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E' un corso che vuol fare un'introduzione a tutte le liturgie orientali: spesso l'Occidente parla
della liturgia orientale. Ma esistono sette liturgie Orientali, sette angolature diverse, sette scuole
spirituali. Spesso, quando l'Occidente cristiano parla dell'Oriente, pensa soprattutto a quello bizantino,
però l'Oriente non è solo bizantino, ma c'è quello greco (melchita), quello slavo e russo.
E' importante che qualsiasi studente che inizi la licenza di liturgia conosca la tradizione orientale, per
capire tante cose della propria tradizione e per un allargamento scientifico.
Essendo un corso di introduzione, ci sarà una presentazione generale, mediante la quale conoscere i
grandi momenti della liturgia orientale secondo sette capitoli:
1) introduzione alle chiese orientali (v. la liturgia, copta, armena, etiopica, ecc.);
2) le fonti delle Liturgie Orientali;
3) la formazione delle liturgie orientali intorno alle grandi sedi episcopali (v. la nascita delle sedi
patriarcali);
4) le famiglie delle anafore orientali;
5) la descrizione delle singole liturgie orientali;
6) gli aspetti architettonici dell'Oriente cristiano (es. la liturgia Siro Orientale);
7) proposta di uno studio comparativo tra le diverse liturgie orientali (aspetti comuni e diversi delle
diverse liturgie: es. l'anno liturgico secondo le diverse liturgie, v. il rito ambrosiano, v. il rito
romano, [v. Salmo 116]; v. il Concilio di Costantinopoli che condanna i Nestoriani; v. i diversi
momenti ecclesiologici e dogmatici del tempo: sono importanti per lo studio della formazione delle
liturgie Orientali e della loro differenziazione);
.
A livello di bibliografia possiamo indicare già alcuni autori importanti per le liturgie Orientali; essi
sono:
1) J.M. Sauget che ha preparato una bibliografia sulle liturgie orientali dal 1900 al 1960 (raccolse
documenti su tutte le liturgie orientali secondo i diversi aspetti, sacramentale, sacramentali, Anno
liturgico, ecc.);
2) V. Jameras ha lavorato sullo stesso argomento dal 1960 al 1967 (continuò l’opera di Sauget).
Ambedue, al di là della lingua, hanno dato un grosso apporto agli studi e allo sviluppo di sussidi per
le diverse aree geografiche: siriaca, palestinese, alessandrina, antiochena, armena, ecc.
Dopo il 1967 non furono sviluppati altri sussidi. Altri autori importanti sono:
1) A. Baustark, Liturgié Comparée, dove propone i criteri di uno studio comparativo tra le liturgie
cristiane dell'Occidente e dell'Oriente (i suoi criteri danno una visione d’insieme delle liturgie
cristiane e sono una raccolta di diversi documenti sulle liturgie orientali: essi sono ancora validi);
2) N. Bux, La Liturgia degli Orientali, Bari 1996, dove c'è un'introduzione alle liturgie Orientali;
3) I. Dalmais, Le Liturgie Orientali, (è un manuale che si trova in lingua italiana, francese e
spagnola);
4) D. Gelsi, Liturgie Orientali (v. il suo articolo nel Nuovo Diz. di Liturgia, delle Paoline sotto la
lettera "O");
5) Dizionario Enciclopedico dell'Oriente Cristiano, a cura di E. Farrugia Sj), dove si trovano le voci
principali delle Liturgie Orientali (pubblicato dall'Ist. Pont. Orientale). Ogni voce porta un minimo
di bibliografia.
E' utile conoscere alcune celebrazioni delle Liturgie Orientali, per viverle, celebrarle e rendersi conto
della ricchezza della liturgia in seno alla Chiesa. Ad esempio, una volta all'anno viene celebrata la liturgia
di S. Giacomo, che è una liturgia gerosolomitana che esprime la ricchezza di una certa tradizione della
Chiesa, ma ci sono anche altri riti che ci permettono di conoscere a fondo il significato liturgico dei gesti
liturgici: a Roma ci sono delle Chiese dove è possibile seguire le diverse liturgie orientali, che si
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb: Introduzione al corso. 2
discostano dalle liturgie occidentali, come quella armena che è una tra le più complesse (altri esempi
riguardano la Chiesa Rumena e Slava, le Chiese Ortodosse).
Sia per le Chiese Orientali, sia per quelle Occidentali, è importante l’uso di appellativi “confessionali”
per meglio distinguere le diverse realtà tra Oriente ed Occidente. Un esempio pratico è il Concilio di
Efeso (431) che costituì una prima divisione tra le Chiese e creò una certa differenza confessionale:
quelle più orientali, che non parteciparono a questo Concilio, vennero, infatti, definite nestoriane. Nel
451 nel Concilio di Calcedonia, ci fu la definizione epistemologica sullo Spirito Santo: quelle chiese che
non l'accettarono, furono definirono monofisite, Quelle Chiese dette nestoriane è bene, però, definirle
siro-orientali (siro perché parlano la lingua siriaca, come lingua liturgica, e orientali perché si trovano
nell’attuale Irak-Iran.) mentre quelle monofisite le chiameremo Copte (si tratta dei Siro-Orientali, degli
Etiopici, e si trovano nell’attuale Siria).
Due momenti importanti, per la nascita e lo sviluppo delle Chiese Orientali, sono il Concilio di Efeso
del 431 ed il Concilio di Calcedonia del 451.
Circa le Chiese Siro-Orientali (non verrà toccato il tema degli scismi orientali, v. lo scisma di
Costantinopoli), si deve dire che in 12 secoli di scisma ci fu un'ignoranza mutua tra Occidente ed Oriente
(v. ad es., lo scisma del 1054), circa le loro rispettive tradizioni, che creò grossi ostacoli all'unità della
Chiesa e alla restaurazione della Comunione ecclesiale (v. la storia Ecclesiastica). Ci troviamo ancora in
una fase negativa di conoscenza reciproca. Tra l’altro, per il forte influsso occidentale, c’è da dire che se
una buona parte di Chiese di tradizione bizantina sono cadute, dall’altra c’è un luogo dove la cultura e
liturgia bizantina è rimasta intatta: si tratta del Monte Athos, che si rese completamente indipendente. Le
Chiese Siro Orientali sono situate geograficamente nella Persia e nella Mesopotamia Orientale:
attualmente ci sono grossi problemi di persecuzione da parte del mondo islamico. Queste Chiese
rischiano l'estinzione. La loro Liturgia pur rappresentando una ricchezza del mondo cristiano, rischia di
spegnersi completamente. Le Chiese Orientali, sia le Cattoliche, sia quelle Ortodosse, attualmente,
hanno "un doppio clero", così che non è lontano il rischio di una successiva frammentazione di queste
chiese. (v. il clero sposato e quello non sposato, oppure la presenza di vescovi latini, oltre ai vescovi
siriaci; v. La rivista Jesus del mese di Ottobre). Gli Armeni sono forse gli unici a salvarsi, perché sono gli
unici a mantenere intatta la loro tradizione liturgica e culturale. E' un caso unico (v. un monastero
armeno a Venezia, dove ci sono una ventina di monaci: La Liturgia Armena è molto complessa). Le
Chiese Siro-Orientali richiamano alla tradizione cristologica ed esegetica antiochena che è fortemente
letteralista (si riconoscono come maestri Teodoro di Tarso IV sec., e Teodoro di Mopsuestia IV e V
secolo. Alcune di queste chiese riconoscono come padre Nestorio, come rifiuto dell'impostazione
cristologica di indirizzo alessandrino). Sono Chiese che non adoperano mai il t. Theotokos che è un
termine tipicamente cristologico, assunto a Efeso, perché non erano state interessate al processo di
evoluzione di questa formulazione mariana e non avevano partecipato al medesimo Concilio. Ciò non
toglie, però, che queste Chiese esprimano una grande devozione verso Maria. Tali Chiese sono di
tradizione siriaca: esse hanno un slancio missionario molto forte: già nel III sec. è presente in India,
sotto il titolo di Siro-Malabar - nel Sud-Ovest dell'India. Ci sono anche delle testimonianze della loro
presenza in Cina ed in Mongolia. Nel 780-781 in scrittura siriaca e cinese si attesta la presenza di una
chiesa siriaca in veste missionaria, alle porte di Pechino.
25/10/2000. - Introduzione alle Liturgie Orientali - 1a. Lezione, Prof. Manuel Nin osb.
La Chiesa Siro Orientale1 ha un ramo unito a Roma, a partire dal 1552 (XVI secolo) con i
movimenti detti “uniati”: come rami ha quello siro-malabarese che è comune a quello della
Chiesa Siro-Occidentale. Queste confessioni si possono trovare con altri termini geografici (es.,
le Chiese Assira, nestoriana, Caldea). Queste Chiese sono ormai in estinzione. A volte la parola
Assira è applicata alle Chiese non cattoliche, mentre quella Caldea è applicata a quelle
Cattoliche. Sono appellativi geografici che si richiamano ad un’unica realtà della Chiesa Siro
Orientale (essa si trova in diaspora verso l’Europa e verso l’America), ma è bene non usarli
troppo. La crisi è ancora più forte in Iran, in Iraq e nella Turchia.
Il secondo grande gruppo di Chiese Orientali sono quelle Anti-calcedoniane, che una volta
venivano chiamate Chiese monofisite. Dopo il Concilio Vaticano II c'è stato un cambiamento per
quanto riguarda la Chiesa Siro-malabarica.
Le Chiese anti-Calcedoniane furono le Chiese che si rifiutarono di sottoscrivere la
dichiarazione cristologica del Concilio Di Calcedonia del 451: esse hanno tre grandi tradizioni:
1) trad. Copta;
2) trad. Siro-Occidentale;
3) trad. Armena.
I Siro Occidentali si trovano anche sotto l'appellativo di "Giacobiti", a causa di un vescovo
Siro-occidentale, di nome Giacomo Bar-Addai che, nel 543 diede una struttura gerarchica alla
sua Chiesa, la cui lingua liturgica è il siriaco, con un’aggiunta successiva dell’arabo, a causa delle
invasioni arabe. Anche questa Chiesa ha un doppio ramo: uno in comunione con Roma e l’altro
separato da Roma (è il ramo più numeroso che si può chiamare Ortodosso). Questa realtà
ecclesiale visse e vive una forte diaspora. Da questa tradizione Siro-Occidentale si ha una sotto
divisione:
a) i Siro-malancaresi2 (sono cristiani dell'India che, in diversi momenti della storia, per
divisioni interne dei Siro-malabaresi, hanno assunto un'altra tradizione liturgica sempre
siriaca, cioè la tradizione Occidentale di lingua siriaca. Essi mantennero il carattere di
anti-calcedoniani, ma si differenziano dai Siro-malaberi perché questi ultimi hanno una
tradizione orientale);
b) i Maroniti (sono una Chiesa nazionale, formata dai Libanesi e dipendono, al 90%, da una
tradizione Siro-Occidentale. Essi sono una Chiesa Orientale unita a Roma, che non ha il
doppio ramo e si differenziano dalle altre Chiese Orientali).
La seconda grande Chiesa anti-calcedoniana è quella Copta: quando gli Arabi arrivano in
Egitto avviene l'arabizzazione della parola Copta 3 che vuol dire "egiziano". I cristiani dell’Egitto
sono una comunità fondata apostolicamente da San Marco: da Eusebio nella sua Historia
1
Ambedue le Chiese Siro-Orientali, Ortodossa e quella unita alla sede di Roma, hanno a capo un Patriarca. La
realtà dei cristiani dei siriaci del Caldei e dell’Assiria, è molto più accettabile di quella presente in Iraq ed Iran.
In queste Chiese la crisi ancora oggi è forte perché in passato hanno sofferto l’influsso del rito occidentale: c’è
stata una sorta di latinizzazione che ha rischiato di cancellare con un colpo di spugna tutta la tradizione orientale
(v. il Sinodo del 559). Una simile situazione l’ha vissuta la Chiesa Malabarese in India.
2
La differenza sostanziale tra i Siro-Malabaresi ed i Siro-Malancaresi è la seguente: i primi seguono una
tradizione orientale e si dicono anche “filo-nestoriani”, mentre i secondi seguono una tradizione occidentale e si
dicono anche “filo-monofisiti” perché seguono un profilo cristologico diverso da quello dei Siro-Malabaresi.
Ancora nel sec. 1937-38, c’è stato ancora un altro scisma all’interno della Chiesa Malabarese, tanto che un
gruppo è passato nella Chiesa Siro-Malancarese.
3
La Parola “Copta” vuol dire “egiziano” ed ha un’origine semitica con influssi greci. Essa non racchiude
nessun mistero perché dopo il processo di arabizzazione , perde le caratteristiche della parola greco-egiziana.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 5
Eclesiastica, si che a partire dalla seconda metà del II secolo (180 ca.), Alessandria è una
comunità molto bene sviluppata, con a capo un vescovo la cui origine risalirebbe a San Marco.
In essa c'è anche un'affermata scuola cristiana di natura teologica (v. la storia ecclesiastica di
Eusebio) e c’è anche una presenza gnostica molto significativa. A quel tempo vi era Demetrio
come vescovo di Alessandria. A tale riguardo è interessante vedere il grande Origene ed
Ambrogio che ebbero il merito di riportare il gruppo numeroso di gnostici alla comunione con
Roma (v. S. Eusebio, Cap. VI della Storia Ecclesiastica). Di questa comunità piuttosto viva si sa
ben poco della sua tradizione liturgica.
In effetti, la Comunità di Alessandria darà grandissimi teologi sino al IV secolo, mentre
Antiochia darà grandi predicatori: in ciò sta la ragione per cui si sa veramente poco della liturgia
alessandrina, mentre si sa molto di più, a livello liturgico, della tradizione antiochena. A partire
dalla figura del grande Origene che ammonito dal suo vescovo di aver predicato davanti a due
vescovi in Cesarea, si può capire il perché egli non avesse mai predicato ad Alessandria. La sua
attività si svilupperà soprattutto a Cesarea dove fonderà una nuova scuola teologica. Ciò fa
comprendere anche che la grande maggioranza dei cristiani egiziani è fedele all’indirizzo
teologico e cristologico di Alessandria, ma che rifiuterà la dichiarazione cristologica di
Calcedonia. La Chiesa Copta ha come lingua Copta per il 45% era formato dalla lingua greca: i
Copti, dunque, conoscevano bene il greco. La loro lingua è una lingua di traduzione: è una
lingua molto permeabile alle traduzioni. La storia della Chiesa Copta fu segnata profondamente
dal movimento monastico che ancora adesso esercita un forte influsso nella vita di questa Chiesa;
è una chiesa che dal XIX secolo avrà un ramo cattolico, nell'ambito del fenomeno
dell'uniatismo4. Tutto il movimento ecumenico pur essendo molto lento ha già fatto dei passi
importanti verso l'unità.
