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Commedie in musica e Febi Armonici — Drammi italo-spagnuoli — Nel Largo del

Castello — Cronaca (1647-70).

Il Conte d' Ognatte, vincitore della rivoluzione e nuovo viceré, era anch' esso ,
per buona fortuna, filodrammatico. E fu quegli , dice il Parrino, che « rinnovò l' uso
antico dei passatempi delle maschere del Carnevale ed introdusse l’uso delle
commedie in musica nella città ). 1
Il dramma musicale fu introdotto a Napoli. Intorno alla metà del secolo
decimosettimo il centro del suo fiorire era Venezia. A Venezia, poeti, come il Ferrari,
lo Strozzi , il Busenello , il Faustini , il Cicognini , e poi il Minati, il Noris, l'Aureli; a
Venezia, compositori come il Monteverde, il Cavalli, il Cesti, il Boretti. I primi
melodrammi vennero a Napoli , musica e poesia , belli e fatti. E vennero con tutta
quella pompa di spettacolo e di macelline teatrali, che ne formavano allora parte
integrante. « Stupori, stravaganti mutazioni di scene , voli non solo d' uomini, ma di
cavalli vivi », cose, « che non avrebbe forse potuto operare la stessa magia! » 2 ) Il
gusto del vedere era, nel seicento, molto più vivo che non presso di noi, che l'abbiamo
relegato quasi tra i diletti inferiori 3); le scene, le apparenze , si notavano e pregià
vano e giudicavano, alla pari, se non più, delle parole e della musica. E compare
anche allora la genia dei castrati e dele virtuose”.

Dove s' udiron mai siffatte cose ?


Dove il canto virtude, e le puttane
11 nome millantar di virtuose?

Appunto in Italia, nel seicento !

Si vedon ir peggio che matti


I Principi in cercar questa canaglia,
Scandalo dello Corti e dei Palazzi !

E Salvator Rosa prosegue :

1 Parrino Teatro eroico e politico, ed. cit. II, 460.


2
Perrucci o. e. p. 52-3.
3
C. Gurljtt. Geschichte des Barockstiles in Italien, Stuttgart, 1887 p. 487.
Bella legge Cornelia, ove n'andasti,
In questa età, che, per castrare i putti ,
Tutta Norcia, per Dio, non par che basti ! 4)

La prima compagnia di cantanti , venuta a Napoli , s' intitolava ( o bel nome


seicentistico ! ) dei Febi Armonici. Il Celano dice che il Conte d' Ognatte , «avendo
introdotte le commedie in musica all'uso di Venezia , rappresentar le fece dentro
Palazzo , nel luogo, che serviva per lo giuoco della Palla, eh' è <|iiello dove oggi sta 1'
officio delle galee. » 5). Il Pacichelli accenna a, questo teatro di Palazzo , « fornito di
palchetti per le opere » 6 ).

Quale fu il primo dramma rappresentato ? — Questo fu, certo, uno dei primi: « Il
Nerone overo L’Incoronatione di Poppea Drama musicale dedicato aW Illustriss. et
Eccellentiss. Sign. D. Inigo de Guevara et Tassis , Conte cV Ohate ecc. ecc. In Napoli
, per Roberto Mollo 1651 » ~). Era stato già recitato a Venezia al teatro dei SS.
Giovanni e Paolo , nel 1642 e 1646, poesia di Gio. Francesco Busenello, musica di
Claudio Monteverde 3 ).
Nel dicembre 1652, giunse a Napoli la notizia del riacquisto di Barcellona sui
francesi. 11 21 dicembre, si fece la cavalcata, la funzione al Carmine, il festino in
Palazzo; e una delle sere seguenti : « Dalla compagnia dei comici Italiani , chiamata
dei Febi Armonici , che rappresentavano in musica nel proscenio formato nel Palazzo
Regio, fu recitato il soggetto intitolato: L’Amazzone d'Aragona con grandiose
apparenze, come di città, palazzii, meschite , giardini, battaglie, e simili, con voli
diversi, balli alla spagnola, formati da otto persone sospese per aria nel palco sovra
otto basilischi e draghi, e smontati con spade nude nel suolo, con varii assalti
scambievoli fra di loro, con bell'ordine ballarono assai bene. Vi fu anche un altro
ballo alla moseica , da otto altre persone, con varii istrumenti , usati da quella nazione,
et apparve un bastimento regolato di bastoni, formando vane lontananze, e postovi

