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MACCHINE
INDICE
Capitolo 1°
Oggetto del corso p. 3
Capitolo 2°
Richiami di Termodinamica p. 6
Capitolo 3°
Conservazione dell’energia e lavoro nei sistemi fluenti p. 12
Capitolo 4°
La similitudine idraulica p. 25
Capitolo 5°
Turbine idrauliche p. 38
Capitolo 6°
Pompe centrifughe p. 49
Capitolo 7°
La compressione dei gas p. 55
Capitolo 8°
I compressori di gas p. 59
Capitolo 11°
Turbine assiali p. 84
Capitolo 13°
Turbine a gas p. 103
Capitolo 14°
Motori volumetrici a combustione interna p. 123
-3-
CAPITOLO 1°
CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE
Le macchine e l’energia
Il corso si propone di descrivere le pincipali trasformazioni energetiche, gli
impianti destinati a tali trasformazioni e le principali macchine utilizzate per tale
scopo. Benché siano disponibili sistemi di coversione diretta dell’energia solare e
termica in energia elettrica la quasi totalità degli impianti energetici (la totalità
per quanto riguarda impianti di grande potenza) impiega, per la coversione,
macchine a fluido, nelle quali si ha scambio di energia fra il fluido di lavoro
(liquido o aeriforme) e organi meccanici. In molti casi, ma non necessariamente
l’energia meccanica è convertita in energia elettrica viceversa. La descrizione delle
principali macchine a fluido e i principi elementari di funzionamento saranno
oggetto del corso, mentre si rinvia a corsi specializzati per concetti più
approfonditi sul progetto delle macchine.
In generale le macchine trasformano l’energia del fluido in energia meccanica
(macchine motrici: idrauliche, a vapore o a gas) o assorbono energia meccanica
per fornire energia al fluido (macchine operatrici: idrauliche o a gas), ma anche in
quest’ultimo caso l’energia meccanica proviene comunque da trasformazioni di
energia primaria è utile avere un’idea delle diverse fonti energetiche e dei diversi
settori di utilizzo dell’energia.
TABELLA Consumo di energia primaria per tipo. Consumo mondiale totale =9125
Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio).
CONSUMO ENERGETICO MONDIALE 1984
% PER DIVERSI SETTORI E PER DIVERSE FONTI ENERGETICHE
Petrolio Gas Carbone Nucleare Idraulica Totale
Residenziale/commercio 6,9 9,7 2,0 - - 18,6
Industriale 7,4 5,0 6,0 - - 18,4
Trasporti 18,0 0,1 - - - 18,1
Energia elettrica 3,2 2,5 18,2 4,5 7,0 35,4
Altri usi 3,5 2,7 3,3 - - 9,5
Totale 39,0 20,0 29,5 4,5 7,0 100
Totale anno 2001 38,5 23,7 24,7 6,6 6,5
NOTA: nella voce “idraulica” sono comprese le energie rinnovabili in generale
(solare, eolico,...)
-4-
CAPITOLO 2°
RICHIAMI DI TERMODINAMICA
L J
= 4186 (1)
Q Kcal
che va intesa per un sistema che non cambia il suo stato o che, pur cambiandolo,
viene però ricondotto allo stato di partenza. Con tale osservazione e usando le
stesse unità di misura la (1), con riferimento ad una trasformazione ciclica, può
essere così riscritta ad esempio per una massa unitaria:
in cui lavoro e calore sono positivi se entranti. Per una proprietà delle somme (e
degli integrali) la (2) fornisce:
2 2
q + L = u 2 − u 1 ; δq + δL = du (4)
in cui calore e lavoro sono supposti positivi se entranti. Il lavoro può essere
espresso per mezzo della variazione di volume (dilatazione), ottenendo:
δq + δL W = du + P ⋅ dv (7)
o anche
2
q + L W = u 2 − u 1 + ∫ P ⋅ dv (8)
1
L Q T
ηc = = 1− 2 = 1− 2 (9)
Q1 Q1 T1
Q δQ
∑ T = 0; ∫ T
= 0 (processo reversibile) (10)
La (10), in analogia con quanto fatto per la (4) si presta alla definizione di un’altra
funzione di stato, l’entropia:
2 2
δq δq δq
∫ T 1,∫B T
1, A
= = s 2 − s1 ; ds =
T
(trasformazione reversibile) (11)
In generale ds > δq/T in quanto δLw produce effetti aggiuntivi del tutto uguali a
quelli prodotti da un’ulteriore introduzione di calore:
δq δL W δL w
ds = + ; ds irr = (12)
T T T
δq
Introducendo il concetto di “calore specifico”: c x = , che è una proprietà fisica
dT
del fluido e dipende dalla trasformazione termodinamica, ne consegue che ,
anch’esso è funzione della sola temperatura. In particolare i calori specifici a
volume ed a pressione costante:
c V = c V (T ); c P = c P (T )
P ⋅ v = Z ⋅ R ⋅ T Z = Z(P, T) (19)
-10-
cx=0 per trasformazioni adiabatiche. Nel caso di trasformazioni reversibili e gas perfetto si ottiene:
cp κ −1
P ⋅ v κ = cost; T ⋅ P -θ = cost con : κ = ; θ= (21)
cv κ
cx →∞ per trasformazioni isoterme, per cui vale la relazione Pv= cost, se il gas è perfetto.
T2 P
s2 − s1 = c p ln − R ln 2 (23)
T1 P1
-12-
CAPITOLO 3°
CONSERVAZIONE DELL’ENERGIA
E LAVORO NEI SISTEMI FLUENTI
L Q
v1dt v2dt
- M +
p1A1 p2A2
1 1' 2 2'
Fig. 1
ρ1 ⋅ A1 ⋅ V1 ⋅ dt = ρ 2 ⋅ A 2 ⋅ V2 ⋅ dt = dm (24)
V22 V2
(g ⋅ z 2 + + u 2 ) ⋅ dm − (g ⋅ z1 + 1 + u1 ) ⋅ dm = L ⋅ dm + q ⋅ dm + P1 ⋅ A1 ⋅ V1 ⋅ dt − P2 ⋅ A 2 ⋅ V2 ⋅ dt (25)
2 2
entrante suddivisa in lavoro e calore scambiato dalla macchina (L dm) e (q m) e
lavoro di pulsione in ingresso ( P1 ⋅ A1 ⋅ V1 ⋅ dt ) e in uscita ( P2 ⋅ A 2 ⋅ V2 ⋅ dt ):
dm
Osservando che per la (24): A ⋅ V ⋅ dt = , introducendo la grandezza di stato
ρ
P
entalpia h = u + e dividendo ambo i membri della (25) per dm si ottiene:
ρ
V22 V2
L + q = g ⋅ z2 + + h 2 − (g ⋅ z1 + 1 + h1 ) (26)
2 2
La (26) esplicita gli aspetti termici dello scambio energetico (Q,h) mentre contiene
soltanto in forma implicita gli effetti delle perdite (Lw).
Consideriamo alcune applicazioni dirette della (26).
L = h 2 - h1
con L>0 per compressori (entrante) e <0 per turbine.
b) Valvole adiabatiche.
Trascurando le variazioni di energia cinetica e potenziale ed osservando
che il lavoro scambiato è nullo si ottiene:
h 2 = h1
V22 V12
− = h1 − h 2
2 2
che può essere meglio formulata introducendo una “entalpia totale o di
V2
ristagno”, definita come h0=h+ , che si conserva lungo il condotto.
2
essa coincide con l’entalpia in una sezione dove V sia trascurabile ( ad
esempio in un serbatoio).
Ovviamente si possono introdurre altre grandezze nelle medesime
condizioni (pressione di ristagno, Temperatura, densità ecc.). In sostanza
se nel condotto ad esempio aumenta la velocità l’entalpia ( e quindi la
-14-
q = h 2 − h1
dh = δq + δL w + v ⋅ dP (27)
o anche, in forma integrale:
h 2 − h1 = q + L w + ∫ v ⋅ dP (28)
V22 − V12
L - L w = g ⋅ (z 2 − z 1 ) + + ∫ v ⋅ dP (29)
2
L' = ∫ v ⋅ dP (30)
L = ∫ v ⋅ dP + L w (31)
-15-
R dP
δL = v ⋅ dP = ⋅T⋅ (32)
M P
dρ dV dA
+ + =0 (33)
ρ V A
dρ V ⋅ dV V 2 ⋅ dV dV
=− =− = −M 2 (36)
ρ P κ⋅R ⋅T⋅V V
κ⋅
ρ
in cui si è posto a= κ ⋅ R ⋅ T (velocità del suono) e M=V/a (definizione del numero
di Mach). La (36) evidenzia un possibile significato del numero di Mach quale
parametro che evidenzia l’importanza delle variazioni percentuali di volume
specifico rispetto alle variazioni percentuali di velocità.
Dalle (33) e (36) si ha infine:
dA
A
(
= M2 −1 ⋅
dV
V
) (37)
che chiarisce come per accelerare un flusso subsonico siano richieste aree
decrescenti mentre per accelerare un flusso supersonico servano aree crescenti.
In condizioni soniche (M=1) l’area di passaggio risulta stazionaria, siamo cioè in
presenza di una gola. Pertanto per accelerare un gas in quiete sino a velocità
supersoniche è necessario un convergente–divergente (ugello di De Laval).
Consideriamo un condotto convergente all’uscita di un serbatoio, assegnate le
condizioni di ristagno (temperatura e pressione nel sebatoio). Se diminuiamo la
pressione allo scarico (pressione ambiente) la velocità e quindi la portata
aumentano. Per calcolare velocità e portata osserviamo che, nota la pressione, la
temperatura si valuta dalla legge dell’isentropica, come pure la densità. Dal salto
di temperatura si ricava inoltre il salto entalpico e quindi la velocità che con la
densità e la superficie permette di valutare la portata. Esiste tuttavia una
pressione per cui si raggiunge la condizione sonica allo scarico. Tale pressione è
data dal seguente “rapporto critico” di espansione:
κ
P * 2 κ −1
= = β cr (38)
P0 κ + 1
v2 r2
v1
r1 u
1
Fig.2
Scriveremo pertanto
.
m⋅ (r2 ⋅ V2t − r1 ⋅ V1 t ) = ∑ M e (39)
-18-
in cui si valutano tutti i contributi al momento esterno delle diverse parti della
superficie di controllo. Osserviamo adesso che attraverso le superfici di ingresso
ed uscita (1 e 2) che sono per natura superfici di rivoluzione su cui agiscono
unicamente forze di pressione, non si esplica momento (forze a momento nullo).