La Chiesa Copta è una Chiesa Nazionale perché è fatta solo dagli Egiziani, ma non è esente
dal fenomeno della diaspora. Tuttora è ancora segnata dal fenomeno monastico e conserva
ancora adesso delle usanze e delle tradizioni antichissime (ad esempio, l’elezione del Patriarca,
con forte partecipazione laicale, avviene con una terna, scritta in tre schede, una delle quali viene
estratta da un bambino di 5 anni). Dalla Chiesa Copta si originò anche quella Etiopica che ha un
ramo ortodosso ed uno Cattolico, anche se dal punto di vista liturgico ed ecclesiologico dipende
fortemente da quella Copta. Ultimamente, però, c'è stata un ulteriore separazione al suo interno,
dovute alla guerra tra Etiopia ed Eritrea.
La Chiesa Armena è l'ultima tra le Chiese anti-calcedoniane ed è l'unica ad essere
sopravvissuta alle molte vicissitudini storiche: anche in essa c'è un ramo unito a Roma.
Anch’essa è di natura nazionale perché è riuscita a mantenere la propria identità culturale,
spirituale e teologica. La Chiesa Armena è anti-calcedoniana più per convenienza che per
convinzione, giacché fu fortemente anti-bizantina. La liturgia armena5 apparentemente sembra
4
L’uniatismo tra i Siro-Occidentali ha luogo verso il 1640-1650: nel momento in cui una grossa fetta della
Chiesa Copta entrò in comunione con Roma, la Sede Apostolica chiese la professione di fede monofisita. D’altro
canto, sia Paolo VI, sia Giovanni Paolo II, sottoscrivendo degli accordi cristologici con il ramo ortodosso,
precisarono che con il Concilio di Calcedonia si erano prodotti dei malintesi che stanno all’origine della
separazione con le Chiese anti-calcedoniane. Essi sono arrivati a dire che in realtà sia le Chiese anti-
calcedoniane, sia la Chiesa di Roma, dicevano le stesse cose, in modo diverso. Ciò ha contribuito molto ad un
riavvicinamento con queste Chiese ed ha permesso un cammino di ritorno alla comunione e all’unità. A livello
dogmatico non ci sono state questioni, ma solo argomenti di natura cristologica. Ciò distingue la Chiesa Copta
Ortodossa, dalle Chiese Orientale, dove rimane aperta la questione del Filioque e quella del primato di Pietro.
5
La liturgia armena è l’unica liturgia ad usare il pane azzimo per l’Eucaristia, a differenza della tradizione
orientale che usa il pane lievitato. Ciò è avvenuto ed avviene per una contrapposizione forte rispetto alla
tradizione bizantina che prevedeva l’uso del pane lievitato per la celebrazione dell’Eucaristia. Gli stessi vescovi
armeni usano apparati episcopali latini. C’è da dire ancora che la liturgia armena si distingue anche dal fatto che
non versa l’acqua nel vino per la celebrazione eucaristica, sempre per reazione alla tradizione bizantina che la
versa due volte, durante la celebrazione. Gli usi liturgici sono espressione di reazioni anti-bizantine. Anche gli
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essere stata latinizzata, ma non è così perché conserva la sua posizione anti-bizantina. Anche gli
Armeni sono interessati dal fenomeno della diaspora. La liturgia ortodossa è molto simile a
quella Cattolica.
L'ultimo grande gruppo sono le Chiese calcedoniane o bizantine: sono Chiese dipendenti6
costituite da tre grandi Patriarcati, cioè Antiochia-Gerusalemme, Alessandria e Costantinopoli
(soprattutto quest’ultima). I calcedoniani di Alessandria ed Antiochia saranno una minoranza
esigua, a motivo delle invasioni turche, anche se si riprenderanno successivamente, per il fatto
che i Siro-Orientali, i Siro-Bizantini, i Siro-bizantini o Calcedoniani, avranno Antiochia come
riferimento principale e ad essa faranno nuovamente capo. Ogni Chiesa avrà un suo Patriarca.
Ritornando al discorso delle Chiese calcedoniane, esse sono chiamate anche Chiese
ortodosse: normalmente, quando si fa riferimento a loro, si pensa subito alla Chiesa bizantina,
tanto è vero che alcuni dei cristiani ortodossi (bizantini) vengono chiamati anche Melchiti, cioè
coloro che – nel passato - furono i cristiani fedeli all'Imperatore. In effetti si tratta dei
calcedoniani, a differenza degli anti-calcedoniani che furono favorevoli all’arrivo dei Turchi per
vedere la fine di Bisanzio.
Soprattutto le Chiese bizantine si svilupperanno a partire dal Patriarcato di Costantinopoli.
Dopo il VI secolo Bisanzio diventerà un centro soprattutto liturgico per tutte le Chiese che da
esso dipenderanno, mentre fino al V secolo Bisanzio, che si chiamerà Costantinopoli, dipendeva
da Antiochia, a livello liturgico-teologico.
La tradizione bizantina si svilupperà in diverse Nazioni dell’Europa Centro-Est e Centro-
Ovest (la Russia, la Bulgaria, la Romania, l’Ucraina, la Grecia, sino ai Balcani, eccetto la
Croazia) sino a toccare l'Italia in alcune regioni come la Calabria e la Sicilia che saranno
fortemente bizantine. La presenza delle comunità bizantine in Italia hanno origine
dall'emigrazione di Albanesi nel 1450 circa, causata dall’arrivo dei Turchi in Europa. Queste
Chiese non sono uniate e rimarranno unite a Costantinopoli. Quando Costantinopoli cadrà nelle
mani turche, questo legame si spezzerà e queste Chiese, trovandosi immerse in un contesto
ecclesiologico in comunione con il Papa, entreranno – senza traumi – in comunione con la
Chiesa di Roma, pur mantenendo viva la loro tradizione liturgica. Si formeranno così delle
comunità italo-albanesi che non faranno parte delle Chiese uniate, ma si troveranno in
comunione con il Papa. Un altro fatto molto importante è che sino alla seconda metà del XVIII
secolo, le due Chiese bizantine dell’Umbro e di Piana non avevano nessun vescovo, ma erano
formate solo dal clero: quando il Papa voleva che venissero ordinati dei preti, venivano chiamati
dei vescovi di tradizione costantinopolitana (non vi era un vescovo uniata ordinante, per cui era
necessaria la presenza di un vescovo proveniente da Costantinopoli, o da Ocrida o da un’altra
sede bizantina). E’ questo un fatto notevole! A partire dal 1750 arriveranno i primi vescovi uniati
che saranno chiamati anche vescovi ordinanti. Dal 1937-38, queste comunità avranno un
vescovo proprio che risolverà definitivamente l’ordinazione dei futuri presbiteri. Circa l’uso del
crisma e la sua origine, nella tradizione bizantina, non è automaticamente destinato
all’ordinazione di sacerdoti, ma esso veniva usato per il sacramento del Battesimo e per
l’unzione dell’altare. Il diacono, il presbitero ed il vescovo non vengono unti perché lo sono già
stati nel battesimo: secondo la tradizione bizantina, il vescovo, al momento dell’epiclesi, impone
le mani, mentre il candidato è inginocchiato ai piedi dell’altare e tocca l’altare con la testa. Il
motivo è che l’altare stesso rappresenta Cristo. Il carisma viene consacrato il Giovedì Santo, ma
non tutti gli anni, non da ogni vescovo ma dal metropolita al quale fanno capo diversi vescovi. In
Armeni ebbero ed hanno una diaspora molto forte, a motivo di un evento triste che vide, nel 1916-1917,
l’uccisione di molti Armeni che costrinse i loro connazionali alla fuga. Fu un fatto drammatico che segnò
profondamente la storia della Chiesa Armena.
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Sono Chiese che hanno accettato il Concilio di Calcedonia: sono dette anche Chiese dei sette primi concili,
perché hanno accettato i concili della Chiesa sino al II Nicea.
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Italia, invece, il contesto è diverso perché le Chiese bizantine di Umbro e Piana sono ormai
dipendenti da Roma: esse formano due esarcati, per cui è il Vescovo che consacra il carisma.
Nelle altre Chiese bizantine, anche ortodosse, il carisma viene consacrato dal Metropolita che ha
un riferimento ecclesiologico importante, mentre nelle Chiese Copta, Armena, e delle due
tradizioni siriache, è il Patriarca che è considerato il Padre ed il capo della Chiesa. In tal caso, il
crisma viene consacrato ogni 7-8 anni, perché il Patriarca presiede a tutte le cerimonie liturgiche.
La consacrazione dura molti giorni e si consacra una grande quantità di olio destinato
soprattutto per l’unzione degli altari. Ciò fa comprendere l’importanza del riferimento della
centralità simbolica e cristologica dell’altare che diventa importante per la tradizione liturgico-
sacramentale, nonché cristologica ed ecclesiologica della Chiesa Orientale. Nel rito bizantino,
quando viene battezzato un neonato, se è maschio, il vescovo lo prende – dopo averlo
battezzato – e lo depone sull’altare per un attimo. In questo modo l’altare – che rappresenta il
sepolcro di Cristo – diventa il riferimento principale di ogni celebrazione liturgica, poiché si
celebra Cristo morto e risorto.
Con la caduta di Costantinopoli, dalle Chiese Bizantine avranno origine diversi Patriarcati in
Europa (v. quello di Mosca, di Bucarest), che, però, non hanno molto a vedere con la famosa
Pentarchia dell’epoca dei Padri. Nella Chiesa Copta, Siriaca ed Armena l'olio del crisma è
consacrato dal Patriarca. Questa centralità simbolica prende forza dal forte legame con l'altare:
nel rito bizantino, quando un bimbo viene battezzato viene messo a contatto con l'altare che
simboleggia Cristo.
Le Chiese Bizantine hanno tutte una medesima liturgia: le varianti sono di natura
ecclesiologica (v. le Chiese uniate e quelle Ortodosse, cioè le Chiese in comunione con Roma e
quelle separate) con varianti a livello di calendario.
Circa le lingue liturgiche dell'Oriente Cristiano, nel II sec. si trova già una traduzione della
Bibbia in Lingua Siriaca, detta la "Peschita". Sempre nel II secolo, c'è un documento di lingua
siriaca dal titolo: Diatessaron (in greco vuol dire ‘attraverso i quattro’), il cui autore sembra sia
Taziano. Di tale opera che presenta i quattro Vangeli in un’unica narrazione, non si sa di preciso
se sia stata scritta in siriaco o in greco. Tale documento costituirà l'evangeliario liturgico delle
Chiese siriache sino al V sec., dopo il quale sarà rifiutato dalle Chiese siriache, giacché contiene
anche dei racconti o loghìa apocrifi dei Vangeli. Tuttora, però, sia i Siro-Orientali, sia i Siro-
Occidentali, usano per la Settimana Santa, la versione del Diatessaron. Dunque, una prima
lingua liturgica dell'Oriente è il Siriaco, seguita dal Greco (è la seconda lingua importante sia per
il NT, sia per le grandi Chiesa d’Oriente, quelle Bizantine, che ancora oggi usano il greco) e da
altre lingue, come l'Armeno, il Copto, l’Etiopico ed altre lingue moderne nelle quali i testi
liturgici sono stati tradotti. Eccetto gli Armeni, le Chiese Orientali non hanno indugiato a
tradurre in altre lingue i loro testi, soprattutto nei luoghi di missione e nei luoghi dove si sono
rifugiati. Attraverso la liturgia, le Chiese Orientali predicheranno il Vangelo promuovendo lo
sviluppo missionario.
8/11/2000 – Introduzione alle Liturgie Orientali - 3a. Lezione, Prof. Manel Nin osb.
Nell’ultima lezione abbiamo visto un po’ il tema delle lingue orientali o le lingue in cui si
esprimevano e si esprimono le liturgie Orientali.
Prima di andare avanti, è bene fare una nota previa sulla celebrazione nelle Chiese
Orientali: la concelebrazione nella Chiesa antica è, almeno teoricamente nelle Chiese Orientali,
il radunarsi per celebrare e lodare Dio, cioè è vista l'adunanza dei cristiani per la lode e la
celebrazione di Dio. Soprattutto nel periodo patristico, la celebrazione eucaristica è un qualcosa
di comunitario ed è il vescovo che celebra l’Eucaristia, nonché è tuttora la presenza, in ogni
Chiesa, di un unico altare e di un'unica celebrazione eucaristica (es., nella tradizione bizantina
sull’altare si può celebrare soltanto una volta al giorno).
Alla fine del I secolo, Ignazio insiste nella celebrazione eucaristica intorno al vescovo, insieme
ai sacerdoti, ai diaconi e ai fedeli, compresi tutti coloro che sono adunati attorno a lui (v. le
anafore Orientali: gli Angeli ed i Serafini vengono chiamati concelebranti). Nelle Chiese orientali,
in principio, la concelebrazione va sempre legata al vescovo e al suo clero, compreso il popolo.
C'è un visione fortemente e quasi unicamente liturgica. Il Vescovo è colui che celebra la liturgia,
che consacra il crisma e che ordina. Il vero liturgo della Chiesa è proprio il vescovo. Allora, nelle
diverse Chiese orientali, il tema della concelebrazione – a livello attuale – è un elemento
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 9
chiarificatore sulle diverse questioni: ad esempio, come si svolge il tema della concelebrazione?
Come i preti, i diaconi ed i presbiteri sono presenti nella Concelebrazione? A questo punto è
bene soffermarsi su due tradizioni orientali:
1) le Chiese di tradizione siriaca (Occidentale e Orientale). Quando normalmente c'è il
vescovo, egli è colui che presiede la celebrazione e siede nella Cattedra, come luogo di
presidenza. E' anche colui che legge il Vangelo e lo commenta (v. l’omelia). Un fatto
particolare, comune alle tradizioni delle due Chiese di tradizione siriaca, è che il vescovo è
colui che indica il prete per la celebrazione dell'anafora, durante la quale egli rimane sul
trono. Il Vescovo, in questa concelebrazione è anche colui che dà la comunione sia ai
preti, sia ai diaconi, sia ai fedeli. Nella Liturgia Orientale, se c’è il vescovo, nessun prete o
nessun diacono si comunicano da soli, perché la comunione stessa è data come un dono.
Tutto si riceve dalla mano del vescovo. Accanto al vescovo ci sono i presbiteri.