4
Salvator Rosa, Salire - La Musica. — Intorno ai castrati e alla predilezione per la loro voce, efr. La
Grillaja Curiosila erudite di Scipio Glareano. In Napoli mdclxviii. p. 3Ì0-334 Bella Barbarie di castrar
ili: i,:m, ni, ii. — L'autore è il noto Padre Aprosio, genovese.
5
Celano o. e. IV, 340.
6
Memorie dei viaggi per V Europa Christiana ecc. ecc. , Parte IV, T. I. — In Napoli, nella Regia
stamp. 1G85 — p. 38-39.
alcuni pappagalli, intervenendovi, come al solito, S. E. con convito di dame e
cavalieri» r ). Il titolo esatto era : Veremonda L’Amazzone d’Aragona. La poesia
originale si attribuisce al Bisaccioni , ma era stato ridotto da un Luigi Zorzisto, messo
in musica da Francesco Cavalli, e adornato con apparenze di scene, macchine e balli
da Giambattista Balbi 2 ). Anche questo, già rappresentato a Venezia, nel gennaio del
1652 3 ).
Oltre le opere in musica, di altri generi di recite trovo notizia, del tempo dell'
Ognatte. — Cosi il 4 luglio 1649, dai gentiluomini di Corte, si fece una testa in
Palazzo, per il felice arrivo in Milano della reale sposa del cattolico e gran re Filippo
IV, « con 1' assistenza dell'Eminentissimo Cardinal Filomarino. Dopo un prologo, fu
recitata una bizzarra comedia spagnuola, la quale fu di tre atti, et, al fine d'ogni atto,
si fece un intermezzo allegro. » Come chiusura, la Gloria, la Fortuna , il Tempo,
cantarono le lodi del Viceré , interrotti poi dalla Fama, che portò la notizia del
matrimonio. E scesero dodici gentiluomini da una nube e fecero un ballo *).
Nell'estate anche del 1649, fu rappresentato a Palazzo, da D. Giovanni
Sanseverino, Conte della Saponara e da altri cavalieri suoi parenti e amici, un dramma
di Francesco Zacconi. Il Fuidoro ce ne fa una lunghissima esposizione. Cominciava
con un prologo in musica, uno dei soliti pasticci ; nel quale la Notte non vede compa-
rire il Sole e se ne rallegra ; l'Aurora giunge e non sa darsi ragione del ritardo ; Giove
dice che castigherà Apollo. Ma ecco Apollo arriva e si scusa facilmente: è stato in
Ispagna ad ammirare le due lumiere (i sovrani) ! Seguono varie altre freddure simili,
e le adulazioni all' Ognatte. La commedia poi è la seguente. Valdemaro, usurpatore e
tiranno di Persia, pessimo soggetto, cerca d'avere in suo potere Alvina,« honestissima
gentildonna, destinata per moglie ad un valoroso capitano, chiamato Ginesio.»
Ginesio è mandato alla guerra, e Valdemaro fa giungere, intanto, a Alvina un finto
messo, che annunzia che Ginesio s' ò ammogliato con una sua rivale. Alvina si
dispera; vuole uccidersi; viene gente ed è trovata col pugnale in mano in un luogo,
dove, a caso, è il corpo d'un ammazzato. Creduta colpevole, è condotta in prigione;
confessa, ed è condannata a morte. Ma la sua innocenza si scopre; un Nume, suo
protettore, la mena in un' isola incantata, dove sposa Ginesio, a concorrenza della
rivale, che s'era finta Alvina per arte d'incantesimo. Ginesio torna trionfante; il tiranno
finisce in prigione; la vera regina è rimessa sul trono. Tra gl’intermezzi, oltre dei
