa tematica è l'opera sopracitata.
Marika del la Salle de Rochemaure, donna greca resa ricchissima dal
divorzio col marito duca viene ritratta come icona di uno stile di vita
eccentrico e lussurioso, simbolo del lesbismo per gli abiti da cavallerizza: ”
Rifiuta abiti appropriati e assume e affetta modi maschili, pratica sport
mascolini, cavalca, gioca a palla, usa le armi. Compie atti di coraggio e si

79
comporta in modo spavaldo, è invadente e ama viaggiare”88
Oltre al rimando sessuale, l'immagine ha però anche riferimenti precisi alla
moda seguita da una certa élite mondana, infatti il quadro sembra una
trasposizione pittorica di alcune fotografie di moda nell'abbigliamento di
equitazione.

Ma ciò che ci preme trattare è soprattutto l'anima androgina dei


personaggi rappresentati, come metafora di una personalità eclettica e
moderna che vive la sua sessualità approcciandosi agli uomini quanto alle
donne e per questo vivendola in modo più completo ed appagante.
Questa bisessualità ostentata si fa precursore di un'altrettanta ostentata
indipendenza dagli uomini tesa a porre le basi di una ”femme fatale”
divoratrice di uomini che prefigura una nuova forma di femminilità in
grado di annullare il classico divario tra maschile e femminile e dare vita a
una forte femminilità androgina.

“Woman in a yellow dress” Tamara de Lempicka, 1929

88 Bernard TALMEY, Woman, Nabu press 2010 pag 25

80
Nel 1925, quando la pittrice tiene la sua prima personale a Milano,
Mussolini aveva già marciato su Roma, Hitler pubblicato “Mein Kampf” e
nell'arte lo stesso Picasso dipingeva corpi solidi e muscolosi.
La linea di pensiero che più ha influenzato la pittrice riguardo a questo
tema è quella della “donna virile” descritta da Valentine de Saint-Point nel
Manifesto della donna futurista del 1912 dove scrive:
“E' assurdo dividere l'umanità in donne e uomini ; essa e composta
soltanto di femminilità e mascolinità. Ogni superuomo, ogni eroe, per
quanto sia epico, ogni genio per quanto sia possente, è l'espressione
prodigiosa di una razza e di un'epoca solo perché composto ad un tempo,
di elementi femminili e di elementi maschili, di femminilità e mascolinità:
cioè un essere completo”89.
Stiamo attenti però a non confondere un tale pensiero con l'ideologia
femminista, poiché quello della Saint-Point non è che un auspicio per il
futuro poiché del proprio tempo dice “Ciò che manca di più alle donne
come agli uomini è la virilità[...]. Ogni donna deve possedere non solo
delle virtù femminili, ma delle qualità virili; Altrimenti è una femmina”
usando il termine femmina in senso dispregiativo.90
Infatti la pittrice ha sempre vissuto in modo “virile” approcciandosi alla
vita con indipendenza sia economia, (si era molto arricchita), sia nel
dominare le situazioni con una tempra che solo gli uomini dimostravano
all'epoca.
Non a caso la scelta della Lempicka di declinare al maschile il suo nome
quando compare nelle prime riviste d'arte parigine, tanto che all'inizio tutti
pensavano fosse un uomo.
Tamara era una “donna virile” in senso futurista e come tale sentiva di
poter sostenere anche un'identità maschile, per questo le attribuiamo una
personalità androgina in senso lato; personalità che esprimerà con ardore
anche nelle sue opere,in cui a differenza delle rappresentazioni marmoree
elleniche in cui troviamo l'ermafrodito inteso come portatore di doppio

89 Gioia MORI, Tamara de Lempicka Giunti editore 1999 pag 25


90 Gioia MORI, Tamara de Lempicka Giunti editore 1999 pag 20

81
attributo, ritroviamo un'androginia ancora diversa da quella mistica e
religiosa. In questo caso, come abbiamo detto, una femminilità androgina
perchè completa.
Donne così ricche e indipendenti da non aver bisogno di un uomo che le
sostenga, e per questo già complete e realizzate.
I quadri della Lempicka hanno una forte matrice futurista ma capiamo
perché. Il movimento d'avanguardia formatosi per opera di Filippo
Tommaso Marinetti, che nel 1909 pubblicò il Manifesto del Futurismo
mirava a liberare la società da retaggi culturali passati e glorificare
l'avvento della modernità, quindi era un movimento anticonformista e
antiborghese che rifiuta i vecchi bigottismi della società, in cui la nostra
pittrice si sentiva a suo agio.
Velocità, macchine, metropoli, complessi industriali, forza e indipendenza
ecco i valori chiave del futurismo, nella pittura le forme spigolose e le linee
incisive erano usate per trasmettere questi principi, che la Lempicka
racchiude nei personaggi femminili, connotandoli attraverso muscoli
prorompenti, spalle larghe, e colli massicci.

Nel nudo seduto di seguito raffigurato notiamo uno dei primi studi di corpo
della pittrice, in cui la modella siede eseguendo una torsione del busto che
mette in risalto i muscoli, esasperati dalla pittrice. La pittura viene confusa
con una scultura a causa del forte contrasto chiaro-scuro.
Il corpo viene proposto come una macchia onnipotente, che racchiudendo
in sé il maschile e il femminile come detto prima, può aspirare alla
superdonna.
Come scrive sul Corriere della Sera la giornalista Bonazzoli Francesca in
occasione della mostra tenuta a palazzo Reale a Milano nel 2006 , “Tamara
stemperò le asprezze cubiste con la sensualità, ci aggiunse lo scintillio
dell'alta società e un pizzico di perversione, ovvero l'androginia allora
tanto di moda con le donne pettinate alla garconienne e il successo
diventò facile”.