2) La tradizione Bizantina: per quanto riguarda questa traditio, quando c'è il vescovo,
nessuno al di fuori di lui commenta il Vangelo e fa anafora. In tradizione bizantina greca
soltanto il vescovo è colui che recita sia la narrazione dell’Istituzione, sia l’Epiclesi (tutta
l'anafora), mentre i preti soltanto nell'istituzione e nell'epiclesi fanno un gesto con la mano
per indicare i santi doni, senza una recita ad alta voce. Invece, nella tradizione bizantina
slava, c’è la possibilità di recitare a mezza voce sia la narrazione dell’istituzione, sia
dell’epiclesi. Questa celebrazione dei preti accanto al vescovo nelle tradizioni orientali
non si è mai persa, a differenza della Chiesa latina che, invece, ha dovuto recuperare. In
Oriente, in principio, il tema relativo alle “intenzioni delle messe” è sempre stato indiretto:
ciò può aver costituito un ostacolo per la Chiesa Latina, in merito al recupero della
“concelebrazione. Nella Chiesa di rito bizantino, circa la concelebrazione con il vescovo,
la particolarità consiste nel fatto che i sacerdoti concelebranti, sino alla proclamazione del
Vangelo, vestono i paramenti sacri, mentre dopo lasciano l’iconostasi per svestirsi dei
paramenti. Non giungono, così, alla celebrazione dell’anafora. Questo avviene per
indicare la comunione con il vescovo.
Il centro culturale della Chiesa Siro-Orientale fu la città di Edessa, che fu importante come
centro teologico e culturale (uno dei suoi personaggi è il grande S. Efrem il Siro). Quando
cadde nelle mani dei persiani, nel 363, il centro culturale ed ecclesiastico, si spostò nella città di
Seleucia-Tesifonte, che diventerà il centro ecclesiastico più importante. La caduta di questa
regione nelle mani dei Persiani, dopo Giuliano l’Apostata, determinerà un taglio occidentale della
stessa liturgia.
Ci troviamo, dunque, dinanzi ad una liturgia fortemente semitica ed architettonicamente ha
subito un debole influsso greco. Tra i Padri di questa tradizione liturgica ci sono due importanti
figure:
a) Teodoro di Mopsuestia, morto nel V secolo (428);
b) Narsai di Edessa (399-504 ca.).
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 10
Si vedrà subito che una delle tre anafore è attribuita a Teodoro di Mopsuestia, anche se non è
lui l’autore.
Un primo punto della liturgia Siro-Orientali sono i libri liturgici Siro-Orientali stampati che
bisogna collegarli alla Chiesa Siro-Orientale unita a Roma: ciò vuol dire che sono degli strumenti
validi per la celebrazione liturgica. Stampati a Roma, essi hanno subito qualche mutamento, nel
momento in cui la Chiesa Siro-Orientale stava tornando nella comunione con Roma, in qualche
modo alla Chiesa Siro-Orientale è stata chiesta l’abiura o la rinuncia a delle posizioni nestoriane,
anche se queste non ci sono mai state. In questo senso Roma gli ha chiesto di aggiungere nei
testi liturgici il titolo di Teothokos che nelle Chiese Siro-Orientali non c’è mai stato. Esso venne
aggiunto da Concilio di Efeso e venne confermato dal Concilio di Calcedonia. Il ritorno alla
comunione con la Chiesa di Roma, comportò un certo ritocco di questi libri liturgici. La Chiesa
Siro-Orientali, per il fatto che visse in una forte diaspora, ebbe l’occasione di stampare questi
libri liturgici (per conoscerli bene bisogna andare direttamente ai manoscritti). Ma quali sono
questi testi? Essi sono:
1) il Hudra (ciclo che contiene le ufficiature delle feste);
2) Tesoro o Gazza (contiene le ufficiature per le vigilie che riguarda solo la domenica e le
feste);
3) il Kahkul (vuol dire “secondo tutto” o “che contiene tutto” o “raccolta di tutto”:
contiene il Hudra più i giorni feriali; è una certa riedizione del Hudra);
4) Wuarda (vuol dire rosa: contiene le ufficiature poetiche o la parte poetica delle
ufficiature. Si tratta di testi non prettamente biblici per le officiature);
5) Libro di Prima e Dopo (contiene i testi delle domeniche a partire dalla Pasqua);
6) tre Lezionari, uno per l'AT, uno per le epistole (NT) e uno per i Vangeli (NT). Non si
trova l'Apocalisse. Praticamente nessuna liturgia orientale di ramo antiochena, fuorché i
Copti, ha l'Apocalisse, perché questo testo del NT entra in tale tradizione molto tardi;
7) Supplemento dei misteri (è una raccolta dei canti per la celebrazione liturgica: siamo
dinanzi ad un inizio di raccolta dei riti liturgici).
I Siro Orientali chiudono l'anno liturgico con le quattro domeniche chiamate anche della
santificazione, mentre i Siro-Occidentali iniziano con le due domeniche della dedicazione della
Chiesa. In fondo, in questo periodo compreso tra Ottobre e Novembre, c’è questa presenza di
queste domeniche chiamate della dedicazione o della santificazione. Non sono feste
commemoranti, quanto la celebrazione della Chiesa come comunità dei credenti consacrati a
Dio. Queste domeniche di chiusura dell’Anno Liturgico vengono lette come la Chiesa -
Comunità redenta da Cristo, che viene presentata al Padre da Cristo stesso. Qui c’è un indirizzo
cristologico più evidente rispetto alla tradizione Siro-Occidentale.
Infine, per i Siro-Occidentali, l'inizio dell'Anno liturgico inizia con la dedicazione che esprime
l'inizio di un cammino verso la Pasqua di Cristo. In questo senso, la Chiesa è prefigurata nell'AT
che inizia un cammino nel contesto del NT. C’è una chiave ecclesiologica molto più marcata.
15/11/2000 -Introduzione alle Liturgie Orientali - 4a. Lezione, Prof. Manel Nin osb.
Bisogna dire che la liturgia Siro-Orientale ha i sacramenti, ma non sotto il numero di sette, ma
nel numero di nove, perché la presenza sacramentale in Oriente è molto più ampia. Infatti, essi
sono: il Battesimo (include anche la Cresima) l'Eucaristia, Consacrazione monastica (nei libri
liturgici orientali si parla di “fare” un monaco), il matrimonio, i funerali, la penitenza, l'unzione
degli ammalati, l'imposizione delle mani (dal lettore al suddiacono, che nelle Chiese orientali non
è stato soppresso) presbiterato ed episcopato ed, infine la consacrazione dell’altare.
A livello architettonico la liturgia Siro Orientale viene celebrata in due spazi: il primo spazio
(le Chiese hanno l'abside verso Oriente) viene chiamato "bema" (= luogo dove il giudice si
colloca) ed è quello più interno e chiuso da una balaustra bassa. In tal senso può essere utile la
seguente pianta:
AMBONE È IL COSIDETTO
“BEMA”
ICONA DI TENDA DEL
CRISTO SANTUARIO
In questo spazio centrale, appena qui sopra riportato viene celebrata la prima parte della
liturgia, cioè quella della Parola (detta dei catecumeni). E’ uno spazio parallelo a quello del coro.
In esso viene collocato il clero con il vescovo. In esso vi sono due amboni: all'esterno ed attorno
a questo spazio si collocano i fedeli. Il secondo spazio è detta del "santuario", dove si trova
l'altare, ma non c'è l'iconostasi (cioè il muro di separazione tra il santuario ed il resto del corpo
della Chiesa. In effetti l’iconostasi è più di tradizione bizantina): a destra e a sinistra si trovano le
icone di Cristo e della Vergine, mentre in fondo, di solito, si trova la croce. Dove si trova l'altare,
si trova una tenda che ha la funzione di chiudere l'abside. In questo secondo spazio si svolge la
liturgia dei fedeli che guardano verso oriente. L'unica Chiesa Siro-Occidentale in Roma è la
Chiesa di S. Maria in Campo Marzio, che dal punto di vista architettonico, richiama, però, alla
Tradizione Orientale.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 14
Circa la comunione con la fractio panis, tutte le liturgie orientali, compresi i Siro-Orientali,
eccetto gli Armeni (pane azzimo come i latini), celebrano l’Eucaristia con pane lievitato.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 15
Circa il fermento santo o "malca" (il Re), si tratta del fermento per la confezione del pane per
la liturgia eucaristica siro-orientale. Secondo la tradizione Siro-Orientale c'è un piccolo vasetto
con farina sale ed acqua: in esso viene versato un piccolo frammento del pane consacrato
nell’Eucaristia. Con questo nuovo fermento si fa la confezione del nuovo pane per la nuova
liturgia. E' un’antichissima tradizione risalente agli Apostoli che rivela una dimensione
ecclesiologica molto forte: Gesù avrebbe dato un frammento a Giovanni Evangelista che avrebbe
mescolato con l'acqua del battesimo di Gesù e con il sangue e l'acqua del costato di Gesù sulla
croce. In questo modo si ha un'interpretazione fortemente ecclesiologica, dove si sottolinea la
tradizione apostolica, nonché il collegamento con gli Apostoli.
Il "malca" viene consacrato il giovedì santo o dal Patriarca o dal Metropolita. Il vecchio
"malca" viene gettato in un pozzo sotto la Chiesa. Il tema del "malca" sottolinea il forte legame
tra il Battesimo e l'Eucaristia ed il legame con gli Apostoli, che esprime la sua forza a livello
simbolico. Un aspetto ecclesiologico molto importante è che solo il Patriarca o il Metropolita
può consacrare il nuovo “malca”: ciò indica anche un segno di comunione attorno al capo della
Chiesa ed esprime una grossa valenza ecclesiologica.
Se la mancanza delle parole dell'istituzione possono costituire un problema, la tradizione del
malca in qualche modo potrebbe risolvere il problema.
Liturgia Siro-Occidentale.
Viene chiamata anche liturgia giacobita, ed è comune ai Siro-Ortodossi, cioè ai giacobiti, ai
Siro-Cattolici e in certe parti ai maroniti. È una liturgia che raccoglie l’eredità teologico liturgica
di Severo di Antiochia, patriarca della città dell’Oronte dal 512 al 518 e che arricchì la liturgia
con tante composizioni inniche; bisogna citare anche, precedentemente come fonte di tanti testi
liturgici di questa liturgia Sant’Efrem (+373) e poi Giacomo di Sarug (451 -521). Vedremo un
po’ specialmente la tradizione siriaca facendo accenni anche alla tradizione maronita;
quest’ultima, da alcuni vista semplicemente come una latinizzazione della liturgia siriaca, è
piuttosto il frutto delle comunità che, pur volendo rimanere fortemente attaccate alla tradizione
siriaca, si vollero anche fedeli a Calcedonia, e, dunque, ricevettero dell’influsso proveniente
dell’area melchita e greca.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 16
Riguarda anche i Maroniti che sono i fratelli gemelli dei Siro-Occidentali, anche se questi
ultimi hanno avuto degli influssi latini molto forti. Circa questa liturgia, circa l'anno liturgico è
formato da nove periodi:
1) due domeniche della dedicazione o consacrazione della Chiesa - che sono l'ottava e la
settima prima di Natale;
2) sei domeniche del Subbara o Annunciazioni - i Caldei ne hanno soltanto quattro — in
cui vengono celebrate le diverse annunciazioni: annunciazione a Zaccaria (1’ domenica),
annunciazione a Maria (2’ domenica), visitazione ad Elisabetta (3’ domenica), nascita di
Giovanni Battista (4’ domenica), annunciazione a Giuseppe (5’ domenica, chiamata anche
domenica del “sogno”), domenica della genealogia (6’ domenica).
3) Il periodo del Natale - ci troviamo in una Chiesa di matrice anticalcedoniana; i Caldei
non lo consideravano come un tempo diverso, ma in certo senso unito al subbara. I Siro-
Occidentali hanno il periodo di natale perché sono Chiese di matrice anti-calcedoniana,
una Chiesa che sottolinea che colui che nasce nella carne è il Verbo di Dio.
4) il Dehna che va dal 6 gennaio, fino alla pre-quaresima (contiene anche il digiuno dei
niniviti: è un periodo a se. Anche in questo periodo vengono commemorati i defunti
pellegrini: ciò sottolinea una presenza forte del fenomeno del pellegrinaggio, v. la
peregrinatio egeriae). E’ il periodo della manifestazione;
5) Prequaresima - Comprende tre domeniche in cui vengono commemorati i sacerdoti
defunti, i forestieri defunti ed i fedeli defunti. Nei tre primi giorni della prima di queste tre
settimane si osserva il “Digiuno dei Niniviti”. Ciò avviene prima della Quaresima ed è
comune ai Siro-Orientali, ai Bizantini (al sabato prima della Quaresima). Certamente, una
Chiesa che commemora i forestieri defunti potrebbe indicare una presenza alta di
pellegrini, giacché siamo, dal punto di vista geografico, in una Chiesa situata nel Libano
(v. la peregrinatio Egeriae);
6) Quaresima - comprende sei domeniche di cui si trovano le pericopi evangeliche e ci sono
alcune differenze tra Siriaci e Maroniti. Per quanto riguarda le pericopi evangeliche, esse
sono: di Cana (Gv 2,1-11) [1 a Domenica], del lebbroso (Mc 1,35-45) [2a Domenica], del
paralitico (Mc 2,1-12) [3a Domenica],del figlio della vedova di Naim (Lc 7,11-17) [5 a
Domenica], del cieco Bartimeo (Mc 10, 46-52) [6 a Domenica]. Queste pericopi così
disposte non riguardano quelle della passione di Cristo, né quelle relative alle diatribe con
i farisei, ma ci sono solo pericopi sui miracoli di Cristo. Cosa vuol dire? In queste pericopi
ci sono solo i miracoli che sottolineano l’azione taumaturgica di Cristo. In questo modo si
sottolinea fortemente la natura divina del Verbo, che prevede lo sviluppo di una certa
Cristologia. Come in tutte le liturgie orientali, la presenza del Sabato, prima delle Palme,
della Risurrezione di Lazzaro, è un elemento in comune.
7) La Pasqua va dalla domenica di Pasqua sino alla domenica di Pentecoste (il venerdì
dopo Pasqua si celebra la festa di tutti i santi, perché la Pasqua di Cristo comporta la
santità) - Dopo la Quaresima viene celebrata la Settimana Santa che ha inizio con la
Domenica degli Osanna. Come per i Caldei, anche il Giovedì Santo e il Venerdì Santo
vengono lette pericope evangeliche messe assieme a partire dei racconti dei quattro
evangelisti. L’ottava di Pasqua viene chiamata “settimana bianca”, e i Siri celebrano, il
venerdì di questa settimana, la festa di tutti i santi.
8) dalla Pentecoste sino al 14 di settembre, festa della Santa Croce (è un momento di
passaggio dall'Estate all'Inverno) – La Santa croce è per tutte le liturgie un momento di
passaggio a livello liturgico. Si tratta del Tempo diviso, come i Caldei, in due periodi:
Domeniche degli apostoli e Domeniche dell’estate. In questo periodo e Siri cattolici
hanno introdotto feste di origine latina come il “Corpus Domini” ed il Sacro Cuore;
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 17
9) dal 15 settembre fino all'ottava di domenica d'Avvento (cioè la prima domenica della
dedicazione).
