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SEMEIOTICA

Per l’approccio alle malattie del sistema respiratorio è essenziale conoscere la semeiotica ed i test di
funzionalità respiratoria. L’approccio clinico ci dà le prime informazioni e ci orienta sul riconoscimento del
tipo di patologia e sulle indagini da fare. Il sistema respiratorio è di per sé povero di segni e può essere
meglio esplorato mediante RX Torace o, preferibilmente, mediante TAC (normale o ad alta risoluzione). Il
polmone non è facilmente approcciabile né dal punto di vista clinico né da un punto di vista tecnico-
radiologico. E’ importante entrare nell’ordine di idee che nel cercare di eseguire una diagnosi bisogna
partire dal paziente e non dalle malattie. Il partire dal paziente permette di notare cose che ,in seguito,
potranno essere ricollegate alla clinica delle singole malattie, facendo una sorta di schema per ognuna di
esse; questo è un modo più tecnico e semplice di studiare il paziente.

Riguardo alle malattie dell’apparato respiratorio, la prima cosa da considerare, naturalmente, è la storia
dell’apparato del paziente che ha delle sue date caratteristiche fisiche. Dopo ciò si prosegue con l’esame
obbiettivo, costituito nell’ordine da:

- Ispezione
- Palpazione
- Percussione
- Auscultazione

Infine si applicano le indagini di primo livello, le quali ,tuttavia, non sono sufficienti a chiarire il quadro del
paziente nei casi più gravi. Esse sono: l’emogasanalisi, la radiografia del torace e le prove di funzionalità
ventilatoria. Questi tre elementi rappresentano le basi procedurali sulle quali si basa l’approccio alla
maggior parte dei casi.

L’anamnesi viene cominciata iniziando col chiedere al paziente il motivo per il quale è venuto a chiedere un
parere medico. Nonostante la classica struttura dell’anamnesi (1°- anamnesi fisiologica, divisa a sua volta in
familiare e personale; 2°- anamnesi patologica remota; 3°- anamnesi patologica prossima), di certo il
paziente comincerà col descrivere i sintomi che hanno caratterizzato la sua vita recente (anamnesi
patologica prossima) e conoscere ciò d’altronde deve essere lo scopo primario del medico, il quale poi
dovrà risalire all’anamnesi patologica remota.

I segni classici dell’apparato respiratorio per cui un paziente si reca dal medico sono:

- Tosse, la quale può avere caratteri differenti


- Presenza di espettorato qualificabile con varie caratteristiche: mucoso, muco-purulento,
abbondante, scarso ecc…
- Vomica (espulsione di grande quantità di materiale generalmente purulento) che può essere
causata, ad esempio, dallo svuotamento di una caverna tubercolare, da un ascesso o può essere
conseguente alla presenza di tumori che portano all’espulsione di materiale necrotico
- Emottisi (espulsione di escreato prevalentemente ematico) o emoftoe (espettorato macchiato di
sangue): il sanguinamento è assolutamente motivo di ricovero e ciò segue, tra l’altro, una sorta di
legge che vale per qualsiasi organo e apparato: le cause di sanguinamento devono essere analizzate
mediante esami sul paziente che viene ricoverato affinché questo disturbo possa essere eliminato
per prevenire conseguenze quali , ad esempio, lo scaturire di uno stato anemico, nonché per
tranquillizzare il paziente stesso, il quale è certamente messo in soggezione dal sanguinamento
- Dolore toracico e dispnea: questi due sintomi pongono importanti problemi di diagnosi
differenziale rispetto a malati di cuore. Il dolore toracico è diverso per quanto riguarda l’apparato
respiratorio rispetto a quello presentato dal malato cardiaco per sede, caratteristiche, modalità
d’insorgenza e di regressione. La dispnea è un affanno percepito come anomalo dal paziente
rispetto all’affanno fisiologico che si ha ,ad esempio, dopo una corsa intensa

Parlando dell’anamnesi fisiologica familiare, che ci permette di conoscere fatti lontani nel tempo ma
correlati alla condizione attuale del paziente, si devono porre alcune domande specifiche ai malati che
hanno problemi respiratori. Queste domande riguardano la presenza di malattie ereditarie ( asma e
allergie) in famiglia, casi di dermatite da bambini, presenza di malattie più rare in famiglia quali, ad
esempio, la mucoviscidosi, la Corea di Huntington o la distrofia muscolare. Nell’anamnesi generale del
paziente, affinché una terapia possa essere ben indirizzata, è molto importante considerare i fattori di
rischio cardiovascolari (diabete, ipertensione, dislipidemie ecc..) nonché le abitudini alimentari del
paziente, poiché, come noto, l’obesità è accompagnata a problemi respiratori oltre che di altra natura.

Tra le malattie infettive da considerare ,principalmente, vi è la tubercolosi. Negli anni ’50 questa
patologia era una grave piaga, tanto da avere ospedali dedicati solo alla sua cura. Anni dopo, col
miglioramento della terapia antitubercolare in Italia venne smantellata la rete di osservazione sulla
malattia. Nonostante ciò essa non è mai stata eradicata del tutto. Negli ultimi tempi sta nuovamente
riaffiorando il problema di questa patologia, a causa di vari fattori quali crisi economica, immigrati
provenienti da zone in cui la tubercolosi è una malattia endemica e lo stesso smantellamento della rete
di osservazione. Tuttavia è una malattia curabile e la terapia, come già detto, è decisamente migliore
rispetto al passato; deve comunque essere obbiettivo del medico sapere se il paziente è stato esposto a
questa patologia o l’ha contratta in passato. Naturalmente è sempre da considerare un probabile
contagio da malattie infettive o parassitarie ed influenza La diffusione di malattie infettive può essere
favorita dalla presenza di condizionatori ed umidificatori (es.: Legionella).

Per quanto riguarda l’ambiente, vi sono alcuni fattori importanti che influenzano le condizioni
dell’apparato respiratorio. Tra questi il fumo passivo, le polveri inorganiche inalate principalmente in
determinati ambiti lavorativi, il contatto con piante e animali (Es.: Piccioni, pappagalli, bestiame,
conigli) vettori di allergeni o malattie infettive. Avere informazioni sull’igiene e sullo stato nutritivo del
paziente può pure costituire un fattore significativo per il riconoscimento della patologia in esame.

Considerando l’anamnesi personale, una delle cose più importanti che influisce sull’apparato
respiratorio è il fumo, per due motivi: il fumo ha effetti distruttivi sui tessuti ed è la causa principale di
bronco-pneumopatia cronico - ostruttiva (BPCO). Al paziente bisogna chiedere quanto fuma, da quanto
tempo e, se ha cessato di farlo, da quanto tempo ha smesso. Non si considera ex fumatore chi ha
smesso da 6 mesi o da un anno, poiché gli effetti del fumo richiedono una buona quantità di tempo per
essere smaltiti ed inoltre nel primo anno dall’astensione dal fumo vi è una grossa percentuale di
ricaduta. Dire quindi che si è smesso di fumare da 6 mesi- 1 anno non basta per essere considerati ex
fumatori. La letteratura ha inventato il “pack year” , un indice di esposizione complessiva. Esso si
misura moltiplicando dapprima il numero di sigarette per il numero di anni per poi dividere queste
risultato per 20. PACK YEAR = Num. Sigarette x Num. Anni/ 20

Chiedere la località di residenza ed i viaggi effettuati è molto importante poiché il paziente potrebbe
essere stato infettato da malattie diffuse in determinate zone come ad esempio i paesi tropicali.
Bisogna sapere poi se il paziente è dedito all’alcool, poiché chi ne fa abuso può avere una bassa
tolleranza alle infezioni ed ha una propensione maggiore ad essere attaccato da determinati patogeni
rispetto ai non-etilisti. Naturalmente, ripetiamo, è importante conoscere le abitudini alimentari del
paziente.

