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Mario Castoldi – Giorgio Chiosso


Mario Castoldi – Giorgio Chiosso Mario Castoldi – Giorgio Chiosso
QUALE FUTURO PER L’ISTRUZIONE?
Numerosi segnali indicano che il modello scolastico tradizionale imperniato sul ruolo
QUALE FUTURO
PER L’ISTRUZIONE?
«educativo» dello Stato, sulla scuola edificio, sulle classi organizzate per gruppi di età,
su programmi predisposti in modo uniforme e sul riconoscimento del titolo legale di
studio mostra segni di invecchiamento. Secondo molti studiosi saremmo in presenza
di un suo esaurimento in un futuro non si sa quanto vicino o remoto. Non solo la dif-
fusione delle nuove tecnologie, la disponibilità in Rete di informazioni infinitamente
superiori a quelle che la scuola riesce ad assicurare, ma anche il desiderio dei giovani
Pedagogia e didattica per la scuola
di costruire percorsi di apprendimento in autonomia e il bisogno di veder valorizzata

QUALE FUTURO PER L’ISTRUZIONE?


l’esperienza a fianco dello studio sono alcune delle ragioni che spingono verso un
nuovo modello scolastico. Gli autori offrono al lettore un’ampia rassegna dei dibattiti
in corso sul futuro dell’istruzione, senza tacere le difficoltà e le resistenze che posso-
no frenare o addirittura ostacolare il cambiamento. MONDADORI
U N I V E R S I TÀ

Mario Castoldi insegna Didattica Generale nell’Università di Torino. È autore di numerose e


fortunate pubblicazioni tra cui, nelle nostre edizioni, un pluriedito manuale di didattica.
Giorgio Chiosso, professore emerito nell’Università di Torino, ha insegnato Pedagogia e Storia
della Pedagogia ed è direttore della collana in cui esce questo libro.

Prezzo al pubblico
Euro 22,00

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Mario Castoldi – Giorgio Chiosso

Quale futuro
per l’istruzione?
Pedagogia e didattica per la scuola

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© 2017 Mondadori Education S.p.A., Milano
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www.mondadorieducation.it

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10 9 8 7 6 5 4 3 2 1
2021 2020 2019 2018 2017

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sione e controllo sulle informazioni contenute nel testo, sull’iconografia e sul rapporto che
intercorre tra testo e immagine. Nono­stante il costante perfezionamento delle procedure di
controllo, sappiamo che è quasi impossibile pubblicare un libro del tutto privo di errori o refu-
si. Per questa ragione ringraziamo fin d’ora i lettori che li vorranno indicare alla Casa Editrice.

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riprodotti in questo volume, l’editore è a disposizione degli aventi diritto che non si sono
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non voluti errori e/o omissioni nei riferimenti relativi.

Lineagrafica s.r.l. – Città di Castello (PG)


Stampato in Italia – Printed in Italy – marzo 2017

In copertina: Libri e computer © malerapaso.

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Indice

Introduzione 1

Parte prima
DALLA SCUOLA DI IERI ALLA SCUOLA DI DOMANI, di Giorgio Chiosso

Capitolo 1. La scuola di ieri 5


1. La scuola tra biografia, società e politica 5
2. Pedagogia, didattica e vita scolastica 6
3. I pilastri della scuola di ieri 7
4. La scuola liberal-borghese secondo Durkheim 9
5. La scuola come partecipazione a una tradizione: Giovanni Gentile 11
6. La scuola tra Otto e Novecento 13
7. Una scuola sensibile ai bisogni dell’infanzia:
Lombardo Radice e Montessori 16
8. Primi segnali di mobilità sociale 19
Testi
Adolfo Scotto di Luzio, La scuola classica e la formazione degli italiani 20
Émile Durkheim, L’educazione come socializzazione 21
Pietro Thouar, Prendi l’arte e mettila da parte 24
Giovanni Gentile, Il valore del maestro 25
Sabrina Fava, Piccoli lettori del Novecento 27
Maria Montessori, Educare il bambino all’indipendenza 28
Riferimenti bibliografici 31

Capitolo 2. La scuola di oggi 33


1. Un modello scolastico ambivalente 33
2. Dalla scuola selettiva alla scuola aperta a tutti 34
3. Scuola e società: John Dewey e Antonio Gramsci 36
4. La scuola per la persona 38
5. Dalla scuola di massa alla «scuola efficace» 39
6. Le basi culturali e pedagogiche della «scuola efficace» 42
6.1 La teoria del capitale umano 43
6.2 L’istruzione programmata 43
6.3 La valutazione dei sistemi scolastici 44
7. Bruner e le psicopedagogie costruttiviste 45
8. L’insuccesso scolastico 46
8.1 Sottorendimento e dispersione 48
8.2 Neet e neoanalfabeti 50
9. Come contrastare l’insuccesso e l’abbandono della scuola 50
10. Il governo della scuola 52
11. Dalla scuola «nazionale» alla scuola interculturale 53
12. La «Buona scuola» 56
13. A cosa serve la scuola? 57
Testi
John Dewey, Democrazia ed educazione 59
Jacques Maritain, Formare le persone, preparare la democrazia 61
Commissione delle Comunità europee, Verso la società conoscitiva 63

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VI Indice

Romuald Normand, Cos’è la School Effectiveness 65


Ausilia Chang, L’istruzione programmata 67
Norberto Bottani, La valutazione, questione complessa 69
James J. Heckman, L’educazione al servizio non solo del profitto 71
Jerome S. Bruner, Sviluppo intellettuale e apprendimento 73
Jean Anyon, Come contrastare la povertà scolastica 75
Marco Rossi-Doria, I ragazzi «persi» 77
Massimo Baldacci, Scuola comunità e scuola azienda 79
Andrea Riccardi, La civiltà del convivere 80
Roberta Ricucci, Una opportunità d’integrazione interculturale:
l’educazione alla cittadinanza 82
Andrea Bajani, A cosa serve la scuola? 84
Riferimenti bibliografici 87

