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PEGLI-GENOVA-ITALIA,
ANCHE I BIDELLI VANNO IN PARADISO.
Il Giardino Botanico fondato nel 1794 dalla marchesa Durazzo, dopo un lungo
degrado è stato riportato alla sua bellezza originaria con i suoi 4500 metri
quadrati di estensione e quasi 150 specie vegetali al suo interno. Di notevole valore
la collezione di piante carnivore, le 200 specie di orchidee ed una pianta molto
singolare originaria della Namibia, considerata una delle più antiche specie viventi.
in varie serre monumentali troviamo all’interno felci, palme, cacao, ananas, tabacco,
banani, piante acquatiche tra cui una ninfea con foglie di oltre un metro di
diametro a cui si accostano specie mediterranee come rose, camelie e bambù.
Dal punto di vista della sicurezza l’intera Villa costituiva un vero incubo e per
piazzare tutte le telecamere ci avremmo impiegato l’intero sabato, per dedicare le
notti del weekend alle riprese ed il lunedì mattina per il controllo di tutto il
materiale girato. Il martedì successivo il parco sarebbe tornato aperto al pubblico.
Mentre il Dottor Alceste e la dottoressa Ladila parlavano con l’architetto, la
dottoressa Arianna ed il dottor Handala si intrattenevano sul tipo di relazione che
avrebbero scritto insieme per corredare la documentazione filmata degli eventi per
l’università. Tony ed io ci apprestavamo zaino in spalla a costellare i punti caldi
della Tenuta con le telecamere. Il nostro obiettivo era una apparizione che era
stata notata diverse volte nel tempo ed un anno fa era avvenuta proprio nei
festivi. Eravamo quindi perfettamente in linea con la tabella di marcia. La giovane
evanescente che attraversava il parco camminando sulle acque del laghetto fino a
dissolversi nel casino di flora, era già stata notata negli anni ‘20 e si presentava a
scadenze regolari all’attenzione del personale di sorveglianza ed ai giardinieri.
Avevamo previsto un percorso di controllo con le telecamere ad infrarossi in modo
da segnalare il punto esatto in cui la ragazza sarebbe apparsa e sarebbe stata
circondata da obiettivi piazzati vicino all’obelisco, la pagoda cinese e due erano
dedicate al laghetto ed al Tempio di Diana. Nel pomeriggio il Dottor Alceste dopo
aver seguito con la dottoressa Ladila il percorso esoterico e massonico con
l’Architetto in una udienza privata, erano tornati in albergo dove era posizionata
la centralina dei monitor e gli hard disk per la registrazione dei video, così
potevano godersi al fresco l’intera operazione. Al Castello avevamo una unità
mobile sorvegliata da Tony che si sarebbe occupato sul posto di eventuali guasti o
problemi di ricezione dei segnali. Nel pomeriggio la dottoressa Arianna ed il dottor
Handala erano andati a vedere se riuscivano ad accedere alle grotte sotterranee
che erano state chiuse al pubblico mentre io seduto sul sacco a pelo, con sulle
ginocchia il computer portatile, mi informavo sui testi di spiritismo che mi erano
sconosciuti. trovai degli articoli su Umberto Bozzano e cominciai a farmi una idea
delle ricerche di questo famoso parapsicologo che nacque a Genova il 9 gennaio
1862 e mori in quella città il 24 giugno 1943. Visse sempre solo e si dedicò con
grande passione, allo studio della parapsicologia: condusse la sua esistenza in casa
di un fratello ricco e sposato con figlie potendo così esprimere il meglio del suo
intelletto in un ambiente adatto. Indagò ogni ramo della parapsicologia, senza
limitazioni di sorta, pubblicando una cinquantina di monografie sui temi più disparati.
Fu collaboratore di tutte le più importanti riviste estere, e di Luce e Ombra in
particolare, sulla quale scrisse dal 1906 al 1939, pubblicando circa 3.700 pagine e
nel corso di 52 anni, divenne uno dei più grandi eruditi della sua epoca.