L’anamnesi occupazionale è molto importante nella sfera delle malattie dell’apparato respiratorio.
Malattie tipiche di determinati ambiti lavorativi sono la silicosi (dovuta all’esposizione alla silice, nel
caso, ad esempio, di lavori a stretto contatto con laterizi, ceramiche, vetro, materiali dell’industria
siderurgica e metallurgica), l’ Antracosi (carbone), la berilliosi (berillio), l’ asbestosi (amianto), la talcosi
(silicato idrato di magnesio nella colorazione di ceramiche). Particolarmente importante è l’esposizione
all’amianto. Si ripercuote ai giorni odierni l’alta esposizione all’amianto che vi era in passato. Negli anni
‘70 le malattie polmonari legate a questo materiale erano particolarmente frequenti a causa dell’uso
diffuso dell’eternit in case o cantieri navali, essendo esso un ottimo isolante termico. Dall’amianto,
tuttavia, si distaccano delle fibre sottili che venivano facilmente inalate e rimanevano intrappolate
all’interno del polmone. L’asbesto ha un preciso tropismo verso la pleura ed è questo il motivo per cui
esso causa un tipo di tumore tipico delle persone espostevi, il mesotelioma. La legge italiana, a partire
dagli anni ’70-‘80 ha severamente proibito l’uso di amianto nelle costruzioni. Oggi l’esposizione al
mesotelioma è dovuta al mancato smaltimento di grandi quantità di amianto. L’esposizione a questo
materiale mette in pericolo anche coloro che hanno contatti con persone che lo hanno maneggiato,
dato che le fibre di asbesto restano nei vestiti di coloro i quali ne sono venuti a contatto. Oggi, grazie
alla normativa italiana già citata ed alla chiusura delle miniere d’amianto., l’incidenza del mesotelioma
è molto ridotta rispetto agli anni precedenti. Le sostanze prima citate (berillio, silice, ecc..),a parte
l’asbesto, agiscono a livello polmonare inducendo fibrosi. Per questo motivo, qualora un paziente
dovesse presentare fibrosi polmonare, sarà necessario svolgere delle indagini affinchè ci si accerti che
tale condizione non sia dovuta al contatto con le suddette sostanze o, come già detto, con la
tubercolosi. Per questo motivo, ripetiamo, è importante chiedere al paziente quale sia la sua attività
lavorativa; saperlo può indirizzarci verso determinati iter diagnostici.

L’esposizione a determinate polveri organiche può determinare l’insorgenza di malattie quali:

- Bissinosi, malattia ormai rara tipica dei coltivatori di cotone


- Bagassosi (canna)
- Esposizione a lino e canapa danneggia il polmone
- Polmone dell’agricoltore
- Polmone da paraquat, oggi raramente osservabile, è dovuto all’esposizione ad un particolare
diserbante ormai in disuso

Gli isotiocianati, sostanze contenute nelle vernici, causano l’insorgenza di una patologia di natura
asmatica, diffusa particolarmente nelle regioni di Ferrara e Padova ove si trovano numerose industrie
del legno. Generalmente un medico che riceve questi casi finirà per indirizzare i pazienti dal medico del
lavoro, affinché vengano poi discusse situazioni che coinvolgono pratiche INPS, distribuzione di
pensioni e tutto quanto concerne la medicina del lavoro. Altre sostanze chimiche a cui possono essere
esposte persone con determinati posti di lavoro sono: acido solforico, ammoniaca e cianuri.

Coloro che lavorano sott’acqua sono particolarmente soggetti ad un tipo di patologia dell’apparato
respiratorio denominata malattia dei cassoni (equivalente alla malattia da decompressione del sub), a
causa del fatto che inalano aria a pressioni elevate (consideriamo che già a 10 m di profondità la
pressione corrisponde a 2 atmosfere). Ciò determina l’aumento di solubilità nel sangue dell’azoto; tale
solubilità nel riemergere diminuisce e ciò causa la formazione di bolle d’azoto nel sangue che sono
causa di embolia. Tali pazienti vengono trattati mediante l’uso della camera iperbarica, il cui scopo è
quello di ricreare la pressione alla quale il gas è solubile in modo tale da determinare la
decompressione graduale e il ritorno in fase gassosa dell’azoto a livello polmonare e non periferico.
Non è ,tuttavia, un evento che si vede molto frequentemente.

Nell’anamnesi patologica remota vengono nominate molte malattie esantematiche infantili che non
hanno, solitamente, grande rilevanza per l’apparato respiratorio, mentre sono da tenere in maggiore
considerazione malattie ad andamento cronico di diverso tipo: tubercolosi, asma, BPCO, interstiziopatie
(possiamo affermare che esse sono una parte della diagnosi nuova nell’ambito della patologia
polmonare; sono state studiate più approfonditamente grazie all’avvento della TAC, anche se, in
compenso, non sono molto frequenti), immunodepressione, cardiopatie, diabete.

È importante considerare che i pazienti possono presentarsi con delle fratture patologiche, le quali
possono essere indice di molte cose. Innanzitutto, quando vi sono metastasi a livello di un osso, questo
può portare ad una frattura patologica. È ,quindi, necessario domandarsi se la frattura che ci si
presenta sia dovuta solamente ad un trauma oppure causata principalmente da una patologia che può
a sua volta aver reso più fragile lo stesso osso. Da non dimenticare sono le fratture dovute
all’osteoporosi, poiché questa è una patologia frequente nei pazienti con problemi di BPCO o in pazienti
che sono costretti a fare uso di grande quantità di corticosteroidi, come quelli che soffrono di asma
severo (costretti ad assumere per via orale tali farmaci), BPCO di tipo enfisematoso (persone magre e
con problemi di metabolismo del calcio).

Bisogna poi chiedere al paziente se è stato sottoposto ad interventi chirurgici, ad esempio per la
rimozione di una neoplasia ( ricordiamo inoltre che chi è stato colpito da un tumore ha maggiore rischio
di ripresentarne un secondo), per il trattamento della tubercolosi (il trattamento chirurgico per questa
patologia era particolarmente praticato in passato). Sapere quali interventi un paziente ha subito può
essere importante per identificare l’eziologia della patologia che lo affligge.

Per il medico più navigato l’anamnesi diventa la parte più divertente del suo lavoro (cit. Bonsignore) e
farla bene significa essere al 70% dell’iter diagnostico. Si procede per indizi; i primi indizi sono quelli
della storia e dell’esame obbiettivo. È molto importante quindi sapere fare bene un’anamnesi.
Nell’anamnesi bisogna sempre chiedere “da quanto tempo si è presentato il disturbo”, “con quali
caratteristiche si presenta” (Es: se una persona ha l’affanno bisogna sapere se ha crisi isolate od è
continuo, se l’insorgenza di tale stato ha rapporti con atti fisiologici come il mangiare, l’andare di corpo,
se succede di notte o di giorno o sveglia il paziente durante la notte). Parlando di sintomi collaterali ad
esempio, nel paziente cardiopatico con dolori anginosi riveste particolare importanza la presenza di
sudore freddo e la sensazione di morte imminente. È importante sapere le cure prescritte dai medici
che hanno visto prima il paziente, poiché se un’eventuale cura prescritta precedentemente non si rivela
efficace sarà compito del medico che lo visita per ultimo prescrivere una terapia con maggiore efficacia.

Molto importante è anche l’anamnesi del sonno. Noi dovremmo passare almeno 1/3 della nostra vita
dormendo ma nella nostra società, frenetica ed a corto di tempo, si tende a dormire poco. Questo fatto
espone ad una serie di problemi. Vi sono dei sintomi a carico dell’apparato respiratorio strettamente
legati alla mancanza di sonno, la paralisi di muscoli adibiti alla respirazione con il solo diaframma che
resta a garantire l’attività respiratoria. Il paziente con insufficienza respiratoria tenderà a sviluppare
dispnea soprattutto sotto sforzo. La notte è un momento di crisi per un apparato respiratorio
ipoventilato. Ciò può portare ad un brusco abbassamento della saturazione dell’emoglobina, con
conseguente sviluppo di ipossia. Il sonno è, ripetiamo, un importante elemento da indagare. Spesso il
medico deve intervenire durante il sonno, soprattutto nei casi di pazienti con insufficienza respiratoria
cronica, i quali vengono sottoposti durante la notte a respirazione non invasiva. Nonostante ciò è poco
diffusa la cultura della medicina del sonno. Si segnala un ADO svolto dalla Bonsignore recentemente
sulla medicina del sonno che quest’anno potrebbe ripetere, se voi vorrete, oltre che a Palermo, anche a
Caltanissetta. Se interessati, si può parlarne con la professoressa.

TOSSE

La tosse è un meccanismo di difesa fondamentale per le vie aeree. In seguito ad uno stimolo irritativo il
soggetto inspira profondamente, chiude la glottide per poi espirare con forza. Durante questo processo
si crea una forte compressione a livello delle vie aeree cui segue l’improvvisa riapertura della glottide.
Ciò porta solitamente all’espulsione di ciò che ha causato lo stimolo irritativo. La tosse è un sintomo
fondamentale di salute: ciò lo si evince prendendo in considerazione i pazienti che non sono in grado di
farlo. Ad esempio, un paziente con la distrofia muscolare di Duchenne, una malattia degenerativa
muscolare, a causa della quale in passato si moriva in giovanissima età, mentre oggi, grazie ad alcune
cure, vi si riesce a vivere più lungo, presenta incapacità di evocare lo stimolo della tosse a causa della
debolezza muscolare. Questi pazienti devono essere esposti a bronco-aspirazione con tracheotomia.
Funzionali al trattamento di questi pazienti sono i cosiddetti in essuflator (? Non so se è scritto bene,
vedi internet). Anche i pazienti affetti da SLA devono essere sottoposti a bronco-aspirazione.