Capitolo 3. La scuola di domani 89


1. Un dibattito che si sta ampliando 89
2. Sei possibili scenari per la scuola del futuro 90
3. Efficacia, merito ed equità 92
4. Autonomia cognitiva, creatività e responsabilità etica 94
5. Identità culturale, multiculturalismo, convivenza 96
6. Ripensare la professionalità docente 99
7. Si può fare a meno della scuola? 101
8. L’online learning 102
9. La sfida della «scuola in casa» (homeschooling e unschooling) 104
10. La scuola nelle mani dei docenti 106
Testi
World Economic Forum, Le competenze per il XXI secolo 107
Fondazione per la Scuola, Un giorno di scuola nel 2020 110
Roger Abravanel, Il merito come ideologia morale 112
Norberto Bottani, Cosa può fare la scuola per l’equità sociale? 114
Charles Leadbeater, L’apprendimento personalizzato 116
Edgar Morin, L’educazione nell’era planetaria 119
Alasdair MacIntyre, L’uomo narratore di storie 121
Martha C. Nussbaum, Il rischio dell’egemonia del profitto 123
Anna Marina Mariani, L’insegnante perfetto non esiste 126
Ministero della Pubblica Istruzione, Studenti, computer
e apprendimento 128
Sugata Mitra, Un’aula senza insegnante 131
Erich Fromm, I princìpi dell’educazione libertaria (Summerhill) 132
Riferimenti bibliografici 135

Parte seconda
DALLA SCUOLA DELL’INSEGNAMENTO ALLA SCUOLA
DELL’APPRENDIMENTO, di Mario Castoldi

Capitolo 1. Le linee di sviluppo della scuola italiana 139


1. Risultati di apprendimento 139
2. Competenze chiave di cittadinanza 140
3. Curricolo di istituto 145
4. Clima organizzativo 147
5. Piano dell’offerta formativa triennale 149
6. Didattica laboratoriale 151

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Indice VII

7. Differenziazione pedagogica 153


8. Didattica digitale 154
9. Alternanza scuola-lavoro 156
10. Sistema di valutazione 158
11. Le indagini (inter)nazionali sugli apprendimenti 161
12. Certificazione delle competenze 163
13. Valutazione del personale scolastico 165
Testi
Quadro europeo delle qualifiche e dei titoli 168
Curricolo di scuola 171
Ambiente di apprendimento 172
Piano nazionale scuola digitale 174
Piano triennale dell’offerta formativa 175
Valorizzazione del merito dei docenti 177
Sistema nazionale di valutazione 179
Riferimenti normativi 182
Riferimenti bibliografici 183

Capitolo 2. Ripensare la didattica: costruire ambienti di apprendimento 185


1. Sfide al lavoro dell’insegnante 186
2. Critiche all’insegnamento scolastico 188
3. Predisporre ambienti di apprendimento 192
4. Hardware: il setting formativo 193
5. Software: la gestione della relazione formativa 196
6. Software: le metodologie didattiche 199
7. Costruire percorsi didattici 202
Testi
Philippe Perrenoud, Concepire l’approccio ai saperi come risorse
da mobilitare 205
Lauren B. Resnick, In cosa differisce l’apprendimento scolastico
da altri tipi di apprendimento 208
Paul Watzlawick, Alcuni assiomi della comunicazione 215
Grant Wiggins – John Mc Tighe, Il processo di progettazione
a ritroso 221
Riferimenti bibliografici 228

Capitolo 3. Ripensare la valutazione: un sostegno all’apprendimento 229


1. Sfide per la professionalità docente 229
2. Analisi del processo valutativo 232
3. La valutazione come risorsa formativa 234
4. Un impianto trifocale 237
Testi
Jean Marie Barbier, Il processo di valutazione – Approccio
al funzionamento dell’atto della valutazione 242
Guy Le Boterf, Agire con competenza 244
Maurizio Lichtner, La validità ecologica 248
Michele Pellerey, Le competenze di Michele 254
Paul Weeden – Jan Winter – Patricia Broadfoot, In che modo
l’autovalutazione aiuta gli allievi ad apprendere? 258
Riferimenti bibliografici 264

Indice dei nomi 265

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Introduzione

In tutti i paesi occidentali la scuola attraversa un momento di transi-


zione: quella che è stata tramandata dal passato non sembra più all’al-
tezza del nostro tempo, ma quella che dovrebbe o potrebbe subentrare è
ancora indecifrabile. Solo di una cosa possiamo essere certi: è diffusa la
convinzione (non solo tra gli esperti ma anche nell’opinione pubblica
più avvertita) che i sistemi scolastici che si sono formati nel XIX secolo
sono in grande difficoltà a rispondere alle esigenze di una società pro-
fondamente cambiata.
L’impianto scolastico ottocentesco imperniato sul ruolo «educativo»
dello Stato, sulla scuola edificio, sulle classi organizzate per gruppi di
età, su programmi predisposti in modo uniforme e sul riconoscimento
del titolo legale di studio è funzionato bene per circa due secoli: l’analfa-
betismo strumentale è stato sconfitto (per quanto persistano tuttora
quote di semianalfabeti), i giovani trascorrono molti più anni nelle scuo-
le, il livello medio delle conoscenze è cresciuto, la circolazione della pa-
rola stampata è incomparabilmente superiore a quella di un secolo fa.
Numerosi segnali indicano che questo modello mostra segni di invec-
chiamento che fanno presagire il suo esaurimento in un prossimo – non
si sa quanto vicino o remoto – futuro. La diffusione delle nuove tecnolo-
gie, la disponibilità in Rete di informazioni infinitamente più ampie di
quelle che la scuola riesce ad assicurare, il desiderio di costruire percorsi
di apprendimento in autonomia, la valorizzazione dell’esperienza a fian-
co dello studio sono alcune delle ragioni dell’oggettivo appannamento
della scuola nella società contemporanea.
Non mancano altri segnali di cambiamento. Mentre per tutto il XIX
secolo e buona parte del XX secolo la scuola ha avuto, accanto all’i-
struzione materiale, tra i suoi obiettivi primari anche quello della «so-
cializzazione politica» delle masse popolari ovvero della formazione
del cittadino probo, leale, lavoratore e bene inquadrato entro una tradi-
zione nazionale, da qualche decennio il punto di riferimento dei sistemi
scolastici è diventato quello economico. Ai politici, pedagogisti e psico-
logi che solitamente animavano il dibattito politico scolastico si sono
aggiunti o sostituiti sociologi, statistici, economisti portatori di una vi-
sione un po’ diversa: una buona scuola deve essere anche una scuola
che produce ricchezza.
Inutile negare, poi, che il mondo giovanile fa fatica a frequentare
una scuola ove la sistematicità degli apprendimenti, le regole proprie
della comunità scolastica e il rapporto con gli adulti che agiscono sulla
base di norme professionali sono esperienze molto diverse rispetto a
quanto accade fuori delle aule ove dominano la flessibilità delle comu-