A dimostrare l’esistenza e la sopravvivenza dello spirito umano c’erano diverse
tematiche. L’esistenza latente nella subcoscienza umana di facoltà super normali
meravigliose, emancipate dai vincoli di spazio e di tempo, ed indipendenti dalle leggi
dell’evoluzione biologica come i fenomeni di bilocazione che si presentano durante la
vita solo quando si è in prossimità del decesso. Ne deriva che questi fenomeni
temporanei preluderanno ai fenomeni di bilocazione definitiva, quando l’anima si
separerà dal corpo. Documentò l’esistenza di numerosissimi casi di apparizione di
defunti al letto di morte. I fantasmi sono sovente scorti collettivamente dal
morente e dai parenti. Indagò sui fenomeni di premonizione di morte accidentale, in
cui viene prospettato alla vittima l’evento che l’attende ma in modo volutamente
oscuro e reticente fino ad evento compiuto. Si occupò dell’esistenza delle
corrispondenze incrociate, in cui il messaggio telepatico viene inviato ad una
personalità medianica, la quale poi lo divide in frammenti che vengono trasmessi a
vari medium in modo tale che solo ponendoli tutti insieme se ne coglie un senso
compiuto. Tali esperimenti furono ideati da entità decedute per dimostrare la
sopravvivenza dello spirito alla morte del corpo. Numerose le apparizioni di defunti
dopo breve o lungo intervallo dalla loro morte, il che si verifica quando tali
fantasmi vengono visualizzati indipendentemente e collettivamente da varie persone.
Diversi i casi in cui un defunto rivela incidenti che si sono realizzati dopo la sua
sparizione e che sono ignorati da tutti i viventi e quelli in cui i defunti si
materializzano anche per diversi anni, sottoponendosi ad indagini scientifiche.
Nel saggio i ”Morti ritornano”, Umberto Bozzano approfondisce il tema che
speravamo documentare, immortalandolo in un video da premio Oscar.
Terminata l’interessante lettura, andai a fare una passeggiata per sgranchirmi le
gambe, la temperatura si era alzata ed il pomeriggio si presentava veramente
bollente. Arrivato nella zona delle grotte chiuse al pubblico per i lavori della
galleria per l’autostrada ho avvertito come delle grida soffocate e vidi che un
gruppo di scoiattoli sembrava in preda ad una fuga precipitosa e non era certo
tempo di migrazioni. Le grida provenivano dall’interno di una delle grotte ma più
che di dolore erano di grande soddisfazione. Una delle inferiate era aperta. Mi
appostai dietro un masso e guardai il dottor Handala dottorando in fisica teorica
fare alla dottoressa Arianna quello che tutti i presidenti del Consiglio hanno
sempre fatto al nostro paese e le stava dando con un certo vigore un bonus che
non le avrebbe consentito di sedersi per un lungo periodo. Handala aveva tutto un
suo metodo di spinte e con le mani sui fianchi della dottoressa poteva imprimere un
ritmo sempre più frenetico ad un rapporto che non voleva concludersi per l’intensa
passione. Arianna stava sfoggiando tutto il repertorio delle vocali:
una a di piacere, seguita da una u di meraviglia, una o di compiacimento, una e di
incitamento ed una i che sottolineava il dolore per la posizione e lo sforzo.
Restai fermo a guardare per qualche minuto poi tornai al mio lavoro di
osservazione contento di non essere più una preda sessuale e di avere salvo il mio
posto di lavoro. Al castello Tony il canadese su una delle sedie pieghevoli, stava
guardando i monitor e mi fece cenno di avvicinarmi. Su uno degli schermi del
computer si vedeva inquadrata una delle stanze dell’Hotel Puppo. La camera
sembrava vuota, uno dei letti era disfatto, sull’altro c’era un portatile aperto e
diversi fogli sparsi sul copriletto. Tony era di ottimo umore e si stava vantando di
come fosse riuscito ad impalarsi la domestica thailandese. Di sicuro la sua borsa di
studio era per meriti sportivi e non di ricerca. Non gli raccontai di quello che
sapevo sulle tendenze lesbiche della cameriera per non metterlo in imbarazzo.