madrigali alla fine del primo e terzo atto , alla fine del secondo comparve « il
Governo politico, quale, vantandosi dei suoi preggi , conchiude ritrovarsi mai sempre
con 1'Ecc.mo Conte d' Ognatte »; e alla fine del quarto, venne fuori Partenope, « la
quale, rimembrando le sue sventure , mentre la sua plebe tumultuava, gode d'aver
ricevuti i frutti della desiata pace per opera di S. E., e supplica il suo Re, che lo
conservi nel suo governo, per sempre ! » ] ). In questa comedia l'autore protestò
«d'aversi presa alcuna licenza per soddisfare alla pompa e varietà delle macelline et,
in particolare, del tempo per conformarsi con l'osservanza degli spaglinoli del
celebratissimo Lope de Vega, autore gravissimo in questa professione Gli eptsodii e
gli ornamenti non distruggono 1' unità, come egli provò una volta in cattedra dagli
Accademici Infuriati » - 1 ). — Ma, in un'altra sua commedia, rappresentata il 1652,
Le stravaganze d’Amore, segue il gusto classico 3 ). Si tratta di una schiava, amata da
due vecchi e da due giovani, e che sposa rimo di questi, essendosi scoverta sorella
dell'altro e figliuola di uno dia due vecchi. Intreccio ripetuto non tino, ma di là della
sazietà! I tre servi sono Scavezza, Sproposito, e il napoletano Colaniello. — Un' altra
sua tu rappresentata in casa di Maddaloni e l'intervenne il Viceré 1 ). C'è, difatti, alle
stampe : L'incostanza punita, tragicommedia rappres. nel palagio del Duca di
Maddaloni 1656. In Napoli per Roberto Mollo s ).
Dal Salone del Palazzo Reale, le commedie in musica passarono presto al teatro
di San Bartolommeo, che, a causa di questo, fu « con molta spesa rifatto », dice il
Celano 6 ). — Nel 1(353 fu stampata a Napoli X Arianna, dramma musicale del
signor Don Giuseppe di Palma, dedicato all'Ognatte l ). E cosi il Gigante abbattuto, la
Proserpina, L’ Arianna, di Francesco Zucchi, anche rappresentate in quel torno. 2 ) —
Ma di recite notevoli ci fu quella del Giasone del Cicognini 3 ), melodramma già dato
a Venezia il 1649, con musica del Cavalli 4 ). — Il Giasone è un esempio tipico del
melodramma italiano del seicento. Par di leggere una parodia! Tutti quegli eroici
personaggi di Giasone, Medea., Isifile, Egeo, ecc. sono curiosamente volgarizzati. L'è
introdotta la Nutrice, sospirante ai t'uggiti amori , e il Demo, che balbutisce in
musica! La catastrofe tragica verrebbe fuor di luogo; e, alterando la favola, un
duplice matrimonio tra Giasone e Isifile, Egeo e Medea, chiude il dramma musicale ,
come la più onesta delle commedie. 5 ) — Nel 1653, ci furono anche le Magie
amorose del Sorrentino , con le macchine e prospettive del Balbi u ).
Nel 1654, l' Orontea Regina d'Egitto del Cicognini, recitata a Venezia nel 1649
con musica del Cesti e più volte replicata 7 ). A Napoli fu arricchita di nuova musica
da Francesco drilli 8 ). Il Cirilli musicò anche, 1'anno seguente (1655), il Ratto
d'Elena di Gennaro Paolella 9 ). Nel quale anno si dette anche la Fedeltà trionfante di