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2 Quale futuro per l’istruzione?

nicazioni, l’intensità delle emozioni e il piacere della scoperta persona-


le, l’euforia della libera scelta. Di qui la convinzione – sbagliata – che la
«scuola non serve».
Queste poche e generalissime considerazioni costituiscono lo sfondo
entro il quale si colloca questo volume il cui scopo non è certamente
quello di tratteggiare – neppure a grandi linee – quale potrebbe essere la
«scuola ideale» o la modalità futura di organizzazione della trasmissio-
ne del sapere che potrebbe con il tempo subentrare alla scuola.
Il libro ha finalità molto più circoscritte che si possono raccogliere in-
torno a tre punti principali: 1) fornire un chiara informazione su come è
cambiata la scuola nel tempo; 2) presentare una appropriata documenta-
zione pedagogica e didattica sul rapporto tra scuola dell’insegnamento e
scuola dell’apprendimento che potrebbe configurarsi come una delle
chiavi per immaginare la scuola del futuro; 3) individuare i principali pro-
blemi che assillano in questo momento la scuola italiana o che, come nel
caso della valutazione, ne stanno modificando alcuni aspetti sostanziali.
Ringrazio Mario Castoldi per aver accettato di condividere con me
il progetto di questo volume, portandovi la sua grande esperienza di
uomo di scuola oltre che di apprezzato studioso. Mario ed io non abbia-
mo proprio la medesima visione dei problemi scolastici: Mario è con-
vinto che il cambiamento verso il futuro sia già all’ordine del giorno (il
passaggio verso la scuola dell’apprendimento) e che occorra sostenerlo;
confesso di essere più scettico e di immaginare un lungo e tormentato
periodo nel quale si dovrà convivere con l’incertezza. Purtroppo la sta-
gione dell’incertezza potrebbe favorire il radicarsi di un duplice feno-
meno negativo già parzialmente in atto: fare della scuola un’occasione
di socializzazione giovanile più che un luogo di elaborazione culturale
(come è sempre stata) e usarla come una opportunità per combattere la
disoccupazione intellettuale.
Mario ed io tuttavia condividiamo ciò che è più importante, e cioè
una grande passione scolastica perché entrambi abbiamo a lungo lavora-
to nella scuola, perché pensiamo che la scuola sia una risorsa insostituibi-
le per lo sviluppo non solo economico, ma anche civile e sociale e soprat-
tutto perché la «scuola serve»: serve perché concorre a dare ordine all’ac-
quisizione del sapere (conoscenze più competenze) e, in tal modo, a far
capire in che luogo e in che momento della storia noi stiamo vivendo.

Giorgio Chiosso

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Capitolo 3 1. Un dibattito che si sta
ampliando

La scuola di domani 2. Sei possibili scenari


per la scuola del futuro
3. Efficacia, merito
ed equità
4. Autonomia cognitiva,
creatività
e responsabilità etica
5. Identità culturale,
multiculturalismo,
convivenza
6. Ripensare
la professionalità
docente
7. Si può fare a meno
della scuola?
8. L’online learning
9. La sfida
1. Un dibattito che si sta ampliando della «scuola in casa»
(homeschooling
Nonostante sia ben consolidato nella maggior parte dei sistemi sco- e unschooling)
lastici dei paesi occidentali il modello scolastico ispirato ai criteri di ef- 10. La scuola nella mani
ficacia e di efficienza e prevalga l’idea di scuola progettata per «essere dei docenti
utile» e cioè integrata con il sistema economico, ormai da tempo si è
anche aperta un’ampia riflessione su come essa potrà trasformarsi ul-
teriormente. È convinzione diffusa che i sistemi scolastici ereditati dal
XIX secolo sono ormai inadeguati rispetto alle esigenze di una società
molto diversa da quella nella quale essi presero stabile forma. Questa
discussione coinvolge i maggiori laboratori di strategie scolastiche co-
me l’OCSE o la Banca Mondiale ove negli ultimi decenni del secolo
scorso prese fisionomia la School Effectiveness di cui abbiamo parlato
nel capitolo precedente.
Il primo e certamente più evidente cambiamento nel campo degli ap- Il ruolo
prendimenti riguarda le opportunità formative offerte dalla tecnologia della Rete
infotelematica. Già oggi le risorse disponibili online e la possibilità degli
individui di moltiplicare le conoscenze mediante gli scambi che si svol-
gono in Rete, pongono le condizioni per una ricchezza di accessi agli
strumenti della conoscenza ben superiore alle possibilità della scuola,
almeno nelle forme in cui siamo stati finora abituati a conoscerla. La
creazione di comunità virtuali di apprendimento offre occasioni di
scambi e arricchimenti impensabili fino a pochi decenni orsono.
Gli insegnanti vedono tramontare il loro ruolo di intellettuali «sa-
pienti» e non sono più percepiti come i principali depositari del sapere:
le conoscenze si possono infatti trovare anche (e in misura assai più am-
pia, pur se meno ordinata) fuori delle aule, attingendo a fonti di infor-
mazione facilmente accessibili, a qualunque ora, in qualunque luogo e
gratuite. Se l’istituzione scolastica è soltanto uno degli ambiti nei quali si
apprende, sarebbe rischioso, secondo alcuni studiosi, puntare tutto sulla