82
“Nu assis de profil”, Tamara de Lempicka, 1923, New York

83
3.2 La moda postmoderna che ribalta i ruoli, Giorgio Armani
Il nostro excursus attraverso la storia, nelle fasi dell'androgino, prosegue
toccando un nuovo campo: La moda, che in un certo senso non fa altro
che proseguire il discorso iniziato da Tamara de Lempicka.
La casa di moda Armani nasce in un periodo importante per la nostra
ricerca: nel 1975 la moda ufficiale anticipò la sottocultura più radicale che
si conosca, applicando una tecnica che qualificherà negli anni ottanta le
nuove generazioni di stilisti.
Il decostruzionismo proveniente dal periodo delle avanguardie storiche
colpì Giorgio Armani che intuì quanto alcune forme di abbigliamento erano
ormai obsolete rispetto ai mutamenti dei ruoli sociali e decise così di
aggiornarlo rispetto alle nuove esigenze: donne in carriera, indipendenti,
non più solo matris familiae ma vere e proprie figure a tutto tondo, e
uomini con un minore bisogno di ostentazione della propria virilità perché
più sicuri di sé e consapevoli del loro successo.
La prima vittima fu la giacca, punto cardine della moda maschile la cui
forma squadrata era stato per anni simbolo di virilità.91

91 BARILE-FARCI, Comunicazione come consumo, analisi delle tecnologie culturali dai media alla moda.
Dispensa IULM

84
Anche in questo concetto riaffiora la Lempicka, che con intuito e
straordinaria previsione in numerose opere veste le sue donne con abiti
mascolini che sembrano firmati Armani.
La casa Armani si diffonde nel mondo, e fa del cinema e del teatro lo
strumento per far conoscere i propri modelli,e lo stilista diventa simbolo di
un vero e proprio processo di razionalizzazione del mercato (in questo
senso si diversifica da molta parte della concorrenza).
Egli conquista nuove aree di diffusione dei prodotti e moltiplica i propri
spazi, evidenziando le doti dell’organizzatore e del distributore che ne
fanno l’uomo che riesce a potenziare la propria immagine nel tempo
mediante una moda rigorosa, fedele a se stessa, che rinnova e conquista il
mercato.
“Volevo che le donne portassero la giacca come gli uomini ma restassero il
più femminile possibile”
spiega Giorgio Armani, e continua “Ho costruito un tipo di giacca rilassata,
informale, meno rigorosa, che lascia intuire il corpo e la sua sensualità”.
Come spiega la giornalista della Repubblica nel numero del 22 dicembre
del 1999, Armani “Si ispira e rende omaggio a Coco Chanel e Yves Saint
Laurent. Della prima ammirava la scelta di abdicare a certi vezzi di
femminilità antiquata e l' aver messo la donna in scarpe basse e in tailleur
asciutti, senza costrizioni, il vestir bene con ironia. Di Saint Laurent amò la
disinvoltura e la classe con cui disegnò la donna in smoking, e anche in
bermuda e sahariana.
Tutto il percorso creativo di Giorgio Armani andrà verso l' avvicinamento
fra i sessi, verso lo smussamento delle differenze. Definire la sua una
moda unisex è riduttivo, a meno che per unisex non si intenda "la
rivendicazione della dolcezza per l' uomo e della forza per la donna", come
Armani stesso ha specificato: "Ho cercato di rendere forti, specie
interiormente, le donne e ho ingentilito gli uomini". La sua è un' eleganza
sommessa e mai gridata: "Ho creduto in una nuova eleganza: essenzialità,
semplicità, rigore, sobrietà della bellezza, pacatezza nei colori secondo un
concetto nuovo di classico". Le tinte forti e squillanti lo disturbano: le

85
considera "totalizzanti", ree di distogliere dalla forma, dalla ricerca, dalle
variazioni nella linea di un abito.”
In Armani il momento creativo è molto importante, le creazioni non si
fanno condizionare dai trends precostituiti e lo stilista affronta tutte le
incognite dell’incontro con il pubblico nei vari paesi del mondo. Si cimenta
su paralleli e meridiani differenti. Diventa il designer di maggiore
importanza e di più ampio successo commerciale nella storia del
dopoguerra. Conferma intanto il crescente potere della distribuzione con il
porre particolare cura alle esigenze della domanda finale e verificando, nel
contesto competitivo, ciò che gradualmente muta.

Armani “ascolta” il mercato. Passa dalla logica di recepimento dei bisogni a


quella dell’anticipazione dei medesimi. Si affida a esperienze sistematiche
facendo della moda un agente di mutamento. Armani insiste, così, sul
momento della differenziazione dei prodotti e considera la moda come
fattore sociologico ed estetico, che va esteso a tutte le forme artistiche e
culturali di cui si può avvalere: la moda Armani riguarda gli ornamenti,
l’arredamento, in una nuova logica di connubio fra creatività e mercato. Si
moltiplicano le collezioni distinte (Emporio Armani, Armani Casa, Armani
Fiori, Armani Dolci, Armani Libri), mentre i meccanismi mercantili si
differenziano e l’atto creativo risulta, tuttavia, riconfermato nella sua
incontrovertibile rilevanza.
“Armani ha cercato di ottenere la scomparsa della tradizionale rigidità
vestimentaria, di sostituire le linee fascianti con linee morbide e
destrutturate. Ha dissacrato la giacca da uomo modificando le proporzioni,
spostando i bottoni, abbassando i reverse, eliminando le spalline,
imbottiture e telette. Non a caso negli stati uniti hanno definito Armani
come Il prima stilista postmoderno.
Egli ha realizzato con la giacca ciò che, negli anno ottanta, altri hanno
compiuto nell'ambito dell'architettura e dell'arte, cioè un'operazione di
radicale destrutturazione. Armani si è generalmente opposto alla categoria
di moda per definire i suoi abiti in favore di quello di stile. Ha infatti

86
sviluppato uno stile unico ma soprattutto classico e immutabile nel
tempo.”92
Infatti la moda del tempo ha messo in forte discussione le distinzioni di
genere, in una società dove ormai tale distinzione è ambigua e labile.
Nel mondo del fashion sono tanti gli esempi soprattutto recenti di moda
che non segue i canoni femminili e maschili ma che tende a mescolare i
due creando un mix esplosivo.
Con gli anni novanta questa messa in discussione delle distinzioni di
genere diventa una questione centrale grazie alla diffusione delle nuove
tecnologie che consentono un nuovo tipo di identità.
Ritroviamo quindi nella moda di Armani quel gusto androgino simile a
quello della Lempicka ma non uguale: se la pittrice irradia di forza
estrema “futurista” sia gli uomini che le donne sottolineando non tanto
una trasposizione di ruoli quanto la femminilità androgina sinonimo di
indipendenza e forza, nella moda Armani i tratti maschili si addolciscono e
quelli femminili si caricano di forza interiore a testimoniare una nuova
società in forte evoluzione, che, aspirando all'uguaglianza tra uomo e
donna, li avvicina ulteriormente rendendo le donne un po' più maschili e
gli uomini un po' più femminili ma non per questo donne meno sensuali o
uomini meno virili; anzi, personalità ancora più affascinanti perché aperte
a nuove sperimentazioni.