La Chiesa Siro-Orientale cattolica ha avuto tre patriarchi, che si impegnarono (Ignazio
Ephrem Rahmani 1898-1931; Ignazio Ephrem Tappouni 1931-1968; Ignazio Ephrem Hayek
1968-1998) molto nel pubblicare le anafore e nel lavoro scientifico.
Un'ultima cosa: Per quanto riguarda al santorale, nel rito Siro-Occidentale ci sono molte più
feste rispetto al rito Siro-Orientale. Vengono commemorati soprattutto molti santi martiri e
monaci; troviamo già l’uso che il giorno dopo le grandi feste vengono commemorati alcuni dei
personaggi che sono in rapporto con la festa celebrata. Alcune delle feste mostrano il carattere
rurale di questa Chiesa: il 15 gennaio viene celebrata la memoria di “Nostra Signora delle
semine”, cioè Maria come protettrice dei campi già seminati, e il 15 maggio la memoria di
“Nostra Signora delle messi”.
05/12/2000 - Introduzione alle Liturgie Orientali - 5a. Lezione, Prof. Manel Nin osb.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 18
avviene la benedizione con i Santi Doni (è comune a tutte le liturgie orientali), mentre alla
fine c'è il congedo dell'altare: ciò è caratteristica della liturgia Siro-Occidentale e Siro-
Malankarese. L'altare viene personificato, perché alla fine il sacerdote recita tre preghiere
di congedo:
1) «Rimani in pace altare santo del Signore. Io non so se ritornerò da te. Il Signore mi
conceda di vederti nell’assemblea dei primogeniti che sono nei cieli. In questa
Alleanza io pongo la mia fiducia».
2) «Rimani in pace Altare Santo e propriziatore. Il Corpo Santo e il Sangue
propiziatore che ho ricevuto da Te valgano per la remissione delle mie colpe, per il
perdono dei miei peccati e come garanzia davanti al terribile tribunale di Nostro
Signore per sempre».
3) «Rimani in pace, Altare Santo, Tavola di Vita e supplica per me Nostro Signore
Gesù Cristo, perché non cessi la mia commemorazione su di te, ora e sempre nei
secoli dei secoli. Amen».
Da questi tre testi si può notare, quindi, come dal congedo dell’altare il sacerdote
personifichi l’altare, quale pegno di vita eterna. In secondo luogo, l’altare è visto come fonte
sacramentale del Corpo e del Sangue di Cristo. In terzo luogo l’altare è visto come intercessore.
Questo è lo schema della liturgia Siro-Occidentale, qui sotto riportato in forma sintetica:
I. PREPARAZIONE8
Preparazione dell’altare. Preghiera e venerazione dell’altare.
II. LITURGIA DEI CATECUMENI
Sacrificio di Melchisedek
— Preparazione delle offerte
— Offertorio del pane e del vino
Sacrificio di Aronne
— Vestizione
— Preghiera ai piedi dell’altare
Incensazione:
— dell’altare
— delle offerte
— del popolo
Trisagio
Epistola
Evangelo
La Chiesa Siro-Occidentale Cattolica ha evitato già dall’inizio del ventesimo secolo dei
messali, cioè dei libri che contengono tutta la liturgia eucaristica intera. A tale proposito,
un’edizione è curata da I. E. Rahmani (1922) che fu Patriarca Siro-Occidentale Cattolico per più
di 30 anni. Dai Siro-Occidentali Ortodossi, ci sono edizioni più recenti dei libri liturgici, in un
formato più classico, nel senso che ci sono contenute solo le anafore. Queste edizioni sono fatte,
alcune manoscritte, nel monastero ortodosso, vicino ad Amsterdam, in Olanda. Dopo il 1990
non sono più manoscritte, ma vengono composte al computer. C’è da aggiungere che la
Comunità Siro-Occidentale Cattolica di Roma – che ha la sede in Santa Maria in Campo Marzio
– ha pubblicato un librino (dal titolo: Libro dell’oblazione, 1983) che contiene la traduzione
italiana di tre anafore Siro-Occidentali dei 12 Apostoli, di San Giacomo e di San Giovanni
Evangelista. Esse sono accompagnate da delle preghiere che introducono all’Eucaristia e del
congedo dall’altare.
A livello di libri liturgici Siro-Occidentali, che sono già sistematizzati, abbiamo i seguenti testi:
1) Ktobo d’anaphuras — libro delle anafore — che contiene le preghiere e le anafore
Siro-Occidentali (v. la Collana Anaphorae Syriacae) recitate dal sacerdote.
2) Diaconale, libro con le parti del diacono e le risposte del popolo.
10
Cf., Appendice II, testo IV.
11
Cf., Appendice B, testo V.
12
Cf., Appendice B, testo VI.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 21
Circa la tradizione Siro-Occidentale sono contemplati i tempi del digiuno secondo questo
schema:
1) Digiuno di Natale:
— Siriaci ortodossi: monaci: 40 giorni; laici: dall’1 oppure dal 10 dicembre.
— Siriaci cattolici: dal 16 dicembre.
— Maroniti: dal 13 dicembre.
2) Digiuno dei Niniviti: tre giorni, Digiuno assoluto.
3) Digiuno di Quaresima e Settimana Santa.
4) Digiuno degli Apostoli: prima della festa di san Pietro:
— Siriaci ortodossi: 13 giorni.
— Siriaci cattolici: 8 giorni.
5) Digiuno dell’Assunzione: prima della festa dell’Assunzione:
— Siriaci ortodossi: due settimane prima del 15 agosto.
— Siriaci cattolici: 8 giorni prima di agosto.
Da ciò si deduce che la Chiesa Siro-Occidentale è una Chiesa dove è forte la presenza
monastica, per cui anche i tempi di digiuno sono chiaramente indicati e prescritti. Si tratta degli
stessi periodi che troviamo nella tradizione bizantina. Essi sono tipicamente monastici.
Infine, circa l’ufficiatura Siro-Occidentale, essa è un certo miscuglio tra la tradizione siriaca
iniziale — quella specialmente di Edessa — con degli elementi provenienti di traduzioni di testi
greci — provenienti di Gerusalemme e Antiochia. L’ufficiatura siriaca, come quella maronita,
conserva le sette ore canoniche: notturno, mattutino — lodi —‘ terza, sesta, nona, vespro e
compieta.
La tradizione Siro-Occidentale ha un'ufficiatura con il vespro, un’ufficiatura notturna,
un'ufficiatura del mattino, della prima, della terza della sesta e della nona, secondo questo
schema:
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 22
Dossologia.
Commemorazione del santo del giorno.
Proemio e sedro.
Preghiera.
Gloria.
Dossologia.
Trisagio e preghiere finali.
13/12/2000 -Introduzione alle Liturgie Orientali - 6a. Lezione, Prof. Manel Nin osb.
13
Per conoscere bene la storia della liturgia bizantina bisogna, come dicevamo sopra, fare ricerca sui “typika”,
cioè l’insieme di norme e descrizioni delle celebrazioni liturgiche. Accenno soltanto ai tre grandi typika di cui
abbiamo già parlato: quello della Grande Chiesa — Costantinopoli —, quello di San Saba e quello del monastero
di Studion a Costantinopoli. Per arrivare a conoscere bene la storia della liturgia bizantina, bisogna conoscere
bene anche la storia di Bisanzio, specialmente quella collegata a due grandi centri: Costantinopoli e
Gerusalemme.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 25
Circa i libri liturgici bizantini, la Liturgia Bizantina ha una codificazione più chiara dei libri
liturgici. Essi sono undici:
1) il primo è il Typikon (ci sono diversi tipika), proprio di ogni Chiesa (ci sono diversi typika
bizantini appartenenti a Costantinopoli o ai monasteri dell’Atos o alle Chiese della Grecia
o ai monasteri palestinesi), che tratta del calendario degli usi, dei costumi e dei diversi
costumi liturgici delle diverse Chiese bizantine. Tra questi typica si notano delle piccole
varianti, all’interno di una struttura che per l’80% è comune a tutti i typica stessi;
2) il secondo è il Liturghikon che viene chiamato anche Ieratikon che contiene l'ordinario
della celebrazione della divina liturgia dell'Eucaristia e le parti sacerdotali e diaconali
dell'ufficiatura del mattino e della sera;
3) il terzo è l'Euchologium o Eucologio che è il rituale dei sacramenti e delle benedizioni.
C'è un grande Eucologio (tutti i sacramenti e le benedizioni) ed un piccolo Eucologio
(sacramenti ad usum dei parroci);
4) il quarto è l'Octoechos che vuol dire libro degli otto toni: esso contiene le ufficiature di
tutti i giorni, da domenica a sabato, eccetto la Quaresima e la Pasqua. In altre parole è il
libro per Annum. Si chiama così perché i testi ivi contenuti, riguardano il periodo che non
è quaresimale o pasquale, e viene diviso in otto settimane le quali corrispondono anche
agli otto toni musicali. Quindi, dalla fine della Pentecoste, sino all’inizio della pre-
Quaresima si ripete quattro o cinque volte questo periodo di otto settimane;
5) il quinto è Triodion che è il libro liturgico usato dalla pre-Quaresima sino al Sabato
Santo. Si chiama così perché la Liturgia Bizantina ha l’insieme tra il mattutino e le Lodi,
ed ha in principio otto cantici veterotestamentari, mentre il rito romano ne ha uno per
giorno nel mattutino. Se durante il periodo per Annum ci sono otto cantici
veterotestamentari, la Quaresima ne ha soltanto tre. Ciò dà il nome al Libro: Triodion.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 26
Uno di questi tre cantici è quello del Deuteronomio che è molto lungo. Il Sabato Santo
mattino vuol dire che questo libro contiene la liturgia di San Basilio e le quattordici letture
dell’AT. In effetti, la liturgia pasquale è spostata al Sabato Santo mattina;
6) il sesto è il Pentecostarion che va dalla notte di Pasqua sino alla Domenica dopo
Pentecoste, in cui si celebra la festa di tutti i Santi. Nelle Chiese Orientali la festa di tutti i
Santi avviene sempre nel periodo pasquale, mentre per i Bizantini ed i Siriaci
rispettivamente dopo Pentecoste e durante la Settimana di Pasqua;
7) il settimo è il Mineon che è il libro dei mesi (è formato da 12 volumi) che contiene i testi
di tutte le feste dei dodici mesi dell'anno. In pratica si tratta del Santorale;
8) l'ottavo è l'Apostolo che contiene le letture bibliche del NT per la Liturgia Eucaristica. In
esso si trovano i testi relativi agli Atti degli Apostoli, ai testi paolini, comprese la Lettera
agli Ebrei e le Lettere Cattoliche. Non si trova l'Apocalisse che pur essendo riconosciuto
come libro canonico non è mai stato usato né letto nella tradizione bizantina. Esso è
entrato molto tardi nella tradizione bizantina e nel canone antiocheno. Quindi non è
entrato come lettura nell’Ufficiatura bizantina. Non si legge mai l'AT durante la
Celebrazione Eucaristica14, ma lo si legge soltanto al Vespro bizantino, in alcune grandi
feste (ad es., il 21 Novembre che festeggia la presentazione della Madre di Dio nel
Tempio), durante la Quaresima come lettura di seguito (ad es., il primo giorno della
Quaresima si inizia con Genesi e Proverbi e si va fino alla fine di Genesi e Proverbi. Finita
la Genesi ed i Proverbi, si prende Giobbe e forse Isaia, così via). Ciò comporta un
contesto chiaramente monastico;
9) il nono è l'Evanghelion o Evangelio (o Evangeliario) che contiene tutte le pericopi
evangeliche di tutto l’anno e di tutte le feste dei Santi. E' il libro che rimane sempre
sull'altare. Esso contiene anche le 11 pericopi evangeliche per il mattutino della
Domenica. Queste pericopi della Risurrezione vengono lette con l'Evangeliario, dall'altare,
sempre dal vescovo, se c'è il vescovo, o dal presbitero, se il vescovo non c'è. Le pericopi
evangeliche seguono questo ordine: la notte di Pasqua si legge il prologo di Giovanni (Gv
1). Poi si legge Matteo e dopo la prima parte di Marco (viene dal fatto che attualmente la
liturgia bizantina durante la Quaresima non ha l'eucaristia tranne il sabato e la domenica),
tutto Luca e la seconda metà di Marco. Poi si arriva alla Quaresima;
10) il decimo è il Salterion o Salterio detto Libro dei Salmi (i 150 Salmi). Con esso si
cantano o si recitano i Salmi. Qualche Chiesa ha aggiunto il 150° Salmo. Di essi non c’è
una segnazione per le Ore. Il Salterio, come libro liturgico, è un testo da cui si recitano o
si cantano i Salmi nell’ufficiatura e non nella celebrazione liturgica;
11) l'ultimo è Horologhion che contiene le parti principali e comuni dell'Ufficiatura (es. tutti i
giorni dell'anno). Si potrebbe tradurre anche come Libro delle Ore. Invece, i propri
dell’Ufficiatura si trovano nel Trioghion, nell’Octoechos, nel Pentecostarion e nel
Mineon. Nel Vespro è presente sempre il Salmo 103 che introduce il Vespro stesso in tutti
i giorni dell’anno. Seguono anche le litanie che sono preghiere fatte ogni giorno, come ad
esempio, il Cantico di Simeone.
Fuori da questi Libri Liturgici, c'è anche il cosiddetto Anthologhion costituito da 4 volumi
per l’ufficiatura che contengono insieme l'Horologhion il Triodion, il Pentecostario, Octoechos
e il Mineon. Si tratta di un Libro non Liturgico, ma ad uso liturgico. E' una certa forma di
14
Nella Liturgia di San Basilio si trovano le 14 letture veterotestamentarie che sono prima di tutto una raccolta
battesimale e, in secondo luogo sono le letture del Vespro, perché si collegano – senza soluzione di continuità – a
San Basilio ed il Vespro. La Settimana Santa Bizantina si sposta mezza giornata indietro: il Giovedì Santo, il
Venerdì Santo ed il Sabato Santo sono ufficiature molto popolari. Un loro spostamento potrebbe creare problemi
di natura pastorale.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 27
Breviario per le la liturgia delle Ore bizantine. In questi quattro volumi dell’Anthologhion si
trova tutto il necessario per l’Ufficiatura di tutto l’anno, benché siano un insieme di diversi libri
liturgici. Questo testo è stato fatto in greco a Grottaferrata (i tre vol. sono approvati da Paolo
VI, mentre il 4° è approvato da Giovanni Paolo II). E' una versione molto bene curata che ha
anche un valore ecumenico, nel senso che nelle litanie si trova un importante accenno al Capo
della Chiesa di Roma e al Capo della Chiesa Orientale Ortodossa, in forma generica, in modo
tale che questo testo può essere usato sia dai Greco-Cattolici, sia dagli Ortodossi. La versione
greca non si trova più, ma si può dare un accenno bibliografico a questo Libro: nel 1999 il
Centro Aletti di Roma, Ed. LiPa, ha pubblicato la traduzione in italiano, a partire dal Greco. E’
una traduzione molto ben fatta. Essa si trova in 4 volumi (v. Centro Aletti, vicino a Santa Maria
Maggiore, in via Paolina). E’ un’edizione molto ben fatta anche perché sono stati inseriti i
riferimenti biblici impliciti ed espliciti: si tratta di un apparato biblico per quanto riguarda i testi
biblici, ma anche di un apparato generale dove si trovano testi poetici ed i canoni che –
comunque – costituiscono un importante tessuto biblico ed essi stessi sono intessuti di passi
biblici o citazioni bibliche implicite ed esplicite.