Inoltre il contributo al momento della superficie superiore s del volume di
controllo, essendo dovuto soltanto ad eventuali azioni tangenziali esplicate dalla
cassa può essere ritenuto trascurabile. Tutte le altre superfici appartengono alla
girante e pertanto la somma dei momenti esterni può essere fatta coincidere col
momento della girante Mg che verrà introdotto nella (39).
Eseguendo la sostituzione e moltiplicando per la velocità angolare si ottiene
.
( 2 2t 1 1t
)
m⋅ ω ⋅ r ⋅ V − ω ⋅ r ⋅ V = ω ⋅ M = P
g g
(40)
.
Pg = m ⋅ L (41)
dove Pg è la potenza della girante che può essere espressa come prodotto della
portata massica per un lavoro unitario:
.
Sostituendo la (41) nella (40), dividendo per m e ricordando che U = ω r, si
ottiene:
L = U 2 V2t − U 1V1t (42)
che prende il nome di “equazione di Eulero” e governa gli scambi di lavoro fra
fluido e macchina.
Per una migliore comprensione della (42) introduciamo il concetto di “triangolo
delle velocità” quale diagramma riassuntivo, in forma vettoriale, delle interazioni
dinamiche fluido-macchina. Anticipando qualche concetto, che verrà ripreso nel
seguito, si consideri il modo di operare di uno stadio di turbina a vapore (Fig. 3).
Lo statore S, espandendo il fluido di lavoro produce un getto a velocità V 1 che
incide sul rotore R a velocità W 1 ; la vena fluida viene quindi deflessa e scaricata
nel moto relativo secondo la direzione W 2 e nel moto assoluto secondo la
direzione V 2 .
I triangoli delle velocità d’ingresso e di uscita riassumono il meccanismo
fluidodinamico di elaborazione della vena fluida. Triangoli “simili”, anche se non
identici, conservano una buona “qualità” fluidodinamica e, con riferimento ad
essi, tutte le velocità risulteranno proporzionali ad una singola velocità presa
come riferimento (per esempio la U1 della (42)). Ne consegue che la stessa (42)
può essere riscritta:
-19-
L t = cost ⋅ U 12 (43)
v1
w1
u
R
2
(a) w2
v2
β1
v1 v2 w2
w1
α1
u1 u2
(b)
Fig. 3
La conservazione dell’energia nel moto relativo
Con riferimento alla (26) ricaveremo per analogia la conservazione dell’energia nel
moto relativo (osservatore solidale con la girante) dopo aver fatto le seguenti
osservazioni:
-20-
2
L est = m ⋅ g ⋅ (z 2 − z1 )
Fest
energia per unità di massa : g ⋅ z
1
(a) 0
2
∫
L est = − m ⋅ ω2 ⋅ r ⋅ dr =
(b)
Fig.4
U 22 W22 U 12 W12
q = (g ⋅ z 2 − + + h 2 ) − (g ⋅ z 1 − + + h1 ) (44)
2 2 2 2
che nel caso adiabatico dà:
U 22 − U 12 W22 − W12
h 2 − h1 = − - g(z 2 - z 1 ) (45)
2 2
-21-
che può essere così enunciata: il lavoro esterno è pari all’aumento dell’energia
cinetica nel moto assoluto cui và sommato l’aumento di energia cinetica nel moto
di trascinamento e da cui va sottratto l’aumento dell’energia cinetica nel moto
relativo. Si osservi che nell’ipotesi di L>0 (lavoro entrante) il moto di
trascinamento fornisce un contributo positivo solo se U2>U1 (raggio in uscita
maggiore del raggio in ingresso, macchina centrifuga).
E’ molto interessante osservare che la (46) coincide con la (42), ricordando il
teorema di Carnot fra i lati di un generico triangolo, che afferma che:
V 2 + U 2 − W 2 = 2 UVt
dFc = ρ ⋅ S ⋅ dr ⋅ ω 2 ⋅ r
che integrata dalla base b all’apice a della pala da la forza centrifuga dovuta a
tutta la pala:
a
Fc = ρ ⋅ S ⋅ ω 2 ⋅ ∫ r ⋅ dr (47)
b
Fc 2 ra − rb
σc = = ρ⋅ω ⋅
2 2
(r − r ) ⋅ (r + r )
= ρ ⋅ ω2 ⋅ a b a b (48)
S 2 2
h
σ c = 2 ⋅ ρ ⋅ u 2m ⋅ (49)
Dm
Nelle formule riportate sono significative:
1) la proporzionalità della sollecitazione alla densità del materiale. I materiali
leggeri sono privilegiati. Il parametro di merito per un’applicazione del tipo di
quella in esame è il rapporto samm/r piuttosto che la sola samm;
2) la dipendenza della sollecitazione dal quadrato della velocità periferica, mentre
la velocità angolare è ininfluente;
3) la proporzionalità della sollecitazione al rapporto altezza di pala / diametro. Le
pale alte in termini relativi, sono maggiormente sollecitate, come del resto era
intuitivo attendersi.
Un metodo ampiamente diffuso per ridurre la sollecitazione dovuta alle forze
centrifughe consiste nel ridurre le dimensioni della sezione della pala dalla base
all’apice, mantenendo il profilo in similitudine (rastrematura). Così facendo, senza
alterare la fluidodinamica della pala, si rimuove del materiale soprattutto verso
l’apice dove esso causa il massimo carico centrifugo (pale a rastrematura conica).
Appare chiara dai paragrafi precedenti l’importanza delle palettature fisse e mobili
nelle turbomacchine, cui è affidato il compito di accelerare o decelerare il flusso
assoluto o relativo e soprattutto di defletterlo. Appare altresì chiaro come sia
necessario trovare un compromesso fra un numero di pale infinito, che
permetterebbe di guidare perfettamente il flusso e contenere le sollecitazioni sulle
pale, ma comporterebbe superfici bagnate infinite e quindi perdite inaccettabili
per attrito e la soluzione opposta. In pratica si ricorre a profili opportunamente
sagomati, più o meno simili ai profili alari utilizzati nell’aerodinamica classica. Lo
-23-
studio del comportamento di tali profili esula dai limiti del presente corso,
tuttavia occorre dare alcune indicazioni elementari utili per il seguito.
Premettiamo alcune considerazioni, relative al moto dei fluidi reali, e quindi
viscosi. Come sappiamo gli effetti della viscosità sono particolarmente importanti
in prossimità delle pareti, poiché su di esse la velocità relativa è nulla e pertanto i
gradienti della velocità normalmente alle pareti sono molto grandi e
dV
conseguentemente anche gli sforzi viscosi τ=µ , anche per fluidi
dn
relativamente poco viscosi come l’aria o l’acqua. Ne consegue che spesso il flusso
nei condotti può essere considerato ideale ad eccezione di un sottile strato,
aderente alle pareti, che prende il nome di “strato limite”. Se il moto esterno è
uniforme, come in un tubo, gli sforzi alla parete sono ricavabili dal noto
diaframma di Moody in funzione del Numero di Reynolds e della rugosità
superficiale e i profili di velocità nello starto limite sono del tipo riportato nel
punto A della figura che si riferisce al moto sul dorso di un tipico profilo alare.
L’esperienza mostra che, al contrario il profilo dello strato limite si modifica
pesantemente se il flusso esterno rallenta fortemente e non ha quindi più la
capacità di trascinare il fluido a bassa energia dello strato limite. Ciò può
avvenire ad esempio in un condotto divergente o verso la coda di un profilo alare.
In condizioni particolarmente negative può assumere il profilo di velocità può
assumere la configurazione riportata nel punto C in figura, caratterizzata da una
separazione dalla parete e dalla presenza di flussi inversi vicino ad essa. In tale
circostanza il flusso non segue più la parete e le conseguenze possono essere
disastrose. Non vogliamo qui addentrarci nel problema, ma sottolineiamo il fatto
che la condizione di flusso che rallenta in un condotto o su un profilo è
particolarmente gravosa.
Fig. 5
-24-
CAPITOLO 4°
FUNZIONAMENTO DELLE MACCHINE E
SIMILITUDINE IDRAULICA
Le variabili adimensionali
Il modo più semplice e generale di descrivere una turbomacchina consiste nel
correlare le principali grandezze in ingresso e in uscita fra di loro, confondendo la
macchina con la sua funzione. Tale descrizione è in generale sufficiente
all'utilizzatore della macchina e al progettista dell'impianto per consentirne la
scelta e l'interfacciamento con l'impianto nel quale la macchina deve essere
collocata. Naturalmente la scelta delle variabili più significative può variare da
macchina a macchina, ma anche per la stessa macchina in relazione alla
funzione specifica che ad essa si richiede; ad esempio una macchina motrice in
generale dovrà fornire lavoro o potenza all'albero a partire dall'energia disponibile
nel fluido, idraulica o termica, mentre per una macchina operatrice la potenza
meccanica sarà fornita all'albero da un motore e la funzione della macchina
stessa sarà espressa in termini di energia fornita al fluido in varie forme:
potenziale geodetica (per superare un dislivello), energia cinetica (in ventilatori o
eliche propulsive), o di pressione (in pompe e compressori). In ogni caso sarà
necessario conoscere la portata del fluido in ingresso e in uscita dalla
turbomacchina. E' ovvio che le grandezze ora descritte saranno correlate alle
caratteristiche geometriche ed operative della macchina stessa, essenzialmente
alla sua forma, alla sua dimensione e alla velocità di rotazione dell'albero, nonché
alle caratteristiche fisiche del fluido evolvente. Elenchiamo alcune grandezze
utilizzate per descrivere le prestazioni delle turbomacchine:
Lavoro ideale per unità di massa scambiato fra fluido e macchina (energia
disponibile nel caso di macchine motrici ed energia fornita al fluido in assenza
di irreversibilità per macchine operatrici).
Potenza effettiva all'albero.
Rendimento definito come rapporto fra energia utilizzata ed energia
disponibile.
Portata volumetrica.