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90 Dalla scuola di ieri alla scuola di domani

«riforma della scuola». Sarebbe preferibile che i governi elaborassero


soluzioni in grado di far transitare il modello scolastico attuale verso so-
luzioni diverse, non più centrate soltanto sulla scuola (è difficile pensare
alla «fine della scuola», anche se – come vedremo più avanti – non man-
cano tendenze in tal senso), quelle che si pensa potrebbero presidiare il
futuro dell’educazione e della formazione.
Alcuni interrogativi Da queste semplici constatazioni scaturiscono alcuni interrogati-
vi: come si potrebbero conciliare i tempi dell’apprendimento scolasti-
co con altre forme di conoscenza (non solo la Rete, ma anche il lavo-
ro, il volontariato, ecc.); come dovrebbero essere ri-professionalizzati
i milioni di docenti che operano attualmente nell’insegnamento sco-
lastico (oltre sei milioni nella sola Unione Europea)? A chi compete-
rebbe certificare (e come andrebbero certificati) i risultati acquisiti
in forma libera attraverso l’autorganizzazione della conoscenza? E
ancora: come salvaguardare i processi di socializzazione infantile e
in età adolescenziale che si compiono nella vita scolastica, intreccian-
dosi con gli apprendimenti?
Uno scenario aperto Il lettore ha sicuramente notato che spesso ricorriamo a verbi coniu-
gati al modo condizionale: se infatti è abbastanza chiaro il problema (la
scuola del futuro non potrà più essere una semplice rivisitazione di quel-
la attuale) e il dibattito tra gli esperti si sviluppa in forma sempre più
ampia, sono per ora del tutto aperti e per lo più inesplorati gli scenari
politici, finanziari e ovviamente pedagogici e formativi che dovrebbero
far transitare la scuola verso una nuova fisionomia.
Non bisogna inoltre sottovalutare le frenate di quanti, a fronte della
inevitabile instabilità propria dei periodi di transizione, sono portati a
guardare con nostalgia alla scuola del passato. Accanto alle prevedibili
resistenze dei sindacati, timorosi di perdere posti di lavoro, e degli edito-
ri, preoccupati del ridimensionamento del mercato librario, è da mettere
in conto che una parte dell’opinione pubblica è convinta della bontà del-
la scuola del passato rispetto a quella attuale, giudicata responsabile –
perché troppo facile – dell’inflazione dei titoli di studio.
Secondo questo punto di vista bisognerebbe tornare alla severità di
un tempo per conquistare di nuovo qualità e serietà. Nulla sarebbe più
pericoloso che lasciare la strada tracciata dal passato per imboccare una
via incerta e mal definita.

2. Sei possibili scenari per la scuola del futuro

Schooling Numerosi studiosi e alcune ricerche di ampio respiro hanno tentato


for Tomorrow negli ultimi anni di delineare il possibile futuro della scuola. Per esem-
pio l’OCSE nel 2001 ha reso noti i risultati di una ricerca denominata
Schooling for Tomorrow. Questo studio presenta sei possibili scenari,
nessuno dei quali predominante, ma probabilmente tutti a vario titolo e
in vario modo in grado di incidere sull’evoluzione del sistema scuola. Sa-
rebbero cioè possibili diversi esiti scolastici, ma non ancora determina-
bili in quanto condizionati anche dagli sviluppi delle dinamiche sociali,
economiche e politiche dei prossimi anni (nel 2001, per esempio, non