La tosse può essere di due tipi:

- Secca: è un sintomo fondamentale di interessamento dell’interstizio polmonare. Essa può essere


dovuta ad asma o bronco-costrizione ( come ad esempio avviene ai poco allenati dopo una corsa a
basse temperatura) e può precedere la tosse produttiva in alcune patologie. Una neoplasia che
interessa il parenchima polmonare o uno dei grandi bronchi e il continuum bronco in genere
esordisce con tosse secca. Anche l’inspirazione di gas irritanti e il reflusso gastro - esofageo (in
seguito al passaggio di liquidi acidi provenienti dallo stomaco all’interno del condotto laringeo)
possono essere causa di tosse secca. Inoltre, patologie di pertinenza cardiologica (insufficienza
ventricolare sinistra, stenosi mitralica, aneurisma aortico),pleurite (a volte provocata da farmaci,
per esempio Beta-bloccanti e ACE inibitori) e pericardite possono determinarne l’insorgere. La
tosse secca può essere anche psicogena. Nel caso delle interstiziopatie si interviene innanzitutto
con la somministrazione di Codeina, un derivato della morfina. Ciò serve a prevenire il
sanguinamento di tali pazienti.*
- Produttiva: caratterizzata da produzione di muco, può essere catarrale o purulenta: nel primo caso
avremo una ipersecrezione di muco bianco, “puro”; nel secondo il muco, a causa di un’infezione
sovrapposta, può essere di vario colore (giallo, verdastro, grigiastro ecc..) ed è tipica di patologie,
quali la bronchite, la polmonite tipica (che si differenzia da quella atipica, caratterizzata da
prevalente interessamento interstiziale), le bronchiectasie (alterazioni della parete bronchiale ove
tende a ristagnare il muco) e la BPCO (tipica dei fumatori). La tosse produttiva pone un problema di
diagnosi differenziale con l’ escreato schiumoso e roseo tipico dell’edema polmonare acuto. Questa
patologia è dovuta ad un episodio di insufficienza ventricolare sinistra, che porta al ristagno
d’acqua a livello polmonare. Quest’acqua è mista a globuli rossi e ad aria. Quindi, sottolineiamo
ancora, la presenza di espettorato schiumoso e roseo è un segno incontrovertibile di edema
polmonare acuto, quindi di un problema polmonare secondario ad un problema cardiaco
(insufficienza ventricolare sinistra).

Basandoci su questa classificazione è facile capire che al paziente che lamenta la presenza di tosse deve
essere chiesto quali caratteristiche abbia.

Dal punto di vista temporale, la tosse può essere parossistica oppure continua. Una tosse
abbaiante/rauca, forte e stridula dipende da un interessamento delle alte vie aeree (laringe, trachea);
la tosse fioca è dovuta ad un interessamento delle corde vocali o ad una carenza dei muscoli
(Es.:miastenia, SLA); la tosse a carattere bitonale (caratterizzata da un evidente cambiamento di voce) è
dovuta ad una paralisi del nervo laringeo ricorrente; la tosse convulsiva è tipica della pertosse, malattia
pediatrica contro la quale adesso esiste un vaccino in grado di prevenirla.

Segni accompagnatori della tosse sono la vomica e l’emottisi o l’emoftoe.La vomica indica
particolarmente tre cose: una caverna tubercolare che si svuota (emissione di materiale caseoso); delle
bronchiectasie (caratterizzate da alterazioni di zone bronchiali ove avviene l’accumulo di essudato); casi
di gangrena polmonare (Es.: neoplasie). L’emottisi e l’emoftoe sono indicatori di tre cose: tubercolosi,
bronchiectasie e cancro. Per questo motivo questi sintomi portano incontrovertibilmente al ricovero
del paziente che li presenta. In questi è essenziale eseguire una broncoscopia. Anche anomalie
arteriose possono essere associate ad emottisi o emoftoe. Una persona alla quale è stato
somministrato Cumadin quando tossisce sanguina di più rispetto al normale. In questo caso si ricorre
alla somministrazione di vitamina K. Vi sono poi casi di sanguinamento legati ad infarto polmonare (o
embolia polmonare), insufficienza ventricolare sinistra (con conseguente turgore del circolo
bronchiale), micosi ed echinococcosi. In questi casi la diagnosi è legata ad indagini radiologiche.

ESPETTORATO

Si definisce espettorato il materiale patologico proveniente dalle vie aeree emesso con i colpi di tosse.
La quantità si considera scarsa se inferiore a 200 ml al giorno. È raro vedere pazienti che espellono
quantità abbondanti di muco. L’espettorato è un elemento molto importante dal punto di vista
diagnostico, poiché su di esso viene eseguito gli esami microbiologico e citologico. L’espettorato più
utile è quello della mattina, dato che durante la notte il riflesso della tosse è abolito e si raccoglie una
buona quantità di materiale. Per l’esame microbiologico l’espettorato viene raccolto per 3 giorni. Anche
l’espettorato post- broncoscopia è molto ricco ed utile per gli studi sul paziente. Vi sono vari aspetti
dell’espettorato:

- Sieroso- schiumoso- roseo: è segno di edema polmonare acuto


- Mucoso, trasparente, gelatinoso e bianco: in questo caso non vi è infezione di solito; può essere
anche associato a bronchiti acute
- Purulento e di vario colore (giallo, verde, grigio): è segno d’infezione, ascesso, gangrena,
bronchiectasie
- Nummulare o a moneta : tipico della tubercolosi
- Rugginoso: tipico della fase iniziale della polmonite lobare, che causa l’aumento di permeabilità del
parenchima polmonare con conseguente passaggio all’interno del lume bronchiale anche dei
globuli rossi, i quali conferiscono al muco il tipico colore del caso
- Giallo: riscontrabile nella fase avanzata di polmonite lobare
- A gelatina di lampone: tipico delle neoplasie polmonari (muco trasparente e roseo)

DOLORE TORACICO

L’apparato respiratorio è privo di recettori dolorifici. Il dolore toracico di pertinenza polmonare è un dolore
prettamente pleurico, essendo la pleura parietale molto ricca di terminazioni nervose dolorifiche. Un
paziente può avere un tumore, anche molto sviluppato nel parenchima polmonare e non riferire stimoli
dolorifici. Il dolore viscerale non dipende quasi mai dal polmone, ma da altre patologie quali dissecazione
aortica, aneurisma aortico, pericardite ed esofagite. Il dolore pleurico ,quindi, riferibile anche alla parte alta
del torace ed associato a senso di peso, è l’unico vero sintomo dolorifico legato al polmone. Il versamento
di liquido all’interno del polmone, oltre a causare affanno e collasso dello stesso polmone, determina
l’insorgere di un senso di pesantezza e di dolori a livello toracico. Il dolore pleurico acuto e pungente lo si
ritrova specialmente nelle fasi iniziali di una pleurite quando ancora il liquido tra i foglietti parietale e
viscerale non si è formato,con conseguente attrito fra quest’ultimi; si accentua nella respirazione profonda.
Quando si forma il versamento nello spazio tra le due pleure, il dolore diviene più di tipo oppressivo, con
l’insorgere del già descritto senso di pesantezza a livello toracico. Il dolore è dovuto allo stimolo delle
afferenze nervose della gabbia toracica, mai del polmone.

Il dolore di tipo muscolare riferito a livello toracico è esacerbato dalla compressione manuale, dal freddo e
dal caldo e dal movimento. Il dolore vertebro-costale viene indagato mediante digito-pressione sulla
colonna vertebrale, in particolare sulle apofisi spinose, nonché sulle coste,in seguito alla quale il paziente
riferisce una forte fitta dolorosa ed indica che vi è un coinvolgimento dei nervi toracici.

Il dolore toracico cardiaco dovuto alla dissecazione aortica è riferito a livello retro-sternale come
improvviso e molto forte, “a pugnalata”, accompagnato da segni di shock (dovuti al passaggio del sangue
nel falso volume creatosi nella parete aortica a cui consegue una bassa portata di sangue a livello
periferico), disuguaglianza dei polsi e picco ipertensivo.

Nell’aneurisma aortico senza dissecazione troviamo un dolore sub-continuo di intensità e localizzazione


variabile , in genere irradiato al collo ed è un segno tardivo dello stesso aneurisma.