3.3 L'androginia nella nuova rivoluzione comunicativa


Per continuare il nostro excursus attraverso l'androginia, essendo partiti
da Platone, avendo attraversato tappe come le rappresentazioni in marmo
di ermafroditi, la creazione di romanzi come Séraphita, dipinti come quelli
della Lempicka, arriviamo inevitabilmente ai nostri giorni e cercando
l'androgino, lo ritroviamo in un campo molto particolare: La pubblicità.

A questo punto il nostro discorso sull'androgino cambia decisamente


registro, l'arte fino ad ora affrontata si trasforma necessariamente in

92 Vanni CODELUPPI, Lo spettacolo della merce Bompani, 2000, pag 44

87
creatività pubblicitaria.
Sono numerose le agenzie pubblicitarie che ricorrono all'utilizzo del tema
dell'androgino per creare affascinanti racconti che affondano le radici
proprio dei concetti da noi precedentemente descritti.
L'uso dell'androgino in pubblicità produce un effetto che talvolta può
disturbare e infastidire lo spettatore ma inevitabilmente ne attira
l'attenzione.
Doveroso a questo punto è spiegare l'obbiettivo del pubblicitario: non
importa se quello che viene proposto sia allietante o meno, l'importante è
attirare l'attenzione, trasformare un atteggiamento in un comportamento
e quindi sollevare la famosa curva delle vendite dell'azienda.
Secondo me, per affrontare il tema, è necessario tenere presente un altro
principio ricorrente nel mondo pubblicitario: il sesso in pubblicità. Perché?
Perché l'androgino in pubblicità ne è il superamento, non a caso è una
tecnica creativa relativamente recente che presuppone una società pronta
ad affrontarla e recepirla, anche se come vedremo attraverso i numerosi
esempi, l'uso che se ne fa è legato a prodotti per un certo target.
Il target di cui parliamo si riferisce a un pubblico abbastanza colto, di una
certa fascia d'età e obbiettivamente “moderno” che “sta al gioco”.
I creativi che hanno scommesso -con successo- su questa idea hanno
voluto superare la mediocrità dei corpi nudi per approdare al sublime.
Un esempio esplicativo è lo spot creato per Campari chiamato “Masked
Ball” ma lo affronteremo più avanti.
Ora cerchiamo di capire cosa sta alla base della scelta rivolta all'uso del
sesso o comunque del corpo “nudo seducente” nelle varie proposte
comunicative.
Per fare ciò ci affidiamo a una delle maggiori personalità in materia
pubblicitaria: David Ogilvy (1911-1999), il quale anche se non ha mai
affrontato direttamente il tema, ne pone in qualche modo le basi.
Ogilvy riteneva che “se qualcosa non vende allora non è creativo”, e da
dove proviene la creatività? Dall'inconscio!: “Le buone idee scaturiscono
dall'inconscio”, e in qualche modo l'androgino proviene proprio dal mondo

88
onirico, in cui l'uomo riallaccia un rapporto di unione con l'altro sesso.
È la grande idea che attira l'attenzione del consumatore e gli fa comprare
il prodotto, e se la pubblicità non contiene la grande idea, passerà
inosservato.
Infatti trovo che l'inserimento di una personalità sia fisicamente che
mentalmente ambigua stimoli a tal punto l'utente in questione da indurlo a
decifrare ciò che sta osservando, una sorta di pubblicità obliqua simile a
un enigma, infatti se uno spot a stampo erotico non fa altro che palesarsi
davanti agli occhi, portando ogni senso verso l'immagine nuda ed esplicita,
rischiando di portare in secondo piano il prodotto che spesso non ha alcun
legame con le nudità mostrate, la scelta di puntare verso l'ambiguità fa un
salto in avanti.
A proposito di ciò Ogilvy ammette che “Far vedere un seno nella pubblicità
di un detergente non necessariamente lo fa vendere e non sempre c'è una
giustificazione per stendere languidamente delle ragazze molto sexy sui
cofani delle auto pubblicizzate. D'altra parte ci sono ragioni funzionali che
rendono giustificato l'uso del nudo, per esempio in certi annunci di
prodotti di bellezza.”93
Ma penetriamo meglio in discorso androgino in creatività:
Da dove può nascere una tale idea? Perché confondere una voce maschile
su un corpo femminile? Perché confonderne le vesti? Perché mettere il
rossetto ad un uomo e i boxer a una donna? Il discorso va molto più in
profondità rispetto alla semplice considerazione di unisex.
É la sperimentazione che attrae, nel senso più ludico del termine, vedere
una bella ragazza che indossa dei boxer maschili attira sia un pubblico
maschile che uno femminile, vediamo perché:
Se per un uomo, osservare la propria bellissima donna (o quello di una
modella) con indosso i suoi boxer non fa che riempirlo di sé, e
immaginarsi detentore di quel magnifico corpo, la donna a suo volta viene
stuzzicata dall'idea di giocare coi vestiti, riappropriandosi di quel pizzico di
mascolinità che la renderebbe più sexy.

93 David OGILVY, La pubblicità, Mondadori, 1983, pag 69

89
Non è estremamente ludico tutto ciò? L'uomo che mentre guida nel traffico
verso il suo noioso posto di lavoro, e si imbatte in una gigantografia della
bella modella in questione si permette qualche secondo di gioco e di
fantasia che secondo i pubblicitari, non dimenticherà.
La campagna in questione solletica l'idea della Lempicka che considera
superiore una femminilità con delle componenti maschili.