Ora il monitor presentava senza audio, il professore e la dottoressa Ladila che
discutevano seduti sul copriletto della stanza, purtroppo non c’era audio ma la
conversazione sembrava animata. Tony poteva collegarsi alla loro stanza dalla web
cam di uno dei computer, aveva progettato il sistema per poter fare una riunione
virtuale ma non credo che il dottor Alceste fosse al corrente che in questo
momento lo stessimo spiando. Gli ricordai la normativa sulla privacy e lui mi
assicurò che era solo uno scherzo poi stappò una lattina di birra e tornò a giocare
con il suo videogioco mettendosi le cuffie. Mi sdraiai sul sacco a pelo e cercai di
prendere sonno in modo da garantirmi il riposo che avrei perso nelle ore notturne.
Era finito il tempo dei turni di guardia e delle nottate passate in attesa di un
cambio di sentinella che sembrava non arrivare mai.
Grazie al mio addestramento mi svegliai senza aver programmato la suoneria del mio
orologio G-Schock verso mezzanotte, per osservare la centralina dei monitor e
vedere se saremmo riusciti a catturare qualcosa. Non c’erano luci di cortesia nel
parco e se c’erano, il professore le aveva fatte scollegare in modo da sfruttare
interamente tutto il potenziale delle fotocamere agli infrarossi. Restai allerta fino
alle quattro del mattino saltellando con lo sguardo da uno schermo all’altro ma
non successe nulla. Dai sacco a pelo nessuno dei dottori aveva pensato di darmi il
cambio, sicuri che il software di rilevazione di eventuali anomalie li avrebbe
svegliati in caso di necessità. Non avevo molta fiducia nelle macchine ma nessun
impianto istallato nella tenuta portò alla luce il minimo poltergeist. La notte
trascorse tranquilla. La brezza marina che soffiava leggera, il frinire delle cicale,
le rane nello stagno che saltellavano spruzzando l’acqua dei canali e il russare dei
miei capi. I tre dottori giacevano addormentati ai miei piedi, avvolti nei loro sacchi
a pelo di una marca costosa, le scarpe ultimo modello abbandonate vicino al
giaciglio ed i loro corpi giovani e robusti mantenuti in vita da costose bistecche che
non potevo permettermi. Appartenevano ad un mondo al quale dovevo solo obbedire
e mantenermi in disparte con discrezione per non dare troppo fastidio, come il
personaggio del libro di Peter Handke “Il Cinese del dolore”, quelle figure
sofferenti con gli occhi socchiusi, non per mettere meglio a fuoco le cose ma per il
disagio di dover sempre vivere sulle soglie in un tempo sospeso e mai in uno spazio
comune. La dottoressa Arianna sembrava una bambina imbronciata, si voltava a
destra ed a sinistra a seconda dei sogni che l’attraversavano, abbracciando ora
Handala ora Tony come se fossero dei bambolotti. Handala dormiva con il volto
rivolto alle stelle con i denti bianchissimi che rilucevano del chiarore lunare e
sorrideva compiaciuto di un ricordo felice. Tony era rivolto su un fianco ma si
lasciava attirare tra le braccia della dottoressa mimando un rapporto sessuale che
non era ancora avvenuto. Erano tre creature felici, socialmente ben inserite che
avrebbero fatto parte del gruppo dirigente del nostro Paese. Quando cominciò ad
albeggiare mi sdraiai sul mio sacco a pelo e mi addormentai quasi immediatamente per
garantirmi quelle quattro ore di sonno che sono il massimo concesso ad un uomo di
fatica. Alle otto del mattino ripresi conoscenza e mi resi conto che il gruppo era
ancora addormentato. L’aria era fresca e frizzante ed odorava della vegetazione
bagnata di rugiada. Qualche gabbiano era andato a rovistare vicino alla sacca delle
provviste che erano state portate per garantirci almeno 48 ore di autonomia. La
domenica non c’era nessuno ed il parco era vuoto e senza esseri umani gli animali
potevano accoppiarsi indisturbati. Avevo controllato quanto era stato girato nella
notte precedente e non c’era nulla di particolarmente rilevante a parte un gruppo
di cani randagi ma dal computer che Tony aveva programmato per le conferenze,
potevo spiare indisturbato la web cam della camera del dottor Alceste.
nella penombra di una lampada da tavolo lasciata accesa, il letto era sfatto e una
luce probabilmente quella del bagno, aveva illuminato improvvisamente la stanza.
