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Schede
STUDI HOBBESIANI
a cura di Francesca Iurlaro e Davide Ragnolini
Francesca Iurlaro, European University Institute, Badia Fiesolana, Via dei Roccettini 9, 50014
San Domenico di Fiesole (FI), francesca.iurlaro@eui.eu; Davide Ragnolini, Università di Torino,
Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’educazione, via Sant’Ottavio 20, 10124 Torino, davide.
ragnolini@unito.it. Ha collaborato Simona Azzan (simona.azzan@unimi.it).
STORIA DEL PENSIERO POLITICO 1/2018, 161-170 ISSN 2279-9818 © Società editrice il Mulino
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mia della materia, a partire da ardite riletture dello Stagirita, tra cui quelle di
Simone Porzio (1496-1554), Francesco Vimercati (1474-1570), Alessandro di
Afrodisia (198-211 c.a), Jacopo Zabarella (1533-1589), e Cesare Cremonini
(1550-1631). Laddove l’Aristothelity non offra una soluzione all’impasse filo-
sofica dell’ilemorfismo, che il meccanicismo ambiva superare, la conclusione
dell’Autore è non soltanto che l’aristotelismo radicale avrebbe suggerito a
Hobbes «la possibilità di letture alternative, più consone ai suoi modelli» (p.
196), ma anche che proprio tali sentieri filosofici possano aiutare i lettori a mi-
surare la crescente distanza che avrebbe separato il filosofo inglese dall’amico
epicureo Gassendi.
Uno studio, quello dell’Autrice, che contribuisce indubbiamente ad al-
largare l’orizzonte storico-filosofico nella discussione dell’aristotelismo di
Hobbes; una discussione che può mostrarsi proficua anche per rileggere, in
particolare, l’antiaristotelismo dello Hobbes politico, fornendo così una pro-
spettiva storiografica stimolante e per certi versi complementare.
[D. R.]
Chia-Yu Chou, Rethinking Hobbes and Kant. The Role and Consequences of
Assumption in Political Theory, London-New York, Routledge, 2017, pp. 164.
È noto come Hobbes abbia proposto la sua teoria politica in più momenti: nel
1640 con la diffusione degli Elements of Law in copie manoscritte, nel 1642
con l’edizione latina e nel 1647 con quella inglese del De cive, e nel 1651 con
l’edizione inglese del Leviathan seguita nel 1668 dalla versione latina, modi-
ficando e rielaborando le proprie argomentazioni adattandole «for changing
time and audiences as well as to the goal of perfecting them» (p. X).
Il volume curato da Deborah Baumgold è la prima tra le edizioni criti-
che delle opere politiche hobbesiane a presentare in parallelo vari paragrafi
degli Elements of Law, del De Cive e del Leviathan sulla base di un criterio
di comunanza di «subject matter, argument or example» tra le tre opere (p.
XXIV). Lo scopo del volume è facilitare la comprensione degli sviluppi del
pensiero hobbesiano sia ad un micro-livello di alterazione tematica, ponendo
in luce aggiunte e modificazioni di specifici argomenti, sia ad un macro-livello
di argomentazione, mostrando come le idee hobbesiane siano strutturate e
sviluppate nelle varie opere in modo differente. Basandosi sull’intero testo
degli Elements, su una traduzione inglese del De Cive (The English Works
of Thomas Hobbes of Malmesbury, vol. II, 1841) e su alcuni passi del Levia-
than inglese, le tematiche poste a confronto riguardano la natura umana (pp.
3-195), la politica (pp. 196-417) e la religione (pp. 418-548). Esse permettono
al lettore di notare come, nello sviluppo decennale del suo pensiero, Hobbes
abbia utilizzato diversi criteri di rielaborazione del proprio materiale. È pos-
sibile infatti evidenziare casi in cui le argomentazioni si ripetono senza sostan-
ziali alterazioni, come nella riflessione sulle «other laws of nature» presentata
nelle tre opere con le stesse parole e nella stessa sequenza; casi in cui vengono
poste in gioco variazioni sulla stessa idea di base, come nell’indagine della
relazione tra legge civile e legge naturale nel De Cive e nel Leviathan; e infi-
ne casi di cambiamenti di prospettiva interni al pensiero hobbesiano, come
l’associazione aristotelica tra democrazia e libertà, accolta negli Elements e
completamente rifiutata nel Leviathan.
Il confronto sinottico tra i passi delle opere hobbesiane, oltre a essere un
utile strumento analitico, permette di aprire riflessioni di natura più generale
sul pensiero politico del filosofo inglese. Nel presentare «an informal gui-
de to major developments» (p. XVII), la curatrice ne fornisce un esempio
interessante per ciò che concerne le parti teologico-religiose nel Leviathan,
evidenziando come la terza parte del testo, spesso considerata la più originale
dell’opera, derivi da una sostanziale riorganizzazione e da un sistematico am-
pliamento del materiale presente nel capitolo 25 e 26 degli Elements e della
sezione «of Religion» del De Cive. Tale rielaborazione è evidente per quanto
riguarda i capitoli 16 e 17 del De Cive sottoposti al più grande esempio di bri-
colage dell’intera produzione hobbesiana, venendo sparsi e successivamente
ampliati in ben sei capitoli differenti della terza parte del Leviathan. Dato
questo aspetto, diventa possibile indagare se la sequenza in cui le idee sono
presentate (in particolare nell’argomentazione del pensatore, secondo cui il
ragionamento è strettamente connesso all’ordine delle parole) sia indice di
un cambiamento di prospettiva tra le varie opere, o quantomeno considerare
quali siano le ragioni per cui Hobbes abbia deciso di ampliare le precedenti
Non stupisce che ventisei contributi non siano in grado di esaurire la mole
di riflessioni relative al pensiero di Thomas Hobbes, come avvertono gli stes-
si curatori nell’introduzione di questo utile, corposo e ambizioso handbook.