Intimissimi uomo 2011, agenzia pubblicitaria Leo Burnett

Con questa idea di grande successo, i creativi hanno per così dire preso
“due piccioni con una fava” rivolgendosi prettamente ad un target
maschile (campagna intimissimi uomo), ma non escludendo del tutto le
donne.
Possiamo inoltre affermare che una scelta rivolta all'ambiguità sessuale è
una strategia a tutti gli effetti, l'obbiettivo primario è sempre lo stesso:
vendere.
In pubblicità esiste un metodo strategico ai confini della semiotica che

90
permette di incanalare le idee ed avere un miglior risultato: Il quadrato di
Floch.
Questo schema deriva dal quadrato semiotico che non è altro che la
struttura elementare della significazione, rappresentazione grafica di
alcune relazioni logiche secondo cui si articolano le categorie secondo
contrarietà, contraddizione e complementarietà.
Ma vediamo nel nostro caso come possiamo schematizzare i valori:

ERMAFRODITO

MASCHILE FEMMINILE

NON FEMMINILE NON MASCHILE

ANDROGINO

Ecco cosa accade: lavorando sulle relazioni di contrarietà, dai quattro


punti iniziali, maschile e femminile, non maschile e non femminile ne
nascono altri due: ermafrodito e androgino il primo che ha i due sessi, il
secondo che non ne ha neanche uno.
Da questa tassologia deriva il vero e proprio quadrato di Floch, che
essendo un pubblicitario, interpreta il quadrato in altri termini.
Secondo questo schema, i consumatori ricadono necessariamente in una o
più delle valorizzazioni comportamentali espresse dal quadrato: pratica,
ludico-estetica, utopica o critica.
A queste corrispondono quattro modi di fare pubblicità da parte delle
imprese:
a) pubblicità referenziale, quando il testo si mantiene legato alla realtà;

91
b) pubblicità obliqua, quando si sfruttano le strategie del paradosso e
dell'ironia, che vanno contro l'opinione comune;
c) pubblicità mitica, nei casi in cui c'è un "rivestimento" di sogno del
prodotto;
d) pubblicità sostanziale, quando esiste un "iperrealismo" del prodotto, del
quale si selezionano ed enfatizzano alcune caratteristiche individuanti.94
É chiaro che nel nostro caso ci rivolgiamo ad una pubblicità obliqua, come
abbiamo già detto, che destabilizza le certezze della società e giocando
con l'ironia e l'effetto spiazzamento crea risultati ammirevoli.

3.4 Ibridazione delle categorie sessuali-identitarie


Joshua Meyrowitz intorno agli anni novanta scrive un libro che è
sicuramente uno dei principali nel discorso sui media e sulla
comunicazione, sia per gli studiosi che per i creativi: “Oltre il senso del
luogo”.
Il libro permette di comprendere a pieno l’impatto dei nuovi media sulla
società, affrontandola sotto tre diversi occhi: culturale, sociale e
relazionale.
L’autore illustrava la rivoluzione apportata dai media (oggi definiti
tradizionali, come televisione, radio, telefono e fax) grazie
all’annullamento delle distanze fisiche con la conseguente diffusione del
“senso” al di là della condivisione del “luogo” come è esplicitato in maniera
impeccabile dal titolo (l’originale è No sense of place).
Meyrowitz, inoltre, parlava degli stravolgimenti nell’organizzazione sociale:
si rende concreto l’assottigliamento delle tradizionali categorie su cui è
incentrata la modernità.
In particolare, vengono esaminate le dualità età infantile/età adulta,
maschile/femminile e nella vita politica scena/retroscena: la conclusione
sostanziale parla dell’ibridazione delle categorie tradizionalmente
contrapposte, generando anche una ibridazione identitaria, che alimenta
ripercussioni sulla vita quotidiana e nella scena politica.

94 Pierluigi BASSO, Vissuti di significazione, ETS Pisa, 2008, pag 253

92
Una visione che è risultata ancor più profetica con la rapida diffusione di
Internet.
L’esplosione dei blog prima, e dei social network poi, ha accelerato il
processo descritto da Meyrowitz, il quale scriveva le sue riflessioni,
inconsapevole della Nuova Rivoluzione Comunicativa in arrivo con la Rete.
Difatti, la lenta ibridazione categorica si è trasformata in una androginia
fluida95, che coinvolge ogni singolo internauta: a partire dallo studente,
passando per il professionista, sino a giungere al politico affermato. I casi
sono molteplici, ma ognuno è connesso alla possibilità di offrire identità
diverse.
Basti pensare alla possibilità di creare alter ego digitali sulle chat o di
aprire blog sotto pseudonimi, eliminando qualsiasi elemento costitutivo del
proprio carattere nella realtà.
L'ibridazione delle categorie identitarie porta quindi delle conseguenze
sociali che vanno a parare anche col nostro tema:generi sessuali più fluidi,
iterscambiabili, adattabili che si riflettono negli atteggiamenti sociali e
nelle mode.

Numerosi stilisti hanno orientato le proprie linee d'abbigliamento


sull'androgino, disegnando gonne e pantaloni unisex con i quali i nuovi
soggetti della società fluida si divertono a interpretare ruoli diversi, la
maggior parte delle volte senza entrare nella sfera omosessuale. Anche
nel caso di brand campain principalmente orientati a un pubblico
omosessuale come ad esempio può essere l'italiana Dolce & Gabbana,
l'uso dell'androgino ha una valenza più sottile di quello che può sembrare:
una donna con abiti maschili o viceversa non per stimolare il potenziale
consumatore ad acquistare indumenti del sesso opposto, ma per dare una
identità di marca ben differenziata, moderna, senza tabù, trasgressiva e

95 Joshua MEYROWITZ, Oltre il senso del luogo, Barkerville 1995, pag 149

93
con un pizzico di ironia. Nelle pubblicità di stampo ambiguo in cui vengono
confusi i generi e utilizzato il fascino dell'androgino ci troviamo quasi
sempre in situazioni di anomalia pubblicitaria, e quindi viene prodotto un
effetto spiazzamento non indifferente che induce l'osservatore a decifrare
quello che gli si presenta. Ma cerchiamo di capire meglio cosa si intende
per anomalia:
L'anomalia è una deviazione della norma, da una struttura tipica
considerata normale, ottenuta con figure retoriche, fino al massimo del
paradosso.
Vediamo l'applicazione del paradosso nel nostro caso, considerando il
maschile e il femminile.
La convenzione, (doxa) vuole l'uomo maschile e la donna femminile, il
processo creativo dei pubblicitari ha stravolto questa convinzione (para
doxa),come abbiamo visto e come vedremo più avanti. Il principio è quindi
quello di prendere le distanze delle considerazioni non discutibili perchè
naturali evidenze e riformularle.
Potremmo vedere il paradosso come un catalizzatore del pensiero: ogni
volta che appare un problema senza soluzione si crea uno choc che
costringe a rigettare le vecchie soluzioni e costruirne delle nuove.
Disney ha saputo far uso del paradosso. I miti primari vogliono la mamma
buona e bella, mentre l’uomo nero è brutto e cattivo. I personaggi più
famosi di Disneyland contraddicono queste due convenzioni: i brutti buoni
sono più simpatici, i belli cattivi sono più temibili e ingannevoli.
In pubblicità e nel marketing il tema dell’originalità è alle fondamenta:

94
basti ricordare l’unico principio che Rubicam ha lasciato a Madison
Avenue: “Make the familiar strange and the strange familiar”.
Auckentaler sostiene che è necessario rompere le regole per creare la
sorpresa.
Le figure retoriche hanno tutte il compito di deviare dalle aspettative,
ovviamente con intensità diversa, da quella debole di una semplice
ripetizione a quella più forte di un paradosso che mira esattamente alla
destabilizzazione, allo shock di cui abbiamo parlato. Inoltre, l’intento
dell’anomalia è creare un’incongruenza e, spesso, il modo nel quale
un’argomentazione viene trasmessa è più importante dei suoi contenuti. 96

Vediamo qualche esempio in cui l'anomalia crea un effetto spiazzamento


attraverso il mélange dei generi maschili e femminili:
Ecco l‘ultimo servzio per il magazine Tush N.23 con il modello rosso
Johnny Harrington fotografato da Armin Morbach per un servizio
fotografico intitolato Lip Service, un editoriale di bellezza tutto al
femminile.
Armin Morbach usa il modello dallo sguardo sexy e dai capelli e barba
rossa per un servizio editoriale sui rossetti Rouge, il trend della primavera
estate 2011. Ecco sei foto, per sei rossetti: Rouge Chanel, Dior, YSL,
Lancome, Tom ford ed Estee Lauder.

96 Marco LOMBARDI, Il nuovo manuale di tecniche pubblicitarie, Franco Angeli, 2008 pag 99

95
Le immagini sopra raffigurate non fanno parte di una campagna
pubblicitaria, non sono passate da una agenzia ma sono il solo frutto di un
lavoro creativo di un bravo fotografo che lavora per un giornale femminile.
Gli scatti sono altamente suggestivi e l'osservatore attratto dall'anomalia
in atto è costretto a decifrarne i segni. Cerchiamo di affrontarne una
lettura semiotica:
Guardando questa pubblicità,il primissimo quesito che ci si pone è:cosa si
sta pubblicizzando? Dato che l'immagine in primo piano è il viso del
modello rosso fulvo e barbuto che con una mano tiene con cura un
rossetto che viene precisamente passato sulle labbra.
E' quindi la presenza del nome della marca del rossetto (es Chanel) che
attualizza il campo merceologico esatto:il settore cosmetico dei rossetti di
alta gamma.
Il valore semiotico è quello della vanità e della lussuria.

96
L'equiparazione analogica potrebbe sembrare una forzatura ontologica,ma
gestibile in termini di significazione sulla base di un “come se”,ossia a
partire da una trasposizione di condizioni e profili attoriali.
Sul piano figurativo di questa fotografia possiamo vedere l'uomo, che oltre
ad aver elegantemente pettinato i lunghi capelli, è molto ben vestito:
giacca e cravatta nera sulla camicia bianca, una mise da gala o da serata
chic.
L'immagine non è a tutti gli effetti una pubblicità e dunque non esistono
particolari headline, solo la descrizione del rossetto col suo nome
completo.
L'uomo protagonista passa il rossetto sulle labbra con vanità e seduzione,
quasi invitando la donna che lo sta asservano ad avvicinarsi e provare un
po' di rossetto direttamente dalle sue labbra.
Gli scatti sono ad alto grado di seduttività e non c'è alcun dubbio riguardo
al target: donne belle, alla moda ed eleganti.
Guardando l'immagine ci sembra di entrare in contatto col rossetto e di
riuscire ad assaporarne la morbidezza.
A rafforzare l'isotopia della lussuria,l'uomo ha uno sguardo penetrante e
allo stesso tempo algido che interroga l'osservatrice dicendo “ne vuoi un
po'?”.
Sono note le proprietà dei rossetti,che spesso lasciano tracce sulla bocca
del baciato, ma in questo caso ritroviamo l'essenza del piacere all'interno
del rossetto.
Si noti l'isotopia cromatica tra il rosso dei capelli,il cosmetico porporino, e
il cosmetico di nome “rossetto”.
Ecco un magnifico esempio di come si possano oltrepassare le barriere di
genere sessuale per creare effetti di grande impatto estetico, infatti se al
posto del modello fosse stata fotografata una modella, l'effetto sarebbe
stato molto più banale e ovvio, invece in questo modo l'osservatore o
meglio l'osservatrice trova un ospite inaspettato al solito appuntamento
tra lei e i cosmetici offerti dai media, un ospite che di solito non è
interessato al mondo della cosmesi, che si è sempre posizionato lontano

97
da questa determinata dimensione. Ora invece la situazione risulta molto
più ludica e divertente.

3.5 Campari Mixx, incroci di sguardi e di voci


Dopo aver analizzato un servizio fotografico per dei rossetti, in cui il
fotografo utilizza come testimonial un uomo e non una donna, creando
una suggestiva anomalia, ora analizzeremo uno spot pubblicitario a tutti
gli effetti, in cui il regista decide far emergere il carattere principale del
prodotto (Campari Mixx), cioè la miscela, l'intreccio, la mescolanza.
Il mélange sarà presente sia sotto forma di specie diverse (uomo-zebra),
sia sotto forma di generi diversi, e quindi ritroviamo l'essere duplice ibrido
e androgino.
Nel nuovo spot della campagna Ready to Drink di Campari (Milano, 19
settembre 2002) troviamo, questi gli ingredienti: una ragazza dalla
bellezza angelica, un party decisamente particolare, un’atmosfera urbana
ma al tempo stesso insolita. Un pugno di personaggi stravaganti, ottenuti
mixando elementi di persone diverse, e un giovane barman insolitamente
affascinante.
Basta shakerare il tutto per ottenere l’ultima campagna pubblicitaria del
Gruppo Campari, firmata D’Adda, Lorenzini, Vigorelli, BBDO e prodotta da
BRW & Partners per presentare al pubblico Campari Mixx, il nuovo Ready
to Drink che detterà la moda del bere trendy.
Autrice dello spot, Alessandra Pescetta, giovane e affermata regista di
videoclip, dedita, da qualche anno alla realizzazione di campagne
pubblicitarie.
Lo spot si apre con una mano che bussa a un portone, che aprendosi
rumorosamente mostra il viso di una donna la quale dopo essersi
accertata dell'identità della ragazza la lascia entrare dischiudendo il
portone e facendola passare sotto il suo braccio muscoloso.
Anche in questo caso un testo si apre su di un’anomalia: un corpo
s’incastra a metà strada fra il dentro ed il fuori. Si divide, come stavano
divisi Ermes ed Afrodite, prima di riunirsi e generare Ermafrodito. Nel

98
testo pubblicitario non è una parte del corpo che fuoriesce. E’ lo sguardo
che retrocede.