Spesso al posto del lavoro specifico nella descrizione delle prestazioni di macchine
idrauliche si usa ancora il corrispondente termine in unità tecniche, ad esempio:
possono essere date da una legge del tipo come riportato in Fig. 6a
-27-
. Avendo trascurato le perdite per attrito, l'unica energia persa, ovvero non
trasformata in effetto utile per il fluido, sarà l'energia cinetica residua allo scarico
-28-
conseguenza anche il lavoro utile per unità di massa ricevuto dal fluido o la
Le relazioni precedenti si possono esprimere anche dicendo che gli infiniti punti
che corrispondono ad una certa forma della macchina e dei triangoli delle
velocità, che sono cioè in similitudine geo-metrica e cinematica e che chiameremo
Variabili adimensionali:
L'esempio del paragrafo precedente chiarisce che è molto vantaggioso utilizzare
variabili adimensionali, anziché le variabili primarie, poiché la correlazione fra
alcune grandezze è implicita nel sistema dimensionale utilizzato e pertanto le
variabili realmente indipendenti sono in numero inferiore a quanto l'esperienza ci
suggerisce. Questo concetto si esprime in un famoso teorema, noto come teorema
Coefficiente di potenza
Coefficiente di portata
-30-
(50)
oppure, utilizzando la potenza all'albero:
(51)
che coincide con la precedente, a meno di un rendimento, poiché per una
macchina motrice Pe = ηQρl i e per una operatrice Pe = Qρl i / η .
Nella tradizione dei costruttori e utilizzatori di macchine idrauliche le definizioni
precedenti vengono spesso utilizzate in forme dimensionalmente meno rigorose,
in particolare i costruttori di pompe utilizzano il “numero di giri caratteristico”
definito nel modo seguente:
-31-
Q
nc = n ⋅ 34
(52)
h
dove n è il numero di giri al minuto e il lavoro specifico è sostituito dalla
prevalenza in metri di colonna di liquido (senza rispettare la coerenza
dimensionale). I costruttori di turbine idrauliche preferiscono fare riferimento alla
potenza utile, che è in generale un dato di progetto e al salto disponibile in metri
di colonna d’acqua; anche qui non viene rispettata la correttezza dimensionale. Se
si confrontano situazioni omogenee è sufficiente aver cura di adottare una unica
definizione, mentre se si utilizza materiale fornito da terzi occorre fare attenzione
alla definizione utilizzata. Nel seguito si preferisce usare la velocità specifica sopra
definita.
E' opportuno ripetere che in generale una famiglia di macchine simili può operare
(53)
chiamata Diametro specifico.
(54)
Per una macchina e una condizione di funzionamento assegnata vi sarà un valore
di tale grandezza per cui la pressione minima all'interno della macchina eguaglia
bacino; detta la quota della sezione (1) rispetto al pelo libero del bacino e
la perdita in metri di colonna di liquido nella condotta di aspirazione per la
pompa o di scarico per la turbina, si avrà:
(55)
Tale valore, che potremmo chiamare disponibile deve essere confrontato col valore
richiesto dalla macchina affinché non si verifichi la cavitazione, valore
generalmente valutato sperimentalmente sulla macchina stessa o su un modello e
deve dunque intendersi come valore di incipiente cavitazione. Esso è fornito dal
costruttore della macchina in funzione ad esempio della portata, per una
dimensione e un numero di giri assegnato. In genere dovrà essere:
mezzo di un termine del tipo , nel quale è la velocità relativa in (1), poiché
(56)
che permette di confrontare situazioni analoghe dal punto di vista della ca-
vitazione in macchine simili fra di loro, operanti in condizioni diverse, ma in
similitudine cinematica. Si faccia attenzione che la condizione di similitudine
cinematica non è generalmente soddisfatta da una macchina al variare della
portata per effetto della regolazione dell'impianto: ad esempio per una pompa in
genere la macchina opera a giri costanti e all'aumento della portata la prevalenza
diminuisce.
-37-
NOTA: in alternativa alla definizione di NPSH data nella (54), in molte applicazioni
(ad esempio nel campo delle eliche propulsive) si presferisce la seguente:
p1 pv
NPSH = − (57)
ρg ρg
che è equivalente sotto ogni aspetto alla precedente. In particolare si osservi che
entrambe dipendono dalla velocità e quindi dalla portata.
CAPITOLO 5°
TURBINE IDRAULICHE
H m = ( L + L w )/g (58)
Dalla (58) deriva la seguente definizione di rendimento idraulico:
L
η=
Hmg
Immaginando una macchina completamente immersa nella corrente come in Fig.
10 il salto motore si calcola come differenza fra il trinomio di Bernoulli in ingresso
(energia meccanica di partenza) e quello in uscita (energia meccanica allo
scarico). Entrando nel dettaglio del modo di operare delle turbine idrauliche può
accadere che il salto motore sia convertito integralmente in energia cinetica nel
distributore fisso che alimenta la girante. In tal caso la turbina si dice “ad
azione”. Altre volte soltanto una frazione del salto motore è convertito in energia
cinetica nel distributore; il resto viene utilizzato a cavallo della girante: in questo
caso la turbina viene detta “a reazione”. Ipotizzando in 0 una velocità trascurabile
e supponendo piccole le energie di posizione all’interno della macchina, le energie
meccaniche sono assimilabili ad energie di pressione e ciò consente la definizione
di un “grado di reazione” come rapporto fra salto di pressione a cavallo della
girante e salto di pressione totale a cavallo dell’intera macchina:
(P1 − P2 )
(P − P ) ρg
χ= 1 2 = (59)
( P00 − P02 ) Hm
La turbina Pelton
a) generalità
La turbina Pelton è una macchina ad azione la cui girante è costituita da un disco
sulla cui periferia è ricavata (o in alcuni casi “ancorata”) una serie di doppi
cucchiai che costituiscono la parte fluidodinamicamente attiva della turbina (Fig.
11 (a) e (b)). L’intero salto motore, eventualmente molto grande (fino a 2000 m) è
convertito in energia cinetica negli ugelli (da uno a sei). Il getto così ottenuto
alimenta tangenzialmente la girante: un intaglio ricavato nella parte superiore del
doppio cucchiaio permette al getto di introdursi nella corona attiva della
macchina con perdite molto contenute. Sul cucchiaio il getto, bipartito nello
spigolo centrale, viene deflesso dalla superficie concava sviluppando un sistema
di sovrapressioni che produce l’effetto utile. In linea di principio la pressione nel
getto non scende in nessun punto al di sotto del valore atmosferico. La geometria
di ciascun ugello può essere modificata in sede di regolazione della macchina a
Fig.11
mezzo di un moto assiale della spina. Le nuove condizioni di ugello così ottenute
conservano un’elevata efficienza idraulica: il getto di alimentazione mantiene,
cioè, una velocità sostanzialmente costante e pari a quella originaria. In caso si
renda necessario interrompere repentinamente l’afflusso di energia idraulica, il
getto può essere intercettato da un’opportuna superficie (tegolo deviatore) senza
arrestare il moto della colonna liquida che alimenta la macchina. In tal modo si
evita il pericolo del “colpo d’ariete” che si manifesterebbe se si intervenisse con un
brusco movimento della spina. Una peculiarità della turbina Pelton è
-40-
Fig.11 b
rappresentata dalla circostanza che la girante è immersa in aria, con dissipazioni
parassite enormemente più piccole di quelle che si avrebbero se, come accade
praticamente in tutte le altre turbomacchine, la girante fosse immersa. Il fatto
che la Pelton sia una turbina ad azione, caratterizzata quindi da basse velocità
periferiche per un dato salto motore, riduce il livello di sollecitazione meccanica
della girante anche in corrispondenza di elevati salti motore. Le macchine pluri-
ugello consentono l’elaborazione di portate maggiori a prezzo di un’architettura
alquanto più complessa, come si vede in Fig. 11 b, in cui è rappresentata una
macchina a 4 getti (asse verticale per ovvie ragioni impiantistiche).
V1 W2
= ϕ; =ψ (60)
V1i W1
-41-
si tenga presente che, data l’assialità della macchina, in ipotesi ideali w2 sarebbe
uguale a w1.
Il lavoro euleriano è, in valore assoluto:
che consente l’immediato calcolo della forza totale utile (tangenziale) che agisce
sui cucchiai a mezzo della relazione:
.
m ⋅ L = P = FTot ⋅ U (63)
L U U
η= = 2⋅ ⋅ ϕ − ⋅ (1 + ψ ⋅ cos β 2 ) (64)
2
Vi1 Vi1 Vi1
2
Vi12
Il rendimento é il rapporto fra il lavoro e l’energia idealmente disponibile .
2
η ϕ2
⋅ (1 + ψ ⋅ cos β 2 )
2
v1 F η
u w1
w2 v2
α2
β2
u
ϕ u/v1i
(a) (b) 2
d/D
nc
i
H
(c)
Fig.12
-42-
La turbina Francis
La turbina Francis è una macchina centripeta a reazione costituita da un
distributore periferico che indirizza la vena fluida secondo una opportuna
angolatura, con un’appropriata componente radiale, verso la palettatura mobile
-43-
della girante. Nei canali rotanti il flusso passa con gradualità da una direzione
prevalentemente radiale ad una prevalentemente assiale. Lo scarico, nel moto
assoluto avviene, con buona approssimazione, assialmente. La configurazione
della turbina è illustrata in Fig. 13(a) mentre la Fig. 13(b) fornisce un possibile
triangolo della velocità in ingresso. Si noti che la figura (b), per chiarezza,
considera la girante interamente visibile nel piano normale all’asse della
macchina, mentre in realtà lo scarico delle pale in generale è obliquo, come
riportato nella figura (a). Supponendo nulla la componente tangenziale allo
scarico, come richiesto dalla ottimizzazione della macchina (energia cinetica allo
scarico minima) e rettangolo il triangolo in entrata, il lavoro euleriano è pari a U 12
V12
mentre l’energia cinetica di alimentazione, pari a , è all’incirca uguale alla
2
metà del lavoro (U1 ≈ V1). Questa circostanza porta a concludere che le turbine
Francis sono naturalmente a reazione (grado di reazione, nel caso in esame, di
circa il 50%). Si osservi che, a differenza della turbina Pelton, il rapporto
kp=U1/V1 ottimale è poco inferiore a 1. Il fatto che a pari salto motore, la Francis
chieda velocità periferiche elevate (macchina a reazione) e che sia potenzialmente
esposta alla cavitazione (influenza del diffusore, dell’altezza di aspirazione e delle
depressioni locali allo scarico nei
Fig.13 a
-44-
Fig. 13 b
canali mobili) rende questo tipo di turbina inadatto agli elevati salti motori (salto
massimo pari a circa 400m).