Giulio Cesare Sorrentino con musica di Giuseppe Ai fiero napoletano 1 ). La dedica è
firmala da Angelica Generali.
Altri ha detto che bisogna aspettare lino al 1678 per trovare un libretto
indigeno, e lino al 1684 per trovare e libretto e musica ~). Come si vede invece, il
Sorrentino, il Paolella, il drilli, l'Altiero, in tanto venesianismo invadente e
perdurante, sono i primi timidi librettisti e compositori napoletani. Librettisti,
Neramente, di pochissimo valore; che cosa valessero poi i compositori, celo dirà chi
si darà la pena di rintracciare e esaminare i loro spartiti.
I figliuoli del Conservatorio di Loreto, dice il Celano, « allo spesso
rappresentano qualche commedia sacra in musica. » 3 ) — Nel 1656, eseguirono,
secondo il Florimo, una cantata intitolata: II fido Campione della dir in a
Provvidenza, musica di Andrea Marino, maestro di cappella del Conservatorio 4 ). Ma
ecco il vero titolo e il nome del poeta : 77 fido campione ovvero il B. Gaetano, filiera
drammatica in musica di Giovali Francesco del Gesù, napoletano, detto Apa,
sacerdote de' chierici regolari, poveri della Madre di Dio delle Scuole. Pie 5 ). —
Anche nelle provincie, 1'opera in musica, andava penetrando. Un piccolo
melodramma, intitolato 1' Orfeo, e diviso in quattro atti, di Carlo d'Aquino, fu recitato
in Cosenza, come intermedio di una delle commedie, che si fecero, per la resa di
Barcellona; vi cantarono sette voci e i cori , ha vuta ragione alla scarsezza delle voci
del luogho i ). — Cade in questo tempo il regno di quei drammi, che direi ítalo-
spagnuoli , perchè sono traduzioni, imitazioni, ricomposizioni, di drammi spagnuoli 2
). Delle commedie sul genere del d'Isa, quasi non si trova più traccia; una ultima eco
è la comedia, che ho accennato, del Zaccone. Eco, che risuona appena nel frastuono e
nella gazzarra dei drammi del Celano , del Tauro , del Pasca, del de Vito, del di
Castro , ecc. ecc.; perchè così si chiamavano quei sublimi ingegni, che ora nessuno
ricorda più! Chi conosce un po' la letteratura drammatica spagnuola, nel leggere
queste imitazioni italiane, non può tenersi dall' esclamare: Pro thesauro carbones!
Quelle forti e fresche creazioni di caratteri, di scene realistiche, dei drammi
spagnuoli; quel bel dialogo in versi armoniosi, eleganti, nel più puro castigliano;
l'azione, piena di movimento e d' interesse; tutto è sparito. Nei drammi italiani, una
stupida successione di stupide scene; un dialogo, in cattiva prosa, in pessimo italiano,
a contrapposti, giuochi di parole, parallelismi, rozza insieme e affettata, proprio come
quella dell'anonimo manzoniano! Il gracioso, che, negli originali, colle sue
osservazioni, dà rilievo al dramma, diventa quel napoletano, che conosciamo,
spropositatore inconcludente. Un minuto confronto proverebbe che, allora, i barbari
eravamo noi! Degli originali non si ritrova che l'esagerazione di alcuni difetti. Dall' un
lato era un'arte, difettosa nella forma, ma pensata, sentita ; dall'altro, assenza completa
di pensiero e di sentimento!

