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Prezzo al pubblico
Euro 22,00
Quale futuro
per l’istruzione?
Pedagogia e didattica per la scuola
Realizzazione editoriale
Coordinamento redazionale Alessandro Mongatti
Redazione Carla Campisano
Impaginazione Carla Campisano
Progetto grafico Cinzia Barchielli, Marco Catarzi
Progetto copertina Alfredo La Posta
Edizioni
10 9 8 7 6 5 4 3 2 1
2021 2020 2019 2018 2017
Mondadori Università
Mondadori Education
Viale Manfredo Fanti, 51/53 – 50137 Firenze
Tel. 055.50.83.223 – Fax 055.50.83.240
www.mondadorieducation.it
Nell’eventualità che passi antologici, citazioni o illustrazioni di competenza altrui siano
riprodotti in questo volume, l’editore è a disposizione degli aventi diritto che non si sono
potuti reperire. L’editore porrà inoltre rimedio, in caso di cortese segnalazione, a eventuali
non voluti errori e/o omissioni nei riferimenti relativi.
Introduzione 1
Parte prima
DALLA SCUOLA DI IERI ALLA SCUOLA DI DOMANI, di Giorgio Chiosso
Parte seconda
DALLA SCUOLA DELL’INSEGNAMENTO ALLA SCUOLA
DELL’APPRENDIMENTO, di Mario Castoldi
Giorgio Chiosso
c’era ancora traccia della grave crisi economica che ha colpito l’Occi-
dente più sviluppato).
I primi due scenari si fronteggiano specularmente. La scuola potreb-
be mutare soltanto in minima parte – e, per esempio, assorbire al suo in-
terno molte delle novità in corso come i linguaggi e le pratiche infotele-
matiche – in seguito alla capacità degli apparati burocratici (ad esempio
i centri di direzione ministeriali, ma anche i sindacati dei docenti) di
conservare in modo abbastanza stabile i sistemi scolastici, procedendo
soltanto a qualche ritocco organizzativo. Uno scenario del tutto opposto L’estensione
è invece quello che potrebbe definirsi dell’«estensione del mercato». Di del mercato
fronte al graduale indebolimento della scuola (insegnanti impreparati,
contenuti inadatti, scarsa considerazione sociale e difficoltà a trovare
docenti disposti a lavorare con retribuzioni modeste) gli Stati sarebbero
costretti a procedere a una profonda riorganizzazione in senso privati-
stico dei sistemi d’istruzione e di formazione.
Altri due possibili scenari sono definiti dall’OCSE della «riscolariz- La riscolarizzazione
zazione». Sfidate dal cambiamento le scuole potrebbero trovare una
rinnovata vitalità nella misura in cui sapranno radicarsi nella vita delle
comunità locali e proporsi come punto di aggregazione contro la fram-
mentazione della vita sociale e insostituibile occasione di promozione
del capitale sociale. Si tratterebbe, in sostanza, di fare della scuola una La comunità educante
vera e propria «comunità educante» spesso evocata da studiosi e docu-
menti internazionali, ma finora restata per lo più un semplice auspicio.
L’altro possibile scenario di rilancio (il quarto) prevede una forte cur-
vatura delle scuole in direzione di un modello che viene definito
dall’OCSE delle «organizzazioni che apprendono». Le scuole dovreb-
bero rinnovarsi in seguito a una forte iniezione di innovazione pedago-
gica, dietro la spinta delle opportunità online e attraverso nuove moda-
lità di insegnamento/apprendimento imperniate su percorsi di studio
centrati sugli allievi e finalizzati alla capacità di produrre (e non solo
consumare) sapere e competenze.
Gli ultimi due scenari si svolgono nel segno della «descolarizzazione». La descolarizzazione
Entrambi si fondano sul presupposto che si possa imparare senza avere
bisogno di scuole organizzate entro un sistema burocratico, rigido e co-
stoso. Le scuole tradizionali – nel quinto scenario – andrebbero sostituite
da reti di apprendimento con il conseguente smantellamento dei sistemi
scolastici tradizionali. Nella «società in rete» (mobile, pluralista) l’appren-
dimento e la socializzazione non potrebbero più essere pilotate da una
istituzione centralizzata, ma andrebbero lasciati liberi di svolgersi secon-
do le esigenze (sociali, produttive, religiose, locali) e la capacità della so-
cietà stessa di autorganizzarsi e di offrire formazione lungo l’intero corso
della vita. L’ultimo scenario, infine, ipotizza una possibile «disintegrazio-
ne» della scuola e la scomparsa degli Stati dal mercato scolastico. Il siste-
ma dell’istruzione pubblica cederebbe spazi sempre più ampi ad agenzie
formative in grado di assicurare una preparazione più consona alle esi-
genze produttive in un orizzonte del tipo «fai da te» (OCSE, 2001).