La macchina da presa mostra solo ora il corpo virile in abiti succinti della
donna addetta al portone e quello della graziosa ragazza appena arrivata.
Già da ora notiamo il primo mix: la donna dal corpo mascolino, davanti
donna e di spalle uomo.

Da questo momento si stipula uno strano contratto di lettura che lascia il


pubblico a metà strada fra un retroscena, indicato dalla quinta-porta
scorrevole, e la ribalta in cui la pièce sta per essere attuata.
La protagonista, appena entrata, è ancora nell’androne,che, anche se per
noi oggi è solo l’ingresso, per gli antichi greci era l’appartamento degli
uomini ( aner- andros) cosicché l’esordio, pone già la donna fuori luogo.

99
Una volta entrata, la dolce ragazza cammina all'interno del locale
illuminato da qualche candela che assomiglia a una galleria d'arte, sulla
parete di sfondo infatti
campeggia la fotografia di un volto ottenuta con un collage. Citazione?
Oliviero Toscani, per un’altra campagna pubblicitaria, era riuscito
sicuramente meglio a fondere tratti somatici contrastanti in un unico volto.
La ragazza prosegue guardandosi intorno con curiosità ed ingenuità lungo
il suo percorso diretto al bancone dei drink, si imbatte in strani
personaggi, coppie di personaggi che hanno tutti una insolita
caratteristica. Le coppie sono: un uomo albino candido come il latte
vestito di bianco, accanto ad una donna di colore coi capelli corti, vestita
di scuro. Entrambi hanno uno sguardo languido.

Ciò che ci comunica visivamente la coppia è il concetto di opposti, che


insieme si completano, due estremità che insieme donano equilibrio.
Si prosegue incontrando altri due personaggi inquadrati separatamente:
due centauri, che si fermano ad osservare la ragazza.

100
Ancora una volta uno strano mix, che unisce il genere umano con quello
animale.
Più avanti ancora una coppia bizzarra rappresentata da due gemelli pallidi
di cui è difficile
distinguerne il genere, sembrano asessuati, androgini o efebici si dicono
qualcosa.

Sembra proprio che la ragazza incuriosisca gli altri personaggi perchè


l'unica ad essere pura e non frutto di una miscela. Ma è proprio lo
sguardo della ragazza a rappresentare il trait d'union che collega tutti i
personaggi.
La narrazione qui si articola su di un’isotopia temporale semplice e lineare,
mentre presenta una gran ricchezza a livello spaziale.
A questo punto attraverso lo sguardo della protagonista, il piano narrativo
comincia ora a delinearsi attraverso mescolanze fisiche, date dai colori
(bianco e nero) e dall’ibridazione corporea.

I generi sessuali rimangono tra loro differentii: maschile e femminile che,


ritratti in quest’ultima inquadratura, si posizionano al centro della scena,
uno di fronte all’altro,come la lettera “s” e la lettera “z” che allo specchio
dal loro incrocio scaturisce il chi, lettera greca,la cui traslitterazione
nell’originale ricorda graficamente questa x
leggermente asimmetrica. Incongruenza tra gli incastri: in questo
cocktail i sapori si mescolano, ma non si annullano tra loro.
Il racconto prosegue con la ragazza che continua ad avanzare, sullo
sfondo ancora due opposti: un uomo grasso e un uomo magro che

101
osservano la ragazza che finalmente arriva al bancone.
Allegoria di come si prepara un cocktail: i corpi, come ingredienti per una
bevanda, si amalgamano progressivamente, ma non si fondono.97
Compaiono, nei vari fotogrammi, sempre accoppiati: l’ebbrezza che ti fa
vedere doppio
Il barman non manca di stranezza, infatti anche lui sembra un incrocio tra
uomo e demone, come ci suggeriscono i suoi occhi di colore diverso e lo
sguardo penetrante.

A questo punto interviene la ragazza da cui scaturisce una voce da uomo:


il mix meglio riuscito con l'unione di maschile e femminile:”give me a
mix” .
L’inquadratura in dettaglio sulle labbra della ragazza che parla, ne
accentua il colore rosso, richiamato,due fotogrammi dopo, dal rosso
acceso della bottiglia, che per la prima volta, campeggia sulla scena in
primo piano.

97 Elena GILIBERTI, Guardare, bere, uomo e donna, incroci di sguardi. Www.ocula.it

102
Ancora una volta un incrocio di sguardi che vengono scambiati tra il
barman e la ragazza per poi chiudere la sena sul prodotto già più volte
mostrato durante il video: la bottiglia rossa facile da aprire con la scritta
Mixx.

E poi il pay off: Campari mixx, easy 2 drink.


In questa creazione pubblicitaria ritroviamo quindi ancora presente il tema
dell'androgino, principalmente all'inizio e alla fine del racconto.
Come al solito introdurre un tale effetto speciale dona alla pubblicità un
tono ironico, insolito, obliquo, che induce l'osservatore a decifrare le
scene.
In questo caso la regista gioca proprio con una metafora:il mix della
bevanda e il mix tra i caratteri dei personaggi.
È interessante la metafora che fa Elena Giliberti, autrice di un saggio sullo
spot in questione, tra il racconto che ci viene proposto e il romanzo di
Serres, Sarrazine infatti nel saggio leggiamo un paragone a proposito della
prima scena dello spot:
“Quando Michel Serres rilegge Sarrasine, si sofferma a lungo sull’esordio:“
…a mezzo entrato nel ballo, a mezzo uscito dalla narrazione…”, un
personaggio, al ricevimento della ricca famiglia Lanty, racconta alla dama
che lo accompagna, la travagliata storia

103
d’amore tra lo scultore Sarrasine e Zambinella, l’ermafrodito. Il
personaggio, di cui l’autore non dice il nome, diventa così narratore
intradiegetico del racconto: a mezzo entrato nel ballo, uscito a mezzo dalla
narrazione perché se ne sta seduto nel vano di una finestra della sala dove
si svolgono le danze, con la gamba sinistra che batte il tempo (la
metà entrata nel ballo) e quella destra immobile, ghiacciata dalla corrente
fredda che arriva da fuori. Un piede segna il ritmo; l’altro, il confine fra
narrato e narrazione. Anche in questo caso un testo si apre su di
un’anomalia: un corpo s’incastra a metà strada fra il dentro ed il fuori. Si
divide, come stavano divisi Ermes ed Afrodite, prima di riunirsi e generare
ermafrodito.