L’area di passaggio per il fluido è tendenzialmente grande essendo costituita
dall’intera corona d’ingresso, di altezza h, ed è controllata dal progettista a mezzo
della scelta del rapporto h/D. Ne consegue che la portata, e quindi il numero di
giri caratteristico è considerevolmente maggiore rispetto alla turbina Pelton e
tanto maggiore quanto maggiore è la altezza della pala.
Per quanto concerne la regolazione si interviene riducendo le aree di passaggio del
distributore a mezzo di una rotazione delle sue pale (Fig. 13 b). In tal modo, però,
si altera l’intero comportamento idraulico della macchina (angoli, grado di
reazione, …) che non può essere mantenuto congruo con quello originario in
quanto ad una geometria del distributore variata se ne associa una fissa per la
girante. Ne consegue un calo di rendimento ai carichi parziali più sensibile di
quello che si ha nel caso della Pelton.
-45-
La turbina Kaplan
Macchine con una configurazione generale simile a quella delle eliche navali sono
state sviluppate per essere impiegate quali turbine assiali. Esse sono costituite da
un limitato numero di pale (fino a 6) che interagiscono con un flusso creato da un
Fig. 14 a
distributore (turbina Kaplan, Fig. 14 a Sia le pale del distributore che quelle della
girante sono orientabili a mezzo di un congegno meccanico. La riduzione concorde
delle aree di passaggio nei canali fissi e mobili garantisce una buona regolabilità
della macchina. La Kaplan è, tipicamente, una turbina a reazione adatta ai
modesti salti (da qualche metro a decine di metri), conseguenza il numero di giri
caratteristico è elevato e supera, di norma, quello delle Francis. Le poche, robuste
pale, sovente di spessore elevato, dovendo raccogliere l’intera potenza perturbano
sensibilmente il campo di moto producendo regioni di intensa sovrapressione e
depressione ed esponendo potenzialmente la turbina alla cavitazione. La
collocazione della macchina sotto battente risolve solitamente questo tipo di
problema. Al fine di limitare le dimensioni delle turbine anche per grandi portate
si tende a mantenere elevate le velocità di attraversamento e di scarico. Da qui la
necessità di predisporre in uscita dalla macchina un diffusore di recupero
dell’energia cinetica.
-46-
Fig. 14 b
In Fig. 14 b è rappresentata, a titolo di esempio la sezione di una pala rotorica di
una turbina Kaplan con asse verticale, coi relativi triangoli delle velocità. Nota la
velocità in ingresso, proveniente dal distributore non rappresentato in figura, si
osservi che il flusso relativo è molto tangenziale, come richiesto dalla geometria
delle pale, pertanto la velocità periferica deve essere molto grande, per rapporto a
V1. Se ci poniamo in condizioni ottime (energia cinetica minima allo scarico),
essendo nota la componente assiale della velocità allo scarico a partire dalla
portata, il triangolo in (2) è noto. Si osservi che il lavoro è molto modesto, per U
assegnata, mentre la sezione di passaggio è molto grande. Ne consegue che tali
turbine sono caratterizzate da numeri di giri caratteristici grandi. Si osservi
inoltre che il flusso accelera fortemente nella girante e pertanto il grado di
reazione è molto elevato.
Una evoluzione limite delle turbine assiali è costituita dalle turbine a elica e a
bulbo, che mancano di voluta e spesso anche del distributore. Esse sono
normalmente poste in linea col condotto di adduzione.
Campi di impiego delle diverse turbine idrauliche
Dalla descrizione fatta emerge che le diverse tipologie di turbine idrauliche sono
caratterizzate da campi di impiego molto differenti. Come sappiamo, il parametro
significativo per la classificazione è la velocità specifica o il numero di giri
caratteristico. Se ci si riferisce a dimensioni evelocità di rotazione usuali, per
macchine di potenza elevata, è anche possibile dare una indicazione
approssimativa del campo di salto geodetico e portata caratteristico delle diverse
macchine. Tali dati orientativi sono riportati nella seguente tabella:
-47-
Da quanto detto emerge anche che le diverse macchine sono più o meno
facilmente regolabili; pertanto è utile dare una indicazione del campo di
regolazione % in portata delle diverse macchine,(Fig. 15)
Fig.15
-48-
P1 P V2
= a − (z 1 − z a ) − 1 + y (66)
gρ gρ 2⋅g
CAPITOLO 6°
POMPE CENTRIFUGHE
Generalità
(a) (b)
3
0 1
Fig. 16
Le pompe centrifughe sono macchine operatrici radiali di impiego molto diffuso
per tutti i livelli di potenza e per numerosissime applicazioni. La girante è
costituita da un corpo di rivoluzione dotato di una serie di setti radiali che
delimitano un insieme di canali mobili (Fig. 16(a) e (b)).
L’aspirazione è usualmente assiale, in quanto manca, di norma, un pre-
distributore che induca una componente tangenziale nella vena fluida aspirata
dalla girante. Nel canale mobile il flusso viene pressurizzato e indirizzato
gradualmente verso una direzione tendenzialmente radiale. Allo scarico dalla
girante la velocità, somma della velocità relativa e di quella periferica, è elevata e
viene recuperata a mezzo di un diffusore (da 2 a 3 di Fig. 16) che può essere
palettato o a camera libera. In entrambi i casi vengono messe a disposizione del
fluido sezioni di passaggio crescenti che consentono il recupero dell’energia
cinetica. La pompa centrifuga, pertanto, è una macchina “naturalmente” a
-50-
(P2 − P1 )
(P − P ) ρg
χ= 2 1 =
( P03 − P00 ) H
Solitamente l’energia di pressione è assolutamente preponderante e la prevalenza
viene definita in termini di incremento di questa sola forma di energia. Allo
scarico della girante nel moto relativo, la velocità del fluido guidato dalle pale può
essere radiale o, in alternativa, può avere una componente in senso concorde
oppure in senso opposto alla velocità periferica. Nel primo caso la palettatura si
definisce “radiale” nel secondo caso “in avanti”, nel terzo caso “all’indietro”.
w2
v2 w2
v2 w2
v2
u2 u2 u2
(c)
u1
v1 H
w1 in avanti
(d) (e)
pale radiali
all'indietro
w2r w2 v2 u22
β2
α2
u2 Q
v2t
Fig.
17
-51-
Curve caratteristiche
Per un aspirazione assiale il triangolo delle velocità in ingresso non contribuisce
al lavoro euleriano che risulta unicamente determinato dal triangolo allo scarico
(Fig. 17(d)):
H = U 2 ⋅ V2 ⋅ cosα 2 = U 2 ⋅ (U 2 + W2 ⋅ cosβ 2 )
Q = A ⋅ W2 ⋅ sin β 2
Q
H = U 2 ⋅ U 2 + ⋅ cotg β 2
A
La curva caratteristica ideale è pertanto lineare (Fig. 17(e)) e dà luogo a
prevalenze costanti con la portata per palette radiali (β2 = π/2), a prevalenze
decrescenti con la portata per palette all’indietro (β2 > π/2) e a prevalenze
crescenti con la portata per palette in avanti (β2 < π/2). Nel caso reale il legame
portata – prevalenza, che rappresenta poi l’insieme di tutti i possibili punti di
lavoro della pompa a giri costanti, è sostanzialmente un dato empirico, rilevato a
mezzo di un’opportuna sperimentazione. Concettualmente si può pensare che la
caratteristica effettiva (Fig. 18(b)) si ottenga da quella ideale sottraendo alla
prevalenza le perdite. Queste ultime sono ripartite in perdite concentrate
(d’imbocco nella girante e nell’eventuale diffusore palettato) e distribuite lungo
tutto lo sviluppo del canale. Le perdite concentrate presentano un minimo in
corrispondenza di angoli fluidodinamici (desunti dai triangoli delle velocità) in
accordo con gli angoli costruttivi (Fig. 17(a)). All’aumentare dei giri le curve
caratteristiche si dilatano mantenendo la forma originaria. Nell’ipotesi,
abbastanza ben verificata, di validità della similitudine idraulica, dalla curva di
base a giri n1 si deducono le curve a giri superiori sulla base della seguente
regola. Al punto P1 su n1 corrispondono punti in similitudine P2 su n2 e P3 su n3
ottenuti facendo aumentare linearmente con i giri la portata e quadraticamente la
prevalenza. In altre parole tutti i punti in similitudine stanno su una parabola del
second’ordine che passa per l’origine. Su tale parabola i triangoli delle velocità
dovrebbero essere simili e i rendimenti uguali. Nella realtà correggendo la
-52-
n=cost
P3
P2
ydis n3
P1
T n2
yconc
n1
(a) Q (b) Q
H Q
t
cos A
n=
B
C
D3 D
E
D2
D1
(c) Q (d) H
B
A ∆H
Q0 Q0+∆Q
(e) Q
Fig. 18
-53-
CAPITOLO 7°
LA COMPRESSIONE DEI GAS
2 2
dP P
L T = ∫ v ⋅ dP = R ⋅ T ⋅ ∫ = R ⋅ T ⋅ ln 2 (69)
1 1
P P1
mentre dalla (69), tenendo presente che h è funzione della sola temperatura, si
ha:
L T = −q (70)
p T
2* 2' 2 2
3
2'
2* 1
4 1
5
v 4 3 s
(a) (b)
p T
2* 4 5
5
4
2'
3 2'
3 1
v s
(c) (d)
2
h
4 ηc
η y=1
1
2' 3 0.9 η y=0.9
3' 0.8
η y=0.8
1 β
1
s
(e) (f)
h 2' − h1
ηc = (72)
h 2 − h1
l’area 1-2-3-4 nel piano P-v fornisce il lavoro diminuito delle perdite Lw, mentre
l’area sottesa all’arco 2-2* nel piano T-s, rappresentando il salto entalpico
effettivo, fornisce compiutamente tutto il lavoro di compressione. In entrambi i
piani i triangoli 1-2’-2 rappresentano l’incremento dell’integrale di v⋅dP dovuto
all’effetto indiretto delle perdite. A tale incremento si dà il nome di contro-
recupero. L’area sottesa all’arco 1-2 nel piano T-s, sulla base della (14),
rappresenta il lavoro delle resistenza passive.