Il fascino di immaginare il futuro scolastico ha contagiato anche altri Le ipotesi del National
centri di ricerca. Nel 2002 Riel Miller e Tom Bentley per conto del Na- College for School
tional College for School Leadership (l’istituto nazionale inglese per la Leadership
LA DEFINIZIONE
I quattro scenari di Miller e Bentley zione socializzante e si sono chiesti se in futuro i si-
Riel Miller e Tom Bentley sono due studiosi impe- stemi scolastici continueranno a svolgerle ancora
gnati nell’ambito delle politiche dell’istruzione. Ca- tutte insieme oppure se ne svolgeranno soltanto
nadese il primo, oggi alto funzionario UNESCO, e alcune e in che misura e con quali caratteristiche.
australiano il secondo, consulente di molti governi In ragione delle risposte che verranno date le
in campo scolastico, hanno elaborato il loro Rap- scuole – che continueranno ad avere una loro fun-
porto partendo dall’esame dei compiti chiesti alla zione nonostante le critiche dei descolarizzatori –
scuola nel XX secolo confrontati con gli sviluppi so- cambieranno la loro attività in un senso piuttosto
ciali, culturali e produttivi del nostro tempo. Miller che in un altro. I possibili quattro scenari sono la
e Bentley hanno identificato cinque funzioni scola- modernizzazione della scuola, la diversificazione
stiche strategiche ereditate dal passato: a) funzio- del servizio scolastico, la riduzione delle scuole a
ne di custodia; b) funzione morale ed etico-civica; centro di certificazione del sapere acquisito altro-
c) funzione cognitiva; d) funzione selettiva; e) fun- ve oppure a modello di funzionamento.
gere gli scopi prefissati. La scuola non è infatti riuscita a incidere, se non
in modo alquanto disomogeneo, sulle disuguaglianze originarie. Gli
alunni appartenenti ai ceti meno favoriti hanno continuato a far regi-
strare risultati meno soddisfacenti nonostante, per esempio, il prolunga-
mento del tempo scolastico e l’espansione della frequenza (entrambi fat-
tori sulla carta «progressisti»). Molta dispersione e molta mediocre pre-
parazione confina specialmente i giovani socialmente più deboli ai
margini della vita sociale e produttiva.
I dati relativi al possesso dei titoli di studio dimostrano che l’ascenso-
re sociale innescato dalla scuola egualitarista ha certamente prodotto
l’innalzamento dei livelli di formazione a livello generale (dalla sempli-
ce frequenza della scuola elementare si è passati alla generalizzazione
dell’istruzione secondaria), ma non ha ridotto – come si sperava – le di-
stanze tra i gruppi sociali (Duru-Bellat, 2006). L’ascensore è andato
sempre più in alto senza tenere conto di chi, ai piani bassi, saliva fatico-
samente attraverso le scale. Chi, per esempio, accedeva in passato
all’istruzione secondaria ha visto aprirsi le porte dell’università e chi già
era nelle condizioni di laurearsi va a studiare e a specializzarsi in impor-
tanti centri di ricerca all’estero.
Oggi numerosi studiosi sono convinti che per praticare la strada di
una equità reale occorra seguire vie diverse e meno intrise di ideologia
egualitaria preconcetta: «Le politiche scolastiche che si proponevano di
combattere le diseguaglianze sociali nell’istruzione hanno fallito il loro
bersaglio. La scuola non ce la fa a correggerle» (Bottani, 2013: 104). Co-
sa può fare, dunque, la scuola? Tenere conto della diversità dei punti di
partenza, delle aspettative personali, della varietà delle opportunità for-
mative anche esterne alla scuola come apprendistato e formazione pro-
fessionale, lasciando alle politiche sociali il compito e la responsabilità
di contenere le diseguaglianze originarie.
Dalla «scuola uniforme Il principio della «scuola uniforme e uguale per tutti» va sostituito
e uguale per tutti» con il principio della «scuola per ciascuno» ispirata al riconoscimento
alla «scuola delle specifiche capacità e propensioni individuali. Le strategie pedago-
per ciascuno» giche della «personalizzazione» basate sul rispetto delle caratteristiche
di ognuno e sul potenziamento delle diversità dei singoli costituiscono
una buona traccia per sfuggire all’illusione che l’omologazione a uno
standard prefissato sia sinonimo di equità. Non si può caricare la scuola
di responsabilità che riguardano le scelte politico-sociali e l’idea stessa
di «società equa» non può coincidere con quello di «società livellata su
un unico standard».