In creatività sembra che l'uso dell'androginia sia davvero efficace infatti da


uno studio fatto all'università di Berkeley si è costituita una serie di teorie
da cui è emerso il profilo dell'individuo creativo che deve essere: motivato,
interattivo, insoddisfatto, aperto, critico, introverso, lunatico,
indipendente, anticonvenzionale, isolato, antieconomico, controllato,
orientato al compito, propenso al rischio e soprattutto con una identità
androgina cioè deve mescolare i tratti tipici del proprio sesso con quelli
dell'altro.98

3.6 “The secret” l'androgino per Campari


Di seguito riportiamo un ultimo esempio, forse il più esplicativo ed
affascinante, riguardo all'androginia in creatività pubblicitaria.
Sempre commissionato da Campari, questo spot ha riscosso un grande
successo ed è stato di grande impatto.
La musica è Masked Ball- Ballo in maschera, di Jocelyn Pook. Il brano è la
colonna sonora originale di Eyes Wide Shut di Kubrick, la location: Hotel
Praha, a Praga, L'agenzia: D’Adda, Lorenzini, Vigorelli, Bbdo Regia:
Tarsem.
Lo spot è dunque ambientato in un hotel molto elegante a Praga,

98 http://www.inftube.com/marketing

104
l'atmosfera è eccitante e giocosa, che si insinua e travolge di un'eleganza
glamour e cool, la musica è fondamentale, fautrice di una strana
atmosfera magica praghese.
La cornice della vicenda è una festa, un'aria carica passione e di segreti,
oggetti d'arredamento di lusso, lampadari di cristallo, una lunga sontuosa
scalinata, sulla quale avviene un perverso inseguimento: una bellissima
ragazza alta, dalla bocca scarlatta e i lineamenti marcati, in abito
lungo,scalza, viene seguita da un fanciullo dai tratti dolci asiatici.
Non conosciamo il contesto, non sappiamo perchè avvenga questo
inseguimento, e questo rende la visione ancora più affascinante, per cui
l'inseguimento è quasi fine a se stesso, non importa il resto, ma quello che
si percepisce è la forte attrazione tra i due.
L'inseguimento appare come la metafora di un corteggiamento in cui la
ragazza si fa rincorrere con civetteria e il ragazzo la rincorre.

Durante l'inseguimento si attraversano numerose sale del magnifico hotel


tra cui una sala piscina in cui si consuma un ribaltamento cromatico che
analizzeremo più avanti, infatti non troviamo più colori caldi come il nero o
il rosso ma colori freddi e artificiali come l'azzurro e il bianco.
Si avverte una forte passione tra i due, soprattutto nel momento
dell'incontro ravvicinato. Il fanciullo tiene in mano un bicchiere di Campari
rosso e quando si accosta alla ragazza fa scivolare per sbaglio il liquido

105
rosso sulla scollatura della creatura.

È a questo punto che si svela il segreto, poiché la bella ragazza


slacciandosi l'abito, svela un corpo maschile, ed anche il fanciullo aprendo
la camicia lascia vedere la fascia contenitiva per i seni e i suoi attributi
femminili.

L'atmosfera sempre più calda si riscalda ulteriormente col gesto seduttivo


di sbavatura del rossetto che compie il ragazzo e contemporaneamente la
chioma sciolta della ragazza.
Il ribaltamento dei generi è compiuto, ora i due protagonisti sanno la
verità ma lo spettatore non è tenuto ad essere info
mato riguardo al proseguimento, si può immaginare qualsiasi sviluppo o

106
proseguimento, qualsiasi passione.
A conclusione del racconto il pay off recita sensualmente con una voce
fuoricampo: “Campari red passion”.
La magnifica storia raccontata abilmente dal regista, mette in risalto il
valore semiotico fondamentale sia del prodotto che dello spot: La lussuria,
intesa in ogni possibile significazione che nello stesso tempo afferra
saldamente il target di riferimento: un consumatore di medio alto livello,
colto che intende sperimentare il mondo attorno a lui e il piacere in ogni
sua forma, legato ai simboli voluttuari del piacere e del potere che viene
minuziosamente stuzzicato da questo tipo di fantasie
La dimensione onirica e cinematografica, l'estetismo, uniti al ribaltamento
tra maschile e femminile, con una conseguente fluttuazione identitaria e
quindi lo spostamento dei piani tradizionali, fanno di questo spot un'opera
d'arte a tutti gli effetti.
Semioticamente, se proviamo a leggere a livello plastico i colori, possiamo
ritrovare una metafora della sperimentazione del liquore:
1. Il fanciullo al bancone: Si serve il liquore con ghiaccio.

2. La rincorsa tra scale e sale rosse fiammanti: L'incontro col gusto di


Campari all'interno della bocca.

3. Attraversamento della sala piscina algida e glaciale: Il gusto incontra


il freddo ghiaccio nel liquido rosso.