20/12/2000 -Introduzione alle Liturgie Orientali - 7a. Lezione, Prof. Manel Nin osb.
Il ciclo mobile ha tre parti (è il ciclo che si muove attorno alla Pasqua):
1) Triodion (tre odi) che ha lo stesso nome del libro liturgico usato in questo periodo e
comprende:
a) la Pre-Quaresima – è un periodo di tre settimane e di quattro domeniche a partire dal
decimo prima di Pasqua: si legge il Fariseo ed il pubblicano (1a Domenica), il Figlio
prodigo (2a Domenica), il Giudizio finale - Mt 25 (3a Domenica, detta di Carnevale) e
Mt 6 sulla preghiera (4a Domenica detta dei Latticini e di Adamo ed Eva). Queste
sono domeniche che introducono ai grandi temi quaresimali, cioè al pentimento, al
ritorno a Dio, ed al cammino verso Dio (questo cammino è di natura pedagogica ed
avviene attraverso il digiuno). La quarta domenica viene chiamata dei latticini perché
vengono tolti i formaggi ed i latticini in genere e viene chiamata anche di Adamo ed
Eva perché nel vespro di questa domenica si trovano molti testi che fanno riferimento
all’espulsione di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre per sottolineare che il processo
quaresimale per i cristiani è soprattutto il ritorno spirituale in Paradiso (Sabato Santo:
l’iconografia bizantina raffigura Gesù negli Inferi che libera Adamo ed Eva).
b) La Quaresima bizantina si conta da lunedì a domenica. Ogni settimana di Quaresima
è vista come una settimana di preparazione alla Pasqua settimanale che è la domenica.
La Quaresima Bizantina non celebra l'Eucaristia durante la settimana, ma soltanto la
domenica. Si ritorna ad un ritmo normale a partire dalla domenica di Pasqua.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 29
Le sei domeniche di Quaresima hanno, in qualche modo, una commemorazione speciale. Esse
sono:
--- Domenica dell’Ortodossia.
— Domenica di San Gregorio Palamas (è uno dei più grandi teologi della tradizione
bizantina).
— Domenica dell’esaltazione della Santa Croce (c’è tutta una lettura teologica,
secondo la quale – verso la metà del cammino quaresimale – la Chiesa intravede il
mistero della croce. Essa coincide con l’arrivo di una reliquia venerabile della
Croce a Costantinopoli). Se i diversi riti orientali, come quello siriaco, copto, ecc.
la venerazione è centrata il Venerdì santo, nella tradizione bizantina si sposta alla
terza domenica di Quaresima.
— Domenica di San Giovanni Climaco (era un monaco del VII secolo: fu l’autore di
un testo famoso che porta il titolo, la scala del paradiso. E’ un testo che veniva e
viene ancora letto nel periodo della Quaresima. Spesso, la fine della lettura della
scala del paradiso, coincideva con la quarta Domenica di Quaresima. In questa
scala del paradiso c’è tutta una chiave di lettura ascetica della Quaresima, ma
l’origine di questa festa deriva dalla conclusione della lettura comunitaria della
scala paradisi).
— Sabato dell’Acatistos della Madre di Dio.
— Domenica di Santa Maria Egiziaca (fu una grande asceta monaca: era una
prostituta alessandrina che si convertì e si diede alla vita monacale nel deserto.
Lei veniva nutrita da San Zosimo).
Per quanto riguarda la Liturgia Eucaristica Bizantina15 essa ha praticamente tre anafore: la
prima è la Liturgia o l'anafora di S. Giovanni Crisostomo 16; la seconda è l'anafora di San
Basilio17, La terza è quella di San Giacomo18. Vi è anche la liturgia PreSantificati o dei doni
santificati che in alcuni libri liturgici viene intitolata a San Gregorio Magno: i libri bizantini lo
chiamano Gregorio il Dialogo (O’ dialogos in greco), per via dei Dialoghi che lui avrebbe
composto. Questo testo non è un’anafora e viene attribuito a Gregorio Magno da manoscritti del
XIV-XV secolo. Inoltre, c’è da dire che ogni domenica di Quaresima si consacra di più il pane
(detto anche agnello) per fare la comunione ogni mercoledì e ogni venerdì al Vespro (in esso si fa
la comunione con i doni pre-santificati). Secondo la tradizione bizantina si suppone il digiuno la
mezzanotte anteriore: se si fa la comunione la sera del mercoledì o del venerdì, vuol dire che si
fa il digiuno per tutta la giornata. Infine, si chiama liturgia dei Presantificati perché ha delle
litanie speciali, ma non ha un'anafora. Sul piano pratico, il pane consacrato della domenica, viene
custodito in un altoforo, che sono piccoli tabernacoli a forma di Chiesa: ciò presuppone una
certa custodia e una certa cura perché nella Tradizione Bizantina si usa il pane lievitato. La
custodia di questo pane consacrato o agnello comporta una verifica costante per evitare che il
pane stesso si ammuffisca. Per tale motivo in alcune chiese lo mettono nel forno per asciugarlo.
Nella Tradizione Bizantina, tra l’altro, non c’è il culto eucaristico, fuori della Liturgia, però, ogni
Chiesa, soprattutto parrocchiale, ha il Corpo del Signore per la comunione degli ammalati. Ogni
domenica di Quaresima l’agnello che si mette da parte per la comunione di Mercoledì e di
Venerdì e l’agnello che si mette il Giovedì Santo per un’eventuale comunione degli ammalati,
con un cucchiaino si intinge un po’ con il sangue di Cristo. Ciò costituisce la riserva del Corpo di
Cristo sotto le due specie.
La divina Liturgia Bizantina (v. Edizione sull’anafora di S. Crisostomo bifrontale con il testo
greco da una parte e quello italiano dall’altra. E’ un’edizione molto utile, pubblicata a Roma con
l’Editrice Vaticana. Essa contiene le annotazioni liturgiche) ha tre parti importanti:
1) Riti di preparazione;
2) la liturgia dei Catecumeni;
3) la liturgia dei fedeli (dove si svolge l’anafora).
Il rituale di preparazione comprende due parti: la preparazione dei ministri (presbitero o
diacono, non il vescovo) e dei doni. Per i primi è prevista una serie di preghiere di tipo
penitenziale davanti all’iconostasi (v. gli aspetti architettonici) e di vestizione con i diversi
paramenti sacri. Tali preghiere sono di tipo simbolico e sono ispirate dalla Sacra Scrittura. Tra i
diversi paramenti ci sono la tonaca, la stola, due appimanicchie di stoffa che servono per evitare
che le maniche tocchino i doni. Quando il sacerdote indossa queste due appimanicchie,
pronuncia le seguenti parole: «la tua destra o Signore si è resa gloriosa, la tua destra o Signore
ha percorso i nemici» «Le tue mani mi fecero e mi plasmarono. Istruiscimi secondo i tuoi
comandamenti» (Salmo 118). Una volta che è avvenuta la vestizione con i paramenti sacri,
15
La liturgia eucaristica bizantina, chiamata anche Divina Liturgia, è tra le più conosciu te in Occidente
soprattutto per il diffondersi di comunità bizantine — unite o non unite a Roma – per l’Occidente. È anche
possibilmente la liturgia orientale che è stata di più studiata e le cui fonti e libri liturgici hanno avuto più edizioni
e traduzioni.
16
Di solito nell’eucaristia si usa l’anafora di San Giovanni Crisostomo.
17
Dieci volte all’anno viene usata la Liturgia di San Basilio, la Vigilia del Natale, il Primo Gennaio, la festa di
San Basilio, la Vigilia dell’Epifania, le Cinque domeniche di Quaresima, il Giovedì Santo, il Sabato Santo.
Durante la Quaresima la liturgia si celebra soltanto il sabato e la domenica; nei mercoledì e venerdì di Quaresima
si celebra la Liturgia dei Presantificati o di San Gregorio Magno, che è un ufficio vespertino con comunione dai
doni consacrati la domenica precedente.
18
Una volta all’anno, il 23 ottobre, si celebra la Liturgia di San Giacomo di tradizione gerosolimitana.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 31
avviene la preparazione dei doni, cioè del Pane lievitato e del Vino. Del Pane lievitato si ha il
seguente disegno:
In questo secondo disegno sono indicate le parti che vengono tagliate dell’agnello:
In questo disegno vi sono ben 10 parti tagliate, più altre
parti che vengono poste sopra la patena. Il pane ha una
1a forma cubica e prende il nome di agnello, sopra il quale
sono poste le incisioni, già sopra accennate. Ogni parte è
costituita da una particola che è stata ricavata dal pane
tagliato, secondo la descrizione riportata sotto il secondo
IC XP 1 disegno. Quando il sacerdote taglia la prima parte, la
1
dedica alla commemorazione della Vergine Maria (1),
posta alla destra dell’agnello. Vengono ricavate altre 9
NI KA particole che vengono poste alla sinistra dell’agnello (2).
Le nove particole sono cosi disposte nell’ordine: la prima
da sinistra in alto sino alla nona in basso alla destra.
Oltre alle nove particole il sacerdote ne ricava altre,
ponendole in fila davanti (sotto) all’agnello (3). Poi, ne
9a pone altre in una seconda fila (4).
1a fila
2a fila
(1) Il sacerdote dice sulla prima particola: «In onore e in memoria della benedetta e gloriosa nostra
Signora Madre e sempre Vergine Maria, per le cui preghiere accetta o Signore questo sacrificio
sul tuo celeste altare. La regina è assisa alla tua destra, ravvolta di oro variopinto» (Salmo 44).
(2) Per la prima particola si dice: «In memoria e onore dei sommi condottieri, Michele e Gabriele e
di tutte le celesti potestà incorporee». Per la seconda particola si dice: «Da venerabile e glorioso
del profeta precursore Giovanni Battista, dei gloriosi santi profeti Mosè, Aronne, Elia, Eliseo,
David e dei santi tre fanciulli del profeta Daniele e di tutti i santi Profeti». La terza particola è
dedicata ai Santi Apostoli Pietro e Paolo e di tutti santi Apostoli (Il sacerdote dice: «Dei Santi
gloriosi Apostoli Pietro e Paolo e tutti i Santi Apostoli»). Seguono poi, nella quarta particola, i
santi Padri della Chiesa, gerarchi (il sacerdote dice: «Dei nostri Santi Padri Grandi gerarchi e
dottori ecumenici, Basilio, Gregorio, Giovanni Crisostomo, Atanasio, Cirillo, Nicola e tutti i
Santi Gerarchi»). La quinta particola riguarda il protomartire Stefano e di tutti i santi Martiri (il
sacerdote dice: «Del santo Protomartire e Arcidiacono Stefano e dei Santi Martiri Demetrio,
Giorgio, Teodoro e tutti i Santi Martiri»). La sesta particola è dedicata ai monaci (il sacerdote
dice: «Dei nostri Santi Padri Antonio, Eutimio, Safra, Onofrio, Atanasio e tutti i Santi monaci e
monache»). La settima particola è dedicata ai Santi taumaturghi (il sacerdote dice: «Dei santi
taumaturghi anargiri, Cosma e Damiano, Ciro e Giovanni, Patelimo, Ermolao e tutti i Santi
anargiri»). L’ottava particola è dedicata ai Santi progenitori di Dio, Gioacchino ed Anna, al Santo
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 32
titolare di quella Chiesa e a tutti i Santi. Infine, la nona particola è dedicata a S. Giovanni
Crisostomo, arcivescovo di Costantinopoli. Queste nuove particole sono tutte commemorative.
(3) Il sacerdote con queste altre particole, commemora, in primo luogo, il Patriarca o il Vescovo di
Roma, se si è in comunione con la Chiesa Cattolica; in secondo luogo viene commemorato il
proprio vescovo e tutte le persone vive che il sacerdote vuole commemorare.
(4) In questa seconda fila il sacerdote commemora tutti i defunti che desidera: tra essi deve, in primo
luogo commemorare il vescovo che l’ha ordinato, qualora fosse morto.
Per quanto riguarda l’agnello, ad ogni taglio che il sacerdote fa, pronuncia queste parole:
«Come pecora viene condotto al macello (taglia la parte destra). Come agnello immacolato,
muto davanti al tosatore, così egli non apre la sua bocca (taglia la parte sinistra). Nella sua
umiliazione sarà giudicato (taglia la parte superiore). Chi narrerà la sua discendenza? (taglia
la parte inferiore – Is 53)». Tirando fuori dalla parte centrale del pane, tutto l’agnello il
sacerdote dice: «Poiché viene tolta dalla terra la sua vita». Infine, depositando l’agnello sulla
patena, con una lancia trafigge l’agnello sull’iscrizione “IC” dicendo: «Uno dei soldati trafisse
con la lancia il costato e subito ne uscì sangue ed acqua e colui che vive ne rese testimonianza
e la sua testimonianza è veritiera». Tutto questo linguaggio sia dell’AT, sia del NT è di natura
sacrificale. La Patena, insieme all’agnello preparato viene coperta con un asterisco di metallo, a
forma di tenda, sul quale il sacerdote dice a livello simbolico: «E la Stella giungendo si fermò
sopra il bambino». Questo asterisco evita che il vello posto sopra vada a toccare i doni del pane
e del vino. Qui si nota uno sviluppo simbolico ben evidente ed importante.
10/01/2001 -Introduzione alle Liturgie Orientali - 8a. Lezione, Prof. Manel Nin osb.
Est
SANTUARIO.
TRE PORTE : NORD (N), CENTRALE (C) E SUD
(S).
NAVATA CENTRALE.
In principio l’iconostasi era un semplice cancello che divideva la Navata dal Santuario: in esso
erano collocate le icone di Cristo, della Madre di Dio e, forse, di qualche Santo, titolare della
Chiesa. Le iconostasi più arcaiche si trovano nelle Chiese che non hanno subito la crisi
iconoclasta, come – ad esempio – la Chiesa Siriaca e le Chiese di rito e di tradizione copta.
Nell’ambito della tradizione bizantina ci sono pochissimi esempi di icone arcaiche. Dal 1200-
1300, ci saranno icone più evolute che conserveranno sempre di meno il carattere arcaico.