La dottoressa Ladila la mussulmana praticante, era uscita completamente nuda con
la sua chioma corvina sciolta ed umida sulle spalle. Sembrava sola e si sedette sul
letto asciugandosi il corpo che era mantenuto in forma da ore di palestra.
Rimasi qualche minuto a fissarla come si guarda un’apparizione e controllai che
nella realtà del mattino gli altri tre stessero effettivamente dormendo.
Il dottor Alceste era nel letto e si stava svegliando e con lui anche un desiderio
ardente che non voleva sfogarsi nell’orinatoio. La dottoressa Ladila sembrava
divertita e si lasciò accarezzare, poi dalle languide carezze si passò ad un vero
combattimento corpo a corpo. Il vecchietto stava riscoprendo il Kamasutra imparato
sui libri e lo stava mettendo in pratica trasformando il talamo dell’albergo
in un campo di battaglia dove l’appartenenza religiosa non aveva alcuna importanza.
Cristiani e mussulmani andavano perfettamente d’accordo per il raggiungimento di un
obiettivo comune: un orgasmo da primo premio. Sicuramente alla dottoressa Ladila
sarebbe stata rinnovata la borsa di studio. <Le telecamere hanno ripreso qualcosa?>
Mi chiese con tono assonnato Tony che si era proprio svegliato durante la posizione
del “pastore che prende in giro una pecora” ed interrompendo la visione del film
pornografico in diretta. Feci appena in tempo a scollegarmi prima che arrivasse al
portatile e si accorgesse del mio svago da guardone. Tony si preoccupò di effettuare
comunque un back up dei dati per la relazione all’Università nonostante l’esito
negativo, poi si fece un caffè sulla caffettiera da campo e si mise a sgranocchiare
dei biscotti. Il dottor Handala stanco della performance del pomeriggio precedente
non accennava ad un risveglio, mentre Arianna seduta sul sacco a pelo si stava
pettinando i capelli con la camicetta aperta che lasciava intravedere i seni
perfettamente abbronzati dovuti a sedute ripetute ed estenuanti al centro estetico.
Passai la mattinata nella lettura di uno dei testi di Umberto Bozzano per
migliorare la mia cultura sulla parapsicologia e le tecniche adottate durante le
indagini sul campo. La telefonata del dottor Alceste arrivò verso le dieci e fu
molto rammaricato dall’apprendere la notizia del nostro fiasco ma restava
comunque una notte intera e dalle testimonianze del personale di servizio il
fantasma o quello che era, si manifestava durante i festivi.
Aveva orari prestabiliti come se avesse un appuntamento.
Tony fece il giro completo degli apparecchi da ripresa per vedere se non occorreva
per la presenza di salsedine nell’aria, effettuare degli interventi di manutenzione,
mentre Handala ed Arianna sarebbero andati all’orto botanico per un giro
culturale. Decisi di rovinargli la festa con la mia compagnia, venendo accolto da un
poco sincero benvenuto. Arrivati alla fontana centrale del giardino si dipartivano
dei sentieri in tutte le diramazioni dividendo gli spazi in aiole ben curate. Passammo
sotto il pergolato abbellito dalle piante rampicanti: da una parte si vedevano le
case confinanti, dall’altra le due serre monumentali con le due ampie scalinate.
Arianna si chinò a guardare una pianta denominata “menta dei gatti” mettendo in
risalto tutta la sua cultura ed il suo lato migliore, mentre il dottor Handala con
uno sguardo circolare faceva un bel respiro di soddisfazione per il luogo fresco e
ben riparato dai raggi del sole. Aiole di salvia, piante di pistacchio, rose, ginestre,
piante di zucca, canneti. numerosi erano i vasi disposti in fila sui gradini della
scalinata di accesso alle serre ed ognuno presentava una targhetta con la
descrizione della specie che vi fioriva. Era un vero e proprio paradiso per un
amante della natura e per lo studioso di botanica. Ci fermammo alla serra delle
“piante succulente” dove c’era una esposizione di piante grasse, le mie preferite
perché non richiedevano eccessiva tutela. Numerose le varietà simpatiche e bizzarre
ed alcune specie sembravano venire da un altro pianeta come quelle del misterioso
manoscritto voynich. La serra esagonale era molto fresca e con una umidità
tropicale. Il rumore delle ventole per il ricambio dell’aria un piacevole brusio
nella serenità del luogo. in una serra a loro dedicata, crescevano varietà di piante
carnivore divoratrici di insetti e il laghetto delle ninfee era spettacolare e ben
curato con un caratteristico ponticello che lo attraversava.