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La scuola di domani 91

c’era ancora traccia della grave crisi economica che ha colpito l’Occi-
dente più sviluppato).
I primi due scenari si fronteggiano specularmente. La scuola potreb-
be mutare soltanto in minima parte – e, per esempio, assorbire al suo in-
terno molte delle novità in corso come i linguaggi e le pratiche infotele-
matiche – in seguito alla capacità degli apparati burocratici (ad esempio
i centri di direzione ministeriali, ma anche i sindacati dei docenti) di
conservare in modo abbastanza stabile i sistemi scolastici, procedendo
soltanto a qualche ritocco organizzativo. Uno scenario del tutto opposto L’estensione
è invece quello che potrebbe definirsi dell’«estensione del mercato». Di del mercato
fronte al graduale indebolimento della scuola (insegnanti impreparati,
contenuti inadatti, scarsa considerazione sociale e difficoltà a trovare
docenti disposti a lavorare con retribuzioni modeste) gli Stati sarebbero
costretti a procedere a una profonda riorganizzazione in senso privati-
stico dei sistemi d’istruzione e di formazione.
Altri due possibili scenari sono definiti dall’OCSE della «riscolariz- La riscolarizzazione
zazione». Sfidate dal cambiamento le scuole potrebbero trovare una
rinnovata vitalità nella misura in cui sapranno radicarsi nella vita delle
comunità locali e proporsi come punto di aggregazione contro la fram-
mentazione della vita sociale e insostituibile occasione di promozione
del capitale sociale. Si tratterebbe, in sostanza, di fare della scuola una La comunità educante
vera e propria «comunità educante» spesso evocata da studiosi e docu-
menti internazionali, ma finora restata per lo più un semplice auspicio.
L’altro possibile scenario di rilancio (il quarto) prevede una forte cur-
vatura delle scuole in direzione di un modello che viene definito
dall’OCSE delle «organizzazioni che apprendono». Le scuole dovreb-
bero rinnovarsi in seguito a una forte iniezione di innovazione pedago-
gica, dietro la spinta delle opportunità online e attraverso nuove moda-
lità di insegnamento/apprendimento imperniate su percorsi di studio
centrati sugli allievi e finalizzati alla capacità di produrre (e non solo
consumare) sapere e competenze.
Gli ultimi due scenari si svolgono nel segno della «descolarizzazione». La descolarizzazione
Entrambi si fondano sul presupposto che si possa imparare senza avere
bisogno di scuole organizzate entro un sistema burocratico, rigido e co-
stoso. Le scuole tradizionali – nel quinto scenario – andrebbero sostituite
da reti di apprendimento con il conseguente smantellamento dei sistemi
scolastici tradizionali. Nella «società in rete» (mobile, pluralista) l’appren-
dimento e la socializzazione non potrebbero più essere pilotate da una
istituzione centralizzata, ma andrebbero lasciati liberi di svolgersi secon-
do le esigenze (sociali, produttive, religiose, locali) e la capacità della so-
cietà stessa di autorganizzarsi e di offrire formazione lungo l’intero corso
della vita. L’ultimo scenario, infine, ipotizza una possibile «disintegrazio-
ne» della scuola e la scomparsa degli Stati dal mercato scolastico. Il siste-
ma dell’istruzione pubblica cederebbe spazi sempre più ampi ad agenzie
formative in grado di assicurare una preparazione più consona alle esi-
genze produttive in un orizzonte del tipo «fai da te» (OCSE, 2001).
Il fascino di immaginare il futuro scolastico ha contagiato anche altri Le ipotesi del National
centri di ricerca. Nel 2002 Riel Miller e Tom Bentley per conto del Na- College for School
tional College for School Leadership (l’istituto nazionale inglese per la Leadership

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92 Dalla scuola di ieri alla scuola di domani

formazione dei dirigenti) hanno delineato, a loro volta, quattro nuovi


scenari in rapporto ai possibili cambiamenti scolastici connessi a una re-
visione del ruolo sociale della scuola stessa.
I dieci principi Più recentemente la Fondazione statunitense Mac Arthur ha presen-
della Fondazione tato «dieci principi» da considerare come pilastri per orientare il futuro
Mac Arthur delle istituzioni scolastiche: sostenere la capacità dell’autoapprendimen-
to, orizzontalità della comunicazione didattica, affidabilità delle fonti,
potenziamento degli apprendimenti in Rete, formazione permanente,
scuole come poli di animazione della conoscenza. Riprenderemo alcuni
Le sedici competenze di questi punti più avanti. A sua volta il World Economic Forum ha pre-
del World Economic disposto un rapporto con l’indicazione delle «sedici competenze essen-
Forum ziali» per i cittadini del XXI secolo.
Qualche attenzione al futuro scolastico è stata prestata anche in Ita-
lia: la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, per
esempio, ha organizzato nel marzo 2009 un importante convegno dal ti-
«Un giorno tolo «Un giorno di scuola nel 2020». Le relazioni svolte in quella circo-
di scuola nel 2020» stanza da studiosi importanti (ora disponibili in volume, Bottani – Poggi
– Mandrile, 2010) mentre presentano un suggestivo campionario di pos-
sibili innovazioni, invitano anche alla prudenza: cambiare la scuola co-
stituisce un’impresa assai complessa e comunque da immaginare su
tempi non brevi. «I sistemi scolastici traballano e non sanno più cosa in-
ventare per trattenere gli allievi» (ivi: 177), ma le resistenze al cambia-
mento sono forti e, al momento, non c’è un’idea abbastanza forte e con-
divisa per orientare l’istituzione scolastica del futuro.

3. Efficacia, merito ed equità

Le variabili in gioco sono talmente numerose – e sotto certi aspetti


non tutte prevedibili – da rendere, dunque, assai complesso disegnare l’i-
potetico futuro degli attuali sistemi scolastici. Mentre sociologi, econo-

LA DEFINIZIONE

I quattro scenari di Miller e Bentley zione socializzante e si sono chiesti se in futuro i si-
Riel Miller e Tom Bentley sono due studiosi impe- stemi scolastici continueranno a svolgerle ancora
gnati nell’ambito delle politiche dell’istruzione. Ca- tutte insieme oppure se ne svolgeranno soltanto
nadese il primo, oggi alto funzionario UNESCO, e alcune e in che misura e con quali caratteristiche.
australiano il secondo, consulente di molti governi In ragione delle risposte che verranno date le
in campo scolastico, hanno elaborato il loro Rap- scuole – che continueranno ad avere una loro fun-
porto partendo dall’esame dei compiti chiesti alla zione nonostante le critiche dei descolarizzatori –
scuola nel XX secolo confrontati con gli sviluppi so- cambieranno la loro attività in un senso piuttosto
ciali, culturali e produttivi del nostro tempo. Miller che in un altro. I possibili quattro scenari sono la
e Bentley hanno identificato cinque funzioni scola- modernizzazione della scuola, la diversificazione
stiche strategiche ereditate dal passato: a) funzio- del servizio scolastico, la riduzione delle scuole a
ne di custodia; b) funzione morale ed etico-civica; centro di certificazione del sapere acquisito altro-
c) funzione cognitiva; d) funzione selettiva; e) fun- ve oppure a modello di funzionamento.