Le turbomacchine per loro natura mal si prestano ad una refrigerazione continua
del fluido di lavoro. Le superfici di scambio disponibili al loro interno sono infatti
estremamente limitate ed il fluido le lambisce a velocità molto elevata. Volendo
ridurre le temperature medie della trasformazione si procede per tanto in questo
modo. Si interrompe la compressione dopo che il fluido ha subito un sensibile
riscaldamento; si avvia il gas ad uno scambiatore di calore dove la sua
temperatura viene ricondotta a valori prossimi a quelli iniziali; si completa quindi
la compressione in un secondo stadio (compressione inter-refrigerata). Il
risparmio di lavoro dovuto alla più favorevole “storia” dei volumi specifici è
rappresentato, nel caso reversibile, dall’area tratteggiata nelle Fig. 16(c) e (d).
Naturalmente gli stadi di inter-refrigerazione possono essere più di uno. Per
quanto concerne l’ottimazione della pressione di inter-refrigerazione si osservi che
un raffreddamento troppo anticipato è inefficace in quanto il gas non ha avuto
ancora modo di riscaldarsi sensibilmente; parimenti inefficace è un
raffreddamento troppo ritardato in quanto i benefici della refrigerazione si
manifesterebbero per una compressione residua eccessivamente modesta.
-58-
ηy =
∫ v dP (73)
L eff
che risulta maggiore del rendimento adiabatico (72)
Se si approssima la trasformazione reale 1-2 con una politropica di equazione
P vn = costante, il numeratore della (73) e quindi il rendimento idraulico (che in
tale ipotesi prende il nome di “rendimento politropico”) può facilmente essere
valutato e confrontati col rendimento adiabatico. Il legame è illustrato
graficamente in Fig. 16(f). Si osservi che: a) il rendimento adiabatico è sempre
minore di quello politropico; b) al diminuire del rendimento politropico e al
crescere del rapporto di compressione cresce il divario fra i due rendimenti.
-59-
CAPITOLO 8°
I COMPRESSORI DI GAS
Il compressore centrifugo
a) Generalità
Il compressore centrifugo ha una configurazione d’insieme simile a quella delle
pompe centrifughe.
Fig. 20
Esso è costituito cioè da una girante palettata (Fig. 20(a)), alimentata assialmente
con scarico tendenzialmente radiale.
-60-
3
h2
2
3 2 1
0 D1 1 D2
(b)
w2
v2
β2
α2 u2
w2 v2
β2
α2 u2
w2 v2
β2
α2 u2
(c)
Fig. 21
L’elevata velocità di uscita dalla girante richiede che la vena fluida sia rallentata
in un opportuno condotto (diffusore) con recupero di energia di pressione. Con i
-61-
V22
triangoli di Fig. 20(a) il lavoro euleriano è pari a U 22 : poco più della metà ( ) è
2
disponibile come energia cinetica allo scarico della girante da utilizzare per la
compressione nel diffusore. Il compressore centrifugo è pertanto una macchina
naturalmente a reazione (grado di reazione definito come rapporto fra salto
entalpico a cavallo della girante e salto entalpico totale). Prescindendo dagli effetti
di comprimibilità la fluidodinamica del compressore e della pompa centrifuga è
del tutto analoga. Anche per i compressori le palette allo scarico possono essere
configurate radialmente, in avanti, all’indietro. Con riferimento alla Fig. 21(c) si è
già detto che un triangolo con scarico radiale ha grado di reazione di poco
inferiore al 50%. Mantenendo costante la u2 e considerando un triangolo con una
W2 all’indietro, la riduzione della V2 si riflette, linearmente, in una riduzione del
lavoro euleriano e, quadraticamente, nella riduzione dell’energia cinetica di
scarico. Aumenta perciò il grado di reazione e diventa meno importante il
recupero di energia cinetica nel diffusore. Considerazioni opposte valgono per i
triangoli con W2 in avanti.
V22
h2 = h0 + L − (74)
2
θ
T2' P2
= (76)
T1 P1
V22
Nel diffusore l’energia cinetica viene in larga misura utilizzata per
2
comprimere la vena fluida (da 2 a 3) mantenendo un residuo di velocità V3 che
garantisce il trasferimento del gas. Se nel punto 3 si ipotizza di utilizzare l’energia
cinetica disponibile in una compressione isentropica si ottiene il punto 03 detto
“di ristagno” cui corrispondono grandezze termodinamiche definite “di ristagno” o
“totali”. Analogamente al punto 2 (condizioni statiche) è associato il punto 02 di
ristagno (condizioni totali). Dato che le trasformazioni 3-03 o 2-02 sono reversibili
è sempre possibile passare dalla situazione di quiete rappresentata dai punti 03 e
02 a quella effettiva, caratterizzata da condizioni 3 o 2 associate alle relative
energie cinetiche e viceversa. Le condizioni di ristagno rappresentano lo stato del
serbatoio ideale da cui si può immaginare che derivi il flusso. Sperimentalmente
l’arresto reversibile della vena fluida in un tubo di Pitot genera condizioni di
ristagno. L’utilità delle grandezze di ristagno sta nel semplificare il quadro termo-
fluidodinamico riconducendolo a condizioni statiche individuate dai puri
parametri termodinamici.
Il compressore assiale
Un’altra tipologia di compressore, quello assiale, utilizza per l’elaborazione della
vena fluida una serie di palettature, alternativamente mobili e fisse, il cui profilo
aerodinamico induce un graduale aumento di pressione nei canali. La Fig. 22(b)
fornisce una vista schematica della macchina da cui si intuisce che le aree di
passaggio a disposizione del fluido sono grandi rispetto alla sezione maestra
(numero di giri caratteristico elevato) e che, naturalmente, è possibile organizzare
in poco spazio un gran numero di stadi. Sezionando con il cilindro c-c la mezzeria
delle palette si ottengono sezioni conformate a profilo aerodinamico come
rappresentato ad esempio in Fig. 22(c). Le deflessioni impresse alla vena fluida
sono congrue con l’andamento della linea media del profilo e sono compiutamente
rappresentate a mezzo dei triangoli di velocità di ingresso e di uscita.
-63-
statore
(a) (b)
c c
02 03
(v22)/2 (v32)/2
3
3' rotore
1 2 3 03
v 23
2
v 22
L 3
2 2
L w 22
2'
2
w12
01 2 2
v12
0 2
(v12)/2 h
1
h 1' 1 s (f)
s
w1
(c)
∆α ∆β
u u
v2 w1 w2 v3=v1 v2
w2
v3=v1 u
u
∆vt
(d)
w1
u
v2 u
w2 w1 w2 v3=v1 v2
u
v3=v1 u
w1
(e)
u
u
v2 w1 w2
w2 v3=v1 v2
u
u
v3=v1
Fig. 22
Sempre con riferimento alla Fig. 22(c) osserveremo che i triangoli sono simmetrici
(velocità assolute speculari a quelle relative, grado di reazione del 50%) che le
-64-
β β
(p) (p)
pompaggio
limite del
M
S
P caratteristica
L capacità
perfetta n4
η1
caratteristica
T
esterna
η2
caratterisica
compressore n1 n2 n3
Q Q
(a) (b)
Fig. 23
-84-
CAPITOLO 11°
TURBINE $66,$/,
Rendimenti
Nello studio di singoli stadi della turbina è necessario tener conto delle energie
cinetiche del fluido e quindi distinguere fra condizioni statiche e condizioni totali
del fluido di lavoro.
00
v 22
0
p1 h00 − h2* ≅ h00 − h2' +
2
L h − h02
ηt,s = = 00
1 h00 − h2' h00 − h2'
1'
L L
ηt , t =
h00 − h2*
p02
p2
02
2* (v22)/2
2
(a) 2'
Fig. 29
L = h 00 − h 02 (103)
L
η ts = (104)
h 00 − h 2'
L
η tt = (105)
h 00 − h 2' − V22 /2
Il rendimento “totale a statico” è significativo negli stadi singoli o negli ultimi stadi
di turbina in assenza di un diffusore in quanto, in tal caso, l’energia cinetica di
scarico è effettivamente perduta. Per gli stadi intermedi o in presenza di un
diffusore, dato il recupero quantomeno parziale dell’energia cinetica di scarico è
significativo il rendimento “totale a totale”.
β1
β2
v1
w1 (b)
∆β
v1 w1 v2 w2
u
α1 α2
w2 u u
v2
η
(c) (d)
cos2α 1
β1
β2
∆β
v2 w2
v1 w1
u
α1
u
u/v1
(cosα 1)/2 cosα 1
Fig. 30
Con riferimento alla Fig. 30(b), si supponga simmetrica la palettatura mobile
(angolo β1 = 180° - β2). Le due velocità relative, uguali in modulo, sono speculari
una rispetto all’altra.
Il lavoro euleriano risulta:
con
V2 ⋅ cosα 2 = U + W2 ⋅ cosβ 2 = U − W1 ⋅ cosβ1
U − W1 ⋅ cosβ1 = U − (V1 ⋅ cosα 1 − U ) = 2 ⋅ U − V1 ⋅ cosα 1
si ha quindi:
U
⋅ cosα 1 − = 4 ⋅ k p ⋅ (cosα 1 − k p ) (108)
L U
η= 2
= 4⋅
V1 /2 V1 V1
∆h girante ∆h girante
χ= = (109)
∆h tot ∆h girante + ∆h distr.
β1
v1 v2=v0 v1 w1 v2=v0 w2
α1 α1
(b) (a)
u u
v0 ∆vt
β1
v1 w1
v1 w1 v2=v0 w2
u α1
(c)
u u
v2 w2
∆vt
Fig. 31
La configurazione a reazione comporta, in linea di principio, un certo vantaggio di
rendimento sia perché l’energia cinetica allo scarico è minore, ma soprattutto
perché le velocità assolute e relative sono mediamente minori di uno stadio ad
azione e le perdite per attrito sono proporzionali all’energia cinetica. Una
configurazione tipica, largamente utilizzata, di stadio a reazione è costituita da
palettature fisse e mobili con profili speculari l’uno rispetto all’altro e quindi
simmetrici come illustrato nelle Fig. 31(c) (triangolo ottimizzato). In questo caso il
processo di espansione che avviene nel rotore è del tutto analogo a quello che ha
luogo nello statore (creazione della stessa energia cinetica con angoli delle velocità
simmetrici) e risulta: W2 = V1; W1 = V2.