L’acqua stagnante opportunamente filtrata e trasparente, rifletteva come uno
specchio di luce argentata. Facemmo il pranzo al sacco seduti su una delle gradinate
della serra più grande e ci raggiunse anche Tony in quell’atmosfera fresca e
pittoresca che induceva ad atteggiamenti romantici e meditativi.
Il pomeriggio i laureati tornarono all’Hotel Puppo per conferire con il professore e
fare un pasto decente in qualche ristorante di Genova mentre io rimasi sdraiato a
dormire sul sacco a pelo in modo da essere pronto per una eventuale caccia
notturna al fantasma.
Mi svegliai verso le 22 dal brusio dei dottori che erano rientrati e si stavano
sistemando nei sacchi a pelo. nel castello del Capitano eravamo posizionati nella
zona centrale. In cucina avevamo qualche provvista, il bagno era inutilizzabile ma
avevamo posizionato degli orinatoi di fortuna e l’armeria custodiva gli zaini e le
sacche dei cambi d’abito. Usando la scala a chiocciola con le finestre a piombo sono
salito al secondo piano che dava alla terrazza della torre merlata. oltre le
vetrate dai mosaici blu ed oro che durante la giornata inondavano di un piacevole
colore tutte le superfici, potevo dare uno sguardo al panorama del porto di
Genova di quella bellissima serata estiva ricca di stelle e con una buona visibilità.
Feci una lunga corsa tra i viali ben curati immerso nella vegetazione rigogliosa
fino al portone di ingresso della villa e salutai il custode che mi ricambiò con il
pollice alzato facendomi gli auguri per le riprese notturne. Avevo con me la
telecamera portatile agli infrarossi mentre Tony vigilava alla centralina.
Il dottor Handala ed Arianna come sempre, non sarebbero riusciti a restare svegli.
Alle 24 tutto era avvolto nell’oscurità e potevo fare il percorso esoterico in
completa solitudine. Superai l’Arco di Trionfo che simboleggia l’abbandono della
razionalità per iniziare il romitaggio nel bosco: un ritorno alla natura purificando
lo spirito. Passai la rupe artificiale e mi fermai sul ponticello gotico per fare una
panoramica dell’oasi di palmizi che simboleggia i paesi esotici ed introduce al Parco
dei divertimenti. Intorno rododendri e camelie bianche che brillavano alla luce
della luna. Scorsi il lago vecchio con il suo orrido romantico, le cascatelle, le
panchine per il riposo dei visitatori, superai un ponte che dal prato conduce alla
selva con la sorgente di acqua stagnante. Vicino alla Cappelletta di Maria intravidi
uno strano cane nero che con un movimento repentino sparì tra le piante.
Attraversai il bosco mediterraneo, le colonne bianche e i mattoni rossi della
Capanna Svizzera che rappresenta il villaggio all’interno della tenuta. Sullo sfondo
il finto feudo nemico a contrastare il Castello del Capitano costruito dal Marchese
per ricordare le devastazioni della guerra che guastano materia e spirito. Non si
scorgeva nulla di particolare nel visore della telecamera. Tornato al castello del
Capitano a 134 metri sul livello del mare, con le sue finestre ogivali e i suoi vetri
policromi, il fossato gotico ed i ruderi delle fortificazioni, ero circondato da pini,
lecci, arbusti di erica e rosa canina e piante di corbezzolo. Nella base quadrata del
bastione simbolo del mondo materiale e razionale c’era Tony che faticava a restare
sveglio non avendo rilevato alcuna presenza. All’esterno il torrione circolare del
castello che rappresenta l’emblema della spiritualità raggiunta dall’uomo nella sua
ascesa dal mondo materiale all’infinito, svettava sul parco avvolto dal buio.