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misti, politologi ed esperti di formazione lavorano sugli assetti politico-


organizzativi praticabili a medio e a lungo termine, la pedagogia, senza
ignorare questi aspetti, è tuttavia più interessata a indagare quali sono gli
obiettivi da perseguire perché i servizi scolastici ed educativi funzionino
nell’interesse di chi ne fruisce. I pedagogisti non sono più, come in passa-
to, i registi dei cambiamenti scolastici (basta pensare all’influenza eserci-
tata, in modo diverso, da personalità come Montessori, Dewey, Gentile,
Ferrière), ma sono pur sempre portatori di istanze legate alla tutela
dell’infanzia, al rispetto delle persone, alla dignità del sapere.
Nelle riflessioni che seguono non ci avventureremo perciò in possi-
bili scenari politico-sociali generali e futuribili. Cercheremo di indivi-
duare alcune finalità educative essenziali legate a quanti fruiscono dei
servizi scolastici di cui tenere conto nel riordino/ripensamento dei si-
stemi d’istruzione.
La prima questione riguarda il rapporto tra efficacia, merito ed equi- Il rapporto tra efficacia,
tà. Mettere insieme efficacia, merito ed equità significa garantire che i merito ed equità
livelli di preparazione siano rispettosi dei diritti all’istruzione di ciascu-
no (e cioè equi). Ciò significa compiere ogni sforzo perché ciascun mi-
nore sia posto nella condizione di sviluppare al massimo livello possibile
le sue potenzialità sia in ordine agli aspetti cognitivi sia in riferimento
alla sua socializzazione e realizzazione personale.
Questa tensione verso l’equità non rinuncia a riconoscere l’importan- La valorizzazione
za del merito personale che costituisce una molla utile per il migliora- del merito
mento di sé. La valorizzazione del merito non può tuttavia trasformarsi
in uno strumento (come accadeva in passato) di precoce selezione in
quanto il successo scolastico è spesso condizionato da oggettive condi-
zioni sociali di partenza più o meno favorevoli. Le ricerche sugli esiti sco-
lastici documentano, per esempio, che i ragazzi che crescono in una fami-
glia con interessi culturali ottengono mediamente risultati migliori dei
loro coetanei che invece vivono in condizioni di deprivazione culturale.
Per quanto suggestiva sia la tesi secondo cui il merito si può configu-
rare come una vera e propria «ideologia morale» (e, dunque, un via
all’educazione etica), resta tuttavia poco convincente la proposta che la
qualità della scuola si possa vincere affidandosi in toto o in prevalenza
al principio meritocratico e alla promozione di logiche competitive. Una
società è certamente tenuta a premiare le eccellenze, ma non può pensa-
re a una scuola che nella sostanza riproduca le strategie organizzative
aziendali per migliorare e aumentare la produzione (Abravanel, 2008).
Per molto tempo (almeno fino agli anni Novanta) l’idea di scuola Fino agli anni Novanta:
equa è stata associata alla convinzione che si dovessero offrire a tutti le offrire a tutti
medesime opportunità. Questa affermazione si basava sul presupposto le medesime
che trattare le persone in modo diverso o valorizzarne il merito signifi- opportunità
cava rischiare una inammissibile discriminazione. Favorendo la fre-
quenza scolastica e prolungando i tempi dell’istruzione obbligatoria, co-
sì si pensava, si sarebbero attenuate le differenze legate alle diverse con-
dizioni sociali di partenza.
Questa visione egualitaristica della scuola – orientata da una visione Risultati deludenti
ottimistica circa la forza dell’istruzione di rendere meno diseguale la so-
cietà – ha dimostrato, nei fatti, di essere non del tutto adatta a raggiun-

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gere gli scopi prefissati. La scuola non è infatti riuscita a incidere, se non
in modo alquanto disomogeneo, sulle disuguaglianze originarie. Gli
alunni appartenenti ai ceti meno favoriti hanno continuato a far regi-
strare risultati meno soddisfacenti nonostante, per esempio, il prolunga-
mento del tempo scolastico e l’espansione della frequenza (entrambi fat-
tori sulla carta «progressisti»). Molta dispersione e molta mediocre pre-
parazione confina specialmente i giovani socialmente più deboli ai
margini della vita sociale e produttiva.
I dati relativi al possesso dei titoli di studio dimostrano che l’ascenso-
re sociale innescato dalla scuola egualitarista ha certamente prodotto
l’innalzamento dei livelli di formazione a livello generale (dalla sempli-
ce frequenza della scuola elementare si è passati alla generalizzazione
dell’istruzione secondaria), ma non ha ridotto – come si sperava – le di-
stanze tra i gruppi sociali (Duru-Bellat, 2006). L’ascensore è andato
sempre più in alto senza tenere conto di chi, ai piani bassi, saliva fatico-
samente attraverso le scale. Chi, per esempio, accedeva in passato
all’istru­zione secondaria ha visto aprirsi le porte dell’università e chi già
era nelle condizioni di laurearsi va a studiare e a specializzarsi in impor-
tanti centri di ricerca all’estero.
Oggi numerosi studiosi sono convinti che per praticare la strada di
una equità reale occorra seguire vie diverse e meno intrise di ideologia
egualitaria preconcetta: «Le politiche scolastiche che si proponevano di
combattere le diseguaglianze sociali nell’istruzione hanno fallito il loro
bersaglio. La scuola non ce la fa a correggerle» (Bottani, 2013: 104). Co-
sa può fare, dunque, la scuola? Tenere conto della diversità dei punti di
partenza, delle aspettative personali, della varietà delle opportunità for-
mative anche esterne alla scuola come apprendistato e formazione pro-
fessionale, lasciando alle politiche sociali il compito e la responsabilità
di contenere le diseguaglianze originarie.
Dalla «scuola uniforme Il principio della «scuola uniforme e uguale per tutti» va sostituito
e uguale per tutti» con il principio della «scuola per ciascuno» ispirata al riconoscimento
alla «scuola delle specifiche capacità e propensioni individuali. Le strategie pedago-
per ciascuno» giche della «personalizzazione» basate sul rispetto delle caratteristiche
di ognuno e sul potenziamento delle diversità dei singoli costituiscono
una buona traccia per sfuggire all’illusione che l’omologazione a uno
standard prefissato sia sinonimo di equità. Non si può caricare la scuola
di responsabilità che riguardano le scelte politico-sociali e l’idea stessa
di «società equa» non può coincidere con quello di «società livellata su
un unico standard».