Il dolore della pericardite, simile a quello della pleurite, è oppressivo,profondo e raramente violento a sede
retro sternale. Esso risente dei cambiamenti di postura, respiro e movimenti ed è irradiato a spalle, collo,
regione claveare ed alla base dell’emitorace sinistro. Il dolore della pleurite si differenzia per una
localizzazione più laterale rispetto a quello pericardico.

Il dolore dell’infarto è retro sternale ed è irradiato a collo e braccia. Non passa con la trinitrina ed è
accompagnato da senso di morte imminente e bassa pressione.
L’esofago a causa della sua localizzazione è causa di numerosi allarmismi. Malattie quali l’esofagite ed il
reflusso gastro-esofageo (oggi molto frequente) sono associate a dolore con localizzazione simile a quella
dell’infarto (centrale e retrosternale), che può interessare anche le zone epigastrica ed interscapolare. Può
essere associato a disfagia e flessione in avanti del tronco. In questo caso la somministrazione di malox
attenua il dolore.

Polmone e pleura viscerale non danno stimoli dolorifici. Il dolore della pleura parietale ha un’insorgenza
improvvisa, iperacuta (come nel caso della lacerazione pleurica dovuta a pneumotorace). Lo pneumotorace
è dovuto all’ingresso di aria all’interno del cavo pleurico. Il caso tipico è la rottura di una bolla all’interno del
polmone, cosa che può accadere anche al giovane in seguito ad un intenso sforzo . Questo dolore è
accentuato durante gli atti respiratori e si attenua con l’aumentare dell’entità del versamento. Dalla sede
corrispondente al punto stimolato il dolore si irradia al metamero corrispondente. La pleura mediastinica
dà dolore parasternale acuito dalla deglutizione e dal movimento della colonna vertebrale; la pleura
diaframmatica periferica da dolore alle basi polmonari; la pleura centrale da dolore nella zona cucullare.

Il dolore tracheale è riferito alla regione anteriore del collo e del torace, mentre quello bronchiale alle
regioni interscapolo-vertebrale, sottomammaria ed all’ipocondrio. Ricordiamo che il dolore toracico è
significativo nell’indicarci la presenza di una malattia respiratoria nel caso vi sia un coinvolgimento pleurico
e che si accentua col respiro. La discussione di cui sopra sul dolore toracico non riporta tutte le possibili sue
cause.

DISPNEA

Parlando della dispnea bisogna distinguere pazienti con dispnea cronica da pazienti caratterizzati da episodi
di dispnea acuta e sub-acuta. Quest’ultima è tipica principalmente dell’asma. Anche lo pneumotorace e
l’edema polmonare acuto (legato ad insufficienza ventricolare sinistra) sono causa di dispnea acuta . La
polmonite batterica, se massiva, può dare dispnea; questa patologia si presenta con febbre ed è quindi
facilmente distinguibile da altri disturbi. La dispnea sub-acuta ( con durata di giorni o settimane) può essere
dovuta ad una riacutizzazione di una patologia cronica (es.: BPCO), ad un processo infettivo ad evoluzione
lenta, ad un versamento pleurico che si va formando ed, infine, ad insufficienza cardiaca congestizia. I
versamenti che si formano a causa della presenza di tumori tendono a riformarsi (*dopo ciò la
professoressa parla brevemente di una pratica il cui scopo dovrebbe essere quello di evitare il riformarsi
del versamento, di cui purtroppo non riesco a capire bene il nome e della quale le slide non sembrano
parlare. Prevede il drenaggio del versamento e l’uso , mi sembra di sentire, di talco. Questo è quello che
sono riuscito ad intuire. Non ho internet a CL per cercare qualcosa a riguardo. Probabilmente si tratta
della pleurodesi).

La dispnea cronica è dovuta principalmente a BPCO, anche se cardiopatie croniche ed interstiziopatie ( tra
le quali la fibrosi polmonare) possono determinarla. I pazienti con fibrosi polmonare sono particolarmente
difficili da drenare; questi si presentano con piccoli polmoni. Per migliorare la situazione si fa ricorso ad
iniezioni di morfina a basse dosi. Questa sostanza ha il compito di ridurre l’ansia psicologica, stabilizzare il
respiro e permettere inspirazioni più profonde.

Si distinguono una dispnea espiratoria ed una inspiratoria. La dispnea espiratoria, che consiste nella
difficoltà a far uscire aria dai polmoni, è la più comune e si associa ad espirazione forzata e prolungata ed a
stridore espiratorio. E’ causata principalmente da asma e BPCO. Questo tipo di dispnea è inoltre
accompagnata, a causa dell’eccessiva quantità d’aria che permane all’interno dei polmoni, dalla difficoltà
ad eseguire atti inspiratori. La dispnea inspiratoria ,invece, è caratterizzata dalla difficoltà di immettere aria
all’interno dei polmoni. Essa è associata ad inspirazione forzata e prolungata e a rumori di tirage e cornage.
E’ principalmente causata da edema della glottide( importante da considerare in caso di reazioni allergiche
o ai farmaci), dalla presenza di un corpo estraneo mobile nella glottide, da laringospasmo e da
compressione estrinseca; si tratta quindi di disturbi principalmente alle vie aeree alte.

Nel caso delle cardiopatie scompensate si può assistere al manifestarsi di un tipo di dispnea mista. La
cardiopatia scompensata si può associare ad aumento della pressione del circolo bronchiale con
susseguente restrizione degli stessi bronchi. Questo è la cosiddetta asma cardiaca. Il carattere principale
della dispnea di un cardiopatico è il peggioramento in clinostatismo, ovvero il paziente riferisce che appena
si mette a letto viene sovrastato dall’affanno e che, per trovare sollievo, deve sedersi . Questo fenomeno è
la cosiddetta ortopnea, un segno sicuro di insufficienza cardiaca. È molto importante ricordare questa
particolarità della dispnea cardiaca, poiché ci può permettere di riconoscere degli scompensi cardiaci e di
inviare il paziente ad un cardiologo. Bisogna sempre chiedere se si ha dispnea in clinostatismo.

La dispnea da sforzo può essere un segnale correlabile a disfunzioni sia polmonari, sia cardiache. Tale tipo
di affanno è dovuto ad un mancato apporto di ossigeno alla periferia corporea che può essere dovuto ad
insufficiente funzione dei polmoni o del cuore o anche ad uno stato anemico. Il test da sforzo
cardiopolmonare è uno strumento fondamentale mediante il quale si può capire quale sia la causa della
dispnea. La dispnea continua è quella che appare anche a riposo.

Vedi scala di gravità della dispnea (File: Semeiotica; slide: n°17)

ESAME OBIETTIVO

L’esame obiettivo (ispezione, palpazione, percussione, auscultazione) serve a confermare o negare gli
indizi raccolti con la storia. Conviene sempre spendere un po’ di tempo in più nel delineare la storia del
paziente. Bisogna che il medico abbia un fine occhio clinico, ovvero, deve carpire indizi che possono
indirizzarlo a sospettare delle determinate patologie già osservando il paziente.

Il decubito è un aspetto da indagare con precisione. Varie patologie si accompagnano ad un decubito


preferenziale o obbligato da parte del paziente. L’ortopnea, ad esempio, è l’impossibilità di respirare
correttamente in posizione supina da parte del paziente ed è molto spesso sintomo di patologia cardiaca o
di insufficienza respiratoria legata ad enfisema. In particolare, i pazienti che presentano questa particolarità
tendono ad appoggiare le mani in modo da bloccare il cingolo superiore e favorire l’uso dei muscoli
accessori per la respirazione. I pazienti aventi versamento pleurico, invece, sono costretti al decubito in
posizione laterale. Il versamento riduce la quantità di polmone “attivo” e il paziente tende a giacere
sull’emitorace caratterizzato dal versamento in modo tale che l’espansione del secondo sia favorita affinché
quest’ultimo svolga un’azione vicariante per mantenere la respirazione del soggetto. Tutto ciò vale anche
nel caso dello pneumotorace.

Osservando la facies (viso), si riscontrano dei particolari aspetti tipici di problemi respiratori. Uno di questi è
la cianosi periorale. La presenza dell’ossimetro (o pulsiossimentro o saturimetro) permette, oggi, in tempi
brevissimi di sapere quale sia la saturazione del soggetto. Tuttavia è utile sapere che la colorazione
cianotica periorale è sintomo di un problema respiratorio. Il segno di miosi-ptosi-esoftalmo è tipico della
sindrome di Bernard-Horner associata al tumore dell’apice polmonare (o tumore di Pancost) che interessa i
nervi del simpatico cervicale e i nervi cranici; può anche interessare il plesso brachiale con ipotrofia del
braccio.