4. L'incontro tra i due amanti: L'incontro col piacere di Campari

Anche il bicchiere che resta comunque in mano alla ragazza ha un valore


importante, così da diventare feticcio che permette la passione.
La scena si conclude con uno scambio di sguardi penetranti mentre i due
si fronteggiano, con lui che la domina visivamente con la sua presenza
massiccia e lo sguardo che dall’alto, al basso, si impone e l’assoggetta. I
ruoli sono ristabiliti, la festa è finita. Il carnevale svanisce per riprendere
ancora. Il carattere carnevalesco dello spot è sottolineato dal titolo
dell’avvolgente canzone che l’accompagna: Masked Ball - Ballo In
Maschera. Il carnevale è un luogo di disordine ordinato in cui esplorare

107
l’alterità ed il desiderio; per poi tornare alla vita (lavoro) e ai sessi
prestabiliti.
Mi sembra dovuta, inoltre, una precisazione sul ruolo della pubblicità: se
in passato era vista principalmente come catalizzatore di valori morali e
tradizionali, dagli anni sessanta essa assume un ruolo ben più importante:
La pubblicità diventa il mezzo per far progredire la società e favorirne
l'emancipazione.“Funzioni di modernizzazione così come di emancipazione,
di divulgazione, di alfabetizzazione, di integrazione la pubblicità le esercita
in modo efficace”99, inoltre, “I nuovi modelli di consumo che la pubblicità
veicola postulano rapporti sociali nuovi… conflittuali se non antitetici a
quelli codificati nella cultura precedente; le interpretazioni di ruolo
appaiono incredibilmente moderne rispetto a quelle più tradizionali.”100 Il
ruolo della donna è un esempio di questo concetto, infatti nel corso degli
anni ha avuto un forte cambiamento: da madre casalinga, a donna
indipendente, in carriera, con armi seduttive a disposizione questa nuova
figura femminili fu criticata anche dalle stesse femministe perchè
considerata falsa, anche perchè forse più che emancipata, la donna
sembra rivestire un ruolo soltanto più adatto all'immaginario maschile.
In ogni caso la pubblicità non crea nuovi modelli dal nulla, ma esalta quelli
esistenti seguendo i valori del pubblico, solo che mostrandoli li esalta e li
mette in luce più chiaramente, inoltre, mette in mostra i modelli più nuovi,
moderni, che servano all'integrazione del sistema e che si svelino solo nei
centri culturali metropolitani, possiamo chiamare questi valori dei “tabù”.
Negli anni sessanta per esempio la pubblicità fu capace di mettere in luce
dei valori prima considerati troppo anticonformisti che andavano contro la
tradizione contadina e cattolica.Gli spot da me proposti possono essere
considerati degli esempi di pubblicità trasgressiva che mette in primo
piano fenomeni che la società di oggi si accinge ad affrontare, senza però
dimenticare che la pubblicità deve rispettare nel trasgredire la tradizione
senza spaventare il consumatore.101

99 ABRUZZESE,BORELLI, L'industria culturale, Carocci editore pag 19


100 Www.comuniclab.it
101Www.comuniclab.it

108
109
CONCLUSIONE

Il lungo percorso affrontato, che ha toccato necessariamente tappe


fondamentali per lo studio e l'approfondimento di un tema di grande
fascino, testimonia l'interesse palese dei nuovi “artisti” cioè i creativi
pubblicitari verso l'androginia.
Costoro, nel momento in cui si propongono di rispolverare tematiche
arcaiche come l'ermafroditismo, il mutamento, e l'essere androgino, non
fanno che risvegliare nei consumatori un interesse verso il mistero che è
sempre stato vivo negli uomini di ogni epoca; per esempio nell'arte
classica, attraverso le rappresentazioni in marmo (Ermafrodito dormiente,
Marsia ed Ermafrodito ecc..) gli abili scultori tentano amabilmente di
rappresentare l'”ideale” di androgino; nel romanticismo, Balzac inserisce il
fascino androgino in un romanzo postmoderno per manifestare il disagio
dell'artista nel nuovo contesto ottocentesco, in cui l'arte si inserisce troppo
faticosamente in un'epoca dove la nuova borghesia sempre più potente,
impera privilegiando un'arte più facile e fruibile, più veloce e stimolante.
Anche l'arte contemporanea conserva uno spazio per raccontare il fascino
androgino: abbiamo conosciuto l'arte della pittrice Tamara de Lempicka
che coi colori sgargianti e le linee forti tipiche della sua pittura regala alle
sue donne un'androginia che le rende emancipate e potenti.
L'indipendenza raccontata dalla pittrice la ritroveremo nel campo della
moda, con la nuova giacca di Armani, considerato primo stilista
postmoderno.
Cercando di andare oltre la questione hegeliana della “morte dell'arte”
come conseguenza del superamento dell'arte classica, attraverso la
mercificazione dell'arte stessa, la mia tesi, attraverso esempi di creatività,
ha cercato di restituire giustizia e dignità al mondo della pubblicità,
accusato spesso di essere superficiale e carente di forza narrativa. Ne
sono esempi lo spot del regista Tarsem per Campari o la campagna
Intimissimi uomo dell'agenzia Burnett, o ancora gli scatti originali e
seducenti del fotografo Morbach nel settimanale femminile per
pubblicizzare i lussuosi rossetti.

110
Infatti, nei casi da me esaminati, i registi o i fotografi degli spot,
ispirandosi alla mitologia legata al tema in oggetto, ottengono un risultato
estetico assolutamente apprezzabile, che con l'aiuto di un pizzico di ironia,
senza dubbio può attirare l'attenzione di un target di popolazione
artisticamente sensibile, o semplicemente incuriosito da visioni ambigue
come un uomo che in realtà è una splendida donna (Campari, The secret),
o una dolce fanciulla che in realtà nasconde una voce maschile (Campari
Mixx).
È giusto sottolineare l'essenzialità del limite che in ogni caso è doveroso
porsi in un ambito comunicativo che raggiunge chiunque, come la
pubblicità televisiva o cartellonistica: il valore dell'ambiguità onnipresente
nel genere estetico che tocca l'androgino deve necessariamente essere
ricompreso entro dei limiti ben definiti.
Lo sconfinamento di questi limiti, che potrebbe sfociare nella volgarità e
nell'oscenità, non solo allontanerebbe la narrazione dai temi aulici della
filosofia greca e romantica, ma produrrebbe un danno enorme
all'immagine e alla reputazione delle categorie merceologiche in
questione, provocando un effetto vendite esattamente opposto rispetto a
quello prefissato.
Ritroviamo tale limite, pur non essendo l'oggetto principale della mia
trattazione, nel capitolo dedicato all'analisi dello spot Campari “The
secret”, dove l'interruzione della narrazione rappresenta proprio quel
confine moralmente invalicabile.
Un uso quindi coerente e chiaramente rivisitato dei miti platonici o di
Ovidio relativi all'androginia come “umana nostalgia dell'interezza”,
adeguatamente adattati alla nostra società, può aprire le porte a una
nuova, seduttiva creatività.

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BIBLIOGRAFIA - SITOGRAFIA

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