4. Autonomia cognitiva, creatività e responsabilità etica

Formare persone Il solo vincolo da cui non si può derogare è che tutti andrebbero posti
autonome nella condizione di raggiungere (mediante percorsi anche differenziati e
cioè personalizzati) il livello di autonomia cognitiva al di sotto del quale
le persone sono a rischio di esclusione sociale. Questo tema è particolar-
mente avvertito dagli studiosi che centrano il rapporto efficacia/equità
sull’autonomia della persona piuttosto che sulle regole del sistema eco-

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nomico o su un’idea alquanto astratta di egualitarismo sociale (Baldac-


ci, 2005; Garcia Hoz, 2005; Mincu, 2011; Bertagna, 2012).
Nel volume sulla personalizzazione curato da CERI-OCSE (2006) Charles Leadbeater:
Charles Leadbeater, uno studioso inglese impegnato soprattutto sul personalizzazione forte
fronte della creatività e dell’educazione alla creatività, individua due e debole
forme di personalizzazione, una «debole» e una «forte». La prima ripro-
pone le collaudate prassi individualizzanti, ovvero pratiche didattiche
volte a rendere più efficace l’apprendimento. La personalizzazione «for-
te», invece, e cioè nel suo significato autentico viene proposta come
un’esperienza che «non deve soddisfare le esigenze di un test prestabili-
to da qualcun altro», ma si configura come un «apprendimento motiva-
to, acquisito ed espresso nella prospettiva della conquista personale».
Vista dall’ottica pedagogica l’idea di «conquista» è ricca di valenze L’idea di conquista
educative come la mobilitazione delle risorse intellettuali, lo sforzo del- del sapere
la volontà, la capacità critica, il confronto con gli altri. Sono precisamen-
te queste le condizioni perché la creatività umana, conclude Leadbeater,
si possa manifestare in tutta la sua forza: una personalizzazione che
guarda non solo all’efficacia «tecnica» dell’apprendimento, ma più so-
stanzialmente alla originalità della persona.
Questo tema, al quale sono sensibili soprattutto quanti sono impe-
gnati a distinguere nell’efficientismo odierno la persona dalle cose
(«qualcuno», non «qualcosa», Spaemann, 2005), è fatto proprio anche
da studiosi, non riconducibili (come del resto Leadbeater) all’orizzonte

LA DEFINIZIONE

Personalizzazione e apprendimento cilitatore a disposizione degli studenti. Il pia-


Il tema della personalizzazione è entrato nei di- no pedagogico di Keller riaggiorna pratiche di-
battiti scolastici italiani soltanto da poco più di dattiche ispirate alla pedagogia deweyana con
una decina di anni, per quanto se ne parli dalla qualche influenza rogersiana nell’impiego del
metà del secolo scorso come prosecuzione e am- docente-facilitatore.
pliamento delle pratiche dell’individualizzazio- Quasi negli stessi anni, nel 1970, García Hoz antici-
ne proposte già negli anni Venti da alcuni pro- pava, a sua volta, nel volume Educación personali-
tagonisti dell’attivismo pedagogico (Claparède, zada, temi poi ampiamente trattati in opere suc-
Parkhurst). I due promotori della personalizzazio- cessive. Ai limiti delle prassi individualizzanti e di
ne sono tradizionalmente considerati lo psicolo- quelle curricolari giudicate entrambe, anche per
go statunitense Fred S. Keller (1899-1996) e il pe- motivi opposti, viziate dal funzionalismo (e cioè
dagogista spagnolo Victor García Hoz (1911-1998). condizionate dal principale obiettivo di migliora-
Keller mise a punto tra gli anni Cinquanta e Ses- re la resa scolastica) lo studioso iberico oppone la
santa un fortunato progetto didattico (denomi- personalizzazione presentata come azione edu-
nato Personalized System of Instruction e illustrato cativa rivolta a tutta la persona. Questo approc-
in un saggio del 1968) impostato sui fabbisogni cio punta sulla valorizzazione delle potenzialità
formativi degli studenti e sul riconoscimento non solo cognitive, ma anche delle dimensio-
dei ritmi individuali di apprendimento. Al lavoro ni affettiva, etica e religiosa della persona. L’esi-
personale scandito da moduli di apprendimen- to complessivo cui tendere è così individuato nel
to erano affiancate attività in gruppo basate sul raggiungimento «della capacità di formulare e
supporto fra pari, con la supervisione di un fa- rea­lizzare il proprio progetto di vita».

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personalista e neppure pedagogico, come il sociologo Alain Touraine e