Il turgore delle giugulari ci indica l’aumento della pressione venosa, causata da un ostacolo al ritorno
venoso al cuore. L’insufficienza cardiaca destra è una delle cause di questo sintomo. In questo caso
possiamo riscontrare il cosiddetto cuore polmonare, in genere cronico, causato da una malattia
polmonare. Un cuore polmonare acuto può essere causato da un’embolia polmonare acuta a sua volta
conseguenza di una trombosi venosa profonda ; ciò determina un aumento di pressione che si ripercuote
sulle giugulari, con conseguente turgore delle stesse. Raramente l’edema polmonare ostacola il ritorno
venoso al cuore. Frequentemente l’insufficienza cardiaca può essere causata da masse a livello del
mediastino che interessano la vena cava superiore. Questi pazienti presentano il cosiddetto edema a
mantellina. Queste masse ,naturalmente, sono tumori. La pericardite, specie se costrittiva, causa anch’essa
ostacolo al flusso verso l’atrio destro. Il turgore delle giugulari si misura considerando che, secondo la
meccanica dei fluidi, un liquido si sposta da un punto a maggiore pressione verso un punto a minore
pressione. Stando in piedi, un soggetto normale non avrà turgore delle giugulari, così come abbassando la
mano è normale che le vene di questa s’ ingrossino. Un soggetto disteso, anche se non malato, può avere le
giugulari visibili. Per determinare quanto siano turgide queste vene e per capire l’entità della pressione
venosa, possiamo invitare il paziente a posizionarsi a vari gradi. Un paziente con le giugulari turgide da
seduto è da considerare certamente più grave di un paziente che presenta il turgore quando posizionato a
45°.

La cianosi ungueale, come la cianosi peri-orale, oggi è un sintomo poco studiato, grazie ancora alla
presenza dell’ossimetro.

L’ippocratismo digitale è caratterizzato dalla presenza delle cosiddette dita “a bacchetta di tamburo” ed
unghia a “vetrino d’orologio”. Questo è un segnale assolutamente aspecifico perché si può verificare
nell’insufficienza respiratoria, nelle bronchiectasie ed, in generale, in processi infiammatori purulenti
segnali di sindrome paraneoplastica.

Altro sintomo che si presenta legato ad insufficienza del cuore destro causata da malattie polmonari sono
gli edemi declivi. Lo scompenso destro del cuore, oltre a questi, si accompagna anche ad epatomegalia e
turgore delle giugulari.

Da considerare sono gli indizi di patologia venosa negli arti inferiori. Una trombosi venosa profonda può
accompagnarsi anche alla presenza di varici, le quali , anche se non costituiscono un segno certo di
patologia venosa profonda, sono da tenere sott’occhio.

Nell’ispezione è da tenere sotto stretta osservazione la simmetria. Per esempio, un paziente con trombosi
venosa profonda in un solo lato, presenterà i sintomi tipici (turgor, rumor, calor) solo in quest’ultimo e non
in quello sano. L’esame comparativo tra gamba destra e sinistra in un sospetto d’embolia polmonare è
molto importante per la ricerca della trombosi venosa profonda che ha causato la stessa embolia .

Considerando l’immagine qui sotto, esaminiamo alcuni aspetti dell’ippocratismo digitale. L’immagine B
riguarda un paziente con ippocratismo digitale, mentre la raffigura le dita di un soggetto sano. Nel primo
caso non è presente alcun foro tra le due dita, a causa della particolare forma che le unghia hanno
acquisito. In un soggetto senza ippocratismo digitale, invece, è riscontrabile la presenza del foro.
Nell’immagine A è possibile osservare la presenza di una incavatura tra il dito e l’unghia dovuta al
sollevamento di quest’ultima, cosa che in un soggetto normale (Immagine D) non si riscontra. L’immagine
C mostra una massa all’interno di un polmone alla quale è, appunto, associato l’ippocratismo digitale. Le
malattie polmonari sono causa di circa la metà dei casi di ippocratismo digitale, a sua volta possibile
conseguenza di malattie cardiovascolari e di diabete. Condizioni suppurative, ascessi, Empyema (
versamento pleurico a carattere purulento), bronchiectasie e fibrosi cistica sono associate a questo tipo di
alterazione. Anche malattie polmonari diffuse, idiopatiche, asbestosi, malformazioni artero-venose,
neoplasie (carcinoma broncogeno, mesotelioma maligno, sarcoma osteogenico metastatico) sono
accompagnate da ippocratismo digitale. Nel caso della tubercolosi, secondo uno studio, è presente nel 30%
dei pazienti africani ,mentre non è stato comunemente riscontrato in pazienti Nordamericani.
Qui di seguito sono elencate altre condizioni che possono essere associate ad ippocratismo digitale:

Altri segni da ricercare nell’ispezione sono:

- reticoli venosi : tipici dei pazienti con ostruzione della vena cava superiore, caratterizzati il più delle
volte da tumori avanzati
- lo stato nutrizionale: un paziente obeso ,in genere, è soggetto a patologie di tipo puramente
restrittivo, caratterizzate dal sollevamento del diaframma ,a causa della grande quantità di adipe
addominale, con conseguente rimpicciolimento dei polmoni, anche in assenza di patologie
polmonari (si parla quindi sindrome da obesità ed ipoventilazione, differente dalla sindrome delle
apnee ostruttive del sonno); d’altro canto, un paziente deperito fisicamente, denutrito, deve far
pensare immediatamente a due patologie in particolare: BPCO e tumore. Altre malattie
ipossiemiche gravi, quale è la fibrosi polmonare, possono accompagnarsi a perdita di peso. È per
questo motivo che è importante chiedere sempre se il paziente ha perso peso.
- Gli edemi declivi, indici di cuore polmonare cronico
ISPEZIONE DEL TORACE

Se un paziente respira a bassi volumi e spesso abbiamo una condizione di tachipnea, la quale, per
definizione, si accompagna all’aumento della ventilazione dello spazio morto a discapito della
ventilazione alveolare. I pazienti con questo sintomo sono in crisi o vicini ad andare in arresto
respiratorio e possono finire intubati.

Vi sono vari tipi di respiro:

- Respiro di Kussmaul: profondo e di aumentata ampiezza, è segno di acidosi metabolica. Il polmone


ha il compito di eliminare Anidride carbonica in modo da diminuire la componente acida del sangue
e mantenere il valore ottimale del Ph. Un soggetto, quale può essere quello diabetico, che produce
un’ eccessiva quota di acidi che si riversano in circolo, per compensare questa condizione ricorre al
respiro di Kussmaul, il quale, di fatto, rappresenta un meccanismo di compenso respiratorio
all’acidosi metabolica. Ciò si verifica anche dopo intenso sforzo fisico. In questo caso la
diminuzione del Ph è dovuta alla produzione di acido lattico da parte dei muscoli. Il soggetto
ricorrerà al respiro di Kussmaul per compensare tale condizione
- Respiro di Cheyne-Stokes: è caratterizzato da periodi di apnea cui si alternano periodi di iperpnea
progressivamente in aumento e quindi in diminuzione. È un respiro in crescendo-decrescendo. È
classico della patologia cardiaca (la patologia cardiaca congestizia è spesso accompagnata da
questo tipo di respiro). Si accentua particolarmente durante il sonno.
- Respiro di Biot: molto irregolare nel ritmo e nella profondità ed imprevedibile, è proprio di
individui preagonici.

Nel momento in cui guardiamo il torace e lo ispezioniamo, una delle prime cose da verificare è che esso si
espanda in modo simmetrico ,ovvero, che si espanda da entrambi i lati. Tra le cause che determinano
l’asimmetria da espansione del torace vi sono pneumotorace, versamento pleurico e polmonite. La
presenza di un’asimmetria ci orienta ad indagare nel dettaglio l’emitorace che si espande meno. Grazie
all’avvento delle tecnologie ospedaliere, dove vi siano,è facile capire dove si trovi l’anomalia, anche se
bisogna sempre considerare che si potrà andare a lavorare in un background non dotato particolarmente
dal punto di vista strutturale o che possono presentarsi dei pazienti con questi o altri sintomi che un
medico non può prescindere dal conoscere. Altro indizio che ci può fornire l’ispezione del torace è la
presenza di cicatrici, le quali ci possono indicare che il paziente è stato sottoposto nel passato ad interventi
chirurgici (Es.: per rimuovere una neoplasia). Da valutare è anche la morfologia della trachea.