3 ) — Nel 1672 si recitò, anche al S. Bartolommeo , 1' Ercole in Thebe dramma


per musica del Dottor Gio. Andrea Moniglia Fiorenti- no, riformato all'uso di Venetia
da Aurelio Aureli 4 ) — L' 8 gennaio 1673, i Febi Armonici lo ripetettero a Pa-
lazzo. 5 ) — Il 29 gennaio dettero anche a Palazzo, e poi al San Bartolommeo, il
Caligula delirante. 6 ) La sta- gione si chiuse col Girello Drama musicale del si- gnor
N. N. rappr. ecc., e dedicato, come gli altri, dallo Zazzara al marchese d' Astorga.
Opera questa del fa- moso Filippo Acciaiuoli , la cui musica , è attribuita a un F. A.
Pistochino 7 ).
Giulia di Caro non dovette cantare in questa annata : essa preparava, intanto,
una rivincita. Uno dei suoi a- manti, il Barisano, spinto da lei e per farle cosa gradita,
prese l'appalto del teatro di S. Bartolommeo. E la Giulia, soggetta già alla tirannia
altrui, divenne direttrice della com- pagnia. Il suo Poeta ce la descrive affaccendata ,
prima di tutto , nel formar tale compagnia da superare ogni aspettazione : Le voci
più leggiadre e più perfette Con larghi doni supplicando chiama ; cosicché :
Venner Sonetto, Marmetta, e quella Gloria d' ogni teatro e d' ogni scena, Pora, che
par, se canta o se favella, Un nobile scolar del Padre Aena, la quale Pora èia famosa
cantante romana Caterina Por- ri , l ) come il Padre Aena è il Padre Enea, direttore
dei musici di San Pietro. Tutti questi cantanti giunsero a Napoli e furono ospi- tati
in casa di Ciulla. Grandi furono i preparativi per as- sicurarle questa volta il trionfo :
Sorgeano intanto a più potere ornate Del gran Teatro le superbe scene; Degli amatori
suoi fra le brigate Chi assiste al lavorio, chi va, chi viene ; E già le trombe additai!
d'ogni intorno Sacro a Carilda il sontuoso giorno! Era stato stampato il libretto., con
questo titolo : Mar- cello in Siracusa Melodramma jjer lo Teatro di S. Bar- tolomeo.
Consecrato alV Eccellentissimo signor Mar- chese d'Astorga Viceré di Napoli ecc. In
Napoli per il Roncagliolo 1673. Era poesia del Noris 2 ), musica del Ziani ; il prologo
composto da Giovanni Cicinello. Giulia di Caro Armonica firma la dedica, nella
quale dice tra F altro :
Il qual dramma fu poi proseguito al S. Bartolommeo, com'era 1' uso. Gli stessi
Armonici rappresentavano nel carnevale seguente V Attila, quello del Noris, con la
mu- sica l'orse del Ziani.

RASCARINI, Francesco
Maria
di Sauro Rodolfi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 86 (2016)

Nel 1658 era aggregato alla cappella di S. Petronio a Bologna, diretta da


Maurizio Cazzati; e debuttò sulle scene del locale teatro Formagliari ne Le Fortune di
Rodope e Damira, dramma di Aurelio Aureli con musica di Pietro Andrea Ziani
(Venezia 1656), nel quale impersonò Nigrane, l’amante occulto della cortigiana
Rodope corteggiata dal re Creonte. In questa parte concorse ad accrescere tanto la
propria reputazione musicale quanto quella arrisa all’opera di Ziani: Rascarini prese
infatti parte ad altri allestimenti coordinati dall’impresario-cantante Giovan Battista
Abbatoni, segnatamente a Bergamo e Milano nel 1660 nonché a Torino nel 1662.

Una lettera di Cavagna a Faustini, spedita da Torino avanti le


recite di Orontea, rivela un Rascarini desideroso di compiacere
l’impresario e il pubblico in parti confacenti alle proprie
attitudini canore: «[…] Il signor Rascarino sa, come me, la sua
parte, ma il prologo [di Orontea] li riesce alto essendo contralto
naturale, onde potrebbe o farlo ad altri imparare, o farli abbasar
la parte che non ascenda che al naturale di sua voce» (Archivio di
Stato di Venezia, Scuola Grande di S. Marco, b. 188, c. 46v, 7
novembre1665; anche la lettera di Ziani del 3 novembre
1665, ibid., c. 226, allude alla necessità di adattare al registro del
contralto una parte di soprano).

Nel carnevale 1666 fu scritturato da Marco Faustini per il teatro


dei SS. Giovanni e Paolo a Venezia: cantò in due opere di Cesti,
a gennaio la ‘prima’ veneziana dell’Orontea (Innsbruck 1656), che
sostituì all’ultimo momento la progettata Doriclea di Ziani, e il 13
febbraio il Tito, «melodrama» di Nicolò Beregan

Rascarini fu impegnato di nuovo a Venezia per il carnevale 1667,


nell’Alciade di Ziani a dicembre e in una ripresa della Dori di
Cesti a gennaio, sempre in compagnia di Cavagna.

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