Nell’iconostasi, sono collocate tre porte, in direzione Nord, in direzione Centrale (o Porta
centrale) e in direzione Sud. La porta centrale è chiamata anche “Regale”, tenendo conto del
fatto che tutte le chiese orientali hanno come caratteristica l’orientamento dell’abside o del
Santuario ad Est.
Le Chiese Orientali in principio avevano nella Navata delle iconografie o dipinta o sotto
forma di mosaica (icon. musiva), ma erano prive di qualsiasi scultura. Solo la Chiesa Armena ha
qualche bassorilievo.
Soffermandoci un attimo sull’iconostasi bizantina, ci troviamo dinanzi ad un qualcosa
costruito in muro o in legno che separa il Santuario dalla Navata. Normalmente si trova l’icona
di Cristo (al centro), insieme a quella della Madre di Dio (a sinistra) e a quella di Giovanni il
Battista (a Sud). Nella parte Nord ci può essere collocata l’icona o di un angelo o di un Santo
titolare della Chiesa. Se si trova l’icona di un angelo, quasi sempre è vestito da Diacono, giacché
le porte Nord e Sud sono sempre utilizzate da un diacono. Si tratta della parte più arcaica
dell’iconostasi. Dal punto di vista architettonico, quando l’iconostasi non è un muro né in
struttura lignea, si nota una balaustra separante il Santuario dalla Navata.
Ancora, normalmente nella Porta Regale, si trova dipinta l’Annunciazione, nei due battenti:
l’Annunciazione è la porta attraverso cui Dio si incarna e si fa presente tra gli uomini. Ciò
costituisce il primo livello dell’iconostasi bizantina.
Un secondo livello di icone, si trova sopra il primo livello, cioè sopra le porte centrale
(regale), Nord e Sud: esse, di solito, contiene fatti legati all’AT, come ad es., Zaccaria che officia
nel Tempio, oppure il serpente innalzato nel deserto, o Melchisedek che offre il pane ed il vino, o
il sacrificio di Isacco. Essi hanno un legame tra loro allegorico.
Un terzo livello di icone è dedicato alle 12 grandi feste del calendario bizantino, a partire dalla
nascita della Madre di Dio (8 Settembre). Si nota anche che se la chiesa è dedicata ad una di
queste 12 grandi feste, la sua festa titolare è collocata al primo livello, mentre al terzo livello
viene collocata un’altra festa. Ciò fa comprendere che nei diversi modelli di iconostasi, si
trovano delle varianti. Di solito l’Ultima Cena è posta al centro.
Un quarto livello di icone contiene, di solito, i 12 Apostoli con 6 a un lato e sei dall’altro, con
in mezzo Cristo con la Madre di Dio alla destra e San Giovanni Battista alla sinistra. Si tratta
della Deisis o Intercessione.
Un quinto livello può contenere i profeti dell’AT con la Madre di Dio in mezzo, soprattutto
coloro che hanno profetato sulla venuta del Messia.
Nella parte più alta dell’Iconostasi viene raffigurata la crocifissione di Gesù con Maria da una
parte e San Giovanni Evangelista dall’altra.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 34
Si tratta di un’iconostasi standard, ma c’è da dire che non tutte le iconostasi contengono tutti
questi livelli. Le iconostasi complete si trovano nel monastero del monte Athos, oppure in alcune
Chiese d’Ungheria, della Diocesi Greco-Cattolica, dove si trova l’iconostasi bizantina classica.
A livello teorico, simbolicamente non è da ritenersi un muro di separazione tra il Santuario e
la Navata, ma va visto come uno spazio aperto di comunicazione e di unione tra il Cielo
(Santuario) e la Terra (Navata). Essa, infatti, non chiude, ma apre alla contemplazione del
mistero di Dio che viene celebrato, anche se l’iconostasi – a livello fisico – può dare
l’impressione di separare nettamente il Santuario dalla Navata stessa. Evidentemente l’esistenza
dell’iconostasi bizantina, o delle piccole iconostasi (v. la Chiesa Siriaca) e dei tendaggi della
Chiesa Armena, suppongono chiaramente una celebrazione della divina Liturgia orientata verso
Oriente. Tutta la comunità, dal celebrante ai fedeli guardano verso il cielo che ha come
orientamento l’Est, dove il Sole nasce. C’è una ricchezza teologica e spirituale che invita
pienamente alla celebrazione del mistero di Dio.
A livello di affreschi o di mosaici, c’è tutto un ciclo iconografico: nella Navata – di solito – si
trova tutto il ciclo della Creazione, del NT e anche un ciclo di scene relative alla vita del Santo
titolare. C’è poi da dire che normalmente si può notare nelle chiese orientali bizantine tutto il
ciclo iconografico anche nelle absidi: si tratta di chiese a croce greca (quattro lati uguali) con tre
absidi; in quella di fondo o centrale si trova la Madre di Dio in atteggiamento orante con il bimbo
nel grembo (essa è vestita con il paramento sacro del sacerdote celebrante – il felonio, cioè la
casula), mentre nelle due absidi laterali si può trovare un grande affresco o mosaico raffigurante
la Risurrezione del Signore o della Trasfigurazione del Signore. Si trovano anche la dormitio di
Maria oppure la nascita di Cristo. Ciò, però, dipende dal luogo fisico dove è ubicata la chiesa.
Un esempio molto bello lo si trova nella Chiesa Ortodossa di Cafarnao, in Galilea, insieme alla
Chiesa del Patriarcato Greco-Cattolico, che si trova vicino al Santo Sepolcro.
Guardando adesso ai diversi elementi architettonici, l’altare, situato nel Santuario, è sempre
staccato dal muro nel senso che sia possibile girarlo per inficiarlo con l’incensazione. La Liturgia
eucaristica si svolge in un piccolo altarino detto anche altare della protesi. Ora per comprendere
meglio il tutto, qui sotto viene riprodotto un disegno:
E
SACRESTIA.
CATTEDRA EPISCOPALE.
EVANGELIARIO.
ALTARE
ANTIMINTION
DISCOS (PATENA )
CALICE
Come si nota dal disegno sopra illustrato alla nostra sinistra si trova l’altare della protasi,
mentre a destra è collocato uno spazio dove il sacerdote si prepara per la celebrazione liturgica:
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 35
si tratta della sacrestia. C’è da dire anche che il diacono nelle liturgie orientali non può fare nulla
a livello sacramentale, tanto che non può indossare i paramenti sacri se prima il sacerdote non li
ha benedetti. Inoltre, il diacono non battezza, non celebra i funerali, né benedice il matrimonio. Il
compito che normalmente svolge è quello di proclamare il Vangelo, fa tutte le litanie e sorregge
il calice per la comunione. Solo in caso di morte può battezzare.
Ritornando alla struttura della divina Liturgia Bizantina, dopo la Liturgia della Protesi, inizia
la Liturgia dei Catecumeni, cioè la Liturgia della Parola che, a livello più arcaico, riguarda
l’inizio della divina Liturgia.
La Liturgia dei catecumeni ha diverse parti: la preghiera iniziale, la litania diaconale (il
diacono per tutte le litanie si pone fuori dall’iconostasi davanti alla porta centrale, guardando
verso l’abside, mentre il sacerdote si colloca davanti all’altare). In sostanza, in una celebrazione
bizantina, il diacono dirige la celebrazione e svolge la funzione di cerimoniere. Lo fa con
l’orarion (sarebbe la stola del diacono). Il diacono esce sempre dalla porta Nord e va alla Porta
Sud, ma non entra mai dalla Porta Centrale o Regale, eccetto quando è accompagnato dal
sacerdote.
Dopo le litanie diaconali, ci sono alternati tre versetti salmici con tre antifone: ciò vuol dire la
presenza di tre Salmi. Segue poi il piccolo ingresso: sull’altare, sempre – anche quando non c’è
la Liturgia – si trova l’Evangeliario. Il prete prende l’Evangeliario e lo consegna al diacono e con
l’Evangeliario medesimo, fa il giro dell’altare, insieme al prete, escono dalla porta Nord e si
fermano al centro. Davanti alla porta centrale il Sacerdote canta un versetto salmico, fisso o
variabile, in base alle feste, per poi rientrare dalla porta Centrale per deporre l’Evangeliario
sull’altare. Questo piccolo ingresso simboleggia l’inizio della Liturgia della Parola e l’inizio della
vita pubblica di Cristo. Taft collega questo momento con la parte più arcaica della Liturgia
bizantina.
L’Evangeliario è un libro molto bello, dove da una parte è raffigurato Cristo Risorto oppure
Cristo Pantocrator, mentre dall’altra c’è la crocifissione.
Segue, poi il canto dei tropari del giorno, cioè i testi liturgici propri della festa che si celebra.
Dopo il tropario, si canta sempre, ogni giorno, il Trisaghion (Dio Santo, Dio Forte, Dio
Immortale abbi pietà di noi). Questo è un elemento in comune con le altre liturgie orientali. Il
rito bizantino ha tre varianti che sono il giorno di Pasqua, il giorno di Natale e dell’Epifania, con
le quali viene sostituito il trisaghion con il testo di Paolo dove dice: “Quanti siete stati battezzati
in Cristo, siete stati rivestiti di Cristo”.
Dopo il Trisaghion ci sono solo due letture: la prima è dell’Apostolo o delle Lettere
Cattoliche (l’AT non viene mai letto nella divina Liturgia, ma solo nell’Ufficio divino). Se si
legge quella dell’Apostolo, non si legge mai quella dell’Apocalisse.
Dopo le Letture c’è il canto dei due o tre versetti salmici, alternati con l’alleluia. Dopo il
Canto della Lettura c’è la proclamazione del Vangelo. Se è presente il diacono, il Vangelo è
proclamato davanti alla Porta centrale, guardando alla navata, ma se c’è l’ambone il diacono và
all’ambone. Se non c’è il diacono il Vangelo è proclamato dal sacerdote davanti alla Porta
Centrale e rivolto all’assemblea.
Dopo il canto del Vangelo, ci può essere o meno l’omelia: ciò dipende dalle diverse tradizioni
orientali. Essa può essere svolta anche nel momento della comunione dei sacerdoti: è un
momento nel quale – alcune volte – il vescovo esce fuori dall’iconostasi e fa l’omelia al popolo.
Questo spiega che l’omelia poteva essere svolta alla fine della Liturgia eucaristica.
Molte delle litanie diaconali sono dedicate ai catecumeni: esse si concludono con il congedo
dei catecumeni. Ciò segna anche l’inizio della Liturgia eucaristica. Si tratta della terza parte,
contraddistinta con il grande Ingresso: esso contiene l’incensazione dell’altare e della Chiesa da
parte del sacerdote e la processione con i doni (calice patena o discos). Anche per il grande
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 36
ingresso si esce dalla porta del Nord per collocarsi dinanzi alla porta Centrale. Si entra, poi dalla
porta Centrale per deporre i doni sull’altare, dove è situato l’antimintion che viene aperto (è una
suppellettile che ogni sacerdote riceve quando viene ordinato: esso viene unto e consacrato dal
Vescovo ordinante). Il calice ed il discos vengono coperti da un velo.
In questo contesto c’è da dire che il rito della protesi è di natura sacrificale: in esso viene
preparato l’agnello che viene trasportato successivamente sull’altare. In effetti, i doni portati
sull’altare, oltre a richiamare al sacrificio di Cristo, simboleggiano anche la sua sepoltura.
L’altare diventa la tomba di Cristo. Dunque, il grande Ingresso è la deposizione di Cristo nella
tomba (v. la preghiera del Buon Ladrone).
Dopo il grande Ingresso c’è il bacio di pace, seguito dal Credo, durante il quale il prete toglie
il velo dal calice e dai doni e lo agita sino al versetto del Credo, dove si dice: “E’ salito al cielo e
siede alla destra del Padre”. Simbolicamente sottolinea l’Ascensione di Cristo alla destra del
Padre: indica che l’umanità di Cristo viene assunta.
Segue poi il momento consacratorio per la vivificazione dei doni che indicano il Cristo, vivo e
risorto, dato ai viventi. Il Credo è detto ogni giorno: è un altro elemento comune a tutte le
Chiese Orientali.
Dunque, dopo il Credo segue l’anafora o preghiera eucaristica: la Liturgia bizantina di solito
celebra l’anafora di Giovanni Crisostomo, eccetto quelle dieci volte (Cinque domeniche di
Quaresima, Giovedì Santo, il Sabato Santo, la Vigilia di Natale, la Vigilia dell’Epifania ed il
giorno di San Basilio del 1° Gennaio) all’anno in cui si usa l’anafora di San Basilio. Le parti
dell’anafora sono le parti normali che si trovano anche in altre anafore cristiane: a livello di
ordine ci sono il Prefazio, il Santo, la narrazione dell’Istituzione, l’anamnesi e l’epiclesi che è
sempre doppia (v. Dispensa del Docente, A.A. 2000/2001, per quanto riguarda il contenuto dei
testi). Sia la narrazione dell’istituzione, sia il contenuto dell’Epiclesi costituiscono un’unica unità
di santificazione dei doni, per cui non si può ricadere nella polemica latino-bizantina del
medioevo, se la santificazione dei doni avviene nelle parole dell’Istituzione o nell’epiclesi.
Questo spiega che l’anafora è unità inscindibile che non può essere spezzettata. Dopo l’epiclesi
c’è l’invocazione di Maria che viene invocata come Colei che per prima intercede, presso Cristo.
Dopo la santificazione anche Lei riceve lo Spirito e concepisce il Figlio di Dio. E’ chiaro anche
che nei diversi sacramenti si sottolinea di più l’azione dello Spirito che la medesima azione del
sacerdote (es. v. le formule della penitenza: esse sono epicletiche e non dichiarative, cioè si
invoca l’azione dello Spirito per il perdono dei peccati; v. il Battesimo. Si tratta di formule
deprecative e non indicative).
Dopo l’anafora segue il Padre Nostro, con alcune litanie diaconali. Dopo di esso, segue la
frazione e l’intinzione del calice con la frazione dell’agnello. Viene anche versato nel calice
l’acqua bollente per simboleggiare la discesa dello Spirito Santo e per sottolineare la comunione
con un corpo vivente mediante la comunione delle specie eucaristiche. L’origine della tradizione
dell’acqua calda è molto antica. Al riguardo nel VII secolo ci fu una discussione fortissima tra i
Bizantini ed Armeni che si contraddistinguono per il fatto che nella loro liturgia non è previsto
l’uso dell’acqua né quando si prepara il calice (si versa solo il vino, ma non l’acqua), né dopo la
comunione.
La comunione procede prima dal pane: se la celebrazione è presieduta dal vescovo, egli dà la
comunione a tutti dal calice. Il diacono, di per sé non si può comunicare, ma riceve sia il pane,
sia il calice dal sacerdote.
Dopo la comunione può avvenire l’omelia, oppure il sacerdote dà il calice al diacono, mentre
prende il discos o la patena, per avviarsi alla porta centrale e uscire da essa, ed il diacono fa
l’ostensione dei doni. Per la comunione dei fedeli ci sono diverse modalità di comunione.