l’economista James J. Heckman, già ricordato nel precedente capitolo.
Proprio per questa loro estraneità all’idea di persona da educare – nel
senso che abitualmente la pedagogia attribuisce a questa espressione –
le loro riflessioni e indicazioni risultano particolarmente interessanti.
Touraine: dalla «scuola Touraine, per esempio, ha indicato la necessità di passare dalla
per la società» «scuola per la società» (centrata sui valori correnti e sulle tecniche da
alla «scuola padroneggiare per essere competitivi sul mercato) ad una «scuola per il
per il soggetto» soggetto», da una «istruzione dell’offerta» a «un’istruzione della doman-
da». Un tal tipo di scuola non dovrebbe limitarsi «a imporre agli allievi
norme e a delegare agli insegnanti compiti il cui limite è stabilito solo
dal potere politico» ma dovrebbe piuttosto «riconoscere l’esistenza di
domande individuali e collettive… In ogni momento della sua vita il ra-
gazzo possiede una storia personale e collettiva che ha sempre delle ca-
ratteristiche particolari» (Touraine, 1998: 283-306).
Heckman e la nozione Secondo Heckman, dal canto suo, le abilità cognitive non sono da so-
di «carattere» le in grado di alimentare una buona società e non sono neppure in grado
di assicurare il miglioramento della capacità produttiva se non sono ac-
compagnate dalle Non Cognitive Skills. Entro questa definizione
Heckman raccoglie le dimensioni meno misurabili della personalità co-
me i comportamenti valoriali: la capacità di relazione, la tenacia, la coe-
renza, l’apertura agli altri, il rispetto per le regole, l’amore per il lavoro
ben fatto, tutte qualità riconducibili alla nozione di «carattere».
Per quanto più sfuggenti, queste disposizioni costituiscono un fattore
decisivo nel promuovere nei giovani la loro autonomia connessa al senso
di responsabilità, obiettivi che qualsiasi piano di azione sul futuro scola-
stico dovrebbe tenere in considerazione. Accanto agli aspetti più speci-
ficamente cognitivi sono infatti proprio le abilità personali ad assicurare
quel survival kit e cioè un «paniere di competenze necessarie per la so-
pravvivenza» necessario ai giovani in uscita dalla scuola per svolgere un
ruolo attivo nella vita sociale e nel mondo produttivo.

5. Identità culturale, multiculturalismo, convivenza

Ci sarà ancora spazio Un terzo nodo dal quale la scuola del futuro potrà difficilmente
per interventi sfuggire riguarda i contenuti dell’azione scolastica: vi sarà una rigida
etico-civili? visione cognitivista oppure ci sarà ancora spazio anche per interventi in
ambito etico-civile, per la coltivazione della bellezza, per orientare alla
solidarietà?
Nelle società del passato, come si è visto nel Capitolo 1, guidate da una
forte identità culturale e sociale, il canone del sapere era regolato dalle
concezioni prevalenti, religiose, politiche o ideologiche, entro cui le socie-
tà si riconoscevano, prima di tutto, come «storia comune». La scuola ave-
va perciò lo scopo, di conseguenza, di «integrare» i giovani nella vita so-
ciale. Nella realtà plurale e multiculturale questo modello non è più at-
tuale, non solo perché gli alunni di origine straniera sono estranei alla
storia pregressa del paese nel quale vivono, ma anche per un diffuso sbia-
dimento della memoria comune.

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Siamo sicuri che la risposta più appropriata sia allora quella della ri- La scuola deve
nuncia della scuola alla sua tradizionale funzione di «socializzazione po- rinunciare
litica» ovvero di introduzione dei giovani entro un nucleo di valori comu- alla socializzazione
ni come sostengono quanti sollecitano una scuola soltanto istruttiva o in politica?
prevalenza istruttiva? Molti studiosi del nostro tempo sono di diverso av-
viso e non cessano di interrogarsi su quale patrimonio culturale la scuola
sia chiamata a trasmettere in una società le cui caratteristiche sono di-
verse da quelle del passato, nella quale convivono molteplici stili di vita e
le modalità con cui sono effettuate le comunicazioni rischiano di farci vi-
vere in un perenne presente.
La questione è particolarmente delicata e complessa se inquadrata in
una realtà dove ormai stanno fianco a fianco diverse fedi religiose, tradi-
zioni e culture. Per disporre di un quadro sufficientemente rappresenta-
tivo delle tesi in campo può essere utile esaminare le opinioni di tre si-
gnificative personalità del nostro tempo: il sociologo e filosofo francese
Edgar Morin, il pensatore di origini scozzesi Alasdair MacIntyre e la
studiosa statunitense Martha C. Nussbaum.
Secondo Edgar Morin si può definire «cosa apprendere» solo a condi- Edgar Morin:
zione di aver chiaro che l’umanità è agli inizi di una nuova storia, quella la «società-mondo»
che lo studioso definisce la «società-mondo». Esaurita la fase delle singo-
le «patrie» (il particolarismo delle nazioni) e delle certezze assolute (le
ideologie), tutti gli esseri umani sono accomunati da un medesimo desti-
no: «imparare a vivere, a condividere, a comunicare, essere in comunione
anche in quanto umani del pianeta Terra» (Morin, 2001), superando i li-
miti circoscritti della propria comunità.
La ricerca di un avvenire migliore deve essere complementare e non Saper convivere
antagonista. L’obiettivo è quello di formare cittadini del mondo capaci di con l’incertezza
sentirsi prima di tutto «terrestri» e di saper convivere con l’incertezza, la
complessità, i disequilibri. Di fronte alla imprevedibilità del futuro è ne-
cessario sviluppare un modo di pensare nuovo, problematico, disponibile
a ricredersi, aperto alla comprensione.
Da qui l’obiettivo di formare «teste ben fatte» pronte a riconoscere i
problemi e capaci di risolverli (Morin, 2000). Gli allievi andrebbero per-
ciò orientati, fin da piccoli, a ragionare in termini di appartenenza
all’uni­verso terrestre, di complessità e di globalità. Lo scopo è educare a
cogliere la problematicità del reale ed essere in grado di capirlo senza
avere la pretesa (come accadeva nel passato) di ordinarlo secondo un
modello precostituito e di situarlo in un mondo dai confini aperti.

I PROTAGONISTI

Edgar Morin (1921) meglio, approfondendo la varietà delle relazioni


Edgar Nahoum noto come Morin è un sociolo- tra i fenomeni. In tal modo l’esperienza umana
go e filosofo francese celebre soprattutto per la si fa più responsabile, meno tentata da soluzio-
sua teoria della complessità e per la proposta ni precostituite e consapevole che nel mondo
di un «metodo» del pensiero il cui scopo non è globalizzato occorre riconoscersi nell’umanità
di spiegare tutto, ma di aiutare a comprendere «terrestre».

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