Non solo perché il pensiero del filosofo è da sempre al centro di dibattiti sui
temi più disparati. Ma anche per via di una certa fascinazione inconscia che
alcune sue intuizioni (specie se non particolarmente argomentate: come sug-
gerito in merito alla potenza evocativa dello stato di natura, a scapito della pa-
radossale carenza di precisione dell’argomentazione hobbesiana, p. 222) con-
tinuano a esercitare sugli studiosi. La proposta dei curatori è dunque quella
di offrire uno studio non esaustivo del pensiero di Hobbes, allo scopo di far
avanzare le conoscenze e lo stato degli studi su questo controverso e fonda-
mentale autore della tradizione occidentale. In questo senso, l’handbook si
presenta come un prezioso strumento di analisi per quanto concerne lo studio
dei testi hobbesiani, interpretati non solo in chiave politica ma nella ben più
ampia prospettiva della circolazione dei saperi e dei dibattiti intellettuali del
contesto in cui visse Hobbes e a cui egli partecipò attivamente.
Nonostante la varietà dei temi affrontati, è possibile individuare tre chiavi
di lettura del testo, che si presta forse più a una consultazione puntuale che
a una lettura unitaria. Una prima linea tematica riguarda la riflessione sul
metodo hobbesiano, articolata secondo un’analisi integrata fra logica, teoria
del linguaggio e metodo scientifico. Di questi tre temi gli autori offrono un’in-
terpretazione contestuale, volta a mostrare come l’indagine sul metodo ma-
tematico di Hobbes debba esser condotta alla luce dei problemi sollevati nel
dibattito a lui contemporaneo circa lo statuto della scienza matematica (così
da mostrare la sostanziale analogia fra leggi matematiche e deduzione ex cau-
sis, p. 76: a tal proposito si vedano, fra gli altri, i contributi di M. Pécharman,
pp. 21-56, K. Dunlop, pp. 76-105, e D. M. Jesseph, pp. 134-148).
Il discorso sul metodo introduce dunque il secondo grande nodo tematico
affrontato dai saggi di questo handbook: come interpretare la riflessione di
Hobbes circa la psicologia umana, fra libertà intesa come potere (e non più
come volontarismo metafisico, come sostenuto da T. Pink, p. 172), delibera-
zione e passioni? E, con ricadute assai più importanti, come porre una ragio-
ne siffatta, intesa scientificamente come calcolo (ratio), a fondamento della
teoria dell’obbligo politico? Proprio intorno al nodo dell’origine dell’obbligo
politico in Hobbes, interpretato nella sua tensione dialettica con il concetto
di autorità sovrana, si articolano una serie di contributi che spaziano dai temi
della rappresentatività, dell’autorità e della persona del sovrano (A. P. Marti-
nich nota, a tal proposito, che è il sovrano a esser definito persona, non il com-
monwealth, p. 333) all’interpretazione della teoria hobbesiana della sovranità
fra assolutismo, giurisdizione territoriale, controllo sociale e ruolo svolto dalla
religione (una religione senza teologia? si chiede A. Lupoli, p. 453) e dalla
coscienza nella teoria dello stato hobbesiana (R. Tuck, pp. 481-500).
La terza importante novità dell’handbook riguarda l’analisi, affrontata negli
ultimi contributi, sul metodo e l’utilizzo delle fonti storiografiche e poetiche da
parte di Hobbes, interesse che va nella direzione di molti studi attuali sul me-
todo retorico umanistico come potente mezzo di inventio di concetti politici
e giuridici in età moderna. Traduttore di Tucidide, Hobbes considera la sto-
ria come «registro della conoscenza dei fatti»: fatti, però, con una particolare
valenza normativa. Nella sua Historia Ecclesiatica (1671), Hobbes si spinge al
punto di considerare tale storia come «filosofia codificata» (come sottolinea J.
Collins, p. 532); così come l’analisi del Behemoth (1679) mostra Hobbes nelle
vesti di storico della politica, e ci suggerisce non solo come la storia debba
essere fatta, ma anche – e soprattutto – «come debba essere giudicata» (T.
Mastnak, p. 594). Sulla scia dell’importanza degli studia humanitatis per l’ela-
borazione di categorie politiche, un interessante contributo affronta l’impor-
tanza della poesia nel pensiero hobbesiano, utile poiché glorifica le azioni degli
uomini a patto che il poeta le dipinga con «discretion» (T. Raylor, p. 619): la
poesia, per sua stessa essenza e a differenza della storia, manca di veridicità,
motivo per cui deve essere la filosofia morale a guidarla.
[F. I.]
Alan Ryan, On Hobbes: Escaping the War of All Against All, New York-Lon-
don, Liveright Publishing Corporation, 2016, pp. 276.
Da qui l’idea che debba esserci un’autorità statale a proteggere gli individui da
sé stessi.
Un’ultima questione riguarda quella del contemporaneo problema del
free rider, cioè colui che rifiuta di seguire i teoremi delle leggi di natura per
suo proprio egoismo (p. 83). Questo problema secondo l’Autore è malposto
in riferimento a Hobbes: non vi è contraddizione fra il fatto che gli individui
siano naturalmente «self-centered» e la possibilità che siano onesti, giusti e
generosi: «it is a necessary truth that we do what leads to our happiness. It is
not a truth at all that we cannot be made happy by being honest, honorable,
and benevolent».
[F. I.]