Solitamente si fa la comunione per intinzione, anche se in alcune chiese avviene con il
cucchiaino.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 37
Dopo la comunione dei fedeli, si rientra dalla porta centrale, si purificano i vasi contenenti i
frammenti del pane e il tutto si versa nel calice. Nuovamente, il tutto viene portato all’altare della
protesi e alla fine della liturgia il diacono ed il sacerdote consumano i santi doni e purificano i
vasi, compreso il calice. Ci sono alcune litanie e le preghiere di conclusione. Alla fine di tutto,
dopo la benedizione del sacerdote, può esserci la distribuzione dell’antidoron, nel senso che
tutto con il pane che è avanzato dalla protesi (pane non consacrato) si benedice e lo si dà come
dono. Anche in questo caso ci sono molte varianti. In sostanza si tratta del pane benedetto.
17/01/2001 -Introduzione alle Liturgie Orientali - 9a. Lezione, Prof. Manel Nin osb.
Come è già stato detto, la liturgia bizantina, chiamata anche la Divina Liturgia, è tra le più
conosciute in Occidente, soprattutto per il diffondersi di comunità bizantine – unite o non unite a
Roma. Di questa divina Liturgia possiamo fare un accenno alle anafore di San Giovanni
Crisostomo e di San Basilio.
Per ambedue c’è un lavoro interessante di A. Paproski, Il mistero dell’Eucaristia (in
francese): si tratta di uno studio storico e teologico delle anafore bizantine. Per quanto riguarda
la liturgia o l’anafora di San Giovanni Crisostomo appartiene alla famiglia delle anafore Siro-
Antiochene e, a partire dal X-XI secolo prenderà il primo posto nella celebrazione della divina
Liturgia. Sino al X secolo circa, l’anafora più usata era quella di Basilio.
Le ragioni della preferenza dell’anafora di Crisostomo, rispetto a quella di Basilio, forse
dipende dalla brevità della prima rispetto alla seconda. Ciò lo si nota soprattutto dall’analisi dei
testi. Ci sono, però, anche ragioni di autorità, perché in ambiente bizantino un’anafora che porti
il nome del Crisostomo, tende a prendere rilievo rispetto ad un’anafora di uno dei Padri
Cappadoci.
Il problema o lo studio attorno alla paternità di questa anafora crisostomiama, è uno studio
tuttora aperto. I manoscritti più antichi che portano l’attribuzione al Crisostomo risalgono
all’VIII secolo. Le opere del Crisostomo non danno alcun accenno che possa far pensare che il
Crisostomo abbia scritto un’anafora o abbia realmente una paternità su un’anafora. Inoltre, nel
VII secolo il Concilio in Trullo parla delle anafore di Basilio e di Giacomo e fa un accenno al
commento di Crisostomo sul Vangelo di Matteo.
L’anafora di Giovanni Crisostomo ha anche una forte somiglianza con l’anafora dei Dodici
Apostoli: è una delle anafore siro-antiochene usata, tuttora, dalla Chiesa Siro-Occidentale. La
proposta fatta attualmente, ma non confutata da Taft – come migliore conoscitore della Liturgia
Bizantina – è che il Crisostomo (come prete antiocheno per dieci anni rimase ad Antiochia),
quando divenne vescovo introdusse in ambiente costantinopolitano l’anafora dei Dodici
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 38
Circa la Liturgia dei Doni Presantificati, durante la Quaresima la tradizione bizantina non
celebra la divina Eucaristia se non il Sabato e la Domenica. L’Eucaristia è una festa che non
viene celebrata nei giorni di digiuno. Il Mercoledì ed il Venerdì di Quaresima si celebra la
cosiddetta Liturgia dei Presantificati: è una liturgia che si trova sotto il nome di Gregorio Magno
o di Gregorio il Dialogo. La paternità di Gregorio, su questa celebrazione – che non riguarda
l’anafora – è totalmente da escludere, anche se alcuni manoscritti, di tradizione slava
attribuiscono a San Gregorio Magno questa celebrazione liturgica.
L’origine di questa Liturgia dei Doni Presantificati, ha probabilmente origine dall’ambiente
monastico, soprattutto da quello anacoreta, dove i monaci si radunavano per la celebrazione
della Vigilia del Sabato Sera per concluderla la Domenica successiva. Essi portavano con sé i
Doni Santificati per una eventuale comunione settimanale (v. l’autoeucaristia settimanale).
Questi ambienti monastici sono tuttora esistenti nell’ambito ortodosso: in essi ci sono pochissimi
sacerdoti.
Per quanto riguarda lo schema dei Doni Presantificati, esso ricalca quello di un Vespro
bizantino, nel senso di questo schema sotto riportato:
Benedizione iniziale.
Salmo 103 e preghiere del lucernario (Salmo fisso in tutto l’Anno Lit.).
Grande ectenia (litania: si tratta delle suppliche diaconali).
Salmodia (Salmi 119-133: sono Salmi Graduali).
Κύριε _κέκραξα (Salmi 140,141, 129, 116: sono Salmi fissi).
Ingresso con Vangelo e inno φ¢ς ιλαρόv (E’ un inno gioioso del IV sec.: luce gioiosa).
Prokimenon.
Lettura di Gen 17, 1-9 (è una lettura quaresimale insieme a Prov 3,21-33: sono letture continue).
Canto di "La luce di Cristo illumina tutti".
Lettura di Pr 3,21-33.
Preghiera dell'incenso.
Preghiera di Sant'Efrem.
Letture: epistola e vangelo.
Ectenia.
Litania per i catecumeni.
Litanie per i fedeli.
Inno angelico e grande ingresso.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 39
Nella Tradizione Bizantina ci sono alcuni Salmi fissi, nelle diverse ore e, tra l’ufficio del
mattino, le Lodi ed i Vespri, viene recitato un Salterio settimanale, in sintonia con la tradizione di
tutte le Chiese Cristiane. Invece, durante la Quaresima è prevista la recita di due Salteri. Uno dei
Salmi tipici del Vespro è il Salmo 140, insieme al 116. Segue, poi, l’ingresso con il Vangelo
mediante un Inno che si richiama al tema della luce: se in qualche comunità è stato introdotto
come inno per il Lucernario, probabilmente è per indicare il Cristo come luce che non tramonta.
Si tratta di un Inno non adatto alle lodi. Per quanto riguarda le letture veterotestamentarie, esse
vengono applicate soprattutto in ambiente monastico e vengono fatte sin dal primo giorno di
Quaresima in modo continuo.
Con l’epistola ed il Vangelo, cessa la normale struttura dei Vespri ed inizia la cosiddetta
Liturgia dei Presantificati. Dopo l’epistola ed il Vangelo, seguono delle Litanie, dopo le quali c’è
il grande Ingresso (v. lezione precedente) con i doni Presantificati: in Quaresima si prevede la
consacrazione di più Agnelli; alcuni di questi vengono conservati nell’altoforos. I doni vengono
portati sull’altare e poi si passa nuovamente alla Litania e direttamente il Padre Nostro: in questo
modo si salta praticamente l’anafora, a livello di struttura.
Dopo il Padre Nostro, c’è la comunione sia dei Preti e sia dei Diaconi, se ci sono, e poi quella
dei fedeli.
A livello pratico, prima di fare la comunione, nella Domenica di Quaresima, il sacerdote
prende il vino consacrato (sangue di Cristo) e lo versa sugli agnelli che devono essere messi da
parte.
La Liturgia dei Doni Presantificati, inoltre, suppone che ci sia un calice con il vino preparato
ed un frammento dell’agnello versato nel calice stesso. In questo caso si tratta della comunione
sotto le due specie, e quindi di una presantificazione per contatto.
Per gli altri sacramenti, oltre a quelli dell’Iniziazione cristiana, la Liturgia Bizantina ha
conservato gli Ordini Sacri del diaconato, conferito alla fine dell’anafora, prima del Padre
Nostro, del sottodiaconato, del lettorato e del cantorato, che vengono conferiti sempre dal
vescovo, al di fuori della liturgia. Per quanto riguarda l’ordinazione, in principio si ordina solo
un diacono, un prete ed un vescovo, mai insieme, ma sempre separati e non più di uno al giorno
(v. Dispensa del Professore 2001 a p. 71). Il vescovo viene ordinato prima del piccolo Ingresso,
perché solitamente è Colui che deve commentare il Vangelo, mentre il prete viene ordinato prima
dell’anafora, perché possa già celebrare la divina Eucaristia. Il Diacono viene ordinato prima del
Padre Nostro perché il suo ruolo è quello di sorreggere il Calice prima della Comunione. La
seconda ragione del principio sopra esposto è quella di evitare che in una medesima liturgia una
persona laica diventare diacono, prete e vescovo. In tal senso, ci sono dei canoni che lo vietano.
Ancora, per quanto riguarda le Ordinazioni, non c’è una prassi fissa in merito periodo che
separa l’una dall’altra ordinazione (ad es., il diacono che attende di essere ordinato prete): ciò
dipende dal vescovo e dalla Chiesa di appartenenza. Ad es., alcuni vescovi melchiti o della Piana
degli Albanesi (in Italia) sono soliti far passare un certo numero di mesi dal diaconato al
presbiterato. In altre Chiese, come ad es., la Chiesa Greco-Cattolica d’Ungheria, prevede i preti
sposati. Naturalmente i seminaristi devono essere prima sposati e poi ordinati: non può avvenire
il contrario. In alcuni casi, può succedere che il vescovo stabilisca che passino almeno 4 o 5 anni
di matrimonio, prima che il seminarista venga ordinato prete. Questo spiega anche il perché in
Ungheria ci siano numerose famiglie sacerdotali. Naturalmente, i preti vedovi non si risposano, a
meno che non ci siano casi particolari, in cui il vescovo concede la dispensa al prete dall’obbligo
di non risposarsi: ad es., nel caso di un prete giovane che rimane vedovo, ma ha dei figli, può
succedere che il Vescovo gli dia il permesso di risposarsi. Si tratta di casi molto puntuali.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 40
Certamente, il vescovo stesso deve accertare che la ragazza del futuro prete sia pronta a
condividere la propria vita con il futuro sacerdote.
Per concludere il capitolo sulla liturgia bizantina, si può consultare l’articolo sulle Liturgie
Orientali del Nuovo Dizionario di Liturgia, dove Daniele Gelsi (autore) propone otto punti che
in qualche modo riassumono quello che è la tradizione bizantina. In questi punti sono sintetizzati
gli aspetti più importanti della Liturgia Bizantina (v. Dispensa del Professore 2001, pp. 71-72).
E’ interessante anche notare la presenza della Liturgia bizantina in Italia, secondo le indicazioni
delle dispense del Professore, di questo Anno Accademico.
La lingua copta diventa la lingua liturgica dopo le controversie cristologiche del V secolo,
anche se, come lingua indipendente, esisteva già nel III secolo. Si tratta di una lingua
prettamente cristiana, sin dall’origine, anche se non traduce testi cristiani. Come lingua liturgica
venne fissata nel V secolo dal momento che la Chiesa Egiziana si schierò contro Antiochia.
Questo spiega che ci troviamo dinanzi ad una tradizione anti calcedoniana. Ciò voleva dire
schierarsi contro il mondo greco-ellenistico e comportava la lingua copta come la lingua liturgica
della Chiesa Egiziana.
La liturgia copta (vuol dire la lettura araba della parola “Egitto”) è legata unicamente al
fenomeno monastico, cioè ai monasteri. Mentre i siriaci o bizantini fanno una mescolanza tra una
liturgia monastica ed una liturgia troppo parrocchiale, i Copti rimangono strettamente legati ad
una liturgia di tipo monastico. E’ comunque una liturgia molto più “monotona” e rimane
presente nel V – VI – VII secolo: ciò spiega che essa ebbe pochissmo sviluppo. Un dato
interessante lo si può rilevare nell’ambito della codificazione per la quale rimane importante la
figura del Patriarca Beniamino (626-655), di origine siriaca. La controversia calcedoniana spiega
il motivo secondo il quale diversi Patriarchi erano di origine siriaca, a motivo delle grandi
trasmigrazioni che aveva provocato.
Uno dei monasteri più grandi dell’Egitto, tuttora esistente, che si trova nelle mani dei Copti, è
il monastero di Santa Maria dei Siriaci, nella quale ci sono degli affreschi arricchiti da scritti
siriaci. In effetti, il mondo copto ricevette gli influssi siriaci, a motivo della comune posizione
anticalcedoniana, anche se – dal punto di vista liturgico – i siriaci seguono Antiochia, mentre i
Copti seguono Alessandria.
Nella Liturgia copta ci sono stati ben 21 libri: ciò fa notare che di essi è mancata la
codificazione: ci troviamo davanti ad una Chiesa di prevalenza monastica che è piuttosto restia
alla codificazione. Ci sono anche i 13 mesi dell’Anno Liturgico, perché il compito mensile dei
Copti va legato alla realtà dell’Egitto, cioè la vita del Nilo. Essi, tra l’altro computano l’Anno a
partire dal 29 Agosto 284, quando ci fu la persecuzione crudele di Diocleziano.
L’Anno civile copto o egiziano ha avuto origine da tre momenti:
1) l’inondazione (è il periodo di 124 giorni dal 19 giugno al 19 ottobre);
2) il periodo della semina (dalla seconda metà di ottobre alla metà di gennaio);
3) il periodo della raccolta (dalla metà di gennaio alla metà di giugno).
La Chiesa Copta, essendo di tradizione fortemente monastica, osserva molto i digiuni,
soprattutto il lunedì ed il venerdì, eccetto che in questi giorni ci siano le feste di Natale ed
Epifania. Il digiuno, nella tradizione copta, significa astinenza sia dalla carne, sia dai latticini.
Questo dimostra che si tratta di un digiuno di carattere monastico.
I tempi di digiuno sono sei, durante l’anno e durante l’anno liturgico copto:
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 41
In merito alle feste più importanti dell’Anno Liturgico, ci sono sette grandi feste:
1) l’ANNUNCIAZIONE;
2) IL NATALE;
3) L’EPIFANIA;
4) DOMENICA DELLE PALME;
5) LA PASQUA;
6) L’ASCENSIONE;
7) LA PENTECOSTE.
Seguono, poi, sette feste minori, come la Circoncisione, il miracolo di Cana di Galilea, la
Presentazione del Signore, il Giovedì Santo, la Domenica di Tommaso, la Fuga in Egitto (1°
giugno) e la Trasfigurazione. Invece, le feste importanti della Madre di Dio sono: la Natività (8
Novembre), la Presentazione al tempio (21 Novembre), la Dormizione (29 gennaio) e
l’Assunzione e la glorificazione di Maria (15 Agosto).
24/01/2001 -Introduzione alle Liturgie Orientali - 10a. Lezione, Prof. Manel Nin osb.