Il grado di reazione è sostanzialmente pari al cinquanta per cento. Con
riferimento al triangolo ottimizzato, il lavoro euleriano è dato da U·V1·cosα= U22.
Mentre il triangolo non ottimizzato, a fronte di un rendimento inferiore ha un
lavoro più elevato a causa della maggiore variazione di componente tangenziale di
velocità nel moto assoluto.
Sono abbastanza diffusi anche triangoli delle velocità con gradi di reazione elevati
(anche nettamente maggiori del 50%).
Otterremo un triangolo del tipo di quello riportato in Fig. 32(a) in cui la velocità
assoluta di scarico ha una significativa componente tangenziale di verso
contrapposto a quello della u. Tale componente potrebbe essere ancora utilizzata
purché la si riconduca al verso corretto, nello stesso senso della u. Ciò è possibile
a mezzo di un’apposita palettatura denominata raddrizzatore. A questo punto la
velocità assoluta può essere utilizzata in un secondo stadio mobile come illustrato
in Fig. 32(b). La macchina che ne risulta prende il nome di turbina a salti di
velocità (o turbina Curtis se, come nel caso in esame, gli stadi mobili sono due).
In uno stadio ad azione semplice ottimizzato la componente tangenziale della V1
viene annullata sottraendole due volte la U; nella turbina a salti di velocità,
secondo lo schema in figura, la U viene sottratta quattro volte al fine di
ricondurre la velocità assoluta alla direzione assiale. Pertanto il coefficiente ottimo
di velocità periferica risulta dimezzato rispetto allo stadio ad azione semplice
(cosα1/4 in luogo di cosα1/2). Considerando triangoli ottimizzati a pari α1 il
rapporto fra velocità di scarico e velocità di alimentazione è lo stesso per lo stadio
ad azione semplice e per la Curtis, quindi la perdita di energia cinetica di stadio
incide allo
α1 v1 w1
u
v1 w1 v2 w2
w2
α1
(a) v2
u u
v3
w3
w4
v1 w1 v3 w3 v4 w4 v2 w2
(b) v4
u u u u
÷L2
÷L1
Fig. 32
stesso modo sull’energia cinetica di alimentazione nei due tipi di stadio: ne
consegue che il rendimento ottimo è identico. Il coefficiente di velocità periferica
dimezzato comporta per la Curtis, a pari U, una velocità di alimentazione doppia
-90-
e quindi un’energia cinetica quadrupla e quindi lavori totali quadrupli. I due stadi
però compiono lavori molto diversi in quanto la parte preponderante dell’effetto
utile è fornita dal 1° stadio.
h
0
1
∆hdiss
1'
∆h'
∆H'
3
2
s
Fig. 33
Stabilita la linea effettiva di espansione 0 – 4 la somma dei salti entalpici
isoentropici a disposizione degli stadi è maggiore del salto isoentropico originario
(0 – 2). Il rapporto, superiore a uno, fra queste due quantità è denominato “fattore
di recupero”.
-91-
V1 W
ϕ= ; ψ= 2 (110)
V1i W2i
La parzializzazione
Le turbine ad azione possono essere parzializzate nel senso che la chiusura di
parte degli ugelli di alimentazione. Ciò consente la riduzione della portata senza
importanti disturbi fluidodinamici. Questo principio viene utilizzato ampiamente
negli interventi di regolazione, ma può servire anche in sede di progetto per un
migliore proporzionamento delle palettature.
Negli stadi di alta pressione accade sovente che la modesta portata volumetrica
impedisca di avere palette di altezza adeguata. Infatti, a giri costanti (tipicamente
3000 giri/min), onde ottenere una velocità periferica sufficiente, i diametri devono
-92-
.
V = π ⋅ D ⋅ h ⋅ v a ⋅ (1 − ε ) (111)
Vengono così limitate le severe perdite per trafilamento tipiche delle palette troppo
basse.
.
P = m⋅ ∆hu (112)
per ottenere la variazione di P non è opportuno agire sul salto entalpico utile in
quanto esso è legato ad un ciclo termodinamico ottimizzato che, nei limiti del
possibile, deve essere mantenuto inalterato. Si agirà pertanto sulla portata
massica che può essere ridotta, a partire dal valore nominale, secondo due
modalità: la parzializzazione o la laminazione.
L = U ⋅ V1 ⋅ cosα 1 (113)
(a)
v1 v2 w1 w2 (a)
h
(m) u
u
Dm
(b)
v1 w1 v2 w2
α1 (m)
u u
v1 w1 v2 w2
α1 (b)
u u
(a)
Fig. 34
-96-
Pur utilizzando diametri elevati e palette molto alte la capacità della corona di
scarico di far passare portata è limitata e conseguentemente limitata risulterà la
potenza ottenibile da una turbina con uno scarico singolo. Ipotizzando in
mezzeria un triangolo con il 50% di reazione come in figura si ha infatti per la
portata volumetrica:
. h
V = π ⋅ D m ⋅ h ⋅ v a = π ⋅ D m ⋅ h ⋅ u m ⋅ tgα1 = π ⋅ D 2m ⋅ ⋅ u m ⋅ tgα1
Dm (114)
CAPITOLO 13°
TURBINE A GAS
Considerazioni introduttive
Si è visto che nelle macchine a flusso continuo i lavori sono proporzionali ai
volumi specifici. Per ottenere lavoro utile in un ciclo termodinamico è pertanto
necessario che i volumi specifici medi in fase di espansione siano grandi rispetto
a quelli della fase di compressione. E’ cioè necessario che sia presente un
meccanismo di dilatazione dei volumi che, nei cicli a vapore, è rappresentato dalla
vaporizzazione. Nei cicli a gas uno strumento altrettanto efficace non è invece
disponibile; se infatti la vaporizzazione moltiplica i volumi di centinaia di volte
rendendo i lavori di espansione incomparabilmente maggiori di quelli di
compressione, nei cicli a gas si fa invece affidamento sulla dilatazione causata dal
riscaldamento indotto dalla combustione: un aumento di temperatura assoluta
media nelle turbomacchine di un fattore 3, ad esempio, comporta lavori di
espansione idealmente tripli di quelli di compressione e quindi in qualche modo
paragonabili con essi. Questa diversa struttura quantitativa del lavoro utile nelle
due tipologie di ciclo comporta un’incidenza delle perdite radicalmente differente.
Nel caso del vapore anche in presenza di dissipazioni molto elevate nella turbina e
nella pompa il lavoro di espansione non corre alcun pericolo di avvicinarsi a
quello di compressione; nel caso del ciclo a gas, invece, l’effetto combinato delle
perdite che fanno diminuire il lavoro della turbina e aumentare quello del
compressore incide radicalmente sul lavoro utile con il rischio, in presenza di
efficienze delle macchine modeste, di un suo annullamento. Pertanto la capacità
di gestire temperature elevate aumentando la differenza intrinseca di lavoro fra
turbina e compressore e la qualità fluidodinamica delle turbomacchine giocano
un ruolo fondamentale nei cicli di turbina a gas.
Ciclo semplice ideale
Il ciclo ideale di turbina a gas è costituito da una compressione isoentropica di
aria prelevata dall’ambiente, dal suo riscaldamento diretto attraverso una
combustione, da un’espansione isoentropica fino alla pressione atmosferica e
dallo scarico finale dei gas combusti (Fig. 37(a), (b), (c), ciclo Brayton). Poiché la
combustione altera la natura e la portata del flusso di gas, nella schematizzazione
ideale è conveniente fare riferimento al ciclo chiuso (Fig. 37(d)) in cui cioè la
combustione è sostituita da un riscaldamento in uno scambiatore di calore e il
ricambio del fluido di lavoro è sostituito dal raffreddamento dei gas scaricati dalla
-104-
Fig. 36
turbina. Così facendo diventa ammissibile, senza incorrere in incongruenze,
l’ipotesi di gas perfetto a calori specifici costanti (l’elio, ad esempio, si presta a
questa schematizzazione).
Il rendimento del ciclo può essere facilmente calcolato come segue:
Q2 c ⋅ (T − T1 ) T ⋅ (T / T − 1)
η =1− = 1− p 4 = 1− 1 4 1 (119)
Q1 c p ⋅ (T3 − T2 ) T2 ⋅ (T3 / T2 − 1)
p T 3
2 3
2 4
1 4
(a) 1 (b)
v s
1 1
4 4
2 3 2 3
(α) (α+1)
(1)
(c) (d)
Fig. 37
per cui, in definitiva, si ha:
T1
η = 1− = 1 − β −θ (121)
T2
la prima delle quali dice che il rendimento dipende unicamente dal riscaldamento
che si realizza durante la compressione, la seconda che esso è funzione crescente
del rapporto di compressione (Fig. 38(e)). L’indipendenza di η dalla temperatura
massima non è però assoluta: infatti, fissata T3, esiste un rapporto di
compressione limite che riscalda il gas durante la compressione fino ad una T2 =
T3; in queste condizioni il lavoro si annulla (area del ciclo infinitesima) e il
rendimento assume il valore di quello di Carnot.
-106-
ηc
2
η 4
β0 β lim β
(e)
Fig. 38
Il massimo del lavoro utile si ha invece per un rapporto di compressione βo che
rende T2 uguale a T4, come si può facilmente verificare esprimendo il lavoro utile
ideale nel seguente modo:
T3
Lid = ηidQ1 = (1 − β−θ )cp (T3 − T1 ) = c pT1 (1 − β−θ )( − βθ )
T1
Fissate le temperature massima e minima il lavoro è massimo per
1/ θ 1/ θ
T T
β = 2 = 3 = βlim (122).
T1 T1
Dalla (122) si ha che T2 = T1T3 ; d’altra parte sappiamo che T1T3=T2T4, ne
consegue che T2=T4, per cui il rapporto di compressione βo sopra introdotto
massimizza il lavoro.