Mi fermai a bere un caffè e per precauzione, al ricordo dello strano animale nero
che avevo visto, controllai la mia pistola a due canne caricata con cartucce a
pallini. Come previsto il dottor Handala ed Arianna dormivano abbracciati e persi in
qualche sogno erotico e nemmeno Tony sembrava molto pronto all’azione.
Per me era una notte di guardia come ne avevo fatte tante durante il periodo
militare con i lagunari di Venezia ed in condizioni davvero proibitive.
Tornai alla mia ispezione del percorso esoterico verso le due del mattino, la serata
era fresca e si sentiva il gracchiare dei corvi sui rami.
Mi fermai al Mausoleo del Capitano vicino al finto cimitero dove dovevano riposare
i soldati morti nella battaglia immaginaria tra i due feudi.
Dopo l’ascesa al castello si scende al Parco dei divertimenti con le sue giostre che
evocano una gioia infantile, il Chiosco Turco e la Pagoda Cinese.
Mi guardavano come orbite vuote gli antri bui e cavernosi delle grotte.
In alto il Chiosco delle rose ed in basso il lago grande con il Tempietto di Diana e
le sue statue su ruderi circolari immersi nelle acque.
Intorno salici e silenzio.
Feci una panoramica verso l’Obelisco egizio e la vidi.
una figura bianca e risplendente di luce, tra lauri e cipressi: come un passaggio tra
vita e morte. Avanzai lentamente centrandola col mirino della telecamera.
Era una ragazza bruna e sembrava intrattenersi parlando con un interlocutore
invisibile. Dal ponte romano la visione dall’alto del tempio di Diana mentre seguivo
la graziosa visitatrice che si fermò nel paesaggio silenzioso a guardarmi.
Mi avvicinai e sistemai l’apparato di ripresa su un tre piede portatile in modo da
potermi muovere più liberamente e poterla incontrare come un faccia a faccia con
l’aldilà.
La figura continuava a parlare mentre io ero ormai a due metri da lei.
Aveva capelli neri fluttuanti in un vento spettrale e due occhi grandi quasi
orientali.
Mi passò di lato e rimasi impressionato dalla sua perfezione e la seguii
fino ai giardini di Flora attraversando il prato circolare e ben curato che
simboleggia il Paradiso terrestre con la sua Silfide alata imprigionata nella pietra.
Si fermò al tempietto neoclassico con in cima la statua di Flora che porge i fiori ed
il Viridario dove la dea coltiva le piante durante l’inverno per perpetuare la vita
sulla Terra.
All’interno le vetrate istoriate in oro ed i divanetti bianchi sui quali mi sedetti
esausto mentre l’apparizione continuava il suo percorso sul pavimento a mosaico e
sotto l’affresco che raffigura l’amore tra Flora e Zefiro.
Mi dimenticai completamente la telecamera nel parco.
Ma c’era qualcosa di strano in quella creatura così aliena dal paesaggio
circostante: si rifletteva in tutti gli specchi della sala. Non era dunque un fantasma
ma qualcos’altro che non riuscivo a spiegarmi e sembrava paralizzare qualunque
movimento o pensiero. Poi ho percepito una voce nella testa.
Come un’apparizione mariana mi stava dicendo delle cose sull’Universo e la sua
origine e che non dovevo avere timore. Il Parco era il suo contatto con il nostro
Mondo che lei veniva a visitare con i suoi fratelli. Persi ogni controllo dei
movimenti e la spina dorsale diventò come un nastro serpeggiante di corrente
elettrica che generava scariche di puro orrore che solo cadendo in un pozzo senza
fondo si può provare.
La stanza sembrava diventata immobile e lei scomparve alla mia vista.
Riflesso nello specchio vidi che una delle pareti si apriva come l’acqua di una
cascata e tre cani neri l’attraversavano e mi venivano incontro. Ma non erano cani.
Estrassi la pistola e feci fuoco due volte centrando il primo della fila, poi venni
colpito da una scarica elettrica e svenni.
C’era l’aria condizionata al risveglio o comunque l’atmosfera ben temperata era
piacevole. Non avevo idea di quanto tempo fosse trascorso.