Formare persone Il solo vincolo da cui non si può derogare è che tutti andrebbero posti
autonome nella condizione di raggiungere (mediante percorsi anche differenziati e
cioè personalizzati) il livello di autonomia cognitiva al di sotto del quale
le persone sono a rischio di esclusione sociale. Questo tema è particolar-
mente avvertito dagli studiosi che centrano il rapporto efficacia/equità
sull’autonomia della persona piuttosto che sulle regole del sistema eco-
LA DEFINIZIONE
Ci sarà ancora spazio Un terzo nodo dal quale la scuola del futuro potrà difficilmente
per interventi sfuggire riguarda i contenuti dell’azione scolastica: vi sarà una rigida
etico-civili? visione cognitivista oppure ci sarà ancora spazio anche per interventi in
ambito etico-civile, per la coltivazione della bellezza, per orientare alla
solidarietà?
Nelle società del passato, come si è visto nel Capitolo 1, guidate da una
forte identità culturale e sociale, il canone del sapere era regolato dalle
concezioni prevalenti, religiose, politiche o ideologiche, entro cui le socie-
tà si riconoscevano, prima di tutto, come «storia comune». La scuola ave-
va perciò lo scopo, di conseguenza, di «integrare» i giovani nella vita so-
ciale. Nella realtà plurale e multiculturale questo modello non è più at-
tuale, non solo perché gli alunni di origine straniera sono estranei alla
storia pregressa del paese nel quale vivono, ma anche per un diffuso sbia-
dimento della memoria comune.
Siamo sicuri che la risposta più appropriata sia allora quella della ri- La scuola deve
nuncia della scuola alla sua tradizionale funzione di «socializzazione po- rinunciare
litica» ovvero di introduzione dei giovani entro un nucleo di valori comu- alla socializzazione
ni come sostengono quanti sollecitano una scuola soltanto istruttiva o in politica?
prevalenza istruttiva? Molti studiosi del nostro tempo sono di diverso av-
viso e non cessano di interrogarsi su quale patrimonio culturale la scuola
sia chiamata a trasmettere in una società le cui caratteristiche sono di-
verse da quelle del passato, nella quale convivono molteplici stili di vita e
le modalità con cui sono effettuate le comunicazioni rischiano di farci vi-
vere in un perenne presente.
La questione è particolarmente delicata e complessa se inquadrata in
una realtà dove ormai stanno fianco a fianco diverse fedi religiose, tradi-
zioni e culture. Per disporre di un quadro sufficientemente rappresenta-
tivo delle tesi in campo può essere utile esaminare le opinioni di tre si-
gnificative personalità del nostro tempo: il sociologo e filosofo francese
Edgar Morin, il pensatore di origini scozzesi Alasdair MacIntyre e la
studiosa statunitense Martha C. Nussbaum.
Secondo Edgar Morin si può definire «cosa apprendere» solo a condi- Edgar Morin:
zione di aver chiaro che l’umanità è agli inizi di una nuova storia, quella la «società-mondo»
che lo studioso definisce la «società-mondo». Esaurita la fase delle singo-
le «patrie» (il particolarismo delle nazioni) e delle certezze assolute (le
ideologie), tutti gli esseri umani sono accomunati da un medesimo desti-
no: «imparare a vivere, a condividere, a comunicare, essere in comunione
anche in quanto umani del pianeta Terra» (Morin, 2001), superando i li-
miti circoscritti della propria comunità.
La ricerca di un avvenire migliore deve essere complementare e non Saper convivere
antagonista. L’obiettivo è quello di formare cittadini del mondo capaci di con l’incertezza
sentirsi prima di tutto «terrestri» e di saper convivere con l’incertezza, la
complessità, i disequilibri. Di fronte alla imprevedibilità del futuro è ne-
cessario sviluppare un modo di pensare nuovo, problematico, disponibile
a ricredersi, aperto alla comprensione.
Da qui l’obiettivo di formare «teste ben fatte» pronte a riconoscere i
problemi e capaci di risolverli (Morin, 2000). Gli allievi andrebbero per-
ciò orientati, fin da piccoli, a ragionare in termini di appartenenza
all’universo terrestre, di complessità e di globalità. Lo scopo è educare a
cogliere la problematicità del reale ed essere in grado di capirlo senza
avere la pretesa (come accadeva nel passato) di ordinarlo secondo un
modello precostituito e di situarlo in un mondo dai confini aperti.
I PROTAGONISTI