Ciclo semplice reale
Sempre nell’ipotesi di gas perfetto a calori specifici costanti si considerino adesso
le trasformazioni reali invece che ideali. La compressione da 1 a 2 sarà adiabatica
ad entropia crescente; nel combustore (o nello scambiatore di calore primario) si
manifesterà una perdita di carico; analogamente l’espansione sarà ad entropia
crescente e terminerà ad una pressione di poco superiore a quella del punto 1 a
-107-
causa delle perdite di carico nei condotti di scarico nello schema di ciclo aperto o
nel refrigeratore nelle ipotesi di ciclo chiuso. Le perdite di carico diminuiscono il
rapporto di espansione rispetto a quello di compressione e quindi penalizzano
entrambi i lavori rispetto ad un caso ideale a pressioni intermedie. Lo stesso
risultato energetico si può ottenere ignorando le perdite di carico ma ipotizzando
rendimenti pessimistici per le turbomacchine: l’analisi del ciclo viene resa in
T T 3
3
t
c os
p=
2 2
4 2' 4
4'
ost
p=c
1 1
s s
(a) (b)
Fig. 39
questo caso molto più agevole. Nel seguito seguiremo pertanto questa seconda
schematizzazione (vedi Fig. 39(a) e (b)).
L’andamento del rendimento ideale in funzione di β non presenta un massimo in
senso proprio; nel caso reale invece tale massimo esiste in quanto, al crescere di β
al di là di un certo valore, il rendimento diminuisce sino ad annullarsi.
In un ciclo a grande rapporto di compressione: il rendimento ideale è prossimo a
quello di Carnot mentre quello reale potrebbe essere nullo o addirittura negativo.
Infatti i lavori ideali di espansione e di compressione sono simili col risultato che,
introducendo in entrambi le perdite, il lavoro di compressione può eguagliare o
addirittura superare quello di espansione.
Ricerchiamo analiticamente le condizioni di rendimento nullo. Fissato il rapporto
di compressione il lavoro utile reale ha l’espressione:
Lc ' L ' 1
L u = η mt ⋅ η t ⋅ L t '− = η mt ⋅ η t ⋅ L c '⋅ t − (123)
η mc ⋅ η c L c ' η mt ⋅ η t ⋅ η mc ⋅ η c
-108-
L t ' T3 T3
= = (124)
L c ' T2' T1 ⋅ β θ
η tot = η mt ⋅ η t ⋅ η mc ⋅ ηc
T1 ⋅ β θ
T3 * = (126)
η tot
η T 3'=cost
L
L
η y=0.75 η y=0.85
β
(a)
Fig. 40
Con riferimento alla Fig. 40(a) si noti infine che il β che rende massimo il
rendimento è più elevato di quello che rende massimo il lavoro. Ciò si spiega con
la seguente osservazione. Poniamoci nelle condizioni di lavoro massimo:
nell’intorno della corrispondente ascissa il lavoro è stazionario per cui un piccolo
aumento del rapporto di compressione lascia inalterato il lavoro ma riduce il
consumo di calore (in quanto la temperatura di fine compressione cresce)
migliorando così il rendimento. In tal modo viene dimostrata la precedente
affermazione.
α ⋅ (h 2 − h ra ) + 1 ⋅ (h b − h rb ) + η b ⋅ H i = (α + 1) ⋅ (h 3 − h rf ) (128)
-110-
(α + 1) ⋅ (h 2 − h ra ) + η b ⋅ H i = (α + 1) ⋅ (h 3 − h rf ) (129)
ηb ⋅ H i
α +1 = 130)
(h 3 − h rf ) − (h 2 − h ra )
Combustore
Le camere di combustione utilizzate nelle turbine a gas sono molto diverse a
seconda della applicazione, fissa o aeronautica, tuttavia in generale sono
riconducibili a tubi più o meno complessi nei quali viene iniettata aria
proveniente dal compressore e combustibile di varia natura e nei quali la
combustione avviene a pressione più o meno costante. Una caratteristica comune
nei moderni combustori consiste nel fatto che esistono due diversi ambienti: una
zona “primaria”, nella quale avviene una combustione pressoché stechiometrica
ed una zona “secondaria”, nella quale i prodotti della combustione sono diluiti
con l’eccesso d’aria necessario per ridurre la temperatura rispetto a quella
adiabatica di fiamma, come richiesto dalle condizioni in ingresso turbina. La
ragione principale di tale soluzione risiede nel fatto che i limiti di infiammabilità
del combustibile sono molto contenuti attorno al rapporto stechiometrico.
Nelle macchine moderne la configurazione geometrica e fluidodinamica della
camera è condizionata dalla necessità di contenere le emissioni inquinanti, in
-111-
Cicli ad inter-refrigerazione
Al fine di ridurre il lavoro di compressione è possibile realizzare una inter-
refrigerazione. Nel caso ideale il ciclo assume la configurazione illustrata in Fig.
41(d); il lavoro utile aumenta, come si vede ad esempio dall’aumento dell’area del
ciclo, ma anche il consumo di calore aumenta in quanto a fine compressione il
gas entra nel riscaldatore più freddo. Tale secondo effetto prevale sul primo e il
-112-
T
3
4
3
2 5
4 L3
7 7
5 2' 2
L2 L1
6 1
6 1
s
(d) (e)
η
η agg
η id
A
B
η base
β parz β tot β
(f)
Fig. 41
rendimento diminuisce. Infatti con una coppia di isoentropiche fra 5 e 2 è
possibile separare il ciclo di inter-refrigerazione dal ciclo originario (base):
l’insieme dei due cicli (ciclo base e ciclo aggiunto) è del tutto equivalente al ciclo
complesso (stessi scambi di calore e lavoro). Il ciclo aggiunto ha un rendimento
minore di quello del ciclo base in quanto il suo rapporto di compressione è più
piccolo: ne consegue che il contributo che esso apporta al rendimento (media
pesata dei rendimenti dei cicli) è negativo.
Più complessa è la situazione nel caso reale. Al fine di ottenere in maniera
semplice dei risultati quantitativi, si facciano le seguenti ipotesi (Fig. 41(e)):
-113-
L3 − L2
∆L =
η mc
h 3 − h 7 L3
∆Q = = )
ηb ηb
∆L η b L
η agg = = ⋅ 1 − 2 (131)
∆Q η mc L3
che, per la proporzionalità fra lavori e temperature assolute, diventa:
ηb T
η agg = ⋅ 1 − 1 (132)
η mc T2
Osservato che i due rendimenti a secondo membro sono simili (e molto prossimi a
1) e quindi il loro rapporto si discosta pochissimo dall’unità, la (132) dice che il
rendimento del ciclo aggiunto ha la struttura dei rendimenti ideali valutati in
corrispondenza del rapporto parziale di compressione. Anzi, essendo T2 > T2’, ηagg
è leggermente maggiore di ηid.
Il paragone fra i rendimenti del ciclo base e del ciclo aggiunto può essere
effettuato a mezzo della Fig. 41(f) in cui sulla curva reale del ciclo base, in
corrispondenza del rapporto totale di compressione, è segnato il punto operativo
A e sulla curva del rendimento aggiuntivo, in corrispondenza del rapporto
parziale, è segnato il punto rappresentativo B. La posizione relativa di A e B
-114-
Cicli a ricombustione
Scopo della ricombustione è aumentare la temperatura media di espansione e
quindi il lavoro nella turbina e quello utile. Nel caso ideale, per quanto visto, sarà
meglio parlare di “riscaldamento ripetuto” invece che di ricombustione. Con
riferimento alla Fig. 42(a), (ciclo ideale), l’aumento dell’area del ciclo dimostra
l’effetto positivo sul lavoro netto. Con una coppia di isoentropiche si separi il ciclo
base dal ciclo aggiunto e si osservi che quest’ultimo ha rendimento inferiore in
quanto opera con un rapporto di compressione ridotto. Il suo contributo al
rendimento è quindi negativo.
Più complessa è la situazione nel caso reale. Come già visto in precedenza, anche
qui per ottenere risultati diretti è necessario introdurre le seguenti ipotesi
semplificative:
─ le due temperature di inizio espansione sono uguali (T3 = T5 in Fig.
42(b));
─ i rapporti parziali di compressione e i rendimenti delle turbine sono
parimenti uguali.