La stanza era bianca come quella dell’Hotel Puppo dove avevamo la centrale
operativa ma il posto non sembrava lo stesso.
In sottofondo un rumore continuo come il ronzio prolungato di un gigantesco
frigorifero vibrava nel metallo delle pareti.
Il letto su cui ero disteso sembrava quello operatorio e tutto era bianco e lucido
e perfettamente pulito. Non si vedeva nessuno.
Mi alzai con fatica e mi accorsi che non indossavo vestiti e non c’era un armadio
dove potevano essere riposti. Non si vedeva del personale di servizio così mi
avvicinai per aprire la porta che sembrava fatta di metallo ed era fredda al tatto.
Il locale adiacente era molto ampio e sembrava un luogo di ristoro.
C’era molta gente, uomini e donne completamente nudi che conversavano amabilmente.
Seduti ad un tavolo rotondo, il professore e i quattro dottorandi del Dipartimento
di Fisica Sperimentale dell’Università di Torino stavano sorseggiando nudi delle
bevande colorate. Mi invitarono a sedersi con loro.
Senza vestiti in quel luogo di sogno, eravamo tutti uguali.
I loro corpi apparivano diversi: come se fossero usciti da un bagno ristoratore che
avesse rigenerato ossa e tessuti rendendoli quasi luminosi.
Assaggiai con grande piacere una bevanda che mi venne offerta da Arianna.
Il suo sguardo era intenso come se migliaia di anni di storia e di cultura fossero
stati depositati in fondo ai suoi occhi azzurri.
Un patrimonio universale di significati profondi aveva aumentato la loro
consapevolezza.
“cosa sono? Una piccola creatura che misura sette spanne della mia mano? Sono
racchiuso in un universo simile ad una scodella composto di natura materiale:
energia totale, falso ego, etere, aria, acqua e terra. E qual’é la tua gloria?
Universi illimitati passano attraverso i pori del tuo corpo come particelle di
polvere attraversano le aperture di una finestra schermata.”
“Perché tu sei illimitato, né i signori del cielo e neppure tu stesso potrai mai
arrivare a comprendere le tue meraviglie. Gli innumerevoli universi, ognuno avvolto
nel suo guscio, sono costretti dalla ruota del tempo ad errare in te, come
particelle di polvere che soffiano nel cielo”(baghavata purana).
Quella che doveva essere un’infermiera mi accompagnò in una stanza grande dove
c’erano dei cilindri trasparenti con all’interno una sostanza blu.
Ero straordinariamente docile a questa nuova autorità ma dopotutto ero uno
abituato ad obbedire.
La sala era ampia e l’aria priva di odori si lasciava respirare senza sforzo.
Alle pareti migliaia di contenitori in vetro contenevano feti umani immersi in un
liquido amniotico. Una nuova razza forse più intelligente e meno distruttiva verso i
propri simili stava per nascere.
Venni accolto in un cilindro e ci fu una scarica di energia e nel contenitore in
vetro adiacente, prese vita con un bagliore un corpo simile al mio.
Era identico e con gli stessi difetti che ora avrei perduto per sempre.
Tutto era compiuto.
La mia copia umana sarebbe tornata sulla Terra a prendere il mio posto.
potevo vivere in quell’Eden tecnologico senza alcuna preoccupazione.
Niente più lavoro e malattie, esclusione sociale o invidia.
Niente più sofferenza o solitudine.
Forse sarei vissuto millenni con questo DNA rinnovato.
Avrei condiviso con altre forme di vita straordinarie colonie extra mondo.
Le 400.000 specie umanoidi che esistono nell’Universo secondo il padma purana.
Sulla porta della sala della Rigenerazione era apparsa una figura alta dai capelli
lunghi e rossi e dalla pelle bianca. indossava una tuta blu attillata con un
medaglione al collo: due triangoli intrecciati a formare una stella a sei punte
incastonata in un cerchio.
Era accompagnata da quello che non era un cane nero ma una figura umanoide di
bassa statura e dalla pelle lucida che lo serviva docilmente.
Rimase immobile sulla soglia sorridendo senza proferire alcuna parola poi
alzò la mano destra a sei dita in segno di pace colmando di gioia il mio cuore.
Ugo P. Il Redattore