I polmoni hanno la funzione di attuare gli scambi gassosi e la parete toracica (ossa e muscoli) rende
possibile all’aria di entrare e di uscire. Una patologia respiratoria può dipendere da anomalie del
parenchima polmonare o della gabbia toracica. La non mobilità o la mobilità difettiva delle strutture della
gabbia toracica ,difatti, determinano l’insorgere di problemi respiratori, anche in presenza di polmoni sani.
Cifosi e scoliosi, ad esempio, producono disventilazione conseguente alla distorsione ed alla asimmetria
della gabbia toracica che determina stanchezza dei muscoli addetti alla respirazione e scarsa espansione del
polmone della parte più piccola della stessa gabbia toracica. Osservando la parete toracica anteriore
possiamo notare i segni del cosiddetto torace a botte (tipico dell’enfisema, notabile in inspirazione),lo
sterno carenato, il pectus escavatum (anomalia caratterizzata scarso sviluppo dello sterno e della parte
inferiore delle coste; ciò determina la formazione di una sorta di cintura interna che modella la parte
inferiore della gabbia toracica; è da considerarsi più che altro una patologia pediatrica e richiede
l’intervento chirurgico) e il respiro paradosso (dovuto alla stanchezza dei muscoli che non riescono più ad
espandere con efficacia la gabbia toracica e cominciano a funzionare in maniera scomposta, alcuni in
dentro ed altri in fuori; i rientramenti che si creano ci indicano che il paziente è in uno stato vicino alla crisi).

Il polmone è povero di segni perché complicato. A causa della presenza della gabbia toracica, essi non sono
facilmente accessibili. Il lobo superiore dei polmoni, il lobo medio e la lingula, sono accessibili da avanti,
mentre gran parte dei lobi inferiori ed in parte ancora i lobi superiori lo sono da dietro. Il torace quindi
andrebbe auscultato sia davanti che dietro, ma ormai non è fondamentale procedere in tale maniera. Dato
che il lobo inferiore rappresenta la maggior parte del polmone , esso è il lobo più importante. Al lobo
medio ed alla lingula si può accedere mediante l’ispezione in laterale; questa è una pratica quasi in disuso
ma è d’obbligo ricordarla poiché fa parte della semeiotica.

Il cosiddetto “dica trentatré” o fremito vocale tattile (FVT) è utile per stabilire se il paziente è caratterizzato
da lesioni polmonari o da un versamento pleurico. La cosa più importante da memorizzare è che ,in
generale, quasi tutte le malattie polmonari riducono il fremito vocale tattile. Normalmente il dire trentatré
da parte del paziente determina una vibrazione facilmente percepibile dal medico. Invece, se vi è un
versamento pleurico o un enfisema con conseguente insufficiente respiratoria, avrà nei polmoni un minor
volume d’aria cui corrisponde una riduzione del fremito vocale tattile. Vi è una sola condizione in cui esso
aumenta: quando il polmone è pieno di essudato. In questo caso, essendo che le vibrazioni si trasmettono
di più attraverso i solidi che attraverso l’aria, avremo una zona consolidata in cui si riscontra un aumento
dello stesso fremito vocale tattile. Quindi, una zona di ottusità alla percussione è indagabile con questo
test.

La percussione è molto applicata ed ha bisogno di una grande quantità di pratica per essere appresa al
meglio. Essa si attua appoggiando un dito sulla gabbia toracica (in genere il medio), mentre le altre ne sono
distaccate. Appoggiare tutta la mano attenuerebbe la trasmissione della percussione. Il polmone suona col
cosiddetto “suono chiaro polmonare”(questa è un termine da ricordare poiché, naturalmente, è
ampiamente usata in ambito clinico). Un motivo importante per cui viene fatta la percussione è per
verificare la presenza di un versamento e per cercare il punto dove fare entrare l’ago per drenarlo. In
America viene usato l’ECO portatile a questo scopo, poco diffuso in Italia. La percussione è importante
anche perché, dopo aver drenato il versamento ed aver fatto una radiografia, per accertarsi di non avere
bucato il polmone con l’ago, è utile sapere dove si trovava il versamento, se si è riformato, se è diminuito o
aumentato. Questo avvalora ancora di più il fatto che tutti i medici devono essere in grado di praticare la
percussione del torace. La procedura classica consiste nello scendere simmetricamente a destra ed a
sinistra sino alla base polmonare per poi chiedere di fare un respiro profondo e trattenere l’aria; così ci si fa
un’idea della mobilità del torace. Il dito deve essere tenuto dritto e lo si deve far scendere da uno spazio
intercostale all’altro. Questo tipo di percussione si può fare anche davanti, ma oggi, grazie all’avvento
dell’imaging non è più usato. Esiste anche una tecnica di percussione per delimitare l’aia cardiaca,
anch’essa ormai in disuso. Il suono chiaro polmonare è segno che l’organo è sano. Questo suono si
differenzia da quello timpanico dell’addome, dovuto all’intestino pieno d’aria. Il polmone, oltre all’aria,
contiene anche vasi e tessuti ed il suono che ne scaturisce è a metà tra il timpanismo intestinale e l’ottusità
del fegato. Quindi , ricordiamo,la percussione su un tessuto denso dà un suono ottuso (come nel caso di un
versamento pleurico), una zona piena d’aria (come la bolla gastrica) dà un suono timpanico. Ricordiamo
anche l’ottusità assoluta del fegato (vedi slide – semeiotica – slide n°31) . A livello delle spalle, dove vi è
muscolo, naturalmente avremo ottusità. A causa dell’escursione diaframmatica durante le fasi di
inspirazione-espirazione che è di 3-5 cm, nella parte inferiore del torace si alternano l’ottusità del fegato
(espirazione) e il suono chiaro polmonare (inspirazione). Un suono timpanico nel torace è dovuto alla
presenza di aria al suo interno; ciò si verifica nel caso di uno pneumotorace o nel caso si formi una cavità
grande in modo tale da dare questo suono. Il suono ottuso, ripetiamo, è dovuto a versamento pleurico o ad
addensamento polmonare con bronchi occlusi.

In seguito a ciò si passa all’uso del fonendoscopio. Bisogna distinguere rumori respiratori normali da soffi
respiratori e rumori aggiunti. Il rumore respiratorio normale è denominato murmure vescicolare; esso è un
rumore di fondo determinato dall’aria che entra ed esce dagli alveoli. A livello delle grandi vie aeree il flusso
d’aria è rapido; esso diventa più lento man mano che si va verso la periferia. Il murmure vescicolare è
ridotto in quasi tutte le malattie respiratorie e può essere abolito nel caso in cui gi alveoli siano pieni di
essudato. Spostando il fonendoscopio sulla trachea e sui grossi bronchi , oltre ad avere il rumore di fondo,
si sentirà l’aria che entra ed esce che causa un rumore maggiore, poiché a questo livello il flusso è più
rapido. In alcuni casi si può avere l’insorgenza di soffi, importanti per quanto riguarda la patologia delle
grandi vie aeree e della laringe. La presenza di un corpo estraneo, l’edema della glottide,la laringite o la
stenosi tracheale dopo intubazione (oltre ad altre patologie) producono una restrizione cui conseguono dei
soffi con caratteristiche rudi. Il soffio bronchiale si ha quando riusciamo a sentire l’aria che passa attraverso
i bronchi. La causa più frequente di ciò è un versamento pleurico. Infatti, nel caso il bronco che fornisce
d’aria la porzione di polmone compressa dal versamento sia aperto, si può sentire il rumore dell’aria che
passa nel bronco al limite superiore del versamento. Quindi, nella zona immediatamente al di sopra del
versamento, si sente questo soffio dolce bronchiale. Talvolta si può sentire un suono aspro a livello di un
addensamento con soppressione del murmure vescicolare od in presenza di muco.

Gli sfregamenti pleurici si sentono solo all’inizio di un versamento, quando ancora l’entità di questo non è
abbondante e vi è contatto tra i due foglietti pleurici. Vi possono essere pazienti con sfregamenti persistenti
che sono l’esito di una pleurite ormai guarita, la quale può determinare ,però, conseguenze come, per
esempio, l’obliterazione del seno costo-frenico.

Il rumore umido è denominato rantolo ed è causato dall’apertura di bolle che possono essere di piccole,
medie o grandi dimensioni. La presenza di piccole bolle darà rantoli piuttosto fini. Invece, un rantolo a
grandi bolle, come quello causato dall’edema polmonare, è un rumore molto forte a causa della presenza di
una grande quantità di liquidi o secrezioni e può essere sentito anche senza l’uso del fonendoscopio. I
rantoli più classici sono quelli screpitanti alle basi, tipici dell’insufficienza cardiaca. Rantoli a bolle di
maggiori dimensioni si riscontrano nel caso di polmoniti e processi infettivi. Caratteristico è il rumore a
velcro della fibrosi polmonare. La presenza di tralci fibrotici nel parenchima determina lo sviluppo di forze
meccaniche aggiuntive anomale. Auscultando il polmone che si espande, in questo caso, si sentono questi
rantoli velcro-like. Essi sono consistenti e facilmente riconoscibili poiché danno un rumore simile, appunto,
allo strappo del velcro.