Da tali posizioni consegue che le due temperature di fine espansione sono le
stesse (T4 = T6). Con la simbologia indicata in figura l’aumento di lavoro rispetto
al ciclo base risulta:
-115-
T
3 5
3 5
L1 L3
4
4
6 4 6
2 6'
L2
2 7
7
(a) (b)
η
η id
η agg
B
η base
β parz β tot β
(c)
Fig. 42
∆L = ηmt ⋅ (L 3 − L 2 )
h5 − h 4
∆Q =
ηb
-116-
L3
∆Q =
ηb
∆L L T
η agg = = η mt ⋅ η b ⋅ 1 − 2 = η mt ⋅ η b ⋅ 1 − 6 (133)
∆Q L3 T5
Cicli rigenerativi
Se la temperatura dei gas allo scarico della turbina è superiore a quella di fine
compressione è possibile, a mezzo di uno scambiatore di calore, preriscaldare
l’aria compressa a spese del calore sensibile dei gas combusti. Nella
schematizzazione ideale, con riferimento al ciclo chiuso, la capacità termica dei
gas in bassa e in alta pressione è identica e lo scambio termico, nell’ipotesi di
superfici infinite, avviene in maniera reversibile (da 4 – 5 a 2 – 6, Fig. 43(a)). Il
risparmio di combustibile a pari lavoro comporta necessariamente un aumento di
rendimento. Inoltre la semplice costruzione geometrica riportata in figura
dimostra che la rigenerazione equivale, dal punto di vista delle prestazioni del
ciclo, ad un aumento del rapporto di compressione. Per il calcolo del rendimento,
osservato che gli scambi di calore con l’esterno avvengono soltanto fra 6 e 3
(introduzione del calore primario) e fra 5 e 1 (scarico del calore di scarto), si
procede con il seguente sviluppo analitico:
-117-
T η
3
ciclo
rigenerativo
6 4
ciclo
6' 2 semplice
5'
2 8
5
1 7
s β
(a) (c)
η
1
ηc
ε R=0.9
β
1 β0 β lim
(b)
Fig. 43
Q2 c p ⋅ (T5 − T1 ) T − T1
ηR = 1 − =1− =1− 2
Q1 c p ⋅ (T3 − T6 ) T3 − T4
da cui infine:
T1
ηR = 1 − ⋅βθ (134)
T3
Allo stesso risultato si poteva giungere più rapidamente dalla costruzione
geometrica in figura che consente di scrivere direttamente:
T7 T
ηR = 1 − =1− 1
T6 T4
c p ⋅ (T6' − T2 ) T6' − T2
εR = = (135)
c p ⋅ (T4 − T2 ) T4 − T2
Fig. 44
Aspetti tecnologici
E’ stato precedentemente chiarito come un’alta temperatura di ingresso in
turbina è condizione per poter utilizzare elevati rapporti di compressione
ottenendo buoni rendimenti. Le palette della prima girante della turbina, in
assenza di refrigerazione, si portano ad una temperatura solo un poco inferiore a
quella massima del ciclo e sono anche sollecitate meccanicamente dalle forze
centrifughe. La contemporanea presenza di un’elevata temperatura e di una
rilevante sollecitazione rende la resistenza al “creep” (scorrimento a caldo) il
parametro chiave per la scelta dei materiali. Appena un gradino sotto si collocano
i problemi di corrosione dei materiali esposti alle massime temperature in
contatto con i gas combusti. Gli acciai altamente legati hanno una resistenza al
creep buona ma insufficiente: sono stati sviluppati pertanto materiali ad hoc
costituiti da leghe di nichel, cobalto, molibdeno, cromo, etc. (dette superleghe),
che manifestano una resistenza al creep di alcune centinaia di gradi migliore di
quella degli acciai altamente legati. Tali leghe, pur costose e di non agevole
lavorazione, essendo impiegate in piccole quantità, non trovano ostacoli
economici per l’applicazione in oggetto. La presenza di rilevanti problemi di
corrosione ed, eventualmente anche di erosione, rende praticamente obbligatorio
l’uso di combustibili privi di sostanze inquinanti (zolfo, metalli, ceneri…) come il
-121-
CAPITOLO 14°
MOTORI VOLUMETRICI A COMBUSTIONE
INTERNA
Considerazioni introduttive
Dal punto di vista della concezione termodinamica di base il ciclo operativo del
motore è analogo a quello della turbina a gas in quanto entrambi prevedono una
compressione, un riscaldamento e un’espansione seguita dal rinnovo del fluido di
lavoro. Date però le caratteristiche peculiari di ciascuna delle due macchine la
realizzazione finale del sistema di conversione porta a risultati ampiamente
diversificati. Se la turbina a gas fa affidamento su turbomacchine ad elevata
velocità periferica tendenzialmente adiabatiche, il motore a combustione interna è
normalmente costituito da un capsulismo (cilindro – pistone) relativamente lento,
agevolmente refrigerabile, meccanicamente complesso.
Fig. 45
Inoltre mentre la turbina a gas è attraversata da un flusso continuo, nel motore
una piccola quantità di fluido di lavoro viene captata, elaborata separatamente in
un ciclo completo e, quindi, espulsa e sostituita. Come conseguenza di ciò la
struttura delle perdite è significativamente diversa nei due casi: nella turbina il
ruolo principale è giocato dalle perdite fluidodinamiche, nel motore da quelle
meccaniche e per dispersione di calore. Un’ulteriore differenziazione riguarda la
taglia delle macchine. Nella turbina l’alta velocità di attraversamento e
conseguentemente il grande flusso di massa porta a potenze rilevanti; nel motore,
-124-
Fig. 46
I cicli ideali
Nell’ipotesi di gas perfetto a calori specifici costanti, consideriamo dapprima il
ciclo ad accensione comandata (Otto). Esso è costituito da due isoentropiche (di
compressione e di espansione) e da due isocore (di riscaldamento e
raffreddamento) come illustrato in Fig. 47(a). Similmente a quanto fatto per la
turbina a gas scriviamo il rendimento nella seguente forma:
Q2 c ⋅ (T4 − T1 ) T ⋅ (T4 / T1 − 1)
η =1− =1− v =1− 1 (136)
Q1 c v ⋅ (T3 − T2 ) T2 ⋅ (T3 / T2 − 1)
-125-
T1 ⋅ v1κ −1 = T2 ⋅ v 2κ −1
T4 ⋅ v 4κ −1 = T3 ⋅ v 3κ −1
T1
η =1− (137)
T2
o anche:
1 v1
η =1− κ −1
ρ= (138)
ρ v2
p T
3 3
s=
co
st
st
co
4
v=
2
4
2 t
s= cos
c os v=
t
1 1
v s
(a)
p T
3(Otto)
2 3
3
s=
st
co
co
p=
st
4
s=
co
t s
4
2
st
= co
v
1 1
v s
(b)
Fig. 47
Il ciclo limite
Con questa denominazione si intende un ciclo realizzato a mezzo di una
macchina ideale ma in cui evolve l’effettivo fluido di lavoro; le differenze rispetto al
ciclo ideale vanno pertanto ricercate tutte nelle diverse caratteristiche
termodinamiche dei gas combusti a confronto col gas perfetto a calori specifici
costanti prima ipotizzato. In particolare il nuovo fluido di lavoro è caratterizzato
dai seguenti comportamenti:
-127-
p T
3id 3id
3
3
4
2 4id
4 2
1 4'
1
v s
(a) (b)
3
p
2 4*
4
∆p
patm
1
PMS PMI v
(c)
Fig. 48
dell’aria carburata. La loro massa, in termini percentuali, si calcola a mezzo del
seguente ragionamento. L’apertura della valvola di scarico a fine espansione
provoca l’espansione isoentropica del gas dentro il cilindro, fino allo stato 4’ di
Fig. 48(a) (pressione atmosferica). A corsa di espulsione ultimata il volume
disponibile per i gas residui è v2 che, rapportato al volume specifico v4’, fornisce la
massa residua per un kg di fluido che evolve nel ciclo: f = v2/v4’.
-129-
∫
“combustione” (Lc) risulta uscente ed è pari all’area tratteggiata ( p dv ). Inoltre
condizione di sopravvivenza del motore, i cui materiali (leghe leggere, ghise, olio
lubrificante…) hanno modeste caratteristiche di resistenza alla temperatura, è
un’efficace refrigerazione che comporta lo scambio di una quantità di calore QR.
Definita un’energia interna totale come somma dell’energia di agitazione
molecolare e di quella chimica, il bilancio di primo principio (sistema chiuso)
applicato fra 2 e 3 fornisce:
u t 3 = u2 + E c − L c − QR (141)
∫
δq R 1 QR *
s3 − s4 = = ⋅ QR * =
T T (T3 + T4 ) / 2
tale relazione presenta due incognite fra loro dipendenti (s4 e T4) e viene risolta
assegnando un valore di primo tentativo a T4 e procedendo quindi per successive
approssimazioni.
Sulla base del primo principio il lavoro di espansione si calcola così:
L e = ut3 − ut 4 − QR *
L eff
(143) ηtot = = ηid ⋅ ηind ⋅ ηorg
Q1
È necessario inoltre tener conto del fatto che la quantità d’aria contenuta nel
cilindro a fine aspirazione è minore di quella teorica (pari a una cilindrata d’aria
-131-
Hi V n
Peff = η tot ⋅ λ ⋅ ⋅ ⋅ (144)
α + 1 vm m
che chiarisce fra l’altro come i motori a due tempi siano favoriti dal punto di vista
della potenza specifica (infatti in essi il ricambio di fluido, effettuato nell’intorno
del punto morto inferiore con l’aiuto di mezzi esterni che “lavano” i gas combusti
sostituendoli con aria fresca, non comporta alcuna corsa del pistone).
Sovralimentazione
Per aumentare la potenza si può ricorrere ad una compressione dell’aria prima
dell’immissione nei cilindri per mezzo di un compressore connesso
meccanicamente con l’albero motore o, più facilmente, da un compressore
centrifugo trascinato da una turbina centripeta che utilizza i gas di scarico del
motore ad alta temperatura (turbo-sovralimentatore).
Fig. 49
-132-
Combustibili e combustione
Con riferimento al motore ad accensione comandata il modo più diretto per
aumentare il rendimento del ciclo è aumentare il rapporto di compressione (vedi
(143)). Tuttavia esiste un limite, indicativamente nell’intorno di 10, al di sopra del
quale la combustione cessa di essere regolare e si manifestano disturbi di natura
meccanica e termica che danneggiano le prestazioni del motore e, nel lungo
periodo, possono mettere in pericolo la sua stessa integrità fisica. Accade infatti
che il combustibile mescolato all’aria nella fase di aspirazione e compressione dia
luogo ad una serie di reazioni preliminari che generano composti instabili (teoria
dei perossidi). L’aumento di temperatura e pressione conseguente all’accensione
può provocare la decomposizione di tali sostanze con la brusca cessione di una
parte dell’energia del combustibile a seguito di un’onda di pressione che spazza la
camera di combustione. Ne consegue un diagramma delle pressioni irregolare
accompagnato da un surriscaldamento e da un calo di potenza del motore. A tale
fenomeno si dà il nome di “detonazione”. La detonazione è favorita dalle alte
temperature e pressioni, dalle grandi dimensioni dei cilindri e dalle basse velocità
angolari; determinante è poi la natura del combustibile. Al fine di classificare i
combustibili dal punto di vista della resistenza alla detonazione si impiega un
metodo comparativo così strutturato. Si utilizza il combustibile che si vuole
classificare in un motore di caratteristiche prefissate (corsa, alesaggio, giri…) con
rapporto di compressione variabile che viene aumentato fino al limite della
detonazione. Si costruisce quindi una miscela di isottano e di eptano normale che
abbia lo stesso comportamento del combustibile in prova nei confronti della
detonazione. La percentuale di isottano nella miscela rappresenta un importante
parametro di merito per il combustibile e viene definita “numero di ottano”. Per
estrapolazione sono possibili anche numeri di ottano maggiori di 100.
Nei motori ad accensione spontanea si presenta un problema in qualche misura
opposto a quello della detonazione. In essi infatti il combustibile viene iniettato
verso il termine della compressione e sarebbe auspicabile una sua accensione
istantanea. In realtà è inevitabile un certo “ritardo di accensione” durante il quale
il combustibile si accumula nel cilindro senza bruciare. Al termine del periodo di
ritardo si innesca la combustione che, quasi istantaneamente, consuma l’intera
quantità di combustibile accumulata con un brusco aumento di temperatura e di
-133-