In merito alla celebrazione eucaristica copta, si tratta di una celebrazione molto lunga: non lo
è a livello di struttura dei testi, ma anche al livello del ritmo orientale nel quale il tempo liturgico
è molto relativo nel senso che ci si può trovare in una liturgia copta, nel bel mezzo della quale il
prete si mette a confessare, se ci sono dei fedeli che hanno bisogno di confessarsi.
Attualmente, la liturgia Copta usa tre anafore: quella di Basilio, di San Gregorio di Nazianzo
e di San Cirillo. Le prime due sono di tradizione antiochena, mentre la terza è di tradizione
alessandrina. Ci troviamo in una liturgia alessandrina, ma abbiamo due anafore di tradizione
antiochena. Ciò costituisce un fatto singolare se si considera l’origine e la posizione delle due
tradizioni. Come struttura della celebrazione eucaristica si può presentare il seguente schema:
I. PRIMA PARTE.
Preparazione dell'altare e delle offerte.
Liturgia dei catecumeni:
Preghiere di introduzione e lavabo.
Assaggio del pane e del vino.
Offertorio del pane.
Processione attorno all'altare e benedizione.
Offertorio del vino.
Inizio della preghiera eucaristica ed epiclesi.
Atto di contrizione e assoluzione.
Epistola.
Trisagio.
Preghiere.
Evangelio.
III. COMUNIONE.
Frazione.
Padrenostro.
Preghiera di assoluzione.
Elevazione.
Comunione dei preti e dei fedeli col pane consacrato.
Purificazione della patena.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 43
La prima parte suppone la preparazione dell’altare e delle offerte: si tratta della liturgia dei
catecumeni. La medesima preparazione dell’altare e delle offerte copre un arco di tempo
relativamente lungo, accompagnata da una serie di preghiere, dalla preparazione del ministro,
dall’assaggio del pane e del vino, per provare l’integrità delle specie. I commentatori dicono che
si tratta di una pratica tipicamente egiziana. Ciò non contrasta con il periodo del digiuno. Il rito
di offertorio comprende sia il pane, sia il vino. Dopo l’offertorio del pane e del vino segue una
prima epiclesi sui doni preparati. Ciò è caratteristico delle anafore alessandrine (due volte si
invoca lo Spirito: la prima volta si invoca il Verbo di Dio, mentre la seconda si invoca lo Spirito
Santo. Si tratta di due formule epicletiche). Successivamente avviene la Lurgia della Parola.
La Liturgia copta, all’arrivo degli Arabi, pian piano ha abbandonato il copto, anche se alcune
parti della liturgia eucaristica sono fatte sempre in copto ed il Vangelo è letto prima in Arabo e
dopo in Copto e viceversa.
Dopo il Vangelo inizia la Liturgia dei Fedeli, vera e propria, mediante una Litania o Preghiera
universale (nella Liturgia Occidentale si parla anche di dittici o intercessioni). Caratteristico è il
momento del lavabo, perché questo si ripete più volte e perché è singolare il fatto che dopo
essersi purificato, il sacerdote asperge i fedeli più volte.
Subito dopo avviene lo scambio di pace, prima dell’anafora eucaristica e dopo la professione
di fede. Infine, la terza parte è incentrara sulla frazione del pane che, dal punto di vista del rito
liturgico, è abbastanza complesso. Quando si arriva all’elevazione, comune a tutte le liturgie
orientali e anche a quelle Occidentali, come il rito ambrosiano, romano e mozarabico, il
sacerdote indica le “Cose Sante ai Santi” (v. il rito ispanico).
Nel momento della comunione, si comunicano prima i ministri e poi i fedeli, tra i quali – in
rigorosa separazione – si comunicano prima gli uomini e poi le donne. Lo stesso avviene con il
calice. La comunione del pane avviene con la distribuzione del pezzo dell’agnello ad ognuno:
ogni fedele usa un fazzoletto o un pezzo di stoffa, su cui il sacerdote depone il pezzetto di pane
consacrato. Il fedele stesso non si comunica perché si pone direttamente alla bocca il pane
stesso, senza toccarlo con le mani nude.
Ciò spiega che ci troviamo dinanzi ad una liturgia prettamente monastica (v. ad es., la
separazione rigorosa tra gli uomini e le donne), che si nota anche dalla struttura della chiesa
come edificio di culto.
La comunione distribuita sotto le due specie viene ricevuta con questa frase detta dai fedeli:
Questo è veramente il Corpo /…il Sangue dell’Emmanuele, il nostro Dio Amin.
Un dettaglio che indica anche un riferimento cristologico, parte da una formula che non dice
“il Corpo di Cristo”, ma “il Corpo dell’Emmanuele”. Ciò spiega che ci troviamo in una Chiesa la
cui Cristologia, dove si sottolinea fortemente la natura divina di Cristo (v. la Cristologia detta
dall’alto). La liturgia raccoglie la professione di fede di una Chiesa che continua a vivere la
tradizione alessandrina.
viva. Infatti, l'ufficiatura viene celebrata specialmente nei monasteri ed ha un corso speciale. Per
quanto riguarda la storia dell'ufficio, non è facile di delimitarne le date e gli spazi, per quanto
riguarda l'origine dei diversi testi.
L’ufficiatura copta rispecchia la tradizione patristica, tanto è vero che la sua struttura
corrisponde alla struttura dei testi patristici del IV-V secolo (v. ad es., Giovanni Cassiano). Essa
ha otto ore di preghiera: mattutino(lodi), terza, sesta, nona, ora dodicesima(vespro), compieta,
preghiera del velo(tardiva ed è una certa ripetizione della compieta: viene fatta davanti
all’iconostasi) e preghiera di mezzanotte, con tre notturni.
Le ore di preghiera hanno una struttura simile, eccetto quella notturna. Dopo le preghiere
iniziali si trovano ben 12 salmi (si tratta della struttura salmica che Giovanni Cassiano nel IV
secolo, intorno ai monasteri). Dopo il Vangelo, seguono i Tropari, la ripetizione di Kirie Eleison,
il Trisaghion, il Padre Nostro e le preghiere finali.
Comunque, nei monasteri le ore di preghiera si fanno in una grande ufficiatura, durante la
notte ed un’altra grande ufficiatura nel pomeriggio e alla sera. Tra l’altro, durante la notte,
vengono celebrate tutte le ore, sino alla Sesta, mentre nel pomeriggio si celebrano la Nona, il
Vespro e la Compieta.
Certamente, nella tradizione monastica copta, il raduno di tutte queste ore suppone una
salmodia molto abbondante: la prassi attuale di molti monasteri copti è quella secondo cui il
capo coro passa tra i monaci e dà ad ognuno di essi l’incarico di recitare un salmo. A bassa voce,
contemporaneamente vengono recitati. Essi vengono assegnati non in base al numero, ma in base
all’incipit del Salmo stesso. Ciò suppone la conoscenza di questi salmi a memoria.
Da questa breve descrizione nasce facile la domanda: i Salmi sono preghiera o portano alla
preghiera? Il Salmo sarebbe soltanto una lectio che porta alla preghiera. Tale tematica verrà
sviluppata nel corso della Liturgia delle Ore. Per la tradizione copta antica, dopo la lettura dei
Salmi da parte del monaco, seguiva la preghiera silenziosa di ciascuno. Questo fatto dimostra
che se in Oriente tale problema non si è posto, invece, in Occidente è stato particolarmente
sentito, tanto che tra gli studiosi non c’è un parere unanime. Si tratta di un tema aperto che può
portare ad ambedue le conclusioni.
E’ una seconda tradizione di liturgia alessandrina, con influssi di origine antiochena. La Chiesa
etiopica e quella eritrea, seguono una medesima prassi liturgica di derivazione alessandria con
degli influssi provenienti dalle emigrazioni siriache durante e dopo le lotte calecedoniane o
anticalcedoniane. La liturgia viene celebrata nella lingua Ge'ez, che è una lingua semitica (è
l’unica lingua dove si scrive da sinistra a destra).
Non mancano, però, gli influssi giudaici e da quelli siriaci: un esempio concreto sono le
processioni con l'arca dell'alleanza o la circoncisione prima del battesimo (v. la tradizione della
Regina di Saba nel Libro dei Re).
Anche per i Copti l’unione con Roma non ha comportato un processo di latinizzazione della
Liturgia: la Chiesa Copta è fortemente nazionale, anche se in essa si suppone una doppia
gerarchia.
Per quanto riguarda i libri liturgici segue questo schema:
1). Messale, con una ventina di anafore.
2). Manuale per la penitenza.
3). Manuale per il matrimonio.
4). Manuale per l'unzione degli ammalati.
5). Deggua, antifonale coi salmi, antifone ed altri testi per l'ufficio.
94016 – 5. Introduzione alle Liturgie Orientali, Prof. Manel Nin osb. 45
stato battezzato", "ha cambiato l'acqua in vino"23; 15. Insegnamento (17-25 sane); 16.
Semina (25 sane-19 hamle); 17. Periodo che, da 19 hamle a 10 nahase, porta i nomi di
"lampo", "fulmine", "mare", "fiumi", "ruggiada"; 18. Periodo che, da 10 nahase a 28
nahase, porta i nomi di "piccolo del corvo", "le isole", "l'occhio di tutto"; 19. Aurora (28
nahase-1 maskaram).
2. Tempi Mobili: comprende 55 giorni, preceduti da 6 giorni del "Digiuno di Eraclio", e poi
sei settimane di Quaresima. Essi fanno riferimento soprattutto alla Quaresima, chiamata
anche tempo del “Grande Digiuno”, oppure tempo del “Digiuno di Cristo”.
In merito alla celebrazione eucaristica etiopica, essa contempla almeno 20 Anafore: molte di
esse sono state portate dai monaci siriaci dell’Egitto o da autori antiocheni. La Liturgia Etiopica
è l’unica Liturgia che ha due anafore sulla persona della Madre di Dio, in quanto Lei viene
associata al sacrificio di Cristo. Si tratta, infatti, di due anafore cristologiche.
LITURGIA ARMENA
La Chiesa Armena, come pure la sua Liturgia, è legata ad un popolo: malgrado gravi
persecuzioni, è riuscita a sopravvivere. Si tratta di una Chiesa ricca dal punto di vista storico,
teologico, liturgico e spirituale. A livello liturgico si può dire che la liturgia armena ricevete
molto influsso dalla Chiesa di Gerusalemme e di quella di Cappadocia; è una liturgia, quindi, di
tradizione siro-antiochena con influssi venuti dalla liturgia della Cappadocia.
Per quanto riguarda i Libri Liturgici, seguendo da vicino, le indicazioni date da Taft, abbiamo:
1). Il Tonac`oyc`, che è la versione armena del "typicon" greco, cioè il libro che regola le
feste e le celebrazioni liturgiche.
2). Il Horhrdatetr (libro dei misteri), che sarebbe il messale con la liturgia di
Sant'Atanasio che è quella che viene usata nella Chiesa Armena.
3). Il Casoc`, che è il lezionario con le pericope bibliche per le celebrazioni.
4). Il Zamagirk`, cioè il libro delle ore, corrispondente a l'Horologion greco.
5). Il Sarakan che è l'antifonario con le parti variabili dell'ufficio, ed il Tagaran che è un
innario con anche le parti variabili dell'eucaristia.
6). Il Mastoc` che è il rituale.
7). Il Pontificale, con le parti proprie del vescovo.
8). Il Sinassario.
Per quanto riguarda il Calendario Liturgico degli Armeni, esso è assai complesso, dove nel
ciclo settimanale ci sono tre giorni dedicati esclusivamente al mistero della salvezza, cioè la
domenica, in cui si celebra o si commemora la risurrezione di Cristo, il mercoledì, in cui viene
commemorata l’Annunciazione, ed il venerdì, in cui viene commemorata la crocifissione di
Gesù. Sempre in merito alla domenica, oltre alla commemorazione della risurrezione del
Signore, vengono celebrate le grandi feste del Signore se cadono in essa. Le feste dei santi
vengono commemorate solo negli altri giorni e soltanto fuori dei grandi periodi del ciclo
liturgico: quaresima-pasqua-pentecoste.
Le grandi feste del Calendario Liturgico Armeno, eccetto la Pasqua e la Quaresima – che
godono di una certa precedenza – hanno tutte un periodo di digiuno che le precede. Nel
medesimo Calendario ci sono otto periodi liturgici importanti:
23
Questo periodo arriva fino alla domenica dell'Incontro, che è la prima della Quaresima.
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1). Teofania, che va dal 6 gennaio fino alla settima domenica prima di Pasqua. Nella
decima domenica prima di Pasqua inizia il "Digiuno dei catecumeni", che è un periodo
anche qui pre quaresimale.
2). Quaresima, che va dalla settima domenica prima di Pasqua fino al Sabato Santo
incluso. I temi delle domeniche di Quaresima sono:
Iª: Dom: Adamo ed Eva in paradiso (v. Liturgia Bizantina).
IIª: Peccato originale ed espulsione del paradiso.
IIIª: Il figlio prodigo.
IVª: IL amministratore infedele (Lc 16,1-13).
Vª: Il giudice iniquo (Lc 18, 1-8).
VIª: Prima venuta a Gerusalemme (Mt 22,34ss).
VIIa: Domenica delle Palme.
Settimana santa.
Sabato Santo.
3). Pentecoste, che va dalla Pasqua fino alla Pentecoste.
4). Avvento dello Spirito, che è il periodo che va dalla Pentecoste fino alla domenica
della Trasfigurazione. Alcune grandi feste vengono celebrate alla domenica più vicina
per sottolineare la centralità domenicale del Signore.
5). Tempo delle rose, che va dalla domenica della Trasfigurazione - che si celebra
sempre la settima domenica dopo Pentecoste - fino all'Assunzione.
6). Tempo dell'Assunzione, che va dalla festa dell'Assunzione - che viene celebrata la
domenica più vicina al 15 agosto - fino all'Esaltazione della Santa Croce.
7). Tempo dell'Esaltazione della Santa Croce, che va dall'Esaltazione della Santa
Croce - che viene celebrata la domenica più vicina al 14 settembre - fino alla quinta
settimana prima di Natale.
8). Tempo di preparazione per il Natale, periodo di cinque settimane. La Liturgia
armena è l’unica liturgia che non celebra la festa del Natale, perché celebra soltanto il
6 gennaio, sia nel calendario Giuliano, sia nel calendario Gregoriano.
In merito alla celebrazione liturgica armena essa è divisa in tre parti, come segue dal seguente
schema:
A. PREPARAZIONE
Rito penitenziale
Salmodia (Salmo 99)
Intercessioni
Padre Nostro
Elevazione e Sancta Sanctis
Comunione
Ringraziamento
Congedo
Vangelo (Gv 1).
24
Cf., HÄNGGI-PAHL, Prex Eucharistica, pp. 319ss.