I rumori secchi ci indicano il restringimento delle vie aeree, il quale può essere causato anche da
secrezioni, le quali possono indurre anche questo tipo di rumori oltre a quelli umidi. Difatti si può avere un
reperto misto spastico-catarrale, riscontrabile in alcune cartelle.

I ronchi sono dei rumori secchi e di qualità rude. I sibili, in genere espiratori, sono quelli che si riscontrano
nel soggetto asmatico con tipico respiro sibilante; d’altra parte lo stesso soggetto ci informerà di sentire dei
fischi durante la respirazione. I sibili sono sintomo di broncocostrizione ,ovvero, di diminuzione dell’area di
sezione del bronco. Talvolta, auscultando un asmatico non si riscontra alcun rumore. In questo caso si può
ricorrere ad obbligare il paziente ad attuare le cosiddette manovre forzate, come l’inspirare per poi buttare
velocemente l’aria fuori; nell’asmatico in discreto compenso, ma non completamente controllato, si
sentono spesso dei sibili in fase tele-espiratoria (alla fine della respirazione). Quest’ultimo fatto è tipico
delle malattie delle piccole vie aeree.
PROVE DI FUNZIONALITA’ RESPIRATORIA

Per valutare la ventilazione del paziente si ricorre ai test di funzionalità respiratoria, mentre per verificare
gli scambi gassosi, la quantità di gas nel sangue e conseguentemente capire se il paziente è in insufficienza
respiratoria si ricorre all’emogasanalisi arteriosa, la quale costituisce un importante mezzo di diagnosi di
insufficienza respiratoria. Ciò non toglie che vedere un paziente con cianosi, affanno, febbre,respiro
superficiale ci indurrà a trattarlo per l’insufficienza respiratoria senza ricorrere all’emogasanalisi stessa,
anche se senza questa non è possibile comunque quantizzarne l’entità.

I test di funzionalità polmonare comunemente usati sono:

- Test di espirazione forzata


- Curva flusso-volume
- Picco di flusso espiratorio
- Test di reversibilità
- Test di iper-reattività bronchiale

Possiamo misurare i volumi polmonari statici e la capacità di diffusione. Mediante la spirometria è


possibile solamente misurare i volumi che possono essere mobilizzati e non si può avere un’idea
dell’aria che resta nel polmone (anche in condizioni fisiologiche dell’aria permane nei polmoni,
andando a costituire il cosiddetto volume residuo; questo volume non può essere misurato
direttamente e si calcola con vari metodi: pletismografia, mixing dell'elio, wash out dell'azoto).

Normalmente respiriamo a quello che si chiama volume corrente che corrisponde a circa 500 ml per
volta per 14-15 volte al minuto. Abbiamo una variazione di base che varia tra i 5 e i 6 litri al minuto a
seconda della stazza del soggetto, dell’età ed altro. Per fare la spirometria, dopo aver fatto compiere al
paziente una inspirazione profonda, non necessariamente in modo rapido, creando il cosiddetto
volume di riserva inspiratorio, lo si fa espirare lentamente. La spirometria veniva eseguita tempo fa
principalmente mediante il cosiddetto spirometro a campana, mentre oggi si usano i più maneggevoli
spirometri elettronici.

La manovra forzata consiste nel far compiere al paziente una inspirazione massimale ed in seguito farlo
espirare con la massima forza il massimo volume di aria possibile. Come stabilito dall’ATS (American
Thoracic Society) l’espirazione deve durare 6 secondi. Questo ci permette di misurare quanto il
paziente può espirare nel primo secondo (FEV1), il volume totale di gas che può essere emesso (CFV,
capacità vitale forzata). Il rapporto FEV1/VC dà come risultato l’indice di Tiffenau, il quale diminuisce
solo nel caso di una sindrome ostruttiva. VC viene inteso come capacità vitale.

In un soggetto normale la differenza tra la capacità vitale forzata e la capacità vitale lenta (o
semplicemente definibile come capacità vitale, VC) è nessuna, ovvero si “svuoterà” sino allo stesso
punto sia che espiri velocemente, sia che lo faccia lentamente. In un soggetto con una malattia
ostruttiva, la quale gli causa difficoltà nell’espirare (e , di conseguenza,nell’inspirare), vi può essere una
differenza tra capacità vitale lenta (VC) e capacità vitale forzata (CFV), con quest’ultima molto minore
rispetto all’altra. All’inizio di una espirazione forzata abbiamo massimi valori di P intrapleurica e P
alveolare. A livello delle vie aeree la P aumenta meno rispetto alla P alveolare per la presenza delle
fisiologiche resistenze al flusso. Lungo le vie c’è un punto in cui la P eguaglia quella intrapleurica, il
cosiddetto punto di egual pressione. Il paziente ostruito, se espira lentamente, espellerà una maggior
quota d’aria rispetto ad un’espirazione forzata. Ripetiamo quindi che in questo tipo di pazienti vi può
essere una differenza tra capacità vitale lenta e capacità vitale forzata, con quest’ultima molto minore
rispetto all’altra. Una malattia restrittiva ,con polmoni più piccoli rispetto alla norma (Es.: fibrosi
polmonare), causa una riduzione del FEV1 (altrimenti detto VEMS) e della capacità vitale. Durante una
visita bisogna sempre rapportare il VEMS alla capacità vitale, poiché se ci si presenta un caso con
capacità vitale normale (o diminuita di poco) e VEMS molto ridotto dovremo essere in grado di capire
che ci troviamo di fronte ad un caso di sindrome ostruttiva, cui si associa la riduzione dell’indice di
Tiffenau; invece, la diminuzione del VEMS ed anche della capacità vitale è segno di una sindrome
restrittiva, la quale non si accompagna a riduzione dell’indice di Tiffenau.

Vi sono due tipi di patologie in ambito polmonare: ostruttive e restrittive. Per patologie ostruttive si
intende asma, bronchite cronica ed enfisema che costituiscono la cosiddetta BPCO. Le patologie
restrittive possono essere a danno della gabbia toracica, possono riguardare l’ambito neuromuscolare,
possono essere conseguenza dell’obesità ,di un versamento pleurico o di uno pneumotorace associate
ad un’occupazione di spazio con conseguente riduzione del volume del polmone. L’unica patologia a
livello parenchimale che causa restrizione sono le interstiziopatie, in particolare la fibrosi polmonare.

VEDI FILE PFT - SLIDE N°10 PER INTERPRETAZIONE CURVA FLUSSO VOLUME NEL CASO DI MALATTIA
OSTRUTTIVA E RESTRITTIVA E NEL SOGGETTO NORMALE (curve rispettivamente rossa, verde e gialla)

Nei bambini, essendo il loro torace più mobile ed essendo, quindi, in grado di compiere più ampi atti
respiratori,si può avere un picco di flusso più alto della norma. Un soggetto con BPCO avrà invece un
picco di flusso più basso, cui segue uno scucchiaiamento nella parte espiratoria della curva; ciò vuol dire
che le vie aeree, venendo a mancare la forza del ritorno elastico, si chiudono a volumi inferiori.
Nell’ammalato con sindrome restrittiva la curva ha una forma normale ma di dimensioni più piccole.

Il cosiddetto enfisema senile non esiste. Gli anziani hanno una riduzione di elasticità generalizzata ma
succede solamente che si altera di poco la curva nella sua parte finale. La riduzione del tessuto elastico
polmonare non è in grado di causare da sola un quadro come quello della sindrome ostruttiva; porterà
solamente ad un abbassamento finale della curva. Col passare dell’età, fisiologicamente, aumenta
lievemente il volume residuo, mentre la capacità polmonare totale resta uguale e la capacità
polmonare diminuisce. In pratica l’anziano può usare meno polmone rispetto al giovane. La curva
flusso-volume nell’anziano sano è più piccola ma sostanzialmente normale nella sua forma.

Come facciamo nel caso in un soggetto in cui sospettiamo l’asma, ma alla visita è normale? L’asma è
una malattia ascessionale. Ad un soggetto la cui storia porta a sospettare che soffra d’asma ma dopo
una spirometria risulta normale, si fa usare un picco di flusso espiratorio, strumento maneggevole, di
basso costo e semplice utilizzo che misura la massima velocità di flusso espiratoria raggiunta durante
una espirazione forzata ( PEF o PEFR ). È utile per seguire l’andamento dell’asma nel tempo
(valutazione bi-giornaliera) ed è quindi paragonabile ad una sorta di spirometria da casa. Soffiandovi
forte in diverse fasi della giornata (essendovi un ritmo circadiano nel tono bronco motore) si può
verificare se si verificano crisi spontanee in un arco di tempo discretamente ampio (Es.: 1-2 settimane).
Vi è la possibilità che un paziente, asmatico e con storia di asma, arrivi ostruito e dopo essere stato
sottoposto a spirometria dia un certo tipo di curva (VEDI FILE PTF - SLIDE n°15). In questo caso si ricorre
al cosiddetto test di reversibilità. Se il test indica che l’ostruzione è reversibile, vorrà dire che il soggetto
è asmatico; nei pazienti fumatori e con BPCO l’ostruzione è irreversibile. All’asmatico vengono
somministrati 4 paf di Ventolin (400 microgrammi di salbutamolo). Eseguita la prima spirometria
vengono somministrati all’asmatico il primo ed il secondo paf di Ventolin; a ciò segue una pausa di 10
minuti dopo la quale gli vengono somministrati i restanti due paf. Dopo altri 10 minuti si esegue una
seconda spirometria. Se in quest’ultima abbiamo un guadagno del FEV1 del 12% o di 200 ml rispetto al
valore basale possiamo affermare che l’ostruzione è reversibile e che, di conseguenza, parzialmente o
totalmente, il paziente recupera valori più nella norma (può rimanere lievemente ostruito). Nel
paziente con BPCO abbiamo un aumento del FEV1 inferiore al 12% o a 200 ml o nessuna sua variazione.

Ad un paziente con spirometria normale ma con storia di asma si può somministrare il test di iper-
reattività bronchiale o di bronco-provocazione. Per questo test si ricorre alla metacolina. In un
asmatico, rispetto al soggetto normale, i bronchi si costringono di più a parità di cumulo(? Un rumore di
sottofondo non mi ha reso possibile capire bene la parola). La metacolina è un agonista puro di bronco-
costrittore che agisce sulla muscolatura liscia bronchiale. Si comincia con una dose piccola per poi
raddoppiarla, senza però rischiare la salute dei pazienti. Quel che si cerca di fare è trovare la dose che
sia in grado di diminuire il VEMS del 20% rispetto a quello iniziale, altrimenti detta PD 20 ( provocative
dose, nel caso sia espressa in termini di grammi di metacolina) o PC 20 (provocative concentration, nel
caso sia espressa in concentrazione in percento di soluzione). Si parte, come abbiamo detto, da una
spirometria normale in un soggetto con storia d’asma.

In questo caso, dato che la dose 4 dà un abbassamento del FEV1 del 26%, si standardizza all’incirca a
3,85, ovvero il valore supposto che dovrebbe dare una riduzione del FEV1 del 20%. Dopo aver dato
l’ultima dose si conclude somministrando un broncodilatatore al paziente e si aspetta che esso ritorni
alle condizioni di base, ovvero, senza broncocostrizione.

VOLUMI POLMONARI STATICI

Ci serve sapere la quantità d’aria che rimane dentro i polmoni per verificare il volume residuo (RV), la
capacita funzionale residua (CFR,la quale consiste nella somma del volume residuo col volume di riserva
respiratoria) che sommato alla capacità vitale ci dà la capacità polmonare totale (TLC). Per fare ciò si usano
due tecniche: la tecnica di diluizione dell’elio e la pletismografia corporea. In quest’ultima il paziente
viene posizionato in una cabina ermeticamente chiusa, il cui volume è costante. Egli è in grado di respirare
grazie ad un tubo collegato all’esterno. Il respiro del paziente causerà delle variazioni di pressione dell’aria
all’interno della cabina, al cui interno vi è un sensore di pressione. Ad un certo punto il boccaglio del
paziente viene chiuso e gli vengono fatti eseguire degli sforzi respiratori a volume costante . In questo
sistema chiuso, dove P x V = K, dalla variazione di pressione dentro la cabina si può dedurre, applicando la
legge di Boyle, quanta aria il paziente doveva avere dentro i polmoni per indurre quelle stesse variazioni.
Per quanto riguarda la tecnica di diluizione dell’elio (Gas inerte presente in tracce nell’atmosfera), si collega
il paziente, allo spirometro al termine di una espirazione lenta (volume polmonare = CFR) . Sono noti il
volume del circuito e la concentrazione iniziale di elio (V1 e C1). Si fa respirare il paziente fino ad ottenere
una omogenea distribuzione del gas e quindi si misura la concentrazione finale di elio (C2).

CFR = V1 x ( C1-C2 / C2 )

VR = CFR-VRE

Mediante questa procedura è possibile stabilire la grandezza del polmone. La differenza tra i due metodi
sopra descritti è che la tecnica di diluizione dell’elio misura il volume del polmone in comunicazione con
l’esterno, mentre la pletismografia misura il volume dell’aria anche senza comunicazione con l’esterno. Ad
esempio, mediante la pletismografia è possibile individuare la presenza di una bolla all’interno del
polmone, mentre non è possibile farlo con la tecnica di diluizione dell’elio.

Differenza tra alterazione ostruttiva ed alterazione restrittiva

Un’alterazione di tipo restrittivo determina una riduzione strutturale di tipo armonico, si avrà cioè un
polmone piccolo. In questo caso avremo basse capacità vitale e FEV1 e, conseguentemente, anche basse
capacità residua e capacità polmonare totale. In questo caso il rapporto VR/CPT x 100 (indice di Motley)
sarà normale data la diminuzione di tipo armonico. Nel caso di un’alterazione di tipo ostruttivo il volume
residuo sarà aumentato, poiché, dato che un paziente con tale problema avrà una quantità di aria che non
riesce ad espellere, permane più aria dentro al polmone. Inoltre avremo una capacità polmonare totale
normale o lievemente aumentata ed un rapporto VR/CPT x 100 aumentato.

CAPACITA’ DI DIFFUSIONE

La capacità di diffusione è l’unico test a nostra disposizione che ci dice quanto polmone funziona
nell’ambito degli scambi gassosi. Un paziente con tumore al polmone, se non avrà abbastanza polmone da
assicurare la funzione respiratoria dopo la rimozione dello stesso tumore, non sopravvivrebbe a causa della
scarsa quantità di scambi gassosi che verrebbe garantita. Il test della capacità di diffusione è quindi l’unico
mezzo in grado di fornire una previsione della funzionalità respiratoria in ambito pre-operatorio ed è ,di
conseguenza, l’unico in grado di dirci se un paziente sarà in grado di vivere dopo un intervento al polmone
oppure no. Un paziente con diffusione scarsa non può essere operato. La diffusione dei gas molecolari dagli
spazi alveolari al sangue avviene secondo processi fisici. I gas si muovono da un punto a maggiore
pressione verso un punto a minore pressione. Maggiore è l’area, maggiore sarà la diffusione. Per misurare
la diffusione vengono usate tracce di CO (monossido di carbonio). Ne viene usata una bassa quantità poiché
è tossico per il nostro organismo. Il CO viene usato poiché ha una fortissima affinità per l’emoglobina, 200
volte superiore a quella dell’ossigeno, e, quindi,non se ne troverà disciolto nel sangue.

dV/dT = dK X A X X X ( P1 — P2 )

La P2 nel caso del CO è uguale a 0. Si procede facendo inspirare al paziente una quantità nota di gas e lo si
fa stare in apnea per 10 secondi. In seguito si misura la quantità di CO nell’aria espirata. Questa quantità ha
degli standard per sesso, peso ,età, altezza ecc.
Quel che serve sapere, principalmente nel caso di un paziente che dovrà essere esposto ad un intervento di
rimozione di un tumore, è quanto di polmone è in grado di eseguire scambi gassosi. Il test di capacità di
diffusione con CO viene accompagnato col test di diluizione dell’elio per misurare il volume polmonare. Si
può avere un aumento di CO a causa di una aumentata distruzione del parenchima e della superficie di
scambio gassoso accompagnata ad, naturalmente, ad una diminuita diffusione. Ciò avviene, ad esempio,
nella fibrosi polmonare, nella BPCO e, naturalmente, nel caso di lobotomia polmonare. La parte di polmone
non in grado di dare luogo a scambi gassosi è detta spazio morto. Il test di capacità di diffusione è da
considerare, insieme alla spirometria ed anche all’ emogasanalisi, il test più importante in pneumologia.
L’emogasanalisi ci dà informazioni sull’efficienza operativa del polmone, basandosi sui livelli di ossigeno ed
anidride carbonica nel sangue.

NON ESITATE A DIRMELO NEL CASO VI SEMBRI CI SIA QUALCOSA CHE NON VA CON LA SBOBBINATURA

MARCO GENCO

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